Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0076/2007), presentata dall’onorevole Lauk a nome della commissione per i problemi economici e monetari sulla finanze pubbliche nell’UEM nel 2006 [2007/2004(INI)].
Vorrei far presente che l’onorevole Schwab sostituisce il relatore.
Andreas Schwab (PPE-DE), in sostituzione del relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, a quest’ora tarda, sono lieto che discutiamo dello spazio economico e monetario dell’Unione europea. Con questa relazione d’iniziativa il Parlamento europeo si pronuncia per la prima volta sulla revisione del Patto di stabilità e di crescita adottato dai capi di Stato e di governo nel marzo 2005. La revisione riguardava sia il capitolo preventivo che quello correttivo del Patto.
Lo scopo del Patto era e rimane quello di evitare disavanzi eccessivi, perseguendo a medio e lungo termine il pareggio di bilancio e la solidità delle finanze pubbliche. La presente relazione costituisce un resoconto basato su un anno, quindi tiene conto di un periodo di riferimento molto breve – fin troppo, a dire il vero – riguardante per di più il 2006, un anno contrassegnato da una congiuntura economica molto favorevole. Questi sviluppi incoraggianti hanno inciso positivamente sulla politica finanziaria degli Stati membri. Tuttavia è ovvio che una valutazione basata esclusivamente su questo breve lasso di tempo non può essere definitiva. La vera “prova di sostenibilità” del Patto riveduto ci attende nei prossimi anni.
La relazione fornisce una valutazione della situazione odierna. In tale compito il relatore, onorevole Kurt Joachim Lauk, che purtroppo stasera non può essere presente, ha volutamente evitato di esplicitare i nomi dei singoli Stati membri e le loro performance individuali. Infatti la relazione non si prefiggeva di dare voti a nessuno, in quanto secondo lo spirito del relatore un simile approccio non sarebbe stato utile. Appare invece ragionevole procedere a un esame complessivo dei risultati finora raggiunti.
La commissione per i problemi economici e monetari si è dedicata con grande impegno a questa relazione, intrattenendo scambi molto costruttivi e proficui. A nome del collega Lauk vorrei ringraziare in particolare il relatore ombra del gruppo socialista, onorevole Rosati, nonché la relatrice ombra del gruppo liberale, onorevole in ’t Veld, per l’ottima e positiva collaborazione. Il documento è stato approvato a stragrande maggioranza in seno alla commissione parlamentare.
Intendo limitarmi a riprendere in breve i punti principali. I rilevamenti statistici evidenziano il divario eccessivo tra deficit e crescita e la correlazione tra un deficit elevato e un tasso di crescita ridotto. Dalle cifre del 2006 emerge che i 21 Stati membri che hanno registrato un deficit contenuto o un lieve surplus presentano anche una crescita sostenuta. Questo dato avvalora l’ipotesi che la riduzione del disavanzo promuova le attività e le prestazioni economiche, frenando quindi la disoccupazione.
In questo contesto la relazione ha messo in luce tre aspetti di primaria importanza. In primo luogo, con questo documento la commissione per i problemi economici e monetari raccomanda vivamente di approfittare dei periodi economicamente favorevoli per conseguire un risanamento strutturale dei conti pubblici. Gli Stati membri devono utilizzare lo slancio economico, dovuto soprattutto a un maggiore gettito fiscale, per ridurre il debito pubblico. Dobbiamo sempre tenere presente che stimolare la crescita provoca un incremento della domanda e del tasso di occupazione. Assumendo un atteggiamento critico, va detto che gli Stati membri non stanno sfruttando a sufficienza il quadro congiunturale favorevole per consolidare i propri bilanci.
In secondo luogo, auspichiamo che entro il 2015 gli Stati membri dichiarino incostituzionale o illegale ogni nuovo disavanzo pubblico, come hanno già fatto alcuni paesi e regioni nell’Unione europea. L’emendamento al paragrafo 20, presentato dal relatore, onorevole Kurt Joachim Lauk, intende precisare l’ambito di applicazione di questa richiesta. Esso afferma che tale norma dovrà essere vincolante solo per i paesi della zona euro, non per tutti e 27 gli Stati membri dell’Unione europea. Mi sembra un’idea ragionevole, e pertanto, a nome del relatore, vi invito ad approvare questo emendamento presentato dal gruppo PPE-DE.
In terzo luogo, nella relazione si chiede di ricondurre a una base comparabile i calcoli dei disavanzi degli Stati membri. Si tratta di un punto importante, in quanto nello scenario di una crescente integrazione nell’Unione economica e monetaria occorre una base comune per poter valutare l’entità precisa dell’indebitamento.
Negli ultimi venti secondi a mia disposizione vorrei fare due osservazioni conclusive. Nel complesso, nel 2006 il Patto di stabilità e di crescita riveduto ha funzionato bene. Resta un sistema fondato su regole. Dalla riforma, tutti i disavanzi superiori al 3 per cento del prodotto interno lordo sono stati considerati eccessivi. Permane nondimeno la preoccupazione per il ritmo lento con cui si riduce il debito pubblico in tutti gli Stati membri.
