Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Quest’accordo di associazione riguarda l’iniziativa, attualmente in corso, del Cielo unico europeo. Uno dei suoi aspetti chiave – tipico di accordi come questi – è la graduale liberalizzazione dei trasporti fra le parti contraenti e l’eufemistico “adeguamento” dei monopoli di Stato.
Perciò vogliamo ribadire il principio secondo cui spetta a ciascuno Stato membro decidere come gestire il servizio del trasporto aereo e a quali condizioni, compresa la condizione in base a cui compete preferibilmente allo Stato stesso fornire questo servizio.
Desideriamo altresì ribadire che, a nostro avviso, il principio fondamentale che disciplina tutti gli atti intrapresi nell’ambito di questi accordi dev’essere quello della cooperazione e del rispetto della sovranità nazionale, anche per quanto riguarda la gestione da parte di ciascuno Stato del proprio spazio aereo.
La liberalizzazione del trasporto aereo ha comportato un peggioramento nella qualità dei servizi prestati e attacchi ai diritti dei lavoratori in questo settore chiave. Contemporaneamente, la liberalizzazione ha assecondato gli interessi dei grandi operatori internazionali concentrando il settore, a scapito degli operatori di dimensione più ridotta.
Infine, vorrei sottolineare l’incomprensibile coinvolgimento dell’amministrazione provvisoria delle Nazioni Unite nel Kosovo.
Daniel Hannan (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, quante volte abbiamo sentito dire che ci occorre una giurisdizione comunitaria perché un particolare settore della politica ha una dimensione internazionale? Quest’argomento è in apparenza ragionevole, ma a un’analisi più attenta si rivela specioso, e in nessun campo questo è dimostrato più chiaramente che nella politica in materia di aviazione.
Si tratta ovviamente di una questione che oltrepassa i confini degli Stati, ma il modo per trattarla, come abbiamo visto nella relazione, è a livello internazionale più che sopranazionale, e riguarda tanto gli Stati al di fuori dell’Unione quanto quelli al suo interno.
Questo è certamente un modello migliore per l’organizzazione del nostro continente di quanto non lo sia il controllo di tutte le questioni transfrontaliere da parte di Bruxelles. Estendiamo questo ordinamento ad altri settori oltre a quello dell’aviazione.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Ho votato a favore del regolamento sulla sicurezza dell’aviazione civile.
Inoltre vorrei far rilevare che disposizioni particolareggiate come, per esempio, il divieto di portare a bordo bevande e liquidi, dovrebbero scadere dopo sei mesi. La situazione attuale, con gli aeroporti che applicano questa norma in modo difforme e non professionale, cosicché molti viaggiatori non sanno esattamente quali oggetti possano di fatto portare con sé e quali siano effettivamente le norme in vigore, non è sostenibile ed è comprensibile che la gente se ne stia stufando. E’ assolutamente indispensabile informare con precisione i passeggeri in merito ai diritti e ai doveri del personale addetto alla sicurezza negli aeroporti se si vuole che il controllo dei viaggiatori venga effettuato con tranquillità ed efficacia.
Se uno Stato membro dovesse opporsi, si dovrebbe prima effettuare una valutazione approfondita dei rischi inerenti alla sicurezza, nonché una stima accurata dei costi e dell’impatto sui voli che queste misure comportano.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Voterò a favore della raccomandazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile e che abroga il regolamento (CE) n. 2320/2002.
L’onorevole Paolo Costa ha giustamente sottolineato che le misure di sicurezza supplementari proposte dalla Commissione non comporteranno l’obbligo di far salire agenti di sicurezza armati a bordo degli aerei. Secondo il relatore, una decisione simile spetterebbe alle autorità competenti dello Stato membro.
E’ stato affrontato adeguatamente anche il problema del finanziamento delle misure supplementari di sicurezza. I costi della sicurezza devono gravare in parte sugli Stati membri e non solo sui vettori aerei, come proposto dalla Commissione europea. Tutti i costi relativi alla sicurezza a bordo compresi nel prezzo del biglietto vanno riportati in modo distinto sul titolo di viaggio o indicati ai passeggeri in modo intelligibile.
Concordo anche sulla proposta avanzata nella relazione, secondo cui i mezzi speciali per l’attuazione di standard di minima comuni, come la decisione della Commissione di limitare il trasporto di liquidi a bordo, devono scadere sei mesi dopo la loro entrata in vigore. Se si intende prorogare la loro validità, occorrerà sottoporle a un riesame approfondito dei rischi per la sicurezza e dei costi che comportano.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro quegli emendamenti finalizzati a fare assumere all’Autorità europea per la sicurezza aerea un ruolo di security. Si tratta di una questione a parte e non si deve fare confusione.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il potenziamento delle norme comuni di sicurezza aerea rappresenta un obiettivo chiave per la politica dei trasporti.
Le minacce rappresentate dai terroristi vanno affrontate con obiettivi chiari e precisi. I nostri obiettivi devono consistere nel garantire il massimo di sicurezza per i passeggeri e nel lottare tenacemente contro questi crimini.
L’efficacia, la chiarezza e la coerenza delle disposizioni europee devono dunque essere i nostri obiettivi principali.
Ci sono varie questioni importanti da risolvere, come la ripartizione delle spese di sicurezza dell’aviazione, le misure più restrittive applicate da uno o più Stati membri e il trasporto di liquidi a bordo. Per risolverle, però, non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo principale, che è quello di garantire l’incolumità dei cittadini, talvolta anche a scapito della comodità e della puntualità dei servizi di trasporto aereo. E’ nostro dovere, pertanto, raggiungere un equilibrio tra questi due fattori, ovvero la sicurezza e la qualità del trasporto aereo. Al tempo stesso, a cosa serve un trasporto di alta qualità che non si conformi a rigorose norme di sicurezza?
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La direttiva in questione si prefigge di stabilire un quadro legislativo per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvione al fine di garantire la tutela della salute umana, dell’ambiente, del patrimonio culturale e delle attività economiche. Per conseguire questo obiettivo occorre un approccio graduale a tre livelli: in primis, una valutazione per stabilire quali sono le zone a rischio di alluvione, poi una mappatura e, in terzo luogo, l’elaborazione di piani di gestione del rischio inondazione nell’ambito dei bacini idrografici.
Senza mettere in discussione i principi e gli obiettivi su cui si basa la proposta in esame, vorrei sapere qual è il motivo per cui non è stato istituito uno strumento simile per il problema della siccità, che ogni anno colpisce milioni di cittadini nell’Unione, con conseguenze particolarmente disastrose per il settore agricolo e l’approvvigionamento idrico delle popolazioni.
Questa lacuna è tanto più grave se si considera la raccomandazione fatta dal Parlamento nella sua risoluzione del maggio 2006 sulle catastrofi naturali, in cui inter alia ha esortato la Commissione a presentare una strategia in materia di siccità su cui basare una politica europea di prevenzione e di gestione dei rischi di siccità comprensiva di strategie per minimizzarne l’impatto.
Di conseguenza, anche se abbiamo votato a favore della relazione, siamo molto delusi per via di questa lacuna e sottolineiamo la necessità di una strategia sulla siccità.
Christa Klaß (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Quando siamo colpiti da un’alluvione, l’acqua è una forza della natura che mette a repentaglio la nostra salute, l’ambiente, le infrastrutture e i nostri beni. L’acqua non conosce confini. E’ importante che l’Unione si avvalga di questa proposta di “direttiva relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvione” per promuovere una maggiore cooperazione transfrontaliera, che deve basarsi sui piani esistenti e sui progetti in possesso degli Stati membri. Questi piani e questi progetti devono fondarsi sui migliori dati, procedure e tecnologie disponibili in materia di gestione dei rischi di alluvione.
Mi compiaccio che sia stato raggiunto un accordo sulle ultime questioni ancora aperte, in modo che la nuova direttiva possa entrare rapidamente in vigore.
Le alluvioni rappresentano un rischio costante per chi vive nelle valli fluviali; è possibile, in una certa misura, attrezzare i propri possedimenti per farvi fronte. Un paese nella valle della Mosella vicino al mio si è salvato grazie alla costruzione di una diga protettiva, ma le misure preventive che coinvolgono tutti i cittadini sono molto migliori e più efficaci.
