Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0084/2007), presentata dall’onorevole Robert Sturdy a nome della commissione per il commercio internazionale, sugli accordi di partenariato economico [2005/2246(INI)].
Robert Sturdy (PPE-DE), relatore. – (EN) Signor Presidente, questa è una relazione particolarmente importante. Il lavoro svolto sulla relazione dalla Commissione, compreso il Commissario stesso, e dal sottoscritto, è un lavoro accurato che evidenzia quanto sia complesso elaborare un programma avanzato per le relazioni commerciali tra l’Unione europea e gli ACP, due gruppi molto diversi ed estremamente diseguali che condividono però un obiettivo comune: il rafforzamento del commercio come mezzo per realizzare uno sviluppo reale. Per quanto tutto ciò possa suonare idealistico, ho ricevuto un convinto sostegno sia dalla Commissione sia dai rappresentanti delle regioni ACP e, nonostante le numerose preoccupazioni espresse dalle ONG e dai gruppi politici, loro ed io e, ne sono certo, anche la Commissione, rimaniamo ottimisti.
Gli APE hanno registrato un’evoluzione molto lenta a causa di idee controverse su una serie di temi, comprese l’integrazione regionale, l’individuazione di prodotti sensibili e la preparazione di proposte concrete e dettagliate per un sostegno rispetto agli APE. Agli ACP è stato chiesto di fare molte cose e, troppo spesso, l’infrastruttura istituzionale e le capacità insufficienti hanno suscitato dubbi sulla possibilità che queste proposte possano contribuire al loro sviluppo nella maniera da loro auspicata.
La scadenza del gennaio 2008 è ovviamente l’elemento che rende quest’anno così cruciale per gli APE. Il tempo sta per scadere. I negoziatori devono insistere per raggiungere sugli APE un accordo vantaggioso per tutti, un accordo che aiuterà i paesi ACP a sviluppare e sostenere le relazioni commerciali internazionali. Nel caso in cui alcune regioni abbiano bisogno di più tempo, credo sia dovere di entrambe le parti cercare di fare in modo che le esportazioni ACP verso l’Unione europea non siano danneggiate. Ritengo che l’obiettivo dovrebbe essere questo, e non la discussione sulla fattibilità di un’altra deroga OMC, benché apprezzi il fatto che la Commissione continui a concentrarsi sul rispetto delle scadenze. Sono tuttavia impaziente di conoscere le misure previste per le regioni per le quali non c’è un accordo.
La mia relazione propone una serie di raccomandazioni: regole d’origine semplificate, liberalizzate e più flessibili, pieno accesso al mercato in esenzione da dazi doganali e da contingenti per gli ACP, meccanismi di salvaguardia praticabili, meccanismi di risoluzione delle controversie e sistemi di controllo regolati da norme trasparenti e che consentano di intervenire qualora i cambiamenti apportati dagli APE abbiamo effetti dannosi sui settori economici dei paesi ACP. Questi sono gli aspetti positivi e devono essere adeguatamente inquadrati nei negoziati. Dobbiamo sapere come funzioneranno questi meccanismi, dobbiamo creare fiducia e fare in modo che l’Europa dimostri un interesse pari a quello dei paesi ACP per l’applicazione di questi meccanismi.
Abbiamo capito che, se vogliamo giungere ad una positiva conclusione degli APE, occorre da parte degli ACP un impegno maggiore di quello dimostrato durante tutti i negoziati. Solo un vero partenariato garantirà che questi accordi siano vantaggiosi per tutti. La revisione ufficiale degli APE, che avrebbe dovuto essere conclusa lo scorso dicembre, non è riuscita a produrre una relazione completa e approfondita sullo stato dei negoziati. Tutto questo è lungi dall’essere incoraggiante e sarei curioso di sapere quale precedente si creerebbe in caso di effettiva firma degli accordi.
E’ chiaro che saranno necessarie risorse addizionali per affrontare gli effetti del cambiamento derivante dagli APE. Il graduale aumento delle facilitazioni al commercio, l’assistenza tecnica e il sostegno per aiutare i produttori ACP ad assicurare la conformità con le norme dell’Unione europea devono essere sufficientemente forti da compensare le perdite in termini di redditi tariffari e aiutare i paesi ACP a beneficiare dell’accesso al mercato. Innanzi tutto, occorre un maggiore impegno per fare sì che i fondi già promessi siano spesi in modo efficace e secondo i tempi previsti. L’Unione europea deve rendere conto di tutte le sue attività in materia di aiuti allo sviluppo e, insieme agli ACP, deve definire obiettivi chiari che promuovano la competitività e la crescita degli ACP.
Gli APE possono svolgere un ruolo essenziale come strumenti di sviluppo e, adeguatamente studiati, rappresentano un’opportunità per rivitalizzare le relazioni commerciali ACP-UE, promuovere la diversificazione economica e l’integrazione regionale e ridurre la povertà nei paesi ACP.
Ho ricordato nel mio intervento che l’Unione europea deve rendere conto di quello che fa. Questi sono soldi dei contribuenti e tutti noi reputiamo fondamentale nonché irrinunciabile dal punto di vista democratico che ci sia l’obbligo di rendere conto delle proprie attività. Per molti aspetti non siamo riusciti ad aiutare i paesi ACP; ora credo che abbiamo la possibilità concreta di fare qualcosa che potrà davvero lasciare il segno, a condizione che ci sia buona volontà anche da parte di tutti loro.
Purtroppo, ora devo partire, devo rientrare per motivi personali. Ho lavorato in stretto contatto con la Commissione e il Commissario. Tra di noi la comprensione è stata ottima e desidero cogliere questa opportunità per ringraziarli. Spero che potremo continuare a lavorare nello stesso modo.
Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, reputo questa relazione molto costruttiva, realistica e apprezzabile.
Come ho già detto quest’anno alla commissione per il commercio internazionale, il contributo dell’onorevole Sturdy ci aiuta a guardare con occhi diversi alle sfide che dobbiamo affrontare in questi negoziati difficili e dai tempi strettissimi. Certo, i negoziati APE si sono mossi lentamente – più lentamente, per essere franchi, di quanto sia possibile giustificare. Allo stesso tempo dobbiamo però riconoscere che questi accordi sono nuovi, innovativi e ambiziosi. Laddove c’è un cambiamento, c’è inevitabilmente incertezza e, pertanto, vogliamo procedere con i piedi di piombo. Dobbiamo assicurare l’equilibrio tra la necessità di portare a termine questi negoziati puntualmente e la necessità di rispettare le incertezze degli altri.
Sono assolutamente d’accordo con il punto di partenza della relazione, secondo cui degli APE adeguatamente concepiti costituiscono un’opportunità per rivitalizzare le relazioni commerciali ACP-Unione europea. In realtà, direi addirittura che sono la nostra unica vera opportunità per frenare l’ulteriore deriva del commercio ACP verso la dipendenza dai beni di consumo e una sempre minore diversificazione, elementi che hanno caratterizzato il commercio ACP durante gli ultimi 25 anni. Abbiamo cercato alternative, e non mancano i suggerimenti e le idee, ma nessuno di essi è in grado di garantire la stessa sicurezza giuridica in termini di regime commerciale o gli stessi i legami con lo sviluppo che ci sono offerti dagli APE. Nessuno affronta il problema della divisione tra paesi ACP in regimi commerciali che impediscono ai mercati regionali di emergere e rinchiudono i paesi in uno stato di dipendenza nord/sud.