A breve termine, quindi, il Patto di stabilità e di crescita funziona. Resta da vedere se funzionerà a lungo termine. La vera e propria prova delle sue qualità si avrà nei prossimi anni. Ci attendiamo che gli Stati membri compiano gli sforzi necessari affinché il Patto vada a buon fine.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, la Commissione accoglie con molto favore la relazione dell’onorevole Lauk ed esprime la sua gratitudine per l’ottimo lavoro svolto dalla commissione per i problemi economici e monetari. Grazie alla forte ripresa economica attualmente in corso in Europa e nell’area dell’euro, gli Stati membri hanno un’eccellente opportunità di migliorare i conti pubblici e di prepararsi a sfide future, quali l’invecchiamento della popolazione. In questo contesto la relazione Lauk si rivela davvero tempestiva.
E’ ovvio che la Commissione concorda con la relazione laddove afferma che il Patto di stabilità e di crescita al momento funziona come dovrebbe. In particolare, molti Stati membri hanno compiuto considerevoli sforzi per adempiere i loro impegni derivanti dal Patto. A partire dalla revisione del Patto, sia il capitolo correttivo che quello preventivo sono stati pienamente applicati in conformità delle disposizioni di modifica. Inoltre è chiaro che non si è usata indulgenza nell’applicazione del Patto riveduto.
L’anno scorso si è registrata una significativa riduzione del disavanzo pubblico complessivo nella zona euro e nei singoli Stati membri. Per l’area dell’euro il miglioramento è stato dello 0,9 per cento in termini nominali, e quindi probabilmente in termini strutturali risulterà più elevato dello 0,3 per cento previsto dalla Commissione lo scorso autunno.
Le prospettive economiche generali per il 2007 sono altrettanto incoraggianti. Il permanere di condizioni cicliche favorevoli nella zona euro impone di compiere ulteriori sforzi per il consolidamento fiscale nel 2007 e anche oltre, introducendo aggiustamenti più ambiziosi verso gli obiettivi di bilancio a medio termine ed evitando politiche di bilancio procicliche.
I ministri delle Finanze della zona euro hanno confermato la settimana scorsa l’impegno assunto di sfruttare pienamente l’attuale crescita economica e il gettito fiscale più cospicuo del previsto per perseguire politiche fiscali solide, nonché di utilizzare le entrate inattese per ridurre il disavanzo e il debito.
Inoltre la Commissione condivide le preoccupazioni del Parlamento per quanto riguarda la sostenibilità a lungo termine dei conti pubblici e riserva sempre maggiore attenzione alla sua valutazione. A tale riguardo, nell’ottobre 2006 la Commissione ha pubblicato una nuova relazione sulla sostenibilità di lungo termine delle finanze pubbliche nell’Unione europea. L’analisi si basa sulle proiezioni comuni della spesa collegata all’invecchiamento nell’UE. Essa conferma l’importanza di affrontare la sfida della sostenibilità associando il consolidamento fiscale alle riforme strutturali.
La Commissione ha proseguito il suo lavoro di inclusione di considerazioni sulla sostenibilità nella definizione degli obiettivi di bilancio a medio termine. Di fatto, il miglioramento dei conti a medio termine contribuisce a soddisfare i requisiti di sostenibilità nel lungo periodo.
Altro elemento fondamentale è l’attenzione rivolta a migliorare la qualità della spesa pubblica, in linea con la strategia di Lisbona. Tale orientamento politico in effetti è parte delle linee guida integrate adottate dal Consiglio europeo a marzo di quest’anno. La Commissione è altresì grata per il riconoscimento nella relazione degli sforzi compiuti per migliorare la governance a livello statistico. Di recente la Commissione ha aggiornato il Parlamento e il Consiglio in merito alla qualità dei dati presentati dagli Stati membri.
Infine, mentre il capitolo correttivo del Patto di stabilità e di crescita ha dato i risultati previsti, il quadro è più incerto per quanto riguarda il capitolo preventivo. Le norme fiscali nazionali e le istituzioni competenti in materia possono svolgere un ruolo importante al riguardo. L’anno scorso si sono compiuti progressi da questo punto di vista e attualmente la Commissione sta lavorando per ottenere un ulteriore miglioramento dell’efficacia della parte preventiva del Patto. In questo contesto, apprezzo pienamente il sostegno del Parlamento all’approccio adottato.
José Manuel García-Margallo y Marfil, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, la presentazione che l’onorevole Schwab ha fatto della relazione Lauk è stata così brillante e precisa che seguirò a grandi linee la sua impostazione.
Condivido le preoccupazioni dell’onorevole Schwab per l’andamento del debito pubblico. L’anno scorso abbiamo registrato una crescita molto superiore a quella degli anni precedenti, avvicinandoci al nostro potenziale di crescita. Cionondimeno il debito pubblico non ha ancora raggiunto i limiti che ci siamo posti con il Trattato di Maastricht.
