Presidente. – Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 10 maggio 2007.
2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
3. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
4. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale
5. Instaurazione di un’economia verde all’idrogeno e una terza rivoluzione industriale in Europa (dichiarazione scritta): vedasi processo verbale
6. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
7. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale
8. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
9. Dichiarazioni scritte (articolo 116): vedasi processo verbale
10. Petizioni: vedasi processo verbale
11. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale
12. Dichiarazione di interessi finanziari: vedasi processo verbale
13. Ordine dei lavori
Presidente. – Il progetto definitivo di ordine del giorno per questa seduta, fissato dalla Conferenza dei presidenti, ai sensi degli articoli 130 e 131 del Regolamento, nella riunione di mercoledì 16 maggio 2007, è stato distribuito. Sono state presentate le seguenti proposte di modifica:
Per quanto riguarda martedì
Il gruppo Verts/ALE chiede che la votazione finale sulla relazione Aubert (A6-0061/2007), relativa alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici, venga rinviata alla tornata di giugno a Strasburgo.
Monica Frassoni, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei soltanto chiarire la nostra richiesta di rinvio del voto alla tornata di giugno. La ragione potrebbe essere definita con il termine un po’ misterioso di “tecnica legislativa”: pensiamo che rinviare il voto di qualche settimana potrebbe aiutare la nostra Istituzione ad avere un negoziato positivo, o almeno più positivo, rispetto alla situazione che esisterebbe se votassimo domani su questo fascicolo, il quale, come lei sa, interessa molto i cittadini, Per questo abbiamo chiesto di cambiare la base giuridica sostenuta da tutto il Parlamento. Chiedo ai colleghi di sostenere la nostra domanda di rinvio del voto, non di rinvio in commissione.
Presidente. – Interpreto questa giustificazione anche come argomentazione a favore della proposta; adesso quindi abbiamo bisogno di qualcuno che presenti un’argomentazione contraria.
Struan Stevenson, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, mi duole dissentire dall’onorevole Frassoni, ma durante l’ultima tornata abbiamo rinviato la relazione Aubert all’esame della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Le possibilità di definire una base giuridica sono assai scarse, e per questo motivo tutti i coordinatori, eccezion fatta per il gruppo Verts/ALE, hanno acconsentito a tenere nel corso di questa tornata la votazione finale – che è prevista per domani. Devo chiedere quindi ai colleghi e ai rappresentanti di tutti gli altri gruppi, che si sono dichiarati d’accordo in sede di commissione per voce dei propri coordinatori, di respingere la proposta del gruppo Verts/ALE e tenere la votazione finale domani.
(Il Parlamento respinge la proposta)
Presidente. – Il gruppo PPE-DE e il gruppo PSE chiedono che la discussione sulle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Palestina non si concluda con la presentazione di proposte di risoluzione.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, la volta scorsa il nostro gruppo ha espresso con estrema chiarezza la propria posizione sulla questione palestinese, soprattutto per quanto riguarda il riconoscimento del governo palestinese.
Credo però che, in tempi difficili come questi, noi deputati al Parlamento europeo dobbiamo innanzi tutto trovare una linea comune su cui tutti possiamo essere d’accordo, ma su questo non si è discusso abbastanza; nel frattempo, gli eventi in Palestina minacciano di sopraffarci, e ci troviamo in una situazione in cui una risoluzione raffazzonata, priva di una solida base, non sarebbe certamente d’aiuto, tanto più, signor Presidente, che è imminente una sua visita. Propongo quindi di ritirare la risoluzione per questi motivi, non perché abbiamo cambiato opinione, ma piuttosto perché vogliamo trovare il tempo per discuterne con gli altri gruppi.
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, non sono del tutto contrario alla richiesta.
Indubbiamente è un peccato non avere una risoluzione e non adottare quella, assai costruttiva, sulla quale la Conferenza dei presidenti aveva raggiunto un accordo mercoledì scorso. Comprendo tuttavia l’argomentazione dell’onorevole Swoboda.
Mi rammarico semplicemente perché è proprio questo il messaggio che avremmo dovuto inviare alla popolazione palestinese per ridarle nuova speranza e infondere nuova vita a ciò che resta delle sue fragili istituzioni.
Sono quindi favorevole alla proposta dell’onorevole Swoboda, ma propongo che la Conferenza dei presidenti discuta serenamente, il prossimo giovedì, il modo più adatto per celebrare il quarantesimo anniversario della risoluzione 242, poiché la minitornata coinciderà proprio con quel quarantesimo anniversario. Mi auguro che il consenso che siamo riusciti a costruire insieme su questa grande questione, in sede di Conferenza dei presidenti, possa ugualmente concretizzarsi in occasione del quarantesimo anniversario.
(Il Parlamento approva la proposta)
(L’ordine del giorno è quindi approvato )
14. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Presidente. – L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Edit Bauer (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, alla fine dell’agosto 2006, una studentessa ungherese residente in Slovacchia ha subito gravi percosse. Gli autori dell’aggressione hanno scritto sulla sua camicetta due noti slogan, che risalgono al periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, quando un’attribuzione di colpa collettiva provocò l’espulsione degli ungheresi dalla Slovacchia: “Ungheresi, tornate oltre il Danubio” e “Fuori i parassiti dalla Slovacchia”. In quell’occasione il Primo Ministro slovacco dichiarò che una cosa simile sarebbe potuta accadere ovunque.
Dopo un’indagine assai strana durata due settimane, il ministro degli Interni ha annunciato ai mass media che non era successo niente e che la studentessa si era inventata tutta la storia. E’ stato altresì dichiarato che la ragazza avrebbe potuto essere accusata di falsa testimonianza, come infatti si è verificato la settimana scorsa: l’esito della vicenda è stato davvero sconvolgente per gli ungheresi che vivono in Slovacchia.
La vittima, insieme agli studenti e all’insegnante che l’hanno assistita dopo l’aggressione, si sta ora battendo contro la polizia, che l’ha accusata, e contro il governo, che l’ha umiliata.
I primi due elementi che compongono lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia sono venuti meno. Ora questo caso dimostrerà se almeno la giustizia esiste ancora. Ovviamente l’esito è incerto: è possibile che la sentenza di un tribunale sfidi la polizia e il governo?
Gary Titley (PSE). – (EN) Signor Presidente, 18 giorni fa una bambina di tre anni, Madeleine McCann, figlia di una coppia britannica, è stata rapita dal suo albergo in Portogallo. Finora, nonostante le intense ricerche della polizia, non è stata ritrovata. I mass media del Regno Unito, del Portogallo e della Spagna hanno trattato diffusamente la questione, ma non sono certo che lo stesso sia avvenuto negli altri Stati membri. Si sospetta che la bambina sia stata sequestrata e quindi portata via dal Portogallo.
In primo luogo, mi auguro di parlare a nome dell’Assemblea nell’esprimere la nostra solidarietà alla famiglia; chiedo inoltre a tutte le autorità nazionali di pubblicizzare questo caso. Sappiamo bene, infatti, che incombe sempre il grave rischio della tratta di bambini, anche se ci auguriamo che il caso di Madeleine sia estraneo a tale fenomeno; chiediamo tuttavia a tutte le autorità nazionali di non abbassare la guardia, e di impegnarsi a ritrovarla prima che le succeda qualcosa di grave.
Toomas Savi (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei attirare l’attenzione sulla controversia sorta di recente fra Estonia e Russia. Nonostante l’ampio sostegno che è stato offerto all’Estonia dal Parlamento europeo e dagli Stati membri dell’Unione europea, la Federazione russa non ha ancora preso alcuna misura per porre fine ai suoi continui attacchi informatici che bloccano le linee di comunicazione ufficiali e i siti web dell’amministrazione estone.
Gli attacchi continuano; sono organizzati soprattutto dall’esterno dell’Estonia e provengono da indirizzi IP dell’amministrazione russa. Inoltre, intensi attacchi di propaganda continuano via Internet e tramite messaggi inviati da cellulari che invitano alla violenza e alla resistenza armata. Tali messaggi vengono trasmessi perfino dalla televisione e da altri mass media.
Il governo estone ha cercato di risolvere la questione ed è stato molto attivo nel settore delle comunicazioni, ma non abbiamo ricevuto alcuna cooperazione né offerta di dialogo da parte russa.
Leopold Józef Rutowicz (UEN). – (PL) Onorevoli colleghi, fra due giorni voteremo sulla direttiva concernente il roaming. Vorrei sottolineare che direttive come questa incidono direttamente sulla vita di ogni cittadino dell’Unione europea, giacché gran parte dei cittadini dell’Unione possiede un telefono cellulare.
L’approvazione della direttiva sarà certamente accolta come un grande successo. Tuttavia, sembra solo un piccolo passo nella giusta direzione. E’ comunque un inizio, e stiamo cercando di avvicinarci ai nostri concittadini.
Propongo che il roaming diventi l’oggetto di una più ampia consultazione. In Germania, per esempio, il roaming interessa circa 100 milioni di persone, mentre in paesi piccoli come la Lituania, la Lettonia e l’Estonia il roaming interessa solo un paio di milioni di persone. Questo è ingiusto; anche se l’approvazione della direttiva sarebbe un passo avanti, dobbiamo adottare un approccio di più ampio respiro ed esaminare le modalità più opportune per abbattere le barriere del roaming tra i diversi paesi.
Milan Horáček (Verts/ALE). – (DE) Signor Presidente, chiedendo a Sua Santità il Dalai Lama di cancellare la propria visita, il Belgio, per la seconda volta, ha ceduto alle pressioni cinesi. Questo è inaccettabile. Prendendo a pretesto la visita che una delegazione commerciale, guidata dal principe ereditario, dovrà effettuare a giugno in Cina, il governo si è piegato all’opportunismo economico a scapito dei valori europei. L’Unione europea e i suoi Stati membri non devono rinunciare ad accogliere alcune figure pubbliche per il ricatto di autorità come quelle cinesi, note per le flagranti violazioni dei diritti umani. Il popolo tibetano deve subire una grave repressione, e ogni anno migliaia di cittadini fuggono dal paese con grave rischio per la propria vita. Le oltraggiose interferenze delle autorità cinesi negli affari di uno Stato membro dell’Unione europea meritano la più severa condanna. Dobbiamo dissociarci con estrema chiarezza dall’azione belga e dichiarare esplicitamente il nostro sostegno ai deputati valloni che stanno cercando di ottenere un nuovo invito in Belgio per Sua Santità il Dalai Lama. Diamo il nostro benvenuto in Europa al Dalai Lama!
Presidente – Onorevole Horáček, le comunico che ho scritto una lettera al Primo Ministro belga, chiedendogli di fornire spiegazioni in materia. Desidero inoltre informare ufficialmente l’Assemblea che, quando il Presidente del Parlamento europeo invita a colloquio una personalità, come ho fatto con il Dalai Lama – dal momento che avevo intenzione di incontrarlo e parlargli – ma l’incontro non può avvenire perché la personalità invitata non ottiene il visto, sono gli stessi diritti del Parlamento europeo a essere intaccati; non possiamo accettarlo. Nell’attesa di una risposta da parte del Primo Ministro belga, ritengo che, in questo specifico caso, dobbiamo batterci per i nostri diritti e per i diritti degli altri.
(Applausi)
Thomas Mann (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, l’onorevole Horáček ha criticato, in maniera esplicita e del tutto giustificata, la debolezza mostrata dal governo belga nei confronti delle autorità cinesi quando il Dalai Lama è stato costretto ad annullare la sua partecipazione alla Conferenza internazionale sul Tibet l’11 maggio; una conseguenza di tale decisione è stata la cancellazione dell’audizione programmata con i deputati europei che fanno parte dell’intergruppo per il Tibet.
Il giorno dopo, il 12 maggio, ho avuto occasione di incontrare il Dalai Lama a Lipsia alla presentazione di un premio per la pace, l’ottimismo e lo spirito civico, e l’ho informato che ritenevo oltraggioso il comportamento del governo belga.
Signor Presidente, desidero ringraziarla espressamente per il suo intervento. Questa nostra Assemblea è nota in tutto il mondo come portavoce dei diritti umani, e non permetteremo a nessuno di metterci a tacere, neanche sotto la minaccia di pressioni economiche.
Manuel Medina Ortega (PSE). – (ES) Signor Presidente, vorrei parlare dell’ultima crisi scoppiata nelle isole Canarie a causa dell’immigrazione clandestina: circa 750 immigrati clandestini hanno raggiunto le nostre coste, proprio durante l’interruzione delle operazioni di controllo delle frontiere da parte di FRONTEX.
Il governo spagnolo ha risposto sollecitamente rinviando tutti quegli immigrati nei loro paesi di origine, ma dobbiamo insistere sulla promessa, fatta dal Vicepresidente della Commissione Frattini, di rendere permanenti le operazioni di FRONTEX e di HERA. Non possiamo lasciare tutto nelle mani di un governo, dal momento che il problema dell’immigrazione clandestina interessa l’intera Unione europea.
Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) Per il sesto anno consecutivo l’Austria sta contaminando l’unico fiume dell’Ungheria ancora allo stato naturale, il Rába. Quando i residenti, le organizzazioni civiche, i sindaci, i ministri e i deputati al Parlamento europeo, nonché il Presidente ungherese, hanno protestato, le autorità austriache hanno avuto l’audacia di dichiarare che avevano rispettato alla lettera le norme dell’Unione europea, scaricando il problema della formazione di schiume nelle acque del fiume interamente su Bruxelles e quindi su di noi, il Parlamento europeo.
Conosco bene la legislazione dell’Unione europea sulla protezione ambientale, e non mi risulta che abbiamo mai approvato un regolamento che consenta di scaricare sostanze chimiche in un fiume. Né ricordo che l’Europa abbia mai auspicato la morte della fauna nei corsi d’acqua dolce, o la formazione sulla loro superficie di schiuma tale da provocare patologie della pelle nei nostri figli. Chiunque affermi che tutto ciò è previsto dai regolamenti dell’Unione europea mente.
I ministeri austriaci non dovrebbero puntare il dito contro Bruxelles, né scrivere promemoria contro l’impianto nucleare ceco di Temelin; cerchino piuttosto di porre fine all’inquinamento ambientale che essi stessi producono.
Glyn Ford (PSE). – (EN) Signor Presidente, mercoledì prossimo il governo britannico pubblicherà il Libro verde sull’energia, in merito al quale, nel corso del fine settimana, la stampa britannica – in particolare The Independent on Sunday – ha pubblicato le prime indiscrezioni.
Se dobbiamo credere a queste notizie, l’industria nucleare verrà riesumata in nome della tutela ambientale; cosa ancora più importante per l’Europa, verrà assunto un impegno per il primo piano energetico sostenibile in Europa senza emissioni di CO2, ossia la diga di sbarramento della marea sul fiume Severn. Con un costo che si aggira sui 15-20 miliardi di euro, questa diga sarà in grado di soddisfare fino all’8 per cento del fabbisogno energetico della Gran Bretagna, controllare le conseguenze del cambiamento climatico nell’estuario, creare la tanto necessaria occupazione nel sudovest e in Galles, costruire nuove strade e nodi ferroviari; essa darà inoltre un fortissimo impulso all’economia locale, incoraggiando la diffusione degli sport acquatici. Mi auguro che saremo tutti favorevoli in nome dell’Europa.
Eduard Raul Hellvig (ALDE). – Intervenţia mea are în vedere deschiderea fluvială a canalului Bâstroe şi a problemelor pe care le creează această deschidere.
La 14 mai 2007, Ucraina a deschis această cale navigabilă, care practic străbate una dintre cele mai mari rezervaţii ale biosferei din Europa, Rezervaţia Naturală Delta Dunării. Este un spaţiu care adăposteşte mii de specii de păsări, plante şi animale, dintre care unele sunt rare sau pe cale de dispariţie. Aşa cum rezultă din studiile de impact făcute de diverse organizaţii interguvernamentale şi de mediu internaţionale, consecinţele construirii canalului nu sunt doar individuale sau bilaterale (mă refer aici la pagube ecologice, economice şi culturale produse ţării noastre). Totuşi, efectele sunt şi europene, şi globale, şi aceasta fiindcă vorbim de consecinţe ecologice negative, care aduc atingere principiilor care definesc conceptul de dezvoltare durabilă. Dacă dorim ca până în anul 2010 să asistăm la o diminuare a gradului de distrugere a biodiversităţii în Europa, este imperativă armonizarea intereselor economice cu protecţia biodiversităţii. Până nu este prea târziu, chestiunea canalului Bâstroe trebuie abordată ţinând seama de responsabilitatea ce ne revine faţă de generaţiile viitoare. În interacţiunea dintre om şi mediu, natura nu trebuie sacrificată, fiindcă anumite pierderi sunt ireversibile.
Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il processo di selezione internazionale per scegliere la città che ospiterà l’esposizione internazionale EXPO 2012 è entrato in una fase cruciale. La decisione verrà annunciata a Parigi nel novembre di quest’anno. Tre paesi hanno raggiunto la fase finale della gara: la Corea del Sud per l’Asia, il Marocco per l’Africa e la Polonia per l’Europa. La mia città natale, Breslavia, rappresenta l’Europa.
Mi rivolgo all’Assemblea per sollecitare la solidarietà europea, e invitare i 27 Stati membri con diritto di voto a sostenere la candidatura di Breslavia, che è l’unica candidata europea.
Avremmo così un buon esempio della solidarietà europea, tanto spesso proclamata in quest’Aula. Se il mio paese e la mia Breslavia saranno prescelti, sarà anche molto più facile per molti europei visitare questa affascinante esposizione. Per i nostri cittadini, il viaggio in Polonia sarebbe assai più breve di un viaggio in Corea. Invito quindi l’Assembla a sostenere la candidatura di Breslavia per l’ EXPO 2012.
Monica Frassoni (Verts/ALE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, chiaramente i miei colleghi hanno parlato di cose veramente gravi e complicate. Vorrei richiamare l’attenzione e formulare una domanda su un tema che mi sembra particolarmente rilevante oggi, visto che si parlerà per tutto il pomeriggio di questioni ambientali: si tratta della questione delle biciclette in questo Parlamento, alle 14.20 non ce n’erano già più! Vorrei invitare lei, signor Presidente, a chiedere all’Ufficio di presidenza di aumentare il numero delle biciclette disponibili per tutti noi, deputati e funzionari, sarebbe un modo molto semplice di essere coerenti con i nostri obiettivi di riduzione delle emissioni!
Presidente. – Se coloro che ci hanno chiesto di acquistare biciclette le utilizzano effettivamente, potremo considerare l’idea con maggiore attenzione. Ne parleremo.
Georgios Karatzaferis (IND/DEM). – (EL) Signor Presidente, se qualcuno arrivasse nel suo collegio elettorale, usurpasse il suo nome e si candidasse contro di lei usando il suo nome, lei non si irriterebbe? Credo che chiunque ne sarebbe indignato.
Questo è ciò che sta succedendo oggi con la Vardaska, che ha assunto il nome di Macedonia, un nome storico che il nostro paese, la Grecia, detiene ormai da tremila anni. Ieri poi è arrivato il Presidente degli Stati Uniti che ha proclamato di propria iniziativa, senza chiedere all’Europa: “Decido e ordino di dare il nome…”.
Noi greci siamo irritati da tutto ciò. Noi greci siamo sempre stati una nazione, un paese che ha dato tutto all’Europa: i Giochi olimpici, la filosofia, il teatro antico, tutto quello che ci è stato richiesto; e soprattutto le abbiamo dato una civiltà.
L’Europa oggi non può insultarci, ridurci al silenzio e umiliarci. Tutti devono capire che si tratta di una questione delicata.
Possiedo, e posso mostrarvi, carte geografiche del secolo scorso in cui questa regione viene chiamata Vardaska. Chiedete a qualsiasi società filatelica e vi verranno mostrati francobolli con il nome Vardaska. Non possono prenderci la nostra storia, i nostri eroi, Alessandro Magno e Filippo.
La Grecia non lo permetterà e voi ci costringerete a reazioni estreme, cui l’Europa oggi non ha certo bisogno di assistere.
Димитър Стоянов (ITS). – Г-н председател, през април 1876 г. българският народ въстана, за да отхвърли турското робство. Скоро град Батак се присъедини към това всенародно въстание. В началото на май турските милиции, наречени "башибозук", избиха 8000 от деветхилядното население на града, като на 17 май 1876 г. избиха 3000 жени, деца и старци, събрани и укрили се в черквата на града.
Международна европейска анкетна комисия установи тези зверства, които бяха извършени в Батак и другите въстанали градове като Перущица, Копривщица, Котел, Клисура и други. Тази комисия беше председателствана от американския журналист-кореспондент на британски вестници Макгахан, който описа тези зверства в своята книга "Турските зверства в България".
Днес, обаче, има опити този геноцид да бъде отречен, да бъде заличен. Затова мен политическата коректност ме кара да стана и да кажа тук пред всички, че ще внеса писмена декларация, в която искам Парламентът да признае този геноцид над българите и да заклейми всеки един опит той да бъде отречен.
László Surján (PPE-DE). – (HU) (Il deputato non ha acceso il microfono all’inizio del suo intervento, e quindi il verbale è incompleto)
... il salario medio è inferiore a 500 euro al mese, e il salario minimo è inferiore a 280 euro. Il basso livello salariale è un’eredità dell’economia pianificata socialista, e rappresenta una speciale forma di debito statale. In passato, al posto del salario, lo Stato forniva molti servizi gratuitamente o a prezzi bassissimi, e l’assistenza sanitaria, per esempio, era addirittura prevista da una norma costituzionale.
A partire dal 1990, il profitto derivante dai salari non pagati non va più alla comunità ma ai datori di lavoro, che non sono obbligati a utilizzare il profitto supplementare per il bene comune. I servizi hanno un prezzo di mercato, ma i livelli salariali non sono mutati. Lo Stato, i datori di lavoro e i paesi che accolgono i nostri lavoratori – i quali abbandonano il paese alla ricerca di salari più alti – sono quelli che traggono vantaggio dalla situazione. Il problema ci riguarda tutti; infatti, se vogliamo che la nostra politica di coesione ottenga risultati, i nuovi Stati membri dovranno recuperare velocemente, e questo processo dev’essere ulteriormente accelerato.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, recentemente la Commissione ha annunciato miglioramenti al regime di ristrutturazione del settore dello zucchero, riconoscendo che ai produttori non concorrenziali non erano stati offerti incentivi allettanti per abbandonare il settore.
E’ stata quindi avanzata una nuova proposta, al fine di ridurre la produzione di zucchero nell’Unione europea a livelli accettabili, come afferma la Commissione. Vi ricordo che il Parlamento europeo ha chiesto di dare ai produttori il 50 per cento degli aiuti per la ristrutturazione, per ogni tonnellata di contingente smantellato.
Al contempo, la Commissione dovrà preparare un programma specifico per aumentare il tasso di utilizzo dei biocarburanti, offrendo alternative a coloro che abbandonano il settore dello zucchero, e sostenendo con efficacia le colture energetiche nell’Unione europea.
Un’ultima riflessione: come la recente decisione della Corte di giustizia delle Comunità europee ha confermato per il regime del cotone, la Commissione dovrà valutare con attenzione le ripercussioni delle riforme proposte. E’ stato confermato che non lo ha fatto per la ristrutturazione del regime dello zucchero.
Marc Tarabella (PSE). – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei esprimere la mia riprovazione per la richiesta avanzata dal Commissario Michel, che ha chiesto e ottenuto un congedo per potersi candidare al Senato in Belgio. Con questa decisione, egli fa il suo ingresso nell’arena politica nazionale, mentre il suo ruolo di Commissario europeo avrebbe dovuto collocarlo al di sopra delle divisioni politiche. Condanno quindi con forza la mancanza di rispetto che egli ha mostrato per la propria funzione, così importante, di Commissario europeo. Inoltre, questo atteggiamento negativo ricade purtroppo sul funzionamento della Commissione.
D’altro canto, Brice Hortefeux, il nuovo ministro francese per l’Immigrazione, il 21 maggio alle 8.15 ha dichiarato, durante una trasmissione di Europe 1 condotta dal giornalista francese Jean-Pierre Elkabach, che la sua politica per l’immigrazione sarebbe stata – cito testualmente – “in armonia con la politica europea” e che avrebbe avuto un incontro su questo tema con il Commissario Michel la settimana successiva. La situazione in cui si trova la Commissione, e in particolare il Commissario Michel, è – come possiamo constatare – per lo meno ambigua.
Ritengo che la Commissione dovrebbe autorizzare i Commissari a candidarsi unicamente alle elezioni europee, oppure a elezioni che coincidano con la fine del loro mandato, per impedire ambiguità di questo tipo. Presento quindi un’interrogazione scritta alla Commissione in questo senso.
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE). – (FR) Signora Presidente, intervengo a mia volta sul tema dell’Africa per richiamare la vostra attenzione sul fatto che era troppo tardi per presentare una risoluzione urgente.
Vorrei dunque attirare l’attenzione dei colleghi sulla situazione delle zone settentrionali del Mali e del Niger, che si sta evolvendo a danno delle popolazioni tuareg. In effetti, possiamo ancora evitare un grave conflitto e scongiurare una guerra in questa regione dove, attualmente, la situazione sta peggiorando sensibilmente nonostante gli accordi di Algeri e il forum tenutosi nel mese di marzo a Kidal. I tuareg avevano deposto le armi il 9 marzo, e adesso l’esercito del Mali occupa i punti di approvvigionamento idrico e alcuni villaggi, mentre nuove truppe giungono dal sud.
Signora Presidente, credo che sia necessario intervenire in questa regione dell’Africa prima che scoppi una guerra, proprio mentre il mediatore algerino è assente. Le chiedo quindi di inviare una richiesta urgente alla Commissione e alla Presidenza del Consiglio, affinché una troika intervenga presso le autorità del Mali, per convincerle a sedersi al tavolo dei negoziati con i partiti tuareg al fine di discutere nuovamente l’attuazione degli accordi di Algeri.
Per quanto riguarda il Niger, la situazione dei tuareg non è migliore poiché essi vengono sfruttati dalle imprese di estrazione di uranio, un’attività da cui non traggono alcun beneficio.
Marios Matsakis (ALDE). – (EN) Signora Presidente, le recenti, esecrabili manifestazioni nazionalistiche, che in larga misura sono organizzate e sostenute dall’esercito turco, purtroppo cominciano a diffondersi artificiosamente dalla Turchia alla parte settentrionale di Cipro, occupata dall’esercito turco. Una simile manifestazione si è svolta sabato scorso nella città cipriota di Morfou, occupata dall’esercito turco. Organizzazioni di estremisti nazionalisti come quella dei cosiddetti Lupi grigi brandivano striscioni recanti scritte come “Non siamo ciprioti, siamo turchi”, “Cipro è turca e lo sarà per sempre” e ancora “Grazie al cielo siamo turchi!”
E’ stato osservato che questa manifestazione si svolgeva proprio mentre l’esercito e la marina turchi stavano effettuando illegalmente esercitazioni militari nella parte settentrionale di Cipro. Evidentemente i generali dell’esercito turco stanno cercando, ancora una volta, di spaventare e intimidire la popolazione cipriota – sia di origine turca che di origine greca – per raggiungere i propri obiettivi politici in Turchia. Il recente avvertimento inviato dal Presidente del Parlamento ai capi dell’esercito di Ankara è stato tempestivo e opportuno. Alla luce di questi fatti, invito il Presidente a inviare un secondo messaggio, per chiedere ai generali dell’esercito turco di sospendere la propria politica intimidatoria e le manifestazioni di odio nazionalistico a Cipro.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) In occasione del Vertice di Samara, l’Unione europea ha dato prova di coesione e compattezza. Questo è positivo, e fa ben sperare per il futuro, ma si tratta di vedere quanto durevole si dimostrerà tale politica negli anni a venire.
La Russia possiede abbondanti risorse energetiche. Questo non potrebbe forse creare le condizioni che consentirebbero di dividere l’Unione europea tra cosiddetti partner migliori e peggiori, secondo i criteri russi?
Ci siamo già dimenticati il gasdotto da realizzare sul fondo del Mar Baltico? E’ un peccato che, su questo tema, l’Unione europea si sia dimostrata divisa, ma gli interessi dei singoli Stati membri erano troppo grandi e troppo contraddittori perché fosse possibile raggiungere l’unità.
Fin troppo spesso parliamo di unità o compromesso, a seconda delle nostre necessità. Questo non è di buon auspicio per il futuro Trattato costituzionale europeo.
Nondimeno, dobbiamo dichiararci soddisfatti degli obiettivi raggiunti.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL). – (PT) Signora Presidente, colgo l’occasione per celebrare la giornata di lotta dei lavoratori portoghesi e della loro confederazione sindacale, la CGTP-IN, che per il prossimo 30 maggio ha proclamato una giornata di sciopero generale in Portogallo. I lavoratori portoghesi lottano contro la crescente disoccupazione, l’aumento della flessibilità e della precarietà del lavoro e la cosiddetta flexicurity, contro la svalutazione dei salari e il drammatico aumento delle disuguaglianze e della povertà; essi lottano per un posto di lavoro non privo di diritti, per i contratti collettivi, per gli aumenti salariali e per l’equa distribuzione della ricchezza.
I lavoratori portoghesi lottano in difesa dei servizi pubblici, della sanità, dell’istruzione, della giustizia, della sicurezza sociale e dell’amministrazione pubblica di tali servizi. I lavoratori portoghesi lottano contro le politiche miranti a smantellare le infrastrutture manifatturiere, a interrompere gli investimenti pubblici e a privilegiare i crescenti profitti dei grandi gruppi economici e finanziari rispetto alle necessità economiche del paese.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, anch’io vorrei unire la mia timida voce a quella di tutti i cittadini europei che, col risvegliarsi della speranza di un Trattato paneuropeo, un Trattato dell’Unione europea, vorrebbero che in esso vi fosse un riferimento alla vera storia dell’origine dell’Europa.
Vorrebbero che esso ricordasse che la nostra civiltà affonda le proprie radici nella civiltà greco-romana e nei valori cristiani, che sono diventati valori universali, benché sotto altri nomi.
Questa verità storica non è assolutamente in conflitto con la tolleranza religiosa, né con le idee liberali che sono diffuse tra tutti noi europei.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) Gli eventi delle ultime settimane, il Vertice UE-Russia, gli “attacchi” russi all’Estonia e le divergenti interpretazioni del giorno della vittoria, celebrato il 9 maggio, hanno dimostrato che non vi sono soltanto differenze economiche e sociali tra i nuovi e i vecchi Stati membri, ma che questi paesi hanno anche vissuto diversamente gli eventi seguiti alla Seconda guerra mondiale.
Per gran parte dell’Europa occidentale, la vittoria degli alleati antifascisti – e quindi la vittoria dell’Unione Sovietica – ha significato la liberazione, mentre nell’Europa centrale e negli Stati baltici la liberazione dal nazismo ha portato con sé l’occupazione e la dittatura sovietica che si sono protratte nel tempo, e che in certi casi hanno causato l’inizio di rappresaglie di massa.
I rapporti tra l’Unione europea e la Russia non possono restare ostaggio dei torti e delle ingiustizie del passato, e a tal fine la Russia deve cambiare la propria politica estera, e smettere di comportarsi in maniera aggressiva con l’Estonia e altri Stati membri dell’Unione europea. I nuovi Stati membri, da parte loro, devono abbandonare ogni forma di risentimento e rancore ereditati dal passato.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). – (PL) Signora Presidente, il principio del plurilinguismo è uno dei pilastri dell’Unione europea. Ciò significa che ognuna delle 23 lingue ufficiali ha lo stesso rango, ossia gode dello stesso status delle altre lingue. Significa altresì che i cittadini hanno il diritto di essere informati sull’Unione europea nella propria lingua madre.
Fino a oggi, il modo in cui la Commissione europea ha assegnato fondi a favore della politica di informazione contraddice tale principio. Basti ricordare, per esempio, il canale televisivo Euronews, che è finanziato dal bilancio dell’Unione europea. Tutti gli Stati membri contribuiscono al bilancio, ma le trasmissioni vengono effettuate soltanto in sei lingue ufficiali.
A mio avviso, dobbiamo assumere una posizione ferma e coerente sul plurilinguismo, ed evitare qualsiasi discriminazione linguistica. E’ nostro dovere tenere vive le lingue nazionali d’Europa, giacché esse, nella loro diversità, incarnano la nostra identità, la nostra ricchezza e la nostra bellezza.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). – Electoratul român i-a acordat sâmbătă Preşedintelui României, domnul Traian Băsescu, o încredere covârşitoare, aproape 75% din opţiuni, cu 1 milion de voturi mai mult decât la alegerea sa din 2004. Alianţa politică nefirească, care a plănuit şi a dus la capăt suspendarea în Parlament a preşedintelui, se vede redusă la o susţinere populară de 25%, o cifră infimă pentru un bloc format din cinci partide. Politica acestei alianţe pro-demitere a fost una profund imorală şi antieuropeană, vechii comunişti au mers umăr la umăr cu noii liberali, stânga şi-a organizat mitingurile antiprezidenţiale împreună cu partidul de extremă dreapta România Mare, lucru de neconceput la nivelul familiilor politice europene din care acestea fac parte, şi anume Socialiştii Europeni şi Identitate, Tradiţie şi Suveranitate. Această confruntare a consumat multe energii, iar guvernul actual a sacrificat alegerile pentru Parlamentul European pentru a face loc acestui referendum. Rezultatul referendumului din România transmite însă un semnal foarte bun pentru Parlamentul European. Se ştie că Preşedintele Băsescu susţine planurile actualei preşedinţii germane a Uniunii Europene de revigorare a dezbaterii asupra viitorului Europei, afirmând-o în repetate rânduri, inclusiv în Parlamentul European. Am mare încredere că domnul Traian Băsescu, preşedintele Nicolas Sarkozy, cancelarul Angela Merkel şi ceilalţi şef de state, împreună cu Parlamentul European, vor găsi, în perioada imediat următoare, o formulă pentru un tratat de bază european, care să primească sprijinul cetăţenilor europeni.
