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Testi presentati :

RC-B6-0189/2007

Discussioni :

PV 09/05/2007 - 10
PV 09/05/2007 - 11
CRE 09/05/2007 - 11

Votazioni :

PV 10/05/2007 - 7.14
CRE 10/05/2007 - 7.14
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 10 maggio 2007 - Bruxelles Edizione GU

8. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Reynaud (A6-0143/2007)

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. – (EN) A nome del gruppo socialista al Parlamento europeo apprezzo moltissimo quest’emendamento al nostro Regolamento, in virtù del quale l’Assemblea potrà occuparsi con molta più efficacia e rapidità delle proposte volte a semplificare la legislazione europea, sia tramite la codificazione delle normative esistenti, senza cambiamenti sostanziali, sia mediante la riformulazione di proposte in cui si combinino cambiamenti sostanziali con la semplificazione della legislazione esistente.

Le proposte sulle normative comunitarie che stiamo considerando in questo Parlamento riguardano sempre di più la modifica o l’aggiornamento della legislazione europea attuale anziché il varo di nuove leggi su nuove tematiche. Poche cose rendono oscura e complessa la legislazione europea più della consuetudine di emanare direttive per emendare quelle precedenti senza mai consolidare l’insieme dei testi in un unico documento. La Commissione deve accelerare il suo programma per codificare le normative comunitarie esistenti, non solo per cercare di ridurre il numero di pagine dell’acquis comunitario, ma per renderlo più trasparente e facilmente accessibile a tutti. Oggi, emendando il suo Regolamento, l’Assemblea sta dando un segnale forte, dimostrando di essere pronta a contribuire alla realizzazione di questo processo e a farlo con la rapidità e la diligenza dovute.

 
  
  

– Relazione Meijer (A6-0131/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Se qualcuno nutrisse ancora dubbi sugli obiettivi di queste raccomandazioni, non dovrebbe far altro che leggere attentamente le informazioni fornite in merito dal Parlamento: “per la prima volta” viene riconosciuta alle autorità pubbliche la libertà di scegliere gli operatori dei cosiddetti “servizi pubblici” di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia, siano essi pubblici o privati. In altre parole, ciò equivale ad “assegnare contratti di servizio pubblico” nel quadro della concorrenza, il che significa minare il concetto di servizio pubblico erogato dallo Stato, nell’ambito del quale non vengono pregiudicati i diritti dei lavoratori e degli utenti di servizi pubblici accessibili e d’alta qualità.

Benché contenga alcuni punti validi – come la possibilità per le autorità competenti di fornire loro stesse i servizi o di affidare il contratto direttamente a un ente sul quale esercitano il controllo – la raccomandazione adottata costituisce parte delle politiche che liberalizzano e promuovono privatizzazioni e monopoli scaricandone il costo sul finanziamento pubblico, in base alle forze di ciascuno dei paesi che vi partecipano.

Siamo molto delusi per la bocciatura delle proposte che abbiamo presentato e che erano finalizzate a salvaguardare i diritti dei lavoratori del settore, come l’inclusione nei contratti di disposizioni a tutela dei posti di lavoro nel caso di cambiamento dell’operatore.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato questi emendamenti per introdurre nuove norme sui servizi pubblici di trasporto passeggeri per ferrovia e su strada finalizzate a riequilibrare l’assegnazione di appalti per tali servizi tra i settori pubblico e privato. Appoggio in particolare l’iniziativa di abrogare la vecchia normativa comunitaria e di sostituire le norme nazionali vigenti sulla concorrenza nel settore dei trasporti pubblici con norme comuni valide in tutta Europa.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) Già la proposta della Commissione del 2000, in cui si prevedeva l’applicazione all’intero settore dei trasporti pubblici di un’imposta sulle pubblicazioni delle gare d’appalto, s’inseriva nel contesto politico di quel periodo, in cui l’idea predominante era che il governo dovesse rinunciare a molte funzioni, che le tasse potessero conseguentemente essere ridotte e che il mercato potesse organizzare ogni cosa in modo adeguato. Ciò faceva parte degli accordi che erano stati conclusi pochi mesi prima di questa proposta in occasione del Vertice dei capi di governo a Lisbona, nella speranza che più mercato e più profitto avrebbero inoltre spianato la strada a una maggior crescita economica e anche a servizi migliori e più convenienti per il pubblico. Da allora quest’ideologia neoliberista è stata smentita dalla pratica. La strategia di Lisbona non ha rispettato le attese. Il mercato non offre alcuna risposta, e sicuramente nessuna per quanto riguarda i trasporti pubblici e altri servizi che sono sia necessari che in passivo. Ciò porterebbe alla scomparsa di reti integrate, e solo le linee più trafficate sopravvivrebbero. Negli ultimi sette anni abbiamo assistito a un numero maggiore di privatizzazioni e gare d’appalto, e le delusioni ricevute in tale contesto hanno contribuito alla crescita di forze contrarie. E’ stato in parte grazie a questo che il mio obiettivo in qualità di relatore, ovvero mantenere le società municipali di trasporto e la libertà di scelta, ha potuto essere raggiunto.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Con la relazione sui requisiti dei servizi pubblici, sulla quale abbiamo votato oggi, aumentano le speranze di concludere positivamente, in sede di seconda lettura, una questione che abbiamo impiegato anni a risolvere. L’incertezza giuridica della situazione attuale ha solo fomentato dispute ed è servita a intralciare lo sviluppo del mercato dei servizi pubblici di trasporto passeggeri.

Speriamo pertanto che questo testo giunga alla conclusione, garantendo condizioni trasparenti di accesso al mercato senza le limitazioni artificiose che servono soltanto a salvaguardare lo status quo, nel quale siamo oppressi dalla burocrazia e in cui vengono frapposti ostacoli alla prestazione al pubblico di un servizio trasporto passeggeri migliore e più efficiente.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di regolamento sui servizi pubblici di trasporto passeggeri su strada e per ferrovia è l’ennesimo attacco al reddito dei proletari e ai diritti dei lavoratori dei trasporti pubblici e dei passeggeri in generale.

Dopo la liberalizzazione del trasporto marittimo e costiero ai sensi dell’antiproletaria normativa comunitaria di cui al regolamento (CEE) n. 3577/92 e del trasporto passeggeri per via aerea e ferroviaria, tocca ora al trasporto locale su strada e per ferrovia essere privatizzato per accrescere i profitti delle grandi imprese.

La grande impresa sta allungando i suoi tentacoli verso gli spostamenti quotidiani dei lavoratori in tram, in metropolitana, in ferrovie e bus suburbani, con biglietti a prezzo elevato e un pacchetto di sovvenzioni statali destinate alle società di trasporto private e monopolistiche, con effetti particolarmente negativi sulla sicurezza e sugli standard di chi lavora nel settore e di chi usa questi mezzi di trasporto e di tutte le famiglie proletarie nel complesso.