Nella relazione facciamo riferimento al principio di solidarietà, che entra in azione nei paesi colpiti da alluvione; tutti si aiutano reciprocamente e i volontari del corpo dei vigili del fuoco dimostrano una dedizione ammirevole alla loro attività. E’ questo principio della solidarietà che va sviluppato e sostenuto, non solo nei paesi colpiti da alluvione, ma anche al di là di tutte le frontiere.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Le azioni comunitarie riguardanti i problemi legati ai cambiamenti climatici sono di vitale importanza per il futuro. E’ per questo motivo che ritengo che le misure adottate dalle Istituzioni comunitarie e dagli Stati membri non possano essere misure riduttive che si concentrano solo su un aspetto dei fenomeni, trascurando tutto il resto.
Devo pertanto raccomandare misure integrate per i fenomeni climatici. Mentre votiamo sulla valutazione e la gestione delle alluvioni, è chiaro che stiamo dimenticando il fatto che le alluvioni si accompagnano ad altri fenomeni come la siccità e gli incendi.
Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Questo è un cenno d’assenso nei riguardi della natura: proprio mentre un’ondata di caldo senza precedenti si abbatte nell’aprile 2007 sull’Europa settentrionale, oggi a mezzogiorno il Parlamento europeo ha appena detto “sì” a un miglior coordinamento tra gli Stati membri nella lotta alle alluvioni.
Si tratta di una risposta concreta alle catastrofi naturali sempre più frequenti e drammatiche che avvengono nei nostri paesi: i miei colleghi belgi si ricorderanno delle alluvioni del dicembre 2002, e come potremmo non rammentare in quest’Aula le alluvioni sopravvenute nell’Europa centrale e orientale durante le estati del 2002 e del 2005? Queste due tragedie hanno giustificato l’attivazione del meccanismo europeo di protezione civile.
Apprezzo pertanto il ruolo di coordinamento svolto dalla Commissione nell’ambito del coordinamento della gestione delle catastrofi gravi tramite il Centro di monitoraggio e di informazione di Bruxelles.
Ho un consiglio: il centro europeo, per accrescere la sua efficacia, dev’essere coordinato con i servizi meteorologici e idrologici dei 27 Stati membri.
Per evitare che l’Europa si ritrovi troppo spesso alle prese con le alluvioni, è urgentemente necessario, a mio avviso, prendere in considerazione la deforestazione, le colture agricole e le concessioni edilizie in zone a rischio d’inondazione nei piani di gestione dei rischi, come richiesto dalla relazione Seeber.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Abbiamo appena votato una relazione in cui ho chiesto di adottare un testo ed emendamenti che escluderebbero, sia ora che in avvenire, la possibilità che tutti gli Stati membri dell’Unione siano costretti ad accettare l’impiego di embrioni umani per la ricerca e, teoricamente, per la cura, oltre alla creazione di ibridi uomo-animale che verrebbero commercializzati per i loro tessuti, nonché interventi sulla linea germinale umana.
Da come ha votato la maggioranza di quest’Aula, sembrerebbe che, per il momento, sia stato adottato un testo che è ancora neutrale dal punto di vista etico, ma che rimarrà tale soltanto fino a quando i prodotti basati sulla ricerca sulle cellule staminali compariranno sul mercato. Come essere umano, padre e medico, mi batterò sempre per il diritto delle nazioni di non fare uso delle pratiche summenzionate. Respingo fermamente ogni futura possibilità di commercializzare tessuti umani, di comprare e vendere embrioni, di ricorrere all’eugenetica o di modificare eugeneticamente il genoma umano.
Il 23 aprile la Commissione ci ha assicurato qui in Parlamento che la commercializzazione del corpo umano è fuori discussione, perché la questione è disciplinata dalla legislazione europea. Posso garantirvi che io e il Parlamento seguiremo attentamente e monitoreremo l’osservanza di questo principio.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Il Parlamento ha votato a favore dell’armonizzazione nei settori della terapia genica, della terapia cellulare e dei prodotti dell’ingegneria tessutale. Un registro centrale integrerà il mercato, taglierà le spese, incrementerà la competitività europea e accrescerà le speranze di guarire da malattie gravi. E i vantaggi finiscono qui.
Onorevoli colleghi, mi oppongo per principio al vostro rifiuto di porre limiti agli esperimenti con i geni umani. I liberali europei, i socialisti e l’estrema sinistra non hanno tenuto conto delle opinioni degli esperti di tre commissioni e hanno bocciato il nostro pacchetto di emendamenti intesi a vietare idee mostruose come il trapianto di DNA umano in embrioni animali. E’ stata anche aperta la possibilità di modificare le cellule umane e di commercializzare il corpo umano. Vorrei sapere in base a quali criteri funzionerà il registro londinese.
Come possiamo conseguire l’obiettivo del mercato unico quando in alcuni vecchi Stati membri la clonazione degli esseri umani per mezzo di animali e altri esperimenti che minacciano l’evoluzione umana non sono considerati crimini? Purtroppo alcuni paesi devono ancora ratificare la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina. Il mio “no” in occasione del voto finale è una manifestazione di buonsenso, volta ad affermare che questo è un passo estremamente irresponsabile e imprudente.
Jim Allister (NI), per iscritto. – (EN) Oggi ho votato a favore del pacchetto di emendamenti ideati per garantire l’inclusione di salvaguardie etiche fondamentali nella legislazione sui medicinali per terapia avanzata. Gli emendamenti sono tesi a tutelare i principi di non commercializzazione del corpo umano e delle sue parti mediante la donazione volontaria e gratuita di tessuti e di cellule, a vietare tutti gli interventi sulla linea germinale umana che potrebbero ripercuotersi sulle generazioni future e a garantire che nessun materiale ricavato da embrioni ibridi uomo-animale o chimere venga utilizzato nella ricerca. Infine, approvo l’emendamento che rispetta il principio della sussidiarietà, che in questo caso conferisce certezza giuridica agli Stati membri al fine di escludere l’uso di determinate cellule eticamente controverse.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE), per iscritto. – (DE) Dando via libera al regolamento, giuridicamente confuso, sulle nuove terapie, la maggioranza di questo Parlamento si è fatta abbagliare da un’alleanza composta dai socialdemocratici, dalla Commissione e dal governo tedesco, e facendo questo ha svenduto i suoi stessi valori. E’ vergognoso che i deputati diano un colpo di spugna al divieto esplicito di commercializzare il corpo umano, di intervenire sull’identità genetica e di produrre ibridi uomo-animale.
Ha influito enormemente sulla votazione un’intensa attività lobbistica a favore del governo tedesco che, durante la propria presidenza del Consiglio, ha contribuito a causare la demolizione dei valori europei evidenziati nella Dichiarazione di Berlino e a garantire che li si degnasse soltanto di un’adesione puramente formale.
Solo la proposta della commissione giuridica parlamentare (della quale sono stata la relatrice) di rimuovere le cellule staminali embrionali dall’ambito del regolamento avrebbe assicurato la chiarezza e la certezza giuridiche. Si è ora acuito il sospetto che alcuni rappresentanti del governo tedesco volessero sfruttare l’Unione europea per neutralizzare la legislazione tedesca in materia di cellule staminali, e la deroga della Commissione, attualmente sostenuta in linea di principio dal Parlamento, non può superare la prova del tribunale.
Oggi il Parlamento non è stato all’altezza dell’opinione europea prevalente, espressa nella Carta europea dei diritti fondamentali e nella direttiva sui brevetti nel campo della biotecnologia, e ha aperto la porta alla mercificazione del corpo umano. Possiamo ancora sperare che in sede di Consiglio altri Stati membri abbiamo coraggio a sufficienza per fermare la frana bioetica che oggi è stata preannunciata e dare inizio a un totale dietro-front.
Niels Busk, Anne E. Jensen e Karin Riis-Jørgensen (ALDE), per iscritto. – (DA) Dichiarazione di voto a nome degli onorevoli Karin Riis-Jørgensen, Anne E. Jensen e Niels Busk, del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa.
Sono stati proposti alcuni emendamenti di carattere etico che sono assolutamente superflui e che, nel migliore dei casi, intorbidano le acque in merito a tale questione.
