Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0198/2007), presentata dall’onorevole Giuseppe Gargani a nome della commissione giuridica, sulla verifica dei poteri di Beniamino Donnici.
Giuseppe Gargani (PPE-DE), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, riferisco in Aula sul lavoro svolto in commissione, la quale ha discusso in modo approfondito sulle credenziali dell’on. Donnici, arrivando a un risultato in larga maggioranza favorevole alla relazione.
Difendo la commissione, di cui ho il grande onore di essere presidente, e rispondo a chi fa meschine insinuazioni – le quali ovviamente non fanno onore neppure a questo Parlamento dato che la commissione ha nel suo interno fior di giuristi – secondo cui essa non sarebbe stata serena e non sarebbe stata obiettiva. Abbiamo persone e giuristi come Lehne, Medina, Wallis, Frassoni, solo per citare i coordinatori, e anche tante altre personalità in tutta la commissione. Abbiamo discusso sempre ad alto livello, con grande approfondimento e con grande sincerità. Abbiamo sempre più di tutto approfondito il ruolo di questo Parlamento, che è un gigante per tante cose che fa e per il ruolo che ha in Europa, ma è un nano alcune volte quando lo si vuol costringere in un angolo burocratico.
La questione di cui discutiamo rientra in questa grande questione: i fatti sono noti, la rinunzia dell’on. Occhetto è in contrasto con l’Atto europeo e Donnici non può avere una valutazione positiva.
La disciplina della procedura elettorale europea è materia di competenza comunitaria e pertanto il rinvio alle disposizioni nazionali disposto dall’Atto europeo del ’76 ha solo carattere suppletivo. Le disposizioni nazionali devono essere comunque conformi ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario, alle sue regole di carattere primario nonché allo spirito della lettera dell’Atto del ’76. Per queste ragioni, le autorità nazionali competenti legislative e amministrative come quelle anche giurisdizionali, non possono non tenere conto del complesso giuridico comunitario in materia elettorale.
La conformità della rinunzia dell’on. Occhetto deve essere valutata in primo luogo alla luce dell’articolo 4 dell’Atto del ’76, in base al quale i membri del Parlamento non possono essere vincolati da istruzioni nel ricevere il mandato imperativo e la libertà e l’indipendenza dei deputati costituiscono il pilastro fondamentale della libertà del cittadino.
Questo è stabilito nell’Atto del ’76, ma il nuovo Statuto dei deputati europei che ora cito, anche se entra in vigore nella prossima legislatura, è allo stato attuale dell’ordinamento comunitario un atto legislativo di diritto primario, adottato dal Parlamento europeo con l’approvazione del Consiglio e pubblicato nella Gazzetta ufficiale. E’ più che evidente che la rinunzia all’elezione formulata dall’on. Occhetto è il risultato di un’espressione di volontà condizionata e viziata da un accordo precedente alla proclamazione degli eletti nelle elezioni europee del 2004, concluso con l’altra componente della lista Società civile Di Pietro-Occhetto, e che questa rinunzia deve ritenersi incompatibile con la lettera e lo spirito dell’Atto del ’76, in particolare con l’articolo 6. Non poteva in nessun caso essere validamente revocata, come è stata revocata. Nel motivare la sentenza contraria il Consiglio di Stato – voglio ribadirlo in quest’Aula da italiano – non ha menzionato né tenuto conto in nessuna parte dei citati principi di diritto comunitario, con ciò disattendendo non solo lo spirito e la lettera dell’Atto ma anche l’articolo 4 e l’articolo 6 del testo.
Conformemente ad una consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, la violazione del diritto comunitario da parte delle autorità di uno Stato membro, anche quando sia stata commessa da un organo giurisdizionale di ultimo grado, mediante una sentenza passato in giudicato, non impedisce alla Corte di giustizia di poter constatare la suddetta violazione del diritto comunitario da parte del Giudice nazionale supremo. Ma non sottrae lo Stato, in questo caso l’Italia cui detto giudice appartiene, alla sua responsabilità patrimoniale, così come stabilito. Credo che tutto questo dimostri chiaramente la situazione nella quale ci troviamo.
