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RC-B6-0162/2007

Discussioni :

PV 26/04/2007 - 13
CRE 26/04/2007 - 13

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PV 26/04/2007 - 15.3
PV 26/04/2007 - 15.4
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Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 26 aprile 2007 - Strasburgo Edizione GU

13. Zimbabwe (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sullo Zimbabwe.

 
  
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  Günter Nooke, Presidente in carica del Consiglio.(DE) Signora Presidente, onorevoli deputati, gli eventi di marzo hanno fatto capire in modo drammatico che la crisi che da tempo covava in Zimbabwe si è ora aggravata. Il brutale trattamento riservato a pacifici dimostranti e politici dell’opposizione, nonché le minacce agli ambasciatori occidentali, dimostrano che il regime ha finalmente gettato la “maschera di Stato di diritto”.

Il Presidente Mugabe lotta per restare al potere con ogni mezzo a sua disposizione. Data la deplorevole situazione economica (basti ricordare il tasso di disoccupazione dell’80 per cento e quello di inflazione superiore al 1 700 per cento) e i crescenti livelli di repressione, l’opinione pubblica del paese si sta ribellando sempre più apertamente. Questo atteggiamento non è più limitato alla popolazione in generale: persino lo stesso partito del Presidente, lo Zanu-PF, non lo sostiene più incondizionatamente. Il suo tentativo al congresso del partito nel dicembre 2006 di rinviare le elezioni presidenziali di due anni per farle coincidere con la data delle elezioni politiche nel 2010 è stato rinviato al comitato, il quale lo ha respinto.

Avendo assunto la Presidenza del Consiglio UE, nelle ultime settimane abbiamo espresso chiaramente la nostra posizione rispetto agli eventi in Zimbabwe. In due dichiarazioni del 12 e 14 marzo, abbiamo condannato la criminalizzazione del pacifico “Incontro di preghiera” tenutosi ad Harare l’11 marzo, e abbiamo chiesto il rilascio degli arrestati, oltre alla concessione di assistenza legale e medica.

In una nota datata 13 marzo 2007, l’ambasciata tedesca ad Harare, a nome di tutti i partner dell’Unione europea, ha chiesto a gran voce al governo dello Zimbabwe di osservare i principi costituzionali. In stretto coordinamento tra di loro, gli ambasciatori dell’UE nel paese hanno espresso al governo la loro disponibilità a prendersi cura, anche di persona e in qualsiasi momento, delle persone arrestate e ferite dal governo.

In qualità di paese che detiene la Presidenza del Consiglio UE, nella nostra dichiarazione del 18 marzo abbiamo condannato con la massima fermezza i nuovi arresti e maltrattamenti a cui sono stati sottoposti membri dell’opposizione il 17 e il 18 marzo, nonché il divieto di espatrio imposto a due esponenti dell’opposizione, gravemente ferite negli scontri dell’11 marzo, che volevano sottoporsi a cure mediche in Sudafrica. In seguito a questa presa di posizione, gli oppositori feriti hanno potuto raggiungere il Sudafrica in aereo. La maggior parte degli oppositori arrestati sono stati scarcerati.

Su richiesta dell’UE, nella sua discussione del 29 marzo, il Consiglio dei diritti umani dell’ONU si è occupato esclusivamente dello Zimbabwe. In una dichiarazione appoggiata da un totale di 50 paesi, l’UE ha adottato una posizione chiara rispetto all’attuale situazione in Zimbabwe e ha chiesto al governo Mugabe di rispettare la legalità, di tutelare i diritti umani e di collaborare con i meccanismi ONU in materia di diritti dell’uomo.

Stiamo tutti osservando con grande attenzione le reazioni dei paesi vicini dello Zimbabwe. Le nostre ambasciate nella regione sono impegnate in un serrato dialogo politico con i governi dei paesi ospitanti. Concordiamo tutti, nell’analisi, che vi sono segnali sempre più frequenti di un crollo della solidarietà al regime di Mugabe nell’intera regione, anche per le pressioni esercitate dalla società civile. A questo proposito, speriamo in particolar modo che i partner africani mostrino apertamente, per la prima volta, quanto stia loro a cuore la soluzione della crisi in Zimbabwe.