Le conseguenze della privatizzazione del trasporto pubblico, come dimostra l’esperienza di città in cui è stata già applicata e ciò che è avvenuto con la liberalizzazione del traffico costiero e del trasporto per via aerea, sono particolarmente negative per le aree isolate e le classi povere della società.

I lavoratori stanno inoltre lottando contro la politica antiproletaria dell’Unione nel settore dei trasporti. Ci stiamo battendo per uno standard elevato dei trasporti pubblici moderni, con biglietti poco costosi, che assecondi le esigenze dei lavoratori e delle classi proletarie, ed è per questo che abbiamo votato contro il regolamento comunitario.

 
  
  

– Raccomandazione Toubon (A6-0144/2007)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della posizione comune del Consiglio su una proposta di deregolamentazione dei formati di imballaggio dei prodotti preconfezionati. Una volta attuata la normativa, sarà possibile vendere molti prodotti di uso quotidiano in una gamma di formati più vasta di quella attuale. Penso che questo sia un progresso per gli interessi dei consumatori.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) La legislazione europea in vigore sui materiali obbligatori per gli imballaggi ha trent’anni e non è più adeguata ai modelli di consumo attuali. Le nuove norme che abbiamo approvato oggi in sede di seconda e ultima lettura – in totale accordo col Consiglio, ragion per cui vorrei rivolgere i miei vivi complimenti al relatore – sono conformi alle richieste dei consumatori di formati per imballaggio più diversificati. Verranno rimossi gli ostacoli alla concorrenza e sarà incoraggiata l’innovazione in tutta Europa. I produttori europei potranno decidere per conto proprio quali siano i formati d’imballaggio che si adattano meglio alle richieste dei loro clienti. Per quanto riguarda la possibilità, proposta dalla relazione, di estendere ad alcune piccole imprese l’ambito della direttiva sull’indicazione del prezzo per unità di misura, vorrei esprimere una riserva: sono totalmente a favore di un’informazione corretta nei confronti dei consumatori e non ho niente contro la richiesta di fare apporre alle grandi catene di distribuzione, che nel mercato fanno la parte del leone, il prezzo per unità misura sui loro prodotti, ma imporre quest’obbligo anche alle PMI o ai negozi di carattere locale non sarebbe una cosa positiva. Pertanto mi batterò con le unghie e coi denti per questo quando il Parlamento, come farà presto, rivedrà l’attuale legislazione sui consumatori.

 
  
  

– Raccomandazione Harbour (A6-0145/2007)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato questi emendamenti volti a introdurre nuove regole sulle norme di produzione dei veicoli stradali, regole che comporteranno un aumento dei livelli di sicurezza e di rispetto per l’ambiente, consentendo altresì ai produttori di vendere più facilmente i loro veicoli in Europa. Sono lieto, in particolare, del fatto che la normativa terrà in maggiore considerazione le esigenze degli automobilisti disabili.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che la relazione Harbour, che abbiamo votato oggi in seconda lettura, meriti l’appoggio totale di questo Parlamento perché, oggi, è stato dato il via libera a un’omologazione che si applicherà a veicoli come gli autobus, i pullman e i camion oltre che alle auto. Il riconoscimento reciproco delle omologazioni, e per un’ampia gamma di veicoli, rappresenta certamente un altro passo importante verso il completamento del mercato interno. Inoltre, l’introduzione di questa direttiva quadro andrà anche a vantaggio della sicurezza, in parte perché è probabile che questo acceleri l’entrata in vigore di alcune misure di sicurezza per gli autobus e i pullman.

La semplificazione che questa direttiva quadro comporta è una cosa positiva per i consumatori e i produttori, dal momento che garantisce più mercato interno, aumenta la sicurezza e giova all’ambiente. Tutte queste ragioni mi hanno persuaso a dare il mio pieno appoggio al relatore.

 
  
  

– Relazione Costa (A6-0124/2007)

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Voterò a favore della relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio sull’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità.

L’onorevole Paolo Costa ha giustamente sottolineato che l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti registrati dopo il 2000 per eliminare l’angolo cieco nella visuale del conducente salverebbe la vita a più di mille persone da qui al 2020. Se mancasse questa normativa vincolante e ci si attenesse alla direttiva del 2003 che raccomandava l’installazione a posteriori sui camion a partire dal 2007, i veicoli privi di specchi grandangolari verrebbero ritirati dalla circolazione solo nel 2023. Ciò ritarderebbe significativamente il lavoro che bisogna fare.

Il metodo di finanziamento degli specchi aggiuntivi è stato già appropriatamente descritto. Il costo dell’installazione a posteriori su ciascun veicolo non dovrebbe superare i 100-105 euro, pari al prezzo di una tanica di benzina.

Concordo inoltre con la proposta di esaminare se altri veicoli, come i furgoni e altri veicoli per le consegne, debbano essere muniti di questi specchi.

 
  
  

– Proposta di risoluzione RC-B6-0190/2007

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE).(CS) Apprezzo che la maggioranza dei deputati al Parlamento abbia preso le distanze da quelle parti della risoluzione sul Vertice UE-Russia in cui la sinistra aveva cercato di far credere al pubblico europeo che l’installazione degli sbarramenti antimissile in Polonia e nella Repubblica Ceca avesse spianato la strada a una nuova corsa agli armamenti. Questa è un’argomentazione falsa da parte della sinistra per due ragioni: in primo luogo, perché si tratta del perfezionamento di un sistema difensivo che è inteso a scoraggiare gli attacchi da est, da quei regimi che minacciano la pace, e in secondo luogo, per quanto riguarda la corsa agli armamenti, la Russia ha drammaticamente incrementato le spese militari da quando Putin è salito al potere, sia in termini assoluti che di PIL, laddove la cifra del 4 per cento è ancora del 30 per cento più alta rispetto alle spese sostenute dai paesi dell’Unione per la difesa. La risoluzione che è scaturita rappresenta un esplicito messaggio politico da portare all’imminente Vertice con la Russia, un messaggio che afferma che non ne accettiamo le politiche aggressive nei confronti della Cecenia, dell’Estonia, della Polonia e di altri paesi.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE).(PL) Signor Presidente, il dibattito che abbiamo tenuto in Parlamento prima del Vertice UE-Russia è stato un esempio del nostro consenso e della nostra unità. E’ stato sottolineato che l’Unione, nel contesto delle sue relazioni con la Russia, difenderà gli interessi di ciascuno Stato membro. L’Estonia è stata citata molto spesso come esempio e si è anche fatto riferimento all’embargo russo sulle carni polacche. Tuttavia, non si è accennato al fatto che certi Stati membri stanno facendo affari con la Russia su base unilaterale, alle spalle degli altri Stati membri dell’Unione e in contrasto con gli interessi dell’Unione stessa. Per contro, nel complesso sono state rivolte molte critiche alla Russia, senza tentare di far distinzioni tra il ruolo svolto da chi è al potere, che impone questa politica, e la posizione del cittadino russo medio, che è soggetto alla manipolazione dei media. E’ nell’interesse dell’Europa, della Russia e del mondo persuadere la società russa a sostenere valori come la libertà, i diritti umani, la democrazia e la cooperazione internazionale in misura paritaria.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il voto espresso dalla Lega Nord per l’indipendenza della Padania sulla proposta di risoluzione UE-Russia è motivato anche dal desiderio di esprimere una forte protesta per l’atteggiamento estremamente soft assunto dall’Unione europea sulla crisi estone. Uno Stato membro, una piccola giovane nazione, il cui popolo ha conquistato la libertà con coraggio e determinazione dalla prigionia del comunismo sovietico, è pesantemente minacciato, a causa di una decisione di politica interna, da parte dell’ex occupante sovietico.

