Presidente. – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
– la relazione (A6-0128/2007), presentata dall’onorevole Coveney a nome della commissione per gli affari esteri, sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2006 e la politica dell’UE in materia [2007/2020(INI)]
– dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla moratoria sulla pena di morte.
Simon Coveney (PPE-DE), relatore. – (EN) Ringrazio la Presidente, il Presidente in carica del Consiglio e il Commissario. Sono onorato di avere l’opportunità di presentare la Relazione annuale sui diritti dell’uomo 2006 del Parlamento europeo in qualità di relatore.
Questa relazione è la dichiarazione politica più completa ed importante presentata ogni anno dal Parlamento europeo sulla questione dei diritti umani e della loro promozione. In qualità di relatore, ho mantenuto lo stile della valutazione diretta adottato lo scorso anno per la relazione 2005. In sostanza, si tratta di un’analisi critica e costruttiva dei risultati ottenuti da Consiglio, Commissione e Parlamento nella promozione e nella difesa dei diritti dell’uomo in tutto il mondo. La relazione è il risultato di cinque mesi di lavoro in seno alla sottocommissione sui diritti umani e alla commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo, nella quale, è opportuno rilevarlo, si è raggiunto un notevole consenso attraverso la discussione, il dibattito ed emendamenti di compromesso.
Uno dei punti centrali della relazione riguarda il ruolo dell’UE nel nuovo Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite (UNHRC). Le affermazioni contenute nella relazione si basano sulla partecipazione del Parlamento a una serie di incontri di tale Consiglio a Ginevra. Poiché nella recente relazione annuale del Consiglio e della Commissione non si è potuto fare riferimento all’UNHRC, ho ritenuto opportuno concentrare l’attenzione su di esso nella relazione e nella discussione odierna.
Nella relazione si riconosce che, pur possedendo il potenziale per diventare un prezioso quadro di riferimento per le iniziative multilaterali dell’UE in materia di diritti umani, nei suoi primi 12 mesi il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite non ha registrato molti successi. Non è riuscito a ottenere il consenso e un compromesso accettabile su questioni cruciali quali il Medio Oriente, il Darfur, la Birmania e molte altre ancora. Viceversa, è stato utilizzato talvolta per ottenere risultati politici e occorre trovare il modo di impedire che venga utilizzato come un foro politico per i conflitti tra diversi blocchi geografici o ideologici di paesi.
Un esempio evidente di questa situazione è la debolezza della risoluzione dell’UNHRC sul Darfur. Sicuramente la cessazione delle violenze e la protezione di persone innocenti nel Darfur avrebbe dovuto essere l’unica priorità di una struttura ONU istituita per promuovere i diritti dell’uomo, ma purtroppo non è stato così. I dibattiti sul Darfur e i tentativi di arrivare a un accordo sono stati utilizzati come strumenti di contrattazione politica o come leva per accordarsi su altre risoluzioni. A questo proposito, vorrei invitare il Consiglio europeo a prendere in considerazione l’introduzione di misure più severe per rispondere alla crisi umanitaria nel Darfur. E’ una questione che ho sollevato ieri, in una riunione di commissione, con il rappresentante del Consiglio presente oggi in quest’Aula.
Il fulcro della relazione riguarda i risultati ottenuti dall’UE in merito alle linee direttrici sui diritti umani che l’UE stessa si è data. L’Europa deve promuovere cinque orientamenti politici comunitari, concernenti pena di morte, tortura, donne e bambini nei conflitti armati, difensori dei diritti dell’uomo e, naturalmente, i dialoghi con paesi terzi. Ho ritenuto importante analizzare criticamente l’operato del Consiglio, in particolare per quanto riguarda l’attuazione di tali orientamenti, in quanto si è impegnato specificamente nei confronti di questi strumenti per la difesa dei diritti umani nei paesi terzi. In particolare, occorre che il Consiglio e la Commissione promuovano le linee direttrici all’interno delle ambasciate e delle missioni UE all’estero. Desta preoccupazione il fatto che alcune delegazioni le conoscano poco o non le conoscano affatto, o non sappiano come promuoverle al meglio nel contesto dei paesi terzi.
Inoltre, la relazione auspica maggiori consultazioni tra il Consiglio e il Parlamento europeo, e la sottocommissione per i diritti umani in particolare, per quanto concerne la relazione sui diritti umani del Consiglio e della Commissione, cosicché si riesca ad arrivare veramente alla realizzazione di una relazione generale unitaria recante i pareri del Parlamento, del Consiglio e della Commissione. E’ quello che cerchiamo di fare modificando la struttura della nostra relazione.
La relazione sottolinea anche la necessità di rafforzare e migliorare notevolmente il dialogo sui diritti dell’uomo tra l’UE e la Cina; riconosce che la Cina attualmente ha deciso di sottoporre a revisione della Corte Suprema tutti i processi che condannano alla pena capitale, dimostrando di fare qualche passo avanti in materia di pena di morte, ma rileva anche che in Cina il numero di esecuzioni capitali è superiore a qualsiasi altro paese.
La relazione inoltre plaude alle risoluzioni del Parlamento che chiedono la chiusura del Centro di detenzione di Guantánamo Bay, nonché dei contributi del Parlamento all’aumento della visibilità dei problemi in materia di diritti dell’uomo concernenti questo Centro. La sola esistenza del Centro di detenzione di Guantánamo continua ad inviare segnali negativi sul modo di condurre la lotta al terrorismo da parte dell’Occidente, sotto la guida degli USA.
Sono stato molto lieto di poter fare riferimento nella relazione alla necessità di una politica comune di controllo delle esportazioni di armi chiara ed efficiente, anche all’interno dell’Unione europea, poiché l’impatto del commercio di piccole armi, in particolare, sui conflitti concernenti i diritti umani in varie parti del mondo è evidente. Dobbiamo orientarci chiaramente verso un trattato sul commercio internazionale di armi, come auspicato più volte dal Parlamento.
Concludo ringraziando tutti i membri degli altri gruppi per aver collaborato con me su questa materia. Questa non è una risoluzione sui diritti umani del gruppo PPE-DE. E’ una risoluzione che riflette, mi auguro, la posizione del Parlamento nel suo complesso e di tutti i gruppi al suo interno. Desidero ringraziare tutti coloro che vi hanno lavorato con me.
Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, sono lieto di poter partecipare oggi, in qualità di rappresentante della Presidenza, alla discussione della vostra Assemblea sulla relazione di quest’anno sui diritti dell’uomo e sulla situazione dei diritti umani in tutto il mondo.
Come negli anni precedenti, la relazione analizza criticamente l’attività dell’Unione europea in merito alla sua politica in materia di diritti umani, e questo punto di vista critico ci è particolarmente gradito, nella convinzione che ci aiuti a potenziare e a migliorare la nostra azione comune per la protezione dei diritti umani, poiché siamo tutti fin troppo consapevoli delle sfide quotidiane da affrontare in questo campo. Quanto migliore è il dialogo tra le nostre Istituzioni, tanto maggiori sono le probabilità di riuscire ad agire insieme con maggiore efficacia nel perseguimento della nostra politica in materia di diritti umani.
Forse posso permettermi di cominciare con una proposta operativa: intendo chiedere che il gruppo di lavoro del Consiglio competente per la politica internazionale UE sui diritti dell’uomo (COHOM) discuta la relazione presentata da quest’Aula ed esamini in modo approfondito le richieste e le raccomandazioni pertinenti per la sua attività. A quel punto, in una data successiva, la versione finale approvata della relazione e i commenti del gruppo di lavoro competente del Consiglio potrebbero fungere da base per la prosecuzione del dibattito. Quindi oggi propongo di trattare solo alcune delle raccomandazioni.
La relazione riconosce la maggiore cooperazione tra quest’Aula e le Presidenze UE nella stesura della relazione annuale dell’Unione europea sulla situazione dei diritti umani, e nella relativa discussione. I progressi nella nostra collaborazione sono confermati, tra l’altro, dal fatto che questo Parlamento ha presentato le sue attività in materia di diritti umani in un capitolo specifico della relazione annuale dell’UE, e noi ci proponiamo di proseguire questa collaborazione e il dialogo con il Parlamento europeo e in particolare con la sua sottocommissione per i diritti umani. Pur nella consapevolezza dell’importante contributo fornito da quest’Aula alla protezione dei diritti umani, che dev’essere adeguatamente riconosciuto nella relazione annuale dell’Unione europea, vorrei anche sottolineare che la nostra collaborazione deve rientrare nel quadro della base giuridica applicabile alla politica estera e di sicurezza comune, e rispettarla, e che il ruolo di questo Parlamento – come giustamente affermato nella sezione esplicativa della relazione dell’onorevole Coveney – consiste nella revisione critica delle attività dell’Unione europea nel campo dei diritti umani.