Oltre a singoli commenti, come quelli espressi dal Presidente Mwanawasa dello Zambia, che ha paragonato lo Zimbabwe a un Titanic che affonda, ci ha colpito in particolar modo il mutamento della linea politica della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC). Durante uno speciale Vertice tenutosi il 28 e 29 marzo 2007, i suoi capi di governo hanno riconosciuto per la prima volta la loro responsabilità regionale nel conflitto in Zimbabwe. Il Presidente Mbeki ha ricevuto un chiaro mandato di avviare un dialogo tra governo e opposizione. Le sue attività dovranno essere coadiuvate dalla controparte tanzaniana, il Presidente Kikwete, in qualità di Presidente in carica dell’organo della SADC in materia di politica, difesa e sicurezza. Il Segretario generale della SADC presenterà una relazione sulla situazione economica dello Zimbabwe.

Le principali richieste rivolte a Mugabe dalla SADC sono di rispettare la data prevista per le elezioni presidenziali del 2008 e di porre fine alla repressione nei confronti dell’opposizione. Il 30 marzo, il comitato centrale del partito Zanu-PF ha deciso di indire le elezioni presidenziali a marzo del 2008 e di anticipare al 2008 anche le elezioni politiche, in origine previste per il 2010.

Mugabe è stato scelto come capolista senza alcun dibattito interno. Contemporaneamente, sono state annunciate modifiche che migliorerebbero artificialmente la posizione di partenza di Mugabe e del suo partito alle prossime elezioni. Esse comprendono, tra l’altro, l’aumento delle circoscrizioni e, di conseguenza, le pratiche di alterazione illecita delle stesse, la nomina, non a elezione diretta, di senatori in proporzione alla forza del partito in Parlamento. Inoltre, se la carica di Presidente resterà vacante, il nuovo Presidente sarà scelto dal Parlamento e non tramite nuove elezioni. Queste nuove regole devono ancora entrare in vigore in seguito a modifiche costituzionali.

Il governo non ha smesso di usare la forza contro singoli esponenti dell’opposizione. Ha bollato come terroristi i membri dell’ala Tsvangirai del partito di opposizione MDC e, così facendo, sta cercando di seminare zizzania tra l’opposizione, la quale ha fatto fronte comune per la prima volta dopo i disordini di marzo. Tuttavia, lo Stato si è astenuto dal vietare o disperdere eventi di grandi dimensioni come il menzionato “Incontro di preghiera” nelle due più grandi città del paese. Anche il divieto di assembramento e di manifestazione è stato revocato, tranne che in diverse zone di Harare.

Già alla fine del 2006, il congresso del partito Zanu-PF aveva dimostrato che la posizione di Mugabe non era più incontrastata. Nel frattempo, Mugabe sta sviluppando sempre più una mentalità da stato d’assedio, come ha dimostrato anche formando organizzazioni parallele quali la milizia giovanile, che non rientra nella gerarchia dell’esercito e della polizia. La loro imponente presenza, spesso oppressiva, davanti all’edificio in cui si svolgeva la riunione del comitato centrale chiaramente ha esercitato una certa pressione sul processo decisionale dei membri del politburo a favore della nomina di Mugabe a candidato alla presidenza.

Nonostante la vittoria tattica di Mugabe alla riunione del comitato centrale il 30 marzo, che gli ha fruttato la nomina a candidato presidenziale nel 2008, indebolendo pertanto la posizione dei suoi critici in seno al partito, la sensazione nello Zimbabwe è che il paese sia dominato da una specie di atmosfera apocalittica. Pertanto, a livello UE, oltre a discutere degli attuali sviluppi, si riflette anche sul dopo Mugabe. Negli ultimi giorni, il gruppo di lavoro UE/Africa e i direttori UE/Africa si sono concentrati sullo Zimbabwe. Il Consiglio dei ministri degli Esteri di lunedì ha discusso in dettaglio della crisi in Zimbabwe.

Nelle sue conclusioni, il Consiglio ha espresso il suo apprezzamento per l’iniziativa della SADC e si è dichiarato disponibile a sostenerla, se sarà invitato a farlo. Ha messo in risalto l’opinione secondo cui soltanto un dialogo ampio e costruttivo può porre le basi per autentiche riforme e per la riconciliazione nazionale in Zimbabwe. Allo stesso tempo, ha evidenziato che l’UE in futuro adotterà anche provvedimenti umanitari di cui beneficerà direttamente la popolazione.