E l’Europa sta sostanzialmente a guardare, balbettando solo una vaga protesta in relazione agli incidenti davanti all’ambasciata estone a Mosca. Alle parole di vuota retorica con cui si è celebrato il 50° anniversario dei trattati di Roma, sarebbe necessario sostituire o almeno aggiungere qualche parola ben più ferma e coraggiosa in difesa di questo Stato membro minacciato nella sua libertà.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Com’è ben noto, la Lista di giugno ritiene che né l’Unione né le sue Istituzioni debbano dirigere la politica estera. Secondo uno degli schemi ricorrenti in Parlamento, le relazioni con un paese terzo cominciano a livello di politica commerciale. Su questo siamo d’accordo. I problemi iniziano quando si aggiungono altri ambiti politici, come le relazioni con l’estero, la politica degli aiuti e la pesca. L’Unione deve dedicarsi esclusivamente a questioni commerciali e ambientali di carattere transfrontaliero.

In sé, l’emendamento n. 9 del gruppo Verde/Alleanza libera europea è lodevole. Tuttavia il Parlamento non deve occuparsene, perché detto emendamento si riferisce a una questione di politica estera. Su richiesta delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari ha definito un piano per il Kosovo, ma non è compito di questo Parlamento esprimere il suo parere, né sul piano né sulle azioni che dovrebbe intraprendere la Russia.

Quanto ai problemi in Russia, per esempio lo scarso rispetto per i diritti umani e per il principio dello Stato di diritto, l’incremento degli scambi commerciali rappresenta un fatto positivo. Per quanto riguarda le questioni di politica estera pura, però, spetta ai parlamenti e ai governi nazionali, oltre che alle Nazioni Unite, dirigere i lavori.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore della risoluzione, che non solo riconosce l’importanza della Russia per l’Europa, specialmente nelle relazioni in campo energetico, ma sottolinea anche la necessità di valori democratici e diritti umani. In particolare, appoggio la richiesta nei confronti della Russia di “rispettare pienamente i propri obblighi in virtù della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche” garantendo la protezione delle ambasciate e degli agenti diplomatici.

 
  
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  Cristiana Muscardini (UEN), per iscritto. – La Russia rappresenta un partner economico e commerciale importante per l’Unione europea, che deve sviluppare con quest’ultima relazioni sempre più strette anche al fine di facilitare il processo di democratizzazione e di rispetto dei diritti civili ed umani.

Non possiamo però non evidenziare la nostra preoccupazione per quanto sta avvenendo in questi giorni nei rapporti tra Russia e Paesi Baltici e l’Estonia in particolare. Occorre sottolineare come sia diventato ormai un’abitudine da parte delle autorità russe l’utilizzo di pressioni economiche e commerciali nei confronti di paesi confinati al fine di ottenere un predominio geopolitico sulla regione.

L’UE deve essere unita e compatta nel difendere l’Estonia e più in generale un suo Stato membro da pressioni e minacce di tipo commerciale provenienti da qualunque Paese terzo.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) La tensione tra la Russia e l’Estonia richiede una soluzione. La rapidità con cui questo problema, relativo a una decisione estone di carattere locale, potrebbe aggravarsi fino a determinare la sospensione delle forniture di energia da parte della Russia, è molto preoccupante. La nostra dipendenza da questo paese in termini di fabbisogno energetico continua a preoccupare chi s’interessa della sicurezza degli approvvigionamenti. Il 60 per cento delle esportazioni petrolifere russe va all’Unione, una quantità pari al 25 per cento del nostro consumo di petrolio. Per di più, il 50 per cento delle esportazioni di gas naturale dalla Russia costituisce il 25 per cento del consumo complessivo di gas naturale dell’Unione. Spero che il 18 maggio, ovvero quando avrà luogo il Vertice UE-Russia, questi problemi verranno messi in risalto e affrontati.

 
  
  

– Relazione Rocard (A6-0127/2007)

 
  
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  Frank Vanhecke (ITS).(NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Rocard, un documento che dimostra per l’ennesima volta che all’Unione manca la volontà di affrontare la realtà del mondo arabo. Che ci piaccia o no, il fatto è che nel mondo arabo non c’è il minimo interesse per le riforme politiche e ancor meno per il dialogo culturale o interculturale che qui è tanto magnificato.

La relazione Rocard avrebbe dovuto essere un grande atto d’accusa nei confronti dell’orribile situazione dello Stato di diritto, della libertà d’opinione e di religione nei paesi arabi. Invece, questo Parlamento e questa relazione hanno messo su un nuovo piano la cosiddetta definizione culturale dei diritti umani.

Inoltre abbiamo ripetutamente notato, nell’atteggiamento dell’Unione nei confronti della Turchia, che la situazione delle minoranze religiose nei paesi islamici non potrebbe interessare di meno ai mandarini europei. Nonostante le campagne d’odio contro i cristiani condotte dagli imam turchi e quelle foraggiate dallo Stato turco, con tutte le funeste conseguenze che ciò comporta, il processo di adesione va silenziosamente avanti. E’ contro questa smidollata politica eccessivamente distensiva nei confronti degli effetti aggressivi dell’islam che il mio partito continuerà a battersi.

 
  
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  Marco Cappato (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, durante la discussione e la votazione abbiamo assistito a un confronto su un emendamento da noi presentato e per la cui approvazione esprimiamo piena soddisfazione. Nella relazione si precisa che auspichiamo un impegno a favore della libertà di culto o del diritto alle persone e delle comunità a professare liberamente il loro credo e la loro fede e l’emendamento recitava “anche garantendo l’indipendenza e la separazione delle istituzioni e del potere politico dalle autorità religiose”.

Io ero d’accordo con l’emendamento orale dell’on. de Keyser nel precisare che questo vale per tutte le democrazie. Mi rammarico che ci sia stata un’obiezione alla votazione, che comunque non credo cambi la natura dell’emendamento. Infatti, quando parliamo di mondo arabo non parliamo di Stati arabi, di nazioni arabe o di mere istituzioni, bensì parliamo anche di popoli e, di conseguenza, parliamo anche dei cittadini arabi che vivono nell’Unione europea. Quando parliamo della separazione delle istituzioni e del potere politico dalle autorità religiose, stiamo parlando anche di noi, perché il problema esiste ovviamente, in una forma e in una natura molto precisa, alla Mecca ma anche a Roma. Se affrontiamo la questione della laicità in quei paesi significa affrontarla anche da noi.