Un aspetto importante della politica in materia di diritti umani quest’anno è l’istituzione del nuovo Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, la cui importanza viene sottolineata nella relazione presentata dal Parlamento, che mette anche in evidenza, giustamente, il potenziale ruolo futuro di questo organismo quale prezioso forum, all’interno del quale l’Unione europea può lavorare a livello multilaterale per la difesa dei diritti umani. La relazione deplora che il nuovo Consiglio dei diritti umani abbia dimostrato un’eccessiva inefficienza nell’affrontare adeguatamente le crisi umanitarie nel mondo; vorrei rispondere ricordando che è ancora troppo presto per poter dare un giudizio, e che occorre attendere l’esito del processo decisionale a livello istituzionale, previsto per la fine di giugno. L’Unione europea farà tutto quanto in suo potere per garantire che il Consiglio dei diritti umani continui a evolversi come elemento efficiente, ma anche credibile, nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite in materia di diritti umani.
Per quanto concerne la situazione nel Darfur, che è una delle questioni principali considerate nell’ultima riunione del Consiglio dei diritti umani, si chiede che l’Unione europea e gli Stati membri si impegnino maggiormente per far accettare il loro punto di vista, affinché il Consiglio, a seguito di quanto riferito dalla sua missione speciale, possa prendere misure opportune e adeguate per affrontare questa catastrofe umanitaria. Il mio commento in proposito è che l’adozione unanime del documento sul Darfur da parte del quarto Consiglio sui diritti dell’uomo dev’essere considerato un trionfo significativo per l’UE.
Desidero citare brevemente gli altri importanti strumenti della politica UE in materia di diritti umani, ossia le linee direttrici stabilite dall’UE per le relazioni con i paesi terzi, con particolare riferimento all’abolizione della pena capitale, alla campagna contro la tortura, alla protezione degli attivisti nel campo dei diritti umani e alla situazione dei bambini coinvolti in conflitti armati. La relazione annuale del Parlamento europeo rileva l’importanza di queste linee direttrici e indica la necessità di rispettarle in maniera più efficace. Condividiamo questa opinione e apprezziamo anche il lavoro già svolto dalla sottocommissione per i diritti umani di questo Parlamento. Alla fine del suo mandato, la Presidenza tedesca del Consiglio relazionerà sulle azioni intraprese in merito alle varie linee direttrici.
Oggi vorrei mettere in evidenza in particolare l’impegno finora dedicato dalla Presidenza alla questione dell’abolizione della pena capitale, una delle maggiori priorità del Consiglio tra le misure dell’Unione europea nel campo dei diritti umani. Al fine di compiere ulteriori progressi su questo fronte, la Presidenza ha preparato un piano d’azione per il 2007, ora in corso di attuazione, avente come obiettivo la presentazione ai livelli opportuni delle Nazioni Unite di misure mirate all’abolizione della pena capitale, sulle quali mi soffermerò nuovamente più avanti.
Tra gli altri strumenti di rilievo della nostra politica in materia di diritti umani figurano i dialoghi e le consultazioni sull’argomento con paesi terzi, che saranno oggetto di una relazione parlamentare; siamo favorevoli a questa iniziativa e prenderemo debitamente nota delle raccomandazioni formulate dalla vostra Assemblea. Nonostante le difficoltà insite nei dialoghi sui diritti umani, siamo convinti che non debbano essere sottovalutati come strumento per esprimere i nostri dubbi sulla situazione dei diritti umani in un dato paese terzo e, benché talvolta soltanto nel lungo termine, come mezzo per determinare un cambiamento nella situazione.
A questo proposito, posso comunicarvi che la Presidenza è favorevole alla risoluzione del Consiglio sul varo di un dialogo sui diritti umani tra l’Unione europea e l’Uzbekistan, e che sono in corso i preparativi per il primo ciclo di incontri. Anche i prossimi incontri del dialogo sui diritti umani tra l’UE e la Cina e delle consultazioni sui diritti umani con la Russia dovrebbero svolgersi tra breve, rispettivamente all’inizio e alla metà di maggio, e vorrei informarvi che le consultazioni con la Russia, come richiesto nella vostra relazione, coinvolgeranno ONG europee e russe.
Nella relazione annuale si chiede che ai deputati al Parlamento europeo sia attributo un ruolo più rilevante nella conduzione dei dialoghi e delle consultazioni e si invita il Consiglio a garantire il loro coinvolgimento. Forse mi posso permettere di rispondere che la composizione delle delegazioni UE per la conduzione dei dialoghi con paesi terzi rispecchia la demarcazione dei poteri ai sensi della politica estera e di sicurezza comune, per cui non è possibile che i membri del Parlamento partecipino ai dialoghi. Tuttavia, questo non significa che voi non sarete costantemente informati in merito agli sviluppi, o che non vi sarà un continuo scambio di opinioni in proposito.
A questo punto, con il permesso della Presidente, signora Kratsa-Tsagaropoulou, vorrei spendere alcune parole sulla dichiarazione della Presidenza in merito alla moratoria sulla pena di morte.
La campagna contro la pena capitale è da tempo un elemento centrale della politica comune dell’UE in materia di diritti umani; in effetti, la campagna contro la pena capitale è stata l’oggetto delle prime linee direttrici sui diritti umani adottate dal Consiglio già nel 1998, e la prosecuzione delle varie misure con le quali da allora l’Unione europea chiede coerentemente l’abolizione della pena capitale è una delle priorità politiche della Presidenza tedesca in materia di diritti umani.
L’ultima volta che abbiamo discusso della questione della pena di morte è stato nella mini tornata di gennaio, quando vi ho annunciato che la Presidenza tedesca del Consiglio avrebbe messo a punto un piano d’azione ben studiato con le iniziative da attuare nel primo semestre del 2007 per portare all’attenzione delle Nazioni Unite la campagna contro la pena di morte; oggi posso comunicarvi che abbiamo fatto quello che avevamo annunciato.
Sulla base di un’analisi effettuata dai capi di tutte le rappresentanze permanenti dei partner dell’UE a Ginevra e New York, nonché di numerose conversazioni con esponenti di ONG, la Germania alla fine di febbraio ha prodotto un piano d’azione per il 2007, contenente misure concrete per portare gradualmente la questione della pena di morte all’attenzione delle Nazioni Unite, che è stato accettato da tutti i partner e che da allora la Presidenza ha messo in pratica con coerenza.
Il primo passo del piano d’azione è stato compiuto quando, all’apertura della quarta sessione del Consiglio sui diritti dell’uomo a Ginevra, il problema della pena capitale è stato messo tra i primi punti all’ordine del giorno e il mio collega Steinmeyer, in qualità di Presidente in carica del Consiglio, ha toccato deliberatamente l’argomento nel suo intervento. Diversi ministri degli Stati membri dell’UE che hanno partecipato all’apertura della quarta sessione del Consiglio sui diritti dell’uomo hanno seguito la Presidenza nel sollecitare l’abolizione della pena di morte; nella sessione di marzo del Consiglio si è tenuta la seconda lettura, con l’aggiunta di nuovi sostenitori, della dichiarazione contro la pena di morte presentata all’Assemblea generale dell’ONU nel dicembre 2006 su iniziativa dell’Unione europea e firmata da un totale di 85 Stati da tutti gli angoli del globo.
Nella seconda fase del piano d’azione, la Presidenza ad aprile ha avviato una campagna di pressione a livello mondiale, con l’intento di raccogliere più voti a favore della dichiarazione del dicembre 2006 contro la pena di morte e di creare un’alleanza multiregionale intenzionata a sostenere la presentazione di una risoluzione alle Nazioni Unite.
Al termine di questa iniziativa mondiale – attorno alla fine di maggio – l’Unione europea effettuerà una valutazione generale dei risultati della campagna di pressione e su tale base deciderà se i tempi sono maturi per una risoluzione ONU, e in caso contrario, quando potrebbero esserlo.
Forse potrei ribadire un punto cui avevo già accennato a gennaio, ossia che riaprire ora la discussione in seno alle Nazioni Unite, prima di aver portato a termine l’iniziativa, sarebbe strategicamente sbagliato, poiché è abbastanza improbabile che una simile proposta ottenga il necessario sostegno dei due terzi degli Stati membri, e questo potrebbe stabilire un precedente negativo; altri Stati membri, infatti, potrebbero sentirsi incoraggiati a rispondere rimettendo in agenda altri punti controversi, al di fuori delle regolari riunioni dell’Assemblea generale, e, soprattutto, non sappiamo ancora se saremo in grado di raccogliere il necessario sostegno della maggioranza in tutte le regioni. L’iniziativa mondiale attualmente in corso ha l’obiettivo di scoprirlo, e dovremmo posticipare ulteriori decisioni fino a quando non disporremo dei risultati.