Il principio che regola la donazione gratuita di tessuti e di cellule staminali è stato già definito nella direttiva sui tessuti e sulle cellule staminali. Appoggiamo questo principio, che è stato applicato prima e durante questo voto e che si applicherà anche dopo.
E’ sugli Stati membri che ricade, e deve continuare a ricadere, la competenza in materia di decisioni di carattere etico.
Marco Cappato (ALDE), per iscritto. – Abbiamo votato a favore degli emendamenti di compromesso presentati dal gruppo ALDE insieme a PSE e GUE, perchè crediamo che solo una rapida approvazione di una regolamentazione europea sulle terapie avanzate possa garantire milioni di cittadini in attesa di cure efficaci e la libertà della ricerca scientifica. Medici e ricercatori devono potersi muovere in un contesto normativo certo, che riconosca il loro lavoro su base europea e che garantisca l’accesso alle cure a tutti i malati che ne hanno bisogno.
Il Parlamento ha, a larga maggioranza, respinto i cosiddetti “emendamenti etici”, in realtà antiscientifici e aventi l’unico obiettivo di ritardare e di impedire l’adozione di una normativa che dona maggiore funzionalità e competitività alla ricerca scientifica europea nonché speranza ai malati.
Eventuali obiezioni sedicenti etiche sono ampiamente superate dal fatto che l’indipendenza degli Stati membri garantisce la facoltà di imporre limitazioni alla ricerca, come ancora avviene in Italia per quanto riguarda l’utilizzo di cellule staminali embrionali. Il voto di oggi, quindi, non è altro che un passo indispensabile per garantire la parità di accesso alle cure ai cittadini europei, donando una prospettiva di speranza ai tanti che oggi sono costretti ad affrontare costosi viaggi per trovare cure più adeguate, rafforzando al contempo la libertà della scienza.
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) La nostra posizione sul voto odierno, e in particolare sul blocco n. 3, rispecchia diversi fattori, tra cui la convinzione che tali problemi vadano risolti a livello nazionale e il fatto che il nostro partito debba ancora prendere una posizione formale su talune questioni sorte in occasione del voto odierno.
Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Ho appoggiato tutti gli emendamenti a favore delle terapie avanzate e, in particolare, dei prodotti della terapia cellulare. Ho votato contro gli emendamenti presentati dagli eterni reazionari che, col pretesto di difendere la vita che nasce – ovvero l’embrione – vogliono vietare qualunque ricorso alle cellule che abbiano un’origine embrionale anche indiretta. Tentando di sacralizzare tutte le cellule embrionali, quelli che promuovono campagne per difendere gli embrioni stanno dimenticando la vita che c’è, le malattie genetiche e tutte le forme della sofferenza umana che potrebbero essere evitate o mitigate grazie alle terapie avanzate.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Signor Presidente, ho votato a favore di quello che, per comodità, chiamerò il pacchetto del trilogo. Con questa normativa e quest’impostazione intendiamo dare a chi sta male o soffre l’opportunità d’avvalersi il più presto possibile di terapie nuove e avanzate. Ho esaminato nel dettaglio la proposta di regolamento e gli emendamenti e sono giunta alla conclusione che noi, senza pregiudicare l’autonomia degli Stati membri, siamo riusciti ad approvare questa legislazione in pace con la coscienza.
Pertanto condivido la gioia di molti ammalati per l’esito favorevole del voto.
Thomas Ulmer (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Approvo la relazione, anche nel caso che non passino tutti gli emendamenti della commissione giuridica e non tutti vengano visti con favore. E’ sufficiente che le questioni etiche siano disciplinate in base al principio della sussidiarietà. Il regolamento si applica quasi esclusivamente a prodotti eticamente indiscutibili e deve entrare in vigore se si vuol garantire la tutela e la sicurezza dei pazienti europei.
Sono contrario allo sfruttamento del corpo umano e delle sue parti per profitto commerciale.
Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il cosiddetto “pacchetto di compromesso” di comunisti, socialisti e liberali non si limita a respingere richieste importanti relative a norme etiche comuni, ma annulla anche la responsabilità gli Stati membri nel campo dell’assistenza sanitaria nazionale.
Il compromesso adottato non è affatto all’altezza del compito in corso. Le PMI che cooperano con gli ospedali a livello nazionale sono esonerate dal requisito di un’autorizzazione nazionale, mentre altri sono obbligati a rivolgersi all’Agenzia a Londra. Il compromesso è stato varato per imposizione della grande industria alla faccia degli interessi dei lavoratori autonomi e del settore delle PMI.
Inoltre gli Stati membri stanno anche perdendo la loro autonomia in materia di salute pubblica, perché d’ora in poi sarà un’agenzia in Inghilterra a decidere in merito all’autorizzazione dei farmaci. Questo è contrario al principio di sussidiarietà e della responsabilità nazionale per settori fondamentali come la salute pubblica e la tutela dei consumatori.
Si è persa l’occasione per fissare principi etici basilari validi per tutta l’Europa. In precedenza, nel nostro continente non si appoggiava l’intervento sull’identità genetica umana e la commercializzazione del corpo umano e delle sue parti era ipso facto illegale. Quantunque il compromesso raggiunto respinga questi principi rispettosi della vita umana, ci sono certi aspetti che sono essenziali e contrari a grette transazioni politiche, e la manipolazione della vita umana è uno di questi. Per tale motivo ho votato contro la relazione.
Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, malgrado l’ovvia importanza che riveste la tutela della proprietà intellettuale e il ruolo essenziale che svolge per il successo delle aziende, ho votato contro la relazione Zingaretti. Ciò che l’Unione deve fare se vuole davvero tenere conto seriamente della tutela della proprietà intellettuale, come sancito dalla Carta dei diritti fondamentali, è intervenire con maggior determinazione nei riguardi delle violazioni perpetrate ai suoi danni in posti come la Cina. Però, anziché dare finalmente maggior rilievo a questo problema e fare qualcosa in proposito, sembra che si cerchi di impedire nuove invenzioni e di punire, come se si trattasse di delitti, violazioni commesse nella sfera privata senza nessuna intenzione di trarne un profitto, perché è proprio questo che la direttiva farebbe nella sua formulazione attuale. A mio avviso le vaghe espressioni attuali potrebbero danneggiare la concorrenza, ostacolare la crescita economica e spianare la strada a qualcosa di analogo alla censura.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Vorrei spiegare perché ho votato contro la direttiva che stabilisce misure penali per la violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Inizialmente si trattava di una buona idea e io sostengo risolutamente le sanzioni per la contraffazione e la pirateria.
Purtroppo la direttiva che ne è scaturita non sarà di molto aiuto nel combattere le contraffazioni asiatiche. Al contrario, anziché offrire tutela per gli imprenditori innovativi, alcuni paragrafi sono contraddittori al punto da poter essere controproducenti nella lotta per la competitività. In futuro anche gli imprenditori europei potranno avere a che fare con reclami ingiusti, magari da parte di contraffattori asiatici. L’Unione deve sforzarsi di fare osservare i diritti di proprietà intellettuale al di là delle sue frontiere, non di criminalizzare i suoi stessi cittadini e le sue aziende.
Mi oppongo all’idea che l’Unione, per la prima volta nella sua storia, intervenga nell’ambito del diritto penale degli Stati membri. Non sono d’accordo che l’Unione debba imporre la responsabilità penale alle persone giuridiche in paesi, come la Repubblica Ceca, il cui diritto non la contempla. Né condivido l’idea che il pubblico, i giornalisti, gli scienziati e i consumatori comuni possano essere puniti per via della cosiddetta “responsabilità penale derivata”.
