Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione: rafforzare la legislazione europea nel settore dell’informazione e della consultazione dei lavoratori.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, l’informazione e la consultazione dei lavoratori sono elementi importanti della risposta fornita dal modello sociale europeo alle sfide della globalizzazione, della concorrenza economica e del cambiamento tecnologico. Tale risposta comprende la gestione e l’anticipazione del cambiamento e il dialogo sociale.
Non occorre che ricordi all’Assemblea l’importanza che la Commissione attribuisce ai Comitati aziendali europei, i quali ci permettono di ridurre lo squilibrio derivante da una rappresentanza inadeguata, in altre parole determinato dal fatto che un numero sempre maggiore di decisioni viene adottato a livello sovranazionale, mentre la legislazione sull’informazione dei lavoratori e la soluzione del problema vengono attuate principalmente a livello nazionale.
Questi comitati sostengono le parti sociali in ogni paese e agevolano la comprensione generale dei problemi strategici delle imprese e la ricerca di soluzioni. In particolare consentono l’anticipazione e la gestione del cambiamento. Nell’era della globalizzazione, l’Europa deve affrontare diversi problemi economici e sociali.
Sappiamo bene che la ristrutturazione delle imprese è un’eventualità temuta non solo dai lavoratori interessati, ma anche da altri cittadini. Sappiamo anche che, quando si tratta di affrontare questo fenomeno, l’approccio possibile è uno solo, e dev’essere deciso, proattivo e dinamico. L’UE deve contribuire alla preparazione ai cambiamenti apportati dalla ristrutturazione e alla loro gestione responsabile – sia attraverso i Fondi strutturali, in particolare il Fondo sociale europeo, sia attraverso il dialogo politico nell’ambito dei forum sulle ristrutturazioni introdotti dalla Commissione – nonché all’attuazione del quadro normativo comunitario per l’informazione e la consultazione dei lavoratori.
La situazione verificatasi di recente presso gli stabilimenti automobilistici della Volkswagen ha dimostrato in particolare la necessità di informare e consultare tempestivamente i lavoratori nel processo decisionale, per prepararli alla ristrutturazione e per fare in modo che essa avvenga nell’interesse di tutti. I Comitati aziendali europei devono riuscire ad assolvere questa funzione nell’ambito delle operazioni sovranazionali. Come si può realizzare questo obiettivo? Innanzi tutto occorre garantire il rispetto della legislazione comunitaria nell’informazione e nella consultazione dei lavoratori. Vorrei però porre l’accento sul fatto che il compito di garantire il rispetto della legislazione comunitaria spetta essenzialmente agli Stati membri.
Occorre altresì interrogarsi sulla revisione della direttiva sui Comitati aziendali europei. So benissimo che si tratta di una questione delicata. Come sapete, la Commissione ha avviato il processo di revisione della direttiva sui Comitati aziendali europei nel 2004. Nell’ambito della comunicazione del 2005 su ristrutturazioni e occupazione, la Commissione ha incoraggiato le parti sociali europee ad avviare negoziati in materia. Le parti sociali hanno incorporato il sostegno e la valutazione dei testi congiunti sui Comitati aziendali europei e le ristrutturazioni nei loro programmi di lavoro per il 2006-2008. Attendiamo i risultati di questo lavoro con grande interesse.
So che le parti sociali hanno approcci diversi alla questione dei Comitati aziendali europei. Tutti convengono che si registra una sempre maggiore necessità di dialogo sociale a livello nazionale, e molti sanno che il lavoro dei Comitati aziendali europei è spesso trascurato e sottovalutato. Il punto è se una revisione del quadro giuridico europeo ne migliorerà il funzionamento o se basterà intensificare lo scambio di approcci già ben collaudati tra le parti sociali. Accogliamo con favore tutte le proposte che contribuiscono allo sviluppo del quadro giuridico. A quanto sembra, questo sviluppo si rivelerà utile a garantire una maggiore coesione ed efficacia quando si tratterà di informare e consultare i lavoratori, ridurre l’incertezza giuridica nei casi in cui è previsto un consistente ridimensionamento delle imprese e chiarire la portata del processo di informazione e consultazione dei lavoratori a livello europeo e nazionale e il ruolo che esso deve svolgere.