L’anno prossimo, secondo tutti gli indicatori, la crescita sarà sostenuta, ma inferiore a quella dello scorso anno, e ciò significa che il debito pubblico continuerà a darci motivi di preoccupazione.
Motivi di preoccupazione che si fanno tanto più pressanti, e anche a questo proposito condivido l’opinione del relatore e del Commissario, se teniamo conto delle proiezioni sull’andamento demografico, il cosiddetto invecchiamento della popolazione, che potrebbe costituire una delle grandi sfide del nuovo secolo appena iniziato.
La speranza di vita aumenta, mentre le nascite continuano a registrare livelli estremamente bassi. Ciò implica che la popolazione in età lavorativa diminuirà, e quindi, presto o tardi, assisteremo a una contrazione del mercato del lavoro, il che significa che a breve avremo più beneficiari dei sistemi di previdenza sociale e meno lavoratori che versano contributi.
Né l’onorevole Schwab, che appartiene al mio stesso gruppo politico, né io crediamo che si possa mettere in dubbio la sopravvivenza dei sistemi di previdenza sociale. La soluzione sta nel creare condizioni su cui possano reggersi e che ci consentano di adempiere i nostri obblighi sociali.
La relazione dell’onorevole Lauk contiene alcune raccomandazioni che mi permetto di sottolineare, aggiungendo qualche osservazione personale.
Condivido la proposta di definire basi comparabili in materia di bilancio in modo da consentire una valutazione omogenea; io vorrei, tuttavia, che dalla tecnica contabile del settore privato importassimo l’aspetto della previsione, in modo da tener conto degli obblighi che ci sono già noti.
Non vi è dubbio che dovremmo approfittare dei periodi di prosperità per ridurre il debito pubblico e invece non lo facciamo, o almeno non lo facciamo in misura sufficiente.
Ritengo poi che dovremmo ripensare l’intero nostro sistema di spese e introiti pubblici, per far sì che le nostre economie siano più produttive e che disponiamo di più risorse per far fronte, fra l’altro, alla spesa per la previdenza sociale. Credo che sia necessario modificare il concetto di pensionamento e passare dall’idea di un’età che costituisce un obbligo a quella di un’età che apra la possibilità di andare in pensione, e orientare le finanze pubbliche, visto che di finanze pubbliche parliamo, a incentivare la popolazione a rimanere più a lungo nel mondo del lavoro.
Da ultimo, mi pare che dobbiamo cominciare a pensare a sostituire i contributi sociali come elemento fondamentale e quasi unico dei sistemi di previdenza sociale con un sistema di imposte, essenzialmente l’imposta sul valore aggiunto, che il candidato Sarkozy, nel dibattito attualmente in corso in Francia, ha brillantemente chiamato “IVA sociale”.
Mi congratulo nuovamente con il relatore, oggi assente, con il suo sostituto e con il Commissario per aver recepito in buona parte i nostri orientamenti.
Dariusz Rosati, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, finanze pubbliche sane costituiscono il pilastro su cui poggia uno sviluppo economico sostenibile. Constato con soddisfazione che lo scorso anno nell’Unione europea vi è stato un significativo miglioramento al riguardo. Tuttavia l’attuale congiuntura economica positiva rappresenta un’opportunità per ridurre ulteriormente i disavanzi e il debito. E’ la ragione per cui, nella relazione Lauk di quest’anno, il Parlamento europeo incoraggia gli Stati membri a sfruttare la favorevole situazione di mercato per adeguare debitamente lo stato delle loro finanze pubbliche e per accelerare riforme strutturali quali quelle del mercato del lavoro e del settore dei servizi, nonché per ridurre le formalità burocratiche imposte alle aziende.
Mentre mi congratulo con l’onorevole Lauk per il suo eccellente lavoro e lo ringrazio per la collaborazione che ci ha offerto, citerò quattro punti su cui desidero attirare la vostra attenzione.
In primo luogo, la relazione di quest’anno, al paragrafo 26, incoraggia la Commissione europea a esaminare i vantaggi derivanti dall’istituzione di organismi nazionali indipendenti incaricati di definire un livello annuale del disavanzo in maniera coerente con l’obiettivo di medio periodo di conseguire un bilancio equilibrato. Tuttavia, tramite il Commissario Borg, vorrei chiedere al Commissario Almunia di verificare se consigli politici competenti in materia fiscale, indipendenti da pressioni politiche, non potrebbero costituire uno strumento efficace nella lotta per conseguire deficit più ridotti, soprattutto nell’ottica di sfruttare al meglio i periodi di boom economico per consolidare la situazione delle finanze pubbliche. Sull’argomento credo di condividere l’opinione dei colleghi che sono già intervenuti nella discussione. Come è stato dimostrato da numerosi studi, i governi tendono a indulgere in disavanzi eccessivi e attuano riforme solo al manifestarsi di una crisi.