Concludendo, vorrei chiedere di cambiare il mio primo voto sugli emendamenti nn. 43 e 44. Ero a favore, ma per errore ho premuto il pulsante della luce rossa.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) In occasione del voto finale, abbiamo votato a favore degli emendamenti nn. 43 e 44 e contro la relazione, perché riteniamo che non sia stato sufficientemente dimostrato che esistono fondamenti giuridici basati sul primo pilastro in relazione alle disposizioni di diritto penale comune nell’ambito della legge sulla proprietà intellettuale. L’interpretazione estensiva data dalla Commissione alla sentenza della Corte di giustizia relativa alla causa C-176/03 è stata messa in forse e non si può estendere, senza ulteriori esami, in modo da trovare applicazione anche nel campo del diritto della proprietà intellettuale.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione del mio collega, onorevole Zingaretti, sulla proposta modificata di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Naturalmente, la Commissione non ha e non deve avere potestà giuridica, salvo nel caso di negoziati tra i popoli. La responsabilità della giustizia penale spetta ai popoli, non all’Unione. Questo non le impedisce di stilare direttive che inviano messaggi agli Stati membri allo scopo di garantire l’efficacia del diritto comunitario. Pertanto, nel campo dei brevetti e, a un livello più ampio, della proprietà intellettuale, occorre fissare quanto prima un quadro giuridico europeo che sia affidabile e rispettato. Casi di contraffazione, pirateria, copia, furto eccetera stanno diventando troppo gravi per restare impuniti.
Marco Cappato (ALDE), per iscritto. – Come parlamentari radicali del gruppo ALDE abbiamo votato insieme al nostro gruppo contro la relazione dell’on. Zingaretti, perchè crediamo che, nell’applicare per la prima volta disposizioni penali alle violazioni del diritto d’autore, servano cautele e contrappesi, che invece non hanno trovato spazio negli emendamenti votati.
Contrastare le organizzazioni e le mafie internazionali della contraffazione è certamente una priorità, ma rischiare di criminalizzare decine di milioni di cittadini, magari semplicemente esponendo a procedimenti penali avventati chi utilizza Internet per scaricare musica sulle reti peer-to-peer, si traduce in una politica lontana dalla realtà e controproducente anche rispetto all’obiettivo di contrastare le organizzazioni criminali.
Come gruppo ALDE avevamo presentato emendamenti pragmatici per rendere il rapporto più equilibrato, riducendo il campo di applicazione della direttiva al copyright e ai marchi industriali e indicando chiaramente circostanze aggravanti, quali la criminalità organizzata o gli attentati contro la salute pubblica e la sicurezza, che facciano scattare le sanzioni penali. Avevamo anche cercato di circoscrivere il mandato delle “squadre di investigazione comune”, che affiderebbero alle aziende il potere di partecipare attivamente alle indagini e alla formazione della prova.
Charlotte Cederschiöld, Lena Ek, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark, Anna Ibrisagic, Olle Schmidt, Anders Wijkman e Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto – (SV) Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha votato contro la relazione dell’onorevole Zingaretti perché, in base ai Trattati comunitari, il diritto penale è di competenza nazionale. Nei settori in cui gli Stati membri hanno deciso, tuttavia, di cooperare in questo campo (per esempio in merito ad alcuni tipi di reati transfrontalieri), è il Consiglio a dover prendere le decisioni e la base giuridica, di conseguenza, va individuata nell’ambito del terzo pilastro intergovernativo dell’Unione (pilastro che comprende le questioni giudiziarie e interne) e non in quello del primo, che è costituito da leggi comunitarie soprannazionali.
Finché non avremo un Trattato costituzionale che preveda diritti fondamentali a livello comunitario, non potremo avere neppure un diritto penale europeo comune.
Ole Christensen, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (PSE), per iscritto. – (DA) I deputati socialdemocratici danesi al Parlamento hanno votato a favore dell’emendamento n. 43 presentato dagli onorevoli Guidoni, Holm, Pafilis, Remek e Figueiredo a nome del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica.
La delegazione è dell’idea che la direttiva non sia sufficientemente buona. Oltre a non prevenire adeguatamente la criminalità organizzata in questo settore – che è l’obiettivo della proposta – la direttiva non fornisce neppure una tutela soddisfacente ai cittadini che violino involontariamente i diritti di proprietà intellettuale.
I deputati socialdemocratici danesi al Parlamento europeo si sono astenuti dal voto sulla proposta nel suo complesso; la nostra delegazione, infatti, ritiene che tale proposta sia in contrasto coi regolamenti vigenti, ma desidera precisare che appoggia la tutela dei diritti di proprietà intellettuale.
Brian Crowley (UEN), per iscritto. – (EN) Non sono d’accordo con la decisione adottata oggi, che tenta di dare all’Unione il potere di comminare sanzioni penali nei confronti di chi viola i diritti di proprietà intellettuale.
Spero che il Consiglio dei ministri dell’Unione prenderà una posizione contraria a quella adottata oggi dal Parlamento. Questo perché in Irlanda, contrariamente al sistema del codice civile vigente in molti altri Stati membri dell’Unione, opera un sistema di diritto comune. In Irlanda abbiamo un sistema giudiziario in virtù del quale si presume che uno sia innocente finché non ne viene dimostrata la colpevolezza, mentre in molti altri Stati membri è praticato il sistema opposto.
Non dobbiamo permettere lo sviluppo di un sistema che dia carta bianca all’Unione nell’imposizione di sanzioni penali in Europa.
La Corte di giustizia delle Comunità europee ha stabilito che l’Unione può comminare sanzioni penali per gravi violazioni della legislazione ambientale comunitaria. Tuttavia questa sentenza non può essere interpretata nel senso che l’Unione ora può comminare sanzioni penali a suo piacimento.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo assolutamente contrari alla base giuridica utilizzata dalla Commissione per presentare questa proposta relativa alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e siamo molto delusi perché la nostra proposta di reiezione non è stata accolta.
In base a una sentenza della Corte di giustizia in materia di ambiente – sentenza sulla quale ci si potrebbero porre alcuni interrogativi –, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva che fissa misure penali che gli Stati membri dovranno applicare in caso di violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Il diritto penale è di competenza esclusiva degli Stati membri. Pertanto riteniamo che la Commissione non abbia facoltà di presentare testi legislativi su questa materia.
Siamo delusi perché sono state in gran parte respinte le nostre proposte, che erano finalizzate a neutralizzare gli aspetti peggiori della proposta della Commissione. La relazione contiene alcuni elementi apprezzabili, approvati dalla maggioranza ma, nel complesso, quelli negativi superano quelli positivi. Riteniamo altresì inaccettabile che, in base alla proposta della Commissione, si permetta alle ditte private di prendere parte alle indagini penali.
Da qui il nostro voto contro la relazione.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La Lista di giugno ha fatto presente in diverse occasioni che il diritto penale non deve rientrare nella competenza dell’Unione, cosa confermata, in generale, dalla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 settembre 2005 in merito alla causa C-176/03, in cui la Commissione si è opposta al Consiglio. Il relatore ritiene, invece, che le iniziative legate all’imposizione di sanzioni a livello comunitario siano “perfettamente coerenti con l’interpretazione estensiva della … sentenza della Corte di giustizia”.
La relazione è indifendibile dal punto di vista giuridico. Nutriamo preoccupazione per la libertà di espressione e per il diritto a scambiare informazioni. Evidentemente la Commissione e molti deputati al Parlamento europeo stanno cedendo alle potenti case discografiche e cinematografiche e ai loro particolari interessi, senza tenere conto della chiara interpretazione della Corte di giustizia europea in merito ai poteri dell’Unione né di quanto la certezza del diritto sia necessaria per i cittadini. Salvo alcuni emendamenti che la Lista di giugno appoggia, è difficile trovare elementi che tornino a vantaggio dei cittadini in materia di diritto alla libertà di espressione e allo scambio delle informazioni. Pertanto abbiamo deciso di astenerci dal voto su quegli emendamenti per i quali dovevamo scegliere tra due mali.
La Lista di giugno difende la tutela del diritto d’autore, ma ritiene che la proposta della Commissione rappresenti una minaccia per la democrazia.
Pertanto la Lista di giugno voterà contro la relazione nel suo complesso.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione perché il suo obiettivo è applicare sanzioni penali nei confronti degli utenti finali di merci contraffatte, ovvero nei confronti dei consumatori. Ritengo che siano i produttori di queste merci, non i consumatori, a dover essere puniti.
Arlene McCarthy (PSE), per iscritto. – (EN) Benché il partito laburista al Parlamento europeo sia in ampia misura favorevole al lavoro del relatore, onorevole Zingaretti, sulla proposta di sanzioni penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, continuiamo a nutrire gravi riserve per quanto riguarda la proposta della Commissione di affrettarsi a estendere le sanzioni penali alla legislazione del primo pilastro prima che abbiano termine le udienze in corso della Corte europea di giustizia.