Mi fa pertanto piacere che la relazione riconosca la buona fede e l’approccio ambizioso che abbiamo adottato. Allo stesso tempo, ammette che il commercio non è la panacea per lo sviluppo. Solo una riforma politica guidata dall’interno e costruita sulle solide fondamenta del buon governo e un ambiente propizio all’attività economica e agli investimenti possono assicurare la crescita economica e lo sviluppo perseguiti dai paesi ACP. Convengo tuttavia che il commercio è fondamentale per sostenere e potenziare questa riforma e, conseguentemente, per assicurare crescita e occupazione per tutti. Per questo sono determinato a cogliere l’opportunità offertaci dagli APE.
La dimensione di sviluppo degli APE consiste nell’utilizzare l’accesso al mercato, non solo nel concederlo. Si tratta di finanziare gli investimenti, non solo di erogare aiuti allo sviluppo. Occorrono nuove regole adatte a un mondo globalizzato, e perciò tengo particolarmente al fatto che gli APE affrontino temi come la politica della concorrenza, gli appalti pubblici e le facilitazioni al commercio. Conosciamo tuttavia i limiti dei nostri partner e lavoreremo con loro per introdurre gradualmente il cambiamento e per individuare le esigenze e le soluzioni regionali specifiche. Nessuno sta parlando di cambiamenti o di regole da imporre dall’oggi all’indomani. Ma continueremo a dialogare. Voltare le spalle alle sfide equivarrebbe a venire meno al nostro dovere, che è quello di offrire agli ACP il futuro economico che si meritano. Vogliamo garantire uno sviluppo sostenibile, e non una povertà insostenibile.
La relazione Sturdy chiede un pieno accesso al mercato in Europa in esenzione da dazi doganali e da contingenti, ed è quello che proponiamo noi. L’offerta della Commissione per l’accesso al mercato era stata avanzata in aprile e propone un pieno accesso per tutti i prodotti con periodi di transizione per lo zucchero e il riso, al fine di proteggere i mercati gestiti da cui dipendono gli ACP. In tal modo possiamo rispettare le nostre promesse di assumere impegni estremamente consistenti in termini di accesso al mercato e di trasferire agli stessi ACP la gestione della piena flessibilità delle regole dell’OMC sulle esclusioni e l’attuazione.
Tutti sanno quale importanza gli ACP giustamente attribuiscono a un ulteriore sostegno allo sviluppo in questo negoziato. E’ un punto in merito al quale l’onorevole Sturdy avanza alcune proposte molto utili. Il finanziamento è importante. Dobbiamo aiutare gli ACP a cogliere le nuove opportunità di commercio che saranno fornite dagli APE. Gli APE non falliranno per mancanza di assistenza finanziaria – ve lo posso garantire. In tale contesto, abbiamo proposto che ognuna delle regioni che partecipano al negoziato istituisca fondi regionali APE al fine di mettere a punto uno strumento personalizzato, allineato alle norme internazionali ma controllato e gestito dagli ACP e di facile utilizzo. Questi fondi, che potrebbero essere utilizzati anche per raccogliere gli aiuti di altri donatori, potrebbero comprendere un sostegno istituzionale al fine di garantire la capacità di attuare gli APE: competitività del settore privato – dall’accesso alla finanza al riattrezzamento industriale, fino al miglioramento delle norme SPS; assistenza finanziaria nei paesi con problemi fiscali determinati dalla riduzione delle barriere tariffarie, dato che i redditi passano dai governi ai consumatori.
La nostra ambizione è pertanto chiara: costruire, attraverso gli APE, uno strumento per il commercio e lo sviluppo che stimoli i flussi di investimento, la domanda interna, l’attività del settore privato e la creazione di posti di lavoro e che, in questo modo, crei una base fiscale sostenibile che consenta ai governi degli ACP di operare, di fornire i servizi fondamentali e di decidere del loro futuro economico in assenza di deroghe, concessioni e vincoli dell’OMC.
Vorrei concludere su un aspetto politico più ampio. Sono state espresse critiche, anche dai deputati di questo Parlamento, rispetto ai negoziati, e preoccupazioni, in particolare da parte dei nostri partner ACP, sul contenuto, a vari livelli, dei negoziati. Stiamo tuttavia compiendo progressi e i negoziati sono animati da un dinamismo positivo. Abbiamo la prospettiva concreta di poter consolidare un forte partenariato per lo sviluppo tra l’Unione europea e gli ACP. Un fallimento avrebbe conseguenze estremamente gravi per l’Unione europea e per l’obiettivo di una crescita equilibrata e dinamica nei paesi ACP. Pertanto accolgo con favore la relazione e il sostegno del Parlamento in vista del raggiungimento degli accordi. Vorrei esprimere nuovamente il mio apprezzamento per la motivazione, le proposte e le raccomandazioni contenute nella relazione.
Jean-Pierre Audy, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in via preliminare desidero giustificare l’assenza della collega onorevole Sudre, trattenuta da un appuntamento con il nostro nuovo Primo Ministro François Fillon. L’onorevole Sudre avrebbe voluto intervenire sul tema della situazione particolare delle regioni ultraperiferiche dell’Unione, che le stanno particolarmente a cuore. Vorrei anche congratularmi con l’amico onorevole Sturdy per la portata e la qualità del lavoro svolto in questa eccellente relazione di iniziativa.
L’Unione deve concludere con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, i cosiddetti ACP, accordi di partenariato economico, o APE. Tali accordi sono pensati per rafforzare la crescita economica, l’integrazione regionale e la lotta contro la povertà in sei grandi zone sfavorite del pianeta. Conformemente allo spirito di Cotonou, occorre costantemente ricordare che gli APE non devono essere semplici accordi di libero scambio, nel senso dell’Organizzazione mondiale del commercio, ma devono rappresentare un vero e proprio partenariato, che consenta di creare un nuovo quadro di intervento favorevole allo sviluppo delle economie dei paesi ACP e, di conseguenza, di stabilizzare la pace, in particolare nel continente africano, grazie a una dinamica di integrazione regionale.
In ragione della loro posizione geografica, vicina a numerosi paesi ACP, i territori d’oltremare, che appartengano o meno all’Unione europea, devono essere al centro di questi accordi preferenziali e reciproci. E’ assolutamente indispensabile che la situazione particolare delle regioni ultraperiferiche e dei paesi e territori d’oltremare sia tenuta in considerazione nell’ambito di questi negoziati, conformemente all’articolo 299, paragrafi 2 e 3, del Trattato. Le regioni ultraperiferiche e i paesi e territori d’oltremare devono essere coinvolti più a monte possibile nel corso dei negoziati perché sia possibile considerare le differenziazioni in termini di accesso al mercato e coordinare le rispettive soluzioni di accompagnamento, in vista di una loro maggiore integrazione nel loro ambiente regionale.