In secondo luogo, devo dire che non possiamo sottoscrivere il contenuto del paragrafo 20, che suggerisce di considerare incostituzionale ogni nuovo disavanzo pubblico. Ciascun governo ha il diritto di agire nel quadro delle regole stabilite dal Trattato di Maastricht, che prevedono un tetto per il debito pubblico del sessanta per cento. Ovviamente un debito che superi tale livello massimo può essere considerato incostituzionale: appoggio quindi l’emendamento presentato dal gruppo ALDE, volto a definire il limite in questo modo.
La relazione sottolinea poi il ruolo fondamentale del Patto di stabilità e di crescita riveduto per il rispetto della disciplina di bilancio da parte degli Stati membri. Concordo con il relatore sul fatto che la revisione del Patto ne ha aumentato la flessibilità e migliorato l’efficacia. Per questa ragione chiediamo alla Commissione di esercitare un severo controllo per assicurare che gli Stati membri rispettino il Patto.
In conclusione, l’Assemblea raccomanda di studiare la fattibilità di istituire una procedura di bilancio uniforme per tutti gli Stati membri. Tale procedura comporterebbe un calendario uniforme per le procedure di bilancio, nonché presupposti comuni relativi a parametri economici fondamentali che devono essere valutati e stabiliti in maniera uniforme in tutta l’Unione europea. A mio avviso queste modifiche non solo consentirebbero di rafforzare la disciplina di bilancio negli Stati membri, ma migliorerebbero anche il coordinamento della politica fiscale a livello comunitario.
Wojciech Roszkowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, la relazione Lauk è un’accurata descrizione della situazione attuale e serve indubbiamente da lezione ai paesi che non hanno ancora aderito all’UEM. L’onorevole Lauk ha giustamente sottolineato le molte difficoltà che minacciano l’Unione, ovvero i persistenti elevati disavanzi di bilancio e la crescita incontrollata della spesa pubblica dovuta all’invecchiamento della popolazione nell’Unione europea. Il collega rileva anche che l’incremento dei tassi di crescita consentirà di evitare il disastro. Tuttavia la relazione non risponde a un quesito fondamentale: come si riuscirà a conseguire questa crescita se le economie degli Stati membri sono meno competitive di quelle dei principali paesi del mondo e nessuno Stato dell’UE dispone di una politica che incoraggi attivamente le famiglie? La relazione dell’onorevole Lauk dimostra chiaramente che l’UEM, che in realtà non è altro che un club privato all’interno dell’Unione, non può contare su una disciplina in grado di allontanare le minacce incombenti. Ho citato due possibilità per rispondere alle principali sfide che si pongono ai paesi dell’Unione europea. In seno ai dibattiti che si svolgono all’interno dell’UE, per esempio, la delocalizzazione non è vista come un’opportunità, ma piuttosto come una minaccia per l’occupazione nei paesi in cui i costi di produzione sono più elevati rispetto a quelli in cui sono più bassi. In tali dibattiti molto spesso ricorre l’espressione “sfide demografiche”, come se non si sapesse che sono conseguenza del crollo del tasso di natalità. Si è fatto un gran parlare di metodi contraccettivi e di diritto all’aborto, si sono organizzati numerosi dibattiti sull’omofobia – proprio oggi si è tenuto il terzo in due anni. Invece vorrei sapere dov’è il dibattito per una politica attiva di promozione delle nascite nell’Unione. Solo grazie a un incremento del tasso di natalità in Europa possiamo sperare di scongiurare l’aggravarsi di questa nebulosa “sfida demografica”. I rappresentanti degli Stati membri possono discutere del grado di maturità o di problemi analoghi riguardanti altri paesi, ma per i paesi che hanno adottato l’euro, questa è indubbiamente un’importante lezione.
Sahra Wagenknecht, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo il nostro parere la relazione in esame va proprio nella direzione sbagliata, perdendo l’opportunità di promuovere il cambiamento di rotta di cui si registra un urgente bisogno. Essa non contiene neppure una parola di critica alla politica della Banca centrale europea, impostata unicamente sulla stabilità dei prezzi, con l’esito di frenare e soffocare i potenziali di crescita dell’Unione. La ricetta consigliata ai politici per ridurre i deficit di bilancio prevede solo tagli della spesa, senza far parola della disastrosa concorrenza fiscale nell’Unione europea, accentuata da un’ulteriore riduzione delle tasse per le imprese. In Germania è appunto in corso una nuova fase di questa corsa al dumping.
E’ evidente che le finanze pubbliche degli Stati membri starebbero decisamente meglio se i ricchi e possidenti e soprattutto le multinazionali con gli enormi utili maturati venissero finalmente tassati in misura adeguata anziché beneficiare di continui sgravi.