Rapidamente voglio dire due cose che appartengono al diritto italiano. L’atto di rinunzia può avere validamente per oggetto diritti presenti e in tal caso è pienamente operativo sotto il profilo dell’esplicazione ed efficacia la rinunzia che l’on. Occhetto fece nei confronti dell’on. Chiesa. La rinunzia è valida anche per i diritti futuri, ma naturalmente questa rinunzia può essere certamente revocata prima che l’evento si determini, prima che il rinunciatario si trovi nella condizione effettiva di poter rinunziare.
La rinunzia espressa dell’on. Occhetto dopo la proclamazione dei risultati elettorali non ha modificato la graduatoria dei candidati della lista Di Pietro-Occhetto. L’argomento definitivo, onorevole Presidente, è proprio che per un principio elementare di diritto bisogna riconoscere che la rinunzia non può esplicare i suoi effetti se non al momento in cui si realizzano i necessari presupposti perché il diritto possa essere realizzato.
Proprio per questa ragione, nella decisione del 3 luglio del 2006 che si invoca per dimostrare una contraddittorietà rispetto a quello che noi abbiamo fatto – proprio per quella decisione della commissione giuridica – abbiamo dato parere positivo all’elezione di Occhetto, perché all’epoca la proclamazione era conforme all’Atto europeo, perché riconoscevamo la sua rinunzia non valida, irrituale e nulla. E le eccezioni dell’on. Donnici allora erano irrilevanti. Proprio per questo non c’è contraddizione.
Abbiamo deciso lo scorso anno in questo modo, e oggi possiamo confermare quella stessa decisione perché è coerente, meditata da una commissione giuridica che naturalmente non ha nessuna partigianeria, ma fa l’interesse per promuovere e per garantire l’autonomia di questo Parlamento.
Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, ritengo che ci troviamo in un momento davvero importante della storia di questo Parlamento. Il relatore, presidente della commissione giuridica, onorevole Gargani, ha esposto le motivazioni giuridiche, su cui concordiamo. Il mio gruppo ha presentato una serie di emendamenti mirati a rafforzare tale argomentazione giuridica.
Tuttavia, dovremmo esaminare il tema in una prospettiva più ampia. Il Parlamento europeo – la commissione giuridica – ha sempre riconosciuto le decisioni delle autorità nazionali rispetto alla nomina di un europarlamentare e ha anche riconosciuto i procedimenti di contenzioso elettorale.
Non è però accettabile che, praticamente a tre anni dalle ultime elezioni, un anno dopo l’assegnazione del seggio al Parlamento europeo all’onorevole Occhetto, improvvisamente il sistema giudiziario italiano ci venga a dire che quella nomina non era valida.
L’onorevole Gargani ha spiegato le ragioni dal punto di vista giuridico, ma c’è un elemento politico fondamentale: il Parlamento è costituito da deputati nominati in conformità del diritto nazionale, mediante decisioni di autorità nazionali – amministrative, elettorali o giudiziali.
Tuttavia, una volta qui in Parlamento, quest’ultimo costituisce un’entità di diritto, con personalità propria, con il diritto di difendersi. Il caso Occhetto stabilirà un precedente parlamentare importante. D’ora in poi, le autorità nazionali amministrative o giudiziali sapranno che il Parlamento ha la facoltà, in un determinato momento, di dichiarare che una decisione nazionale non è a norma di legge, che è stata arbitraria.
Il Parlamento ha il diritto e il dovere di proteggere i propri deputati. Se non lo facciamo, ci esponiamo a una situazione in cui per una decisione arbitraria di un’autorità nazionale o di un tribunale nazionale, lei, signor Presidente, o qualunque altro deputato di questo Parlamento, potrà essere privato della sua condizione di europarlamentare. E’ essenziale per il lavoro parlamentare che i deputati al Parlamento si sentano sicuri nello svolgimento del proprio dovere.
Io credo che l’onorevole Gargani abbia svolto un ottimo lavoro come presidente – in tanti anni abbiamo discusso di molti temi – e in questo caso abbiamo un accordo tra tutte le parti, che non riflette alcun interesse di partito, ma risponde alla necessità di difendere lo status del Parlamento europeo in quanto tale.