E’ in questo contesto, onorevoli colleghi, che vi incoraggio a sostenere gli emendamenti cofirmati dagli onorevoli Sudre e Sturdy, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, e destinati a stabilire un equilibrio intelligente tra l’integrazione regionale di questi territori ultraperiferici e i legami storici e geopolitici che li uniscono all’Europa.
Margrietus van den Berg, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, sono grato all’onorevole Sturdy. Siamo tutti d’accordo nell’affermare che il commercio può contribuire a combattere la povertà. Purtroppo, i vantaggi commerciali per i paesi ACP previsti dall’accordo di Cotonou hanno un effetto limitato nella pratica, come del resto anche l’iniziativa “Tutto fuorché le armi”.
Tutto questo è imputabile alla debolezza della situazione del commercio nelle regioni in via di sviluppo in questione, ai rigorosi obblighi europei standardizzati in materia di importazioni e alle regole di origine che finora non sono state modificate o appositamente formulate per rispondere a situazioni concrete. Proprio per questi problemi, i paesi ACP non partecipano all’economia mondiale, anzi semmai se ne stanno allontanando.
Per questo motivo, il dibattito sugli accordi di partenariato economico non dovrebbe concentrarsi principalmente sulla conclusione di accordi di libero scambio, ma piuttosto di contratti di sviluppo. L’elemento che dovrebbe essere centrale in questi contratti è lo sviluppo del commercio all’interno della propria regione, compreso il quadro istituzionale e le risorse in termini di personale, che sono difficili da costituire, unitamente agli Obiettivi del Millennio. Solo successivamente potremo pensare ad aprire i mercati all’Unione europea. E’ qui che secondo noi si trova il problema.
Tutto sembra essere orientato verso la data del 1o gennaio 2008, il che è naturalmente logico, poiché la scadenza è il 1o gennaio, ma allo stesso tempo la flessibilità ora offerta nei negoziati è in realtà troppo poco legata agli indicatori di sviluppo e molto di più a vaghi indicatori temporali. L’idea dei 25 anni è stata ventilata, anche se mai esplicitamente citata.
La Commissione è disposta a collegare l’accesso dell’Unione europea ai mercati in questione a un benchmark di sviluppo, affinché possiamo essere certi che i mercati locali siano pronti? Per quanto riguarda le regioni che alla fine non decidono per un accordo di partenariato economico (APE) – e vorremmo ribadire che i negoziati in materia godono del nostro appoggio incondizionato –, se si decide di non concludere un APE, la Commissione è disposta a riconoscere che sia doveroso accettare l’alternativa di un sistema di preferenze generalizzato?
Conosciamo la discussione tecnica ma, a nostro modo di vedere, senza considerare banane e zucchero – in quanto, nella pratica, sono stati esclusi dall’equazione, in particolare da noi – siamo in presenza di un’alternativa reale alle attuali condizioni commerciali. Se l’Unione europea è disposta a impegnarsi in vista di una rapida riforma delle regole di origine – cosa che il Commissario ha confermato nel corso di un’altra discussione poco fa – potremmo forse davvero compiere qualche passo avanti a tale riguardo.
Per passare ora ai temi di Singapore, credo naturalmente che sarebbe fantastico se le regioni volessero servirsene in qualsiasi momento. Non c’è nulla di sbagliato, anche se non dovremmo imporre nulla.
E’ di fondamentale importanza rispettare la scadenza dei negoziati APE, come ho già segnalato. Per questo, vogliamo concentrarci sul concetto del contratto di sviluppo, e in proposito il gruppo socialista al Parlamento europeo ha segnalato che dovremmo darci un po’ di margine durante i negoziati, in termini di tempo, contenuti e fondi, e concludere un contratto negoziale nel vero senso del termine. Se gli APE dovessero andare in quel senso, sarebbe fantastico; altrimenti, semplicemente dovremmo concludere che non si tratta di una buona offerta. Vi esorto anche a mettere sul tavolo negoziale il GSP+, come vera alternativa, e a parlarne apertamente durante i dibattiti.
Sajjad Karim, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il relatore per l’impostazione scelta. La scelta dell’onorevole Sturdy di prendere come punto di partenza la risoluzione dell’assemblea parlamentare paritetica UE-ACP approvata a Barbados ha fatto sì che la relazione sia riuscita a superare la fase del compromesso.
Nel suo insieme, il mio gruppo è stato soddisfatto del tono e dell’equilibrio del lavoro, ed è il motivo per il quale non abbiamo presentato alcun emendamento. Tuttavia, ci continua a preoccupare una contraddizione fondamentale contenuta nella relazione e che caratterizza lo svolgimento stesso dei negoziati: da una parte, esortiamo i negoziatori a intensificare l’impegno per completare i negoziati prima della fine di quest’anno, mentre, dall’altra, chiediamo alla Commissione di non esercitare una pressione eccessiva sui paesi ACP. Entrambe le affermazioni sono corrette, ma sicuramente non c’è nulla di più assillante del tic tac di un orologio che avanza inesorabile senza alcun accordo accettabile sul tavolo e senza che sia possibile intravedere alcuna alternativa apparentemente idonea.
Il Commissario sa bene quali difficoltà pongono le scadenze. Non stiamo solo trattando dei negoziati APE, sullo sfondo abbiamo anche i calendari relativi all’integrazione regionale e, naturalmente, il complesso ciclo negoziale di Doha. Il fatto che non ci sia un accordo OMC ha reso ancora più ardui questi negoziati, in quanto gli ACP non sono in grado di prevedere ancora quello che otterranno – se mai otterranno qualcosa – da Doha.
Il filo conduttore di tutto questo è tuttavia lo sviluppo. Per fare sì che una maggiore liberalizzazione diventi l’elemento trainante della riduzione della povertà e della crescita economica, l’Unione europea deve integrare le sue politiche per il commercio e lo sviluppo, un obiettivo che in nessun altro caso è così importante come lo è con gli ACP e gli APE.
L’Unione europea viene accusata di anteporre la scadenza annuale allo sviluppo. Per confutare queste accuse, esorto il Commissario a dimostrare la flessibilità e l’impegno della Commissione nei confronti delle preoccupazioni degli ACP avviando una concreta analisi delle alternative orientate allo sviluppo agli APE, e, se non avremo un accordo praticabile entro la scadenza prevista, conformemente a Cotonou, dobbiamo almeno assicurare parità di accesso al mercato agli ACP il 1o gennaio 2008.
L’Unione europea dispone delle risorse necessarie per intraprendere un esercizio di questo tipo. Allo stesso tempo, gli ACP lottano a livello finanziario e tecnico. Abbiamo già dedicato molto tempo alla discussione degli aiuti al commercio dell’Unione europea questa mattina, e i due relatori hanno collaborato strettamente per fare in modo che le due relazioni progredissero di pari passo.
Il programma di aiuti al commercio dell’Unione europea è fondamentale per consentire ai paesi ACP meno sviluppati di ottimizzare i vantaggi di una maggiore liberalizzazione, e il Consiglio ha già confermato che una quota sostanziale degli aumenti relativi agli aiuti commerciali sarà destinata ai paesi ACP.