Nel comunicato emesso in seguito al Vertice speciale di marzo, la SADC ha chiesto all’UE di interrompere le sanzioni. Vista l’attuale situazione del paese, non ottempereremo a tale richiesta. La nostra politica deve restare credibile. In risposta ai disordini di marzo (anche questa misura è stato decisa dal Consiglio lunedì) amplieremo l’elenco unico delle persone soggette a sanzioni, includendo gli agenti di polizia, i quali sono tra i principali responsabili dell’attuale crisi e delle violazioni dei diritti umani.

I partner UE concordano che si possa giungere a una soluzione della crisi in Zimbabwe soltanto con l’aiuto dell’Africa. Dopo l’inversione della linea politica a marzo, i partner africani hanno chiesto espressamente all’UE di avere pazienza. Tuttavia, continueremo a monitorare attentamente se e in che misura prenderà forma la politica perseguita dalla SADC.

Nonostante ciò, sappiamo di non potere stare a guardare a oltranza. Nel prossimo futuro, l’UE dovrà prendere una posizione rispetto all’iniziativa della SADC, in particolare sul suo contenuto. Risponderemo inoltre con la dovuta energia agli eventi che si verificheranno nel paese. L’UE non può restare, e non resterà in silenzio davanti a violazioni dei diritti umani.

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione.(EN) Signora Presidente, la Commissione è molto preoccupata per l’attuale deterioramento della situazione politica e socioeconomica dello Zimbabwe. In particolare, condanniamo i recenti atti di repressione violenta nei confronti dell’opposizione.

La Commissione inoltre ha appoggiato senza riserve le dichiarazioni della Presidenza tedesca di condanna delle recenti violenze, degli arresti e del maltrattamento dei detenuti. Ha anche chiesto al governo dello Zimbabwe di rilasciare i detenuti e di rispettare i diritti fondamentali. La crisi dovrebbe risolversi attraverso il dialogo con tutte le forze politiche.

Lunedì scorso, anche il Consiglio Affari Generali ha tratto conclusioni che vanno in questa direzione. In questo contesto, la Commissione continua ad attribuire grande importanza al miglioramento del dialogo con i partner regionali dello Zimbabwe. Riconosciamo appieno l’importantissimo ruolo che essi possono svolgere nel promuovere la riconciliazione nazionale nel paese.

La Commissione ha pertanto accolto con favore il Vertice straordinario dei capi di Stato della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (SADC), che si è svolto il 28 e 29 marzo 2007 a Dar es Salaam. I leader regionali hanno deciso di impegnarsi nella risoluzione della crisi in Zimbabwe scegliendo il Presidente sudafricano, Thabo Mbeki, come mediatore. E’ stato concordato tra tutti gli Stati membri europei di inviare alla SADC un messaggio autorevole in merito. In primo luogo, per riconoscere il ruolo di primo piano che l’organizzazione può svolgere nella soluzione della crisi e, in secondo luogo, per concedere un attimo di respiro alla SADC nei suoi sforzi di mediazione.

Pertanto, siamo dell’opinione che occorra evitare qualsiasi provvedimento che possa mettere a repentaglio l’iniziativa della SADC e che l’UE debba essere pronta a monitorare gli sforzi della SADC per la soluzione della crisi in Zimbabwe.

Inoltre, è stato deciso di adottare misure volte a informare adeguatamente la regione e l’intera Africa in merito al contenuto dei provvedimenti o delle sanzioni UE nei confronti dello Zimbabwe. Queste consistono in un divieto di concessione di visti alla leadership dello Zimbabwe e nel congelamento dei loro beni, oltre a un embargo sulle armi. La cooperazione commerciale, economica e nel campo degli aiuti essenziali non è stata toccata dai provvedimenti dell’UE. Al riguardo, il livello degli aiuti destinati allo Zimbabwe, solo nel 2006, è stato pari a circa 193 milioni di euro: 86 milioni di euro provenienti dalla Commissione e 107 milioni di euro dagli Stati membri. Questo tipo di aiuti, di cui beneficia direttamente la popolazione dello Zimbabwe, proseguirà in futuro.

