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Procedura : 2006/2233(INI)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo del documento : A6-0089/2007

Testi presentati :

A6-0089/2007

Discussioni :

PV 21/05/2007 - 16
CRE 21/05/2007 - 16

Votazioni :

PV 22/05/2007 - 9.10
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0195

Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 21 maggio 2007 - Strasburgo Edizione GU

16. Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0089/2007), presentata dall’onorevole Adamos Adamou a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, su “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010” [2006/2233(INI)].

 
  
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  Adamos Adamou (GUE/NGL), relatore. (EL) Signora Presidente, la relazione su cui stiamo per votare riguarda la necessità di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010, un tema sulla cui importanza e attualità conviene la maggioranza del Parlamento. Anche per questo motivo è stato presentato un numero così scarso di emendamenti dai colleghi, oltre al fatto che la relazione è stata approvata all’unanimità dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.

Mi congratulo con la Commissione per la sua comunicazione, il suo approccio concettuale, i suoi obiettivi prioritari per il periodo 2007-2008 e le sue principali misure di sostegno. A questo punto, però, devo esprimere la mia profonda preoccupazione per la continua perdita di biodiversità e il correlato declino dei servizi ecosistemici.

Noi tutti riconosciamo, credo, l’urgente necessità di compiere uno sforzo per rispettare gli impegni volti ad arrestare la perdita di biodiversità nell’Unione europea entro il 2010.

Il Piano d’azione è uno strumento essenziale e rappresenta la nostra ultima opportunità di riunire le parti interessate a livello di Comunità e di Stati membri al fine di concertare le azioni chiave, finalizzate al rispetto degli impegni per il 2010. Riconosco tuttavia che il Piano d’azione sarà insufficiente per conservare la biodiversità e sostenere i servizi ecosistemici nel lungo periodo.

Desidero poi sottolineare l’estrema importanza del completamento della rete Natura 2000 sulla terraferma e nelle regioni marine, nonché di una gestione efficace e di un finanziamento adeguato della rete. Ricordo inoltre la necessità di un’attuazione tempestiva ed efficace della direttiva quadro sulle acque al fine di conseguire un buono stato ecologico delle acque dolci.

Sollecito gli Stati membri a garantire che i progetti finanziati a titolo dei Fondi strutturali e di coesione non rechino danni alla biodiversità e ai servizi ecosistemici, ma ottimizzino i benefici per la biodiversità.

Passando a un’altra questione, dobbiamo riconoscere e affrontare il fatto che le specie esotiche invasive rappresentano una delle minacce principali per la biodiversità e che la loro diffusione è aggravata dalla circolazione sempre più intensa di persone e merci.

Per quanto riguarda il commercio, non possiamo ignorare “l’impronta ecologica” lasciata dagli scambi dell’Unione europea sulla biodiversità. Chiedo alla Commissione e agli Stati membri di attivarsi con urgenza per adottare misure volte a prevenire o ridurre al minimo gli impatti negativi di tali scambi sulle foreste tropicali. La Commissione dovrà presentare quanto prima un’analisi delle opzioni per ulteriori provvedimenti legislativi volti a frenare le importazioni di legname raccolto illegalmente.

I cambiamenti climatici rappresentano un capitolo molto importante e un’area politica distinta nella comunicazione della Commissione. E’ essenziale sviluppare un approccio ecosistemico per l’adeguamento ai cambiamenti climatici, in particolare per le politiche che interessano l’uso del suolo, dell’acqua e delle risorse marine.

Per quanto riguarda il finanziamento, non posso nascondere la mia delusione e la mia forte preoccupazione in relazione alle limitazioni finanziarie del sostegno alle azioni a favore della biodiversità, limitazioni conseguenti alle decisioni sul quadro finanziario. Gli Stati membri hanno la responsabilità di cogliere tutte le opportunità esistenti nell’ambito della PAC, della PCP, dei Fondi strutturali e di coesione, di LIFE+ e del settimo programma quadro, nonché dell’assegnazione delle risorse nazionali.

E’ necessario tenere maggiormente conto delle esigenze finanziarie in occasione della revisione del bilancio che avrà luogo nel 2008-2009, durante la quale si dovrebbe procedere a una valutazione della sufficienza e della disponibilità dei finanziamenti dell’Unione europea per la biodiversità, specialmente per Natura 2000.