Lasciatemi dunque sottolineare ancora una volta che la campagna contro la pena di morte è importante per il Consiglio tanto quanto lo è per il Parlamento; proprio come voi, desideriamo che venga abolita questa forma di punizione crudele, disumana e inefficace, ma non si tratta di una battaglia facile. La sola buona volontà non è sufficiente; al contrario, solo un approccio strategico ci consentirà di realizzare il nostro obiettivo ed è ciò che noi della Presidenza tedesca del Consiglio, con i nostri partner nel Consiglio, siamo determinati a fare; e ci auguriamo che nel perseguire questo obiettivo potremo contare sul pieno sostegno di quest’Aula.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, accolgo con favore la relazione dell’onorevole Coveney sui diritti umani nel mondo nel 2006 e sulla politica dell’UE in materia, nonché la risoluzione presentata oggi al Parlamento. Sono particolarmente lieto che si sia mantenuto l’approccio innovativo della relazione, incentrata sull’esame delle azioni intraprese dalle Istituzioni comunitarie nell’attuazione dei loro mandati in materia di diritti umani. Approvo inoltre la raccomandazione ai fini della realizzazione di una relazione annuale UE realmente interistituzionale, che rispecchi le attività di Consiglio, Commissione e Parlamento nel campo dei diritti umani e della promozione della democrazia nel mondo.
Questa proposta, che appoggio senza riserve, non implica in alcun modo che il Parlamento debba rinunciare alla prerogativa di preparare una sua relazione sull’argomento, né rappresenta una potenziale violazione del principio della divisione dei poteri tra Consiglio, Parlamento e Commissione. Piuttosto, l’obiettivo della proposta, alla quale mi auguro sarà dato seguito nel quadro dell’imminente Presidenza portoghese, è di offrire ai cittadini dell’UE e ai nostri partner nel mondo un’unica relazione completa, che renda giustizia all’intera gamma di azioni intraprese dalle tre Istituzioni, oltre a rappresentare i nostri valori e obiettivi comuni in questo campo.
La Commissione accoglie con favore le proposte contenute nella relazione, intese ad aumentare le sinergie tra le tre Istituzioni e a trarre pieno vantaggio dai loro obiettivi specifici in materia di promozione dei diritti umani. A questo proposito, vorrei citare in particolare lo studio del Centro interuniversitario europeo, da noi sostenuto, che fornisce una serie di suggerimenti pratici che meritano tutta la nostra attenzione. Nello stesso spirito, l’introduzione della nuova valutazione democratica sulle strategie di cooperazione in termini geografici e tematici rispecchia certamente la valida cooperazione tra le Istituzioni in materia di diritti umani.
La tornata di dicembre del Parlamento europeo, quando viene presentata la relazione annuale dell’UE, è una buona occasione per promuovere ulteriormente il nostro comune impegno per i diritti umani e la democrazia.
Desidero citare due esempi dalla relazione che ci viene presentata oggi: il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC) e i dialoghi sui diritti umani. Nel paragrafo 22 della relazione si invita l’UE ad utilizzare in modo più efficace la sua influenza per promuovere questioni importanti nell’agenda dell’UNHRC e modulare meglio le sue attività di gruppo di pressione e di informazione. Come sapete, la Commissione inizialmente era piuttosto scettica in merito a questo Consiglio e anche dopo la sua approvazione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2005 sentiva che non era sufficientemente ambizioso. Restano dei dubbi in proposito, per i motivi che seguono.
La composizione è migliorata di poco. Le situazioni nazionali al centro dell’attenzione sono sempre meno e il futuro dei mandati dei meccanismi speciali è incerto. Tuttavia, non mancano i segnali positivi, come la missione nel Darfur e la successiva risoluzione unanime. Sono convinto che sarebbe sbagliato rinunciare a quello che è tuttora il forum più importante sui diritti umani a livello mondiale. Al contrario, dovremo raddoppiare gli sforzi per farlo funzionare meglio, nell’interesse di tutti quei popoli che subiscono ogni giorno gravi violazioni dei propri diritti.
L’UE e i partner che perseguono i suoi stessi obiettivi devono rompere il ciclo della politicizzazione e comunicare con maggiore efficacia con i paesi partner del Gruppo dei 27.
Il Parlamento ha seguito da vicino sviluppi particolari all’interno del nuovo organismo ONU dal suo esordio, in particolare mediante missioni di programmazione e invitando la sua attuale presidenza a discutere questioni di interesse comune. In vista della missione pianificata per il prossimo giugno, vorrei suggerire un incontro informale tra le tre Istituzioni per informarvi in merito alle valutazioni della situazione e offrire il nostro pieno sostegno nella preparazione della missione.
Il paragrafo 78 della relazione auspica inoltre un maggiore coinvolgimento del Parlamento europeo nei dialoghi sui diritti umani con paesi terzi. Questi dialoghi sono diventati uno strumento essenziale per promuovere il rispetto per i diritti umani, benché naturalmente i risultati siano diversi a seconda del partner con cui si dialoga. Certamente la nostra influenza aumenterebbe se i nostri scambi con questi paesi potessero andare al di là dei colloqui con i rappresentanti del potere esecutivo. Nella pratica potrebbero sorgere ostacoli alla piena partecipazione del Parlamento europeo ai dialoghi formali, ma un dialogo da parlamento a parlamento potrebbe sicuramente integrare le iniziative in corso. Mi attendo proposte costruttive da una relazione di iniziativa propria del Parlamento su questo argomento. In ogni caso, ritengo che si possano trarre benefici dal miglioramento dello scambio di informazioni tra le Istituzioni dell’Unione europea e dalle attività di preparazione, di attuazione e di seguito dei dialoghi.
A questo punto vorrei passare al secondo argomento in agenda. Desidero sottolineare quanto sia importante per l’Unione europea continuare a promuovere l’abolizione universale della pena di morte. Si tratta di un obiettivo fondamentale della nostra politica sui diritti umani e io stesso sono impegnato personalmente affinché l’Unione europea svolga un ruolo guida in proposito, in particolare all’interno delle Nazioni Unite. Per questo sono favorevole a qualsiasi iniziativa intesa a discutere in che modo ottenere una moratoria universale sulla pena di morte. Una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU in materia sarebbe sicuramente un progresso importante. Tuttavia, come abbiamo discusso anche in sede di riunione del Consiglio di questa settimana, occorre pianificare molto attentamente i tempi di una simile iniziativa. Una risoluzione sarebbe efficace solo se appoggiata da una chiara maggioranza degli Stati membri dell’ONU, e dobbiamo preparare bene il terreno prima di procedere con un simile progetto.
In merito a queste e a tutte le altre questioni con cui ci dobbiamo confrontare, vi esorto a tenere presente il nostro obiettivo comune di far progredire i diritti umani e la democrazia e di lavorare pragmaticamente fianco a fianco per raggiungerlo.
Roberta Alma Anastase, în numele grupului PPE-DE. – Doresc în primul rând să mulţumesc colegului Simon Coveney pentru concluziile constructive din raportul său şi, mai ales, pentru recomandările făcute cu privire la dialogul şi consultările Uniunii Europene în domeniul drepturilor omului cu ţările terţe, subiect al unui viitor raport la care am onoare să fiu shadow rapporteur. Respectarea drepturilor omului, a principiilor democratice şi a bunei guvernări reprezintă însăşi esenţa Uniunii Europene. Este obligaţia noastră morală de a promova aceste valori în numele păcii şi dezvoltării în întreaga lume. Intensificarea continuă a eforturilor noastre în promovarea democraţiei în vecinătatea Uniunii Europene trebuie să constituie, fără îndoială, o prioritate a politicii Uniunii Europene în domeniul drepturilor omului. Crearea unui spaţiu veritabil de democraţie la frontiera noastră externă şi asigurarea ireversibilităţii acestui proces este una dintre condiţiile necesare pentru a asigura stabilitatea şi dezvoltarea durabilă în ţările vecine. În sfârşit, promovarea drepturilor omului în vecinătatea Uniunii Europene trebuie să beneficieze de toate instrumentele Uniunii Europene care îi stau la dispoziţie.
Salut şi eforturile recente de a impulsiona aceste activităţi prin instrumente de cooperare regională, inclusiv prin cooperare cu şi în cadrul zonei Mării Negre. Îmi exprim în acest sens speranţa că acţiunile propuse în domeniul democraţiei şi drepturilor omului în cadrul noii comunicări a Comisiei Europene privind sinergia în Marea Neagră vor fi implementate cât mai rapid şi mai eficient.
Józef Pinior, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signora Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Simon Coveney per il contributo fornito presentando la sua relazione a quest’Assemblea. In qualità di correlatore per il gruppo socialista al Parlamento europeo, desidero anche ringraziare l’onorevole Coveney per la sua collaborazione. Vorrei far notare a tutti i presenti che la collaborazione dell’onorevole Coveney con altri gruppi politici dovrebbe servire da modello per l’attività politica in quest’Aula.
La relazione in esame è uno dei documenti più importanti del Parlamento europeo. La relazione sui diritti umani nel mondo comporta un problema di organizzazione del materiale, poiché si tratta di gestire numerose relazioni concernenti violazioni dei diritti umani in tutto il mondo, fornite da organizzazioni internazionali quali Human Rights Watch o Amnesty International, nonché dai parlamenti degli Stati membri e dal Congresso USA. Questo Parlamento si trova quindi nella difficile situazione di riunire in un’unica relazione tutte le principali questioni relative ai diritti umani.
Abbiamo collaborato molto strettamente con organizzazioni internazionali – Human Rights Watch e Amnesty International – e parlamenti nazionali di singoli Stati membri, mentre nella delegazione UE-USA abbiamo portato avanti un dialogo con i senatori e i membri del Congresso USA sulle violazioni dei diritti umani descritte nella presente relazione.