 
  
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  Geoffrey Van Orden, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare la Commissione e il Consiglio per le loro dichiarazioni. Ogni deputato in quest’Aula è certamente consapevole della spaventosa situazione che regna in Zimbabwe. Negli ultimi anni abbiamo espresso la nostra opinione in 16 risoluzioni, ma il regime di Mugabe continua a ricordarci che, per quanto grave sia la situazione, esso può sempre peggiorarla tragicamente.

Milioni di persone sono fuggite dal paese; molti di coloro che restano dipendono dagli aiuti alimentari per sopravvivere; si prevede che l’iperinflazione raggiunga il 5 000 per cento entro fine anno; il tasso di disoccupazione è all’80 per cento; 3 000 persone muoiono ogni settimana di HIV-AIDS; inoltre lo Zimbabwe ha la più alta percentuale di orfani al mondo. Queste sono le tragiche statistiche. Quando la gente tenta di radunarsi o di organizzare qualunque tipo di protesta, viene brutalmente aggredita dalla polizia del regime, come abbiamo visto.

Concordo che si è registrato uno sviluppo positivo: le ultime brutalità commesse da Mugabe hanno finalmente suscitato una reazione dei paesi africani confinanti, che occorre incoraggiare. La Comunità di sviluppo dell’Africa australe ha infine preso atto del fatto che esiste una crisi in Zimbabwe. Si tratta di un passo avanti di capitale importanza, di un’ulteriore prova del mutamento di opinione in tutta l’Africa. Oggi Mugabe è considerato dai suoi colleghi un dittatore che ha abusato egoisticamente del proprio popolo, un dittatore le cui azioni minacciano lo sviluppo economico di tutto il continente. Non sono più disposti ad accettare le stanche scuse di Mugabe, secondo cui i problemi dello Zimbabwe sarebbero causati dall’esterno.

E’ chiaro a tutti che è lui ad aver messo in ginocchio il suo paese e il suo popolo: si è presentato al Vertice della SADC aspettandosi di ricevere sostegno alle proprie politiche, ma se n’è andato invece con la coda tra le gambe, dopo aver assistito alla nomina del Presidente sudafricano Mbeki a mediatore nel dialogo tra lo Zanu-PF e l’opposizione. Il compito di Mbeki sarà quello di creare le condizioni per lo svolgimento di elezioni libere e regolari.

Tuttavia, finché in Zimbabwe non sarà ripristinata la libertà, la pressione sul regime non va assolutamente allentata. Troppo spesso i governi europei, per motivi erronei, non sono riusciti neanche ad applicare il divieto di viaggio nell’UE stessa e altre misure restrittive.

Quando Mugabe finalmente cadrà, la comunità internazionale dovrà essere pronta ad agire senza indugi. Chiedo alla Commissione e al Consiglio di avviare fin da ora una seria pianificazione per formulare un programma di ampio respiro e aiuti d’urgenza allo Zimbabwe nel dopo-Mugabe.

 
  
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  Margrietus van den Berg, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signora Presidente, lo Zimbabwe che conoscevo era un paese orgoglioso, un faro per la regione, fiero della sua sudata libertà, un bel paese, in cui i cittadini, neri e bianchi, credevano nel futuro, in cui neri e bianchi tentavano insieme di curare le dolorose ferite inferte dal razzismo dell’era della Rhodesia, un paese in cui i cittadini si impegnavano a costruire una democrazia.

Questa immagine stride con quella dello Zimbabwe odierno, con le sue spaventose statistiche. La speranza di vita in Zimbabwe è oggi una delle più basse al mondo: 37 anni per gli uomini e non più di 34 per le donne; l’80 per cento dei cittadini vive sotto la soglia di povertà; un terzo della popolazione è fuggito dal paese, mentre milioni di persone sono riparati nei paesi confinanti e altri 50 000 scelgono la stessa strada ogni mese.

L’economia del paese, un tempo noto come il granaio dell’Africa, si è contratta del 40 per cento in un decennio, e non si prevede alcun miglioramento, anzi sta ulteriormente diminuendo del 5,7 per cento, il che fa dello Zimbabwe l’unico paese dell’Africa con un’economia che non cresce. L’iperinflazione, a cui si è già fatto riferimento, significa che è impossibile per i molti cittadini rimasti nello Zimbabwe, data la disoccupazione di massa, far fronte ai propri bisogni quotidiani fondamentali.