Per contro, la relazione è prodiga di proposte a favore di un approccio neoliberale alla politica di governance economica. In tal senso si propone per esempio una ristrutturazione della spesa pubblica grazie all’istituzione di partenariati pubblico-privati anche nel settore dell’istruzione. Costi quel che costi, si dovrà sacrificare al principio dei profitti un altro ambito di importanza cruciale dei servizi di interesse generale!
Anche la richiesta, formulata nella relazione, che entro il 2015 gli Stati membri dichiarino qualsiasi nuovo indebitamento statale incostituzionale e illegale è semplicemente sconsiderata. Se un simile divieto si avverasse il risultato sarebbe lo strangolamento di qualsiasi politica di bilancio.
Con questa relazione si è sprecata la possibilità di perseguire a livello europeo una politica di sviluppo basata sulla giustizia sociale e sulla solidarietà. Pertanto il mio gruppo la respingerà.
John Whittaker, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, il relatore riconosce che in diversi paesi della zona euro i conti pubblici non sono ancora in buono stato. In Italia e in Grecia non si sono registrate significative riduzioni del debito pubblico, nonostante si osservi una tendenza al calo del disavanzo di bilancio, da ascrivere peraltro alla crescita economica lievemente più sostenuta, favorita da una ripresa a livello mondiale. Questo non è una prova che il Patto di stabilità funzioni.
Tuttavia, le notizie giunte questa settimana dalla Spagna indicano che le finanze statali deboli non sono l’unica minaccia per il funzionamento dell’euro. La Spagna ha un disavanzo commerciale spaventoso del 9,5 per cento del PIL, e la forte espansione dei prezzi del mercato immobiliare, che ha agito da fattore trainante della domanda interna, è ormai acqua passata. Tale sviluppo è stato guidato da tassi di interesse dell’euro che erano troppo bassi, ma ora sono eccessivi. Ora la Spagna va incontro a gravi difficoltà economiche, con un aumento della disoccupazione e conti pubblici in peggioramento. La normale soluzione di questo problema prevedrebbe una diminuzione dei tassi di interesse e una svalutazione, ma nessuna delle due opzioni è fattibile in quanto la Spagna è integrata nel sistema monetario europeo.
Si prospettano quindi tre possibili esiti. Primo: che la Banca centrale europea riduca i tassi di interesse onde prevenire una crisi. Alla Germania questa misura non piacerebbe, perché implicherebbe un aumento del tasso di inflazione. Essa, inoltre, incrinerebbe la fama, conquistata con grande fatica dalla BCE, di saper contenere le aspettative di inflazione.
Il secondo possibile scenario è che la Spagna abbandoni la zona euro reintroducendo la propria moneta, per poterla svalutare e stabilire tassi sufficientemente bassi. Sì, siamo arrivati al punto in cui questa ipotesi non è più impensabile. Sorgerebbero gravi problemi di insolvibilità a livello privato e pubblico che si propagherebbero in tutta la zona euro.
Altri paesi non vorrebbero questo risultato, il che forse rende più verosimile la terza opzione, che consiste nel salvataggio da parte di altri paesi, nonostante i criteri di Maastricht lo vietino; tale sviluppo sarebbe accompagnato da una centralizzazione del controllo sui conti pubblici spagnoli.
Non so quale di questi scenari si avvererà, ma è ora di affrontare la situazione. La Spagna è un grande paese e per l’Unione europea non sarebbe semplice starsene a guardare mentre attraversa una fase di recessione.
Zsolt László Becsey (PPE-DE). – (HU) Desidero congratularmi personalmente con l’onorevole Lauk per la sua eccellente relazione, che assume una posizione chiara in merito alla scarsa sostenibilità delle finanze pubbliche all’interno della zona euro. Da parte mia ritengo importante che analisi di questa natura vengano condotte non solo sui disavanzi pubblici, ma anche, per esempio, sul rispetto da parte degli Stati membri dei criteri riguardanti l’inflazione. Anche su questa materia si potrebbero avviare procedure per superamento dei limiti.
Vorrei esporre cinque questioni. In primo luogo, è impossibile analizzare il disavanzo relativo all’anno in corso e i disavanzi accumulati in modo statico, senza tener conto della crescita economica, giacché la cosa più importante per i nuovi Stati membri che aspirano a entrare nella zona dell’euro è mettersi alla pari con gli altri paesi. Contribuire al raggiungimento di questo risultato è l’obiettivo dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione e in questa prospettiva bisogna ammettere che il miglioramento del tasso di crescita può essere accompagnato temporaneamente da un deficit annuo superiore al 3 per cento. Possiamo portare ad esempio di quanto sopra i risultati conseguiti dalla Repubblica ceca nel 2005 e dalla Slovacchia nel 2006. Se si riesce a ridurre il debito complessivo, questa tendenza può essere considerata positiva.