E’ ovvio che l’iniziativa della Commissione tiene conto delle azioni avviate dalle parti sociali al fine di sostenere l’utilizzo di approcci consolidati. Tiene altresì conto dei criteri del Comitato economico e sociale. La Commissione sosterrà la ricerca di soluzioni individuate nell’ambito del partenariato e che colleghino aspetti economici, sociali e ambientali. Tale approccio è sostenuto anche nella comunicazione della Commissione del 2005 su ristrutturazioni e occupazione e nella comunicazione del 2006 sulla responsabilità delle imprese. La Commissione attende con interesse la risoluzione del Parlamento al riguardo, che svolgerà un ruolo importante riguardo ai prossimi passi dell’Esecutivo. La Commissione è pronta a discutere la questione dell’informazione e della consultazione dei lavoratori con il Parlamento. Grazie.
Gabriele Stauner, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto rivolgere uno speciale ringraziamento al Commissario Špidla per le sue osservazioni sulla questione dell’informazione e della consultazione dei lavoratori. Sappiamo tutti quanto siano importanti i diritti di partecipazione dei lavoratori quale fonte di buone relazioni industriali e come base di una forza lavoro soddisfatta e motivata. Per questo motivo tali diritti sono anche, e soprattutto, nell’interesse delle imprese e dei datori di lavoro.
Noi in Europa possiamo essere fieri della nostra tradizione di partecipazione dei lavoratori. Tali diritti sono tra i nostri principali fattori di successo economico. Benché i diritti di consultazione dei lavoratori varino tra gli Stati membri dell’UE – nel paese dal quale provengo, ad esempio, la partecipazione dei lavoratori si estende fino al diritto di codeterminazione nell’ambito della gestione delle imprese –, i diritti di informazione e consultazione fanno indubbiamente parte del cosiddetto modello sociale europeo.
La direttiva sui Comitati aziendali europei del 1994 viene ritenuta il culmine della legislazione comunitaria in quest’ambito.
Ne è stata anche unanimemente riconosciuta la validità; la sua necessità era stata peraltro dimostrata dal fatto che alcune imprese operanti in diversi paesi avevano volontariamente istituito comitati aziendali ancor prima dell’entrata in vigore della direttiva.
Credo altresì che ora, nel 2007, sia giunto il momento di rivedere la direttiva. In realtà la direttiva del 1994 aveva indicato il 1999 come data di revisione. Sono intervenuti diversi cambiamenti da quando è stata emanata. Le strutture economiche delle imprese sono cambiate, e la globalizzazione ha compiuto ulteriori progressi, ma sono cresciute anche le aspettative dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
In qualità di rappresentanti dei cittadini europei, saremo lieti di svolgere la nostra parte nell’adattare le regole ai cambiamenti del mondo imprenditoriale e lavorativo, poiché sappiamo tutti che in futuro gli unici datori di lavoro di successo saranno coloro che agiranno in maniera responsabile e presteranno la debita attenzione ai diritti e al benessere dei loro dipendenti, mentre i lavoratori bene informati che parteciperanno ai processi decisionali daranno il meglio di sé e si adopereranno per il successo della loro azienda.
Stephen Hughes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, Airbus, Alcatel, Lucent e Delphi Systems sono solo gli ultimi dell’interminabile serie di esempi di importanti ristrutturazioni che hanno indotto delegazioni di lavoratori a rivolgersi a noi per denunciare violazioni di leggi comunitarie in materia di informazione e consultazione, non solo per quanto riguarda la direttiva sui Comitati aziendali, ma anche altre normative: le direttive in materia di licenziamenti collettivi e trasferimenti di imprese degli anni ’70 e la direttiva che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori.
Disponiamo di un cospicuo corpo di leggi in materia di informazione e consultazione, ma le incongruenze e le contraddizioni al loro interno, nonché le lacune in esse presenti implicano che spesso vengono eluse del tutto. Spesso, per evitare o mitigare la perdita di posti di lavoro, non si cerca di procedere tempestivamente a un’importante informazione e consultazione.