L’Unione europea ha fatto bene a decidere di penalizzare con sanzioni personali ancora più severe il gruppo dirigente dello Zimbabwe, i quali, con il terrore di Stato, hanno prodotto questo livello di devastazione. Come tutti sappiamo, resta ancora moltissimo da fare per trovare una via d’uscita. Una strada è indicata nella nostra risoluzione comune e delinea in che modo il paese potrà procedere in un’era post-Mugabe, descrive azioni e misure concrete, invitando, giustamente con forza Mbeki e i membri della SADC a chiudere la porta al terrorismo di Stato con la risolutezza necessaria e a sgomberare la strada al dialogo nell’era post-Mugabe.

Siamo a favore della più ampia opposizione possibile a Mugabe e siamo anche a favore dello Zimbabwe. Vorremmo chiedere al Consiglio di espandere l’ambito delle sanzioni. Chiunque sia responsabile di questo sempre più rapido affossamento del paese, una volta così fiero, dev’essere chiamato a renderne conto, ivi compresi ministri, rappresentanti, capi dell’esercito, della polizia e dei servizi segreti, nonché il governatore della banca centrale. Intendiamo chiedere al Regno Unito di utilizzare la sua Presidenza del Consiglio di sicurezza per inserire lo Zimbabwe all’ordine del giorno. Infine, speriamo davvero che Mbeki, svolgendo un ruolo ancora più importante, ponga fine al regime di Mugabe, perché, dopo quasi tre decenni, è giunto il momento di sbarazzarsene una volta per tutte.

 
  
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  Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. (PL) Signora Presidente, se un determinato paese viene citato spesso in Parlamento è un brutto segno, perché ciò significa che la situazione dei diritti umani in quel paese è veramente grave. Temiamo che lo Zimbabwe fosse, sia e resterà (nel prossimo futuro) precisamente quel tipo di paese.

Il paradosso sta nel fatto che stiamo festeggiando il 27º anniversario dell’indipendenza del paese. Purtroppo, tale indipendenza non comprende la libertà. Per esempio: un mese e mezzo fa l’opposizione è stata brutalmente repressa, con due morti e 300 arrestati.

Questo l’aspetto politico della situazione, quello di cui siamo soliti discutere in Parlamento. Ma vi è anche un lato economico del problema che forse è ancora più grave: in Zimbabwe, circa 4 milioni e mezzo di persone sono malnutrite, un terzo di loro è stato aiutato dal Programma alimentare mondiale e ha ricevuto aiuti alimentari nel quadro di tale programma. Si tratta di un paese in cui l’aspettativa di vita media è pari a 35,5 anni. Come già ricordato dal precedente oratore, in questo ambito lo Zimbabwe è un primatista mondiale (in negativo). Un quinto della sua popolazione è positiva all’HIV, con 3 200 nuovi casi ogni settimana. Lo Zimbabwe ha la percentuale di orfani più alta al mondo. Il tasso di disoccupazione del paese è pari all’80 per cento, e la stessa percentuale vive al di sotto della soglia di povertà! Ogni mese, alcune migliaia di persone abbandonano il paese. Oltre il 30 per cento dei cittadini è già emigrato nei paesi confinanti.

Lo Zimbabwe è l’unico paese africano in cui l’economia sta rallentando. Nell’ultimo decennio, l’attività economica del paese si è ridotta del 40 per cento, mentre quest’anno è diminuita di un ulteriore 6 per cento. Lo scorso anno, il tasso medio di inflazione è arrivato al 2 200 per cento. Quest’anno supererà di certo il 5 000 per cento! Dal 1998, la produzione agricola è scesa dell’80 per cento! I due principali settori produttivi dello Zimbabwe, ovvero il tabacco e l’estrazione dell’oro, sono sull’orlo del collasso.

Questi sono soltanto dati statistici e, benché tragici e rivelatori, ho paura che le fredde cifre, le percentuali e i numeri possano oscurare le singole tragedie che colpiscono milioni di persone. E’ vero che lo Zimbabwe è lontano, ma ricordiamoci delle parole di Ernest Hemingway: “Non chiedere per chi suona la campana, suona per te.” Lo Zimbabwe è un paese caduto in un “buco nero”: sta scomparendo davanti ai nostri occhi, sta cessando di esistere come economia e come società, e l’unico segno di un governo funzionante è la repressione politica. Non possiamo restare in silenzio. Non possiamo far finta che la solidarietà sia sufficiente, senza decisioni politiche.

