Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione la relazione presentata dall’on. Béla Glattfelder, a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sulla proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1784/2003 relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (COM(2006)0755 – C6-0044/2007 – 2006/0256(CNS)) (A6-0141/2007).
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, onorevoli deputati, la Commissione ha seguito con grande interesse il dibattito in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sulla relazione dell’onorevole Glattfelder. La questione è molto delicata.
Abolire uno strumento quale l’intervento per il granturco, come proposto dalla Commissione, non è mai facile. Tuttavia, in questo caso è necessario, e i fatti dimostrano l’esistenza di un problema strutturale correlato a tale intervento. Tale strumento non rappresenta più una rete di sicurezza, bensì è diventato un vero e proprio sbocco di mercato. In uno Stato membro circa un terzo del raccolto nel 2004-2005 e nel 2005-2006 è stato offerto all’intervento. Gli agricoltori stanno producendo direttamente per l’intervento stesso. Vi sembra giusto in un periodo in cui i prezzi di mercato sono a un livello normale? Le scorte dell’intervento comunitario per il granturco sono raddoppiate dal 2003-2004 al 2004-2005, passando da 2,8 milioni di tonnellate a 5,6 milioni di tonnellate. Se tale crescita dovesse continuare, l’Unione europea disporrà di 15,6 milioni di tonnellate di scorte nel 2013. Non si tratta decisamente di uno sviluppo gradito alla Commissione in un periodo in cui le riforme della PAC stanno eliminando le scorte di altri prodotti.
La relazione indica che la proposta della Commissione non sarebbe in linea con il principio delle aspettative legittime, si baserebbe su stime di mercato errate e produrrebbe ripercussioni negative sui mercati dei cereali. Vorrei chiarire il motivo per cui la Commissione non condivide tali opinioni, a partire dalle aspettative legittime.
Le decisioni di semina degli agricoltori si basano su una serie di considerazioni e principalmente sulla commerciabilità dei loro prodotti. La proposta della Commissione non interferisce con l’ampia gamma di potenziali sbocchi commerciali del granturco. Il mercato e la stabilità del reddito non vengono compromessi in alcun modo e le aspettative legittime vengono pienamente rispettate.
Sull’aspetto economico della proposta, sottolineo che le stime della Commissione si basano su tendenze a lungo termine. Previsioni formulare da istituti di ricerca indipendenti confermano l’analisi della Commissione secondo cui il mantenimento dello status quo non è semplicemente sostenibile. L’assenza di offerte di intervento durante la campagna in corso e la rivendita delle scorte di intervento nel mercato interno non possono essere considerate prove definitive del fatto che il mercato avrebbe trovato un nuovo equilibrio. La verità è ben diversa e i dati economici della produzione di granturco indicano che, a livelli di prezzo normali, in alcuni Stati membri il granturco verrebbe nuovamente offerto all’intervento, e in quantità cospicue.
Da tale situazione la Commissione ha desunto la necessità di un intervento. Non possiamo difendere un semplice status quo. Non è nell’interesse del settore agricolo continuare a insistere su un regime che si è allontanato così evidentemente dal proprio obiettivo originario. Volevamo agire tempestivamente e abbiamo proposto l’abolizione immediata del programma, ma ci rendiamo conto che ciò creerebbe qualche difficoltà. Siamo pertanto disposti a discutere una riduzione graduale del programma di intervento per il granturco, che potrebbe essere effettuata in un periodo di due anni, trascorsi i quali avremmo la possibilità di valutare e discutere il futuro del programma nel contesto dell’health check. Il Commissario Fischer Boel è disposta a partecipare a tale discussione. La Commissione non può tuttavia accettare che il Parlamento respinga semplicemente ogni considerazione sulla modifica del programma di intervento per il granturco, come proposto dall’onorevole Glattfelder. Pertanto, ci auguriamo sinceramente che il Parlamento europeo non sostenga la raccomandazione volta a respingere la proposta della Commissione e prenda invece parte a un dibattito sull’organizzazione di una riduzione graduale dell’insostenibile programma di intervento per il granturco.