E’ urgentemente necessario disporre di una definizione chiara dei concetti di informazione e consultazione all’interno del diritto comunitario. Se ne danno definizioni differenti in molte direttive diverse. La direttiva sui Comitati aziendali non definisce chiaramente alcuno dei due concetti, mentre le direttive successive sullo statuto societario e il quadro generale forniscono definizioni diverse. Questo significa spalancare la porta alla violazione e all’elusione. La necessità di una revisione della direttiva sui Comitati aziendali è ora palesemente ovvia: a tale revisione si sarebbe dovuto procedere già otto anni fa.
Le carenze e le scappatoie sono ben note: incapacità di procedere tempestivamente all’informazione e alla consultazione, di riconoscere appieno il ruolo dei sindacati, di fornire il sostegno degli esperti, inadeguatezza delle sanzioni, uso improprio delle norme di riservatezza per rifiutare di fornire informazioni e così via. Ora occorre far fronte a queste carenze per fornire ai lavoratori gli strumenti efficaci di cui hanno bisogno.
So che alcuni ritengono che sarebbe meglio non avviare una revisione perché potremmo ritrovarci con uno strumento più debole, anziché più forte. A parere del mio gruppo, l’elusione e la violazione di questa legislazione hanno ormai una portata e una diffusione talmente vaste che non abbiamo nulla da perdere a insistere su una revisione. Esorto il Commissario a portare avanti questa misura con la massima urgenza.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) In un momento in cui nel mio paese, il Portogallo, si commemora il 33° anniversario della rivoluzione di aprile, è per me un particolare piacere trovarmi in quest’Aula a discutere del rafforzamento della legislazione sull’informazione e la consultazione dei lavoratori.
Come tutti sappiamo, le direttive sull’informazione e la consultazione dei lavoratori e sui Comitati aziendali europei stabiliscono l’obbligo di fornire informazioni sullo sviluppo degli aspetti economici e sociali dell’impresa e sulle decisioni che provocano cambiamenti sostanziali per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro e i contratti di lavoro. L’esperienza ha tuttavia dimostrato che queste misure non bastano e non danno risposta ai sempre più gravi problemi della ristrutturazione e della delocalizzazione delle imprese, che hanno serie ripercussioni economiche e sociali.
I lavoratori di diverse imprese continuano a segnalare l’esistenza di tali problemi in vari settori: nell’industria ad alta tecnologia, con i casi di Alcatel-Lucent, Delphi e Yasak, nell’industria calzaturiera con Rodhe, nonché nell’industria automobilistica e in quella tessile. La legislazione comunitaria, dunque, deve spingersi ben oltre.
Le organizzazioni dei lavoratori devono essere pienamente informate e svolgere un ruolo centrale nell’intero processo, in seno ai Comitati aziendali europei, esercitando altresì il diritto di veto.
Non si deve permettere di prosperare alla flessi-insicurezza, alla liberalizzazione dei licenziamenti e all’inammissibile attacco ai diritti conquistati dai lavoratori nel corso degli anni.
Mi auguro che sarà in grado di rispondere alle domande che le vengono poste, signor Commissario.
Presidente. – Se si tratta di commemorare la Rivoluzione dei garofani, onorevole Figueiredo, sono certo che le risponderà.