E’ per questo motivo che la presente discussione è utile; è per lo stesso motivo che ci serve questa risoluzione. Occorre una risoluzione comune, una risoluzione che sia al di sopra delle divisioni politiche.

 
  
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  Athanasios Pafilis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signora Presidente, è piuttosto ironico e tragico che coloro che fecero dello Zimbabwe una colonia, coloro che ne saccheggiarono le risorse naturali in tutti questi anni, oggi stiano lottando per la sua indipendenza e la sua libertà. Perché il Parlamento europeo continua a discutere dello Zimbabwe? E’ perché in quel paese si violano i diritti umani? No, onorevoli colleghi. Diciamo pane al pane! E’ perché la Gran Bretagna sogna di ridurlo nuovamente a colonia e gli altri principali paesi dell’Unione europea sognano ancora di nuove colonie nel continente africano. Questi sono i fatti. Lo Zimbabwe conquistò l’indipendenza con una dura e sanguinosa lotta contro i colonizzatori britannici.

Il paese ha dei problemi? Chiaramente sì. La situazione è quella che è stata descritta? Chiaramente sì, ma essa è il risultato di anni di colonialismo, il risultato dei provvedimenti imposti in tutti questi anni dall’Unione europea e da altri paesi imperialisti, di provvedimenti volti ad acquisire il completo controllo economico e l’isolamento politico del regime dello Zimbabwe. In ultima analisi, se e come muterà la situazione in Zimbabwe lo deciderà il suo popolo e né l’Unione europea, né alcun altro ha il diritto di interferire nei suoi affari interni.

Oggi esiste un piano, in fase di preparazione da diversi anni. Qual è questo piano? Finanziare e comprare l’opposizione. Si stanno elargendo milioni a varie figure che si pongono come oppositori politici al regime. Si finanziano organizzazioni non governative composte da dipendenti stipendiati che non hanno alcun ruolo nella comunità dello Zimbabwe. Sono state approvate sanzioni mentre, al contempo, la Gran Bretagna non tiene fede agli accordi che ha sottoscritto con lo Zimbabwe. Perfino il commercio illegale di armi è proseguito e il figlio di Margaret Thatcher è stato arrestato: è un fatto noto e riportato da tutti i giornali.

Pertanto riteniamo che l’Unione europea non abbia diritto a interferire negli affari interni dello Zimbabwe o di qualunque altro paese. I problemi del paese devono essere risolti dalla popolazione stessa nel modo che riterrà più opportuno. E’ per questo che abbiamo votato contro la proposta di risoluzione comune e siamo rattristati per il fatto che, nonostante sappiate bene che tutti i provvedimenti che adottate e l’embargo che imponete sullo Zimbabwe peggiorerà le cose e causerà la morte di migliaia di persone, continuate a portare avanti la stessa crudele politica.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, Mugabe e i cacciatori di topi. Esiste un nesso tra il Presidente dello Zimbabwe e coloro che si dedicano a questa curiosa attività? Sì, e anche stretto, perché nelle immediate vicinanze della tenuta di Mugabe (la residenza privata più grande dell’Africa) rispettabili cittadini riescono a tenersi a galla soltanto dando ogni giorno la caccia ai topi. Infatti questi animali sono, per loro, come il manzo per noi. Questo è il punto a cui è arrivato lo Zimbabwe, fino a poco tempo fa il granaio dell’Africa, sotto il tirannico regime di Robert Mugabe.

Il regime è finanziato da una campagna tanto assurda quanto criminale: a partire dal 2000, migliaia di fattorie produttive furono confiscate ai proprietari bianchi e cedute a prestanome di Mugabe, incompetenti e indifferenti, provocando una carestia su vasta scala. Per inciso, il partito Zanu-PF di Mugabe sfrutta la penuria alimentare come arma contro l’opposizione. Il corrispondente R.W. Johnson ha recentemente rivolto critiche violentissime alla tirannia di Mugabe. Ha riferito che in Zimbabwe la gente viene eliminata su vasta scala, come gli animali, e che la maggior parte delle vittime è il risultato diretto di politiche governative premeditate. Tale genocidio è probabilmente dieci volte peggiore di quello del Darfur, ma viene ignorato dall’ONU.