Inoltre alcune delle proposte approvate oggi sulle definizioni di violazione intenzionale e di scala commerciale minacciano di togliere a giudici nazionali preparati e qualificati il potere discrezionale di prendere in considerazione le circostanze di ogni singolo caso. E’ meglio lasciare queste decisioni a tribunali e giudici nazionali che abbiano una grande esperienza nell’occuparsi di tali casi. Il testo votato dal Parlamento rischia di mandare in prigione consumatori innocenti e, contemporaneamente, di creare scappatoie per singoli delinquenti collusi con la grande criminalità organizzata.
Il compromesso sottoscritto dal relatore comporterà incertezza giuridica e toglierà ai giudici e ai tribunali nazionali un potere discrezionale fondamentale. Per questo motivo i deputati laburisti al Parlamento europeo hanno votato contro.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La direttiva è un tentativo di ripristinare “sottobanco” le disposizioni reazionarie più rilevanti della “Eurocostituzione”, che è stata bocciata dai cittadini. La Commissione e il Parlamento stanno palesemente tentando di invalidare il principio di unanimità degli Stati membri per adottare misure penali a livello comunitario, abolendo uno dei principi basilari della sovranità nazionale dei suoi Stati membri.
D’altra parte, il contenuto della direttiva, che è stata adottata in Parlamento dalla famigerata “santa alleanza” tra il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, i socialisti e i liberali, non è altro che un adeguamento alle richieste provocatorie dei monopoli di dominare, senza barriere, il settore della creatività intellettuale. Con la voluta nebulosità delle definizioni di “reati” di violazione dei diritti di proprietà intellettuale, l’imposizione di sanzioni severe (almeno quattro anni di reclusione e un’ammenda di almeno 300 000 euro) e l’inaudita privatizzazione delle azioni penali attraverso la partecipazione di grandi aziende alle indagini giudiziarie e di polizia sulla violazione dei loro diritti, si assiste a un chiaro tentativo dei monopoli di esercitare un controllo rigoroso in tutti i settori della creatività intellettuale. L’Unione ha persino penalizzato il libero accesso dei lavoratori alle creazioni intellettuali in modo da soffocare questo campo dell’umana creatività e aumentare i profitti del capitale eurounificante.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Secondo la proposta di direttiva sulle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, si richiede agli Stati membri di sanzionare qualunque violazione intenzionale dei diritti di proprietà intellettuale se tali azioni illegali si verificano su scala commerciale. Le contraffazioni e la pirateria sono reati chiaramente punibili. Fin qui, nessun problema.
Tuttavia rifiuto di appoggiare la relazione Zingaretti, e per varie ragioni. Il restrittivo elenco dei diritti di proprietà aumenta l’incertezza giuridica. E’ inaccettabile che le aziende vengano dissuase dall’innovazione, dalla creatività e dagli investimenti, se si scopre che tali aziende hanno inavvertitamente violato questi diritti, e siano immediatamente perseguite a livello penale.
Inoltre il concetto di “scala commerciale” è stato definito in maniera piuttosto vaga. Un suonatore ambulante rientrerebbe in questa fattispecie? L’uso personale è escluso?
Nutro seri dubbi anche in merito alla sussidiarietà e alla proporzionalità. Non spetta all’Unione specificare la natura e il livello delle sanzioni, certo non quando sono in gioco le libertà personali e, benché la relazione, nel suo articolo 7, proponga di istituire squadre investigative a beneficio dei gestori collettivi di diritti, non si può pensare di privatizzare i procedimenti penali.
I cittadini hanno diritto a una legislazione chiara e, a questo proposito, la relazione non coglie nel segno.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Dal 1999 la politica europea di sicurezza marittima figura ai primi posti nell’agenda politica europea. I disastri dell’Erika (1999) e della Prestige (2002) hanno tragicamente dimostrato quanto la politica europea e le strategie degli Stati membri fossero inadeguate in caso di incidente marittimo.
Penso che la relazione contribuirà ad aumentare la sicurezza e l’efficienza del traffico marittimo nel suo complesso.
Quanto alle implicazioni per il settore della pesca, la relazione mi sembra equilibrata e garantisce la tutela dei pescherecci di minori dimensioni che pare non siano obbligati a installare il sistema di identificazione automatica.
Voterò a favore della relazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Apprezziamo, in linea di massima, la proposta di istituire un sistema di monitoraggio del traffico navale e di informazione al fine di prevenire gli incidenti e potenziare la sicurezza del traffico marittimo.
Tuttavia, non possiamo accettare alcuni degli emendamenti proposti, per esempio quello volto a trasferire il potere decisionale sull’accoglienza di navi in pericolo, nonché sulla designazione del porto di rifugio, a una cosiddetta “autorità indipendente”, che non sarà indipendente affatto, considerato il conflitto d’interessi in gioco, com’è avvenuto col disastro della Prestige.
Questa è una responsabilità che spetta a ciascuno degli Stati membri. E’ alle autorità nazionali di ciascuno Stato che compete la gestione delle zone economiche esclusive sotto la loro sovranità. Spetta agli Stati membri assicurare la gestione delle proprie risorse marine.
Pertanto proponiamo che tutte le iniziative rientranti nel quadro della sicurezza del trasporto marittimo a livello comunitario – almeno quelle iniziative che riteniamo pertinenti e necessarie – debbano far parte del quadro di cooperazione tra gli Stati membri, senza violare le loro competenze sovrane.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Nonostante molti colleghi euroscettici dell’UKIP – il partito per l’indipendenza del Regno Unito – abbiano tentato di demonizzare la relazione, voterò a suo favore a patto che il tentativo della Commissione e del relatore di estenderne la portata fino a includere le vie navigabili interne sia respinto. Per quanto riguarda l’inclusione del trasporto marittimo interno, le norme che vi sono incorporate trovano già ampiamente applicazione nel Regno Unito. Pertanto questo non costituisce una minaccia per i servizi di traghetto nella mia regione, che si tratti delle Isole Scilly o dell’isola di Lundy, né la dimensione internazionale avrà un impatto sui servizi da Gibilterra. Non vedo alcuna ragione per cui, in sostanza, chi viaggia a bordo delle navi non debba usufruire degli stessi livelli di protezione garantiti a chi viaggia in treno o in aereo.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) In linea di massima, approviamo la proposta sulla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare.
Si tratta di una proposta che mira, principalmente, a prendere in considerazione i diritti dei passeggeri del trasporto marittimo, in linea con quanto avviene attualmente per il trasporto aereo. Per esempio, secondo la proposta in esame, i vettori devono sottoscrivere un’assicurazione che operi in caso di incidente. Inoltre la proposta amplia il grado di responsabilità dei trasportatori per quanto riguarda i massimali del risarcimento finanziario da corrispondere ai passeggeri in caso di incidente.
L’esclusione del trasporto per vie navigabili interne dall’ambito di applicazione di questo regolamento è l’elemento che apprezziamo di meno nella votazione odierna.
Riteniamo che la necessità di creare questo tipo di strumenti sia anche legata alla graduale riduzione delle norme di sicurezza che, a sua volta, è la conseguenza dell’eliminazione o della diminuzione dei vettori di proprietà statale e dell’aumento di operatori privati. Questi ultimi spesso non rispettano gli standard di qualità e le condizioni di lavoro, come dimostra il ricorso sempre più frequente a contratti di lavoro precario. Il rispetto della sicurezza dei passeggeri va di pari passo con il rispetto dei diritti dei lavoratori.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della relazione affinché si fornisca tutela in caso di incidenti marittimi. In particolare, però, ho votato contro quegli emendamenti finalizzati a escludere le vie navigabili interne dalla normativa, perché ho l’impressione che ci sia una differenza nella copertura della responsabilità tra gli incidenti marittimi e quelli che avvengono in altre acque, tipo quelle fluviali.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore dell’esclusione delle vie navigabili interne dalla portata di questa direttiva per diverse ragioni.
In primo luogo, la relazione è stata introdotta per determinare adeguati livelli di responsabilità per le navi marittime, non per la navigazione interna fluviale ed estuariale.
