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Procedura : 2006/0190(CNS)
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Testi presentati :

A6-0085/2007

Discussioni :

Votazioni :

PV 26/04/2007 - 8.7
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0163

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 26 aprile 2007 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Figueiredo (A6-0059/2007)

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS).(DE) Signor Presidente, la paura sempre più diffusa di perdere il posto di lavoro non soltanto ha provocato un aumento dell’incidenza di varie patologie e, di conseguenza, alti costi per le imprese e il sistema sanitario, ma ha anche ridotto, dato l’incombente rischio di povertà, la possibilità e il desiderio delle donne europee di avere figli. Un figlio non deve più essere, tuttavia, il meccanismo che fa scattare la trappola della povertà, e la decisione consapevole di avere una casa e una famiglia non dev’essere punita con una vita di stenti. Se continueremo a sostenere una politica che favorisca l’occupazione a tempo pieno e tuteli i posti di lavoro, non soltanto riusciremo a ridurre il numero di assenze per malattia, ma potremo contribuire a incrementare nuovamente il numero delle nascite.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questioni come la salute dei lavoratori e le condizioni di lavoro, l’organizzazione dei servizi sanitari, di igiene e sicurezza sul luogo di lavoro e l’elenco delle malattie professionali sono venute alla ribalta in ambito comunitario nel 1989, con la pubblicazione della direttiva quadro 89/391/CEE. Da allora sono state adottate altre direttive che riguardano diversi aspetti dell’igiene e della sicurezza sul luogo di lavoro.

Ci auguriamo che l’approvazione di questa relazione metta in evidenza le condizioni di lavoro e la necessità di attuare efficacemente queste direttive, per ridurre gli infortuni sul posto di lavoro – che superano i quattro milioni l’anno – e i casi di morte e di incidenti che provocano invalidità permanente – più di 4 500 in tutta l’Unione europea.

Siamo fermamente convinti della necessità di una politica di effettivi miglioramenti delle prassi dei vari Stati membri. La Commissione deve presentare con urgenza una relazione approfondita sulla situazione attuale in termini di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. E’ altresì necessario applicare le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro e altri strumenti legislativi in questi settori.

 
  
  

– Relazione Freitas (A6-0083/2007)

 
  
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  Jean-Claude Fruteau (PSE), per iscritto. (FR) La relazione Freitas, su cui si voterà quest’oggi, riguarda le regioni ultraperiferiche e, in particolare, la Riunione. Le regioni ultraperiferiche sono svantaggiate da limitazioni geografiche e geopolitiche che ne accentuano l’isolamento e ne frenano la capacità di esportare i propri prodotti verso il continente europeo.

Questo regime di compensazione dei costi supplementari sostiene i settori locali della pesca attraverso la trasformazione, il trasporto e la commercializzazione dei prodotti della pesca verso il continente europeo. Esso contribuisce altresì ad accrescere la competitività delle imprese locali e del settore della pesca a livello europeo. L’efficacia di questo regime è dimostrata dal fatto che tale compensazione ha consentito di aumentare il volume e il valore delle esportazioni della Riunione a partire dal 2000.

Il proseguimento di questo regime di compensazione permetterà di portare avanti lo sforzo di integrazione dei settori della pesca industriale, a palangari e costiera delle regioni ultraperiferiche nel mercato interno. Tale sforzo dev’essere sostenuto da altri fattori; per esempio, occorre prendere in considerazione la variazione dei prezzi del petrolio, poiché non bisogna dimenticare che le regioni ultraperiferiche dipendono fortemente da tale elemento e che i costi dei trasporti ostacolano l’esportazione dei prodotti locali.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo lieti che la relazione adottata oggi abbia incorporato tutte le proposte presentate dal partito comunista portoghese (PCP). Queste proposte erano già contenute nel parere della commissione per lo sviluppo regionale, da noi elaborato.

Data la loro importanza, vorremmo mettere in evidenza le seguenti proposte, che sono state presentate dal PCP al Parlamento, e che riguardano un aumento del bilancio complessivo:

– l’aumento di 2 milioni di euro della dotazione finanziaria complessiva, che passa da 15 a 17 milioni di euro, di cui 570 000 euro vengono stanziati per le Azzorre e Madeira;

– l’eliminazione del limite di compensazione del 75 per cento per costi di trasporto e altri costi correlati, garantendo così la copertura totale del 100 per cento di questi costi all’Europa continentale e per i mercati locali delle regioni ultraperiferiche;

– l’eliminazione della data di scadenza, rendendo permanente il regime di compensazione, con una revisione quinquennale;

– la proroga del permesso all’industria locale di trasformazione di utilizzare il pesce catturato da navi comunitarie, qualora la cattura delle flotte locali sia insufficiente a rifornire tale industria;

– discriminazione positiva a favore della piccola pesca costiera e artigianale;

– l’ammissibilità [per i costi da coprire] dei trasporti all’interno di ogni regione ultraperiferica, per affrontare il problema della frammentazione geografica, come nel caso delle Azzorre.

 
  
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  Sérgio Marques (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Freitas, per i seguenti motivi.

1. Tiene conto delle particolari caratteristiche del settore della pesca nelle regioni ultraperiferiche, garantendo la compensazione dei costi supplementari sostenuti dagli operatori economici coinvolti nell’attività della pesca.

2. La relazione propone che il regime di compensazione diventi permanente, in considerazione delle permanenti difficoltà che il settore della pesca deve affrontare nelle regioni ultraperiferiche.

3. Propone la possibilità di integrare il regime di compensazione comunitario con aiuti nazionali.

4. Propone maggiore flessibilità nella gestione finanziaria del regime, tenendo conto delle variazioni dei fondi stanziati a favore di ogni regione o Stato membro.

5. Propone un aumento delle risorse finanziarie da 15 a 17 milioni di euro, per finanziare ogni anno il regime di compensazione nel periodo 2007-2013.

In altre parole, sebbene la proposta della Commissione fosse valida fin dall’inizio, le proposte del Parlamento sono riuscite ad apportare sensibili miglioramenti, soddisfacendo appieno la necessità di compensare i costi supplementari della pesca a Madeira e nelle Azzorre, che adesso disporranno per questo scopo di un bilancio complessivo annuale di 5 milioni di euro.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il completamento del mercato interno e il graduale abbattimento delle barriere commerciali hanno contribuito sensibilmente a rafforzare le economie di scala nelle regioni ultraperiferiche. Tuttavia, le barriere naturali al commercio che ancora persistono in queste regioni pongono le aziende ubicate in quelle zone in una posizione di chiaro svantaggio rispetto a quelle che beneficiano appieno dell’accesso al mercato comunitario. Sono proprio queste condizioni geografiche e strutturali, specifiche delle regioni ultraperiferiche, che giustificano la compensazione dei costi supplementari sostenuti per la commercializzazione dei prodotti della pesca delle regioni ultraperiferiche nel mercato dell’Europa continentale.

Di conseguenza, la continuazione del regime di compensazione per le Azzorre, Madeira, le isole Canarie e i dipartimenti francesi della Guiana e della Riunione nel periodo 2007-2013 implica che dovremo adottare una specifica strategia di aiuti allo sviluppo per queste regioni, in particolare per il settore della pesca, rafforzando il partenariato. Dovremo quindi realizzare un regime permanente, che offra una certa flessibilità, in considerazione delle condizioni specifiche di queste regioni e per sfruttare al meglio il regime stesso.