Arnold Tsunga, Presidente dell’organizzazione per i diritti umani “Crisis in Zimbabwe Coalition”, ha usato parole identiche per descrivere la situazione. Tsunga ha definito la politica di Mugabe uno “scaltro genocidio”, perché non viene notato dai governi, dalle organizzazioni umanitarie, dalla stampa. Il mio messaggio al Consiglio, alla Commissione, e a quest’Assemblea, è che questa accusa di scaltro e tacito genocidio non deve darci pace finché non avrà più ragione d’essere.

 
  
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  Michael Gahler (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, onorevole Pafilis, quattro minuti fa, ha pronunciato il discorso più cinico sullo Zimbabwe che mai si è udito in quest’Aula dal 1999. Lei non guarda in faccia nessuno, legittimando una dittatura. Le raccomando di prestare ascolto al commovente appello del vescovo Tutu, che considero al di sopra di ogni sospetto.

A volte crediamo che sia impossibile che la situazione di un paese possa peggiorare, se esso ha l’aspettativa di vita più bassa del mondo, il record mondiale dell’inflazione, se la disoccupazione si aggira attorno all’80 per cento, se la stessa percentuale di persone vive al di sotto del livello di povertà assoluta, e se l’economia ha subito una contrazione del 40 per cento nell’ultimo decennio. Purtroppo, il potere dei regimi proprio in questi paesi è ancora sufficiente per aggredire la popolazione, come è avvenuto lo scorso 11 marzo, il caso più recente. Molti sono stati arrestati e torturati. Come parlamentari, siamo particolarmente scandalizzati per il brutale maltrattamento di cui è stato vittima il nostro omologo, Nelson Chamisa, il quale, mentre era in viaggio per Bruxelles per una riunione di commissione dell’Assemblea parlamentare paritetica, è stato brutalmente picchiato all’aeroporto di Harare dalla teppaglia del regime, perdendo un occhio.

Ringrazio il Consiglio, per aver chiaramente espresso le sue opinioni sulla situazione il 13 e 18 marzo, nonché in sede di Consiglio generale il 23 aprile, e per aver anche allungato la lista degli esponenti di spicco del regime a cui è stato imposto il divieto di viaggio. Almeno la SADC ha riconosciuto che esiste una crisi in Zimbabwe e ha fatto intervenire il Presidente Mbeki come mediatore. Siamo consapevoli del fatto che, purtroppo, Mugabe si sente in qualche modo incoraggiato in seguito alla riunione della SADC, e anche che la repressione sta proseguendo in tutto il paese senza che la comunità internazionale vi faccia caso.

Il Sudafrica riveste sempre un ruolo chiave. Il Presidente Mbeki deve svolgere il suo ruolo di mediatore in modo credibile. Sappiamo quanto sia difficile accettare che un liberatore si trasformi in un tiranno, ma sta a Mbeki passare alla storia come qualcuno che, alla fine, ha contribuito a far trionfare i diritti umani e la democrazia in Africa, prendendo le parti di coloro che soffrono in silenzio.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE).(PT) L’Arcivescovo cattolico di Bulawayo, Pius Ncube, ha recentemente condannato la povertà e l’oppressione che Mugabe ha inferto allo Zimbabwe negli ultimi anni e ha invitato la gente a scendere in strada e ad affrontare l’esercito del regime. Ha dichiarato quanto segue:

(EN) “Mugabe è un folle assetato di potere e vi si aggrapperà, anche a costo di distruggere l’economia e lo Zimbabwe stesso. Mugabe è un uomo malvagio, un prepotente e un assassino. Non mi farò né intimidire, né comprare da lui. Sono conscio del fatto che questo può anche voler dire perdere la vita”.

(PT) Gli esponenti dell’opposizione, gli attivisti per i diritti umani e per lo sviluppo dello Zimbabwe e questo coraggioso arcivescovo stanno ricevendo il sostegno che meritano dalla Commissione e dal Consiglio? Tale sostegno consiste anche nel mobilitare la necessaria solidarietà di altri africani, dell’Unione africana e della Comunità di sviluppo dell’Africa australe. In nome di una seria discussione sui problemi dell’Africa e di una positiva interazione tra Europa e Africa, saranno anch’essi invitati e benvenuti a Lisbona in occasione del Vertice UE-Africa sotto la Presidenza portoghese?