Ieke van den Burg (PSE). – (NL) Signor Presidente, cercherò di formulare il mio intervento in un minuto; il tema è essenzialmente quello dei mercati finanziari e di quanto sta accadendo in questo momento al loro interno nell’ambito dell’equità privata e dei fondi speculativi (hedge fund) che, attraverso i diritti degli azionisti, stanno acquistando peso nel mondo imprenditoriale. A mio parere è molto deludente che la Commissione attuale non abbia presentato alcuna proposta sui diritti dei lavoratori, e in particolare dei dipendenti delle grandi imprese transnazionali, mentre viene fatto tutto il possibile per migliorare i diritti degli azionisti. Abbiamo adottato una relazione proprio su questo argomento lo scorso febbraio. Esiste evidentemente una grande disparità tra ciò che viene fatto per gli azionisti al fine di acquistare una maggiore influenza all’interno delle imprese – iniziative che possono venire intraprese esclusivamente in un’ottica finanziaria – mentre non viene prestata alcuna attenzione alle ripercussioni sull’occupazione, sulla qualità del lavoro o sui diritti dei lavoratori. A mio avviso, occorre ripristinare quanto prima l’equilibrio in questo settore e potrebbe essere consigliabile rivedere la quinta direttiva sul diritto societario e fare in modo che, nel monitoraggio delle imprese, venga garantito un maggiore equilibrio tra gli interessi degli azionisti e quelli dei lavoratori.
Harald Ettl (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, i fatti recentemente avvenuti nell’Unione europea hanno dimostrato che l’informazione e la consultazione nel quadro dei Comitati aziendali europei funzionano solo in maniera decisamente inadeguata. Ora ci troviamo in una fase in cui in diversi paesi – Francia, Germania e così via – gli organismi di rappresentanza dei lavoratori vengono messi l’uno contro l’altro, eppure non si tratta certo una specie di competizione sportiva internazionale. La consultazione e l’informazione nel quadro dell’organismo dei Comitati aziendali europei non esistono semplicemente più. Occorre dunque un cambiamento al riguardo. Vorrei precisare che la prima revisione era prevista per il 1999. La questione è stata nuovamente sollevata nel 2004 e nella fase attuale riconosciamo la necessità di una revisione.
Sono molto lieto che sia stata l’onorevole Stauner del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei a introdurre questo argomento per noi perché, quando venne alla luce la direttiva sui Comitati aziendali europei, a schierarsi in prima linea in sala parto fu l’ex Cancelliere tedesco Kohl. All’epoca, però, le nostre industrie si trovavano ancora in una situazione ben diversa da quella in cui versano oggi; sono avvenuti moltissimi cambiamenti. Le organizzazioni imprenditoriali sono diventate più piccole, i metodi di comunicazione sono cambiati. In questo settore sono molti gli aspetti da modificare. Tutto ciò che posso fare è invitare noi tutti a cogliere questa occasione per avviare la revisione. Aggiorniamo i Comitati aziendali europei! Aggiorniamo i regolamenti e adattiamoli alla realtà! E’ estremamente importante, dal punto di vista della politica democratica, che questo strumento funzioni all’interno delle imprese, poiché, in caso contrario, esiste un’enorme probabilità che si inneschi un conflitto, e questa è un’ipotesi da evitare.
Tutto ciò che posso fare, quindi, signor Commissario, è scongiurarla di avviare rapidamente questo processo e di spronare, com’è opportuno, il Consiglio affinché questo accada.
Kader Arif (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, a tredici anni dall’adozione della direttiva sui Comitati aziendali europei, resta molto da fare affinché questa legislazione realizzi appieno i suoi obiettivi.
Negli ultimi mesi, molte imprese hanno realizzato progetti di ristrutturazione importanti, trascurando le attività di consultazione ed eludendo questa direttiva e altre normative europee nella più totale impunità. Le crisi attraversate oggi da Airbus, ieri da Alcatel e Volkswagen e domani forse da Peugeot sono esempi evidenti delle carenze del dialogo sociale europeo.
Nel caso di Airbus, i sindacalisti e i lavoratori che abbiamo incontrato in Parlamento o nei nostri rispettivi paesi hanno giustamente deplorato l’assenza di una consultazione preventiva e di una vera cooperazione per quanto riguarda il piano di ristrutturazione “Power 8”. Pur sapendo che all’origine delle difficoltà in cui versa attualmente Airbus vi sono errori di gestione e, al contempo, che sono le competenze dei suoi dipendenti ad avere decretato il successo di questa impresa, i lavoratori sono gli ultimi a essere informati ma i primi a essere colpiti – e in modo drammatico – da tale piano. Per quanto riguarda i dirigenti, sono al sicuro, perché coperti dai milioni di euro del loro paracadute dorato. Non possiamo più tollerare una situazione in cui i dipendenti apprendono dalla stampa la notizia del loro licenziamento. Dobbiamo intervenire con urgenza se vogliamo garantire una maggiore trasparenza.