Ora, uno dei punti principali su cui dobbiamo concentrarci è la questione di quanto sia efficace il Parlamento europeo in materia di diritti umani. Desidero ricordare quelli che a mio parere sono i successi che abbiamo ottenuto nell’ultimo anno. Ad esempio, la difesa dei diritti umani in Bielorussia, o le attività della Commissione concernenti l’uso di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri, con una relazione al riguardo presentata al Parlamento. Indubbiamente, il Parlamento può essere fiero di questi risultati. I diritti umani devono essere una piattaforma politica fondamentale nella politica estera dell’Unione europea.
Anneli Jäätteenmäki, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signora Presidente, anch’io desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Simon Coveney per la sua straordinaria collaborazione. La discussione è stata positiva e dovremmo essere abbastanza soddisfatti del risultato. Concordo anche con l’onorevole Pinior sul fatto che stiamo parlando di un documento molto importante. Il problema è che ci rendiamo conto di quanto siano importanti i diritti umani e i diritti fondamentali solo quando affrontiamo veramente questi temi e sorgono problemi.
Un problema grave del Parlamento e dell’Unione europea è che quest’ultima sembra restia a verificare direttamente la situazione dei diritti umani nei propri Stati membri. Nell’UE i diritti umani e fondamentali vengono applicati secondo le modalità che insegniamo agli esterni e che ci attendiamo dai paesi terzi?
Questa relazione è quindi un documento eccellente, che tocca molti aspetti della situazione insoddisfacente a livello internazionale, che dobbiamo approfondire e nella quale l’UE ha operato anche in modo credibile. Tuttavia, il nostro lavoro per la difesa dei diritti umani rischia di trasformarsi in un discorso ipocrita se non abbiamo il coraggio di guardarci allo specchio.
Un problema emerso l’anno scorso è quello della cooperazione dimostrata dai paesi europei nei confronti dei servizi segreti statunitensi. Nella lotta al terrorismo, gli Stati Uniti d’America hanno potuto fare affidamento sull’UE e su singoli Stati membri in misura forse maggiore di quanto vorremmo ammettere.
Un documento comune sui diritti dell’uomo, come proposto dalla Commissione, a mio parere è un’idea eccellente, che inoltre ci consentirebbe di avviare al momento giusto iniziative come un insieme di tre Istituzioni che collaborano efficacemente. Penso che dovremmo prenderla in seria considerazione.
Inese Vaidere, a nome del gruppo UEN. – (LV) Onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ringraziare l’onorevole Simon Coveney per l’ottimo lavoro svolto nella stesura di questa relazione, realistica e al tempo stesso opportunamente critica. Dobbiamo concordare con la sua valutazione del primo anno di attività del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite: non ha ottenuto alcun risultato positivo e le risoluzioni adottate sono deboli. Un altro aspetto positivo è l’atteggiamento di autocritica della relazione nel discutere l’attività del Parlamento nel campo dei diritti umani. Alla luce del deterioramento della democrazia, della libertà di parola, della libertà di stampa e del peggioramento della situazione dei diritti umani in Russia, nel nuovo accordo di partenariato e cooperazione la Commissione e il Consiglio devono imporre alla Russia obblighi più rigorosi, oltre alla clausola sui diritti umani, instaurando procedure di monitoraggio più efficaci. Il Consiglio e la Commissione devono fare tutto il possibile per ridurre al minimo le violazioni dei diritti umani in Bielorussia. Il commento formulato questa settimana dal Presidente Lukashenko in un discorso sul miglioramento delle relazioni tra Bielorussia e Russia – “Non abbiamo bisogno di ispettori, supervisori o insegnanti!” – dimostra che l’Unione europea non dovrebbe limitarsi a un attento monitoraggio della situazione, ma anche sostenere maggiormente le iniziative della società civile e dell’opposizione in Bielorussia. Grazie.
Hélène Flautre, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, mi associo senza riserve a coloro che si sono congratulati con l’onorevole Coveney, che ha fatto un lavoro straordinario. Come avrete notato, la sua relazione non si limita a elencare le violazioni commesse nel mondo, ma si sforza veramente di valutare la politica attuata dall’Unione europea in materia di diritti dell’uomo e democrazia; tengo veramente a sottolineare il valore aggiunto di una simile analisi, quando si tratta di rafforzare la coerenza e l’impatto delle nostre azioni. Accolgo altresì con favore l’iniziativa annunciata dalla Presidenza del Consiglio come seguito da dare a questa relazione.
Alla luce di tutto questo, il Parlamento ritiene che la sua partecipazione in qualsiasi forma al dialogo sui diritti umani e il suo coinvolgimento nell’attuazione delle linee direttrici siano cruciali per una maggiore efficacia. Vorrei inoltre rilevare che l’efficacia delle linee direttrici è minata dal fatto che in alcuni paesi le missioni dell’Unione talvolta non le conoscono ancora. Resta dunque importante, anzi imperativo, informare le missioni e mobilitarle per un utilizzo ottimale di queste linee direttrici.
Desidero sottolineare, come tutti, le preoccupazioni in merito al Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, in un momento in cui si dovrebbe concretizzare una riforma molto promettente, grazie alla quale le Nazioni Unite dovrebbero disporre di un organismo credibile ed efficace per la protezione dei diritti umani e della democrazia. Troppi Stati membri del Consiglio dei diritti dell’uomo vanno nella direzione sbagliata, verso l’indebolimento della portata creativa e dell’indipendenza delle procedure speciali e la promozione di una visione di parte. L’Unione deve fare il possibile, con tutto il nostro sostegno, per difendere il prestigio di questo organismo internazionale, l’unico che può ancora ascoltare i lamenti delle vittime di violazioni dei diritti umani nel mondo.
Questa relazione mi consente inoltre di sottolineare il nostro impegno noi confronti dei difensori dei diritti umani. Le nuove misure contenute nell’iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani (EIDHR) saranno un’occasione per concretizzare l’azione dell’Unione, mettendo i difensori dei diritti umani in grado di ricevere rapidamente sostegno e protezione in situazioni di emergenza.
Miguel Portas, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signora Presidente, nel mondo 5 186 criminali condannati stanno aspettando il giorno nel quale supereranno il punto di non ritorno nel loro cammino verso la morte. Solo qualche giorno fa, il 19 aprile, i famigliari di cinque infermiere bulgare erano in Parlamento per denunciare l’ambiguo processo con cui le autorità libiche le hanno condannate a morte. Nella discussione di questa mattina sulle nostre relazioni con gli Stati Uniti, le osservazioni sui valori condivisi sono state molto più numerose delle critiche al fatto che in 38 Stati americani resta in vigore la pena di morte.
In oltre 100 paesi vige la pena capitale e in molti di quelli che l’hanno abolita c’è chi promuove campagne per la sua reintroduzione. Populismo, autoritarismo e una guerra senza leggi al terrorismo hanno fatto piombare le nostre società nella pazzia dell’ossessione per la sicurezza. L’iniziativa europea che prevede l’imposizione di una moratoria universale non è solo un passo in direzione dell’abolizione. In questo momento, è un segnale di speranza di fronte a questi attacchi.
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, parlando di diritti umani vorrei richiamare l’attenzione sul dramma di un prigioniero politico nell’Unione europea. E’ in carcere a Roma da quattro mesi e ora è in cattive condizioni di salute, fisica e mentale. E’ detenuto senza alcuna prospettiva di rilascio, né di processo, nel tentativo di piegare la sua volontà e di costringerlo a firmare false confessioni contro se stesso e altri. Il suo nome è Mario Scaramella e i suoi presunti reati sono accuse artificiose e prive di fondamento.
Scaramella è l’uomo che nel novembre 2006 si è recato a Londra per avvisare Alexander Litvinenko che stava per essere ucciso. Scaramella e Litvinenko avevano entrambi lavorato con la Commissione Mitrokhin per fare luce sui legami tra alcuni politici italiani e il KGB. Il signor Scaramella dovrebbe essere rilasciato e restituito alla sua famiglia immediatamente, in attesa di un eventuale processo.
Jim Allister (NI). – (EN) Signora Presidente, nel mio centesimo intervento in quest’Aula sono lieto di parlare di diritti umani: qualcosa che tutti noi diamo per scontato, ma cui milioni di persone possono solo aspirare. Con la sua posizione di primo piano, in particolare nel commercio, l’UE ha un ruolo chiave da svolgere. Siamo bravi a fare discorsi sui diritti umani, ma poi li mettiamo in pratica? Prendiamo ad esempio la Cina, con la quale stiamo agevolando l’ampliamento degli scambi. Francamente, però, facciamo poco per insistere su un parallelo rispetto dei diritti umani. Potremmo fare molto di più.