Vorrei ringraziare le colleghe, onorevoli Avril Doyle e Marie Anne Isler Béguin per i loro emendamenti, e in particolare l’onorevole Béguin, che ha aggiunto l’energia idroelettrica al paragrafo 67, riparando a una mia dimenticanza.

Per concludere, onorevoli colleghi, vorrei richiamare la vostra attenzione sulle conclusioni dello studio sulla biodiversità richiesto dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare: sembrerebbe che le iniziative volte ad arrestare la perdita di biodiversità falliscano per l’impossibilità di applicarle e la scarsa volontà politica. Il Piano d’azione dell’Unione europea, che si spinge fino al 2010, è molto ambizioso ma, purtroppo, non propone soluzioni semplici al problema dell’attuazione, né alla carenza di fondi e di volontà politica da parte degli Stati membri.

Sta a noi inviare un messaggio forte, ed esercitare pressioni sui nostri governi per garantire la realizzazione degli ambiziosi obiettivi del Piano d’azione.

 
  
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  Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, per cominciare devo scusarmi a nome del Commissario Dimas, che purtroppo non può essere presente oggi.

Proprio un anno fa, la Commissione ha adottato una comunicazione sulla lotta alla perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre. Dal momento che domani si celebra la Giornata internazionale della biodiversità, è il momento giusto per discutere questa relazione in seno al Parlamento europeo.

Sono lieto che il Parlamento colga quest’occasione per inviare un chiaro messaggio al mondo sull’importanza di proteggere la biodiversità del pianeta. Quest’anno il tema della Giornata internazionale della biodiversità è “biodiversità e cambiamenti climatici”. Ho già detto in precedenza, e desidero ripetere quest’oggi, che la perdita di biodiversità rappresenta per il pianeta una minaccia altrettanto grave del cambiamento climatico. Come il cambiamento climatico, infatti, la perdita di biodiversità è un problema economico, un problema sociale e una crescente minaccia alla sicurezza globale. Entrambe le questioni sono strettamente legate. I cambiamenti climatici contribuiscono considerevolmente alla perdita delle specie, mentre la perdita degli ecosistemi influisce sui cambiamenti climatici.

La lotta ai cambiamenti climatici è ormai al centro del progetto europeo, e occupa la prima posizione nei programmi politici nazionali. Purtroppo, lo stesso non si può dire ancora per la perdita di biodiversità. Forse la minaccia è meno evidente, ma se ci fermiamo a esaminare i fatti, la situazione è altrettanto preoccupante.

A causa delle attività umane, il tasso di estinzione ha ormai raggiunto livelli da 100 a 1000 volte superiori rispetto ai livelli naturali del pianeta – circa 30 000 specie all’anno, ossia tre specie ogni ora. Se questo processo continuerà incontrollato, nei prossimi decenni cancelleremo dalla faccia della terra milioni di anni di evoluzione. Questa considerevole perdita di specie è estremamente significativa perché indebolisce gli ecosistemi di cui le specie sono gli elementi costitutivi.

La valutazione delle Nazioni Unite Millennium Ecosystem Assessment, presentata nel marzo 2005, contiene due messaggi fondamentali. Il primo afferma che, in ultima analisi, per la nostra prosperità e il nostro benessere dipendiamo tutti dai servizi ecosistemici, come le materie prime, i medicinali e l’acqua pulita. Il secondo, che gli ecosistemi vengono frammentati, degradati e distrutti, tanto che circa due terzi dei servizi che riceviamo dagli ecosistemi sono in declino. Se associamo tutto ciò a minacce ambientali quali i cambiamenti climatici, i crescenti livelli demografici e il crescente consumo pro capite, capiremo che la pressione sulle specie e sugli ecosistemi si sta intensificando.

Senza un’azione urgente raggiungeremo presto un punto pericoloso e irreversibile negli ecosistemi globali; se rimarremo inerti, raggiungeremo un livello pericoloso di cambiamenti climatici. Come per questi ultimi, la finestra di opportunità per scongiurare pericolosi cambiamenti ecosistemici si sta rapidamente chiudendo.