Willy Meyer Pleite (GUE/NGL). – (ES) Signora Presidente, invito le Istituzioni europee – Commissione, Consiglio e Parlamento – a sostenere l’ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul conflitto nel Sahara occidentale.
Al paragrafo 2, il Consiglio di sicurezza auspica una soluzione politica equa, durevole e accettabile che conduca all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale.
Sebbene la risoluzione sia chiara, non è altrettanto chiara la posizione permanente del Regno del Marocco, che viola sistematicamente tale risoluzione e nega al popolo del Sahara il diritto all’autodeterminazione.
La settimana scorsa, tre attivisti dei diritti umani sono stati arrestati a El Aaiún, e il Regno del Marocco si sta sistematicamente prendendo gioco di questo diritto fondamentale.
Credo che le Istituzioni europee non possano ignorare questa situazione. Stiamo parlando di un paese, il Marocco, che viola sistematicamente il diritto internazionale e i diritti umani nei territori occupati; mi auguro quindi che noi tutti sosterremo questa risoluzione, in particolare il paragrafo 2.
Tunne Kelam (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, le autorità russe stanno cercando di impedire a un’eminente avvocatessa russa, Karina Moskalenko, di esercitare la sua professione; vogliono cioè radiarla dall’albo degli avvocati.
La signora Moskalenko gode di notevole rispetto nella sua veste di impegnata sostenitrice dei diritti umani che ha presentato decine di appelli alla Corte europea dei diritti umani qui a Strasburgo. Più di 20 di questi casi si sono risolti con sentenze favorevoli a cittadini russi che lottavano per i propri diritti e contro il governo russo. L’espulsione di questa donna coraggiosa dall’albo degli avvocati sembra un modo assai bizzarro, da parte del governo russo, di renderle omaggio. Invito tutti i colleghi a battersi per i diritti di quest’avvocatessa russa.
Petr Duchoň (PPE-DE). – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, di recente il tema della libera circolazione delle persone nell’Unione europea è stato menzionato con crescente frequenza. Questo vale certamente per i valichi di frontiera tra la Repubblica ceca e l’Austria. E’ ormai tradizione per gli attivisti austriaci organizzare blocchi ai valichi di frontiera, e questo con la tacita collaborazione di alcune autorità austriache. Tali azioni vogliono essere un segnale di protesta contro la centrale nucleare di Temelin, ubicata nella Repubblica ceca.
A mio avviso, il blocco del traffico con simili manifestazioni rappresenta una violazione del diritto europeo, e certamente non favorirà relazioni di buon vicinato tra i due Stati membri interessati. Rispetto l’opposizione all’energia nucleare di alcuni cittadini austriaci, ma essi non hanno alcun diritto di promuovere le proprie opinioni in modo tale da limitare la libertà degli altri. Alcuni politici austriaci, ben consapevoli che il blocco delle frontiere è inaccettabile, hanno preso le distanze da simili azioni, ma non basta; dobbiamo garantire la libertà di circolazione. Credo che l’Unione europea debba sostenere lo sviluppo dell’energia nucleare.
Vladimír Maňka (PSE). – (SK) La collega onorevole Bauer ha menzionato il caso di una presunta aggressione a una studentessa che sarebbe stata perpetrata in Slovacchia lo scorso anno.
Durante le indagini, gli esperti hanno effettuato esami di diverso tipo: biologia legale, chimica, genetica e analisi della calligrafia, nonché controlli sanitari. Tali indagini hanno dimostrato che la studentessa mentiva, ed era quindi colpevole di falsa testimonianza e falso giuramento. Date le circostanze, le autorità investigative di qualsiasi paese democratico l’avrebbero accusata di falsa testimonianza e falso giuramento.
Nel corso di una conferenza stampa, il presidente della commissione per gli affari esteri del parlamento ungherese ha dichiarato che la Slovacchia basava il procedimento penale su accuse prefabbricate, e ha affermato che questo era scandaloso. Onorevoli colleghi, simili dichiarazioni rappresentano una palese interferenza – da parte di autorità politiche straniere – nel lavoro di organismi indipendenti preposti all’applicazione della legge, al fine di fomentare tensioni. Esse meritano la nostra condanna. Le indagini e i procedimenti penali vengono condotti nel rispetto della legge, e sarà un tribunale indipendente a decidere del caso.
Gerard Batten (IND/DEM). – (EN) Signora Presidente, tra breve due leggi del tutto nuove e inutili avranno gravi conseguenze per i cittadini britannici. La prima prevede una certificazione immobiliare, del costo di almeno 600 sterline, senza la quale i proprietari di immobili non potranno vendere la loro proprietà. L’altra è la riduzione della frequenza della raccolta dei rifiuti domestici, da una volta alla settimana a una volta ogni due settimane. Entrambi questi provvedimenti legislativi sono il diretto risultato di direttive dell’Unione europea, che riguardano il rendimento energetico degli edifici e le discariche di rifiuti. La raccolta settimanale di rifiuti domestici fu istituita per legge nel 1875 per stroncare malattie come il colera e altre epidemie che uccidevano migliaia di persone. Solo l’Unione europea poteva decidere di riportare il Regno Unito alla situazione precedente al 1875, chiedendo al contempo alla popolazione britannica di pagare cifre astronomiche per tale privilegio. Altri due buoni motivi – caso mai ce ne fosse bisogno – per cui sarebbe opportuno che il Regno Unito uscisse dall’Unione europea.
Presidente. – Con questo si concludono gli interventi di un minuto.
15. Impatto e conseguenze dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0173/2007), presentata dall’onorevole Bernadette Vergnaud a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sull’impatto e sulle conseguenze dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi nel mercato interno [2006/2275(INI)].
Bernadette Vergnaud (PSE), relatore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, i servizi sanitari rappresentano uno dei pilastri del modello sociale europeo. Per questo motivo sono stati esclusi dalla direttiva sui servizi e devono essere trattati specificamente, nell’ambito di una più ampia riflessione sul settore della sanità in Europa.
La consultazione della Commissione non può ridursi unicamente alla mobilità dei pazienti, ma dovrebbe essere l’occasione per definire il ruolo e il valore aggiunto dell’Unione europea, al fine di garantire a ogni cittadino non solo un accesso paritario alle cure sanitarie, ma anche un alto livello di protezione sanitaria, nel rispetto delle competenze degli Stati membri e del principio di sussidiarietà.
La politica sanitaria europea non deve limitarsi alla mobilità dei pazienti e degli operatori sanitari, né può avere come unico obiettivo la realizzazione di un mercato interno dei servizi sanitari, che condurrebbe a un sistema a due velocità, da cui trarrebbero benefici soltanto i pazienti più agiati, e nel quale le istituzioni sanitarie cercherebbero di attirare i pazienti più ricchi. Inoltre, a causa della disparità di reddito tra gli operatori sanitari, i problemi di demografia medica renderanno più difficile l’accesso alle cure negli Stati membri in cui i fornitori di servizi sono meno remunerati, dal momento che questi ultimi saranno indotti a espatriare. I pazienti devono avere il diritto di farsi curare in un altro Stato membro, in virtù della libertà di circolazione, ma non si vuole certo promuovere il turismo medico.
Se i servizi sanitari devono rispettare le regole del Trattato, non si possono però considerare alla stregua di comuni servizi commerciali, poiché svolgono una missione d’interesse generale. Dev’esserci un equilibrio tra libera circolazione e obiettivi nazionali preponderanti, legati alla gestione della capacità degli ospedali, al controllo delle spese sanitarie e all’equilibrio finanziario dei sistemi di sicurezza sociale. Inoltre, gli Stati membri restano competenti per organizzare, pianificare e finanziare i loro sistemi sanitari.
Tutti i cittadini europei, indipendentemente dal loro livello di reddito e dal luogo di residenza, devono poter godere di un accesso paritario e sostenibile alle cure sanitarie conformemente ai principi di universalità, qualità, sicurezza, continuità e solidarietà, per contribuire alla coesione sociale e territoriale dell’Unione, assicurando al tempo stesso la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari nazionali. La mobilità dei pazienti non dovrà servire da pretesto agli Stati membri per trascurare le proprie strutture.
Le sentenze della Corte hanno introdotto, a seconda delle circostanze, un certo numero di concetti che meriterebbero un approccio più chiaro. Questo vale per esempio per la distinzione tra cure ospedaliere e cure non ospedaliere, nonché per il concetto di tempo d’attesa ragionevole. Purtroppo la Commissione ha fatto solo un riferimento fugace alla mobilità degli operatori sanitari, sebbene la questione meriti uno studio approfondito. La penuria di personale nei servizi sanitari europei è destinata ad aggravarsi col tempo. Per di più, dobbiamo confrontarci con l’invecchiamento della popolazione. E’ ragionevole quindi non affrontare fin da ora il problema ? Non credo.
L’Unione europea deve impegnarsi a offrire ai pazienti informazioni complete, affinché essi possano scegliere con cognizione di causa chi può curarli e seguendo quali procedure. A partire dal momento in cui tutte le questioni sulle procedure e sui criteri saranno risolte, avremo veramente sul nostro territorio “pazienti europei senza frontiere”. Per quanto riguarda la cooperazione, l’Unione potrebbe favorire la realizzazione di una rete europea di centri di riferimento, o gli scambi di conoscenze sui modi migliori di trattamento fra i diversi paesi.
Purtroppo la consultazione ha descritto i servizi sociali in maniera restrittiva poiché, in materia di integrazione, essi rivestono una dimensione che va al di là della semplice assistenza e dell’azione a favore dei più svantaggiati. Inoltre, la distinzione artificiale tra servizi sanitari e servizi sociali d’interesse generale ignora la realtà dei servizi prestati. In molti casi, i servizi sociali e sanitari vengono offerti in maniera indifferenziata. E’ proprio il caso dei servizi sanitari con sostegno sociale. Che ne è stato della medicalizzazione delle case di riposo e degli istituti specializzati per i disabili?
Contrariamente ai presupposti della consultazione della Commissione, le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee non impongono affatto che il Parlamento si limiti a un semplice ruolo di codificatore della giurisprudenza, né gli impediscono di esercitare appieno il suo ruolo di legislatore. Le decisioni della Corte, prese in riferimento a casi particolari, non bastano a definire una politica in materia sanitaria. Le decisioni devono essere adottate nel quadro del processo decisionale democratico.
Vista la molteplicità delle procedure d’infrazione avviate dalla DG “Mercato interno” nel settore della sanità e l’insoddisfacente situazione giuridica in cui si trovano i cittadini utenti, è necessario, per motivi di coerenza, prevedere una direttiva sui servizi sanitari che precisi i valori comuni e i principi applicabili ai sistemi sanitari dell’Unione, affinché i cittadini riacquistino fiducia nell’Europa in un aspetto della vita quotidiana – l’assistenza sanitaria – poiché la salute è il bene più prezioso. Il valore aggiunto dell’Unione, in questo senso, è forse essenziale e può quindi iscriversi anche nella dinamica della strategia di Lisbona.
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, sono lieto di avere l’occasione di discutere nuovamente questo tema con voi. Ne abbiamo già discusso in diverse occasioni, anche in sede di commissione parlamentare.
Oggi dobbiamo occuparci di una situazione reale. Da un lato, abbiamo una serie di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, e la giurisprudenza prodotta in questo settore e, dall’altro, la decisione del Parlamento europeo, che la Commissione ha accettato e su cui si è dichiarata d’accordo, di non includere i servizi sanitari nella direttiva sui servizi.
Come promesso, nel corso del dibattito e in seguito all’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi, abbiamo agito a livello comunitario in uno specifico settore dell’assistenza sanitaria; da qui trae spunto la nostra iniziativa, che prevedeva di cominciare con un documento di consultazione, avviare la consultazione pubblica e continuare con una proposta più specifica.
La consultazione pubblica si è conclusa, e disponiamo già dei risultati. Abbiamo già tenuto due discussioni ministeriali sul tema e, con il vostro dibattito odierno, disporremo di un quadro più completo non soltanto della posizione delle istituzioni ma anche delle opinioni dei cittadini europei, e quindi saremo pronti per la fase successiva, ossia quella della stesura della proposta. Posso garantirvi che la discussione odierna e naturalmente la relazione offriranno un significativo contributo sul modo di procedere da questo punto di vista. Vorrei quindi ringraziare la relatrice e congratularmi con lei per la relazione molto completa ed esaustiva che ha elaborato; desidero inoltre ringraziare le altre commissioni parlamentari che vi hanno contribuito.
Siamo nel bel mezzo di questo processo, grazie al quale possiamo nuovamente attribuire la definizione delle politiche ai soggetti politici; in questo importante settore, coloro che hanno il mandato di decidere e proporre politiche lo faranno.
Come ho detto, il processo di consultazione si è concluso. Abbiamo ricevuto più di 300 contributi da parte di Stati membri, autorità regionali, organizzazioni che rappresentano pazienti e professionisti del settore, nonché prestatori di servizi sanitari – anche ospedali e singoli cittadini. Abbiamo rilevato una notevole diversità di opinioni, derivante dalle diverse origini dei vari contributi, ma abbiamo comunque potuto scorgere un approccio comune: se si agisce a livello europeo in questo campo si ottiene un valore aggiunto. Il dibattito va oltre la mobilità del paziente, fino a coprire molte altre aree, come l’informazione dei pazienti, i diritti dei pazienti, la circolazione dei professionisti del settore, la cooperazione degli assistenti sanitari, i centri di eccellenza, lo scambio delle migliori prassi in tutti i settori che possono contribuire a un’efficace assistenza sanitaria transfrontaliera a vantaggio dei pazienti, i cittadini – la nostra principale preoccupazione – senza imporre inutili oneri ai sistemi sanitari degli Stati membri.
Tutti questi contributi e la vostra relazione di oggi costituiranno un importantissimo punto di riferimento per la nostra fase successiva, che sarà una proposta specifica.
Riconosciamo che i servizi sanitari hanno una propria specificità – si distinguono dagli altri servizi dell’Unione europea – e quindi la sfida sta nello scegliere tra il mercato interno e i valori sociali e realizzare un quadro che possa recare sia i benefici derivanti dalla libertà di circolazione sia il rispetto degli obiettivi sanitari e dei valori sociali, dal momento che questo è stato recentemente confermato dai ministri della Sanità alla riunione informale del Consiglio tenutasi ad Aquisgrana.
Credo che la relazione del Parlamento rifletta ampiamente le questioni che sono state individuate da molte delle parti in causa e dai ministri. Di conseguenza, è necessario agire a livello europeo.
Per quanto riguarda gli strumenti che possiamo usare, come ho detto all’inizio, l’anno scorso i servizi sanitari sono stati esclusi dalla portata della direttiva sui servizi su richiesta del Parlamento europeo, e la Commissione è stata invitata a presentare proposte specifiche sui servizi sanitari. La Commissione ha approvato questo approccio e non intende riaprire la discussione sulla possibile reinclusione nella direttiva sui servizi. Al contrario, adesso siamo nelle fasi finali della preparazione di una proposta specifica su tali questioni precise. Si tratterà di un pacchetto con varie misure, nel cui ambito verranno però anzitutto avanzate, come previsto nella relazione, specifiche proposte legislative in questo settore. Procederemo poi con le fasi successive.
Come ho detto, tuttavia, l’obiettivo principale per noi tutti è il benessere dei cittadini europei, dei pazienti europei, senza mai trascurare il principio di sussidiarietà.
Harald Ettl (PSE), relatore per parere della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, l’intera opinione pubblica europea attribuisce grande importanza ai servizi sanitari di alta qualità, e la sanità diventa ancora più importante in considerazione dell’invecchiamento della popolazione che interessa tutta l’Europa. I servizi sanitari hanno gli stessi obiettivi di altri servizi sociali di interesse generale, e si basano sul principio di solidarietà, sui valori fondamentali e sulla parità di accesso, mentre dobbiamo continuare a garantire l’universalità, la parità di trattamento e la solidarietà.
La commissione per l’occupazione e gli affari sociali, ancora una volta, ha confermato che l’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi era tesa a individuare nei servizi sanitari un bene di valore superiore per l’Unione europea; essa inoltre giudica necessario l’adeguamento del risultato del voto espresso dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori in seduta plenaria, per non trasmettere un falso segnale in merito al processo in corso. Dobbiamo riconoscere tali servizi mediante l’elaborazione di ulteriori strumenti legislativi a livello europeo, ed essi non devono essere oggetto della libera concorrenza.
E’ necessario un contesto giuridico, una proposta che, per esempio, potrebbe assumere la forma di una direttiva settoriale per i servizi sanitari su cui sarebbero consultati i centri decisionali e le parti sociali; rimane la necessità di chiarezza normativa sulla responsabilità per danni subiti da pazienti durante il trattamento.
Il rimborso dei costi dev’essere trasparente e comprensibile, ed è necessario rispettare standard uniformi per quanto riguarda l’aspetto sociale, il lavoro e la qualità durante il processo di stabilimento dei fornitori di servizi; i servizi sanitari non sono semplici servizi, e dobbiamo garantirne una gestione attenta e accurata perché, in ultima analisi, essi riguardano anche la nostra salute.
PRESIDENZA DELL’ON. ONESTA Vicepresidente
Jules Maaten (ALDE), relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. – (NL) Signor Presidente, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, a mia volta vorrei aggiungere alcuni commenti alla discussione. Ovviamente i servizi sanitari formano parte integrante dell’infrastruttura sociale europea; se c’è qualcosa che caratterizza l’Europa e la distingue, è il modo in cui mettiamo a disposizione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro bagaglio personale, un alto livello di assistenza sanitaria.
In tutta questa discussione, quindi, il nostro principio guida dev’essere il seguente: in ultima analisi, dobbiamo offrire ai pazienti un’assistenza sanitaria di alto livello, il più vicino possibile al loro luogo di residenza, dal momento che questa sembra essere la principale esigenza dei pazienti. Ovviamente ci sono situazioni in cui ciò non è possibile, per motivi legati alle liste d’attesa o nel caso di patologie rare che si possono curare soltanto in un contesto europeo.
Sebbene l’assistenza sanitaria rientri, in primo luogo, fra le responsabilità degli Stati membri, la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare constata con piacere l’iniziativa assunta dalla Commissione per avviare la procedura di consultazione e definire quindi il migliore piano d’azione per l’Unione europea.
Charlotte Cederschiöld, a nome del gruppo PPE-DE. – (SV) In questo caso non ci stiamo occupando della direttiva sui servizi, anche se chiunque stia ascoltando la discussione potrebbe pensarlo. Cerchiamo piuttosto di risolvere i problemi connessi al fatto che i servizi sanitari non sono coperti dalla direttiva sui servizi. In particolare, stiamo cercando di capire in che modo, nonostante questo, i pazienti e i fornitori di servizi possano mantenere i propri diritti transfrontalieri. Gli attuali diritti affondano le proprie radici nei Trattati e nei vari casi giudiziari, e non devono essere ostacolati dalla legislazione secondaria, almeno non senza informare i cittadini. Non si tratta tanto di introdurre nuovi servizi o nuovi diritti, ma di battersi per lo Stato di diritto e i diritti vigenti.
Secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee, il preavviso è un normale metodo di limitazione. Noi deputati del gruppo PPE-DE non intendiamo incrementare l’uso del preavviso. Riteniamo infatti che i pochi casi approvati dalla Corte come legittimi ostacoli alla sostanziale norma della libertà di circolazione per le persone e i servizi siano sufficienti.
Un’assistenza sanitaria avanzata spesso richiede pianificazione, con strutture e finanziamenti permanenti. In questo settore, gli Stati membri probabilmente avranno comunque bisogno, a loro volta, di una certa libertà di circolazione.
Come è già stato sottolineato in diversi interventi, esistono significative differenze fra gli Stati membri. La Commissione deve scegliere gli strumenti più adatti per gestire le diverse parti di questo ampio pacchetto, e concentrarsi su soluzioni che favoriscano la circolazione, la libertà e la sicurezza dei singoli cittadini europei. Dobbiamo proteggere i cittadini, non la burocrazia nazionale. Non ci opponiamo a una specializzazione nell’ambito dell’Unione europea che consenta ai pazienti di ottenere un’assistenza sanitaria di migliore qualità. Come cittadini dell’Unione europea, dobbiamo scegliere soluzioni transfrontaliere, soluzioni che ci spettano di diritto, sia nella nostra veste di pazienti che di fornitori di servizi. Tali soluzioni esistono e devono essere utilizzate, anche se l’assistenza sanitaria non rientra nella direttiva sui servizi. Fra le responsabilità della Commissione, c’è quella di proporre soluzioni. Chiedo quindi alla Commissione di codificare i casi giudiziari, di mettere in evidenza la responsabilità degli Stati membri per il contenuto dell’assistenza e di non accettare per i cittadini minori diritti di quelli di cui godono attualmente. Il Parlamento e la Commissione devono sostenersi a vicenda.
Evelyne Gebhardt, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, al momento di escludere i servizi sanitari dalla direttiva sui servizi noi deputati europei abbiamo agito a ragion veduta; si tratta infatti di servizi particolari che richiedono una particolare qualità, un alto livello di assistenza e un’organizzazione tale che chiunque, indipendentemente dal luogo di residenza o dalle proprie possibilità finanziarie, possa accedere effettivamente a tali servizi.
Questa è l’essenza del compito che ci attende, ed è il motivo per cui, come abbiamo detto, i servizi in questione non possono essere definiti commerciali e non possono rientrare nel campo di applicazione della direttiva sui servizi. Siamo rimasti quindi tanto più sorpresi quando i liberali e i conservatori, in sede di commissione parlamentare, hanno deciso congiuntamente di reintrodurre i servizi sanitari nella direttiva sui servizi. Si tratta di una decisione assolutamente sbagliata, e vi chiedo quindi di ripensarci e ritirarla; infatti, come ha giustamente affermato il Commissario Kyprianou, adesso dobbiamo trovare una soluzione adeguata alle questioni che riguardano i servizi sanitari, e a tale scopo dobbiamo prendere in considerazione l’intero campo da regolamentare. Questo è il compito che ci attende, e quindi dobbiamo guardare avanti, non indietro, per garantire effettivamente servizi sanitari di alto livello.
Chiedo ai conservatori e ai liberali di fare in modo che il paragrafo 71 venga nuovamente cancellato da questa risoluzione, che per il resto è un ottimo documento.
Mi congratulo con l’onorevole Vergnaud per la sua relazione; i temi da essa trattati a grandi linee, infatti, ne fanno un’opera positiva e orientata al futuro, che ci mostra la strada da seguire per affrontare tali problemi. Sono molto lieta che la Commissione, rappresentata dal Commissario Kyprianou, e i ministri, in sede di Consiglio dei ministri, abbiano espresso la loro determinazione ad andare fino in fondo. Procediamo dunque, e affrontiamo questi problemi con una direttiva specificamente settoriale, portando a termine un buon lavoro a favore dei cittadini.
Toine Manders, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, desidero ringraziare il Commissario per la sua introduzione e l’onorevole Vergnaud per l’ottima cooperazione di cui ha dato prova.
Dal momento che ho sentito dire, in diverse occasioni, che i servizi sanitari non devono rientrare nella direttiva sui servizi, mi chiedo di che cosa stiamo discutendo. La proposta che comprende l’articolo attuale è il prodotto di compromessi che sono stati conclusi, e si è quindi tenuto debito conto della condizione su cui i gruppi PPE-DE, PSE e ALDE insistono, ossia che i sevizi sanitari devono essere inseriti nella direttiva sui servizi come una lex specialis.
Giacché, a quanto mi risulta, questo ha provocato una grande agitazione, ho presentato un emendamento di sostituzione il cui contenuto corrisponde a quanto ha affermato il Commissario un attimo fa. Dopo tutto, si dovrebbe trovare il giusto equilibrio tra la libertà di circolazione dei servizi, il rispetto per i diritti dei pazienti, la libertà di esercitare la professione medica in Europa e la libertà di stabilimento.
E’ qui che interviene il nuovo emendamento, e mi auguro che i gruppi PSE e PPE-DE possano accettarlo; spero che potremo adottare l’emendamento congiuntamente ed elaborare una nuova proposta che preveda la parità di trattamento e la solidarietà per tutti gli europei – e intendo tutti gli europei – e tutti i pazienti europei.
Dobbiamo evitare situazioni in cui i servizi sanitari vengano considerati semplicemente servizi di interesse generale, perché verrebbero esclusi dalla portata del Trattato europeo: così ogni Stato membro, ancora una volta, dovrebbe istituire il proprio sistema, le frontiere verrebbero chiuse, non vi sarebbe libertà, i pazienti non verrebbero riconosciuti come titolari di diritti e i ricchi volerebbero con il loro jet a Pechino per ottenere il miglior trattamento possibile invece di farsi curare in Europa.
Se è questo che l’Europa si appresta a fare, corriamo il rischio – mi pare – di ritornare al diciassettesimo secolo, che sarà anche stata un’epoca d’oro, ma non rappresenta certo l’ideale cui l’Europa tende.
Mi auguro perciò che l’emendamento presentato dal gruppo liberale per sostituire l’articolo 71 ottenga ampio sostegno, affinché si possa redigere una direttiva distinta sui servizi sanitari, e si possano approvare tutti gli emendamenti di compromesso che, in ogni caso, noi sosteniamo dal momento che il pacchetto è eccellente. Mi auguro che riusciremo nel nostro intento.
Pierre Jonckheer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, il gruppo Verts/ALE sostiene l’operato dell’onorevole Vergnaud, che ringrazio per la sua disponibilità.
Detto questo, devo confessare che preferivo la relazione originale, che contava meno di trenta paragrafi. Invito il Commissario e i colleghi a leggere la motivazione, che non è stata modificata e mi sembra di gran lunga più chiara dei 72 paragrafi di cui disponiamo attualmente.
Il mio gruppo ha reintrodotto un certo numero di emendamenti, confermando per alcuni l’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi e approvando chiaramente, per gli altri, la necessità di una legislazione specifica, pur sottolineando che esiste già un certo numero di regolamenti, in particolare il regolamento (CE) n. 883/2004, sulla base dei quali si realizzano, in parte, la mobilità e il rimborso di un certo numero di servizi sanitari.
Come per altre questioni, anche in questa discussione la difficoltà sta, evidentemente, da una parte nell’interesse – non solo dei governi nazionali ma anche degli operatori sanitari di ogni paese – a mantenere il controllo generale dell’organizzazione e del finanziamento dell’assistenza sanitaria, e dall’altra nella volontà di impedire alle sentenze della Corte di giustizia di offrire, da sole, orientamenti non richiesti. Penso in particolare all’espressione “promuovere il turismo medico nell’Unione europea”. Penso, come pensano molti operatori, che questa non sia un’evoluzione auspicabile.
D’altro canto – e qui vorrei attirare la vostra attenzione non soltanto sui nostri emendamenti ma anche su quelli presentati dal gruppo GUE/NGL – credo che sia necessario riaffermare, con estrema chiarezza, la responsabilità di ogni Stato membro di garantire ai propri cittadini e all’insieme dei residenti sul suo territorio l’accesso a un’assistenza sanitaria di buona qualità. Credo che non sia accettabile dover fare 300, 500 o 2 000 chilometri per poter accedere, ad esempio, a buone cure dentistiche, come avviene attualmente. Non credo che questa sia la soluzione ottimale.
E’ in questo spirito che ci riserviamo il nostro voto finale, alla luce del risultato delle votazioni sui diversi emendamenti.
Søren Bo Søndergaard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DA) Signor Presidente, per quanto riguarda la salute la nostra posizione è chiara. Riteniamo che la possibilità di godere di servizi sanitari locali di alta qualità sia un diritto fondamentale di tutti i cittadini. Affermiamo inoltre che è compito di ogni singolo governo, in ciascuno dei 27 Stati membri, garantire che i propri cittadini ricevano un’assistenza sanitaria adeguata. A nostro avviso, infine, i governi che non vogliono, o non possono, garantire ai propri cittadini un’assistenza sanitaria adeguata non meritano il sostegno dei cittadini stessi.
Ci opponiamo quindi alla relazione di cui discute quest’oggi l’Assemblea, perché trasferirebbe la responsabilità dai singoli governi alle forze del mercato. Non è certo un caso che la relazione concluda invitando la Commissione a reintrodurre i servizi sanitari nella direttiva sui servizi.
Non siamo contrari alla cooperazione transfrontaliera nel campo della sanità. Siamo favorevoli a una stretta cooperazione tra le regioni di confine, soprattutto al fine di facilitare l’accesso agli ospedali a livello locale. Siamo inoltre favorevoli alla cooperazione, a livello europeo, per quanto riguarda le patologie rare. Ma ci opponiamo a trasportare i pazienti in quelle località dell’Unione europea che sarebbero finanziariamente più vantaggiose per coloro che sostengono i costi. Accettiamo ormai da troppo tempo il ricorso a questo metodo per i suini; non dobbiamo introdurlo anche per i pazienti umani. A nome del nostro gruppo, quindi, invito i colleghi a votare contro l’attuale formulazione della proposta.
Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signor Presidente, la salute è un diritto umano riconosciuto dalle Nazioni Unite. Il diritto a un alto livello di salute è garantito dal Trattato in relazione a tutte le politiche dell’Unione europea. Invece di eliminare le sovvenzioni a favore dei prodotti dannosi, i fautori del mercato interno adesso vogliono trasformare la salute in un prodotto da vendere liberamente alle condizioni di mercato. In tal modo, offriremmo una più ampia gamma di servizi sanitari a coloro che possono permetterseli, ma una gamma più limitata a coloro che non possono pagare il prezzo di mercato. I ricchi così potrebbero recarsi nei paesi poveri per effettuare controlli medici a basso costo. D’altro canto, per i cittadini dei paesi poveri e per molti poveri dei paesi ricchi diventerebbe più difficile pagare i servizi sanitari. La direttiva sui servizi consentirebbe la libera concorrenza salariale in campo sanitario. Le aziende straniere sarebbero libere di stabilirsi ovunque e di offrire servizi sanitari di ogni tipo. I contribuenti danesi sarebbero costretti a pagare le stesse sovvenzioni a tutti i fornitori, indipendentemente dalla qualità e dal salario pagato. A quel punto, tanto varrebbe confinare il nostro modello di accordo danese, con i relativi accordi democraticamente adottati, nel museo del lavoro. Si continuerebbe a votare, ma non potremmo più votare a favore dell’assistenza sanitaria per tutti. Dovremmo invece consentire agli Stati membri di definire autonomamente un equilibrio, all’interno del sistema sanitario, tra l’offerta pubblica e quella privata, e dovremmo rispettare il modello danese con i suoi diritti all’assistenza sanitaria e sociale per tutti – finanziata dalle imposte – nonché il nostro modello di accordo nell’ambito del mercato del lavoro.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Nella sua relazione, la relatrice tratta numerose e gravi questioni con cui si confronta oggi l’Unione europea, tra cui la politica concernente il rimborso dei servizi medici, la mobilità dei pazienti e del personale sanitario, e la responsabilità in caso di errore.
Vorrei sottolineare che un paziente non dev’essere in alcun modo considerato un turista, né un cliente che voglia acquistare servizi sanitari. I pazienti cercano assistenza sanitaria all’estero perché non possono ottenere alcuni servizi in patria, o perché il periodo di attesa è troppo lungo. Il rischio che l’offerta di servizi medici divenga oggetto di turismo medico è molto basso. I pazienti preferirebbero essere curati in un ambiente familiare, vicino ai propri parenti, in un paese di cui comprendano la lingua. Secondo i dati statistici disponibili, la mobilità dei pazienti rappresenta circa l’1 per cento dei servizi sanitari. Data la tutela che viene garantita alla libertà di circolazione delle persone, tuttavia, in futuro questa percentuale è destinata a salire. Non può esserci libertà di circolazione delle persone senza accesso ai servizi sanitari, quindi spetta a noi garantire che tale accesso si realizzi senza complessi negoziati con le compagnie di assicurazioni. Questa soluzione sarebbe anche coerente con la parità dei diritti dei cittadini in tutta l’Unione europea.
Nella relazione non ho trovato alcun riferimento alle disparità tra gli Stati membri concernenti la probabilità di sopravvivenza dell’individuo. Perché le donne slovacche colpite da cancro al seno hanno una probabilità di sopravvivenza inferiore del 30 per cento a quella delle donne svedesi? Perché i pazienti polacchi affetti da tumore all’intestino retto hanno una prospettiva di sopravvivenza inferiore del 30 per cento rispetto ai pazienti francesi?
Molti ritengono che la mobilità dei pazienti (benché questa sia pari a un mero 1 per cento) sia un problema di grande rilevanza. Eppure, nessuno sembra interessarsi all’alto numero di medici e infermieri che è emigrato dai dodici nuovi Stati membri. Perché ci preoccupiamo tanto del problema della mobilità dei pazienti, ma trascuriamo la mobilità dei medici?
Invito la Commissione a presentare un nuovo progetto di strategia, in cui si proponga una soluzione a questo problema per il futuro, favorendo il sistema sanitario in linea, la rimozione delle disparità tra gli Stati membri e l’utilizzo dei Fondi strutturali a fini sanitari.
Marianne Thyssen (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il titolo della relazione d’iniziativa di cui stiamo discutendo contiene il motivo per cui è stata redatta: l’esclusione dei servizi sanitari dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi. Vorrei ricordarvi che tale esclusione è stata la conseguenza della decisione presa da quest’Assemblea a larga maggioranza e sostenuta unanimemente da Commissione e Consiglio.