In secondo luogo, qualunque estensione della portata di questa proposta al fine di includere le vie navigabili interne avrebbe causato gravi problemi non solo per le vie navigabili interne del Regno Unito usate principalmente per i viaggi di piacere, ma anche per molte rotte fluviali che svolgono un pubblico servizio essenziale in quanto parte della rete pubblica dei trasporti.
In terzo luogo, l’inclusione della navigazione estuariale nell’ambito di applicazione normativa avrebbe comportato un considerevole aggravio dei costi a carico degli operatori, mettendo in forse lo svolgimento stesso di alcune delle attività.
Sono rimasto sorpreso dal favore accordato dai liberaldemocratici alla proposta di includere le vie navigabili interne, perché tale iniziativa potrebbe pregiudicare le attività dei traghetti lungo il fiume Mersey, che asseriscono di sostenere.
Fortunatamente l’Assemblea plenaria, nella sua saggezza, ha ora capovolto la posizione del nostro relatore liberale e ha rimosso i problemi cui ho accennato.
Questo significa che posso votare di buon grado a favore della relazione quale emendata dalla plenaria.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Assieme ai colleghi del partito laburista al Parlamento europeo ho votato per escludere le vie navigabili interne da queste misure, obiettivo raggiunto a dispetto dell’opposizione dei liberaldemocratici, i quali erano favorevoli all’inserimento di queste piccole imbarcazioni, che avrebbe comportato costi sproporzionati, ridotto la sostenibilità economica e provocato uno scadimento del servizio.
Condanno in particolare le scandalose conferenze stampa che hanno preceduto queste votazioni, proposte da certi partiti politici che hanno sollevato falsi problemi e preoccupazioni. Naturalmente operatori come i traghetti dell’Isola di Wight potrebbero essere stati obbligati a considerare la propria responsabilità economica a causa di queste conferenze stampa opportuniste. Pertanto sono lieto che, come ho detto prima, tali provvedimenti non verranno introdotti.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’eccellente relazione della mia collega e amica, l’onorevole Vlasto, sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa al controllo da parte dello Stato di approdo. Non sono uno specialista in materia, ma apprezzo l’importante lavoro svolto dall’onorevole Vlasto per sostenere una posizione equilibrata nella legislazione relativa all’ispezione delle navi che approdano in un porto comunitario. Tutti si rendono conto, alla luce – mi spiace dirlo – degli incidenti avvenuti, che il controllo da parte dello Stato di bandiera va integrato con un controllo da parte dello Stato di approdo. La rifusione della direttiva compiuta dall’onorevole Vlasto, molto più ambiziosa di quella che aveva inizialmente proposto la Commissione, ci permetterà di compiere sempre più progressi nel campo della sicurezza marittima nell’interesse delle coste europee, dell’ambiente, delle imprese e dei cittadini.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del testo.
La relazione solleva il tema del dibattito sui potenziali miglioramenti dell’ambiente concorrenziale dell’Unione, anche per quanto riguarda le azioni private di risarcimento del danno e i danni conseguenti a violazioni del diritto antitrust rimessi alle giurisdizioni civili. Difendo l’idea secondo cui queste azioni di risarcimento andrebbero agevolate. L’obiettivo è “promuovere la concorrenza e non le controversie”. Sarebbe opportuno favorire soluzioni rapide a carattere extragiudiziale. Il novanta per cento delle controversie tra professionisti e consumatori viene regolato in via extragiudiziale. Le imprese tendono a raggiungere un accordo, anche quando non sono responsabili, per evitare una lunga procedura giudiziaria. Sarebbe utile che l’Europa non importasse direttamente il modello di procedura americano. Dobbiamo pertanto privilegiare sistemi alternativi per la composizione delle controversie. Tutti pensiamo ai grandi gruppi che verranno attaccati in questo modo, ma è evidente che neanche le PMI sono al sicuro. Pertanto dobbiamo continuare a vigilare per garantire che la loro sopravvivenza non venga compromessa.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione su una strategia tematica per l’uso sostenibile delle risorse naturali. Nessuno può continuare a mettere in dubbio che le nostre risorse naturali siano a rischio. L’attuale incremento demografico del pianeta – che con una crescita pari a un miliardo di abitanti nel corso di dodici anni porterà la popolazione odierna a raggiungere i 6,5 miliardi di persone – giustifica di per sé l’attenzione che dobbiamo prestare alle nostre risorse naturali. Anche se la relazione avrebbe potuto essere più ambiziosa, strutturata e ben documentata, questo rimane comunque un buon documento da aggiungere al difficile argomento dello sviluppo sostenibile.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Oggi abbiamo votato contro la relazione. Il suo messaggio principale è che dobbiamo ridurre drasticamente il nostro impiego di risorse naturali e che il miglior modo per realizzare tale riduzione è una normativa politica lungimirante. Noi conservatori svedesi abbiamo i nostri dubbi in proposito.
Riteniamo invece che l’uso sostenibile delle risorse naturali richieda chiari diritti di proprietà che permettano un impiego delle medesime disciplinato dai meccanismi del mercato anziché dalle decisioni politiche. L’impiego di risorse naturali nell’ambito di un’economia di mercato contribuisce molto di più a incoraggiare il risparmio e lo sviluppo tecnologico di quanto non facciano le normative politiche.
La vita e la creatività umane mirano a lasciare una traccia. Il trionfo dell’umanità è l’essere riusciti a sviluppare idee e una tecnologia che hanno aumentato la produttività e ridotto la povertà nel mondo di due terzi in 50 anni. Noi conservatori svedesi riteniamo che, mediante la produzione e gli scambi commerciali, possiamo non solo porre fine alla povertà, ma anche migliorare il nostro ambiente. Sono appunto la tecnologia e la prosperità che ci forniscono la volontà e i metodi per fare proprio questo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta della Commissione sulla strategia in materia di risorse proprie è troppo riduttiva, come ha sottolineato l’onorevole Liotard, relatrice e membro del gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. Tramite le proposte che ha presentato, la collega ha cercato di estendere la portata della relazione. La proposta si occupa di elementi essenziali come l’acqua, gli alberi, il suolo e il petrolio, che non sono soltanto d’importanza vitale per la nostra economia, ma anche per la nostra stessa esistenza.
Di conseguenza, siamo lieti che sia stata adottata la sua relazione, che caldeggia uno sviluppo economico sostenibile nonché una condivisione giusta ed equa dei benefici che derivano dalle risorse naturali e dall’accesso alle risorse e ai mercati, al fine di mitigare la povertà e accrescere il benessere della gente. Deploriamo, tuttavia, che non tutte le proposte da lei avanzate, e che noi abbiamo appoggiato, siano state incorporate nella risoluzione finale.
Apprezziamo l’inclusione delle proposte che chiedono il riutilizzo e il riciclaggio e che invitano la Commissione a promuovere tecnologie da cui scaturiscano prodotti durevoli, riparabili, riutilizzabili e riciclabili, nonché a incoraggiare il rispetto del principio di prossimità in tutta la legislazione.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Voterò, in linea di principio, a favore della transizione fiscale, benché il testo non ne parli in modo soddisfacente. Penso che le imposte sul capitale e sui consumi favoriscano la prosperità e la giustizia e che l’Unione debba consentire agli Stati membri di passare da un tipo d’imposta all’altro.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Oggi ho deciso di sostenere l’emendamento n. 3 del gruppo Verde/Alleanza libera europea alla relazione dell’onorevole Liotard sull’uso sostenibile delle risorse naturali. Appoggio il principio della riorganizzazione del prelievo fiscale, in modo che le imposte sul lavoro, sul capitale e sui consumi, che ostacolano la crescita, vengano sostituite da imposte sulle attività che danneggiano l’ambiente. Si dovrebbe prevedere anche una transizione da un’imposta sul lavoro a un’imposta sugli alcolici e i tabacchi.