La comunicazione dello scorso anno sulla biodiversità rappresenta un primo tentativo, da parte dell’Unione europea, di elaborare una risposta coerente al problema della perdita di biodiversità. Dovremmo considerarlo uno dei più importanti documenti politici prodotti dalla Commissione Barroso, contenente due novità di particolare rilevanza. La prima: la comunicazione introduce il concetto di servizi ecosistemici nel dibattito a livello di Unione europea, sottolinea in che misura tali servizi sono essenziali al nostro benessere e alla nostra prosperità e realizza il collegamento vitale tra perdita della biodiversità e declino di quei servizi.

La seconda: la comunicazione introduce uno specifico Piano d’azione per il periodo 2007-2013. Il Piano d’azione rappresenta un importante passo avanti, dal momento che definisce le iniziative necessarie a livello sia comunitario sia nazionale. Soltanto mediante azioni complementari condotte a questi due livelli, saremo in grado di ottenere il necessario progresso. Il Piano d’azione definisce inoltre le azioni necessarie per rispettare gli impegni assunti dall’Unione europea al fine di arrestare la perdita di biodiversità nell’UE, e ridurre considerevolmente il tasso di tale perdita in tutto il mondo entro il 2010. Con l’introduzione di un processo di periodiche valutazioni, rispetto a un chiaro gruppo di obiettivi, sia la Commissione che gli Stati membri potranno essere chiamati a rispondere della sua attuazione.

Ho constatato con estremo piacere che la relazione del Parlamento accoglie favorevolmente la comunicazione e il suo Piano d’azione. Desidero ringraziare il relatore, onorevole Adamou, per i suoi sforzi, e gli onorevoli Berman e Gklavakis, che fanno parte rispettivamente della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e della commissione per la pesca, per il loro contributo. La relazione contiene inoltre reazioni ugualmente positive del Consiglio, del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale, nonché delle ONG ambientali; le azioni da intraprendere che vengono individuate nella relazione sembrano godere di un ampio consenso. Adesso si tratta di trasformare questo sostegno politico in azioni concrete sul campo.

Non può esserci questione più importante – per qualunque dibattito parlamentare – del perpetuarsi della vita sulla terra. Vi invito dunque a cogliere quest’occasione per inviare un chiaro messaggio sulla gravità della perdita di biodiversità e sulla necessità di un’attuazione completa e vigorosa, a tutti i livelli, della comunicazione sulla biodiversità e del Piano d’azione.

 
  
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  Thijs Berman (PSE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (NL) Signora Presidente, con questa importante relazione dell’onorevole Adamou, il Parlamento vuole lanciare un segnale d’allarme, secondo un modello ben noto.

La Commissione e il Parlamento esprimono le proprie ambizioni in campo ambientale, i capi di governo e i ministri seguono il loro esempio assumendo impegni solenni, e si spingono addirittura a concludere accordi, senza però fornire un sostegno concreto. Gli Stati membri, a loro volta, erigono barriere laddove l’interesse generale dell’Europa richiede un’azione concreta. Nonostante il diffuso consenso raggiunto a Bruxelles, le ambizioni manifestate in quella sede rimangono tali a causa di interessi di breve termine che prevalgono negli Stati membri. La protezione della biodiversità dev’essere una priorità in ogni area politica.

Dalla posizione favorevole di cui gode la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la valutazione della politica agricola nel 2008 costituirà una nuova importante occasione per arrestare la perdita di biodiversità, sebbene questo richieda un bilancio più cospicuo per lo sviluppo rurale e una maggiore insistenza sulla protezione della natura e del paesaggio.

Per questo è necessaria anche una valutazione critica delle misure nel quadro dell’ecocondizionalità. Dopo tutto, è perfettamente logico ed estremamente positivo che gli agricoltori vengano retribuiti per i loro servizi all’ambiente, a condizione che questa iniziativa dimostri la propria efficacia in termini di biodiversità e di un’Europa sostenibile.

 
  
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  Ioannis Gklavakis (PPE-DE), relatore per parere della commissione per la pesca. – (EL) Signora Presidente, per cominciare porgo i miei più sinceri ringraziamenti all’onorevole Adamou per il suo ottimo lavoro. Non intendo invece congratularmi con i governi nazionali i quali, nel 2001, si sono impegnati ad adottare alcune misure che poi, ahimè, sono rimaste lettera morta, provocando il continuo declino della biodiversità e la perdita di organismi. Come ha dichiarato il Commissario Borg, ogni ora sul nostro pianeta si registra l’estinzione di tre specie.

Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, c’è il pericolo che nell’Unione europea il 54 per cento degli organismi di acqua dolce si estingua. Tale declino è determinato da diversi motivi, ma in particolare è attribuibile a due ragioni: la contaminazione delle acque e la pesca eccessiva. Noi siamo altrettanto responsabili dei pescatori.

Il nostro obiettivo dev’essere quello di ridurre la contaminazione delle acque, indipendentemente dal tipo e dall’origine della contaminazione stessa – dal suolo, dall’industria o dal mare – perché non dobbiamo dimenticare che, negli ultimi 15 anni, soltanto a causa di incidenti navali, sono state riversate nel Mediterraneo ben 55 000 tonnellate di petrolio.

Il secondo obiettivo dev’essere l’incremento degli stock ittici. Dobbiamo capire una cosa: possiamo pescare soltanto la quantità di pesce che il mare può reintegrare. Se peschiamo quantitativi superiori, commettiamo un reato ambientale.

Inoltre, dobbiamo ricorrere a metodi di pesca migliori. Dobbiamo muoverci a livello globale, affinché anche i paesi terzi adottino questi metodi, perché noi che viviamo nel Mediterraneo vogliamo salvarlo, ma il Mediterraneo bagna le coste di 27 paesi, sette dei quali appartengono all’Unione europea, e i paesi terzi sono spesso quelli che producono i danni più gravi.

E’ necessario ridurre la pesca eccessiva e ricorrere a metodi di pesca migliori. Altrimenti commetteremo un crimine contro il futuro dei nostri figli.

 
  
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  John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, a nome della collega onorevole Doyle, la relatrice ombra, consentitemi di ringraziare l’onorevole Adamou per la sua relazione che, con estrema intelligenza, raggiunge il suo obiettivo: menziona infatti Natura 2000 nonché la direttiva “Uccelli” e la direttiva “Habitat”, parla dell’efficace attuazione di REACH e della legislazione sulle acque e sui pesticidi; e infine dà voce alle preoccupazioni che noi tutti nutriamo sui limiti finanziari imposti a Natura 2000 e ad altre azioni a favore della biodiversità.

Condivido le affermazioni del Commissario Borg in materia, e in particolare ciò che si è detto sull’inerzia dei governi degli Stati membri nell’Unione europea. Il nostro obiettivo era il 2010, non il 2010 e oltre, ma siamo ben lontani dal raggiungere l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro quell’anno, che non è poi così lontano.

Mentre mi recavo a Strasburgo, ho letto un articolo su The Times, che a sua volta menzionava la perdita degli habitat, l’uso dei pesticidi, e l’introduzione di specie esotiche di cui abbiamo spesso sentito parlare. Questo articolo riguardava gli uccelli, migliaia di specie di uccelli a rischio. Complessivamente, sono in pericolo 2 033 specie; l’86 per cento delle specie più a rischio sono minacciate dalla perdita o dal deterioramento dell’habitat, a causa di fattori come dighe, pesca, numero di capi di bestiame, eccetera.

Inoltre esiste il problema delle specie esotiche; se l’onorevole Doyle fosse qui, potrebbe ricordare lo scoiattolo grigio e i danni che questo ha arrecato agli scoiattoli rossi originari del nostro continente, soprattutto in Gran Bretagna, ma adesso anche in Italia, da dove si sta diffondendo verso nord, attraverso la Francia e la Spagna. Vediamo i danni provocati dalla coccinella asiatica e dal granchio cinese: con la loro presenza, rappresentano un danno e un pericolo non soltanto per la salute umana, ma anche per la salute del nostro ambiente e delle specie naturali originarie del nostro continente.

 
  
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  Anne Ferreira, a nome del gruppo PSE.(FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Adamou per la sua relazione, nonché accogliere con favore le misure e le azioni in essa contenute.

Si tratta di misure numerose e varie, ma ritengo che oggi il nostro dibattito potrebbe acquisire maggiore chiarezza ed efficacia se articolassimo le nostre priorità in maniera gerarchica e definissimo i problemi più urgenti, sebbene non sia un compito semplice. In effetti, mentre accumuliamo ritardi nell’applicazione delle nostre decisioni, le azioni da realizzare sono sempre più numerose e necessarie. Siamo peraltro consapevoli che in materia ambientale tutti i problemi sono strettamente interconnessi.