E’ perciò essenziale sostenere queste misure incondizionatamente.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. (FR) Sono molto soddisfatta della relazione dell’onorevole Freitas, che tiene pienamente conto dei costi supplementari che devono sostenere alcuni dipartimenti francesi d’oltremare per l’esportazione dei prodotti della pesca. Gli interessi della Guiana e della Riunione, che esportano questo tipo di prodotti, sono stati difesi con forza. Il Parlamento europeo, in particolare, ha avanzato le quattro richieste seguenti.

Innanzi tutto, il limite iniziale di compensazione dei costi supplementari, fissato arbitrariamente al 75 per cento, dev’essere soppresso. Da un lato, questa percentuale non si basa su alcun criterio logico e, dall’altro lato, non c’è alcun motivo per cui i prodotti della pesca non possano beneficiare di un regime altrettanto vantaggioso di quello previsto per i prodotti agricoli.

In secondo luogo, gli aiuti di Stato alla produzione, alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti della pesca originari di queste regioni devono essere possibili e una compensazione dev’essere accordata per i prodotti d’importazione utilizzati nella trasformazione dei prodotti della pesca, come il sale o l’olio.

In terzo luogo, si deve autorizzare il ricorso alle importazioni intracomunitarie, se le catture delle flotte delle regioni ultraperiferiche sono insufficienti a garantire la redditività delle industrie di trasformazione di tali regioni.

Infine, la dotazione finanziaria per la Guiana e la Riunione dev’essere portata a 5 518 000 euro.

 
  
  

– Relazione Attwooll (A6-0078/2007)

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) I Consigli consultivi regionali (CCR) sono stati istituiti nel 2002 in seguito alla riforma della politica comune della pesca. La decisione del Consiglio 2004/585/CE definisce un quadro generale per il funzionamento dei CCR, in modo da garantirne una gestione coerente ed equilibrata. La proposta della Commissione, che gode del pieno sostegno del relatore parlamentare, intende dotare i consigli consultivi regionali di una più solida base operativa migliorando le condizioni del loro finanziamento. Con gli emendamenti che sono stati introdotti si vuole evitare che il contributo comunitario sia decrescente, come era stato inizialmente proposto.

Voterò a favore della relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo favorevoli a questa relazione, che migliora le condizioni operative dei consigli consultivi regionali (CCR). La loro integrazione nel bilancio significa che il contributo comunitario non sarà più decrescente e che essi saranno soggetti a un unico metodo di contabilità.

Il problema fondamentale da affrontare, tuttavia, è quello della fattibilità finanziaria dei CCR nel lungo termine. Dal momento che i CCR sono parte integrante della politica comune della pesca (PCP), è necessario garantire in modo permanente il finanziamento comunitario per il loro normale funzionamento.

La relazione in oggetto riguarda il finanziamento, e non altri aspetti della decisione del Consiglio, come il numero, la composizione e il funzionamento dei CCR, che saranno affrontati in un’altra revisione della decisione 2004/585/CE. E’ difficile in questo momento fare una valutazione dei CCR, dal momento che solo quattro su sette sono operativi.

Il nostro sostegno a questa proposta si basa, tuttavia, sulla concezione dei CCR come strumento per incoraggiare il decentramento della PCP, al fine di garantire che i pescatori e i loro organismi rappresentativi siano coinvolti nel processo decisionale relativo alla PCP – a differenza di quanto accade oggi – e per assicurare a tutti gli Stati membri la corretta tutela dei loro interessi in materia di pesca.

 
  
  

– Relazione Herranz García (A6-0075/2007)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). (SK) Ho votato a favore della relazione redatta dall’onorevole Esther Herranz García poiché è latrice di un messaggio importante per i disabili, soprattutto le donne, che devono affrontare numerose difficoltà nella vita di ogni giorno e non sempre possono esercitare pienamente i loro diritti. A mio avviso, è possibile realizzare altri miglioramenti per aiutare i disabili, e accolgo quindi con favore gli sforzi del Parlamento europeo volti a potenziare i servizi sociali per coloro che non sono autosufficienti e sono bisognosi di aiuto.

Non dobbiamo dimenticare l’importante contributo delle famiglie dei disabili e delle organizzazioni per i disabili, che ci offrono un quadro dettagliato delle difficoltà e degli ostacoli – incluse le barriere architettoniche – che essi devono affrontare, e che avanzano proposte per migliorare la qualità della loro vita e favorirne la piena integrazione nella società. Sono fermamente convinta che sia necessario e moralmente positivo tendere la mano alle persone che hanno subito una menomazione, ma sono state dotate della capacità di vedere e percepire il mondo in maniera diversa. Esse vedono il mondo con occhi diversi, e sono in grado di percepire cose che il resto di noi spesso non coglie, o di cui spesso ci sfugge la bellezza. Sono persone meravigliose che ci ripagano mille volte con la loro infinita dedizione e il loro apprezzamento.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Questa relazione riguarda la strategia comunitaria che mira a raggiungere l’importantissimo obiettivo di migliorare la situazione delle donne disabili nell’Unione europea.

Abbiamo votato contro la relazione perché siamo convinti che i rispettivi parlamenti nazionali degli Stati membri possano occuparsi adeguatamente di questo importante tema. Ci opponiamo in linea di principio alla tendenza generale per cui le Istituzioni dell’Unione europea mirano a ottenere influenza e competenze in un numero sempre maggiore di settori.

 
  
  

– Relazione Deprez (A6-0135/2007)

 
  
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  Koenraad Dillen (ITS).(NL) Signor Presidente, nel 2006 31 000 profughi clandestini sono riusciti ad arrivare alle isole Canarie, e da lì hanno cercato di emigrare sul continente europeo – si tratta di una cifra sei volte superiore all’anno precedente. Abbiamo assistito a scene simili nell’Italia meridionale e a Lampedusa.

Se vogliamo affrontare la tragedia umana dei profughi, dobbiamo far fronte alla disperata situazione dei loro paesi d’origine, e non importare tensioni sociali transitorie.

Di conseguenza, il nostro gruppo accoglie con favore FRONTEX e l’istituzione di squadre di intervento nei paesi che devono affrontare il problema dell’immigrazione di massa, a condizione che questo nuovo strumento venga dispiegato efficacemente e non serva soltanto da spettacolo mediatico.

Il controllo delle frontiere esterne rientra fra le competenze degli Stati membri, ma le ondate di profughi, il cui arrivo è oggi frequentissimo, dimostrano che le frontiere esterne sono diventate troppo permeabili. L’afflusso esponenziale di immigrati clandestini può quindi essere affrontato soltanto adottando misure supplementari, ma non sostitutive, a sostegno degli Stati membri, ed è a questo proposito che, ci auguriamo, interverrà FRONTEX.

 
  
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  Philip Claeys (ITS).(NL) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Deprez, perché gli emendamenti al testo della Commissione generalmente contengono correzioni di tipo tecnico. Senza dubbio, alla luce delle gravi carenze dei vari Stati membri in materia di protezione delle frontiere esterne, le squadre di intervento rapido nell’ambito di FRONTEX sono urgentemente necessarie.