Il Parlamento europeo, questo organismo che rappresenta i popoli europei, si costituisce come un’entità propria dotata di potere decisionale. Non è come il Consiglio che dipende dalle trasformazioni della politica nazionale. Noi parlamentari europei abbiamo un mandato, un mandato a scadenza fissa che non può essere interrotto da una decisione nazionale arbitraria.
Pertanto, ribadisco che la decisione Occhetto sarà una decisione storica nella storia del Parlamento, nella storia dell’affermazione della personalità del Parlamento e dei diritti dei parlamentari europei.
Luigi Cocilovo, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, se concordo su qualcosa è che c’è il rischio che la decisione di questo Parlamento segni una tappa effettivamente storica, perché con essa si compromettono questioni, problemi, principi, regole che vanno ben oltre l’episodio. Mai questo Parlamento ha messo in discussione il principio e la regola dettati dalle norme del Trattato circa la competenza nazionale a dirimere le contestazioni relative alla procedura elettorale e, quindi a proclamare gli eletti, per i quali il Parlamento poi procede alla cosiddetta verifica dei poteri, cioè dei titoli elettorali.
A conferma di quanto sto dicendo, preferisco citare, anziché commentare, testualmente il contenuto della decisione del Parlamento, adottata il 14 dicembre 2004 da questa plenaria, per convalidare il mandato di tutti noi eletti in quella tornata di elezioni europee. Il mandato è stato validato, cito testualmente “…sotto riserva di eventuali decisioni delle autorità competenti degli Stati membri nel caso di contestazione di risultati elettorali”. Questa plenaria ha confermato una regola nota a tutti!
Aggiungo, che a suffragio della propria decisione, la commissione giuridica richiama una serie di articoli sia dell’Atto europeo elettorale, sia del regolamento, continuando a fare riferimento alla competenza del Parlamento per intervenire in caso di dimissioni. Ma non siamo parlando di alcuna dimissione! La questione su cui si è pronunciata la magistratura italiana con sentenza riguarda la contestazione o la risoluzione della contestazione sulla elezione, una volta che è decaduto da membro del Parlamento l’onorevole Di Pietro, con la sua sostituzione da parte dell’on. Occhetto o dell’on. Donnici. Il contenzioso si è risolto con una sentenza provvisoria e non definitiva, che aveva portato alla proclamazione di Occhetto; è intervenuta poi la sentenza successiva del Consiglio di Stato – dell’Ufficio elettorale, è lo stesso on. Gargani, non ha importanza – è intervenuta la sentenza a fronte del contenzioso, la sentenza definitiva del Consiglio di Stato che ha proclamato l’on. Donnici. Non discutiamo delle dimissioni di Occhetto, della loro compatibilità con la formula, con la lettera, con il mandato, discutiamo esclusivamente della prerogativa e delle competenze delle autorità nazionali per proclamare un membro di cui poi si convalidano i titoli elettivi.
Le conseguenze del voto che ci apprestiamo a esprimere comporterebbero un gravissimo conflitto istituzionale, violazione delle norme del Trattato, l’eventuale vacanza di un seggio, perché in ogni caso sarebbero le autorità nazionali poi a dovere proclamare l’eletto in alternativa a colui a cui non è stato validato il mandato.
Concludo esprimendo tutto il mio apprezzamento per i componenti della commissione. On. Gargani, nessuno mette in dubbio la competenza dei componenti, anzi avete tutta la mia ammirazione, perché la competenza autentica di un giurista si giudica non quando difende le cause vinte, ma quando difende le cause perse. Il modo con cui siete riusciti ad ottenere questo risultato merita tutto il mio apprezzamento e la mia stima.
Salvatore Tatarella, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, con tutto il rispetto per la moltitudine di autorevoli giuristi che affollerebbe la commissione giuridica, più modestamente ritengo che se domani quest’Aula approvasse la relazione Gargani, il Parlamento europeo commetterebbe un atto gravissimo e senza precedenti, un arbitrio inaudito contro un deputato che si vedrebbe illegittimamente privato del suo mandato parlamentare, un’inedita e singolare violazione dei trattati che in materia elettorale riconoscono chiaramente la prevalenza delle leggi, dei procedimenti e dell’autorità degli Stati membri. Un conflitto grave con uno Stato membro, che si vedrebbe privato di un deputato riconosciuto tale dalle leggi e dall’autorità giudiziaria di quel paese.