Gli interessi acquisiti non sono una giustificazione, né lo è l’atteggiamento filo-occidentale del Pakistan. In quel paese, la persecuzione sempre più selvaggia dei cristiani cresce rapidamente sotto l’egida dell’estremismo islamico, di spietate leggi sulla blasfemia e conversioni forzate. In questo caso, il ruolo dell’UE non si limita alla compiacenza o all’ambivalenza: si tratta di complicità, a causa dei milioni di euro che riversiamo nelle madrasse. Molte di queste scuole, come Lalmasjid, sono basi di addestramento per l’estremismo islamico: allora perché continuiamo a finanziarle?
Nei nostri accordi commerciali e nei nostri aiuti allo sviluppo dobbiamo subordinare più rigorosamente le nostre azioni all’effettivo rispetto dei diritti umani.
Concludo complimentandomi con il relatore per l’ennesima relazione esauriente.
Maria da Assunção Esteves (PPE-DE). – (PT) E’ stato nel cuore d’Europa, nell’antica Königsberg, che il filosofo Immanuel Kant affermò: “Ogni essere umano è un fine in sé”, il principio più universale di giustizia. L’UE è stata creata, e da allora è cresciuta, sulle fondamenta di una cultura dei diritti e sulla convinzione che ciascun individuo è un’entità unica e irripetibile. Questa convinzione, di natura politica e morale, è ciò che caratterizza il progetto europeo.
Oggi più che mai il destino dell’Europa dipende dalla sua capacità di assumere un ruolo da protagonista nella lotta per i diritti in tutto il mondo. In questo senso, nell’Europa si investe un’enorme quantità di speranza. Le frontiere che dobbiamo ancora conquistare sono quelle che separano la barbarie dalla civiltà. Fedele al suo fondatore visionario, l’UE non deve soccombere alle tentazioni di interessi strategici e della Realpolitik.
Dobbiamo ammettere che l’Europa deve riempire il vuoto lasciato da altri poteri democratici nella lotta per i diritti dell’uomo. A tale scopo, occorre un’integrazione politica, una volontà di prendere decisioni e affermare diritti universali. Ciò che occorre è una Costituzione, e che i diritti umani siano un tema trasversale in tutte le misure e difeso su tutti i fronti. E’ opportuno rilevare che i diritti fondamentali non vengono violati solo nelle buie profondità del sottosviluppo e delle dittature; democrazie che si definiscono avanzate applicano la pena di morte, mentre noi restiamo in silenzio. Su questo argomento l’UE non deve utilizzare due pesi e due misure.
Durante il vertice tra UE e USA sarebbe opportuno inserire il tema della pena di morte nell’agenda politica. Sarebbe positivo se la risoluzione del Parlamento sulla pena capitale guadagnasse terreno e diventasse qualcosa di più di una chimera. Una cosa è certa: la diagnosi dei gravi problemi che dobbiamo affrontare trova risposta nella questione dei diritti umani. Il dialogo tra i popoli, la fine dei conflitti, la sicurezza e la libertà non possono esistere se il mondo non diventa un luogo più giusto.
Raimon Obiols i Germà (PSE). – (ES) La qualità della relazione dell’onorevole Coveney è stata chiaramente confermata dall’ampio sostegno ricevuto nella votazione in seno alla commissione per gli affari esteri.
L’onorevole Coveney è riuscito a riunire i punti di vista dei diversi gruppi e, a nostro parere, ha giustamente proseguito con la nuova impostazione introdotta dall’onorevole Richard Howitt con la relazione riferita al 2005.
Il risultato del voto sugli emendamenti rispecchia un consenso ragionevole tra i gruppi e una relativa mancanza di punti di contrasto, offrendo al mondo l’immagine di un Parlamento unito per quanto concerne la protezione e la promozione dei diritti umani, una prospettiva che noi tutti auspichiamo.
Al fine di accrescere la nostra autorità e di garantire che questo documento diventi un testo di riferimento occorrono calma, precisione e il maggior consenso possibile. Sono convinto che la relazione dell’onorevole Coveney rappresenti un chiaro passa avanti in questa direzione.
Occorre che ci impegniamo per trasmettere un messaggio importante: l’Europa non deve permettersi di applicare criteri differenti a seconda del paese, nel giudicare la situazione dei diritti dell’uomo nel mondo. A prescindere dagli interessi in gioco, l’atteggiamento dell’Unione europea in materia di diritti umani dev’essere inequivocabile e fermo.
Devo dire che, a nostro parere, il testo non rispecchia in misura sufficiente il fatto che nel mondo attuale, nella lotta contro il terrorismo, purtroppo si assiste a una proliferazione di centri di detenzione che non sono soggetti allo Stato di diritto e che esercitano pratiche non conformi alle leggi del paese che li istituisce: parlo di Guantánamo e delle prigioni segrete.
Per noi Socialisti, porre fine a queste situazioni illegali presenti nel mondo è un obiettivo fondamentale.
La proposta di risoluzione sulla moratoria universale sulla pena di morte, inoltre, riveste per noi altrettanta importanza. E’ una buona notizia che questa settimana il Consiglio abbia espresso l’intenzione di promuovere e sostenere l’iniziativa auspicata da tutti i gruppi del Parlamento europeo.
Marco Pannella (ALDE). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti della Commissione e del Consiglio, ho sessanta secondi per trattare l’importante tema della moratoria sulla pena di morte.
Poiché non potrò trattare questo tema come dovrei, intendo documentare subito in altra sede la vera e propria forfaiture, il vero e proprio tradimento di regole e di giuramenti da parte del Consiglio in questi dieci anni. All’ONU è in corso da quattordici anni il tentativo di impedire la proclamazione della moratoria sulla pena di morte.
Nel 1994 abbiamo infatti perso per quattro voti contrari alla risoluzione sulla moratoria, quattro voti espressi da sostenitori fondamentalisti dell’abolizione contro la realtà della moratoria che era già conquistata. Signor Presidente del Consiglio, quattordici anni fa all’ONU vi erano novantasette Stati a favore della pena di morte. Oggi sono cinquantuno.
Dal 1988 vi dimostriamo che c’è una maggioranza sicura, e non mi importa se per gli interessi della Cina, dell’America o di un’Europa che di nuovo non è europea, voi mancate agli obblighi nei confronti del Parlamento.
Alle 18.30 dimostrerò alla stampa che dal 16 e 17 aprile al Consiglio avete compiuto un tentativo gravissimo di vera e propria truffa contro quel che avete dichiarato di accettare. Non ho un termine italiano per definire ciò, si tratta di una vera e propria forfaiture, ed è di questo che vi accuso: “Ou pas ça, ou pas vous!”.
Liam Aylward (UEN). – (EN) Signora Presidente, un’area in cui l’Unione europea dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano è quella della protezione e della promozione dei diritti umani in Medio Oriente. In quanto comunità di 27 Stati membri, che rappresenta 500 milioni di persone, l’Unione europea è nella posizione di agire come onesto intermediario in Medio Oriente.
Accolgo con favore la recente costituzione del governo di unità palestinese. Si tratta di uno sviluppo positivo che potrebbe portare alla creazione del consenso politico nella regione e a instaurare relazioni pacifiche tra i due popoli palestinese e israeliano.
Tuttavia, i diritti umani del popolo palestinese devono essere rispettati. Israele deve rilasciare immediatamente tutti i legislatori palestinesi detenuti. Allo stesso modo, il soldato israeliano, caporale Shalit, che è prigioniero in Palestina, dev’essere immediatamente rilasciato.
La sfida urgente a questo punto è la ripresa di un processo politico credibile che garantirebbe la pace e la sicurezza alle popolazioni di Israele e Palestina. L’Unione europea deve impegnarsi positivamente con il nuovo governo di unità palestinese. Non si tratta solo di fornire un sostegno politico, ma anche di essere nella posizione di sostenere finanziariamente la rinascita economica nelle aree palestinesi.
Infine, desidero complimentarmi con il collega irlandese, l’onorevole Coveney, per la sua eccellente relazione.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, in qualità di relatore della commissione per lo sviluppo sullo strumento di finanziamento per i diritti umani, ho particolarmente insistito sul ruolo della democrazia e del rispetto dei diritti umani ai fini dello sviluppo economico, politico e sociale di molti paesi terzi.
La relazione in esame rappresenta tuttavia un’occasione per guardare anche in casa nostra, dove episodi di intolleranza religiosa, razziale e di genere, purtroppo sono ancora all’ordine del giorno. I bambini abbandonati in strada o in istituti decadenti, le violenze domestiche e gli episodi omofobi, per citare solo alcuni esempi, restano un problema e occorre quindi incentivare le azioni volte a ridurre tali fenomeni.
Per quanto riguarda la dimensione estera, è evidente la mancanza di coerenza tra gli intenti e i buoni propositi da un lato, e le politiche commerciali, gli aiuti allo sviluppo e la politica estera dall’altro. In America Latina la priorità degli aiuti è data al commercio e all’educazione superiore, mentre milioni di bambini non hanno accesso o disertano l’educazione primaria. Ricordo, a tale proposito, che l’alfabetizzazione è un diritto nonché uno degli Obiettivi del Millennio.
Nelle relazioni con la Cina, gli Stati Uniti o la Russia, troppo spesso il capitolo dei diritti umani non riceve la giusta attenzione. Inoltre, sono sottovalutate la gravità della situazione in alcuni paesi come Cuba o la Bielorussia, così come le risoluzioni del Parlamento e i dibattiti sulle urgenze che hanno luogo in questa sede.