Sono ormai quasi vent’anni che sappiamo di aver raggiunto i limiti della biosfera e di essere arrivati a un punto di stallo. Eppure, nonostante le prospettive sempre più allarmanti, non prendiamo quelle decisioni ferme e risolute che sosteniamo nei nostri documenti.

Come abbiamo sentito, la protezione della biodiversità deve realizzarsi a tutti i livelli della politica pubblica: trasporti, agricoltura, pianificazione del territorio, turismo, pesca, eccetera. Sappiamo anche questo, eppure il processo di Cardiff è seppellito nei cassetti della Commissione. Ci auguriamo che, nell’ambito del lavoro che si svolgerà in seno alla commissione temporanea sul cambiamento climatico, il rapporto di causa ed effetto che esiste tra questo fenomeno e la perdita di biodiversità ci consentirà di progredire.

Per concludere vorrei sottolineare un punto specifico della relazione Adamou concernente gli OGM. Sono estremamente favorevole alla richiesta, che è stata rivolta alla Commissione, di valutarne l’incidenza sugli ecosistemi e i rischi potenziali che essi comportano per la biodiversità.

Non dimentichiamo che l’essere umano fa parte della biodiversità. Quindi, signor Commissario Borg, come lei ha appena detto, e dal momento che stasera, in quest’Aula, suoniamo lo stesso spartito, passiamo ai fatti, realizziamo il nostro Piano d’azione e facciamo in modo che l’Unione europea, finalmente, dia l’esempio!

 
  
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  Chris Davies, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto spendere alcune parole di elogio sui progressi compiuti nell’Unione europea. Abbiamo proibito alcuni prodotti, alcuni pesticidi e alcune prassi, abbiamo ripulito i nostri fiumi e protetto alcune aree importanti sottraendole allo sviluppo; i risultati sono evidenti. In Gran Bretagna, per esempio, il nibbio reale e i rapaci solcano numerosi i nostri cieli, le lontre stanno tornando nei nostri fiumi ma, come spesso avviene, facciamo un passo avanti e due o tre indietro: la distruzione dell’habitat continua, le specie esotiche invasive provocano devastazione, e con eccessiva frequenza l’attività umana provoca morte.

Talvolta siamo gli unici responsabili; basti pensare al modo in cui stiamo spogliando i nostri mari – lontano dagli occhi, lontano dal cuore – e le nostre politiche in questo campo, come ben sa il Commissario Borg, sono semplicemente insostenibili e ridicole. Talvolta il danno è involontario. Per esempio i cambiamenti apportati alle prassi agricole non mirano all’estinzione di alcune specie di uccelli, ma in certi casi questo è uno degli effetti; attendiamo con interesse di vedere se i risultati nei cambiamenti della politica agricola comune produrranno risultati positivi.

Talvolta non sappiamo chi o che cosa sia il colpevole, ma nella nostra veste di politici continuiamo a non adottare il principio di precauzione. Come spiegare altrimenti l’assurda decisione di quegli Stati membri che hanno votato contro i piani della Commissione per il ripristino degli stock di anguille, che avevano registrato un calo drammatico? Considerazioni di corto respiro come queste fanno sì che le specie, troppo spesso, siano destinate all’estinzione.

E’ facile fissare un obiettivo per arrestare la perdita della biodiversità, soprattutto a distanza di nove anni; trovare un obiettivo molto lontano nel tempo è la cosa più facile del mondo. Ma adesso la scadenza si sta rapidamente avvicinando, e dovremo prendere decisioni molto difficili per raggiungere il nostro obiettivo. Superata la prima metà del loro mandato, alcuni Commissari potrebbero cominciare a vedere la fine del proprio incarico. Mi auguro che sfrutteranno bene il tempo loro rimasto. Le decisioni basate su calcoli politici di corto respiro saranno presto dimenticate, ma misure decise che invertano le tendenze negative e proteggano le specie consentiranno loro di guadagnarsi il rispetto della storia.