A mio avviso è stata una decisione giusta, in primo luogo perché i servizi sanitari non possono essere trattati come comuni servizi commerciali, in secondo luogo perché un paziente non è un consumatore, e in terzo luogo perché, in materia di organizzazione e finanziamento dell’assistenza sanitaria all’interno del territorio nazionale, l’autorità e la responsabilità principale spetta agli Stati membri. Confido quindi che mercoledì saremo in grado di redigere una risoluzione coerente a questo proposito.
Nel frattempo, i servizi sanitari rimangono ovviamente servizi secondo il significato attribuito loro dal Trattato e di conseguenza si applicano loro i diritti e le libertà del Trattato stesso. Ci rifiutiamo, come abbiamo fatto nel caso della direttiva sui servizi, di lasciare ogni decisione alla Corte di giustizia e, ancora una volta, siamo costretti a conciliare tra loro diversi obiettivi. Il mercato interno deve operare nel modo più efficiente possibile, lasciando spazio alla politica sanitaria che è giustificata sotto ogni punto di vista. Dobbiamo garantire l’equilibrio e la certezza giuridica.
Una codificazione dell’attuale giurisprudenza sui diritti e i doveri dei pazienti mobili e dei fornitori mobili di servizi è certamente auspicabile, ma non è sufficiente. Rimane da risolvere il problema della creazione di valore aggiunto per i cittadini e per la qualità dell’assistenza; occorre peraltro garantire un sufficiente margine di manovra agli Stati Membri che, come in passato, devono essere in grado di assumersi le proprie responsabilità al momento di compiere le scelte necessarie.
Non abbiamo ancora raggiunto un consenso sui settori che dovrebbero essere coperti dalla legislazione europea, né sugli strumenti da utilizzare, ma sono convinta che questa relazione, l’inchiesta organizzata dal Commissario e anche la precedente risoluzione sulla mobilità dei pazienti rappresentino validi contributi per sviluppare ulteriormente la politica in questo settore; attendiamo dunque iniziative da parte della Commissione in questo campo.
Robert Goebbels (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la relazione originale dell’esimia collega Bernadette Vergnaud dovrebbe, teoricamente, ottenere il consenso di tutti i deputati.
L’obiettivo di consentire a tutti gli europei di ricevere assistenza sanitaria adeguata nel corso dei loro spostamenti – professionali o privati – in tutta Europa, dipende semplicemente dalla libertà di circolazione.
Tuttavia, il diritto alla mobilità dei pazienti potrà essere garantito soltanto se gli Stati membri dell’Unione europea manterranno la capacità di regolamentare i servizi sanitari per controllarne il finanziamento, poiché se la sanità non ha un prezzo, ha senz’altro un costo, e un costo crescente. Un costo che diventa sempre più alto, con il rischio di rendere ingestibile il finanziamento della protezione sociale e dei servizi sanitari per tutti in ciascuno dei nostri Stati membri.
Alcune forze politiche di questo Parlamento offrono una risposta semplicistica a tale preoccupazione, condivisa praticamente da tutti i ministri della Sanità: lasciar fare al mercato, e affidare il finanziamento della previdenza sociale alle assicurazioni private.
Suppongo che anche il Commissario Kyprianou condivida tali opinioni, che mi sembrano eccessivamente liberiste. Egli infatti ha dichiarato a Le Figaro che la concorrenza tra i servizi sanitari europei è inevitabile, e ha detto al Financial Times che i cittadini possono acquistare i servizi dove credono.
Il gruppo PSE non condivide tale opinione. E’ favorevole al diritto alle cure per tutti in tutta Europa, ma contrario a un mercato che consenta alle persone più agiate di ottenere le migliori cure possibili, mentre i meno ricchi e i meno mobili avranno diritto soltanto a cure minime.
Coloro che credono che il mercato, e solo il mercato, possa garantire assistenza sanitaria di qualità per tutti dovrebbero riflettere sulla situazione degli Stati Uniti d’America. In questo grande paese il costo della sanità è il più alto al mondo, ossia il 15 per cento circa del PIL, in pratica il doppio della media europea. Questo costosissimo sistema, tuttavia, esclude un numero sempre maggiore di cittadini americani: nel 2006, 46,6 milioni di americani erano privi di assicurazione sanitaria. Signor Presidente, non è certo questo l’esempio che l’Europa deve seguire.
Antonyia Parvanova (ALDE). – (EN) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare l’onorevole Vergnaud per l’ottima cooperazione che ha caratterizzato la stesura di questa relazione. Il Parlamento recentemente ha adottato una risoluzione sull’assistenza sanitaria transfrontaliera e oggi ne discutiamo un’altra. Per quale motivo? Perché, nel momento in cui l’accesso all’assistenza sanitaria e ai servizi sanitari diventa materia di regolamentazione da parte dell’Europa, l’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi ci impone urgentemente di garantire che i futuri strumenti legislativi consentano ai cittadini di accedere all’assistenza sanitaria indipendentemente dai confini statali.
La decisione della Corte di giustizia riconosce chiaramente l’applicazione delle libertà e dei principi del mercato interno quando i pazienti ricorrono a un trattamento all’estero. Dobbiamo garantire livelli comuni di sicurezza e qualità dei servizi sanitari e l’applicazione pratica dei diritti dei pazienti e dei cittadini in tutta l’Unione europea. I diritti dei pazienti devono far parte della futura legislazione comunitaria in materia di sanità. E’ necessario riconoscere le due dimensioni della mobilità transfrontaliera e garantire che non vi siano più ingiustificati ritardi né per pazienti, né per gli operatori. I pazienti devono poter accedere a trattamenti e tecnologie innovativi per la loro salute. Dobbiamo regolamentare tale processo e realizzare un ambiente che conferisca le necessarie capacità.
Nella prassi medica occorrono la certezza giuridica e il diritto di stabilimento per garantire un alto livello di sicurezza e di qualità. L’attuale legislazione dell’Unione europea non colma il divario normativo. La Commissione deve introdurre un’iniziativa che osservi tali principi.
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL). – (NL) Signor Presidente, due anni fa, durante la discussione sulla direttiva sui servizi, nella mia veste di relatrice per l’assistenza sanitaria, raccomandai di escludere i servizi sanitari dalla direttiva sui servizi, consiglio che l’Assemblea seguì. Adesso è stato proposto di annullare tutto questo e sono quindi molto triste perché, se il Parlamento approverà tale inversione di rotta, perderà la sua credibilità in materia.
Non mi riferisco soltanto all’orribile emendamento dell’onorevole Manders, che propone di reintrodurre i servizi sanitari nella direttiva sui servizi – in realtà, sembra che in certa misura si stia rimangiando le sue parole, ma l’essenza della sua dichiarazione rimane immutata –; a mio avviso, è il concetto stesso di una direttiva dell’Unione europea per i servizi sanitari a costituire un’interferenza eccessiva.
Inutile dire che una proposta deve mirare a garantire il diritto del paziente di essere curato, oltre confine, in maniera dignitosa, ma questo non deve far sì che gli Stati membri non si assumano le proprie responsabilità per quanto riguarda l’offerta di un’assistenza sanitaria adeguata in termini sia qualitativi che quantitativi. I pazienti vogliono ricevere cure efficaci, vicino a casa e alle loro famiglie. Questo braccio di ferro giuridico non dovrebbe essere usato come una scusa per liberalizzare i servizi sanitari dell’Unione europea.
I servizi sanitari occupano un posto particolare nella società. L’accessibilità e la qualità – e non il profitto – devono rimanere le principali priorità. L’assistenza non è un mercato e l’Europa non deve cercare di farla diventare tale. L’articolo 152 del Trattato sancisce che l’assistenza sanitaria è una questione di competenza degli Stati membri e deve indubbiamente rimanere tale, a mio avviso, nell’interesse del paziente e degli operatori del settore sanitario.
Jeffrey Titford (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, questa relazione è decisamente favorevole a trasformare in realtà l’assistenza sanitaria transfrontaliera, ai sensi della direttiva sui servizi. In essa si sottolinea l’esigenza che “gli Stati membri trattino i residenti di un altro Stato membro su di una base paritaria per quanto riguarda l’accesso ai servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che si tratti di pazienti pubblici o privati”. Il documento chiede inoltre che “l’attuale giurisprudenza in materia di rimborso delle prestazioni sanitarie transfrontaliere sia codificata”.
Dobbiamo essere chiari sull’esatto significato di queste due affermazioni per quanto riguarda il Regno Unito. Nella prima si afferma che un visitatore o un migrante provenienti da un altro paese dell’Unione europea, che non hanno pagato un soldo al servizio sanitario nazionale, devono avere lo stesso diritto ad accedere al sistema sanitario di un residente britannico che paghi le tasse e la previdenza nazionale per tutta la vita lavorativa; in tal modo i cittadini britannici devono attendere tempi più lunghi per ricevere le cure necessarie. Con la seconda affermazione si consente all’Unione europea di scavalcare i governi nazionali e di legiferare sulle modalità di rimborso dell’assistenza sanitaria transfrontaliera, e quindi sul finanziamento e la gestione dell’assistenza sanitaria. L’idea di un unico sistema di assistenza sanitaria gestito dall’Unione europea è un incubo troppo spaventoso da concepire, che non andrebbe diffuso in un mondo così innocente.
Malcolm Harbour (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, i servizi sanitari rimarranno di competenza degli Stati membri e i governi degli Stati membri saranno responsabili delle organizzazioni sanitarie. Questo, però, non impedirà ai nostri concittadini di viaggiare, di ammalarsi mentre sono in viaggio, di spostarsi continuamente in altri paesi e di richiedere assistenza sanitaria – punto su cui forse l’onorevole Titford dovrebbe riflettere in un momento di maggiore calma.
Desidero ringraziare l’onorevole Vergnaud per questa relazione, che è ampia ed esaustiva, offre molti preziosi contributi all’opera che lei, signor Commissario, ha avviato, e viene presentata al momento più opportuno. E’ evidente che i servizi sanitari non saranno reintrodotti nella direttiva sui servizi. Sosterremo certamente la proposta di compromesso che l’onorevole Manders presenterà domani per chiarire questo punto.
Questo, però, non dovrebbe allontanare la nostra attenzione da alcune delle questioni importanti che vengono affrontate nella proposta in esame, perché un numero sempre maggiore di persone metterà in discussione i limiti del sistema. Una delle principali sentenze della Corte di giustizia riguardava il caso di una paziente britannica che si era recata all’estero perché i servizi sanitari del suo paese – che purtroppo è anche il mio – non erano in grado di garantirle una protesi dell’anca in tempi accettabili. La Corte le ha dato ragione, e credo quindi che il Commissario dovrebbe riflettere su questo punto. Non mi oppongo alla motivazione di tale sentenza, poiché ritengo che i cittadini debbano poter godere di tale diritto in tutta l’Unione europea.
Tuttavia, cominciamo a dover affrontare questioni molto complesse. I trattamenti innovativi menzionati da uno dei precedenti oratori, soprattutto per quanto riguarda i tumori, presentano già problemi molto gravi per i servizi sanitari pubblici. Prendiamo il caso di trattamenti costosi, volti a prolungare la vita del paziente: cosa succede se non sono disponibili nel paese del paziente, ma in un altro, ove il paziente decide di recarsi per richiederli?
Abbiamo davanti a noi una relazione importante, che affronta una questione con cui dovremo confrontarci sempre più spesso. La raccomando a voi tutti e mi auguro che il Commissario ci offra una risposta ricca di spunti fruttuosi.
Harlem Désir (PSE). – (FR) Signor Presidente, ringrazio anzitutto la relatrice, onorevole Vergnaud, che purtroppo ha dovuto superare molte difficoltà in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Infatti, come ha ricordato il Commissario Kyprianou, dobbiamo destreggiarci tra due punti fermi: da una parte la giurisprudenza – ossia i Trattati secondo l’interpretazione che ne dà la Corte di giustizia – e dall’altra la posizione assunta dal Parlamento europeo in occasione del voto sulla direttiva sui servizi. Tale posizione ha chiaramente affermato la necessità di scegliere tra gli aspetti che rientrano nel mercato interno e quelli che, per difendere i valori sociali dell’Unione, devono rientrare in altri meccanismi.
Credo che la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori – non solo l’onorevole Manders, ahimè; per ottenere una maggioranza, infatti, è stato necessario anche il sostegno dei deputati dei gruppi PPE-DE e ALDE – abbia adottato un’iniziativa deplorevole, cercando di reintrodurre i servizi sanitari nel quadro della direttiva sui servizi nel mercato interno. In realtà, in nessuno dei nostri paesi i servizi commerciali e la costruzione sono inseriti nella stessa legislazione che comprende i servizi ospedalieri e i servizi ai malati: esistono logiche diverse.
E’ vero: innanzi tutto dobbiamo rispettare la sussidiarietà, i meccanismi di finanziamento dei nostri sistemi sociali, i meccanismi di autorizzazione delle istituzioni di assistenza sanitaria, ma bisogna altresì tener conto dello spazio europeo e della circolazione in tale spazio, e quindi favorire l’accesso di tutti ai servizi sanitari. Questo tuttavia deve essere governato da meccanismi specifici. Per tale motivo, a mio avviso abbiamo bisogno anche in questo caso – come per i servizi sociali di interesse generale e per gli altri servizi di interesse economico generale – di direttive specifiche, a fianco della direttiva che disciplina i servizi commerciali nel mercato interno.
Mi auguro che dal compromesso emerga chiaramente non solo che i servizi sanitari non rientrano nella direttiva sui servizi nel mercato interno, ma anche che noi reclameremo una direttiva specifica sui servizi sanitari.
Eva-Britt Svensson (GUE/NGL). – (SV) Non è passato molto tempo da quando i due principali gruppi politici hanno raggiunto un compromesso sulla direttiva sui servizi, e l’esclusione dell’assistenza sanitaria e dei servizi medici da tale direttiva è stata descritta da alcuni come un grande successo. Eppure adesso si sta cercando di reintrodurre surrettiziamente questa deregolamentazione, in seguito alla quale l’assistenza medica e sanitaria cesserebbe di essere un diritto umano e diventerebbe un semplice prodotto commerciale.
Conformemente ai Trattati, l’assistenza medica e sanitaria è di esclusiva competenza degli Stati membri, e in questo settore una legislazione a livello di Unione europea non è necessaria né desiderabile. In questo caso specifico infatti, auspichiamo cooperazione e non legislazione.
Mi auguro che coloro che hanno giudicato positiva l’esclusione dei servizi medici e sanitari dalla direttiva sui servizi consolidino tale successo, al momento della votazione, approvando gli emendamenti presentati dal gruppo GUE/NGL.
Othmar Karas (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi auguro che tutti coloro i quali, in sede di commissione parlamentare, hanno votato a favore del paragrafo 71, adesso se non altro si rendano conto del danno che hanno arrecato alla discussione, giacché adesso stiamo parlando più della metodologia che della questione sostanziale.
L’esclusione dei servizi sanitari e sociali dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi è stata intenzionale. Perché lo abbiamo fatto? Perché qui non si tratta di scegliere tra il libero mercato e l’interesse nazionale, ma di comprendere quanto siano vulnerabili il settore sanitario e quello dei servizi sociali e di avere la volontà di regolamentare tali settori in modo molto specifico, anziché valutarli unicamente in funzione dei meccanismi di mercato.
Dobbiamo innanzi tutto precisare di quali servizi sanitari stiamo parlando, e decidere quali servizi siano coperti dal principio di sussidiarietà, poiché tali servizi – per le loro stesse caratteristiche – non si possono considerare servizi ordinari soggetti al funzionamento del mercato; i cittadini hanno il diritto di essere tutelati.
Sarò sincero: la votazione tenutasi in seno alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori sull’emendamento proposto dai liberali ha diffuso incertezza, e questo mi rattrista molto; la stragrande maggioranza di quest’Assemblea – noi compresi – respinge il paragrafo 71, che rappresenterebbe un passo indietro. Vogliamo contribuire attivamente al processo di consultazione sul regolamento avviato dalla direttiva sui servizi.
Non dobbiamo confondere continuamente la mobilità dei pazienti con il modo in cui intendiamo disciplinare la libertà di offrire servizi. La mobilità dei pazienti non è in discussione. Per disciplinare la libertà degli imprenditori di offrire servizi sono necessari un regolamento articolato e un’oculata gestione; da questo punto di vista gli Stati membri non devono essere esonerati dalle proprie responsabilità, perché spetta a loro – e non ai legislatori europei – garantire i più elevati standard qualitativi.
Edit Herczog (PSE). – (HU) Proprio mentre molti Stati membri dell’Unione europea stanno lavorando alla riforma del loro sistema sanitario, il Parlamento europeo sta a sua volta esaminando la questione con una specifica relazione; ne sono lieta, e mi congratulo con la collega, onorevole Vergnaud, per il lavoro svolto.
L’assistenza sanitaria è un settore in cui si manifestano crescenti tensioni tra obblighi e opportunità sociali ed economiche. La rivoluzione tecnologica e digitale del mondo contemporaneo ci alletta con soluzioni sempre più promettenti nei campi della prevenzione, del trattamento e della cura, ma gli alti costi del progresso sono inaccessibili per i più. Possiamo dire che il compito di un’Europa sociale – un’Europa della solidarietà – è quello di garantire che ogni cittadino dell’Unione europea possa accedere a servizi medici avanzati, indipendentemente dalla sua nazionalità, dal suo reddito o dai confini nazionali.
Certamente la sanità pubblica non è un servizio economico, industriale o commerciale. Eppure i servizi che gravitano intorno all’assistenza sanitaria e la coadiuvano sono quasi esclusivamente settori orientati al profitto, che hanno bisogno di profitti per continuare ad alimentare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione.
L’Europa e noi politici europei abbiamo dunque anche il dovere di trovare una soluzione per garantire che i mercati nei settori della prevenzione, della nutrizione, del tempo libero, degli strumenti diagnostici o dei farmaci e degli strumenti medici non debbano confidare unicamente sulle già scarse risorse della sanità pubblica per potersi sviluppare.
Abbiamo appena cominciato a cercare soluzioni a questi problemi, ma certamente un prerequisito di ogni soluzione è la condivisione degli oneri, di cui sono responsabili tutti i 485 milioni di abitanti. E’ inaccettabile, per esempio, che in Ungheria vi sia un milione di persone – e tra questi non si contano certo i più poveri – che ricorrono all’assistenza sanitaria generale senza versare un centesimo nei fondi comuni. La solidarietà sociale ed economica richiede che lavoratori dipendenti e datori di lavoro contribuiscano alla sicurezza giuridica e all’uguaglianza davanti alla legge.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, l’assistenza sanitaria è un servizio pubblico che non può essere lasciato al libero mercato, e alla sua assoluta irresponsabilità. Il contesto più adeguato per trattare la mobilità dei pazienti è offerto dai regolamenti (CE) n. 1408 e n. 883 del 2004. E’ quindi possibile garantire un’adeguata regolamentazione nell’ambito di tale contesto, e non certo sopprimendolo.
Un approccio alla Bolkestein nei confronti dei servizi sanitari abbasserebbe il livello dei servizi stessi, restringerebbe i servizi pubblici a beneficio di quelli privati e naturalmente comporterebbe una minor tutela sanitaria per gli strati socialmente più deboli.
Dobbiamo respingere categoricamente il tentativo di reintegrare surrettiziamente i servizi sanitari nella direttiva Bolkestein, mediante la famosa direttiva Manders, e/o con la direttiva emendata pronta a subentrare.
Sono in gioco la credibilità e la coerenza del Parlamento europeo, che alcuni mesi fa aveva votato diversamente sulla questione. Mi auguro che, questa volta, non cambieremo nuovamente posizione.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, gli Stati membri devono rispettare le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, e la Commissione deve integrarle nei regolamenti relativi alla sicurezza sociale. Mi riferisco al diritto al rimborso delle spese sanitarie sostenute all’estero. Nel caso di cure di pronto soccorso, i pazienti non hanno bisogno del benestare anticipato della propria compagnia di assicurazione. La Commissione e gli Stati membri devono raggiungere un accordo sulle cure che non sono considerate urgenti, per le quali il paziente deve prima richiedere il consenso. L’anno scorso il Parlamento ha ceduto davanti a false argomentazioni e, sotto le pressioni della sinistra, dei sindacati e di alcuni governi, ha escluso l’assistenza sanitaria dalla direttiva sui servizi. Di conseguenza, questo diritto dev’essere ancora attuato a livello legislativo, dal momento che il regolamento n. 1408 del 1971 non è stato aggiornato.
E’ assurdo pensare che la mobilità possa provocare un deterioramento dell’assistenza. Vi invito quindi a nutrire maggiore fiducia nell’assistenza sanitaria straniera, e nel relativo diritto dei pazienti a ricevere informazioni sulla qualità delle strutture sanitarie. Invitiamo la Commissione e gli Stati membri a coordinare i sistemi di controllo della qualità nell’ambito dell’assistenza sanitaria, senza che l’Unione leda i poteri degli Stati. I programmi principali sono Patient Safety e l’accreditamento nazionale e internazionale per i servizi degli ospedali e delle ambulanze. Se i pazienti vengono informati in merito agli ospedali stranieri che rispettano volontariamente le norme internazionali e nazionali, nutriranno maggiore fiducia nella qualità delle cure anche se non sono in grado di parlare la lingua del paese. Questo è il fattore più importante per quanto riguarda la fiducia nell’assistenza sanitaria europea, e la necessità di respingere le pretestuose argomentazioni con cui si cerca di ostacolare la mobilità dei pazienti.
So che la mia proposta di rimuovere ogni intralcio all’offerta di servizi non statali – ossia privati – all’estero è diventata una questione politica. Desidero ardentemente che medici e infermieri possano superare gli ostacoli frapposti dai politici, che intaccano il diritto dei cittadini a una più ampia scelta di servizi sanitari e temono la libera scelta.
Barbara Weiler (PSE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in primo luogo vorrei riconoscere i meriti della Commissione, che già in questa prima fase ha consultato l’Assemblea e tutte le parti in causa in relazione alla nuova direttiva, atteggiamento che non si poteva dare per scontato. Questo mi induce a sperare che la nuova direttiva venga pianificata con attenzione e includa non soltanto le opportune valutazioni d’impatto su società, legislazione e sussidiarietà, ma anche i diritti dei cittadini europei.
Si sono rese necessarie norme sull’assistenza sanitaria transfrontaliera, e molti cittadini si aspettano che esse vengano attuate: penso ai lavoratori delle nostre regioni di confine, ai lavoratori migranti, ai pensionati che vivono nell’Europa sudorientale e in Grecia e, naturalmente, ai conducenti che in Europa operano su lunghe distanze, categoria di lavoratori mi è stata appena ricordata. Oltre a tutte queste persone, penso anche agli altri lavoratori che in passato non potevano godere di tali diritti, riservati allora, come si è detto, ai pazienti privati. Mi sembra ancor più assurdo che il gruppo GUE/NGL intenda consolidare i privilegi delle persone che dispongono di un’assicurazione sanitaria privata.
Se i sistemi nazionali verranno aperti con attenzione e cautela, noi tutti potremo beneficiarne. Una concorrenza costruttiva tra i fornitori di servizi, una concorrenza tra i metodi migliori, le ricerche più utili e le strategie di maggior successo in campo sanitario: si tratta di elementi che possono essere utili, a condizione, naturalmente, che si rispettino i criteri cui ho già fatto riferimento e che non si applicano nel mercato interno, ossia la qualità, la sicurezza, la solidarietà e la sostenibilità.
Sono certa che l’Assemblea si batterà senza incertezze per far prevalere questi criteri.
Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Ringrazio l’onorevole Vergnaud e i relatori ombra per il loro lavoro.
Innanzi tutto, vorrei parlare dei diversi tipi di mobilità che si possono osservare nell’ambito dell’assistenza sanitaria; per esempio, l’offerta transfrontaliera di servizi medici, ossia l’offerta di un servizio da un paese a un altro senza che i pazienti e gli operatori sanitari debbano lasciare il loro Stato di residenza. Tra questi servizi figurano la telemedicina, la diagnosi e la prescrizione di farmaci a distanza, eccetera. In secondo luogo, c’è la mobilità dei pazienti di tipo tradizionale, di cui parliamo più frequentemente. In particolare, si tratta di ricorrere a servizi offerti all’estero, situazione che si verifica quando il paziente si reca nella sede del fornitore di servizi per essere curato. In terzo luogo, si dà il caso di personale qualificato che si trova temporaneamente in un altro Stato membro: questa situazione viene definita mobilità di professionisti sanitari finalizzata all’offerta di servizi. La quarta possibilità è quella di fornire tali servizi in modo permanente, realizzando strutture sanitarie in un altro Stato membro, come ha già ricordato il collega onorevole Karas.
Per poter gradualmente regolamentare e successivamente applicare tutti questi tipi di mobilità, dobbiamo in primo luogo formulare alcune domande fondamentali, e poi dare loro risposta. In altre parole dobbiamo chiederci: esistono valori e principi comuni, nell’ambito dell’assistenza sanitaria, cui tutti i cittadini dell’Unione europea possano fare riferimento? Com’è possibile garantire un ragionevole meccanismo di compensazione finanziaria? Come possono pazienti ed esperti individuare e confrontare i fornitori di assistenza sanitaria? Con quale flessibilità gli Stati membri cercano di eliminare gli ostacoli ingiustificati alla libertà di circolazione? Come si possono garantire servizi sociali e assistenziali nel lungo periodo? E le domande sarebbero molte di più.
La Commissione, il Consiglio e il Parlamento devono trovare risposte comuni a tali domande, mediante una legislazione che affronti gli effetti e le conseguenze dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi nel mercato interno.
Maria Matsouka (PSE). – (EL) Signor Presidente, la sanità non è e non può essere considerata un prodotto, e tanto meno un prodotto soggetto alle condizioni del mercato e alla concorrenza.
La sanità ha una missione di interesse generale, e per questo motivo deve soddisfare alcuni criteri come la qualità, l’accessibilità, l’universalità e la solidarietà.
Dobbiamo far cessare immediatamente qualsiasi tentativo di estendere la filosofia del mercato al settore dei servizi sanitari, con il pretesto di ammodernarlo, tentativo che la Corte di giustizia ha favorito a suo modo e che i sostenitori del liberismo economico stanno riportando alla ribalta.
Purtroppo, tale situazione si è già verificata per alcuni servizi sociali; non dobbiamo permettere che si ripeta anche in questo campo.
E’ assurdo reinserire i servizi sanitari nell’ambito di applicazione della direttiva sui servizi; tale iniziativa, infatti, è stata già respinta dal Parlamento europeo lo scorso novembre.
La Commissione europea deve saper osare, deve esercitare il proprio diritto di adottare iniziative legislative e proporre una direttiva settoriale sui servizi sanitari; deve anche avere il coraggio di proporre una direttiva quadro che regoli i servizi sociali di interesse generale.
Onorevoli colleghi della maggioranza di destra del Parlamento, ancora una volta avete contribuito a incrinare la credibilità dell’Unione reintroducendo inopinatamente la possibilità di far rientrare i servizi sanitari nell’ambito della direttiva sui servizi, nota come direttiva Bolkestein.
Agite secondo il vostro senso di responsabilità, e non giocate con la vita dei cittadini europei. Dimostrate con il vostro voto che la sanità non è una merce.
(Applausi)
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, comincerò in francese per rivolgermi all’onorevole Goebbels. Nel corso della mia vita politica, mi sono stati attribuiti epiteti di ogni tipo, ma è la prima volta che vengo definito ultraliberista.
Per questo vorrei cercare di spiegarmi, perché credo che la mia dichiarazione a Le Figaro e al Financial Times sia stata fraintesa. Per essere sicuro che non vi siano ulteriori malintesi, continuerò in inglese.
(EN) Quello che intendevo dire ai giornali era che la situazione attuale non è certo il frutto della mia politica. Quello che ho descritto – e vorrei ritornare su questo punto – era il contesto venutosi a creare dopo le sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, secondo le quali le norme del mercato interno si applicano alla sanità anche se questa viene finanziata con denaro pubblico.
Probabilmente non è neanche il risultato della politica del Parlamento, ma è una realtà con cui dobbiamo confrontarci. Se i nostri cittadini si recano all’estero per ricevere delle cure, è inevitabile che vi sia concorrenza; è giusto che i cittadini abbiano facoltà di scelta. La sfida che dobbiamo affrontare sta nel far sì che l’esercizio di tale diritto, riconosciuto dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, operi nell’interesse dei cittadini europei senza però mettere a repentaglio e distruggere i sistemi sanitari degli Stati membri.
Si è parlato molto della sussidiarietà nell’articolo 152, e vorrei ricordare l’affermazione della Corte in materia. La Corte ha dichiarato che, sebbene gli Stati membri abbiano il diritto di organizzare e offrire servizi sanitari e assistenza medica, questo non esclude la possibilità che venga loro richiesto, in conformità di altre disposizioni del Trattato, di apportare modifiche ai propri sistemi sanitari. Da qui deriva l’applicazione delle norme del mercato interno.
Questa, quindi, è la prima realtà giuridica nell’ambito della quale dobbiamo operare, ma naturalmente esiste anche una realtà concreta. Purtroppo i sistemi sanitari europei sono caratterizzati da disuguaglianze. Gli Stati membri non possono offrire lo stesso livello di assistenza sanitaria ai propri cittadini. Coloro che richiedono cure si recano all’estero e, se viene negato loro questo diritto, si appellano alla Corte di giustizia. Credo che sarete d’accordo con me: per decidere se un cittadino abbia diritto a un intervento chirurgico oppure no, non possiamo attendere che egli si rechi in Lussemburgo e richieda una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee.
Il problema da risolvere, quindi, è questo: come far sì che i principi fissati dalla Corte operino a vantaggio sia dei cittadini sia degli Stati membri. Devo sottolineare che il nostro obiettivo principale è affrontare le disuguaglianze che esistono nell’Unione europea. Disponiamo di politiche e strategie, di cui potremo discutere più avanti nel corso dell’anno e che ci consentiranno di raggiungere questo obiettivo.
E’ anche molto importante riconoscere ciò che è stato già detto, ossia che i cittadini preferirebbero farsi curare nel loro paese, vicino al loro luogo di residenza; questa è la priorità principale per noi tutti. Tuttavia, finché non riusciremo a risolvere il problema delle disuguaglianze, essi cercheranno di ottenere tali cure all’estero. Inoltre, come abbiamo già detto, nelle regioni di confine è più ragionevole attraversare la frontiera che compiere un lungo viaggio per recarsi nella capitale del proprio paese. Ci sono anche ragioni di ordine scientifico: talvolta alcuni Stati membri sono in grado di fornire migliori trattamenti specialistici.
L’attuale legislazione non affronta tali questioni perché non si tratta solo di mobilità dei pazienti. Lavoriamo anche sulla sicurezza, sulla qualità, sui diritti dei pazienti e sul diritto dei pazienti all’informazione. Tutto ciò richiede una legislazione più precisa di quella attuale. Inoltre, i principi dell’attuale legislazione sono diversi da quelli descritti dalla Corte, e quindi dobbiamo occuparci anche di tale questione.
Si tratta di capire come far funzionare tutto ciò. A mio avviso ci stiamo occupando di una delle più importanti iniziative del settore. La mobilità dei pazienti deve integrare, non sostituire, l’offerta di assistenza sanitaria in patria. Questo è l’obiettivo principale, ma tutti i cittadini devono godere delle stesse opportunità, indipendentemente dal reddito, dal livello d’istruzione o dalle competenze linguistiche. Essi devono poter esercitare tale diritto in un modo che sarà definito dai centri decisionali politici, ma nel rispetto dell’uguaglianza di tutti i cittadini europei.
Il turismo medico è una questione totalmente diversa. Non ce ne stiamo occupando, non stiamo neanche sfiorando l’argomento, né lo stiamo incoraggiando. Si tratta di una prassi che riguarda il settore privato, i privati cittadini e i fondi privati. Non è un tema su cui lavoreremo. Ancora una volta, è una realtà: i cittadini viaggiano perché vogliono associare le cure mediche alle vacanze, ma non è una questione di cui ci stiamo occupando in questo momento.
E’ importante affrontare quanto prima il problema dell’assistenza sanitaria transfrontaliera nel suo complesso, adottando un approccio attivo, prima che diventi ingestibile. Non si tratta solo di pagare per l’assistenza sanitaria, ma anche della disponibilità di un’assistenza sanitaria che potrebbe essere oberata dall’arrivo di troppi pazienti. Quindi, dovremo tenere conto anche di questo problema.
Combineremo tutti gli interessi dei pazienti. Alla luce delle diverse realtà con cui ci confrontiamo, e nonostante i diversi approcci e le diverse ideologie sui particolari, è molto importante che lavoriamo insieme al fine di ottenere il meglio per i cittadini europei. Intendo farlo, e mi auguro che il Parlamento europeo collaborerà con noi a tal fine.
Robert Goebbels (PSE). – (FR) Signor Presidente, voglio dare atto al Commissario Kyprianou che egli non è un ultraliberista; l’ho ascoltato con estrema attenzione mentre ci offriva i suoi orientamenti generali.
Detto questo, signor Commissario, ciò che mi ha veramente turbato nella comunicazione della Commissione è la seguente frase, che cito testualmente: “Qualsiasi intervento della Comunità deve rispettare i principi già stabiliti dalla Corte di giustizia in questo settore”. E’ vero che dobbiamo rispettare la giurisprudenza ma, in tutti i nostri paesi, i legislatori esistono proprio per cambiare, eventualmente, i testi giuridici qualora i tribunali si spingano su terreni pericolosi. Ritengo che le sentenze della Corte di giustizia siano spesso eccessivamente liberiste. Sta a noi, in qualità di colegislatori, e alla Commissione, ripristinare l’equilibrio in caso di necessità.