Non resta altro da fare che aspettare e vedere quanto tali squadre saranno efficaci nella pratica. L’intero concetto si fonda sulla disponibilità di tutti gli Stati membri ad adempiere agli obblighi di Schengen. In questo momento c’è troppa apatia, troppa indulgenza, e le regolarizzazioni di massa degli immigrati clandestini ha messo a rischio l’intero concetto di Schengen. Anche se le squadre di intervento rapido di FRONTEX lavoreranno bene e con efficienza, tutto sarà vano se alcuni Stati membri si rifiuteranno di far fronte alle proprie responsabilità politiche.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS).(DE) Signor Presidente, anch’io ho votato a favore della relazione Deprez perché, a mio parere, è certamente ragionevole in questo momento ricorrere allo spiegamento programmato di truppe per rafforzare le frontiere meridionali e arginare la minaccia rappresentata dalle orde di profughi.

A questo proposito, tuttavia, non dobbiamo dimenticare le altre vie principali, in particolare le nostre frontiere esterne con l’Europa orientale. In tale contesto, credo che le risorse disponibili nell’ambito di FRONTEX debbano essere sensibilmente aumentate. Al contempo, dobbiamo mostrare la realtà europea ai paesi d’origine degli immigrati clandestini, affinché il sogno di una terra dell’abbondanza non spinga più a simili atti di disperazione; dobbiamo inoltre garantire una maggiore efficienza nella cooperazione con questi paesi per quanto riguarda il rimpatrio, che è finanziato in larga misura dall’Unione europea.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci opponiamo all’istituzione a livello di UE delle cosiddette squadre di intervento rapido alle frontiere dei vari Stati membri, giacché esse sarebbero espressione della natura repressiva e militaristica dell’Unione europea.

Questa misura fa parte dell’attuale tendenza alla sicurezza a ogni costo, e riflette la politica di criminalizzazione dell’immigrazione, che dimostra la mancanza di rispetto per la dignità umana e i fondamentali diritti umani. Le squadre di intervento rapido, i muri, i centri di detenzione per gli immigrati sono strumenti volti a costruire la fortezza Europa, a cui siamo fermamente contrari.

Uno degli argomenti usati per cercare di giustificare questa misura è la lotta all’immigrazione clandestina. Vorrei sottolineare il fatto che una delle principali componenti della politica proposta è la repressione, mentre si trascurano le cause reali dell’immigrazione, ossia la povertà, la fame, la guerra, la mancanza di prospettive di una vita dignitosa per milioni e milioni di esseri umani, compresi i portoghesi, provocate dallo sfruttamento capitalistico e dal brutale accentramento della ricchezza.

D’altro canto, dal momento che la protezione delle frontiere rientra fra le competenze di uno Stato, riteniamo che questa proposta – nonostante alcune misure di salvaguardia – rappresenti un ulteriore passo avanti verso la creazione di una guardia costiera europea che, se si concretizzasse, rappresenterebbe un attacco alla sovranità nazionale.

Da qui il nostro voto contrario alla relazione.

 
  
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  Anna Hedh (PSE), per iscritto. (SV) Ho votato a favore della relazione perché ritengo che il meccanismo RABIT sia necessario per affrontare l’eccezionale pressione migratoria a cui sono soggetti periodicamente alcuni Stati membri dell’Unione europea. RABIT ha una base volontaria, e non rappresenta il tentativo di costruire muri invalicabili che ci separino inesorabilmente dal resto del mondo. Mi sembra invece importante che gli Stati membri collaborino, se vogliono opporsi con efficacia alla tratta di esseri umani e all’immigrazione clandestina, che spesso mettono a rischio la vita di coloro che, sopraffatti dalla disperazione, sono stati costretti ad abbandonare il proprio paese d’origine. Migliaia di persone muoiono ogni anno nel tentativo di raggiungere l’Europa in assenza di ogni tutela o sicurezza. RABIT rientra in quel tipo di attività che mira a scongiurare la morte di coloro che finiscono preda di cinici trafficanti. Sono una socialdemocratica, e lavoro per realizzare una politica generosa e umana che sia d’aiuto ai profughi e offra loro maggiori opportunità per trovare, legalmente, la strada verso l’Europa.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto. (FR) Il regolamento che ci viene presentato istituisce un meccanismo che mira a fornire assistenza, per un periodo limitato, a uno Stato membro che debba affrontare un massiccio afflusso di immigrati clandestini; tale assistenza si realizza sotto forma di squadre di intervento rapido alle frontiere. Questa riserva – che può contare da 250 a 500 guardie di frontiera in seno all’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) – sarà a disposizione degli Stati membri che ne abbiano bisogno per proteggere le proprie frontiere esterne.

E’ vero che il controllo delle frontiere esterne spetta agli Stati membri e rientra fra le competenze intergovernative, ma i massicci flussi di immigranti clandestini che si sono verificati, ad esempio, tra il 15 agosto e il 15 dicembre 2006, quando immigranti clandestini sono partiti dalle coste dell’Africa occidentale dirigendosi verso le Isole Canarie, hanno dimostrato fino a che punto le frontiere esterne dell’Unione fossero permeabili a un’immigrazione che ha assunto proporzioni esponenziali. La cooperazione tra gli Stati membri è sembrata quindi indispensabile in questo settore. Nel 2006 sono approdati nelle Isole Canarie più di 31 000 immigrati clandestini, ossia un numero di sei volte superiore a quello registrato l’anno precedente.

Pur essendo favorevoli al principio della cooperazione tra Stati membri per la protezione delle frontiere esterne dell’Unione europea, continueremo a vigilare sulla banalizzazione mediatica di FRONTEX e sulle eventuali derive federaliste e sovranazionali di questa Agenzia.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. (DE) Ho votato a favore della creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere, a condizione che queste siano usate soltanto in casi eccezionali e in situazioni d’emergenza, come quelle che si verificano, a mio avviso, quando uno Stato membro deve affrontare un massiccio afflusso illegale di cittadini provenienti da un paese terzo. A questo riguardo dobbiamo sottolineare la necessità di rispettare la dignità umana degli immigrati e di evitare qualsiasi discriminazione fondata su genere, razza, origine etnica, religione o convinzioni personali, eventuale disabilità, età o orientamento sessuale; il regolamento peraltro non deve influire negativamente sui diritti di coloro che cercano protezione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Possiamo invocare numerosi principi e giustificazioni – tutti ugualmente validi – a sostegno della massima cooperazione nel monitoraggio e negli interventi di protezione delle nostre frontiere esterne.

L’Unione europea come entità è definita anche dalle sue frontiere. In tale contesto, è evidente che le frontiere esterne dell’Unione sono un territorio che rientra nell’esclusiva sovranità degli Stati membri, ma anche territori la cui integrità, il cui monitoraggio e la cui protezione sono nell’interesse di tutti, giacché i problemi che insorgono su queste frontiere tendono ad avere effetti sugli altri Stati membri. In primo luogo, si pensa all’immigrazione clandestina; ma vi sono anche i traffici illeciti o – in un contesto diverso, ma per il quale questo ragionamento si può comunque applicare – le minacce ambientali.