Concludo esprimendo soddisfazione anche per l’approvazione dell’emendamento orale sullo “Stato democratico palestinese”, perché altrimenti lo Stato nazionale rischia di non essere una frontiera di libertà come noi auspichiamo.

 
  
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  Patrick Gaubert (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Rocard sulle riforme nel mondo arabo è stata appena adottata a larga maggioranza e vorrei congratularmi col relatore per la qualità e l’impostazione equilibrata del suo lavoro.

La relazione propone una strategia comunitaria innovativa in rapporto al mondo arabo, basata su un partenariato equilibrato, al fine di incoraggiare riforme fondamentali che implicheranno cambiamenti nella legislazione e nel coinvolgimento decisivo della società civile.

La relazione ha anche il merito di mettere in evidenza l’approccio compiacente di cui hanno beneficiato alcuni regimi in quella regione del mondo. Al contempo, riconosce gli sforzi intesi a intavolare un dialogo tramite i meccanismi d’integrazione regionale, come il processo di Barcellona.

Infine, la relazione sottolinea in particolare che, se vogliono garantire la loro stabilità e prosperità, questi Stati devono insistere sui valori della tolleranza e del rispetto dei diritti umani e dei principi democratici. Inoltre mette in luce lo stretto legame che esiste tra l’aumento dei movimenti estremisti nel panorama politico e la realtà socioeconomica predominante in quegli Stati.

Essendo favorevole a questa nuova impostazione realistica ed equilibrata, ho appoggiato l’adozione della relazione nel corso del voto finale in plenaria.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Oggi il Parlamento europeo ha adottato una posizione su ciò che l’Unione dovrebbe fare per propiziare riforme nel mondo arabo. Siamo fermamente contrari perché questo tipo di questioni dev’essere risolto tramite le Nazioni Unite.

L’emendamento n. 20 del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa propone che la Comunità non appoggi movimenti “fondamentalisti e di estremismo nazionalista”. Questo è ovvio, ma l’Unione non deve impegnarsi affatto in politica estera appoggiando movimenti di altre parti del mondo. Pertanto abbiamo votato contro l’emendamento.

Inoltre, nell’emendamento n. 21 il gruppo ALDE vuole indurre i paesi arabi a garantire “l’indipendenza e la separazione delle istituzioni e del potere politico dalle autorità religiose”. Come Istituzione, l’Unione non deve assolutamente avere progetti che riguardino il sistema di un altro paese.

Poiché non riteniamo che questo sia un tema di competenza dell’Unione, abbiamo votato contro la relazione nella sua globalità in occasione del voto odierno.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Condivido l’impostazione generale della posizione espressa dal relatore su questo tema. E’ indispensabile portare la pace in Medio Oriente, e la Comunità europea ha le carte in regola per influire su questo processo.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Su questo tema e su questa relazione mi sento in diritto di sottolineare un’idea che ho suggerito in diverse occasioni.

Al fine di promuovere la pace, la prosperità, la democrazia e i diritti umani nei paesi nostri vicini, a vantaggio sia degli interessi diretti dell’Unione sia dei valori universali, sono favorevole a un progetto europeo che si basi sul partenariato con i nostri vicini del Mediterraneo, un partenariato che darebbe idealmente origine, nel medio termine, a un’area di libera circolazione nel Mediterraneo quanto più vicina possibile al modello comunitario, cui possano aderire i paesi circostanti che soddisfano i criteri della democrazia, di un’economia di mercato e del rispetto per i diritti umani, ovvero l’essenza dei criteri di Copenaghen. Si tratterebbe di un partenariato molto più solido in cambio delle riforme e avrebbe inoltre il merito supplementare e contingente di rappresentare una soluzione nella quale, se si arrivasse a concludere che il processo di adesione si trova di fronte a ostacoli insormontabili, potrebbe essere coinvolta anche la Turchia, ammesso che il Marocco, Israele e la Tunisia fossero interessati.

Avere vicini prosperi e democratici, attratti dalla prospettiva di benefici e con popolazioni che non debbano emigrare a tutti i costi, sarebbe un progetto europeo costruttivo, sebbene niente affatto nuovo.

 
  
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  Marc Tarabella (PSE), per iscritto. – (FR) Durante il voto sulla relazione Rocard riguardante le riforme nel mondo arabo, abbiamo dovuto esprimere un parere sull’emendamento n. 21, che invita quei paesi arabi che non l’hanno ancora fatto a impegnarsi di più per la libertà religiosa o per il diritto degli individui e delle comunità di professare liberamente la propria fede e di praticarla, garantendo inoltre l’indipendenza e la separazione delle istituzioni e del potere politico dalle autorità religiose.

E’ stato dunque proposto un emendamento orale con lo scopo di estendere questa norma fondamentale a tutte le democrazie, cosa che appoggio toto corde. Alcuni deputati del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei hanno preso posizione contro tale estensione. Condividendo appieno il contenuto del testo originale dell’emendamento n. 21, ho deciso di votare a favore di questo emendamento e sono lieto che sia stato approvato con 382 voti a favore, 222 voti contrari e 33 astensioni.

 
  
  

– Relazione Kaczmarek (A6-0146/2007)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Kaczmarek (A6-0146/2007) sul Corno d’Africa: un partenariato politico regionale dell’Unione per la pace, la sicurezza e lo sviluppo, perché penso che sia d’importanza vitale consolidare la presenza della Comunità europea in una regione che è stata devastata da tre grandi conflitti – in Sudan, in Etiopia/Eritrea e in Somalia – e in cui una quota significativa della popolazione, oltre il 22 per cento, vive al di sotto della soglia di povertà.

Il partenariato per la pace, la sicurezza e lo sviluppo avrà successo solo se verrà adottato un approccio strategico regionale che cerchi di coinvolgere le organizzazioni regionali esistenti come l’Unione africana, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo e altri partner internazionali sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Inoltre, la comunità internazionale deve sostenere la regione per aumentarne le possibilità di adattamento alle gravi ripercussioni del cambiamento climatico. Dopo tutto, se è vero che l’Africa è il continente che contribuisce meno alle emissioni di gas a effetto serra, è anche il continente che patisce di più il riscaldamento globale a causa del suo sottosviluppo e alla sua povertà.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riteniamo che i principi che devono guidare l’approccio alla complessa situazione del Corno d’Africa debbano essere il rispetto rigoroso del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, la risoluzione pacifica dei conflitti e la distensione.

Qualunque soluzione effettiva ai problemi con cui si confrontano i popoli e i paesi della regione non deve far parte dell’agenda imperialista relativa a quel territorio né favorirla, sia pure indirettamente. L’imperialismo di questo tipo rafforza i meccanismi dell’interventismo e del militarismo, come evidenziato dalla creazione recente di un comando militare unico statunitense per l’Africa e dall’installazione di nuove basi militari nel continente.