Markos Kyprianou, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, sarò molto breve perché non sono in disaccordo, ma tutto dipende dal contesto. Non entrerò adesso nel merito giuridico, ma vi posso assicurare che terremo conto di ogni aspetto. Ho detto fin dall’inizio, e non ho alcun problema a dichiararlo pubblicamente, che a mio avviso le decisioni spettano ai centri decisionali politici, non ai tribunali. Avremo occasione di discutere una proposta specifica, ma è necessario tenere sempre presenti quelle parti delle sentenze della Corte che interpretano il Trattato. Quando è in gioco il Trattato, che è lo strumento giuridico per eccellenza dell’Unione europea, la legislazione non può che aderirvi. Quando non è in gioco il Trattato, allora disponiamo di una certa flessibilità. Tuttavia, come ho già detto, disponiamo di servizi giuridici che possono offrirci la loro consulenza. Concordiamo in primo luogo le politiche, e poi troveremo le modalità giuridiche per realizzarle.
Presidente – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì, 23 maggio.
16. Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0089/2007), presentata dall’onorevole Adamos Adamou a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, su “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010” [2006/2233(INI)].
Adamos Adamou (GUE/NGL), relatore. – (EL) Signora Presidente, la relazione su cui stiamo per votare riguarda la necessità di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010, un tema sulla cui importanza e attualità conviene la maggioranza del Parlamento. Anche per questo motivo è stato presentato un numero così scarso di emendamenti dai colleghi, oltre al fatto che la relazione è stata approvata all’unanimità dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
Mi congratulo con la Commissione per la sua comunicazione, il suo approccio concettuale, i suoi obiettivi prioritari per il periodo 2007-2008 e le sue principali misure di sostegno. A questo punto, però, devo esprimere la mia profonda preoccupazione per la continua perdita di biodiversità e il correlato declino dei servizi ecosistemici.
Noi tutti riconosciamo, credo, l’urgente necessità di compiere uno sforzo per rispettare gli impegni volti ad arrestare la perdita di biodiversità nell’Unione europea entro il 2010.
Il Piano d’azione è uno strumento essenziale e rappresenta la nostra ultima opportunità di riunire le parti interessate a livello di Comunità e di Stati membri al fine di concertare le azioni chiave, finalizzate al rispetto degli impegni per il 2010. Riconosco tuttavia che il Piano d’azione sarà insufficiente per conservare la biodiversità e sostenere i servizi ecosistemici nel lungo periodo.
Desidero poi sottolineare l’estrema importanza del completamento della rete Natura 2000 sulla terraferma e nelle regioni marine, nonché di una gestione efficace e di un finanziamento adeguato della rete. Ricordo inoltre la necessità di un’attuazione tempestiva ed efficace della direttiva quadro sulle acque al fine di conseguire un buono stato ecologico delle acque dolci.
Sollecito gli Stati membri a garantire che i progetti finanziati a titolo dei Fondi strutturali e di coesione non rechino danni alla biodiversità e ai servizi ecosistemici, ma ottimizzino i benefici per la biodiversità.
Passando a un’altra questione, dobbiamo riconoscere e affrontare il fatto che le specie esotiche invasive rappresentano una delle minacce principali per la biodiversità e che la loro diffusione è aggravata dalla circolazione sempre più intensa di persone e merci.
Per quanto riguarda il commercio, non possiamo ignorare “l’impronta ecologica” lasciata dagli scambi dell’Unione europea sulla biodiversità. Chiedo alla Commissione e agli Stati membri di attivarsi con urgenza per adottare misure volte a prevenire o ridurre al minimo gli impatti negativi di tali scambi sulle foreste tropicali. La Commissione dovrà presentare quanto prima un’analisi delle opzioni per ulteriori provvedimenti legislativi volti a frenare le importazioni di legname raccolto illegalmente.
I cambiamenti climatici rappresentano un capitolo molto importante e un’area politica distinta nella comunicazione della Commissione. E’ essenziale sviluppare un approccio ecosistemico per l’adeguamento ai cambiamenti climatici, in particolare per le politiche che interessano l’uso del suolo, dell’acqua e delle risorse marine.
Per quanto riguarda il finanziamento, non posso nascondere la mia delusione e la mia forte preoccupazione in relazione alle limitazioni finanziarie del sostegno alle azioni a favore della biodiversità, limitazioni conseguenti alle decisioni sul quadro finanziario. Gli Stati membri hanno la responsabilità di cogliere tutte le opportunità esistenti nell’ambito della PAC, della PCP, dei Fondi strutturali e di coesione, di LIFE+ e del settimo programma quadro, nonché dell’assegnazione delle risorse nazionali.
E’ necessario tenere maggiormente conto delle esigenze finanziarie in occasione della revisione del bilancio che avrà luogo nel 2008-2009, durante la quale si dovrebbe procedere a una valutazione della sufficienza e della disponibilità dei finanziamenti dell’Unione europea per la biodiversità, specialmente per Natura 2000.
Vorrei ringraziare le colleghe, onorevoli Avril Doyle e Marie Anne Isler Béguin per i loro emendamenti, e in particolare l’onorevole Béguin, che ha aggiunto l’energia idroelettrica al paragrafo 67, riparando a una mia dimenticanza.
Per concludere, onorevoli colleghi, vorrei richiamare la vostra attenzione sulle conclusioni dello studio sulla biodiversità richiesto dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare: sembrerebbe che le iniziative volte ad arrestare la perdita di biodiversità falliscano per l’impossibilità di applicarle e la scarsa volontà politica. Il Piano d’azione dell’Unione europea, che si spinge fino al 2010, è molto ambizioso ma, purtroppo, non propone soluzioni semplici al problema dell’attuazione, né alla carenza di fondi e di volontà politica da parte degli Stati membri.
Sta a noi inviare un messaggio forte, ed esercitare pressioni sui nostri governi per garantire la realizzazione degli ambiziosi obiettivi del Piano d’azione.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, per cominciare devo scusarmi a nome del Commissario Dimas, che purtroppo non può essere presente oggi.
Proprio un anno fa, la Commissione ha adottato una comunicazione sulla lotta alla perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre. Dal momento che domani si celebra la Giornata internazionale della biodiversità, è il momento giusto per discutere questa relazione in seno al Parlamento europeo.
Sono lieto che il Parlamento colga quest’occasione per inviare un chiaro messaggio al mondo sull’importanza di proteggere la biodiversità del pianeta. Quest’anno il tema della Giornata internazionale della biodiversità è “biodiversità e cambiamenti climatici”. Ho già detto in precedenza, e desidero ripetere quest’oggi, che la perdita di biodiversità rappresenta per il pianeta una minaccia altrettanto grave del cambiamento climatico. Come il cambiamento climatico, infatti, la perdita di biodiversità è un problema economico, un problema sociale e una crescente minaccia alla sicurezza globale. Entrambe le questioni sono strettamente legate. I cambiamenti climatici contribuiscono considerevolmente alla perdita delle specie, mentre la perdita degli ecosistemi influisce sui cambiamenti climatici.
La lotta ai cambiamenti climatici è ormai al centro del progetto europeo, e occupa la prima posizione nei programmi politici nazionali. Purtroppo, lo stesso non si può dire ancora per la perdita di biodiversità. Forse la minaccia è meno evidente, ma se ci fermiamo a esaminare i fatti, la situazione è altrettanto preoccupante.
A causa delle attività umane, il tasso di estinzione ha ormai raggiunto livelli da 100 a 1000 volte superiori rispetto ai livelli naturali del pianeta – circa 30 000 specie all’anno, ossia tre specie ogni ora. Se questo processo continuerà incontrollato, nei prossimi decenni cancelleremo dalla faccia della terra milioni di anni di evoluzione. Questa considerevole perdita di specie è estremamente significativa perché indebolisce gli ecosistemi di cui le specie sono gli elementi costitutivi.
La valutazione delle Nazioni Unite Millennium Ecosystem Assessment, presentata nel marzo 2005, contiene due messaggi fondamentali. Il primo afferma che, in ultima analisi, per la nostra prosperità e il nostro benessere dipendiamo tutti dai servizi ecosistemici, come le materie prime, i medicinali e l’acqua pulita. Il secondo, che gli ecosistemi vengono frammentati, degradati e distrutti, tanto che circa due terzi dei servizi che riceviamo dagli ecosistemi sono in declino. Se associamo tutto ciò a minacce ambientali quali i cambiamenti climatici, i crescenti livelli demografici e il crescente consumo pro capite, capiremo che la pressione sulle specie e sugli ecosistemi si sta intensificando.
Senza un’azione urgente raggiungeremo presto un punto pericoloso e irreversibile negli ecosistemi globali; se rimarremo inerti, raggiungeremo un livello pericoloso di cambiamenti climatici. Come per questi ultimi, la finestra di opportunità per scongiurare pericolosi cambiamenti ecosistemici si sta rapidamente chiudendo.
La comunicazione dello scorso anno sulla biodiversità rappresenta un primo tentativo, da parte dell’Unione europea, di elaborare una risposta coerente al problema della perdita di biodiversità. Dovremmo considerarlo uno dei più importanti documenti politici prodotti dalla Commissione Barroso, contenente due novità di particolare rilevanza. La prima: la comunicazione introduce il concetto di servizi ecosistemici nel dibattito a livello di Unione europea, sottolinea in che misura tali servizi sono essenziali al nostro benessere e alla nostra prosperità e realizza il collegamento vitale tra perdita della biodiversità e declino di quei servizi.
La seconda: la comunicazione introduce uno specifico Piano d’azione per il periodo 2007-2013. Il Piano d’azione rappresenta un importante passo avanti, dal momento che definisce le iniziative necessarie a livello sia comunitario sia nazionale. Soltanto mediante azioni complementari condotte a questi due livelli, saremo in grado di ottenere il necessario progresso. Il Piano d’azione definisce inoltre le azioni necessarie per rispettare gli impegni assunti dall’Unione europea al fine di arrestare la perdita di biodiversità nell’UE, e ridurre considerevolmente il tasso di tale perdita in tutto il mondo entro il 2010. Con l’introduzione di un processo di periodiche valutazioni, rispetto a un chiaro gruppo di obiettivi, sia la Commissione che gli Stati membri potranno essere chiamati a rispondere della sua attuazione.
Ho constatato con estremo piacere che la relazione del Parlamento accoglie favorevolmente la comunicazione e il suo Piano d’azione. Desidero ringraziare il relatore, onorevole Adamou, per i suoi sforzi, e gli onorevoli Berman e Gklavakis, che fanno parte rispettivamente della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e della commissione per la pesca, per il loro contributo. La relazione contiene inoltre reazioni ugualmente positive del Consiglio, del Comitato delle regioni e del Comitato economico e sociale, nonché delle ONG ambientali; le azioni da intraprendere che vengono individuate nella relazione sembrano godere di un ampio consenso. Adesso si tratta di trasformare questo sostegno politico in azioni concrete sul campo.
Non può esserci questione più importante – per qualunque dibattito parlamentare – del perpetuarsi della vita sulla terra. Vi invito dunque a cogliere quest’occasione per inviare un chiaro messaggio sulla gravità della perdita di biodiversità e sulla necessità di un’attuazione completa e vigorosa, a tutti i livelli, della comunicazione sulla biodiversità e del Piano d’azione.
Thijs Berman (PSE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (NL) Signora Presidente, con questa importante relazione dell’onorevole Adamou, il Parlamento vuole lanciare un segnale d’allarme, secondo un modello ben noto.
La Commissione e il Parlamento esprimono le proprie ambizioni in campo ambientale, i capi di governo e i ministri seguono il loro esempio assumendo impegni solenni, e si spingono addirittura a concludere accordi, senza però fornire un sostegno concreto. Gli Stati membri, a loro volta, erigono barriere laddove l’interesse generale dell’Europa richiede un’azione concreta. Nonostante il diffuso consenso raggiunto a Bruxelles, le ambizioni manifestate in quella sede rimangono tali a causa di interessi di breve termine che prevalgono negli Stati membri. La protezione della biodiversità dev’essere una priorità in ogni area politica.
Dalla posizione favorevole di cui gode la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la valutazione della politica agricola nel 2008 costituirà una nuova importante occasione per arrestare la perdita di biodiversità, sebbene questo richieda un bilancio più cospicuo per lo sviluppo rurale e una maggiore insistenza sulla protezione della natura e del paesaggio.
Per questo è necessaria anche una valutazione critica delle misure nel quadro dell’ecocondizionalità. Dopo tutto, è perfettamente logico ed estremamente positivo che gli agricoltori vengano retribuiti per i loro servizi all’ambiente, a condizione che questa iniziativa dimostri la propria efficacia in termini di biodiversità e di un’Europa sostenibile.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE), relatore per parere della commissione per la pesca. – (EL) Signora Presidente, per cominciare porgo i miei più sinceri ringraziamenti all’onorevole Adamou per il suo ottimo lavoro. Non intendo invece congratularmi con i governi nazionali i quali, nel 2001, si sono impegnati ad adottare alcune misure che poi, ahimè, sono rimaste lettera morta, provocando il continuo declino della biodiversità e la perdita di organismi. Come ha dichiarato il Commissario Borg, ogni ora sul nostro pianeta si registra l’estinzione di tre specie.
Secondo le statistiche delle Nazioni Unite, c’è il pericolo che nell’Unione europea il 54 per cento degli organismi di acqua dolce si estingua. Tale declino è determinato da diversi motivi, ma in particolare è attribuibile a due ragioni: la contaminazione delle acque e la pesca eccessiva. Noi siamo altrettanto responsabili dei pescatori.
Il nostro obiettivo dev’essere quello di ridurre la contaminazione delle acque, indipendentemente dal tipo e dall’origine della contaminazione stessa – dal suolo, dall’industria o dal mare – perché non dobbiamo dimenticare che, negli ultimi 15 anni, soltanto a causa di incidenti navali, sono state riversate nel Mediterraneo ben 55 000 tonnellate di petrolio.
Il secondo obiettivo dev’essere l’incremento degli stock ittici. Dobbiamo capire una cosa: possiamo pescare soltanto la quantità di pesce che il mare può reintegrare. Se peschiamo quantitativi superiori, commettiamo un reato ambientale.
Inoltre, dobbiamo ricorrere a metodi di pesca migliori. Dobbiamo muoverci a livello globale, affinché anche i paesi terzi adottino questi metodi, perché noi che viviamo nel Mediterraneo vogliamo salvarlo, ma il Mediterraneo bagna le coste di 27 paesi, sette dei quali appartengono all’Unione europea, e i paesi terzi sono spesso quelli che producono i danni più gravi.
E’ necessario ridurre la pesca eccessiva e ricorrere a metodi di pesca migliori. Altrimenti commetteremo un crimine contro il futuro dei nostri figli.
John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, a nome della collega onorevole Doyle, la relatrice ombra, consentitemi di ringraziare l’onorevole Adamou per la sua relazione che, con estrema intelligenza, raggiunge il suo obiettivo: menziona infatti Natura 2000 nonché la direttiva “Uccelli” e la direttiva “Habitat”, parla dell’efficace attuazione di REACH e della legislazione sulle acque e sui pesticidi; e infine dà voce alle preoccupazioni che noi tutti nutriamo sui limiti finanziari imposti a Natura 2000 e ad altre azioni a favore della biodiversità.
Condivido le affermazioni del Commissario Borg in materia, e in particolare ciò che si è detto sull’inerzia dei governi degli Stati membri nell’Unione europea. Il nostro obiettivo era il 2010, non il 2010 e oltre, ma siamo ben lontani dal raggiungere l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro quell’anno, che non è poi così lontano.
Mentre mi recavo a Strasburgo, ho letto un articolo su The Times, che a sua volta menzionava la perdita degli habitat, l’uso dei pesticidi, e l’introduzione di specie esotiche di cui abbiamo spesso sentito parlare. Questo articolo riguardava gli uccelli, migliaia di specie di uccelli a rischio. Complessivamente, sono in pericolo 2 033 specie; l’86 per cento delle specie più a rischio sono minacciate dalla perdita o dal deterioramento dell’habitat, a causa di fattori come dighe, pesca, numero di capi di bestiame, eccetera.
Inoltre esiste il problema delle specie esotiche; se l’onorevole Doyle fosse qui, potrebbe ricordare lo scoiattolo grigio e i danni che questo ha arrecato agli scoiattoli rossi originari del nostro continente, soprattutto in Gran Bretagna, ma adesso anche in Italia, da dove si sta diffondendo verso nord, attraverso la Francia e la Spagna. Vediamo i danni provocati dalla coccinella asiatica e dal granchio cinese: con la loro presenza, rappresentano un danno e un pericolo non soltanto per la salute umana, ma anche per la salute del nostro ambiente e delle specie naturali originarie del nostro continente.
Anne Ferreira, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto ringraziare l’onorevole Adamou per la sua relazione, nonché accogliere con favore le misure e le azioni in essa contenute.
Si tratta di misure numerose e varie, ma ritengo che oggi il nostro dibattito potrebbe acquisire maggiore chiarezza ed efficacia se articolassimo le nostre priorità in maniera gerarchica e definissimo i problemi più urgenti, sebbene non sia un compito semplice. In effetti, mentre accumuliamo ritardi nell’applicazione delle nostre decisioni, le azioni da realizzare sono sempre più numerose e necessarie. Siamo peraltro consapevoli che in materia ambientale tutti i problemi sono strettamente interconnessi.
Sono ormai quasi vent’anni che sappiamo di aver raggiunto i limiti della biosfera e di essere arrivati a un punto di stallo. Eppure, nonostante le prospettive sempre più allarmanti, non prendiamo quelle decisioni ferme e risolute che sosteniamo nei nostri documenti.
Come abbiamo sentito, la protezione della biodiversità deve realizzarsi a tutti i livelli della politica pubblica: trasporti, agricoltura, pianificazione del territorio, turismo, pesca, eccetera. Sappiamo anche questo, eppure il processo di Cardiff è seppellito nei cassetti della Commissione. Ci auguriamo che, nell’ambito del lavoro che si svolgerà in seno alla commissione temporanea sul cambiamento climatico, il rapporto di causa ed effetto che esiste tra questo fenomeno e la perdita di biodiversità ci consentirà di progredire.
Per concludere vorrei sottolineare un punto specifico della relazione Adamou concernente gli OGM. Sono estremamente favorevole alla richiesta, che è stata rivolta alla Commissione, di valutarne l’incidenza sugli ecosistemi e i rischi potenziali che essi comportano per la biodiversità.
Non dimentichiamo che l’essere umano fa parte della biodiversità. Quindi, signor Commissario Borg, come lei ha appena detto, e dal momento che stasera, in quest’Aula, suoniamo lo stesso spartito, passiamo ai fatti, realizziamo il nostro Piano d’azione e facciamo in modo che l’Unione europea, finalmente, dia l’esempio!
Chris Davies, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, vorrei innanzi tutto spendere alcune parole di elogio sui progressi compiuti nell’Unione europea. Abbiamo proibito alcuni prodotti, alcuni pesticidi e alcune prassi, abbiamo ripulito i nostri fiumi e protetto alcune aree importanti sottraendole allo sviluppo; i risultati sono evidenti. In Gran Bretagna, per esempio, il nibbio reale e i rapaci solcano numerosi i nostri cieli, le lontre stanno tornando nei nostri fiumi ma, come spesso avviene, facciamo un passo avanti e due o tre indietro: la distruzione dell’habitat continua, le specie esotiche invasive provocano devastazione, e con eccessiva frequenza l’attività umana provoca morte.
Talvolta siamo gli unici responsabili; basti pensare al modo in cui stiamo spogliando i nostri mari – lontano dagli occhi, lontano dal cuore – e le nostre politiche in questo campo, come ben sa il Commissario Borg, sono semplicemente insostenibili e ridicole. Talvolta il danno è involontario. Per esempio i cambiamenti apportati alle prassi agricole non mirano all’estinzione di alcune specie di uccelli, ma in certi casi questo è uno degli effetti; attendiamo con interesse di vedere se i risultati nei cambiamenti della politica agricola comune produrranno risultati positivi.
Talvolta non sappiamo chi o che cosa sia il colpevole, ma nella nostra veste di politici continuiamo a non adottare il principio di precauzione. Come spiegare altrimenti l’assurda decisione di quegli Stati membri che hanno votato contro i piani della Commissione per il ripristino degli stock di anguille, che avevano registrato un calo drammatico? Considerazioni di corto respiro come queste fanno sì che le specie, troppo spesso, siano destinate all’estinzione.
E’ facile fissare un obiettivo per arrestare la perdita della biodiversità, soprattutto a distanza di nove anni; trovare un obiettivo molto lontano nel tempo è la cosa più facile del mondo. Ma adesso la scadenza si sta rapidamente avvicinando, e dovremo prendere decisioni molto difficili per raggiungere il nostro obiettivo. Superata la prima metà del loro mandato, alcuni Commissari potrebbero cominciare a vedere la fine del proprio incarico. Mi auguro che sfrutteranno bene il tempo loro rimasto. Le decisioni basate su calcoli politici di corto respiro saranno presto dimenticate, ma misure decise che invertano le tendenze negative e proteggano le specie consentiranno loro di guadagnarsi il rispetto della storia.
Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, anch’io voglio congratularmi con il relatore per il suo ottimo lavoro. Certamente il titolo della relazione è molto ambizioso : come arrestare la diversità, la scomparsa delle specie vegetali e animali di qui al 2010 e oltre? Ci piacerebbe tanto credere che sia possibile!
Ma sappiamo quanto sia difficile, nel breve periodo, far suonare i diversi strumenti, europei e multilaterali, per i quali scriviamo lo spartito ogni giorno in questa sede. In questo momento l’attenzione dei cittadini e dei media è concentrata sui cambiamenti climatici, e dobbiamo quindi ricordare l’importanza della biodiversità poiché per combattere i cambiamenti climatici la migliore strategia è promuovere lo sviluppo dinamico degli ecosistemi: il Commissario Borg lo ha appena ricordato.
Come avrete senz’altro compreso, la biodiversità implica un approccio dinamico e, quando ragioniamo sulla biodiversità in situ in Europa, parliamo della preservazione delle specie vegetali e animali a partire dai territori la cui gestione e pianificazione vengono definite cercando di rispettare le esigenze delle popolazioni locali. In questo senso, la volontà politica e la capacità dei governi di aprire il dialogo sono essenziali per sviluppare e sostenere speciali reti ambientali, come Natura 2000.
Al contrario, la gestione ex situ della biodiversità evoca piuttosto una pratica di conservazione delle specie animali e vegetali. Al di là delle collezioni – collezioni polverose, direi – dei nostri musei, la conservazione ex situ come noi la concepiamo al giorno d’oggi, intende ovviamente evitare il peggio conservando il materiale genetico in centri agronomici: in questo modo, si dice, viene conservato in un luogo sicuro. Personalmente, tuttavia, nutro alcuni dubbi sul finanziamento dei gruppi consultivi per la ricerca agricola internazionale e il loro funzionamento, che deve integrare comunità locali e autoctone.
Per concludere, vorrei sottolineare, ovviamente, l’importanza che riveste, per le nostre popolazioni e i nostri territori, un’adeguata attuazione dei regolamenti europei; sappiamo infatti che tutto è collegato e, per esempio, la direttiva quadro sulle acque dev’essere applicata. In materia di biodiversità, l’acqua è uno strumento che garantisce la dinamica degli ecosistemi fin dall’inizio. Quindi, è essenziale evitare il deterioramento delle acque dolci, piuttosto che fare riferimento a un vago concetto di “buono stato ecologico”.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Signora Presidente, mi unisco al relatore per lanciare un forte segnale d’allarme. Nei tre decenni che hanno preceduto il 2000, la diversità delle specie animali e vegetali ha registrato una riduzione pari al 40 per cento. In quel periodo, l’Unione europea decise di arrestare la perdita della biodiversità entro il 2010. Adesso il tempo sta per scadere. Se non riusciremo ad arrestare l’estinzione delle specie animali e vegetali nel mondo, dovremo issare bandiera bianca e ammettere che l’attività umana distrugge la natura, e che la nostra fame insaziabile di profitti e piacere può distruggere la stessa comunità umana.
Molti dei nuovi Stati membri dell’Unione europea non sono informati in merito alla scomparsa di specie animali e vegetali, e all’importanza del problema. Nella fase di attuazione dei progetti finanziati dai Fondi di coesione e dai Fondi strutturali manca ancora un processo di riflessione o discussione sulla necessità di non danneggiare la biodiversità. La Commissione europea deve estendere la rete del territorio di Natura 2000 che interessa i nuovi 12 Stati membri. In questi paesi, solitamente la biodiversità è maggiore di quella che si osserva nei vecchi Stati membri, ed è perciò cruciale proteggerla, utilizzandola per il turismo “verde”.
I cittadini dell’Unione europea devono comprendere i benefici che si possono trarre dalla biodiversità e dagli ecosistemi, dal momento che la riduzione della diversità ha un effetto sulla produzione di alimenti, combustibili, materiali e farmaci, sulla regolamentazione delle acque, dell’aria e del clima, sul mantenimento della fertilità del suolo e sulla circolazione di prodotti alimentari. Purtroppo, in questo momento, viviamo a credito, sfruttando le risorse che in realtà appartengono ai nostri figli e ai nostri nipoti, che potrebbero trovarsi a vivere in un mondo più sterile, nel quale potranno vedere creature del passato soltanto nei musei, nelle fotografie e nei film.
La Commissione ha giustamente proposto di integrare la biodiversità e la cura degli ecosistemi nelle politiche e nei programmi di tutti i settori importanti, come la tutela della biodiversità degli oceani e la riduzione dell’inquinamento nell’agricoltura e nell’industria. A tale scopo è necessario un considerevole sostegno finanziario e una concreta attenzione. Gli strumenti utilizzati per controllare i cambiamenti climatici non devono danneggiare la biodiversità. L’Unione europea deve dare al mondo un più chiaro esempio di come sia possibile coordinare la crescita economica con la protezione dell’ambiente naturale e la preservazione delle specie animali e vegetali.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, per cominciare esprimerò il mio apprezzamento per la qualità della discussione di questa sera. Sono molto rincuorato dalla relazione, e vorrei commentare tre questioni in particolare.
In primo luogo, avete apprezzato l’approccio concettuale della comunicazione, che sottolinea il nesso tra perdita di biodiversità e declino dei servizi ecosistemici. Riconoscete la vitale importanza di ecosistemi sani per la prosperità e il benessere. Suggerite inoltre che il mantenimento dei servizi ecosistemici divenga un obiettivo prioritario di tutte le politiche orizzontali e settoriali dell’Unione europea, e invitate la Commissione a studiare e a proporre misure pratiche per internalizzare il costo della perdita di biodiversità.
Stiamo già lavorando a tali questioni, e vorrei porre in evidenza una nuova iniziativa della Commissione e della Presidenza tedesca, che prevede di effettuare un’analisi economica dei costi della perdita di biodiversità simile al rapporto Stern sull’economia dei cambiamenti climatici. Credo che tale analisi potrebbe dimostrarsi un punto di svolta. Se diventassimo più consapevoli dei costi della nostra inerzia, potremmo concentrare il dibattito politico sulla necessità di azioni senza precedenti, volte ad arrestare la perdita di biodiversità.
In secondo luogo, vorrei mettere in evidenza le vostre opinioni sul tema della biodiversità e dei cambiamenti climatici. Voi avete sottolineato l’importanza di un approccio ecosistemico per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
In terzo luogo, riconoscete che il Piano d’azione è uno strumento essenziale per riunire le parti interessate, nell’ambito della Comunità e dei singoli Stati membri, al fine di rispettare gli impegni assunti per il 2010. E’ importante adesso vedere in che misura sarà effettivamente attuato il Piano d’azione.
In merito all’osservazione del relatore sulle specie esotiche, stiamo già lavorando in questo settore e, se individueremo lacune sul piano legislativo a livello comunitario, considereremo l’opportunità di avanzare proposte a tempo debito. In effetti, nel mio settore di competenza, sta per essere adottata una proposta di regolamento del Consiglio sull’uso di specie esotiche nell’acquacoltura.
Per quanto riguarda il finanziamento, nel 2004 la Commissione ha proposto che il futuro cofinanziamento comunitario per Natura 2000 dovesse essere integrato nei principali strumenti finanziari. Inoltre, sono stati previsti finanziamenti a favore della biodiversità dell’ambiente naturale in LIFE+, nei fondi comunitari per la cooperazione internazionale allo sviluppo e nel settimo programma quadro per la ricerca. Vorrei sottolineare però che, come si apprende dalla comunicazione, la decisione finanziaria del Consiglio europeo del dicembre 2005 influisce sui finanziamenti che possono essere erogati da questi strumenti. In essa si afferma chiaramente che gli Stati membri dovranno garantire finanziamenti adeguati anche mediante risorse proprie.
Quanto all’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità nell’Unione europea entro il 2010, sebbene tale data si stia avvicinando rapidamente, la realizzazione di tale obiettivo è possibile, a condizione che la fase attuativa proceda più velocemente a livello sia comunitario che dei singoli Stati membri.
In merito alla pesca, che è il settore di mia competenza, condivido pienamente l’opinione dell’onorevole Gklavakis: abbiamo bisogno di un’attività di pesca sostenibile, e dobbiamo lavorare in questa direzione sia nelle acque comunitarie che negli oceani e nelle acque internazionali. A questo proposito vorrei dire che gli obiettivi e le azioni a favore della biodiversità nell’ambito della politica della pesca, secondo quanto previsto dalla comunicazione, sono del tutto coerenti con la politica comune della pesca, e in massima parte sono già presenti nel nostro programma di lavoro per gli anni futuri. Posso citare alcuni esempi del contributo della politica comune della pesca alla protezione della biodiversità, per esempio i piani di ripristino per numerosi stock ittici, i limiti alla cattura e allo sforzo di pesca, la legislazione per proteggere i cetacei dalle catture accessorie e la tutela degli habitat, come la barriera corallina, nonché il regolamento del Mediterraneo che è stato adottato lo scorso anno e contiene importanti disposizioni per ridurre l’impatto della pesca sui fondali marini.
Altre misure sono previste. Potrei ricordare la comunicazione del marzo 2007, concernente la graduale riduzione delle catture accessorie e l’eliminazione dei rigetti nella pesca europea; questo documento comporta altresì l’adozione di un graduale divieto di rigetto per ciascun tipo di pesca e la fissazione di massimali per le catture accessorie.
Stiamo anche lavorando per estendere la rete di Natura 2000 alle aree marine in cooperazione con la DG Ambiente, e per combattere la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
Per quanto riguarda gli stock di anguille, intendo ritornare in Consiglio il prossimo giugno; questa volta dovremo adottare il regolamento senza indebolirlo ulteriormente.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì, 22 maggio.
Dichiarazioni scritte (Articolo 142 del Regolamento)
Gyula Hegyi (PSE), per iscritto. – (HU) Nessuno sa per certo quante forme di vita esistano sulla terra, ma è stato stimato che il numero di specie sia pari a circa venti o trenta milioni: noi ne conosciamo soltanto un milione e ottocentomila. Purtroppo, molte specie si sono estinte a causa della devastazione prodotta dalla civiltà prima che avessimo occasione di scoprirle. Nel secolo scorso, la perdita di biodiversità è stata la più alta mai registrata nella storia umana. Dagli studi condotti è emerso che ogni anno scompaiono dalla faccia della terra 140 000 specie. La responsabilità di tale scomparsa è inequivocabilmente attribuibile all’attività umana: distruzione delle foreste e delle acque, inquinamento atmosferico e del suolo. Secondo un recente rapporto, tra il 20 e il 30 per cento di tutte le specie vegetali e animali potrebbe estinguersi se l’innalzamento della temperatura globale superasse i 2,5 gradi centigradi.
E’ perciò essenziale che la Commissione europea proponga una strategia di lungo termine per arrestare davvero la perdita di biodiversità. A tal fine, è importante che i programmi di Natura 2000 – originariamente concepiti per proteggere la biodiversità – ricevano quanto prima finanziamenti diretti dalle casse dell’Unione europea. Anche in Ungheria, è essenziale che i proprietari di terreni, che adesso godono della protezione di Natura 2000, non restino delusi dall’Unione europea.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La biodiversità è ben più di una priorità, è una necessità vera e propria; dobbiamo agire rapidamente per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010.
L’Unione europea è la prima a porsi obiettivi concreti in questo campo; auguriamoci che essa sia d’esempio al resto del mondo. Sviluppo sostenibile e caccia sostenibile non sono solo termini alla moda; costituiscono in realtà il simbolo di un mutamento delle prassi industriali e produttive, e di una trasformazione nel mondo della caccia.
Notiamo tra parentesi che i cacciatori e le loro organizzazioni non hanno atteso che l’Unione europea, il Parlamento europeo e tanto meno questa relazione indicassero obblighi in termini di rispetto per le specie e per determinate zone; ciò è avvenuto piuttosto grazie alle fondazioni per la protezione degli habitat e della flora selvatica, che prendono iniziative concrete ormai da parecchi anni a questa parte.
Per tale motivo ritengo opportuno evitare di emettere condanne nei confronti della caccia, che va invece sostenuta negli sforzi che compie per promuovere una corretta gestione dell’ambiente.
Alla luce di queste considerazioni non posso che rammaricarmi per la formulazione dell’articolo 20, che fa ricadere sulla caccia una parziale responsabilità per il deterioramento della biodiversità, ignorando in tal modo l’esistenza della caccia sostenibile.
17. Strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0180/2007), presentata dall’onorevole Isler Béguin a nome della delegazione del Parlamento europeo al comitato di conciliazione, sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante lo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) [PE-CONS 3611/2007 – C6 0105/2007 – 2004/0218(COD)].
Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE), relatore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, siamo ormai giunti alla fine di un percorso che è stato particolarmente lungo e, al termine di questa procedura di conciliazione sullo strumento finanziario per l’ambiente, LIFE+, mi preme innanzi tutto ringraziare le relatrici ombra onorevoli Gutiérrez-Cortines, Ries e Lienemann. Ritengo che, senza di loro, la conciliazione non sarebbe stata coronata da successo, poiché, bisogna ricordarlo, se abbiamo conseguito risultati del tutto positivi, è perché abbiamo sostenuto una posizione forte a livello di Parlamento europeo e perché insieme abbiamo tenuto testa alla Commissione e al Consiglio su numerosi punti.