E’ giusto e importante condividere gli oneri sproporzionati sostenuti da quegli Stati membri le cui frontiere esterne, per motivi geografici, sono le più vulnerabili. Questa cooperazione, oltre a essere un’espressione di solidarietà fra gli Stati membri dell’Unione europea, scaturisce innanzi tutto dalla necessità di garantire la più efficace protezione delle frontiere.

L’idea di difendere tali frontiere non dev’essere confusa con il protezionismo o con l’isolazionismo; si tratta soltanto di rispettare le norme.

 
  
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  Martine Roure (PSE), per iscritto. (FR) Dal momento che numerosi Stati membri hanno dovuto affrontare situazioni critiche in seguito al massiccio afflusso via mare di immigrati clandestini, l’Unione europea ha ritenuto necessario istituire squadre di intervento rapido alle frontiere. La solidarietà tra gli Stati membri è alla base di tale iniziativa.

Queste squadre non hanno l’obiettivo di respingere gli immigrati, ma piuttosto di offrire assistenza, a livello europeo, agli Stati membri che accolgono flussi imponenti di immigrati clandestini. In effetti, gli eventi dell’estate scorsa hanno confermato l’urgente necessità di prevenire situazioni difficili sia per gli Stati di destinazione o di transito che per gli immigrati stessi.

La missione di queste squadre sarà quindi quella di pattugliare gli accessi alle frontiere esterne dell’Unione europea sotto l’autorità delle guardie di frontiera nazionali dello Stato membro ospite.

I membri delle squadre d’intervento rapido potranno esercitare tutte le funzioni necessarie allo svolgimento delle attività di verifica alle frontiere o di sorveglianza delle frontiere. E’ previsto tuttavia che essi debbano rispettare appieno i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione europea.

Per concludere, i timori espressi da alcuni sull’utilizzo di queste squadre d’intervento rapido alle frontiere non devono diventare realtà in futuro.

 
  
  

– Relazione Gklavakis (A6-0085/2007)

 
  
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  Jan Andersson, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo deciso di votare contro la relazione perché riteniamo adeguati i livelli di riassegnazione della stazza proposti dalla Commissione. Mettiamo poi in dubbio la necessità di incrementare gli aiuti in un settore anche troppo articolato: la capacità della flotta da pesca dell’Unione europea è già notevolmente eccessiva, mentre le risorse alieutiche sono limitate. Le difficoltà, discusse in sede di Consiglio, di verificare che la capacità di cattura non aumenti con la conversione sono quindi una delle ragioni che ci hanno indotto a non sostenere un incremento dei livelli in questione.

 
  
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  Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nel giugno del 2006, dopo l’accordo politico raggiunto in seno al Consiglio sul nuovo Fondo europeo per la pesca, è stato deciso di modificare due disposizioni del regolamento di base della politica comune della pesca riformata (2371/2002), relativi alla gestione della capacità della flotta peschereccia. L’obiettivo di tali modifiche è di consentire taluni adeguamenti della flotta volti a migliorare la sicurezza, le condizioni di lavoro, l’igiene e la qualità dei prodotti a bordo nonché l’efficienza energetica.

Tali modifiche daranno agli Stati membri la possibilità di aumentare limitatamente la capacità della propria flotta per migliorare la sicurezza, le condizioni di lavoro, l’igiene e la qualità dei prodotti a bordo nonché l’efficienza energetica.

Voterò a favore della relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione riguarda la modifica degli articoli 11 e 13 del regolamento (CE) n. 2371/2002, ossia del principale strumento per la revisione della politica comune della pesca del 2002.

Uno dei problemi causati dal Fondo europeo per la pesca stava nel fatto che esso metteva a repentaglio gli aiuti comunitari per l’ammodernamento e il rinnovamento delle flotte previsti dal precedente strumento finanziario.

L’attuale proposta, avanzata nel giugno 2006, e quindi posteriore al Fondo europeo per la pesca, prevede limitati aiuti per l’ammodernamento della flotta, allo scopo di migliorare la sicurezza, le condizioni di lavoro e di igiene. Essa riguarda anche l’efficienza energetica, e offre la possibilità di utilizzare il 4 per cento della stazza ritirata con aiuti pubblici; inoltre, sancisce l’impossibilità di recuperare con aiuti pubblici la riduzione di potenza legata alla sostituzione dei motori.

Nonostante le riserve che nutriamo in merito alla proposta della Commissione, il nostro voto favorevole è motivato dalle due seguenti proposte formulate dal relatore:

– il 10 per cento della stazza ritirata può essere utilizzato per l’ammodernamento; tale limitata percentuale potrà essere prioritariamente destinata all’ammodernamento dei pescherecci adibiti alla piccola pesca costiera, cioè alle imbarcazioni di lunghezza fuori tutto inferiore ai 12 metri;

– maggiore flessibilità degli aiuti per la sostituzione dei motori ai fini dell’efficienza energetica.

 
  
  

– Proposta di risoluzione B6-0155/2007

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il programma Galileo (cioè il programma europeo di radionavigazione via satellite) può rappresentare uno strumento importante; dal momento che fornisce un servizio pubblico, esso offrirà un’opportunità di cooperazione e progresso scientifico, oltre che la possibilità di scambiare accessibilità e informazioni.

Il progetto deve collocarsi saldamente in una strategia di investimenti pubblici e monitoraggio; occorre individuare nel contesto della cooperazione internazionale le soluzioni che ne garantiscano il finanziamento.

Al sistema Galileo guardano con interesse paesi come l’India e la Cina, che potrebbero diventare partner importanti per il progetto; ciò contribuirà a eliminare il monopolio del sistema GPS, creando invece un progetto fondato su una vasta cooperazione internazionale.

A nostro avviso, è necessario garantire l’accesso universale a tutti gli utenti, mentre il pubblico in generale deve avere la possibilità di accedere gratuitamente a tutte le informazioni disponibili.

Per quanto riguarda questo progetto, bisogna però ribadire la necessità di garantire diritti, salvaguardie e libertà dei cittadini, e di evitare che venga utilizzato per scopi militari, in base al rifiuto della militarizzazione dello spazio e del suo uso a scopi militari, e/o per realizzare sistemi di sicurezza sproporzionati, in violazione delle norme attualmente vigenti.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il programma Galileo è senza dubbio uno degli elementi fondamentali della strategia di Lisbona, tenuto conto della sua portata tecnologica e del valore aggiunto previsto, non solo in termini di occupazione ma anche di progresso tecnologico. La potenziale crescita economica che si attende dal programma è un fattore importantissimo per l’economia europea. A noi spetta la responsabilità di garantire – con la chiarezza, l’efficacia e la rapidità necessarie in questo caso – le condizioni per la sua applicazione. Di conseguenza, condivido le preoccupazioni espresse dai colleghi in merito alla battuta d’arresto subita dai negoziati relativi al contratto di concessione; qualsiasi ritardo, infatti, inciderà sensibilmente sul costo totale del progetto.

In questo momento mi sembra essenziale concentrare i nostri sforzi sull’obiettivo di ottenere che, in giugno, la Commissione presenti in calendario chiaro e credibile, soluzioni per i futuri obblighi finanziari e scenari alternativi per la realizzazione del programma; il Consiglio avrà così in mano tutti i dati necessari per assicurare la continuità del processo, in modo da recuperare il ritardo. La risoluzione ha quindi il mio pieno sostegno.