La presente risoluzione del Parlamento è importante e giunge al momento opportuno per fornirci risposte chiare.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE).(EN) Signora Presidente, sono pienamente d’accordo sulle opinioni espresse dall’onorevole Gahler riguardo all’onorevole Pafilis. Non ho mai sentito in vita mia un tale travisamento della verità come quello che ha poc’anzi pronunciato in questa Aula.

Per prima cosa, valuto positivamente la proposta di risoluzione comune che cerca con vigore di difendere le sanzioni dirette contro la spietata violenza del regime, che affligge lo Zimbabwe nel peggior modo possibile. Ringrazio coloro che hanno lavorato con impegno a questa proposta di risoluzione e sono soddisfatto dei risultati.

Isolare Mugabe e altre figure del suo regime riveste la massima importanza al fine di dimostrare alla comunità internazionale e alle altre nazioni africane che gli Stati membri dell’Unione europea non tollereranno questi palesi abusi dei diritti umani e della dignità umana. Ci siamo opposti con coerenza a questa brutale minaccia e continueremo a farlo insieme. Mugabe deve ricordarsi della sua promessa di dimettersi e farlo subito. Questo è l’unico atto che potrebbe giovare allo Zimbabwe. Il potere assoluto corrompe in modo assoluto.

Gli esponenti del governo illegittimo dello Zimbabwe non sono autorizzati a fare ingresso in nessuno Stato membro dell’UE e a questo proposito mi riferisco, in particolare, al Vertice UE-Africa previsto per dicembre a Lisbona. La proposta di risoluzione comune chiarisce e riafferma che una debolezza di tale misura comprometterebbe gravemente l’azione dell’Unione europea. Ostacolerebbe il futuro impiego del potere di persuasione, dovunque possa tornarci utile metterlo in campo. Le sanzioni dell’Unione europea già applicate esercitano concrete pressioni sul brutale regime di Robert Mugabe. Per questo vanno rafforzate, rinvigorite e portate a un livello più severo.

Per quanto riguarda il livello successivo, è ben noto che Mugabe sta cercando appoggi finanziari e sostegno da paesi, come la Cina, che non sono sempre tanto risoluti su temi quali la libertà e la democrazia quanto io e molti altri desidereremmo. La proposta di risoluzione comune mostra la decisione con cui il Parlamento intende portare questa questione davanti al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

Infine, il denaro che inviamo allo Zimbabwe deve essere speso correttamente e non andare a rimpinguare le casse del dittatore.

Concludo dichiarando in modo chiaro e netto che ci sentiamo vicini al popolo dello Zimbabwe ma non appoggiamo in alcun modo Mugabe.

 
  
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  Józef Pinior (PSE).(PL) Signora Presidente, ventisette anni fa tutti fummo colpiti dalla lotta per l’indipendenza del popolo dello Zimbabwe. All’epoca, la società di quello Zimbabwe era considerata da altri paesi in via di sviluppo un esempio di lotta coloniale. Questo rispetto per il popolo dello Zimbabwe ora rappresenta il principale imperativo morale che ci porta a sostenere la lotta per la democrazia e lo Stato di diritto in quel paese.

Esattamente un mese fa, nel corso della plenaria del Parlamento europeo, abbiamo visto il viso insanguinato del leader dell’opposizione democratica, Morgan Tsvangirai, sugli schermi televisivi in questo stesso edificio. Ora egli è il vero leader della società dello Zimbabwe.

Oggi, i capi oppressi del movimento studentesco, la società civile, i sindacati, l’Unione europea, le Istituzioni e il Parlamento europeo devono tutti fare ciò che è in loro potere per aiutare il popolo dello Zimbabwe, per aiutare la società civile di quel paese e per aiutare lo Zimbabwe a ritornare alla democrazia, alla libertà e allo Stato di diritto. La Repubblica del Sudafrica e il suo Presidente Mbeki hanno un ruolo determinante da svolgere in questo processo. Il Parlamento europeo sostiene le azioni necessarie per promuovere la democrazia e lo Stato di diritto in Zimbabwe.

 
  
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  Presidente. – Ho ricevuto sei proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà tra breve.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.

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