Desidero altresì ringraziare i servizi del Parlamento e la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Ringrazio parimenti la Commissione e il Commissario Dimas, in particolare. Gli auguro una pronta guarigione. So che non può essere tra noi stasera, ma lo ringrazio e ringrazio i suoi servizi che ci hanno aiutato a portare a buon fine la conciliazione. Ringrazio infine il Consiglio, anche se non è presente stasera. Penso che possiamo essere grati al Ministro Gabriel e ai rappresentanti del Consiglio che hanno consentito l’esito positivo della conciliazione; ricordo infatti che, in sede di conciliazione, talvolta si aveva l’impressione di avere di fronte i ministri delle finanze più che i ministri dell’ambiente. In realtà, in veste di europarlamentari, noi eravamo strenuamente favorevoli a un bilancio solido per i ministri dell’ambiente, mentre questi ultimi davano l’impressione di non volerlo veramente. Per chiudere il capitolo dei ringraziamenti, un grazie va all’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, che ha presieduto la delegazione del Parlamento in sede di conciliazione, e al presidente della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, onorevole Ouzký.
Se me lo permettete, desidero ripercorrere alcuni punti. Siamo alla terza lettura e quindi alla procedura di conciliazione. Vi ricordo che i lavori relativi alla relazione LIFE+ iniziarono parallelamente all’esame delle prospettive finanziarie, poiché, a nostro parere, un bilancio per LIFE+, all’interno del pacchetto finanziario per l’ambiente per i prossimi sette anni, non poteva essere definito al di fuori delle prospettive finanziarie. Per tale ragione abbiamo fatto pressioni alla commissione competente per le prospettive finanziarie, segnatamente all’onorevole Böge, poiché ritenevamo che il bilancio per l’ambiente per il prossimo settennato fosse eccessivamente esiguo e quindi andasse aumentato. Volevamo infatti incrementarlo al livello indicato dalla Commissione. In questo modo, integrando ad esempio la gestione di Natura 2000, avremmo dovuto aumentare il bilancio di LIFE+ di 21 miliardi di euro. Sapevamo molto bene che la cifra era enorme e che i mezzi a disposizione non avrebbero consentito un siffatto aumento, ma abbiamo scommesso su questa strategia per dimostrare che effettivamente nel bilancio dell’Unione europea non esisteva una linea specifica destinata a Natura 2000. Questa è stata la nostra strategia in prima lettura, che ha raccolto un consenso praticamente unanime.
Ovviamente, però, nella fase della posizione comune, non siamo stati veramente ascoltati. L’onorevole Böge, relatore per il bilancio, ci ha fatto un favore, accettando di stanziare 100 milioni di euro. Una simile cifra per LIFE+ è irrisoria, viste le esigenze che abbiamo, viste le esigenze di cui tanto parliamo dinanzi ai nostri concittadini: la lotta contro il cambiamento climatico, la lotta contro la perdita di biodiversità, la bonifica dei suoli, la bonifica dei fiumi, la lotta per salvare le falde freatiche, eccetera; ed è meglio che mi fermi qui.
Resta il fatto che quei 100 milioni di euro sono stati ovviamente graditi, poiché accettiamo tutto quanto ci viene offerto, ma con nostra grande sorpresa – ed è stato questo per noi il motivo di tanta irritazione –, dei 100 milioni concessi, 50 erano scomparsi, in quanto erano stati assegnati al bilancio generale. Per questo ci siamo fortemente irritati, ma ciò che ci ha irritato ancora di più è stata la ripartizione nella gestione del bilancio, che per noi come Parlamento europeo è assolutamente inammissibile.
Pensavamo, e tuttora pensiamo, che la protezione ambientale debba essere gestita a livello europeo: è una politica che segna un punto positivo per il Parlamento europeo, una politica positiva in cui i cittadini si riconoscono. Questa politica doveva pertanto rimanere a livello europeo e la strategia messa in atto dal Consiglio e dalla Commissione in seconda lettura assegnava l’80 per cento della gestione del bilancio agli Stati membri. Non potevamo accettare questo genere di rinazionalizzazione delle politiche europee.
Per tale ragione volevamo che il Consiglio accettasse che la gestione del bilancio per l’ambiente rimanesse a livello della Commissione. A mio avviso, abbiamo infatti riportato un netto successo, in quanto il Consiglio in sede di conciliazione ha accettato diversi punti: ha accettato che la gestione del bilancio comunitario sia centralizzata, ossia che si svolga a livello europeo, che la Commissione raddoppi le risorse per la gestione ambientale, che passeranno, in altre parole, dall’1 al 2 per cento, che il 50 per cento del bilancio sia destinato alla biodiversità e alla protezione ambientale e, infine, che il bilancio 2007 possa essere applicato da quest’anno e che le ONG ottengano risorse finanziarie a partire dall’anno in corso.
A mio giudizio abbiamo quindi compiuto un ottimo lavoro, signora Presidente, e rinnovo i miei ringraziamenti a tutti, al Consiglio e alla Commissione per averci consentito di portare a termine la procedura di conciliazione, la quale, mi pare di poter dire, si è orientata più secondo quanto aveva proposto il Parlamento, per il bene dei nostri concittadini, dal momento che siamo qui proprio per rappresentarli.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, prima di tutto, a nome del Commissario Dimas desidero esprimere un sincero apprezzamento alla delegazione parlamentare che ha preso parte all’incontro di conciliazione con il Consiglio il 27 marzo. In particolare desidero ringraziare l’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, che ha presieduto la delegazione del Parlamento, e la relatrice, onorevole Isler Béguin. In particolare, desidero esprimere un elogio alla relatrice per l’eccellente contributo che ha reso nell’arco dei negoziati nonché per la decisiva proposta di compromesso che ha avanzato nella serata dell’incontro di conciliazione, consentendoci di arrivare rapidamente a un accordo su LIFE+. Sono lieto che siamo riusciti a superare le difficoltà che ancora rimanevano e a giungere a un esito soddisfacente.
Come si propone ora, LIFE+ cofinanzierà progetti che concorreranno a migliorare l’ambiente in Europa. Rafforzerà il lavoro di rete, la comunicazione e la governance ambientale e favorirà la condivisione delle buone prassi in tutta l’Unione europea. Molti stanno attendendo il primo invito a presentare proposte nel quadro del nuovo programma che la Commissione intende pubblicare immediatamente dopo l’entrata in vigore del regolamento, all’inizio dell’autunno. La Commissione sostiene appieno il testo di conciliazione ed esorto il Parlamento ad appoggiare il buon esito conseguito dalla sua squadra negoziale.
Desidero altresì ringraziare la relatrice per le sue osservazioni. Ne ho preso nota.
Cristina Gutiérrez-Cortines, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signora Presidente, la procedura relativa al programma LIFE, sopratutto nella fase conclusiva della conciliazione, mette in luce la serie di contraddizioni cui assistiamo in Europa e la necessità che il Parlamento rimanga il rappresentante diretto dei cittadini.
Il programma LIFE è sempre stato un programma di riferimento: molte ONG, molti professionisti, molti comuni hanno imparato cosa sia la politica europea e hanno imparato a competere e a voler essere partecipi della politica ambientale grazie al programma LIFE.
Qualsiasi organismo, per quanto piccolo, è orgoglioso di partecipare a LIFE, ed è un orgoglio che si estende anche alle consulenze, ai funzionari che lavorano a questi progetti e alla società stessa.
Tuttavia, dinanzi alle contraddizioni alle quali stiamo ora assistendo, in cui, da un lato, siamo favorevoli all’aspetto intergovernativo e, dall’altro, vogliamo una Costituzione europea, alla fine della prima lettura è stato deciso che i fondi sarebbero stati gestiti dai governi attraverso le autorità nazionali.
Il Parlamento si è opposto, ritenendo che, se qualcosa funziona alla perfezione – come nel caso di LIFE – non è necessario apportare cambiamenti. Se già si produce un valore aggiunto europeo e se è stata creata un’immagine di eccellenza e di qualità, perché non mantenerli?
A seguito di una lunga battaglia siamo quindi approdati ad una situazione di parziale assegnazione dei fondi agli Stati membri, ma siamo altresì riusciti ad assicurare – e siamo riusciti a persuadere la Commissione e poi il Consiglio a convergere su questa proposta – in cui tutti i progetti hanno il diritto di essere esposti e valutati dalla Commissione ma dopo aver superato il filtro degli Stati membri. Voglio che questo messaggio sia messo chiaramente a verbale: i progetti hanno il diritto di essere valutati dalla Commissione.
Infine, grazie ai “progetti transnazionali”, per la prima volta i fiumi, i corsi d’acqua che attraversano più paesi, gli uccelli e la stessa atmosfera avranno un ambito di lavoro a livello internazionale.
Marie-Noëlle Lienemann, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora Presidente, innanzi tutto mi complimento con l’onorevole Isler Béguin, che ha profuso molta energia, competenza e talento per arrivare oggi a questa decisione molto positiva. Ringrazio anche le colleghe, relatrici ombra, poiché credo che sia stato possibile giungere a un risultato proprio grazie al fronte unito di tutti i gruppi di questa Assemblea e alla comprensione della Commissione.
Il segnale politico inviato dall’Assemblea è chiaro: propugniamo politiche ambientali dotate di bilanci, in quanto, se è importante che l’Europa emani norme e fissi obiettivi, è altrettanto importante che mobiliti i mezzi finanziari per poter agire a livello locale, per consentire altresì le innovazioni, gli scambi di esperienze e prassi nuove.
Il secondo messaggio è che noi difendiamo un principio comunitario, una logica europea, e non semplicemente un principio intergovernativo. Le politiche ambientali sono le politiche considerate le più legittime da tutti i membri dell’Unione europea, è loro riconosciuta questa dimensione comunitaria. Sarebbe stato stupido rinazionalizzare LIFE+ proprio quando i cittadini attendono una maggiore integrazione; non voglio riprendere le argomentazioni già esposte dai colleghi, i quali avevano ben sottolineato che, nonostante le proposte avanzate dagli Stati membri, l’arbitrato finale spettava chiaramente alla Commissione. A quel punto era fondamentale dotare la Commissione delle risorse necessarie per studiare le varie questioni e per stilare un resoconto delle innovazioni attraverso la comunicazione, gli scambi e le settimane di mobilitazione. Complimenti! Avete fatto bene a raddoppiare i fondi che così saranno assegnati alla Commissione! Complimenti anche per i progetti transnazionali.
E’ veramente importante che le prassi uniscano paesi diversi che hanno obiettivi comuni e che talvolta non vedono il legame che li unisce, ad esempio, nel campo della biodiversità, e che possono avere l’occasione, grazie a LIFE+, di mostrare le loro analogie nelle azioni che intraprendono e negli scambi di esperienze.
Infine, per concludere, signor Commissario, desidero esprimere un auspicio: vorrei che la Commissione onori l’impegno che si è assunta nei confronti della relatrice e faccia il punto sull’insieme dei fondi stanziati per Natura 2000, visto che è fondamentale che questa grande lotta per la biodiversità possa essere sostenuta a livello locale, tanto più che in molti casi sul campo si dubita ancora o non si è sempre consapevoli della posta in gioco. In ogni caso, complimenti per la conciliazione e per l’accordo finale, lunga vita a LIFE+!
Frédérique Ries, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signora Presidente, oggi le mie prime parole di ringraziamento vanno ovviamente alla nostra relatrice onorevole Isler Béguin, nonché alle colleghe relatrici ombra, le onorevoli Lienemann e Gutiérrez-Cortines, per i gruppi PSE e PPE-DE, con cui per due anni – anch’esse l’hanno ricordato – non abbiamo smesso di tentare di convincere la Commissione e soprattutto gli Stati membri in merito alla pertinenza di questa politica ambientale, che deve essere avviata e controllata da Bruxelles.
In proposito non nascondiamo la nostra soddisfazione oggi: l’esito della conciliazione, che lei ha brillantemente pubblicizzato il 27 marzo, signora Presidente, è ricco di molteplici informazioni. In politica si usa dire che le battaglie spesso si vincono in mezzo alle avversità. La delegazione del Parlamento europeo per LIFE+ dimostrerà che le lotte si possono vincere anche nell’unità, trascendendo le divisioni politiche, e nell’interesse generale dei cittadini, degli europei.
In secondo luogo, constato altresì che la Commissione non ha nulla da guadagnare se si limita a svolgere un ruolo comune laddove i Trattati le conferiscono competenze chiare, come nel campo della politica ambientale.
L’onorevole Isler Béguin ha già sintetizzato in maniera esemplare tutti i passi avanti compiuti nella conciliazione. Non voglio quindi tornare sull’argomento. Da parte mia, desidero rilevare quello che considero il successo comune più emblematico: ovviamente mi riferisco allo stanziamento di fondi specifici per Natura e per la biodiversità, che dovrebbe coprire almeno il 50 per cento delle spese di bilancio, delle risorse di bilancio operative. Era indispensabile rafforzare il finanziamento di Natura 2000, innanzi tutto perché si tratta di un programma che funziona. L’onorevole Gutiérrez-Cortines ha parlato dell’orgoglio dei destinatari dei finanziamenti. Per la regione di Bruxelles capitale, che conosco bene, si parla di un’area di non meno di 2 333 ettari, ossia il 14 per cento del territorio regionale; la famosa foresta di Soignes e la valle della Woluwe sono solo alcune delle località che rientrano nei siti protetti. A livello comunitario le cifre sono altrettanto eloquenti: Natura 2000 consta di oltre 25 000 siti, una rete che è presente in 16 capitali e che copre quasi il 20 per cento del territorio dell’Europa a 27.
Inoltre, come l’onorevole Adamou e altri hanno ricordato nel dibattito precedente, nel 2001 l’Unione europea a Göteborg si era impegnata ad arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010. A tre anni da questa scadenza siamo ben lungi dal risultato, tanto per usare un eufemismo.
Certamente il bilancio di LIFE+ può sembrare indecoroso, e lo é: 1,51 per cento del bilancio annuale dell’UE, ossia 1 894 miliardi di euro su un periodo di sette anni; continuo però a sperare che si creino convergenze in seno all’Unione, tra gli Stati membri, tra regioni e località per assicurare la continuità del finanziamento di Natura 2000. Mi auguro altresì che non ci dicano più che, con 308 miliardi di euro, ossia il bilancio combinato dei Fondi strutturali e dei Fondi di coesione, le risorse di bilancio sono insufficienti per proteggere l’ambiente. Si tratta né più né meno di una questione di priorità e di credibilità dinanzi ai cittadini d’Europa.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, intervenendo a nome del gruppo UEN nel dibattito sullo strumento di LIFE+, mi preme mettere in luce i seguenti punti. In primo luogo, lo strumento finanziario di LIFE+ per l’ambiente per il periodo 2007-2013 rappresenta la continuazione della maggior parte dei programmi già avviati dalla Direzione generale per l’ambiente, ad esempio il programma LIFE 3 sullo sviluppo sostenibile delle città e il programma sulle organizzazioni non governative.
In secondo luogo va apprezzato il fatto che nella procedura di conciliazione il Parlamento sia riuscito a convincere il Consiglio che la Commissione europea deve avere la responsabilità della gestione centrale del programma, come è sempre stato sinora.
In terzo luogo, è giusto precisare anche che la posizione del Parlamento è stata presa in considerazione e che i finanziamenti per l’attuazione dello strumento sono stati aumentati di 40 milioni di euro.
In quarto luogo anche il Consiglio ha tenuto conto della posizione del Parlamento, in quanto almeno il 50 per cento delle risorse di bilancio di LIFE+ sarà destinato a progetti per la protezione ambientale e la biodiversità.
In quinto luogo è stato altresì deciso congiuntamente che almeno il 15 per cento del bilancio di LIFE+ sarà destinato a progetti transnazionali.
Visto che la maggior parte dei principali emendamenti del Parlamento è stata accettata in sede di conciliazione, il gruppo UEN voterà a favore della relazione. Per concludere, mi congratulo con la relatrice e con tutti coloro che hanno contribuito così efficacemente alla riuscita della procedura di conciliazione.
Edite Estrela (PSE). – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto desidero porgere le mie congratulazioni a tutti coloro che hanno preso parte alla procedura di conciliazione su LIFE+, conseguendo un accordo che giudico molto positivo, poiché il Parlamento è riuscito ad assicurare un incremento significativo di 40 milioni di euro in relazione alla posizione comune del Consiglio. E’ una situazione in cui tutti escono vincitori, soprattutto l’ambiente europeo.
Tra le misure eleggibili per LIFE+ desidero mettere in luce il monitoraggio delle foreste, le azioni di informazione e di comunicazione e, soprattutto, le campagne di sensibilizzazione nonché la formazione per gli agenti impiegati nelle iniziative di prevenzione degli incendi boschivi. Queste misure sedano le nostre preoccupazioni, come indicato nella relazione d’iniziativa della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sulle catastrofi naturali, per cui sono stata relatrice.
Un altro aspetto molto importante è la garanzia che almeno il 50 per cento delle risorse di bilancio di LIFE+ siano usate per finanziare progetti a sostegno della conservazione della natura e della biodiversità. Nella sua posizione comune il Consiglio aveva proposto solamente il 40 per cento, una quota che è palesemente inadeguata in vista del fabbisogno di finanziamento della rete di Natura 2000 e dell’attuazione della direttiva sugli habitat.
Leopold Józef Rutowicz (UEN). – (PL) Signora Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Isler Béguin per la relazione sullo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+).
Il comitato di conciliazione ha approvato il testo del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio. Tale normativa costituisce un solido strumento finanziario ed è volta a promuovere gli interessi dell’ambiente negli Stati membri dell’Unione europea. I fondi saranno principalmente usati per limitare i cambiamenti dovuti all’effetto serra come i fenomeni di siccità e le alluvioni e che sono deleteri per i boschi, per la natura e per la biodiversità.
La direttiva giustamente precisa che tali fondi non potranno essere usati per finanziare spese amministrative non direttamente connesse all’attuazione di azioni LIFE+. Il monitoraggio della spesa effettuata mediante LIFE+ da parte del Parlamento europeo garantirà che i fondi siano impiegati correttamente nei settori più appropriati. Un monitoraggio continuo è essenziale visto l’ampio spettro di azioni contemplate e le limitate risorse disponibili. L’attuazione di tutti i progetti apporterà valore aggiunto all’Unione europea. Anche le risorse per questo programma dovranno essere incrementate qualora si dovessero verificare circostanze favorevoli.
Se il regolamento sarà attuato correttamente, credo che le risorse di LIFE+ consentiranno l’attuazione delle azioni previste. Desidero ringraziare tutti coloro che si sono adoperati in maniera così efficiente in seno al comitato di conciliazione.
Karin Scheele (PSE). – (DE) Signora Presidente, domani in sede di terza e ultima lettura adotteremo il regolamento sullo strumento finanziario per l’ambiente LIFE+ e desidero quindi porgere le mie congratulazioni all’onorevole Isler Béguin per l’esito della conciliazione nell’ambito del processo legislativo complessivo e ringraziarla per la sua dedizione, resa tanto più necessaria dalle difficili posizioni assunte nel corso di tutta la procedura legislativa.
LIFE+ si prefigge come obiettivi generali l’attuazione, l’aggiornamento e l’ulteriore sviluppo delle politiche e del diritto ambientali dell’Unione. A tale scopo servono fondi, ed è proprio questo il punto dolente; l’argomento al centro delle polemiche più infuocate è stato il livello dei finanziamenti necessari e soprattutto il livello dei fondi da gestire. Non abbiamo conseguito tutti i risultati sperati attraverso la procedura di conciliazione, ma siamo riusciti a ottenere un aumento di 40 milioni di euro, nonché a garantire il mantenimento di un sistema di gestione centralizzata, in quanto gli Stati membri volevano gestire direttamente l’80 per cento dei fondi, ma dobbiamo assicurarci che anche in futuro tale politica continui a essere comunitaria.
Nell’ambito del regolamento LIFE+, gli unici progetti finanziati saranno quelli in cui vengono enfatizzate prassi esemplari o in cui si conducono dimostrazioni sulla gestione dei siti Natura 2000; per tale ragione è necessario che siano garantiti finanziamenti adeguati per la gestione delle reti Natura 2000 e spetta alla Commissione e agli Stati membri assolvere a questo compito.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 22 maggio.
18. Standard di qualità ambientale nel settore delle acque (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulla relazione presentata dall’on. Anne Laperrouze, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque e recante modifica della direttiva 2000/60/CE [COM(2006)0397 – C6-0243/2006 – 2006/0129(COD)] (A6-0125/2007).
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, sono lieto di aprire questo dibattito sulla proposta relativa agli standard di qualità nel campo della politica sulle acque, che funge da complemento alla direttiva quadro sulle acque, la colonna portante della protezione delle acque nell’Unione europea. Desidero ringraziare la relatrice, onorevole Laperrouze, e la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per i considerevoli sforzi profusi. Desidero altresì ringraziare la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e la commissione per la pesca, e in particolare i relatori e le relatrici per parere, rispettivamente gli onorevoli Rübig, Bourzai e Corbey, per il loro contributo molto costruttivo e di sostegno in questa importante questione.
La protezione dei fiumi, dei laghi, dell’ambiente costiero e marino dall’inquinamento provocato da sostanze pericolose rappresenta una priorità chiave per la Commissione. Dagli anni ’70, quando la Comunità intraprese la prima azione decisiva, abbiamo compiuto progressi significativi. Tuttavia, se abbiamo risolto alcuni dei problemi dovuti all’inquinamento, ne sono emersi altri. Il cocktail chimico nelle nostre acque è divenuto più complesso e le fonti di inquinamento non si concentrano più solamente in un punto, ma sono diffuse e molteplici. Non abbiamo mai avuto il tempo di cullarci nei nostri successi.
Per affrontare i problemi di inquinamento provocati da queste sostanze pericolose, la Commissione ha proposto o adottato oltre 30 atti comunitari da quando è stata varata la direttiva quadro sulle acque. Non ho il tempo di elencarli tutti, ma vorrei metterne in luce alcuni in via esemplificativa.
In primo luogo, la Commissione ha vietato o limitato la commercializzazione e l’impiego di 16 tra le sostanze prioritarie indicate nella direttiva quadro. Saranno presto varate altre decisioni su taluni pesticidi, biocidi e altre sostanze chimiche. In secondo luogo, l’accordo storico su REACH, la nuova politica UE in materia di sostanze chimiche, prevede l’autorizzazione per le sostanze più pericolose e una riduzione dei rischi per tutte le altre sostanze disciplinate dalla direttiva quadro sulle acque.
In sintesi, sottolineo nuovamente che anche in futuro la Commissione si impegna a fornire gli strumenti necessari per il controllo delle emissioni laddove possono rendere più efficace e proporzionata l’azione volta a risolvere il problema dell’inquinamento causato da sostanze prioritarie. Nel contempo mi impegno a dare attuazione ai principi sanciti nell’iniziativa per il miglioramento della legislazione e a presentare proposte aggiuntive solo laddove è dimostrabile che l’Unione sia il livello più appropriato in cui agire.
Passo ora alla proposta di direttiva della Commissione sugli standard di qualità in tema di sostanze prioritarie. L’obiettivo della proposta è di fissare criteri armonizzati e trasparenti per determinare il buono stato chimico delle acque di superficie, obiettivo che deve essere realizzato entro il 2015. Pertanto la parte più importante della proposta è l’allegato I: gli standard di qualità che devono essere rispettati in tutti i fiumi, laghi e acque costiere e territoriali.
Come sapete, per le acque marine la proposta di direttiva sulla strategia marina sarà volta ad assicurare lo stesso livello di tutela in relazione all’inquinamento da sostanze pericolose laddove non si applichi la direttiva quadro sulle acque. Sottolineo che i valori proposti per gli standard di qualità già rispecchiano il rischio cui tali sostanze possono esporre gli ecosistemi marini. Inoltre la proposta identifica altre due sostanze prioritarie pericolose e abroga diverse direttive varate tra il 1982 e il 1990.
Tuttavia, per i motivi che ho esposto poc’anzi, la proposta non include misure supplementari per i controlli delle emissioni. La Commissione ritiene che i controlli sulle emissioni siano già adeguatamente disciplinati dalla legislazione comunitaria vigente, come la direttiva sulla prevenzione e il controllo integrati dell’inquinamento.
In conclusione, desidero enfatizzare che condividiamo l’obiettivo di realizzare un livello elevato di protezione dell’ambiente marino. La Commissione ha pubblicato la sua prima relazione sull’attuazione della direttiva quadro sulle acque il 22 marzo 2007, la giornata mondiale dell’acqua. La relazione ha indicato che, nonostante i progressi riportati, c’è ancora molto da fare, in particolare da parte degli Stati membri, se vogliamo realizzare una gestione sostenibile delle acque, attuando con successo la direttiva.
L’attuale proposta segna un altro passo in questa direzione, e mi impegno a lavorare con il Parlamento europeo e con gli Stati membri per centrare gli obiettivi che insieme ci siamo prefissi nel 2000. Tuttavia, sono ancora molti i passi che rimangono da compiere, e chiedo il vostro sostegno in questo processo.
Anne Laperrouze (ALDE), relatore. – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, lei ha appena ricordato che l’inquinamento chimico delle acque di superficie è una minaccia per l’ambiente acquatico, per l’ecosistema e quindi per la sicurezza dell’uomo. In effetti, lei ha detto che l’obiettivo di questa direttiva, figlia della direttiva quadro sulle acque, è quello di lottare contro la diffusione delle sostanze tossiche nelle acque di superficie. A tal fine sarà istituito un inventario delle emissioni, degli scarichi e delle perdite, finalizzato a verificare il conseguimento degli obiettivi di riduzione o di progressivo azzeramento degli scarichi e delle perdite di sostanze inquinanti in conformità dell’articolo 13, paragrafo 7 della direttiva quadro; la scadenza per mettere fine a determinate forme di inquinamento è il 2025. Di fatto questa direttiva comporterà l’abrogazione di direttive preesistenti che sono elencate nell’allegato IX della direttiva quadro.
Di conseguenza, la direttiva fissa i limiti di concentrazione nelle acque di superficie di alcuni tipi di pesticidi, metalli pesanti e altre sostanze chimiche pericolose per la fauna e la flora acquatiche e per la salute umana. Gli studi d’impatto condotti dalla Commissione hanno portato a definire, per le normative di qualità ambientale, livelli calcolati sulla base di una media annuale per garantire una certa protezione contro le esposizioni a lungo termine e sulla base di una concentrazione massima ammissibile per la protezione contro l’esposizione a breve termine. Taluni valori di SQA sono tuttavia ancora oggetto di dibattito, segnatamente per il benzene e il cadmio, l’esaclorobenzene e l’esaclorobutadiene, il mercurio, il nichel, il piombo come pure per gli idrocarburi policiclici aromatici, in quanto alcuni studi d’impatto non si sono ancora conclusi, cosa che, nonostante tutto, ci ha penalizzati nei nostri dibattiti.
Gli emendamenti proposti dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare sono frutto della volontà di stabilire metodi comuni per garantire un livello di protezione adeguato e per scongiurare distorsioni della concorrenza tra Stati membri. Ci siamo altresì interrogati sulla possibilità di autorizzare aree transitorie di superamento. In effetti, sopprimendo questo paragrafo, ci troveremmo in una posizione migliore? Ciò che conta in realtà è l’area d’analisi. Se non definiamo aree transitorie, forse potrebbero innescarsi effetti perversi, ossia la possibilità di evitare controlli in tali zone e quindi avere una visione erronea dell’effettivo svolgimento dei fatti.
Abbiamo pertanto proposto di lasciare agli Stati membri l’opzione di definire le aree transitorie, ma con l’obbligo di ridurle affinché nel lungo periodo siano osservati gli standard di qualità ambientale. Abbiamo altresì sollevato il caso specifico delle aree portuali in cui, per la confluenza di diverse masse di acqua provocata dal dragaggio dei fiumi e degli estuari, gli standard di qualità o i metodi di analisi appaiono inadeguati. Abbiamo discusso a lungo della possibilità di aggiungere delle sostanze altamente tossiche all’elenco di sostanze inizialmente proposto dalla Commissione. Alla fine siamo giunti a un compromesso. Chiediamo che la Commissione compia un’analisi di queste nuove sostanze elencate e che si pronunci sulla loro definitiva classificazione come sostanze prioritarie o come sostanze pericolose prioritarie entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente direttiva.
In nostro compromesso verte sulle nuove misure di controllo delle emissioni, sul quale poniamo l’accento. Quando la Commissione, infatti, invoca l’esistenza di altre disposizioni legislative sulle sostanze chimiche inquinanti, come REACH, IPPC o la direttiva sui pesticidi, chiediamo che essa proceda a una valutazione completa della coerenza e dell’efficacia di tutti gli atti legislativi esistenti e suscettibili di avere un’incidenza sulla qualità dell’acqua e, se necessario, di adattarli o di proporne di nuovi.
In conclusione, tengo a ringraziare i rappresentanti della Commissione e i diversi interlocutori che mi hanno aiutato nella stesura della relazione e, ovviamente, i colleghi relatori per parere, per la qualità della loro collaborazione in una materia molto tecnica. Devo dire che è stato un piacere lavorare con loro.
Adesso, onorevoli colleghi, mi rivolgo a voi per chiedervi di sostenere questa relazione in modo da avere un testo che consenta di controllare l’efficacia della legislazione europea applicabile in campo ambientale, ossia che consenta di sapere se, alla scadenza del 2025, saremo riusciti ad eliminare i residui di sostanze altamente tossiche per l’uomo e per l’ambiente.
Paul Rübig (PPE-DE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei ringraziare l’onorevole Laperrouze per la sua eccezionale cooperazione su una materia tecnica e difficile, ma che riveste una grande importanza per l’Europa a 27, poiché gli sforzi profusi verso l’armonizzazione servono anche per prevenire le distorsioni della concorrenza in Europa.
Per come vanno le cose in ambito tecnico, però, vi sono anche procedure di approvazione e carichi amministrativi che devono essere sottoposti a revisione costante alla luce della necessità di migliorare la legislazione, come previsto dall’obiettivo attuale di tagliare del 25 per cento le normative amministrative in Europa. Credo che le considerazioni fondate su una governance migliore rendano necessario fissare le giuste priorità, poiché, soprattutto per le piccole e medie imprese, le normative tecniche e le revisioni non implicano sempre e solamente dei costi, ma comportano altresì pesanti carichi amministrativi.
Per tale ragione chiedo alla Commissione di continuare a rivedere la praticabilità tecnica di queste norme, di tenerle aggiornate e ovviamente di tenere sotto controllo i costi in relazione alla loro proporzionalità. Questo fattore rivestirà un’importanza fondamentale nell’arco del tempo, tenendo conto anche delle varie fasi previste.
E questo mi porta all’obiettivo del divieto assoluto di provocare un ulteriore deterioramento, che in pratica può innescare numerosi problemi per l’industria e per l’agricoltura. Sappiamo tutti che, in ambito idrico, le alluvioni si alternano in rapida successione a periodi di siccità. Se fosse introdotto un divieto assoluto sul deterioramento, queste norme creerebbero problemi enormi per l’agricoltura e l’industria nel breve termine.
Robert Sturdy, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, anch’io desidero esprimere le mie congratulazioni all’onorevole Laperrouze. Siamo partiti molto bene e abbiamo lavorato bene insieme in tutto l’arco della procedura. Fin dall’inizio abbiamo messo al primo posto la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Credo fosse particolarmente importante.
La direttiva proposta fissa i limiti di concentrazione nelle acque di superficie di una serie di sostanze, compresi alcuni pesticidi, metalli pesanti e altre sostanze chimiche pericolose, oltre alle sostanze già citate dalla relatrice. Queste sostanze pongono rischi particolari sia alla salute umana che alla flora e alla fauna – soprattutto per l’ambiente acquatico – e quindi la presente normativa s’incastra alla perfezione, come l’ultimo tassello del mosaico, nell’ambito della direttiva quadro sulle acque.
E’ importante che l’inquinamento sia messo sotto controllo e che vi sia coerenza con la direttiva quadro sulle acque. La Commissione deve stabilire metodi comuni per garantire un livello adeguato di protezione, scongiurando al contempo distorsioni alla concorrenza. Gli emendamenti proposti in plenaria in merito al voto sull’SQA sono stati concepiti per rendere il testo meno confuso, più valido e più facile da attuare. La proposta di inserire due nuovi considerando mira a garantire coerenza con le disposizioni della direttiva quadro sulle acque in materia di sostanze prioritarie. Attualmente non esiste alcun consenso sulle misure da assumere, sempre come ha indicato l’onorevole Laperrouze, sui sedimenti e sul biota, e finché non avremo dati scientifici per fissarne i livelli, dobbiamo prestare grande attenzione al riguardo. Invece di fissare i livelli adesso per gli Stati membri, dovremmo monitorare la concentrazione delle sostanze nei sedimenti e nel biota per conseguire uno standard quadro.
L’obiettivo di questa proposta consiste nel proteggere l’ambiente e la salute umana. Si tratta di un obiettivo molto importante, ma è importante altresì che tutti gli elementi della direttiva quadro sulle acque siano fattibili e realistici. In questo senso occorre mantenere i costi a livelli ragionevoli e tenere a mente che gli obiettivi non possono essere conseguiti senza la necessaria capacità tecnica.
Rinnovo i miei ringraziamenti alla relatrice.
Marie-Noëlle Lienemann, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ci troviamo dinanzi a una direttiva molto importante, figlia della direttiva quadro sulle acque.