Gli ACP continueranno ad aver bisogno di molta assistenza per lo sviluppo per gestire i vincoli esistenti sul lato dell’offerta, dopo il prossimo FES. Mi piacerebbe che la Commissione e gli Stati membri lavorassero insieme al fine di incrementare in misura significativa la portata degli aiuti al commercio disponibili in misura proporzionata all’aumentare della domanda dei paesi ACP, a seguito dell’attuazione degli APE. Dobbiamo tuttavia riconoscere le difficoltà morali che si trova ad affrontare un donatore seduto al tavolo negoziale di fronte a un importante beneficiario di aiuti al commercio.
La Commissione non deve manipolare le prospettive di aiuto, condizionando gli aiuti futuri allo sviluppo alle concessioni eventualmente fatte dagli ACP negli APE. Gli aiuti, per definizione, possono essere utilizzati come carota, ma non devono in nessun caso essere utilizzati come bastone, se non si concludono gli APE entro la scadenza del 2007.
Gli aiuti allo sviluppo funzionano al meglio quando realizzano un insieme di obiettivi condivisi tra donatore e beneficiario.
Con la commissione per il commercio internazionale e la delegazione del Parlamento europeo all’assemblea paritetica, il Commissario dispone di una schiera di parlamentari dotati della competenza e della volontà di impegnarsi con lui rispetto agli APE. Visto che le lancette dell’orologio continuano ad avanzare inesorabili, sollecito il Commissario a lavorare con questi colleghi al fine di individuare per gli APE una soluzione orientata allo sviluppo che risponda alle esigenze degli ACP.
Leopold Józef Rutowicz, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Sturdy sugli accordi di partenariato economico contiene un resoconto preciso della situazione attuale.
Nonostante un forte impegno da parte dell’Unione europea, l’attuale situazione non è positiva. Una cooperazione basata su accordi che non tengono conto del mercato mondiale né dei principi stabiliti dall’OMC non promette nulla di buono per accordi di partenariato nel contesto ACP.
Gli aiuti dell’Unione europea a questi paesi dovrebbero essere in primo luogo tesi a stimolare produzioni non in concorrenza con i produttori dell’Unione europea. Non devono pertanto creare un conflitto di interessi. I prodotti in questione possono essere venduti sul mercato dell’Unione europea sulla base di accordi pluriennali. Potrei citare, per esempio, i prodotti minerari e i biocombustibili. Oltre agli aiuti umanitari, la priorità fondamentale per questi paesi è l’assistenza in vista della creazione di posti di lavoro.
Gli accordi di partenariato con i paesi ACP dovrebbero essere in linea con la strategia economica dell’Unione europea. I nuovi accordi dovrebbero basarsi su principi stabiliti dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e dai paesi ACP.
Frithjof Schmidt, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, i negoziati entrano ora in una fase cruciale e non possiamo permettere che falliscano. E’ tuttavia altrettanto chiaro, se ascoltiamo quello che ci viene continuamente detto, che la forte pressione in termini di tempo si sta rivelando eccessiva per i più deboli tra i nostri paesi partner.
Per questo abbiamo bisogno di un sistema più flessibile per la pianificazione del commercio dopo il 1o gennaio 2008. Dovremmo imparare dagli errori del ciclo negoziale di Doha; in quel caso c’era una data irrevocabile che poi è stata superata. Visti i risultati intermedi che sono stati raggiunti, non sarà difficile spiegarlo all’Organizzazione mondiale del commercio. Si è discusso di alternative, come l’ampliamento e l’ulteriore sviluppo del GSP+. Potrebbe essere una via percorribile, per la quale ci dobbiamo preparare, perché non può arrivare in modo inaspettato. Dovremmo smettere di sovraccaricare i negoziati con le regole per gli investimenti nel settore dei servizi. Tutto questo complica i negoziati e, lungi dal condurci a una rapida conclusione, ci impedisce di concentrarci sulle questioni essenziali.
Vittorio Agnoletto, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il negoziato EPA, così come condotto dalla Commissione europea con l’avallo del Consiglio, mette a rischio la sovranità economica ed alimentare dei paesi ACP, pregiudica ogni residua possibilità per questi paesi di consolidare le proprie filiere produttive aumentando il valore aggiunto delle proprie produzioni e li espone al rischio di un’ulteriore deindustrializzazione.
L’impatto socioambientale dell’apertura indiscriminata dei mercati locali agli investimenti internazionali, principalmente orientati al settore delle risorse naturali e della terra stessa, si sommerebbe negativamente alla mancanza di effettivi ritorni economici per le popolazioni di quei paesi: l’unico vantaggio sarebbe per le grandi aziende multinazionali europee! Su capitoli come i cosiddetti temi di Singapore, il commercio dei servizi e i diritti di proprietà intellettuale ci troveremo inoltre dinanzi a regole ancora più stringenti di quelle fissate dalla stessa Organizzazione mondiale del commercio. Un accordo OMC Plus spingerà le popolazioni africane ancora di più nel baratro dell’indigenza!
In Africa è a rischio la stabilità di intere comunità rurali, sono a rischio migliaia di posti di lavoro dell’industria della manifattura. Senza lavoro non resta che migrare, tentando la sorte su quelle carrette del mare che negli ultimi giorni sono tornate a invadere le sponde europee del Mediterraneo.
Come gruppo GUE chiediamo di fermare i negoziati EPA così come impostati e ripartire su basi differenti mettendo al centro la giustizia sociale, la solidarietà e l’autosviluppo dei popoli. Consideriamo inconcepibile ed illogico che mentre il negoziato sul Doha Round vive uno stallo la Commissione europea pretenda che il negoziato EPA non possa prevedere deroghe sulla scadenza negoziale.
Tutta l’Unione europea dovrebbe invece adoperarsi in sede WTO affinché si ottenga il riconoscimento di un regime transitorio per mantenere un sistema di preferenze commerciali a vantaggio dei paesi ACP, fintantoché un nuovo accordo non sarà finalizzato. Per tutti questi motivi ed altri ancora che non ho tempo di addurre, la decisione del mio gruppo è quella di votare contro la relazione Sturdy.
Jerzy Buzek (PPE-DE). – (PL) Grazie, signor Presidente. Prendo la parola anche in qualità di membro della delegazione permanente dell’Unione europea nei paesi ACP. Desidero ringraziare il Commissario per la sua dichiarazione e sostengo le sue osservazioni fondamentali. Un ringraziamento speciale va al relatore onorevole Sturdy. La relazione è ottima e molto approfondita, riporta però 53 punti estremamente dettagliati. Potremmo dire che contiene quasi delle istruzioni negoziali.
Desidero sottolineare la professionalità del lavoro intrapreso, mi preoccupano tuttavia certi aspetti politici che dovrebbero emergere da una relazione del Parlamento europeo. E mi riferisco a quelli che reputo essere i cinque punti più importanti relativi all’effetto che noi, Parlamento europeo, possiamo avere sui negoziati.
Primo, è fondamentale chiarire l’aspetto relativo allo sviluppo sostenibile degli accordi di partenariato economico, un aspetto che non è attualmente del tutto chiaro ai paesi con i quali stiamo negoziando.
Secondo, occorre capire che l’apertura del mercato nell’ambito degli accordi di partenariato economico, la semplice apertura del mercato, non migliora di per sé la competitività. E’ molto importante che anche i nostri partner nei paesi ACP lo capiscano.