La relazione 2006 sembra quindi più una lista di ciò che non è stato fatto, che non di una serie di successi. Tuttavia, occorre ribadire che finché l’Unione non avrà un’unica forte voce in politica estera, numerosi obiettivi sono destinati a rimanere tali.
Kinga Gál (PPE-DE). – (HU) Innanzi tutto desidero congratularmi con il collega, onorevole Coveney, per la sua accurata relazione, che prende in esame un tema molto importante. Nella relazione annuale 2006 il relatore è riuscito a indirizzare la nostra attenzione su alcune modalità specifiche con cui un maggiore impegno da parte delle Istituzioni UE o degli Stati membri potrebbe veramente contribuire alla soluzione di situazioni problematiche nel campo della difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Inoltre, i modi per farlo sono tutti presenti nella relazione. Le modalità pratiche con le quali si può contribuire a migliorare la situazione sono ben note: accordi commerciali regionali, il sistema di accordi bilaterali tra gli Stati membri e le cinque linee direttrici dell’UE in materia di diritti umani, che le ambasciate degli Stati membri e le missioni UE dovrebbero applicare sistematicamente in tutto il mondo.
A mio parere, è importante che il documento affermi che i risultati interni dell’UE in materia di diritti umani hanno un impatto diretto sulla sua credibilità e sulla sua capacità di attuare una politica esterna efficace. Vorrei dunque richiamare l’attenzione su quelle regioni in cui i problemi relativi ai diritti umani al di fuori dell’UE sono divenuti da tempo anche nostri problemi interni; tra questi figurano la difesa dei diritti dell’infanzia e la lotta al traffico di donne e bambini, che ogni anno qui nell’Unione europea miete 100 000-120 000 vittime, il 40 per cento delle quali sono bambini. Altrettanto importanti sono una maggiore sensibilità e attenzione per la situazione delle minoranze etniche o indigene, per la quale si attendono soluzioni all’interno dell’UE o nelle regioni confinanti con l’Unione, quali la Voivodina o i Bassi Carpazi. Nel caso delle minoranze nazionali ed etniche, il divieto di discriminazione è la condizione minima necessaria, ma non ancora sufficiente, per difendere queste comunità.
Infine, onorevoli colleghi, consentitemi, in qualità di delegato del Partito popolare presso l’Agenzia sui diritti fondamentali, di esprimere l’auspicio che la nuova Agenzia UE istituita il 1° marzo possa, lavorando autonomamente e in collaborazione, fornire credibilità alle misure dell’UE mirate a migliorare la situazione dei diritti dell’uomo nel mondo.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (FR) Signora Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Coveney. Il problema maggiore dell’Unione europea, che emerge molto bene dalla relazione, è quello di non disporre di norme o di un meccanismo per proteggere le minoranze nazionali. Non lontano da qui – a 500 metri – il Consiglio d’Europa ha giustamente compreso, diversamente da quest’Assemblea che non l’ha ancora fatto, che i diritti dell’uomo e i diritti delle minoranze nazionali sono strettamente collegati, pur essendo due questioni separate.
Sono completamente d’accordo con le onorevoli Gál e Jäätteenmäki: la credibilità dell’Unione europea dipende dalla sua situazione interna. Qual è la situazione degli sloveni in Austria o in Italia? Si tratta di una minoranza nazionale tradizionale autoctona. In Lettonia vivono 450 000 persone di origine russa che non sono cittadini di quel paese, uno Stato membro dell’Unione europea. La Francia non ha mai ratificato i due documenti del Consiglio d’Europa indispensabili per i nuovi Stati membri.
Per questo ci sono due pesi e due misure e per questo non siamo realmente credibili quando critichiamo i paesi terzi. Occorre coinvolgere la nostra Agenzia sui diritti fondamentali a Vienna e porre rimedio a questa carenza nella prossima relazione.
Non ho ancora parlato della crisi totale dell’integrazione delle nuove minoranze di migranti in Francia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito. E’ la sfida più grande per l’Europa: la capacità delle minoranze migranti di integrarsi nei paesi dell’Europa occidentale. Penso che non sarà possibile evitare questi problemi in futuro, poiché si tratta di problemi cruciali per l’intera Europa e per l’Unione europea nel suo complesso.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, nella sua relazione, oltre ad offrirci un’analisi critica eccellente, il relatore propone conclusioni e sollecita azioni, cosa che io reputo positiva, per cui vorrei richiamare la vostra attenzione sul capitolo dedicato ai conflitti armati e alla politica europea di sicurezza e di difesa.
Perché? E’ chiaro che i diritti umani vengono calpestati dove sono in corso conflitti armati, come sta accadendo in molti paesi africani, con le relative ripercussioni in Europa. Molte persone, in cerca di una vita migliore, cadono nella rete dei contrabbandieri di esseri umani e vengono scaricate sulle coste della Spagna come immigrati clandestini; è stata la sorte di 31 000 persone solo l’anno scorso, e stiamo già assistendo a una tragedia analoga nei primi mesi di quest’anno.
Nella sua relazione l’onorevole Coveney loda la Presidenza austriaca, perché proprio sotto la Presidenza austriaca si sono concordate strategie di attuazione che prevedono di considerare le questioni relative ai diritti umani nella pianificazione delle operazioni nel quadro della politica europea di sicurezza e difesa. Ora si tratta di esigere che questi principi vengano effettivamente messi in pratica e io chiedo al Consiglio, con la massima urgenza, di prevedere per il futuro un impiego più efficace delle forze militari e di polizia, del genere che abbiamo visto a Kinshasa, anche in altri Stati, affinché questi ultimi ci aiutino a costruire le strutture di base in tali luoghi e a garantirne la stabilità e la sicurezza.
Innanzi tutto si creano le strutture democratiche; secondo, si instaura di conseguenza un effettivo rispetto dei diritti umani; e, terzo, si creano le condizioni per l’istituzione delle strutture economiche fondamentali. Tutto questo ha delle conseguenze positive per gli Stati in questione, per le persone che ci vivono e per noi, grazie alla riduzione dell’immigrazione clandestina in Europa.
Se a tutto questo riusciremo anche ad aggiungere i programmi di aiuti internazionali della Commissione, mi auguro che in questi paesi i diritti umani saranno molto più rispettati di quanto è avvenuto finora.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero congratularmi con l’onorevole Coveney. Nella sua relazione ha adottato la nuova impostazione concordata l’anno scorso, ossia che il ruolo del Parlamento in merito alla relazione annuale sui diritti umani debba essere quello di verificare l’operato del Consiglio e della Commissione e di suggerire quello che si può fare in tutta l’Unione europea per promuovere i diritti umani, senza limitarsi a fornire un commento.
Lo ringrazio e mi congratulo per il suo lavoro. Mi è molto spiaciuto sentire che in futuro proseguirà la sua carriera nel parlamento nazionale e non si ripresenterà come candidato per questo Parlamento. Vorrei soltanto che fosse messo a verbale che è stato un grande paladino dei diritti dell’uomo e un ottimo collega di noi tutti.
In questa discussione, credo che possiamo sottolineare che l’Unione europea può fare di più per promuovere i diritti umani. Molti di noi sono preoccupati. Il Parlamento continuerà a impegnarsi a fondo per garantire che le iniziative dell’Europa e il suo coinvolgimento nel Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite siano più efficaci. L’esordio non è stato all’altezza delle nostre aspettative. Nella risoluzione si richiama l’attenzione sul fatto che la Commissione presiede il processo di Kimberley. Sfruttiamo questa posizione per ottenere il sistema di verifica indipendente auspicato dalle ONG per il giorno di San Valentino 2007, che era un obiettivo valido.
Apprezziamo il fatto che, dopo le nostre critiche sulla posizione dell’Europa nei confronti della Bielorussia e dell’OIL lo scorso anno, e alla luce degli attacchi e delle violenze contro sindacalisti, la Commissione ha raccomandato di revocare le preferenze commerciali a favore della Bielorussia. Ci avete ascoltato e vi ringraziamo per questo. Ma possiamo fare di più.
Riguardo ai trattati sui diritti umani, ci preoccupa la questione delle bombe a grappolo. Un gruppo di paesi europei guidato dal Belgio e che comprende, sono lieto di dirlo, anche il mio paese, il Regno Unito, ora sostiene un trattato vincolante che vieta le bombe a grappolo.
Sono veramente felice che l’Europa abbia condotto la campagna per la Convenzione ONU sui diritti delle persone disabili. Si è trattato della convenzione sui diritti umani approvata più rapidamente nella storia dell’ONU. Le Comunità europee l’hanno sottoscritta per la prima volta. E’ opportuno che il prossimo anno le Comunità e gli Stati membri firmino il protocollo facoltativo, per garantire la presenza di una procedura di reclamo. Dimostrateci che ci state ancora ascoltando.