Tuttavia non ho potuto appoggiare la relazione dell’onorevole Liotard nel suo complesso per via delle tante infelici affermazioni che contiene. Per esempio, ritiene inopportuni i trasporti su lunghe distanze di prodotti agricoli e di prodotti destinati al dettaglio. Gli scambi commerciali che risultano da questi trasporti hanno aiutato milioni di persone ad affrancarsi dalla povertà. Quelle che andrebbero limitate sono piuttosto le emissioni prodotte da tali trasporti.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggerò la relazione. Un tema che l’Europa deve affrontare urgentemente è la richiesta degli Stati Uniti di installare gli impianti di difesa contro missili di teatro sul nostro confine orientale. Queste proposte minacciano di destabilizzare i nostri rapporti con la Russia, la spingono a modernizzare e aggiornare i suoi missili e le sue armi nucleari, e al contempo la inducono a produrre una bomba islamica anziché dissuaderla dal farlo. La reazione dell’Europa costituirà un importante banco di prova per la capacità che dimostreremo di pianificare i nostri interessi in materia di politica estera anziché accettare l’agenda neoconservatrice statunitense che minaccia noi tutti.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La risoluzione sulle relazioni transatlantiche – sottoscritta dalla destra e dai socialdemocratici e oggi approvata dalla maggioranza del Parlamento – è un’utile istantanea dello stato attuale delle relazioni tra Unione europea e Stati Uniti. La maggioranza del Parlamento ha fissato l’agenda e le sue priorità, tra cui terrei a sottolineare quanto segue:
– “si compiace del miglioramento delle relazioni tra Unione e Stati Uniti da pari a pari” ed esprime il desiderio di condividere le responsabilità nella cosiddetta “governance mondiale”;
– “il rafforzamento del mercato transatlantico” con la liberalizzazione dei servizi finanziari, che costituiscono una “questione fondamentale”, e l’invito alla “convergenza normativa e alla parità di condizioni, in considerazione dell’accordo multilaterale in materia di investimenti”;
– l’affermazione di “serie opportunità per l’UE e gli Stati Uniti di lavorare a stretto contatto” nei “Balcani occidentali, nella regione del Caucaso meridionale, nell’Asia centrale, in Medio Oriente, in Afghanistan, nel Mediterraneo, in America latina e in Africa”;
– il rafforzamento della cooperazione nel contesto della cosiddetta “lotta al terrorismo e alla proliferazione di armi di distruzione di massa” quale “principale sfida alla sicurezza per entrambi i partner”, con la NATO che rappresenta un “forum transatlantico per il dibattito politico in un vero partenariato di soggetti uguali”.
Quest’agenda esprime le ambizioni delle grandi potenze capitaliste europee, in particolare della Germania, in relazione agli Stati Uniti.
Willy Mayer Pleite (GUE/NGL), per iscritto. – (ES) Ho votato contro la risoluzione sulle relazioni transatlantiche perché sono convinto che tali relazioni debbano essere fondate su valori comuni che gli Stati Uniti hanno dimostrato in tante occasioni di non rispettare, come dimostra il fallimento della politica estera militarista del Presidente Bush, di cui i progetti di installare missili in alcuni paesi dell’Unione costituiscono un esempio. L’amministrazione statunitense è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Afghanistan, Iraq e a Guantánamo, nonché di detenzioni illegali e consegne nel caso dei voli della CIA.
Il rispetto totale del diritto internazionale dev’essere una conditio sine qua non nelle relazioni tra l’Unione e gli Stati Uniti. Nel caso dell’Iraq dobbiamo chiedere il ritiro delle truppe e il rispetto delle risorse naturali. L’Unione deve esigere dagli Stati Uniti la ratifica dei vari trattati internazionali, come il Trattato per il bando degli esperimenti nucleari, la Convenzione di Ottawa sulle mine antiuomo e il Protocollo di Kyoto. L’Unione deve anche condannare l’illegalità della legge Helms Burton e l’embargo commerciale degli Stati Uniti nei confronti di Cuba.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Come fa giustamente notare la risoluzione, negli ultimi anni le relazioni transatlantiche sono considerevolmente migliorate; sono tornate all’altezza delle aspettative, anche se non potrebbero mai essere del tutto esenti da problemi e difficoltà, né si vorrebbe che lo fossero. E’ necessario investire in queste buone relazioni. Se si guarda al vecchio mondo degli anni ’70, ’80 e ’90 o al nuovo mondo sorto dopo la caduta del muro di Berlino e all’avvento della globalizzazione, non si può fare a meno di giungere alla conclusione che gli Stati Uniti rimangono il nostro maggiore alleato, il nostro migliore amico, il nostro partner nel compito di rendere il mondo un posto più libero e più evoluto. L’importanza dell’alleanza con gli Stati Uniti d’America è innegabile e senza paragoni, e non va pregiudicata da visioni politiche che si sono sempre basate sull’idea che gli Stati Uniti siano il problema anziché una parte fondamentale dell’asse della pace, della prosperità, della democrazia e della libertà.
A un livello più ampio, vorrei esprimere la mia approvazione per il discorso del leader del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei al Parlamento, discorso in cui ha caldeggiato la creazione di un grande mercato transatlantico entro il 2015 e ha invitato i parlamenti di entrambe le sponde dell’Atlantico a impegnarsi maggiormente nella preparazione delle basi legislative per realizzare quest’idea.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Le relazioni fra l’Unione e gli Stati Uniti d’America si sono dimostrate molto fruttuose nell’ultimo decennio. In particolare, i servizi finanziari costituiscono un settore piuttosto fiorente in virtù del quale amministrazioni e politici da ambo le sponde dell’Atlantico hanno assistito a progressi concreti.
Si avrebbero grandi benefici se si potessero mettere in pratica gli obiettivi del Documento di lavoro dell’OCSE del 29 maggio 2005, che è stato adottato da ambo le parti. La rimozione delle barriere in esso menzionata porterebbe, anno dopo anno, a una crescita annuale di oltre il 3 per cento dell’RNL. Il mercato transatlantico richiede un grande impegno da entrambe le parti, senza il quale, tuttavia, le nostre industrie resterebbero indietro e i nostri popoli correrebbero rischi economici nel contesto globale.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) A causa del mio incontro col Presidente dell’India non ho potuto votare su questa risoluzione. Come strenuo sostenitore delle relazioni transatlantiche, avrei votato a favore. Tuttavia, mi oppongo energicamente a ciò che è divenuto un gioco di prestigio consueto e molto pericoloso nei documenti comunitari: il rimpiazzo dei governi nazionali con l’Unione, in questo caso nei suoi sforzi di diventare il solo “partner” degli Stati Uniti nelle relazioni transatlantiche. Ciò riveste una particolare importanza per il Regno Unito. Questo linguaggio compare anche in relazione alla NATO. Inoltre, bisogna ricordare che l’idea di un mercato unico transatlantico era un’iniziativa dei conservatori britannici risalente a molti anni fa e inclusa in molte relazioni recenti in virtù di un mio emendamento. Poiché non vedo alcuna giustificazione per istituire uffici del Parlamento europeo in altri paesi, mi oppongo senz’altro alla proposta dispendiosa, formulata al paragrafo 40, di creare un posto permanente di funzionario del Parlamento europeo a Washington DC.
Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, vorrei fare qualche breve commento sulla relazione concernente i progressi compiuti dalla Croazia. Con l’apertura del proprio mercato immobiliare alla Slovenia, ora la Croazia ha adempiuto ai suoi obblighi ai sensi dell’accordo di stabilizzazione e associazione, per cui questo punto controverso dovrebbe essere ormai risolto. Si sono registrati alcuni progressi anche nel perseguimento dei crimini di guerra e, infine, anche il Comitato delle regioni, nella relazione adottata ieri, osserva che l’adesione della Croazia avrebbe ripercussioni finanziarie irrilevanti.
Dunque a mio parere è una vergogna che la Croazia, che indubbiamente appartiene alla famiglia dei popoli europei e soddisfa tutte le condizioni richieste per l’adesione, sia stata tenuta così a lungo nell’incertezza. Invece di perdere il nostro tempo con la Turchia, che non ha la capacità, e neppure la volontà, di soddisfare i requisiti dell’UE, e tuttavia è abbastanza impertinente da esigere che le sia indicata una data per la sua adesione, credo che dovremmo concentrare tutte le nostre energie sul rapido completamento dei negoziati con la Croazia.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, abbiamo appena approvato una relazione estremamente importante sui progressi compiuti dalla Croazia per unirsi ai 27 Stati membri dell’UE. Non dovrebbe esserci alcun dubbio sul fatto che la Croazia appartenga alla nostra patria europea e che dovrebbe presto entrare a pieno titolo nella Comunità.