 
  
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  Lydia Schenardi (ITS), per iscritto. (FR) Abbiamo votato a favore della risoluzione sul progetto di navigazione satellitare Galileo.

In numerose occasioni abbiamo potuto esprimere, in questa sede, il nostro sostegno a un ambizioso progetto industriale nel quale, per una volta, la dimensione europea aveva una propria specifica collocazione; abbiamo altresì sottolineato le carenze o i difetti del progetto, come il suo carattere esclusivamente civile o ancora i trasferimenti di tecnologie a paesi non europei come la Cina, che è una dittatura comunista e un esponente della concorrenza commerciale sleale.

Oggi i negoziati sull’installazione e lo sfruttamento del sistema sono bloccati. Mi viene inoltre da pensare che, grazie alla volontà politica degli Stati che agiscono in cooperazione con estremo pragmatismo, è stato possibile mettere tutti i mezzi – tecnici, finanziari e umani – al servizio della costruzione di un’industria aerospaziale europea e realizzare l’Airbus. Nel caso di Galileo, l’eurocrazia ha esteso i suoi poteri, ed è quindi la Commissione di Bruxelles a negoziare pazientemente con partner privati, mentre le discussioni si arenano su problemi di soldi.

E’ evidente che il primo metodo era indubbiamente migliore.

 
  
  

– Relazione Coveney (A6-0128/2007)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Siamo convinti che i diritti umani siano universali e inviolabili e debbano costituire una delle pietre miliari di qualsiasi società; purtroppo, violazioni di tali diritti vengono commesse in molte parti del mondo e anche in alcuni paesi dell’Unione europea.

Il Parlamento europeo e gran parte dei suoi deputati ritengono di dover svolgere il ruolo di garanti dei diritti umani nel mondo. E’ una posizione del tutto rispettabile, poiché questi colleghi sono indubbiamente animati da buone intenzioni, ed è essenziale battersi per tali diritti fondamentali. Le difficoltà emergono quando si utilizzano i diritti umani come strumento per promuovere le posizioni dell’Unione europea, per esempio con la costruzione di una politica estera e di sicurezza comune.

Abbiamo votato contro un certo numero di emendamenti che in sostanza giudichiamo logici, equi e in qualche caso persino auspicabili, ma che a nostro avviso non riguardano assolutamente questioni su cui discutere o decidere in seno al nostro Parlamento.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ancora una volta, la maggioranza del Parlamento ha elaborato una relazione sui diritti umani nel mondo che, pur contenendo alcuni punti che approviamo, si caratterizza essenzialmente per una concezione largamente strumentale e riduttiva dei diritti umani – politici, sociali, economici e culturali – che vengono utilizzati come pretesto d’intervento oppure per esercitare pressioni politiche su alcuni paesi, all’immancabile scopo di favorire gli interessi e la convenienza dell’Unione europea.

Questa strategia di utilizzo dei diritti umani comprende il tentativo di sfruttare il Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, per cercare di isolare quei paesi che non si piegano alle imposizioni dell’imperialismo.

Come abbiamo già illustrato, si tratta di un atto di profonda ipocrisia – in cui si tutelano i paesi definiti “amici” mentre si criticano gli “altri”, ossia quelli designati come bersaglio dagli Stati Uniti e dall’Unione europea – al quale non intendiamo affatto partecipare. Come al solito, la relazione chiude completamente gli occhi su Israele: ne ignora del tutto la brutale politica di aggressione e occupazione della Palestina e le sistematiche violazioni del diritto internazionale, per non parlare del fatto che Israele soffoca l’inalienabile diritto del popolo palestinese a dotarsi di un proprio Stato sovrano, indipendente e vitale.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto. (FR) Benché pretenda di essere esauriente, la relazione sui diritti dell’uomo nel 2006 non menziona una delle principali cause della violazione di tali diritti: il comunismo, che ancora oggi opprime più di un miliardo e mezzo di persone in Cina, nella Corea del Nord, in Vietnam, nel Laos, a Cuba, nello Zimbabwe, e la lista potrebbe essere ancora lunga. In tutti i paesi in cui sono al potere, i comunisti negano i diritti fondamentali e perseguitano i loro oppositori, inviandone milioni nei campi di concentramento.

Nel nostro continente il comunismo ha ridotto in schiavitù 300 milioni di europei. Oggi, malgrado la caduta del muro di Berlino, esso esercita ancora il suo terrorismo intellettuale. Il fatto che l’onorevole Coveney non osi farne parola nella sua relazione costituisce una prova inconfutabile. Alcuni dei nostri colleghi, come l’onorevole Cohn-Bendit, cercano addirittura di impedire ai polacchi di liberare il proprio paese dalle vestigia del comunismo. Si offende così la memoria degli operai di Danzica, degli insorti del 1953 a Berlino, del 1956 a Budapest, del 1968 a Praga e di tutti coloro che si sono battuti per la libertà.

A partire dal 1917 il comunismo si è macchiato della morte di più di 100 milioni di persone. La nostra Assemblea, così eloquente quando si tratta di discutere di diritti dell’uomo, dovrebbe esigere un processo al comunismo.

 
  
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  Tobias Pflüger (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Questi sono i motivi per cui non posso votare a favore della risoluzione concernente la relazione sui diritti umani.

1. La relazione non menziona i diritti sociali, economici e culturali né richiede che tali diritti vengano considerati una priorità dell’Unione europea. Milioni di persone in tutto il mondo sono prive di alloggio e di lavoro, vivono nella più assoluta povertà o muoiono addirittura di fame, eppure la relazione dell’Unione europea non fa alcun riferimento a tali violazioni. Essa riduce i diritti umani a mere libertà civili, ignorando il principio dell’indivisibilità dei diritti umani sancito dalla Carta delle Nazioni Unite.

2. La relazione non parla delle violazioni dei diritti umani perpetrate o favorite dagli Stati membri dell’Unione europea. Per evitare ogni forma di ipocrisia, l’UE deve indagare e affrontare il problema delle violazioni dei diritti umani compiute con la partecipazione o il sostegno degli Stati membri dell’Unione in paesi terzi o contro cittadini di paesi terzi.

3. La risoluzione auspica un intervento militare in Sudan. Questo è sbagliato perché la tutela dei diritti umani deve esplicarsi mediante azioni civili e non militari. La guerra rimane la più grave violazione dei diritti umani, eppure non viene neanche menzionata nella relazione. Non si fa alcun riferimento all’uccisione di civili in Afghanistan e in Iraq da parte delle forze degli Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Tra i vari problemi su cui la relazione si sofferma, ce n’è uno che andrebbe costantemente sottolineato. Mi riferisco al punto 10: “riafferma che, nelle relazioni annuali future sui diritti dell’uomo il Consiglio e la Commissione dovrebbero analizzare i diversi modi in cui i diritti dell’uomo sono trattati nell’ambito di altre politiche comunitarie, quali la politica estera e di sicurezza comune, quelle dello sviluppo e del commercio, dell’immigrazione e quelle riguardanti altri aspetti importanti attinenti alle relazioni esterne dell’UE…”.