Ricordo che la direttiva quadro prevede, entro il 2015, il ripristino del buono stato ecologico delle acque di superficie e delle acque dolci nell’Unione europea, e devo dire, signor Commissario, che la lentezza dell’attuazione ci preoccupa molto. Non vi è dubbio, tuttavia, che era fondamentale definire un quadro per vietare le sostanze prioritarie e le sostanze prioritarie pericolose – alcune delle quali devono scomparire – ed emanare le relative norme.
All’inizio la direttiva quadro prevedeva una coerenza completa con le convenzioni internazionali sul mare, segnatamente la convenzione OSPAR. Tale convenzione contiene un elenco di sostanze destinate ad essere progressivamente eliminate, e per il mio gruppo è fondamentale integrare sistematicamente all’elenco delle sostanze prioritarie pericolose della direttiva le sostanze che figurano nella convenzione OSPAR. Tuttavia, nella ricerca di un compromesso, il gruppo socialista ha accolto la proposta della relatrice, onorevole Laperrouze – cui rendo omaggio per la qualità del lavoro e per l’impegno personale – e ha ritirato il proprio emendamento. In ogni caso, il gruppo socialista veglierà affinché, una volta terminato il lavoro degli esperti e gli studi d’impatto, la Commissione si adoperi effettivamente per raggiungere il massimo livello di protezione, poiché, come sapete, non solo ne va della qualità delle nostre acque, ma anche della qualità dei nostri mari e dei nostri oceani, come pure ne va della coerenza con la proposta di direttiva “Strategia per l’ambiente marino” che abbiamo esaminato in prima lettura.
Per il resto approviamo pienamente le proposte che hanno avuto il sostegno della commissione per l’ambiente, che desidero riassumere. In primo luogo, vi saranno metodi di misurazione identici in tutta l’Unione europea, che d’altra parte saranno più comodi per gli Stati membri e più chiari per i cittadini. In secondo luogo, vi saranno aree transitorie, ma con una data di scadenza fissata o, in ogni caso, quella proposta in prima lettura, se non sbaglio, per il 2008. In terzo luogo, infine, vi è un punto importante, ossia garantire progressivamente la coerenza piena e completa delle nostre disposizioni legislative, visto che spesso ci viene mossa la critica di sommare idee diverse in modo disordinato; l’arbitrato finale, inoltre, dev’essere chiaro per gli europei.
Henrik Lax, a nome del gruppo ALDE. – (SV) L’ambiente rientra tra le principali priorità dell’UE e sono necessarie misure drastiche se vogliamo riuscire a creare un futuro sostenibile da un punto di vista ambientale. Il Baltico è un’area che disperatamente necessita di norme ambientali più severe affinché possa ricostituirsi e sopravvivere. Desidero quindi richiamare l’attenzione dell’Assemblea su alcuni aspetti della proposta della Commissione sugli standard di qualità ambientale che dobbiamo tenere presenti. La proposta della Commissione contrasta con le raccomandazioni delle organizzazioni internazionali, come la Commissione di Helsinki, ad esempio, su temi quali il DEHP. Oltretutto è contraddittorio che, ai sensi della direttiva quadro sulle acque, la Commissione debba controllare che gli Stati membri adempiano ai propri obblighi di ridurre le emissioni entro e non oltre il 2015, mentre, nella nuova proposta la scadenza è stata portata al 2025. Inoltre è stato proposto un nuovo articolo che consentirebbe la definizione delle cosiddette aree transitorie in cui possono essere superati i livelli standard delle sostanze pericolose per l’ambiente. La Commissione non fornisce alcuna spiegazione soddisfacente sul motivo per cui debbano essere create siffatte aree transitorie. In questo modo, la nostra legislazione ambientale sarebbe gravemente pregiudicata. Occorrono serie di normative comuni, severe e chiare, se vogliamo sbarazzarci dei veleni presenti nelle nostre acque. E’ un punto su cui non si deve scendere a compromessi o prevedere rinvii a tempo indeterminato.
Margrete Auken, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DA) Signora Presidente, nel 1995 i paesi che si affacciano sul Mar Baltico hanno deciso di mettere fine agli scarichi di una serie di sostanze tra le più pericolose entro i successivi 25 anni. L’obiettivo è sancito dalla convenzione OSPAR e nella Convenzione di Barcellona rivista. Anche in Parlamento abbiamo adottato questo principio nella direttiva quadro sulle acque, pur non fissando alcuna scadenza. La Commissione, però, ha poi palesemente messo la questione nel dimenticatoio. E’ trascorso molto tempo – non due anni, come era stato convenuto, ma quattro anni e mezzo – prima che la Commissione presentasse la proposta. Inoltre l’elenco di sostanze pericolose era decisamente troppo succinto. Le ambizioni circa l’ambiente idrico sono venute meno. E’ un fatto negativo, non solo per le acque, ma anche per la reputazione dell’UE. L’ambiente idrico è oggetto di preoccupazione per i popoli europei e noi nell’UE dobbiamo soddisfare le aspettative del pubblico. Non dobbiamo rinnegare le promesse che abbiamo enunciato a chiare lettere in così tante occasioni.
Fortunatamente la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare si è allineata pienamente alla proposta della Commissione. Abbiamo un debito di gratitudine verso l’onorevole Laperrouze per il lavoro che ha svolto tra i presidenti di gruppo e per il raggiungimento di importanti compromessi. La commissione ha successivamente adottato una serie di miglioramenti alla proposta della Commissione, quindi ora abbiamo un risultato splendido. Come al solito, abbiamo subito considerevoli pressioni dalle industrie reazionarie che si rifiutano di modernizzare i propri metodi di produzione. Nel voto di domani il Parlamento europeo sarà chiamato a garantire che l’UE possa conseguire gli obiettivi della convenzione OSPAR e della direttiva quadro sulle acque. Non dobbiamo cedere all’industria obsoleta che inquina. Abbiamo invece il dovere, nei confronti del nostro ambiente, della nostra salute e dei nostri figli, di agire con fermezza.
Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, prima di tutto desidero ringraziare la relatrice, onorevole Laperrouze, per il lavoro che ha svolto. Desidero però esprimere due considerazioni.
Il mio primo commento verte sui casi in cui il rispetto delle norme di qualità ambientale in un dato Stato membro sia tecnicamente impossibile o provochi costi sproporzionati sia sul piano economico che sociale. Vorrei quindi che fosse introdotta una deroga per questi casi, come quella prevista all’articolo 4 della direttiva quadro sulle acque.
Il mio secondo commento riguarda l’inventario delle perdite. I trasporti e l’azione delle maree, ad esempio, provocano il rilascio di sostanze inquinanti dai sedimenti. Tali sostanze erano state depositate precedentemente e non devono pertanto rientrare nella categoria delle perdite, visto che il deposito è pregresso.
Per apportare siffatti cambiamenti il gruppo IND/DEM ha presentato due emendamenti, gli emendamenti nn. 66 e 67, che confido vorrete sostenere.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Desidero porgere le mie congratulazioni alla relatrice, onorevole Laperrouze, per la relazione sulla politica in materia di acque. Il documento oggi in discussione è strettamente connesso ad un altro, di cui sono relatrice, ossia la relazione sulla strategia tematica sull’uso sostenibile dei pesticidi.
Tutte le otto sostanze elencate nel gruppo degli altri agenti inquinanti sono pesticidi, come pure la maggior parte delle sostanze nel gruppo delle sostanze inquinanti prioritarie. L’inquinamento delle acque europee ad opera dei pesticidi e di altre sostanze chimiche rappresenta un grave problema. Pertanto è necessario affrontare i problemi delle acque di superficie e dei pesticidi a livello comunitario invece che a livello di singoli Stati membri. Accolgo quindi con grande favore l’introduzione di standard europei di qualità ambientale, che saranno vincolanti per tutti i 27 Stati membri.
Nella mia relazione affronto, tra l’altro, anche la protezione ambientale dell’acqua. Tra le misure proposte recentemente per intensificare la prevenzione si prevede la creazione di aree protettive di almeno dieci metri lungo i corsi d’acqua e il divieto della diffusione aerea tramite spray dei pesticidi, tra cui il divieto di usare diversi pesticidi nei pressi di corsi d’acqua e restrizioni quantitative sul loro impiego. Convengo con la proposta della relatrice di riclassificare come sostanze prioritarie pericolose le otto sostanze che attualmente rientrano nel novero delle sostanze prioritarie.
Tuttavia le tematiche che afferiscono alle acque non sono meramente un problema dell’Unione europea e quindi è importante anche la cooperazione con i paesi terzi. L’attuazione di queste misure nell’UE sarà inefficace fintantoché negli Stati membri continueranno a confluire acque inquinate provenienti da paesi terzi. Inoltre alcune regioni della Slovacchia orientale, che sono tra le aree più povere del paese, hanno un approvvigionamento idrico inadeguato. L’acqua potabile viene preparata mediante il trattamento dell’acqua di superficie anziché provenire dalle falde freatiche. Queste regioni della Slovacchia talvolta si trovano dinanzi a problemi di base, in quanto i sistemi fognari sono inadeguati o persino inesistenti in alcune zone. E’ quindi comprensibile che questa parte del paese si caratterizzi per un’incidenza elevata di malattie gastrointestinali. Di conseguenza, si registra una spesa elevata per il trattamento e la vaccinazione. Dobbiamo prevenire siffatti problemi, assicurando la disponibilità di acqua potabile sicura.
Investire nella qualità delle acque di superficie equivale ad investire nella salute. La Slovacchia usa solamente il 25 per cento dei Fondi strutturali disponibili per scopi ambientali. Questa percentuale è sorprendentemente bassa. Propongo quindi di innalzarla.
Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) La direttiva oggi in discussione colma una lacuna ed è straordinariamente attuale, come si evince soprattutto dal fatto che da ormai sei anni infuria una polemica tra due Stati membri proprio a causa della mancanza di una simile normativa.
Nel cuore dell’Unione europea le relazioni tra Austria e Ungheria si stanno deteriorando in misura crescente, in quanto tre concerie austriache immettono le acque di scarico in un fiume alla frontiera tra i due paesi. Nonostante la schiuma che galleggia lungo il fiume, le autorità austriache continuano impassibilmente a difendersi, affermando che le norme europee consentono che ciò avvenga. Esse sostengono che tutti gli impianti rispettano i valori limite degli scarichi, ossia delle emissioni. Tuttavia, tacciono spudoratamente sugli effetti degli scarichi che ammontano a diverse tonnellate di acque di scolo industriale che si riversano quotidianamente nel fiume, il quale ha una portata molto limitata.
Questa direttiva finalmente tiene conto della portata dei corsi d’acqua naturali e oltretutto è previsto il divieto di 70 sostanze pericolose, inclusi pesticidi, detergenti e solventi nonché metalli pesanti. Queste sostanze mettono a repentaglio la sostenibilità dell’ecosistema e la salute umana.
Gli emendamenti che ho proposto, che indicano tra le sostanze pericolose il naftaline sulfonato prodotto dagli impianti austriaci cui ho accennato, hanno ricevuto il sostegno di una larga maggioranza della commissione. Per tale ragione confido che il Parlamento adotterà un regolamento severo nel voto di domani. Chiedo ai colleghi di sostenere gli emendamenti che ho presentato insieme a quelli della Commissione, invitando tutti ad adoperarsi a livello politico per proteggere le acque naturali dal pericolo di diventare fogne industriali. Inoltre, ritengo eccessiva la tempistica, in base alla quale la direttiva entrerà in vigore nel 2015, vietando l’immissione diretta di scarichi o di sostanze inquinanti nelle acque di superficie entro il 2025.
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Signora Presidente, accolgo con favore questa relazione sugli standard di qualità ambientali nel campo della politica sulle acque. Tuttavia, ritengo che tale politica non sia sufficientemente completa rispetto ai problemi legati al sistema di approvvigionamento idrico in Irlanda.
In Irlanda buona parte dell’acqua potabile è acqua di superficie; pressoché il 25 per cento dell’approvvigionamento idrico del paese è a rischio di contaminazione da parassiti cryptosporidium. Nel 2005 è stato evidenziato l’elevatissimo rischio cui era esposto l’approvvigionamento idrico di Galway, e nelle case non è possibile usare l’acqua. Vi sono state epidemie di malattie gastrointestinali sia in città che nella contea di Galway.
Un altro fattore che contribuisce ad esacerbare il problema dell’acqua in Irlanda è l’apporto di scarichi provenienti da impianti quali Aughinish Alumina nella contea di Limerick, che è una grande fonte di inquinamento a livello locale e nelle aree circostanti: i depositi tossici di fango rosso, infatti, penetrano nella rete idrica. In Irlanda si aggiunge acido idrofluorosilicico all’acqua potabile come cosiddetto prodotto medicinale per prevenire la carie. E’ però illegale somministrare forzatamente dei farmaci alla popolazione usando questa sostanza peraltro tossica e pericolosa, che provoca un aumento delle malattie ossee. L’acqua rientra tra i diritti umani elementari, è una necessità. Speriamo che questa direttiva garantisca acqua di qualità elevata per gli irlandesi.
Christa Klaß (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, sono lieta che finalmente ci apprestiamo a deliberare sull’ultima normativa fondante e necessaria per una politica europea complessiva sulla fornitura idrica e per l’attuazione della direttiva quadro sulle acque. E’ meglio creare subito un assetto corretto, invece di dover intervenire in seguito per porre rimedio alle lacune, e questo è specialmente vero nel caso dell’acqua, di cui abbiamo bisogno per la nostra stessa sopravvivenza.
La direttiva quadro sulle acque prevede che l’elenco prioritario delle sostanze sia rivisto regolarmente e aggiornato a seconda delle conoscenze scientifiche correnti, quindi l’elenco che stiamo stilando non è né statico né definitivo, ma rientra in un processo dinamico che deve prevedere la possibilità di far spazio a nuove conoscenze e a nuove sostanze, sostanze che vengono sviluppate e poi usate, come dimostrano i molti esempi citati oggi dai colleghi.
Non possiamo sempre elencare e tenere conto di tutti gli effetti di una sostanza; ad esempio, quando la pillola anticoncezionale fu lanciata sul mercato negli anni ’60, dapprima fu salutata come un trionfo rivoluzionario e solo più tardi emerse che le sostanze ormonali si stavano depositando nelle acque. Pertanto è necessaria un’osservazione continua, ed è questa la nostra idea dell’elenco delle sostanze all’Allegato II, in cui, mediante un compromesso, la relatrice ha inserito le sostanze che gli Stati membri hanno ritenuto praticamente o potenzialmente pericolose. Ora tocca alla Commissione valutare che cosa bisogna fare di queste sostanze per poi presentare le relative proposte dinanzi al Parlamento.
L’elenco deve essere considerato semplicemente come un elenco di sostanze da esaminare; non costituisce una categorizzazione e nemmeno una prevalutazione, e non pretende neanche di essere esaustivo. Tutte le sostanze devono essere valutate scientificamente e, se emerge che devono essere catalogate come pericolose, si deve procedere immediatamente. Una buona politica europea in materia di acque, se vuole assicurare la protezione delle persone, deve tener conto delle ultime conoscenze scientifiche e delle valutazioni.
Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, anch’io desidero ringraziare la relatrice, onorevole Laperrouze, per la straordinaria relazione. Se è assolutamente fondamentale che il Parlamento vari per tempo la direttiva, che funge da complemento alla direttiva quadro sulle acque, è altrettanto importante, come ha affermato la relatrice, che l’inquinamento sia contrastato alla fonte e al punto di origine e che le diverse fonti di inquinamento siano affrontate applicando gli stessi metodi, garantendo al contempo che non intervengano distorsioni della concorrenza e che vi sia una buona qualità dell’acqua in tutta l’UE.
Desidero esprimere alcune osservazioni su un paio di emendamenti che ritengo molto importanti. In particolare, il divieto sul deterioramento, già menzionato dall’onorevole Rübig, innescherà una serie di problemi quando verrà attuato; dobbiamo chiederci se in questa sede è opportuno varare una misura che poi renderà molto difficile l’attività economica. Per certi versi, la questione è fuori tema, in quanto restringere l’applicabilità delle zone transitorie solo alle acque poco profonde costituisce oltretutto un ostacolo gravissimo alla gestione delle risorse idriche.
Dovremmo inoltre esaminare le modalità per selezionare e categorizzare le sostanze prioritarie in una maniera scientificamente corretta, il che richiede la presentazione di altri studi per poter disporre di una base scientifica adeguata per l’imposizione dei requisiti pertinenti.
In particolare, esprimo sostegno per l’emendamento n. 75 dell’onorevole Sturdy, che mette in luce la necessità di fattibilità tecnica e soprattutto la necessità di evitare costi sproporzionati.
L’onorevole Olajos ha parlato di un problema bilaterale tra Austria e Ungheria; da quanto mi risulta, è già stata istituita una commissione per esaminare la vicenda, e ovviamente abbiamo interesse a giungere ad una soluzione congiunta tra i due paesi.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Mi associo ai colleghi nei ringraziamenti alla relatrice, onorevole Laperrouze, per l’eccellente lavoro che ha svolto nella stesura di questo importante documento.
Il fatto che da due anni in Parlamento discutiamo della purezza dell’acqua è indice che la questione è al centro degli interessi dell’opinione pubblica. L’argomento oggi in discussione si riconnette alla direttiva sulle falde freatiche sia per logica che in termini di sostanza. Sono lieto che nel dibattito sui due precedenti standard il Parlamento europeo e il Consiglio abbiano conseguito un risultato, benché sia noto che è stato necessario ricorrere alla conciliazione per superare le divergenze. Credo fermamente che in qualità di deputati al Parlamento europeo dobbiamo essere più ambiziosi rispetto alla proposta della Commissione e dobbiamo inserire delle voci che al momento mancano nell’elenco delle sostanze particolarmente pericolose. Mi riferisco in particolare alle sostanze teratogeniche e cancerogene e ai metalli pesanti, che contaminano le acque di superficie e persino le acque sotterranee a causa dei processi difettosi impiegati dall’industria. Come ultimo punto, ma per questo non il meno importante, bisogna punire severamente coloro che per negligenza o grave indifferenza provocano fuoriuscite di petrolio e di prodotti petroliferi nelle acque di superficie. Infatti la Slovacchia, come la vicina Repubblica ceca, ha avuto la sfortunata esperienza di subire un grave episodio di inquinamento delle acque, che ha investito anche le falde freatiche, a causa del dispiegamento delle forze armate sovietiche che hanno occupato il paese per 21 lunghi anni.
Bisogna inoltre prevenire lo scarico nelle acque di pesticidi particolarmente dannosi, che vengono impiegati in quantità eccessive in agricoltura e che mettono direttamente a repentaglio la salute della popolazione. Tuttavia, nel fissare il numero delle sostanze estremamente pericolose, dobbiamo tenere conto delle informazioni e delle prove scientifiche circa i danni alle persone e ad altri organismi viventi. Pertanto esorto la Commissione ad elaborare una proposta di regolamento affinché nuovi standard vincolanti siano promulgati al più tardi entro il 2015.
Bernadette Bourzai (PSE), relatore per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, intervengo in qualità di relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale su questa proposta di direttiva collegata alla direttiva quadro sulle acque.
Mi preme innanzitutto ringraziare l’onorevole Laperrouze per l’eccellente lavoro che ha svolto su un tema complesso e altamente tecnico. Sono particolarmente soddisfatta del voto espresso in seno alla commissione per l’ambiente, poiché sono stati adottati 12 dei 21 emendamenti proposti dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale.
In sintesi, gli obiettivi della nostra commissione erano i seguenti. In primo luogo, bisogna ricordare i principi di precauzione, di azione preventiva e il principio “chi inquina, paga”; in secondo luogo bisogna sottolineare la necessità di sfruttare razionalmente il suolo nel quadro di un’agricoltura ecologica; in terzo luogo bisogna definire le misure complementari nazionali e comunitarie da mettere in atto, come la disciplina su altre sostanze inquinanti e programmi specifici di monitoraggio per i sedimenti e il biota; in quarto luogo, bisogna sottolineare la necessità di una valutazione ufficiale della coerenza e dell’efficacia dei diversi atti comunitari sulla qualità delle acque; in quinto luogo, bisogna invocare un coordinamento dei programmi di monitoraggio e degli inventari nazionali laddove un corso d’acqua attraversi più Stati membri; in sesto luogo, infine, bisogna dimostrare la necessità che gli Stati membri accludano al loro inventario un calendario di attuazione degli obiettivi per la riduzione e l’eliminazione delle emissioni.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Sono lieto di rilevare che gli emendamenti in discussione sostengono gli standard di qualità ambientale proposti dalla Commissione. Inoltre, anche i principi che attengono all’introduzione del nuovo concetto di aree transitorie di superamento e l’istituzione dell’inventario sembrano accettabili per il Parlamento europeo. Ringrazio per il sostegno, poiché credo che questi elementi siano le pietre miliari della proposta di direttiva figlia. Inoltre, vi sono molti emendamenti di cui condivido appieno le intenzioni e gli obiettivi di fondo.
Prima di tutto devo dire che anch’io sono preoccupato per il potenziale rischio posto da alcune delle sostanze prioritarie. La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare propone che 11 tra queste sostanze diventino sostanze prioritarie pericolose, come indicato negli emendamenti nn. 53-62. Credo che sia già possibile gestire siffatti rischi e scongiurare impatti negativi sulla salute umana e sull’ambiente attraverso l’attuazione di REACH e di altre normative comunitarie.
Desidero altresì sottolineare che condivido le preoccupazioni per l’aumento nella rilevazione di sostanze inquinanti nuove nelle acque che beviamo o in cui ci immergiamo. La commissione per l’ambiente propone, attraverso gli emendamenti nn. 65, 68 e 78, di aggiungere alla lista prioritaria 30 nuove sostanze chimiche che non sono state incluse prima nella direttiva quadro sulle acque. La Commissione sta lavorando a diverse iniziative, compresa la raccolta degli ultimi dati del monitoraggio per queste e per altre sostanze. La Commissione riferirà all’Assemblea circa l’esito di queste iniziative nel 2008 nell’ambito della revisione dell’elenco prioritario che la Commissione proporrà.
In terzo luogo vi sono emendamenti che delineano una connessione con altre normative pertinenti o che impongono ulteriori compiti e obblighi alla Commissione. Benché l’Esecutivo non sia in grado di accettarli, soprattutto per ragioni di chiarezza giuridica, condividiamo pienamente le intenzioni e gli obiettivi sottesi alla maggior parte di essi. Nel quadro di ulteriori negoziati mi impegno a usare le risorse disponibili presso la Commissione per affrontare i problemi che il Parlamento europeo ha esposto in questi emendamenti.
Sulla questione riguardante il possibile conflitto tra convenzioni internazionali, come la Commissione di Helsinki, e la nuova normativa, posso assicurare all’onorevole Lax che c’è e continuerà ad esserci coerenza tra le convenzioni internazionali e la legislazione comunitaria. L’Assemblea sta dibattendo la direttiva sulla protezione dei mari, che farà riferimento ad accordi regionali vigenti, quali la Commissione di Helsinki, come piattaforme fondamentali per l’attuazione, assicurandone quindi la coerenza.
In sintesi, sulla proposta di direttiva figlia, sono lieto di poter affermare che la Commissione sostiene pienamente, in parte o in linea di principio, 30 emendamenti. Consegnerò alla segreteria del Parlamento un elenco dettagliato sulla posizione della Commissione rispetto agli emendamenti(1).
Infine, una serie di ulteriori punti è emersa nel corso del presente dibattito. Vi assicuro che ne ho preso nuota e che esporrò le vostre idee, le vostre posizioni e le vostre preoccupazioni al Commissario Dimas, che di certo ne terrà debitamente conto.
La Commissione sostiene interamente, in parte o in linea di principio 30 emendamenti. Tali emendamenti sono i nn. 1, 3, 4, 7, 8, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 25, 29, 30, 31, 34, 35, 36, 38, 40, 43, 48, 52, 73 e 79.
19. Daphne III: programma specifico “Lotta alla violenza” (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sulla raccomandazione per la seconda lettura presentata dall’on. Lissy Gröner, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, relativa alla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce per il periodo 2007-2013 un programma specifico per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (programma Daphne III) nell’ambito del programma generale “Diritti fondamentali e giustizia” [16367/1/2006 – C6-0089/2007 – 2005/0037(COD)] (A6-0147/2007).
Lissy Gröner (PSE), relatore. – (DE) Signora Presidente, pur non trovandomi di fronte a un’Aula gremita, ma in un’atmosfera familiare, stasera mi rallegro; infatti è una giornata positiva per milioni di donne, bambini e giovani che subiscono violenze, poiché mediante una procedura accelerata abbiamo adottato il programma DAPHNE per la prevenzione e la lotta alla violenza e per la protezione delle vittime per il periodo 2007-2013 come parte distinta del programma generale per i diritti fondamentali e la giustizia. Nelle prime fasi pareva che non saremmo riusciti nel nostro intento, e ringrazio quindi il Commissario Frattini per aver accolto le argomentazioni dell’Assemblea e per aver respinto il piano originale secondo cui DAPHNE avrebbe dovuto essere gestito insieme al programma per la lotta agli stupefacenti.
Attraverso febbrili negoziati anche con la Commissione e il Consiglio siamo risusciti a stilare un programma nettamente definito, DAPHNE III, come elemento importante per fronteggiare la crescente ondata di violenza nell’Unione europea allargata.
Il Parlamento già nel novembre 2006 aveva raggiunto un accordo politico con la Presidenza finlandese, poi il Consiglio, nella sua posizione comune del marzo 2007, ha adottato la maggior parte degli emendamenti della prima lettura – pur non alla lettera, ma nei principi ivi indicati.
Desidero ricordare all’Assemblea che per molte donne la casa è il posto più pericoloso; per molte donne in tutti gli Stati membri gli abusi perpetrati dal marito, dal compagno, dal padre o da un fratello sono una realtà quotidiana. Una donna su 3-4 ha subito una qualche sorta di abuso fisico o sessuale; quello che si è scatenato nella loro mente non può essere misurato con le cifre. Il fenomeno di cui stiamo parlando non conosce confini: la tratta delle donne di cui cadono vittime donne sempre più giovani, le mutilazioni genitali tra le comunità di immigrati, efferati delitti d’onore, il traffico on line di pornografia infantile, la violenza omofobica; è lungo l’elenco dei settori in cui è necessario intervenire attraverso il nuovo programma DAPHNE III, e vi ho citato solo alcuni esempi.
In qualità di relatrice mi sono battuta strenuamente per anni per DAPHNE e mi rallegro per l’aumento della dotazione di bilancio che ora ammonta a 116 milioni di euro e che ci consentirà di coinvolgere molte più ONG; la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere ha insistito su una maggiore trasparenza, sulla rimozione degli ostacoli burocratici e su un accesso più agevole, pensando in particolare alle organizzazioni più piccole.
Siamo anche riusciti a mantenere il servizio dello sportello informativo e a riunire le competenze disponibili in tutti gli Stati membri e in alcuni paesi partner al di fuori dell’UE, usandola come base per un gruppo di riflessione pluridisciplinare per assicurare coerenza con le nostre azioni politiche. Mi aspetto che l’Istituto per l’uguaglianza di genere, che sarà presto creato, continui a dedicarsi alla priorità della lotta contro la violenza.
Va detto, però, signor Commissario che vi sono altri due aspetti che devono essere affrontati al più presto, come lei stesso ha promesso nella prima lettura del dibattito sul programma DAPHNE; lei infatti si è impegnato a individuare una base giuridica per la campagna contro la violenza, eppure nel 2007 ci troviamo ancora in una situazione – che personalmente trovo inammissibile – in cui DAPHNE III deve essere basato sull’articolo 152, che verte sulla salute. In questo ambito sarebbe opportuno compiere un altro passo avanti. In secondo luogo, era stato programmato – come affermato nella dichiarazione aggiuntiva del Consiglio sul programma DAPHNE, e come promesso dal Presidente Barroso l’8 marzo – che sarebbe stata avviata un’iniziativa per indire l’Anno europeo contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne, che si manifesta in molti modi diversi. Avendo maturato una certa esperienza con l’istituzione e l’applicazione di DAPHNE I e II in tutti gli Stati membri – molti dei quali se ne sono avvantaggiati adottando la legge austriaca sull’esclusione – continueremo a batterci affinché prevalgano i vantaggi dell’esperienza condivisa a livello europeo e per l’introduzione di piani nazionali d’azione e di una normativa in settori che una volta erano tabù, ossia i campi di battaglia privati su cui speriamo di fare un po’ di luce laddove un tempo era impensabile.
Pertanto raccomando a questa onorevole Assemblea di estendere DAPHNE III senza altri emendamenti, consentendoci così di procedere speditamente alla sua attuazione e di mettere fine al terrore che dilaga tra le mura domestiche.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – (EN) Signora Presidente, combattere la violenza in tutte le sue forme, in particolare quella contro donne, giovani e bambini, è una priorità importante per la Commissione europea e per me personalmente.
Il programma DAPHNE infatti è un elemento chiave nelle azioni dispiegate dalla Commissione per combattere la violenza in Europa e dare sostegno alle vittime. Dalla prima iniziativa DAPHNE nel 1997, il programma ha finanziato circa 460 progetti. Si tratta di un importantissimo contributo europeo. Quest’anno, il 2007, segna il 10° anniversario del programma DAPHNE. Sono molto lieto che DAPHNE III sia pronto per essere varato. Il nuovo programma consentirà alla Commissione di rafforzare le proprie azioni tese a contrastare la violenza, motivo per cui – e sono molto grato alla relatrice, onorevole Gröner – ho acconsentito sin dall’inizio a tenerlo separato da altri programmi europei, ad esempio il programma relativo agli stupefacenti.
DAPHNE III durerà dal 2007 al 2013 e avrà una dotazione di bilancio complessiva, come ha ricordato la relatrice, di oltre 116 milioni di euro, con un aumento di oltre il 50 per cento rispetto a DAPHNE II. Desidero ringraziare la relatrice e il Parlamento europeo per il forte sostegno che hanno accordato nell’arco dell’intero processo. Sarò lieto di continuare a collaborare con l’Assemblea nella nostra lotta congiunta contro la violenza. Prendo nota dell’interessantissima idea di istituire l’Anno europeo contro la violenza nei confronti delle donne e dei bambini.
Desidero solamente mettere in luce un punto. Combattere la violenza e proteggere le donne e i bambini è ovviamente una questione di sensibilizzazione, ma bisogna altresì migliorare la cooperazione operativa sullo scambio di informazioni. Pertanto considero ottima l’idea di disporre di un forum appropriato in cui scambiare idee e contributi.
Confermiamo il nostro impegno – e personalmente confermo il mio – a valutare quale sia il modo migliore per affrontare la questione della violenza contro le donne per quanto concerne la base giuridica. Purtroppo finora siamo stati un po’ limitati in relazione alla base giuridica, ma posso confermare il mio personale impegno a cercare di individuare una base giuridica migliore al fine di espandere il campo d’azione sostanziale per combattere la violenza. Penso che, attuando adeguatamente DAPHNE III, ne ricaveremo buoni suggerimenti e idee che potranno essere tradotti in pratica.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, a nome del gruppo PPE-DE. – (EL) Signor Commissario, è incontestabile che vivere in condizioni di libertà, sicurezza, giustizia e tutela sanitaria è un diritto fondamentale dei cittadini europei e di chiunque viva nell’Unione europea.
Tuttavia, la realtà quotidiana getta dubbi sul fatto che suddetti obiettivi siano stati centrati; infatti la presenza della violenza sta diventando percettibile sia nella vita privata che nei luoghi pubblici.
Il dilagare della violenza è senz’altro riconducibile a una reazione istintiva che, tuttavia, può essere annientata se prevalgono in ogni coscienza umana i valori e i principi intrinseci della coesistenza all’interno di uno Stato costituzionale e il supremo valore dalla vita e della dignità umane che non può essere secondo ad alcun altro valore.
In qualità di relatrice ombra del gruppo PPE-DE, mi congratulo con l’onorevole Gröner e con tutti coloro che hanno contribuito alla formulazione della posizione comune sull’adozione del nuovo programma; credo che l’ampio finanziamento conferirà valore ai risultati delle azioni conseguite nei dieci anni in cui è stato positivamente applicato il programma DAPHNE e alle iniziative degli Stati membri atte a mettere in luce i valori e a prevenire gli episodi di violenza, offrendo al contempo sostegno alle vittime.
Definirei un successo la nuova combinazione presente nella proposta e il potenziale di cooperazione tra gli Stati membri e le Istituzioni europee. I miei commenti si limiteranno quindi all’applicazione.
Azioni combinate e a più livelli i cui obiettivi primari sono l’educazione e la creazione di una coscienza sociale che si opponga a ogni forma di violenza e rispetti la vita umana, dalla creazione fino al suo termine naturale.
Sono importanti la trasparenza e una valutazione onesta nel corso della selezione dei piani d’azione, le azioni combinate con altri programmi e strategie comunitarie, come Progress e la futura strategia sui diritti dell’infanzia.
Spero che i progressi compiuti nella lotta alla violenza in seno all’Unione europea siano così rapidi che, se uno dei prossimi anni sarà proclamato Anno europeo contro la violenza, esso dovrà vertere essenzialmente su azioni atte a sradicare la violenza a livello internazionale.
Christa Prets, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, visto che si è tanto parlato della questione del finanziamento, desidero fare una precisazione. Visto che ora l’Unione conta 27 paesi e il programma durerà due anni in più, ne consegue che un aumento del 50 per cento non è del tutto sufficiente se vogliamo in effetti incrementarne l’efficacia; siamo in ogni caso soddisfatti che il programma ora possa partire, anche se con qualche ritardo. Credo sia grazie alla testardaggine della relatrice che siamo riusciti ad assicurarci alcuni elementi importanti che avevamo chiesto, ossia la rimozione degli ostacoli burocratici, una maggiore trasparenza e l’istituzione di un helpdesk.