Terzo, dovremmo trovare il modo di incoraggiare le riforme in quei paesi, mediante preferenze, incentivi e anche aiuti a livello scientifico e formativo e scambi di personale. Si tratta sostanzialmente di promuovere lo sviluppo generale della civiltà, che talvolta è anche più importante dell’apertura del mercato ai prodotti.
Quarto, dovremmo proteggere certi settori specifici e sensibili di quei paesi, come l’agricoltura. Dobbiamo assicurare protezione a certi gruppi sociali, come le donne, per esempio, che possono anche essere minacciate dall’applicazione di misure individuali. Devono essere introdotte preferenze speciali per i medicinali e tutto ciò che è correlato alla sanità.
La mia quinta e ultima osservazione: l’integrazione e la cooperazione regionale sul campo, in quelle aree, sono fondamentali. Anche l’Unione europea si è sviluppata principalmente grazie alla mutua cooperazione, e questo è un elemento che dobbiamo sottolineare.
Kader Arif (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il negoziato sugli accordi di partenariato economico tra la Commissione e i paesi ACP suscita fortissime preoccupazioni tra questi paesi e si svolge in un clima incompatibile con lo storico rapporto di partenariato che ci lega.
Si percepisce da parte dell’Europa il tentativo di imporre a ogni costo e alle sue condizioni zone di libero scambio a paesi tra i più poveri al mondo. E’ in gioco il rapporto di fiducia con i paesi ACP.
Dobbiamo riaprire i negoziati su basi nuove per rispondere alle preoccupazioni emerse nei paesi ACP in merito agli effetti che gli APE possono avere sul futuro delle loro economie, molti settori delle quali non riuscirebbero a resistere a un abbassamento delle protezioni doganali e a una situazione di concorrenza incontrollata con l’economia europea.
La Commissione deve ritornare ai principi definiti nell’accordo di Cotonou. Quando si parla di apertura dei mercati, l’obiettivo è lo sviluppo e non la reciprocità. Tale principio sarebbe in contraddizione con l’obiettivo fissato, tenuto conto delle disparità di sviluppo, che non scompariranno certo nel giro di vent’anni. Questi paesi devono avere pertanto la possibilità di scegliere tra un APE e un’altra forma di accordo preferenziale.
A coloro che non firmeranno un APE entro la fine del 2007 dobbiamo offrire condizioni di accesso al mercato almeno equivalenti alle preferenze di cui beneficiano ora, senza che nessuno di loro si debba trovare in una situazione più sfavorevole dopo la conclusione di questi accordi.
Inoltre, i servizi e i temi di Singapore non dovrebbero essere inseriti nei negoziati. L’unico obbligo, per quanto concerne il rispetto delle regole dell’OMC, riguarda le preferenze concesse per il commercio di beni. Questi temi sono stati esclusi dai negoziati in seno all’OMC su richiesta dei paesi in via di sviluppo e non dovrebbero essere improvvisamente reintrodotti per i paesi ACP. Si tratta innanzi tutto di temi di competenza dei gruppi regionali dei paesi ACP, la cui sovranità in materia va rispettata. La Commissione deve pertanto ritirarli dai negoziati.
Inoltre, i parlamenti dei paesi ACP e del Parlamento europeo, insieme alla società civile, devono poter avere accesso a tutti gli elementi dei negoziati, essere consultati e coinvolti durante il loro svolgimento.
Infine, se sono necessari tempi più lunghi per il buon esito del negoziato sugli accordi di partenariato economico, la Commissione deve dare prova di flessibilità e difendere tale principio presso i membri dell’OMC.
Johan Van Hecke (ALDE). – (NL) Signor Presidente, l’onorevole Sturdy ha preparato una relazione equilibrata che tiene anche conto delle giuste critiche espresse dai partner ACP per la scarsa attenzione che l’Unione europea riserva durante i negoziati alle loro lamentele, rivelandosi invece troppo propensa a imposizioni unilaterali.
Vorrei sottolineare un aspetto spesso trascurato, ossia la dimensione regionale degli accordi di partenariato economico, che mira al rafforzamento del commercio sud-sud. Gli obiettivi di sviluppo possono essere realizzati solo se la finalità degli APE è quella di incoraggiare una buona gestione economica, promuovere l’integrazione regionale delle economie ACP, nonché attirare e trattenere ulteriori investimenti. Aiuti al commercio tempestivi ed efficaci costituiscono una conditio sine qua non se vogliamo accrescere il potenziale commerciale delle regioni ACP.
A questo riguardo, vorrei ricordare alla Commissione l’impegno assunto dal suo Presidente Barroso di stanziare a favore dei paesi in via di sviluppo 1 miliardo di euro in aiuti al commercio. Non è un buon segno che l’accordo del Consiglio sulle prossime prospettive finanziarie non abbia provveduto a costituire una riserva sufficiente a coprire i 190 milioni di euro proposti e necessari ogni anno per i paesi del protocollo zucchero.
Dopo tutto, mantenere le promesse è una questione di credibilità elementare, e potrebbe benissimo sancire il successo o il fallimento dei negoziati.
Carl Schlyter (Verts/ALE). – (SV) Ci sono tre concetti fondamentali che la Commissione deve tenere a mente nei negoziati: ascoltare, non imporre condizioni e non farsi prendere dall’ansia. Dobbiamo ascoltare le richieste dei paesi ACP.
Questi negoziati non sono condotti su un piano di parità. Lei, Commissario Mandelson, ha centinaia di esperti a disposizione. I paesi ACP, da parte loro, ne hanno pochissimi. Noi abbiamo moltissimo potere economico. Loro non hanno che le prime espressioni di commercio e industria. Noi potremmo acquistare in un colpo solo tutto il loro commercio e la loro industria. Loro fanno fatica a procurarsi da mangiare per la giornata. In presenza di una tale diversità di condizioni, è importante che noi ascoltiamo le loro richieste e cerchiamo di soddisfarle.
Gli accordi di partenariato economico sono necessari per promuovere il loro sviluppo, e non per accrescere i nostri profitti. Non dobbiamo pertanto esercitare alcun tipo di coercizione. Se questi paesi non vogliono aprire un mercato, noi dobbiamo seguire il dettato del paragrafo 17 della risoluzione e non obbligarli a farlo. Tutti gli esperti di commercio formati alla scuola del pensiero neoliberista credono che la riduzione delle tariffe sia sempre un fattore positivo e che il libero commercio sia sempre meglio del commercio equo, ma la realtà dimostra che le cose non stanno così. Inoltre, è la realtà che vivono i nostri partner negoziali. Una liberalizzazione sbagliata può provocare la morte di queste persone. Si possono spiegare loro le nostre convinzioni, ma sono poi loro a dover decidere. Se sbagliano, saranno loro a sbagliare. E’ più facile convivere con errori di cui si è personalmente responsabili e che si possono correggere che vivere in condizioni di povertà estrema imposte da altri. La reciprocità è inutile. Dobbiamo lasciarli decidere da soli. Noi possiamo vivere con o senza reciprocità, ma loro ne possono morire.