Per svolgere il proprio ruolo nel mondo, e in particolare nelle regioni che le sono immediatamente vicine, l’Unione europea dev’essere in grado di far valere il proprio soft power allo scopo di accrescere in tutto il mondo il rispetto dei diritti umani.

D’altra parte, tuttavia, è giunto il momento di affrontare seriamente la terribile minaccia che grava sulla diffusione dei diritti umani a causa della strategia di cooperazione e degli aiuti internazionali della Cina, che in questo settore è una potenza emergente. E’ giunto il momento di ripensare la nostra strategia per imboccare la strada più efficace, in armonia con i valori in cui crediamo e che cerchiamo di promuovere.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE), per iscritto. (EN) I conservatori britannici riconoscono l’importante ruolo svolto dall’Unione europea nella promozione dei diritti umani e della democrazia nel mondo, come risulta dalla relazione Coveney. Ci sono tuttavia alcuni paragrafi riguardo ai quali dissentiamo profondamente, per esempio i paragrafi 4, 16, 28, 31, 47 e 132.

Per questo motivo, i conservatori britannici si sono astenuti nella votazione finale sulla relazione.

 
  
  

– Proposta di risoluzione B6-0164/2007

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come abbiamo già affermato in precedenza, siamo favorevoli all’iniziativa di presentare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite una proposta di risoluzione per l’adozione di una moratoria universale sulla pena di morte, che a quanto risulta gode dell’appoggio di 88 paesi.

L’abolizione della pena di morte è un obiettivo cui aspirano milioni di donne e uomini in tutto il mondo. In effetti, un numero sempre più grande di paesi l’ha eliminata dal proprio ordinamento giuridico, oppure ha introdotto una moratoria sulla sua applicazione.

A nostro avviso, questa misura rappresenta un progresso di civiltà che idealmente dovrebbe estendersi ad altri paesi; quest’iniziativa può costituire un passo positivo in tale direzione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione, poiché credo nella dignità dell’essere umano, che non dev’essere mai cancellata dalla pena di morte.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Se c’è una causa cui dobbiamo aderire senza dubbi o esitazioni, è questa. I motivi sono intrinsecamente evidenti: una società che non veda nella vita il proprio più alto valore, una pietra di paragone e un fondamento, sarà sempre una società capace delle peggiori nefandezze. Per tale motivo non mi stupiscono quei paesi sanguinari che condannano a morte senza rimorsi i propri oppositori; a mio avviso, abbiamo il dovere, e forse la possibilità di fermarli. Assai più mi sorprendono quei paesi democratici che comminano la pena di morte, quasi fossero colpiti da una improvvisa incapacità di discernere il bene dal male, o dal crollo dei propri valori.

Pur senza indulgere a una digressione, devo esprimere il mio turbamento per il fatto che non si ammetta la condanna a morte di una persona adulta, magari colpevole di un delitto atroce, e contemporaneamente si stimi indegna di tutela la vita di un bimbo non ancora nato.

Concludo affermando il mio appoggio a quest’impegno assunto dall’Unione europea; mi auguro che anche gli Stati membri e l’intera Unione facciano seguire l’azione alle loro parole.

 
  
  

– Proposta di risoluzione RC-B6-0167/2007

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). (FI) Signor Presidente, sono assolutamente contraria alle discriminazioni contro gli omosessuali, ma spero che un giorno il nostro Parlamento riesca a formulare una risoluzione che non sia resa oscura dall’insoddisfacente concetto di omofobia. Mi sono soffermata su questo punto in passato e vorrei ribadire ancora una volta le mie osservazioni.

Se qui stiamo discutendo di un problema reale, la discriminazione, da risolvere con un’azione concreta, perché mai utilizziamo al riguardo l’improprio termine di “fobia”? Le fobie sono stati ansiosi di diverso tipo; si tratta di paure che vengono considerate nevrosi vere e proprie. Si curano con terapie, e non con un’azione politica: non si può curare così la claustrofobia, o paura degli spazi chiusi, né l’aracnofobia, o paura dei ragni.

Mi dispiace che si cominci a instillare nei cittadini un senso di colpa per i sentimenti o le fobie che provano; ne può scaturire solo una nuova forma di discriminazione o manipolazione. Mi rammarico pure che questa risoluzione abbia provocato una discriminazione nei confronti della Polonia, offrendo un quadro distorto degli avvenimenti e delle opinioni prevalenti in quel paese; in considerazione di questi accenni alla Polonia, e dopo una lunga e travagliata riflessione, ho deciso di astenermi. Desidero però esprimere la mia solidarietà a tutti gli omosessuali che hanno dovuto davvero subire discriminazioni e ingiustizie.

 
  
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  Koenraad Dillen (ITS). (NL) Signor Presidente, è superfluo dire – e non mi risulta che alcun collega intenda dissentire in merito – che la discriminazione contro gli omosessuali a causa del loro orientamento sessuale è inaccettabile nei nostri Stati membri. Ciò non significa, però, che il soffocante clima di correttezza politica e terrorismo intellettuale dominante in quest’Aula autorizzi a mettere in discussione il diritto di persone profondamente religiose a esprimere liberamente le proprie idee. Come ha brevemente notato ieri l’onorevole Claeys, inizia a diffondersi nella nostra Assemblea una paura irrazionale per la libertà di espressione, una paura irrazionale di consentire alle persone di esprimere liberamente le proprie idee. E’ una fobia contro cui dobbiamo batterci con tutte le nostre forze, perché questa risoluzione passa veramente il segno. Mentre in passato si sono frequentemente tenuti dibattiti sull’omofobia, sembra che in questi giorni tutti vogliano piuttosto dedicarsi al linciaggio della Polonia. Dopo tutto, proprio come nel caso Geremek, su cui nessuno è intervenuto ieri con una qualche autorità, è questo il metodo seguito dall’inquisizione di sinistra sul tema della cosiddetta omofobia in Polonia per moraleggiare senza conoscere i fatti, e senza la minima onestà intellettuale. Per tutti questi motivi ho deciso di votare contro questa risoluzione.

 
  
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  Albert Deß (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, in merito al voto da me espresso desidero chiarire in questa sede che non ho votato contro questa risoluzione in quanto favorevole alla discriminazione contro i gruppi minoritari; condanno anche la dichiarazione resa dal ministro polacco. Ho votato contro perché ritengo che esistano problemi più gravi di cui dovremmo occuparci questa settimana, anche con una risoluzione: mi riferisco in particolare all’assassinio di cristiani in Turchia. Dovremmo occuparci dei matrimoni forzati cui sono costrette le donne turche, comprese quelle che vivono in Europa, oppure del genocidio perpetrato dalle milizie musulmane a cavallo in Darfur, o ancora delle violazioni dei diritti umani commesse in Venezuela; ho votato contro, insomma, perché sono convinto che avremmo dovuto affrontare argomenti più importanti.

 
  
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  Manfred Weber (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, desidero fare una dichiarazione a nome dell’intero gruppo PPE-DE. Il nostro gruppo si è astenuto dalla votazione in quanto dissentiamo riguardo alla procedura attuale. Il gruppo PPE-DE dichiara il proprio sostegno alle decisioni prese dal Parlamento europeo in relazione all’omofobia, e in particolare alla decisione del 16 gennaio 2006. In questo spirito, il gruppo PPE-DE respinge con intransigenza qualsiasi forma di omofobia, insieme a tutte le forme di discriminazione.