Noi deputati del gruppo socialista al Parlamento europeo chiediamo ormai da anni una revisione di questi documenti, al fine di garantire, a intervalli regolari e a tutti i livelli del processo decisionale, che la tempestiva informazione e consultazione dei lavoratori, permetta a questi ultimi di fare effettivamente pesare la loro presenza nel processo decisionale. I rappresentanti dei lavoratori, pertanto, dovrebbero poter sedere nel consiglio di amministrazione delle imprese. Si tratta di un elemento fondamentale per l’informazione dei lavoratori e il loro controllo sulle decisioni strategiche, che consentirebbe anche di garantire che tali misure di ristrutturazione siano davvero indispensabili per l’impresa e non solo collegate a errori di gestione o alla ricerca di un profitto immediato.
A nostro parere è anche indispensabile garantire che le imprese dell’Unione si assumano le loro responsabilità sociali e finanziarie e agiscano seguendo un metodo di gestione responsabile ed equo nei confronti di tutte le parti interessate: lavoratori, sindacalisti, autorità locali e regionali e comunità della zona in cui operano. La Commissione deve impegnarsi a indurre le imprese ad agire in maniera responsabile, prevedendo anche una legislazione sulla loro responsabilità sociale.
Ritengo che, in un contesto globalizzato e in una situazione economica in costante evoluzione, sia oggi nostro dovere, come lo era 13 anni fa, garantire che le direttive esistenti vengano applicate appieno, anche attraverso sanzioni nei confronti delle imprese irresponsabili, ma, soprattutto, è nostro dovere garantire che le direttive esistenti vengano riviste in modo che possano conseguire maggiori risultati per quanto riguarda l’informazione e la consultazione dei lavoratori, nonché i comitati aziendali. Dimostreremo così il nostro forte attaccamento a un’Europa socialmente responsabile.
Inés Ayala Sender (PSE). – (ES) Desidero ringraziare il signor Commissario per le belle parole, anche se vorremmo maggiori informazioni sul calendario e sulle misure volte ad aumentare la trasparenza e la buona gestione delle imprese.
La partecipazione dei lavoratori è necessaria per mantenere la competitività e la qualità dell’industria europea in progetti di punta come Airbus e in altri meno noti ma fondamentali, ed è indispensabile per fare dell’Europa l’economia competitiva che desideriamo. A tale proposito, Delphi è una ferita aperta per il mio paese.
Non è giusto attribuire i problemi che dobbiamo affrontare esclusivamente alla globalizzazione; infatti, se esaminiamo attentamente i portafogli di Airbus e di Boeing, ci rendiamo conto che traboccano di ordini, per cui occorrono più e non meno lavoratori, tanto in Europa quanto in altre parti del mondo.
Mi rivolgo alla Commissione affinché prenda in considerazione, oltre alla partecipazione dei lavoratori da noi richiesta, nuove misure volte garantire la trasparenza nelle attività e nelle decisioni dei dirigenti che, con contratti blindati e indennizzi esorbitanti, permettono che si compiano atti di negligenza, scarsa trasparenza ed errori criminali per i quali la Comunità europea non dispone, al momento, di uno strumento adeguato.
Signor Commissario, la Commissione intende elaborare strumenti volti a limitare questo potere irresponsabile nell’ambito della cosiddetta responsabilità sociale delle imprese e dei loro codici di condotta, che per ora non sono obbligatori? Si potrebbero definire misure che obblighino i dirigenti a operare in maniera più trasparente, innanzi tutto nell’interesse dei lavoratori e poi della società? Se parliamo di buon governo europeo nell’ambito delle imprese, non possiamo continuare a rassegnarci a questa situazione.
Matthias Groote (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sembra che debba sempre succedere qualcosa di negativo prima che la Commissione presenti un parere su una questione importante come il rafforzamento dei diritti dei lavoratori nell’area dell’informazione e della consultazione.