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, anch’io voglio congratularmi con il relatore per il suo ottimo lavoro. Certamente il titolo della relazione è molto ambizioso : come arrestare la diversità, la scomparsa delle specie vegetali e animali di qui al 2010 e oltre? Ci piacerebbe tanto credere che sia possibile!

Ma sappiamo quanto sia difficile, nel breve periodo, far suonare i diversi strumenti, europei e multilaterali, per i quali scriviamo lo spartito ogni giorno in questa sede. In questo momento l’attenzione dei cittadini e dei media è concentrata sui cambiamenti climatici, e dobbiamo quindi ricordare l’importanza della biodiversità poiché per combattere i cambiamenti climatici la migliore strategia è promuovere lo sviluppo dinamico degli ecosistemi: il Commissario Borg lo ha appena ricordato.

Come avrete senz’altro compreso, la biodiversità implica un approccio dinamico e, quando ragioniamo sulla biodiversità in situ in Europa, parliamo della preservazione delle specie vegetali e animali a partire dai territori la cui gestione e pianificazione vengono definite cercando di rispettare le esigenze delle popolazioni locali. In questo senso, la volontà politica e la capacità dei governi di aprire il dialogo sono essenziali per sviluppare e sostenere speciali reti ambientali, come Natura 2000.

Al contrario, la gestione ex situ della biodiversità evoca piuttosto una pratica di conservazione delle specie animali e vegetali. Al di là delle collezioni – collezioni polverose, direi – dei nostri musei, la conservazione ex situ come noi la concepiamo al giorno d’oggi, intende ovviamente evitare il peggio conservando il materiale genetico in centri agronomici: in questo modo, si dice, viene conservato in un luogo sicuro. Personalmente, tuttavia, nutro alcuni dubbi sul finanziamento dei gruppi consultivi per la ricerca agricola internazionale e il loro funzionamento, che deve integrare comunità locali e autoctone.

Per concludere, vorrei sottolineare, ovviamente, l’importanza che riveste, per le nostre popolazioni e i nostri territori, un’adeguata attuazione dei regolamenti europei; sappiamo infatti che tutto è collegato e, per esempio, la direttiva quadro sulle acque dev’essere applicata. In materia di biodiversità, l’acqua è uno strumento che garantisce la dinamica degli ecosistemi fin dall’inizio. Quindi, è essenziale evitare il deterioramento delle acque dolci, piuttosto che fare riferimento a un vago concetto di “buono stato ecologico”.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE). (LT) Signora Presidente, mi unisco al relatore per lanciare un forte segnale d’allarme. Nei tre decenni che hanno preceduto il 2000, la diversità delle specie animali e vegetali ha registrato una riduzione pari al 40 per cento. In quel periodo, l’Unione europea decise di arrestare la perdita della biodiversità entro il 2010. Adesso il tempo sta per scadere. Se non riusciremo ad arrestare l’estinzione delle specie animali e vegetali nel mondo, dovremo issare bandiera bianca e ammettere che l’attività umana distrugge la natura, e che la nostra fame insaziabile di profitti e piacere può distruggere la stessa comunità umana.

Molti dei nuovi Stati membri dell’Unione europea non sono informati in merito alla scomparsa di specie animali e vegetali, e all’importanza del problema. Nella fase di attuazione dei progetti finanziati dai Fondi di coesione e dai Fondi strutturali manca ancora un processo di riflessione o discussione sulla necessità di non danneggiare la biodiversità. La Commissione europea deve estendere la rete del territorio di Natura 2000 che interessa i nuovi 12 Stati membri. In questi paesi, solitamente la biodiversità è maggiore di quella che si osserva nei vecchi Stati membri, ed è perciò cruciale proteggerla, utilizzandola per il turismo “verde”.

I cittadini dell’Unione europea devono comprendere i benefici che si possono trarre dalla biodiversità e dagli ecosistemi, dal momento che la riduzione della diversità ha un effetto sulla produzione di alimenti, combustibili, materiali e farmaci, sulla regolamentazione delle acque, dell’aria e del clima, sul mantenimento della fertilità del suolo e sulla circolazione di prodotti alimentari. Purtroppo, in questo momento, viviamo a credito, sfruttando le risorse che in realtà appartengono ai nostri figli e ai nostri nipoti, che potrebbero trovarsi a vivere in un mondo più sterile, nel quale potranno vedere creature del passato soltanto nei musei, nelle fotografie e nei film.