Invece dell’interventismo, dell’ingerenza esterna per cercare di risolvere i conflitti e della militarizzazione del continente, e in particolare di questa regione, è ora di promuovere gli sforzi diplomatici – che sono ben lontani dall’essersi esauriti, come testimonia il recente accordo di pace sottoscritto dal Sudan e dal Ciad – per risolvere problemi che sono alla radice della grave situazione attuale, non ultima l’iniqua ripartizione dell’accesso alle ingenti risorse naturali della regione. Occorrono inoltre aiuti umanitari urgenti, politiche di cooperazione vere e proprie e sostegno allo sviluppo.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, appoggio la relazione dell’onorevole Kaczmarek sulla strategia dell’Unione europea per l’Africa, finalizzata a creare un partenariato politico regionale con l’Unione per favorire la pace, la sicurezza e lo sviluppo nel Corno d’Africa.

Il relatore ha diligentemente sottolineato la necessità di individuare soluzioni per stabilizzare il Corno d’Africa, dilaniato dal conflitto. Cinque dei sette paesi di questa regione sono in guerra coi loro vicini. La proposta avanzata dal relatore di nominare un rappresentante speciale UE per il Corno d’Africa merita il nostro appoggio. Il rappresentante coordinerebbe le iniziative della Comunità europea in questa regione.

Un’altra valida iniziativa è quella che è stata proposta al Consiglio e alla Commissione per invitarli ad avviare le consultazioni con altri partner coinvolti nella regione, al fine di organizzare una conferenza congiunta sulla sicurezza in tutti i paesi del Corno d’Africa.

L’onorevole Filip Kaczmarek sottolinea che, con l’organizzazione e il coordinamento di iniziative e della cooperazione su questioni di interesse comune nella regione, si potrebbe contribuire a risolvere problemi come quello dei profughi irregolari, della sicurezza dei confini, della sicurezza alimentare e dell’ambiente, del controllo del traffico di armi, dell’istruzione e delle infrastrutture, nonché ad avviare un dialogo politico tra i paesi del Corno d’Africa.

 
  
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  Cristiana Muscardini (UEN), per iscritto. – Abbiamo votato a favore della relazione Kaczmarek sul Corno d’Africa, che ha adottato quattro nostri emendamenti miranti a contestualizzare la tragica realtà della Somalia.

Mentre la relazione nel suo insieme esprime grandi auspici per un partenariato politico dell’Unione europea con il Corno d’Africa, noi abbiamo voluto rilevare come sia necessario convocare una Conferenza globale che non sia incentrata soltanto sulla sicurezza ma anche sulla pace e lo sviluppo, che affronti tali questioni con tutti i paesi del Corno d’Africa.

Abbiamo voluto porre l’accento sul fatto che siano soprattutto le donne e i bambini a soffrire maggiormente durante i conflitti poiché questi costituiscono i gruppi più vulnerabili della popolazione e pertanto abbiamo fatto aggiungere al testo un importante riferimento alla risoluzione delle Nazioni Unite sulle donne nei conflitti.

Abbiamo inoltre aggiunto che per sradicare la povertà e promuovere lo sviluppo economico deve essere condotta una ferma lotta anche contro la tragica pratica delle mutilazioni genitali femminili.

Infine, abbiamo presentato degli emendamenti sull’importanza del principio di autodeterminazione del popolo somalo e del Somaliland, la sola entità democratica del Paese, vessato da rivalità tra clan e dal tentativo di infiltrazione da parte delle Corti islamiche, il cui unico scopo è il fallimento della pacificazione del Paese.

 
  
  

– Relazione Maldeikis (A6-0129/2007)

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Per le attività dell’Euratom, a differenza della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, non è previsto un termine. Anche se non ha realizzato tutti gli obiettivi che aveva in progetto o non ha intrapreso tutte le attività previste in relazione all’energia atomica, ha portato brillantemente a termine i propri compiti cooperando con altre istituzioni internazionali che si occupavano di energia atomica. La situazione attuale del mercato energetico comunitario e mondiale e gli effetti del cambiamento climatico provocati dall’uso di carburanti fossili e organici rendono l’Euratom ancora più importante. Quindici Stati membri hanno centrali atomiche e la produzione di energia atomica sta aumentando in altri paesi del mondo. La presunta mancanza di sicurezza dell’energia atomica è solo una questione politica, considerati i meccanismi attuali di controllo della sicurezza. L’Euratom deve rimanere indipendente, obiettivo che può essere raggiunto conferendogli la necessaria base giuridica supplementare. Ho votato contro la convocazione di una conferenza intergovernativa, perché sarebbe probabilmente sterile. Come i dibattiti sull’energia atomica hanno dimostrato, non c’è bisogno di aumentare ulteriormente i poteri del Parlamento.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, vorrei dichiarare che sono estremamente soddisfatto della decisione adottata oggi dal Parlamento europeo, in virtù della quale l’Assemblea ha confermato inequivocabilmente che negli ultimi 50 anni si è registrato un deficit democratico nel Trattato Euratom e, a larga maggioranza, ha richiesto il potere di codecisione in materie afferenti a questo tema. E’ davvero ora di non lasciare che gli Stati membri affrontino da soli le questioni relative alla sicurezza, perché la sicurezza e la tutela della salute sono questioni di competenza di tutta l’Europa, ed è per questo che la delegazione ha deciso di appoggiare tali richieste.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Mi sono astenuto dal voto sulla relazione. Benché io sia contrario alla chiusura delle centrali nucleari in attività, non sono favorevole alla loro espansione massiccia, con tutti i problemi che ciò comporta per la salute e per l’ambiente. Può darsi che le emissioni di anidride carbonica e di altri gas a effetto serra vengano ridotte, ma i rischi posti dal rilascio radioattivo sono stati fin troppo chiaramente dimostrati da Chernobyl e dalla catastrofe nucleare negli Urali tanto vividamente descritti da Roy Medvedev. Mi oppongo anche al carattere antidemocratico delle decisioni dell’Euratom e allo spreco di risorse per quella cattedrale nel deserto che è il progetto ITER. Ho appoggiato il fatto di stabilirne la sede in Giappone anziché in Francia perché sarebbero stati i giapponesi a sperperare i loro soldi anziché l’Unione a sperperare i nostri!

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) L’energia nucleare è una forma di energia particolare. Ha implicazioni militari e strategiche, è soggetta a forti limitazioni in termini ambientali, nonché di sicurezza per gli impianti e per le popolazioni, e ha una dimensione politica, reale e persino “emotiva”. Da sola non può bastare ad affrontare le sfide energetiche o le pretese sfide in tema di cambiamento climatico con cui gli Stati membri dell’Unione sono attualmente alle prese, ma rimane imprescindibile sotto tanti aspetti.

Il Trattato Euratom ora permette una certa libertà di scelta: gli Stati che lo vogliono possono sviluppare questo settore e questa tecnologia in cui l’Europa è leader. Gli Stati che non vogliono non possono essere obbligati a dotarsi di un settore nucleare. Inoltre, il Trattato permette l’esistenza di un quadro di cooperazione per le varie parti contraenti su temi d’interesse comune.