Il programma di ristrutturazione “Power 8” di Airbus e la conseguente minaccia della disoccupazione e della vendita di stabilimenti hanno profondamente colpito i dipendenti europei di Airbus. Nel corso della discussione con i comitati aziendali delle aree interessate, Varel e Nordenham, e di una riunione dei rappresentanti sindacali di tutta Europa tenutasi di recente a Bruxelles, i lavoratori hanno ripetutamente segnalato la mancanza di un’informazione e di una consultazione adeguate con i dipendenti di Airbus. Pertanto, i diritti dei Comitati aziendali europei devono innanzi tutto essere finalmente attuati appieno e poi ulteriormente estesi.
E’ inammissibile che i lavoratori non vengano esaurientemente informati e consultati se le loro imprese vengono ristrutturate o se rischiano di perdere il posto di lavoro. Questa inaccettabile situazione può essere risolta solo avviando la revisione della direttiva sui comitati aziendali europei, attesa da tempo. Finora non ho saputo di una sola impresa in Europa che abbia avuto difficoltà a causa del suo comitato aziendale. In realtà, la tempestiva consultazione e informazione dei lavoratori avrebbe invece sicuramente salvato un numero elevato di imprese e di posti di lavoro in Europa, nonché corretto errori di gestione.
Dopo 13 anni è giunto il momento di applicare appieno questa legislazione per garantire la pace sociale in Europa.
Alejandro Cercas (PSE). – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, è vero, leggendo i testi, già tredici anni fa si ricordava la necessità di inserire nel nostro diritto primario, come tratto distintivo del modello sociale europeo, il dialogo sociale. Per questo è stata creata la direttiva.
Già tredici anni fa si ricordava che il mercato interno aveva una dimensione transnazionale e che ciò avrebbe potuto comportare problemi tra i lavoratori delle imprese operanti a livello transnazionale, poiché queste ultime avrebbero dovuto prendere le loro decisioni consultando tutte le parti, senza danneggiare nessuno. Alla luce di quanto accaduto alla Delphi, alla Renault e all’Airbus, oggi siamo molto più acutamente consapevoli della necessità di migliorare questi meccanismi.
L’Europa rischia di perdere legittimità agli occhi dei lavoratori, poiché questi ultimi, signor Commissario, assistono contemporaneamente a due fatti molto pericolosi. In primo luogo, si rendono conto che siamo privi di strumenti e, al tempo stesso, ci sentono formulare un discorso a livello europeo nel quale affermiamo che siamo al loro fianco e che non li lasceremo soli davanti alla globalizzazione e alla ristrutturazione.
Pertanto, pur non essendo sufficiente, la revisione della direttiva è tuttavia necessaria, poiché è evidente che questo strumento non viene utilizzato e si sta rivelando inutile ad affrontare i gravissimi problemi ai quali stiamo assistendo sul campo e che stanno inducendo un gran numero di cittadini europei a schierarsi gli uni contro gli altri e tutti contro Bruxelles.
Signor Commissario, si tratta di un problema urgente. Occorre andare avanti, e avrà tutto il nostro appoggio se affronterà una situazione tanto difficile e tanto rischiosa.
Karin Jöns (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, l’incertezza è sempre un fattore negativo, soprattutto quando riguarda il futuro lavorativo. Da gennaio sul capo di migliaia di dipendenti Airbus pende la spada di Damocle del licenziamento. Si tratta di una situazione intollerabile. Non è il modo di trattare degli esseri umani. Nel mio distretto elettorale, con l’avvento di “Power 8”, si parlava prima di 1 200 licenziamenti, poi di 700, poi di licenziare solo i lavoratori a tempo determinato e ora sentiamo che in realtà Airbus vuole iniziare ad assumere di nuovo! Tutto questo susseguirsi di voci non può che suscitare confusione.