In secondo luogo, dobbiamo vigilare, in modo particolare, che singoli Stati membri non cerchino di mascherare qualche operazione estemporanea di privatizzazione o non utilizzino la creazione di PPP per riportare il disavanzo entro limiti più accettabili. Questa pratica e i rischi che comporta sono stati chiaramente denunciati dal relatore. I paesi che vi fanno ricorso di fatto incoraggiano le imprese che registrano risultati economicamente dubbi e compromettono la trasparenza. Al riguardo è quindi necessario rafforzare gli strumenti di cui dispone la Commissione europea per portare alla luce questo genere di trucchi. Occorre prendere in esame la situazione effettiva di ciascun paese; considerazioni valutative devono entrare in gioco unicamente in caso di procedure per disavanzo eccessivo. Questo è importante non solo per la stabilità della zona dell’euro, ma anche perché i disavanzi che vengono identificati solo a posteriori o che si è cercato di nascondere compromettono la credibilità delle Istituzioni comunitarie negli Stati membri interessati. E’ quanto si è verificato recentemente in Ungheria dove, sotto gli occhi della Commissione, uno Stato membro che conseguiva risultati positivi ha finito col trovarsi sull’orlo della bancarotta nazionale. La questione del ruolo politico della Commissione dovrebbe essere oggetto di una discussione separata.
Terzo: a mio parere il fatto che i criteri per accedere alla zona dell’euro siano più rigorosi di quelli con cui si giudica il comportamento degli Stati membri che attualmente vi appartengono corrisponde, dal punto di vista politico, all’applicazione di due pesi e due misure. Si tratta di una situazione cui occorre porre rimedio. Questa pratica non è mai stata sanzionata, tuttavia il rifiuto opposto a un paese di entrare a far parte della zona dell’euro è di per sé un’indubbia sanzione. Si potrebbero ricordare, per esempio, i risultati ottenuti da Francia, Germania o Italia, in relazione ai quali non è stato torto un capello a nessuno, né è stato chiesto il versamento di un solo euro a titolo di cauzione.
Quarto: nella prospettiva della stabilità della zona dell’euro, sono favorevole all’introduzione nella legislazione nazionale di un divieto riguardante nuovi indebitamenti. Benché ogni Stato membro debba risolvere il problema in modo indipendente e la situazione differisca da un paese all’altro, un bilancio primario attivo dovrebbe costituire un requisito minimo per gli Stati membri della zona euro.
Quinto: costituiscono obiettivi prioritari la realizzazione della strategia di Lisbona e il miglioramento della politica fiscale, ad esempio mediante una risposta adeguata alle sfide poste dall’invecchiamento della popolazione. A questo proposito l’indicatore più importante è il tasso di occupazione, che è più significativo e costituisce un indice migliore della sostenibilità delle finanze pubbliche rispetto al tasso di disoccupazione. Dovremmo quindi chiedere più spesso agli Stati membri che si trovano in situazioni di rischio di fornire questo dato. Inoltre anche la riduzione degli oneri fiscali costituisce un obiettivo importante, giacché numerosi Stati membri dichiarano un tasso di ridistribuzione di oltre il 50 per cento, mentre le loro tradizioni non fanno davvero pensare a un modello di tipo scandinavo.
Pervenche Berès (PSE) – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei semplicemente dire all’oratore che mi ha preceduta che, chiaramente, la presente relazione non verte sull’allargamento della zona euro, bensì sullo stato delle finanze pubbliche nell’Unione europea.
In questo senso, desidero mettere in guardia l’Assemblea da una tentazione introdotta dal relatore e, sfortunatamente, confermata in sede di commissione parlamentare, ossia quella di sconvolgere totalmente la riforma del Patto di stabilità nella forma in cui è stata introdotta, in quanto il relatore ci propone niente meno che di dichiarare incostituzionale il disavanzo pubblico. Spero che il Parlamento europeo abbia il buon senso di censurare o correggere questa valutazione, che mi sembra totalmente contraria all’utilizzo ottimale delle finanze pubbliche destinate, com’è ovvio, a contribuire alla stabilità finanziaria e permettere alle generazioni future di non dover finanziare i nostri debiti. Tuttavia mi pare anche che, se si vuole essere coerenti con la strategia adottata, che richiede investimenti a lungo termine, l’idea di considerare incostituzionale qualsiasi deficit pubblico deriva da una mentalità quanto meno ristretta.
D’altro canto tengo a sottolineare che il contributo della relazione in esame a un miglior coordinamento delle politiche economiche e la prospettiva dinamica di Jean-Claude Juncker nonché del Commissario Joaquín Almunia consentiranno di avanzare lentamente – in modo troppo lento, ma sicuro, spero – sulla strada del coordinamento dei calendari fiscali e di una maggiore considerazione di dati macroeconomici coerenti per l’intera zona euro. Nutro una forte speranza che il fenomeno che abbiamo appena osservato all’interno dell’eurogruppo, ovvero una discussione dinamica prima che ciascuno Stato si lanci nella definizione delle proprie strategie di bilancio, diventi la regola, per lo meno nella zona euro.