Contemporaneamente, il nostro gruppo nutre completa fiducia nelle Istituzioni dell’Unione europea e soprattutto nella Commissione quale custode dei Trattati. Nell’attuale situazione giuridica – il cui elemento fondamentale è la direttiva antidiscriminazione – la Commissione prenderà le misure necessarie, qualora ne esista l’esigenza da parte degli Stati membri, per bloccare queste iniziative che vanno respinte da tutti i punti di vista.

Inoltre, il nostro gruppo è favorevole all’intervento dell’Agenzia per i diritti fondamentali, allo scopo di avviare un’inchiesta sull’omofobia in Europa, e preferisce attendere i risultati di tale inchiesta prima di prendere ulteriori misure.

Il gruppo PPE-DE non ha il minimo dubbio che la società polacca prenderà le misure opportune contro le tendenze omofobiche che hanno iniziato a manifestarsi.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. (FR) Mi sono astenuto nella votazione sulla proposta di risoluzione concernente l’omofobia in Europa. Innanzi tutto, il documento non affronta il problema esaminando la situazione generale europea, ma si concentra sulla Polonia, e il titolo della risoluzione è, a mio avviso, troppo generico. Peraltro mi sembra riduttivo affrontare la questione della lotta all’omofobia come un problema che riguarda essenzialmente le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Questa confusione tra l’omofobia, che etimologicamente significa “paura del proprio simile”, e l’avversione nei confronti dell’omosessualità è fonte di malintesi.

Naturalmente sono favorevole alla lotta contro ogni sorta di discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, facendo un distinguo per le questioni concernenti il matrimonio e i bambini per le quali la riflessione politica deve svolgersi in linea con le richieste della società. Detto questo, ritengo che la questione della disuguaglianza di trattamento degli esseri umani e la paura dei nostri simili meritino assai di più di questa risoluzione, sebbene condivida numerose considerazioni tra quelle contenute nel documento.

 
  
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  Gerard Batten, John Whittaker e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. (EN) Il partito indipendentista britannico non sosterrà questa risoluzione perché riteniamo che il Parlamento europeo non abbia alcun diritto di imporre norme morali nei vari Stati membri.

 
  
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  Jens-Peter Bonde (IND/DEM), per iscritto. – (DA) Nella votazione odierna sull’omofobia in Europa ho deciso di non votare né a favore dell’intera relazione, né contro, pur approvando il contenuto della relazione; ho votato in questo modo perché ritengo che nessun “tribunale del popolo” abbia il diritto di condannare la Polonia. E’ necessario invece un tribunale vero e proprio, e il Parlamento europeo non ha la competenza per agire in questo campo.

Se vengono commesse violazioni dei diritti umani, occorre rivolgersi al Tribunale internazionale per i diritti umani.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore di questa risoluzione in quanto tutela i diritti umani su un piano generale negli Stati membri dell’Unione europea, anche se nutriamo qualche riserva sulla formulazione di uno dei punti.

E’ inaccettabile che siano ancora incoraggiate pratiche omofobiche, o altre forme di discriminazione contro le persone sulla base dell’orientamento sessuale. Approviamo quindi la richiesta, rivolta alla Commissione, di presentare un pacchetto antidiscriminazione basato sull’articolo 13 del Trattato sull’Unione europea, allo scopo di porre fine alle discriminazioni fondate su varie basi, tra cui l’orientamento sessuale. Siamo favorevoli a una serie di misure che promuovano la parità di diritti e opportunità per tutti, piuttosto che a mere dichiarazioni formali prive di sostegno legislativo o di bilancio.

Sosteniamo pure l’invito a intensificare l’applicazione pratica della legislazione esistente in questi settori, per tutelare e promuovere i diritti umani. Deploriamo le dichiarazioni discriminatorie pronunciate da esponenti politici contro gli omosessuali, poiché non di rado tali esternazioni fomentano l’odio e la violenza.

 
  
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  Jens Holm, Esko Seppänen, Søren Bo Søndergaard ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato a favore di questa risoluzione perché ribadisce l’importanza di impedire la discriminazione basata sull’orientamento sessuale.

Non sosteniamo quei passaggi delle conclusioni della risoluzione che propongono di concedere all’Unione europea poteri più ampi, o il diritto di prendere decisioni.

Il nostro sostegno a questa risoluzione è semplicemente un voto contro un’odiosa discriminazione che colpisce le persone a causa del loro orientamento sessuale.

Ci opponiamo però a tutte le conclusioni della risoluzione miranti a incrementare i poteri dell’Unione europea in vari settori.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. (EN) I miei colleghi conservatori britannici e io ci siamo astenuti su questa proposta di risoluzione comune. Aborriamo ogni forma di discriminazione nei confronti dei gay e tutti gli aspetti dell’omofobia, ma riteniamo che questa proposta di risoluzione sia stata portata avanti sulla base di mere speculazioni politiche e senza informazioni concrete.

Per quanto riguarda la Polonia, cui si fa riferimento nella proposta, crediamo che sarebbe opportuno attendere gli sviluppi della situazione anziché esprimersi in merito ad accuse generiche non suffragate da fatti.

 
  
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  Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sono orgogliosa di aver votato a favore di questa risoluzione, e constato con rammarico che alcuni colleghi si sono opposti alla sua presentazione. Questo è l’Anno europeo delle pari opportunità in un’Unione che si vanta di impegnarsi a favore dei diritti umani. Ci sono però alcuni Stati membri, come la Polonia, i cui governi devono ancora capire le implicazioni di tale impegno. Un impegno che comporta la garanzia della parità sul posto di lavoro, che impedisce di fare dichiarazioni che incitano all’odio e di attaccare gli altri per il loro modo di essere, che comporta il rispetto dei diritti umani altrui, e quindi il diritto di riunirsi e di essere protetti da ogni forma di violenza – compresa la violenza dello Stato. Mi auguro sinceramente che questa sia l’ultima volta che la nostra Assemblea deve affrontare il problema; confido infatti che gli Stati membri adempiano al proprio dovere nel rispetto della legge e ai sensi della Convenzione internazionale. Ringrazio tutti i colleghi, provenienti dai paesi coinvolti, che hanno votato a favore di questa risoluzione.

 
  
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  Marek Siwiec (PSE), per iscritto. – (PL) La risoluzione del Parlamento europeo poteva essere migliore o più precisa; tuttavia, la gelosa attenzione per l’immagine del proprio paese non può giustificare il silenzio di fronte alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. L’omosessualità non è una malattia, come hanno sostenuto alcuni degli oratori polacchi intervenuti nel dibattito odierno; la vera malattia che affligge molte società, compresa quella polacca, è l’omofobia. La risoluzione tocca un punto fondamentale: la grave situazione di migliaia di cittadini europei, tra cui migliaia di miei compatrioti.

In Polonia, come in altri Stati membri, esiste un’atmosfera di ostilità nei confronti degli omosessuali; in nessun altro Stato membro, però, esponenti del governo e personaggi pubblici rilasciano dichiarazioni che violano i diritti umani fondamentali, e di conseguenza violano i principi e i valori cha stanno alla base del nostro sistema democratico.