Patrick Gaubert (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in qualità di vicepresidente della sottocommissione per i diritti umani permettetemi innanzi tutto di congratularmi con l’onorevole Coveney, non solo per la qualità e la portata del suo lavoro, culminato in questo testo completo ed esauriente, ma anche per l’apertura mentale dimostrata per garantire in quest’Aula il più ampio consenso possibile per questo testo di prim’ordine. Ha accettato di prendere in considerazione e di sottoscrivere quasi tutti gli emendamenti che gli ho presentato in commissione, e lo ringrazio per questo.
Questo documento ha il merito di affrontare tutte le questioni difficili e di coprire diverse aree geografiche. In particolare, sostengo l’enfasi posta sull’attività del nuovo Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, sulla tragica situazione nel Darfur e sulle ripetute violazioni dei diritti umani in Russia.
Per quanto concerne l’attività del Parlamento europeo e, in particolare, della sottocommissione per i diritti umani, ritengo che tutti possiamo essere soddisfatti della sua azione costruttiva, che ha permesso ad esempio di adottare rapidamente il nuovo strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani.
Inoltre, credo che questa relazione sia tempestiva nel rilevare l’interazione fondamentale tra le dimensioni interna ed esterna della politica europea in materia di diritti umani. Ora più che mai ciascuno Stato membro deve fungere da esempio in questo campo. La nostra responsabilità e la nostra credibilità al di fuori dell’Europa dipendono da questo. A tale proposito, sono lieto che i ministri della Giustizia, la scorsa settimana, abbiano adottato la decisione concernente le sanzioni penali comuni contro il razzismo e il revisionismo. Mi congratulo nuovamente con il relatore per questo documento e gli offro il mio pieno sostegno.
Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, una UE basata su valori quali la difesa della dignità umana, i principi della democrazia e la libertà individuale deve costantemente indicare con chiarezza di essere disposta non solo a garantire la promozione di questi valori, ma anche a combattere attivamente per difenderli e per tutti coloro che sono perseguitati per le loro convinzioni o la loro religione, o che vengono torturati o imprigionati per le loro opinioni.
La relazione dedica la dovuta attenzione alla necessità di una strategia di pace internazionale per la regione del Darfur, nella quale l’UE deve coordinarsi con il Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite. Solo un impegno effettivo dell’UE in seno alle Nazioni Unite consentirà la rapida adozione di misure efficaci per fornire una risposta mirata a questa tragedia umanitaria in Africa.
Tuttavia, esistono molte questioni irrisolte, sulle quali non si sono fatti progressi nell’ultimo anno. Tra queste ricordo la sorte delle cinque infermiere bulgare e del medico palestinese, che sono stati imprigionati e condannati a morte in Libia con l’accusa ridicola di aver infettato alcuni bambini con l’HIV, le violazioni dei diritti delle minoranze religiose in Cina, le restrizioni alla libertà di parola e le repressioni nei confronti degli attivisti democratici in Russia, il terrore nella Cuba comunista e infine la Turchia, dove la situazione è estremamente preoccupante.
La Turchia, con le sue aspirazioni di adesione all’UE, non ha compiuto alcun progresso sostanziale nella difesa dei diritti umani. Anzi, la liberà di religione è fortemente minacciata, come dimostrano i tragici eventi degli ultimi giorni, con l’uccisione di tre cristiani che lavoravano per una casa editrice che pubblica la Bibbia. I mezzi di comunicazione di massa turchi sembrano impegnati in una caccia alle streghe dove le vittime sono i cristiani.
A mio parere, il cinquantesimo anniversario delle Comunità europee e il dibattito sul futuro Trattato sono una buona occasione per definire una politica nuova ed efficace per la difesa dei diritti umani fuori dei nostri confini. Il ruolo internazionale dell’Unione europea a questo proposito dev’essere rafforzato, anche integrando una legislazione pertinente nel nuovo Trattato, e in particolare occorre ripensare il ruolo dell’Agenzia sui diritti fondamentali in quest’ambito.
David Casa (PPE-DE). – (MT) La ringrazio, signor Presidente. Molto spesso, quando si parla di diritti dell’uomo, si pensa immediatamente ai paesi in via di sviluppo ed è giusto prendere le iniziative necessarie per capire che cosa si può fare per garantire che i cittadini di questi paesi siano tutelati e sia loro garantita la dignità che meritano.
Tuttavia, devo altresì esprimere una certa preoccupazione in merito al fatto che questi diritti vengono calpestati anche nei paesi dell’Unione europea o in paesi candidati all’adesione.
Ad esempio, qualche giorno fa, in un paese che aspira a entrare nell’Unione europea, quattro persone sono state brutalmente assassinate a causa delle loro convinzioni religiose. E’ un fatto inaccettabile, che dev’essere condannato. L’Unione europea dev’essere ferma e sospendere gli aiuti ai paesi che non rispettano i diritti delle minoranze o che non riconoscono o non rispettano le minoranze presenti al loro interno, nonché ai paesi che non rispettano la Carta dei diritti fondamentali.
Dobbiamo prendere misure immediate e non possiamo semplicemente accettare che nel 2007 esistano paesi governati da dittatori che negano il diritto alla libertà di espressione, come purtroppo accade in Venezuela. E’ deplorevole che al giorno d’oggi si ignorino le minoranze etniche. La razza, il colore della pelle e le convinzioni delle persone devono sempre essere rispettate. Dobbiamo lavorare per garantire che nessuno venga dimenticato e che nessuno violi questi diritti sacrosanti. Tuttavia, non è accettabile che le risoluzioni adottate dal Parlamento vengano ignorate dalla Commissione. Questo Parlamento è l’unica Istituzione i cui rappresentanti sono eletti democraticamente. Le risoluzioni adottate dal Parlamento sono mirate a trasmettere un messaggio e il Consiglio e la Commissione dovrebbero riconoscerlo ed evitare di ignorare risoluzioni approvate da questa istituzione, come purtroppo è accaduto in passato.
Infine, signor Presidente, anch’io desidero congratularmi con il collega Simon Coveney per la sua eccellente relazione sull’argomento in discussione.
Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli parlamentari, desidero esprimervi la mia gratitudine per questa vivace discussione sulla relazione dell’onorevole Coveney, una discussione nella quale nessuno, nemmeno la Presidenza, ha dichiarato che possiamo essere soddisfatti della situazione dei diritti umani a livello mondiale. E’ vero il contrario: accade ogni giorno che i diritti umani vengano violati.
Non posso lasciar passare l’argomento – che penso sia stato sollevato dall’onorevole Allister – che l’Unione europea finga di non vedere. Anche se non possiamo essere soddisfatti della situazione, e anche se registriamo delle battute d’arresto, l’Unione in passato ha fatto molto per cambiare le cose e migliorare le condizioni di vita delle persone. Ad esempio, posso ricordare a quest’Assemblea un argomento trattato in diverse commissioni negli ultimi giorni e anche nella seduta plenaria di questa mattina, e precisamente il fatto che nella discussione sulla strategia per l’Asia centrale nel Consiglio dei ministri degli Esteri di lunedì scorso sono stati presi in considerazione i nostri interessi in materia di energia e risorse – che talvolta sono oggetto di critiche – ma abbiamo anche espresso il desiderio di instaurare un dialogo approfondito sui diritti umani con i paesi dell’Asia centrale. Abbiamo adottato esattamente la stessa linea con la Cina, anche se i progressi non sono sempre immediatamente visibili.
Martedì scorso, a Lussemburgo si è tenuto in incontro tra l’UE e l’ECOWAS, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, e anche in questo caso è emerso chiaramente quanto sia importante il processo di tutela dei diritti umani in tali paesi. Magari potrei ricordarvi anche il vertice dello scorso anno tra Unione africana e Unione europea in materia di migrazione, nel quale si è discusso come affrontare i fattori che determinano l’esistenza di popolazioni di rifugiati.
Il fatto è che non possiamo affrontare tutti i problemi; è importante adottare misure di protezione, ma il buongoverno, la creazione di prospettive e la tutela della libertà e dei diritti fondamentali sono essenziali per garantire che le persone rimangano nei rispettivi paesi, e credo che l’Unione europea, non ultimo attraverso le molte azioni intraprese nel quadro della PESD, abbia contribuito a garantire il rispetto per i diritti umani.
Vorrei affrontare un’altra questione, e mi rivolgo specificamente all’onorevole Pannella: non c’è stata alcuna cospirazione da parte della Presidenza e anche il Consiglio, che lunedì ha esaminato nuovamente la questione della moratoria sulla pena di morte, vuole ribadire con estrema chiarezza che ci stiamo battendo proprio per questo. Non si registrano neppure ritardi e, pertanto, si può affermare a chiare lettere che la Presidenza tedesca, sostenuta da tutti gli Stati membri, rafforzerà le sue iniziative e il suo impegno per raggiungere questo obiettivo comune, in modo da essere in grado, a maggio, di realizzarlo con la presentazione di una relazione finale.
Sarebbe comunque un peccato se un’azione precipitosa in seno alle Nazioni Unite alla fine impedisse di realizzare l’obiettivo per la mancanza della maggioranza necessaria.