Béla Glattfelder (PPE-DE), relatore. – (HU) Possiamo esaminare la proposta della Commissione europea da due prospettive, e spero che ascolterete con attenzione quanto sto per dirvi. La prima prospettiva verte sulla fondatezza della proposta, mentre la seconda attiene alla sua eventuale legittimità.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il nostro compito è relativamente semplice, in quanto dobbiamo soltanto verificare se le ragioni presentate nella proposta in oggetto siano ad oggi ancora valide. Sei mesi fa, quando ha presentato la proposta, la Commissione sosteneva che da allora ad oggi, alla data odierna, ci sarebbero stati 9 milioni di tonnellate di granturco dell’intervento, e 11 milioni entro la fine dell’anno. Le cose sono andate diversamente.
Le scorte dell’intervento ammontano attualmente soltanto a 3 milioni di tonnellate, non a 9, e al momento non sono in ascesa; inoltre, non ci sono state offerte di intervento nel 2006, e non ce ne saranno neanche nel 2009. Le scorte stanno diminuendo costantemente, ed entro la fine dell’anno potrebbero addirittura arrivare a zero, invece che a 11 milioni di tonnellate.
I prezzi correnti sono notevolmente più alti del prezzo di intervento. Contrariamente alla giustificazione offerta dalla Commissione, le prospettive di mercato per il granturco sono buone. Varrebbe la pena che la Commissione leggesse le proprie previsioni di mercato. La scorsa settimana la DG Agricoltura ha pubblicato una previsione di mercato nuovissima; in base a tale relazione, i prezzi continueranno a lievitare. Il consumo comunitario sta crescendo più rapidamente della produzione. Non dovremmo basare le nostre decisioni attuali sulle stime erronee di sei mesi fa, bensì su queste previsioni più recenti, avallate dalle tendenze del mercato.
Aggiungo inoltre che dal 2004 le vendite delle scorte di intervento hanno comunque avuto luogo in base a prezzi superiori a quello di intervento. L’UE incassa più denaro per il granturco di quanto non l’abbia pagato. Al momento il prezzo del granturco in Ungheria è di circa 130 euro, rispetto al prezzo di intervento di 101 euro. Tuttavia, per i coltivatori di granturco l’acquisto delle scorte nel 2005 ha consentito di evitare una perdita di circa 200 milioni di euro. La vendita dei prodotti acquistati a sua volta ha consentito agli allevatori, principalmente nei Paesi Bassi, in Germania, in Italia e in Polonia, di acquistare mangimi a prezzi notevolmente inferiori a quelli del mercato mondiale.
Nell’arco degli ultimi quattro anni l’intervento ha giovato non solo i produttori europei, bensì anche ai consumatori. Tuttavia, la Commissione ha iniziato a perdere la testa perché nei due anni di produzione record le scorte di intervento hanno registrato un incremento significativo. Ora non c’è più ragione di farsi cogliere dal panico. Negli anni di calo della produzione è stata dimostrata una corrispondente diminuzione delle scorte, e in base alle ultime previsioni della Commissione, tali scorte in futuro continueranno ad assestarsi su livelli bassi. Si può pertanto concludere che la proposta, nella forma in cui è stata presentata dalla Commissione, non è più giustificata, e le ragioni originarie su cui si reggeva si sono dimostrate infondate.
Esaminiamo ora se la proposta sia o meno legittima. Lo scopo che si propone è porre termine all’intervento a decorrere da quest’anno. Gli agricoltori hanno già seminato il granturco lo scorso aprile, le piantine sono spuntate e sono ormai alte così. Guardate, vi prego: il granturco è già alto così! Ho raccolto queste piantine qui, lungo il Reno. Spero che l’agricoltore non me ne voglia, perché dopo tutto sto difendendo anche i suoi interessi e i suoi diritti. Neanche la Commissione europea può ordinare a questo granturco di tornare sottoterra.
Ovviamente, gli agricoltori si sono dovuti preparare alla semina con largo anticipo. In autunno hanno scelto il campo da destinare alla coltivazione del granturco. Hanno ordinato le sementi e i prodotti per la tutela della pianta, e tutto ciò ha comportato una spesa. Durante l’anno, ogni genere di restrizione al regime degli interventi costituisce una norma retroattiva. Si tratta di una violazione grave della sicurezza legale e delle aspettative legittime dei coltivatori.