La Commissione ha giustamente proposto di integrare la biodiversità e la cura degli ecosistemi nelle politiche e nei programmi di tutti i settori importanti, come la tutela della biodiversità degli oceani e la riduzione dell’inquinamento nell’agricoltura e nell’industria. A tale scopo è necessario un considerevole sostegno finanziario e una concreta attenzione. Gli strumenti utilizzati per controllare i cambiamenti climatici non devono danneggiare la biodiversità. L’Unione europea deve dare al mondo un più chiaro esempio di come sia possibile coordinare la crescita economica con la protezione dell’ambiente naturale e la preservazione delle specie animali e vegetali.

 
  
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  Joe Borg, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, per cominciare esprimerò il mio apprezzamento per la qualità della discussione di questa sera. Sono molto rincuorato dalla relazione, e vorrei commentare tre questioni in particolare.

In primo luogo, avete apprezzato l’approccio concettuale della comunicazione, che sottolinea il nesso tra perdita di biodiversità e declino dei servizi ecosistemici. Riconoscete la vitale importanza di ecosistemi sani per la prosperità e il benessere. Suggerite inoltre che il mantenimento dei servizi ecosistemici divenga un obiettivo prioritario di tutte le politiche orizzontali e settoriali dell’Unione europea, e invitate la Commissione a studiare e a proporre misure pratiche per internalizzare il costo della perdita di biodiversità.

Stiamo già lavorando a tali questioni, e vorrei porre in evidenza una nuova iniziativa della Commissione e della Presidenza tedesca, che prevede di effettuare un’analisi economica dei costi della perdita di biodiversità simile al rapporto Stern sull’economia dei cambiamenti climatici. Credo che tale analisi potrebbe dimostrarsi un punto di svolta. Se diventassimo più consapevoli dei costi della nostra inerzia, potremmo concentrare il dibattito politico sulla necessità di azioni senza precedenti, volte ad arrestare la perdita di biodiversità.

In secondo luogo, vorrei mettere in evidenza le vostre opinioni sul tema della biodiversità e dei cambiamenti climatici. Voi avete sottolineato l’importanza di un approccio ecosistemico per l’adattamento ai cambiamenti climatici.

In terzo luogo, riconoscete che il Piano d’azione è uno strumento essenziale per riunire le parti interessate, nell’ambito della Comunità e dei singoli Stati membri, al fine di rispettare gli impegni assunti per il 2010. E’ importante adesso vedere in che misura sarà effettivamente attuato il Piano d’azione.

In merito all’osservazione del relatore sulle specie esotiche, stiamo già lavorando in questo settore e, se individueremo lacune sul piano legislativo a livello comunitario, considereremo l’opportunità di avanzare proposte a tempo debito. In effetti, nel mio settore di competenza, sta per essere adottata una proposta di regolamento del Consiglio sull’uso di specie esotiche nell’acquacoltura.

Per quanto riguarda il finanziamento, nel 2004 la Commissione ha proposto che il futuro cofinanziamento comunitario per Natura 2000 dovesse essere integrato nei principali strumenti finanziari. Inoltre, sono stati previsti finanziamenti a favore della biodiversità dell’ambiente naturale in LIFE+, nei fondi comunitari per la cooperazione internazionale allo sviluppo e nel settimo programma quadro per la ricerca. Vorrei sottolineare però che, come si apprende dalla comunicazione, la decisione finanziaria del Consiglio europeo del dicembre 2005 influisce sui finanziamenti che possono essere erogati da questi strumenti. In essa si afferma chiaramente che gli Stati membri dovranno garantire finanziamenti adeguati anche mediante risorse proprie.

Quanto all’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità nell’Unione europea entro il 2010, sebbene tale data si stia avvicinando rapidamente, la realizzazione di tale obiettivo è possibile, a condizione che la fase attuativa proceda più velocemente a livello sia comunitario che dei singoli Stati membri.