Proprio perché siamo soddisfatti del funzionamento attuale di questo quadro, abbiamo votato contro la relazione. Quest’ultima raccomanda, in effetti, di trasformare Euratom in un allegato specifico del Trattato CEE, con procedure istituzionali che priverebbero gli Stati membri della loro libertà di scelta. Per di più, quest’iniziativa sarebbe condizionata da una politica energetica controllata da Bruxelles, della quale neghiamo non solo la pertinenza, ma anche la legittimità. La politica energetica dev’essere di competenza degli Stati membri e solo di essi.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Si è parlato dell’energia nucleare come di una delle fonti energetiche meno inquinanti in termini di emissioni di carbonio. La fissione nucleare, inoltre, è considerata uno dei metodi migliori per affrontare il “cambiamento climatico”, mentre il risparmio e l’efficienza vengono relegati in secondo piano.

Riteniamo, tuttavia, che il risparmio d’energia, l’efficienza energetica e le fonti energetiche rinnovabili debbano essere al centro di qualunque politica energetica. In questo campo dobbiamo promuovere e intensificare le attività di ricerca pubblica allo scopo di ottenere energia realmente alternativa che risponda alle esigenze dei cittadini e alle richieste di una politica di sviluppo sostenibile per la nostra società.

La crescente liberalizzazione del settore energetico promossa nell’Unione, assecondando gli interessi delle grandi multinazionali, mina il diritto delle persone di ottenere energia a prezzi accessibili. Considerata l’importanza di questo settore per lo sviluppo di qualsiasi paese, riteniamo che debba essere mantenuta nel settore pubblico e siamo dunque contrari alla sua privatizzazione.

Inoltre siamo preoccupati per l’approccio della relazione, che promuove l’energia nucleare, considerato che i rischi associati alla produzione di questa forma di energia – rischi per l’ambiente e per le persone, rischi per la sicurezza delle centrali stesse e dei reattori e rischi connessi al trattamento e al trasporto delle scorie radioattive – sono ben noti.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione contiene alcune idee fondamentali. Per esempio, rileva che “l’energia nucleare fornisce attualmente all’Unione il 32 per cento della sua elettricità e che la Commissione la considera (…) una delle principali fonti di energia esenti da CO2 in Europa e la terza fonte di energia meno costosa” in Europa. Poi giunge alla conclusione che “l’Unione debba difendere, nel rispetto del Trattato Euratom, la sua leadership dal punto di vista industriale e tecnologico di fronte agli attori che stanno rilanciando con vigore le loro attività nucleari (Russia, Stati Uniti) e di fronte all’emergenza di nuovi attori mondiali del nucleare (Cina e India), futuri concorrenti dell’Unione europea a medio termine”.

Comprendo e riconosco che si tratta di una scelta che implica problemi ben documentati e che suscita reazioni negative, ma credo che l’energia nucleare non debba essere esclusa dal futuro dell’approvvigionamento energetico per i costi che comporta, l’impatto ambientale e le soluzioni tecnologiche che implicano rischi minori.

A mio avviso, è nella diversificazione e nell’innovazione tecnologica che dobbiamo trovare la risposta alle sfide energetiche attuali e alle questioni a esse collegate.

 
  
  

– Relazione Wallis (A6-0156/2007)

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo deciso di votare a favore della presente relazione in considerazione del fatto che l’Unione europea è anche un’unione di valori che deve salvaguardare i diritti umani di ogni individuo al suo interno.

Riteniamo in tal modo di avere raggiunto un equilibrio ragionevole tra l’indicazione della politica etica che crediamo uno Stato membro debba perseguire e il rispetto della sovranità degli Stati membri.

Riteniamo dunque che la Danimarca abbia l’obbligo morale di accettare la responsabilità medica per coloro che, obbedendo allo Stato danese, hanno svolto lavori a causa dei quali potrebbero essere rimasti danneggiati dalle radiazioni provocate dall’incidente di Thule nel 1968.

 
  
  

– Relazione Andria (A6-0090/2007)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE).(MT) La ringrazio, signor Presidente. Volevo parlare della politica regionale e abitativa. Il Trattato non conferisce all’Unione europea poteri specifici in materia di alloggi. Tuttavia, i regolamenti relativi al Fondo europeo di sviluppo regionale per il periodo 2007-2013 prevedono che in alcuni casi gli alloggi siano ammessi a beneficiare di finanziamenti. Lo schema dei voti era importante per quattro motivi. Il primo è la dimensione sociale, che comporta il riconoscimento del problema, presente nel mio paese, della mancanza di alloggi dignitosi a prezzi ragionevoli. Vi è poi l’aspetto ambientale, che comprende lo sviluppo strategico degli edifici urbani, anziché i passi compiuti di recente a Malta, con l’estensione delle zone di sviluppo. La dimensione ambientale comprende anche la sicurezza energetica e prezzi ragionevoli per l’acqua e l’elettricità. Anche questo è in contrasto con ciò che avviene a Malta, dove i prezzi sono proibitivi. La quarta dimensione è l’integrazione, ovvero un processo integrato volto a migliorare la qualità della vita, diversamente da ciò che avviene a Malta, nel villaggio di Marsaskala, dove è ora in costruzione un impianto di riciclaggio. Vi ringrazio.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Abbiamo votato a favore della relazione sulla politica degli alloggi e la politica regionale. La relazione giustamente evidenzia il ruolo della politica degli alloggi ai fini del rafforzamento della coesione sociale e territoriale. La politica degli alloggi è uno strumento importante che gli Stati membri possono usare per contrastare la segregazione e il diritto a uno spazio in cui vivere è fondamentale.

Riteniamo che la politica degli alloggi sia un elemento importante delle politiche sociali degli Stati membri. In Svezia, il settore delle case popolari è una forma di attività economica a fini sociali e la legislazione svedese sugli alloggi in affitto mira a garantire la protezione sociale. L’Unione deve considerare le politiche degli Stati membri in materia di alloggi come parte integrante delle politiche sociali e quindi escludere tali politiche dal campo di applicazione delle regole di concorrenza che disciplinano gli aiuti di Stato.

Riteniamo altresì che la definizione comunitaria di alloggi sociali debba essere sufficientemente ampia e includere il modello svedese di alloggi, nell’interesse di tutti.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) La mancanza di alloggi dignitosi a prezzi accessibili incide direttamente sulla vita dei cittadini, limitando le loro possibilità di integrazione sociale, nonché le loro scelte in termini di istruzione, formazione e sviluppo professionale.

A mio parere, i problemi degli alloggi non si limitano alle questioni di costruzione e di gestione del territorio propriamente dette. Sono anche fortemente influenzati da una cattiva pianificazione urbana, che fa sì che alcuni quartieri colpiti dal degrado ambientale – inquinamento dell’aria e dell’acqua, rumore, rifiuti, congestione, eccetera – e da disfunzioni a livello di servizi pubblici, accessibilità e sicurezza, diventino sempre meno attraenti e sprofondino nel depauperamento.