L’Unione europea, che va fiera dei propri principi e del suo Stato di diritto liberale, non può accettare un fatto del genere. La proposta in questione non solo è contraria ai nostri principi, ma anche alla prassi seguita in precedenza dalla Commissione. Durante le riforme precedenti – riforma dello zucchero, abolizione dell’intervento per la segale – era stato concesso un tempo preparatorio sufficiente. Ad esempio, ai tempi dell’abolizione dell’intervento per la segale, era trascorso un anno tra la pubblicazione del regolamento e la sua attuazione. Perché i coltivatori di cereali non hanno diritto al medesimo trattamento? Non sono anch’essi cittadini dell’Unione come tutti gli altri? Se gli agricoltori vengono trattati così, a chi toccherà la prossima volta?
Se il Parlamento europeo non protegge i diritti dei cittadini, come può tutelare i suoi stessi diritti? E’ quello che serve in questo frangente. Il Consiglio di fatto non ha aspettato che il parere del Parlamento venisse accettato. La commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale aveva già deciso la scorsa settimana di abolire l’intervento con effetto retroattivo. Tale commissione ha inoltre deciso che in occasione del prossimo Consiglio dei ministri avrebbe votato su tale questione senza tenere alcun dibattito.
Indipendentemente dalla decisione che prenderemo, non possiamo più influire sul Consiglio. Domani non decideremo sul futuro della politica agricola comune, bensì dibatteremo tale questione nel contesto del cosiddetto health check. Decideremo che non accettiamo regolamenti con effetto retroattivo e adesso possiamo permetterci di essere onesti, possiamo appellarci ai nostri principi, vale a dire che dobbiamo respingere la proposta illegittima della Commissione.
James Nicholson, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi col relatore per la relazione ed esprimere un’opinione molto sentita, vale a dire che capisco le difficoltà che ha affrontato, visto lo Stato membro da cui proviene.
Ritengo che, se ci dev’essere un cambiamento in termini di politica, tale modifica deve avvenire in maniera graduale in un determinato periodo, indipendentemente dalla politica in questione, per consentire alla produzione di adattarsi al cambiamento.
Quando sono stato eletto eurodeputato – diversi anni fa, ormai – c’erano montagne di burro, laghi di latte e celle frigorifere traboccanti di carne bovina. Ora tutto ciò fa praticamente parte del passato. Abbiamo assistito a molte riforme della politica agricola comune che sono state attuate nel corso degli anni, da MacSharry ad Agenda 2000 e alla revisione intermedia, e adesso – il Commissario non è presente stasera, e so perché – siamo in attesa delle proposte per l’health check.
Viviamo in un mondo di mercati in cambiamento e può risultare molto difficile prevedere quali potrebbero essere i prezzi futuri in un momento preciso. Basta guardare i prezzi mondiali attuali del latte per rendersi conto che il cambiamento può avvenire in un arco di tempo molto breve.
L’intervento non può che essere una soluzione a breve termine per gli agricoltori, perché nel lungo termine conseguiranno rendimenti migliori sul mercato. Ritengo che i nuovi Stati membri debbano rivolgere lo sguardo al lungo termine per trovare altre soluzioni per il granturco, invece che semplicemente per gli alimenti. L’impiego alternativo consiste nel trovare una destinazione ancora più vantaggiosa per tutti. A mio parere, i nuovi paesi membri dovrebbero studiare le alternative e noi dovremmo aiutarli in tal senso. Nel lungo termine si riveleranno più proficue del regime degli interventi.
In quest’area particolare ci dev’essere una certa dose di compromesso tra Commissione, Consiglio e Parlamento. A mio avviso, i quattro emendamenti di compromesso che riconoscono il problema dei nuovi Stati membri rappresentano il modo migliore di proseguire.
Bogdan Golik, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signora Presidente, i cambiamenti che la Commissione europea intende apportare al sistema attuale degli interventi per il mercato cerealicolo escludendo il granturco dal programma si propongono di risolvere il problema dell’incremento annuale delle eccedenze di granturco.