Vorrei osservare, a nome della commissione per i problemi economici e monetari, che in tal caso si dovrebbe chiaramente rafforzare la dimensione parlamentare di questa anticipazione delle strategie nazionali di bilancio. A tal fine sarà necessario instaurare o consolidare una buona cooperazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali.
Dariusz Maciej Grabowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, il relatore merita un ringraziamento per aver sollevato una questione così importante e per aver attirato la nostra attenzione sulla sfida che si pone agli Stati membri con l’invecchiamento della popolazione. Gli rivolgo queste parole di gratitudine sia per la diagnosi che per la prognosi della malattia.
Ciò che desta assoluto dissenso è la cura prescritta, che consiste nel ridurre i disavanzi di bilancio degli Stati membri e nell’uniformare le loro politiche in materia di finanza pubblica. Paradossalmente la cura è raccomandata da un rappresentante della Germania, paese che non ha rispettato i limiti di disavanzo fissati e che sta aumentando la pressione fiscale, per esempio alzando le aliquote dell’IVA.
La cura proposta dal relatore suscita disaccordo su vari punti. Dati i limiti di tempo che mi sono imposti, citerò soltanto i due che mi sembrano più importanti. Innanzi tutto, solo un’attiva strategia di sostegno delle imprese e di riduzione degli oneri burocratici, nonché un incremento radicale degli investimenti infrastrutturali, l’abbandono della costosa politica delle sovvenzioni agricole e la conseguente riassegnazione dei fondi alla ricerca e sviluppo e allo sviluppo regionale possono dare una risposta al drammatico problema del finanziamento delle pensioni.
In secondo luogo, imporre un bilancio e una politica fiscale uniformi significa paralizzare le finanze dei nuovi Stati membri, ignorando le loro specifiche necessità di sviluppo, e quindi impedendo loro di superare i divari di sviluppo esistenti.
Ci troviamo pertanto in disaccordo con le conclusioni del relatore e adottiamo la posizione opposta. L’Unione europea ha bisogno di assicurare ai suoi Stati membri una maggiore libertà in materia di politica fiscale e di bilancio perché solo così sarà possibile eliminare il drammatico problema della povertà sociale.
Othmar Karas (PPE-DE) – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sia dalla relazione che da questo dibattito emerge chiaramente che il Patto di stabilità è un successo. Lo è perché, senza il Patto di stabilità e di crescita non si sarebbe potuta svolgere, una discussione sulle finanze pubbliche in questa forma né negli Stati membri né a livello europeo. E’ un successo anche perché crea chiarezza e sicurezza e definisce obiettivi uguali per tutti. Inoltre introduce un quadro normativo per le politiche di bilancio nazionali. Il Patto di stabilità e di crescita è il complemento politico europeo alla moneta unica, che a sua volta rappresenta la nostra risposta più importante e efficace alla globalizzazione.
Si vede che il Patto di stabilità e di crescita è un successo perché ha permesso di diminuire in percentuale il debito complessivo e il nuovo indebitamento annuo. Tuttavia siamo ancora lontani dalla meta, e ora abbiamo l’opportunità di accelerare il processo. La congiuntura ci dà una spinta che può aiutarci a superare le debolezze strutturali, a moltiplicare le misure di liberalizzazione e ad affrontare con coraggio le sfide dello sviluppo demografico. Indebitarsi per pagare i debiti, e non per investire nel futuro, carica sulle spalle dei nostri giovani un pesante fardello. Indebitarsi per pagare i debiti significa svendere il futuro. Abbiamo bisogno del surplus annuo per ridurre il deficit pubblico in tutti gli Stati membri ed allargare il nostro campo di intervento per il futuro. Mi auguro che la relazione offra nuovi spunti in questo senso.
Donata Gottardi (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’importanza di avere nei paesi dell’Unione finanze pubbliche sostenibili è indispensabile non come fine in sé, ma come strumento per la realizzazione del modello sociale europeo, che è caratterizzato da ricerca, investimenti, innovazione e competitività, coesione sociale e sostenibilità ambientale ed energetica.
Il nuovo e rivisto Patto di stabilità e crescita non va considerato come l’unico strumento per il coordinamento delle politiche economiche dell’Unione europea, ma deve combinarsi con gli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione e con l’obiettivo del coordinamento politico ed economico dell’area dell’euro.
Il testo che approveremo sarà tanto più significativo quanto più consentirà l’uniformità di procedura, parametri condivisi comuni e una discussione congiunta delle proiezioni di bilancio. Questo non significa tuttavia volere un approccio puramente ragionieristico. La verifica della riduzione del disavanzo e del debito pubblico deve avvenire tenendo conto di scelte rigorose, ma anche di scelte proattive di sviluppo economico e sociale sostenibile.
Anch’io vorrei segnalare che la formula della richiesta di dichiarazione di incostituzionalità nazionale da parte degli Stati membri della situazione di disavanzo eccessivo è molto discutibile, anche dal punto di vista giuridico della formulazione dei rapporti di sussidiarietà fra Unione e Stati membri.