Infine, non dobbiamo farci prendere all’ansia. Spero pertanto che il Parlamento elimini il considerando F e approvi l’emendamento n. 4. Lasciamo che i negoziati si prendano tutto il tempo necessario e lasciamo invariato, allo stesso tempo, il sistema di preferenze generalizzato. Possono continuare a vendere a noi, senza avere una spada di Damocle sopra la testa. Insieme ai paesi ACP, noi 27 Stati membri dell’Unione europea costituiamo un gruppo dominante nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio. Se vogliamo, possiamo affermare congiuntamente che è necessario prorogare la durata dei negoziati o altrimenti individuare alternative agli accordi di partenariato economico.
Gabriele Zimmer (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Commissario, quando l’OMC ha stabilito che le preferenze doganali concesse dai paesi dell’Unione europea alle loro ex colonie determinavano allo stesso tempo una penalizzazione di altri paesi in via di sviluppo non chiedeva un nuovo ordine mondiale.
Signor Commissario, a mio avviso lei sopravvaluta abbondantemente la competenza della sua autorità in materia di pianificazione. Le bozze APE che lei ha ora sbattuto sul tavolo delle parti negoziali costituiscono il palese superamento del suo mandato negoziale. Lei tratta con disprezzo l’esperienza che noi stessi abbiamo acquisito in Europa, e sembra voler far passare a tutti i costi un patchwork di alleanze tra Stati basate unicamente su considerazioni economiche. In questo modo, non dando ai suoi partner nemmeno l’opportunità di tentare di trovare un terreno sociale e politico comune, lei non fa che assicurare alle imprese europee un enorme vantaggio competitivo.
Come prima cosa, respingo l’idea di imporre ai nostri paesi partner condizioni analoghe a quelle che gli esponenti radicali del libero mercato non sono riusciti a fare accettare nemmeno all’interno dell’Unione europea. Non si può fare finta di non vedere che le sue norme in materia di appalti pubblici non hanno che un fine: l’apertura forzata del mercato; lei cerca di mettere due pugili sullo stesso ring, anche se uno dei due pesa 100 chili più dell’altro.
Per questo la esorto a sospendere tutti i negoziati che riguardano le tariffe doganali e a concentrare invece le sue energie verso la riorganizzazione dell’OMC affinché tenga maggiormente conto delle esigenze dello sviluppo.
David Martin (PSE). – (EN) Signor Presidente, desidero associarmi alle parole di chi si è già congratulato con l’onorevole Robert Sturdy per quella che reputo una relazione molto valida. La relazione sottolinea giustamente che siamo in presenza di negoziati tra partner diseguali, come hanno del resto ricordato molti degli oratori intervenuti stamani. Credo che all’origine di molti dei problemi stia il fatto che la Commissione e i paesi ACP hanno una diversa percezione dei negoziati. Se guardiamo alla scadenza della fine dell’anno, la percezione della Commissione è che la scadenza costituisce uno strumento fondamentale per rispettare i suoi obblighi in materia di OMC. D’altra parte, molti dei paesi ACP hanno l’impressione che la scadenza sia utilizzata per spingerli ad accettare frettolosamente accordi inadeguati, e ritengo che la Commissione debba fare molto di più per rassicurare i paesi ACP in merito al fatto che la scadenza non è e non sarà usata per costringerli con le minacce ad accettare accordi che accettabili non sono.
Per quanto riguarda la situazione degli aiuti, la Commissione dice, e il Commissario Mandelson ha ribadito stamani, che i negoziati non falliranno per mancanza di fondi. Ma è ingiusto aspettarsi che i paesi ACP prendano decisioni a lungo termine sulla liberalizzazione e sull’integrazione regionale, senza avere un’idea a lungo termine della portata degli aiuti che sarebbero messi a disposizione per aiutarli a definire i quadri normativi regionali atti ad individuare nuovi metodi di raccolta delle entrate governative per compensare le perdite in termini di reddito tariffario o per creare quelle infrastrutture che, come abbiamo potuto constatare sulla base della nostra esperienza nell’Unione europea, sono della massima importanza per sviluppare la nostra economia regionale.
Sul tema dell’accesso al mercato, ho sentito il Commissario dire in Aula che l’Unione europea non ha obiettivi commerciali offensivi nei confronti dei paesi ACP. Ma ancora una volta, quando sentiamo i negoziatori, ci rendiamo conto che loro hanno la sensazione che la Commissione li stia spronando ad aprire i nostri mercati dei servizi e a fare altre offerte in termini di apertura dei mercati.
Dico tutto questo nel sincero convincimento che la Commissione persegua l’idea di un pacchetto per lo sviluppo con queste sei regioni. La Commissione crede di agire nell’interesse dei paesi ACP, ma deve capire che questi negoziati tra partner diseguali creano sospetti nel partner più debole. Quando noi parliamo di scadenze, loro vedono minacce; quando noi siamo vaghi sul pacchetto degli aiuti, loro mettono immediatamente in relazione la portata dell’apertura dei mercati che sono disposti a offrire e l’entità del loro pacchetto di aiuti. Se vogliamo superare queste preoccupazioni, dobbiamo conferire maggiore apertura e trasparenza ai negoziati stessi e dobbiamo promettere che, una volta conclusi i negoziati, gli accordi raggiunti saranno oggetto di un attento controllo parlamentare, in modo che i paesi ACP possano essere certi che sin dalla loro attuazione, ci sarà il coinvolgimento dei parlamentari nel processo.
Fiona Hall (ALDE). – (EN) Signor Presidente, seguire il progresso dei negoziati APE è stato come vivere in due universi paralleli. Da una parte, ci sono state dichiarazioni degli ACP secondo cui il processo non pone sullo sviluppo l’accento che invece dovrebbe mettere. I paesi ACP insistono nell’affermare che subiscono pressioni perché negozino alle condizioni della Commissione e sono particolarmente preoccupati per il fatto che la Commissione non ha previsto del tempo per un’adeguata valutazione dell’impatto e ha respinto qualsiasi valutazione non in linea con la propria posizione. Dall’altra parte, stranamente, la Commissione ha sempre affermato che nessuno si sta lamentando o chiede alternative agli APE.
Tuttavia, la revisione degli APE, condotta nel gennaio 2007 dalla commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite, è stata chiara. Questa analisi esterna e indipendente è giunta alla conclusione che i negoziati non avevano posto abbastanza enfasi sullo sviluppo e invece un’enfasi eccessiva unicamente sulla liberalizzazione del commercio. Vista questa valutazione esterna delle Nazioni Unite, non capisco come la Commissione possa continuare ad affermare che i negoziati APE sono caratterizzati da una dinamica positiva e che tutto va per il meglio.
Glenys Kinnock (PSE). – (EN) Signor Presidente, sono fiduciosa che la Commissione prenderà nota delle preoccupazioni che molti – in realtà la maggioranza – dei deputati del Parlamento hanno espresso stamani.