Concordo con le argomentazioni della Commissione sull’esigenza di riformare il meccanismo degli interventi, ma l’attuazione di tali cambiamenti da un giorno all’altro potrebbe essere più deleteria che proficua. La riforma del mercato cerealicolo dovrebbe essere graduale, e le misure adottate dovrebbero risolvere il problema attuale in maniera completa. Occorre concedere agli agricoltori tempo sufficiente per prepararsi ai cambiamenti. Invece di escludere improvvisamente il granturco dal regime degli interventi, una soluzione potrebbe essere rappresentata dal mantenere l’intervento fino al 2008, per poi ridurre gradualmente il regime di interventi per il granturco stabilendo limiti massimi di intervento per i singoli Stati membri a seconda dei loro livelli di produzione, come accade attualmente col mercato del riso (una soluzione del genere aumenterebbe la trasparenza del sistema e agevolerebbe il controllo del mercato); si potrebbe poi mantenere il programma di interventi per il granturco per un periodo transitorio di due anni, a condizione che vi siano controlli severi per impedire l’accumulo di eccedenze eccessive.
Tali soluzioni ci consentirebbero di abolire gradualmente l’intervento per il granturco senza provocare dissesti improvvisi sul mercato; non si tratta infatti solamente di un programma di interventi, ma anche di un sostegno alle esportazioni dal libero mercato sotto forma di rimborsi per le esportazioni. In tale contesto dobbiamo anche modificare i nostri attuali strumenti di sostegno alle esportazioni di cereali dal libero mercato per consentire l’esportazione di merci da paesi che si trovano in una posizione geografica sfavorevole, quali Austria, Repubblica ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria. Il mercato principale per le esportazioni comunitarie di cereali è l’Africa settentrionale e il Medio Oriente, il che significa che per i paesi citati esportare cereali si traduce in un costo notevole di trasporto via mare su distanze più lunghe rispetto ai cereali esportati da porti in Europa occidentale o meridionale. Tale soluzione aumenterebbe inoltre l’efficienza delle esportazioni cerealicole. Vale inoltre la pena mantenere il meccanismo in questione per il prossimo anno economico.
Vi prego di non considerare il mio intervento alla stregua di un tentativo volto puramente ed esclusivamente a esprimere la mia solidarietà al meraviglioso popolo ungherese (secondo il famoso proverbio polacco e ungherese, “I polacchi e gli ungheresi sono fratelli, sia di spada sia di bottiglia”, anche se in questo caso direi “I polacchi e gli ungheresi sono fratelli, sia di spada sia di cereali”, che in ungherese suonerebbe lengyel, magyar két jóbarát, együtt harcol s arat gabonát), bensì quale soluzione per ridurre gradualmente e in maniera logica il piano di intervento per il granturco.
Leopold Józef Rutowicz, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, l’intervento dell’onorevole Béla Glattfelder ha elencato i pericoli contenuti nella proposta della Commissione volta a escludere il granturco dal regolamento del Consiglio concernente l’organizzazione comune del mercato cerealicolo.
Il mercato dei cereali è cambiato dal 2003. Nei paesi limitrofi quali Ucraina e Russia, una volta considerati i granai d’Europa, il capitale locale ed europeo è stato investito nei cereali e nell’allevamento dei suini. Sta ora emergendo infatti un rivale potente per l’agricoltura dell’Unione europea.
Il granturco è già stato piantato e non possiamo cambiare le condizioni dell’intervento per il granturco per gli agricoltori nel bel mezzo del ciclo di produzione. L’idea di escludere solamente il granturco dal regolamento potrebbe avere ripercussioni indesiderate sull’intero mercato cerealicolo. La domanda di cereali, granturco compreso, aumenterà in concomitanza con un maggiore consumo di carne, e andamento analogo avrà il loro impiego per l’emergente industria dei biocarburanti, che è estremamente importante per il futuro di tale mercato.
In sintesi, non c’è ragione di attuare la proposta della Commissione fintantoché non si sarà stabilizzato il mercato dei cereali dell’Unione europea.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, la proposta originaria della Commissione europea di abolire il programma di interventi per il granturco dall’anno economico 2007-2008 è inaccettabile. Mi associo ai colleghi ungheresi nel respingere questa restrizione radicale sugli interventi nel mercato.