In conclusione, credo che sia importante ribadire qual è il ruolo che vogliamo, vale a dire porre le basi per un sistema di finanze pubblico europeo sostenibile orientato alla crescita.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, con questo mio contributo alla discussione che prende in esame la relazione sulle finanze pubbliche nell’UEM 2006, vorrei fare alcune osservazioni.
In primo luogo, se è vero che lo stato delle finanze pubbliche della maggior parte dei paesi dell’Unione europea è migliorato in modo significativo nel 2006, dubito seriamente che questo sia dovuto al Patto di stabilità e crescita riveduto, come afferma la Commissione. A mio avviso, è piuttosto il risultato di un buon clima economico.
In secondo luogo, malgrado i miglioramenti registrati, non considero affatto soddisfacente la situazione finanziaria pubblica in alcuni Stati membri. Nonostante la congiuntura economica favorevole, soltanto tre paesi della zona euro hanno presentato bilanci in attivo. Oltre la metà dei paesi dell’area dell’euro dichiarano un disavanzo pubblico che supera il 60 per cento del PIL.
In terzo luogo vorrei far notare che lo stato delle finanze pubbliche nei nuovi Stati membri è migliore di quello dei vecchi Stati membri: per esempio il debito pubblico medio nell’area dell’euro era di oltre il 63 per cento nei vecchi Quindici, mentre non supera la soglia del 60 per cento nei nuovi Dodici.
Da ultimo desidero sottolineare che, nonostante il Patto riveduto, i favoritismi della Commissione nei confronti degli Stati membri più grandi non è cambiato. Continua a tollerare, da questi paesi, ingenti disavanzi e anche un debito pubblico eccessivo, in contrasto con il severo atteggiamento adottato nei confronti degli Stati membri più piccoli, e in particolare dei nuovi paesi membri.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, a nome del Commissario Almunia, desidero ringraziarvi per questo dibattito davvero costruttivo. Il collega si scusa per la sua assenza di oggi, dovuta ad altri impegni di lavoro improrogabili.
Come vari parlamentari hanno osservato, la forte ripresa economica attualmente in atto in Europa e nell’area dell’euro offre agli Stati membri la possibilità di migliorare la situazione delle loro finanze pubbliche in modo da prepararsi a sfide future, quale, per esempio, l’invecchiamento della popolazione. A tale proposito la Commissione ha pubblicato nell’ottobre 2006 la sua comunicazione sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, sottolineando l’importanza del problema della sostenibilità nel contesto della spesa collegata all’invecchiamento.
La Commissione ritiene che l’idea di istituire un calendario uniforme per le procedure di bilancio in tutta l’Unione europea sia una proposta interessante. Dobbiamo tuttavia considerare la questione con prudenza, perché comporta il consenso degli Stati membri, senza contare che la sua traduzione nella pratica sarebbe piuttosto complicata. Occorre poi ricordare che lo scorso venerdì, in occasione dell’incontro informale dell’ECOFIN, si è parlato della revisione a medio termine degli obiettivi di stabilità in previsione della preparazione dei bilanci nazionali degli Stati membri. Si tratta di un importante passo avanti nella direzione di una maggiore coerenza e di un miglior coordinamento nella stesura dei bilanci nazionali.
Presidente. – Molte grazie, signor Commissario.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.
Dichiarazione scritta (articolo 142 del Regolamento)
Gábor Harangozó (PSE), per iscritto. – (EN) L’aggravamento del disavanzo nel bilancio di alcuni dei nuovi Stati membri richiede un intervento energico e risoluto per mettere in atto, attraverso adeguati programmi di convergenza, una strategia di consolidamento fiscale sostenibile. E’ invece probabile che l’arbitrarietà con cui viene applicato il Patto di stabilità e di crescita riduca gli incentivi di adeguamento fiscale di quegli Stati membri. Questa relazione sulle finanze pubbliche nell’UEM 2006 costituisce quindi un’opportunità per manifestare preoccupazione per un approccio troppo rigido in materia di gestione dei disavanzi pubblici eccessivi. Per evitare continue infrazioni da parte degli Stati membri che hanno difficoltà a raggiungere l’equilibrio di bilancio, il PSC deve continuare a costituire per i paesi dell’UE un incentivo a realizzare i necessari adeguamenti in materia fiscale; in questo senso la revisione deve evitare l’emergere di un’arbitrarietà ancora maggiore nell’applicazione del PSC.
Naturalmente la disciplina fiscale è un elemento chiave nella convergenza dei livelli di reddito dei nuovi Stati membri rispetto a quelli dei paesi dell’Europa a 15. Tuttavia è necessario assicurare una maggiore trasparenza di applicazione, evitando procedure rigide ed arbitrarie, nonché una maggiore comparabilità e affidabilità dei dati, non solo nella prospettiva di facilitare l’accesso dei nuovi Stati membri alla moneta unica, ma anche per promuovere concretamente la crescita e la competitività in quei paesi.