In merito alla pesca, che è il settore di mia competenza, condivido pienamente l’opinione dell’onorevole Gklavakis: abbiamo bisogno di un’attività di pesca sostenibile, e dobbiamo lavorare in questa direzione sia nelle acque comunitarie che negli oceani e nelle acque internazionali. A questo proposito vorrei dire che gli obiettivi e le azioni a favore della biodiversità nell’ambito della politica della pesca, secondo quanto previsto dalla comunicazione, sono del tutto coerenti con la politica comune della pesca, e in massima parte sono già presenti nel nostro programma di lavoro per gli anni futuri. Posso citare alcuni esempi del contributo della politica comune della pesca alla protezione della biodiversità, per esempio i piani di ripristino per numerosi stock ittici, i limiti alla cattura e allo sforzo di pesca, la legislazione per proteggere i cetacei dalle catture accessorie e la tutela degli habitat, come la barriera corallina, nonché il regolamento del Mediterraneo che è stato adottato lo scorso anno e contiene importanti disposizioni per ridurre l’impatto della pesca sui fondali marini.

Altre misure sono previste. Potrei ricordare la comunicazione del marzo 2007, concernente la graduale riduzione delle catture accessorie e l’eliminazione dei rigetti nella pesca europea; questo documento comporta altresì l’adozione di un graduale divieto di rigetto per ciascun tipo di pesca e la fissazione di massimali per le catture accessorie.

Stiamo anche lavorando per estendere la rete di Natura 2000 alle aree marine in cooperazione con la DG Ambiente, e per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.

Per quanto riguarda gli stock di anguille, intendo ritornare in Consiglio il prossimo giugno; questa volta dovremo adottare il regolamento senza indebolirlo ulteriormente.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, 22 maggio.

Dichiarazioni scritte (Articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Gyula Hegyi (PSE), per iscritto. (HU) Nessuno sa per certo quante forme di vita esistano sulla terra, ma è stato stimato che il numero di specie sia pari a circa venti o trenta milioni: noi ne conosciamo soltanto un milione e ottocentomila. Purtroppo, molte specie si sono estinte a causa della devastazione prodotta dalla civiltà prima che avessimo occasione di scoprirle. Nel secolo scorso, la perdita di biodiversità è stata la più alta mai registrata nella storia umana. Dagli studi condotti è emerso che ogni anno scompaiono dalla faccia della terra 140 000 specie. La responsabilità di tale scomparsa è inequivocabilmente attribuibile all’attività umana: distruzione delle foreste e delle acque, inquinamento atmosferico e del suolo. Secondo un recente rapporto, tra il 20 e il 30 per cento di tutte le specie vegetali e animali potrebbe estinguersi se l’innalzamento della temperatura globale superasse i 2,5 gradi centigradi.

E’ perciò essenziale che la Commissione europea proponga una strategia di lungo termine per arrestare davvero la perdita di biodiversità. A tal fine, è importante che i programmi di Natura 2000 – originariamente concepiti per proteggere la biodiversità – ricevano quanto prima finanziamenti diretti dalle casse dell’Unione europea. Anche in Ungheria, è essenziale che i proprietari di terreni, che adesso godono della protezione di Natura 2000, non restino delusi dall’Unione europea.

 
  
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  Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La biodiversità è ben più di una priorità, è una necessità vera e propria; dobbiamo agire rapidamente per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010.

L’Unione europea è la prima a porsi obiettivi concreti in questo campo; auguriamoci che essa sia d’esempio al resto del mondo. Sviluppo sostenibile e caccia sostenibile non sono solo termini alla moda; costituiscono in realtà il simbolo di un mutamento delle prassi industriali e produttive, e di una trasformazione nel mondo della caccia.

Notiamo tra parentesi che i cacciatori e le loro organizzazioni non hanno atteso che l’Unione europea, il Parlamento europeo e tanto meno questa relazione indicassero obblighi in termini di rispetto per le specie e per determinate zone; ciò è avvenuto piuttosto grazie alle fondazioni per la protezione degli habitat e della flora selvatica, che prendono iniziative concrete ormai da parecchi anni a questa parte.

Per tale motivo ritengo opportuno evitare di emettere condanne nei confronti della caccia, che va invece sostenuta negli sforzi che compie per promuovere una corretta gestione dell’ambiente.

Alla luce di queste considerazioni non posso che rammaricarmi per la formulazione dell’articolo 20, che fa ricadere sulla caccia una parziale responsabilità per il deterioramento della biodiversità, ignorando in tal modo l’esistenza della caccia sostenibile.

 
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