Benché alcuni paesi reagiscano negativamente ad un ulteriore allargamento per includere la Turchia o l’Ucraina, e nonostante l’esigenza di riformare la Istituzioni comunitarie per agevolarne il funzionamento, il processo di integrazione cominciato cinquant’anni fa non può essere fermato.
Sono convinto che la Croazia porterà avanti le riforme avviate, anche nei campi della giustizia, dell’amministrazione e della lotta alla corruzione, per essere in grado di soddisfare tutte le condizioni politiche ed economiche per l’adesione all’UE, in particolare i criteri di Copenaghen e le condizioni stabilite per il processo di stabilizzazione e associazione. Mi auguro che la Croazia sarà il ventottesimo membro dell’UE, e tale augurio vale per questo paese e per tutti noi.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) A nostro parere, l’allargamento dell’UE è una buona cosa. Tuttavia, non si può attuare finché i paesi candidati non soddisfano tutti i requisiti richiesti per l’adesione. Il recente allargamento che ha visto l’ingresso di Romania e Bulgaria è avvenuto troppo presto, perché i due paesi e i rispettivi sistemi non erano pronti per l’adesione.
Anche la Croazia ha ancora molta strada da fare, ad esempio in termini di riforme della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario, prima che l’adesione possa diventare una realtà. E’ incoraggiante notare i progressi in corso, ma nell’interesse della Croazia e dell’UE questo processo importante e irrevocabile non si dovrebbe svolgere troppo rapidamente.
E’ altresì deprimente che il Parlamento europeo si serva di un obiettivo così importante come l’allargamento per mettere in atto poco democraticamente una propaganda a favore della Costituzione UE. Nel considerando G si dichiara che l’attuale progetto di trattato costituzionale dovrebbe entrare in vigore nonostante il fatto che la Francia e i Paesi Bassi vi si siano opposti con chiarezza e decisione. Inoltre, al paragrafo 7 si rileva che “in Croazia sta diminuendo il sostegno pubblico all’adesione all’UE”. Se la situazione è questa e se la maggioranza dei croati si oppone all’adesione all’UE, in base alle regole democratiche la Croazia non dovrebbe accedere all’UE.
Di conseguenza, abbiamo votato contro questa relazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Dopo essere state in prima linea nella disintegrazione della Jugoslavia – e non dimentichiamo il ruolo della Germania nel riconoscere la Croazia a seguito del brutale attacco della NATO, che ha riportato la guerra nel continente europeo per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale – e dopo anni di occupazione militare dei Balcani da parte di UE e NATO, le maggiori potenze dell’UE adesso sono ansiose di passare a una nuova fase di dominazione, assorbendo i paesi di questa regione chiave, politicamente ed economicamente, con la loro “integrazione”.
Per quanto concerne gli obiettivi definiti nella relazione, vorrei mettere in evidenza quanto segue:
– il tentativo di condizionare nuovi allargamenti dell’UE alla falsa esigenza di riformare i Trattati, che porterebbe alla (re)imposizione del cosiddetto Trattato costituzionale;
– la costante enfasi sull’adozione dell’acquis comunitario, o in altre parole il manuale del “mercato aperto e competitivo” neoliberale – orientando così un progetto di sviluppo nazionale autonomo verso gli interessi delle maggiori potenze e dei loro grandi gruppi finanziari ed economici – e sull’attuazione di “riforme” in Croazia, quali l’apertura a “cospicui investimenti privati” e la “vendita di partecipazioni statali minoritarie e maggioritarie nelle imprese”.
Questo dimostra che, come al solito, non sono gli interessi dei lavoratori e delle popolazioni della regione a motivare l’UE.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che si complimenta con la Croazia per alcuni dei cambiamenti adottati per soddisfare i criteri di adesione.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Purtroppo questa mattina al mio gruppo non è stato assegnato alcun tempo di parola sulla questione della Croazia. Ci rammarichiamo del fatto che i negoziati con quel paese abbiano subito gravi ritardi in conseguenza della guerra negli anni ’90, rendendo impossibile la sua adesione all’UE insieme alla Slovenia. La Croazia non è più dominata da nazionalisti estremisti e accetta i principi della protezione e del rientro delle minoranze; benché sia meglio preparata per l’adesione all’UE rispetto ad alcuni paesi che vi sono già entrati, ora la Croazia è in condizioni di svantaggio soprattutto perché alcuni Stati membri dell’UE si rifiutano di ammettere nuovi candidati finché non verrà introdotta la Costituzione respinta dall’elettorato olandese e francese. Indignata per questo ritardo, l’opinione pubblica croata ora volge le spalle all’UE.
Il mio gruppo considera estreme le richieste avanzate nella relazione Swoboda in merito alla vendita di imprese di proprietà dello Stato e alla chiusura dei cantieri navali. Finora, si è sempre affermato che l’UE non ha preferenze riguardo alla proprietà economica, e che le imprese statali e private possono liberamente coesistere. Tuttavia, è probabile che ora i nuovi candidati debbano soddisfare requisiti rigidi. Il mio gruppo respinge anche tutti gli emendamenti basati sulle rivendicazioni italiane di territori croati e sulla negazione dei crimini di guerra compiuti durante l’occupazione sotto il regime di Mussolini.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Intendo votare a favore della relazione dell’onorevole Hannes Swoboda concernente i progressi compiuti dalla Croazia nel 2006.
Il relatore ha effettuato un’analisi approfondita dell’attuale situazione politica, economica e sociale in Croazia. La relazione è oggettiva, in quanto da un lato rileva gli sforzi profusi dal governo croato per soddisfare i requisiti dell’UE, ad esempio in relazione ai criteri politici per l’adesione, ma dall’altro elenca anche i problemi che restano ancora da risolvere.
Un elemento importante in questo processo è l’applicazione dell’acquis comunitario al sistema giuridico nazionale in tutti i settori, considerando che il processo di consultazione congiunto si è concluso con successo nell’ottobre del 2006 e che sono attualmente in corso negoziati relativi ad aspetti specifici dell’acquis.
Inoltre, il relatore fa giustamente rilevare il positivo ruolo di guida che la Croazia sta svolgendo nell’Europa sudorientale.
Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori britannici hanno sostenuto la relazione Swoboda, ma hanno votato contro gli emendamenti relativi al considerando G. I conservatori sostengono fortemente l’allargamento dell’UE, e in particolare l’inclusione della Croazia, che sarà un processo relativamente privo di difficoltà, ma si oppongono fermamente all’idea che una Costituzione sia una condizione preliminare per l’ulteriore allargamento, come dichiarato nel considerando G.
Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Poco dopo i naufragi delle petroliere Erika e Prestige, il gruppo socialista al Parlamento europeo ha condotto una campagna per invitare l’Unione a dotarsi di una legislazione finalizzata a migliorare la sicurezza marittima e a fare di più per prevenire l’inquinamento accidentale nelle sue acque territoriali.
Questa campagna ha dato i suoi frutti, ma non è stato creato un vero e proprio spazio europeo di sicurezza marittima.
Questo “terzo pacchetto sulla sicurezza marittima” costituisce un passo decisivo verso il raggiungimento di tale obiettivo. Le cinque relazioni presentate al Parlamento europeo contengono diversi importanti progressi:
– un quadro legislativo chiaro e preciso per i luoghi di rifugio delle navi in pericolo, sotto l’egida di un’autorità indipendente;
– un organo inquirente permanente per rendere le ispezioni più agevoli;
– un alto livello di tutela dei passeggeri, in linea con quello delle altre tipologie di trasporto;
– controlli più efficaci e di qualità più elevata nei porti europei, con un’attenzione particolare nei confronti delle navi “ad alto rischio”.
Pertanto voterò a favore di queste relazioni. Mi auguro che d’ora in poi l’Unione migliori anche la propria normativa contro i “teppisti del mare”, responsabili nel Mediterraneo di “maree nere quotidiane”: ogni anno, in seguito a degassamenti non autorizzati, fuoriescono 650 000 tonnellate di petrolio una cifra che equivale a 75 Erika!