Benché sia vero che vi è una certa necessità di cambiamento, invece di respingere in toto il programma di interventi dovremmo dare al mercato cerealicolo comunitario l’opportunità di svilupparsi e di essere sostenuto. Non molto tempo fa la Commissione ha adottato criteri piuttosto severi relativamente all’intervento per il granturco; forse dovremmo attendere i risultati di tali restrizioni. Inoltre, la Commissione dovrebbe tener conto delle tendenze attuali di mercato. Vi sono paesi membri costretti a importare il granturco per soddisfare la domanda. Per tale ragione dovremmo innanzi tutto migliorare la fluidità e il funzionamento di tale mercato in seno all’Unione europea.
La Commissione europea deve sviluppare soluzioni adeguate che impongano l’eliminazione efficace delle eccedenze di cereali dai paesi con un’ubicazione geografica sfavorevole e laddove i costi di trasporto sono molto più alti. Ad esempio, dovremmo sostenere l’esportazione di cereali ai paesi terzi, in particolare quelli situati in una posizione difficile. Se verranno imposti limiti all’acquisto di granturco, come propongono i colleghi tedeschi e il Consiglio nei loro emendamenti, la soluzione migliore sembrerebbe quella di ripartire tali limiti tra gli Stati membri.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). – Doresc să susţin poziţia raportorului, domnul Béla Glattfelder, şi să expun neajunsurile propunerii Comisiei din perspectiva unui nou stat membru, cum este România.
În primul rând, eliminarea stocului de intervenţie la porumb reprezintă o schimbare din mers a politicii agricole comune. După un efort susţinut de transpunere şi adaptare la legislaţia europeană în agricultură, şi ţin să vă amintesc că este vorba de un corp de legi care însumează în jur de 20 de mii de pagini, agricultorii români au devenit participanţi la o politică instabilă şi care le înşeală aşteptările. Indiferent de calităţile politicii de intervenţie, dacă aceasta este o măsură bună sau nu, aceasta nu trebuie schimbată înainte de a avea o discuţie generală între toate instituţiile Uniunii şi statele membre. Această discuţie este prevăzută să aibă loc în cadrul controlului sănătăţii finanţelor europene din 2008-2009. De asemenea, o reformă cuprinzătoare a politicii agricole comune nu trebuie şi nu poate fi pusă în practică înainte de 2013. Cert este faptul că măsura propusă de Comisie creează efecte retroactive. La fel ca şi în Ungaria şi alte state membre, agricultorii români au semănat deja cultura de porumb şi este nedrept faţă de ei ca în cazul unor surplusuri neabsorbite de piaţă să nu beneficieze de plasa de siguranţă ce o reprezintă stocul de intervenţie.
Doamnelor şi domnilor, România a devenit după aderare al doilea producător din Uniune, cu o cotă estimată de 17 procente. Comisia a argumentat că sistemul intervenţiei este abuzat de fermierii din Uniune pentru care stocul de intervenţie a devenit un debuşeu comercial important, dar acest argument nu este universal valabil, nu se poate în nici un fel spune că planificarea agricultorilor români ar fi depins de un calcul prealabil privind vânzarea către intervenţie. Dacă vor apărea stocuri în România, acest lucru va reprezenta pur şi simplu şi va rezulta din mecanismele pieţei. De asemenea, vreau să accentuez faptul că susţin raportul domnului Glattfelder aşa cum este el. Amendamentele depuse la propunerea de regulament nu corectează neajunsurile documentului legislativ, întrucât orice limitare impusă posterior campaniei de semănare, indiferent de amploarea ei, este incorectă faţă de agricultori. Nu trebuie să neglijăm nici aspectele de ordin instituţional: acordul la care s-a ajuns în Consiliu nu respectă procedura de consultare a Parlamentului care se aplică în privinţa politicii agricole comune.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, vorrei ringraziare sentitamente gli onorevoli deputati per i loro contributi al dibattito. Ho ascoltato con molta attenzione le loro parole e vorrei rispondere ad alcune delle questioni sollevate.
Un punto importante riguarda la questione dell’effettivo mantenimento delle aspettative legittime di crescita. La Commissione è convinta che siano state rispettate in passato e lo siano tuttora. La stagione della semina del granturco è in marzo e aprile. Gli agricoltori che abbiano deciso di piantare il granturco nella primavera del 2007 sanno che potrebbero non esserci interventi per il raccolto del 2007. Una comunicazione in tal senso diretta ai produttori di granturco è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale nel dicembre 2006.