Di fronte al problema degli alloggi inadeguati, il più delle volte sono le autorità locali a essere in prima linea. Ciononostante, questa responsabilità non è ancora presa sufficientemente in considerazione a livello europeo. Occorre quindi promuovere una cooperazione efficace tra il livello locale e quello europeo.

In veste di eurodeputata socialista francese, considero fondamentale che tutti i cittadini abbiano un buon accesso ai servizi sociali, sanitari e all’istruzione, nonché al commercio e alla pubblica amministrazione. E’ un loro diritto.

 
  
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  Den Dover (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori britannici si sono astenuti dal voto finale sulla relazione Andria.

Sosteniamo molti obiettivi della relazione; in particolare, approviamo lo scambio di buone prassi nella costruzione e nella tecnologia degli edifici, come modo di incoraggiare l’efficienza energetica.

Tuttavia, insistiamo sul fatto che gli alloggi e la politica degli alloggi sono soggetti al principio di sussidiarietà e quindi tali questioni sono e devono rimanere di competenza esclusiva degli Stati nazionali.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo soddisfatti dell’inclusione delle nostre proposte, che sottolineano l’importanza degli alloggi sociali e la necessità di dare priorità alla soluzione dei problemi dei senzatetto nelle politiche degli alloggi degli Stati membri.

Gli investimenti in alloggi sociali svolgono un ruolo essenziale poiché rendono disponibili abitazioni per numerose persone che altrimenti non avrebbero accesso al mercato immobiliare, in quanto il loro diritto all’alloggio è ostacolato.

L’alloggio sociale è un modo di combattere la speculazione immobiliare, garantire la costruzione di strutture sociali e promuovere una pianificazione urbana sostenibile. In tale contesto, il sostegno dei Fondi strutturali e della politica regionale può essere importante.

Per questo motivo, siamo delusi dal fatto che la nostra proposta di sostenere le cooperative edilizie non sia stata incorporata. Purtroppo, il modello proposto nella relazione continua a essere la promozione dei partenariati pubblici-privati, a scapito del settore delle cooperative.

Ciò detto, la priorità del fenomeno dei senzatetto nella politica degli alloggi è fondamentale per garantire a tutti i cittadini un’abitazione dignitosa e combattere con efficacia questa crescente forma di esclusione sociale.

Per quanto riguarda l’idea di individuare indicatori di qualità a livello europeo, che definiscano il concetto di “alloggio adeguato”, dovremo mirare in alto.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Considero positivo che il Parlamento europeo si interessi all’importante questione degli alloggi nell’Unione europea. E’ un primo passo, che però è ben lungi dal rispondere al problema essenziale: garantire il diritto all’alloggio a tutte le persone che vivono nell’Unione europea.

Tale diritto deve essere riconosciuto nella Carta dei diritti fondamentali che, oggi, permette almeno agli Stati membri di concedere aiuti ai più bisognosi. E’ una visione restrittiva del diritto all’alloggio, che dovrebbe diventare universale e applicarsi a tutti. Inoltre, la logica della concorrenza generalizzata nel mercato unico ha effetti perniciosi sulla realizzazione di alloggi sociali, che sono indispensabili in tutti i nostri paesi.

Mi preoccupa, in particolare, che si rimetta in discussione in Francia la raccolta del Livret A, un sistema che garantisce finanziamenti continui per gli alloggi a basso costo. Ritengo quindi che la relazione richieda una nuova fase, che ci permetta di spingerci più lontano e assicurare che le politiche degli alloggi tengano conto delle circostanze specifiche.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione affronta la questione fondamentale degli alloggi. Se in questo campo non gode di ampie competenze, l’Unione deve nondimeno intervenire ove possibile, per esempio tramite il Fondo europeo di sviluppo regionale, per garantire la disponibilità di alloggi dignitosi.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. (SV) In seno al Parlamento europeo, oggi abbiamo votato una relazione che descrive la necessità di mettere a disposizione di tutti alloggi dignitosi ad affitti ragionevoli. Da liberale, considero ovviamente molto importante che le persone abbiano un tetto sotto cui ripararsi, ma è una questione da affrontare a livello locale o regionale, non a livello di Unione europea. Per questo motivo, oggi mi sono astenuto dalla votazione.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Per rendere la qualità della vita in Europa veramente sostenibile, gli alloggi (sociali) sono uno strumento importante. La relazione Andria sulla politica degli alloggi e la politica regionale giustamente inserisce il tema nel contesto del modello sociale europeo, della politica energetica, dell’occupazione, dello sviluppo urbano e del mercato interno. Tutti questi settori si sovrappongono, sia pur con gli inevitabili attriti che ciò comporta. In fondo, gli alloggi inadeguati e la povertà vanno di pari passo e la povertà continua ad aumentare. Il mercato immobiliare ha subito enormi cambiamenti negli ultimi anni, dovuti all’offerta e alla domanda, ma anche ai cambiamenti sociali e demografici intervenuti nella nostra società. La mancanza di alloggi sociali è enorme, sebbene l’alloggio non sia solo un diritto fondamentale, ma anche un aspetto fondamentale dello sviluppo regionale, sia urbano sia rurale.

La relazione fa espresso riferimento alla componente sociale degli alloggi, alla povertà energetica che spesso l’accompagna e all’occupazione, che può creare case sane e rispettose dell’ambiente. Affronta anche in modo approfondito la necessità di adottare un approccio integrato e di sostegno ai governi locali. Gli alloggi sono e saranno sempre una questione nazionale, ma le condizioni essenziali si potrebbero garantire a livello europeo. Questo è l’obiettivo della relazione ed è il motivo per cui ha tutto il mio sostegno.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione Andria è importante per inserire il tema degli alloggi nell’agenda politica europea. Con sempre più persone escluse dal mercato immobiliare, dobbiamo fare tutto il possibile per trovare soluzioni alla mancanza di alloggi. Per questo motivo, imparare gli uni dagli altri, tra tutti i 27 Stati membri, condividere le buone prassi e trovare soluzioni comuni può aiutarci ad affrontare un problema in crescita.

 
  
  

– Relazione Janowski (A6-0096/2007)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. – (EN) La questione della politica regionale influisce direttamente sull’arcipelago maltese. Sono convinto che un intero paese e non parte di esso debba essere ammesso a beneficiare dello statuto di regione, qualora lo impongano circostanze specifiche. Ciò dovrebbe escludere che, inoltre, all’interno di tale paese, alcune zone remote o isolate ricevano considerazioni supplementari.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Definire un concetto vago come quello di innovazione e descrivere il suo contributo allo sviluppo economico non è compito facile.

Nella relazione, come in molti documenti della Commissione e del Consiglio, l’innovazione è presentata come una panacea e un nuovo modello di crescita, confondendo l’innovazione con lo sviluppo tecnologico.