Desidero ringraziare nuovamente l’Assemblea per questa interessante discussione. In molti interventi avete chiarito che non intendete allentare la presa e che volete assicurarvi che la Presidenza, gli Stati membri, i governi e anche i parlamenti non permettano che questo tema passi in secondo piano, ma che invece lo mantengano tra le priorità.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, accolgo con molto favore l’adozione di questa relazione e trasmetterò al Commissario Ferrero-Waldner i preziosi suggerimenti forniti durante la discussione e nella relazione.
Tengo a sottolineare che la Commissione condivide pienamente il sostegno del Parlamento europeo alle linee direttrici dell’UE sui diritti dell’uomo, che potenzialmente sono uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’UE in questo campo.
In tale contesto, sono lieto di annunciare che quest’anno il programma di formazione sui diritti umani per il personale della Commissione verterà sulle linee direttrici dell’Unione europea in materia di diritti dell’uomo, e che istruiremo di conseguenza anche le nostre delegazioni.
La Commissione ha qualche riserva in merito al suggerimento contenuto nella relazione di individuare, nel contesto della relazione annuale, un elenco di paesi che destano particolare preoccupazione in materia di violazioni dei diritti umani. E’ meglio evitare di redigere elenchi in questo campo, perché è difficile stabilire criteri sulla base di motivazioni così generiche. Ad esempio, è diverso fare un elenco dei paesi che ammettono il reclutamento di bambini-soldato, dove gli indicatori sono molto chiari. La Commissione preferirebbe sostenere la prassi di individuare i paesi oggetto di proteste e azioni diplomatiche caso per caso.
Ora vorrei toccare alcuni punti emersi nella discussione.
Riguardo a Guantánamo, l’Unione europea ha ripetutamente sottolineato che la lotta contro il terrorismo dev’essere condotta nel rispetto del diritto umanitario internazionale e delle norme internazionali sui diritti umani. La Commissione ritiene che le Convenzioni di Ginevra si applichino a tutte le persone catturate sul campo di battaglia. La Commissione è inoltre del parere che a Guantánamo Bay si applichino le disposizioni della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici e della Convenzione ONU contro la tortura. Ogni detenuto deve godere di uno status tutelato dal diritto internazionale e ha diritto a non essere trattenuto arbitrariamente, a una procedura regolare e a un giusto processo. Guantánamo è un’anomalia e l’Unione europea continua a sollecitarne la chiusura.
Per quanto concerne la Bielorussia, la Commissione continuerà a lavorare per contrastare gli abusi contro i diritti umani compiuti nel paese. Benché la natura autoritaria dell’attuale governo impedisca all’Unione europea di offrire alla Bielorussia la piena partecipazione alla politica europea di vicinato, la Commissione ritiene che il varo del piano d’azione “ombra” per la Bielorussia sia stato molto utile per sensibilizzare i cittadini bielorussi in merito ai vantaggi che la politica europea di vicinato offrirebbe se le autorità dimostrassero di rispettare i valori democratici e i diritti umani. La Commissione sta già finanziando un’ampia gamma di progetti a sostegno della società civile, quali i progetti per promuovere la libertà dei mezzi di comunicazione di massa in Bielorussia e sostenere l’Università umanitaria europea per gli studenti in esilio. La Commissione ovviamente cercherà di sostenere iniziative analoghe anche in futuro.
L’Unione europea continua a tenere consultazioni sui diritti umani con la Russia due volte all’anno. Queste consultazioni offrono all’UE l’opportunità di sollevare un’ampia varietà di problemi, quali la situazione in Cecenia, il trattamento riservato ai difensori dei diritti umani e l’impatto delle nuove leggi sulle ONG e contro gli estremisti. Inoltre, l’Unione europea non solleva la questione dei diritti umani esclusivamente durante le consultazioni, ma, se del caso, anche in altri incontri.
Per quanto concerne la Cina, la Commissione è soddisfatta delle costruttive osservazioni del Parlamento sul dialogo UE-Cina in materia di diritti umani. Inoltre, riconosce l’esigenza di rafforzare e migliorare il dialogo UE-Cina sui diritti umani, come affermato in termini chiarissimi nella recente comunicazione “UE-Cina: una cooperazione più stretta, una responsabilità che cresce”.
Alcuni dei successi più impegnativi ottenuti negli ultimi dieci anni non dovrebbero passare inosservati. La visita del relatore speciale sulla tortura nel dicembre 2005 era stata richiesta regolarmente dall’UE per oltre cinque anni. Il suo arrivo a Pechino è stato dunque un successo considerevole. La revisione di casi di condanna alla pena capitale da parte della Corte suprema, citata nella relazione del Parlamento, è stata un risultato cruciale del dialogo.
In relazione al lavoro forzato, la Commissione, come il Parlamento, è preoccupata per l’elevata incidenza di campi Laogai e per l’esportazione di merci prodotte al loro interno.
Per quanto riguarda il Consiglio dei diritti umani, come ho già avuto occasione di affermare in precedenza, e nonostante lo scetticismo iniziale, questo organismo resta comunque il principale forum sui diritti umani e ha evidenziato dei segnali positivi, come nel caso del Darfur. La Commissione si impegna a lavorare con le altre Istituzioni UE e i partner che perseguono i suoi stessi obiettivi per mettere fine alla politicizzazione del Consiglio dei diritti umani, nonché a collaborare con i paesi partner.
Per quanto concerne l’Agenzia sui diritti fondamentali, dalla discussione svoltasi in seno al Consiglio durante l’adozione del regolamento istitutivo dell’Agenzia è emerso con evidenza che il parere della maggioranza è chiaramente contrario all’estensione del suo mandato anche ai paesi terzi. In ogni caso, il regolamento prevede una valutazione dei risultati dell’Agenzia dopo tre anni di funzionamento. Tale valutazione prenderà in esame il possibile ampliamento della portata del mandato e dei compiti dell’Agenzia.
Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.
Per inciso, poiché abbiamo appreso che l’onorevole Coveney lascerà il Parlamento europeo, vorrei cogliere l’occasione per congratularmi con lui non solo per questa eccellente relazione, riconosciuta tale da tutti gli oratori intervenuti, ma anche per tutto il lavoro che ha svolto, e gli auguro molto successo e soddisfazione nelle sue nuove responsabilità e attività.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Signor Presidente, le osservazioni contenute nella relazione sui diritti umani in merito alla situazione in Turchia ora devono essere aggiornate con le ultime notizie. Mi riferisco al brutale assassinio commesso la scorsa settimana a Malatya. Cinque giovani studenti musulmani hanno fatto irruzione negli uffici di una piccola casa editrice cristiana, hanno legato mani e piedi tre uomini alle loro sedie e li hanno torturati, per poi tagliare la gola a tutti e tre. Uno degli assassinati era un tedesco di 46 anni, con tre bambini in età scolare, gli altri due erano turchi. Il corpo del tedesco presentava oltre 160 ferite d’arma da taglio.
Purtroppo l’accaduto non può essere considerato semplicemente come un singolo atto di violenza, privo di una dimensione politica. La sua connessione con la propaganda praticata e tollerata nel paese è ben evidente: l’assassinio è stato preceduto da una propaganda contro i cristiani, e in particolare contro i missionari, in corso da anni in tutta la Turchia, e soprattutto a Malatya. I mezzi di comunicazione in tutte le loro forme, nonché le autorità, la polizia, il governatore, gli imam e gli insegnanti vi hanno aderito. Lo stesso tipo di propaganda è presente nei mezzi di comunicazione di tutto il paese e talvolta assume proporzioni assurde, come quando si afferma che i missionari stanno tentando di dividere la Turchia per mettere le mani sulle ingenti risorse minerarie del paese.
Questi avvenimenti sono una conseguenza logica del genere di nazionalismo e di xenofobia promosso dai mezzi di comunicazione. L’obiettivo talvolta sono i curdi, talvolta gli ebrei o i cristiani. E’ strano che, mentre ai sensi dell’articolo 301 del codice penale turco la libertà di espressione è fortemente limitata, lo stesso articolo sulla denigrazione della “turchicità” sembra invitare le persone a scrivere documenti assolutamente privi di giustificazione e che alimentano simili atti di violenza.
Vorrei sottolineare che io non sono contraria all’ingresso della Turchia nell’UE. Tuttavia, la Turchia dev’essere capace di convincere l’Europa di voler porre fine a questa propaganda, che ormai fa parte della vita quotidiana e miete vite umane.
Jules Maaten (ALDE), per iscritto. – (NL) Accolgo con molto favore questa relazione sui diritti umani, e in particolare le parti dedicate all’autovalutazione. E’ importante che venga messa in luce l’efficacia della politica europea in materia di diritti umani e che si effettui una valutazione critica.
Sono ugualmente persuaso che una politica estera europea coerente debba dare la priorità assoluta alla promozione della democrazia, poiché una società democratica è l’unica base per il rispetto dei diritti umani.
Sono anche favorevole a uno strumento operativo europeo indipendente per la promozione della democrazia, ampiamente modellato sull’esempio dell’Endowment for Democracy degli Stati Uniti, perché occorre una politica sui diritti umani che sia indipendente dalle relazioni diplomatiche o economiche.