Signor Presidente, la commissione giuridica ha usurpato poteri che non le appartengono. Io non parteggio per alcuno dei due contendenti. Sono indifferente politicamente perché entrambi di centrosinistra, comprendo il problema personale dell’on. Occhetto, che mi è pure umanamente simpatico. Qui però è in gioco il diritto, la corretta composizione del Parlamento europeo, la credibilità della massima istituzione comunitaria. Deve quindi essere rispettata la giustizia e solo la giustizia, resti fuori la politica e ogni meschino calcolo partitico. Che fiducia i cittadini dovrebbero riporre in un Parlamento europeo che falsa la sua composizione escludendo un membro che ha tutti i titoli per farne parte.
Veniamo ai fatti: l’autorità giudiziaria con sentenza definitiva ha proclamato Donnici. Lo Stato italiano ha comunicato l’elezione al Parlamento europeo. La commissione è stata investita della verifica dei poteri dell’on. Donnici. Doveva verificare i suoi titoli e le sue eventuali incompatibilità. E’ pur vero che poteva prendere in esame ricorsi di terzi e quindi legittimamente ha esaminato le contestazioni avanzate dall’on. Occhetto. Ciò che non poteva fare è dichiarare nullo un atto reso innanzi a un pubblico ufficiale di uno Stato membro. Questa è attività giurisdizionale che spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria dello Stato membro che se ne è occupata e ha pronunciato una sentenza irrevocabile e definitiva.
Nicola Zingaretti (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi intervengo per ringraziare in primo luogo il presidente Gargani, perché il tema è stato molto complesso e difficile, il lavoro svolto è stato un lavoro fatto con grande sapienza e senso di responsabilità, seguendo un unico criterio: tutelare in primo luogo i diritti e le prerogative di questo Parlamento.
Il punto di sintesi, il punto di caduta delle decisioni assunte è giusto e soprattutto evita che si realizzi un precedente, cioè che si riconoscano atti o iniziative che vincolano scelte dei candidati o di coloro che si apprestano a diventare parlamentari europei.
E’ vero che è una novità e probabilmente ha anche un precedente, ma sono un precedente e una novità giusta e garantista nei confronti delle prerogative del Parlamento europeo. Gli atti che stiamo compiendo sono legati a una funzione, a una prerogativa che ci è riconosciuta e ci dà il diritto di esprimerci, accettare, giudicare o rifiutare delle credenziali e degli atti che ci vengono sottoposti. Quindi nessuno scippo, ma solo il diritto di esprimere un’opinione che questo stesso Parlamento ci dà.
Presidente. – Bisogna prima proteggere i diritti dei colleghi e poi i diritti del Parlamento europeo.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Carlo Casini (PPE-DE), per iscritto. – Voterò contro la proposta di decisione, per i seguenti motivi, che, ne sono certo, saranno accolti dalla Corte di giustizia. La proposta è erronea perché:
1) in generale la designazione degli eletti è riservata agli organi nazionali come stabilito dagli articoli 7 e 11 dell’Atto del 20 settembre 1976;
2) alla lettera C: l’on. Occhetto non ha affatto rinunciato al mandato, ma alla nomina da parte dell’Ufficio centrale elettorale italiano e alla posizione nella lista dei candidati votati; la rinuncia di cui parla l’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento, è quella di un parlamentare già nominato e non riguarda gli atti che precedono la nomina;
3) alla lettera D: il divieto di mandato imperativo riguarda l’esercizio di un mandato già ricevuto e non i comportamenti precedenti la nomina;
4) alle lettere E, F e G: è fuori luogo il richiamo allo statuto dei deputati non ancora entrato in vigore e comunque ai deputati successivamente alla nomina;
5) alle lettere J, I, K e L: il Consiglio di Stato con sentenza definitiva non ha solo annullato, ma riformato la precedente decisione del TAR;
6) il numero 2: il Parlamento non può sostituirsi all’Ufficio italiano nella nomina di un parlamentare.