Qualcuno ha affermato che non vi sono state offerte importanti di intervento per il granturco nell’anno di mercato corrente. E’ vero. Tuttavia, i prezzi attualmente elevati dei cereali non sono determinati dal mercato interno, bensì dalla situazione sul mercato internazionale. La crescita esplosiva dell’industria del bioetanolo, in particolare negli USA, ha anch’essa svolto un ruolo importante nel mantenimento dei prezzi elevati. Le situazioni cambiano da un anno all’altro. E’ possibile che l’anno di mercato 2007-2008 sia simile agli ultimi due, con offerte di intervento molto cospicue.
Un’altra questione sollevata in questa proposta sposta il problema dal granturco ad altri cereali. Come ho già chiarito, la proposta in questione è volta a risolvere il problema attuale del granturco. E’ vero che l’abolizione dell’intervento per il granturco potrebbe portare a una perdita relativa di competitività per l’orzo e magari per il grano tenero, con il rischio di aumentare le scorte pubbliche di cereali. E’ sicuramente necessario un esame completo del sistema degli interventi per i cereali, e provvederemo in tal senso nel quadro dell’health check.
Benché la discussione abbia chiarito alcuni punti, ha anche confermato che gli elementi fondamentali della proposta della Commissione sono corretti. Come ho precisato nel mio intervento iniziale, il settore del granturco ha bisogno di questa proposta. La Commissione è disposta ad essere flessibile nel cercare soluzioni che consentano agli operatori un atterraggio morbido, ma non può semplicemente accettare di mantenere lo status quo. Come già ribadito, la Commissione è anche pronta ad accettare un’abolizione graduale nell’arco di due anni, come richiesto da molti. Se la relazione Glattfelder verrà adottata nella sua forma attuale e coinciderà pertanto con la bocciatura della proposta della Commissione, il Commissario Fischer Boel convocherà sicuramente una riunione collegiale, ma la sua posizione sulla questione si riconferma piuttosto chiara.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì alle 12.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) – Signora Presidente, la Commissione intende porre fine al sistema di intervento per il granturco a partire dall’anno economico 2007/2008. Lo scopo consiste apparentemente nell’evitare l’aumento delle eccedenze. Purtroppo, tale misura nasce da considerazioni errate ed è inutile, in particolare se si considera che la Commissione ha accettato di importare grandi quantità di granturco geneticamente modificato. La Commissione non sembra comprendere le conseguenze di tale decisione, sia per il mercato cerealicolo, sia per quello della carne dei suini.
A mio parere, la Commissione dovrebbe pensare e agire in maniera diversa, vale a dire proseguire i pagamenti per le colture ambientali, imporre un divieto completo sul granturco geneticamente modificato e proteggere il nostro mercato da tali prodotti provenienti da mercati terzi.
Si tratta di un atteggiamento più salutare e responsabile nei confronti dell’ambiente naturale, e ci darà la possibilità di aumentare la domanda di prodotti agricoli.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE), per iscritto. – (HU) Devo esprimere gravi obiezioni in merito alla proposta della Commissione europea di porre fine all’intervento per il granturco. Si tratta dell’ennesimo esempio di come la Commissione europea trascuri di considerare soprattutto gli interessi dei nuovi Stati membri. Tale misura è totalmente illegittima, in quanto in dicembre i coltivatori avevano già acquistato le sementi per piantare il granturco e firmato i loro contratti, e pertanto non possono più modificare i loro meccanismi di produzione. La proposta risulta oltremodo strana in quanto, neanche due mesi prima che venisse formulata, sono state modificate le norme di acquisto del granturco nell’ambito dello schema di intervento, il che indica che la Commissione europea sta brancolando nel buio senza idee precise. La Corte di giustizia delle Comunità europee inizierà le udienze sulla questione tra pochi giorni, su richiesta del governo ungherese.
Porre fine al sistema di intervento è ingiustificato e va a svantaggio dell’intera Unione, in quanto secondo le previsioni tra pochi anni potrebbe persino esserci una carenza di granturco nell’UE. Se l’abolizione dell’intervento per il granturco dovesse portare a un calo dei prezzi, ne soffrirà la nostra posizione competitiva su scala internazionale.
Tale misura potrebbe mettere in discussione la solidarietà dell’Unione agli occhi dei coltivatori ungheresi ed europei.