La dichiarazione congiunta, in cui si afferma il sostegno per l’Anno contro la violenza, rientra tra le nostre richieste di lunga data. Desidero lanciare un appello urgente all’Assemblea affinché traduca tale dichiarazione nella pratica al fine di riuscire entro un anno a mettere al centro dell’attività politica la violenza in tutte le sue forme, nella speranza che si conseguano dati migliori, soprattutto in relazione alla tratta di esseri umani, segnatamente donne e bambini.
Anneli Jäätteenmäki, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signora Presidente, una componente importante del programma DAPHNE è rappresentata dalla violenza sessuale e dalle misure per combatterla. Purtroppo la tratta internazionale di donne è la terza economia sommersa del mondo subito dopo gli stupefacenti e le armi. E’ stato calcolato che solo in Europa il giro d’affari del traffico delle donne si attesta sui 200 milioni di euro. Sono molti soldi ed è un fenomeno che investe moltissime persone. La tratta delle donne è una forma moderna di schiavitù: un commercio di schiave. Se vogliamo sradicare la tratta delle donne in Europa, che è un fenomeno accostabile alla schiavitù, dobbiamo intraprendere un’azione vigorosa. Secondo una ricerca, solo una prostituta clandestina su quattro sapeva sin da subito che sarebbe andata incontro alla prostituzione. Le altre sono state tratte in inganno o costrette a prostituirsi.
Sono lieta che la Commissione e l’Unione europea abbiano dedicato attenzione a questa tematica, ma sia l’UE che gli Stati membri hanno ancora molta strada da fare.
In secondo luogo, desidero esprimere alcune considerazioni sulla violenza all’interno della famiglia. Preferisco parlare di violenza in famiglia piuttosto che di violenza contro le donne, in quanto purtroppo anche noi donne possiamo essere violente e gli studi dimostrano che le donne talvolta sono ancora più violente degli uomini e che, quando cominciano a manifestare comportamenti violenti, non c’è limite a quello che possono arrivare a fare. E’ buona cosa parlare apertamente della violenza in famiglia, poiché in questo modo si aumentano le possibilità che le donne e gli uomini cerchino assistenza e denuncino i responsabili. Oggi accade spesso però che le vittime provino così tanta vergogna, soprattutto se l’autore della violenza è una persona vicina, da essere riluttanti a parlarne. Più se ne parla, però, più persone avranno il coraggio di ammettere di essere state vittime di violenza.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, ringraziamo di cuore la relatrice. Sappiamo che DAPHNE è un programma speciale tra i programmi UE; forse sarà anche piccolo, ma è ben riuscito e ha già conseguito alcuni progressi cruciali nella lotta contro la violenza inflitta a donne e bambini.
DAPHNE rappresenta la modalità con cui l’Europa esprime tangibilmente l’importanza che attribuisce alla lotta contro la violenza sulle donne e, come programma, deve essere un costante monito e un incoraggiamento per noi a mettere al centro dell’attenzione la campagna contro la violenza – diretta contro le donne ma anche contro i bambini. Nell’Unione europea una donna su tre e un bambino su quattro sono vittime di violenza domestica, ma la lotta contro questo fenomeno non è ancora ai primi posti nel programma politico.
Commissario Frattini, so che lei ha avuto molte occasioni di parlarne in Aula e la relatrice ha fatto altrettanto, però avrei voluto che fosse individuata una base giuridica autonoma, in modo da conferire alla guerra contro la violenza una posizione più centrale e prominente. Signor Commissario, oggi avrei voluto che lei presentasse un calendario e che avesse indicato chiaramente quando possiamo aspettarci che l’UE si doti di una politica specificatamente dedicata a questo settore in modo che il sostegno politico possa trovare espressione in azioni concrete.
Chiaramente la violenza contro le donne deve essere arrestata; proprio perché DAPHNE è solo una goccia nel mare, occorre, una volta per tutte, una direttiva contro la violenza e spero che non dovremo attenderla a lungo.
Ilda Figueiredo, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Signor Presidente, desidero esprimere tre osservazioni nel contesto del presente dibattito. In primo luogo, accolgo con favore il mantenimento di un programma specifico volto a prevenire e a combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e a proteggere le vittime e i gruppi a rischio. E’ un’istanza che abbiamo invocato sin dall’inizio e apprezziamo il risultato.
In secondo luogo, desidero affermare che, nonostante l’aumento dei finanziamenti rispetto ai programmi precedenti, sono delusa poiché la Commissione non ha pienamente accettato la nostra proposta, volta a garantire un aumento più sostanzioso per poter tenere debitamente conto dell’allargamento e dei gravi e attuali problemi della violenza contro le donne, compreso lo sfruttamento sessuale e la tratta di esseri umani.
In terzo luogo, esorto la Commissione a presentare al più presto la proposta, sulla quale abbiamo espresso parere favorevole, di istituire l’Anno europeo contro la violenza nei confronti delle donne, dei bambini e dei giovani.
Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, la violenza e l’aggressività esistono sin dagli albori della storia e perdurano sino ai giorni nostri. Si tratta di un grave problema che investe la salute e che non riguarda solo la malattia, la personalità e i disturbi psicologici, ma anche l’azione del male individuale.
La radice della violenza può essere fatta risalire alla prima infanzia. Tra i fattori che vi concorrono si annoverano malattie congenite, diverse patologie e soprattutto un’educazione inappropriata e priva di principi etici e morali. Una siffatta educazione promuove lo sviluppo del narcisismo e dell’egoismo.
Chiaramente gli sforzi profusi per combattere a violenza devono essere diretti contro la violenza fisica, ma devono però investire anche la violenza psicologica che è ancor più dannosa e diffusa. La violenza psicologica non avviene sono in privato e nella vita di tutti i giorni. E’ altresì una caratteristica di diversi tipi di gruppi di potere e di pressioni sempre più frequenti nell’arena politica. Le risorse finanziarie devono essere impiegate per prevenire la violenza insegnando comportamenti empatici e non semplicemente alleviandone gli effetti.
Lydia Schenardi, a nome del gruppo ITS. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi rallegro in particolar modo per gli sforzi dispiegati dai colleghi e anche dalla Commissione per garantire la messa in atto e il buon funzionamento del programma DAPHNE, teso a prevenire e contrastare la violenza contro le donne, gli adolescenti e i bambini; il programma è stato dotato, tra l’altro, di una linea di bilancio specifica e la dotazione di bilancio è stata incrementata in maniera sostanziale.
Approfitto dell’occasione per porre l’accento su un fenomeno particolarmente ignobile, che segna un continuo aumento nella nostra società: il maltrattamento dei neonati. In effetti, in Francia soprattutto, non passa settimana senza che le cronache diano notizia di un nuovo caso di maltrattamento o di abbandono di neonati. Il fenomeno – legato alla povertà e a problemi sociali e affettivi, alla violenza intrinseca generata dalla società, ma anche al comportamento umano via via più incline all’ostilità e alla frustrazione, all’egoismo e alla mancanza di rispetto in generale – potrebbe essere arrestato se si offrisse maggiore sostegno psicologico, ma anche materiale, alle donne e alle famiglie in difficoltà.
In effetti occorre prendere urgentemente provvedimenti di prevenzione per le famiglie e le donne in difficoltà. E’ altresì opportuno tuttavia accompagnare tali azioni a vere e proprie sanzioni penali. Sia che si tratti di stupro o di altro tipo di violenza fisica che purtroppo sempre più spesso porta alla morte, la portata delle sanzioni non è mai sufficientemente repressiva.
La lotta contro la violenza passa necessariamente anche per il trattamento dei suoi promotori. Penso a Internet in cui pervertiti e psicopatici possono dare libero sfogo alle loro ossessioni; penso ai videogiochi in cui imperano sesso e violenza; penso agli stupefacenti e alle altre sostanze psicotrope, che mettono i consumatori in uno stato di trance; penso all’alcol che, consumato in quantità eccessiva, provoca danni enormi, soprattutto in ragione della sua azione disinibitoria.
La lotta da condurre contro la violenza comincia proprio dall’educazione dei nostri stessi figli e dalla costruzione del futuro che si vuole loro offrire.
Edit Bauer (PPE-DE). – (SK) Quando qualche anno fa alcune organizzazioni di volontari nel mio paese avviarono una campagna contro la violenza sotto lo slogan “Una donna su cinque”, alcuni ambienti politici come pure parte dell’opinione pubblica si scandalizzarono, sostenendo che la situazione in cui poteva trovarsi l’Austria non era certo quella della Slovacchia. Al tempo infatti non esistevano dati sulla violenza nel mio paese.
Dalle ultime ricerche emerge che la situazione è ben peggiore, in quanto circa il 40 per cento dei bambini in età scolare sostiene di aver assistito a scene di violenza o di esserne stato vittima. Si può affermare che il mio paese non è né meglio né peggio rispetto ai paesi vicini. La violenza è un problema sociale particolarmente grave, come dimostra il dialogo che ha coinvolto un migliaio di bambini e di giovani in vista dell’elaborazione di una strategia per i diritti dell’infanzia. Una delle prime priorità formulate nel corso di questa iniziativa verteva sulla violenza subita dai bambini.
In proposito esprimo apprezzamento per la relazione dell’onorevole Gröner, che l’ha promossa con un impegno straordinario. Sono estremamente lieta che il programma sia stato coronato da tanto successo e che ora abbia un finanziamento più ampio. Tuttavia è imperativo istituire un quadro legislativo migliore per rafforzare alla base la lotta contro la violenza. La relazione sulla tratta degli esseri umani sottolinea l’importanza della cooperazione e, in una certa misura, l’armonizzazione delle leggi europee e nazionali. Credo infatti che sia essenziale anche in questo caso e apprezzo molto gli sforzi profusi dal Commissario Frattini in siffatto ambito.
Tengo ad enfatizzare il ruolo positivo e insostituibile delle organizzazioni volontarie in questo settore. In proposito vorrei fossero avviate iniziative per agevolare l’accesso ai finanziamenti per le organizzazioni volontarie.
Teresa Riera Madurell (PSE). – (ES) Signor Presidente, la violenza contro le donne è un flagello che nessuna società democratica può tollerare. E’ quindi fondamentale sradicare la violenza di genere se vogliamo arrivare a costruire una società in cui vi sia veramente democrazia, giustizia e solidarietà. In questo senso la relazione è importante. Per cominciare desidero pertanto porgere le mie congratulazioni alla relatrice per il suo eccellente lavoro.
Il programma DAPHNE è uno strumento essenziale per sostenere le organizzazioni di donne che lottano contro la violenza di genere, e il fatto che ne sia stata mantenuta la separazione dal programma di prevenzione e di informazione nel campo degli stupefacenti lo ha rafforzato e ne ha accresciuto la visibilità.
E’ stato un autentico successo per il Parlamento ed è positivo che il bilancio sia stato aumentato e che siano stati inclusi i temi del traffico di esseri umani e della prostituzione coatta come forme di violenza nonché un riferimento alla mutilazione genitale e ai delitti d’onore.
Onorevoli colleghi, il mio paese, la Spagna, si è dotato di una legge pionieristica per affrontare la violenza di genere da tutti i punti di vista. Riteniamo sia uno strumento necessario per mettere fine a tutti questi reati entro tempi ragionevoli.
Per tutti questi motivi, ritengo estremamente importante elaborare quanto prima un quadro giuridico europeo per combattere la violenza contro le donne in maniera integrata in tutti gli Stati membri. Convengo con l’onorevole Gröner che dobbiamo compiere progressi urgenti in questa direzione.
Inger Segelström (PSE). – (SV) Desidero ringraziare l’onorevole Gröner e il Commissario Frattini per l’eccellente lavoro svolto. Nella commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ho avuto la responsabilità di rinviare la relazione alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, competente nel merito.
DAPHNE è una questione che sta a cuore ai socialdemocratici svedesi, poiché fu il Commissario svedese, signora Gradin, che si prese un impegno così forte nel contesto del ruolo che l’UE si è assunta per combattere la violenza contro le donne.
Finché gli uomini infliggeranno violenza a donne e bambini, finché esisterà un commercio di schiave del sesso che coinvolge donne e ragazze, finché non tutte le donne nell’UE avranno il diritto di abortire liberamente, finché le donne nell’UE saranno oggetto di efferati delitti d’onore e finché i diritti delle donne nell’UE dovranno essere rafforzati, noi donne socialdemocratiche continueremo a lottare per il programma DAPHNE e per un suo adeguato finanziamento. Mi rammarico che non siamo riusciti a ottenere sostegno per l’istituzione di una rete di difensori civici per l’infanzia, ma su questo tema mi rivolgerò nuovamente al Commissario Frattini e ad altri interlocutori quando saremo chiamati a prendere una decisione sulla strategia per l’infanzia. L’aspetto meraviglioso di DAPHNE è che possiamo avvalerci della capacità delle organizzazioni di sperimentare nuove idee e trarre ispirazione da esempi di buone prassi che possiamo utilizzare nella lotta contro la violenza in tutta l’Unione europea.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, il programma DAPHNE fu istituito nel 1997 e ha già contribuito a finanziare oltre 370 progetti a sostegno di organizzazioni non governative, istituzioni e associazioni che si adoperano per prevenire e combattere la violenza contro bambini, giovani e donne.
Per DAPHNE III è prevista una dotazione di bilancio di circa 117 milioni di euro. Dobbiamo apprezzare il fatto che il Consiglio ha deciso di accogliere la maggior parte degli emendamenti che il Parlamento aveva presentato in prima lettura, in particolare quelli intesi a ridurre la burocrazia e a fornire assistenza tecnica per le proposte. Se l’utilissimo servizio telefonico dedicato alle vittime della violenza potrà continuare ad essere attivo, il merito è in parte del Parlamento. Sarà inoltre istituita una squadra di esperti per fornire sostegno e consulenza alle vittime.
Gli obiettivi di DAPHNE III meritano un sostegno particolare. Essi comprendono il supporto per una politica comune sulla protezione della salute pubblica, la lotta alla violenza domestica, la protezione dei diritti dell’infanzia e la lotta contro il traffico di esseri umani. In proposito la Commissione europea deve esaminare quanto prima la proposta del Parlamento e del Consiglio sulla possibilità di indire l’Anno europeo contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne.
Per concludere, vorrei ringraziare la relatrice, onorevole Gröner.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 22 maggio.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) La violenza domestica sulle donne è un grave problema sociale, che si riconnette alla posizione strutturalmente svantaggiata delle donne e alle discriminazioni che purtroppo ancora permangono in questa società dominata dagli uomini. Stiamo parlando di un fenomeno umiliante e ingiusto che – pur in misure diverse – si riscontra in tutti i paesi e in tutti i ceti sociali e si ripercuote negativamente sulle condizioni di vita delle donne, sulla vita quotidiana e sulla partecipazione al mercato del lavoro. Mi preme enfatizzarlo: la violenza perpetrata dagli uomini contro le donne è inaccettabile in una società moderna e democratica!
I successi precedenti del programma DAPHNE confermano che il programma deve continuare. Considero un risultato straordinario e un’opportunità significativa il fatto che il nuovo programma abbia un finanziamento più che doppio rispetto al precedente e quindi le nostre aspettative sono maggiori. Nell’attuazione dei programmi deve essere prestata particolare attenzione alla trasparenza, che deve essere rafforzata, agli approcci orientati ai risultati e all’efficacia, oltre che alla garanzia che siano fruibili da una fascia più ampia della società.
Nella lotta contro questo fenomeno distruttivo, un ruolo di spicco è rivestito da una maggiore consapevolezza e dall’estensione della prevenzione sociale a tutti i settori. Purtroppo sul tema della violenza sulle donne tra le mura domestiche non esistono ancora dati statistici effettivamente attendibili e significativi che siano armonizzati a livello comunitario e quindi manca la necessaria raffrontabilità. Devono essere dispiegati tutti i mezzi possibili per creare le condizioni affinché ciò avvenga.
Katalin Lévai (PSE), per iscritto. – (HU) Accolgo con favore l’azione attraverso cui il Parlamento e il Consiglio in una dichiarazione congiunta invitano la Commissione ad esaminare l’iniziativa di indire l’Anno europeo contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne.
Ritengo sia un risultato significativo che, con l’adozione della posizione comune, il Consiglio abbia riconosciuto il successo del programma DAPHNE, approvandone all’unanimità la prosecuzione per una terza fase che durerà fino al 2013. Desidero enfatizzare che un ulteriore risultato positivo è stato l’aumento della dotazione di bilancio a quasi 117 milioni di euro che, rispetto ai 50 milioni di DAPHNE II e ai 20 milioni di DAPHNE I, rappresenta un significativo passo avanti.
Possiamo considerare un successo congiunto il fatto che nel processo negoziale il Parlamento sia riuscito a difendere una serie di emendamenti che aveva presentato, ad esempio sull’agevolazione dell’accesso per le ONG. E’ stato significativo essere riusciti ad assicurare il proseguimento del servizio di helpdesk e l’istituzione del gruppo di riflessione per fornire consulenza specialistica.
Vedo i miei stessi sforzi e le mie iniziative rispecchiate nel fatto che è stato raggiunto un accordo sulla preparazione di una dichiarazione congiunta sull’Anno europeo contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne.
Infine, in qualità di portavoce del gruppo del PSE per le questioni dei rom, desidero richiamare l’attenzione sul fatto che nella minoranza rom, che già di per sé è spesso indifesa, i membri più vulnerabili, ossia i bambini e le donne, si trovano a dover affrontare molteplici svantaggi. Sono i più vulnerabili dinanzi alla violenza e quindi chiedo con forza che nel quadro del presente programma sia attribuita particolare importanza al sostegno e alla protezione di questo gruppo.
20. Impatto e conseguenze delle politiche strutturali sulla coesione dell’UE (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0150/2007), presentata dall’onorevole Pleguezuelos Aguilar a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sull’impatto e le conseguenze delle politiche strutturali sulla coesione dell’Unione europea [2006/2181(INI)].
Francisca Pleguezuelos Aguilar (PSE), relatore. – (ES) Signor Presidente, per cominciare desidero porgere le congratulazioni alla Commissione europea per il tempismo di questa relazione d’iniziativa.
Il documento giunge al momento opportuno perché coincide con il quarto dibattito sulla coesione e perché è ormai prossimo il dibattito sulla revisione del bilancio dell’Unione europea per il periodo 2008-2009; infatti la politica di coesione probabilmente sarà la linea più corposa del bilancio dell’UE e il suo valore aggiunto sarà chiaro a tutti.
In questa relazione sull’impatto mi sono prefissata di affrontarne gli effetti in quattro ampi settori, ossia società, economia, territorio e governance, formulando una serie di proposte atte a perseguire diversi obiettivi.
In primo luogo, ovviamente, vogliamo ottimizzare la sinergia tra le varie politiche pubbliche dell’Unione europea e degli Stati membri.
Vogliamo rafforzare l’innovazione e la dimensione territoriale della coesione.
Puntiamo anche a misurare più precisamente, con nuovi indicatori, la convergenza tra le regioni e l’impatto della politica di coesione.
Infine, vogliamo migliorare la governance e aumentare la visibilità della politica di coesione, poiché il nostro intento è quello di avvicinare questa politica ai cittadini europei.
In proposito desidero porre l’accento su alcune proposte contenute nella relazione. Da un lato, è necessario rafforzare la capacità amministrativa nella fase di attuazione della nuova politica di coesione attraverso l’istituzione di una rete di formatori accreditati per attuare tutte le misure che attengono alla formazione e in particolare per attuarle a tutti i livelli, specialmente a livello locale, dove credo sia necessario compiere la maggior parte del lavoro.
In relazione alle sinergie tra le varie politiche pubbliche, questa relazione esorta la Commissione a esplorare nuove modalità per combinare i Fondi strutturali con altre politiche e altri aiuti comunitari allo scopo di promuovere la competitività, la ricerca e l’innovazione.
A tal fine ovviamente proponiamo anche la promozione delle buone prassi e la misurazione dell’impatto del Fondo, proponiamo che ORATE sia dotato delle risorse e delle funzioni necessarie affinché possa fungere da autentico osservatorio di buone prassi.
Inoltre vogliamo conseguire un equilibrio territoriale tra le aree rurali e le aree urbane e proponiamo quindi di stimolare lo scambio di buone prassi nelle reti – nelle reti territoriali – e, in particolare, di sostenere le aree economiche più lontane dalle principali aree urbane.
Dobbiamo inoltre lavorare sul leitmotiv della dimensione territoriale, ossia il policentrismo, e naturalmente sull’impiego delle nuove tecnologie.
In relazione all’innovazione, come fattore che viene chiaramente attuato dalla politica di coesione, la relazione propone, da un lato, l’adozione della relazione Aho, che propone l’assegnazione di una quota di almeno il 20 per cento dei Fondi strutturali per la promozione della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione, e che tale quota sia usata non solo per grandi progetti, ma anche per progetti più piccoli e soprattutto nelle regioni meno favorite.
Analogamente, visto che oltre il 90 per cento del tessuto produttivo dell’Europa è costituito da piccole e medie imprese, crediamo che sia vitale assicurare loro un accesso più agevole agli aiuti e ai programmi europei, soprattutto in relazione all’innovazione.
Abbiamo quindi proposto l’inserimento di animatori tecnologici a livello regionale e locale che, in associazione con i progetti e le reti regionali, contribuiranno certamente a rendere più dinamiche le PMI.
Onorevoli colleghi, sono certa che queste e altre misure proposte nella relazione consentiranno di incrementare la visibilità della politica di coesione e i suoi risultati pratici agli occhi dei cittadini europei.
Inoltre, anche in conseguenza degli eventi verificatisi di recente in relazione a possibili delocalizzazioni in tutti i settori di produzione e in tutti i paesi, compreso il mio, comunico di aver presentato tre emendamenti alla mia relazione che sottolineano e soprattutto reiterano le misure che sono già state assunte in risoluzioni approvate dal Parlamento sulle delocalizzazioni di società e sulle modalità atte a garantire che le società destinatarie di sovvenzioni comunitarie non delocalizzino le loro attività. In particolare, qualora ciò dovesse accadere, devono essere inflitte sanzioni.
Vi chiedo di sostenere questi emendamenti, poiché sono già stati dibattuti e approvati da quest’Assemblea.
Per concludere, ringrazio tutti i relatori ombra e i deputati le cui proposte hanno arricchito la relazione, che spero vorrete sostenere.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, è un piacere per me presentarmi al cospetto dell’Assemblea per uno scambio di opinioni sulla relazione presentata dall’onorevole Pleguezuelos Aguilar a nome della commissione per lo sviluppo regionale. La collega, signora Commissario Hübner, che si scusa per l’assenza di oggi, mi ha riferito che, come per relazioni precedenti, è chiaro quanto sia eccellente ed efficiente la nostra collaborazione.
Condivido pienamente l’opinione secondo cui la politica di coesione è essenziale, da un lato, per ridurre le disparità in seno all’UE e, dall’altro, per colmare il divario tra le regioni europee e le potenze economiche mondiali. Infatti, la politica di coesione si basa su un paradigma moderno di sviluppo sostenibile che può essere meglio definito come sovvenzione condizionale.
Allo scopo di trarre vantaggio da questa politica, gli Stati membri devono stilare una strategia a medio termine sull’impiego delle risorse, cofinanziare gli aiuti europei mediante il bilancio nazionale, lavorare in partenariato a livello nazionale, regionale e locale e rispettare la legislazione e le politiche comunitarie. Queste condizioni hanno portato allo sviluppo di un efficiente sistema di gestione condiviso dai livelli europei, nazionali, regionali e locali – si tratta di un sistema di governance multilivello.
Inoltre, come la relazione correttamente puntualizza, la politica di coesione contribuisce in misura considerevole all’aumento dei flussi commerciali nel mercato interno, con ricadute positive anche al di fuori delle regioni e dei paesi in cui tale politica viene attuata. Dobbiamo però ammettere tutti che l’impatto della nostra politica probabilmente non è stato sufficientemente misurato, spiegato e compreso.
Chiaramente la coesione andrebbe valutata sulla base di molteplici dimensioni e non deve limitarsi solo al PIL dal momento che, nel breve e medio termine, esso non rispecchia molti aspetti importanti dell’impatto della politica di coesione europea. Pertanto la quarta relazione sulla coesione compirà una minuziosa analisi della coesione economica, sociale e territoriale nell’Unione europea con l’ausilio di un ampio ventaglio di indicatori.
Certamente, una delle chiavi del suo successo risiede nel fatto che la politica di coesione è una politica matura e integrata. Non è un’accozzaglia di approcci settoriali, bensì una politica che integra politiche diverse nel contesto generale della strategia di sviluppo. Per tale ragione riesce a fornire soluzioni su misura per ciascuna regione o territorio europei. Al contempo, è una politica nuova che dipende in maniera determinante dal coordinamento e dalle sinergie con altre politiche comunitarie e nazionali.
Di conseguenza rilevo il collegamento tra la strategia per la crescita e l’occupazione e la politica di coesione. Già a partire da quest’anno ogni Stato membro definirà il contributo della politica di coesione all’attuazione del programma nazionale di riforma. Allo stesso modo, la Commissione, nella sua relazione annuale sui progressi compiuti che presenterà al Consiglio europeo di primavera, sintetizzerà i progressi realizzati verso il conseguimento delle priorità dell’Unione sul versante della promozione della competitività e della creazione di occupazione, tra cui la realizzazione degli obiettivi degli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008. Abbiamo altresì introdotto un approccio specifico che garantisce l’investimento di una quota predominante delle risorse della politica nei principali fattori trainanti della strategia di Lisbona.
Come sapete, la fase di programmazione non è ancora stata completata. Tuttavia, stando ai dati disponibili, possiamo già affermare che il rafforzamento dell’approccio strategico della politica di coesione e la sua concentrazione sulla crescita nell’ambito del programma per l’occupazione hanno avuto effetti molto positivi. Tra il 2007 e il 2013 saranno infatti investiti all’incirca 200 miliardi di euro nelle priorità di Lisbona. Se vi aggiungiamo il cofinanziamento e le risorse private raccolte attraverso l’intervento della politica di coesione, tale cifra è destinata a raddoppiare, e dobbiamo raffrontare tale importo ai 150 miliardi di euro del periodo 2000-2006.
Oltretutto, nel nuovo periodo di programmazione 2007-2013 abbiamo rafforzato i meccanismi di coordinamento in seno alla Commissione sia nel contesto dei documenti di programmazione sia nell’attività ordinaria. In un certo senso, la preparazione per il periodo di programmazione 2007-2013 è diventata un punto d’incontro tra diverse priorità comunitarie. Si prendano, ad esempio, la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione. A livello di UE sono state stabilite nuove sinergie tra la politica di coesione, il settimo programma quadro di ricerca e sviluppo e il programma per la competitività e l’innovazione. Gli ultimi due programmi terranno maggiormente conto delle specificità delle regioni in ritardo. La politica di coesione, d’altro canto, aumenterà in maniera significativa il proprio contributo al finanziamento delle attività di R&S e di innovazione.
I servizi della Direzione generale per la politica regionale, in collaborazione con quelli del Commissario Potočnik, stanno lavorando a una comunicazione, che dovrebbe essere adottata in luglio, il cui scopo è fornire informazioni e consulenza sulle modalità per coniugare le risorse della coesione e dell’RST al fine di aumentarne la rispettiva efficacia.
Nathalie Griesbeck (ALDE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (FR) Signor Presidente, grazie per avermi dato facoltà di parola in qualità di relatrice per parere della commissione per i bilanci. La mia commissione infatti ha espresso unanimemente un parere sull’impatto e sulle conseguenze delle politiche strutturali nel campo della coesione dell’UE.
E’ superfluo in questa sede ricordare verbosamente che queste politiche costituiscono la massima espressione della solidarietà degli europei. Se è vero che nei fatti queste politiche concorrono in maniera palese, attraverso il loro effetto moltiplicatore, a realizzare un allineamento progressivo del tenore di vita dei cittadini europei, rileviamo la mancanza di indicatori comuni atti a consentire la misurazione del loro impatto effettivo. Il Parlamento, che, ricordo, condivide la responsabilità del bilancio, deve avere la possibilità di disporre di siffatti indicatori comuni a tutti gli Stati membri per ottimizzare l’impiego delle risorse del bilancio comunitario e per migliorare anche la verifica dell’esecuzione del bilancio.
Pertanto desidero reiterare la necessità di creare un nuovo strumento di misurazione, che sia comune a tutti gli Stati membri e che sia ponderato mediante il ricorso a diversi indicatori, i quali terrebbero conto – come sottolineava poc’anzi il signor Commissario, con il quale convengo su tutta la linea – non solo ovviamente della crescita economica, della disoccupazione, del livello di infrastrutture, ricerca e innovazione, ma anche degli aspetti legati alla qualità della vita, come l’aspettativa di vita, il tasso di natalità e anche il livello retributivo dei cittadini. Si potrebbe quindi migliorare veramente l’effetto moltiplicatore per incrementare il benessere di tutti gli europei.
Ambroise Guellec, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in qualità di relatrice ombra per il gruppo PPE-DE, desidero innanzi tutto rendere omaggio alla grande qualità della relazione della collega, onorevole Pleguezuelos Aguilar. Direi anche che è stato un piacere lavorare insieme per redigere il documento. Credo che la relatrice abbia già detto l’essenziale, come pure l’onorevole Griesbeck, di cui condivido assolutamente le osservazioni. Desidero però attirare semplicemente l’attenzione su quattro punti.
In primo luogo, bisogna valutare bene la situazione e a tal fine gli indicatori, di cui si è parlato prima, appaiono essenziali. Per il momento abbiamo solo il PIL, che è veramente insufficiente.
In secondo luogo, bisogna anche integrare adeguatamente le nuove sfide territoriali che saremo chiamati ad affrontare o che siamo già chiamati ad affrontare. Penso all’invecchiamento della popolazione, all’energia, ai cambiamenti climatici e anche alla politica agricola, che influenza incontestabilmente la politica di coesione.
In terzo luogo, le politiche strutturali dell’Unione rappresenteranno ben presto il primo bilancio dell’Unione. Per tale ragione, un approccio integrato con le altre politiche comunitarie, ma anche con quelle che vengono attuate in ciascuno Stato membro, è un fattore di grandissima importanza.
Per quanto concerne il quarto punto, signor Commissario, credo che dovremmo discuterne seriamente: si tratta della politica strutturale e della strategia di Lisbona. La politica strutturale deve ovviamente concorrere alla concretizzazione e al successo della strategia di Lisbona, ma bisogna prestare attenzione allo sviluppo equilibrato dei territori. Mi pare del tutto evidente che in sé la strategia di Lisbona non è un fattore di equilibrio: credo che tutti dobbiamo prestare attenzione a questo aspetto. Avremo molto presto una nuova occasione per parlarne, ossia quando sarà presentata in Parlamento la quarta relazione sulla coesione e nei nostri lavori in materia per capire che direzione imprimere a questa politica in futuro.
Constanze Angela Krehl, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto devo esprimere tutta la mia gratitudine alla relatrice per il lavoro che ha svolto con dedizione e che ha profuso nella relazione presentata oggi.
Come una serie di altre relazioni che sono attualmente in discussione in seno alla commissione per lo sviluppo regionale, questo documento rappresenta una delle pietre angolari della futura politica strutturale e di coesione, e per “futura” intendo che, oltre alla revisione a medio termine che si svolgerà nel corso del 2009, nel 2014 dovremo ridisegnare la politica di coesione che stiamo preparando oggi.
Sono molto grata all’onorevole Pleguezuelos Aguilar per aver riportato tre punti importanti nel dibattito, dandovi maggiore enfasi. Non sussistono dubbi al riguardo: la competitività dell’Unione europea nel suo complesso è una delle sfide del XXI secolo e, come la relatrice giustamente indica, lo sviluppo della ricerca e della tecnologia è un elemento essenziale in questo contesto, e lo deve essere ovviamente anche nei settori della politica di coesione, il fondamento dello sviluppo, anche nelle regioni meno sviluppate.
La cooperazione territoriale è un altro aspetto che deve essere messo molto di più al centro della nostra attività politica adesso che l’Unione consta di 27 Stati membri, in quanto i centri urbani e le loro connessioni con le aree rurali rappresentano una sfida che nei prossimi anni dovremo affrontare con grande determinazione.
Il terzo problema che l’onorevole Pleguezuelos Aguilar ha affrontato – e sottoscrivo pienamente il modo in cui lo ha fatto – riguarda l’impellente necessità di attivarci molto di più di quanto abbiamo fatto sinora per le regioni colpite dallo spopolamento, che i giovani abbandonano in quanto non vi intravedono opportunità per se stessi. La questione del cambiamento demografico in tutta l’Unione europea, e in ciascuno dei suoi membri, è una sfida completamente nuova per la politica di coesione e la relatrice ha ragione a considerare la migrazione come un problema.
Permettetemi di concludere con un’osservazione personale, che rivolgo al mio caro amico Paca. Sono molto lieta che tu abbia potuto essere qui anche oggi e partecipare al dibattito sulla tua relazione. A nome di tutti i gruppi ti auguro tantissima forza ed energia per i prossimi giorni e per le prossime settimane, in modo che tu possa ritornare ancora in piena salute e nel pieno del vigore, pronto a continuare a fare la tua parte nei lavori di quest’Assemblea.
Mojca Drčar Murko, a nome del gruppo ALDE. – (SL) Il coordinamento degli sforzi nel settore delle politiche strutturali è destinato ad essere un impegnativo test amministrativo per i paesi che hanno aderito all’UE dal 2004 in poi. E’ nell’interesse di tutti che tale coordinamento sia attuato nella maniera più fluida possibile.