I negoziati APE sono chiaramente in una fase molto critica, e questa settimana i ministri dell’Unione europea e dei paesi ACP si riuniscono a Bruxelles per analizzare i progressi compiuti, in un momento in cui, come già rilevato da altri, subiscono un’intensa pressione in vista di una conclusione entro la fine del 2007. La realtà è naturalmente che, anche laddove sono tecnicamente ben preparati, i paesi ACP sono ancora confrontati a gravi problemi politici tra i paesi ACP stessi, all’interno dei governi dei paesi ACP, tra governi e settore privato, società civile e organizzazioni che si occupano di integrazione regionale.
L’onorevole Martin ha esposto alcune osservazioni molto interessanti sui sospetti e sull’ansia che vivono i paesi ACP. Nelle scorse settimane, sono stata sia in Africa occidentale sia in Africa orientale e, dal Primo Ministro del Senegal al Presidente del Ghana al ministro del Commercio della Tanzania, il messaggio è sempre stato lo stesso: ci sono troppi problemi irrisolti. Per quanto concerne gli aiuti per il commercio: sono fondi nuovi? Si può prevederne l’ammontare? Quando saranno disponibili? Sui livelli di integrazione regionale, in Tanzania sono venuta a conoscenza degli enormi problemi presenti in quel paese e della nuova configurazione dell’Africa occidentale che si sta pianificando e di cui penso che il Commissario sia stato informato per iscritto. Ci sono poi i temi di Singapore, che altri hanno citato e che stanno attualmente causando enormi difficoltà nei negoziati SADC.
La maggior parte degli Stati ACP ha accolto favorevolmente l’accesso in esenzione da dazi doganali e senza l’imposizione di quote. Resta tuttavia il fatto – che non sono certa sia stato citato – che almeno una dozzina di Stati membri manifestano preoccupazione e obiezioni rispetto alla proposta, e alcuni paesi ACP si preoccupano dell’impatto su zucchero, banane e riso. Solo ieri, Barbados diceva che la regione potrebbe trarne beneficio solo se l’Unione europea garantisse la creazione della capacità tecnica, produttiva e infrastrutturale in grado di consentire un’ottimizzazione delle opportunità, in particolare per lo zucchero, tra il 2009 e il 2015.
Molti dipingono questo scenario da giorno del giudizio. Pertanto, se non sarà possibile arrivare alla firma entro la fine dell’anno, agli ACP dovrebbe essere assicurato un elevato livello di accesso al mercato utilizzando il GSP+.
L’affermazione secondo cui non esistono alternative non è vera, così come non lo è l’asserzione secondo cui nessuna regione o paese ACP ne ha chieste. Una recente ricerca condotta dall’ODI, dalle Nazioni Unite e da altri indica un GSP rafforzato come valida alternativa agli APE, che assicurerebbe lo spazio vitale necessario per il prosieguo dei negoziati. Il GSP+ assicurerebbe un accesso più generoso del GSP, che chiaramente non costituisce un’opzione. La maggior parte dei paesi ACP potrebbe tranquillamente soddisfare i criteri di ammissibilità e avrebbe un livello di accesso al mercato pressoché equivalente a Cotonou per le esportazioni attuali, con pochissime eccezioni.
Alain Hutchinson (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzi tutto esprimere la mia soddisfazione per il modo in cui oggi questo dibattito è stato condotto in Aula. E voglio farlo, tra le altre cose, perché credo che questo smentisca clamorosamente le asserzioni che abbiamo sentito regolarmente durante gli ultimi mesi, secondo cui solo alcuni pazzi del gruppo socialista al Parlamento europeo e una società civile che sfida la Commissione europea per principio o per abitudine si preoccuperebbero dello svolgimento e dell’esito dei negoziati sugli accordi di partenariato economico. Non è assolutamente vero, come abbiamo potuto constatare questa mattina.
Semplificando, in realtà oggi si pone un unico interrogativo nell’ambito di questi negoziati, ed è il seguente: la Commissione è in grado di garantire ai paesi ACP che, una volta firmati, questi accordi assicureranno loro condizioni di sviluppo più favorevoli rispetto a quelle di cui godono oggi? Se è in grado di farlo, personalmente non ho più molti problemi rispetto a questi accordi di partenariato economico. Se invece non lo è, come temo, allora dobbiamo respingerli, nella loro forma attuale e fino a quando favoriranno ingiustamente una visione troppo mercantile dei rapporti tra le persone, escludendo qualsiasi altra dimensione ed andando a ledere l’interesse generale delle popolazioni dei paesi ACP.
Il miglioramento delle condizioni di vita del maggior numero possibile di nostri contemporanei e delle generazioni future, al nord come al sud, è un obiettivo prioritario che abbiamo il diritto di esigere da parte della Commissione. Conseguentemente, la Commissione ha il dovere di portare avanti i negoziati su questi accordi, con buona volontà e in tutta trasparenza. Al riguardo, faccio riferimento alle osservazioni estremamente concrete e corrette del collega onorevole Arif. La Commissione ha tuttavia anche il dovere di concedere a se stessa e ai nostri partner il tempo necessario, come hanno ricordato molti degli oratori intervenuti prima di me. E’ ormai venuto il momento che tale esigenza, espressa da milioni di cittadini europei che noi rappresentiamo in quest’Aula, sia considerata con molta più serietà e rispetto di quanto si faccia oggi.
Signor Commissario, stamani sentiamo molti deputati parlare, con una certa frequenza e insistenza – e questi dibattiti sono all’ordine del giorno qui in Aula –, di economia, apertura dei mercati e competitività. Questi termini, non dimentichiamolo, dobbiamo considerarli per quello che sono, ossia concetti e, nella migliore delle ipotesi, strumenti che hanno valore solo in ragione del loro eventuale contributo al soddisfacimento dell’interesse generale, dell’interesse del numero più elevato possibile di persone, e non di un gruppo – sempre più grande – di privilegiati che sapranno approfittare, al nord come al sud, di qualsiasi vecchio accordo concluso con qualsiasi vecchia parte, ma piuttosto di un numero sempre maggiore di uomini, donne e bambini che, insieme, costituiscono la maggioranza degli esclusi del nostro mondo e che si aspettano moltissimo da un rapporto, se non generoso, almeno equilibrato con i loro partner europei.
Marie-Arlette Carlotti (PSE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, nelle sue ultime proposte, l’Unione ha valutato l’idea di estendere il concetto “Tutto fuorché le armi” a tutti i paesi ACP.
E’ sicuramente un progresso che consentirebbe di garantire che nessuno di questi paesi subisca gravi perdite dopo il 2007, ma non è una soluzione miracolosa in grado di trasformare gli APE in accordi per lo sviluppo. Perché diventino accordi per lo sviluppo, occorre andare oltre: dobbiamo prevedere un periodo di transizione molto più lungo dei dieci o dodici anni attualmente proposti; dobbiamo mettere fine al dumping agricolo e rispettare il principio della sovranità alimentare; dobbiamo offrire un trattamento davvero speciale e differenziato e consentire ai paesi ACP di proteggere alcuni dei loro settori; dobbiamo porre fine alla pressione sui temi di Singapore, per rispettare il diritto di tutti gli Stati di gestire liberamente i propri servizi pubblici; infine, dobbiamo coinvolgere maggiormente le società civili e i parlamenti.
Credo che sia questo il prezzo da pagare se vogliamo che gli APE servano, in via prioritaria, allo sviluppo dell’Africa e non solo a quello dell’Europa.
Peter Mandelson, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, è per me un piacere intervenire nel dibattito a nome della Commissione, in ragione dell’importanza del tema. La posta in gioco per gli ACP è elevatissima: niente di meno che lo sviluppo futuro, la riduzione della povertà e le opportunità per utilizzare i vantaggi del sistema del commercio internazionale. Si tratta di alcuni dei paesi più poveri al mondo che si meritano da parte nostra un impegno assoluto.
Gli accordi di partenariato economico prevedono l’uso del commercio come leva per lo sviluppo. Non abbiamo alcuna intenzione di costringere i paesi ACP a prendere impegni contro la loro volontà. Tuttavia abbiamo un vincolo: gli APE devono essere conformi all’OMC, ivi compresa l’apertura bilaterale del commercio per beni e servizi. Questo naturalmente, e lo dico con enfasi, non significa un’apertura commerciale simmetrica tra Unione europea e paesi ACP. Ovviamente, l’apertura dei mercati dell’Unione europea verso i suoi partner sarà maggiore di quella dei partner ACP verso l’Unione europea.
Inoltre, in molti ambiti, siamo disposti a considerare seriamente l’ipotesi dei periodi di transizione e in alcuni casi periodi di transizione molto lunghi – fino a 25 anni –, unitamente a un sostanziale sostegno finanziario per aiutare questi paesi a concretizzare i loro impegni, affinché gli APE fungano davvero da catalizzatori per le riforme politiche nei paesi ACP.
Per quanto concerne l’accesso al mercato, recentemente il Consiglio “Affari generali” dei nostri Stati membri ha riaffermato il principio dell’accesso in esenzione da dazi doganali e senza imposizione di quote per gli ACP, ma con periodi di transizione per alcuni prodotti sensibili, segnatamente riso e zucchero. Lo stesso principio si applica alle banane, ma abbiamo deciso che occorre procedere a una valutazione aggiuntiva, in particolare per tenere conto delle regioni ultraperiferiche dell’Unione, e questa valutazione ci sarà.
In termini più specifici, per rispondere all’intervento dell’onorevole van den Berg, segnalo che, insieme alle regioni ACP, stiamo mettendo a punto programmi di accesso al mercato asimmetrici che consentano di continuare a proteggere i settori sensibili per gli ACP. La nostra offerta in esenzione da dazi e senza imposizione di quote assicura un ampio margine per proteggere gli ACP e per aprire i loro mercati in modo molto asimmetrico. Inoltre, saranno adottati meccanismi di salvaguardia flessibili in modo da poter agire rapidamente in caso di problemi. Tuttavia, un programma di accesso al mercato condizionato metterebbe ancora una volta i nostri accordi commerciali in una posizione vulnerabile in sede di OMC, creando ulteriore incertezza per gli operatori e gli investitori ACP. L’introduzione di un approccio condizionato di questo tipo non sarebbe pertanto una soluzione saggia dal punto di vista degli interessi degli stessi paesi ACP.
Alcuni deputati hanno parlato di alternative agli APE. Lo posso dire senza alcuna esitazione o restrizione: non abbiamo a disposizione alcuno strumento migliore e più rispettoso dello sviluppo che possa superare le ambizioni e il potenziale offerti dagli APE. Non avrebbe minimamente senso offrire il GSP, come suggerito da qualcuno, se possiamo invece negoziare validi accordi di partenariato economico. I paesi ACP che non sono PMS si troverebbero confrontati a condizioni di accesso al mercato all’Unione europea peggiori rispetto a quasi tutti gli altri paesi in via di sviluppo nel mondo.
Certo, alcuni continuano a proporre il GSP+ come alternativa, rendendo meno rigorosi i criteri di ingresso al GSP+ e ampliando la sua copertura. Ma è un’opzione del tutto inaccettabile. Il GSP+ perpetua le divisioni del regime commerciale tra PMS e non-PMS che gli APE stanno cercando di eliminare e non promuove l’uso dell’accesso al mercato nella misura in cui lo fanno invece gli APE. Il GSP è aperto a tutti i paesi e molti semplicemente approfitterebbero dei criteri GSP+ meno rigidi, esponendo gli ACP ad una concorrenza diretta e andando al contempo a compromettere l’obiettivo stesso del GSP+, che è quello di usare le preferenze commerciali per promuovere la firma di accordi sui diritti umani e le buone pratiche di lavoro. Spero pertanto che non si persegua o si prenda in considerazione l’idea del GSP o del GSP+ come un’alternativa accettabile e/o migliore degli APE.
L’opzione di gran lunga migliore per lo sviluppo è quella di firmare gli APE secondo i tempi previsti. Qualsiasi alternativa non sarebbe all’altezza di questo obiettivo. Non possiamo semplicemente ignorare le regole dell’OMC sulla sezione del commercio di beni degli APE. Se poi ci renderemo conto che, per una qualsiasi delle regioni, non ce la faremo, i PMS avranno “Tutto fuorché le armi”; per i non PMS che esportano banane, in particolare, la via della deroga non è, con ogni probabilità, politicamente percorribile. Per altri, le cose dipendono dai progressi nei negoziati.
Vorrei concludere affermando che, a differenza di alcuni di coloro che sono intervenuti stamani in Aula, io ritengo che l’approccio dei paesi ACP sia molto realistico e dimostri che capiscono quello che occorre fare nel loro stesso interesse. I paesi ACP hanno volontariamente accettato il percorso che stiamo seguendo nel negoziato sugli accordi. Non è certamente nell’interesse degli ACP, per chi si presenta come amico degli ACP, diffondere scenari da giorno del giudizio, suscitare timori e insicurezza che non possono che avere un effetto: quello di impedire agli ACP di impegnarsi nei negoziati, che è assolutamente nel loro interesse concludere entro la fine dell’anno.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Desidero ringraziare calorosamente il relatore per aver sottolineato quanto sia necessaria un’azione da parte dell’Unione europea nei negoziati sugli accordi di partenariato economico.
Innanzi tutto, non dovremmo dimenticare che dobbiamo lavorare in vista dell’efficace integrazione dei paesi ACP nel commercio mondiale e del conseguimento dello stesso successo in tutti i gruppi regionali. E questo può avvenire, tra le altre cose, attraverso concessioni commerciali e aiuti tecnici per i produttori, affinché possano essere compensate le perdite di entrate dei dazi. Ma ciò non basta a dare a questi paesi quello di cui hanno bisogno: per poter trarre effettivi vantaggi dall’accesso facilitato al mercato, hanno bisogno anche della guida e della presenza di esperti.
Inoltre, a mio avviso, sarà probabilmente necessario semplificare le procedure amministrative di base, se vogliamo che i paesi ACP riescano ad utilizzare in modo più efficiente le risorse a loro disposizione.
Credo che noi, deputati al Parlamento europeo, dovremmo essere coscienti del fatto che il commercio con Stati come questi va anche nell’interesse dell’Europa. Inoltre, come cittadini di Stati sviluppati, abbiamo il dovere, nei confronti dei cittadini dei paesi ACP, di fare tutto quanto in nostro potere per facilitare la loro concreta integrazione nel commercio mondiale.