In Polonia – devo amaramente ammetterlo – gli omosessuali vengono molestati e insultati; se rendono pubblica la propria omosessualità, subiscono aggressioni verbali o addirittura fisiche. Se i rappresentanti del potere non si spingono fino a favorire tali attacchi, di certo non vi si oppongono.

Così come in una democrazia moderna non c’è posto per il razzismo o l’antisemitismo, allo stesso modo non si possono consentire le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale: certamente non nel XXI secolo! Per tale motivo, seguendo la mia coscienza, ho deciso di votare a favore della risoluzione sull’omofobia in Europa, che invita a sostenere i diritti di quelle persone che molti altri, soprattutto in Polonia, vorrebbero negare.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Voterò contro la risoluzione sull’omofobia in Europa.

Non condivido fino in fondo alcune parti della risoluzione del Parlamento europeo. Il testo, che si basa unicamente su informazioni provenienti dalla Polonia, non rispecchia né le intenzioni né il titolo della risoluzione (“risoluzione sull’omofobia in Europa”). Purtroppo, nell’Unione europea ci imbattiamo nell’omofobia a ogni passo; questo documento omette di menzionare le violazioni dei diritti degli omosessuali commesse in altri paesi europei, e perciò rimane incompleto.

Fortunatamente, le dichiarazioni di esponenti politici come Maciej Giertych, Jarosław Kaczyński o Ewa Sowińska non si traducono in misure legislative specifiche; non è stata varata alcuna legge che violi i diritti degli omosessuali, anche se temo che questa situazione possa cambiare. L’opinione di chi vorrebbe licenziare gli insegnanti che incoraggiano l’omosessualità fra i propri studenti non incontra sostegno. Dichiarazioni tanto irresponsabili costituiscono un’offesa per chi desidera vivere in una Polonia libera, tollerante e aperta; costituiscono una minaccia per la democrazia, e non riflettono l’opinione della maggioranza dei cittadini polacchi.

 
  
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  Manfred Weber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Il gruppo PPE-DE si è astenuto dalla votazione sulla risoluzione contro l’omofobia in Europa, in quanto dissentiamo riguardo alla procedura attuale.

Il gruppo PPE-DE afferma il proprio sostegno alle decisioni prese dal Parlamento europeo in relazione all’omofobia, e in particolare alla decisione del 16 gennaio 2006. In questo spirito, il gruppo PPE-DE respinge con intransigenza qualsiasi forma di omofobia, insieme a tutte le forme di discriminazione, qualunque sia la loro natura.

Contemporaneamente, il gruppo PPE-DE nutre completa fiducia nelle Istituzioni dell’Unione europea e soprattutto nella Commissione quale custode dei Trattati. Nell’attuale situazione giuridica – il cui elemento fondamentale è la direttiva antidiscriminazione – la Commissione prenderà le misure necessarie, qualora ne esista l’esigenza da parte degli Stati membri, per bloccare queste iniziative che vanno respinte da tutti i punti di vista.

Inoltre, il gruppo PPE-DE approva senza riserve l’incarico, conferito all’Agenzia europea per i diritti fondamentali, di svolgere un’inchiesta sull’omofobia in Europa, e preferiamo attendere i risultati di tale inchiesta prima di prendere ulteriori iniziative.

Il gruppo PPE-DE ripone completa fiducia nella società polacca, sicuro che essa saprà prenderà le misure opportune contro le tendenze omofobiche che hanno iniziato a manifestarsi.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. (FR) Ogni essere umano gode di pari dignità, e tale dignità merita rispetto e sostegno. Ogni nostra azione quindi deve ispirarsi a tale approccio.

All’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento si legge che “Quando è iscritta all’ordine del giorno una dichiarazione con discussione, il Parlamento decide se concludere o meno la discussione con una risoluzione.” Qual è il senso di tutto questo se tutte le proposte di risoluzione devono essere presentate prima della discussione, e il termine per la presentazione degli emendamenti è già stato superato? Si tratta di un dialogo tra sordi.

Questa risoluzione non fa eco al dibattito interistituzionale al quale, peraltro, hanno potuto partecipare soltanto gli iniziati. La procedura è tanto più discutibile in quanto i servizi del Parlamento, già consultati, smentiscono le accuse avanzate. La Polonia stessa aveva già risposto il 5 marzo, sul sito web ufficiale del Primo Ministro, alle accuse che il Parlamento sta nuovamente muovendole.

Sebbene nel titolo si parli di omofobia in Europa, abbiamo ingiustamente accusato uno Stato sovrano e il suo governo democraticamente eletto. Questa risoluzione sarà certamente utilizzata per scopi diversi dal nostro desiderio di offrire solidarietà a tutti gli esseri umani contro ogni forma di discriminazione.

 
  
  

– Relazione Lauk (A6-0076/2007)

 
  
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  Jonathan Evans (PPE-DE), per iscritto. (EN) Il partito conservatore al Parlamento europeo si è costantemente opposto all’ingresso del Regno Unito nell’area dell’euro, e continua a essere contrario a tale passo. Per questo si astiene, solitamente, in merito a relazioni sul funzionamento dell’Unione economica e monetaria, giacché tali questioni riguardano quei paesi che fanno parte dell’area dell’euro.

Siamo comunque consapevoli del fatto che la salute delle economie di quei paesi che hanno deciso di aderire all’UEM è importante per quella del Regno Unito, e siamo favorevoli a tutte le misure che intendono garantire la stabilità economica dei nostri maggiori partner commerciali.

Ci asteniamo in questo caso specifico, ma vogliamo manifestare il nostro appoggio al profondo impegno del relatore a favore di una sana finanza pubblica e dell’adeguata applicazione del Patto di stabilità e di crescita. Tali principi sono essenziali per condizioni economiche e commerciali favorevoli e per un positivo rapporto tra l’economia del Regno Unito e le economie della zona dell’euro.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Le relazioni annuali del Parlamento sulle finanze pubbliche propongono la medesima ricetta, nonostante la situazione economica del momento. L’applicazione del Patto di stabilità e di crescita è uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sociale ed economico dell’Unione europea, e soprattutto degli Stati meno sviluppati afflitti da difficoltà economiche, come il Portogallo.

La relazione indica esplicitamente agli Stati membri l’obiettivo di utilizzare “la ripresa economica per ridurre i propri disavanzi di bilancio e rendere più competitivi i propri mercati del lavoro”. In altre parole, si intende tagliare le funzioni sociali dello Stato e deregolamentare il mercato del lavoro in termini di salario e di sicurezza del posto di lavoro per i lavoratori della pubblica amministrazione.

L’obiettivo prioritario di questa relazione non è più l’azzeramento del deficit, ma piuttosto un surplus di bilancio. Naturalmente il relatore non è soddisfatto della pseudorevisione del Patto effettuata nel 2005, quando emerse con chiarezza l’irrazionalità del Patto, data la recessione economica che imperversava allora nell’Unione europea. Come noi tutti sappiamo, questo è un patto politico, frutto dell’ideologia neoliberista prevalente, nell’ambito del quale la giustificazione economica è solo un alibi. Questa è la posizione che sosteniamo sin dal 1997, quando abbiamo iniziato a chiedere l’abolizione del Patto di stabilità e di crescita.

Per queste ragioni abbiamo votato contro la relazione in esame.

 
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