Pur contenendo proposte che condividiamo, la relazione non prende le distanze né mette in discussione la strategia neoliberale di “Lisbona”, al fine di commercializzare il sapere, la ricerca e l’istruzione. Anzi, al contrario, difende i brevetti (comunitari), la concentrazione della ricerca in cosiddetti “centri di eccellenza”, i partenariati pubblici-privati e le alleanze promiscue tra imprese e centri di ricerca e università pubbliche. Fa riferimento al “settimo programma quadro”, senza criticarne le priorità e i tagli che ha subito nell’attuale quadro finanziario. Lascia intendere che i trasporti pubblici regionali e locali devono essere privatizzati e insiste, ancora una volta, sull’obiettivo di utilizzare i Fondi strutturali per finanziare la “strategia di Lisbona”.

Per questo motivo, non abbiamo potuto votare a favore della relazione.

Infine, sulla base delle proposte che abbiamo già presentato, vorrei menzionare la necessità di garantire l’accesso a Internet a banda larga nelle regioni ultraperiferiche, come si afferma debolmente anche nella relazione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione associa due settori chiave per l’azione dell’Unione: la politica regionale e la capacità di innovazione. Sostengo la linea del relatore.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) L’innovazione e la futura politica regionale rivestono importanza fondamentale per far sì che l’Unione diventi l’economia basata sulla conoscenza più dinamica del mondo entro il 2010. Il relatore, citando il Professor Hunt, vincitore del Premio Nobel, ha rilevato che tra le 20 migliori università soltanto tre sono nell’Unione europea e tutte e tre si trovano nel Regno Unito, osservazione che illustra la necessità di adottare un approccio più strategico per finanziare la ricerca nelle università europee. Se vogliamo l’innovazione, è necessario investire negli istituti di istruzione superiore d’Europa.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. (PL) Voto a favore della relazione sul contributo della futura politica regionale alla capacità di innovazione dell’Unione europea.

Nel quadro della capacità di innovazione dell’Unione europea, la politica regionale deve associare la coesione della Comunità alla necessità di misure a favore dell’innovazione. Tuttavia, senza soluzioni specifiche, l’innovazione, in generale, e le sfide ambiziose della strategia di Lisbona, in particolare, rimarranno solo sulla carta. Ne sono buoni esempi i risultati ottenuti dai singoli paesi in termini di attuazione della strategia di Lisbona. Va rilevato che oggigiorno gli Stati Uniti non sono l’unico rivale economico dell’Unione; anche la Cina, l’India e altri paesi sono pronti ai blocchi di partenza.

Gli effetti dell’introduzione del principio di innovazione saranno visibili solo tra molti anni e molti di noi potrebbero non essere più in Parlamento. Saranno altri decisori a raccogliere i frutti di quella che potrebbe essere una politica di successo, motivo per cui le decisioni adottate in questo campo devono essere lungimiranti. Questo è ciò che i cittadini si attendono da noi.

 
  
  

– Proposta di risoluzione RC-B6-0189/2007

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Nel momento in cui si discute il diritto del lavoro in seno al Parlamento europeo, 13 anni dopo l’adozione della direttiva sui comitati aziendali europei, l’adozione di questa risoluzione costituisce una condizione più che necessaria.

In veste di eurodeputata socialista francese, ritengo sia urgente porre fine alle incoerenze e alle contraddizioni presenti tra i diversi testi europei che riguardano l’informazione e la consultazione dei lavoratori, al fine di prevenire abusi da parte di imprese scorrette.

Affinché i lavoratori non siano più ostaggio di ristrutturazioni selvagge, si deve permettere loro di esercitare un’influenza reale sui processi di adozione delle decisioni in seno ai consigli di amministrazione delle imprese. Le imprese devono essere obbligate ad agire in modo responsabile e ad applicare le direttive esistenti, a pena di sanzioni.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Esistono direttive sul diritto all’informazione e alla consultazione dei lavoratori e sui comitati aziendali europei, che prevedono la comunicazione di alcune informazioni ai lavoratori, in particolare riguardo all’andamento degli aspetti economici e sociali delle imprese e alle decisioni che determinano cambiamenti sostanziali a livello di organizzazione del lavoro o di contratto di lavoro. La dura realtà, tuttavia, è che tali direttive semplicemente non sono rispettate o, quando lo sono, spesso non garantiscono i diritti dei lavoratori – per esempio all’impiego – nei continui processi di delocalizzazione, ristrutturazione, fusione e chiusura di imprese, che hanno gravi conseguenze economiche e sociali.

Sosteniamo da molto tempo la necessità di garantire la piena informazione e partecipazione delle organizzazioni dei lavoratori alle importanti decisioni da prendere in queste fasi. Ciò rafforzerebbe il diritto all’informazione e permetterebbe una partecipazione reale al processo decisionale, compresi il diritto di veto, la possibilità di annullare le decisioni di chiusura di imprese e il diritto di sospendere i licenziamenti del personale in esubero.

E’ altrettanto necessario adottare altri provvedimenti, per esempio subordinare gli aiuti comunitari alla condizione che le imprese effettuino investimenti e rispettino condizioni contrattuali atte a garantire un impiego stabile e duraturo e lo sviluppo economico sostenibile. E’ inoltre essenziale respingere la “flessicurezza” e le liberalizzazioni.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Sussiste l’urgente necessità di un’azione volta a migliorare l’informazione e la consultazione dei lavoratori. Occorre rivedere e modernizzare la legislazione attuale e assicurare che gli Stati membri applichino correttamente le norme vigenti in materia di informazione e consultazione. E’ degno di nota il punto che rammenta alla Commissione la necessità di una politica industriale coerente e il ruolo che devono svolgere le parti sociali.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL) Oggi, una grande maggioranza dell’Assemblea ha approvato una risoluzione che chiede una nuova legislazione in materia di informazione e consultazione dei lavoratori. Purtroppo, nemmeno la direttiva attuale è stata recepita nel mio paese. Per lungo tempo, il governo belga si è astenuto dal farlo e di recente si è infatti guadagnato una condanna della Corte di giustizia europea. Quando la Commissione presentò la proposta nel 1999, emerse subito che si trattava di una questione delicata dal punto di vista politico. Ciononostante, tutto si riduce alla semplice condizione che tutti i lavoratori siano informati e consultati in merito alle attività della loro impresa, tramite rappresentanti idonei e un’istituzione adeguata. Ciò è nell’interesse sia dei lavoratori sia delle stesse imprese. Gli strumenti utilizzati per garantire questa partecipazione e democrazia economica possono ovviamente variare in funzione delle dimensioni dell’impresa. Va da sé che una PMI non deve essere trattata alla stregua di una multinazionale. I particolari sul modo in cui condurre il dialogo tra datori di lavoro e lavoratori devono inoltre essere stabiliti dalle parti sociali e la risoluzione che abbiamo adottato oggi di fatto affida loro notevoli responsabilità al riguardo. Attribuisco grande importanza alla questione.

 
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