L’approccio adottato dai vertici imprenditoriali di EADS, come tutti sappiamo, non è più un caso isolato. Oggi lo abbiamo sentito ripetere più volte. Il fatto che si verifichi una situazione simile nonostante la direttiva sui Comitati aziendali europei è semplicemente scandaloso e dimostra chiaramente che è necessario intervenire. Pertanto, occorre introdurre urgentemente misure specifiche per ricordare più vigorosamente ai datori di lavoro che hanno l’obbligo di informare e consultare i loro dipendenti. Dobbiamo soprattutto garantire che le sanzioni contro la violazione della direttiva siano rigorosamente applicate in tutta l’Unione europea e che i lavoratori e i loro rappresentanti siedano all’interno dei consigli di vigilanza.
Commissario Špidla, mi auguro vivamente che la Commissione proceda finalmente al tanto atteso compito di rivedere questa direttiva poiché, com’è risaputo, la competitività e la produttività dell’Unione europea dipendono in tutto e per tutto da posti di lavoro buoni e sicuri.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, innanzi tutto, sono stati citati diversi casi in cui la direttiva sull’informazione e la consultazione dei lavoratori non è stata applicata correttamente. Questi casi sono stati effettivamente riscontrati, la Commissione ha preso provvedimenti in ciascuno di essi e, in alcune circostanze, si è registrato un netto miglioramento della situazione.
Desidero però sottolineare che la direttiva non è debole come alcuni dei pareri espressi lascerebbero intendere. Le sue modalità di applicazione sono in ultima analisi una questione di discrezionalità nazionale. Vorrei precisare che ultimamente diverse imprese sono state chiamate a comparire dinanzi a tribunali francesi e belgi per non avere rispettato la direttiva e che, in alcuni casi, ad esempio in quello della British Airways, il processo di ristrutturazione è stato sospeso finché non è stata attuata appieno la direttiva sulla consultazione e l’informazione. Esistono dunque possibilità di attuare un approccio relativamente efficace, aspetto che a mio parere dovremmo ricordare.
La seconda questione menzionata era l’eventuale revisione della direttiva. Vorrei precisare che la Commissione ha lanciato una revisione di questa direttiva e che in ogni caso il nostro obiettivo è contribuire a individuare una soluzione che porti a un dialogo sociale stabile ed efficace e alla consultazione, nonché al diritto di consultazione e informazione dei lavoratori. Questo è l’obiettivo della Commissione e sono certo che lo realizzeremo nel corso dell’attuale periodo legislativo.
Presidente. – Grazie molte, signor Commissario.
La discussione è chiusa.
La votazione sulle proposte di risoluzione presentate alla fine della discussione(1) si svolgerà nel corso della prossima tornata, che avrà luogo a Bruxelles giovedì 10 maggio.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Questa dichiarazione e la risoluzione del mese prossimo sono motivate dalla terribile situazione in cui versa Airbus in Europa. Il successo della più dinamica delle industrie europee è stato minacciato da un insieme di fattori: cattiva gestione, concorrenza sleale ed errori di valutazione. Trovo inconcepibile che gli Stati Uniti, con la Boeing, dominino interamente il mercato mondiale degli aeromobili di medie e grandi dimensioni. Le vendite civili e le attività di ricerca e sviluppo della Boeing sono corroborate da contratti militari e attività di R&S in ambito militare: una triste dimostrazione della mancanza di una politica comune di sicurezza e difesa da parte dell’Europa.
Tuttavia, in questo caso il problema fondamentale è che, nonostante i cospicui prestiti erogati ad Airbus dall’UE e dai governi nazionali, l’azienda è stata gestita come una sorta di negozietto di epoca eduardiana, con una consultazione minima della forza lavoro. I lavoratori possiedono una delle risorse più importanti per un’impresa industriale: conoscenza e competenza del mestiere. E’ probabile che, se si fossero concentrati su questo aspetto, i dirigenti aziendali avrebbero potuto evitare alcuni dei loro peggiori errori. Ora per almeno 10 000 famiglie si apre la prospettiva della disoccupazione.
Se questa società di punta dell’industria europea presta così poca attenzione alla sua risorsa principale, la sua forza lavoro, è ormai venuto il momento che la Commissione rafforzi e potenzi una legislazione che evidentemente non è abbastanza solida.