Se alla fine del periodo del bilancio vogliamo parlare della riuscita della politica strutturale europea integrata, dobbiamo incoraggiare la comunicazione tra i vari interlocutori sia a livello nazionale che regionale, bisogna favorire lo scambio di esperienze e incoraggiare le persone ad imparare dai buoni esempi. La relatrice propone indicatori atti a raffrontare le prassi individuali di ciascuno. Il nostro gruppo politico ritiene inoltre che l’importo che deriverà dai Fondi strutturali per l’innovazione determinerà il conseguimento degli obiettivi di sviluppo dell’intera Unione europea.
Un orientamento verso le energie rinnovabili è un settore in cui gli interessi dello sviluppo nazionale si intersecano con gli obiettivi dell’UE. Inoltre lo sviluppo sostenibile delle città richiede un certo ragionamento coordinato sull’impiego dei diversi strumenti di politica strutturale, poiché sono in gioco numerosi obiettivi, che vanno dall’edilizia residenziale all’occupazione, fino alla gestione dei rifiuti, che è un ambito che ricopre un posto speciale nell’atteggiamento verso le risorse naturali.
Conveniamo con la relatrice sul fatto che gli indicatori per misurare i progressi debbano essere tali da incoraggiare coloro che attuano le politiche strutturali a ricercare sinergie in diversi settori. La promozione della competitività, soprattutto per la categoria delle piccole imprese, è uno di questi possibili effetti sinergici che devono essere seguiti da vicino e analizzati.
Infine desidero ringraziare la relatrice, onorevole Pleguezuelos Aguilar, per il suo positivo lavoro.
Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, signor Commissario, la commissione per lo sviluppo regionale recentemente ha presentato un paio di importanti relazioni d’iniziativa. Oggi discutiamo il documento stilato dall’onorevole Pleguezuelos Aguilar. Desidero cogliere questa opportunità per ringraziarla pubblicamente per il suo lavoro.
Abbiamo già parlato ampiamente della coesione all’interno dell’Unione. Essenzialmente coesione significa colmare le differenze tra le regioni più ricche e quelle più povere. L’attuazione di questa politica è sempre collegata alla solidarietà in seno all’UE. E’ un fattore che non va dimenticato, considerando inoltre che, nell’ambito delle attuali prospettive finanziarie, per la politica regionale è stato stanziato un importo di 310 miliardi di euro, che equivale a quasi il 36 per cento della spesa dell’Unione. Sono soldi dei contribuenti e devono essere usati nella maniera più sensata possibile.
E’ quindi opportuno enfatizzare l’utilità di creare una politica strutturale integrata, che colleghi gli effetti delle azioni intraprese nel quadro dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione con gli altri settori della politica comunitaria. Nel suo discorso dinanzi all’Assemblea il Commissario ha parlato di ricerca scientifica e di settimo programma quadro. Deve essere garantita una collaborazione piena tra le Istituzioni dell’Unione, gli Stati membri e le autorità regionali. A tal fine occorre riconoscere le particolari circostanze delle singole regioni, tenendo conto delle aree economicamente arretrate e delle aree caratterizzate da difficili condizioni geografiche o sociali.
Non si tratta di assegnare quote uguali a tutti, ma di promuovere la parità di opportunità per tutti, segnatamente in relazione all’accesso all’istruzione, all’assistenza sanitaria e alla protezione ambientale. Tale parità deve riguardare anche i disabili.
E’ opportuno enfatizzare il conseguimento dello sviluppo armonizzato delle aree urbane, in cui risiede circa l’80 per cento della popolazione dell’Unione. E’ altresì necessaria un’azione appropriata nelle aree rurali, per garantire che le condizioni di vita in queste ultime non siano significativamente diverse da quelle delle città.
L’Assemblea deve inoltre pensare alla necessità di tenere presenti le tematiche relative alla famiglia e alla politica sulla famiglia nel più ampio programma d’azione dell’Unione.
Sono lieto che siano state riconosciute le virtù della cooperazione interregionale e transfrontaliera. Occorre una politica uniformante basata sulla solidarietà unitamente a una politica per lo sviluppo sostenibile anch’essa basata sulla solidarietà.
Si pone altresì una questione pratica: qual è l’indicatore migliore per valutare la coesione? E’ giusto non limitarsi esclusivamente al PIL pro capite.
Sono più che certo che questa relazione non si limiterà semplicemente a stimolare un interessante dibattito, ma consentirà anche di sfruttare l’esperienza accumulata sinora e le migliori prassi in materia di coesione economica, sociale, territoriale e culturale dell’Europa. Ce lo meritiamo.
Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Nel contesto delle relazioni d’iniziativa che il Parlamento ha presentato sul futuro della politica strutturale dell’UE prima della quarta relazione sulla coesione e del dibattito sul bilancio comunitario previsto per il periodo 2008-2009, vogliamo ribadire che l’obiettivo della politica di sviluppo regionale deve essere quello di renderla lo strumento principale per un’effettiva riduzione delle sperequazioni regionali e per la promozione di un’autentica convergenza tra gli Stati membri attraverso la crescita economica e l’aumento dell’occupazione.
A tal fine, deve essere garantito e favorito l’elemento di ridistribuzione del bilancio comunitario. Allo stesso modo, i fondi per la coesione vanno aumentati e la coesione deve essere anteposta a qualsiasi altro obiettivo tra quelli sanciti nella strategia di Lisbona.
Di conseguenza, ci opponiamo ai tentativi di subordinare le assegnazioni di risorse nel quadro della futura politica di coesione all’attuazione delle cosiddette politiche incentrate sulla “crescita benefica” a livello nazionale, come quelle indicate anche nella relazione. Non vogliamo che l’assegnazione dei finanziamenti nell’ambito della politica di coesione dipendano dai criteri sull’andamento economico previsti a livello comunitario, che costituirebbero un ulteriore strumento per esercitare pressioni sugli Stati membri in relazione alle modalità con cui essi definiscono le proprie politiche economiche e sociali. In questo modo i paesi economicamente meno sviluppati sarebbero penalizzati due volte.
Jan Olbrycht (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto mi congratulo con l’onorevole Pleguezuelos Aguilar per la sua relazione, che affronta l’importante questione dell’efficacia delle politiche strutturali.
La politica di coesione dell’Unione europea poggia sulle politiche strutturali ed è un elemento permanente e continuo delle politiche comunitarie, benché i suoi contenuti e i suoi metodi cambino nel corso del tempo. E’ opportuno sottolineare che la strategia di Lisbona è solamente una politica transitoria e temporanea. La politica di coesione però è una politica comunitaria permanente e continua.
La politica di coesione è efficace quando consegue i suoi obiettivi, incrementando quindi la coesione economica, sociale e territoriale. La sua efficacia dipende da diversi fattori.
In primo luogo, è essenziale garantire la complementarietà delle singole politiche condotte nell’Unione europea, quindi le politiche comunitarie e quelle nazionali, con un coordinamento a livello di UE.
In secondo luogo, la politica di coesione deve essere adattata alle attuali sfide di sviluppo dell’Unione europea, ad esempio deve perseguire la riduzione delle discrepanze tra regioni in relazione allo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e al tasso di innovazione.
In terzo luogo, tutti i tipi di autorità pubbliche si devono impegnare per attuare la politica di coesione. L’onorevole Pleguezuelos Aguilar merita pertanto un elogio per i molteplici riferimenti alle autorità nazionali, regionali e locali. La gestione multilivello è una condizione sine qua non per garantire un’efficace politica di coesione.
Il dibattito su questa relazione coincide con la presentazione da parte della Commissione europea della quarta relazione intermedia sulla coesione e costituisce una raccomandazione politica utile per analizzare i dati contenuti nel documento nonché per trarne conclusioni sulla base delle valutazioni ivi contenute.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Mi preme sottolineare le seguenti questioni in relazione alla nuova politica di coesione.
In primo luogo, nel periodo di programmazione corrente la politica di coesione è particolarmente importante per i nuovi Stati membri, poiché la maggior parte delle risorse dei Fondi strutturali viene destinata a tali paesi.
In secondo luogo, i nuovi Stati membri hanno fissato obiettivi ambiziosi nell’ambito delle loro strategie di sviluppo. Ad esempio, uno degli obiettivi che la Polonia si è data nei propri quadri nazionali strategici di riferimento è l’aumento dell’occupazione in modo da passare dall’attuale 50 per cento al 60 per cento.
In terzo luogo, è importante conseguire una dimensione territoriale di coesione, e soprattutto lottare per ridurre lo squilibrio nello sviluppo delle aree rurali e urbane.
In quarto luogo, sono necessari nuovi indicatori per valutare l’impatto della politica di coesione. Il PIL pro capite di per sé non è sufficiente. Accade molto spesso che il livello del PIL in una determinata area sia simile a quello della media dell’Unione, anche se molte parti di quella stessa area sono significativamente sottosviluppate. E’ questo il caso della Mazovia, che è il voivodato polacco da cui provengo.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, vorrei iniziare ringraziando l’Assemblea per questo dibattito e i deputati per le loro osservazioni.
A questo punto consentitemi di esprimere due considerazioni. In primo luogo, è vero che la politica di coesione funziona, ma occorre una maggiore visibilità e una maggiore conoscenza del suo impatto. Abbiamo già rafforzato la nostra strategia di comunicazione in modo da ampliare la visibilità degli interventi. La Commissione conta altresì sul contributo che i deputati al Parlamento europeo possono dare alle azioni intraprese nel campo della comunicazione nei rispettivi contesti nazionali e regionali ed è aperta a qualsiasi nuova idea proveniente da questo consesso.
In secondo luogo, la globalizzazione implica nuove sfide ma anche nuove opportunità. Di conseguenza, la politica di coesione deve essere in grado di affrontare le prime e di cogliere le seconde. Dobbiamo garantire che la nostra forza lavoro sia adattabile alle nuove sfide in modo che la ristrutturazione economica possa svolgersi sotto forma di processo continuo e a bassa intensità, senza effetti negativi accumulati nello spazio e nel tempo.
Dobbiamo inoltre garantire che l’approccio verso la competitività delle nostre regioni tenga debito conto di tematiche quali l’invecchiamento della popolazione, i flussi migratori, i cambiamenti climatici, l’energia e l’aumento della concorrenza commerciale. Tuttavia, non dobbiamo essere eccessivamente pessimisti: vi sono molte regioni nell’Unione che sono tra le regioni più competitive ed innovative del mondo e che sfruttano positivamente la globalizzazione. Questo risultato è stato conseguito investendo in nuove competenze, costruendo o attirando nuovi bacini di talenti e incoraggiando le reti e gli agglomerati.
E’ consolidando questi successi e le strategie di successo che l’Unione può mobilitare tutto il proprio potenziale e collocare la propria economia sulla via della crescita sostenuta e sostenibile.
Per quanto attiene all’importanza della ricerca e dello sviluppo, mi preme enfatizzare che il programma quadro di ricerca e sviluppo si è evoluto nell’arco del tempo e ora comprende misure specifiche a vantaggio delle regioni, in particolare di quelle con le minori capacità di R&S. Allo stesso modo, è stata riconosciuta l’importanza di un approccio comunitario integrato all’innovazione, atto a mobilitare un insieme di strumenti dalla R&S alla politica di coesione. Tale politica, d’altro canto, ha sostanzialmente incrementato i propri investimenti nella ricerca e sviluppo e nell’innovazione, arrivando a sfiorare quasi 50 miliardi di euro per il periodo 2007-2013, affinché tutte le regioni dell’UE possano avere una capacità sufficiente per accedere al programma quadro su base competitiva.
Per quanto concerne la questione dei nuovi indicatori, tengo a precisare che il quadro della politica di coesione è stato fissato per il periodo dal 2007 al 2013. Il 7 giugno 2007 la signora Commissario Hübner presenterà la quarta relazione sulla coesione dinanzi alla commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento.
Infine vi assicuro che ho preso nota dei suggerimenti, delle idee e delle preoccupazioni che avete espresso e che saranno trasmessi alla signora Commissario Hübner, la quale certamente ne farà oggetto di massima attenzione.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 22 maggio.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La politica di coesione, che è destinata a divenire la prima voce del bilancio dell’Unione europea, deve coniugare in maniera migliore gli interventi dei Fondi strutturali con le altre politiche comunitarie nell’intento di ampliare le sinergie per promuovere la competitività, la ricerca e l’innovazione nelle nostre regioni.
Le politiche strutturali condotte nelle regioni ultraperiferiche avrebbero un impatto ancora maggiore se l’Unione si fosse dimostrata più flessibile, accettando di affrancarsi, se e quando necessario, da certi “dogmi comunitari” e rispettando le condizioni specifiche delle regioni ultraperiferiche, i cui territori sono minuscoli, lontani dal mercato unico e sistematicamente colpiti da catastrofi naturali.
Un’analisi dell’effetto moltiplicatore dei Fondi strutturali, in termini di attrazione degli investimenti privati, deve consentire di rafforzare la cooperazione tra il pubblico e il privato all’insegna di uno sviluppo sostenibile, policentrico ed equilibrato nell’Unione europea.
Di conseguenza, la politica strutturale dell’Unione deve stimolare lo spirito d’iniziativa per sviluppare poli d’eccellenza nelle regioni ultraperiferiche, basandosi su settori, come la gestione dei rifiuti, le energie rinnovabili, la mobilità degli studenti, la ricerca sui cambiamenti climatici e la gestione delle crisi, che ne valorizzino le competenze e il know-how.
21. Accordo di partenariato nel settore della pesca tra la CE e la Danimarca e la Groenlandia (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0161/2007), presentata dall’onorevole Post a nome della commissione per la pesca, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla conclusione dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea, da un lato, e il governo della Danimarca e il governo locale della Groenlandia, dall’altro [COM(2006)0804 – C6-0506/2006 – 2006/0262(CNS)].
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, prima di tutto desidero ringraziare l’onorevole Maat, che ha dato avvio ai lavori su questa materia, e il relatore, onorevole Post, per l’eccellente lavoro svolto.
Come sapete, il 2 giugno 2006 la Commissione, a nome della Comunità e della Groenlandia, ha siglato un nuovo accordo di partenariato nel settore della pesca dopo tre anni di lunghi e complessi negoziati. L’accordo è entrato in vigore il 1o gennaio 2007 per un periodo di sei anni. Al momento viene applicato in via provvisoria mediante decisione del Consiglio adottata il 21 dicembre 2006.
Prima di presentare brevemente il nuovo accordo di partenariato nel settore della pesca con la Groenlandia, desidero illustrare alcuni punti relativi all’accordo precedente, che risale al 1985, quando la Groenlandia lasciò la Comunità. Poco dopo l’entrata in vigore del quarto protocollo, il 1o gennaio 2001, la Corte dei conti e il Parlamento criticarono fortemente i protocolli dell’accordo di pesca con la Groenlandia per l’inclusione del cosiddetto “pesce virtuale”, per la mancata inclusione del pagamento di un canone da parte degli armatori e per la scarsa trasparenza. Di conseguenza, durante la revisione a medio termine del quarto protocollo la Commissione enfatizzò la necessità di apportare adeguamenti in modo da operare una più chiara distinzione tra il valore del pesce e il sostegno per lo sviluppo del settore della pesca in Groenlandia. La revisione del quarto protocollo portò a una divisione dei fondi, in base alla quale il 25 per cento del contributo finanziario fu destinato al sostegno di bilancio per il settore della pesca. Il “pesce virtuale” fu eliminato e furono introdotti contingenti di pesca più aderenti alla realtà e un regime di canoni per le licenze, incorporando disposizioni sulla revisione scientifica annuale dei contingenti. Questi importanti cambiamenti sono stati integrati anche nel nuovo accordo. Su tale base, nel corso dei negoziati per il nuovo accordo, la Commissione ha insistito sulla necessità di ottenere contingenti di pesca più in linea con la realtà e l’eliminazione del “pesce virtuale”, il mantenimento o addirittura l’aumento del canone a carico degli armatori e sulla necessità di delineare un chiaro programma di politica settoriale per il comparto della pesca con il sostegno della Comunità.
Un altro risultato della revisione a medio termine è rappresentato dalle conclusioni del Consiglio del febbraio 2003 in cui il Consiglio ha affermato che la futura cooperazione tra la Comunità e la Groenlandia si sarebbe basata su un duplice approccio, con un accordo generale di cooperazione in settori diversi dalla pesca e un accordo di pesca. L’accordo generale ha preso forma con una decisione del Consiglio che comprende una dichiarazione congiunta e un finanziamento fino a 25 milioni di euro all’anno per la Groenlandia sulla base della cooperazione in settori diversi dalla pesca. Pertanto si può concludere che l’avvio dell’accordo di partenariato nel settore della pesca non rappresenta meramente la chiusura dei negoziati condotti nell’ultimo anno, ma anche la chiusura del processo avviato nel 2003 con la revisione a medio termine del quarto protocollo di pesca e con le conclusioni del Consiglio del febbraio 2003.
Passando ora al nuovo accordo, desidero metterne in luce alcuni punti. Il contributo finanziario del protocollo precedente era di 42,8 milioni di euro all’anno, cifra che lo poneva ai primi posti tra gli accordi bilaterali di pesca. Il valore del nuovo protocollo è diminuito considerevolmente in ragione delle modifiche apportate ai contingenti comunitari. Alcuni sono diminuiti a causa del cattivo stato degli stock, delle esigenze dell’industria della pesca della Groenlandia e del tasso di utilizzo della Comunità, mentre altri sono aumentati per il buono stato degli stock e sulla base delle esigenze dell’industria comunitaria. A seguito di tali modifiche dei contingenti, ora il contributo finanziario della Comunità si attesta sui 15,85 milioni di euro all’anno. Questo importo comprende un importo specifico di 3,26 milioni di euro da destinare al programma pluriennale per la politica della pesca in Groenlandia. Oltre a questo contributo ci si aspetta altresì un pagamento da parte degli armatori di 2 milioni di euro sotto forma di licenze.
In relazione agli emendamenti presentati dal Parlamento, desidero sottolineare che la Commissione condivide pienamente la preoccupazione dell’Assemblea su ciascuno degli emendamenti presentati. Tuttavia, per quanto concerne gli emendamenti dal n. 1 al n. 3, riteniamo che la materia sia già disciplinata nello stesso protocollo e quindi li consideriamo superflui. Inoltre, riguardo agli emendamenti nn. 4 e 6 in merito agli obblighi di comunicazione di informazioni al Parlamento, preciso che la Commissione già ottempera all’obbligo di trasmettere informazioni in linea con l’accordo interistitituzionale vigente. Inoltre, in merito all’emendamento n. 5 sull’osservanza da parte degli Stati membri degli obblighi in materia di dichiarazione, va sottolineato che la Commissione già controlla che siano presentate regolarmente le dichiarazioni delle catture. Poi, nell’allegato e nell’appendice del protocollo si afferma che, per ottenere la licenza, le navi devono ottemperare agli obblighi in materia di dichiarazione delle catture della campagna di pesca precedente. Su tale base, quindi, l’emendamento non è necessario.
Infine, in merito all’emendamento n. 7, desidero chiarire che, viste le critiche espresse in passato sia dalla Corte dei conti che dallo stesso Parlamento europeo sulla gestione finanziaria degli accordi di pesca esterni attuata dalla Commissione, per la Commissione è difficile comprendere questo emendamento, che in sostanza non è diverso dal meccanismo previsto dal quarto protocollo modificato e non consente alla Commissione di gestire le possibilità di pesca sottoutilizzate in maniera ottimale. Pertanto, tenendo conto della responsabilità finanziaria della Commissione, l’Esecutivo respinge l’emendamento.
Per concludere, ringrazio il Parlamento e, in particolare, i membri della commissione per la pesca e il relatore per il loro costruttivo impegno in questa importante battaglia.
Joop Post (PPE-DE), relatore. – (NL) Signora Presidente, è assai improbabile che usi tutti i cinque minuti di tempo di parola che ho a disposizione. Il signor Commissario nel suo discorso d’apertura è stato molto chiaro. La relazione, che in larga parte è frutto del lavoro del mio predecessore, onorevole Maat, verte principalmente sull’obiettivo della politica della pesca in generale – ossia, la pesca sostenibile – e, benché il termine “sostenibile” sia immediato, il suo significato risulta ovvio anche da quanto ha affermato poc’anzi il Commissario Borg e da quanto è previsto nell’accordo e nel protocollo.
Il fine principale dell’accordo di partenariato con la Groenlandia è quello di rafforzare le relazioni tra tale paese e l’UE. E’ necessaria una cooperazione basata sulla fiducia reciproca, ora più che mai. In definitiva sappiamo tutti da tempo che l’industria della pesca è destinata a subire mutamenti drastici nel prossimi anni. A causa della riduzione e della migrazione degli stock ittici, principalmente dovute al surriscaldamento marino, come testimonia il caso del merluzzo, ma anche a causa della prevista riduzione dei contingenti di cattura, l’industria della pesca dovrà operare in maniera diversa. Il settore ne è consapevole, ed essendosene reso conto da solo, sta sempre più intraprendendo le azioni opportune.
Per molti pescatori si tratta di un drastico cambiamento della propria attività. Alla fine nuove operazioni di pesca in futuro – ossia nel più lungo termine – porteranno a un miglioramento nel rendimento della pesca, in altre parole alla pesca sostenibile, per cui le catture dal mare saranno proporzionate alla produzione e, oltretutto, l’impatto dell’industria sull’ambiente marino sarà ridotto al minimo.
Come indica la relazione, i pescatori devono diventare gestori del mare, invece di limitarsi semplicemente sfruttare le zone di pesca e gli stock ittici. A tal fine serve cooperazione, non solo reciproca, ossia tra gli Stati membri, ma anche con partner quali la Groenlandia, soprattutto nell’ottica di un miglioramento della catena di produzione nel più lungo termine.
In qualità di relatore, rilevo che la Commissione si è impegnata in questo senso, come del resto anche il signor Commissario in particolare, e noto che la commissione per la pesca è giunta alla stessa conclusione.
Sono grato ai colleghi per il loro contributo costruttivo e vi esorto vivamente ad approvare la relazione, i cui lavori preparatori sono stati compiuti per la maggior parte qualche tempo fa dall’onorevole Maat.
In chiusura spero che la relazione sarà approvata nel corso della prossima sessione plenaria.
Helga Trüpel (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, anch’io sono lieta di constatare che ci saranno regole chiare per i due pilastri: l’accordo di pesca con la Groenlandia e l’accordo generale di cooperazione; a nome della commissione per i bilanci, vorrei dire che vogliamo ovviamente assicurare che il denaro dei contribuenti europei sia speso nella maniera più appropriata.
Da un lato, proprio per garantire che ciò avvenga – e in questo senso, Commissario Borg, la incoraggio moltissimo – devono essere predisposti controlli precisi sulle catture delle singole imbarcazioni e, dall’altro, la pesca illegale – cui lei ha dichiarato guerra – deve essere assolutamente debellata.
La commissione per i bilanci ritiene che non debbano essere stanziate altre risorse finché non si verificheranno queste due condizioni, in quando dobbiamo vegliare affinché, anche nell’ambito degli accordi di pesca, i fondi europei siano spesi effettivamente nello spirito di tali accordi, ossia non ci deve essere attività di pesca illegale e gli stock ittici devono essere protetti, altrimenti i pescatori si troveranno disoccupati in futuro. Per tale ragione coniugare l’economia e l’ecologia è una mossa intelligente.
Carmen Fraga Estévez, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, è un grande piacere riuscire finalmente a discutere un accordo di pesca con la Groenlandia, che comincia a rispettare le norme minime di trasparenza finanziaria e di non discriminazione tra armatori e Stati membri.
Dobbiamo riconoscere i progressi compiuti rispetto agli accordi precedenti, comprese le modifiche a medio termine del 2003, al fine di ottemperare – come ha detto il Commissario molto giustamente – agli orientamenti del Consiglio dei ministri e alle istanze della Corte dei conti e del Parlamento, che vertono essenzialmente sulla mancanza di trasparenza finanziaria, il cui esempio più emblematico è la consuetudine istituzionalizzata di pagare cifre astronomiche per “pesche inesistenti” o per contingenti che esistono solo sulla carta.
In ogni caso, l’accordo ha ancora troppe parti non molto chiare e i suoi contenuti sono ancora troppo diversi da quelli di altri accordi.
Per evitare di rivivere situazioni passate, desidero quindi chiedere al Commissario se ci può garantire che non sentiremo mai più parlare di pesce virtuale o che non assisteremo mai più a situazioni grottesche come quella della pesca della grancevola artica – i cui contingenti, che erano stati ripetutamente richiesti dagli armatori comunitari, alla fine sono stati restituiti intatti alla Groenlandia dopo che erano costati una fortuna – e se le possibilità di pesca inutilizzate dagli Stati membri cui sono state assegnate potranno essere usate dagli Stati membri che lo richiedono, come accade nel caso di altri accordi.
Alla luce di tali premesse, signor Presidente, non mi rimane che congratularmi con il relatore, onorevole Post, che ha avuto il difficile compito di continuare una relazione iniziata da un altro deputato, l’onorevole Maat, e che ha svolto un grandissimo lavoro.
Signor Presidente, visto che ho ancora alcuni secondi a disposizione, desidero ribadire la mia protesta per il fatto che in questa sede le relazioni sulla pesca sono sempre dibattute alla fine della seduta notturna. Come vicepresidente e come spagnola le chiedo di intervenire affinché questa situazione non debba ripetersi in futuro.
Presidente. – Onorevole Fraga, il vantaggio di discutere a quest’ora è che intervengono solo le donne, poiché pare che solo le donne lavorino a quest’ora della sera, oltre al relatore e al Presidente.
Rosa Miguélez Ramos, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, in un minuto desidero semplicemente dire che sono oltremodo lieta di ciò che il Commissario Borg ha detto in merito a questo accordo.
Proprio oggi pomeriggio riguardavo i discorsi che avevo tenuto in plenaria sulla Groenlandia nel 2003 e anche nel 2002, e credo che ci stiamo avvicinando a quanto avevamo affermato all’epoca e che stiamo ancora dicendo: vogliamo che l’accordo di pesca con la Groenlandia sia quanto più possibile simile agli altri accordi di pesca firmati dalla Comunità.
In proposito possono solo esprimere la mia soddisfazione per il fatto che ora ci sia finalmente una distribuzione calibrata dei costi tra armatori e bilancio comunitario. Posso solo esprimere tutta la mia soddisfazione per il fatto che i pagamenti finanziari siano stati allineati alle reali possibilità di pesca offerte dalla Groenlandia e, ovviamente, convengo pienamente con il Commissario che l’emendamento n. 7 deve essere bocciato, perché le flotte senza contingenti devono avere modo di accedere alle possibilità di pesca inutilizzate.
Elspeth Attwooll, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, signor Commissario, il gruppo ALDE accoglie con favore l’accordo di partenariato nel settore della pesca con la Groenlandia. Cogliamo questa opportunità per reiterare i nostri ringraziamenti al governo locale per le discussioni estremamente fruttuose su questa e su altre questioni cui ha preso parte una delegazione del gruppo in occasione della visita in Groenlandia dello scorso autunno. Non sussiste alcun dubbio sul fatto che l’accordo è vantaggioso per entrambe le parti.
Tuttavia, nutriamo gravi preoccupazioni su un aspetto del regolamento, ossia l’articolo 3, paragrafo 2. Ai sensi di tale articolo la Commissione ha la facoltà di riassegnare le licenze tra gli Stati membri nel caso in cui le possibilità di pesca non siano state pienamente utilizzate. Comprendiamo il desiderio dell’Esecutivo di garantire che i fondi comunitari spesi per questo settore siano sfruttati al massimo, ma non crediamo che la stessa procedura possa essere applicata per accordi in cui l’accesso alle risorse è commisurato alle imbarcazioni e alla stazza.
L’accordo con la Groenlandia si fonda sull’acquisto di contingenti. Differisce inoltre dagli altri accordi anche perché consente lo scambio di contingenti con la Norvegia, l’Islanda e le isole Faeroer per le quali non è prevista alcuna contropartita finanziaria.
Inoltre il regolamento connesso in materia di fissazione dei diritti al beneficio dei contingenti consente solamente agli Stati membri di scambiare contingenti con altre parti. L’articolo 3, paragrafo 2 è quindi di dubbia legalità. Oltretutto compromette il principio di stabilità relativa. L’emendamento n. 7 offre un meccanismo alternativo per giungere all’impiego ottimale delle possibilità di pesca senza provocare questo genere di problemi.
Speriamo che la Commissione comprenda che le preoccupazioni sono giustificate e che il Parlamento sostenga l’emendamento.
Catherine Stihler (PSE). – (EN) Signor Presidente, porgo i miei ringraziamenti al relatore.
Nell’articolo 3, paragrafo 2 della proposta la Commissione ha indicato che, nel caso in cui i contingenti dovessero risultare sottoutilizzati, essa potrebbe riassegnare le licenze tra gli Stati membri. E’ un atto che appare giuridicamente opinabile, come hanno sottolineato i servizi giuridici del Consiglio nell’ambito di un recente gruppo di lavoro. Visto che il livello di utilizzo è già elevato, il provvedimento è pure superfluo e pregiudicherebbe il principio della stabilità relativa, oltre ad eliminare la possibilità per gli Stati membri di scambiare contingenti con altri Stati membri, evitando di assistere a una riassegnazione da parte della Commissione.
Voglio che sia mantenuto il meccanismo attuale, che ha consentito di ottenere tassi di impiego molto più elevati, preservando i rispettivi diritti e responsabilità delle parti. Il concetto di stabilità relativa è vitale per la flotta scozzese e conferisce ai nostri pescatori i diritti storici di cui godono da secoli. Respingendo l’emendamento, tutto il sistema sarebbe a repentaglio e si ignorerebbero le differenze fondamentali tra accordi di pesca del sud, incentrati sulle licenze, e gli accordi del nord, incentrati sui contingenti. Esorto i colleghi a sostenere l’emendamento n. 7, che ribadisce il principio della stabilità relativa e sostiene i diritti di pesca storici.
Joe Borg, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, prima di tutto vi ringrazio per i commenti e per il sostegno complessivo accordato alla proposta della Commissione sull’accordo riveduto con la Groenlandia, che rappresenta una parte importante della rete di accordi di partenariato nel settore della pesca attualmente in atto.
Come ho già detto, la revisione si è resa necessaria principalmente per due motivi. In primo luogo, dovevamo garantire lo sfruttamento ottimale dei fondi spesi attraverso un impiego migliore e pieno delle possibilità di pesca e, in secondo luogo, a seguito della valutazione critica della Corte dei conti e del Parlamento, la Commissione era obbligata a conferire trasparenza all’accordo, e speriamo di esserci riusciti.
Convengo sul fatto che saranno effettuati controlli scrupolosi sull’uso delle possibilità di pesca nell’ambito del presente accordo e sull’impiego dei fondi stanziati. Desidero sottolineare che, per quanto concerne il contributo finanziario da versare come previsto dal protocollo, la Commissione non può garantire una sana gestione finanziaria in assenza di una base giuridica. In altre parole, serve un meccanismo di trasferimento che consenta alla Commissione, in caso di sottoutilizzo e nel pieno rispetto del principio di stabilità relativa e dell’articolo 25 del regolamento di riferimento, di trasferire in tempo utile le possibilità di pesca inutilizzate al fine di garantirne l’utilizzazione ottimale.
Mi preme altresì sottolineare che il nuovo meccanismo dell’accordo stabilito all’articolo 3, paragrafo 2 mira specificatamente a consentire il massimo utilizzo delle possibilità di pesca e ad eliminare il “pesce virtuale”. Sulla questione della stabilità relativa, sollevata dagli onorevoli Attwooll e Stihler, il trasferimento temporaneo delle possibilità di pesca da uno Stato membro all’altro per opera della Commissione non è in contrasto con tale principio, che ai sensi dell’articolo 21 del regolamento (CE) n. 2371/2002 disciplina l’assegnazione delle possibilità di pesca tra gli Stati membri. Tale trasferimento non produrrà alcun effetto sull’assegnazione delle possibilità di pesca tra gli Stati membri nelle acque della Groenlandia in futuro. Ogni anno l’assegnazione sarà effettuata sulla base dei criteri di ripartizione, ossia sulla base della stabilità relativa.
L’intento che soggiace all’articolo 3, paragrafo 2 è quello di garantire il massimo utilizzo possibile senza compromettere la stabilità relativa. Questo articolo esiste ed è attuato in tutti gli altri accordi con paesi terzi in cui è prevista una contropartita finanziaria. L’unico accordo che ne è sprovvisto è quello attualmente in atto con la Groenlandia. Visto che il nuovo accordo di partenariato nel settore della pesca prevede una contropartita finanziaria e quindi un considerevole apporto di fondi pubblici, è fondamentale che la Commissione si doti dei mezzi giuridici che le consentano di intervenire.
Tengo inoltre a sottolineare che, nonostante i miglioramenti conseguiti nell’accordo vigente, il tasso di utilizzo non è ottimale. Contando anche i trasferimenti alla Norvegia, tale tasso si attesta attorno all’80 per cento. Se si tolgono i trasferimenti alla Norvegia, scende al 65 per cento, e credo che sia nostro dovere nei confronti dell’opinione pubblica conseguire risultati molto migliori. Infatti questo articolo è oggetto di discussioni in seno al Consiglio, dove sarà ulteriormente dibattuto e sul quale sarà presa una decisione, ci auguriamo, l’11 giugno. Allo stesso modo potrà essere chiarita e migliorata la formulazione del testo, mantenendo il principio di stabilità relativa e garantendo al contempo il massimo utilizzo delle possibilità di pesca.
Pertanto, ci adopereremo quanto più possibile per raggiungere un accordo in Consiglio in modo da affinare la formulazione del testo allo scopo di garantire il massimo utilizzo delle possibilità di pesca nell’ambito del nuovo accordo, senza pregiudicare il principio di stabilità relativa.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 22 maggio.
22. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale