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Resoconto integrale delle discussioni
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Mercoledì 23 maggio 2007 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Roaming sulle reti pubbliche di telefonia mobile (discussione)
 4. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti (discussione)
 5. Turno di votazioni
  5.1. Contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia (votazione)
  5.2. Roaming sulle reti pubbliche di telefonia mobile (votazione)
  5.3. Secondo protocollo aggiuntivo dell’accordo di partenariato economico, coordinamento politico e cooperazione CE/Messico (votazione)
  5.4. Ravvicinamento delle aliquote di accisa sull’alcole e le bevande alcoliche (votazione)
  5.5. Composizione della delegazione permanente EUROLAT (votazione)
  5.6. Impatto e conseguenze dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (votazione)
  5.7. Impatto e conseguenze delle politiche strutturali sulla coesione dell’UE (votazione)
  5.8. Aiuti al commercio dell’Unione europea (votazione)
  5.9. Accordi di partenariato economico (votazione)
  5.10. Relazione annuale 2005 sulla PESC (votazione)
  5.11. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti (votazione)
 6. Dichiarazioni di voto
 7. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 8. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 9. Discussione sul futuro dell’Europa (discussione)
 10. Situazione in Nigeria (discussione)
 11. Commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES) (discussione)
 12. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
 13. Verifica dei poteri di Beniamino Donnici (discussione)
 14. Conoscenza applicata alla prassi: una strategia innovativa ad ampio raggio per l’UE (discussione)
 15. Elaborazione di un concetto strategico di lotta contro la criminalità organizzata (discussione)
 16. Organizzazione comune dei mercati agricoli (discussione)
 17. Organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali (discussione)
 18. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 19. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. VIDAL-QUADRAS
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta inizia alle 9.00)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Roaming sulle reti pubbliche di telefonia mobile (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0155/2007), presentata dall’onorevole Paul Rübig a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all’interno della Comunità e che modifica la direttiva 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica [COM(2006)0382 – C6-0244/2006 – 2006/0133(COD)].

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero innanzi tutto esprimere un sincero ringraziamento al Parlamento, perché il Parlamento è stato tra i primi a concentrare l’attenzione sul problema delle tariffe di roaming internazionale, una delle ultime barriere al mercato interno. Questa pressione politica, evidenziando le carenze del mercato, ci ha consentito di arrivare a una soluzione.

Ora spetta a voi, onorevoli parlamentari, completare l’opera sostenendo la proposta in esame. La proposta sulla quale siete chiamati a votare è il prodotto di intense discussioni, talvolta anche accese, tra le istituzioni e con le parti interessate. Il risultato è una proposta solida, ben equilibrata, che fornirà vantaggi tangibili ai cittadini europei, mettendo fine già da quest’estate all’annosa saga delle tariffe di roaming eccessive. I cittadini si attendono questo tipo di interventi, questa Europa dei risultati, e ora spetta a voi non deluderli.

La Commissione ha portato a termine la sua parte di lavoro. Nel dicembre 2004 ho esortato gli operatori a risolvere autonomamente i problemi. Nell’ottobre del 2005 la Commissione ha pubblicato un sito Internet allo scopo di rendere più trasparenti le tariffe del roaming internazionale. Nel contempo, ho avvertito nuovamente gli operatori che se i prezzi non fossero scesi sensibilmente la Commissione sarebbe intervenuta con una regolamentazione. Con mio grande rammarico, il mercato non ha risposto e per questo motivo il 12 luglio 2006 la Commissione ha presentato la proposta di regolamento sul roaming.

Voi avete lavorato su questa proposta, insieme al Consiglio dei ministri, sotto la guida delle Presidenze finlandese e tedesca. Vorrei sottolineare l’eccellente lavoro svolto dai vostri relatori, gli onorevoli Rübig, Muscat, Mavrommatis e Losco. Quello che ci viene presentato oggi è il risultato di questo lavoro.

La Commissione è sicuramente in grado di accettare il testo di compromesso, perché sono stati preservati gli elementi centrali che la Commissione ha sempre ritenuto necessari. Si tratta di regolamentazione al dettaglio, regolamentazione all’ingrosso, chiari vantaggi per tutti i consumatori e trasparenza.

Al dettaglio, ciascun operatore dovrà offrire un’eurotariffa con prezzi massimi di 0,94 euro per le chiamate in uscita, da ridurre a 0,46 tra 12 mesi e a 0,43 dopo 24 mesi, e di 0,24 euro per le chiamate in entrata, da ridurre a 0,22 e 0,19 dopo 24 mesi. Questi tetti massimi rappresentano una riduzione sostanziale, fino al 70 per cento, delle normali tariffe praticate attualmente.

A questo punto ci si chiede: quando potranno beneficiare di queste riduzioni gli utenti? La risposta è al più presto, quest’estate. Per favorire l’attuazione efficace del regolamento, ho inviato una lettera al Parlamento e al Consiglio, che descrive in dettaglio in che modo si dovrebbero applicare nella pratica le disposizioni sulle tariffe al dettaglio sotto la supervisione delle autorità nazionali di regolamentazione.

Innanzi tutto, il Consiglio deve pubblicare il regolamento sulla Gazzetta ufficiale in tempi rapidi, dopo la riunione del Consiglio dei ministri delle Telecomunicazioni che si terrà il 7 giugno 2007. In seguito, gli operatori del roaming sono tenuti ad inviare ai clienti un’offerta adeguata entro un mese. Il cliente avrà diritto a questa eurotariffa un mese dopo aver risposto all’offerta. Ciò significa che un cliente reattivo può beneficiare dell’eurotariffa al più tardi due mesi dopo l’entrata in vigore del regolamento, o addirittura meno di due mesi se il suo operatore ha adottato un approccio positivo. In poche parole, significa già in agosto. Ai clienti che non rispondono si applica automaticamente l’eurotariffa tre mesi dopo l’entrata in vigore del regolamento, vale a dire in settembre.

La Commissione comincerà immediatamente a lavorare con le autorità nazionali di regolamentazione per garantire che i clienti siano trattati correttamente. Il regolamento è inteso a tutelare la grande maggioranza dei clienti ordinari, che finora hanno dovuto pagare tariffe eccessive viaggiando all’estero.

Inoltre, il regolamento protegge gli operatori più piccoli con l’introduzione di tetti per i servizi all’ingrosso, abbastanza elevati da consentire a tutti gli operatori, grandi o piccoli, un margine ragionevole. Nel contempo, sono sufficientemente bassi da garantire condizioni competitive per gli operatori di minori dimensioni, quelli appena entrati nel mercato, e gli operatori degli Stati membri più piccoli. Mi auguro che utilizzeranno questo margine per presentare subito offerte innovative.

La parte finale del regolamento riguarda l’importante elemento della trasparenza, che finora è stato tristemente carente. I principali requisiti sono un sistema push (attivo) per le informazioni basilari sui prezzi, nonché un sistema pull (a richiesta dell’utente), che consente agli utenti di ottenere informazioni più dettagliate, compresi i prezzi per SMS e trasmissione dati.

Vorrei spendere alcune parole sui prezzi elevati del roaming per i dati mobili. In collaborazione con le autorità nazionali di regolamentazione, ci proponiamo di controllare molto da vicino questo mercato. Gli operatori dovrebbero saperlo, prestare ascolto molto seriamente a questi segnali di avvertimento e far scendere di propria iniziativa i prezzi a livelli normali, onde evitare ulteriori interventi normativi.

Infine, desidero richiamare l’attenzione sul fatto che questo regolamento decadrà automaticamente dopo tre anni, salvo che Parlamento e Consiglio non decidano altrimenti. Mi auguro vivamente che non sarà necessario. Tuttavia, quello che occorre adesso è la riforma dei mercato delle telecomunicazioni, da 27 mercati diversi ad un unico mercato veramente europeo, che tragga vantaggio dalla forza di quasi 500 milioni di consumatori. Questo è il prossimo compito che ci attende.

Comunque, oggi guardiamo ai risultati che abbiamo ottenuto riguardo al roaming. E’ molto raro, per non dire insolito, raggiungere un accordo su un’azione legislativa in soli dieci mesi. Sono fiera delle Istituzioni europee, che hanno dimostrato di essere capaci di ascoltare i consumatori e di agire rapidamente per risolvere problemi molto specifici. Conto su una grande maggioranza in quest’Aula, che rappresenta i cittadini europei, al fine di portare a termine il compito ora e dimostrare con una tale maggioranza che l’Europa dei risultati pratici è una realtà.

(Applausi)

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, Commissario Reding, onorevoli relatori e relatori ombra, onorevoli colleghi, oggi il Parlamento e il Consiglio possono sentirsi fieri di aver preso seriamente la richiesta della Commissione di preparare un regolamento sul roaming entro la fine dell’estate. Tutti abbiamo cominciato i colloqui pensando che si sarebbe seguita la normale procedura con una seconda e terza lettura, data la materia estremamente controversa e la grande disparità tra interessi contrastanti nel mercato europeo.

Avevamo promosso una sana concorrenza sui mercati nazionali; ma la concorrenza tra i vari Stati membri non esisteva veramente. Ora milioni di consumatori guardano i propri telefoni cellulari – i cosiddetti telefonini – in attesa della prima offerta, la cui presentazione dipenderà dalla data di pubblicazione del regolamento sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Mi auguro che poi, durante viaggi di vacanza o di lavoro, potremo fare le nostre telefonate con la certezza che alla fine del mese il conto non sarà superiore al costo della camera o del volo, ma rientrerà entro limiti ragionevoli. Il roaming dev’essere come andare al ristorante e ricevere un menù con i relativi prezzi. In futuro, quando gli utenti attraverseranno i confini di un paese europeo, riceveranno un messaggio di testo con la loro tariffa personalizzata e un numero gratuito di telefonia mobile al quale chiamare il proprio operatore nazionale per chiedere il costo di messaggi di testo, MMS o trasferimenti di dati. Questa trasparenza produrrà di per sé grandi risultati e sono orgoglioso che la si possa introdurre per tutti i servizi, non solo per la telefonia vocale.

Naturalmente abbiamo citato anche la tariffa forfettaria – una tariffa forfetaria tutto compreso che si può offrire entro un certo periodo, con la quale alla fine del mese i clienti sanno esattamente che cosa dovranno pagare. Qui sta la sfida, rispetto a linee terrestri, banda larga, Voice over IP (voce tramite protocollo Internet) e molte altre nuove tecnologie. Questo regolamento apre un’opportunità di mercato considerevole per UMTS e GSM, anche in futuro. Quindi per me è stato un piacere partecipare a intense discussioni con l’onorevole Paasilinna su questioni di facilità d’uso per l’utente nel campo del roaming. Ricordo ancora chiaramente il primo colloquio con l’onorevole Muscat, quando abbiamo chiesto se era prevista una soluzione di opt-in o opt-out. Eravamo d’accordo sulla necessità di trovare una soluzione. Questo è stato decisivo, il fatto di avere capito che era veramente indispensabile fare qualcosa, e farlo rapidamente, con efficienza, per poi metterlo in atto adeguatamente.

Abbiamo lavorato intensamente con l’onorevole Mavrommatis sulle regioni ultraperiferiche. Vengo dalla regione alpina dell’Austria, dove i costi dei trasmettitori sono diversi rispetto alle zone di pianura. Nei prossimi mesi, la Commissione esaminerà nel dettaglio le possibilità future in proposito. Questo regolamento è interessante anche per gli enti normativi, poiché apre possibilità completamente nuove per il coinvolgimento attivo delle autorità normative degli Stati membri nel settore del roaming e per individuare le soluzioni ideali per i consumatori.

E’ nuovo anche l’approccio del “legiferare meglio”. Finalmente siamo riusciti a preparare un regolamento che scade automaticamente dopo tre anni, e chiederemo alla Commissione di garantire che una reale concorrenza sia effettivamente in atto dopo questi tre anni. Inoltre, vorrei chiedere al Consiglio e ai suoi rappresentanti di fare pressione affinché il regolamento venga pubblicato al più presto sulla Gazzetta ufficiale, poiché milioni di consumatori europei stanno aspettando di vedere finalmente un regolamento su questo argomento, dal quale anch’essi possano trarre vantaggio. Desidero esprimere un ringraziamento particolare a quest’Aula. I nostri servizi hanno svolto un lavoro egregio: quattro giorni dopo l’accordo con il COREPER erano disponibili tutte le traduzioni. E’ stato un lavoro eccellente e sono fiero dei nostri collaboratori, che ci hanno consentito di lavorare in modo così efficiente.

(Applausi)

 
  
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  Joachim Wuermeling, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevole Rübig, onorevoli parlamentari, sono doppiamente lieto di parlare in questa sede. Da un lato, è evidente che uno dei principali dossier della Presidenza tedesca può potenzialmente dirsi concluso con successo; dall’altro, per me è un piacere personale tornare in questo Emiciclo così familiare, dove mi sento ancora a casa.

E’ stato estremamente difficile raggiungere l’accordo tra il Consiglio e il Parlamento. I negoziati sono stati duri, ma è stata una battaglia equa. Desidero porgere un caloroso ringraziamento al relatore per aver condotto i negoziati in modo costruttivo, e ai presidenti delle commissioni per aver agito da mediatori pur mantenendosi solidali con il Parlamento. Desidero ringraziare i colleghi del Consiglio, che hanno accettato questo compromesso con grande difficoltà. Il compromesso raggiunto è necessario in termini di politica dei consumatori, economicamente giustificabile e gradito da una prospettiva europea. E’ necessario in termini di politica dei consumatori perché fondamentalmente non c’era modo di sottrarsi alla conclusione che eravamo di fronte a un fallimento del mercato. In questo campo il mercato non esisteva. I consumatori non avevano scelta riguardo alle tariffe e, sostanzialmente, l’attraversamento dei confini interni dell’Unione europea era un pretesto per applicare prezzi più elevati. Per noi la situazione era inaccettabile. Ora i cittadini saranno liberati da un onere enorme, un fatto che accolgo con molto favore a nome del Consiglio.

Il compromesso è anche economicamente giustificabile. L’UE sostiene all’unanimità il mercato interno. Il mercato della telefonia mobile, in particolare, è molto dinamico e a livello nazionale funziona, come tutti possiamo vedere. Per questo motivo, abbiamo ritenuto importante non introdurre una tariffa uniforme per tutti i contratti di roaming nell’UE, e imporre invece un tetto per evitare gli abusi. Il Consiglio ha ritenuto fondamentale che i tetti non scendessero al di sotto di un determinato livello per consentire lo sviluppo di un mercato dinamico al di sotto di questi limiti. Ci auguriamo che le imprese e anche i consumatori promuovano un’attività di mercato ragionevole al di sotto di questa eurotariffa, che da essa scaturisca una maggiore varietà di offerte e che inoltre il comportamento dei consumatori si orienti di conseguenza.

L’Unione europea ha dimostrato la sua capacità di azione. Anche il Segretariato del Consiglio farà il possibile per consentire che il regolamento venga pubblicato al più presto sulla Gazzetta ufficiale, benché la procedura richieda tempo. Occorrono una decisione del Comitato dei rappresentanti permanenti e una decisione formale del Consiglio. Speriamo di riuscire a farlo pubblicare sulla Gazzetta ufficiale il 29 giugno, cosicché possa entrare in vigore durante la pausa estiva.

Sarei felice se nella seduta plenaria di oggi si raggiungesse un ampio consenso a favore della nostra proposta di compromesso. In qualità di Presidente in carica del Consiglio, prometto di fare del mio meglio per garantire che lo stesso avvenga nel Consiglio, per poter contare su un’Europa dei risultati prima dell’importante vertice europeo.

 
  
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  Presidente. – La ringrazio molto, Presidente Wuermeling. E’ un piacere per quest’Assemblea averla ancora qui con noi, seppure in un ruolo diverso, ma sempre al servizio degli interessi dell’Europa.

 
  
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  Andrea Losco (ALDE), relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi è un giorno importante per i cittadini dell’Unione europea: grazie al compromesso raggiunto sul progetto di regolamento sul roaming circa 500 milioni di cittadini europei saranno interessati direttamente dalle decisioni che prendiamo. Fra questi, in primo luogo, i turisti nonché i piccoli e i medi imprenditori, i quali potranno finalmente beneficiare delle riduzioni delle nuove eurotariffe.

Un simile compromesso era difficilmente immaginabile meno di un anno fa, e lo sostengo con soddisfazione in quanto relatore della commissione per i problemi economici e monetari, la quale per prima si rese immediatamente conto dell’importanza di accelerare il processo.

Dal primo momento avevamo individuato i principi inderogabili cui fare riferimento, una tariffa europea di protezione dei consumatori e una maggiore trasparenza dei prezzi al dettaglio. Come liberale democratico avrei preferito che l’obiettivo della riduzione dei prezzi di un prodotto o di un servizio fosse perseguito grazie a una sana concorrenza fra le forze agenti sul mercato piuttosto che attraverso un intervento dirigistico di regolamentazione diretta dei prezzi, ma è un fatto che in questo particolare segmento di mercato le normali regole della concorrenza fino ad oggi non hanno oggettivamente funzionato.

Esprimo pieno appoggio a questo provvedimento eccezionale e limitato nel tempo, come risposta a una situazione eccezionale, complimenti anche all’ottimo lavoro svolto dal relatore Reding e a tutti coloro che in questi mesi hanno permesso questo importante e tangibile risultato. Un ulteriore traguardo verso il completamento del mercato interno che cancellerà definitivamente le tariffe ingiustificatamente elevate di roaming internazionale e farà cadere anche una delle ultime frontiere fra i popoli dell’Unione europea. Il Parlamento oggi prenderà una decisione che parlerà direttamente a circa 500 milioni di cittadini europei.

 
  
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  Joseph Muscat (PSE), relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. (MT) Grazie, signor Presidente. Oggi inviamo un messaggio forte e chiaro in cui dichiariamo che, in presenza di una distorsione delle leggi del mercato e di un trattamento iniquo nei confronti dei consumatori, l’Unione europea, e in particolare questo Parlamento, sono pronti ad agire. Tutti siamo stati informati dei tagli alle tariffe di roaming, che saranno più che dimezzate. Personalmente sono convinto, come il mio gruppo, che si sarebbe potuto ridurle ulteriormente. Tuttavia, siamo disposti a vedere il lato positivo della faccenda e ad accettare una soluzione di compromesso, perché se perdiamo altro tempo i consumatori ne risentiranno. Questa è una vittoria significativa per i consumatori. Li abbiamo dotati delle armi migliori: informazione e trasparenza. D’ora in poi, all’arrivo in un altro paese europeo, i consumatori riceveranno automaticamente un messaggio che li informerà sulla tariffa applicata per l’utilizzo dei cellulari. Inoltre, ora gli operatori hanno l’obbligo di offrire un numero verde, per fornire ai clienti eventuali servizi di assistenza o informazioni sull’argomento. Inoltre, è prevista un’assistenza specifica per i non vedenti e gli ipovedenti. Ci auguriamo che queste disposizioni provochino un aumento, e non una diminuzione, della concorrenza. Sappiamo che la regolamentazione interessa anche operatori piccoli e indipendenti, che si troveranno in una posizione di svantaggio. Per questo motivo chiediamo alla Commissione di prendere in esame la situazione di questi operatori e di presentare una relazione in proposito. Ma passiamo a quello che è considerato il punto cruciale. E’ risaputo che io ero tra coloro che hanno insistito maggiormente sul fatto che queste tariffe europee dovessero applicarsi a tutti i consumatori. Tuttavia, il Consiglio ha insistito, a mio parere con uguale forza, che per l’applicazione di questa tariffa il consumatore dovesse farne richiesta all’operatore. Non intendo indagare sul motivo per cui questa proposta dovrebbe favorire maggiormente i consumatori, perché sono convinto dell’evidenza dei fatti. Tuttavia, abbiamo accettato il compromesso, innanzi tutto perché se non l’avessimo fatto non avremmo avuto il regolamento, e in secondo luogo perché la Commissione nel corso dei negoziati ha dichiarato che l’80 per cento circa dei consumatori europei avrebbe sicuramente beneficiato automaticamente di questa tariffa europea. Inoltre, la maggior parte del restante 20 per cento paga già un prezzo paragonabile alla tariffa europea, e si tratta prevalentemente di imprese e soggetti con contratti specifici. Questo significa, dunque, che i consumatori più vulnerabili saranno protetti. Per concludere, vale la pena di notare che la lettera inviata dal Commissario Reding spiega che le autorità nazionali di regolamentazione, insieme alla Commissione, provvederanno al monitoraggio del processo che stabilirà quali consumatori beneficeranno automaticamente della tariffa europea. Si tratta di un processo estremamente importante, attraverso il quale dimostriamo che il Parlamento europeo è effettivamente in grado di rispondere.

(Applausi)

 
  
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  Manolis Mavrommatis (PPE-DE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (EL) Signora Commissario, dopo un processo durato all’incirca sei mesi, una delle relazioni più importanti concernente la proposta di regolamento relativo al roaming sulle reti mobili è arrivata alla votazione in seduta plenaria del Parlamento europeo.

Desidero congratularmi con l’onorevole Paul Rübig per l’ottimo lavoro e per la sua efficace collaborazione con la Commissione e il Consiglio, che ha prodotto i risultati molto positivi di oggi, soprattutto per 150 milioni di consumatori.

Nel contempo devo congratularmi con la signora Commissario Reding per la sua decisione di proporre il regolamento sul roaming e la ferma posizione che ha adottato dinanzi alle reazioni di attori esterni, nonché per la sua collaborazione con i relatori e i membri delle commissioni parlamentari. Complimenti anche ai colleghi coinvolti nelle consultazioni con il Consiglio e la Commissione.

Consentitemi di mettere in evidenza in particolare il punto riguardante le società di telefonia mobile e il Parlamento europeo. Non si tratta di una guerra di trincea tra le due parti. Tuttavia, è un diritto dei cittadini richiedere la protezione dei propri rappresentanti parlamentari, quando si accorgono che i loro interessi stanno diventando oggetto di sfruttamento da parte delle tendenze monopolistiche di grandi società.

In qualità di relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione ho cercato, in armoniosa collaborazione con i miei colleghi di tutti i gruppi politici, di trovare una linea comune che soddisfi tutti. Gli emendamenti approvati dalla nostra commissione hanno fornito al relatore l’opportunità di affrontare la questione del roaming da una diversa angolazione perché, a parte il fattore commerciale e finanziario, la cultura, l’istruzione e i mezzi di comunicazione di massa sono una parte importante della vita quotidiana nella nostra società.

Imprenditori, giornalisti, artisti e letterati viaggiano ogni giorno. Le famiglie vanno in vacanza durante tutto l’anno. Spendono denaro. I telefoni cellulari sono necessari e utili, ma non devono diventare una scusa per lo sfruttamento da parte delle aziende. Bisogno non significa debolezza.

Il regolamento sul roaming, così come modificato, è il regolamento che siamo chiamati ad adottare oggi in seno al Parlamento europeo. Un voto a favore della relazione sarà una vittoria per il Parlamento, a vantaggio della tutela dei consumatori. Sarà un passo importante che infonderà nuova vita al mercato interno.

(Applausi)

 
  
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  Angelika Niebler, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, oggi abbiamo buone notizie per i cittadini europei: il costo dell’utilizzo dei telefoni cellulari in Europa diminuisce.

Da molti anni il Parlamento invoca la trasparenza nella giungla delle tariffe. I prezzi erano diventati esorbitanti e assolutamente non trasparenti. Tutti conosciamo la situazione: controllando la bolletta del cellulare dopo una vacanza in un altro paese europeo, si scopre che le poche telefonate fatte o ricevute sono costate una cifra esagerata. Ma ormai si tratta di un problema del passato.

In futuro, tutti godranno di una tariffa ragionevole, prospettiva cui sono particolarmente favorevole e che rappresenta davvero un grande trionfo per il nostro Parlamento. Il Presidente in carica ha già menzionato le nostre settimane di difficili negoziati con il Consiglio. Possiamo veramente essere fieri del risultato ottenuto: il costo di una chiamata in roaming in Europa sarà inizialmente di 0,49 euro al minuto, di 0,46 euro l’anno dopo e di 0,43 euro il terzo anno.

Vorrei rivolgermi brevemente alle imprese e all’industria. Credo che tutti noi conoscessimo l’incisività della regolamentazione del mercato, e in particolare della regolamentazione delle tariffe al dettaglio. Poiché il mercato non si era sviluppato nel modo che avevamo previsto nel corso degli anni, tutti noi ci siamo trovati d’accordo sulla necessità di intervenire. Tuttavia, ovviamente si tratta di un caso particolare, un caso unico. E’ importante sottolineare che il Parlamento ora non intende perseguire la regolamentazione dei prezzi anche in altri settori; anzi, questo è un precedente che ci auguriamo non si debba ripetere. Anche gli sviluppi degli ultimi mesi, da quando si è preso in esame il regolamento, hanno evidenziato quanto si sia messo in movimento il mercato. Questi sviluppi dimostrano che avevamo ragione, che la nostra spinta politica era opportuna.

Desidero concludere porgendo i miei sinceri ringraziamenti al nostro relatore, onorevole Rübig, che ha condotto molti mesi di negoziati su questa materia. Sono anche grata ai colleghi nel gruppo di negoziazione, poiché non è stato facile sostenere la nostra posizione di fronte al Consiglio, nonché al Commissario, per il coraggio che ha dimostrato presentando questo regolamento. Infine, il mio sincero ringraziamento va al segretariato della commissione e ai traduttori, che sono riusciti a presentare questo regolamento in 23 lingue in pochi giorni. E’ un risultato sensazionale, che dimostra che l’Europa funziona bene e si impegna per attuare i suoi obiettivi.

(Applausi)

 
  
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  Reino Paasilinna, a nome del gruppo PSE. – (FI) Signor Presidente, desidero ringraziare il Commissario e tutti i colleghi per l’eccellente livello di collaborazione. Il mio gruppo sostiene il compromesso che è stato raggiunto e tra poco voterà a favore.

Questa legislazione avrà un impatto diretto sulla vita di molti, forse milioni di persone, rendendola più facile. Per anni in questa sede abbiamo parlato delle tariffe di rete. Il pacchetto sulle telecomunicazioni è stato discusso cinque anni fa con l’onorevole Niebler e vi è stato aggiunto un paragrafo su quest’argomento. All’epoca, ovviamente, l’onorevole era relatrice per la legge quadro. Ora, però, i prezzi crollano, una buona notizia per i consumatori. Riceviamo pubblicità di telefoni cellulari, ma nessuna informazione sulle tariffe: bisogna veramente fare qualcosa al riguardo. E’ davvero incredibile che alcuni operatori parlino di concorrenza, quando l’acquirente non riceve alcuna informazione sui prezzi dei prodotti, che vengono mantenuti a livelli di cartello. Di conseguenza, sono pochi i viaggiatori che utilizzano il cellulare all’estero. Questo, d’altro canto, danneggia il principio della libera circolazione e ostacola la realizzazione dell’obiettivo di Lisbona di diventare un’economia di primo piano basata sulla conoscenza.

Le comunicazioni mobili sono un modo per internazionalizzare la vita quotidiana. Inoltre, se si utilizzeranno maggiormente i telefonini si creeranno anche maggiori opportunità commerciali; quindi, questa proposta va anche a vantaggio delle aziende. E’ fondamentale disporre di un mercato interno efficiente, e questo vale anche per le comunicazioni mobili. In questo modo gli interessi dei consumatori sono stati salvaguardati e ha vinto l’equità. Vorrei chiedere alla Commissione quando e con che modalità intende presentare una proposta sulla trasmissione di dati. Naturalmente, dovrebbe essere prima valutata con attenzione.

(Applausi)

 
  
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  Šarūnas Birutis, a nome del gruppo ALDE. (LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi voteremo su un atto legislativo che avrà ripercussioni positive immediate per tutti i consumatori e le aziende europee e, per dirla francamente, anche per noi.

Il volume annuale approssimativo del mercato del roaming internazionale nell’Unione europea è all’incirca di 8,5 miliardi di euro, pari a quasi il 6 per cento degli introiti del settore delle comunicazioni mobili in generale, che ammontano a circa 150 miliardi di euro l’anno.

I prezzi del roaming interessano almeno 147 milioni di cittadini dell’Unione europea, di cui 110 milioni sono utenti aziendali.

Attualmente, circa il 70 per cento degli europei spegne i telefoni cellulari quando va all’estero, a causa del costo proibitivo del loro utilizzo oltre frontiera. Il problema è reso più complicato dal fatto che i prezzi al dettaglio non sono trasparenti, poiché non esiste concorrenza nel settore.

Naturalmente, se telefonare costerà meno, si telefonerà di più. Quindi, i fornitori di servizi telefonici non subiranno una reale perdita di reddito; nel contempo, ne trarranno vantaggio i consumatori e la competitività delle imprese europee ne sarà influenzata positivamente.

In un sondaggio di Eurobarometro, la stragrande maggioranza di quasi 25 000 intervistati era a favore della riduzione obbligatoria dei prezzi del roaming in Europa.

Tuttavia, desidero ribadire un’opinione che condivido con molti colleghi, e precisamente che le interferenze nel mercato non sono da accogliere con favore e questo regolamento è solo una misura temporanea obbligatoria per disciplinare il mercato.

A mio parere, tre anni sono il limite massimo di tempo necessario non solo per abbassare i prezzi, ma, cosa più importante, anche per fondere gli attuali mercati nazionali chiusi in un mercato europeo unito in questo settore. E’ questo l’obiettivo finale del presente regolamento.

Mi congratulo con il relatore del Parlamento europeo, onorevole Paul Rübig, con i relatori ombra, la presidente della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, Angelika Niebler, il Commissario Viviane Reding, i rappresentanti della Commissione e del Consiglio e tutti i consumatori e i fornitori di servizi per aver trovato questa soluzione coordinata in modo eccellente.

La discussione sul regolamento relativo al roaming sulle reti mobili non è stata facile. Ciascuna dichiarazione è stata analizzata nel dettaglio e si è discusso in merito a ciascuna tariffa e alle condizioni di applicazione. In questo caso il Parlamento ha dimostrato una razionalità e una coesione inattese.

Conto su un voto positivo unanime oggi in Parlamento, su una risposta positiva dal Consiglio il 7 giugno e su una pubblicazione immediata (non, come ci è stato detto, il 29 giugno) sulla Gazzetta ufficiale, con l’entrata in vigore del regolamento nelle prossime vacanze estive.

 
  
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  Romano Maria La Russa, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di regolamento sul roaming è un argomento particolarmente sentito dal consumatore e in quanto tale ci obbliga a garantire la massima tutela senza ignorare le esigenze dell’industria. Possiamo comunque prendere atto con soddisfazione che abbiamo assistito a un’assunzione di responsabilità da parte di tutti i gruppi politici, la quale va sicuramente incontro alle aspettative degli utenti europei. Si tratta di un regolamento che avvicinerà ulteriormente l’Europa ai suoi cittadini.

Dopo lunghi negoziati, lunghi certamente con Consiglio e Commissione, per poter giungere a un accordo in prima lettura, la soluzione di compromesso adottata formalmente soltanto lunedì sera può accontentare tutti, anche se si poteva certamente fare di più. Certamente si sarebbe potuto trovare un accordo su cifre più vicine alle aspettative del consumatore, peraltro ribadite dalla commissione per l’industria, soltanto se gli Stati membri non avessero optato inizialmente per tariffe ben più alte e più favorevoli agli operatori. Il compromesso è comunque valido, fissa per il mercato al dettaglio tariffe massime pari a 49 centesimi per le chiamate effettuate e 24 per quelle ricevute; in altre parole significa un taglio di circa il 50% rispetto alle tariffe normali.

Ritengo positiva la soluzione che prevede l’applicazione automatica della tariffa, detta di protezione o eurotariffa, a tutti gli utenti dopo i tre mesi dall’entrata in vigore del regolamento, lasciando l’utente libero di optare per tariffe che riterrà eventualmente più vantaggiose per sé. Ciò eviterà, che in futuro, gli utenti in viaggio all’estero per lavoro o per vacanza siano vittime di tariffe vessatorie, come purtroppo in qualche caso avviene oggi.

Il compromesso lascia ancora margine di profitto per gli operatori, i quali potranno comunque trarre vantaggio in futuro dall’incremento dei volumi di traffico telefonico. Ai fini di una maggiore trasparenza, considero un successo l’obbligo da parte degli operatori di informare gli utenti fornendo informazioni personalizzate relative ai piani tariffari. Risulta un po’ meno convincente, anche se comprensibile in uno spirito di compromesso, la riduzione graduale delle tariffe spalmata su tre anni. Forse un mercato più attento avrebbe ridotto i prezzi più di quanto questo regolamento potrà fare in tre anni, tuttavia è anche vero che laddove il mercato ha fallito per la mancanza di trasparenza di prezzi eccessivi e di presunto abuso di potere, una regolamentazione sia all’ingrosso che al dettaglio è, oltre che auspicabile, sicuramente necessaria.

 
  
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  David Hammerstein, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signora Commissario, grazie per la sua opera coraggiosa. Grazie, onorevole Rübig, abbiamo raggiunto una conclusione valida, abbiamo un compromesso e abbiamo stabilito un precedente storico.

Il Parlamento europeo ha agito con un’insolita unità per rompere un tabù, quello di regolamentare il mercato a livello europeo in un settore importante come le telecomunicazioni. Sì, in questo processo abbiamo fornito ai cittadini europei un esempio pratico dell’utilità dell’UE.

Siamo a favore del compromesso, nonostante per certi aspetti sia ancora insufficiente per i consumatori. Il Parlamento europeo, infatti, si è espresso chiaramente contro lo scellerato furto nei confronti degli utenti, che pagano tariffe scandalose senza nemmeno esserne informati. Ci siamo schierati a favore dei consumatori. Abbiamo raggiunto un compromesso accettabile, che tuttavia non è completamente equo per i consumatori.

I prezzi si abbasseranno per la maggioranza, ma avrebbero potuto essere molto più bassi. Ci sarà molta più trasparenza e informazione. Si sarebbero potute ottenere condizioni leggermente migliori per i clienti esistenti, ma durante i negoziati e nel corso del trilogo si sono evidenziati alcuni degli aspetti più positivi delle Istituzioni europee e alcuni di quelli più negativi.

Nella discussione si sono evidenziate due posizioni contrastanti. Da un lato, il Parlamento che in generale difendeva gli interessi degli elettori, dei consumatori, e dall’altro il Consiglio – gli Stati membri – che difendevano vigorosamente gli interessi commerciali dei grandi operatori, dei campioni nazionali, delle Telecom e Telefónica.

Perché i deputati al Parlamento europeo, che rappresentano le stesse maggioranze dei governi nel Consiglio, negli Stati membri, hanno difeso posizioni così diverse?

Indubbiamente, nel Consiglio è necessaria la stessa trasparenza, la stessa apertura totale presente in quest’Aula, perché nel Consiglio l’asfissiante pressione delle lobby industriali ha avuto una notevole influenza su questa materia e ha limitato la nostra capacità di raggiungere un accordo ancora migliore.

Siamo a favore di questo accordo perché è comunque un passo avanti. E’ un passo avanti che stabilisce il precedente della possibilità di regolamentare un mercato che non è stato capace di autoregolamentarsi in maniera equa. Il Parlamento europeo sta indicando la strada da seguire. Dobbiamo anche imparare da questa esperienza, al fine di creare Istituzioni europee sempre più trasparenti, aperte e accessibili agli interessi della maggioranza dei cittadini.

 
  
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  Umberto Guidoni, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il risultato odierno – diciamo che abbiamo raggiunto questo compromesso – rappresenta un riconoscimento del fallimento del mercato nella sua capacità sempre proclamata di aumentare la concorrenza nel diminuire i prezzi. Appare difficile sostenere che le attuali tariffe in un settore naturalmente transfrontaliero come quello della telefonia mobile potessero mantenere quelle situazioni tariffarie che non tenevano conto del mercato comune europeo.

Ecco che la tutela dei consumatori è affidata alla politica e bene ha fatto la Commissaria a porre il problema sul tappeto. Il Parlamento ha risposto con slancio e con grande unità, questo va sottolineato. Comunque all’interno di questo dibattito la preoccupazione del nostro gruppo è stata di garantire un prezzo equo a tutti, cioè l’opzione normalmente definita opt out, in contrasto con la posizione del Consiglio che ha accettato in gran parte le ragioni dei grandi gruppi di telecomunicazioni, per applicare la tariffa solo ai clienti che ne facessero richiesta.

La decisione di applicare a tutti l’eurotariffa è un aspetto qualificante della proposta della Commissione e va nella direzione della trasparenza e della salvaguardia degli interessi dei consumatori. I margini lasciati alle compagnie di telecomunicazione sono ancora troppo elevati, ma credo che il principio di stabilire un tetto massimo sia un precedente importante e possa contribuire, come del resto ha fatto, alle riduzioni delle tariffe. Abbiamo accettato il compromesso perché c’era urgenza di intervenire in una condizione di oligopolio tra le compagnie a danno dei consumatori.

La Commissione e il Parlamento hanno dato un segnale importante; ora, è importante insistere sulla trasparenza dell’attuazione attraverso le autorità di controllo nazionale e la verifica fra tre anni. E’ il modo giusto per mostrare ai cittadini che le Istituzioni europee possono concretamente affrontare i problemi che nessuno Stato da solo può risolvere.

 
  
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  Nigel Farage, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, non mi trovo spesso in questa posizione, ma stamani devo dare atto dell’operato dell’Unione europea. In effetti, sono venuto a ringraziare: grazie a nome del commercio internazionale. Conoscete il genere: aziende che impiegano migliaia di persone che viaggiano costantemente in Europa, aziende che traggono miliardi di profitti. Saranno loro i maggiori beneficiari di questo regolamento. E voglio dire grazie a nome dei più ricchi in Europa, non le persone che vanno due settimane in vacanza a Benidorm, ma quelle che viaggiano regolarmente. Anche loro ne trarranno vantaggio.

Ma, soprattutto, voglio ringraziarvi personalmente. Uso moltissimo questo aggeggio. Le vostre proposte mi faranno risparmiare personalmente 3 000 euro l’anno. In effetti, desidero dichiarare un conflitto di interessi. Non voterò sulla relazione Rübig, perché mi riguarda personalmente e raccomanderei anche ad altri deputati di astenersi dal voto. Non dovremmo votare su questioni che contribuiranno a riempire i nostri portafogli.

La verità è che si tratta solo di una gigantesca montatura pubblicitaria, vero? Volete essere amati. Volete che l’UE venga amata, così dite alle persone che staranno meglio. Francamente, mi ricorda la pianificazione centrale comunista, dove burocrati e politici pensano di sapere qual è il giusto prezzo di mercato. Sbagliano sempre. Questa proposta farà aumentare i costi per i consumatori nazionali e farà diminuire la concorrenza e l’innovazione nel mercato. E’ l’ennesima gigantesca follia dell’UE.

 
  
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  Giles Chichester (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, passando oltre le sgradevolezze che abbiamo appena ascoltato, vorrei dire che questa misura rappresenta un risultato vantaggioso per tutti nell’UE, perché stiamo effettivamente facendo qualcosa di pratico per i consumatori. E’ occorso molto tempo per arrivare a questo punto, ma ora che ci siamo mi auguro vivamente che potremo applicare in tempi rapidi questa misura e che gli operatori accolgano il suggerimento e modifichino rapidamente le rispettive tariffe. Spero che si rendano conto del vantaggio dell’aumento dei consumi derivante dalla riduzione dei prezzi, anche dei consumi del mio collega che siede là.

Siamo di fronte a un fallimento del mercato. Un fallimento specifico, che mi auguro di breve termine, ed è significativa l’esistenza di una clausola di cessazione dell’efficacia, a dimostrazione del fatto che ci attendiamo che questa situazione venga rettificata e che la concorrenza si affermi anche in questa parte del mercato. Lo dobbiamo a innocenti turisti e consumatori, ai quali va risparmiato il brutto colpo di dover pagare per ricevere una telefonata e ritrovarsi con una bolletta esorbitante al rientro da un viaggio di vacanza, o anche di lavoro. E’ un dovere nei loro confronti risolvere la situazione. Possiamo prevedere qualcosa come un risparmio del 60 per cento sulla tariffa media per una chiamata in roaming, ed è un vantaggio materiale per i consumatori.

Sono lieto che il mio emendamento, che chiede agli operatori di fornire informazioni, l’emendamento “icona”, sia stato inserito nel testo, e ve ne sono grato. Inoltre desidero rendere omaggio al consenso raggiunto tra i gruppi parlamentari e con la Commissione, il Consiglio, i gruppi di consumatori e le autorità normative nel sostenere questa misura.

Infine, vorrei raccomandare ai colleghi la mia suoneria preferita. Vi prego di ascoltare attentamente: si chiama modalità silenziosa.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, dobbiamo limitare i prezzi eccessivi fatturati ai 200 milioni di europei che si avvalgono della libertà di circolazione all’interno dell’Unione. Poiché il costo reale per gli operatori è tra i 6 e i 15 centesimi a minuto, il prezzo cumulativo per un minuto di roaming attivo o passivo previsto dal regolamento lascia comunque margini sostanziali agli operatori.

Inoltre, i sostenitori del libero mercato a tutti i costi dovrebbero riflettere sul fallimento della loro teoria di fronte alla dura realtà del mercato della telefonia. Alla liberalizzazione di questo settore ha contribuito una rivoluzione tecnologica che ha reso possibile l’aumento dell’offerta. All’entusiasmo del grande pubblico per telefoni cellulari, SMS, eccetera, non si è risposto con prezzi veramente interessanti. Le economie di scala, gli aumenti di produttività e l’enorme espansione del mercato delle comunicazioni non hanno determinato tariffe più favorevoli. Ai consumatori si sono offerte soltanto tariffe poco trasparenti per attirarli verso un particolare operatore. Vodafone, Télécom e altri operatori del gruppo Telefónica giurano fedeltà al mercato interno, a condizione di poter mantenere i confini interni per motivi tariffari.

Il potere politico aveva il dovere di intervenire nel mercato, solitamente tanto sacro. Nell’Unione è un primo, gradito precedente. La Commissione ha sempre tuonato contro i prezzi, ma il dossier sul roaming dimostra che il mercato a volte ha bisogno della mano visibile del potere pubblico, soprattutto nel caso di un mercato fallimentare come quello delle telecomunicazioni.

 
  
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  Toine Manders (ALDE).(NL) Signor Presidente, ritengo doveroso salutare due ex deputati, il Presidente in carica del Consiglio Wuermeling e il Commissario Reding, che sono ritornati alle origini, e ringraziarli per il contributo fornito a questa proposta, che arrecherà benefici ai consumatori europei.

Potrà sembrarvi strano che io, pur essendo un liberale che si oppone con fermezza a interferenze nelle tariffe al consumo, soprattutto nel libero mercato, dove la Commissione e il Parlamento affermano che la concorrenza condizionata favorisce tariffe migliori e una maggiore innovazione, voterò a favore di questa proposta affinché si possa fare qualcosa in merito ai prezzi al consumo.

Vi chiederete sicuramente il perché; lo faccio perché il Commissario Reding – e mi auguro che questo sia chiaro alla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia – ha previsto che fra tre anni potremo vantare un mercato europeo, anziché 27 mercati singoli racimolati all’interno dei confini nazionali, perché a mio parere è proprio lì che sta il problema e da questo traggono vantaggio gli operatori telefonici.

E’ interessante notare che la maggior parte dei consumatori che pagano tariffe elevate di roaming e che non possono farsele rimborsare dai datori di lavoro o con altri sistemi, sono persone in vacanza, che si telefonano da uno skilift all’altro o da una sedia a sdraio all’altra, e mentre si rilassano su una sdraio in Spagna a cinque metri di distanza dagli amici, la telefonata viene diretta al paese d’origine per poi tornare al punto di partenza.

Tutto questo deve finire. Penso che sia giusto concedere un incentivo all’industria e che possiamo augurarci un mercato interno della telefonia mobile che funzioni correttamente nel giro di tre anni, quando potremo lasciarci il roaming dietro le spalle e i consumatori saranno in grado di scegliere dove stipulare i contratti.

Vorrei condividere con voi un’altra osservazione. Mi ha sorpreso sentire che la tariffa s’intende IVA esclusa. Tutti parlano di un massimo di 49 centesimi. Visto che l’IVA è esclusa, però, in un certo senso al consumatore si offre una carota, perché questo significa che bisogna aggiungere comunque un altro 20 per cento.

Inoltre, mi auguro che i contratti di base, dunque non le chiamate al minuto, ma i contratti di base, per i quali non esistono disposizioni specifiche, non finiranno per essere utilizzati in modo scorretto, perché se accadrà dovremo intervenire ancora. Spero, signora Commissario e Presidente Wuermeling, che il sistema funzionerà e che potremo garantire che i consumatori siano soddisfatti del ruolo dell’Europa, ma soprattutto che il mercato interno cominci a funzionare correttamente.

 
  
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  Adam Bielan (UEN). (PL) Signor Presidente, desidero associarmi alle congratulazioni e ai ringraziamenti che sono stati rivolti all’onorevole Rübig per la sua relazione e non ho dubbi che oggi sarà una giornata molto importante per il Parlamento europeo e parecchie centinaia di milioni di cittadini dell’Unione europea. Ora abbiamo la possibilità di dimostrare ai nostri elettori che il Parlamento europeo è un’Istituzione necessaria che affronta i problemi che li riguardano.

La questione delle tariffe di roaming eccessivamente elevate imposte ai consumatori dai giganti internazionali delle telecomunicazioni affligge gli europei da molti anni. Le società di telecomunicazione non si sono fatte concorrenza sui prezzi, come dovrebbe accadere in una normale situazione di mercato, scegliendo invece, come ritengono molti esperti, di agire in collusione e stabilire tariffe di roaming. Nel corso degli anni, milioni di turisti e di piccole e medie imprese hanno risentito negativamente di questa prassi. Ora possiamo porre fine a questo sfruttamento ingiusto perché, anche se può suonare come uno slogan socialista, è proprio di questo che si tratta, come attestano gli interventi pronunciati in quest’Aula dai colleghi del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa.

Come molti altri, questo regolamento non sarebbe necessario se il mercato fosse governato da sani e trasparenti principi di concorrenza. La nostra posizione è quella di difendere i cittadini dell’Unione europea, che sono stati chiaramente oggetto di una cospirazione che minaccia il mercato. Grazie alla posizione ferma di quest’Assemblea, compreso il mio gruppo, siamo riusciti a dimostrare ai nostri partner nel Consiglio e nella Commissione che non consentiremo che i regolamenti vengano annacquati o che gli interessi dei consumatori continuino ad essere beffati.

Già quest’estate i cittadini dell’UE potranno parlare con le loro famiglie e con aziende all’estero a tariffe molto inferiori. I prezzi delle telefonate si ridurranno sostanzialmente a un massimo di 49 centesimi al minuto per le chiamate in uscita e di 24 centesimi al minuto per quelle in entrata, e i prezzi scenderanno ulteriormente nei prossimi anni. Condivido l’opinione espressa da altri in quest’Aula e mi auguro che i prezzi scendano più rapidamente di quanto previsto nella proposta di compromesso.

 
  
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  Gisela Kallenbach (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, concordo che si tratta di una buona notizia per turisti, uomini d’affari, eurodeputati e altre persone che viaggiano per l’Europa. Sarà la fine dei prezzi notevolmente gonfiati nel settore della telefonia mobile, e l’inizio dell’effettiva concorrenza di cui si parla tanto spesso, a vantaggio dei consumatori. E’ una buona notizia che l’Europa sia disposta ad applicare norme comuni contro gli interessi dei monopoli.

Purtroppo, in tutto questo c’è una nota amara. Le proposte del Parlamento sono state annacquate a causa degli interessi individuali dei fornitori di servizi e dei monopoli che questi detengono in una serie di Stati membri. Inoltre, il compromesso raggiunto sui prezzi finali ai consumatori è molto più elevato rispetto alla proposta della Commissione, che nel complesso non si può considerare contro l’industria. Questa è una brutta notizia per il diritto comunitario, ma è comunque un primo passo reale e fondamentale verso il miglioramento della situazione per i consumatori. Per questo motivo anch’io desidero ringraziare tutti coloro che vi hanno contribuito e che hanno garantito che gli utenti dei servizi di telecomunicazione mobile godranno di maggiore trasparenza e libertà di scelta in futuro.

 
  
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  Miloslav Ransdorf (GUE/NGL).(CS) Vorrei fare cinque osservazioni per spiegare perché sono a favore di questo compromesso, che si è dimostrato così difficile da raggiungere. Innanzi tutto, i detrattori che sostengono che non si tratta di una soluzione conforme al mercato dovrebbero ricordare che il problema principale è sorto quando si è trattato di stabilire se il mercato stesso sia conforme al mercato. Se la risposta è no, allora si devono apportare correzioni, com’è accaduto in questo caso. Come ha spiegato molto chiaramente il Commissario Reding, in precedenza si era già tentato di intervenire. In secondo luogo, vorrei sottolineare che questo settore finalmente sarà allineato ai principi sui quali si basa la nostra Unione.

Terzo, è molto importante che almeno in certa misura si garantiscano pari opportunità di accesso all’informazione sul mercato. Un determinato livello di parità di accesso all’informazione, come ha affermato Joseph Stiglitz, vincitore del premio Nobel per l’economia, è una delle condizioni fondamentali per il buon funzionamento del mercato. Quarto, pur rafforzando in misura significativa la parità di accesso all’informazione in quest’area, è stata salvaguardata anche la libertà di scelta. Per noi è molto importante che esista un regime di libera concorrenza.

Quinto, e con questo concludo, non si tratta, come qualcuno vorrebbe, di un fallimento, bensì di un risultato vantaggioso per tutti, come ha rilevato l’onorevole Chichester. Inoltre, sono lieto di scoprire che l’onorevole Farage è un esperto sul funzionamento degli ex comitati di pianificazione nazionale. E’ interessante che in Parlamento si affrontino anche questioni storiche.

 
  
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  Gunnar Hökmark (PPE-DE).(SV) Negli ultimi quindici anni, in Europa abbiamo assistito a sviluppi radicali, con riduzioni di prezzi per le chiamate in telefonia mobile. Esistono poche aree in cui i prezzi si sono ridotti tanto quanto in questo particolare settore. Questo vale soprattutto per le chiamate nazionali, ma anche per quelle internazionali, una situazione che vale la pena di ricordare in un giorno come oggi. Il problema è che, come ha rilevato il Commissario Reding, abbiamo 27 mercati diversi invece di uno solo. Quindi mi congratulo con il Commissario e il relatore, onorevole Rübig, per il fatto che oggi perverremo a una decisione che comporterà una maggiore trasparenza e anche per il fatto che otterremo una regolamentazione della concorrenza tra operatori e rivenditori nel settore della telefonia mobile. In questo modo si risolverà il problema cruciale che ha determinato tariffe di roaming indebitamente elevate, creando condizioni più favorevoli per la concorrenza.

A mio parere, ci saremmo dovuti fermare qui e per questo mi rammarico del fatto che ora abbiamo anche una proposta sulla regolamentazione dei prezzi al livello dei consumatori. L’esperienza insegna che l’obiettivo desiderato non si raggiunge con la regolamentazione dei prezzi. Rischiamo di fissare irrevocabilmente l’andamento dei prezzi sul livello regolamentato, riducendo la pressione per un aumento della concorrenza tra diversi operatori che faccia abbassare i prezzi delle chiamate nazionali e del roaming; rischiamo quindi di non assistere più alle rapide riduzioni di prezzo che abbiamo visto in passato. Senza esagerare questi pericoli, vorrei affermare che sarebbe stato meglio fermarci alla regolamentazione dell’area nella quale abbiamo un problema, e precisamente quella delle differenziali di prezzo che interessano rivenditori e operatori. Dico questo perché il compito dell’Unione europea non è, né dovrebbe essere, quello di regolamentare i prezzi al consumo. L’UE dovrebbe fare quello che ha indicato in precedenza il Commissario, ossia garantire il passaggio da 27 mercati diversi a un unico mercato. E’ qui che occorre individuare una dinamica corretta ed è su questo che dovremmo concentrarci: non sulla regolamentazione dei prezzi al consumo, bensì su una regolamentazione tale da ottenere una concorrenza generale e costruttiva tra gli operatori.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE). (DE) Signor Presidente, vorrei innanzi tutto ringraziare il Commissario per la sua iniziativa e l’onorevole Rübig e gli altri relatori per lo splendido lavoro. In effetti c’è stato un fallimento del mercato come talvolta accade, benché alcuni lo neghino, e in questo caso era assolutamente fondamentale intervenire fissando prezzi massimi.

Pensiamo soprattutto ai consumatori, anche se non desideriamo affatto danneggiare l’industria – al contrario. Esortiamo l’industria e le imprese a fare il possibile per acquisire nuovi consumatori e mediante pacchetti nuovi, validi e vantaggiosi compensare le perdite che possono sostenere di volta in volta. Ciò che è veramente importante è che questo regolamento, seppure dopo un breve intervallo di tempo, sia un reale vantaggio per i consumatori e che i meno informati non debbano pagare una tassa sull’ignoranza.

Signora Commissario, desidero veramente chiederle di fare il possibile per far conoscere questo regolamento ai nostri consumatori e dimostrare che cosa stanno facendo per l’Europa la Commissione e il Parlamento, perché questo può persuadere i cittadini europei dell’effettiva necessità dell’UE molto più di tanti dibattiti astratti sulla Costituzione europea.

 
  
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  Lena Ek (ALDE).(SV) Un principio fondamentale stabilisce che non spetta all’Unione europea regolamentare i prezzi in qualsiasi segmento del mercato. Tuttavia, il Trattato fondamentale ci attribuisce la capacità, nonché la responsabilità, di proteggere i consumatori e di garantire che il mercato funzioni secondo i principi di una concorrenza equa e aperta. In questo caso, da diversi anni riceviamo segnali molto chiari da genitori disperati con i figli che studiano all’estero, da anziani che non hanno letto i caratteri piccoli nel contratto telefonico e anche da parti dell’industria, che lamentano il cattivo funzionamento del mercato. Non è né trasparente, né equo.

Per questo motivo lavoriamo sulla questione del roaming da quando siamo stati eletti al Parlamento europeo, tre anni fa. Il problema è stato affrontato già tempo fa, nella nostra prima discussione con il Commissario Reding. Per un periodo di tre anni, noi – il Commissario, il Consiglio e il Parlamento – abbiamo cercato insieme, mediante confronti tra i prezzi e tariffe raccomandate, di garantire che il mercato correggesse volontariamente le carenze esistenti. Non l’ha fatto. Le principali distorsioni sono rimaste invariate. Questa proposta legislativa, quindi, non è una sorpresa, e l’accolgo con favore perché è nostro compito garantire un’adeguata concorrenza nel mercato interno. Spetta a noi prendere decisioni strategiche e sistematiche che aprano la strada al funzionamento di un mercato aperto e mi auguro che nel corso dei prossimi tre anni il settore garantisca di modificare i propri metodi commerciali e fornisca informazioni e chiarimenti sulla situazione tariffaria per i clienti. Mi auguro inoltre che lo faccia in modo tale da consentire che questa legislazione triennale rimanga un fenomeno isolato, e che successivamente potremo astenerci da interventi simili nel mercato.

Desidero ringraziarvi per la collaborazione che si è instaurata tra i gruppi politici e con la Commissione e per il lavoro che ha portato a una legislazione che in generale considero sensata.

 
  
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  Roberts Zīle (UEN).(LV) Innanzi tutto desidero esprimere la mia gratitudine al Commissario, al relatore e al Consiglio per il compromesso raggiunto su questo problema, estremamente importante per gli europei. Certamente, dal punto di vista della teoria economica, l’intervento in un segmento del mercato con la fissazione di un tetto per i prezzi al dettaglio si può considerare una regolamentazione inopportuna delle dinamiche economiche del mercato. Tuttavia, considerando i tentativi falliti della Commissione europea di influenzare il mercato del roaming con altri metodi, questo è lo strumento finale a disposizione dei legislatori ed è significativo che resti in vigore per un periodo di tempo limitato. In realtà, comunque, questo regolamento ha anche un significato politico. Dimostra che il mercato interno europeo è veramente un mercato su scala europea e non solo la somma dei mercati dei singoli Stati membri. Il fatto che esista l’impressione che nei mercati locali domini la concorrenza perfetta non significa che lo stesso valga al livello dell’Unione europea. La protezione dei mercati degli Stati membri da un vero mercato interno unico dell’Unione europea persiste in un gran numero di settori. Per citarne alcuni: trasporti, erogazione di servizi, circolazione dei lavoratori, e altri ancora. Questo non significa che il legislatore nell’Unione europea debba sempre adottare misure amministrative come queste, per influenzare il mercato e addirittura regolamentare i prezzi. Tuttavia, se risulta evidente che i tetti massimi sui prezzi al dettaglio non sono più necessari anche prima della scadenza dei tre anni, questo dimostrerà che, almeno nel campo delle comunicazioni mobili, possiamo creare un mercato interno reale su scala europea. Grazie.

 
  
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  Claude Turmes (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, un problema generale concernente il mercato interno è che l’apertura del mercato spesso va di pari passo con la creazione di oligopoli. Ora abbiamo creato uno strumento che produrrà un risultato nel breve termine, ma fondamentalmente quello che occorre è il miglioramento delle condizioni di base della concorrenza.

Do per scontato che le aziende telefoniche dominanti non fermeranno il loro racket, le cui vittime non saranno più i turisti e gli uomini d’affari perennemente in viaggio, ma piuttosto i soggetti vulnerabili del mercato, in molti casi giovani e bambini. Se consideriamo le pubblicità aggressive delle suonerie e i grossi problemi posti dai contenuti disponibili – poiché i film violenti o pornografici sono disponibili sui cellulari – ci rendiamo conto che il prossimo passo che dovrà fare la Commissione, successivamente alle consultazioni in corso su questa materia fino al 7 giugno, sarà di mostrare il coraggio politico di introdurre misure legislative preventive che ci consentano di controllare meglio i problemi presentati dall’utilizzo di cellulari da parte di bambini e giovani.

 
  
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  Vittorio Agnoletto (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, i costi del roaming scendono, ma l’Europa arriva tardi e a pagarne le conseguenze continueranno ad essere i consumatori. Per anni, la Commissione europea non ha preso nessuna misura a tutela dei propri cittadini e ha lasciato che le compagnie telefoniche si accordassero tra loro, costruendo cartelli che per i consumatori si sono tradotti in veri e propri salassi.

Studi indipendenti, come quello dell’Association of European Consumers, hanno dimostrato che gli operatori di telefonia mobile fatturano in eccesso ai propri clienti 3,52 miliardi di euro ogni anno. Il costo effettivo di un minuto di roaming si aggira tra i 10 e i 14 centesimi; gli operatori lo rivendono ad una media di 1,06 centesimi, con uno scarto tra prezzi e costi superiore a 600%.

A fronte di margini così elevati, ci aspettavamo una proposta più seria nel rispetto dei consumatori, e non quella presentata in questa sede: 49 centesimi a scalare, così si cede alla richiesta del Consiglio e degli operatori di telefonia. La proposta è sì necessaria, un piccolo passo avanti, però pure abbassando i prezzi non tutela abbastanza i consumatori, non li ripaga dello sfruttamento subito e anzi, continua a danneggiarli ulteriormente.

 
  
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  Pilar del Castillo Vera (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, desidero ringraziare il Commissario Reding per aver avuto il coraggio di affrontare un problema che riguarda i consumatori. Il Commissario ha dimostrato un enorme interesse per i consumatori e inoltre si è addentrata in un terreno che è sempre oggetto di molte critiche: gli interventi diretti sui prezzi stabiliti per il mercato. Ha deciso di raccogliere la sfida e vedremo come funzionerà.

Prima di esporre la mia posizione, vorrei brevemente ringraziare il relatore per l’eccellente lavoro svolto e il Consiglio, che ha garantito con molta efficienza, in un periodo di tempo relativamente breve, che questo documento fosse pronto per la votazione in Parlamento.

Il problema in esame è essenzialmente il seguente: l’esperienza ci insegna che gli interventi sui livelli dei prezzi di mercato hanno quasi sempre conseguenze indesiderate e creano ulteriori problemi. I prezzi non scendono, oppure i costi derivanti dalle riduzioni o dai mancati introiti in un determinato settore vengono trasferiti ad altri settori nello stesso campo.

Ad esempio, al momento c’è una certa preoccupazione: in che misura i costi saranno trasferiti alle chiamate nazionali interne? In altre parole, in che misura le aziende aumenteranno i costi di determinate chiamate nazionali per i consumatori?

A mio parere, signora Commissario, e mi rivolgo anche al Consiglio, è molto importante monitorare questo processo, non solo per quanto riguarda le riduzioni relative alle chiamate internazionali, ma anche l’evoluzione dei mercati nazionali in termini di costi. Questo ci darà veramente l’idea della dimensione finale e delle conseguenze di questo regolamento e delle decisioni che stiamo prendendo.

 
  
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  Andres Tarand (PSE).(ET) Il regolamento oggi all’esame è un buon esempio dei risultati positivi ottenuti dall’Unione europea a vantaggio dei suoi cittadini. La riduzione delle tariffe di telefonia mobile è un cambiamento notevole e positivo. E’ strano che l’Unione europea, nata come un mercato comune, abbia dovuto lottare per sette anni per un mercato comune in un settore. Tuttavia, è importante che si sia arrivati a una conclusione efficace sotto la guida dell’onorevole Rübig.

Benché le tariffe ottenute negoziando con gli Stati membri non corrispondano proprio alle mie aspettative, è meglio accettare un compromesso che mantenere lo status quo. Quarantanove centesimi di euro per una chiamata in uscita è sei volte meglio di tre euro. E’ importante che il massimo numero di consumatori sia in grado di beneficiare dei nuovi prezzi prima, ad esempio, di tre mesi, vale a dire a settembre, quando la stagione delle vacanze sarà ormai alla fine.

Poiché è nell’interesse delle società di telefonia mobile mantenere le vecchie tariffe di roaming durante l’intero periodo di transizione di tre mesi, dobbiamo garantire che le nuove opportunità create dal regolamento raggiungano rapidamente gli utenti del servizio. Noi e le organizzazioni di tutela dei consumatori dobbiamo darci da fare per informare il pubblico.

 
  
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  Alexander Alvaro (ALDE).(DE) Signor Presidente, in tedesco si dice che avere buone intenzioni non equivale ad agire bene, e c’è il forte sospetto che questo regolamento sia più il frutto del desiderio di fare buona impressione sulle masse che l’espressione di una politica razionale. Sì, ovviamente le tariffe di roaming sono eccessive, e certamente sappiamo tutti che il mercato non è riuscito a risolvere il problema, ma la sola questione è in che modo si possa porre rimedio al fallimento del mercato; si può fare mediante un meccanismo di determinazione e regolamentazione dei prezzi, che è quello che stiamo creando oggi, o non sarebbe molto più sensato, nelle future consultazioni sul pacchetto telecomunicazioni, apportare gli opportuni adeguamenti alla direttiva sull’accesso al mercato, cosicché i fornitori di servizi di tutta Europa siano in grado di offrire i propri servizi in ogni paese, creando così una concorrenza che eserciti una pressione sui prezzi spingendoli verso il basso?

La liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni ha funzionato; i mercati nazionali lo dimostrano e questo dev’essere possibile anche a livello europeo. In fin dei conti, se si ha un mal di testa il medico non consiglia di tagliarla, ma prescrive un’aspirina o qualcosa del genere. Sono misure come queste che bisognerebbe considerare, anziché gettare il bambino con l’acqua sporca. E’ un passo indietro verso il genere di meccanismo di regolamentazione dei prezzi che l’UE ha abbandonato già vent’anni fa, e lo trovo deplorevole.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE).(EN) Signor Presidente, comincerò il mio intervento ripetendo l’espressione usata dal Commissario: “un’Europa dei risultati”. Credo che noi tutti, in particolare il relatore, siamo orgogliosi di un esempio di un’UE che funziona. E’ evidente che il problema del roaming si affronta meglio a livello comunitario, poiché il nostro intervento è necessario. E’ un caso evidente di fallimento del mercato. I nostri cittadini ci stavano chiaramente rimettendo. Dovevamo fare qualcosa.

Il pacchetto in esame è una risposta equilibrata e il mio gruppo lo sostiene. Imporrà trasparenza, il diritto all’informazione e una tariffa protettiva che comporterà riduzioni fino al 70 per cento, e proteggerà ampie fasce – centinaia di milioni – di cittadini. E’ importante che sia limitato a tre anni per rimediare nello specifico al fallimento del mercato, dopo di che riprenderemo in esame la materia.

In un momento in cui si parla troppo di piccolezze istituzionali, non ho difficoltà a raccomandare questa Europa dei risultati ai miei elettori in Scozia.

 
  
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  Ivo Belet (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signora Commissario Reding, desidero congratularmi vivamente con l’onorevole Rübig per la sua perseveranza e tenacia.

Con questo regolamento, alla fine abbiamo dimostrato ancora una volta che l’Unione europea ha qualche valore per le persone, perché quasi tutti possiedono uno di questi aggeggi e quindi potranno beneficiare dell’impatto positivo di tale misura.

Vorrei raccontare al Commissario un piccolo aneddoto. Nel corso degli anni, la mia donna delle pulizie mi ha parlato una volta sola dell’Europa, e proprio delle tariffe dei cellulari, in particolare di una bolletta eccessivamente elevata ricevuta dopo aver telefonato in Belgio dalla Spagna, dove si trovava in vacanza.

Penso che con questa risoluzione abbiamo preso la decisione giusta, perché attualmente usare il cellulare per chiamare all’estero è quasi impossibile. I costi sono proibitivi e questo ovviamente crea una barriera significativa nel mercato interno. La fine di tutto questo sarà molto gradita a uomini d’affari, turisti e studenti e anche a tutti noi.

E’ anche molto utile che gli utilizzatori dei cellulari possano godere automaticamente delle tariffe inferiori. Questa è un’altra vittoria per i consumatori e per l’Europa. Sono convinto, signora Commissario, che gli operatori della telefonia mobile saranno in grado di recuperare gran parte dei mancati introiti, semplicemente perché il numero di telefonate aumenterà in misura considerevole.

Commissario Reding, onorevoli colleghi, le nuove tariffe per la telefonia mobile sono basse e molto vicine a quelle proposte dal Parlamento europeo. Il prezzo di una chiamata all’estero da un cellulare scenderà in media del 60 per cento, una riduzione consistente. La Commissione e il Parlamento hanno assunto una posizione ferma e hanno finito per schierarsi dalla parte dei consumatori, opponendosi a forti pressioni e manovre. Quando le cose vanno bene, penso che dovremmo essere capaci di dirlo.

 
  
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  Evelyne Gebhardt (PSE).(DE) Signor Presidente, Commissario Reding, onorevoli colleghi, è chiaro che oggi i vincitori sono i consumatori. Questa è una buona notizia per l’opinione pubblica ed è un successo di cui sono particolarmente fiera, anche se noi del gruppo socialista al Parlamento europeo avremmo voluto ottenere qualche risultato in più, ma quello di oggi è già un traguardo positivo.

Nel formulare questo regolamento abbiamo deliberatamente concentrato l’attenzione sulle telefonate, senza prevedere disposizioni che si applicassero a SMS, MMS o altri mezzi di trasmissione dei dati, ma esortiamo l’industria a prendere come esempio la nostra iniziativa. Seguiremo con molta attenzione gli sviluppi in questo settore nei prossimi anni. Se l’industria non prenderà sul serio il nostro intervento, saremo obbligati a adottare provvedimenti legislativi pure in altre aree e anche in quel caso il Commissario potrà contare sul nostro pieno appoggio. E’ un avvertimento, e a mio parere dovreste prenderlo sul serio. Non desideriamo assolutamente fare ricorso a misure legislative, ma lo faremo se sarà necessario, e applicheremo la legge con il massimo rigore.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE).(FI) Signor Presidente, si tratta di una misura temporanea, seppure necessaria. Questa non è una vera economia di mercato. L’economia di mercato non funzionava e gli operatori delle telecomunicazioni applicavano tariffe di cartello. Tuttavia, in questa proposta per altri versi accettabile è evidente che manca qualcosa. Non si applica ai messaggi di testo o ai servizi multimediali, che possono essere comunque fatturati dagli operatori a loro discrezione. Mi auguro che non vorranno recuperare i mancati profitti aumentando le tariffe per i messaggi di testo. E’ una perdita di tempo parlare della realizzazione di un mercato interno delle telecomunicazioni fintanto che le chiamate transfrontaliere sono manifestamente troppo costose.

Questa discussione sulle tariffe è importante, ma è ancora più importante garantire che tutti i consumatori possano godere agevolmente di tariffe ragionevoli: l’adempimento della legge non deve essere lasciato al singolo consumatore.

 
  
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  Herbert Reul (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio di cuore tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto, che è risultato in un miglioramento di quello che avevamo prima di avviare le consultazioni.

C’è anche qualche buona notizia: innanzi tutto si toglie un onere ai consumatori; secondo, l’UE ha dimostrato la sua capacità di agire; terzo, il regolamento in esame è limitato nel tempo e scade dopo tre anni – e mi auguro che sarà davvero così – e, quarto, contribuiamo a una maggiore trasparenza. E’ importante se vogliamo promuovere la concorrenza e la possibilità per i consumatori di decidere autonomamente la tariffa che desiderano e quale fornitore di servizi intendono scegliere.

Tuttavia, c’è un grosso problema e a mio parere dobbiamo affrontarlo dicendo le cose come stanno: stiamo intervenendo come entità politica, eppure stiamo determinando dei prezzi, che sono quelli pagati dall’utente finale. Questo però non è di competenza dei politici, la determinazione dei prezzi non rientra nei nostri compiti. Forse potrebbe figurare tra gli obiettivi di altri sistemi politici ed economici, ma a mio parere non è uno dei compiti della politica europea.

Può anche darsi che omettiamo di considerare le conseguenze di questo tipo di intervento sui prezzi, poiché è molto probabile che qualcuno, in qualche luogo, debba pagare il prezzo di questa scelta. Se continuiamo a trovare da ridire sulla situazione e a interferire, invece di ottenere quello che desideriamo alla fine tutto si risolverà in una vittoria di Pirro.

Prezzi arbitrari? Ma i prezzi stabiliti da noi sono veramente quelli giusti? In sostanza, sono il frutto di trattative negoziali. Le persone oneste devono ammettere che i risultati ottenuti seguendo questa strada sono in qualche misura casuali. L’aspetto positivo è che il Consiglio ha garantito che i prezzi in questione sono massimi, e questa è un’impostazione valida. Se dobbiamo ricorrere alla regolamentazione dei prezzi, è opportuno cominciare con la fissazione di massimali, secondo un’impostazione che, almeno teoricamente, lascia aperta la scelta della regolamentazione ma non esclude la possibilità di una certa concorrenza al di sotto della tariffa massima imposta.

E’ un caso unico o un precedente? Questa è la domanda cruciale. Il mio timore è che si tratti di un precedente. Un deputato ha già detto con brutale franchezza che finalmente si è spezzato un tabù, perché siamo intervenuti nel mercato; ma è proprio quello che non dovrebbe accadere, che io trovo deplorevole e veramente sbagliato.

 
  
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  Arlene McCarthy (PSE).(EN) Signor Presidente, in qualità di presidente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori posso parlare per un minuto, e se parlassi al mio telefono cellulare per un minuto, come un normale consumatore, pagherei ancora un costo eccessivo per la mia telefonata.

Naturalmente questa legislazione cambierà la situazione. I costi delle telefonate saranno dimezzati e i consumatori riceveranno informazioni automatiche sul costo delle chiamate in entrata e in uscita e beneficeranno di una eurotariffa automatica. La commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori aveva sollevato per prima il problema nel 2005, quando in un’udienza rispondemmo alle lamentele dei consumatori sulle tariffe eccessive, e ora nel 2007 il Parlamento ha dimostrato di poter fare qualcosa per i consumatori.

Dunque, è una buona notizia che deve diventare una realtà al più presto. Vogliamo che i consumatori continuino a beneficiarne anche dopo la scadenza di tre anni, ma gli utenti devono essere consapevoli del fatto che i costi per l’utilizzo del cellulare per l’accesso a Internet o l’invio di testi sono ancora eccessivi. Signora Commissario, le chiediamo di agire anche in quest’area. L’industria stessa dovrebbe attivarsi per ridurre questi prezzi. Abbiamo dimostrato di saper agire a nome dei consumatori, se vengono derubati. Mi auguro che l’industria prenda sul serio questo messaggio.

 
  
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  Karin Riis-Jørgensen (ALDE).(DA) Signor Presidente, solo nove mesi dopo aver discusso per la prima volta in Parlamento in merito alle proposte sul roaming abbiamo un risultato di cui possiamo essere molto fieri. Commissario Reding, lei merita veramente le nostre congratulazioni per il suo splendido lavoro nella lotta per ottenere tariffe telefoniche più convenienti. Tuttavia, anche noi abbiamo fatto la nostra parte, qui in Parlamento. Da questa battaglia emerge un vincitore, il consumatore europeo. Gli utenti europei noteranno la riduzione dei prezzi già il 1° agosto 2007. Chiamare a casa dall’estero costerà al massimo 4,50 corone danesi. Non verserò molte lacrime per i perdenti, ossia le aziende telefoniche europee, che piangono per il loro destino, ma in realtà hanno accumulato denaro sfruttando i consumatori. Una cifra vicina al 95 per cento degli introiti derivanti dal roaming era un evidente profitto. Ora fortunatamente abbiamo messo fine a questa situazione, ma non è stato facile. Nella commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori eravamo in disaccordo. I miei colleghi, l’onorevole Coveney, del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, e l’onorevole Muscat, del gruppo socialista al Parlamento europeo, volevano andare ciascuno in una direzione diversa e ci sono stati infiniti balletti e manovre all’interno del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa. Ma ora siamo tutti uniti in quest’Aula. Quindi, onorevole Muscat, vorrei chiederle un secondo giro di ballo. Ancora una volta, ringrazio per la collaborazione costruttiva e mi auguro che il Commissario Reding ora prenda in considerazione l’area degli SMS e dei messaggi di testo in generale, che non è contenuta nella proposta.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signora Commissario, signor Ministro, onorevoli colleghi, se oggi votiamo a favore del pacchetto di emendamenti alla relazione Rübig concernente il regolamento sul roaming, avremo tutte le ragioni per essere fieri del nostro ruolo di legislatori europei. La coraggiosa proposta del Commissario Reding, il lavoro delle varie commissioni parlamentari, che ha spianato la strada alla relazione Rübig, nonché i progressi compiuti sotto la Presidenza tedesca del Consiglio, tutto testimonia una visione e una determinazione politica a fare veramente quello che dichiariamo sempre di fare, ossia garantire che le decisioni europee risultino vantaggiose per il grande pubblico.

Il regolamento sul roaming testimonia la presenza di una visione e di fibra morale. Naturalmente crediamo nel funzionamento del mercato, ma non temiamo di intervenire laddove il mercato fallisce. Benché la regolamentazione dei prezzi sia una misura di ampia portata, è comunque temporanea e quindi opportuna.

Sono soddisfatta anche della rapidità con cui siamo stati in grado di lavorare. Non era mai successo prima che un atto come questo venisse preparato nell’arco di dieci mesi. Inoltre, i risultati sono già tangibili, anche prima della pubblicazione e dell’entrata in vigore della nuova legge. A questo ritmo, i viaggiatori che utilizzano il roaming potranno godere di tariffe inferiori già quest’estate.

Infine, esprimo pieno appoggio per tutte le scelte fatte. L’obiettivo di mettere fine ai prezzi eccessivi per i consumatori è stato raggiunto: il prezzo massimo è sceso del 60 per cento al di sotto del prezzo medio vigente prima che si varasse l’iniziativa, e questo è già qualcosa, mentre le disposizioni per l’aumento dell’informazione e della trasparenza sono un vantaggio aggiuntivo. Attendo con ansia le reazioni del mercato che, per fortuna, dispone ancora di una certa libertà e che potrà, e mi auguro anche vorrà, dimostrare che è in grado di funzionare.

Per concludere vorrei ringraziare tutti i colleghi deputati per la loro valida collaborazione, non ultimo l’onorevole Coveney, relatore ombra nella commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che ha svolto un ruolo chiave per il raggiungimento di questo risultato, ma che purtroppo oggi non può essere presente.

Inoltre, desidero congratularmi con il Commissario Reding per la sua proposta e auguro ogni possibile successo al Consiglio. Onorevoli colleghi, penso che la politica europea per i consumatori oggi abbia messo a segno un altro successo.

 
  
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  Eluned Morgan (PSE).(EN) Signor Presidente, chiamare a casa durante le vacanze è stato eccessivamente costoso per troppo tempo. Molti operatori di telefonia mobile hanno applicato prezzi estorsivi ai loro clienti e, secondo il parere del Parlamento, tariffe ingiustificate. Li abbiamo avvertiti di fare ordine nel settore. Abbiamo dato loro la possibilità di fare la cosa giusta, ma hanno persistito nel loro comportamento e per questo motivo abbiamo dovuto introdurre una legislazione che protegga chiunque utilizzi un cellulare all’estero.

Non è la soluzione ideale, ma è l’unica opzione rimasta per controllare chi commette abusi nel mercato. Che serva di lezione ad altri settori. Nelle nostre discussioni con gli operatori di telefonia mobile abbiamo scoperto che gran parte del traffico di roaming viene mantenuto all’interno dell’azienda, poiché i clienti vengono indirizzati a reti partner. Dunque, per molte società di roaming, i prezzi all’ingrosso sono semplicemente un modo per garantire vantaggi a diverse parti della stessa azienda. Una volta compreso questo, il prezzo di mercato per i consumatori diventa ancora più esorbitante. Questa è una vittoria per i consumatori, una vittoria per il Parlamento europeo e una vittoria per l’Unione europea.

 
  
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  Nikolaos Vakalis (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Paul Rübig per il compromesso raggiunto e con il Commissario Viviane Reding per la sua iniziativa di presentare una proposta di regolamento.

Credo che un intervento normativo fosse necessario, perché la concorrenza sul mercato del roaming nell’Unione europea non funziona da anni, con il risultato che le tariffe restano elevate sia all’ingrosso che al dettaglio.

Nonostante qualche punto debole nella proposta iniziale, che ho rilevato dall’inizio, ritengo che il testo di compromesso sul quale votiamo oggi copra molte delle carenze operative del sistema. Ricordo che la nostra prima preoccupazione era quella di conciliare le esigenze dei consumatori con la competitività dell’industria europea della telefonia mobile, e alla fine abbiamo trovato un saggio compromesso.

Nello specifico, sono particolarmente soddisfatto delle tariffe proposte all’ingrosso e al dettaglio, che sono molto vicine a quelle indicate nei miei emendamenti. Comunque, sono soddisfatto soprattutto perchè ha prevalso la logica dell’opt out. Nella formulazione definitiva di questo principio credo che siano protette tutte le categorie, comprese quelle che non desiderano applicare l’eurotariffa e intendono mantenere invariato il contratto stipulato con l’operatore, nonché quelle scarsamente informate, che devono beneficiare dei nuovi prezzi ridotti.

Infine, il regolamento sul quale votiamo oggi garantisce la trasparenza dei prezzi per i consumatori europei che purtroppo pagano prezzi elevati per molti prodotti e servizi, cosa che non trova giustificazione in un mercato europeo unico, liberalizzato e competitivo.

 
  
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  Katerina Batzeli (PSE).(EL) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare il Commissario Reding per la sua proposta efficace sul roaming, una proposta che aveva ricevuto un messaggio politico dal Parlamento europeo molti anni fa.

Sappiamo che fin dall’inizio si è cercato di salvaguardare il principio delle tariffe massime, cosicché i fornitori di servizi di telefonia mobile fossero costretti a fissare prezzi trasparenti e calcolati correttamente. Ritengo che il nostro lavoro, della Commissione e del Parlamento europeo, non sia ancora terminato. Se e quando la situazione sul mercato del roaming sarà ripresa in esame, una volta applicato questo regolamento, occorrerà apportare ulteriori correzioni in relazione ai servizi di trasmissione di dati e messaggi.

Inoltre, occorre sottolineare l’esigenza di un lavoro serio da parte delle autorità di regolamentazione, che dovranno occuparsi della conformità con l’accordo di oggi.

In un periodo di diffuso scetticismo in merito all’immediatezza e all’importanza dell’azione dell’Unione europea nella vita quotidiana dei cittadini, l’iniziativa odierna offre alle Istituzioni l’opportunità di dimostrare che l’Unione europea interviene per risolvere i loro problemi e completare il mercato interno.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Desidero esprimere la mia gratitudine al relatore, onorevole Rübig, così come all’onorevole Niebler e agli altri relatori, gli onorevoli Muscat, Coveney, Mauro e Matsis, nonché al Consiglio, nella persona del nostro ex collega, il Sottosegretario Joachim Wuermeling, per il lavoro svolto nella stesura di questa difficile relazione. Nel contempo, vorrei ringraziare anche il Commissario Reding per aver collaborato con il Parlamento europeo e preparato questo regolamento insieme ai suoi collaboratori, con tanta attenzione e sulla base di un’analisi dettagliata.

Spesso, al ritorno da un viaggio all’estero, i consumatori europei, soprattutto i turisti, gli studenti e gli uomini d’affari, hanno ricevuto la spiacevole sorpresa delle fatture presentate dai loro operatori di telefonia mobile. A seguito di discussioni costruttive in seno al Parlamento europeo, siamo riusciti a fissare limiti massimi di prezzo affinché, da un lato, i costi di roaming sostenuti dagli utenti si riducano considerevolmente e, dall’altro, vi sia spazio sufficiente per consentire agli operatori di competere sul prezzo.

Sono lieta di questo compromesso, che avrà importanti implicazioni per il normale consumatore europeo; quest’ultimo avrà tre mesi di tempo per decidere se desidera passare dalla tariffa attuale a un’eurotariffa, oppure mantenere l’attuale modello tariffario. Sono lieta che il Parlamento europeo sia riuscito a garantire che gli utenti con un contratto migliore non passino automaticamente alla tariffa di protezione dei consumatori, ma abbiano la facoltà di mantenere in essere i contratti esistenti.

Nella versione finale si prevede inoltre che il regolamento debba restare in vigore solo per tre anni. Sono convinta che si creerà un mercato del roaming veramente competitivo e che in futuro non occorreranno ulteriori regolamenti.

Onorevoli colleghi, l’Europa ha bisogno di vedere risultati concreti, e l’adozione di questa legislazione europea in tempo record è un grande risultato, che recherà vantaggi ai cittadini europei. E’ una chiara dimostrazione del fatto che, quando l’Europa è genuinamente impegnata per l’attuazione di un progetto significativo e concreto, può giungere rapidamente ad un accordo.

 
  
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  Béatrice Patrie (PSE).(FR) Signor Presidente, Commissario Reding, signor Presidente in carica del Consiglio, tra poco le bollette telefoniche di 37 milioni di turisti e 110 milioni di europei che viaggiano per lavoro saranno ridotte all’incirca del 70 per cento.

Il testo che stiamo per adottare porrà fine a un vero racket, di cui i consumatori europei sono vittime da anni. Purtroppo, non siamo certi che i prezzi garantiti alla fine di quella che è stata una contrattazione davvero difficile rispecchieranno pienamente i costi reali. Poiché non disponiamo di dati affidabili sui volumi e sulle relative entrate, abbiamo ancora qualche difficoltà a farci un’idea dell’equilibrio richiesto tra i margini necessari per mantenere competitive le aziende europee di telefonia mobile e i prezzi equi per i consumatori. Questo regolamento, soprattutto per quanto riguarda i prezzi al dettaglio, è un progresso, che tuttavia dev’essere ancora migliorato. Adesso occorre definire i prezzi per la trasmissione di SMS, dati e e-mail.

Infine, deploriamo il fatto che i milioni di europei che viaggeranno fino alla fine di agosto non potranno ancora beneficiare delle nuove tariffe. Così gli operatori hanno guadagnato una stagione!

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, signora Commissario, signor Ministro, credo che oggi non si possa che accogliere con favore la riduzione delle tariffe di roaming internazionale.

Tuttavia, dovremmo evitare di prendere delle scorciatoie e, per l’amor del cielo, non contrapporre sistematicamente e in maniera sterile produttori e consumatori, perché il cieco perseguimento di continue riduzioni dei prezzi massimi non porta alcun vantaggio, anzi. In effetti, con tariffe di roaming eccessivamente basse, gli operatori possono cercare di compensare i tagli nelle entrate riducendo gli investimenti, e quindi penalizzando i consumatori nel complesso. Dunque si corre il rischio di assistere ad un sensibile aumento delle tariffe delle chiamate nazionali.

I massimali proposti nel compromesso – 49 centesimi al minuto per le chiamate effettuate dall’estero e 24 centesimi al minuto per le chiamate ricevute – sono particolarmente interessanti, tanto più che si può chiedere di ridurli nell’arco dei tre anni successivi all’entrata in vigore del regolamento, prospettiva di cui ci rallegriamo.

Questa opzione sensata permetterà di perseguire una riduzione dei prezzi a più lungo termine. Avremo dunque un mercato competitivo con la più ampia varietà possibile di tariffe, che consentirà ai consumatori di effettuare una scelta informata.

Ai sensi del compromesso, i consumatori disporranno anche di un periodo di tre mesi dopo l’entrata in vigore del regolamento per decidere se beneficiare o meno dell’eurotariffa. A chi non indica una preferenza sarà attribuita automaticamente la tariffa più favorevole. Gli utenti hanno quindi l’opzione di non usufruire dell’eurotariffa se godono già di condizioni favorevoli offerte dall’operatore, e questo è molto positivo. Questa soluzione pragmatica consentirà a milioni di consumatori che godono di tariffe di roaming internazionale meno elevate di non vedersi applicare automaticamente l’eurotariffa.

Quindi mi auguro che questo nuovo regolamento, che è temporaneo poiché scadrà tre anni dopo la sua entrata in vigore, consentirà di disciplinare il mercato della telefonia mobile, naturalmente rispettando i consumatori, promuovendone gli interessi e proteggendoli meglio, senza con questo ostacolare la concorrenza e l’innovazione nel settore.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE). – Deşi Comisia pentru industrie, cercetare şi energie a aprobat iniţial un plafon tarifar mai scăzut pentru apelurile de roaming, soluţia agreată, care prevede reducerea în trei ani a tarifelor pentru apelurile efectuate de la 49 de euro cenţi la 43 şi pentru apelurile primite de la 24 de euro cenţi la 19, va reduce cu peste 60% facturile celor aproape 150 de milioane de utilizatori de roaming şi reprezintă un progres important. Reducerea tarifelor pentru roaming va determina şi creşterea gradului de utilizare serviciilor, mai ales în rândul celor 63% dintre europeni care, din cauza preţului excesiv, îşi limitau telefoanele când călătoreau în străinătate. Pentru aceasta, însă, în special în primele luni de aplicare a regulamentului, va fi esenţială informarea utilizatorilor. Solicităm Comisiei Europene ca, împreună cu autorităţile naţionale de reglementare, să informeze utilizatorii şi, mai ales, să supravegheze piaţa, astfel încât prevederile noului regulament să fie respectate iar cetăţenii europeni să se bucure de noile tarife, indiferent dacă sunt turişti sau oameni de afaceri. Felicit raportorii şi mai ales pe doamna Comisar pentru elaborarea acestui regulament.

 
  
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  Jerzy Buzek (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, desidero congratularmi con il Commissario Reding e il relatore, onorevole Rübig, e ringraziare il Consiglio per il suo atteggiamento favorevole nei confronti della proposta di ridurre le tariffe di roaming.

Stiamo assistendo a qualcosa di insolito. Per la prima volta introduciamo un regolamento che incoraggia la concorrenza, promuove il libero mercato e contribuisce ad attuare la strategia di Lisbona su vasta scala nell’Unione europea. Le piccole e medie imprese, gli studenti, i turisti e i milioni di europei che lavorano all’estero ne trarranno vantaggio. Devo anche rilevare che questo regolamento non favorirà solo i consumatori, ma anche il mercato.

Nel corso delle discussioni chi era contrario al regolamento sosteneva che un libero mercato non ha bisogno di regolamentazione. Effettivamente è vero, ma esiste un’eccezione, ossia quando occorre proteggere la concorrenza e i consumatori nei confronti dei monopoli. Questo è il nostro caso. La Commissione europea si è comportata come avrebbero fatto gli organismi di protezione dei consumatori e della concorrenza in qualsiasi paese europeo.

A questo punto, è importante vedere come funziona questo regolamento. Mi auguro che non sarà un’azione isolata ma un precedente, e che saremo in grado di regolamentare molte altre questioni in modo analogo, a vantaggio del mercato, della concorrenza e dei consumatori.

Ora siamo di fronte alla creazione di un mercato dell’energia, una sfida enorme. Dovremo trattare con alcuni giganti nazionali, di cui possiamo essere orgogliosi, ma che devono essere integrati nel mercato.

Nelle fasi iniziali, quando le decisioni erano affidate ai governi nazionali, la strategia di Lisbona è fallita. La situazione è migliorata quando la Commissione europea ha preso in mano la questione. I risultati sono evidenti, e per questo mi congratulo con il Commissario e con il Presidente Barroso.

 
  
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  Dorette Corbey (PSE).(NL) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare il nostro gruppo di negoziazione, con il quale abbiamo raggiunto un risultato equilibrato.

Onorevoli colleghi, per noi è insolito intervenire nella determinazione dei prezzi di mercato, ma purtroppo andava fatto. C’erano troppe ambiguità in merito all’utilizzo dei cellulari da parte dei viaggiatori all’estero. A causa delle tariffe eccessive e dei costi elevati per la ricezione delle telefonate, le bollette che arrivavano il mese dopo erano una sgradita sorpresa.

Ora abbiamo stabilito dei prezzi massimi, anche se a mio parere ancora un po’ alti, ma quello che è ancora più importante è che abbiamo imposto maggiore trasparenza agli operatori dei servizi di telefonia. Le persone devono avere ben chiaro il costo preciso di una telefonata all’estero. Se i prezzi sono trasparenti, la concorrenza si normalizzerà e i prezzi massimi diventeranno ridondanti. In una situazione di equa concorrenza, le aziende telefoniche presto offriranno tariffe inferiori al tetto massimo.

C’è ancora un po’ di delusione in merito alla data di entrata in vigore; le aziende telefoniche farebbero bene a prendere l’iniziativa e ad offrire tariffe favorevoli anche prima del 1° luglio, quando le scuole si interrompono per l’estate. Il popolo delle vacanze è stato spremuto per troppo tempo.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE).(CS) Onorevoli colleghi, la lotta settennale tra il Parlamento e gli operatori europei delle telecomunicazioni si sta per concludere. In quanto deputati, non potevamo più permetterci di restare a guardare mentre i prezzi arrivavano a superare di cinque volte i costi, limitando così le comunicazioni nel mercato interno; non potevamo più restare seduti a guardare le enormi discrepanze tra l’Europa settentrionale e meridionale in termini di costi delle chiamate internazionali e limitarci a criticare la mancanza di trasparenza. Gli operatori si sono dimostrati incapaci di provare i loro costi esagerati e le autorità nazionali di regolamentazione hanno confermato di non avere alcuna influenza quando si tratta di chiamate transfrontaliere.

Quindi oggi dobbiamo agire a livello comunitario. Quando il mercato fallisce, occorre rispondere con la regolamentazione. Il regolamento ha una durata limitata a tre anni, un periodo entro il quale il mercato sarà progredito. La tariffa di 49,24 euro è pari al prezzo medio applicato dai tre maggiori operatori, e le persone avranno l’opportunità di scegliere altri contratti offerti sul mercato. Inoltre, avranno il diritto di passare liberamente da un operatore all’altro. Naturalmente, la cosa più importante è l’obbligo di fornire ai consumatori informazioni tempestive sui prezzi. Soltanto ieri, gli operatori hanno cominciato a distribuire volantini e finalmente a pubblicizzare i rispettivi prezzi. Chi si oppone al regolamento sostiene che non c’è motivo di interferire nel mercato perché si possono già trovare dei pacchetti con prezzi di roaming inferiori. Tuttavia, ho l’impressione che queste offerte siano apparse solo quando la Commissione ha pubblicizzato il regolamento: in altre parole, le cose hanno cominciato a cambiare solo sotto la minaccia di un regolamento e certamente non in conseguenza di meccanismi di mercato.

Ci si potrebbe chiedere se esisteva davvero la necessità di un regolamento sul prezzo al dettaglio dei servizi vocali. Penso proprio di sì, perché il consumatore è guidato dal prezzo finale ed è solo la scelta del consumatore che influenza il mercato. Terremo d’occhio l’evoluzione della situazione relativa ai servizi di trasmissione dati, che non sono coperti dal regolamento. Vorrei invitare i socialisti a non bloccare l’approvazione di questo regolamento del Consiglio, che così potrebbe entrare in vigore entro l’estate. Mi auguro che il ministro liberale per gli Affari esteri mantenga ferma la sua posizione di fronte alle pressioni delle lobby. A nome del popolo ceco, desidero ringraziare il gruppo di negoziazione, gli onorevoli Rübig e Niebler e altri del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, nonché la Commissione, per il lavoro che hanno portato a termine con successo nell’interesse dei cittadini dell’UE.

 
  
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  Dariusz Rosati (PSE). – (PL) Signor Presidente, il regolamento sul controllo delle tariffe di roaming nell’Unione europea è un passo importante verso l’eliminazione delle pratiche monopolistiche e per far sì che i cittadini europei possano beneficiare più agevolmente della telefonia mobile.

Il compromesso raggiunto consentirà di ridurre di oltre due terzi le tariffe di roaming nell’arco di tre anni. Purtroppo non siamo riusciti a ottenere il sostegno per ulteriori riduzioni e le tariffe di roaming per SMS e MMS sono rimaste invariate. Comunque, l’accordo raggiunto è un enorme successo per la Commissione e il Parlamento.

Vorrei ringraziare il Commissario e il relatore per il loro lavoro.

La disponibilità universale di servizi di telefonia mobile a buon mercato è soprattutto una buona notizia per i cittadini che viaggiano per l’Europa, ma lo è anche per i governi degli Stati membri, in quanto numerosi studi hanno dimostrato che la diffusione della telefonia mobile aumenta la produttività, incoraggia la crescita economica e migliora la qualità della vita. Sono decisioni come queste che ci fanno apparire credibili agli occhi dei nostri concittadini.

Auguro a quest’Aula più decisioni di questo tipo in futuro.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, avendo appena dato la mia approvazione, spero che mi consentirà di fare quattro osservazioni.

Innanzi tutto, questo regolamento consentirà alle aziende e al grande pubblico di risparmiare la bellezza di quattro-cinque miliardi, preservando al contempo la concorrenza.

Secondo, i piccoli operatori come KPN nei Paesi Bassi non saranno estromessi dal mercato, perché anche i prezzi di acquisto saranno adeguatamente regolamentati.

Terzo, per le regioni di confine si può dire che si tratta come minimo di un buon risultato, perché attualmente la rete cambia da un momento all’altro e si creano situazioni da selvaggio west. D’ora in poi, ogni anno si dovrà presentare alla Commissione una relazione sulla situazione di un determinato paese. Si tratta di una situazione spiacevole, ma risolvibile e, a tal fine, il Parlamento garantirà uno stretto controllo.

Infine, spesso si parla di legiferare meglio in quest’Aula. Bene, questo è un primo esempio, in quanto il regolamento cessa di esistere nel momento in cui le parti sociali, gli operatori affrontano le loro responsabilità.

In questo modo si crea un valido equilibrio tra una politica parlamentare riconoscibile e la responsabilità delle persone. Quindi, onore al merito al Commissario Reding e al relatore, onorevole Rübig, per una politica visibile che produce risultati concreti.

 
  
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  Mia De Vits (PSE).(NL) Signor Presidente, anch’io desidero sottolineare due punti cruciali della questione: le tariffe eccessive e la mancanza di trasparenza. A mio parere, l’accordo è valido ed equilibrato e, anche se non è il risultato che avevamo sperato, rappresenta un importante passo avanti.

Tuttavia, mi dispiace che il mio emendamento a favore di una trasparenza ancora maggiore, accettato dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori e dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sia stato respinto in sede di trilogo. Signora Commissario, prevedeva che i governi elaborassero un simulatore di tariffe, che avrebbe consentito ai consumatori di confrontare le tariffe di diversi operatori, che attualmente sono molto complesse e creano molta incertezza nei consumatori. Avrebbe potuto rappresentare un’ulteriore conquista nella politica di protezione dei consumatori.

In ogni caso, appoggio l’accordo di compromesso che è stato raggiunto. Mi auguro che in futuro le tariffe scenderanno ancora, grazie alla concorrenza tra gli operatori, e penso che, riguardo a questo problema, il Parlamento europeo abbia dimostrato di saper fare la differenza per l’uomo della strada.

 
  
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  Werner Langen (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, come ha affermato l’onorevole Roithová, una guerra di sette anni si sta per concludere e, di questi sette anni, la Commissione ne ha passati cinque dandosi alla macchia mentre noi, in quest’Aula, insistevamo nel chiedere che si facesse qualcosa. Sono profondamente grato al Consiglio per aver tolto dalle grinfie della burocrazia il progetto della Commissione, poiché un regolamento generale – 130 per cento delle tariffe all’ingrosso – avrebbe comportato un’enorme quantità di burocrazia e sarebbe stato incompatibile con l’obiettivo di una migliore regolamentazione.

Siamo tutti d’accordo sugli obiettivi, benché debba ammettere che qualcuno in quest’Aula vorrebbe controllare i prezzi applicati agli utenti finali, e sono grato che la tariffa europea sia abbastanza alta da permettere lo sviluppo della concorrenza al di sotto di essa. Sono quasi sicuro che, poiché questo regolamento è limitato a tre anni, la concorrenza si instaurerà con relativa rapidità e le tariffe di roaming resteranno al di sotto del limite superiore, poiché nel contempo avremo raggiunto l’obiettivo di una maggiore trasparenza e di una responsabilizzazione dei consumatori. Sono convinto che non spetta a noi fissare i prezzi applicati agli utenti finali e siamo appena riusciti a escludere quella sorta di totale determinazione dei prezzi finali.

Anni fa – come ricorderà l’onorevole Goebbels, che era presente – avevamo optato per un altro approccio riguardo ai pagamenti transfrontalieri, con una regolamentazione che fissava i prezzi del mercato interno. Insistere sull’applicazione degli stessi prezzi per i trasferimenti all’interno di uno Stato membro e attraverso i confini ha certamente senso in termini normativi, ma quello che stiamo facendo minaccia di superare i limiti della tollerabilità. Voterò comunque a favore e vorrei esprimere i miei ringraziamenti ai negoziatori del Parlamento, ai presidenti delle commissioni, al Consiglio e infine alla Commissione per la disponibilità, al termine dei negoziati, a raggiungere comunque questo compromesso,

 
  
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  Edit Herczog (PSE).(HU) Jacques Delors una volta disse che è difficile amare il mercato interno. Ora il Commissario, il relatore, onorevole Rübig, e il Parlamento hanno dimostrato che è comunque possibile. UE non significa soltanto eliminazione dei dazi doganali ma anche libera circolazione delle merci nel mercato interno. La legislazione in esame esprime un rafforzamento dell’ideale europeo.

Secondo alcuni calcoli preliminari, le tariffe di roaming consentiranno di mantenere all’incirca 800 milioni di fiorini ungheresi nelle tasche degli utenti. Sono convinta che un più ampio utilizzo dei servizi di telefonia riuscirà a compensare questi mancati introiti e nessun lavoratore ne risulterà svantaggiato.

Vorrei congratularmi con il relatore e il Commissario per aver preso in considerazione il caso dei non vedenti e degli ipovedenti, per i quali le informazioni sulle tariffe saranno fornite a voce, anziché via SMS. Auguro a tutti gli europei un felice roaming e serene vacanze estive! Godiamoci il successo di oggi.

 
  
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  Presidente. – Colgo l’occasione per salutare con affetto l’ex collega Wuermeling e gli cedo la parola in rappresentanza del Consiglio nella sua veste di ministro.

 
  
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  Joachim Wuermeling, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signor Presidente, onorevoli parlamentari, che mi avete accolto con tanto calore, so dalla mia esperienza passata che quest’Aula si attiene a una rigorosa tabella di marcia, ma vorrei comunque spendere alcune parole su uno o due punti sollevati nella discussione odierna, e voglio farlo anche come segnale della cultura del dialogo che la Presidenza tedesca intende incoraggiare.

Benché molti membri di quest’Assemblea – tra gli altri gli onorevoli Alvaro, Reul e Farage – abbiano espresso un’opinione critica sull’intervento nel mercato, vorrei ricordarvi che tutti noi ci siamo trovati d’accordo sull’esigenza di regole per il mercato e di un’equa concorrenza, che appunto non era il caso delle tariffe di roaming, poiché i consumatori non avevano la possibilità di scegliere tra diverse offerte di servizi; per questo la concorrenza non era equa e per questo occorreva fare qualcosa al riguardo. Il mercato unico acquista credibilità agli occhi dei cittadini solo se l’Unione europea garantisce l’assenza di svantaggi.

Alcuni hanno l’impressione che coloro che sono favorevoli a prezzi massimi bassi siano dalla parte del consumatore, mentre chi è favorevole a prezzi massimi superiori parteggi per le aziende. Anche in Consiglio molti erano favorevoli a fissare prezzi leggermente più alti, ma le cose non sono così semplici, perché naturalmente i massimi vantaggi per i consumatori derivano da una concorrenza dinamica e agguerrita.

Vorrei ricordarvi che è su questo genere di concorrenza che si fonda il successo del mercato interno e di tutte le forme di liberalizzazione. E’ fondamentale che restino in vigore diverse tariffe e che si promuova l’innovazione nel campo del roaming così come altrove; molti Stati membri in seno al Consiglio dei ministri attribuiscono grande importanza a questo principio. Fissare tariffe definitive di roaming non gioverebbe a nessuno, perché allora non ci sarebbe più spazio per la tariffa forfettaria, per i contratti a ore o per i sistemi di bonus, mentre noi vogliamo mantenere la possibilità per il consumatore, e anche per il settore, di determinare i servizi offerti; i consumatori devono continuare ad avere libertà di scelta ed è proprio questo il risultato di questo compromesso.

Si è parlato molto da diverse parti della data di entrata in vigore del regolamento, e posso assicurarvi che la Presidenza tedesca ha il massimo interesse ad augurarsi che accada al più presto, ma il problema è semplicemente il fatto che occorre completare una serie di passi formali, dal voto di oggi alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale; innanzi tutto, la risoluzione dev’essere comunicata al Consiglio, che in seguito deve arrivare a un accordo politico su di essa, il 7 giugno; poi, nella seconda settimana di giugno, devono essere prodotte le versioni nelle varie lingue e, in seguito, nella terza settimana di giugno, i giuristi-linguisti di tutte le Istituzioni dovranno provvedere alla rilettura del documento, dopodiché il COREPER e il Consiglio lo adotteranno formalmente; quindi ci vorrà un certo impegno per riuscire a pubblicarlo il 29 giugno.

Comunque, posso garantirvi che questo dossier è considerato prioritario in tutti gli organismi competenti; tutte le scadenze sono state abbreviate, praticamente si è rinunciato a tutte le riunioni e si sta facendo molto mediante procedure scritte. Una procedura corretta si può garantire solo in questo intervallo di tempo, e coloro che intendono evitare rischi giuridici nella pubblicazione del regolamento in esame devono tenerne conto.

Penso di poter dire, senza aver verificato tutti i dettagli, che considerando la velocità con cui è stata adottata questa direttiva abbiamo segnato un record europeo e visto che nella mia vita non ho mai sentito un campione europeo arrabbiarsi per essere arrivato due decimi di secondo dopo, neanche noi dovremmo farlo. Anzi, rallegriamoci per il nostro comune successo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUISA MORGANTINI
Vicepresidente

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, oggi è una buona giornata per il Parlamento, con un buon accordo per rimediare al fallimento del mercato e garantire la protezione dei consumatori. Mi consenta di rispondere brevemente alle questioni che sono state sollevate.

Innanzi tutto, noi non fissiamo prezzi, bensì stabiliamo massimali al di sotto dei quali la concorrenza avrà ampio spazio per offrire pacchetti tariffari interessanti. Inoltre, vorrei sottolineare che il consenso raggiunto oggi è molto vicino alla proposta originale della Commissione, con l’aggiunta della necessaria flessibilità, gradita alla Commissione, per consentire ai clienti di scegliere altri pacchetti ove lo desiderino.

Sono state rivolte critiche alla regolamentazione dei prezzi al dettaglio. E’ vero che si tratta di una circostanza molto eccezionale, da prendere in considerazione in presenza di un fallimento del mercato. In questo caso siamo di fronte a un fallimento del mercato a livello europeo. Molto spesso si assiste a fallimento del mercato a livello nazionale, e in tal caso le autorità nazionali intervengono per regolamentare i prezzi al dettaglio. Quindi, ciò che stiamo facendo a livello europeo viene fatto regolarmente anche a livello nazionale.

E’ stato chiesto perché la Commissione non stia facendo nulla contro i cartelli. La Commissione sta agendo: la mia collega Kroes ha aperto un’inchiesta ai sensi delle norme sulla concorrenza. Nel caso del roaming, è molto più efficiente lavorare con un regolamento ex ante e l’efficacia di questa procedura è dimostrata dal fatto che è stato possibile presentare un atto legislativo dopo solo 10 mesi di lavoro.

Molti colleghi hanno inoltre sollevato la questione della regolamentazione del roaming di dati. Posso assicurare al Parlamento che nei prossimi 18 mesi le autorità nazionali di regolamentazione provvederanno al monitoraggio dei prezzi delle comunicazioni di dati, per poi riferire alla Commissione. Mi auguro che oggi gli operatori si sentano richiamati all’ordine anche per quanto riguarda il roaming di dati e che riducano le tariffe, cosicché non dobbiamo intervenire anche su questa materia.

(DE) Signora Presidente, vorrei aggiungere solo qualche parola in tedesco. Sono felice che l’onorevole Langen abbia abbandonato le sue resistenze e alla fine abbia accettato un compromesso. Per lui è stato difficile, ma mi pare che comunque ci sia riuscito.

Al mio amico Joachim Wuermeling vorrei dire che prego veramente il Consiglio di accelerare i tempi e di far pubblicare il regolamento sulla Gazzetta ufficiale al più presto, e con questo non intendo solo entro la fine di giugno, ma molto prima.

(FR) Onorevoli parlamentari, oggi è un gran giorno per il Parlamento, per un Parlamento unito nella difesa degli europei al di là delle consuete divisioni politiche. E’ un risultato eccellente e, in quanto ex deputata al Parlamento europeo, sono lieta di assistervi.

E’ un gran giorno anche per le Istituzioni europee, che dimostrano la loro capacità di agire nell’interesse comune con rapidità, efficacia e unità. E’ un gran giorno per gli europei, che vedono funzionare l’Europa dei cittadini e l’Europa dei progetti pratici. Infine, naturalmente è un gran giorno per i consumatori, che si tratti di turisti o di viaggiatori per affari, che hanno visto le Istituzioni europee correggere il fallimento del mercato del roaming grazie all’applicazione di eurotariffe con tetti massimi e alla trasparenza dei prezzi. Potranno constatare gli effetti di questo intervento, perché le loro bollette telefoniche diminuiranno in misura consistente. Con la decisione di oggi è stata eliminata una delle ultime barriere in Europa, quella della fatturazione eccessiva, che penalizza i cittadini che esercitano il loro diritto alla libera circolazione.

Consentitemi di concludere con un appello agli operatori telefonici: vorrei pregarli di non attendere altro tempo e di instaurare una reale concorrenza, per offrire ai consumatori le migliori tariffe di roaming, al di sotto dei massimali sui quali il Parlamento deciderà oggi.

(Applausi)

 
  
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  Robert Goebbels (PSE).(DE) Signora Presidente, forse mi è consentito rivolgere una breve osservazione al Consiglio; vorrei ringraziare anticipatamente la Presidenza tedesca del Consiglio perché farà il possibile per far pubblicare al più presto questo regolamento sulla Gazzetta ufficiale, ma devo anche dire al Presidente Wuermeling che probabilmente non batterà il record europeo detenuto dai ministri dell’Agricoltura, che in diverse occasioni sono riusciti a ottenere la pubblicazione di un regolamento europeo sulla Gazzetta ufficiale nel giro di una settimana.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI), per iscritto. – Sono lieto di vedere come nel caso del rapporto sul roaming la stragrande maggioranza dei membri di quest’aula si sia proposta in veste di cittadini e consumatori, piuttosto che, come è accaduto in molte altre occasioni, sostenitori degli interessi di un settore o di un altro dell’industria. Questo Parlamento si è infatti unito per chiedere, oltre al regime di tariffe ridotte e alla trasparenza, anche l’applicazione del regolamento già da prima dell’estate, perché gli utenti possano beneficiarne già per il periodo delle vacanze. Ringrazio gli sforzi del Commissario Reding, che ha fortemente voluto questo regolamento, e dei relatori che sono riusciti ad ottenere tariffe migliori di quelle proposte dal Consiglio. Quello che occorre ora è un ultimo sforzo: da parte del Consiglio per approvare subito il documento e mostrare che l’UE è con i suoi cittadini, e da parte delle istituzioni tutte per garantire la massima trasparenza ed informazione, perché tutti i cittadini siano consapevoli dei propri diritti e possano beneficiare al massimo di questo successo. Abbiamo dimostrato che con la volontà e la cooperazione è possibile affrontare anche i grandi monopoli economici, a beneficio di tutti. Spero che, dopo questa, anche altre battaglie possano conoscere lo stesso successo.

 
  
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  András Gyürk (PPE-DE) , per iscritto. – (HU) Il motivo del presente regolamento sulle tariffe di roaming è il fatto che queste ultime si sono rivelate eccessivamente elevate nonostante la crescente concorrenza e la liberalizzazione dei mercati negli ultimi anni. L’intervento si è reso necessario perché il mercato non rispondeva alle aspettative e registrava distorsioni nel suo funzionamento.

Proprio per questo motivo ritengo necessario richiamare l’attenzione su un punto del regolamento inteso a prevenire potenziali distorsioni analoghe nel mercato della trasmissione di dati. In questo punto, infatti, il regolamento prevede che la Commissione europea controlli e valuti il mercato non solo per quanto concerne le comunicazioni vocali ma anche la comunicazione di dati (SMS, MMS, Internet) e se necessario estenda il regolamento anche a quel settore.

Il mercato internazionale della trasmissione di dati svolge un ruolo sempre più importante grazie al rapido ritmo dei progressi tecnologici. La trasmissione vocale basata su Internet (VoIP) sta rivoluzionando la telefonia, aprendo la strada a chiamate più economiche. La diffusione delle reti 3G e di altre tecnologie correlate sta avendo un forte impatto sul mercato dei servizi mobili.

E’ pertanto giustificato un monitoraggio più intensivo dei processi del mercato, nell’interesse dei consumatori e per garantire la concorrenza, prevedendo la possibilità di un intervento proporzionato se non funzionano in modo soddisfacente. In effetti, una situazione in cui i cittadini pagano tariffe superiori a quelle giustificate dal recupero dei necessari costi tecnici ha un impatto molto negativo sulla competitività e sul funzionamento efficace del mercato interno.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE), per iscritto. – (EN) La discussione sulla regolamentazione del roaming sulle reti pubbliche in Europa dev’essere considerata nel contesto generale di una mancanza di conoscenze e di dati precisi sui volumi e sui profitti in gioco. Una chiara valutazione e un monitoraggio della situazione sono dunque necessari se si vuole arrivare con successo a una regolamentazione equilibrata dell’attività di roaming, secondo un’impostazione equilibrata che tenga conto degli interessi dei consumatori e dell’industria delle telecomunicazioni.

Nonostante l’ovvia mancanza di trasparenza in quest’area del mercato, è chiaro che la distorsione della concorrenza e i prezzi eccessivi hanno ostacolato lo sviluppo di un mercato interno sano e competitivo nel settore. Di conseguenza, appoggiamo decisamente gli aspetti principali della proposta della Commissione, nonché i miglioramenti proposti nella relazione dell’onorevole Rübig. Non possiamo permettere che i cittadini europei continuino a pagare prezzi eccessivamente elevati. Abbiamo dunque la responsabilità di garantire lo sviluppo di un mercato interno equo, dinamico e competitivo a livello mondiale nel settore del roaming, fornendo informazioni accurate ai consumatori, che consentano loro di effettuare scelte concrete nel confronto tra operatori. Oltre a una migliore informazione dei consumatori e a un più stretto monitoraggio del settore occorre garantire una sostanziale riduzione delle tariffe di roaming.

 
  
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  Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE), în scris. – Regulamentul european privind tarifele de roaming este unul oportun pentru cetăţenii români pe care-i reprezint în acest for.

Motivul principal este cel al corectării unui nivel nejustificat al preţurilor. Conform statisticii Comisiei Europene, preţurile la telefonia mobilă din România pentru o convorbire medie de 4 minute pe teritoriul Uniunii Europene variază între 3,12 euro şi 9,52 euro.

Pe de altă parte, piaţa românească este una matură, înregistrând una dintre cele mai ridicate rate de creştere din ultimii ani. Sectorul comunicaţiilor a contribuit cu un procent de 9% din PIB încă din 2005. Doi dintre cei mai mari operatori din lume au intrat pe piaţa românească de ani buni, ceea ce arată stabilitatea şi maturitatea pieţei. De aceea ne bucurăm că demersurile de excludere a României şi Bulgariei de la aplicarea acestei reglementări au fost respinse prin votul dumneavoastră din comisii. Nu putem pe de o parte să deschidem pieţele, iar pe de alta să limităm accesul consumatorilor români la piaţa comună.

Uniunea Europeană confirmă încrederea românilor. În primul an de la aderare, aceştia sunt în poziţia de a beneficia de un avantaj concret al apartenenţei la Uniune. Libertatea de circulaţie am câştigat-o cu greu, libertatea de a comunica fără bariere suplimentare trebuie să fie şi ea asigurată.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Una delle questioni cruciali che l’UE deve affrontare nell’attività legislativa è stabilire quali materie in generale regolamentare e quale metodo di regolamentazione promuove al meglio gli obiettivi fissati. Da un lato, occorre affrontare i difetti del sistema e garantire che il regolamento sia abbastanza dettagliato per raggiungere l’obiettivo. Dall’altro, il regolamento dev’essere sufficientemente flessibile da incoraggiare la concorrenza e l’innovazione ed evitare di paralizzare lo sviluppo con dettagli sofistici.

A mio parere, il compromesso raggiunto sulla proposta di regolamento per ridurre le tariffe di roaming è un atto legislativo comunitario eccellente.

Innanzi tutto corregge un difetto. Gli operatori delle telecomunicazioni hanno mantenuto per anni tariffe eccessivamente elevate per le telefonate all’estero e non hanno avviato una sana concorrenza nelle rispettive politiche di determinazione dei prezzi. Nonostante le sollecitazioni della Commissione, le tariffe sono diminuite di poco. Poiché in questo caso il mercato non è stato in grado di correggere i propri errori, si è reso necessario un intervento legislativo dell’UE.

Si tratta di un esempio concreto di un vantaggio fornito dall’UE ai consumatori, di cui ci si dovrebbe ricordare la prossima volta che si avrà voglia di lamentarsi dell’Unione europea. Dobbiamo interferire se il mercato non funziona e se gli operatori applicano tariffe eccessive, utilizzando strumenti che riducano direttamente e sostanzialmente il costo dell’utilizzo dei cellulari all’estero.

Secondo, il regolamento indirizza specificamente il mercato in una direzione più sana: non lo soffoca, bensì incoraggia la concorrenza futura. I limiti massimi di prezzo per le telefonate stabiliti nel regolamento sono abbastanza elevati da consentire uno spazio per la concorrenza al di sotto di essi. Massimali contenuti promuovono anche la concorrenza in altre aree del settore. Inoltre, il regolamento avrà un impatto di ampia portata: se le tariffe vengono orientate verso il basso sarebbe sciocco alzarle nuovamente una volta scaduto il regolamento.

Con i limiti massimi di prezzo gli operatori potranno comunque contare su un margine di profitto che consente di continuare nello sviluppo del prodotto e nell’innovazione.

 

4. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione presentata dall’on. Marie Panayotopoulos-Cassiotou, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sul tema “Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti” [2006/2240(INI)] (A6-0068/2007).

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE), relatore. – (EL) Signora Presidente, prima di cominciare a conteggiare il tempo, la prego di attendere che il Commissario prenda posto.

Il concetto di lavoro dignitoso inteso come una serie di norme e condizioni che garantiscono il rispetto dei lavoratori in quanto esseri umani fu introdotto dall’Organizzazione internazionale del lavoro nel 2000 e fu poi rielaborato in un obiettivo perseguito a livello internazionale con le raccomandazioni del Vertice dei capi di Stato e di governo delle Nazioni Unite nel settembre 2005, nel quadro degli Obiettivi di sviluppo del Millennio.

Nel luglio 2006 il segmento di alto livello del Consiglio economico e sociale dell’ONU approvò una dichiarazione che indicava come scopo prioritario il conseguimento della piena occupazione produttiva e del lavoro dignitoso per tutti.

Il concetto espresso dall’aggettivo “dignitoso”, di origine latina, ha a che fare con l’idea di concessione, di condiscendenza, perché ci possa essere dignità. Il termine greco che significa “dignità” esprime la necessità di “dare valore”. Per contro, il termine tedesco esprime appieno l’obiettivo di un’impresa collettiva, dato che è composto dai termini “dignità” e “uomo”.

La comunicazione della Commissione del maggio 2006 sulla promozione del lavoro dignitoso per tutti pone le basi per un contributo strutturato dell’Unione europea al raggiungimento di tutti gli obiettivi della visione integrata del lavoro dell’uomo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità.

I quattro pilastri fondamentali del concetto di lavoro dignitoso sono, come sappiamo, la creazione di posti di lavoro per attività produttive con libertà di scelta, diritti garantiti, ampia protezione sociale, tutela della salute e della sicurezza, promozione del dialogo sociale e risoluzione pacifica dei contrasti, in una dimensione orizzontale di rispetto della parità tra uomo e donna.

Cinque convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro tutelano i diritti fondamentali del lavoro: libertà dell’attività sindacale, promozione della contrattazione collettiva, abolizione del lavoro minorile e parità di salario tra uomo e donna. Ci auguriamo che le altre convenzioni dell’OIL ancora in attesa di ratifica saranno sottoscritte e applicate anch’esse.

Facendo seguito alla decisione del Consiglio del dicembre 2006, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo accoglie con favore gli obiettivi indicati dalla Commissione nella sua relazione, che sono i seguenti:

– realizzare progressi sociali ed economici e garantire che siano distribuiti equamente a vantaggio di tutti;

– rafforzare l’imprenditorialità commisurando le spese alle diverse fasi del ciclo dell’impresa;

– definire politiche attive del mercato del lavoro in quanto componente di lungo termine della politica economica;

– rafforzare la capacità istituzionale per la partecipazione delle parti sociali e lo sviluppo del dialogo sociale;

– potenziare l’occupabilità dei lavoratori di tutti i livelli, soprattutto delle donne, dei giovani e degli anziani, attraverso un rinnovamento dei sistemi d’istruzione;

– consolidare la formazione continua, affinché chiunque possa beneficiare dei progressi in campo scientifico, tecnologico e delle comunicazioni, indirizzandoli in base alle richieste di qualifiche e capacità maggiori.

Non esiste, naturalmente, un modello unico valido per tutti delle politiche sociali e delle norme del mercato del lavoro. L’Unione europea è orgogliosa, oltre che del grande impegno degli Stati membri di ratificare le convenzioni internazionali dell’OIL, di essere la potenza economica con caratteristiche comuni di coscienza sociale in tutto il suo territorio. Il modello sociale europeo mira a una produttività e un risultato economico che vadano a vantaggio di tutti, a standard elevati di benefici sociali, alla tutela della salute e della sicurezza, alla disponibilità di occasioni di formazione, istruzione e riqualificazione per lavoratori di ogni età e categoria, nonché al dialogo sociale con pari opportunità per tutti.

La strategia europea per l’occupazione, le strategie per la protezione sociale e l’integrazione sociale, i programmi nazionali di riforma, la strategia rivista di Lisbona per lo sviluppo e l’occupazione, che conferma e potenzia l’acquis comunitario, e la strategia europea per lo sviluppo sostenibile sono le pietre miliari del percorso che condurrà l’Unione europea a raggiungere gli obiettivi del lavoro dignitoso.

Il lavoro dignitoso è anche una questione di governance. Per poter attuare politiche efficaci incentrate sul lavoro dignitoso sono necessarie istituzioni affidabili, un impegno politico di sana gestione dello Stato e una società civile attiva e organizzata.

Per quanto attiene all’Unione europea, mi auguro che riesca a trovare un modo per coniugare la flessibilità del mercato con la garanzia di sicurezza per i lavoratori. Ma la globalizzazione economica, la globalizzazione dei mercati, delle tecnologie, dell’informazione e del lavoro è un fenomeno per la cui accelerazione sono in corso progetti mirati al rafforzamento della multipolarità dell’economia.

La Cina sta dimostrando che è in grado di occupare i primi posti della classifica, insieme con l’India e altre potenze. Allo stesso tempo, sembra che il divario tra ricchi e poveri si stia dilatando, anche nei paesi sviluppati e industrializzati. E’ ora che l’Unione europea faccia vedere al mondo quali sono i suoi valori.

Nella relazione ora in discussione, il Parlamento europeo corrobora l’intento della Commissione di integrare il lavoro dignitoso nelle sue politiche esterne, in collaborazione con le istituzioni delle Nazioni Unite, organizzazioni nazionali e regionali, le parti sociali e altri settori della società civile.

La Commissione e gli Stati membri sono invitati a coordinare più efficacemente le misure di promozione del lavoro dignitoso nell’ambito della cooperazione esterna e dei programmi di politica commerciale, nonché a contribuire all’attuazione dei programmi nazionali dell’OIL sul lavoro dignitoso.

Ringrazio le tre commissioni per i loro pareri e tutti coloro che hanno collaborato alla presentazione di questa relazione.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signora Presidente, onorevoli deputati, ringrazio l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou per la sua relazione, che è stata elaborata da diversi gruppi parlamentari ed è a tutti gli effetti eccellente. Desidero altresì sottolineare che il lavoro dignitoso è un’iniziativa mondiale portata avanti dall’Organizzazione internazionale del lavoro che, grazie al costante e forte sostegno dell’Unione europea, è diventata una vera iniziativa di respiro globale, accettata da un numero sempre crescente di paesi.

Il Consiglio ha dato il suo supporto al concetto di lavoro dignitoso; se ne è parlato anche di recente a una riunione dei ministri del Lavoro e degli Affari sociali nel contesto del G8. La Commissione condivide pienamente la posizione del Parlamento secondo cui gli elementi fondamentali del lavoro dignitoso – aiuto sociale, coesione sociale, condizioni di lavoro dignitose, possibilità di svolgere attività sindacale – dovrebbero trovare applicazione in tutti i contatti internazionali, siano essi a livello bilaterale o multinazionale, nonché nell’ambito di progetti individuali con paesi terzi. Tale impostazione è senz’altro coerente con l’agenda sociale della Commissione e con le principali linee guida delineate nella comunicazione prima menzionata.

Sebbene il processo stia conquistando sempre maggior favore, è alquanto evidente che resta ancora molto da fare. Reputo prioritario garantire che tutte le convenzioni dell’OIL siano ratificate nell’Unione europea. In tale contesto, la Commissione fa ricorso alle risorse a sua disposizione ed è attualmente impegnata nel processo di ratifica e nel dialogo sociale relativamente alle nuove convenzioni per la gente di mare.

Onorevoli deputati, l’iniziativa per il lavoro dignitoso possiede in tutta evidenza forti connotazioni etiche. Inoltre, essa ci permetterà di fissare principi per la globalizzazione, cosicché potremo godere dei suoi vantaggi riducendone al minimo gli svantaggi. Si tratta quindi di un processo decisamente vivo e vivace e la Commissione è impegnata in ogni senso a sfruttare al massimo le opportunità che esso ci offre.

 
  
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  Feleknas Uca (GUE/NGL), relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (DE) Signora Presidente, metà dei lavoratori di tutto il mondo ha un reddito inferiore a due dollari al giorno e metà della popolazione mondiale non dispone di alcuna forma di protezione sociale. Ogni anno, due milioni di persone muoiono a causa di incidenti sul lavoro o per malattie professionali, mentre oltre 160 milioni di lavoratori si ammalano a causa dei rischi presenti sul posto di lavoro.

Il numero delle persone ufficialmente registrate come disoccupati rappresenta solo la punta dell’iceberg. I poveri non possono permettersi di starsene con le mani in mano: molti di essi lavorano ore e ore in condizioni spesso intollerabili, al solo scopo di raggranellare almeno un misero compenso di qualche tipo. L’Unione europea e i suoi Stati membri devono fare tutto quanto in loro potere affinché la causa del lavoro dignitoso sia sostenuta a tutti i livelli come parte integrante degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Ciò di cui abbiamo bisogno è una politica fiscale equa e innovativa; mi riferisco in proposito alla tassazione, ad esempio, delle transazioni finanziarie e valutarie. Le grandi imprese che violano ripetutamente i diritti umani e i diritti dei lavoratori devono essere convinte a rispettare i principi del lavoro dignitoso e corretto per mezzo di sanzioni, quali l’esclusione – questo sì che sarebbe uno strumento adeguato – dalla partecipazione a gare d’appalto pubbliche e dal godimento delle garanzie di credito per le esportazioni concesse da istituzioni finanziarie internazionali. C’è bisogno di una nuova politica europea per lo sviluppo e in campo commerciale, se vogliamo che le persone possano, da un punto di vista economico, ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Harlem Désir (PSE), relatore per parere della commissione per il commercio internazionale. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero anzi tutto ringraziare la relatrice, onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, per il suo spirito di collaborazione e per la qualità del suo lavoro.

Dal Vertice delle Nazioni Unite del 2005, la promozione del lavoro dignitoso è stata riconosciuta come un obiettivo dell’intera comunità internazionale. Con la sua comunicazione, la Commissione europea ha iniziato a esaminare quali sono le poste in gioco di tale questione, non da ultimo la sua dimensione internazionale: mi riferisco alle politiche esterne dell’Unione europea, in particolare quelle correlate con il commercio internazionale. Da questa base è partito il lavoro della nostra commissione.

Incentrerò pertanto il mio intervento su questo aspetto. E’ per me motivo di soddisfazione che, attraverso questa relazione, il Parlamento accolga numerose proposte concrete avanzate dal mio gruppo. Tali proposte erano già state inserite nel parere della commissione per il commercio internazionale e ci permetteranno ora di dare avvio a una nuova politica dell’UE finalizzata alla promozione degli standard sociali a livello internazionale.

In primo luogo, già adesso l’Unione subordina la firma di accordi commerciali preferenziali con paesi in via di sviluppo alla ratifica delle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Ora chiediamo che siano sanzionate e sospese le preferenze concesse a paesi che violano in maniera grave e sistematica le norme fondamentali sul lavoro, tra cui, più specificamente, la libertà di associazione.

In secondo luogo, tutti gli accordi commerciali bilaterali che saranno siglati in futuro e, in particolare, i nuovi accordi di libero scambio da negoziare nel quadro della strategia globale europea dovranno contemplare clausole di carattere sociale sul lavoro dignitoso.

In terzo luogo, non va abbandonata la dimensione sociale, perché è il quadro multilaterale – quello dell’Organizzazione mondiale del commercio – a governare oggi la maggior parte dei traffici commerciali. Ciò nonostante, la comunicazione della Commissione non ne fa la benché minima menzione.

Occorre pertanto riaprire la discussione all’interno dell’OMC. In proposito, l’Europa potrebbe adottare una serie di iniziative, quali: primo, proporre la creazione di una commissione per il commercio e il lavoro dignitoso, all’interno dell’OMC, sul modello della commissione per il commercio e l’ambiente, che ha reso possibili alcuni importanti progressi; secondo, chiedere che all’Organizzazione internazionale del lavoro sia riconosciuto lo status di osservatore all’interno dell’OMC; terzo, chiedere che sia riconosciuta la superiorità delle decisioni adottate dall’OIL quando essa decide di imporre sanzioni commerciali nei confronti di paesi come la Birmania, ad esempio, che a quanto risulta viola i diritti sindacali.

Abbiamo avanzato anche alcune altre proposte concrete. Credo che sia nel nostro stesso interesse promuovere una forma di globalizzazione regolamentata che ...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Philip Bushill-Matthews, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, il Commissario ci ha utilmente ricordato l’iniziativa mondiale sul lavoro dignitoso e la sua recente approvazione da parte del G8. Nel corso di un vertice delle Nazioni Unite svoltosi nel settembre 2005, ben 150 leader del mondo deliberarono che il concetto di lavoro dignitoso formulato dall’Organizzazione internazionale del lavoro sarebbe dovuto diventare un obiettivo centrale delle rispettive politiche nazionali. Com’è ovvio, questo obiettivo riguarda essenzialmente i paesi nei quali tale concetto in realtà non esiste. In Europa sono ampiamente diffusi quadri normativi che fissano le condizioni per il lavoro dignitoso, però la loro attuazione può sempre essere migliorata.

Proponendo questa relazione al Parlamento europeo, la relatrice ha dimostrato di possedere spirito d’iniziativa personale, ma anche che un esponente politico di centro-destra può non solo prendere l’iniziativa su un tema importante come questo, ma anche far convergere su di essa un forte sostegno da parte di tutti i partiti politici.

Detto ciò, in commissione vi sono state alcune votazioni dall’esito risicato che hanno modificato l’equilibrio complessivo della relazione con l’inserimento di punti o paragrafi nuovi; durante la votazione plenaria che avrà luogo più tardi qui in Aula, speriamo di riuscire a ripristinare l’equilibrio del testo, procedendo a eliminazioni o modifiche sulla base di accordi di compromesso con altri gruppi politici. Quando si tratta di sostenere il concetto di lavoro dignitoso, dovremmo essere tutti dalla stessa parte.

Il Parlamento non ha, naturalmente, il potere di dire agli Stati membri come devono comportarsi in questo campo, ed è giusto che sia così: spetta ai governi degli Stati membri decidere. Tuttavia, tutti i governi dovrebbero essere d’accordo sull’importanza di creare opportunità di formazione continua, sulla necessità di assumere un atteggiamento attivo per incrementare la presenza femminile sul mercato del lavoro, sull’esigenza di fare molto di più per risolvere il problema di conciliare il lavoro con la famiglia e, soprattutto, sulla necessità di aiutare il mondo in via di sviluppo.

La relazione è ben ponderata e merita un’attenta lettura.

 
  
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  Stephen Hughes, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, ringrazio la relatrice per l’eccellente documento che ci ha presentato. La relazione comprende una risoluzione lunghissima, di ben 94 paragrafi, ma per me il suo messaggio essenziale è riassunto in due di essi.

Al considerando V si afferma che “al fine di rafforzare la competitività dell’Unione europea in un modo sostenibile dal punto di vista sociale, è importante migliorare la produttività promuovendo il lavoro dignitoso e la qualità della vita lavorativa, incluse la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, un migliore equilibrio tra flessibilità e sicurezza dell’occupazione, la formazione continua, la fiducia reciproca e la partecipazione, nonché una migliore conciliazione tra vita privata/familiare e vita lavorativa” e che occorre lottare “contro la discriminazione di genere e tutte le altre forme di discriminazione”.

Al paragrafo 6 si invoca “una più efficace mobilitazione delle politiche interne ed esterne dell’Unione europea per la promozione dell’agenda per il lavoro dignitoso, in particolare in settori quali lo sviluppo, l’assistenza esterna, l’allargamento, la politica di vicinato, il commercio, le migrazioni e le relazioni esterne bilaterali e multilaterali”.

Se questi due paragrafi fossero stati pienamente applicati, l’Unione europea avrebbe compiuto grandi progressi nella promozione del lavoro dignitoso, sia qui da noi che nel resto del mondo.

Altri paragrafi che reputo importanti sono il 46, il 48 e il 51, perché motivano ampiamente l’esigenza che le società multinazionali europee si comportino in modo socialmente responsabile nell’ambito delle loro attività su scala mondiale. Tale affermazione si richiama al nostro precedente documento in materia.

Alcuni paragrafi enunciano la necessità che l’Unione europea faccia leva sul suo potere commerciale ed economico per promuovere la causa del lavoro dignitoso a livello mondiale. Ad esempio, nel paragrafo 8 si invoca una piena e adeguata attuazione dell’SPG+, in linea con la discussione che abbiamo avviato su questo argomento l’anno scorso con il Commissario Mandelson.

Infine, vorrei citare ancora il paragrafo 47, nel quale si auspica la messa a punto di “un marchio per i prodotti fabbricati in condizioni che rispettano i principi del lavoro dignitoso e le norme fondamentali del lavoro e che escludono espressamente qualsiasi apporto di lavoro minorile”. Diamo ai consumatori europei il potere di portare avanti la causa del lavoro dignitoso nelle loro scelte quotidiane.

 
  
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  Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero prima di tutto congratularmi con la relatrice, onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou, per aver stilato questo documento così importante e ringraziarla per lo spirito di collaborazione in cui abbiamo discusso modifiche e cercato compromessi.

Oggi parliamo di come sia possibile ottenere condizioni di lavoro dignitose per tutti sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea.

Appoggio in toto l’iniziativa della Commissione perché aumentare l’occupazione e migliorare le condizioni di lavoro è uno dei compiti più importanti da affrontare, e non lo possiamo rinviare. Tuttavia, dato che stiamo discutendo di condizioni di lavoro dignitose per tutti, vale la pena dare un’occhiata a quali sono le condizioni di lavoro qui nella Comunità.

Non molto tempo fa l’onorevole Sarah Ludford e io abbiamo avuto modo di parlare a Londra con alcuni cittadini lituani che lì vivono e lavorano, e con alcuni rappresentanti sindacali e dipendenti dell’ambasciata lituana.

E’ emerso che, per la maggior parte dei lituani che lavorano a Londra, condizioni di lavoro dignitose sono solo un pio desiderio. Le agenzie di lavoro temporaneo spesso violano la legge, pretendono somme sottobanco per trovare un lavoro e per preparare la documentazione, sequestrano i passaporti di chi cerca lavoro e non li restituiscono. Particolarmente flagrante è lo sfruttamento nel settore alberghiero, dove i datori di lavoro non pagano il salario minimo garantito dalla legge. Dopo quegli incontri, l’onorevole Sarah Ludford ha definito i lituani che lavorano a Londra “gli schiavi del XXI secolo”.

Signor Commissario, a Dublino abbiamo un’Agenzia che compie ricerche sulle condizioni di vita e di lavoro. Più d’una volta ho parlato con il suo responsabile e gli ho chiesto di eseguire un’indagine. Ora, signor Commissario, chiedo che lei, con l’aiuto di quell’Agenzia, compia un’indagine sullo sfruttamento economico, sociale e psicologico degli immigrati nella Comunità e che indichi misure atte a eliminarlo.

Appoggio la posizione della relatrice secondo cui la Commissione dovrebbe sempre fornire al Parlamento europeo e al Consiglio tutti gli strumenti politici necessari per favorire condizioni di lavoro dignitose per i cittadini dell’Unione e render conto della loro efficacia.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, i processi di globalizzazione in corso nell’Unione europea e nel mondo sono accompagnati da radicali cambiamenti di proprietà, della cultura e della società.

La diversità dei livelli di sviluppo economico e del tenore di vita ha determinato flussi migratori di grandi dimensioni, spinti dalla ricerca di un posto di lavoro. Secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro, a livello globale vi sono all’incirca 192 milioni di disoccupati e 86 milioni di migranti, di cui 34 milioni nelle zone in via di sviluppo.

Chi soffre la fame è pronto a lasciare la propria casa e la propria famiglia e accettare qualsiasi lavoro gli venga offerto, spesso finendo alla mercé di criminali. Le cifre sono sconvolgenti: secondo l’OIL, nel solo 2004 circa 2,54 milioni di persone sono state vendute per essere avviate a forme di lavoro coatto, di cui il 43 per cento a fini sessuali.

La domanda che si pone è perché tutto questo avvenga. Perché così tanti paesi, anche alcuni dell’Unione europea, sono incapaci di controllare il problema?

La risposta è semplice: il capitale è più importante delle persone, ai ricchi non importa nulla dei poveri. Ciò significa che la globalizzazione e la liberalizzazione favoriscono...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Sepp Kusstatscher, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, la relazione contiene una pletora di buone idee e di proposte positive per il lavoro dignitoso, e per questo motivo l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou merita la nostra gratitudine. Tuttavia, nell’avanzare le nostre proposte e richieste non dobbiamo dimenticare che nell’Unione europea ci sono oltre 20 milioni di disoccupati e che molti di essi subiscono discriminazioni ed emarginazione; né va dimenticato che un numero crescente di lavoratori, pur avendo un posto di lavoro, non guadagna un salario sufficiente per mantenersi, che le cosiddette “condizioni di lavoro precarie” altro non sono che un modo per aggirare le norme fiscali e sul lavoro e che sono soprattutto i giovani a subire forme di sfruttamento. Mentre accade tutto ciò, l’economia è in fase di espansione e il prodotto interno lordo è in crescita. Se vogliamo creare una società equa, senza povertà né emarginazione, è necessario procedere a un radicale cambio di priorità, e il modo migliore per farlo consiste nel lanciare l’idea di un salario base incondizionato per tutti. La Commissione farebbe bene a prendere questa idea in attenta considerazione, di concerto con il Consiglio.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole collega e amica è, in linea generale, soddisfacente. In altri termini, il fatto che essa propugni il concetto di lavoro dignitoso in conformità della posizione istituzionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro è, a mio parere, una buona cosa.

Resta però ancora molto da fare per quanto riguarda il concetto di lavoro dignitoso in sé e per sé, nonché la sua applicazione a tutte le politiche esterne dell’Unione europea.

Trovare un equilibrio tra lo sviluppo economico e lo sviluppo sociale e lavorativo pone oggi l’Unione europea di fronte a un’opportunità unica. Di conseguenza, occorre una valutazione estremamente dettagliata delle tendenze sul mercato del lavoro che tenga conto non solo del livello di occupazione, ma anche della natura e della qualità dell’occupazione – ovvero, il lavoro dignitoso.

Infine, in quanto Unione europea dobbiamo far sì che la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna prosegua nel quadro della politica per il lavoro decente attraverso un’azione complessiva integrata e meglio coordinata a favore della non discriminazione e della parità.

 
  
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  Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, siamo tutti favorevoli al lavoro dignitoso, non è vero? Pulire i cessi, lavorare all’aperto esposti alle intemperie, stare nel fango fino alle ginocchia per riparare le condutture del gas o bonificare dall’amianto il palazzo Berlaymont non sono esempi di lavoro dignitoso, però qualcuno deve pur farlo – a meno che un compenso generoso non possa trasformare un lavoro sporco in un lavoro dignitoso.

Mi incuriosisce, invero, il testo del paragrafo 27, dove si propone di stabilire una definizione standard di lavoro coatto. Lavoro coatto qui, nell’Unione europea? O si intende dire forse lo sfruttamento di persone trasferite clandestinamente da un paese all’altro? Questo sì che è un fenomeno da stroncare, e il modo migliore per farlo è ripristinare i confini nazionali e sottoporre ad accurati controlli tutti coloro che cercano di attraversarli. Ora come ora, dal confine russo fino alla costa atlantica non ci sono più frontiere. Non c’è quindi da meravigliarsi se la tratta di esseri umani ha assunto proporzioni massicce, con il lavoro coatto a ruota.

 
  
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  Cristian Stănescu, în numele grupului ITS. – Consecinţele sărăciei, ale excluziunii sociale, nu numai la nivel european, dar şi la nivel global, sunt devastatoare. Un trai decent în Europa se va baza pe atenţia pe care Uniunea o va da oamenilor care nu au un loc de muncă, acţiune susţinută prin propagarea principiilor sociale şi de politică externă. Desigur, este necesară armonizarea dialogului între instituţii, iar Comisia Europeană are un rol vital în aplicarea legislaţiei şi a responsabilităţilor care-i sunt conferite. Contribuţia organizaţiilor internaţionale, documentele prezentate în preambul de către raportor sunt de mare valoare pentru aprecierea obiectivă a acestui aspect, dar nu şi suficientă, fiindcă trebuie avute în vedere şi firmele private care pot asigura locuri de muncă şi pot oferi premisele creşterii economice şi implicit o viaţă mai bună. Prioritatea raportului dezbătut astăzi la Strasbourg sper să devină şi prioritatea guvernelor naţionale, care trebuie să pună cap la cap piesele acestui puzzle şi să elaboreze strategii socio-economice puternice pentru a se crea locuri de muncă, cu respectarea strictă a drepturilor fundamentale ale cetăţenilor şi cu combaterea încălcării dreptului la muncă. În acest context amintesc hărţuirea, exploatarea şi violenţa la locul de muncă, realităţi menţionate şi în raport şi la care nu trebuie să asistăm fără să dăm o replică pe măsură. Siguranţa şi ocrotirea sănătăţii la locul de muncă sunt alte subiecte propuse atenţiei, deoarece sunt condiţii esenţiale pentru asigurarea unei munci de calitate într-o Europă modernă. Globalizarea, politicile orientate pe principii greşite, delocalizarea masivă a întreprinderilor şi transferarea lor în afara graniţelor Uniunii Europene afectează cel mai mult piaţa de muncă şi relaţiile sociale în contextul strategiei de dezvoltare durabilă. Precaritatea sistemului trebuie stopată prin încurajarea legislaţiilor naţionale în domeniu, reformarea sistemului de învăţământ în zonele rurale şi acordarea unor facilităţi...

 
  
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  Alessandro Battilocchio (NI). – Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono grato alla Commissione e alla relatrice di avere deciso di affrontare un tema così importante. Non mi soffermerò sulla necessità di vegliare affinché tutti i paesi dell’Unione e soprattutto i nuovi membri ratifichino al più presto le principali convenzioni in materia, né sul dovere dell’UE di reprimere ogni sorta di discriminazione basata sul genere, sulla religione, sull’etnia o sugli orientamenti sessuali, nonché ogni tipo di comportamento malsano, come nel caso dell’ancora diffuso fenomeno del mobbing, che possa interferire con la vita professionale e privata dei lavoratori.

Mi preme soprattutto insistere sulla necessità di uscire dall’ottica di un’economia di scala industriale impostata sul modello ottocentesco. Per il nostro sviluppo non possiamo contare né su risorse naturali proprie, né su una disponibilità di manodopera simile a quella della Cina, occorre quindi una vera e propria rivoluzione di pensiero, precisamente la presa di coscienza che occorre investire nelle risorse umane, formarle, offrire loro le sicurezze e possibilità di crescita. Questa è la soluzione migliore, se non l’unica, per promuovere la competitività dell’UE e per raggiungere gli obiettivi di Lisbona. Se nelle nuove economie quali il Brasile o le Tigri asiatiche, la sfida del commercio internazionale è basata sulla quantità, l’Europa ha il dovere e soprattutto la possibilità di differenziarsi, puntando sulla qualità, sulla creatività, sul patrimonio culturale, intellettuale e scientifico, ossia sugli elementi precipui della nostra realtà.

Il settore terziario, la cui materia prima sono le persone, non in quanto corpi ma come cervelli, ormai è il settore preponderante. Se quindi diamo ai nostri cittadini la possibilità di esprimere al meglio le proprie capacità e le competenze acquisite in anni di studi, allora siamo pronti a riprenderci quel ruolo di attore principale sullo scacchiere internazionale che stiamo rischiando di perdere. Lo sviluppo economico deve essere al servizio dell’uomo, non il contrario.

 
  
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  José Albino Silva Peneda (PPE-DE).(PT) Signora Presidente, approvo la relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, cui rivolgo i miei saluti e le mie congratulazioni. La questione della qualità del lavoro non riguarda soltanto i diritti dei lavoratori; sarebbe un’ottica riduttiva. Occorre invece considerare la qualità del lavoro come una questione di portata molto più vasta, perché, tanto per cominciare, una migliore qualità dell’ambiente di lavoro è tra i principali fattori di una maggiore produttività e una maggiore competitività.

La qualità del lavoro dipende dall’esistenza di corrette politiche pubbliche e dai risultati ottenuti dalle imprese in ambiti diversi quali l’accesso a infrastrutture e tecnologie della comunicazione, istruzione, formazione professionale, formazione continua, salute e sicurezza sul posto di lavoro e accesso al mercato del lavoro. Dal punto di vista delle imprese, la qualità del lavoro ha a che fare con la leadership, le prospettive di carriera e l’organizzazione del lavoro. Vorrei citare anche un altro motivo per cui dobbiamo concentrarci su questo tema. Affinché l’Europa sia in grado di realizzare le riforme molto attese a vari livelli, diventando così più competitiva rispetto al resto del mondo, occorre che sia le imprese sia i lavoratori cambino atteggiamento e comportamento.

Quanto maggiore è la fiducia tra le parti, tanto più facile sarà attuare le riforme. Inoltre, quanto più intenso sarà il dialogo, tanto più elevato sarà il grado di fiducia e tanto maggiore la trasparenza su questioni connesse con i processi di ristrutturazione e cambiamento. A mio parere, i responsabili della politica, dell’economia e della società europee devono, rebus sic stantibus, sfruttare al massimo l’opportunità di innalzare il livello del dialogo sociale sia negli Stati membri sia in ambito europeo. La questione della qualità del lavoro contribuirà anch’essa a tradurre in pratica questa grande occasione.

 
  
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  Anne Van Lancker (PSE).(NL) Signor Commissario, è senz’altro positivo che la Commissione appoggi attivamente la strategia dell’Organizzazione internazionale del lavoro per il lavoro dignitoso.

Il lavoro dignitoso è molto di più che il semplice adempimento delle norme fondamentali del lavoro stabilite dall’OIL – per quanto importanti esse siano. Il lavoro dignitoso significa anche il diritto delle persone a una retribuzione che li renda autosufficienti e alla protezione sociale, nonché il diritto a organizzarsi in sindacati.

Attualmente un miliardo e mezzo di persone in tutto il mondo non guadagnano abbastanza per soddisfare le proprie esigenze di base, nonostante il 90 per cento dei paesi del mondo preveda il salario minimo garantito per legge. Molto spesso, però, tale disposizione non vale per alcuni tipi di lavoratori o non viene applicata, come nel caso dei lavoratori a domicilio, dei braccianti agricoli e dei lavoratori precari. Le consultazioni sociali e i diritti sindacali sono dunque fattori chiave per garantire il diritto al lavoro dignitoso per tutti.

Per questo motivo accolgo con grande piacere la dichiarazione congiunta della Confederazione dei sindacati dell’Unione europea e dei sindacati statunitensi sulla loro comune intenzione di lottare per il lavoro dignitoso.

L’Europa deve porre il lavoro dignitoso al centro della sua politica estera, affinché i vantaggi della globalizzazione possano essere condivisi più equamente e nelle economie più sviluppate si possa evitare il dumping sociale sulle condizioni salariali e di lavoro. Gli accordi commerciali conclusi tra l’Unione europea e paesi come l’India o la Corea, sui quali sono in corso negoziati, devono sostenere il lavoro dignitoso, mentre le preferenze commerciali accordate devono essere revocate in caso di violazioni sistematiche dei diritti sociali fondamentali.

L’Europa, inoltre, deve aiutare i suoi partner nei paesi in via di sviluppo in modo tale che essi possano dare la priorità al lavoro dignitoso nei loro piani strategici nazionali e regionali e negli accordi di partenariato con l’Europa.

La pesante responsabilità di garantire salari e condizioni di lavoro equi ricade, oltre che sui governi, anche sulle multinazionali. Le multinazionali che hanno la sede nell’Unione europea, ma filiali e subappaltatori in altre parti del mondo, e che violano costantemente i diritti fondamentali, vanno iscritte in un’apposita lista nera ed escluse da tutte le gare d’appalto europee.

Solo così l’Europa potrà mettersi alla testa degli sforzi internazionali volti ad aggiungere alla globalizzazione una dimensione sociale.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE).(EN) Signora Presidente, mi complimento con la relatrice per averci presentato una relazione esaustiva ed equilibrata. La relazione contiene alcune dichiarazioni che hanno dato adito a qualche discussione, ma quello che dobbiamo chiederci è se, in questa relazione, vi sia qualcosa che preferiremmo non valesse per i nostri familiari. Indipendentemente dalla nazionalità dei miei familiari – siano essi irlandesi, polacchi o di un paese terzo – vorrei che le disposizioni di questa relazione fossero applicate anche a loro. Quindi, se è veramente nostra intenzione favorire il lavoro dignitoso per tutti e non solo per coloro che, in grazia del luogo di nascita, della posizione che occupano nella società o del grado di istruzione, possono avere accesso a lavori dignitosi, allora questa relazione rappresenta un passo importante nella giusta direzione.

Come dicevo, la relazione è equilibrata. E proprio come un mio familiare potrebbe essere alla ricerca di un lavoro, lo stesso potrebbe accadere a un piccolo imprenditore, a una piccola o media impresa che lotta per sopravvivere e creare posti di lavoro dignitosi. La relazione sostiene le imprese che non sfruttano, non praticano dumping sociale e non violano le norme fondamentali del lavoro. Ho il sospetto che la maggior parte di noi preferirebbe lavorare in una di queste imprese o, ancor meglio, esserne a capo.

C’è una tensione costante tra le richieste del mercato e la promozione di una società giusta ed equa. Una categoria di lavoratori, gli assistenti domiciliari – che sono, di fatto, il gruppo di lavoratori autonomi più numeroso in Europa – si trovano spesso in una situazione ambigua. Il mercato, infatti, non li riconosce né li premia perché non contribuiscono in maniera significativa alla crescita del prodotto interno lordo; però sono il collante che tiene insieme la nostra società. Senza questo gruppo di lavoratori le strutture sociali così come le conosciamo crollerebbero, e poi il mercato per chi continuerebbe a esistere?

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL).(PT) Il lavoro dignitoso, che l’Organizzazione internazionale del lavoro giustamente promuove, deve comprendere la promozione dei diritti dei lavoratori sotto molti aspetti, quali l’occupazione, le retribuzioni, i contratti, la salute, l’igiene, la sicurezza sul posto di lavoro, la formazione professionale, la promozione, la tutela e la sicurezza sociali, i contratti collettivi, il dialogo sociale e l’eliminazione di discriminazioni e iniquità. Invece, basta pensare all’aumento dei lavori non garantiti e mal pagati, ai milioni di incidenti sul lavoro, alla diffusione della povertà tra i lavoratori, alla disoccupazione e ai recenti attacchi ai diritti di coloro che hanno un lavoro – e la cosiddetta flessicurezza ne è l’esempio più eclatante – per rendersi conto delle contraddizioni tra la realtà e il tema di cui ci stiamo occupando, contraddizioni che spingono i lavoratori a protestare e lottare. Non è un caso che il 30 maggio ci sarà in Portogallo uno sciopero generale, organizzato dal sindacato CGTP.

La Commissione stessa è un esempio di tali contraddizioni, considerato che ha presentato questa comunicazione e contemporaneamente ha pubblicato invece un progetto di Libro verde sulla legislazione in materia di lavoro...

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM).(EN) Signora Presidente, è indubbio che, in alcuni paesi, lo sfruttamento dei lavoratori costituisce la norma. Giustamente denunciamo quella realtà, però ogni giorno acquistiamo, indossiamo, mangiamo e beviamo i prodotti del lavoro illegale. Fintantoché non adotteremo una linea più dura, gli abusi continueranno.

Però il lavoro dignitoso è una strada a due sensi. Se le condizioni di lavoro devono essere eque per il lavoratore, è vero anche che il lavoratore deve svolgere il proprio compito in modo equo e responsabile. Solo quando nei luoghi di lavoro in Europa saranno garantiti dignità e rispetto reciproci, l’Unione europea sarà competitiva e socialmente sostenibile. Mi congratulo con l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou per la sua relazione, nella quale ha affrontato tutti gli aspetti vulnerabili: i lavoratori giovani, le madri, anche quelle che allattano, i lavoratori a tempo parziale e quelli anziani. Ha citato persino i lavoratori a domicilio, e mi piace pensare che tra questi siano compresi coloro che gratuitamente educano i figli e assistono i familiari disabili e anziani.

 
  
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  Jean-Claude Martinez (ITS).(FR) Signora Presidente, lavoro per tutti e lavoro dignitoso per tutti! Ma di cosa stiamo parlando? Stiamo parlando del lavoro dei giovani, delle donne, dei bambini, nel Regno Unito o in Portogallo, del lavoro degli immigrati, degli schiavi nelle rappresentanze diplomatiche, specialmente nel Medio Oriente, del lavoro dipendente in Francia, di coloro che si suicidano sul posto di lavoro, come alla Renault, per esempio, dei salari vergognosi – 1 000 euro al mese per cassieri, muratori, operai – che sono a malapena sufficienti per la sopravvivenza dei lavoratori, e delle pensioni da fame che ci attendono alla fine di una vita di sfruttamento: 130 euro per il coniuge di una lavoratrice agricola. Se pensiamo che costa 10 euro rinchiudere un cane randagio, non ci possiamo permettere di rinchiudere una lavoratrice agricola in pensione!

Quali sono le cause di tale situazione? Bene, le cause sono le nuove forme di capitalismo globale, che non è un capitalismo industriale bensì un capitalismo finanziario che mira a un profitto del 15 per cento. Per poterlo ottenere, il capitalismo dei fondi pensione, dei fondi speculativi, degli hedge fund esercita una triplice pressione: sui salari, sui dipendenti – che lavorano secondo metodi just-in-time e sono stressati, spiegando così uno dei motivi dei suicidi – e sul numero dei dipendenti. Un’altra causa è l’arrivo di migranti dall’America latina e dall’Africa a El Ejido, in Andalusia, nei laboratori e nei ristoranti di Barcellona, nei cantieri. E’ a causa della globalizzazione che i lavoratori cinesi a 25 centesimi l’ora diventano il modello del lavoratore internazionale.

Cosa dobbiamo fare? Quattro cose: dobbiamo condurre battaglie sociali, e dobbiamo condurre battaglie legali, in seno all’Organizzazione internazionale del lavoro e all’Organizzazione mondiale del commercio, ricorrendo all’immaginazione, anche introducendo dazi doganali deducibili; dobbiamo condurre battaglie politiche e, soprattutto, dobbiamo avere una visione chiara delle cose e chiamarle con il loro vero nome: mercato deregolamentato vuol dire capitalismo e globalizzazione e vuol dire anche capitalismo finanziario a livello mondiale.

 
  
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  Jan Andersson (PSE).(SV) Desidero ringraziare non solo la relatrice ma anche la Commissione per questo documento molto equilibrato. Sono inoltre grato alla Commissione per la posizione che ha assunto. Nell’Unione europea sta iniziando la lotta per il lavoro dignitoso. Si tratta di combattere non solo per contrastare il lavoro nero, ma anche per ottenere condizioni di lavoro dignitose all’interno dell’UE, salari che garantiscano l’autosufficienza, opportunità di crescita professionale e possibilità di esercitare influenza sul posto di lavoro. E’ un dato di fatto che, se vogliamo fare progressi su queste tematiche a livello mondiale, dobbiamo rispettare noi per primi, in casa nostra, il principio di condizioni di lavoro dignitose – cosa che, però, non avviene sempre e comunque. Dobbiamo inoltre occuparci continuamente di tale questione in tutti gli Stati membri dell’UE. In ambito mondiale, una valida base di partenza è costituita dalle convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Il commercio e l’apertura delle frontiere sono importanti, e li sostengo entrambi, ma è altrettanto importante impegnarci, allo stesso tempo, per creare buone condizioni ambientali e di lavoro nei paesi più poveri degli Stati membri dell’Unione europea. In quei paesi è in gioco anche il diritto dei lavoratori di organizzarsi e di ottenere salari e condizioni di lavoro dignitosi. Allora, quale responsabilità incombe sui diversi soggetti? E’ evidente che l’Unione europea ha la sua responsabilità in quanto operatore globale nel commercio e in altri settori; vi è poi la responsabilità degli Stati membri, senza dimenticare quella delle imprese, cui spetta anche una responsabilità sociale. Talvolta il lavoro dignitoso è contrapposto alle opportunità di crescita. Personalmente ritengo invece che si tratti di due questioni correlate tra loro, poiché senza il lavoro dignitoso non potremo ottenere una crescita sostenibile a lungo termine.

 
  
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  Georgios Karatzaferis (IND/DEM).(EL) Signora Presidente, non esistono lavori o professioni non dignitosi. Persino la più antica professione del mondo è dignitosa. Esistono tuttavia condizioni non dignitose, che sono alimentate dalle nostre politiche.

Quando una persona è povera e debole, accetta lavori non dignitosi. Jean Valjean, il personaggio de I miserabili, non ha perso la propria dignità quando ha rubato il pane. Nondimeno abbiamo messo al mondo 100 milioni di Jean Valjean europei che vengono sfruttati dalle multinazionali.

Alcune persone devono rendersi conto del fatto che, se non cambiamo politica, se prendiamo le parole dei banchieri come il vangelo, molti saranno costretti ad accettare lavori non dignitosi. Il Presidente Trichet ha raddoppiato i tassi d’interesse nel giro di due anni.

Quando una persona con uno stipendio di 800 euro accende un prestito, è del tutto evidente che non sarà in grado di ripagarlo e quindi dovrà accettare condizioni di lavoro non dignitose. Ma, in quanto responsabili, spetta a noi compiere un balzo in avanti; invece, dopo così tanti anni, stiamo tornando al feudalesimo: nei tempi antichi, il feudatario possedeva una reputazione, oggi possiede una banca.

 
  
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  Magda Kósáné Kovács (PSE).(HU) L’eccellente relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou esprime i sentimenti di noi tutti. Stabilisce il principio che “dobbiamo parlare” per mezzo di dichiarazioni serie, rilevanti e strategiche.

Serie perché la relazione contiene una trattazione responsabile e competente delle differenze sociali che accelerano il processo di declino. Nel testo si citano ripetutamente, in riferimento ai problemi demografici e a quelli connessi con il nuovo mercato del lavoro, le donne ma anche gli anziani, i disabili, gli immigrati, le minoranze etniche, le persone con scarse competenze professionali.

La relazione è sicuramente rilevante perché all’interno delle Istituzioni dell’Unione europea è stata avviata di recente una discussione sulla riforma delle norme in materia di lavoro, sul dialogo sociale e sulle misure atte a rafforzare la sicurezza sociale. Può succedere che queste discussioni finiscano per annullarsi a vicenda, però la nostra decisione di oggi può contribuire a garantire che esse, alla fine, vadano tutte nella stessa direzione.

La relazione ha altresì un valore strategico poiché le interpretazioni che dà del concetto di “lavoro dignitoso” dimostrano ciò che termini quali sicurezza del posto di lavoro, sicurezza sociale, partenariato, diritti sul posto di lavoro e parità tra uomo e donna significano o dovrebbero significare. Tutto questo è imprescindibile dalla strategia per porre fine alla povertà, per eliminare la minaccia della trappola della povertà.

La povertà è un marchio d’infamia sulla faccia dell’Europa; è pertanto inevitabile l’introduzione di un sistema di salario minimo in tutti gli Stati membri, sebbene anche a tale riguardo è probabile che sussistano profonde differenze tra gli Stati membri nuovi e quelli vecchi. Comunque sia, sul lungo termine questa misura consentirà di porre fine a condizioni di vita sotto il livello della dignità umana.

 
  
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  Ole Christensen (PSE).(DA) Signora Presidente, ogni anno si verificano 270 milioni di incidenti sul lavoro. In totale, 2,2 milioni di lavoratori muoiono ogni anno a causa di ambienti di lavoro non sicuri; si stima inoltre che 60 milioni di bambini in tutto il mondo compiano lavori pesanti e pericolosi. In seno all’Organizzazione mondiale del commercio, nei nostri accordi commerciali e negli aiuti allo sviluppo dobbiamo concentrarci di più sul lavoro dignitoso. E’ necessario tuttavia mobilitare anche i consumatori europei, i quali sono disponibili a lottare per i diritti dei lavoratori, come dimostra il crescente interesse per i prodotti del commercio equo e solidale. I consumatori sono infatti pronti a spendere di più se possono essere certi che acquistano beni prodotti in condizioni di lavoro dignitose.

Ai consumatori, ai clienti, ai lavoratori e agli investitori deve essere data la possibilità di scegliere o rifiutare prodotti e fornitori sulla base del fatto che i lavoratori abbiano dovuto o meno rischiare la vita e l’incolumità fisica nel processo produttivo. Un sistema volontario di etichettatura dei beni prodotti in condizioni di lavoro dignitose dovrebbe fornire ai consumatori le informazioni necessarie, se vogliamo che le condizioni di lavoro dignitose restino nell’interesse sia dei consumatori che delle imprese. Un sistema comunitario di etichettatura dei prodotti ispirato ai diritti fondamentali dei lavoratori stabiliti dall’Organizzazione internazionale del lavoro potrebbe fare la differenza.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Onorevoli deputati, nel tempo che mi è concesso sarebbe molto difficile dare un contributo adeguato a questa discussione. Cercherò pertanto di concentrarmi soltanto sul punto più importante. Dalla discussione è emerso con chiarezza che il Parlamento europeo è decisamente favorevole alla promozione del concetto di lavoro dignitoso per tutti in modo tale che esso diventi parte integrante di una strategia definita dalla Commissione. In secondo luogo, questo è un progetto globale che vale in tutte le condizioni e per tutti i paesi, a prescindere dal loro livello di sviluppo, compresi ovviamente anche gli Stati membri dell’Unione europea.

E’ stato sottolineato inoltre che persino nell’Unione europea le norme non sono sempre rispettate in tutte le situazioni, e ciò vale soprattutto per il lavoro illegale. La Commissione ha pertanto approvato una proposta di adozione di misure severe contro gli immigrati che lavorano illegalmente, e intende elaborare una strategia più coerente per contrastare il lavoro nero.

Vorrei dire altresì che nella prima metà del 2008 la Commissione pubblicherà una relazione di controllo sulle iniziative dell’Unione riguardanti il lavoro dignitoso. La promozione di questo concetto globale è qualcosa che crea coesione tra aree diverse, come risulta molto chiaramente dalla relazione presentata. Desidero esprimere ancora una volta il mio apprezzamento per l’eccellente relazione e ringraziare la sua autrice.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE-DE), per iscritto. – (FR) In un’epoca in cui la globalizzazione è fonte di inquietudine e ingiustizia sociale, occorre dare particolare enfasi alle strategie europee che rafforzano la dimensione sociale della globalizzazione. L’attuazione dell’agenda per il lavoro dignitoso fa parte di tali strategie. Il lavoro dignitoso può infatti contribuire alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale perché permette di ottimizzare i vantaggi della globalizzazione riducendone gli svantaggi.

E’ vero che la liberalizzazione del commercio deve contribuire al raggiungimento degli obiettivi di crescita e piena occupazione e alla riduzione della povertà, ma più di tutto essa deve essere fondata sulla promozione del lavoro dignitoso per tutti. Inoltre, se si vuole che diventi un elemento costante delle politiche esterne dell’Unione europea, la promozione del lavoro dignitoso deve essere premessa e condizione delle relazioni commerciali tra l’UE e i paesi terzi. Al riguardo, è importante ricordare che esiste un meccanismo che garantisce la promozione del lavoro dignitoso, ovvero il sistema delle preferenze generalizzate. Si tratta di fatto di uno strumento cruciale per incoraggiare gli sforzi a favore dello sviluppo sostenibile, del buon governo e della promozione dei diritti sociali fondamentali.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 

5. Turno di votazioni
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale)

 

5.1. Contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia (votazione)
  

– Relazione Mauro (A6-0169/2007)

 

5.2. Roaming sulle reti pubbliche di telefonia mobile (votazione)
  

– Relazione Rübig (A6-0155/2007)

Prima della votazione

 
  
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  Martin Callanan (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, un richiamo al Regolamento. In conformità del Regolamento, devo dichiarare un interesse finanziario nella relazione Rübig. Pertanto non prenderò parte alla votazione sulle questioni in oggetto.

 
  
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  Presidente. – E’ giusto. La maggior parte di noi possiede telefoni cellulari!

 
  
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  Roger Helmer (NI).(EN) Signor Presidente, anch’io intervengo ai sensi dell’articolo 166 del Regolamento per dichiarare un interesse finanziario. Come deputato al Parlamento europeo e utente abituale di telefoni cellulari, ho molto da guadagnare da questa legislazione. Pertanto mi dichiaro non idoneo a partecipare alla votazione. Confido che molti colleghi si uniranno a me!

(Si ride)

 
  
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  Presidente. – Bene, è stata presa nota della sua dichiarazione.

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, seguendo la logica degli ultimi due oratori, potrebbe appurare se vi sia un solo deputato al Parlamento europeo che non possiede un telefono cellulare? Così potrebbe decidere se adottare o meno questa legislazione!

(Ilarità e applausi)

 
  
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  Presidente. – Penso che adesso possiamo procedere.

Dopo l’adozione della risoluzione legislativa

Presidente. – Congratulazioni all’onorevole Rübig e agli utenti europei di telefoni cellulari!

(Applausi)

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE), relatore. – (DE) Signor Presidente, ringrazio l’Assemblea per la sua approvazione e in particolare il Consiglio per aver accettato di far entrare in vigore il regolamento entro il 27 giugno, mentre ai deputati che si sono astenuti devo ricordare che stiamo riducendo i costi per i contribuenti.

 

5.3. Secondo protocollo aggiuntivo dell’accordo di partenariato economico, coordinamento politico e cooperazione CE/Messico (votazione)
  

– Relazione Markov (A6-0138/2007)

 

5.4. Ravvicinamento delle aliquote di accisa sull’alcole e le bevande alcoliche (votazione)
  

– Relazione Lulling (A6-0148/2007)

Dopo la reiezione della proposta della Commissione

 
  
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  Ieke van den Burg (PSE).(EN) Vorrei chiedere che il documento sia rinviato in commissione, perché ora abbiamo risultati di voto contraddittori.

 
  
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  Presidente. – Poiché la Commissione non ha presentato alcuna proposta, sarà automaticamente rinviato in commissione. In ogni caso la procedura è questa.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), relatore. – (FR) Signor Presidente, ho proposto al mio gruppo e ai numerosi colleghi che mi hanno sostenuta di respingere la relazione perché la linea che avevo proposto non è stata seguita e ho l’impressione che certi deputati – considerando che le votazioni erano molto ravvicinate – non sapessero su cosa stavano votando.

(Proteste)

Chiedo scusa, non si sono resi conto del significato dei loro voti.

Inoltre, signor Presidente, dato che la Commissione tace – sebbene il Commissario Kovács sia intervenuto due volte ieri sera mentre a me, che sono la relatrice, non è stato permesso di rispondergli – non posso che constatarne l’impotenza.

Avevamo fatto una proposta per uscire dal vicolo cieco. Purtroppo, non siamo stati appoggiati, signor Presidente. Dunque, la relazione del Parlamento su questa proposta decade e la Commissione e il Consiglio possono persistere nel loro immobilismo e rimanere nel loro vicolo cieco.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Naturalmente si svolgerà una discussione quando la questione tornerà dinanzi al Parlamento.

 

5.5. Composizione della delegazione permanente EUROLAT (votazione)

5.6. Impatto e conseguenze dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno (votazione)
  

– Relazione Vergnaud (A6-0173/2007)

Prima della votazione

 
  
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  Bernadette Vergnaud (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, intervengo semplicemente per segnalare all’Assemblea che c’è stato un errore.

Infatti, poiché la stessa frase compare in tre diversi paragrafi, i servizi del Parlamento hanno giustamente soppresso i paragrafi 47 e 53 della relazione, considerando che questa frase figura nella sua interezza al paragrafo 51.

Ci tenevo soltanto a informarne i colleghi.

 

5.7. Impatto e conseguenze delle politiche strutturali sulla coesione dell’UE (votazione)
  

– Relazione Pleguezuelos Aguilar (A6-0150/2007)

 

5.8. Aiuti al commercio dell’Unione europea (votazione)
  

– Relazione David Martin (A6-0088/2007)

 

5.9. Accordi di partenariato economico (votazione)
  

– Relazione Sturdy (A6-0084/2007)

Prima della votazione sull’emendamento n. 23

 
  
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  Margrietus van den Berg (PSE).(NL) Signor Presidente, l’ultima frase dell’emendamento n. 23 ora è così formulata: “invita l’UE a predisporre i necessari meccanismi compensativi onde evitare questo tipo di conseguenze”. Questa frase ha suscitato opposizione, poiché sembra implicare che l’Unione europea debba sostenere tutte le conseguenze finanziarie. Per evitare questo malinteso suggerirei un emendamento orale in base al quale la formulazione sarebbe: “invita l’UE a contribuire a predisporre i necessari meccanismi compensativi onde evitare questo tipo di conseguenze”.

 
  
  

(L’emendamento orale è accolto)

 

5.10. Relazione annuale 2005 sulla PESC (votazione)
  

– Relazione Brok (A6-0130/2007)

Dopo la votazione

 
  
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  Vittorio Agnoletto (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando è stato votato il paragrafo 10, nella traduzione italiana è stato detto paragrafo 11, di conseguenza ho votato in modo differente da come avrei votato.

 

5.11. Promuovere un lavoro dignitoso per tutti (votazione)
  

– Relazione Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0068/2007)

 
  
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  Presidente. – Con questo si conclude il turno di votazioni.

 

6. Dichiarazioni di voto
  

– Relazione Mauro (A6-0169/2007)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, benché io appoggi la relazione dell’onorevole Mauro, deploro che sia in essa sia nel progetto della Commissione manchi qualsiasi accenno a sovvenzioni comunitarie legate alle misure per la tutela dall’inquinamento acustico prodotto dal traffico ferroviario e stradale. Per quanto grande sia il lavoro da fare, occorre tenere conto anche di chi risiede nelle vicinanze, e non solo della sua salute ma anche del suo grado di accettazione del lavoro.

Chiedo perciò che le norme per la tutela dall’inquinamento acustico prodotto dai veicoli su rotaia vengano modificate il più presto possibile, così da prevedere valori massimi più bassi e promuovere misure di abbattimento del rumore contestualmente alla promozione dell’ampliamento delle reti transeuropee.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Mauro perché il volume del traffico in Europa sta crescendo enormemente e le strade intasate e le continue code fanno presagire un collasso imminente del sistema dei trasporti. Anche se abbiamo stabilito già tanti anni fa quali progetti avrebbero costituito le reti di comunicazione transeuropee, siamo ancora ben lontani dal metterli in pratica, cosicché quello che dovrebbe essere il capolavoro europeo somiglia sempre di più a un patchwork.

Inoltre dobbiamo fare qualcosa per rendere i viaggi ferroviari più piacevoli e ritengo che ciò sia necessario non solo per il traffico transnazionale ma anche, e in misura maggiore, per quello locale.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sebbene la proposta di regolamento sulla concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee di trasporto e dell’energia determini un incremento del livello attuale di cofinanziamento comunitario, il documento rimane al di sotto di quanto prevedeva la proposta originaria, sia per le reti di trasporto che per quelle dell’energia, a causa del cattivo accordo sulle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013.

Qui è in gioco un’altra questione fondamentale. Le “reti transeuropee” vengono realizzate con finanziamenti della Comunità e degli Stati membri – ovvero con finanziamenti pubblici – allo scopo di completare il mercato interno, come afferma il primo punto della posizione comune del Consiglio: “le reti dell’energia e dei trasporti potenti e integrate costituiscono la spina dorsale del mercato interno europeo e una migliore utilizzazione delle reti esistenti e il completamento dei collegamenti mancanti aumenteranno l’efficienza e la concorrenza”. In altre parole, è nel completamento del mercato interno il nocciolo di questi progetti, con l’apertura dei mercati e l’asservimento a interessi privati di settori chiave per l’economia di un paese, una volta che, ovviamente, l’investimento pubblico sia stato realizzato.

Considerata l’importanza di questi settori per lo sviluppo di qualsiasi paese, sosteniamo che essi debbano essere lasciati nel settore pubblico e siamo pertanto contrari alla loro privatizzazione.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il mio gruppo avrebbe voluto vedere i nostri emendamenti incorporati nella relazione, in modo da accrescere i poteri del Parlamento sui prossimi bilanci delle reti transeuropee di trasporto e dell’energia, anche se si sono rivelati infruttuosi. Tuttavia, è sempre bene che questo settore di investimenti resti sotto il minuzioso esame del Parlamento perché rappresenta un chiaro esempio di “valore comunitario aggiunto”. L’Unione abbatte già da molti anni le barriere in tutta l’Europa, ma in campo energetico restano ancora molti ostacoli infrastrutturali da superare. La Scozia, in particolar modo, può contribuire molto a soddisfare le esigenze europee in materia di energia, ma ci occorrono le connessioni necessarie per farlo, e io esplorerò tutte le possibilità per convogliare i finanziamenti dell’Unione nelle connessioni per ottimizzare il potenziale dell’energia verde scozzese.

 
  
  

– Relazione Rübig (A6-0155/2007)

 
  
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  Gyula Hegyi (PSE). (HU) Ritengo che questa, almeno dal punto di vista dei cittadini, sia stata una delle votazioni più importanti. Il cittadino comune sa poco delle leggi comunitarie, è più interessato a scoprire cosa significhi essere membro dell’Unione nella sua vita quotidiana.

Quando le frontiere si sfaldano, quando si può andare da un paese all’altro senza un passaporto, sorge una domanda: perché dobbiamo pagare tariffe punitive extra per comunicare telefonicamente oltre frontiera? Credo che sarebbe stato meglio se il Parlamento avesse deciso di abolire completamente tutti i costi del roaming e dichiarato che tutte le tariffe dei cellulari nell’Unione devono essere uguali.

Tuttavia, ammetto che sarebbe stato difficile da attuare come primo passo e, pertanto, approvo il fatto che siamo riusciti almeno a ridurre gradualmente le tariffe del roaming. In Ungheria vivono dieci milioni di persone e nove milioni e mezzo di esse usano il cellulare. A mio avviso, approvare questo punto era estremamente importante.

 
  
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  Ivo Strejček (PPE-DE).(CS) Ho votato contro le proposte sulle chiamate in roaming per le seguenti ragioni. In primo luogo, queste misure non sono di natura economica, ma piuttosto di natura politica. Sono un’espressione del protezionismo e del nuovo tipo di affarismo europeo. In secondo luogo, sono in contrasto col principio della domanda e dell’offerta. In terzo luogo, benché io non presuma che gli operatori di reti mobili recuperino i mancati introiti aumentando i prezzi nel mercato interno, prevedibilmente essi taglieranno gli investimenti per lo sviluppo e, quasi certamente, interromperanno la discesa dei prezzi interni.

L’aspetto più preoccupante per l’Unione è il fatto che gli investitori perderanno fiducia, perché vedranno che l’organo normativo sta cambiando le regole a gioco in corso.

 
  
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  Jim Allister (NI), per iscritto. – (EN) Costituisce una piacevole novità rallegrarsi per una legge comunitaria. La riduzione imposta alle tariffe del roaming sulle reti mobili è una cosa positiva per i consumatori di tutta Europa. Benché i 35 pence al minuto per fare una telefonata e i 17 per riceverla costituiscano ancora un prezzo alto, si prevede che queste tariffe decadano nel giro dei prossimi tre anni. Ora bisogna ridurre quelle relative agli SMS e alle connessioni e-mail.

 
  
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  Derek Roland Clark (IND/DEM), per iscritto. – (EN) I deputati al Parlamento dell’UKIP, come tutti gli altri parlamentari, hanno interessi in gioco nella riduzione delle tariffe del roaming sulle reti mobili. Pertanto i deputati dell’UKIP non voteranno la relazione Rübig. L’UKIP ritiene che per i parlamentari sia moralmente sbagliato votare su una questione che potrebbe comportare un arricchimento personale. Inoltre non approviamo mai la regolamentazione comunitaria.

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. – (EN) Esprimo la mia viva approvazione per il nuovo accordo in merito alle tariffe del roaming sulle reti di telefonia mobile. Sono due anni che deputati laburisti al Parlamento promuovono campagne a favore dell’introduzione di queste misure, che costituiscono un vero e proprio trionfo per i consumatori europei e non si sarebbero potute attuare senza l’Unione. Per troppo tempo le compagnie di telefonia mobile hanno fatto pagare tariffe scandalose alla gente che usa il telefono in un paese dell’Unione diverso dal proprio.

E’ vergognoso che i parlamentari conservatori schierati dalla parte dell’industria della telefonia mobile si oppongano alla tutela dei consumatori, adducendo argomentazioni per imporre tariffe più alte.

 
  
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  Brigitte Douay (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Rübig riguardante il roaming sulle reti pubbliche all’interno della Comunità perché le posizioni sostenute nel testo permetteranno di migliorare considerevolmente la situazione dei consumatori europei. Molti cittadini europei, soprattutto quelli che abitano alla frontiera del Nord-Pas-de-Calais, si recano di frequente all’estero per ragioni professionali e personali, e le tariffe attualmente in vigore quando fanno o ricevono telefonate sui loro cellulari sono eccessive e ingiustificate.

La relazione Rübig pone rimedio a una situazione che penalizza la mobilità. Sono quindi favorevole alle tariffe fissate nella relazione: i costi al minuto approvati sono del tutto soddisfacenti e assai inferiori a quelli applicati attualmente. Tuttavia, avremmo preferito tariffe ancora più basse che avrebbero potuto costituire per la gente un migliore incentivo alla mobilità in Europa.

Oltre alla considerevole riduzione delle tariffe, un altro principio importante è il requisito della trasparenza. Il Gruppo socialista al Parlamento ha inoltre auspicato maggiore trasparenza sui costi delle chiamate e ottenuto che, d’ora in poi, i cittadini europei possano sapere quanto costerà loro una telefonata ricevuta o fatta dall’estero.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Rübig (A6-0155/2007) riguardante il roaming sulle reti mobili pubbliche all’interno della Comunità. Ritengo che l’accordo preliminare tra il Parlamento e la Presidenza del Consiglio sul testo del regolamento, nella formulazione del quale i deputati del gruppo del Partito socialista europeo hanno svolto un ruolo chiave, rappresenti una vittoria significativa per i consumatori.

Ritengo che queste misure si riveleranno di vitale importanza per il futuro della società dell’informazione. Ci consentiranno di risparmiare miliardi di euro e di servire meglio gli interessi dei consumatori. La riduzione delle tariffe del roaming permetterà di abbattere le frontiere che ancora sussistono nel mercato interno, potenziando così la competitività europea.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questo regolamento dichiara di avere come obiettivo finale “la creazione di un mercato interno europeo delle telecomunicazioni ben funzionante”. Questo, come afferma la relazione, a causa dell’”inefficacia dell’autoregolamentazione”.

E’ interessante notare, in questo caso, l’ammissione che il mercato non funziona. Da qui la necessità di regolamentare i prezzi. Pertanto, si propone di farlo all’ingrosso e al dettaglio, comprendendo la creazione della tariffa al dettaglio regolamentata – l’eurotariffa – che dev’essere obbligatoriamente proposta da tutti gli operatori per conseguire una riduzione significativa del prezzo del roaming. Anche così, permane la possibilità di enormi margini di profitto per i grandi operatori del settore. Ciò detto, ci sono vantaggi per i consumatori: chiamate internazionali più convenienti, senza che tali costi vengano ribaltati sui mercati nazionali, e la facoltà di scegliere l’operatore e la tariffa più favorevoli.

Questo è un altro esempio che dimostra chiaramente che il “mercato” non tutela gli utenti né i consumatori, ed è per questo che occorre un regolamento. Sarebbe ora che la Commissione e gli Stati membri riconoscessero quanto sopra per molti altri ambiti a vantaggio dei consumatori.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Ci sono momenti – estremamente rari in quest’aula – in cui i deputati sono chiamati a votare un testo davvero utile per i cittadini europei e in cui, per una volta, l’Europa apporta un vero e proprio valore aggiunto.

E’ stato il caso, alcuni anni fa, dei bonifici bancari transfrontalieri nella zona euro: una normativa europea ha stabilito che il loro costo fosse identico a quello di un trasferimento bancario nazionale. Si trattava solo di una cosa logicissima e normalissima, poiché era stata appena introdotta la moneta unica.

Oggi è il caso del regolamento sui costi del roaming nella telefonia mobile. Benché imperfetto, come tutti i compromessi, questo testo permetterà tuttavia di controllare più efficacemente le tariffe proibitive praticate dagli operatori nelle comunicazioni internazionali comunitarie. Inoltre la clausola di revisione, prevista fra 18 mesi, rappresenterà – lo speriamo – un’occasione per ulteriori progressi per quanto riguarda la tutela dei consumatori.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione contiene molte proposte concrete per migliorare la situazione dei consumatori. La Lista di giugno approva queste proposte che, per quanto riguarda l’informazione ai consumatori e un’informazione facilmente accessibile sulle tariffe, vanno a vantaggio della gente.

Indubbiamente le attuali tariffe del roaming sembrano assurdamente elevate. Prima di prendere una decisione su misure di ordine politico, è però necessario chiarire quale fallimento di mercato si nasconda dietro questo cattivo stato di cose. E’ una questione di competitività insufficiente dovuta alla cosiddetta collusione implicita? In questo caso, sarebbe totalmente sbagliato introdurre la regolamentazione dei prezzi, perché ciò non contribuirebbe in alcuna misura alla soluzione del problema. Sarebbe assurdo proporre una cura senza aver prima fatto una diagnosi. Gli esperti del settore dovrebbero fare ricerche per scoprire quale sia il fallimento di mercato con cui siamo alle prese, prima di adottare misure populiste.

A lungo termine, i consumatori saranno più avvantaggiati dalla libera concorrenza che dalla regolamentazione dei prezzi. Consentire ai politici invece che al mercato di fissare i prezzi non è quasi mai una soluzione costruttiva nel lungo periodo.

A mio avviso, la proposta finirà anche per danneggiare quella parte della popolazione che, per ragioni economiche o altri motivi, si reca raramente all’estero.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Voterò a favore della relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all’interno della Comunità e che modifica la direttiva 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica [COM(2006)0382 – C6-0244/2006 – 2006/0133(COD)].

L’onorevole Rübig ha giustamente sottolineato la necessità di trovare soluzioni che consentano ai cittadini comunitari di usare i cellulari per chiamare casa quando si trovano all’estero. Attualmente non c’è un mercato unico per i servizi di telefonia mobile e ciò costituisce una barriera all’uso quotidiano dei cellulari quando si è all’estero.

Concordo con la formula che stabilisce massimali per i prezzi all’ingrosso e al dettaglio. E’ molto importante ridurre le tariffe ingiustificatamente elevate del roaming, spiegare agli utenti le modalità di attivazione delle nuove tariffe e informarli sulla data di entrata in vigore della legislazione suddetta.

Un’altra buona iniziativa è quella per cui l’utente che non sceglie nessuna tariffa particolare entro tre mesi dall’entrata in vigore del regolamento godrà automaticamente della tariffa comunitaria regolamentata e il fatto che gli operatori di telefonia mobile dovranno informare i propri utenti in merito ai prezzi del roaming per chiamate in entrata e in uscita relativi al loro specifico piano tariffario.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a malincuore a favore della relazione riguardante il roaming sulle reti mobili pubbliche perché essa è contraria alle mie convinzioni politiche più importanti. Infatti ritengo che qualsiasi tariffazione da parte del legislatore costituisca un’intromissione indebita nell’economia di mercato e una reliquia di un’altra epoca che non si dovrebbe resuscitare.

L’applicazione dell’eurotariffa così fissata sarà causa di grossi problemi per gli operatori dei piccoli Stati membri, che avranno difficoltà a finanziare gli investimenti necessari per applicare le nuove condizioni del roaming. Gli effetti a lungo termine di questo regolamento potrebbero persino determinare un aumento delle tariffe delle comunicazioni nazionali, cosa che sarebbe controproducente e disastrosa per il buon funzionamento delle economie nazionali.

Appoggio una tariffazione trasparente e una riduzione dei costi delle comunicazioni in roaming in uno spirito di libera concorrenza, ma questa riduzione non deve essere ottenuta fissando i prezzi al dettaglio e a spese delle tariffe delle comunicazioni nazionali.

Mi rallegro inoltre che il principio dell’opt-in sia stato salvaguardato in questo compromesso, anche se un opt-in incondizionato o senza limiti di tempo sarebbe stato preferibile.

Questo regolamento durerà solo tre anni: che consolazione!

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione contiene molte proposte concrete per migliorare la situazione dei consumatori. La Lista di giugno approva queste proposte che, per quanto riguarda l’informazione ai consumatori e un’informazione facilmente accessibile sulle tariffe, vanno a vantaggio della gente.

Indubbiamente le attuali tariffe del roaming sembrano assurdamente elevate. Prima di prendere una decisione su misure di ordine politico, è però necessario chiarire quale fallimento di mercato si nasconda dietro questo cattivo stato di cose. E’ una questione di competitività insufficiente dovuta alla cosiddetta collusione implicita? In questo caso, sarebbe totalmente sbagliato introdurre la regolamentazione dei prezzi, perché ciò non contribuirebbe in alcuna misura alla soluzione del problema. Sarebbe assurdo proporre una cura senza aver prima fatto una diagnosi. Gli esperti del settore dovrebbero fare ricerche per scoprire quale sia il fallimento di mercato con cui siamo alle prese, prima di adottare misure populiste.

A lungo termine, i consumatori saranno più avvantaggiati dalla libera concorrenza che dalla regolamentazione dei prezzi. Consentire ai politici invece che al mercato di fissare i prezzi non è quasi mai una soluzione costruttiva nel lungo periodo.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho appoggiato quest’accordo di compromesso in sede di prima lettura. Questa è una vittoria importante che andrà a vantaggio dei consumatori, i quali potranno godere di prezzi di roaming più convenienti entro quest’estate.

 
  
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  Claude Moraes (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato per la relazione sulla proposta di regolamento relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche, cosa che comporterà una riduzione dei prezzi per milioni di clienti dei servizi di roaming. L’iniziativa aiuterà un enorme numero di consumatori alle prese con tariffe di roaming ingiustificatamente alte.

Il regolamento garantirà che, viaggiando all’interno dell’Unione, i costi sostenuti per il roaming internazionale non saranno ingiustificatamente più alti delle tariffe praticate per chiamate effettuate dall’utente all’interno del suo paese. I consumatori beneficeranno di tariffe più basse per effettuare telefonate nel paese visitato, verso il proprio paese o qualsiasi altro Stato membro dell’Unione, e inoltre risparmieranno in misura considerevole quando le riceveranno.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica ha votato a favore della relazione Rübig sul roaming perché, a seguito della pressione esercitata dal Parlamento, è stato raggiunto un compromesso soddisfacente a vantaggio dei consumatori europei.

Per ottenere tariffe trasparenti, è ovviamente necessario compiere ancora moltissimi passi, estendendone l’area di applicazione e riducendo ulteriormente i costi incontrollati imposti dalle compagnie di telefonia mobile.

Il procedimento va inoltre accelerato prima del Consiglio “Telecomunicazioni”, in modo che si possa adottare il regolamento il più rapidamente possibile e i consumatori possano beneficiare dai regolamenti già introdotti quest’estate.

Questo regolamento deve costituire un modello. Occorre creare quadri per regolamentare altri settori in cui le norme del libero mercato si sono dimostrate inadeguate e i cartelli regnano sovrani.

 
  
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  José Ribeiro e Castro (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Le tariffe del roaming praticate attualmente penalizzano gli utenti che si spostano nei diversi Stati membri e costituiscono un ostacolo a un vero mercato unico.

Considerata la natura transfrontaliera delle relazioni contrattuali che questi servizi implicano, gli Stati membri hanno dimostrato scarsa capacità nell’affrontare tale questione. Benché fosse auspicabile una soluzione basata sull’autoregolamentazione del settore, ciò si è di nuovo dimostrato impossibile.

I consumatori europei meritano un trattamento più equo e trasparente. Si richiedeva, pertanto, un emendamento regolamentare su scala europea che mettesse fine agli abusi, creasse trasparenza, assicurasse equilibrio nel mercato, permettesse un maggior agio negli spostamenti e nelle comunicazioni e promuovesse un incremento del dinamismo economico.

Benché i limiti imposti ai prezzi delle chiamate siano ancora ben lontani dal valore inizialmente richiesto dal Parlamento, ritengo che questo sia un primo passo nella giusta direzione. Per di più, introduce quel tanto di chiarezza e di prevedibilità che il mercato ha smarrito.

Spero che gli operatori non reagiscano alla perdita di entrate con l’aumento ingiustificato dei prezzi delle chiamate nazionali, ma colgano invece l’occasione per aumentare il proprio fatturato mediante l’incremento del numero di clienti e il miglioramento dei servizi prestati a livello nazionale e internazionale.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Avendo approvato oggi all’ora di pranzo il regolamento sulle tariffe di telefonia mobile in roaming, il Parlamento ha appena adottato una normativa attesa da milioni di consumatori, lavoratori e turisti, esasperati dai costi esorbitanti delle chiamate transfrontaliere fatte o ricevute sul GSM. Le nuove disposizioni hanno ricevuto il sostegno della Commissione, autrice di questa proposta legislativa.

Inoltre, nonostante la mia filosofia liberale mal si accordi con l’interventismo sui prezzi del mercato, sono contraria prima di tutto al lassismo, al permissivismo e ai cartelli costituiti in un dato settore economico.

Questa normativa europea rappresenta un progresso ragguardevole per la tutela dei consumatori, che vedranno ridursi la loro bolletta fino al 70 per cento. Altro progresso è costituito dalla libertà di scelta lasciata agli operatori nell’offrire ai clienti un’opzione tra la tariffa regolamentata e una tariffa forfettaria che coprirà anche gli SMS e gli MMS. Tuttavia ho un rimpianto: questa riduzione dei costi del roaming non sarà operativa per l’estate.

I cittadini si consoleranno con questa volontà, chiaramente espressa dalle tre Istituzioni europee, di tentare di riconquistarli e adempiere il primo dei loro compiti, ovvero fare leggi che cambino in meglio la loro vita di tutti i giorni.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) Mi sono astenuto dal voto odierno sulla questione del roaming. Chiunque sia stato all’estero sa quanto sia costoso fare chiamate e riceverne, ma l’impostazione di tetti tariffari da parte della Comunità europea comporta alcuni rischi. Avrei potuto accettare un regolamento a livello di prezzi all’ingrosso che disciplinasse, per esempio, il rapporto tra Telia e una compagnia spagnola, ma non approvo che si fissi un tetto tariffario per il consumatore. Non sarebbe un tetto, bensì un pavimento. Se si fissa il tetto al 49 per cento, è ovvio che le compagnie detrarranno tale percentuale. I loro profitti calerebbero, poiché in precedenza avrebbero percepito introiti impiegabili a fini competitivi in campo nazionale. Se i profitti sparissero, ciò potrebbe spingere le compagnie a dovere aumentare le proprie tariffe nazionali. Dunque l’Unione avrebbe invece indebolito i consumatori vulnerabili che aveva sempre sostenuto di volere tutelare. Il mercato mobile è un mercato relativamente nuovo. In Svezia il mercato si è gradualmente assestato e i prezzi sono significativamente calati. Se si fosse solo reso il sistema più trasparente, si fossero cercate soluzioni tecniche migliori e introdotti i sistemi d’informazione di cui si parla nella proposta, queste misure sarebbero presumibilmente bastate a forzare i prezzi al ribasso. Le tariffe del roaming sono sostanzialmente diminuite e, anche se questo non è avvenuto in modo uniforme in tutta Europa, è comunque segno che il mercato si regola da solo.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa misura in considerazione del numero di cittadini europei alle prese con tariffe di roaming più elevate del necessario. La riduzione dei costi per tante persone e imprese rappresenta un contributo molto utile per le tasche dei privati e per i costi aziendali. La funzione del mercato della telefonia mobile è consentire la massima efficienza del settore trovando al contempo il giusto equilibrio con gli interessi dei consumatori.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Voterò a favore della proposta di regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo al roaming sulle reti mobili pubbliche all’interno della Comunità e che modifica la direttiva 2002/21/CE che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica.

Quando abbiamo adottato l’agenda di Lisbona, ci siamo prefissi l’obiettivo di fare dell’Unione l’economia basata sulla conoscenza più competitiva del mondo. Per questo dobbiamo garantire che il mercato della tecnologia telefonica mobile nell’ambito dell’Unione sia un mercato dinamico senza barriere interne.

Attualmente circa l’80 per cento dei cittadini dell’Unione possiede un cellulare, ma i prezzi dei servizi di comunicazioni mobili in roaming sono talmente alti da limitare la domanda per questo servizio. Comunque, la telefonia mobile non comprende soltanto la comunicazione vocale, ma include anche altri tipi di comunicazione di nuova generazione come il GPS, il Wi-Fi e l’accesso remoto a Internet. Si tratta di tecnologie molto avanzate che costituiscono un elemento particolarmente importante nel contribuire alla promozione di un’economia basata sulla conoscenza.

Per questo motivo non possiamo permetterci che il loro impiego e la loro evoluzione siano soffocati da tariffe esorbitanti.

 
  
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  Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. – (EN) I deputati al Parlamento dell’UKIP, come tutti gli altri parlamentari, hanno interessi in gioco nella riduzione delle tariffe di roaming sulle reti mobili. Pertanto i deputati dell’UKIP non voteranno la relazione Rübig. L’UKIP ritiene che per i parlamentari sia moralmente sbagliato votare su una questione che potrebbe comportare un arricchimento personale. Inoltre non approviamo mai la regolamentazione comunitaria.

 
  
  

– Relazione Lulling (A6-0148/2007)

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’introduzione di accise sull’alcool e sulle bevande alcoliche nel 1992 è stato il primo dei tentativi di coordinare le imposte nella creazione di un mercato comune. E’ stato ed è tuttora un processo complicato.

Finora il coordinamento delle imposte indirette è parzialmente riuscito, con aliquote minime stabilite per l’alcool, le bevande alcoliche, i tabacchi e i carburanti. Tuttavia, in realtà, la politica fiscale è rimasta sotto la giurisdizione degli Stati membri.

L’aumento dell’accisa basata sugli indici d’inflazione comunitaria per gli anni 1993-2006 non è logico. Perché questo tasso d’inflazione dev’essere applicato a paesi che hanno aderito all’Unione dopo il 2004?

Anche la completa abolizione di accise basata sul fatto che queste sono entrate di piccola entità per gli Stati membri è ingiustificata. Considerato lo scopo per cui sono state introdotte le accise, si dovrebbero analogamente abolire le accise sui tabacchi e sui carburanti.

Appoggio il mantenimento dello status quo, senza modificare le accise e consentendo agli Stati membri, in base al principio della sussidiarietà, di continuare a fissare le proprie aliquote. Tanto più che, tra gli stessi Stati membri, non c’è comune accordo sull’abolizione delle accise.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, ho fatto come la relatrice, l’onorevole Lulling, voleva che effettivamente si facesse e ho votato contro la sua relazione perché chiede un ulteriore aumento di tasse, tirando fuori stavolta la solita vecchia storia, ovvero che questo è necessario per prevenire distorsioni della concorrenza, anche se adesso è risultato che – come gli esperti avevano previsto – le aliquote minime introdotte nel 1992 non hanno fatto altro che ampliare il baratro tra le aliquote degli Stati membri, alcuni dei quali le hanno aumentate più volte e adesso vogliono che gli altri siano obbligati a fare altrettanto.

L’attuazione di questa proposta, a mio avviso, verrebbe considerata dai cittadini un’ulteriore soperchieria di Bruxelles.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) A noi Socialdemocratici svedesi avrebbe fatto maggiormente piacere vedere il Parlamento in grado di sostenere la proposta originaria della Commissione di un aumento delle aliquote minime che tenesse conto dell’inflazione dal 1993 in poi.

Poiché si prevedeva una votazione dall’esito molto incerto, abbiamo deciso di appoggiare gli emendamenti finalizzati a incrementare le aliquote minime, per tenere conto dell’inflazione a partire dall’allargamento del 2004.

Ci rallegriamo che ora la relazione sia stata rinviata alla commissione competente e speriamo che stavolta quest’ultima giunga alla conclusione che occorrono imposte sull’alcool per ridurre i danni che esso causa nell’Unione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il fatto che la maggioranza del Parlamento abbia bocciato la relazione è una cosa positiva. Abbiamo votato contro l’imposizione di accise a livello sopranazionale perché ciò avrebbe ridotto la sovranità fiscale e la sovranità di prendere decisioni politiche per mezzo delle imposte e del bilancio.

L’obiettivo principale delle accise, che oggi rappresentano una quota importante delle entrate tributarie di molti Stati membri, è quello di moderare il consumo, come nel caso delle accise sull’alcool e sulle bevande alcoliche, anche allo scopo di tutelare la salute.

Oltre alle conseguenze dirette di quest’imposta sulle attività del settore agricolo e di una parte importante del settore industriale, dev’essere una decisione soprattutto nazionale, basata sulla preferenza del consumatore per i prodotti tradizionali, sulle mutevoli scelte sociali riguardo al consumo di bevande alcoliche e su come i diversi paesi usano gli strumenti fiscali, come nel caso del vino in Portogallo, dove è importante mantenere l’aliquota minima attuale a zero euro – un’istanza che è stata recepita in plenaria.

Tuttavia, siamo contrari alla proposta della Commissione di aumentare le aliquote minime e alle idee della relatrice sull’istituzione di un’aliquota massima.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Come osserva la relazione stessa, la direttiva del 1992 sulle accise non ha condotto a nessun ravvicinamento di tali aliquote tra gli Stati membri né ha regolamentato i pretesi problemi di distorsione della concorrenza. Se la Commissione fosse coerente dovrebbe chiedere essa stessa, conformemente al suo programma “legiferare meglio”, l’abolizione di questo testo.

La verità è che spetta agli Stati membri, e a essi soltanto, fissare le imposte, dirette o indirette, nell’ambito del loro territorio conformemente alle loro esigenze sociali, economiche e di bilancio, e che l’armonizzazione fiscale richiesta dalla Commissione ha in realtà soltanto un fine ideologico.

Concluderò osservando che non è un paradosso da poco, per quelli che si battono a favore dell’abolizione dei controlli alle frontiere, della libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi, nonché per la libera concorrenza, il fatto di essere i primi a lamentarsi quando quest’abolizione e questa libertà di circolazione incitano gli europei ad avvalersi della concorrenza a loro vantaggio.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo votato contro la relazione perché non risolve il conflitto di obiettivi che sta alla radice del problema trattato. Ciò di cui siamo davvero preoccupati in questo caso è, ovviamente, il fatto che il diritto degli Stati membri di decidere su una questione così importante come la politica in materia d’alcool si scontri sia con la richiesta di un libero mercato interno che col diritto degli Stati membri di decidere in merito ai propri regimi fiscali. L’alcool non è un prodotto qualsiasi. Il mercato interno è di fondamentale importanza per l’Unione e il diritto di imporre tributi è uno dei punti di forza più importanti di uno Stato sovrano.

La relatrice non ha tentato affatto di analizzare e risolvere questo conflitto di obiettivi. Il tema va pertanto affrontato seriamente da esperti e rappresentanti politici con una padronanza adeguata della questione, prima che al Parlamento vengano presentate nuove proposte.

 
  
  

– Relazione Vergnaud (A6-0173/2007)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Ho votato a favore della strategia realista presentata nella relazione Vergnaud perché è ovvio che le decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee che difendono il diritto dei pazienti di essere curati in un paese diverso dal proprio, nel caso in cui la loro salute sia gravemente a rischio o la loro vita in gioco, interferiscono con i poteri dei governi nazionali.

Come sappiamo, la direttiva sui servizi nel mercato interno ha escluso i servizi sanitari dalla competenza dell’Unione, attribuendoli esclusivamente agli Stati membri. E’ ovvio che la mobilità dei pazienti in Europa è destinata ad aumentare. I pazienti chiederanno naturalmente di avere accesso a cure che si avvalgano delle terapie più avanzate. Questo non varrà solo per i lavoratori che prestano la loro opera in un paese diverso dal proprio, ma anche per i pazienti che sono alla ricerca di terapie di alta qualità all’estero che, per ragioni oggettive, non sono disponibili nel loro paese, e conseguentemente vanno all’estero per usufruire di tali terapie.

 
  
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  Jim Allister (NI), per iscritto. – (EN) Poiché ritengo che la fornitura di servizi sanitari di qualità e accessibili a tutti sia di competenza esclusiva degli Stati membri, ho votato contro la relazione Vergnaud e contro il tentativo di reintrodurre l’assistenza sanitaria nella direttiva sui servizi.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Abbiamo deciso di votare contro la relazione, in parte perché riteniamo che debbano essere gli Stati membri a decidere da soli per quali servizi sanitari si possa richiedere una notifica preventiva. A nostro avviso, sarebbe vantaggioso per i pazienti un sistema comprendente servizi sanitari pianificati in cui, dopo visita medica, si possa ottenere rapidamente una notifica preventiva. Sarebbe un sistema tale da fornire accesso paritario a servizi sanitari transfrontalieri per chiunque e non solo per chi può permettersi di pagare di tasca propria e poi aspettare d’essere rimborsato. Abbiamo votato a favore di emendamenti che raccomandano decisioni politiche anziché provvedimenti d’ufficio basati sulla giurisprudenza, anche se nutriamo riserve su tutte le iniziative politiche soggette alla codecisione del Parlamento. Abbiamo inoltre votato a favore della formulazione che contiene riferimenti alla libertà di stabilimento; teniamo tuttavia a sottolineare che non riteniamo che questo significhi necessariamente avere accesso alle risorse pubbliche.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Vergnaud.

Il voto in plenaria sulla relazione ha confermato la specificità dei servizi sanitari e conseguentemente la loro esclusione dalla direttiva sui servizi. L’intento di questo voto era evitare che l’accesso paritario alle cure e la sostenibilità finanziaria del sistema di sicurezza sociale venissero rimessi in discussione.

A mio avviso, la riflessione avviata a livello comunitario sui servizi sanitari deve d’ora in poi concentrarsi sull’incertezza giuridica determinata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e sui settori per cui l’Unione è suscettibile di creare valore aggiunto.

Per quanto mi riguarda, una direttiva sui servizi sanitari che si conformi all’obiettivo di una direttiva quadro sui servizi d’interesse economico generale rimane il solo strumento che permetterà all’Unione di addurre il suo valore aggiunto e riacquistare la fiducia dei cittadini europei in un campo che è l’essenza stessa della loro vita.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione d’iniziativa, analogamente ad altre comunicazioni della Commissione sull’assistenza sanitaria, ha, in una certa misura, l’obiettivo di applicare ai servizi sanitari lo stesso approccio valevole per il mercato interno dei servizi, mediante la presentazione di una nuova proposta di direttiva separata sui servizi sanitari. Perciò abbiamo votato contro la relazione. Tuttavia, è per noi positivo che sia stata respinta la proposta di includere i servizi sanitari nella direttiva sulla liberalizzazione dei servizi.

L’accesso generalizzato a servizi sanitari di qualità per tutti è un diritto fondamentale di tutti i cittadini che dev’essere previsto dai sistemi nazionali di protezione sociale esistenti nell’Unione. I servizi sanitari sono un bene pubblico e spetta alle autorità pubbliche di ciascuno Stato membro il compito fondamentale di garantire un accesso paritario a tutti i servizi sanitari di qualità e di dotarli di un finanziamento pubblico adeguato. Pertanto siamo contrari alla creazione di un mercato interno dei servizi sanitari liberalizzato e alla tendenza attuale di ridurre o privatizzare i servizi sanitari, o ancora di renderli sempre più dipendenti dalla regolamentazione del mercato interno o dalle regole della concorrenza.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) I servizi sanitari non sono servizi come tutti gli altri. Perciò non devono essere in nessun caso assoggettati alle regole europee sulla concorrenza, sugli aiuti di Stato, sui contratti pubblici o sul mercato interno. Soprattutto, la loro organizzazione e il loro finanziamento devono essere di competenza esclusiva degli Stati membri.

Malgrado la prevedibile bocciatura del paragrafo che chiedeva di inquadrare questi servizi nell’ambito della direttiva Bolkestein, siamo ancora dell’idea che il testo della relazione sia pericoloso. Esso propone d’incoraggiare la mobilità del personale sanitario col rischio di creare carenza proprio di questo personale e conseguentemente di cure per tutti i cittadini in alcuni paesi; o ancora di incoraggiare, senza alcun controllo, la mobilità dei pazienti, cosa che può pregiudicare la qualità delle cure, condurre alla saturazione delle infrastrutture e compromettere l’equilibrio dei sistemi di sicurezza sociale.

L’obiettivo dell’accesso, per tutti i cittadini europei, a prestazioni sanitarie di qualità e nell’ambito della propria comunità non può essere conseguito in nessun caso da una direttiva europea basata sulla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, che giudica in merito a qualche controversia transfrontaliera. In realtà, tale obiettivo si può raggiungere solo garantendo che Bruxelles non potrà mai legiferare in questo campo.

 
  
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  Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Ho votato contro la relazione quale emendata perché ritengo che essa esponga il nostro servizio sanitario nazionale al rischio di una liberalizzazione strisciante e di incertezza giuridica. Apprezzo che il Parlamento abbia mantenuto la sua posizione di escludere i servizi sanitari dall’ambito della direttiva sui servizi. Tuttavia, ora stiamo apparentemente rifiutando di fissare limiti al ruolo del mercato relativamente al diritto degli Stati membri di decidere il metodo, il finanziamento e la portata dei servizi sanitari che forniscono. Se non adottiamo un quadro legislativo chiaro, sostenuto preferibilmente da una modifica del Trattato, diamo un attivo incoraggiamento alla Corte di giustizia a decidere cosa sia o meno un trattamento medico e se debba essere rimborsato o meno o richieda un’autorizzazione preventiva. Come relatrice sul regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, vorrei chiarire ad alcuni deputati di quest’aula che quello del rimborso non costituisce un sistema nuovo: è in vigore da più di 30 anni e si è dimostrato insostituibile per migliaia di cittadini, ma la sua portata e il suo funzionamento devono essere determinati dal Parlamento e dal governo, non dalla Corte di giustizia, per cui deploro l’adozione dell’emendamento n. 24 da parte dei Liberali.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto. – (FR) La relazione dimostra la volontà di aggirare il contenuto della direttiva sui servizi, che aveva legittimamente escluso quelli sanitari dal proprio campo di applicazione. Quelli sanitari non sono servizi commerciali, sono bensì servizi di cruciale importanza per i nostri popoli che invecchiano. La salute deve sfuggire sia alle brame degli avvoltoi ultraliberisti che all’ideologia federalista europea che si accinge ad armonizzare tutto verso il basso. L’esclusione dei servizi sanitari è e deve rimanere di competenza degli Stati membri.

E’ poi inquietante constatare che si fa sempre riferimento a questa fumosa strategia di Lisbona come a una conditio sine qua non, quando sappiamo da tempo che essa è un simbolo d’inefficienza ultraeuropeista. Inoltre, considerando le differenze esistenti fra i nostri paesi, si potrebbe affermare che l’universalità di un cosiddetto modello sociale europeo è un’utopia. Infine, creare un quadro giuridico in questo campo equivale a mettere in atto uno pseudomercato interno dei servizi sanitari, o almeno a gettarne le basi.

E’ nostro dovere impedire che si comprometta la qualità dei servizi sanitari, preservare l’etica medica e garantire controlli rigorosi in materia di autorizzazione e di rimborso delle prestazioni sanitarie a livello nazionale e ministeriale.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione sull’impatto dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva Bolkestein, col pretesto di tutelare i pazienti e i professionisti della sanità, promuove la mercificazione e l’ulteriore privatizzazione di un settore di prima qualità per il capitale affinché possa generare profitti a suo favore.

Noi deputati al Parlamento del Partito comunista greco esprimiamo nettamente la nostra opposizione alla direttiva Bolkestein e ci battiamo con i lavoratori per abrogarla.

La relazione dà per scontato che i sistemi sanitari nazionali siano inadeguati e che i servizi sanitari non siano gratuiti. Ecco perché promuove la riduzione dei servizi sanitari coperti da fondi assicurativi al minimo comune denominatore, avvalendosi della tessera sanitaria quale strumento per farlo. Si propone l’occupazione nomade per i lavoratori e si sottovaluta la necessità di una conoscenza scientifica completa basata sulla formazione e sull’acquisizione di competenze. Inoltre i professionisti sono obbligati a stipulare un’assicurazione per la responsabilità, riducendo in tal modo l’obbligo per lo Stato di fornire servizi di cura e assistenza a una responsabilità individuale. Anche la scelta della terapia per il paziente è ridotta a una responsabilità individuale mediante le reti d’informazione che sostituiscono l’obbligo dello Stato.

Ecco perché noi deputati al Parlamento del Partito comunista greco abbiamo votato contro la relazione. La salute è un bene sociale e i lavoratori devono estendere la loro lotta alla sua mercificazione chiedendo servizi sanitari moderni, gratuiti, nazionali e gestiti esclusivamente dallo Stato che soddisfino le esigenze attuali della classe lavoratrice.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato per la relazione sulle conseguenze dell’esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi. In particolare mi compiaccio che la relazione abbia chiesto alla Commissione di proporre “uno strumento adeguato” per codificare la giurisprudenza della Corte di giustizia.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nonostante la controversia sorta sulla relazione e composta a tempo debito, credo che questo documento, nella sua forma attuale, confermi i diritti esistenti e stimoli la mobilità dei pazienti. Proprio ciò che si voleva.

Considerata la particolare rilevanza di questa materia, il dibattito deve comprendere la vasta gamma dei differenti sistemi in vigore nei vari Stati membri. Ad ogni modo, la cosa più importante è assicurare che le opportunità procurate dalla mobilità dei pazienti siano chiare e praticabili.

La salute è uno dei temi che stanno più a cuore ai cittadini e sarebbe sbagliato imporre agli Stati membri, mediante la legislazione comunitaria, soluzioni che scalzino le norme su cui i cittadini e i responsabili politici concordavano. Tuttavia, questo non impedisce che in uno spazio libero come l’Unione, dove c’è una tradizione di mobilità in diversi ambiti, si introducano norme per agevolare il ricorso a questa facoltà.

Credo pertanto che il risultato sia positivo e favorevole agli interessi e ai diritti dei cittadini.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) La politica europea nel settore dell’assistenza sanitaria non deve limitarsi a regolamentare la mobilità dei pazienti o a creare un mercato unificato. Dobbiamo evitare una politica a due velocità in base alla quale chiunque disponga di risorse finanziarie adeguate possa scegliere di viaggiare alla ricerca dell’assistenza migliore.

Ciò pregiudica la coesione sociale e territoriale nonché la solidarietà, e pertanto è inadeguato. L’assistenza sanitaria – esattamente come gli altri servizi sociali d’interesse generale – costituisce spesso parte di una struttura nazionale di protezione sociale che garantisce la salvaguardia dei diritti fondamentali dei cittadini.

Per tali motivi questo Parlamento, l’anno scorso, ha deciso di escludere i servizi sociali dalla direttiva sui servizi. Oggi non dobbiamo tornare sui nostri passi!

Il testo che è stato approvato un momento fa e che esamina l’impatto e le conseguenze di quest’esclusione, invita la Commissione a ideare uno strumento adeguato per codificare la giurisprudenza nel rispetto dei diritti e dei doveri dei pazienti che si spostano e dei fornitori di servizi sanitari. Non credo che questo possa bastare.

Se si adotta la giurisdizione quale unica base per la politica, non si rende giustizia all’importanza di questo settore in un’Europa sociale. La salute è un diritto fondamentale. Tutti hanno diritto di recarsi in un paese diverso dal proprio per ricevere l’assistenza medica migliore. E’ dovere di ogni fornitore di servizi sanitari, nonché degli Stati membri interessati, mettere tutti i pazienti sullo stesso piano.

 
  
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  Marc Tarabella (PSE), per iscritto. – (FR) Durante il voto sul progetto di relazione Vergnaud in sede di Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, i deputati di destra hanno appoggiato un emendamento finalizzato a reintrodurre i servizi sanitari nell’ambito della direttiva “Servizi”. A causa di questo voto, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei è venuto meno a un compromesso precedente col gruppo socialista al Parlamento europeo, compromesso che tutelava i servizi sanitari mantenendoli fuori dall’ambito di applicazione della direttiva “Servizi”.

Fortunatamente, i deputati del gruppo PPE-DE hanno deciso in occasione del voto in plenaria di onorare questo compromesso e rispettare le cure sanitarie, rifiutando di fare della salute una merce. Al termine di questa votazione ha trionfato la volontà dei socialisti di salvaguardare servizi sanitari accessibili, di alta qualità e a prezzi abbordabili per i cittadini dell’Unione.

 
  
  

– Relazione Pleguezuelos Aguilar (A6-0150/2007)

 
  
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  Richard Corbett (PSE), per iscritto. – (EN) Mi fa molto piacere che, a partire dall’anno prossimo, l’agricoltura non costituirà più il capitolo di spesa più importante del bilancio comunitario, ma lo saranno i vari Fondi strutturali. Questa è una positiva ridistribuzione di risorse – a patto, naturalmente, che i soldi ridistribuiti siano spesi bene! E anche qui vorrei dare un cauto benvenuto allo spostamento graduale all’interno degli stessi Fondi strutturali verso lo sviluppo dell’innovazione e delle imprese nelle nostre regioni meno prospere.

I Fondi strutturali devono rappresentare qualcosa più di un semplice trasferimento di risorse dagli Stati membri più ricchi a quelli che lo sono di meno: se si trattasse solo di questo, basterebbe rettificare semplicemente i contributi e i rimborsi di bilancio. I Fondi strutturali devono portare valore aggiunto e costituire una vera e propria politica europea a tutti gli effetti, aiutando le regioni più povere anziché gli Stati membri, sviluppando i collegamenti transnazionali e contribuendo a garantire che tutti possano trarre beneficio dal mercato unico europeo.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ricordando che la relazione intende contribuire al dibattito sul futuro della politica comunitaria di coesione, dobbiamo rimarcare il nostro disaccordo su alcuni aspetti significativi in essa contenuti quali:

– l’idea che la concessione di fondi in quanto parte della politica di coesione sia condizionata al soddisfacimento di criteri di risultati economici stabiliti a livello comunitario, quale strumento supplementare di pressione sul modo in cui gli Stati membri definiscono le loro politiche socioeconomiche;

– l’istituzione di tetti obbligatori per quanto riguarda le modalità di impiego dei Fondi strutturali, a livello comunitario o di Stati membri, come per esempio “destinare almeno il 20 per cento dei Fondi strutturali allo sviluppo della R+S+I”;

– l’incoraggiamento a usare i Fondi strutturali per finanziare l’investimento privato mediante i cosiddetti partenariati pubblico-privati;

– l’utilizzo di nuovi indicatori di coesione, vale a dire l’occupazione, il livello di disparità del PIL tra regioni vicine, l’indice di decentramento e accessibilità, le infrastrutture e i trasporti, il livello della ricerca e dell’innovazione, l’istruzione e la formazione, nonché la varietà delle produzioni, senza che si garantisca che il PIL pro capite debba continuare a essere utilizzato come indicatore fondamentale di idoneità per quanto riguarda la politica comunitaria di coesione.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) La relazione sottolinea giustamente il ruolo decisivo della politica di coesione per appoggiare il mercato interno grazie ai flussi commerciali e all’occupazione generati attraverso l’ideazione e l’avvio di progetti cofinanziati dall’Unione. Dobbiamo inoltre ricordare il ruolo svolto dalla politica di coesione nel rafforzare l’immagine della Comunità europea agli occhi dei suoi cittadini e nell’aumentare il sostegno all’Unione nelle regioni che hanno beneficiato in modo significativo di tale politica.

L’invito, rivolto alla Commissione e al Consiglio, a esaminare se sia sostenibile destinare almeno il 20 per cento dei Fondi strutturali a favore della ricerca, dello sviluppo e dell’innovazione è meritevole di appoggio. Degna di considerazione è anche la proposta di demandare a livello locale e regionale la funzione di animatori tecnologici, che mediante l’accesso agli aiuti e ai programmi europei faciliteranno il successo dell’innovazione delle imprese.

Chiedendo una maggiore visibilità e pubblicità per i progetti finanziati attraverso i Fondi strutturali, l’onorevole Francisca Pleguezuelos Aguilar vuol rendere i nostri cittadini più consapevoli dei benefici della politica di coesione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’idea della coesione, che ci accompagna fin dal Trattato di Roma, è una delle pietre angolari dell’Unione. In sintesi, lo sviluppo di alcuni è lo sviluppo di tutti.

La storia ci ha dimostrato che la coesione, concetto sperimentato e affidabile, è caratterizzata da generosità e realismo, tanto per gli Stati membri che hanno aderito all’Unione recentemente quanto per quelli che ne fanno parte da più tempo. Inoltre ritengo, come la relatrice e la maggior parte dei politici europei, che la coesione vada promossa e difesa come un valore. Tuttavia, penso anche che sia necessario aggiornarla. Obiettivi che dieci o quindici anni fa erano esclusi dalla coesione a causa di carenze o divergenze più significative, oggi sono tematiche che devono sicuramente essere incluse, nel contesto di un’economia in crescita e più competitiva. Stando così le cose, è necessario che la coesione promuova, da un lato, il rafforzamento delle competenze in materia di ricerca e sviluppo e, dall’altro, il sostegno alle parti più competitive di ogni settore.

Coesione non vuol dire soluzione a tutti i problemi; significa, più che altro, investire per trarre il massimo beneficio dalle nostre diversità e assicurare la sostenibilità di quest’investimento per un periodo di tempo, al fine di garantire uno sviluppo armonioso.

 
  
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  Alyn Smith (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Sono contento di avere appoggiato la relazione d’iniziativa sull’importanza dei Fondi strutturali per la coesione comunitaria, perché in Scozia abbiamo una grande esperienza in materia di impiego dei fondi per sviluppare le aree periferiche e riqualificare i centri urbani. Dal momento che ora i nuovi fondi sono disponibili, possiamo mettere a disposizione di tutta l’Europa la competenza di cui disponiamo, in modo da assistere i nostri nuovi colleghi nell’impostazione dei loro programmi. Ovviamente nutriamo un interesse cruciale per questa materia, ragion per cui sono lieto di constatare che la relazione oggi ha ottenuto la maggioranza.

 
  
  

– Relazione Martin David (A6-0088/2007)

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Mi congratulo con l’onorevole David Martin per la sua relazione assolutamente puntuale, che intendo sostenere. L’Unione europea ha la responsabilità di garantire che i paesi in via di sviluppo siano in grado di prendere parte e di beneficiare dell’economia globale. La questione non riguarda semplicemente un sistema di scambio più equo e aperto. Nonostante gli straordinari sviluppi nell’accesso al mercato, tra cui l’iniziativa della Commissione “Tutto fuorché le armi”, la percentuale degli scambi mondiali dei paesi meno sviluppati si è dimezzata negli ultimi 40 anni, scendendo dall’1,9 all’1 per cento.

Gli aiuti al commercio sono necessari per creare le condizioni e le infrastrutture atte ad avviare la crescita, tuttavia tali aiuti devono essere posti sotto il controllo dei destinatari stessi al fine di inserirsi nel contesto dei loro piani nazionali di sviluppo.

Sono lieto che il Regno Unito si sia assunto il compito di assegnare la sua quota di 2 miliardi di euro del bilancio annuo per gli aiuti mondiali promesso dagli Stati membri dell’UE a Gleneagles entro il 2010. Noi possiamo sconfiggere la povertà del terzo mondo unicamente sviluppando le aziende, in particolare quelle impegnate nel commercio equo e solidale, per offrire condizioni di lavoro dignitose assolutamente indispensabili.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Per quanto ci riguarda, gli “aiuti” dell’UE non possono, e non devono, essere considerati quali parte della “liberalizzazione degli scambi”, cosa di cui il relatore si renderà conto. Inoltre, non devono essere utilizzati come “uno dei motori più efficaci della crescita economica” dei paesi più poveri. Questo per due ragioni: in primo luogo, gli aiuti dipendono dall’adeguatezza delle “politiche interne” di quei paesi e da “un’effettiva crescita della capacità di buon governo”, negli interessi delle potenti multinazionali dell’UE e degli Stati Uniti. In altre parole, le condizioni sono poste sullo sviluppo basato sugli “aiuti” di quei paesi, il che equivale a sfruttare la loro intrinseca fragilità strutturale conseguente al colonialismo, a beneficio del capitale dell’Unione europea. Essi sono obbligati a produrre per esportare, in particolare prodotti a basso valore aggiunto con un tasso di redditività ancora più basso, il cui prezzo non copre i costi di produzione. Ciò vale per numerosi prodotti agricoli, riguardo ai quali quei paesi sono obbligati a innalzare barriere doganali per impedire l’ingresso di prodotti dall’esterno.

In secondo luogo, tale orientamento stabilisce una gerarchia tra i paesi, aumentando ulteriormente le differenze tra i cosiddetti paesi ricchi e poveri, con conseguenze a livello nazionale per gli Stati membri dell’EU, e in quelli conosciuti come paesi terzi…

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) In qualità di relatore ho sostenuto con convinzione la mia relazione. Solo pochi emendamenti sono stati presentati al voto della plenaria, alcuni dei quali hanno apportato un contributo alla relazione o ne hanno cambiato il linguaggio in forma positiva; altri, invece, ne hanno cambiato drasticamente il tono, impedendomi così di sostenerli.

 
  
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  Jean-Claude Martinez (ITS), per iscritto. – (FR) Siamo tutti d’accordo sull’obiettivo di allontanare finalmente i paesi del sud dalla povertà, benché non siano ancora state prese misure concrete a favore dell’Africa nera, e con questo intendo la messa in comune di acqua, cibo, farmaci di base e istruzione.

Quale strumento per combattere la povertà, il commercio internazionale è necessario, tuttavia insufficiente. Può rivelarsi sufficiente nel lungo termine ma, per dirla con Keynes, “nel lungo termine saremo tutti morti”.

Pertanto è necessario accelerare e innovare, non da ultimo mediante l’invenzione di una nuova tecnologia doganale di diritti doganali deducibili sotto forma di crediti doganali offerti dagli importatori agli esportatori, da detrarre dall’acquisto proveniente dall’economia del paese importatore ed equivalente alla somma del diritto doganale su cui grava il credito. Per i paesi del sud, tale credito doganale sarebbe sovvenzionato, in linea con i matching credits e gli sparing credits, che figurano già nel sistema di tassazione internazionale.

In questo modo, i paesi poveri non perderebbero più le rendite preziose provenienti dai loro diritti doganali.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Come sostiene correttamente il relatore, “l’apertura del commercio è uno dei motori più efficaci della crescita economica, che è indispensabile per ridurre la povertà e per promuovere la crescita economica e l’occupazione a vantaggio dei poveri, e che rappresenta altresì un importante catalizzatore dello sviluppo sostenibile a livello mondiale”. Certamente, non ne consegue – e non è una mia opinione – che basti aprire il commercio affinché solide democrazie possano prosperare in società libere e pluralistiche. Ciò non accadrebbe, come dimostrato in era moderna, in Cina, per citare un solo esempio. Tuttavia, la questione è che non esiste società libera, pluralistica e democratica che non sia, in sostanza, aperta agli scambi commerciali.

E’ questo il principio – e non una sua versione moderata o totalmente illiberale – che dovrebbe essere al centro degli orientamenti dell’Unione europea quando si tratta di aiuti al commercio internazionale.

La nostra impresa a livello mondiale dovrebbe essere finalizzata ad aprire il mondo sempre più al commercio, senza che questo comporti economie vulnerabili e mercati senza protezione.

 
  
  

– Relazione Sturdy (A6-0084/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nonostante il suo linguaggio “politicamente corretto”, la relazione non nasconde le reali intenzioni dell’UE alla base degli attuali accordi di partenariato economico (APE) con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP).

Ciò che l’UE sta cercando di fare con gli APE è ottenere quanto più possibile dagli attuali negoziati OMC per i temi sui quali finora non è riuscita a ottenere risultati; in altre parole, prova ad entrare dalla finestra non essendo riuscita ad entrare dalla porta.

Essa pertanto chiede che “il ritmo, il calendario e la portata della liberalizzazione siano graduali e flessibili”. Essa “sottolinea i vantaggi, in termini di sviluppo, che le questioni di Singapore possono comportare”. E’ “del parere” che “accordi in materia di investimenti, concorrenza e appalti pubblici… possano contribuire a raggiungere gli obiettivi comuni di buon governo e trasparenza, creando un contesto che dovrebbe permettere il rafforzamento del partenariato pubblico-privato”. Essa “ricorda” che “quadri regolamentari solidi costituiscono un elemento essenziale di qualsiasi processo di liberalizzazione” per quanto riguarda i servizi e i servizi pubblici. In altre parole, non è altro che una versione edulcorata dell’agenda neoliberale.

E’ necessaria un’agenda totalmente diversa, volta a promuovere una cooperazione effettiva, solidarietà, sviluppo indipendente e giustizia sociale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Gli accordi di partenariato economico hanno creato una forte divisione e appaiono controversi. Talvolta si è avuta l’impressione che considerazioni in materia di sviluppo non occupassero un ruolo principale nei ragionamenti della Commissione sugli APE. Questa relazione del Parlamento rappresenta un contributo decisamente opportuno ed equilibrato al dibattito e mi congratulo con il relatore, onorevole Robert Sturdy, per il suo approccio alla relazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nell’ambito del quadro limitato delle norme dell’OMC, gli accordi di partenariato economico possono ancora essere – e devono essere – uno strumento efficace per la promozione del commercio e, cosa più importante, per sostenere la creazione di infrastrutture favorevoli al commercio. In tale situazione, questa è una relazione apprezzabile che espone i suoi principi in maniera chiara e che è sostenuta da valori rispettabili.

Per quanto riguarda questioni simili discusse in questa sessione plenaria, desidero ribadire la mia convinzione che la promozione del commercio equo, aperto e libero sostiene la democratizzazione delle società e incoraggia la pluralità delle forze sociali. Questa è un’ulteriore motivazione a sostegno dell’importanza degli accordi di partenariato.

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE-DE), per iscritto. – (FR) I negoziati sugli accordi di partenariato economico entreranno in una fase cruciale il 1o gennaio 2008, segnando la fine degli accordi attuali.

In ragione del carattere essenziale di tali accordi, ho votato a favore della relazione, considerando che tali accordi consentiranno di stabilire un nuovo quadro economico e commerciale favorevole allo sviluppo sostenibile delle economie dei paesi ACP. Intendo sottolineare questa dimensione di sviluppo: tali accordi non possono essere ridotti a semplici accordi di libero scambio ai sensi dell’OMC e devono essere strumenti a servizio dello sviluppo umano ed economico. Pertanto, gli APE saranno altresì quanto più asimmetrici e progressivi possibile.

Ho votato a favore degli emendamenti nn. 20 e 28 sulla necessità che i negoziati tengano conto delle particolari circostanze dei dipartimenti d’oltremare e dei territori ai sensi dell’articolo 299, paragrafo 2, del Trattato CE. Dovremmo in effetti valutare i particolari interessi di tali territori, considerare le differenziazioni in materia di accesso al mercato e rendere le attuali modalità di aiuto più coerenti con quelle dei paesi ACP. Desidero altresì ricordare, riguardo al paragrafo 13 della relazione, le conclusioni adottate dal Consiglio che prevedono periodi transitori nell’offerta di accesso al mercato dell’UE per alcuni prodotti particolarmente sensibili dal punto di vista dell’UE.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) Ad oggi, il sistema generalizzato di preferenze (SGP) ha garantito ai paesi ACP un accesso preferenziale al mercato comunitario, con tariffe di importazione più basse alle frontiere dell’EU e migliore accesso al mercato. Ciò ha consentito ai paesi in via di sviluppo di esportare i loro prodotti nei paesi europei più ricchi con maggiore facilità.

Tale accordo nell’ambito dell’OMC costituisce un’eccezione formale alla regola della non discriminazione del principio della nazione più favorita. Secondo l’accordo di Cotonou del 2000, tale eccezione dovrà essere sospesa non più tardi della fine del 2007, e sostituita da accordi di partenariato economico (APE) negoziati individualmente. Se così non fosse, ogni membro dell’OMC potrebbe denunciare la discriminazione.

La relazione esprime giustamente una nota critica. E’ essenziale che la Commissione negozi gli APE con la dovuta considerazione per il livello di sviluppo dei paesi ACP. Il principio della totale liberalizzazione del mercato non dovrebbe essere applicato poiché costituisce una minaccia concreta per loro, sia dal punto di vista sociale che economico.

Tale relazione, tuttavia, non tiene nella giusta considerazione le circostanze del luogo. Resta da vedere se gli APE avranno un impatto negativo o positivo. Pertanto, non è affatto sorprendente che i paesi in questione non si affrettino a firmare tali accordi prima della fine del 2007.

Se il Parlamento non annulla le scadenze e non è preparato a perseverare con il sistema SGP+, mi vedrò costretto a votare contro la relazione.

 
  
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  Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) In linea con l’accordo di Cotonou, gli APE non sono semplici accordi di libero scambio ai sensi dell’OMC, ma un autentico partenariato capace di creare un nuovo quadro economico e commerciale a favore dei paesi ACP.

A causa della loro posizione geografica, in prossimità di molti paesi ACP, i dipartimenti d’oltremare sono al centro di tali accordi reciproci e preferenziali con i paesi ACP.

Occorre urgentemente tenere in considerazione le circostanze specifiche delle regioni ultraperiferiche nel contesto di tali negoziati, ai sensi dell’articolo 299 del Trattato.

E’ necessario prestare una particolare attenzione anche nei confronti dei PTOM che si trovano nelle vicinanze dei paesi ACP, in linea con gli accordi di associazione che li uniscono già all’Unione, ai sensi dell’articolo 299, paragrafo 3, del Trattato.

Dovremmo prendere in esame gli interessi specifici delle regioni ultraperiferiche e dei PTOM senza tralasciare di coinvolgerli il più a monte possibile nei negoziati, al fine di prendere in considerazione le differenziazioni di accesso al mercato e coordinare i loro rispettivi regimi di aiuto, in vista di una maggiore integrazione nei loro contesti regionali.

Accolgo con favore l’adozione del mio emendamento, destinato a trovare un equilibrio intelligente tra l’integrazione regionale di quei territori d’oltremare e i legami che li vincolano all’Europa.

 
  
  

– Relazione Brok (A6-0130/2007)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione in quanto i passi che vi sono sottolineati devono essere intrapresi come una questione di assoluta necessità se vogliamo fare della nostra Unione europea un’unione politica capace di parlare con una voce unica al mondo esterno e di diventare quindi protagonista sulla scena mondiale, invece di restarsene passiva e inerte.

Per questa ragione, l’Unione europea deve in particolare sviluppare ulteriormente la propria politica di sicurezza e difesa, con ricerca comune, un ufficio per gli appalti comune, forze di difesa comuni in grado di agire autonomamente e operazioni comuni finanziate dal bilancio dell’UE. Ciò dipende, tuttavia, dall’acquisizione di un nuovo quadro normativo nella forma di un nuovo Trattato, e confido nel fatto che la presenza del Cancelliere Angela Merkel quale Presidente in carica del Consiglio, insieme al pragmatismo di Sarkozy, ci permetterà di compiere un passo decisivo nella giusta direzione.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. – (SV) Noi socialdemocratici svedesi non crediamo che la relazione dell’onorevole Brok costituisca il luogo ideale dove discutere del Trattato e degli elementi che esso debba o non debba contenere. Riteniamo che sia necessario aumentare la cooperazione in materia di politica estera, ma non troviamo giusto in questa situazione impegnarci irrevocabilmente ad avere un ministro europeo degli Esteri comune. Pertanto, ci asteniamo dal votare questi punti.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Tra le altre questioni, la relazione difende il respinto (!!!) “Trattato costituzionale”. Essa chiede con forza la “piena ratifica” (?) e “entrata in vigore” (?) del Trattato “onde assicurare che l’Unione sia pronta a far fronte alle responsabilità, alle minacce e alle sfide globali del mondo d’oggi”, mediante la politica estera e di sicurezza comune e la politica europea in materia di sicurezza e di difesa, questo è quanto dichiarato…

Tale posizione adottata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e dal gruppo socialista al Parlamento europeo (che annovera i socialdemocratici, i conservatori e i socialisti portoghesi) è particolarmente significativa considerato che proprio queste forze politiche stanno negoziando la versione di un Trattato “semplificato”, che dichiarano diverso nei contenuti rispetto alla “Costituzione europea”. Chiariamo. A ben guardare, come può qualcosa presentarsi come totalmente diverso quando ribadisce esattamente ciò che si pretende sia diverso? E’ qui che sta la discrepanza…

L’intenzione reale delle forze politiche e degli interessi finanziari ed economici alla base dell’integrazione capitalista europea è quella di accelerare la militarizzazione dell’UE in un quadro istituzionale e legale – nell’ambito della Nato, ricordate – e questo sarebbe stabilito dalla cosiddetta “Costituzione europea”. Donde la politica estera dell’interventismo “comune” con il suo approccio aggressivo, asservita agli interessi e alle ambizioni dei grandi gruppi finanziari ed economici delle principali potenze, con a capo la Germania.

 
  
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  Anna Hedh (PSE), per iscritto. (SV) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Brok (A6-0130/2007) non soltanto perché il relatore ha scelto di includere la questione della Costituzione, ma anche perché ha sollevato la questione dell’opportunità di avere un ministro europeo degli Esteri. Attualmente, non abbiamo funzioni ministeriali nell’ambito dell’EU, e non dovremmo neanche averne. Tutti gli Stati membri dispongono di un proprio ministro degli Esteri. Cosa possiamo aspettarci in seguito: un ministro dell’Ambiente comune e forse, alla fine, un Primo Ministro comune?

 
  
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  Richard Howitt (PSE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito laburista al Parlamento europeo sostiene gran parte di questa risoluzione, in particolare la priorità riservata al consolidamento della democrazia, alla promozione dei diritti umani e della non proliferazione e all’importante ruolo dell’UE nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione di un efficace multilateralismo.

Tuttavia, la risoluzione si concentra eccessivamente su modifiche procedurali interne, trascurando le priorità della politica estera. L’EPLP ha votato contro i paragrafi 1, 5 e 11, e si è astenuto dal votare i paragrafi 2, 3, 4 e 5, dal momento che i riferimenti al Trattato costituzionale e i relativi provvedimenti dettagliati sono inadeguati mentre il suo futuro è ancora in discussione. In particolare, l’adozione del Trattato costituzionale non dovrebbe essere considerata quale requisito essenziale per allargamenti futuri. L’EPLP si è inoltre astenuto dal votare il paragrafo 8, lettera g, poiché non è ancora stato dimostrato che un’accademia diplomatica dell’UE costituisca un valore aggiunto, e il paragrafo 8, lettera h – pur condividendo senz’altro l’esigenza di rafforzare le delegazioni esterne, riteniamo infatti che esse non saranno le “ambasciate” dell’UE. L’EPLP sostiene pienamente la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e sostiene altresì miglioramenti nella comunicazione dell’UE all’ONU; tuttavia appare inadeguato parlare di un seggio unico europeo, come recita il paragrafo 10.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. (CS) La relazione dell’onorevole Brok rivela la natura trita e ritrita della politica estera e di sicurezza comune dell’UE. Da un canto, chiede che l’UE sia coinvolta più da vicino nei conflitti nel Caucaso e nella Transnistria, e quindi si oppone alla nascita di nuovi Stati in quelle aree e al loro riconoscimento internazionale. Dall’altro canto, cerca di violare la risoluzione incompleta 1244 e dichiarare “l’indipendenza controllata del Kosovo”. L’autore, insieme all’onorevole Beer del gruppo Verde/Alleanza libera europea, ha di conseguenza scelto di riaprire il vaso di Pandora delle modifiche territoriali in Europa.

Sono curioso di sapere quando arriverà la richiesta della separazione dalla Spagna della Catalogna, dei Paesi baschi o anche della Galizia, e quando saranno ascoltate le voci dei separatisti in Slovacchia, Romania e Serbia. Cosa faremo effettivamente circa la richiesta di separazione della Macedonia (o deve ancora ritenersi ex Repubblica jugoslava di Macedonia)? Abbiamo creato un precedente per le comunità musulmane relativamente compatte in alcune zone del sud della Francia, o forse per gli emigranti concentrati nelle grandi città dell’Europa occidentale?

Altrettanto controproducente è la preoccupazione espressa nell’articolo 25 in merito alle prime prove di un meccanismo di difesa antisatellitare in Cina. Non abbiamo la stessa preoccupazione per quanto riguarda gli Stati Uniti. Malauguratamente, nella relazione ci sono talmente tante parti inaccettabili che né io né il mio gruppo parlamentare la sosterremo nel voto finale.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto.(PL) Signor Presidente ho votato a favore della relazione dell’onorevole Brok sulla relazione annuale del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della PESC, comprese le implicazioni finanziarie per il bilancio generale delle Comunità europee del 2005 (paragrafo 40, lettera h, dell’accordo interistituzionale del 6 maggio 1999).

La relazione dell’onorevole Brok sottolinea giustamente che, in assenza di un Trattato costituzionale, l’Unione europea non sarà nella posizione di affrontare le sfide principali che la politica estera e di sicurezza comune pone attualmente. La nomina di un ministro degli Esteri che è anche membro della Commissione e che guida altresì il Consiglio dei ministri degli Affari esteri consentirà all’UE di agire in maniera più efficace ed energica nella sfera internazionale. La somma di 1 740 milioni di euro stanziati per la politica estera e di sicurezza comune per il 2007-2013 è insufficiente a soddisfare le ambizioni dell’UE di svolgere un ruolo internazionale.

La relazione rileva correttamente la necessità di sostenere il ruolo del Parlamento europeo nella politica estera e di sicurezza comune, e il Consiglio non dovrebbe limitarsi semplicemente a informare il Parlamento, ma dovrebbe soprattutto coinvolgerlo pienamente nelle scelte principali e nelle attività della politica estera e di sicurezza comune.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione e in particolare mi compiaccio che essa ponga l’accento sulla necessità di priorità esterne per lo scenario interno, ad esempio la lotta contro la povertà, al fine di avere una voce europea comune negli affari internazionali.

 
  
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  Marek Siwiec (PSE), per iscritto.(PL) La relazione dell’onorevole Brok sugli aspetti principali e le scelte fondamentali della PESC sottolinea bene le caratteristiche del caso. Senza un Trattato costituzionale, sarà impossibile parlare di una politica estera e di sicurezza comune capace di affrontare le sfide poste dalla Comunità europea.

Inoltre, la relazione definisce correttamente i settori di interesse dell’UE sui quali è necessario concentrarsi, tra cui la lotta contro il terrorismo, l’immigrazione, la sicurezza energetica e la non proliferazione di armi di distruzione di massa. La relazione è equilibrata e pone gli accenti sui punti giusti, ed è per questa ragione che io ne sostengo pienamente l’adozione.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto.(EL) La relazione annuale propone di rafforzare il settore politico e militare della PESC per la cifra di 1,8 milioni di euro, che equivale al triplo della spesa per il periodo 2007-2013, onde intensificare la politica aggressiva dell’UE per permetterle di reclamare una quota maggiore del bottino per i monopoli eurounificanti degli interventi imperialisti in corso contro le persone.

La relazione ristabilisce l’adozione della Costituzione europea, “morta” in seguito ai referendum in Francia e nei Paesi Bassi, quale strumento necessario per promuovere la PESC. Al fine di mettere in atto le visioni imperialiste e rimuovere i possibili ostacoli, essa propone di abolire l’unanimità e l’applicazione del voto a maggioranza qualificata, così che le potenze imperialiste dominanti possano proseguire con i loro piani.

Al fine di preparare ed attuare nuovi interventi nel nome della lotta al terrorismo, della “restaurazione della democrazia” e altri pretesti, la relazione promuove un’ulteriore militarizzazione, il completamente della formazione di gruppi da battaglia e la preparazione di forze militari occupanti nel Kosovo per sostituire le forze della NATO.

Non ci sono riferimenti alla difesa contro missili balistici, il che dimostra indirettamente ma chiaramente che essa è accettata dalla NATO e dalla stessa UE.

La relazione propone maggiori finanziamenti essenzialmente chiedendo ai lavoratori europei di pagare per la politica aggressiva dell’UE.

Noi abbiamo votato contro la relazione sulla PESC.

 
  
  

– Relazione Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0068/2007)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, sostengo le richieste presentate in questa relazione, in particolare per quanto riguarda l’introduzione di un salario minimo in tutti gli Stati membri, che costituirà una rete di sicurezza ed è previsto in particolare per proteggere chi lavora dallo sfruttamento e dalla povertà, salvaguardando, nel contempo, anche la concorrenza e prevenendo la perdita di lavoro in paesi quali l’Austria, che vanta livelli più alti di protezione sociale.

Sono altresì favorevole all’introduzione di un marchio di qualità per prodotti provenienti da paesi terzi, realizzati in condizioni adeguate e senza l’utilizzo del lavoro minorile; sarebbe un invito per i consumatori a garantire, acquistando tali prodotti, che nei paesi terzi prevalgano condizioni di lavoro eque e umane e che da noi i posti di lavoro non siano eliminati dall’importazione di merci a basso costo.

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE).(MT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei ricordare che, quando si tratta di lavoro, di lavoro dignitoso in particolare, la nostra Costituzione è interamente basata sul lavoro. Voglio inoltre chiarire che, nel corso degli anni, i governi laburisti hanno sempre cercato di migliorare le condizioni del luogo di impiego per la forza lavoro del nostro paese. E’ importante notare che, quando si sono verificati casi in cui un lavoratore ha migliorato la qualità delle proprie condizioni lavorative, ciò è avvenuto per iniziativa dei governi laburisti. Vorrei inoltre encomiare le forze sindacali di Malta, in particolare l’Unione generale dei lavoratori, per il loro intenso lavoro e gli sforzi compiuti nell’interesse dei lavoratori maltesi. Grazie.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Noi socialdemocratici svedesi al Parlamento europeo abbiamo votato a favore della relazione. La relazione è valida, e noi sosteniamo senza riserve l’impegno dell’UE a favore del lavoro dignitoso. E’ importante per noi poter garantire alla gente un lavoro produttivo, realizzato in condizioni libere, eque e sicure, sia in ambito UE che internazionale.

Tuttavia, intendiamo chiarire degli aspetti. E’ importante sottolineare che un’imposta sulle transazioni valutarie e finanziarie deve avere carattere internazionale in quanto una tassazione a livello europeo porrebbe i paesi che si trovano al di fuori dell’area dell’euro in una posizione di svantaggio.

Ci siamo opposti alle definizioni standard comuni dei concetti di lavoro forzato e di abuso della vulnerabilità. Le definizioni di base dovrebbero essere quelle dell’Organizzazione mondiale del commercio, e ulteriori definizioni dovrebbero essere lasciate agli Stati membri.

La relazione chiede agli Stati membri di considerare salari minimi. In Svezia esistono già, e abbiamo scelto efficacemente una soluzione in cui la questione è lasciata ai partner sociali.

 
  
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  Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Questa relazione del Parlamento europeo costituisce un passo nella giusta direzione.

Rende il lavoro dignitoso uno strumento della politica di sviluppo europea, innanzitutto cofinanziando, insieme all’OIL, un programma di sviluppo del lavoro dignitoso, secondariamente creando un marchio europeo e una lista nera di aziende che violano le norme fondamentali di lavoro e infine attuando sanzioni commerciali nei confronti dei paesi che violano gravemente i diritti sociali fondamentali.

Determina progresso per il lavoro dignitoso in Europa, dove rimane ancora molto da fare: occorre esortare gli Stati membri a ratificare le convenzioni dell’OIL sulla sanità e la sicurezza dei lavoratori, la tutela della maternità e diritti dei lavoratori migranti; chiedere l’introduzione di un livello minimo di salario quale rete di sicurezza per evitare ogni tipo di sfruttamento dei lavoratori; migliorare l’accesso alla formazione continua e chiedere una maggiore armonizzazione dei regimi pensionistici.

Queste sono le fondamenta dell’Europa sociale che il gruppo socialista al Parlamento europeo intende costruire. Pertanto, voterò a favore della relazione.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione sulla promozione del lavoro dignitoso per tutti.

La nozione di “lavoro dignitoso” sembra essere un riferimento ai termini delle dichiarazioni e degli accordi multilaterali, ma le politiche, per parte loro, sono ancora troppo lontane dal concetto.

Le presentazioni e le dichiarazioni sono una cosa; le azioni e le decisioni politiche quotidiane sono altra cosa. In effetti, il mondo è segnato da un “deficit” nel lavoro dignitoso: in molti lavori improduttivi e di bassa qualità, lavori pericolosi con redditi precari, i diritti sono calpestati e prevalgono le disuguaglianze di genere.

Di fronte a questa situazione, l’OMC e l’OIL hanno adottato norme di lavoro internazionali. Tuttavia, il FMI e la Banca mondiale non sostengono tutte le iniziative destinate ad assicurare che i diritti fondamentali dei lavoratori siano rispettati.

Se il lavoro dignitoso deve diventare una realtà mondiale, è necessario che tutte le istituzioni internazionali gli diano la priorità, che lavorino insieme per far sì che ciò accada.

Il lavoro dignitoso deve essere un obiettivo universale per tutte le istituzioni internazionali. E’ indispensabile che tali fondamenti – occupazione di qualità, diritti dei lavoratori, protezione e dialogo sociale – determinino tutte le politiche sociali ed economiche a livello internazionale.

(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0068/2007) sulla promozione del lavoro dignitoso per tutti, in quanto il lavoro produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità dovrebbe occupare un posto centrale nelle relazioni commerciali dell’UE.

Credo che dovremmo chiedere ai nostri alleati di rispettare le convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui diritti dei lavoratori, con riferimento a salari equi e adeguata protezione sociale. Desidero inoltre sottolineare la necessità che le aziende multinazionali si assumano la loro responsabilità sociale, sia in Europa che in qualsiasi altro posto nel mondo.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Quanto accaduto nel voto su questa relazione è scandaloso. La maggioranza del Parlamento ha bloccato l’adozione di alcuni dei paragrafi migliori approvati dalla commissione per l’occupazione e gli affari sociali sul tema “Promuovere la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti – Contributo dell’Unione alla realizzazione dell’agenda per il lavoro dignitoso nel mondo”. Tale posizione necessita di essere sottolineata dato che appare evidente che è intrinsecamente collegata con l’enfasi crescente sulla cosiddetta flessicurezza.

Come sappiamo, tra il 2000 e il 2005 la disoccupazione è aumentata di un milione nell’UE, parallelamente a un massiccio incremento del lavoro precario: più di 4,7 milioni di lavoratori hanno avuto contratti a tempo determinato e almeno 1,1 milioni si sono ritrovati con un lavoro a tempo parziale. L’elevato numero di lavoratori che, pur avendo uno stipendio, vivono al di sotto della soglia di povertà, è inoltre inaccettabile.

La promozione del lavoro dignitoso per tutti comporta il rispetto di norme progressiste in materia di lavoro, garantendo la dignità di chi lavora, garantendo condizioni di vita e di lavoro dignitose, senza discriminazione e disuguaglianza. Questo dovrebbe andare oltre le semplici buone intenzioni, diventando un’azione concreta.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. – (EN) Voterò a favore di questa relazione malgrado i conservatori e i liberali l’abbiano defraudata dei suoi elementi fondamentali, ad esempio cancellando “iniziative vincolanti in materia di responsabilità sociale delle imprese”, la necessità di introdurre una “politica fiscale equa e innovativa” e di esaminare/elencare le imprese che violano le norme fondamentali del lavoro. Sono sgomento di fronte ai loro atteggiamenti da movimento contro il lavoro.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori britannici sostengono pienamente il principio dell’OIL del lavoro dignitoso.

Concordiamo sull’importanza di fornire opportunità di formazione continua, sulla necessità di essere proattivi nell’aumentare la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro e sulla necessità di attivarsi maggiormente per risolvere la sfide poste dal conciliare il lavoro con la vita familiare.

Tuttavia, non condividiamo l’idea che il Parlamento europeo debba impiegare il suo tempo rilasciando dichiarazioni su questo argomento, per quanto nobili e ben intenzionate. Il Parlamento non ha competenza per dare istruzioni agli Stati membri su come agire in questo settore. Spetta ai governi degli Stati membri decidere, e a giusto titolo.

Quindi, sebbene abbiano preso parte al dibattito e anche al voto per limitare gli eccessi interventisti della sinistra, i deputati conservatori si astengono dal voto finale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato per questa relazione e contro gli emendamenti dei liberali e del PPE che hanno cercato di cancellare i riferimenti alle iniziative vincolanti sulla responsabilità sociale delle aziende. Tale responsabilità dovrebbe al centro delle attività aziendali europee sia internamente nell’ambito dell’UE che esternamente, e sono oltremodo deluso che i due gruppi non abbiano sostenuto i provvedimenti sottolineati nella relazione.

 
  
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  Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Non accetto che le politiche comunitarie vengano imposte alle politiche nazionali del mercato del lavoro.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta dell’UE e la relazione discusse nella riunione plenaria del Parlamento europeo dal titolo fuorviante di “lavoro dignitoso” (COM – 2006 – 0249) rappresentano il nuovo quadro reazionario e antipopolare dell’UE volto a raggiungere gli obiettivi della “strategia di Lisbona”, riducendo al minimo il costo del lavoro e colpendo i diritti fondamentali dei lavoratori, al fine di aumentare i profitti dei gruppi imprenditoriali del monopolio eurounificante.

La base della ristrutturazione capitalista trattata e formulata nell’UE e nelle organizzazioni imperialiste internazionali e la plutocrazia e i suoi portavoce politici sul tema del cosiddetto “lavoro dignitoso” sono in fase di integrazione con la politica antipopolare dell’UE che comprende:

– formazione continua, estensione di forme di impiego flessibili, attacchi ai contratti collettivi di lavoro, aggravamento dei tempi di assicurazione e pensionamento e ulteriore privatizzazione dell’istruzione, dei servizi pubblici e sanitari di interesse comune in generale;

– creazione di un salario minimo per i lavoratori, una rete di sicurezza a livello di povertà, per prevenire reazioni da parte dei lavoratori e del popolo, mentre la plutocrazia ottiene profitti enormi dallo sfruttamento delle classi operaie.

Questa è la ragione per la quale il gruppo parlamentare del partito comunista greco ha votato contro questa proposta dell’UE.

 

7. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
  

(La seduta, sospesa alle 13.10, riprende alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. POETTERING
Presidente

 

8. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

9. Discussione sul futuro dell’Europa (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sul futuro dell’Europa, alla quale parteciperà il Primo Ministro dei Paesi Bassi, membro del Consiglio europeo, Jan Peter Balkenende, al quale porgo un caloroso benvenuto al Parlamento europeo.

(Applausi)

Primo Ministro Balkenende, è un grande piacere per me porgerle il benvenuto al Parlamento europeo, in veste di Primo Ministro dei Paesi Bassi, per discutere il futuro dell’Unione europea.

Primo Ministro Balkenende, il Regno dei Paesi Bassi non solo è uno degli Stati membri fondatori dell’Unione europea, ma, negli ultimi 50 anni, in più occasioni ha anche svolto un ruolo guida, con grande determinazione, per chi voleva promuovere e sostenere il processo di integrazione europea, quale progetto di successo senza pari del nostro continente. Trattati e accordi significativi dell’Unione europea portano nomi di città olandesi: il Trattato di Maastricht, con il quale è stata fondata l’Unione europea, e il Trattato di Amsterdam, che ha conferito al Parlamento ampi poteri di codecisione.

E’ quindi ancora più doloroso per noi che i cittadini dei Paesi Bassi abbiano respinto, in un referendum, il progetto di Costituzione, che conteneva risposte estremamente importanti per il futuro dell’Europa. Insieme con i miei colleghi in seno all’Assemblea e con lei, signor Primo Ministro, sono tuttavia convinto che, con questa decisione, i cittadini dei Paesi Bassi non abbiano detto “no” all’Unione europea, ai suoi meriti e ai suoi valori.

Signor Primo Ministro, il Parlamento europeo apprezza moltissimo la sua disponibilità a partecipare alla discussione di oggi, soprattutto perché ora è necessaria la cooperazione di tutti i 27 Stati membri per creare una nuova base per l’Unione europea, in grado di superare la prova del futuro. La Presidenza del Consiglio tedesca, in particolare il Cancelliere federale, Angela Merkel, si è ora impegnata a dedicare tutte le sue energie a trovare una soluzione che soddisfi tutti: i paesi che non hanno ratificato il Trattato, ma anche i 18 Stati membri, e quindi la maggioranza dell’Unione europea in termini di popolazione, che lo hanno già ratificato.

Il Parlamento europeo sostiene il contenuto del Trattato costituzionale e vuole che diventi una realtà. Esso prevede riforme indispensabili e sancisce i nostri valori comuni. In nessuna circostanza il Parlamento sarà soddisfatto di un risultato contrario all’interesse dell’Unione europea e dei suoi cittadini.

Signor Primo Ministro, sappiamo che anche i cittadini dei Paesi Bassi hanno grande interesse a porre l’Unione europea in condizione di poter rispondere alle sfide del futuro e permettere l’adozione di soluzioni europee comuni per i compiti globali. Sono convinto che, con la buona volontà, nei negoziati che si svolgeranno nelle prossime settimane e mesi, non solo riusciremo a trovare insieme una soluzione, ma anche a raggiungere un risultato che permetterà all’Unione europea di essere più democratica, trasparente e in grado di agire. Signor Primo Ministro, a lei la parola.

 
  
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  Jan Peter Balkenende, Primo Ministro dei Paesi Bassi. – (NL) Signor Presidente, onorevoli deputati al Parlamento europeo, Commissario Wallström, Commissario Frattini, signore e signori, vi ringrazio per l’invito a partecipare alla vostra discussione sul futuro dell’Europa. Vorrei anche esprimere la mia gratitudine per la visita molto proficua del Presidente Poettering nei Paesi Bassi il 12 aprile scorso.

(DE) Signor Presidente, la ringrazio sinceramente per essere venuto all’Aia. Abbiamo apprezzato molto la sua visita e il suo contributo alla discussione. E’ stata una visita importante, per la quale le rinnovo i miei ringraziamenti.

(NL) Signor Presidente, è un piacere essere di nuovo qui, in seno al Parlamento; ho buoni ricordi delle nostre riunioni durante la Presidenza olandese nel 2004. Abbiamo svolto discussioni stimolanti, che sono state una grande fonte di ispirazione per me all’epoca.

Oggi, tuttavia, sono qui in un’altra funzione, quella di rappresentante di uno Stato membro, i Paesi Bassi, che sono un paese proeuropeo, un paese in cui il sostegno generale per la cooperazione europea è sempre stato – ed è tuttora – superiore alla media. Alla fine del 2006, il 75 per cento degli olandesi era favorevole all’appartenenza all’Unione.

E’ un paese con un’economia aperta, che deve molto della sua prosperità e occupazione alle opportunità offerte dal mercato interno, un paese che vuole svolgere un ruolo attivo nel mondo, come dimostra la nostra partecipazione alle missioni di sviluppo in Afghanistan e altrove, un paese che fa assegnamento sulla cooperazione. Tuttavia, i Paesi Bassi sono anche uno dei due Stati membri in cui nel 2005 una netta maggioranza della popolazione ha detto “no” al Trattato costituzionale, come lei ha ricordato, signor Presidente.

So che una larga maggioranza del Parlamento era favorevole al Trattato costituzionale, e lo rispetto, ma qualsiasi verdetto si pronunci sulla Costituzione, è ora necessario trovare una soluzione comune, che possa essere accettata da tutti. Una soluzione che risponda adeguatamente alle preoccupazioni espresse in modo molto visibile dai cittadini nei Paesi Bassi e in Francia e alle preoccupazioni diffuse anche altrove, sia nei paesi che hanno già ratificato la Costituzione sia in quelli che non hanno ancora preso una decisione.

Sono certo, signor Presidente, che si possano superare gli ostacoli, perché, in termini di prospettive future, le convergenze sono molto più numerose delle divergenze, e anche perché abbiamo una solida base di valori comuni e di interessi comuni.

Vorrei dire innanzi tutto che la mia visione del futuro dell’Europa si basa sull’idea che l’Unione è un progetto straordinario e riuscito. Abbiamo tutti i motivi per essere orgogliosi di ciò che abbiamo realizzato insieme in Europa.

L’Europa, un tempo lacerata da grandi guerre e aspri conflitti sociali, vanta ora un modello di cooperazione e integrazione unico al mondo; un modello caratterizzato dall’equilibrio: equilibrio tra dinamismo economico e armonia sociale, equilibrio tra unità e differenza. Il modello decisionale europeo garantisce l’uguaglianza degli Stati membri e di tutti i suoi cittadini.

L’Europa è un soggetto rispettato sulla scena internazionale ed è un esempio per il mondo. A renderla tale sono la nostra forma peculiare di cooperazione, il nostro accento sulla solidarietà e la nostra capacità di impegnarci, uniti dai valori e dal dialogo e non dal conflitto.

L’Europa si è rinnovata nell’arco di 50 anni, un breve periodo, in termini di storia mondiale. L’Europa è una struttura giovane, ma adulta, con un brillante futuro davanti a sé. Passo dopo passo, affrontiamo nuove sfide, facendo tesoro di ciò che abbiamo realizzato, ma prestando sempre attenzione alle aspettative e alle preoccupazioni dei cittadini.

Uno dei principali obiettivi del nuovo governo olandese è rafforzare il sostegno alla cooperazione europea. A tal fine, dobbiamo capire esattamente perché quasi il 62 per cento della nostra popolazione ha respinto il Trattato costituzionale e trovare una risposta adeguata.

Prima di entrare nei particolari e spiegare ciò che i Paesi Bassi si attendono dai negoziati su un nuovo Trattato, vorrei descrivere brevemente il contesto in cui è stato pronunciato il “no” olandese.

Molto è cambiato nei 50 anni che separano il Trattato di Roma dalla dichiarazione di Berlino. L’Unione di oggi non è solo molto più vasta della Comunità dei Sei dell’epoca, ma ha anche ampliato notevolmente la sua sfera di azione.

L’allargamento è un successo storico. E’ stata la decisione giusta. Dobbiamo tuttavia capire che, in seguito all’importante allargamento recente, i cittadini hanno bisogno di tempo per adattarsi. E’ stato tutto molto veloce, per alcuni troppo veloce. Il senso di affinità reciproca deve crescere.

Oltre al notevole ampliamento, negli ultimi 15 anni l’Unione si è anche approfondita enormemente: il completamento del mercato interno, le frontiere aperte, l’euro, molte nuove politiche in settori importanti, come l’ambiente, la sicurezza e il diritto. Sono tutti sviluppi positivi di per sé, che a loro volta hanno creato alcune nuove realtà, le quali sono ormai diventate scontate per i cittadini, ma non senza resistenze. Per esempio, l’esistenza di una legislazione europea in molti settori spesso non è compresa. Allorché i cittadini non avevano ancora assimilato l’allargamento e l’approfondimento, abbiamo chiesto loro di pronunciarsi sulla Costituzione.

Il quesito “Approvate voi la Costituzione per l’Europa?” da tanti è stato inteso come “Volete che l’Europa assuma le caratteristiche di uno Stato?”, o addirittura “Volete che l’Europa si sostituisca al governo nazionale olandese?”, e ovviamente era un passo troppo lungo.

In ogni Stato membro, il termine “costituzione” ha un significato diverso. Per alcuni, è il simbolo della democrazia, della moderazione dell’autorità. Naturalmente, è questo il suo significato. In altri, tuttavia – o almeno nei Paesi Bassi – il termine “costituzione” ha una connotazione diversa, un significato diverso. Una costituzione è propria di uno Stato nazionale. Una costituzione fornisce indicazioni sull’identità nazionale, per questo è stata avanzata la proposta olandese di un nuovo Trattato che non sia una costituzione. Il simbolismo di una costituzione è stato un fattore di primaria importanza nel “no” olandese.

Si era diffuso un senso di perdita di controllo, un timore che la nostra identità sarebbe andata perduta, ma un governo riconoscibile e accessibile è precisamente ciò che i cittadini vogliono. Solo pensano che vi sia un limite a ciò che l’Europa deve fare. Vogliono avere un controllo sulle cose che dobbiamo fare insieme in Europa.

Va da sé che vi erano anche altri motivi per cui i cittadini hanno detto “no”. Secondo alcuni, l’Europa produce troppe norme, o interviene troppo su questioni che dovrebbero essere regolamentate a livello nazionale; altri ritengono che vi sia una grave mancanza di trasparenza nell’amministrazione a Bruxelles, e anche le preoccupazioni riguardo al contributo finanziario olandese hanno avuto il loro peso. Il valore aggiunto specifico della cooperazione europea era poco apprezzato. Se ci pensate bene, queste questioni, in certa misura, si possono risolvere con un nuovo Trattato.

D’altro canto, dobbiamo essere consapevoli di queste preoccupazioni, che sono molto diffuse tra i cittadini dell’Unione e riguardano le nostre decisioni politiche quotidiane. Siamo partiti bene al riguardo negli ultimi due anni. Sussidiarietà e minore regolamentazione sono in cima all’ordine del giorno, non ultimo a Bruxelles. Vi è maggiore trasparenza. Abbiamo un bilancio che ci permette di fare ciò che dobbiamo fare fino al 2013. Abbiamo anche le giuste priorità politiche, tra cui i cambiamenti climatici e la politica energetica.

Questo, signor Presidente, onorevoli deputati, lo dobbiamo al Parlamento europeo, al Presidente della Commissione Barroso e ai Presidenti del Consiglio europeo, in particolare, e in ordine cronologico, i Primi Ministri Blair, Schüssel e Vanhanen, e ora il Cancelliere Merkel. Ciò dimostra che l’Europa è pronta a dare priorità alle questioni che preoccupano i cittadini.

Prima di passare ai punti che i Paesi Bassi vorrebbero trovare in un nuovo Trattato, vorrei fare un’osservazione. E’ stato svolto un referendum in quattro Stati membri, che ha prodotto due “sì” e due “no”. In totale, 18 Stati membri hanno approvato il Trattato costituzionale, tramite le rispettive procedure democratiche. Il Trattato costituzionale è stato ampiamente sostenuto dal Parlamento europeo. C’è poco da discutere. Mi auguro tuttavia che riusciremo a concentrarci su ciò che ci unisce, non su ciò che ci divide.

Il governo olandese cerca di trovare una soluzione comune in modo costruttivo. Tale soluzione è oltremodo necessaria per il futuro dell’Europa. I punti su cui si concentrano i Paesi Bassi sono direttamente legati alle preoccupazioni manifestate dai cittadini negli ultimi due anni. Niente di più e niente di meno. Questo approccio serve a raccogliere il sostegno necessario per la ratifica del nuovo Trattato.

In questa prospettiva, a prescindere dalle esigenze specifiche delle Istituzioni e degli Stati membri, esistono, a mio parere, due importanti ambizioni comuni riguardo al nuovo Trattato. In primo luogo, vogliamo migliorare il funzionamento democratico dell’Europa. In secondo luogo, vogliamo rafforzare l’efficacia dell’Europa.

La sfida per l’Europa è sempre stata quella di organizzare le Istituzioni in modo da rendere la massima giustizia possibile a entrambi gli obiettivi, a volte conflittuali. L’equilibrio istituzionale raggiunto dalla Convenzione e dalla precedente CIG offre miglioramenti, sia in termini di contenuto democratico sia a livello di poteri. I Paesi Bassi vogliono preservare questi miglioramenti, purché l’accordo in materia permetta di rispondere in modo credibile alle preoccupazioni dei cittadini.

Descriverò ora, in quattro punti, ciò che i Paesi Bassi si attendono per pervenire a una soluzione comune.

Innanzi tutto, si deve preservare il metodo proficuo della modifica del Trattato: migliorare l’Europa passo dopo passo, nell’ottica di trovare l’equilibrio. Come ho già detto, il simbolismo di una costituzione ha svolto un ruolo importante nel “no” ed è per questo motivo che i Paesi Bassi si sono espressi a favore di una modifica del Trattato, come nel caso di Amsterdam e Nizza. Ciò significa seguire il metodo Monnet: piccoli passi avanti, con un significato concreto. In tal modo, si dà risalto ai miglioramenti, alle garanzie democratiche e alla maggiore efficacia. Potremo così svolgere un dibattito positivo e uscire dall’ombra della Costituzione respinta. In breve: il nome, la forma e il contenuto che definiscono l’immagine di una costituzione richiedono un ripensamento.

In secondo luogo, per i Paesi Bassi è molto importante migliorare il funzionamento democratico dell’Unione. Un insegnamento fondamentale da trarre dal referendum è che gli olandesi vogliono essere certi di avere voce in capitolo nel processo decisionale. Vogliono far sentire la loro voce in Europa. L’assetto istituzionale proposto dal Trattato costituzionale è un passo nella giusta direzione. La norma che prevede la codecisione del Parlamento europeo ogni volta che il Consiglio adotta una decisione a maggioranza qualificata è un esempio significativo.

Tuttavia, è sempre possibile introdurre miglioramenti. Nel caso della prova di sussidiarietà per le proposte legislative europee, è necessario riconoscere ai parlamenti nazionali un ruolo più incisivo. Se la maggioranza dei parlamenti nazionali esprime un parere negativo, bisognerà tenerne conto. Un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali non intaccherà il ruolo del Parlamento europeo. La prova è effettuata all’inizio del processo decisionale. E’ ai parlamenti nazionali che spetta esprimere un giudizio sulla sussidiarietà. Il Parlamento europeo conserva pienamente il suo ruolo nella procedura di codecisione. Il diritto di iniziativa della Commissione non è violato. Come mi ha detto di recente, signor Presidente, il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali si integrano a vicenda, come partner democratici.

Ciò mi porta al terzo punto: oltre a diventare più democratica, l’Europa deve, e di fatto può, diventare più efficace. Mi riferisco alle importanti questioni di attualità che preoccupano i cittadini e dico che i cambiamenti climatici, la politica energetica, l’immigrazione e la lotta al terrorismo richiedono un approccio comune più attivo.

Il Trattato costituzionale prevede miglioramenti preziosi, con più decisioni a maggioranza qualificata. Tuttavia, non possiamo girare attorno al fatto che i cittadini sono poco propensi a rinunciare al veto e temono un aumento progressivo dei poteri. Questo è il motivo per cui dobbiamo essere molto chiari. Non esiste potere senza sostegno. Ove necessario, dobbiamo quindi osare compiere il passo verso il voto a maggioranza qualificata. Sono pronto a sostenere queste scelte, a condizione che il trasferimento di sovranità derivi da una scelta consapevole, salvaguardata da garanzie appropriate. Si devono definire chiaramente le competenze dell’Unione. Solo così si possono superare le esitazioni concernenti il trasferimento di sovranità. I Paesi Bassi intendono presentare proposte in tal senso.

Un punto specifico, legato a queste considerazioni, è stato oggetto di intenso dibattito in seno al Parlamento. Mi riferisco alla relazione tra il mercato interno, da un lato, e la libera circolazione dei servizi pubblici nella definizione datane dagli Stati membri, dall’altro. Anche in questo ambito si può fare maggiore chiarezza, senza nulla togliere al mercato interno. Sono favorevole a un forte mercato interno, perché i cittadini di tutti gli Stati membri possono trarne giovamento.

Tuttavia, per quanto riguarda questioni quali i regimi pensionistici, la sicurezza sociale e l’istruzione, gli Stati membri vogliono poterle adattare alla situazione nazionale. L’Europa deve permetterlo, per esempio fissando alcuni criteri per i servizi di interesse generale.

Ciò mi porta al quarto e ultimo punto. Penso sia utile includere i criteri di adesione nel nuovo Trattato. Abbiamo avuto la saggezza collettiva di allargare l’Unione e sostengo con la massima fermezza questa decisione. Fornisce un’indicazione sul futuro dell’Europa e sul cambiamento intervenuto nell’Europa divisa del secondo dopoguerra.

Tuttavia, nessuno può negare il fatto che tra i cittadini sussistono dubbi anche in merito all’allargamento. Nei Paesi Bassi, l’impressione è che l’Unione non prenda sul serio le sue stesse norme, o non abbastanza sul serio. Forse i criteri sono quelli giusti, ma, secondo i cittadini olandesi, essi non sono applicati con rigore. Poiché ciò influisce sul sostegno dei cittadini all’Europa, è necessario introdurre i criteri nel nuovo Trattato.

Signor Presidente, onorevoli deputati, l’Europa ha compiuto un lungo percorso in 50 anni. Le aspettative sono alte. Insieme, possiamo dare l’esempio nella lotta ai cambiamenti climatici, alla povertà e all’instabilità nel mondo. Insieme, possiamo valorizzare il potenziale economico dell’Europa in un’economia mondiale sempre più integrata. Insieme, dobbiamo impegnarci a garantire un approvvigionamento affidabile di energia e materie prime. Insieme, dobbiamo lottare contro la diffusione degradante dell’immigrazione clandestina. Per questi motivi, abbiamo bisogno di un’Unione europea forte ed efficace, un’Unione capace di conquistare la fiducia dei suoi cittadini.

Nei Paesi Bassi, non esiterò a sostenere con fermezza un Trattato che comprenda i quattro elementi che ho appena descritto, perché penso che sia il momento giusto per farlo, perché ho grande fiducia nelle Presidenze del Cancelliere Merkel e del Presidente Sócrates che le subentrerà, perché sono convinto che sia possibile compiere insieme il prossimo passo, ma soprattutto perché questo Trattato è necessario per affrontare insieme le sfide attuali.

Di recente, mi sono tornate in mente le parole di Robert Schuman, uno dei nostri visionari padri fondatori, e ancora una volta sono rimasto colpito dalla loro saggezza e veridicità. Nella sua dichiarazione del 9 maggio 1950, disse, cito: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

Penso che le parole di Schuman conservino tutta la loro attualità e possano guidarci nel nostro compito comune di proseguire la costruzione dell’Europa. Vi ringrazio.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Primo Ministro Balkenende, la ringrazio per il suo contributo e, soprattutto, per la sua ferma intenzione – ci auguriamo – di giungere insieme a una buona soluzione.

 
  
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  Joseph Daul, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signori Commissari, la ringrazio, Primo Ministro Balkenende, per la visione dell’Europa che ci ha illustrato oggi, una visione che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei condivide ampiamente.

(Proteste)

Vedo che coloro che mi interrompono hanno un’ottima visione e ieri hanno ascoltato con attenzione il Presidente del Consiglio italiano Prodi: lui era pronto a separarsi dalla bandiera, oggi voi ci avete portato le vostre… E’ davvero una bella immagine, un gran bell’esempio!

Europa naturalmente significa una moneta, un grande mercato, apertura delle frontiere e scambi a fini di studio, ma l’Europa rappresenta soprattutto ideali, principi e valori che il mondo intero ci invidia. L’Europa è tradizioni, è una civiltà, ma è anche adeguamento alle nuove realtà, è una certa idea di globalizzazione, di riforme volte a creare una società più giusta. L’Europa non è immobilismo, è movimento e progresso.

Primo Ministro Balkenende, lei è capo del governo del paese forse più aperto allo spirito europeo, non ho paura di dirlo, un paese in cui la tolleranza e la solidarietà sono le forze trainanti della coesione sociale. Il 72 per cento dei suoi concittadini si dichiara favorevole all’integrazione europea, mentre la media europea è attorno al 53 per cento. Gli olandesi, come i francesi, hanno però respinto il Trattato nel 2005. Ciò di sicuro significa che, agli occhi della grande maggioranza di essi, l’Europa non è sufficientemente legittima, credibile ed efficace. Ciò di sicuro significa che essi giudicano l’azione dell’Unione europea troppo lontana dalla loro realtà quotidiana. Dobbiamo trarre insegnamento da questi giudizi, anche se non condividiamo questo parere, spesso troppo critico.

Non ricorderò i meriti dell’integrazione europea, li conosciamo tutti molto bene. Nondimeno, dobbiamo persuadere gli europei che il nostro progetto comune non solo è vantaggioso, ma anche assolutamente indispensabile. Il progetto di Trattato conteneva la maggioranza delle risposte agli interrogativi e alle insoddisfazioni dei nostri concittadini. Dobbiamo quindi riprendere le sue parti migliori, cioè la prima e la seconda. Ciò che gli europei si attendono da noi è una vita migliore, è un’Europa che affermi i suoi valori nel mondo, come ha appena fatto a Mosca, come deve fare di più in Medio Oriente e nel Darfur.

Ponendoci in condizione di decidere in modo democratico ed efficace, daremo soddisfazione agli europei, perché potremo affrontare i veri problemi di fondo. Dobbiamo far uscire l’Europa dalla sua paralisi, dotarci delle risorse necessarie per le nostre ambizioni politiche: quanto prima tanto meglio, e le elezioni europee del 2009 sono il momento più opportuno. Lavoriamo senza posa in questa prospettiva!

Signor Primo Ministro, lei ha avuto il coraggio di introdurre nel suo paese riforme ambiziose, riforme a lungo termine. Non ha ceduto né alla facilità né alla demagogia, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ha attuato tali riforme nel rispetto dei valori, della solidarietà, dell’apertura e della responsabilità. E’ il cammino che il mio gruppo chiede all’Europa di compiere nel suo insieme. Lei ha parlato del ruolo dei parlamenti nazionali e della necessità di una ripartizione più chiara delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione. Anche su questo punto, possiamo solo sostenerla.

Se i deputati nazionali dei nostri paesi non si impadroniscono degli affari europei, che non rientrano più negli affari esteri, ma negli affari nazionali, se i nostri colleghi parlamentari nazionali non colgono la dimensione europea delle nostre grandi tematiche, la strada sarà ancora più lunga e più difficile. Chi fa che cosa? Chi è responsabile di quale politica? I cittadini vogliono saperlo! Un chiarimento del genere impedirà ai ministri di scaricare la responsabilità su Bruxelles e ci priverà di un alibi nazionale troppo facile.

Primo Ministro Balkenende, lei ha anche sollevato la questione dell’allargamento dell’Europa. Anche su questo punto dobbiamo essere chiari. L’Europa non potrà accogliere nuovi membri finché non avrà risolto i suoi problemi interni.

Onorevoli colleghi, la nostra priorità immediata, e quella dei nostri governi, deve essere trovare il più rapidamente possibile un accordo tra i 27 sulle Istituzioni. Il Cancelliere Merkel ha creato la dinamica necessaria e, nonostante i gesti drammatici, le posizioni degli uni e degli altri cominciano a convergere. Cogliamo questa opportunità, troviamo un accordo tra i 27 sulle questioni fondamentali, cioè i diritti dei cittadini e il processo decisionale.

(Applausi)

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, vorrei fare innanzi tutto un’osservazione su ciò che abbiamo appena ascoltato. Signor Primo Ministro, lei ha detto che il suo governo è favorevole a un quadro giuridico per i servizi. La ringrazio immensamente; forse può dirlo al gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, con il quale ha stretti legami, che stamattina ha respinto la proposta.

Signor Primo Ministro, vorrei riprendere due osservazioni che ha fatto, che considero le più importanti del suo intervento. “Mi auguro che riusciremo a concentrarci su ciò che ci unisce, non su ciò che ci divide”. E’ un’affermazione incoraggiante. Finora, avevamo avuto l’impressione che i Paesi Bassi si concentrassero su ciò che ci divide, non su ciò che ci unisce.

Se questo vuole essere un annuncio che lei e il suo governo siete pronti a scendere a compromessi, anziché insistere sul fatto che il “no” olandese deve determinare cambiamenti radicali in Europa, se intende dire che il “no” olandese significa che la Costituzione non entrerà in vigore nella sua forma attuale, ma in un’altra forma, che preveda una riforma completa volta a rendere l’Unione europea più efficiente, e che lei è disposto a scendere a compromessi a tal fine e a difenderli nel suo paese, allora, Primo Ministro Balkenende, il suo è stato un ottimo intervento.

(Applausi)

E’ quindi su queste basi che la giudicheremo, perché ero a Roma, dove ci siamo incontrati e dove l’ho vista firmare la Costituzione con una penna d’oro. Come sa, sono un attento osservatore della politica interna olandese. Rispetto ad altre battaglie che lei ha dovuto condurre nei Paesi Bassi, la lotta per la Costituzione è stata – se mi permette l’espressione – piuttosto debole. A nessuno dispiacerà se sferrerà qualche pugno in più in futuro.

L’Europa deve imparare a sferrare più pugni, ma non lo farà sulla base di Nizza o di “Nizza meno”, che non farà dell’Europa un migliore lottatore, anzi, la renderà ancora più incapace di svolgere l’azione necessaria in situazioni come quella in Medio Oriente, dove, merita ricordarlo, al confine tra il Libano e Israele sono dispiegati 13 000 soldati europei in attuazione del mandato UNIFIL. Pensiamo anche alla striscia di Gaza in Palestina, dove imperversa il caos e la situazione assomiglia sempre più a quella della Somalia. Perché l’Europa non è rappresentata in tali sedi da un ministro degli Esteri in grado di intervenire? A causa della regola dell’unanimità in seno al Consiglio, che impedisce all’Europa di agire.

(Applausi)

Non ho nulla contro lo spirito di rinuncia calvinista. Sento che non vuole più bandiere, né inni, né un ministro degli Esteri. Bene: le sinfonie di Beethoven sono sopravvissute a rivoluzioni e guerre. Sopravvivranno anche alla Costituzione europea.

(Applausi)

(NL) Poiché il Presidente del Parlamento ha aperto la discussione in olandese, vorrei anch’io, signor Primo Ministro, pronunciare alcune parole nella sua lingua. Se, in futuro, il ministro degli Esteri si chiamerà Alto Rappresentante di Sua Maestà la Regina dei Paesi Bassi, non avrò problemi al riguardo, purché svolga il suo lavoro.

(DE) Ciò che conta non è come si chiama, ma quali sono i suoi compiti.

(Applausi)

Sono un grande ammiratore del popolo olandese. I Paesi Bassi sono un paese fantastico, con una grande tradizione, un paese con una tradizione marinara, e i navigatori sono sempre stati coraggiosi. Furono olandesi i primi a circumnavigare Capo Horn, che deve a loro il suo nome. Personalmente, penso che oggi lei si sia imbarcato su una nave e abbia spiegato le vele. L’onorevole Goebbels ha già abbassato la bandiera a mezz’asta. Io sono meno scettico. Ho l’impressione che oggi lei abbia di nuovo issato le vele a metà e la esorto a issarle fino in cima. Le garantisco che il Parlamento le gonfierà di vento, in modo che lei, Primo Ministro Balkenende, possa navigare verso un compromesso.

Ieri il Presidente del Consiglio italiano Prodi ha manifestato la sua volontà di scendere a compromessi: è totalmente favorevole alla Costituzione. Se lei ne vuole mezza e vi incontrate a metà strada, ne avremo tre quarti. Una costituzione al 75 per cento sarebbe la Costituzione senza l’inno, senza la bandiera e con un ministro degli Esteri con un titolo diverso. Sarebbe un buon risultato.

(Applausi)

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, ieri, in Aula, un grande campione dell’Europa ha delineato la sua visione di un’Unione pronta per il XXI secolo, un’Unione democratica, trasparente e soprattutto efficace. Tuttavia, per attraversare questo Rubicone è necessaria una leadership forte, Primo Ministro Balkenende.

La Presidenza tedesca ha dimostrato la sua forza unendo gli Stati membri sotto l’egida della dichiarazione di Berlino. Dovrà riuscire a unirli di nuovo nelle settimane precedenti il Consiglio europeo e la successiva Conferenza intergovernativa per vincere la guerra dell’opinione pubblica e unire gli europei attorno a un Trattato rivisto.

La posta in gioco è alta. Il suo ministro degli Esteri Verhagen ha detto: “Nel mondo globalizzato di oggi, i cittadini hanno paura di perdere il posto di lavoro, la sicurezza sociale, la qualità della vita”. Questo però non è un argomento a favore di meno Europa, anzi, dovrebbe essere un motivo per volere più Europa.

(Applausi)

L’Europa non può assicurare il proprio approvvigionamento energetico, contrastare i cambiamenti climatici o affrontare il terrorismo ritirandosi nell’unilateralismo. Lei, tra tutti, dovrebbe saperlo, Primo Ministro Balkenende, perché la storia ci insegna che gli anni d’oro dei Paesi Bassi – la nazione più ricca del mondo nel XVII secolo – furono possibili grazie all’unione delle sette province, non alla loro separazione. Deve convincere i suoi cittadini che l’unità e la prosperità sono inseparabili, che l’incapacità di compiere progressi sull’integrazione politica significa che l’Europa perderà il suo ruolo quale punto di riferimento mondiale e finirà alla mercé di potenze come la Russia, con la sua politica energetica belligerante.

Per poter prendere decisioni fondamentali in materia di occupazione, sicurezza e qualità della vita, l’Unione deve porre fine all’uso senza scrupoli dei veti nazionali. Per correggere il deficit democratico, l’Unione ha bisogno di una maggiore responsabilità democratica. Per salvaguardare il prestigio internazionale e l’efficacia interna, le Istituzioni europee devono sapersi tenere al passo con i tempi.

Niente di tutto ciò sarà possibile senza il contenuto del testo adottato in sede di Convenzione europea e tale contenuto dovrà essere preservato, a prescindere dalla chirurgia estetica che si tenterà di operare in superficie.

Non si tratta solo di ideologia: si tratta di posti di lavoro, di qualità della vita e di prospettive a lungo termine. E’ ora che lei, e altri come lei, riprendiate l’iniziativa e restituiate l’Europa ai suoi cittadini.

Nessuno qui vuole un superstato europeo: la diversità delle tradizioni, della storia e della lingua lo garantirà. Vogliamo però un “superpopolo” europeo, un popolo unito.

Troppo spesso i nostri capi di governo hanno seguito il motto del Primo Ministro conservatore inglese, Arthur Bonar Law, che affermò: “Devo seguirli, sono il loro leader”. Ma il populismo non può far avanzare l’Europa, né consolidare il nostro tenore di vita, la nostra influenza internazionale o il nostro potere economico: solo la solidarietà può farlo.

Quando le preoccupazioni legate ai cosiddetti simboli di un superstato – come le bandiere o gli inni – prendono il sopravvento sulle questioni reali significa che è ora di cambiare strategia.

(Applausi)

I suoi cittadini chiedono sicurezza energetica, una politica ambientale europea e un’azione comune sull’immigrazione. Con il nuovo Trattato, le avranno, perché gli strumenti sono già previsti nel testo. Persuada dunque la sua popolazione, anziché eludere le questioni reali. Smetta di lasciare che la coda dimeni il cane e riporti i Paesi Bassi al centro del processo decisionale europeo, come si addice a un paese fondatore della nostra Unione.

Per concludere, signor Primo Ministro, la invito a seguire il consiglio del suo connazionale Justus Lipsius: sia stoico nelle avversità, comprenda le necessità e sia costante nella sua fede nell’Europa. Da questo dipendono la pace, la prosperità e la sicurezza della sua popolazione.

(Applausi)

 
  
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  Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Primo Ministro per la sua dichiarazione di oggi. Mi hanno colpito gli ideali di compromesso e consenso espressi nel suo intervento. Soprattutto quando guardiamo al futuro dell’Europa, dobbiamo vedere un’Europa fondata sul consenso, perché, come ha detto l’onorevole Daul, se l’Europa ha un significato, tale significato è uguaglianza. Europa significa uguaglianza tra nazioni, tra popoli, tra culture. Europa significa uguaglianza tra tutti i cittadini dell’Unione europea.

Ciò significa che non si può guidare un tiro a quattro e imporre a tutti il medesimo percorso. E’ più difficile trovare l’accordo, ma è il metodo migliore per trovarlo. Quella che abbiamo ascoltato ieri dal Presidente del Consiglio italiano Prodi non è la nuova direzione da seguire, ma una minaccia: la minaccia che creeremo un’Europa a due velocità, con noi o contro di noi, parole che ricordano George W. Bush più che uno statista europeo.

Sono convinto che lo sviluppo futuro della politica europea e degli ideali europei non dipenda dal fatto che si dica ai cittadini di guardare alle grandi opportunità che hanno perso, a ciò che hanno buttato via, ma dalla nostra capacità di convincerli che questa è la direzione migliore in cui procedere, la strada migliore da seguire.

Molti hanno parlato di questioni quali i cambiamenti climatici, la sicurezza dei regimi pensionistici, la sicurezza energetica e altri temi. Sì, l’Europa può svolgere un ruolo e l’Europa può fare cose positive. Del pari, per quanto riguarda l’immigrazione e la sicurezza interna, possiamo agire in cooperazione e sulla base del consenso e ottenere buoni risultati. Lo abbiamo già fatto, ma esistono questioni che è meglio lasciare agli Stati membri, questioni che richiedono l’accordo unanime in seno al Consiglio, non la maggioranza qualificata sempre e comunque.

Penso sia sbagliato, e colgo l’occasione per ribadirlo ancora una volta. Il Commissario Kovács e altri presentano proposte di armonizzazione fiscale che non hanno il potere di applicare a norma del Trattato attuale e non saranno autorizzati ad applicare dal nuovo Trattato, eppure continuano a farlo. Perché? Perché si lasciano guidare dall’ideologia. E’ una mossa politica che allontana sempre di più i cittadini. Se i burocrati possono ignorare le norme, perché non dovrebbero ignorarle anche loro?

George Bernard Shaw disse che alcuni uomini vedono le cose come sono e si chiedono perché. Dobbiamo sognare le cose come dovrebbero essere e chiederci perché no. Il consenso, il compromesso, la cooperazione: questa è la direzione da seguire, ma la cosa più importante in assoluto è convincerne i cittadini.

(Applausi)

 
  
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  Kathalijne Maria Buitenweg, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signor Presidente, anche il mio gruppo desidera porgere un caloroso benvenuto al Primo Ministro Balkenende e ringraziarlo per aver accettato l’invito. Il nuovo gabinetto dei Paesi Bassi ha appena trascorso 100 giorni a parlare col pubblico, ma le ultime parole pronunciate sull’Europa risalgono a 500 giorni fa. Per fortuna le cose sono cambiate. Resta ovviamente da chiedersi se si sia effettivamente prestato ascolto alla gente.

Avete fatto shopping selettivo, a quanto pare. Per quanto riguarda la vostra interpretazione del “no”, citate soltanto le obiezioni alla Costituzione che portano a un Trattato meno ambizioso, in altre parole, a meno cambiamenti. E’ un modo di pensare molto insolito. Credete veramente che la gente abbia votato contro il Trattato europeo perché è soddisfatta dell’Unione europea nella sua forma attuale? Pensate inoltre che la bandiera e l’inno nazionale siano veramente il problema maggiore?

L’80 per cento, anche di chi nei Paesi Bassi ha votato contro, ritiene che i negoziati dovrebbero essere sfruttati quale opportunità per attuare riforme più radicali e proseguire il processo di democratizzazione in Europa. Il 68 per cento dei cittadini auspica inoltre una vera politica estera e di sicurezza europea.

Eppure nelle vostre proposte non si fa menzione di tale ambizione democratica di più vasta portata. Volete anche abolire il ministero per gli Affari esteri. Volete soltanto tagliare, e lo presentate come uno sviluppo inevitabile.

La situazione è simile a quella di un cliente insoddisfatto che torna al negozio di biciclette e il commesso gli dice: “E va bene, può cambiare la bici, ma solo con uno scooter”. Ma io non voglio uno scooter; voglio semplicemente una bicicletta migliore. Una con i freni, va benissimo. Dopo tutto, non tutte le decisioni andrebbero prese a Bruxelles, ed è positivo delimitare meglio i poteri nazionali ed europei. Tuttavia, i freni hanno senso soltanto se ci sono anche i pedali.

Voi sostenete che i cittadini vogliono maggiore controllo, ma ciò sembra contrastare col vostro impegno nei confronti della Carta dei diritti fondamentali. In quest’occasione non l’avete citata, ma da qualche parte ho una copia cartacea del dibattito in seno al parlamento nazionale olandese in cui lei ha dichiarato: “Nel caso in cui il Trattato dovesse essere modificato senza pretese costituzionali, il testo della Carta europea dei diritti fondamentali non dovrebbe essere incluso nella sua versione integrale”. Si tratta indubbiamente di un’interpretazione bizzarra del voto negativo! Non molte persone hanno votato contro la Costituzione perché la stessa avrebbe garantito loro maggiori diritti.

(Applausi)

A differenza della CEDU, la Carta europea dei diritti fondamentali contiene anche diritti fondamentali sociali, che possono opporre una barriera agli interventi antisociali di Bruxelles contro lo Stato sociale. Questo sì che sarebbe un freno che riterrei utile avere sulla mia bicicletta.

Infine, la vera ragione alla base della vostra volontà di abolire la bandiera, la Costituzione, la Carta dei diritti fondamentali e gli inni è squisitamente nazionale. Se il Trattato non conterrà più alcun riferimento alla Costituzione, potrete evitare un referendum nei Paesi Bassi. A quel punto potremmo accettare di non essere d’accordo. Il mio partito è felice di abbandonare l’idea di un referendum nazionale se temete che in futuro finirete nuovamente per sentirvi isolati. Magari potremmo indire un referendum europeo, nel cui caso non vi sentireste isolati, bensì fareste quello che la democrazia del XXI secolo pretende da voi. Attendo con impazienza i suoi commenti al riguardo.

(Applausi)

 
  
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  Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, ieri il Primo Ministro italiano Prodi ha esortato i membri di questo Parlamento a difendere nei loro paesi il vecchio progetto di Costituzione europea e ha dichiarato che tale testo contiene già così tanti compromessi che è praticamente impossibile aggiungerne altri.

Parole come queste sono bene accette in questo consesso, in quanto qui la democrazia viene vista principalmente dall’alto e su ampia scala. E’ emerso che ciò potrebbe contrastare nettamente con una democrazia su piccola scala e dal basso verso l’alto, in cui sono molti di più a sentirsi coinvolti.

Nel 2005 i parlamenti degli Stati membri erano a favore della Costituzione in base ad ampie maggioranze. Nei Paesi Bassi, tale cifra arrivava addirittura all’85 per cento e nei Paesi Bassi, a differenza della Francia, dove decisioni del genere spettano soltanto al Presidente, è il parlamento a esprimersi su un referendum. Il referendum si è tenuto su proposta di tre partiti che erano a favore della Costituzione e che erano veramente convinti che gli elettori la pensassero allo stesso modo. Malgrado l’affluenza elevata, il 62 per cento ha votato “no”. E’ molto probabile che anche la maggioranza degli elettori in Belgio, Germania, Regno Unito, Svezia e Danimarca avrebbe fornito il medesimo responso se ne avesse avuta l’opportunità.

Oggi il Primo Ministro olandese Balkenende ha più difficoltà di quante non ne avesse ieri il suo omologo italiano. All’inizio di quest’anno, nell’accordo di governo a nome della sua coalizione e per ordine degli elettori, è stato raggiunto il seguente accordo – cito: “si sta tentando di modificare e, se possibile, mettere insieme i trattati comunitari esistenti, in cui vengono salvaguardati la sussidiarietà e il controllo democratico e i cui contenuti, dimensioni e titoli sono molto diversi dal Trattato costituzionale respinto in precedenza”.

Il governo olandese ha giustamente fatto notare che nell’Unione europea deve essere conferito un potere di voto maggiore ai parlamenti nazionali e che le decisioni nazionali su servizi pubblici non andrebbero travisate. E’ molto diverso dal testo costituzionale, che auspica una liberalizzazione ancora più estrema dei servizi e una concorrenza libera e priva di distorsioni. Questo Parlamento, che il 10 maggio ha appoggiato la mia proposta di concedere agli Stati membri, alle loro regioni e ai loro comuni maggiore libertà nelle modalità di organizzazione del trasporto pubblico, dovrebbe riconoscere il valore di tale gesto.

Voglio dire quanto segue al Primo Ministro Balkenende e al suo governo. Se oggi ricevete un sostegno insufficiente in questo Parlamento, non significa che siete tagliati fuori dall’Europa. Avete il difficile compito di attuare l’accordo di governo. Non c’è ragione di lasciarvi governare da altri che fanno ancora affidamento sul vecchio progetto costituzionale.

(Applausi)

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, in qualità di deputato olandese, sono particolarmente lieto di ricevere la sua visita. Dal rifiuto della Costituzione europea espresso nel nostro paese, in questa sede abbiamo parlato troppo dei Paesi Bassi invece che coi Paesi Bassi. Vorrei chiarire che in linea di massima condivido l’opinione del governo olandese, eppure vorrei formulare alcune raccomandazioni prima del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno.

Innanzi tutto, apprezzo i vostri sforzi volti a rispettare le aspirazioni della Costituzione quali l’introduzione della carica di presidente permanente, che ben presto si trasformerebbe in presidente europeo; di conseguenza proporrei un sistema a rotazione di tre presidenze, ognuna delle quali della durata di un anno e mezzo, rappresentate rispettivamente da uno Stato membro grande, medio e piccolo. In tal modo si eviterebbe la non necessaria concentrazione di potere nelle mani di un unico presidente permanente, e tutti i paesi membri avrebbero la prospettiva di una carica alla presidenza su base paritaria.

Signor Primo Ministro, appoggio il suo desiderio di inserire nel nuovo Trattato i criteri di Copenaghen; in esso sarebbe tuttavia altrettanto necessario definire una volta per tutte i confini dell’Unione europea, in quanto è un diritto che spetta ai cittadini dell’Unione e ai suoi vicini. Penso in particolare alla possibilità di offrire a paesi quali Ucraina, Moldova e Bielorussia la prospettiva di un’adesione all’UE nel lungo termine unita a una politica di vicinato forte, al fine di aiutare tali paesi a superare i problemi strutturali.

Ho notato una certa esitazione quando è stata presentata la sua proposta di conferire ai parlamenti nazionali il potere di opporre il veto alle proposte legislative della Commissione. Ritengo che sia meglio attribuire al Parlamento europeo la facoltà di respingere una proposta della Commissione, riguardo alla quale i parlamenti nazionali possono esprimere le proprie perplessità al nostro Parlamento. Tale iter mi sembra istituzionalmente più corretto e nel contempo rafforza la cooperazione interparlamentare tra questa Assemblea e i parlamenti nazionali. Signor Primo Ministro, vorrei sentire la sua opinione sui punti da me sollevati.

(Applausi)

 
  
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  Philip Claeys, a nome del gruppo ITS. – (NL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, l’elettorato olandese ha respinto la Costituzione europea con un ampio margine. Posso solo auspicare che il suo governo continui a lottare per un nuovo Trattato invece che per una Costituzione. Spero inoltre che agli elettori venga data la possibilità di esprimersi a tale proposito, non solo nei Paesi Bassi, ma in tutti gli Stati membri.

Tuttavia, il dibattito non riguarda soltanto la questione istituzionale, bensì il futuro dell’Europa, e comprende pertanto la domanda fondamentale circa i confini dell’Unione, e la questione se un paese non europeo come la Turchia possa aderirvi. Quando ha assunto la Presidenza dell’UE nel 2004 ed è venuto per la prima volta al Parlamento europeo, ha dichiarato che si sarebbe assicurato che la Turchia rispettasse tutti i criteri di Copenaghen. Signor Primo Ministro, a tre anni da quel giorno se la sente di dichiarare – con la mano sul cuore – di aver mantenuto quella promessa?

L’editore turco-armeno Hrant Dink è stato ucciso dopo essere stato condannato come un criminale dai tribunali turchi. Orhan Pamuk, vincitore del Premio Nobel per la letteratura, ha lasciato il paese dopo aver ricevuto, anche lui, delle minacce. Ai sensi del diritto penale turco, è un reato insultare quella che viene definita la “identità turca”. La libertà di opinione è pertanto assente, per non parlare poi dell’omicidio di tre editori cristiani e di un sacerdote cattolico.

Potrei anche citare il fatto che la Turchia continua a rifiutarsi di riconoscere uno degli Stati membri dell’Unione europea o di adempiere al dovere di aprire i propri porti e aeroporti. Inoltre, la prova di forza che si sta consumando tra gli islamisti da un lato e i sostenitori della laicità dello Stato dall’altro dovrebbe suscitare preoccupazione in Europa, e invece l’Unione europea persiste con i negoziati come se non ci fosse niente che non va. Ignora completamente la stragrande maggioranza della popolazione che è contraria a tale adesione. Che piaccia o no, tale arroganza e distacco dal mondo sono la più grave minaccia per la sopravvivenza stessa dell’Unione.

(Applausi)

 
  
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  Jim Allister (NI).(EN) Signor Presidente, bisogna chiedersi quanta energia si sia già sprecata inseguendo la chimera di una Costituzione europea. Nell’atmosfera rarefatta dell’Aula, una Costituzione europea può sembrare importante, ma a essere onesti la maggioranza dei cittadini è andata oltre e si preoccupa più di cose quali una buona istruzione, una buona assistenza sanitaria e l’aumento dei prezzi degli immobili: cose che una costituzione non cambierà.

In parte, il motivo per cui le Istituzioni dell’Unione si sono fossilizzate sulla questione è il rifiuto di accettare un “no” democratico come risposta. Le discussioni sono dominate da richieste allettatrici impossibili da soddisfare e dall’esigenza di trovare stratagemmi per evitare di dare ai cittadini la possibilità di esprimersi. Di qui le manovre per cambiare titolo, ridimensionare il testo e prevenire a tutti i costi un referendum.

Tuttavia, per quanto rimaneggiato, ciò che impone all’Unione europea l’apparato di uno Stato, con un presidente e un ministro degli Esteri, ciò che erode ulteriormente la sovranità nazionale, promuovendo ancora più decisioni a maggioranza qualificata, è lo stesso vecchio prodotto logoro e antiquato che è già stato respinto e sul quale i cittadini devono avere voce in capitolo.

Per quanto impaziente possa essere il mio governo di rimangiarsi la promessa di un referendum nel Regno Unito, dico che i cittadini di ogni Stato nazionale hanno il diritto di esprimere il loro parere. Soltanto chi non ha fiducia nella propria causa o ha il desiderio malvagio di avversare l’opinione pubblica rifugge l’espressione della volontà popolare.

Signor Primo Ministro, lei è stato portato qui oggi – immagino ne sia consapevole – perché gli eurofanatici dell’Assemblea potessero tentare di esercitare pressioni su di lei e persuaderla a discostarsi dalla decisione democratica presa nel suo paese. Sono certo che lei non sarà così folle da permettere che ciò accada.

 
  
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  Jan Peter Balkenende, Primo Ministro dei Paesi Bassi. – (NL) Signor Presidente, sono molto grato agli onorevoli deputati al Parlamento che hanno partecipato alla discussione per i loro contributi stimolanti. Ciò che sento in seno all’Assemblea – e non mi aspettavo niente di diverso – è un clima di ispirazione, in cui gli ideali europei sono esaminati nel contesto dell’Europa del XXI secolo.

Per questo motivo, mi ha commosso ciò che ha affermato l’onorevole Daul – e potrebbe davvero essere ciò che conta di più – sui valori che hanno reso l’Europa quello che è oggi, i valori che l’Europa difende, i valori per i quali ci assumiamo responsabilità nel mondo: pace, sicurezza, democrazia, diritti umani e solidarietà. Sono stati questi valori a dare forza all’Europa, ed è di forza che ora abbiamo bisogno. Forse è a questo punto che potrei riprendere ciò che ha affermato l’onorevole Schulz.

(DE) E’ davvero un piacere incontrarla di nuovo. Ricordo bene le nostre riunioni. Era davvero un piacere discutere con lei, e lo è tuttora. Gliene sono molto grato.

(NL) Ha parlato degli aspetti internazionali, degli aspetti esteri dell’Unione europea, e non posso fare altro che sottoscrivere ciò che ha affermato. Viviamo in un mondo in cui sono in atto cambiamenti: in Cina, in India, negli Stati Uniti. Si osservano cambiamenti nel campo della sicurezza, della lotta al terrorismo, dei cambiamenti climatici e dell’energia. L’Europa può fare di meglio, operare in modo più efficace ed esprimere una sola voce in tutti questi settori.

La discussione su come chiamare l’Alto Rappresentante può attendere, ciò che conta è il contenuto e il messaggio trasmesso dai valori di cui ha parlato l’onorevole Daul. Diffondiamoli, e facciamolo insieme. Sono questioni che danno espressione ai nostri ideali riguardo all’Europa del futuro, non solo qui e nel nostro continente, ma a livello mondiale. L’onorevole Daul ha lanciato un appello al riguardo, che considero appropriato e necessario.

Ciò mi porta all’osservazione dell’onorevole Watson sull’energia. Vorrei ripetere ciò che ha detto al riguardo: non possiamo fare a meno gli uni degli altri. Se l’Europa non esprime una sola voce, avremo problemi enormi. Non si tratta solo di disporre di energia: l’energia è anche legata alla stabilità. La stabilità, per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico, ha anche una dimensione economica, sociale ed ecologica. Abbiamo bisogno gli uni degli altri anche a questo livello.

Ho ascoltato con attenzione ciò che ha affermato l’onorevole Watson e posso individuare un legame tra gli ideali europei, il modo in cui l’Europa si presenta al mondo esterno, la politica estera e il modo in cui affrontiamo le questioni specifiche, come quelle energetiche cui ha fatto riferimento. Se si pensa bene a tutto questo, l’Europa ha di fronte un compito enorme.

Mi è piaciuto il paragone che l’onorevole Watson ha fatto con i Paesi Bassi del XVII secolo, il secolo d’oro. Un’era in cui i Paesi Bassi ebbero enorme successo nel mondo. Questo successo saltò fuori dal nulla? No. Per ottenerlo, fu necessario agire. Fu necessario navigare i sette mari e avere una solida struttura amministrativa. Avvenne tutto in una notte? No, certo che no, richiese tempo. Ciò che avevamo, tuttavia, è la determinazione, la volontà di realizzare determinati obiettivi insieme.

Se è questo ciò che intende, allora ha toccato un punto cui sono sensibile, perché solleva un interrogativo: come dare forma all’Europa del XXI secolo? Come possiamo assicurare che l’Europa sia in grado di agire nei settori dell’economia, dell’energia e delle relazioni internazionali? La questione fondamentale oggi è: le relazioni esistenti sono adeguate? No, non lo sono. Il Trattato di Nizza non è sufficiente per soddisfare le esigenze del XXI secolo.

(Applausi)

Questo ovviamente rende inevitabile chiedersi: qual è il modo migliore? E ci si trova davanti al problema che in Europa alcuni Stati membri hanno approvato la Costituzione, alcuni paesi hanno detto “no” e alcuni paesi non hanno ancora preso una decisione. Questa è la realtà.

Gli ultimi due anni – il periodo di riflessione – non sono trascorsi invano. Penso che abbiamo fornito risposte ai cittadini. Abbiamo detto: lavoriamo sui progetti europei concreti. Spieghiamo ai cittadini l’importanza dell’Europa, in modo che l’Europa possa riavere un posto nella mente e nel cuore dei cittadini.

Abbiamo parlato del processo di allargamento. Trasformiamolo in un progetto credibile. Esaminiamo con cura i criteri che abbiamo già inasprito. Anche questa è una questione di credibilità del progetto europeo.

Abbiamo detto: affrontiamo i temi più critici per i cittadini d’Europa, cioè l’energia e il clima. Anche per questo motivo, insieme con il Primo Ministro Blair, ho scritto una lettera ai miei omologhi per dire che vogliamo i temi del clima e dell’energia in cima all’ordine del giorno europeo. Sono questioni che preoccupano anche voi. Non possiamo fare a meno gli uni degli altri. Facciamo sì che l’Europa dimostri ciò che è in grado di fare.

E’ così che il periodo di riflessione darà piena prova della sua utilità. Tuttavia, occorre evitare – e vorrei essere molto chiaro al riguardo – che, terminato il periodo di riflessione, si crei un clima in cui un gruppo è aizzato contro l’altro, in cui il gruppo dei 18 paesi che hanno ratificato la Costituzione sia aizzato contro quelli che hanno detto “no”. Se ciò dovesse succedere, non risolveremo la situazione.

Sono sinceramente convinto che sia possibile trovare soluzioni. Facciamolo in un modo in cui tutti possano riconoscersi. Tale modo, a mio parere, è la modifica costituzionale, come abbiamo fatto in passato. E’ una via percorribile, perché permette di adottare gli elementi validi del Trattato costituzionale, perché gli elementi del compromesso istituzionale devono svolgere un ruolo chiave. Perché non possiamo lasciare le cose come stanno.

Va da sé che si devono esaminare le varie parti. L’onorevole Buitenweg ha fatto un’osservazione sulla Carta dei diritti fondamentali, che è una questione molto delicata in questo contesto, e posso capire perché. Se parla della Carta, allora può unirsi a noi, perché siamo altrettanto persuasi dell’importanza dei diritti fondamentali. Solo: che cosa vediamo? La questione è se la si debba includere integralmente nella Costituzione o vi si possa fare riferimento in altro modo. Questo è il punto.

Discutiamo pure dell’importanza dei diritti fondamentali, ma teniamo conto dei limiti di una Costituzione. E’ una discussione che mi piacerebbe svolgere con voi.

Sono sinceramente convinto che si debba agire con celerità. L’ideale per me è poter dire in giugno che redigeremo un calendario ben definito per risolvere le questioni. Vorremmo risolverle nell’arco di pochi anni e ciò è possibile solo se uniamo le forze.

Ho avanzato proposte in questo senso nella mia dichiarazione. Mi sono espresso contro una Costituzione, ma a favore di un Trattato modificato, che tenga conto del ruolo dei parlamenti nazionali senza interferire con il ruolo del Parlamento europeo, perché il vostro ruolo è indispensabile in Europa. Ho menzionato questi elementi. Dobbiamo riuscire ad agire in sintonia, esaminare ciò che ci unisce, non ciò che ci divide – su questo punto l’onorevole Schulz ha ragione – e dobbiamo essere disposti ad accettare compromessi. Questo vale per tutti.

Se ci riusciamo, potremo compiere progressi: questo è il mio piano. Lo faccio anche perché ho la sensazione e la convinzione che dobbiamo far sì che si parli solo del “no” di due paesi, perché i sentimenti e le preoccupazioni dei cittadini sono una realtà. Dobbiamo rispondere alle questioni che emergono oggi. Se lo facciamo in base alla premessa che vogliamo trovare una soluzione comune, trarre conclusioni a breve termine, verificare che cosa serve a tal fine, e ho presentato un contributo al riguardo, sarà possibile trovare soluzioni.

Infatti, ciò che è inaccettabile in un momento di crescente globalizzazione, di problemi sociali, è essere incapaci di trovare risposte, perché l’antica divisione semplicemente rimarrà.

Penso sia un dovere nei confronti dei padri fondatori dell’Unione europea – Adenauer, Schuman, de Gasperi, Monnet e tutti gli altri – tener fede agli ideali e, come ha detto l’onorevole Daul, avere sempre presente il valore dell’Europa, il sogno europeo, non trascurare le preoccupazioni dei cittadini e fare ciò che va fatto. Se trarremo queste conclusioni in giugno, otterremo un grande risultato. A tal fine, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Penso sia un dovere anche nei riguardi degli ideali che vogliamo realizzare.

Signor Presidente, le sue parole mi hanno ispirato e le trasmetterò ai Paesi Bassi. Poi avremo tutti il compito di trovare soluzioni rapidamente, tenendo conto delle posizioni di ciascuno, ma sempre in considerazione di ciò che deve rimanere in primo piano nei nostri pensieri, cioè lavorare a un sogno europeo nel XXI secolo.

(Applausi)

 
  
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  Maria Martens (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, vorrei innanzi tutto ringraziarla per essere venuto qui a Strasburgo.

La redazione di un nuovo Trattato è nell’interesse di tutti. La Francia e i Paesi Bassi hanno votato contro il progetto di Costituzione e abbiamo ora bisogno, com’è già stato detto, di elaborare un altro documento, in cui tutti i 27 Stati membri possano riconoscersi. E’ superfluo dire che i Paesi Bassi hanno una responsabilità particolare di compiere enormi sforzi a tal fine. Per questo motivo, è stato utile che ci abbia ricordato le sensazioni suscitate dalla questione nei Paesi Bassi e abbia indicato la direzione da cui dovrebbero giungere le soluzioni.

I Paesi Bassi sono un paese fondatore dell’Europa e tuttora europeista, come risulta da qualsiasi studio, ma non vogliono troppa Europa, non vogliono che l’Europa sia un superstato o abbia un assetto costituzionale. I Paesi Bassi vogliono che le cose procedano passo a passo, con il dovuto rispetto del principio di sussidiarietà, vogliono un’Europa più democratica e più risoluta, che possa adottare decisioni a maggioranza qualificata in molti settori, e vorrebbero che i criteri di adesione fossero inclusi nel Trattato.

E’ altresì importante ricordare le sensibilità e le esigenze degli altri Stati membri. In fondo, 18 paesi si sono già espressi a favore del progetto di documento e apprezzano i progressi che si sarebbero potuti realizzare con il testo disponibile all’epoca. Ora ciò che conta è elaborare insieme un nuovo Trattato in tempi brevi, nell’interesse di tutti.

Mi sono tornate in mente le parole di Paul-Henri Spaak. Disse: “L’Europa è ancora costituita da piccoli paesi. L’unica distinzione significativa che rimane è che alcuni paesi lo comprendono, mentre altri si rifiutano tuttora di riconoscerlo”. Lo disse negli anni ’50. Se lo era allora, quanto più importante è oggi, in un’epoca di globalizzazione e internazionalizzazione e di enormi questioni internazionali, per esempio nei settori dell’immigrazione, dell’energia, dell’ambiente e della lotta al terrorismo?

Lei ha descritto l’Europa come un progetto straordinario e riuscito. Infatti, i paesi e i popoli ne traggono benefici. Ciò che si può fare meglio insieme, deve essere fatto insieme. Qualsiasi cosa che possa essere regolamentata meglio a livello nazionale deve continuare a essere gestita a livello nazionale. Il punto non è quindi se si sia a favore o contro l’Europa, ma il modo in cui, in tempi brevi e con la partecipazione di tutti i 27 Stati membri, possiamo gettare le basi più solide possibili per un’Europa efficace e trasparente. Sui quotidiani si legge: l’Europa in cima all’ordine del giorno del Primo Ministro. Congratulazioni per il suo impegno in materia, sia in patria sia in Europa.

(Applausi)

 
  
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  Margrietus van den Berg (PSE).(NL) Signor Presidente, Primo Ministro Balkenende, benvenuto al Parlamento europeo. Come sappiamo, il “no” nei Paesi Bassi è stato relativamente netto, ma altrettanto netto è stato il “sì” del Parlamento europeo. Le riconosco il merito di aver cercato, nel suo contributo e anche nelle sue risposte, di avventurarsi oltre il “sì” e il “no” per capire come si possa giungere a un Trattato. Non un Trattato che, concordo con lei, sia stato ridotto all’osso, ma un Trattato che fornisca risposte ad alcune questioni fondamentali che dobbiamo affrontare. Ciò significa che a volte occorre più di quanto sia stato stabilito nella Costituzione originaria, a volte meno, e a volte qualcosa di diverso.

Vorrei cercare di portare il dibattito al livello successivo, sollevando alcune questioni molto specifiche. Lei afferma di sostenere l’idea di introdurre criteri per i servizi di interesse generale, in modo che i paesi possano prevedere una maggiore regolamentazione degli alloggi sociali, dell’assistenza sanitaria e di altri servizi. E’ disposto a stabilire una base a tal fine, tramite un protocollo o nel Trattato, in modo da disporre di una base giuridica in materia?

In secondo luogo, lei ha parlato della Carta. Se ben comprendo, afferma che lei e i suoi colleghi in seno al governo olandese approvate il contenuto della Carta e vorreste che fosse vincolante, ma non è necessario includerla integralmente, purché vi sia un riferimento nel nuovo Trattato che ne garantisca il carattere vincolante. Ciò che vorrei sapere è se ha una formula che permetta di adottare questa soluzione, perché, se ce l’ha, condivido il suo ragionamento.

In terzo luogo, la sussidiarietà. La sua richiesta in materia di sussidiarietà è di creare più margini, di mantenere al livello locale ciò che si può fare a livello locale. Ha una formula per irrigidire la sussidiarietà e, in caso affermativo, qual è, rispetto a quella prevista dal progetto di Costituzione? In questo contesto, è disposto a concedere alle regioni più ampi margini di sperimentazione?

In quarto luogo, ha dichiarato di voler abolire un gran numero di veti, il che conferirà all’Assemblea un indubbio diritto di codecisione, anche se non è ciò che vogliamo in alcuni settori. Si riferisce principalmente al diritto penale? Forse non le dispiacerà spiegare, anche in questo caso, qual è la sua formula.

Ha anche detto che “ministro degli Esteri” non è il titolo da usare. Come dovremmo chiamarlo?

Infine, se i Paesi Bassi opteranno per un Trattato, un Trattato efficace, mi auguro che il Primo Ministro aprirà una nuova via nel suo paese, insieme con i leader degli altri partiti della coalizione, per informare i cittadini olandesi e averli al suo fianco al momento opportuno, in modo che un dibattito reale sia la base su cui fondare un sostegno concreto per l’Europa.

(Applausi)

 
  
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  Andrew Duff (ALDE).(EN) Signor Presidente, signor Primo Ministro, tre punti del suo intervento mi lasciano perplesso e preoccupato.

In primo luogo, la sua ferma intenzione di mantenere la struttura a tre pilastri non contribuirà a semplificare e rendere più trasparente il funzionamento dell’Unione, né rafforzerà la sua capacità di agire in modo efficace.

In secondo luogo, non sono riuscito a capire ciò che ha affermato riguardo alla definizione delle competenze e al trasferimento di sovranità. Come tutti sappiamo, non si può trasferire la sovranità e non si possono conferire competenze senza il pieno accordo dei 27 Stati membri.

In terzo luogo, la sua richiesta di permettere ai parlamenti nazionali di bloccare il processo legislativo dell’Unione mi sembra un grave attacco non solo al diritto di iniziativa della Commissione, ma anche alle prerogative legislative del Consiglio e del Parlamento. L’istituzione di quella che di fatto sarebbe una terza camera legislativa è l’esatto contrario della semplificazione. Sarebbe un abuso del principio della separazione dei poteri e senza dubbio confonderebbe i cittadini. Le sarei grato se potesse fornire anche un solo esempio in cui la Tweede Kamer [la camera dei deputati olandese] avrebbe potuto sollevare un’obiezione su un progetto di proposta che violasse il principio di sussidiarietà.

(Applausi)

 
  
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  Konrad Szymański (UEN). (PL) Signor Primo Ministro, signor Presidente, il futuro dell’Europa è sicuro. Le possibilità di sviluppo dei nuovi paesi, l’accelerazione della crescita economica nella vecchia Europa e, da ultimo, l’emancipazione nelle relazioni internazionali sono solo alcuni esempi del successo dell’integrazione. L’Unione europea funziona.

Per questo motivo, lancio un monito contro le grida isteriche di una crisi dell’Unione europea dovuta ai problemi legati alla riforma del Trattato. L’approccio “il Trattato costituzionale o la morte” proposto ieri da Romano Prodi è un grave errore e porterà solo tensioni. Tuttavia, anche i sostenitori di questa posizione inflessibile sono corresponsabili dell’attuale rallentamento dei negoziati. Cambiare l’abito al vecchio Trattato, o suddividerlo in porzioni più piccole, è poco serio.

Confido nel fatto che, in veste di Primo Ministro di un paese che ha respinto il vecchio Trattato costituzionale, lei sarà più pragmatico riguardo alle modifiche sostanziali da introdurre nel nuovo progetto di Trattato.

Ho ascoltato il suo intervento assieme all’onorevole Zahradil, il negoziatore ceco. Vorrei quindi dirle che da lei ci si attende pragmatismo non solo in Polonia, ma anche nella Repubblica ceca.

(Applausi)

 
  
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  Johannes Voggenhuber (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, signor Primo Ministro, alcuni giorni fa, alla televisione, un giovane olandese, interpellato sulla Costituzione europea, ha affermato: “A che cosa ci serve una Costituzione? Questo è uno spazio economico”. Mi sono chiesto come sia possibile che un giovane nei Paesi Bassi, uno Stato membro fondatore della Comunità europea, che è stato tra i primi ad abbracciare l’idea di creare un’Europa politicamente unita e si è impegnato a superare il nazionalismo, oggi non sappia che si tratta di un’Unione politica.

Oggi lei ha fornito una risposta a questo interrogativo. Un governo che cerca di eliminare un simbolo, una bandiera, vuole eliminare un’idea, renderla invisibile, farla sparire. Se si spoglia il suo discorso delle infiorettature retoriche e delle formule di cortesia, ciò che resta è una gelida e nazionalistica dichiarazione di guerra all’idea che tale bandiera rappresenta.

Esaminiamo i vari punti, per esempio il primato del diritto europeo. Dai discorsi del suo ministro degli Esteri, deduco che il primato del diritto europeo non dovrà più figurare nel Trattato. Al tempo stesso, il suo ministro degli Esteri sottolinea che il primato del diritto europeo non deve essere intaccato. Ciò significa ingannare e mentire alla propria popolazione, non sancire nel Trattato la vera natura dell’Unione. Tentate di nasconderla, perché il primato del diritto europeo rimarrà inalterato, e lo sapete bene. Volete di nuovo i regolamenti al posto delle leggi, ma le chiedo, signor Primo Ministro, che cosa significa questo titolo? La legge non ha niente a che fare con lo Stato nazionale; anche le repubbliche hanno avuto leggi, le leggi esistono sin da quando esistono gli esseri umani. Le leggi, promulgate attraverso i parlamenti, forniscono ai cittadini una garanzia di legittimità democratica.

Signor Primo Ministro, dopo aver ascoltato le sue richieste e compreso il suo ragionamento, ho provato gratitudine, innanzi tutto, per la sua disponibilità a parlare con noi e, in secondo luogo, per il fatto che non ha proposto di eliminare anche il Parlamento, o di cambiargli il nome, perché il Parlamento è l’incarnazione dell’Europa federale e politica, della democrazia soprannazionale. Con la sua stessa esistenza, il Parlamento garantisce ai cittadini che l’Europa è una comunità politica, non un’organizzazione economica o un’associazione di Stati.

Una costituzione non è affatto legata a uno Stato nazionale: è la legge fondamentale di una comunità politica. Esistono i cittadini europei anche nel Trattato che presto adotteremo, esiste la cittadinanza europea. Siamo in seno al Parlamento di una democrazia soprannazionale e dell’intera cittadinanza europea. Se elimina la Carta dal Trattato, ma al tempo stesso la rende espressamente vincolante, che cosa fa? Ricorre allo stesso vecchio inganno: la nasconde ai cittadini, ma lascia inalterata la sua efficacia. Ciò significa che lei accetta la realtà dell’Europa là dove è costretto a farlo, ma la nega. Signor Primo Ministro, con una menzogna non conquisterà il XXI secolo, e nemmeno l’Europa.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – Onorevole Voggenhuber, per quanto si possa simpatizzare per le sue opinioni, termini come “nazionalistico” e “menzogna” dovrebbero essere usati con maggiore cautela.

 
  
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  Sylvia-Yvonne Kaufmann (GUE/NGL).(DE) Signor Presidente, signor Primo Ministro, il suo governo vuole che nella Costituzione europea si rinunci ai simboli dell’Unione europea, sopprimendo l’articolo I-8, perché la bandiera blu con le dodici stelle dorate e l’Inno alla gioia di Beethoven sarebbero espressione di identità di uno Stato.

Signor Primo Ministro, intende dire che qualsiasi associazione locale può adottare una bandiera e renderla vincolante nel suo statuto, ma l’Unione europea, con i suoi 500 milioni di abitanti, non può farlo? Non si offenda, ma è un ragionamento preistorico e anche stolto. L’integrazione europea è un progetto storico unico al mondo, non è uno Stato, tanto meno un superstato. Anche per questo motivo, è stupefacente che un’idea così stravagante sia avanzata da uno Stato membro fondatore della Comunità europea.

Mi permetta di dirle che, chi, a 50 anni dalla firma dei Trattati di Roma, nega la solidità dei simboli universalmente noti e riconosciuti dell’Unione europea tira – simbolicamente – acqua al mulino di coloro che mettono in discussione l’integrazione europea di per sé e vogliono voltarle le spalle e tornare alle loro identità di Stati nazionali. Certo non si può negare che l’inno e la bandiera uniscano i nostri paesi e popoli. Proprio perché promuovono un’identità hanno bisogno di un riconoscimento ufficiale.

La prego quindi, signor Primo Ministro, di non ingannare i cittadini d’Europa, nemmeno quelli che nel suo paese hanno votato “no”. I cittadini nel suo paese, nel mio paese e in altri paesi non vogliono una controversia sulle bandiere, vogliono un’Europa sociale e democratica. Vogliono una risposta alla domanda: l’Unione protegge i cittadini o i mercati? Vogliono che si faccia qualcosa contro il dumping salariale, sociale e fiscale. E’ su questo che dovrebbe concentrare l’attenzione, perché è su questo che sono necessarie soluzioni lungimiranti. Ponga fine a questa lotta fittizia contro i simboli dell’integrazione europea.

(Applausi)

 
  
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  Jens-Peter Bonde (IND/DEM).(DA) Signor Presidente, signor Primo Ministro, lei può essere fiero del popolo olandese. Il 62 per cento ha votato “no”, in contrasto con il consiglio della maggioranza dei politici. Tuttavia, lei ora subisce le pressioni della Germania, dove almeno il 70 per cento della popolazione voterebbe contro la Costituzione se avesse la possibilità di esprimersi. I tedeschi sono ovviamente liberi di smentire questa affermazione. Nondimeno, da critico itinerante della Costituzione, non sono stato in alcun paese in cui vi fosse maggiore opposizione. I cittadini vogliono meno interferenze da parte dell’Unione e vogliono l’applicazione reale del principio di prossimità. Persino l’ex Presidente tedesco, Roman Herzog, lancia moniti contro l’accentramento eccessivo e lo smantellamento della democrazia. L’84 per cento delle leggi tedesche proviene da Bruxelles. A Bruxelles di sicuro non vi è democrazia. Roman Herzog afferma di dubitare che la Repubblica federale possa essere definita una democrazia parlamentare. E’ quella Germania che ora minaccia i suoi vicini francesi e olandesi dicendo loro: i vostri cittadini hanno commesso un errore; cambiate l’abito alla Costituzione e abolite i referendum.

Perché lo accetta, Primo Ministro Balkenende? Perché non insiste affinché anche la Germania consulti i suoi cittadini, prima di muovere guerra contro gli elettori dei paesi vicini? I negoziatori olandesi ora vogliono una seconda presentazione della Costituzione – “presentazione” è il termine operativo – in modo da poter evitare un referendum. Tuttavia, lei non propone alcuna modifica reale e sostanziale del testo respinto. Sono ormai passati due anni e non si è ancora ottenuta l’approvazione dell’80 per cento degli Stati membri. La Costituzione è legalmente morta. Dobbiamo ricominciare da capo, con nuovi negoziati e un referendum in tutta l’Unione. Poi si potranno discutere le questioni con il governo tedesco.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS).(DE) Signor Presidente, come milioni di persone in tutta Europa, sono sbalordito dalla creatività con cui si continua a tentare di resuscitare la Costituzione dell’Unione, che si pensava morta ed era anche stata dichiarata morta. Per concedere a Bruxelles la licenza di soddisfare la sua insaziabile fame di potere, si evoca lo spettro di un’Unione europea impotente e sempre più insignificante, ma non credo che il senso e lo scopo dell’Unione europea, e anche dell’integrazione europea, possano essere la costante erosione della sovranità degli Stati membri nell’adozione delle decisioni.

La cooperazione tra i governi di sicuro è altrettanto indispensabile del principio dell’unanimità nei settori fondamentali di competenza nazionale, in particolare la politica estera, di sicurezza e di difesa. I nostri popoli non hanno alcun bisogno di una Costituzione dell’Unione negoziata in stanze segrete, che, con una copertina rielaborata e piccoli interventi estetici, sia ratificata da un’élite europea distante e poi venduta come nuovo prodotto. Non penso che basti cambiare l’etichetta perché i cittadini di tutta Europa cadano in questa trappola. Dobbiamo abbandonare l’idea di una nuova Costituzione dell’Unione a favore di un Trattato fondamentale, che permetta la cooperazione tra pari di Stati e popoli consapevoli della propria identità, sulla base, a mio parere, del principio secondo cui dobbiamo rafforzare al massimo la nostra influenza nelle relazioni esterne e la libertà al nostro interno. Dobbiamo inoltre ripartire in modo inequivocabile le competenze tra l’Unione europea e gli Stati membri. In tutti questi ambiti, dovremo permettere ai cittadini di esprimere il loro parere attraverso un referendum, perché è indubbia la necessità di sottoporre convenzioni importanti come questo tipo di Trattato fondamentale a referendum nei diversi Stati membri dell’Unione.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, vorrei porgere il benvenuto al Primo Ministro ed esprimergli le mie congratulazioni per il suo successo elettorale all’inizio dell’anno.

Come ha affermato, il Vertice di giugno sarà importante e sappiamo che la Presidenza tedesca vuole raggiungere un accordo di massima in tale occasione. L’accordo non sarà facile. Le posizioni dichiarate degli Stati membri continuano a variare in modo sostanziale e in queste circostanze ritengo che sarebbe controproducente cercare di imporre il tipo di accordo sbagliato a Bruxelles.

Lei ha detto di recente, in occasione della sua riunione bilaterale con il Primo Ministro, che il nuovo Trattato modificato non dovrà avere le caratteristiche di una costituzione. Sono pienamente d’accordo con lei e ritengo che questo sia il parere di milioni di persone in tutto il continente. Ha anche detto che occorre rafforzare il ruolo dei parlamenti nazionali. Sono pienamente d’accordo e mi auguro che insisterà su questo punto al Vertice. Ritengo che i cittadini debbano essere rassicurati sul fatto che anche i parlamenti nazionali svolgeranno un ruolo più incisivo nel controllo dei progetti legislativi europei. Continua a esistere un notevole distacco tra le Istituzioni europee e i cittadini.

Ho più volte dichiarato di non essere contrario all’idea di una soluzione che migliori il funzionamento delle Istituzioni in relazione con l’allargamento e che affronti il senso di alienazione che le persone provano riguardo alle Istituzioni. Tuttavia, non credo che la soluzione sia una costituzione. Non dobbiamo aspirare a un aumento dei poteri centrali, dobbiamo concentrarci sull’efficacia delle politiche.

Come lei ha affermato, e come ha detto anche il leader del mio partito, David Cameron, sussiste l’urgente necessità di dedicare maggiore impegno a rendere l’Europa più competitiva, combattere la povertà globale e affrontare i seri problemi legati ai cambiamenti climatici. Sono queste le questioni che i cittadini ci chiedono di affrontare e gli Stati membri possono fare molto di più per cooperare in questi ambiti.

Esorto quindi il Primo Ministro e i suoi colleghi capi di governo a non impegolarsi nel dibattito istituzionale e costituzionale a Bruxelles. Dobbiamo invece cominciare a rispondere alle richieste che ci rivolgono i cittadini: riformare le nostre economie, affrontare il riscaldamento globale e alleviare la povertà devastante che affligge i paesi in via di sviluppo.

(Applausi)

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, al contrario di altri oratori, di fatto sono molto incoraggiato da quanto ha affermato il Primo Ministro Balkenende. Signor Primo Ministro, in fondo, lei sarebbe potuto venire in Aula e avrebbe potuto fare ciò che alcuni deputati di quell’ala del Parlamento la esortano a fare, cioè dire: “Abbiamo detto no, fine della storia. Scordatevelo. Nessun nuovo Trattato. Nessuna riforma”. Ma non lo ha fatto. Lei è venuto qui e dice: “Abbiamo detto no, ma riconosciamo che 18 paesi hanno detto sì, che una stragrande maggioranza dell’Unione europea vuole portare avanti la riforma dell’Unione nel modo descritto nel Trattato costituzionale”.

Lei sta dicendo sì, siederemo al tavolo e negozieremo un compromesso che possa essere accettato da tutti i 27 Stati membri e afferma inoltre di voler salvare alcune utili riforme fondamentali previste dal Trattato costituzionale. Non vuole buttare via l’intero contenuto del Trattato, vuole eliminare alcuni elementi che hanno suscitato preoccupazioni, in gran parte riguardo alla presentazione e alla terminologia usata nel progetto di Trattato, ma è disposto a negoziare e conservare la sostanza. Ritengo sia una lezione per coloro che amano fare previsioni catastrofiche e sono incoraggiato dalla possibilità di un compromesso.

(Applausi)

 
  
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  Jules Maaten (ALDE).(NL) Signor Primo Ministro Balkenende, ha dimostrato coraggio nell’entrare nella tana del leone per chiarire la posizione olandese. Ritengo che sia stato convincente – sicuramente nella prima risposta da lei appena fornita, quando ha sottolineato la vocazione europea dei Paesi Bassi.

E con ciò ci avviciniamo a un nuovo Trattato, ed è importante perché ne abbiamo bisogno, in quanto le cose non vanno troppo bene al momento. Occorre più trasparenza, più democrazia, quindi maggiori poteri al Parlamento europeo e, come lei ha giustamente precisato, ai parlamenti nazionali.

Occorre agire con maggiore efficacia, per affrontare concretamente questioni quali il cambiamento climatico, la politica energetica, l’immigrazione e il rafforzamento del ruolo dell’Europa nel mondo. Capisco i principi e le vostre preoccupazioni principali in tali discussioni.

In ultima analisi, ciò che serve è un atteggiamento pragmatico, perché è nell’interesse europeo e nazionale trovare una via d’uscita da questa impasse. Poiché la conosco come persona, in risposta a quanto detto in precedenza posso affermare di avere fiducia nella sua capacità in tal senso. Lei non è un nazionalista e so anche che non sta mentendo.

Come osservazione finale, lei sostiene di appoggiare il mercato interno. Mi fa piacere, ma alle parole dovrebbe far seguire anche i fatti. Se tutti e 27 gli Stati membri dovessero fare eccezioni per quanto riguarda il mercato interno, e nei Paesi Bassi pare essere proprio questo il caso, resteremmo senza mercato unico, un vero danno sia per il consumatore, sia per l’economia europea.

 
  
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  Guntars Krasts (UEN).(LV) La ringrazio, signor Presidente. Non ho dubbi sul fatto che tanto chi sostiene quanto chi si oppone a una Costituzione europea voglia un’Europa più forte. Le differenze riguardano i pareri sul modo in cui ottenerla. Come la maggioranza dell’Assemblea, credo nell’idea dell’Unione europea, ma la mancanza di sostegno da parte della società indebolisce i nostri tentativi di trasformare questa idea in realtà. Dobbiamo quindi chiederci se l’adozione della Costituzione ci aiuterà a ottenere il sostegno dei cittadini. In quanto membro della Convenzione europea che ha elaborato la Costituzione, non ne sono convinto. Siamo lontani dallo sfruttare anche solo in modo remoto le possibilità offerte dai Trattati attuali. Un buon esempio, signor Primo Ministro, è il mercato europeo dei servizi, che lei ha menzionato. L’estensione del voto a maggioranza qualificata non avrebbe agevolato la liberalizzazione del settore dei servizi, anzi è vero il contrario. In questo momento storico, è assolutamente indispensabile promuovere la comprensione reciproca tra gli Stati membri e una maggiore volontà di cooperare sulla base di valori comuni e dell’idea di Unione, in modo da poter dare pari valore agli interessi degli Stati membri grandi e piccoli, ricchi e poveri, nuovi e vecchi. Ammetto che è un compito difficile, ma senza di esso gli Stati membri non avranno alcuna possibilità di riconquistare il fermo sostegno dei cittadini. Senza tale sostegno, l’Unione non può avvicinarsi ai cittadini. Il progetto di Costituzione non affronta queste sfide.

 
  
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  Vladimír Remek (GUE/NGL).(CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, abbiamo sentito molte nobili idee riguardo al futuro dell’Europa, assieme ad alcune meno nobili. Una riforma del quadro costituzionale, soprattutto al fine di renderlo più funzionale, è senz’altro necessaria. Dobbiamo però essere chiari riguardo a ciò che proponiamo ora ai cittadini dell’Unione.

In proposito, vorrei rilevare che vi sono parecchie persone in quest’Aula che non sono interessate alla discussione sulla necessità di un ministro degli Esteri dell’Unione. Sono più interessate a discutere perché i cittadini di altri paesi, i cosiddetti nuovi Stati membri, non possono ancora circolare liberamente nello spazio di Schengen dopo tre anni. Mi stupisce che, nella tanto magnificata Europa dei pari diritti, essi non possano accedere al mercato del lavoro di alcuni paesi, mentre il capitale è libero di circolare dentro e fuori dal mio paese. Perché gli Stati membri più grandi godono di condizioni più favorevoli in alcuni settori rispetto agli Stati membri più nuovi e più piccoli? Perché, diversamente dai cittadini di alcuni Stati membri, noi non possiamo entrare negli Stati Uniti senza un visto? Vogliamo estendere la competenza dell’Unione a settori in cui non è necessaria e in cui, per vari motivi, ha senso mantenere distinzioni basate sulla forza relativa dei diversi soggetti. Non stupisce che molti europei spesso non riescano a comprendere le nostre profonde discussioni sul futuro dell’Europa.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM).(SV) Nell’estate del 1787, alcune persone si riunirono a Filadelfia, in Pennsylvania, ed elaborarono una Costituzione per quelli che sarebbero diventati gli Stati Uniti d’America. Erano all’apice delle conoscenze dell’epoca in materia di scienze politiche, filosofia e democrazia. Presentarono una proposta in modo aperto e onesto e ottennero il sostegno popolare e il sostegno dei vari Stati costituenti.

Quanto è diverso il processo ora in corso per imporre una Costituzione ai paesi dell’Unione! La potente élite politica dell’Unione sa di non avere il sostegno popolare per i suoi piani volti a creare gli Stati Uniti d’Europa. I negoziati sono condotti in segreto. Non vi sono dubbi sulla mancanza di una base democratica per il progetto europeo. Anzi, è concepito in modo da confondere le persone con abilità. Il Cancelliere Merkel chiede, per esempio, se non sia una buona idea modificare la terminologia del progetto di Costituzione, senza alterarne il contenuto giuridico. Le proposte relative alla bandiera e all’inno sarebbero eliminate. L’intero progetto è inteso a permettere all’élite politica di imporre gli Stati Uniti d’Europa senza essere costretta a conquistare la fiducia dei cittadini nel progetto stesso. E’ un inganno.

 
  
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  Jean-Luc Dehaene (PPE-DE).(NL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, in qualità di residente nei paesi del Benelux, ultimamente mi sono sentito un po’ frustrato. Effettivamente, siamo sempre stati in prima linea per il progetto europeo, ma da quando il referendum nei Paesi Bassi ha dato esito negativo, ho l’impressione che ai leader olandesi si siano leggermente raffreddati gli entusiasmi per quel che concerne l’Europa.

Tale atteggiamento è emerso, inter alia, dal modo in cui ha parlato di estendere la procedura decisionale a maggioranza, mentre sa che si tratta di uno degli elementi chiave per mantenere lo slancio in un’Europa allargata. Mi rendo tuttavia perfettamente conto della posizione difficile che occupa al momento.

Signor Primo Ministro, lei forse è tuttora convinto che il testo da lei approvato alla CIG sia adeguato per affrontare la sfida che ci attende, ma dovrebbe prendere in considerazione il verdetto dei suoi cittadini. Apprezzo pertanto gli sforzi da lei compiuti per individuare soluzioni e cercare un compromesso; a tale proposito lei riconosce chiaramente che va prestata la debita considerazione a coloro che hanno approvato il testo nella formulazione originaria. Spero che si possa addivenire a un compromesso.

Mi preoccupa tuttavia molto quello che ha affermato sul coinvolgimento dei parlamenti nazionali. Lei sostiene apertamente il cartellino rosso, che secondo me non rappresenta il modo corretto di procedere. Lei non sta facendo altro che convertire i parlamenti nazionali in una sorta di nuova istituzione comunitaria, e non è esattamente una soluzione che auspichiamo. Deve convincere il suo parlamento nazionale che il suo ruolo è controllare i ministri rispetto alla loro funzione in seno al Consiglio. E’ questo il compito dei parlamenti nazionali, e quelli che l’hanno riconosciuto non hanno avuto alcun problema.

Un’altra riserva che ho su quello che ha affermato, e su cui forse dovrebbe riflettere, è che quando cerca di inserire i criteri per l’allargamento nel Trattato, come la Commissione, non deve dimenticare che così facendo sottoporrebbe l’allargamento al controllo legale della Corte, mentre in ultima analisi si tratta di processo decisionale. Le consiglio di rifletterci sopra.

(Applausi)

 
  
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  Enrique Barón Crespo (PSE).(ES) Signor Presidente, signor Primo Ministro, signor Vicepresidente della Commissione, stiamo concludendo la fase cominciata a Maastricht, seguita – lo rammento come Presidente – dalla proposta olandese, la proposta Lubbers-Kok, che era troppo federalista. Ora lei presenta una posizione diametralmente opposta. Sono cose che succedono in famiglia e siamo disposti a costruire ponti.

Lei ha imposto quattro condizioni. Riguardo alla codecisione e ai parlamenti nazionali, concordo con l’onorevole Dehaene: i parlamenti nazionali devono mostrare il cartellino rosso ai governi, non alle Istituzioni europee. Siamo disposti a migliorare la nostra cooperazione.

Quanto alle nuove questioni emerse, esse figurano al paragrafo 12 della nostra proposta di risoluzione. Siamo d’accordo al riguardo. Riguardo alla questione dei servizi pubblici, convinca la sua famiglia politica.

Sussiste tuttavia un problema fondamentale: suddividere il Trattato, esaminando le modifiche anziché la sua struttura, significa smantellare tutto e agire contro la trasparenza e la comprensione da parte dei cittadini.

Un’ultima osservazione, signor Presidente, riguardo all’inno: l’altro ieri, nella mia circoscrizione, ho spiegato ai miei concittadini che l’inno nazionale olandese, il Wilhelmus, rende omaggio al Re di Spagna. Hanno detto: “che simpatici gli olandesi!”.

Quando poi ho detto loro: “e parlano dello spagnolo crudele”, mi hanno risposto: “è un problema che riguarda il calcio”. Dico quindi una cosa: questa faccenda dell’inno è molto complicata e io resto favorevole all’Inno alla gioia.

 
  
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  Sophia in ’t Veld (ALDE).(NL) Signor Presidente, mi ha colpito che, nella discussione, gran parte del sostegno per il Primo Ministro Balkenende provenga dall’SP, dal Vlaams Belang, dal partito di Haider, dalla Lega delle famiglie polacca e dagli euroscettici svedesi e danesi. Ho pensato che meritasse segnalarlo.

Gli sforzi del governo sono prova di un vuoto deprimente e della mancanza di qualsiasi senso di responsabilità nei confronti del futuro dell’Europa. Di fatto, le conseguenze di un minitrattato saranno meno democrazia, minima partecipazione dei cittadini e minore efficacia per quanto riguarda i cambiamenti climatici e il terrorismo. Un minitrattato ridurrà l’influenza politica dell’Europa. I diritti fondamentali devono essere giuridicamente applicabili.

Il partito laburista olandese in seno al governo è davvero disposto a sacrificare i diritti fondamentali per evitare un referendum? I parlamenti nazionali devono sicuramente essere più coinvolti, ma anziché ricorrere a procedure paralizzanti basate su cartellini rossi, essi dovrebbero infine sviluppare un interesse attivo e approfondire le conoscenze. Potrebbero farlo anche ora, solo che non ne hanno voglia.

Infine, circolano molte sciocchezze demagogiche su un superstato. Dobbiamo farla finita con queste storie, perché non ho sentito il suo partito discuterne, nemmeno quando lei conduceva campagne a favore della Costituzione prima del referendum. Le misure di sicurezza contro il terrorismo, per esempio, devono chiaramente essere adottate a livello europeo, ma non come avviene ora, in stanze segrete, bensì alla luce del sole, in modo democratico e con decisioni a maggioranza qualificata. Questo non è un superstato, questa è democrazia.

Primo Ministro Balkenende, i Paesi Bassi possono offrire un contributo di gran lunga maggiore all’Europa. Per favore, faccia in modo che si sappia.

 
  
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  Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). – (PL) Signor Presidente, una condizione per garantire un futuro brillante all’Europa unita è lo sviluppo di una coscienza europea, definita da tutto ciò che noi europei abbiamo in comune: una storia e una cultura cristiana e il riconoscimento del fatto che avremo un futuro soltanto se saremo uniti.

Dobbiamo ricordare che non possiamo costringere le persone ad adottare un’identità europea. Nessuna legislazione può crearla, per quanto vasta e adottata in un clima fruttuoso, figuriamoci in un clima di scarsa disponibilità. Il fatto è che non sono le costituzioni a creare le comunità, ma le comunità a creare le costituzioni. Per questo motivo, un Trattato costituzionale per l’Europa non favorirà lo sviluppo di un’identità europea e non ha alcun senso condurre battaglie in sua difesa, soprattutto se crea divisioni indesiderate. Dobbiamo invece garantire che la nostra storia comune sia costellata da più eventi come il recente Vertice di Samara. E’ necessario mostrarci più spesso al mondo come un’entità unita. Dobbiamo esprimere una sola voce, perché è l’unico modo di far fronte alle sfide che ci attendono.

Sono sinceramente convinta che sia possibile farlo, proprio grazie alla nostra identità comune, e questa è una cosa che nessuna legislazione è in grado di garantire.

 
  
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  Adrian Severin (PSE).(EN) Signor Presidente, vorrei dire al Primo Ministro che il Trattato costituzionale non comporta una perdita di identità, ma un’organizzazione giusta, efficace e sostenibile della solidarietà. Chi si oppone al Trattato costituzionale per motivi di identità in realtà non teme che i cittadini perdano il controllo sullo Stato, ma che lo Stato perda il controllo sui cittadini.

In un mondo in cui il mercato, la criminalità e la povertà sono globalizzati, l’Unione europea deve essere politica e coerente. Abbiamo quindi bisogno della doppia legittimità dell’Unione europea quale unione di Stati e di cittadini e del voto a doppia maggioranza.

Concorderà che l’Unione europea semplicemente non può esistere senza personalità giuridica e non può decidere se il veto dei singoli paesi è la regola per l’adozione delle decisioni. Pur riconoscendo che la sussidiarietà deve rimanere un importante principio dell’Unione, dobbiamo anche accettare il primato del diritto europeo su quello nazionale. Non possiamo attenderci che i cittadini europei siano leali nei confronti delle Istituzioni europee, se i loro diritti fondamentali non sono giuridicamente applicabili.

Analogamente, senza una dimensione sociale, il sogno europeo semplicemente non può decollare. Tuttavia, un’Europa sociale non è sostenibile senza una politica fiscale armonizzata e senza finanziamenti europei. In definitiva, non si può immaginare un’Europa efficace sul piano economico e sociale senza una politica estera e di sicurezza comune. Esaminando questo aspetto con un atteggiamento positivo, lei riuscirà senz’altro a costruire un ponte tra i desideri dei suoi cittadini e le aspirazioni di altri europei.

 
  
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  Jan Peter Balkenende, Primo Ministro dei Paesi Bassi. – (NL) Signor Presidente, sono molto grato ai deputati al Parlamento europeo per le loro osservazioni su quanto è stato detto sul tema in discussione.

Vorrei innanzi tutto chiarire un grave malinteso. Diversi oratori, tra cui l’onorevole Kaufmann e l’onorevole Voggenhuber, hanno parlato di questioni quali l’inno nazionale, il titolo del ministro degli Esteri e la bandiera come se si trattasse di problemi olandesi.

Non è affatto così. Vi ho detto che la questione è se questi simboli – di per sé magnifici, non ho nulla contro di essi – debbano essere inclusi in una costituzione. Sono soltanto esempi riferiti alla questione se vogliamo elaborare una costituzione o preferiamo modificare il Trattato. Di questo si tratta. Custodiamo gelosamente i nostri simboli, il problema è solo stabilire se debbano o meno essere inclusi.

Come ho detto, ciò che intendevo è molto più profondo. Ho cercato di fornire risposte alle preoccupazioni attuali. Nel mio contributo, ho affermato che dobbiamo pensare in termini di modifica del Trattato, una prova di sussidiarietà da parte dei parlamenti nazionali. Approfondirò la questione tra un attimo. Gli elementi importanti per noi sono le decisioni a maggioranza qualificata in relazione con i poteri dell’Europa e l’inclusione dei criteri di adesione. Esaminando la questione solo in termini di simboli, si trasforma la visione dei Paesi Bassi in una parodia.

Ho prestato grande attenzione anche all’osservazione sul nazionalismo. Non l’ho capita. Durante le discussioni svolte nella Camera bassa olandese in seguito al “no”, ho detto con grande chiarezza che il nostro futuro è in Europa, un messaggio positivo sul significato dell’Europa nella vita di ciascuno. Non possiamo fare a meno dell’Europa. Questo è sempre stato il mio messaggio e quindi non voglio assolutamente essere associato a tendenze puramente nazionalistiche.

E’ stato anche affermato che l’Europa riguarda solo l’economia, un’affermazione cui lei naturalmente ha fatto riferimento, signor Presidente. Ognuno dice qualcosa. Lei ha menzionato il comportamento di un giovane sui media. Vorrei ricordare ancora una volta che, quando abbiamo esercitato la Presidenza dell’Unione europea, ho detto più volte che l’Europa è molto più di un mercato e una moneta. Ricordate che presi l’iniziativa di organizzare conferenze sui valori in Europa? All’epoca, chiedevo: che cosa ci rende europei? Quali sono le nostre motivazioni comuni? Che cosa rende l’Europa il continente che è? E’ mio profondo desiderio proseguire la discussione sui valori europei. Non possiamo farne a meno. Quindi non cercate di dirmi che si tratta solo di economia.

Quando esaminiamo il futuro dell’Europa, dobbiamo chiederci quale sfida ci attenda. L’onorevole Martens dei Paesi Bassi ha fatto un’osservazione pertinente al riguardo. Qual è effettivamente la situazione ideale? Che cosa vogliamo realizzare insieme? Questi quesiti a loro volta sfociano in una serie di questioni concrete, che sono state sollevate anche in questa sede.

Non posso affrontarle tutte. Sono semplicemente troppe e il tempo è limitato. Vorrei però esaminarne alcune. Uno dei punti sollevati è la questione dei poteri e della sussidiarietà. Sono fermamente convinto che si debba spiegare esattamente che cosa intendiamo. L’onorevole Duff non ha esitato a dire che l’Unione non ha altri poteri se non quelli che le sono conferiti dagli Stati membri. Dobbiamo stabilirlo in termini precisi. Quando si esercitano questi poteri, entrano in gioco le questioni della sussidiarietà e della proporzionalità.

E’ chiaro che i parlamenti nazionali hanno un ruolo da svolgere in questo ambito. Ciò vale anche per i Paesi Bassi. Le Camere alta e bassa e la commissione mista hanno svolto riflessioni su ciò che l’Europa deve e non deve fare. Questo favorisce enormemente la partecipazione.

Infatti, le discussioni sono state evitate e rinviate troppo a lungo. Questo è anche il metodo attraverso il quale riteniamo che i parlamenti nazionali debbano essere pienamente coinvolti in ciò che avviene in Europa. Se vi sono aspetti da criticare, tali aspetti devono essere criticati.

Per esempio, abbiamo formulato osservazioni sull’armonizzazione del diritto penale nella lotta contro la contraffazione di prodotti, una questione di cui si è occupato il Commissario Frattini. Queste questioni si devono poter discutere. E’ così che i parlamenti nazionali possono operare. In un senso più ampio, è positivo che la questione della sussidiarietà sia affrontata anche in seno ai parlamenti nazionali.

Bisogna evitare una situazione in cui i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo siano aizzati gli uni contro l’altro. Voi avete poteri diversi e svolgete il vostro ruolo democratico. Non dobbiamo considerarlo un segno di debolezza, ma un punto di forza.

Passo ora ai criteri relativi ai servizi di interesse generale, un argomento sollevato dall’onorevole van den Berg, assieme ad altre questioni. Sono fermamente convinto che siano necessari chiarimenti. Possiamo discutere il modo in cui fornirli. Al tempo stesso, posso capire l’onorevole Maaten: ci conosciamo bene dai tempi in cui eravamo entrambi membri del consiglio comunale di Amstelveen, una cittadina vicino ad Amsterdam, molti anni fa. Capisco molto bene ciò che afferma sul mercato interno. E’ chiaro che dobbiamo esaminare questa conseguenza, ma personalmente direi che, se discutiamo i regimi pensionistici, i fondi pensionistici e l’istruzione, dobbiamo esaminare con attenzione il funzionamento dei principi del mercato interno in tali ambiti. E’ necessario chiarire la questione e ovviamente possiamo svolgere una discussione approfondita sul modo in cui farlo.

Ho compreso molto bene gli interventi sull’importanza della Carta dei diritti fondamentali. Per buoni motivi, perché i diritti fondamentali rientrano nei valori menzionati dall’onorevole Daul. Si tratta solo di stabilire – e vorrei rivolgervi lo stesso quesito – se debba essere inclusa in una Costituzione o se si possa fare ricorso ad altri metodi. Dobbiamo trovare una soluzione. Ho ascoltato con attenzione i vostri interventi e ho compreso l’importanza che attribuite alla questione.

Ho ascoltato con piacere l’intervento dell’onorevole Dehaene. Apprezzo molto l’impegno con cui a suo tempo ha promosso il Trattato costituzionale e la Convenzione. Abbiamo sviscerato questioni insieme in molte occasioni. Sono lieto che comprenda la situazione in cui ci si trova quando i cittadini dicono “no” in un referendum. Ha anche indicato ciò di cui abbiamo bisogno per risolvere la situazione. Risponderei dicendo che dobbiamo essere un po’ più pragmatici, come ha osservato l’onorevole Maaten, ma è chiaro che dobbiamo preservare gli ideali condivisi da tutti.

Se riusciamo a trovare una soluzione, dovremo comunque tenere conto delle posizioni di tutte le parti. Proprio per questo, ribadisco che è necessario guardare al di là delle posizioni attuali, che dobbiamo evitare di fare scelte di campo in Europa e questo, a mio parere, si può realizzare tramite una modifica del Trattato. Penso sia possibile trovare rapidamente delle soluzioni.

Sono state fatte molte osservazioni e mi è difficile affrontarle, anche se ho preso nota di tutte per uso personale. Ho ascoltato con attenzione l’onorevole Barón Crespo, che ha menzionato – e vorrei concludere con questa osservazione – gli inni nazionali. Ha parlato del Wilhelmus olandese, il nostro inno, che, è vero, contiene la frase: “de koning van Hispanje heb ik altijd geëerd”.

Tuttavia, il verso “Ho sempre rispettato il Re di Spagna”, contenuto nel nostro inno, si riferisce al fatto che la Spagna aveva interessi del tutto diversi nei Paesi Bassi, che culminarono in una lotta per l’indipendenza e una guerra durata 80 anni. Questa è invece un’epoca grandiosa, un’epoca in cui, per la prima volta nella storia d’Europa, viviamo in pace e sicurezza e possiamo discutere le questioni in amicizia.

Ricordo molto bene quando a Madrid ho visitato il monastero in cui visse Filippo II. E’ stato interessante, parallelamente alla nostra versione della storia, apprendere quella spagnola. Questo è il bello dell’Europa: possiamo essere diversi. L’Europa è il continente della diversità, ma abbiamo anche bisogno di unità. La caratteristica peculiare dell’Europa è che vantiamo questa pluralità culturale e religiosa. Questo è ciò che ha reso forte l’Europa.

Se parliamo degli ideali che sosteniamo, dobbiamo usare ciò che ha reso forte l’Europa: i diritti umani, la democrazia e la garanzia di sicurezza. Dobbiamo essere sempre consapevoli che questo deve essere uno sforzo congiunto. Dobbiamo riconoscere i poteri dei parlamenti nazionali e lasciare che il Parlamento europeo svolga il suo lavoro senza restrizioni.

E’ sempre molto stimolante essere qui in Aula, perché il Parlamento europeo è il simbolo dell’Europa unita. Penso sia positivo che i rappresentanti politici nazionali instaurino un dialogo con voi. La nostra discussione di oggi è stata estremamente stimolante. Naturalmente, non è necessario essere pienamente d’accordo su tutto ed è ovvio che accetto le critiche, ma le convergenze sono più numerose delle divergenze.

Se ci lasciamo guidare dal sogno europeo, riusciremo senz’altro a trovare soluzioni ai problemi attuali. Insieme possiamo fare la differenza; insieme possiamo trovare la soluzione.

(Applausi)

 
  
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  Presidente. – In seno al Parlamento, riteniamo che non esistano più le basi per il nazionalismo e oggi non si sarebbe dovuto usare questo termine. A nome di tutti i deputati al Parlamento, la ringrazio per il suo intervento in Aula e le auguro successo per la sua politica, affinché si possa trovare il modo di preservare il contenuto della Costituzione, sotto forma delle riforme necessarie e dei valori che ci preme sancire. Ringrazio anche il Vicepresidente della Commissione Frattini e il ministro di Stato Gloser.

La discussione è chiusa.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ROTHE
Vicepresidente

 

10. Situazione in Nigeria (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Nigeria.

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, la situazione in Nigeria è estremamente importante per la stabilità dell’Africa occidentale e, in ultima analisi, per quella dell’intero continente.

L’esito delle ultime elezioni in Nigeria è stato molto deludente, come ha indicato il Consiglio nella sua dichiarazione del 27 aprile. Le irregolarità e gli atti di violenza sono stati molto numerosi, tanto che sono state uccise fino a 200 persone e il numero dei feriti e di chi ha ricevuto intimidazioni è stato addirittura maggiore; il Consiglio si aspetta che coloro che si sono macchiati di questi atti di violenza siano chiamati a rispondere delle proprie azioni. Fortunatamente, però, queste elezioni non sono state contrassegnate da conflitti religiosi o etnici.

Le elezioni sono avvenute nell’ambito di un quadro giuridico migliorato e per il loro svolgimento sono state erogate ingenti risorse; tutto questo ci aveva indotti a sperare che l’andamento delle elezioni del 2007 sarebbe stato migliore di quelle tenutesi nel 2003. Siamo ancora in attesa della relazione finale da parte della missione di osservazione elettorale dell’Unione europea, ma le valutazioni iniziali corroborano il sospetto che nel 2007 le elezioni siano state gestite addirittura peggio delle precedenti, svoltesi nel 2003.

I problemi principali sono stati la mancanza di organizzazione, il cui esempio più chiaro è stata l’apertura tardiva dei seggi elettorali, la mancanza di schede elettorali e la mancanza di segretezza sul processo di voto. Ancor più grave è stato il fatto che, oltre a diffuse irregolarità, si è avuta la prova tangibile di considerevoli brogli elettorali.

Un altro grande problema delle elezioni è stata la mancata pubblicazione dell’esito preciso delle votazioni; inoltre, i risultati disponibili sono stati calcolati in maniera incomprensibile. Ora dobbiamo chiedere alle autorità nigeriane di pubblicare i risultati suddivisi per seggio elettorale, poiché questo è l’unico modo per garantire la trasparenza del sistema elettorale.

Il Consiglio, tuttavia, ha trovato incoraggianti le indicazioni di una maggiore indipendenza da parte del sistema giudiziario durante la campagna elettorale, e ci auguriamo che questa tendenza prosegua nel periodo postelettorale. Anche i vivaci dibattiti svoltisi sui media privati prima e dopo le elezioni sono stati incoraggianti, e il Consiglio è rimasto colpito, non da ultimo, dall’impegno dei nigeriani stessi nei confronti del processo democratico, in conseguenza del quale la partecipazione dell’organizzazione della società civile ha, e continuerà ad avere, una grandissima importanza.

Il Consiglio ha invitato tutti gli attori politici a utilizzare strumenti pacifici e a dimostrare un atteggiamento responsabile ricorrendo costantemente ai canali giuridici per non deludere il popolo nigeriano. Speriamo che la commissione elettorale nazionale indipendente e altri organismi si affrettino a presentare le prove richieste dai tribunali elettorali per completare il loro lavoro con il minimo ritardo possibile.

Il Consiglio spera inoltre che le autorità nazionali nigeriane appoggeranno l’idea di ripetere il processo elettorale nei casi in cui sussista la prova inconfutabile di gravi brogli elettorali.

Questo, però, non è il momento di voltare le spalle alla Nigeria, anzi; la stabilità e lo sviluppo della Nigeria stanno a cuore non solo alla sua popolazione, ma all’Africa intera e, se non si riusciranno a realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio in Nigeria, sarà impossibile raggiungerli in tutta l’Africa.

Il futuro governo della Nigeria dovrà affrontare diverse sfide; un aspetto cruciale sarà la necessità di controllare efficientemente le risorse assegnate agli Stati federali, e un’altra sarà la costante insicurezza nel Delta del Niger.

L’Unione europea deve aiutare la Nigeria ad affrontare queste sfide, intensificando i propri sforzi per potenziare la democrazia e la governance responsabile e promuovere il rispetto dei diritti umani nel paese. Essa dovrà partecipare a queste aree di cooperazione con la Nigeria sulla base del chiaro ed esplicito consenso del governo di tale paese.

La Presidenza continuerà quindi a seguire gli sviluppi in Nigeria.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, come abbiamo appena sentito, in Nigeria si sono recentemente tenute importanti elezioni che determineranno il trasferimento di potere da un presidente civile a un altro. Su richiesta delle autorità nigeriane, la Commissione ha messo in campo una grande missione indipendente di osservazione elettorale, che ha lavorato bene e ha cooperato a stretto contatto con altri gruppi di osservatori internazionali e nazionali. Ho nominato l’onorevole van den Berg – che aveva svolto lo stesso incarico anche nel 2003 – osservatore capo per queste elezioni, e tra breve ci fornirà il suo resoconto.

La missione ha concluso che le elezioni statali e federali del 2007 sono venute meno alle norme internazionali e regionali di base in materia di elezioni democratiche e ha rilevato che il loro svolgimento è stato inficiato da una cattiva organizzazione, ovvero, come si è già detto, da una mancanza di trasparenza e tutele fondamentali, irregolarità diffuse, evidenza significativa di frode e impossibilità degli elettori di esercitare il diritto di voto. Purtroppo gli atti di violenza legati alle elezioni hanno mietuto almeno 200 vittime. Altri osservatori internazionali – compresi quelli messi in campo dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (ECOWAS) e dall’Istituto democratico nazionale statunitense guidato da Madeleine Albright – sono stati a loro volta molto critici, al pari dei gruppi di osservatori nazionali.

La Presidenza dell’Unione europea ha espresso la propria delusione per i mancati progressi di queste elezioni rispetto al 2003, riscontrati anche dal nostro Presidente, nonché per le irregolarità e l’elevato numero di vittime che le hanno contraddistinte. Le reazioni e i messaggi della comunità internazionale hanno coerentemente esortato i nigeriani che non sono soddisfatti del processo elettorale ad avvalersi delle disposizioni giuridiche previste dalla Costituzione e dalla legge elettorale, elogiando l’indipendenza dimostrata dalla magistratura e l’impegno della società civile e lodando la solerzia del personale di seggio e degli elettori.

La delusione per questa opportunità mancata è diffusa nella comunità internazionale, poiché la Nigeria – una delle maggiori potenze africane – avrebbe potuto essere un modello di riuscito consolidamento del processo democratico, esercitando così un impatto molto positivo sul continente africano. Quanto è accaduto è ancor più deplorevole poiché le elezioni si sono svolte in un clima più favorevole, nel quale le libertà di riunione e di espressione sono state almeno ampiamente rispettate.

Le elezioni hanno evidenziato il gran numero di problemi e lacune del processo democratico nigeriano, e la Commissione è consapevole che ora si devono affrontare e superare molte sfide e molti sospetti. Nel breve periodo, è necessario esercitare pressioni sulla Commissione elettorale nazionale indipendente della Nigeria per esortarla a pubblicare un panorama completo e dettagliato dei risultati dei seggi elettorali, ottemperando così a un requisito fondamentale di trasparenza, e incoraggiare altresì la magistratura ad agire rapidamente e responsabilmente in merito alle petizioni elettorali. Se la situazione non verrà sanata, le conseguenze per il futuro potrebbero essere gravi.

Nelle nostre future relazioni con la Nigeria dovremo fare tesoro delle lezioni apprese, ma evitare di arroccarci sulle nostre posizioni. Penso che occorra riavviare il dialogo politico, ma le relazioni future dovranno prevedere un maggiore impegno a livello federale, statale e comunitario con un più ampio ventaglio di attori nel governo e nella società civile. L’argomento delle elezioni dovrà essere un tema chiave del dialogo politico con la Nigeria, basato sulle raccomandazioni della missione di osservazione elettorale. La nostra disponibilità a coinvolgere la Nigeria in un dialogo politico e l’impegno a promuovere il rafforzamento dei governi e della democrazia nel paese, particolarmente insieme a ECOWAS, è evidenziato nel comunicato congiunto UE-ECOWAS emesso il 24 aprile in occasione dell’undicesima riunione ministeriale UE-ECOWAS.

Se il principale strumento per il dialogo politico resteranno gli articoli 8 e 9 dell’accordo di partenariato di Cotonou, la programmazione della cooperazione allo sviluppo che dovrà essere finanziata dal 10° Fondo europeo di sviluppo aprirà a sua volta un importante canale di dialogo e offrirà l’occasione di tenere conto delle lezioni apprese dalle consultazioni elettorali e dell’esito delle discussioni con il nuovo governo, la società civile e gli altri attori chiave.

 
  
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  Filip Kaczmarek, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signora Presidente, tanto i nigeriani quanto la comunità internazionale riponevano grandi speranze nelle elezioni nigeriane per diverse ragioni.

Primo, la Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa e, come ha affermato la signora Commissario, la riuscita del processo democratico in Nigeria potrebbe essere un modello da imitare per gli altri paesi africani.

Secondo, queste sono state le prime elezioni nigeriane in cui un governo civile sarebbe subentrato a un altro, particolare molto importante in un paese con una storia di dittature militari.

Terzo, in Nigeria vi è un’ampia libertà di espressione e la magistratura è indipendente.

Purtroppo le speranze riposte in questo modello positivo sono andate deluse. La risoluzione di cui discutiamo è molto critica, e a ragione. Cattiva organizzazione, brogli elettorali, un gran numero di errori e irregolarità procedurali hanno fatto sì che le ultime elezioni nigeriane non possano essere considerate credibili, libere e obiettive.

Le elezioni non hanno rispettato né le norme internazionali né le norme regionali definite dall’ECOWAS. Peggio ancora, le elezioni sono state inficiate dalla violenza che ha provocato la morte di almeno 200 persone. Durante le discussioni sul bilancio delle vittime sono state poste domande sulla portata di questi atti di violenza, dalle quali è emerso che la maggior parte dei politici nigeriani non era a conoscenza del problema.

A quanto pare, nel caso della Nigeria è molto importante educare la popolazione alla cittadinanza democratica con un processo di lungo termine. Non è sufficiente inviare osservatori elettorali, occorre investire nell’istruzione e nella costruzione di una società civile.

A mio avviso, i nigeriani non devono essere ricattati con la minaccia che un’eventuale contestazione dei risultati elettorali equivarrebbe a invitare l’esercito ad attuare un nuovo colpo di Stato. La filosofia del “male minore” pregiudica la democrazia e giustifica e alimenta le tendenze antidemocratiche. I 64 milioni di elettori nigeriani registrati hanno diritto a risultati elettorali che riflettano la loro vera volontà, e l’Unione europea deve impegnarsi affinché questo accada.

 
  
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  Margrietus van den Berg, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signora Presidente, vorrei formulare alcune osservazioni a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo, anziché come capo della missione di osservazione elettorale, perché si tratta di due ruoli diversi.

La missione di osservazione elettorale dell’Unione europea ha dovuto concludere che le elezioni in Nigeria non sono state credibili. E’ un vero peccato perché, nonostante il miglioramento del clima durante la campagna elettorale, in cui è stata rispettata la libertà di opinione, e nonostante il ruolo positivo e indipendente svolto dai tribunali, il processo elettorale e, di conseguenza, il suo esito, non possono essere considerati credibili. Il Consiglio ha confermato, come peraltro ha fatto la Commissione, che le cose stanno effettivamente così.

Le elezioni nigeriane sono state organizzate male e contraddistinte da scarsa trasparenza nonché da diffuse irregolarità procedurali e da prove evidenti di frodi. Il processo è venuto meno alle norme internazionali e regionali in materia di elezioni democratiche.

Il punto sollevato poc’anzi dal Consiglio, ossia la mancata pubblicazione dei risultati sia nei seggi elettorali sia a livelli più alti, e quindi la completa mancanza di dati verificabili è, e rimane, di fatto, il problema più grave, poiché di conseguenza nulla può essere dimostrato o confutato, e questo priva di ogni credibilità il risultato elettorale in quanto tale.

Si tratta semplicemente, come abbiamo stabilito, di uno dei verdetti più severi che abbiamo emesso come missione di osservazione elettorale nei vari paesi. Siamo particolarmente dispiaciuti perché, dopo il 2003, la popolazione sperava davvero che sarebbero seguiti miglioramenti concreti. I cittadini si sono impegnati. Tutte le persone che hanno compiuto gli sforzi necessari e dimostrato il loro impegno restano profondamente segnate quando si verifica un fatto come questo. Se confrontiamo il 14 aprile con il 21 aprile, osserviamo che le elezioni del governatore del 14 aprile erano ancora contraddistinte da una grande speranza, mentre il 21 aprile la situazione era semplicemente deprimente. Questa è anche la spiegazione del basso afflusso alle urne, nonostante le cifre ottimistiche pubblicate in seguito.

Quale conclusione dobbiamo trarre noi europei da questa esperienza? Dobbiamo indubbiamente proseguire il nostro impegno, e su questo punto condivido le conclusioni del Consiglio e della Commissione. Dopo tutto, è del popolo nigeriano che stiamo parlando, il quale merita un futuro migliore ed elezioni serie.

Questo, pertanto, significa che nelle nostre relazioni diplomatiche non possiamo fingere che il governo che è stato appena designato sia stato eletto in maniera democratica. Si tratta ovviamente di una questione molto complessa. Potremmo continuare come se niente fosse, senza però venire meno al nostro impegno e alle nostre attività. Comportandoci in questo modo, però, non solo pregiudicheremmo la credibilità delle missioni di osservazione elettorale dell’Unione europea, ma anche – e soprattutto – i valori che difendiamo quando agiamo nel mondo e in un paese come questo. Dobbiamo perciò essere franchi e concludere che attualmente siamo alle prese con una crisi democratica.

La crisi è in parte divenuta evidente dinanzi ai tribunali, dove alcune persone hanno obiettato e cercato di dimostrare che semplicemente qualcosa non funziona. E’ anche diventata evidente, o può diventarlo, attraverso i gruppi di lavoro del Senato e della Camera dei rappresentanti, che stanno avviando indagini per conto proprio e stanno cercando di presentare nuove proposte. Inoltre dobbiamo aspettare per vedere, ovviamente, quali proposte la popolazione nigeriana presenterà per l’organizzazione di elezioni credibili.

Poc’anzi ho affermato che non spetta a noi entrare nel merito della questione, ma la sostanza è questa e sarebbe positivo se, a tale proposito, potessimo mettere a disposizione le nostre risorse, preferibilmente non a favore del governo federale e dello Stato, ma di tutti gli attori della società che possono promuovere la governance e la democrazia in questo modo.

 
  
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  Johan Van Hecke, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, le analisi delle elezioni in Nigeria da parte degli osservatori internazionali sono, a mio modo di vedere, sorprendentemente simili: delusione per il processo elettorale, che è stato contraddistinto da cattiva organizzazione, frode diffusa, intimidazione e violenza. Queste elezioni non rispettano in alcun modo le norme internazionali. Questa è la conclusione della missione di osservazione elettorale dell’Unione europea, guidata dall’onorevole van den Berg, che ha svolto un lavoro eccellente in circostanze difficili.

Sono rimasto piuttosto sorpreso dalla reazione di taluni Stati membri che avrebbero preferito una dichiarazione negativa leggermente meno esplicita da parte degli osservatori europei, e sono ancor più stupito perché gli Stati membri in questione insistono continuamente sulla necessità di una maggiore democratizzazione in Africa. Interessi diversi portano talvolta a reazioni diverse; la storia si ripete.

La missione di osservazione elettorale dell’Unione europea ha fatto bene a non cedere alla tentazione di adottare una posizione politica. Dopo tutto, come ha dichiarato poc’anzi l’onorevole van den Berg, ora sono la classe politica e la società civile della Nigeria a dover fare la loro parte. La sentenza della Corte suprema sulla partecipazione del Vicepresidente alle elezioni dimostra che questa non dovrebbe essere un’utopia.

Ora le irregolarità devono essere riferite ai tribunali elettorali e agli organi giudiziari. Il nostro è un ruolo più strutturale. Di conseguenza, attraverso il dialogo, come ha giustamente rilevato il Commissario, dobbiamo affermare a chiare lettere che occorre creare una commissione elettorale indipendente che sia in grado di organizzare elezioni veramente indipendenti, e il neoeletto parlamento nigeriano può svolgere un ruolo importante a questo proposito.

In sintesi, a seguito dei promettenti sviluppi cui abbiamo assistito in paesi come il Mali, il Benin e la Liberia, è uno scandalo che una superpotenza regionale come la Nigeria abbia perso una grande opportunità.

 
  
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  Marie-Hélène Aubert, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, come tutti sappiamo, lo sviluppo della Nigeria riveste un’importanza fondamentale per il continente africano. La Nigeria è uno dei maggiori paesi africani e, proprio come ha fatto nella Repubblica democratica del Congo, l’Unione europea si è impegnata a organizzare le elezioni e a monitorare il loro svolgimento in quel paese.

Detto questo, alla luce della situazione caotica e violenta che regna in Nigeria, specialmente nella regione del Delta, dobbiamo prendere atto di una serie di questioni ovvie ed evidenti. Come in Congo, la questione dello sfruttamento delle materie prime e del petrolio svolge un ruolo estremamente importante nella destabilizzazione del paese, nel clima di violenza e guerra civile che vi si è instaurato.

A tale proposito, credo che dobbiamo sostenere molto attivamente la società civile e i fautori della democrazia, che si battono per ottenere informazioni e trasparenza sullo sfruttamento delle risorse e che stanno anche cercando di preservare le loro risorse. La regione del delta è completamente devastata e lacerata da conflitti sanguinosi e le manovre dell’esercito nigeriano in quest’area talvolta arrecano più danni che benefici.

Credo anche che l’Unione europea dovrebbe far dipendere in maniera assai più intransigente i propri aiuti allo sviluppo dalla lotta contro la corruzione e dalla chiara inclusione nel bilancio statale dei profitti ricavati dal petrolio e dai minerali, perché è altrettanto scandaloso che la popolazione della Nigeria, che vive in uno stato di grande povertà, non tragga assolutamente alcun vantaggio dai profitti minerari e petroliferi! Pensando all’aumento del prezzo del petrolio al barile, le risorse dovrebbero essere considerevoli. E’ quindi estremamente insolito che questo argomento non sia stato affrontato.

Infine, occorre compiere progressi anche riguardo alla responsabilità sociale e ambientale delle grandi imprese – la Shell, in particolare, è molto presente in questo paese, ma non è l’unica compagnia petrolifera – e dovremmo agire di concerto anche su questi importantissimi aspetti, non solo sul tema dell’organizzazione delle elezioni.

 
  
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  Vittorio Agnoletto, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con molto interesse le relazioni del Consiglio e della Commissione, e come membro della delegazione di osservatori parlamentari alle elezioni presidenziali, posso confermare assolutamente tutto quello che è stato detto finora. Le elezioni non si sono assolutamente svolte nel rispetto delle norme internazionali, non si sono raggiunti gli standard previsti a livello internazionale e neanche dagli stessi Stati africani.

Vi è addirittura stato un spostamento dell’orario di apertura dei seggi realizzato e comunicato unicamente il giorno prima, per cui molta parte della popolazione non era a conoscenza. Gli stessi seggi sono stati in gran parte chiusi anticipatamente. L’assenza di qualunque segretezza sul voto e potrei continuare all’infinito, citando per esempio, il ruolo di una commissione elettorale indipendente solo di nome, ma fortemente dipendente invece dal governo.

Vorrei aggiungere anche il clima intimidatorio. Ricordo come Hauwa Ibrahim, titolare del premio Sacharov 2005, avrebbe dovuto incontrare la nostra delegazione in un ambiente pubblico e ha chiesto di spostare il luogo dell’appuntamento perché non si sentiva sicura a sufficienza.

Vorrei portare il dibattito su quello che si può fare nel futuro. Dobbiamo assolutamente chiedere indagini sulle irregolarità elettorali, chiedere una commissione elettorale indipendente, chiedere e verificare se il ruolo della Corte d’appello sia veramente indipendente per affrontare i ricorsi elettorali e far presente che sono necessarie nuove elezioni. Ma non ci possiamo fermare unicamente a questo, e vedo già sullo sfondo il rischio che le scelte politiche del Consiglio vadano nella direzione di proseguire come se nulla fosse. Perché, non nascondiamocelo, qualcuno può pensare che l’importante è avere un governo più o meno legittimato, ma in un paese con cui si può continuare a fare gli affari sul petrolio.

Questa non può essere la soluzione. Vorrei chiedere: come si pensa di usare alcuni strumenti che l’Unione europea ha? Per esempio lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani? Siamo in grado di verificare se il governo nigeriano rimane esterno alla scelta e alla realizzazione dei progetti che vengono finanziati con quello strumento? Chiedo alla Commissaria, avevo già avuto modo di farlo altre volte, che ne è della clausola democratica sui diritti, approvata a stragrande maggioranza da questo Parlamento, ma mai recepita dalla Commissione e dal Consiglio, mai trasformata nello strumento cogente che in questo caso potrebbe essere estremamente utile per mettere sul piatto della bilancia, nella prospettiva di un progresso democratico, anche il peso dei rapporti commerciali con l’Europa.

E da ultimo, ma non da ultimo, la questione di quale ruolo l’Europa intende svolgere sulle vicende del delta del Niger. Non mi pare sufficiente che i singoli Stati si diano da fare e siano disposti a pagare dei riscatti quando qualcuno viene rapito. Dobbiamo chiedere l’avvio di un colloquio, di rapporti, di confronti tra il governo nigeriano e la rappresentanza delle popolazioni locali, facendo pressione non solo sul governo, ma anche sulle grandi compagnie europee che in quella zona operano senza rispettare i diritti umani e i diritti ambientali.

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, il numero del 30 aprile del settimanale Das Parlement titolava Demokratie als Farce; come forse avrà notato, signor Presidente in carica del Consiglio, ho una certa propensione per il tedesco. Sopra il titolo compare una grande foto di due ragazzi nigeriani che, con un sorriso sdolcinato, sventolano le loro schede elettorali. Qualsiasi commento sarebbe superfluo. Le due elezioni svoltesi ad aprile nel paese più popoloso sono sfociate in una tragedia umana e politica, contrassegnata dalla morte di oltre 200 persone e da frodi su vasta scala, aspetti sui quali la presente risoluzione comune si esprime senza mezzi termini. Su queste basi, quale sarà il futuro della Nigeria?

Sono esterrefatto da un articolo e da un’intervista di una pagina all’attuale Presidente della Nigeria Obasanjo, il quale afferma chiaramente che il futuro della Nigeria risiede nelle sue relazioni con la Cina. Prestiti a basso costo, infrastrutture, meraviglioso, ma l’Unione europea è fuori gioco. Qual è, chiedo al Consiglio e alla Commissione, la risposta dell’Unione europea a queste affermazioni? Alla luce di tali dichiarazioni e di questa posizione, avete una strategia, sia tangibile che intangibile, per la Nigeria e, di fatto, per l’intero continente africano?

 
  
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  Andreas Mölzer, a nome del gruppo ITS. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, quando un paese, dopo una guerra civile e il susseguirsi di diverse dittature militari, cerca per la prima volta di organizzare un pacifico passaggio di poteri, è logico che non tutto funzionerà in maniera ideale e perfetta.

Conveniamo tutti, comunque, che lo svolgimento delle elezioni è stato una farsa; dov’è finita, infatti, la democrazia quando un partito gioisce della propria vittoria ancor prima del calcolo dei voti, dov’è finita la libera scelta degli elettori quando si formulano minacce al momento dello spoglio elettorale, quando le schede vengono compilate più volte e quando, nei distretti rurali, sembra che le elezioni non si siano svolte per nulla? Che tipo di messaggio si pensa di inviare quando le schede di voto e il materiale elettorale arrivano troppo tardi o non arrivano affatto? Come può dunque pensare di essere presa sul serio la popolazione della Nigeria?

Scopo del processo elettorale era portare stabilità nella regione e indicare alla popolazione una strada praticabile per il futuro; tali speranze, però, si sono rivelate illusorie e hanno lasciato dietro di sé un popolo disincantato la cui esperienza elettorale è, nella migliore delle ipotesi, quella di un atto simbolico, e un’opposizione la cui minaccia di contestare l’esito elettorale sarà probabilmente di scarsa utilità, perché il partito vincitore difficilmente accetterà di indire nuove elezioni. Non ci resta dunque che valutare quanta pressione l’Unione europea potrà esercitare al momento del passaggio di potere il 29 maggio, perché raramente l’UE stessa è stata il migliore degli esempi; anch’essa ha indetto un referendum dopo l’altro fino al raggiungimento del risultato voluto, comportandosi in maniera alquanto dubbia in termini politici democratici.

 
  
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  Edward McMillan-Scott (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, per la prima volta mi sono recato in Nigeria e ho partecipato a un’elezione africana, ed è stata una delusione: pensavo che avrei assistito a elezioni libere ed eque, ma non è stato affatto così. Non annoierò l’Aula con le mie conclusioni, poiché sono identiche a quelle del capo della delegazione della Commissione e a quelle del capo della delegazione alla quale appartengo e, inoltre, è possibile vederle su YouTube, in un breve filmato realizzato da me, dal titolo “Le elezioni truccate della Nigeria”.

Vorrei semplicemente soffermarmi su alcune delle lezioni che l’Unione europea dovrebbe trarre dalle elezioni svoltesi nel più grande paese africano. Ho l’impressione che l’influenza cinese, cui accennava l’onorevole Belder, possa essere un po’ più profonda di quanto crediamo. Sappiamo che la Cina è complice del rigurgito antidemocratico in tutto il mondo: lavorando con la Russia nell’ambito di uno sporco duetto, in tutta l’Africa, con la Bielorussia, il Venezuela, lo Zimbabwe e l’Egitto. E’ in atto un processo al quale l’Unione europea deve reagire, e io credo che il Commissario Ferrero-Waldner si adoperi per utilizzare quanto più possibile lo strumento che sta molto a cuore a entrambi: lo Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani.

Permettetemi di formulare solo alcune osservazioni specifiche. Sono uno dei tre deputati al Parlamento europeo che componevano la delegazione, ma questo non è stato sufficiente. Credo che, come Assemblea, dobbiamo riconsiderare l’ipotesi di includere alcuni ex europarlamentari in tali delegazioni. Ad esempio, ad agosto manderemo una delegazione in Sierra Leone e non mi stupirei se vi prendessero parte poche persone.

In secondo luogo, per quanto riguarda l’indipendenza dello Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani, abbiamo sentito che la missione UE in Nigeria partecipa con il governo all’approvazione di progetti. Questo non deve accadere: lo Strumento deve essere indipendente dal controllo del paese ospitante.

Sussiste poi il problema del seguito da dare a queste elezioni. So che la relazione finale non è ancora stata pubblicata, ma credo che l’Unione europea sia tenuta a cercare di realizzare la democrazia in tali paesi e a seguire gli sviluppi del processo di una cattiva elezione.

Infine, il ricorso alle Nazioni Unite quale agente per l’organizzazione di queste efficacissime missioni è un costoso spreco e deve essere rivisto.

 
  
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  Libor Rouček (PSE). – (CS) Il mese scorso mi sono recato in Nigeria in veste di osservatore elettorale del Parlamento europeo e sono stato testimone di molti episodi interessanti, spesso spiacevoli e talvolta sconvolgenti. Da una parte, gli elettori nigeriani spesso percorrono molte miglia, con grande disagio, per raggiungere i seggi elettorali. Dall’altra, chi presiede i seggi elettorali nigeriani fa tutto il possibile per impedire a queste persone di accedere alle urne. Da una parte, i cittadini votano con entusiasmo, nella speranza di una vita migliore, più giusta e più dignitosa. Dall’altra, chi presiede i seggi elettorali falsifica i voti espressi dalla popolazione al fine di scongiurare il cambiamento politico ed economico.

Onorevoli colleghi, penso che non possa esservi alcun dubbio sulla posizione del Parlamento europeo e dell’Unione. Siamo dalla parte della giustizia, della democrazia e di elezioni libere ed eque. Siamo dalla parte dei milioni di nigeriani che credono in elezioni democratiche nella speranza che la democrazia sia la chiave per risolvere problemi politici, economici e sociali. Il mese scorso la Nigeria ha avuto l’occasione storica di dimostrare a se stessa, all’Africa e al resto del mondo di essere all’altezza del proprio ruolo, di essere in grado di effettuare la democratica e pacifica transizione da un governo all’altro. Purtroppo, ha sprecato questa storica opportunità.

 
  
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  Fiona Hall (ALDE). – (EN) Signora Presidente, vorrei rendere omaggio all’onorevole van den Berg per l’ottimo lavoro che ha svolto in Nigeria, in circostanze molto complesse, come osservatore capo. Credo che la posizione delle missioni di osservazione elettorale dell’Unione europea in generale sia stata rafforzata dal fatto che la missione di osservazione elettorale in Nigeria non è stata elusiva, ma si è pronunciata chiaramente sull’irregolarità delle elezioni.

Il grande valore delle missioni di osservazione elettorale dell’Unione europea è che sono indipendenti e assolutamente neutrali. Sono indipendenti dalla politica estera dell’Unione europea. L’unico punto della proposta di risoluzione che non mi soddisfa è che al considerando V e al paragrafo 15 il testo è alquanto confuso. L’osservazione elettorale e la politica estera vengono associate, mentre è necessario mantenerle ben separate.

Mi auguro che si possa trovare una soluzione a questo inconveniente con un normale emendamento volto a superare il problema, perché altrimenti temo che il gruppo ALDE dovrà votare sia contro il considerando V sia contro il paragrafo 15.

 
  
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  Urszula Krupa (IND/DEM). – (PL) Signora Presidente, nonostante le sue ricche risorse naturali, la Nigeria è un paese corrotto e arretrato, in cui le entrate provenienti da tali risorse, in particolare dai profitti petroliferi, non vengono destinate allo sviluppo economico né miglioramento della vita sociale. Influenti gruppi di pressione che vogliono mantenere il caos in Nigeria fomentano l’antagonismo tra musulmani e cristiani, nonostante la separazione tra Stato e religione, e benché la Costituzione debba tutelare i diritti dei cittadini.

Tuttavia, ho l’impressione che sia alquanto prematuro tenere discussioni in quest’Aula prima che si pronuncino le commissioni elettorali. Vorrei però cogliere l’occasione offerta da questo acceso dibattito e dalla drammatica situazione in cui versa quel paese africano per ricordare qui, in seno al Parlamento europeo, le parole della massima autorità del XX e XXI secolo, Papa Giovanni Paolo II: la ragion d’essere di uno Stato sono la sovranità della società e le persone, e una condizione per la pace e la cooperazione internazionali è il rispetto del diritto di una nazione alla propria esistenza, libertà e cultura.

 
  
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  Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, durante le ultime elezioni in Nigeria sono morte oltre 200 persone. Le elezioni sono state condotte in maniera del tutto estranea alle procedure democratiche. Il capo degli osservatori dell’Unione europea, onorevole Max van den Berg, ha sottolineato che non sono state all’altezza delle speranze e delle aspettative dei nigeriani e che non possono essere ritenute credibili.

La Nigeria è un paese dilaniato dai conflitti sociali determinati dalle differenze religiose ed etniche, specialmente tra musulmani e cristiani. Al tempo stesso, la Nigeria ha vaste risorse di petrolio e altri minerali ed è il nono paese più popoloso del mondo. Omicidi politici, torture e giustizia sommaria ad opera dell’esercito sono all’ordine del giorno. Le libertà di espressione e di riunione sono limitate. I casi di repressione della minoranza cristiana destano sempre maggiore preoccupazione.

Dalla sua creazione, l’Unione europea si è fondata sul rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e delle libertà dei cittadini. Molte volte, nel corso della sua storia, la Comunità europea – e in seguito l’Unione europea – ha levato la propria voce quando la democrazia e la libertà erano minacciate. Gli esempi della Georgia e dell’Ucraina dimostrano a loro volta che si possono ottenere risultati solo con azioni decise. In Ucraina, grazie a questo genere di azioni, è stato possibile ripetere il secondo turno delle elezioni presidenziali, che era stato falsificato. Questo non è stato solo il risultato della resistenza opposta dagli ucraini, ma anche dei chiari e inequivocabili segnali lanciati dall’Unione europea.

A mio parere, la reazione tardiva dell’Unione europea agli avvenimenti nigeriani è a sua volta fonte di preoccupazione. Quando vengono violate norme fondamentali, le reazioni devono essere immediate. E’ passato un mese esatto dai disordini e dalle elezioni in Nigeria e dovremmo sospendere immediatamente tutti gli aiuti finanziari dell’Unione europea alle strutture di governo in Nigeria, nonché gli aiuti a favore della democrazia e dei diritti umani, qualora sussista il rischio che di questo denaro si approprino strutture di governo corrotte.

 
  
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  Pierre Schapira (PSE). – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, la democrazia ha perso terreno in Nigeria. Le elezioni di sabato 21 aprile, contrassegnate da brogli, violenza e morti, non sono state né libere né eque. Questo, come si è detto, è stato confermato da tutti gli osservatori internazionali.

Le elezioni nigeriane avrebbero dovuto essere un banco di prova. Per la prima volta dall’indipendenza, conquistata dal paese nel 1960, un presidente democraticamente eletto avrebbe potuto sperare di subentrare al suo predecessore. Questa è un’opportunità mancata, che non lascia presagire nulla di buono per la Nigeria, in un momento in cui il paese, nonostante la sua ricchezza, ha bisogno di stabilità per sperare di sfuggire alla povertà.

Dopo le elezioni, la violenza è aumentata: la comunità internazionale ha il dovere di intervenire.

Vorrei ricordarvi che, l’anno scorso, il Parlamento europeo ha consegnato il Premio Sacharov alla signora Hauwa Ibrahim, un’avvocatessa nigeriana che ha difeso coraggiosamente due donne che erano state condannate a morte per lapidazione a causa di adulterio; in quel paese, infatti, si osserva ancora la legge della sharia.

Il 28 e 29 maggio, una coalizione di partiti dell’opposizione, di organizzazioni della società civile e di sindacati, compreso il sindacato degli avvocati nigeriani, organizzerà un movimento di due giorni per protestare contro lo svolgimento di queste elezioni.

Il Parlamento europeo deve sostenere questo movimento democratico. Così facendo difenderemo i nigeriani e la Nigeria, un grande e importante paese africano.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE). – (EN) Signora Presidente, la missione di osservazione elettorale in Nigeria è stata la prima alla quale io abbia partecipato. A questo proposito, vorrei condividere con voi la seguente riflessione.

L’Unione europea è stata uno dei maggiori donatori per lo svolgimento delle elezioni in Nigeria. Dobbiamo quindi assumerci una certa responsabilità affinché gli aiuti erogati vengano utilizzati quanto più efficacemente possibile per la realizzazione di questo obiettivo. Dell’intero onere organizzativo per lo svolgimento delle elezioni si è fatta carico la Commissione elettorale nazionale indipendente (CENI). In Nigeria, la CENI non ha saputo rispondere alle sfide organizzative e logistiche cui doveva far fronte per lo svolgimento di elezioni davvero democratiche. Le lacune da cui è stato contrassegnato il processo elettorale, inoltre, costituiscono la parte più cospicua della risoluzione. Penso che dobbiate condividere la responsabilità della Commissione elettorale nazionale indipendente formando, ad esempio, i circa 500 000 militanti di base della CENI incaricati dell’organizzazione elettorale affinché la prossima volta in Nigeria si possano tenere elezioni indipendenti e democratiche più credibili.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE). – (PT) Indipendentemente dall’esito delle urne, della cui validità c’è motivo di dubitare, l’aspetto più preoccupante delle elezioni nigeriane è stato il processo elettorale, sul quale l’opinione degli altri osservatori internazionali non ha lasciato spazio a dubbi: è stato contraddistinto da disorganizzazione e frodi.

A questo proposito, il resoconto dei colleghi che si sono recati in Nigeria come osservatori è eloquente.

Possiamo dunque concludere che queste elezioni sono state utilizzate per garantire una legittimità che gli osservatori internazionali non riconoscono e che le democrazie non possono accettare. Il risultato è stato determinato più dall’intimidazione, dalla frode e dalla violenza che dal volere popolare. Purtroppo questo non è un caso isolato nel continente africano, anzi.

Nonostante i progressi registrati negli ultimi decenni, il perenne flagello della violenza è tuttora all’ordine del giorno e alcuni dei regimi più corrotti continuano a rimanere al loro posto. La geografia dell’Africa e il corredo genetico degli africani non hanno nulla che impedisca loro di vivere in una democrazia, ma la comunità internazionale deve essere determinata e risoluta nel processo di democratizzazione dei paesi africani.

Questo per i motivi di sempre, ma anche perché la Cina è diventata un attore globale, che in cambio della cooperazione non chiede la democratizzazione, anzi. In vista del Vertice UE-Africa che si terrà nella seconda metà dell’anno, ci auguriamo che l’Unione europea adesso svolga un ruolo davvero efficace che non si limiti alla mera retorica. Non tutti gli attori globali si comportano nello stesso modo, ma noi dobbiamo lavorare di concerto con i nostri alleati, principalmente per una questione di valori e di principi, ma anche di interessi. Nelle democrazie libere e stabili è possibile praticare il commercio internazionale in maniera prevedibile e vantaggiosa per tutti, fuorché per coloro che cercano di alimentare le fiamme della corruzione e della dittatura.

Dovremo quindi essere severi al prossimo vertice, che si terrà durante la Presidenza portoghese. Non vogliamo dichiarazioni di buone intenzioni o il mero riconoscimento degli errori del passato; vogliamo verità politica e politica vera.

L’Unione europea deve rimanere il maggior fornitore di aiuti internazionali e deve promuovere attivamente la cooperazione e, al contempo, deve riuscire a introdurre riforme, democratizzazione e libertà in questi paesi. Altrimenti, l’Unione europea distribuirà pesci senza insegnare alla gente a pescare.

 
  
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  Karin Scheele (PSE). – (DE) Signora Presidente, dopo essere stata preceduta da aspettative cariche di tensione, la maratona elettorale della Nigeria si è conclusa e sono stati eletti un nuovo Presidente, nuovi parlamenti provinciali e un nuovo parlamento federale. Il risultato era scontato ancor prima che si svolgessero le elezioni; pur prevedendo una schiacciante vittoria da parte del partito al governo, però, nessuno degli osservatori elettorali si aspettava il livello di brogli elettorali, risultati falsificati, caos logistico e violenza diffusa che hanno contrassegnato queste elezioni. Oltre alla commissione di osservazione elettorale dell’Unione europea, anche quella ufficialmente nominata dall’Unione economica e monetaria dell’Africa occidentale – e questa è una novità – ha impietosamente denunciato i gravi difetti che hanno caratterizzato le elezioni nigeriane, documentati in un lungo elenco cui è già stato fatto riferimento nel dibattito. Desidero inoltre unirmi ai colleghi nell’esortare le autorità dello Stato nigeriano a sottoporre le irregolarità che hanno contraddistinto queste elezioni a un’indagine esaustiva e trasparente.

Vorrei altresì sapere dalla Commissione quali opportunità offre lo Strumento per la democrazia e i diritti umani per intraprendere i passi necessari sia nel nostro dialogo con la Nigeria che nella nostra cooperazione con questo paese; come sappiamo, non sono solo le imprese cinesi a non curarsi dei diritti umani e delle disparità sociali, poiché nella ricerca del petrolio non ne hanno mai tenuto conto nemmeno le loro controparti occidentali.

 
  
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  András Gyürk (PPE-DE). – (HU) Come vicepresidente della delegazione di osservatori dell’Istituto repubblicano internazionale, ho avuto la possibilità di partecipare di persona, in qualità di osservatore, alle ultime elezioni in Nigeria. In base alle mie esperienze, devo dire che il coordinamento del lavoro tra diverse delegazioni di osservatori internazionali è stato un successo esemplare.

Quanto al processo di voto in sé, posso solo confermare la dichiarazione dei miei colleghi: le elezioni in Nigeria non possono essere considerate né eque né libere. Non hanno rispettato né le norme internazionali né le norme locali fissate dal governo di Abuja. Abbiamo osservato gravi lacune nel sistema delle liste elettorali e nell’informazione al pubblico. In molti casi, i seggi locali hanno aperto in ritardo ed erano privi di schede elettorali. Il losco processo di compilazione dei risultati ha addirittura suscitato il sospetto di frode. Il fatto che i risultati di alcuni distretti elettorali non siano stati resi noti è abbastanza eloquente.

Inoltre, le elezioni sono state inficiate dalla violenza. Come abbiamo già sentito, circa 200 cittadini hanno perso la vita in scontri collegati alle votazioni. Queste massicce irregolarità sono ancora più spiacevoli se si considera che le precedenti elezioni nigeriane si sono svolte in maniera molto più composta. Questa volta abbiamo osservato con tristezza che la fedeltà dell’elettorato alla democrazia – questo è molto importante – non è andata di pari passo con l’intenzione degli organi di governo di mantenere la votazione entro i limiti della legge.

Chi di noi era presente ha potuto constatare quanto ai cittadini nigeriani stiano a cuore i valori democratici. In condizioni spesso caotiche hanno aspettato con dignità il momento di esercitare il loro diritto democratico. E’ anche nell’interesse dell’Europa assistere al consolidamento della democrazia in Nigeria in modo tale che possa diventare un modello per il continente africano. Pertanto, è importante che l’UE rimanga un osservatore attivo di questo processo.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signora Presidente, mi scuso per aver modificato l’ordine del mio intervento, ma stavamo svolgendo un’importantissima votazione per eleggere il presidente di EUROLAT.

La Nigeria non è riuscita a cogliere l’opportunità offerta dalle elezioni. I nostri osservatori hanno confermato chiaramente che le elezioni non sono state né libere né eque, a causa della corruzione e di una pessima organizzazione. Di questa situazione è interamente responsabile il governo nigeriano. Le elezioni si sono svolte in un’atmosfera di terrore che ha mietuto 50 vittime, per lo più nel Delta del Niger. In talune circostanze non sono state altro che una farsa, in cui alcuni seggi sono rimasti chiusi, mentre in altre le urne sono state distrutte da gruppi di banditi.

L’Europa deve osservare con grande scrupolo le elezioni in questo paese, che è il più grande dell’Africa e per molti altri paesi africani è un punto di riferimento a livello economico e politico. Le elezioni in un paese di 110 milioni di abitanti, 64 milioni dei quali hanno l’età per votare, dovrebbero richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica. Purtroppo, anziché rafforzare la posizione della Nigeria sulla scena internazionale, di fatto queste elezioni l’hanno indebolita.

Nel periodo preelettorale abbiamo osservato una serie di attività e tendenze non correlate al processo elettorale, che sono fonte di preoccupazione. Ad esempio, nelle zone governate dai musulmani, le studentesse delle scuole cristiane erano costrette a indossare veli come simboli della tradizione islamica. Si tratta di una chiara violazione della tolleranza e dei diritti religiosi, ma queste pratiche sono in aumento e potrebbero diventare ancora più diffuse qualora i musulmani acquistassero maggiore potere in Nigeria. Come Parlamento europeo, non possiamo passare sotto silenzio la questione, soprattutto perché si tratta di violenza psicologica nei confronti dei giovani. Domani avremo la possibilità di pronunciarci in materia durante la votazione e in un emendamento si voterà proprio sulla questione.

Ma cos’accadrà in seguito, dopo le elezioni? Non dobbiamo limitarci alle critiche, benché siano giustificate. Occorre anche un programma chiaro che stabilisca come far rispettare le regole del gioco democratico in un paese che figura tra i protagonisti nell’ambito di un continente che è praticamente nostro vicino. In altre parole dobbiamo costringere le autorità nigeriane a garantire la democrazia e la libertà delle elezioni o, francamente, chiudere il rubinetto degli aiuti finanziari. Questi aiuti non devono essere incanalati verso strutture statali e federali. Invece potrebbero e dovrebbero essere erogati a organizzazioni non governative e sociali. Dobbiamo anche esercitare pressioni sul governo nigeriano affinché si adoperi più efficacemente contro la corruzione, l’uso della forza e il senso di impunità delle autorità locali, che sono praticamente Stati all’interno di uno Stato.

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, desidero rivolgere un caloroso ringraziamento agli onorevoli deputati di quest’Assemblea per l’interesse che hanno dimostrato e anche per il loro sostegno, e la mia particolare gratitudine va a coloro che hanno svolto il compito di controllare le elezioni in loco e che quindi possono fornire una descrizione molto vivida e veritiera di quanto accaduto in Nigeria.

Nel suo intervento l’onorevole Kaczmarek ha affermato che, a suo parere, è stata persa un’occasione; vorrei aggiungere che questa occasione non è stata sprecata dalla stragrande maggioranza dei nigeriani, ma piuttosto da alcune persone che non volevano permettere lo svolgimento di elezioni libere e indipendenti con voto segreto, il cui impatto poteva essere notevole.

Da più parti è stato chiesto che cosa possiamo fare in proposito. Nel suo intervento, onorevole van den Berg, lei ha anche affermato che non possiamo lesinare il nostro impegno nei confronti della Nigeria e della sua società civile in particolare. Ora, anziché fare marcia indietro su questo impegno, è molto importante che chiariamo come dell’impegno da noi assunto in seno all’Unione europea possano beneficiare direttamente le parti interessate, non ultima la società civile.

Un’occasione per ribadire nuovamente in che modo, a parere di noi europei, debbano svolgersi le elezioni e come siano state manipolate, sarà il Vertice del G8 di Heiligendamm, al quale, tra gli altri, interverrà anche il Presidente della Nigeria.

La prima impressione di quanto è accaduto in Nigeria, tuttavia, non deve mettere in generale in cattiva luce l’immagine dell’Africa ai nostri occhi. Alcuni di voi hanno già parlato degli esempi positivi che si possono individuare nel continente africano. La Mauritania non sarà un grande paese, ma ultimamente abbiamo visto come sia riuscita a organizzare una transizione e anche, dal suo esempio, quale tipo di aiuto sia necessario a tal fine.

Un’altra considerazione, alla luce del Vertice africano tra Unione europea e Unione africana previsto per novembre, è la necessità di chiarire quali sono i valori che l’Unione europea difende e rispetta nelle sue relazioni con i partner africani. Al contempo, dobbiamo chiarire la nostra posizione anche nel dialogo con la Cina, perché è inammissibile che la Cina abbia solo un interesse economico molto limitato nel continente africano, mentre all’Unione europea resta il compito di fare ben altro in aree quali l’azione responsabile da parte dello Stato e lo sviluppo della società civile.

Alcune settimane fa, quando ho partecipato a una riunione congiunta tra l’UE e l’ECOWAS, sono rimasto colpito nel sentire i paesi partecipanti affermare che, nonostante sul loro territorio fossero spuntati molti piccoli germogli che si auguravano di veder crescere ancora, a loro parere questo rappresentava un passo indietro. In Africa vi sono anche molti paesi che registrano una crescita economica e che sono governati bene. Sono lieto che attualmente, in vista del Vertice africano, molti mezzi di informazione pubblica se ne rendano conto occupandosi dell’Africa, e anche per questo motivo era importante che l’Unione europea e alcuni dei suoi Stati membri garantissero le elezioni in Congo con la loro presenza; oltre al Congo, infatti, sono molti i paesi con un buon livello di sviluppo. Desidero quindi ringraziarvi nuovamente per questo. Spero che, insieme alla Commissione, e con il sostegno della vostra Assemblea, potremo trovare il modo di accettare ciò che è accaduto in Nigeria; mi auguro che vi siano cambiamenti e che potremo offrire il nostro costante sostegno a chi, in Nigeria, vuole che il paese cambi e diventi una democrazia.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, purtroppo conveniamo tutti che queste elezioni sono state una vera delusione, ma mi auguro che in futuro la democrazia in Nigeria diventi una forza e non una farsa. Abbiamo molto lavoro da svolgere. Convengo che non è possibile né consigliabile continuare come se niente fosse, e sicuramente non è così che ci comporteremo.

Come penso abbia affermato la maggior parte dei presenti, dobbiamo trattare con i membri della società civile nigeriana che intendono cambiare la situazione e il processo elettorale. Tale iniziativa deve rientrare nel dialogo che dobbiamo approfondire, specialmente sulla base delle raccomandazioni della missione di osservazione elettorale dell’Unione europea.

D’altro canto, sono necessari anche l’impegno politico e il dialogo con il governo. Tale dialogo deve essere regolare, deve essere strutturato, deve svolgersi in seno alla troika, a livello locale o addirittura più in alto, e deve essere esteso alle organizzazioni nazionali e regionali, analogamente a quanto è avvenuto tra l’UE e l’ECOWAS, come si è appena detto, nonché ai rappresentanti della società civile.

Per quanto riguarda la commissione elettorale, secondo gli osservatori si sono registrate irregolarità e frodi, ma in particolare la CENI non è stata in grado di agire in maniera indipendente come avrebbe dovuto. E’ pertanto evidente che la Commissione elettorale nazionale indipendente, sulla cui imparzialità gravano seri dubbi, non può continuare a beneficiare del sostegno del Fondo europeo di sviluppo. Occorre dunque affrontare le questioni riguardanti l’indipendenza, il mandato, la struttura e la leadership della CENI prima di adottare qualsivoglia decisione sulla continuazione del nostro sostegno.

Quanto al Delta del Niger, già citato da alcuni di voi, la relazione di Human Rights Watch sullo Stato di Rivers intitolata “Chop Fine”, è emblematica di una situazione diffusa nel Delta del Niger, ove sono disponibili ingenti risorse finanziarie, ma ben poche giungono alla popolazione e ancor meno alle comunità delle aree remote del Delta. La popolazione locale è stata privata della propria voce e delle proprie risorse territoriali, e non riceve nulla in cambio dal governo.

Le minacce e le sfide poste da questa regione continuano a essere ignorate e, prima o poi, avranno gravi ripercussioni a livello nazionale e regionale. Gli ambasciatori degli Stati membri dell’Unione europea hanno presentato per due volte raccomandazioni chiare e semplici. Prima di aumentare le risorse finanziarie assegnate al Delta del Niger, occorre garantire una trasparenza totale e instaurare un dialogo tra tutte le parti interessate.

Sono stati citati anche gli articoli 8 e 9 dell’accordo di partenariato di Cotonou, i quali contengono tutti gli ingredienti necessari a garantire un dialogo quanto più efficace possibile non solo con il governo, ma anche con la società civile e le organizzazioni regionali africane, come si è detto. A mio avviso è assolutamente fondamentale che un’azione più coerente, più regolare e più sistematica da parte dell’UE come gruppo nei confronti della Nigeria sia l’unico modo possibile di affrontare i problemi evidenziati da queste elezioni. Questo deve essere un elemento imprescindibile della nostra politica.

D’altro canto, dobbiamo stare attenti a non spingere la Nigeria nelle mani degli estremisti religiosi, compresi gli estremisti islamici.

Si è parlato della Cina. Quando mi sono recata in visita in questo paese a gennaio, ho affermato chiaramente che è nostra intenzione intrattenere un dialogo sull’Africa con la Cina. Non è un compito facile, ma è molto importante e, pertanto, è indispensabile invitare la Nigeria al Vertice del G8 per trasmettere direttamente questi messaggi al paese. Infatti, dobbiamo dire alla Nigeria che vogliamo che i nostri valori e interessi siano rispettati e che non può trattarsi esclusivamente di una questione di puri interessi economici.

Ripeterò solo che l’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani offre l’opportunità di lavorare con la comunità civile. Può operare senza il consenso del governo, con il quale, però, siamo normalmente in contatto.

Infine, è anche importante considerare a quanto ammontano i nostri investimenti finanziari in questo paese. Sono pari solo allo 0,2 per cento delle entrate petrolifere e degli aiuti internazionali complessivi alla Nigeria. Di conseguenza la sospensione degli aiuti avrebbe conseguenze trascurabili da un punto di vista finanziario e sarebbe potenzialmente controproducente, poiché pregiudicherebbe ulteriormente il dialogo politico con il governo. Nel complesso, tuttavia, il 25 per cento dei finanziamenti promuove il buon governo. Quindi dovremo usare questa parte in particolare per lavorare con la società civile, come penso converremo tutti.

 
  
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  Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1) firmata da sette gruppi ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, alle 12.00.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


11. Commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione (CITES) (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione:

– l’interrogazione orale (O-0018/2007) dell’onorevole Miroslav Ouzký a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, al Consiglio, sugli obiettivi strategici dell’UE per la quattordicesima riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), che si terrà all’Aia dal 13 al 15 giugno 2007 (B6-0020/2007) e

– l’interrogazione orale (O-0019/2007) dell’onorevole Miroslav Ouzký a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, al Consiglio, sugli obiettivi strategici dell’UE per la quattordicesima riunione della Conferenza delle Parti della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES), che si terrà all’Aia dal 13 al 15 giugno 2007 (B6-0121/2007).

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE),  in sostituzione dell’autore. – (FR) Signora Presidente, signor Ministro, signora Commissario, le relazioni si susseguono ma non sono simili, perché adesso ci apprestiamo a parlare di biodiversità.

Signor Ministro, questa settimana sarà stata caratterizzata dalla volontà, manifestata dal Parlamento europeo, di lottare contro la perdita della biodiversità. Lunedì sono state discusse la relazione del collega, onorevole Adamou, e la relazione su LIFE+, mentre oggi esaminiamo due interrogazioni orali presentate in vista della prossima Conferenza delle parti che aderiscono alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione, la CITES. La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare – a nome del cui presidente, che non può essere qui tra noi, mi scuso – si interroga sulle modalità di negoziazione degli Stati membri e chiede al Consiglio europeo quali sono gli obiettivi cruciali che l’Unione difenderà alla quattordicesima riunione della Conferenza delle parti della Convenzione CITES che si terrà, come lei ha ricordato, signora Presidente, all’Aia il 14 e 15 giugno 2007.

La Convenzione CITES è uno dei più antichi strumenti multilaterali di tutela dell’ambiente. E’ stata adottata nel 1973, a Washington, da Stati che già volevano andare oltre i quadri di regolamentazione nazionali. Lo scopo era quello di difendere le piante e gli animali selvatici dall’eccessivo sfruttamento commerciale. L’importanza di questa Convenzione rispetto agli altri accordi multilaterali sull’ambiente sta nella sua grande capacità di adattamento. Essa esercita un impatto diretto sul commercio attraverso l’offerta, che limita. Molto concretamente, essa riguarda circa 500 000 transazioni – non è uno scherzo, 500 000 transazioni commerciali! – limitando così l’eccessivo sfruttamento della biodiversità. Con l’adesione di diversi partner istituzionali – quasi 170 Stati compresi i 27 Stati membri – di scienziati e di ONG, la Convenzione CITES consentirà di evitare l’annientamento di specie particolarmente minacciate e di salvare specie come la tigre siberiana, la balenottera azzurra e gli elefanti africani.

Ovviamente, le sfide che la Convenzione sarà chiamata ad affrontare sono molteplici. Da una parte sono di ordine strutturale. La Convenzione, infatti, fatica a trovare finanziamenti all’altezza delle sue ambizioni. Deve far fronte al sovrasfruttamento delle specie naturali, alcune delle quali non sempre figurano negli elenchi. Dall’altra, la Convenzione deve tenere conto dei nuovi dati compreso, ovviamente, il cambiamento climatico. Deve integrare l’inefficacia di alcuni strumenti, quali il piano d’azione per l’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT), che in Aula tutti conoscono. Inoltre, deve rivedere le decisioni che hanno esercitato un impatto negativo su alcune specie: durante la dodicesima Conferenza delle parti, per esempio, i permessi per la vendita dell’avorio proveniente da Botswana, Namibia e Sudafrica hanno portato, secondo le stime, allo sterminio di quasi 20 000 elefanti.

Nella lotta alla perdita delle specie, l’Unione europea deve a tutti i costi esprimersi all’unisono durante le Conferenze delle parti alla Convenzione. A tale proposito desidero ricordare, signor Ministro, che l’Unione europea spesso si astiene quando si prendono decisioni perché i nostri Stati membri non riescono a mettersi d’accordo; di conseguenza, 27 voti vanno perduti, e 27 voti non sono un numero trascurabile, al contrario, spesso hanno grande peso.

Pertanto, signor Ministro, chiediamo che il Consiglio tenga conto della risoluzione del Parlamento, che riflette gli interessi del popolo europeo e indica gli obiettivi la cui difesa sta a cuore ai nostri cittadini nel quadro della Convenzione CITES. In primo luogo perché la risoluzione ricorda alcune esigenze ai negoziatori. Il principio di precauzione, quindi, deve essere applicato con lo stesso rigore imposto dall’Unione europea in altri negoziati internazionali sull’ambiente.

Allo stesso modo, l’Unione deve esigere la trasparenza del processo di voto e rifiutare il voto a scrutinio segreto, una pratica effettivamente diffusa, soprattutto quando si devono elencare le specie negli allegati. In realtà si tratta di ammodernare questa procedura leggermente antiquata, che non risponde più alle esigenze dei cittadini; essi infatti devono poter esercitare il diritto di controllare le decisioni prese a loro nome. Sappiamo che, puntualmente, le ONG criticano gli Stati membri dell’UE perché non divulgano i propri voti e perché votano a scrutinio segreto su alcune specie. Lo riteniamo assolutamente inaccettabile e chiediamo trasparenza, perché questa Convenzione è specifica e perché gli Stati membri, come sappiamo, hanno interessi specifici su alcune tematiche.

Le domande iscritte all’ordine del giorno della Conferenza devono essere presentate al Parlamento europeo. Non può essere altrimenti. Ogni volta che si annuncia una Conferenza delle parti alla Convenzione CITES poniamo le stesse domande al Consiglio: non capiamo perché non veniamo consultati prima, in maniera tale da essere informati sulle posizioni che il Consiglio intende difendere durante la Conferenza.

Inoltre, vorrei chiedere a Commissione e Consiglio di coinvolgere la nostra delegazione parlamentare nei lavori delle conferenze così da non costringerci, come normalmente succede, ad appostarci nei corridoi nella speranza di racimolare qualche informazione, sempre che Consiglio e Commissione ritengano giusto invitarci! Vi ringrazio, quindi, di volere associare la delegazione del Parlamento europeo ai lavori sulla Convenzione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS
Vicepresidente

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, facendo seguito a chi ha parlato a nome del vostro collega, onorevole Ouzký, desidero rilasciare una dichiarazione a nome della Presidenza.

Come durante i precedenti incontri della Conferenza delle parti che aderiscono alla Convenzione di Washington sulla protezione delle specie, gli Stati membri presenteranno, insieme, la posizione convenuta dalla Comunità. A breve il Consiglio formulerà questa posizione in base all’ultima proposta della Commissione e, ovviamente, informerà il Parlamento dell’opinione a cui si è giunti.

La posizione della Comunità includerà tre obiettivi generali.

Prima di tutto la Convenzione diventerà il più efficiente possibile, e la cosa più importante da fare per raggiungere tale scopo sarà ridurre gli inutili oneri amministrativi; occorre trovare soluzioni pratiche e funzionanti ai problemi di attuazione, e garantire che le risorse delle parti contraenti siano stanziate laddove esista una vera esigenza di conservazione.

Si devono stabilire maggiori sinergie tra la Convenzione sulla protezione delle specie e gli altri strumenti e processi relativi alla biodiversità; in particolare, le risoluzioni della quattordicesima Conferenza devono contribuire a portare, entro il 2010, a un netto rallentamento della perdita della biodiversità a livello mondiale, e a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio.

L’Unione europea, inoltre, vuole fare in modo che alla Conferenza gli emendamenti previsti agli allegati della Convenzione di Washington portino effettivamente a migliorare la conservazione delle specie in questione; a tale riguardo, sarà particolarmente importante garantire lo svolgimento del monitoraggio, perché solo in tal modo è possibile contenere il bracconaggio e il commercio illegale assicurando la sostenibilità del commercio internazionale delle specie.

Gli elefanti e le balene sono, ancora una volta, le specie su cui si concentra questa Conferenza. In breve, la Comunità non intende dare il proprio consenso alla ripresa del commercio di avorio sino a quando non verranno messi a punto meccanismi adeguati per impedire il crescente sterminio illecito degli elefanti; pertanto, esorta tutti gli Stati appartenenti all’Elephant Range a impegnarsi in un dialogo costruttivo e a collaborare nel mantenere in vita i branchi di elefanti garantendone una gestione sostenibile.

Poiché è la commissione baleniera internazionale a occuparsi delle questioni riguardanti le balene, durante i negoziati non vi dovrebbero essere nuove risoluzioni atte a modificare l’attuale status di protezione delle balene stabilito dalla Convenzione; ne consegue che, nel quadro della CITES, si dovrebbe considerare una revisione dei banchi di balene, in vista di un possibile ridimensionamento del loro status di conservazione, solo dopo avere introdotto meccanismi di controllo della gestione ritenuti adeguati dalla commissione baleniera internazionale.

Desidero concludere ringraziando l’autore dell’interrogazione e la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per l’interesse dimostrato nei confronti di questo importante tema.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la quattordicesima Conferenza delle parti che aderiscono alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione all’Aia è, in realtà, la prima Conferenza CITES che si terrà nell’Unione europea dalla creazione di CITES nel 1973. Pertanto, credo che sarà un’ottima occasione per sottolineare il nostro grande impegno nell’attuazione della Convenzione e nell’attività di sensibilizzazione pubblica e politica.

Penso che, per la prima volta, una conferenza ministeriale tratterà tematiche fondamentali per il futuro della Convenzione. Per tale motivo sono stati definiti i seguenti obiettivi strategici per la Conferenza delle parti, la cosiddetta CoP 14. Essa deve riconfermare l’importante contributo che la CITES ha dato, o può dare, al raggiungimento dell’obiettivo che prevede di ridurre sensibilmente il tasso di perdita della biodiversità entro il 2010. La Comunità sostiene pienamente il contributo di CITES a questo obiettivo globale regolamentando il commercio internazionale di fauna e flora e dei loro prodotti, garantendone la sostenibilità. La nuova visione strategica di CITES per il periodo 2008-2013 deciderà il modo in cui CITES garantirà il reciproco sostegno tra conservazione, uso sostenibile e riduzione della povertà, elementi fondamentali affinché CITES continui a rivestire una certa importanza e utilità.

Nella proposta di visione strategica si afferma altresì che CITES dovrebbe prestare maggiore attenzione al commercio internazionale del legname e delle specie ittiche di interesse commerciale. Alla luce delle pressioni esercitate sulle risorse naturali e del continuo sovrasfruttamento, la Comunità ritiene che CITES potrebbe impegnarsi maggiormente nel garantire il commercio sostenibile di queste specie. Abbiamo avanzato proposte per introdurre nella Convenzione numerose specie marine e di legname, quindi credo che sarà un dibattito molto importante.

Infine, un tema fondamentale per la CoP 14 della CITES sarà, ovviamente, l’avorio degli elefanti. Stiamo discutendo proposte divergenti presentate dagli Stati africani appartenenti all’Elephant Range. Continuiamo a essere convinti che non si debba riprendere il commercio degli stock di avorio di proprietà governativa, sino a quando non verranno messi a punto tutti i meccanismi per garantire che esso non porti a un maggiore sterminio illegale di elefanti. Tali meccanismi sono ora in fase di costituzione e, se tutto procede nel migliore dei modi, dovrebbero essere operativi prima di adottare una posizione finale in materia.

 
  
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  John Bowis, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, ieri i giornali riportavano buone notizie riguardanti la schiusa di alcune uova di una rara testuggine egiziana. Il problema era che si sono schiuse a Roma. Non avrebbero dovuto trovarsi là. Non avrebbero dovuto essere contrabbandate dalla Libia a Roma insieme ad altre 275 testuggini rare, perché rientrano nella più alta categoria di tutela della Convenzione CITES. La cosa peggiore è che questo succede nella nostra Unione europea.

Sappiamo che l’Unione europea è uno degli importatori e dei mercati più grandi ed eterogenei al mondo di specie selvatiche, nel cui ambito vi è una forte richiesta di animali domestici, prodotti di moda, soprammobili e medicine. Per tale motivo l’Europa ha una responsabilità specifica nel trovare un rimedio. Nel mio paese, ogni giorno, vengono confiscati dalle autorità doganali circa 570 esemplari di flora e fauna selvatiche importati illegalmente, e ci si chiede quanti non vengano scoperti.

Sappiamo che il commercio illegale di flora e fauna è, dopo la distruzione degli habitat, la seconda maggiore minaccia diretta per le specie. Sappiamo che un quarto del commercio è illegale. Sappiamo che, ogni anno, questo frutta miliardi di euro, terzo solo al traffico di sostanze stupefacenti e di armi.

Sappiamo, ovviamente, che dobbiamo tenere conto delle popolazioni locali e delle loro esigenze e tradizioni, e questo è nella risoluzione. Sappiamo che esistono divergenze di opinione tra ONG e tra scienziati, ma questa proposta di risoluzione, credo, è equilibrata.

Per concludere, approvo decisamente il contenuto delle dichiarazioni del Ministro e del Commissario a proposito degli elefanti, quindi vi prego di sostenere la risoluzione del Kenya e del Mali a favore di una moratoria di 20 anni sul commercio di avorio.

 
  
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  Dorette Corbey, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Commissario, come è già stato detto, questa sarà la prima Conferenza CITES a tenersi in Europa, offrendo l’occasione di portare all’attenzione del grande pubblico, molto più che in passato, il problema della tutela di flora e fauna selvatiche.

Anche se CITES è uno degli strumenti più concreti ed efficaci per proteggere l’ambiente internazionale, la riduzione della biodiversità è allarmante. Molte specie ittiche, per esempio, sono in cattive condizioni a causa, tra l’altro, dell’eccessivo sfruttamento. La domanda di pesce è enorme e continua ad aumentare. Ciò porta alla triste conseguenza della grave minaccia di estinzione che incombe, anche in questa fase, sulle specie ittiche pelagiche, mentre in molti paesi in via di sviluppo il mare è stato depredato dall’Europa o, quanto meno, da navi europee.

Per certi versi, purtroppo, si può dire lo stesso per le foreste tropicali. La richiesta di legno tropicale, nonostante le campagne condotte, rimane elevata. Aumenta anche la domanda di terreni agricoli, dovuta al bisogno di generi alimentari e a una crescente richiesta di biocarburanti, e saranno le antiche foreste a pagarne il prezzo.

L’iniziativa dell’Europa di includere molte specie ittiche nell’elenco delle specie protette merita il nostro incondizionato sostegno, così come l’iniziativa di includere nella lista alcune specie di alberi. Dovremmo chiederci, tuttavia, come possiamo migliorare le cose. Le pressioni sulla natura aumentano su scala globale. Ciò è spiegato, in parte, da una maggiore ricchezza, ma in alcuni paesi in via di sviluppo i motivi sono legati alla povertà.

Dovremmo pertanto adottare un approccio diverso, e renderci conto che la protezione della natura crea anche prosperità e posti di lavoro. Occorre adottare misure per garantire un commercio veramente sostenibile, e fare in modo che il commercio illegale sia effettivamente combattuto e fermato.

 
  
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  Mojca Drčar Murko, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, ci sono ottime ragioni per sostenere la proposta di una moratoria di 20 anni sul commercio di avorio. Contrariamente a quanto affermano alcuni Stati africani meridionali appartenenti all’Elephant Range – cioè di avere troppi elefanti – le stime della relazione sugli elefanti africani indicano che la loro popolazione è pari al 10-20 per cento rispetto agli anni trenta e quaranta.

La principale causa di riduzione è il commercio di avorio. Alla fine degli anni novanta i prezzi dell’avorio sono aumentati di oltre sette volte in Cina e Giappone. Una moratoria di 20 anni lancerà un chiaro segnale di divieto del commercio internazionale, soffocherà la domanda, abbasserà i prezzi e abolirà gli incentivi per l’acquisto e lo stoccaggio di avorio.

Signora Commissario, potrebbe essere più precisa e dire fino a che punto la Commissione intende prendere in considerazione la posizione a favore della moratoria espressa dalla delegazione di Stati dell’Africa centrale e occidentale che ci hanno fatto visita al Parlamento europeo?

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il Presidente in carica del Consiglio Gloser e il Commissario Ferrero-Waldner per quelle che sarei quasi tentata di chiamare parole rassicuranti. Tuttavia, non ho ricevuto risposta in merito alla trasparenza dei voti: credo che per noi sia indispensabile sapere come ogni Stato membro dell’Unione europea indirizzi i propri voti durante questa conferenza CITES.

Vorrei iniziare esprimendo anche la mia soddisfazione per la proposta, avanzata dalla Germania, di includere due specie di squalo – il gattuccio e lo smeriglio – nell’allegato II della CITES, una proposta che è anche stata appoggiata da molte associazioni che lavorano per proteggere queste specie. Crediamo che la proposta meriti pieno sostegno perché queste due specie, iscritte nel libro rosso delle specie in via di estinzione dell’UICN, richiedono un’attenzione particolare.

Tuttavia, al di là del caso specifico di queste specie, dobbiamo anche prestare maggiore attenzione allo status delle altre specie di squalo nelle acque mediterranee che bagnano i paesi dell’Unione europea; in tal modo entreranno in gioco sia l’Unione europea, sia la politica di vicinato.

In generale, bisogna riconoscere che il Mediterraneo è un mare a rischio: il prelievo indiscriminato di risorse alieutiche degli ultimi decenni, soprattutto se associato all’uso delle reti derivanti, ha portato a una notevole riduzione delle specie.

Pensiamo al caso del tonno rosso, che di recente è stato fortemente pubblicizzato da Greenpeace. Ma che cosa sappiamo, per esempio, degli squali nel Mediterraneo? Ciò che sappiamo globalmente sugli squali è che, in tutto il mondo, sono gravemente minacciati, sono oggetto di una pesca eccessiva e soffrono dell’alterazione degli equilibri marini.

Detto questo, l’Unione europea dispone di informazioni o di studi che le consentano di valutare la situazione degli squali nel Mediterraneo? Questa è la domanda. Se così non fosse, può prevedere lo svolgimento di studi seri che a lungo termine le consentano di avanzare proposte concrete, soprattutto alla CITES?

Per concludere ci sembra ugualmente importante includere il corallo rosso – che è anch’esso oggetto di una pesca eccessiva nel Mediterraneo – nell’allegato II della CITES.

 
  
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  Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signora Presidente, la Conferenza CITES che si terrà il prossimo mese all’Aia riveste un’enorme importanza se l’intento è quello di adottare misure contro il commercio internazionale di specie animali e vegetali minacciate di estinzione. Per questo motivo appoggio pienamente la risoluzione.

C’è un aspetto, però, che è stato sollevato molte volte questo pomeriggio e vorrei ricordare: quello degli elefanti in Botswana e Namibia. In questa regione vivono tre quarti dei 400 000 elefanti africani, che rappresentano un rischio inevitabile per la popolazione e l’ambiente e sono un danno per la biodiversità. Ecco perché questi paesi hanno presentato le proprie proposte sul mantenimento della popolazione degli elefanti e sulla riduzione dei rischi.

La risoluzione, purtroppo, respinge tali proposte. Pur essendo comprensibile che le persone vogliano fermare il commercio di prodotti derivati dagli elefanti, parere che condivido, è altrettanto importante affrontare la situazione in Botswana e in Namibia, caratterizzata dall’enorme aumento del numero degli elefanti. Dobbiamo riflettere con maggiore attenzione su questo problema. Dopo tutto, non possiamo permetterci di rifiutare soluzioni senza fornire alternative.

 
  
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  Karin Scheele (PSE). – (DE) Signora Presidente, l’onorevole Isler Béguin ha, di fatto, già presentato il contenuto dell’interrogazione orale, che nello specifico chiede cosa intende fare il Consiglio mediante i negoziati e i metodi negoziali, e in che veste la delegazione dell’Assemblea partecipa ai lavori sul campo.

Come molti altri deputati vorrei tornare sulla questione del commercio di avorio, che la Convenzione proibisce dal 1989 pur consentendo, dal 1997, la vendita di singoli oggetti in avorio. Pur essendo comprensibile che i paesi in cui il commercio continua abbiano un certo interesse, il problema è che sinora non è stato possibile distinguere tra avorio legale e illegale; c’è quindi il grave pericolo che il commercio legale contribuisca a una ripresa del bracconaggio.

La maggiore incidenza del bracconaggio, che esercita crescenti pressioni su chi si occupa di tutela ambientale e sulle autorità preposte alla protezione della natura, e un’efficace protezione dei pachidermi, che sono importanti per il reddito che molti paesi ottengono dal turismo, pesano sempre più sulle risorse già di per sé limitate. L’unica protezione possibile a lungo termine per l’avorio è un divieto assoluto del commercio, poiché si stima che, ogni anno, in Africa vengono uccisi circa 20 000 elefanti per le loro zanne.

La nostra risoluzione, quindi, appoggia la proposta avanzata da Kenya e Mali, così come la loro richiesta di una moratoria di 20 anni su qualsiasi forma di commercio di avorio. Speriamo che la Commissione e gli Stati membri diano, nel corso dei negoziati, il proprio sostegno a questa istanza.

 
  
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  Alfonso Andria (ALDE). – Signora Presidente, signora Commissario, signor Ministro, onorevoli colleghi riassumo molto rapidamente il senso del mio emendamento sostenuto dal gruppo ALDE.

Ho chiesto la soppressione del settimo trattino dell’articolo 10 della proposta di risoluzione della Convenzione Cites. Inoltre, trasferire nell’appendice II il corallo non trova fondamento scientifico, considerando che un panel di esperti di grande prestigio per conto della FAO ha affermato che non sussistono le condizioni per l’inserimento delle specie del genus corallium nell’appendice II della Cites – ho letto testualmente.

Si può preservare adeguatamente il corallo, anche attraverso un regime di rotazione delle aree protette tra i paesi produttori. Se venisse mantenuta l’attuale formulazione sarebbe inferto un duro colpo ai settori orafo e dell’artigianato artistico, nonché all’economia locale e all’occupazione di vari paesi dell’Unione: Italia, Spagna, Francia, Grecia e Malta; ed extraeuropei come Cina e Giappone.

Vi chiedo per questo di sostenere il mio emendamento, ammissibile dal punto di vista politico e confortato da tesi scientifiche.

 
  
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  Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, riguardo agli elefanti al momento non riteniamo opportuno appoggiare le proposte che sono state avanzate, perché gli Stati africani appartenenti all’Elephant Range si incontreranno direttamente prima della conferenza. Li incoraggiamo – credo questa sia la soluzione migliore – a impegnarsi in un vero dialogo, cercando così un accordo sull’adozione di un approccio comune.

 
  
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  Presidente. – A conclusione della discussione, comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 5, del Regolamento(1).

La votazione si svolgerà giovedì, alle 12.00.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


12. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0018/2007).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte al Consiglio.

Annuncio l’interrogazione n. 1 dell’onorevole Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0339/07):

Oggetto: Crisi politica in Turchia e prospettive di adesione

In questi ultimi giorni la Turchia, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, sta vivendo una grave crisi politica, che suscita seri dubbi per quanto attiene al funzionamento delle istituzioni democratiche. Il Tribunale costituzionale del paese ha annullato il primo turno delle elezioni, decisione vivamente contestata dal governo. Il primo ministro ha indicato che il sistema parlamentare è bloccato, chiedendo il ricorso anticipato alle urne mentre lo Stato Maggiore Generale dell’Esercito ha avvertito che interverrà per impedire l’elezione dell’islamista Abdullah Gül alla carica di presidente.

Come giudica il Consiglio tale situazione in un paese candidato all’adesione all’UE? Condivide l’opinione del sig. Olli Rehn, Commissario responsabile per l’allargamento, secondo cui le forze armate devono rispettare il ruolo autonomo delle procedure democratiche e che l’UE è fondata sui principi di libertà, democrazia, Stato di diritto e sovranità delle forze politiche rispetto a quelle militari, tenuto presente che per l’adesione di un paese all’UE si esige il rispetto di detti principi che costituiscono un elemento centrale dei criteri di Copenaghen? Quali ripercussioni ritiene che detti interventi dell’esercito possano avere sul processo di adesione del paese? Ha esso contatti diretti con gli esponenti istituzionali in Turchia e qual è la loro reazione?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Signora Presidente, seguiamo molto attentamente gli sviluppi in Turchia. Desidero inoltre ricordare all’Assemblea la dichiarazione della Presidenza del 28 aprile di quest’anno, in cui abbiamo sottolineato che le elezioni presidenziali devono necessariamente tenersi in linea con i principi della democrazia e dello Stato di diritto sanciti dalla costituzione.

Si noti che, in generale, i negoziati sono stati avviati con la Turchia nel 2005 alla condizione che il paese rispettasse i criteri politici stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen del 1993, da cui dipende l’adesione all’UE. Uno dei criteri politici è che un paese deve dare prova di stabilità istituzionale per garantire l’ordine democratico, lo Stato di diritto, la salvaguardia dei diritti dell’uomo e il rispetto e la protezione delle minoranze. Oltre a ciò, in conformità al quadro negoziale adottato dal Consiglio nell’ottobre 2005, l’Unione europea esige che la Turchia prosegua il processo di riforme e si impegni nel compiere ulteriori progressi nel rispetto dei principi di libertà, democrazia e Stato di diritto, nonché dei diritti umani e delle libertà fondamentali, comprese le sentenze della Corte di giustizia in materia.

L’11 settembre 2006 il Consiglio ha evidenziato la necessità di compiere ulteriori e notevoli sforzi per sviluppare la libertà di pensiero, la libertà religiosa, i diritti della donna, delle minoranze e dei sindacati, nonché il controllo civile sulle forze armate. Questi temi vengono periodicamente discussi nell’ambito del dialogo politico con la Turchia; poiché il Consiglio pretende che, nella situazione attuale, si rispettino appieno i succitati principi dello Stato di diritto e del controllo civile delle forze armate, la Presidenza continuerà a vigilare sugli sviluppi delle elezioni in Turchia.

 
  
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  Rodi Kratsa-Τsagaropoulou (PPE-DE). (EL) La ringrazio, signor Ministro, per avere enumerato i presupposti inderogabili stabiliti dall’Unione europea per l’integrazione della Turchia. Mi riferivo, comunque, alla crisi recente, che non avrebbe potuto avvenire né nei paesi dell’Unione europea né nei paesi candidati.

Non siamo abituati a questo tipo di crisi nei paesi candidati e credo che limitarci a “monitorare” – come lei ha detto – la situazione non sia sufficiente. Anche noi dobbiamo rendere conto ai cittadini europei di cosa facciamo per risolvere la situazione, e dobbiamo scuotere con forza la Turchia affinché si adegui una buona volta ai requisiti imposti per avanzare verso l’UE.

Chiediamo qualcosa in più di un semplice “monitoraggio”, signor Ministro. State facendo altro?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Nei negoziati con la Turchia l’Unione europea ha, credo, sempre agito facendo riferimento all’elenco dei criteri che ho appena citato. In precedenti occasioni, ha spiegato anche il modo in cui si potrebbe sostenere il paese e favorire alcuni sviluppi al suo interno.

Sono convinto che l’Unione europea debba esigere il rispetto del requisito di adesione e che, in ultima istanza, gli attori turchi debbano rendersi conto che le decisioni in materia spettano fondamentalmente ai politici, non alle forze armate.

Un punto importante – che sicuramente conoscerete – è che, nel corso della vertenza, è stato presentato un appello alla corte costituzionale turca: questo, come infatti ha affermato l’Unione europea, è il modo in cui il paese deve procedere. Non credo che al momento si possa fare altro.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE). (DE) Signor Presidente in carica del Consiglio, sebbene le sue affermazioni implichino che il Consiglio e l’Unione europea abbiamo messo a verbale tutta una serie di posizioni, la realtà è tuttavia che Cipro, come candidato all’adesione, non è riuscita a soddisfare questi criteri in almeno altrettanti casi.

E a proposito di Cipro, l’Unione europea o il Consiglio non potrebbero partecipare più attivamente di quanto non abbiano preannunciato? Stiamo osservando attentamente quanto succede nel paese.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS). (DE) Sebbene si proclami a favore della separazione tra religione e Stato sancita dalla costituzione turca, è noto che l’AKP ha intrapreso iniziative che fanno dubitare della veridicità della sua posizione. Ad esempio, ha condotto una campagna per l’abolizione del divieto di portare il velo e per una più diffusa istruzione islamica. In quale misura il Consiglio condivide il timore espresso dai critici della crescente islamicizzazione minacciata da questo partito, e in che modo si considera questa minaccia nell’ambito dei negoziati di adesione?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Iniziando dall’ultima domanda, posso solo ribadire che la Turchia sa perfettamente cosa deve fare nel corso dei negoziati di adesione, anche se ciò non esclude la possibilità che non solo osserviamo gli sviluppi critici, ma li commentiamo anche durante il dialogo. I turchi ne sono perfettamente coscienti, e al momento la Presidenza non ha motivo di cancellare i prossimi negoziati o le conferenze di adesione.

Per rispondere alla seconda osservazione, dirò che non ci limitiamo solo a osservare. Del resto, avendo stabilito il quadro, come potrebbe l’Unione europea ricordare alla Turchia gli impegni che ha assunto e i criteri cui si deve conformare se non con il dialogo? Sebbene sia l’attuale governo ad avere fondamentalmente la responsabilità del paese, non ha modificato i criteri; semmai sono stati altri gruppi del paese a minacciare di intervenire se il risultato finale non sarà di loro piacimento. Bisogna capire esattamente chi è responsabile del paese e, a nostro avviso, è ancora il governo democraticamente eletto.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 2 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0278/07):

Oggetto: Attività dell’Agenzia Frontex all’interno delle frontiere marittime

Alla luce dell’efficace intervento realizzato dall’Agenzia Frontex nella protezione delle acque atlantiche dell’Unione europea, può il Consiglio garantire la continuità della sua azione all’interno delle frontiere marittime dell’Unione?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Rimando l’onorevole deputato alle spiegazioni fornitegli in risposta a un’interrogazione orale presentata nella seduta sulle interrogazioni di aprile. Ribadisco che la Presidenza attribuisce grande importanza al costante miglioramento dei controlli integrati di frontiera ai confini esterni dell’Unione europea e, in particolare, al rafforzamento delle frontiere marittime esterne meridionali.

Ciò detto, il Consiglio ha già sottolineato, nelle conclusioni sul rafforzamento della frontiera marittima meridionale del 5 e 6 ottobre 2006, che Frontex dev’essere potenziata mediante un ulteriore impiego di personale e lo stanziamento di maggiori risorse di bilancio. Per migliorare le capacità di risposta immediata di Frontex alle situazioni di emergenza, la Commissione ha avanzato, nel 2006, una proposta per la costituzione di squadre di rapido intervento ai confini.

Il Consiglio ha tenuto un proficuo dibattito con l’Assemblea su questa proposta, e l’Aula ha votato il testo della proposta il 26 aprile di quest’anno, di modo che il Consiglio possa adottarlo in prima lettura. Desiderio della Presidenza è che il testo sia adottato dal Consiglio nelle prossime settimane, cosicché lo strumento possa essere applicato la prossima estate.

In base al proprio programma di lavoro per il 2007, l’Agenzia Frontex, oltre a completare la rete di pattugliamento europea, svolgerà una serie di operazioni congiunte lungo i confini marittimi, di cui sarà il consiglio di amministrazione a definire numero e a identificare i luoghi.

In conclusione, il Consiglio intende sottolineare che la Commissione, in conformità del programma dell’Aia adottato dal Consiglio europeo il 4 novembre 2004, presenterà entro la fine dell’anno una relazione di valutazione sull’Agenzia.

 
  
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  Manuel Medina Ortega (PSE). (ES) Il Presidente ha ricordato la mia interrogazione dello scorso aprile. Il sistema Frontex è efficace, ma il grande problema che si pone è la mancanza di continuità. Una breve interruzione di un paio di settimane ha portato, nelle ultime settimane, allo sbarco di oltre un migliaio di immigrati nelle Isole Canarie, con tutta la situazione drammatica che ne consegue.

La nostra preoccupazione è la continuità del sistema, e spero che, attraverso le misure annunciate dal Presidente in carica del Consiglio, diventi davvero permanente, poiché ogni giorno e ogni settimana senza di esso può comportare la morte di centinaia di persone nelle acque dell’Atlantico.

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Posso garantire all’onorevole Medina Ortega che sono perfettamente cosciente del problema, perché anche a noi capita di vedere queste cose nei media, e anche le persone in loco sanno cosa significa per i rifugiati e per chi si deve prendere cura di loro. Ad aprile ho detto, in risposta a un’interrogazione, che la protezione delle frontiere esterne spetta, in primis, allo Stato membro interessato, mentre si può ricorrere all’assistenza di Frontex in una situazione particolare, nel qual caso si possono anche creare squadre di intervento immediato. Tutto ciò dipende dall’interazione tra gli Stati membri interessati e l’Agenzia Frontex.

 
  
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  Simon Busuttil (PPE-DE). (EN) L’interrogazione riguardava l’Atlantico, ma io vorrei richiamare la vostra attenzione sulla tragedia umana che si sta consumando in questo momento nel Mediterraneo, dove lo scorso fine settimana è sopravvissuta solo una persona su una barca che trasportava 29 persone a 75 miglia nautiche a sud di Malta. Ieri, dopo il capovolgimento di una barca, sono state salvate in mare 24 persone e una è scomparsa. Sempre ieri è andata dispersa un’altra barca con 53 persone a bordo. E’ semplicemente sparita e non è stato possibile rintracciarla.

La mia domanda è: perché i pattugliamenti della Frontex non sono già iniziati nel Mediterraneo? Quando cominceranno? Cosa sta facendo la Presidenza al riguardo?

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE). (FR) Signor Ministro, ero a capo della missione di osservazione elettorale in Mauritania. Posso dirle che non passa settimana senza che arrivi una barca, che si arena e chiede soccorso, in rotta per le Canarie. Questi poveri diavoli devono essere accolti e, come a volte succede, devono essere accolti nelle acque mediterranee.

Vorrei quindi sapere quali mezzi l’Unione europea – questa Unione europea che sfrutta così tante risorse per proteggere i propri confini – mette a disposizione dei paesi vicini, cioè la Mauritania, che è un paese di passaggio – questi non sono paesi di migranti, ma semplicemente paesi di passaggio e di accoglienza – e quali mezzi l’Unione europea prevede per aiutarli a gestire il problema.

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Se consideriamo il problema dei rifugiati pensando solamente a come meglio difendere le nostre frontiere esterne, il nostro contributo non sarà sufficiente.

Poiché ho anche citato le numerose iniziative adottate dall’Unione europea, tra cui il Vertice Unione africana/Unione europea di Tripoli, sarebbe un errore considerare esclusivamente Frontex e la funzione che svolge nel contrastare il problema. La cosa importante, dopo tutto, è il modo in cui attuare la nostra strategia insieme ai paesi africani. Già abbiamo discusso con la Nigeria di come il buon governo può contribuire a trattenere le persone nel proprio paese, che in questo modo iniziano ad avere prospettive in settori quali l’istruzione, la formazione, le scuole, la salute e la creazione di posti di lavoro nel luogo in cui vivono. Questa è la cosa più importante. Spero che il tema sarà affrontato durante l’incontro al vertice tra Unione europea e Union africana.

In mare spesso accadono cose terribili, ma in passato, laddove sapeva dell’esistenza di scafisti, l’Unione europea aiutava a fornire alle boat people, con breve preavviso, un pranzo al sacco; anche se bisogna dire che tale forma di assistenza non era sufficiente per garantire un arrivo sicuro, queste persone sono state comunque aiutate.

Possiamo quindi convenire che sono gli Stati membri i responsabili della difesa delle frontiere esterne, mentre Frontex può essere chiamata in causa per svolgere un ruolo di supporto monitorando, ad esempio, un tratto di mare o di confine terrestre.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 3 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0280/07):

Oggetto: Sicurezza o libertà per i cittadini europei negli aeroporti

Può dire il Consiglio se ha valutato le misure che vietano il trasporto di sostanze liquide durante i voli aerei sotto il profilo dell’efficacia che esse hanno ai fini dello smantellamento del terrorismo e delle loro ripercussioni negative sull’economia e la salute nonché sulla giustizia, la libertà e la sicurezza che vanno garantite al semplice cittadino europeo, che si vede confiscare ingiustificatamente gli effetti personali, che si trova a dover rinunciare all’acqua potabile o a doverla pagare a caro prezzo e a farsi trattare male dai servizi di sicurezza degli aeroporti europei, dove non viene controllata la qualità dei servizi prestati ai cittadini?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Sono convinto che l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou comprende che tutti noi vorremmo avere l’opportunità o la libertà di viaggiare in maniera diversa, ma nell’Unione europea, con il regolamento approvato dalla Commissione nell’ottobre 2006, sono state adottate misure al fine di garantire un certo standard di sicurezza. L’adozione del regolamento è di competenza della Commissione che, in questo, è stata appoggiata dal comitato di sicurezza dell’aviazione civile, composto da rappresentanti degli Stati membri, e che ha agito in base alle proprie norme.

Poiché la Commissione si è impegnata a rivedere tali misure a sei mesi dall’adozione, le domande riguardanti il regolamento in oggetto dovrebbero essere rivolte direttamente alla Commissione, responsabile di tale revisione.

Ricordo all’onorevole parlamentare e all’Assemblea che le funzioni del Consiglio in materia di sicurezza aerea si limitano all’esame di proposte legislative in merito alle condizioni quadro per le misure di sicurezza, oltre alle quali il Consiglio e l’Assemblea stanno ora discutendo la proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile, che dovrebbe sostituire il regolamento attualmente in vigore.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). (EL) La ringrazio, signor Ministro, della sua risposta. La mia domanda era se i cittadini possono in qualche modo sporgere un reclamo che potrebbe essere preso in considerazione dalla Commissione e se lei, in rappresentanza del Consiglio, potrebbe proporre la distribuzione gratuita di acqua, anche solo per viaggi brevi, e se state svolgendo una valutazione ambientale degli sprechi generati da questa misura.

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, credo sia nell’interesse di tutti, soprattutto degli stessi viaggiatori, poter volare con la massima sicurezza. Nulla è stato fatto su due piedi, e c’erano motivi concreti per dover garantire la sicurezza a queste condizioni.

Senza dubbio è importante chiedere alle persone interessate cosa si è ottenuto secondo loro con tutto questo. Purtroppo, allo stato attuale, non esistono altri meccanismi per valutare le cose in maniera più trasparente e, forse, più semplicemente come si faceva in passato, ma nessun esponente dell’opinione pubblica felice di avvalersi della libertà di circolazione e della libertà di viaggiare capirebbe chi è responsabile della sua libertà e sicurezza se non gli fossero garantiti i maggiori standard di sicurezza possibili. Se nuovi progressi tecnologici permettessero di utilizzare nuove modalità e di evitare simili impedimenti, chiunque li accoglierebbe.

Per quanto riguarda le sue osservazioni, nonostante tutte le informazioni fornite su cosa non si può più portare al di là dei punti di controllo, ci sono ancora troppe persone che si portano bottiglie di acqua minerale e di succo di frutta o altri oggetti. Se i passeggeri si assumessero le proprie responsabilità, potremmo sicuramente ridurre l’entità degli sprechi.

 
  
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  Robert Evans (PSE). (EN) Posso informare l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou che domani si terrà un’audizione al riguardo.

Rispetto a quanto detto poc’anzi dal Presidente in carica del Consiglio, egli non crede forse che il parere espresso nell’interrogazione sia ingenuo e ricco di insinuazioni, generalizzazioni gratuite e, direi, critiche rivolte al nostro stimato personale di sorveglianza degli aeroporti? Inoltre, il Consiglio conviene che, forse, pagare ad esempio un po’ di più l’acqua e sacrificare qualche comodità nei nostri aeroporti sia un piccolo prezzo da pagare per una maggiore sicurezza dei passeggeri, minori rischi di attentati terroristici e un maggiore benessere per tutte le persone che utilizzano gli aeroporti, siano esse in partenza, in arrivo o in transito?

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE). (LT) Signora Presidente, signor Ministro, un mese fa in questa stessa sede è stata posta la medesima domanda a un rappresentante della Commissione europea, ma non abbiamo avuto una risposta chiara. Sinceramente, sono d’accordo che la priorità assoluta sia la sicurezza; tuttavia, è probabilmente giunta l’ora di rivedere la decisione e di addolcire o rendere ancora più severa questa misura. Cosa ne pensa?

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). (EL) Signora Presidente, mi dispiace ma posso solamente supporre due cose: o la mia domanda complementare non è stata tradotta, o il Presidente in carica del Consiglio non ha per niente risposto a quanto gli avevo chiesto.

Ho fatto domande specifiche: se io, come qualsiasi altro cittadino europeo, posso esprimere un reclamo in seguito a questo controllo. Ho anche chiesto riguardo agli sprechi…

(Il Presidente interrompe l’oratore)

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. (DE) Poiché queste discussioni si svolgono a livello locale, non sono a conoscenza di alcun reclamo, ma dirò molto chiaramente – e questo è il punto su cui sono d’accordo con l’onorevole deputato – che non stiamo parlando di protezione dell’ambiente e della possibilità di limitare a qualcuno la libertà di viaggiare, ma piuttosto di sicurezza. A tutti gli interessati vorrei dire – e così facendo do il mio sostegno al personale di sorveglianza che deve effettuare i controlli – che, se la concorrenza produce un maggior numero di passeggeri, la cosa importante è garantirne la sicurezza, non limitarli.

Come abbiamo imparato dall’esperienza del Regno Unito, potrebbe essere sufficiente ricorrere a uno, due o tre espedienti. E’ giusto e opportuno, dopo un certo periodo di tempo, rivedere le misure per accertarsi se abbiano o meno raggiunto lo scopo. Non occorre regolamentare sempre tutto, ma si devono introdurre alcune misure e, se lo si fa, l’opinione pubblica deve necessariamente accettare di assumersi una certa responsabilità.

Il fatto è che sono state date così tante informazioni che gli oggetti che occorre ritirare – dagli accendini alle bottiglie di contenuto superiore a 100 ml – non andrebbero sprecati se le persone avessero riflettuto un po’ prima di imbarcarsi su un volo.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 6 dell’onorevole Sarah Ludford (H-0285/07):

Oggetto: Gay Pride

In risposta all’opposizione e agli attacchi verificatisi durante alcune manifestazioni Gay Pride sia all’interno che all’esterno dell’UE nel 2006, il 16 giugno di tale anno il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla crescita della violenza razziale e omofoba in Europa. Tale risoluzione rammenta che gli Stati europei hanno l’obbligo di consentire queste manifestazioni e di proteggerne i partecipanti e condanna, in particolare, la decisione delle autorità russe di vietare la prima Gay Pride del 27 maggio 2006 a Mosca.

Nell’imminenza della stagione delle Gay Pride, negli Stati membri dell’UE stanno emergendo preoccupazioni su come garantire una reale protezione dei partecipanti, mentre è manifesta l’opposizione alla Gay Pride prevista anche per quest’anno a Mosca.

Ciò premesso, quali misure intende adottare il Consiglio per assicurarsi che le autorità degli Stati membri tutelino realmente i partecipanti a tali manifestazioni? Quali ripercussioni potrebbe avere un episodio di intolleranza nei confronti della comunità LGBT sui rapporti del Consiglio con gli altri governi?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) La Presidenza è del parere che la discriminazione sulla base della razza, dell’etnia, della religione o della concezione della vita, della disabilità, dell’età o dell’orientamento sessuale sia incompatibile con i principi su cui è fondata l’Unione europea, e le Istituzioni comunitarie hanno denunciato tale discriminazione ogniqualvolta è comparsa in qualsivoglia forma; vi ricordo altresì il dibattito tenutosi in questa sede poche settimane fa.

Inoltre, la Presidenza promuove la libertà di riunione e di associazione e si oppone alla discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale, e colgo l’occasione per ribadire che l’intensificarsi della violenza razzista e omofoba in Europa o in altre parti del mondo suscita la sua preoccupazione. In virtù dei poteri ad essa concessi dai Trattati, l’Unione europea persegue con determinazione una politica esplicita di lotta ai suddetti fenomeni non solo all’interno dei propri confini, bensì anche mediante le proprie misure di politica estera; nei rapporti con l’estero, l’Unione europea si sforza di combattere la discriminazione nel quadro delle Nazioni Unite, compresa la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, e così nel 2006, insieme ad altri, ha promosso una campagna efficace affinché ai gruppi di omosessuali, lesbiche, bisessuali e transessuali venisse concesso in modo incondizionato lo status consultivo da parte del Comitato per le organizzazioni non governative del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE).(EN) Si tratta indubbiamente di nobili sentimenti, ma ciò che mi interessa è se stiamo traducendo tali sentimenti in azioni. Vi sono Stati membri dell’UE che vietano le dimostrazioni del Gay Pride: è il caso della Polonia, che ha ricevuto una condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo; ci sono poi le autorità di Vilnius che vietano l’ingresso in città all’autobus dell’UE per le pari opportunità. Di certo si tratta di una violazione dell’articolo 6 del Trattato comunitario dei diritti dell’uomo e dell’articolo 13 del Trattato CEE in materia di non discriminazione.

Che cosa replicano il Consiglio e la Presidenza ai governi polacco e lituano e agli altri paesi dell’UE che non rispettano la legge sull’uguaglianza? Vilnius vi sembra la sede giusta per l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, alla luce delle tendenze allarmanti che si registrano in tale città?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio.(DE) Signora Presidente, baronessa Ludford, sono a conoscenza dei dibattiti tenuti nella vostra Assemblea, a uno dei quali – svoltosi di recente – abbiamo anche partecipato; posso soltanto dire che qualche mese fa, alla fine dello scorso anno, in Polonia si è tenuta una manifestazione a favore della tolleranza, e che fino a poco tempo fa si potevano organizzare tranquillamente dimostrazioni. La Presidenza denuncerà sempre gli atti da voi citati quando si verificano all’interno dell’Unione europea.

Per quanto riguarda le questioni su cui l’Unione europea non ha alcuna influenza, vi assicuro che le solleveremo nelle occasioni di incontro, e sicuramente nel dialogo sui diritti umani tra l’Unione europea e la Russia.

Al momento non ho informazioni sui divieti a cui fa riferimento, a causa dei quali il bus dell’uguaglianza non avrebbe avuto il permesso di procedere o non gli sarebbe stato consentito l’ingresso in città, ma darò seguito al Suo suggerimento. Magari potrebbe informare la Presidenza riguardo al paese in cui ciò si è verificato.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 7 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0287/07):

Oggetto: Diritti umani in Cecenia

Il Presidente Putin ha nominato Kadyrov Presidente della Cecenia senza consentire ai Ceceni di votare in merito e nella consapevolezza che organizzazioni indipendenti per i diritti umani hanno indicato Kadyrov come Comandante di squadroni della morte.

Come valuta il Consiglio la situazione in Cecenia? Quali sono i provvedimenti da esso adottati per ripristinare in tale

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Onorevole Posselt, condividiamo la preoccupazione espressa dalla sua domanda sulla posizione concernente i diritti umani e le libertà fondamentali nel Caucaso settentrionale e nella Russia nel suo complesso e, per tale ragione, teniamo sotto continuo controllo tali sviluppi.

Il Consiglio reitera costantemente tale preoccupazione portandola all’attenzione della Russia durante il dialogo UE/Russia, a cui ho appena fatto riferimento in un altro contesto; sono stati istituiti vari livelli ai quali è possibile sollevare questioni con i russi, non solo nel dialogo politico dei vertici e delle riunioni ministeriali, ma anche nelle consultazioni sui diritti umani che sono state introdotte nel 2005 sotto la Presidenza lussemburghese e che ora si svolgono con cadenza semestrale.

In seno a tali consultazioni l’UE esprime regolarmente la sua particolare preoccupazione per la situazione nella Repubblica cecena. Le consultazioni sui diritti umani rappresentano ora una componente imprescindibile dei rapporti tra l’UE e la Russia; l’ultima tornata si è svolta il 3 maggio, e all’ordine del giorno c’era la situazione in Cecenia.

Mentre siamo in argomento, vorrei anche menzionare che è appena diventato operativo il programma d’azione TACIS per la ricostruzione sociale ed economica nel Caucaso settentrionale, finanziato dall’UE con 20 milioni di euro: tale programma offre la prospettiva di sviluppi positivi.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente in carica del Consiglio, nel fine settimana il Cancelliere federale ha dimostrato che è possibile coniugare la determinazione e la fedeltà ai principi all’abilità diplomatica, e lei qui sta facendo altrettanto.

A questo punto vorrei sapere – si tratta di una domanda molto concreta – che cosa si può fare per migliorare l’accesso alla Cecenia. State facendo qualcosa al riguardo? In secondo luogo, le elezioni in Cecenia si tengono sotto la supervisione dell’OSCE, e anche il Consiglio d’Europa si è molto impegnato in tal senso. Tutto ciò ha subito una battuta d’arresto. L’UE, come Comunità in seno al Consiglio d’Europa e all’OSCE, non potrebbe insistere per avviare nuove iniziative di intervento diretto in Cecenia?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Onorevole Posselt, non credo di doverle spiegare io com’è la situazione della sicurezza in Cecenia, né devo ricordarle che è tale da rendere più difficoltoso l’accesso al paese, tuttavia il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha recentemente constatato, in occasione di una visita, che sono stati compiuti progressi in termini di sviluppo economico, benché questo debba essere portato all’attenzione della Russia, come lei ha ricordato, in seno a un dialogo franco. Laddove siano divenuti operativi dei programmi, bisognerebbe tentare di attuarli il più estesamente possibile, per consentire loro di esercitare un impatto effettivo sui destinatari.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 8 dell’onorevole Philip Bushill-Matthews (H-0291/07):

Oggetto: Dazi sulle lampadine

Intende la presidenza in carica adoperarsi per giungere a un accordo per ridurre o, idealmente, eliminare i dazi sull’importazione di lampadine a risparmio energetico dalla Cina, che saranno riesaminati in ottobre? Quali saranno, a giudizio del Consiglio, i costi e i benefici per i consumatori dell’UE dell’abolizione di questi dazi? In particolare, quali Stati membri si oppongono attualmente a tale abolizione?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Onorevole Bushill-Matthews, il Consiglio la rimanda in prima istanza alla risposta del 5 marzo di quest’anno all’interrogazione scritta al riguardo, in cui spiegava il motivo per cui nel 2001 sono state imposte tariffe antidumping sull’importazione di lampade fluorescenti compatte elettroniche integrate provenienti dalla Repubblica popolare cinese, e in cui dichiarava inoltre che la Commissione, il 17 luglio 2006, aveva iniziato una revisione in vista dell’imminente cessazione dell’applicabilità di tali misure in linea con l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento antidumping, e che tale revisione si sarebbe dovuta completare entro 15 mesi al massimo, vale a dire entro ottobre 2007.

Una volta giunta alle proprie conclusioni, la Commissione inoltrerà una proposta al Consiglio, che avrà quindi un mese di tempo per decidere se accettarla o meno. Tale proposta non è stata ancora sottoposta al Consiglio, che non è ancora a conoscenza delle posizioni finali assunte dagli Stati membri.

Posso tuttavia assicurarvi che qualsiasi decisione terrà conto degli interessi di tutte le parti. Sono sicuro che sapete che la Commissione e il Consiglio, quando promulgano misure di protezione del commercio, tengono costantemente conto dei fatti e dei vari interessi coinvolti – ad esempio quelli di produttori, utenti, importatori e consumatori – e tentano di bilanciarli per garantire un livello adeguato di protezione al ramo dell’industria in questione. In poche parole, significa che si interviene soltanto nella misura in cui ciò possa proteggere il settore comunitario in questione da pratiche sleali nei paesi terzi, e solo per il tempo necessario a tutelare gli interessi della Comunità.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE).(EN) Una risposta decisamente diplomatica, ma vediamo se posso fare un altro tentativo in un contesto leggermente diverso. Ho letto sul giornale di oggi che una certa società del settore alimentare sta chiedendo tutela dalle importazioni di granturco dalla Thailandia. Il Consiglio – non la Commissione – è preoccupato per l’ondata crescente di protezionismo che si ravvisa negli Stati membri, e – sotto la Presidenza tedesca – intende sfruttare la propria leadership per combattere tale fenomeno?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) Le posso assicurare che la mia risposta non era affatto diplomatica, ma toccava svariati aspetti che devono essere considerati non solo dalla Presidenza, ma anche dagli Stati membri nel loro complesso, poiché vi sono vari interessi in gioco – gli interessi di quelli che sono attualmente 27 Stati membri.

Ho inoltre chiarito che vi sono diversi utenti o consumatori da considerare, oltre agli importatori, ai produttori e ai concorrenti. Ritengo che in linea di principio sia giusto aver scelto il mese di ottobre 2007 quale data ultima per esaminare se la protezione attuale, così come si presenta, sia tuttora appropriata in termini di tempi o se ci debba essere una risposta da parte dell’Unione europea.

Non sono a conoscenza del caso da lei citato, ma credo che sia prassi della Commissione esaminare le varie aree prima di procedere all’eventuale sospensione del meccanismo di protezione. L’interrogativo che emerge per me e per la Presidenza, non da ultimo dalle discussioni che abbiamo avuto, è il seguente: se il nostro processo decisionale non fosse stato condizionato da tutti questi aspetti, in alcuni Stati membri ci sarebbero state manifestazioni di collera nei confronti dell’Unione europea, accusata di non saper creare un equilibrio tra i diversi interessi.

 
  
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  Presidente. – Annuncio l’

interrogazione n. 9 dell’onorevole Marie Anne Isler Béguin (H-0294/07):

Oggetto: Accordo sulla semplificazione del regime dei visti per i cittadini della Federazione russa

L’Unione europea ha recentemente semplificato il regime dei visti per i cittadini della Federazione russa sulla base dell’accordo raggiunto in occasione del vertice di San Pietroburgo nel 2003.

Ne consegue che i residenti dell’Abkazia e dell’Ossezia meridionale, due regioni secessioniste della Georgia, non riconosciute dalla comunità internazionale, potranno beneficiare di questo nuovo regime di visti, essendo in possesso di un passaporto russo.

Dato che un simile accordo non esiste con la Georgia, la nazionalità russa risulta più vantaggiosa per la popolazione di queste due regioni separatiste, il che le allontana ancor più dal resto della Georgia.

Dal momento che l’Unione europea si adopera per una soluzione pacifica dei conflitti in Abkazia e nell’Ossezia meridionale e per un loro ravvicinamento alla Georgia, cosa intende fare il Consiglio per rimediare a questa situazione?

Ha previsto, prossimamente, di avviare negoziati su un accordo analogo con la Georgia per garantire gli stessi diritti alle popolazioni del Caucaso meridionale?

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) L’idea è che l’accordo tra la Comunità europea e la Federazione russa sulla semplificazione del regime dei visti entri in vigore a decorrere dal 1° giugno 2007, e anche questo è stato argomento di discussione in quest’Assemblea qualche settimana fa. Tale accordo si propone di semplificare il rilascio del visto per un soggiorno programmato della durata massima di 90 giorni per i cittadini della Federazione russa che si recano negli Stati membri dell’UE o per i cittadini dell’Unione europea che vanno nella Federazione russa.

Ai sensi di tale accordo, viene considerato cittadino della Federazione russa ogni persona che ha la nazionalità di tale Federazione o che l’ha acquisita in base alle norme in vigore in Russia. Di conseguenza, in conformità della legge nella sua versione attuale, l’accordo è applicabile a tutti i cittadini russi indipendentemente dal paese in cui vivono.

Non sono state avviate iniziative per incaricare la Commissione di avviare negoziati in vista di un accordo analogo con la Georgia, in quanto nel piano d’azione UE-Georgia e nell’ambito della politica europea di vicinato è già previsto l’avvio di un dialogo sul transito delle persone, con un riferimento specifico alle questioni del rientro e al problema dei visti.

 
  
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  Marie Anne Isler Béguin (Verts/ALE).(FR) Signor Ministro, mi ha dato la stessa risposta che mi ha già fornito per tre volte il Commissario Ferrero-Waldner, ma in realtà non ha risposto alla mia domanda.

La questione riguarda la semplificazione del regime dei visti per i residenti in territorio georgiano, in Abkazia o in Ossezia meridionale, e ai quali la Russia ha gentilmente offerto la nazionalità e ha rilasciato un passaporto russo – anche se si tratta di cittadini georgiani – tanto che i cittadini della Georgia sono soggetti a un sistema con due pesi e due misure.

La mia domanda è: avete tenuto conto del fatto che, quando fosse stato semplificato il regime dei visti per i cittadini russi, ne avrebbero beneficiato coloro ai quali la Russia ha concesso la nazionalità corredandola di passaporto e che, risiedendo in territorio georgiano, sono georgiani dell’Abkazia o dell’Ossezia meridionale, mentre i cittadini stessi della Georgia non avrebbero goduto di tale vantaggio?

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE).(DE) Signor Presidente in carica del Consiglio, qual è la posizione del Consiglio per quanto riguarda analoghi accordi favorevoli in materia di visti per Stati quali Ucraina, Moldova e Bielorussia? A mio avviso è importante non dimenticarsene.

 
  
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  Günter Gloser, Presidente in carica del Consiglio. – (DE) All’onorevole Isler Béguin posso dire che, se la Commissione e il Consiglio hanno fornito la medesima risposta per tre volte, non significa che la stessa sia sbagliata o incompleta: si tratta della posizione giuridica. Tuttavia, mentre ascoltavo la Sua interrogazione, mi è venuta in mente la soluzione politica – alla luce dei conflitti congelati presenti in tali regioni – per creare agevolazioni ai cittadini della Georgia, per esempio, o – come ha rilevato l’onorevole Paleckis – di altri paesi. Tali questioni sono oggetto di negoziati nel contesto dei rapporti specifici, e con la Georgia, a titolo di esempio, nel quadro della politica di vicinato. Mi sembra chiaro che il rapporto privilegiato che sussiste tra l’UE e l’Ucraina o la Bielorussia rende necessario, per tali casi specifici, tentare di stipulare tali accordi in linea con le disposizioni dell’UE e con il regime di Schengen.

 
  
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  Presidente. – Grazie, signor Presidente in carica del Consiglio, e grazie a tutti per aver contribuito ad affrontare più interrogazioni del previsto.

Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.

(La seduta, sospesa alle 19.05, riprende alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 

13. Verifica dei poteri di Beniamino Donnici (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0198/2007), presentata dall’onorevole Giuseppe Gargani a nome della commissione giuridica, sulla verifica dei poteri di Beniamino Donnici.

 
  
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  Giuseppe Gargani (PPE-DE), relatore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, riferisco in Aula sul lavoro svolto in commissione, la quale ha discusso in modo approfondito sulle credenziali dell’on. Donnici, arrivando a un risultato in larga maggioranza favorevole alla relazione.

Difendo la commissione, di cui ho il grande onore di essere presidente, e rispondo a chi fa meschine insinuazioni – le quali ovviamente non fanno onore neppure a questo Parlamento dato che la commissione ha nel suo interno fior di giuristi – secondo cui essa non sarebbe stata serena e non sarebbe stata obiettiva. Abbiamo persone e giuristi come Lehne, Medina, Wallis, Frassoni, solo per citare i coordinatori, e anche tante altre personalità in tutta la commissione. Abbiamo discusso sempre ad alto livello, con grande approfondimento e con grande sincerità. Abbiamo sempre più di tutto approfondito il ruolo di questo Parlamento, che è un gigante per tante cose che fa e per il ruolo che ha in Europa, ma è un nano alcune volte quando lo si vuol costringere in un angolo burocratico.

La questione di cui discutiamo rientra in questa grande questione: i fatti sono noti, la rinunzia dell’on. Occhetto è in contrasto con l’Atto europeo e Donnici non può avere una valutazione positiva.

La disciplina della procedura elettorale europea è materia di competenza comunitaria e pertanto il rinvio alle disposizioni nazionali disposto dall’Atto europeo del ’76 ha solo carattere suppletivo. Le disposizioni nazionali devono essere comunque conformi ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario, alle sue regole di carattere primario nonché allo spirito della lettera dell’Atto del ’76. Per queste ragioni, le autorità nazionali competenti legislative e amministrative come quelle anche giurisdizionali, non possono non tenere conto del complesso giuridico comunitario in materia elettorale.

La conformità della rinunzia dell’on. Occhetto deve essere valutata in primo luogo alla luce dell’articolo 4 dell’Atto del ’76, in base al quale i membri del Parlamento non possono essere vincolati da istruzioni nel ricevere il mandato imperativo e la libertà e l’indipendenza dei deputati costituiscono il pilastro fondamentale della libertà del cittadino.

Questo è stabilito nell’Atto del ’76, ma il nuovo Statuto dei deputati europei che ora cito, anche se entra in vigore nella prossima legislatura, è allo stato attuale dell’ordinamento comunitario un atto legislativo di diritto primario, adottato dal Parlamento europeo con l’approvazione del Consiglio e pubblicato nella Gazzetta ufficiale. E’ più che evidente che la rinunzia all’elezione formulata dall’on. Occhetto è il risultato di un’espressione di volontà condizionata e viziata da un accordo precedente alla proclamazione degli eletti nelle elezioni europee del 2004, concluso con l’altra componente della lista Società civile Di Pietro-Occhetto, e che questa rinunzia deve ritenersi incompatibile con la lettera e lo spirito dell’Atto del ’76, in particolare con l’articolo 6. Non poteva in nessun caso essere validamente revocata, come è stata revocata. Nel motivare la sentenza contraria il Consiglio di Stato – voglio ribadirlo in quest’Aula da italiano – non ha menzionato né tenuto conto in nessuna parte dei citati principi di diritto comunitario, con ciò disattendendo non solo lo spirito e la lettera dell’Atto ma anche l’articolo 4 e l’articolo 6 del testo.

Conformemente ad una consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, la violazione del diritto comunitario da parte delle autorità di uno Stato membro, anche quando sia stata commessa da un organo giurisdizionale di ultimo grado, mediante una sentenza passato in giudicato, non impedisce alla Corte di giustizia di poter constatare la suddetta violazione del diritto comunitario da parte del Giudice nazionale supremo. Ma non sottrae lo Stato, in questo caso l’Italia cui detto giudice appartiene, alla sua responsabilità patrimoniale, così come stabilito. Credo che tutto questo dimostri chiaramente la situazione nella quale ci troviamo.

Rapidamente voglio dire due cose che appartengono al diritto italiano. L’atto di rinunzia può avere validamente per oggetto diritti presenti e in tal caso è pienamente operativo sotto il profilo dell’esplicazione ed efficacia la rinunzia che l’on. Occhetto fece nei confronti dell’on. Chiesa. La rinunzia è valida anche per i diritti futuri, ma naturalmente questa rinunzia può essere certamente revocata prima che l’evento si determini, prima che il rinunciatario si trovi nella condizione effettiva di poter rinunziare.

La rinunzia espressa dell’on. Occhetto dopo la proclamazione dei risultati elettorali non ha modificato la graduatoria dei candidati della lista Di Pietro-Occhetto. L’argomento definitivo, onorevole Presidente, è proprio che per un principio elementare di diritto bisogna riconoscere che la rinunzia non può esplicare i suoi effetti se non al momento in cui si realizzano i necessari presupposti perché il diritto possa essere realizzato.

Proprio per questa ragione, nella decisione del 3 luglio del 2006 che si invoca per dimostrare una contraddittorietà rispetto a quello che noi abbiamo fatto – proprio per quella decisione della commissione giuridica – abbiamo dato parere positivo all’elezione di Occhetto, perché all’epoca la proclamazione era conforme all’Atto europeo, perché riconoscevamo la sua rinunzia non valida, irrituale e nulla. E le eccezioni dell’on. Donnici allora erano irrilevanti. Proprio per questo non c’è contraddizione.

Abbiamo deciso lo scorso anno in questo modo, e oggi possiamo confermare quella stessa decisione perché è coerente, meditata da una commissione giuridica che naturalmente non ha nessuna partigianeria, ma fa l’interesse per promuovere e per garantire l’autonomia di questo Parlamento.

 
  
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  Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE. (ES) Signor Presidente, ritengo che ci troviamo in un momento davvero importante della storia di questo Parlamento. Il relatore, presidente della commissione giuridica, onorevole Gargani, ha esposto le motivazioni giuridiche, su cui concordiamo. Il mio gruppo ha presentato una serie di emendamenti mirati a rafforzare tale argomentazione giuridica.

Tuttavia, dovremmo esaminare il tema in una prospettiva più ampia. Il Parlamento europeo – la commissione giuridica – ha sempre riconosciuto le decisioni delle autorità nazionali rispetto alla nomina di un europarlamentare e ha anche riconosciuto i procedimenti di contenzioso elettorale.

Non è però accettabile che, praticamente a tre anni dalle ultime elezioni, un anno dopo l’assegnazione del seggio al Parlamento europeo all’onorevole Occhetto, improvvisamente il sistema giudiziario italiano ci venga a dire che quella nomina non era valida.

L’onorevole Gargani ha spiegato le ragioni dal punto di vista giuridico, ma c’è un elemento politico fondamentale: il Parlamento è costituito da deputati nominati in conformità del diritto nazionale, mediante decisioni di autorità nazionali – amministrative, elettorali o giudiziali.

Tuttavia, una volta qui in Parlamento, quest’ultimo costituisce un’entità di diritto, con personalità propria, con il diritto di difendersi. Il caso Occhetto stabilirà un precedente parlamentare importante. D’ora in poi, le autorità nazionali amministrative o giudiziali sapranno che il Parlamento ha la facoltà, in un determinato momento, di dichiarare che una decisione nazionale non è a norma di legge, che è stata arbitraria.

Il Parlamento ha il diritto e il dovere di proteggere i propri deputati. Se non lo facciamo, ci esponiamo a una situazione in cui per una decisione arbitraria di un’autorità nazionale o di un tribunale nazionale, lei, signor Presidente, o qualunque altro deputato di questo Parlamento, potrà essere privato della sua condizione di europarlamentare. E’ essenziale per il lavoro parlamentare che i deputati al Parlamento si sentano sicuri nello svolgimento del proprio dovere.

Io credo che l’onorevole Gargani abbia svolto un ottimo lavoro come presidente – in tanti anni abbiamo discusso di molti temi – e in questo caso abbiamo un accordo tra tutte le parti, che non riflette alcun interesse di partito, ma risponde alla necessità di difendere lo status del Parlamento europeo in quanto tale.

Il Parlamento europeo, questo organismo che rappresenta i popoli europei, si costituisce come un’entità propria dotata di potere decisionale. Non è come il Consiglio che dipende dalle trasformazioni della politica nazionale. Noi parlamentari europei abbiamo un mandato, un mandato a scadenza fissa che non può essere interrotto da una decisione nazionale arbitraria.

Pertanto, ribadisco che la decisione Occhetto sarà una decisione storica nella storia del Parlamento, nella storia dell’affermazione della personalità del Parlamento e dei diritti dei parlamentari europei.

 
  
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  Luigi Cocilovo, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, se concordo su qualcosa è che c’è il rischio che la decisione di questo Parlamento segni una tappa effettivamente storica, perché con essa si compromettono questioni, problemi, principi, regole che vanno ben oltre l’episodio. Mai questo Parlamento ha messo in discussione il principio e la regola dettati dalle norme del Trattato circa la competenza nazionale a dirimere le contestazioni relative alla procedura elettorale e, quindi a proclamare gli eletti, per i quali il Parlamento poi procede alla cosiddetta verifica dei poteri, cioè dei titoli elettorali.

A conferma di quanto sto dicendo, preferisco citare, anziché commentare, testualmente il contenuto della decisione del Parlamento, adottata il 14 dicembre 2004 da questa plenaria, per convalidare il mandato di tutti noi eletti in quella tornata di elezioni europee. Il mandato è stato validato, cito testualmente “…sotto riserva di eventuali decisioni delle autorità competenti degli Stati membri nel caso di contestazione di risultati elettorali”. Questa plenaria ha confermato una regola nota a tutti!

Aggiungo, che a suffragio della propria decisione, la commissione giuridica richiama una serie di articoli sia dell’Atto europeo elettorale, sia del regolamento, continuando a fare riferimento alla competenza del Parlamento per intervenire in caso di dimissioni. Ma non siamo parlando di alcuna dimissione! La questione su cui si è pronunciata la magistratura italiana con sentenza riguarda la contestazione o la risoluzione della contestazione sulla elezione, una volta che è decaduto da membro del Parlamento l’onorevole Di Pietro, con la sua sostituzione da parte dell’on. Occhetto o dell’on. Donnici. Il contenzioso si è risolto con una sentenza provvisoria e non definitiva, che aveva portato alla proclamazione di Occhetto; è intervenuta poi la sentenza successiva del Consiglio di Stato – dell’Ufficio elettorale, è lo stesso on. Gargani, non ha importanza – è intervenuta la sentenza a fronte del contenzioso, la sentenza definitiva del Consiglio di Stato che ha proclamato l’on. Donnici. Non discutiamo delle dimissioni di Occhetto, della loro compatibilità con la formula, con la lettera, con il mandato, discutiamo esclusivamente della prerogativa e delle competenze delle autorità nazionali per proclamare un membro di cui poi si convalidano i titoli elettivi.

Le conseguenze del voto che ci apprestiamo a esprimere comporterebbero un gravissimo conflitto istituzionale, violazione delle norme del Trattato, l’eventuale vacanza di un seggio, perché in ogni caso sarebbero le autorità nazionali poi a dovere proclamare l’eletto in alternativa a colui a cui non è stato validato il mandato.

Concludo esprimendo tutto il mio apprezzamento per i componenti della commissione. On. Gargani, nessuno mette in dubbio la competenza dei componenti, anzi avete tutta la mia ammirazione, perché la competenza autentica di un giurista si giudica non quando difende le cause vinte, ma quando difende le cause perse. Il modo con cui siete riusciti ad ottenere questo risultato merita tutto il mio apprezzamento e la mia stima.

 
  
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  Salvatore Tatarella, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, con tutto il rispetto per la moltitudine di autorevoli giuristi che affollerebbe la commissione giuridica, più modestamente ritengo che se domani quest’Aula approvasse la relazione Gargani, il Parlamento europeo commetterebbe un atto gravissimo e senza precedenti, un arbitrio inaudito contro un deputato che si vedrebbe illegittimamente privato del suo mandato parlamentare, un’inedita e singolare violazione dei trattati che in materia elettorale riconoscono chiaramente la prevalenza delle leggi, dei procedimenti e dell’autorità degli Stati membri. Un conflitto grave con uno Stato membro, che si vedrebbe privato di un deputato riconosciuto tale dalle leggi e dall’autorità giudiziaria di quel paese.

Signor Presidente, la commissione giuridica ha usurpato poteri che non le appartengono. Io non parteggio per alcuno dei due contendenti. Sono indifferente politicamente perché entrambi di centrosinistra, comprendo il problema personale dell’on. Occhetto, che mi è pure umanamente simpatico. Qui però è in gioco il diritto, la corretta composizione del Parlamento europeo, la credibilità della massima istituzione comunitaria. Deve quindi essere rispettata la giustizia e solo la giustizia, resti fuori la politica e ogni meschino calcolo partitico. Che fiducia i cittadini dovrebbero riporre in un Parlamento europeo che falsa la sua composizione escludendo un membro che ha tutti i titoli per farne parte.

Veniamo ai fatti: l’autorità giudiziaria con sentenza definitiva ha proclamato Donnici. Lo Stato italiano ha comunicato l’elezione al Parlamento europeo. La commissione è stata investita della verifica dei poteri dell’on. Donnici. Doveva verificare i suoi titoli e le sue eventuali incompatibilità. E’ pur vero che poteva prendere in esame ricorsi di terzi e quindi legittimamente ha esaminato le contestazioni avanzate dall’on. Occhetto. Ciò che non poteva fare è dichiarare nullo un atto reso innanzi a un pubblico ufficiale di uno Stato membro. Questa è attività giurisdizionale che spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria dello Stato membro che se ne è occupata e ha pronunciato una sentenza irrevocabile e definitiva.

 
  
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  Nicola Zingaretti (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi intervengo per ringraziare in primo luogo il presidente Gargani, perché il tema è stato molto complesso e difficile, il lavoro svolto è stato un lavoro fatto con grande sapienza e senso di responsabilità, seguendo un unico criterio: tutelare in primo luogo i diritti e le prerogative di questo Parlamento.

Il punto di sintesi, il punto di caduta delle decisioni assunte è giusto e soprattutto evita che si realizzi un precedente, cioè che si riconoscano atti o iniziative che vincolano scelte dei candidati o di coloro che si apprestano a diventare parlamentari europei.

E’ vero che è una novità e probabilmente ha anche un precedente, ma sono un precedente e una novità giusta e garantista nei confronti delle prerogative del Parlamento europeo. Gli atti che stiamo compiendo sono legati a una funzione, a una prerogativa che ci è riconosciuta e ci dà il diritto di esprimerci, accettare, giudicare o rifiutare delle credenziali e degli atti che ci vengono sottoposti. Quindi nessuno scippo, ma solo il diritto di esprimere un’opinione che questo stesso Parlamento ci dà.

 
  
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  Presidente. – Bisogna prima proteggere i diritti dei colleghi e poi i diritti del Parlamento europeo.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Carlo Casini (PPE-DE), per iscritto. – Voterò contro la proposta di decisione, per i seguenti motivi, che, ne sono certo, saranno accolti dalla Corte di giustizia. La proposta è erronea perché:

1) in generale la designazione degli eletti è riservata agli organi nazionali come stabilito dagli articoli 7 e 11 dell’Atto del 20 settembre 1976;

2) alla lettera C: l’on. Occhetto non ha affatto rinunciato al mandato, ma alla nomina da parte dell’Ufficio centrale elettorale italiano e alla posizione nella lista dei candidati votati; la rinuncia di cui parla l’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento, è quella di un parlamentare già nominato e non riguarda gli atti che precedono la nomina;

3) alla lettera D: il divieto di mandato imperativo riguarda l’esercizio di un mandato già ricevuto e non i comportamenti precedenti la nomina;

4) alle lettere E, F e G: è fuori luogo il richiamo allo statuto dei deputati non ancora entrato in vigore e comunque ai deputati successivamente alla nomina;

5) alle lettere J, I, K e L: il Consiglio di Stato con sentenza definitiva non ha solo annullato, ma riformato la precedente decisione del TAR;

6) il numero 2: il Parlamento non può sostituirsi all’Ufficio italiano nella nomina di un parlamentare.

 

14. Conoscenza applicata alla prassi: una strategia innovativa ad ampio raggio per l’UE (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0159/2007), presentata dall’onorevole Adam Gierek a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla comunicazione “Conoscenza applicata alla prassi: una strategia innovativa ad ampio raggio per l’Unione europea” [2006/2274(INI)].

 
  
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  Adam Gierek (PSE), relatore. – (PL) Signor Presidente, scopo di questo documento è attuare la strategia di Lisbona in termini concreti e gettare le basi di una politica di innovazione europea. L’obiettivo è quello di applicare all’attuazione della politica dell’innovazione strumenti atti a razionalizzare la ricerca, il trasferimento di conoscenze all’economia e l’applicazione di soluzioni innovative in campo economico e sociale.

Prima di tutto, chiediamoci cos’è l’innovazione. Definire il termine è essenziale, poiché vengono stanziati molti fondi per l’innovazione negli attuali programmi di sviluppo regionale. Essa andrebbe intesa come un insieme di soluzioni innovative a problemi esistenti che caratterizzano l’ambiente umano; in altre parole, si tratta della creazione di prodotti materiali e intellettuali e del loro utilizzo, anche nel campo della prestazione di servizi. Scopo dell’innovazione è razionalizzare costantemente la produzione e l’utilizzo di beni e la fornitura di servizi. E’ associata a un uso efficiente dell’energia e dei materiali, nonché dei tempi di lavoro, e alla protezione del luogo di lavoro e dell’ambiente. Si riferisce quindi a qualsiasi cosa migliori la qualità della vita umana.

Naturalmente dobbiamo assicurarci che siano escluse le innovazioni fittizie, come prodotti già noti reintrodotti sul mercato con un nome diverso. Questa, purtroppo, è una manovra comune, spesso preceduta da pubblicità ingannevole.

La formulazione d’ampia portata delle questioni riguardanti l’innovazione, che stiamo trattando qui, renderà possibile trasferire soluzioni innovative note da un settore a un altro in cui non sono ancora state attuate, conformemente alla suddetta definizione. In tali casi, i criteri dell’innovazione locale dovrebbero essere definiti da autorità locali, con l’aiuto di esperti. E questi compiti richiedono un adeguato finanziamento.

L’innovazione è incentivata soprattutto da un mercato europeo di beni e servizi correttamente funzionante che includa tutte le quattro libertà; da un adeguato approccio innovativo e dall’istruzione, ma soprattutto una struttura mirata, poiché attualmente i corsi d’istruzione producono laureati con uno scarso potenziale innovativo; da un migliore utilizzo pratico delle enormi risorse intellettuali degli istituti di ricerca, specialmente nei nuovi Stati membri; da un utilizzo più efficace di incentivi fiscali che permettano, per esempio, di istituire fondi per l’innovazione, così come garanzie di credito, appalti pubblici e partenariati pubblico-privato. L’innovazione incentiva inoltre l’effetto di sinergia grazie alla creazione di norme e standard comunitari uniformi. Infine, anche un’adeguata regolamentazione della proprietà intellettuale incentiva l’innovazione.

Nel senso più ampio del termine, l’innovazione copre tre gruppi di soluzioni innovative. Il primo gruppo comprende una razionalizzazione in tutti i settori: amministrazione, istruzione, turismo, attività economiche e molte altre aree in cui i processi possono essere semplificati e ottimizzati, ma in modi che non sarebbero considerati un’invenzione. Questo tipo di innovazione richiede tendenzialmente una grande conoscenza pratica.

Il secondo gruppo si riferisce all’innovazione basata su invenzioni la cui caratteristica è che possono essere brevettate o potrebbero costituire la base per modelli industriali o di utilità. L’innovazione di questo tipo richiede grandi conoscenze teoriche e pratiche, in gran parte accumulate negli uffici brevetti e simili istituzioni.

Il terzo gruppo si riferisce alla ricerca innovativa su nuovi progetti, sistemi e tecnologie d’importanza strategica, condotta su vasta scala a livello di programmi di ricerca europei o nazionali.

La ricerca innovativa di base, e in particolare la ricerca applicata, conduce alla creazione di mercati pionieristici e a nuovi brevetti. L’adeguato sviluppo della seconda e della terza categoria d’innovazione richiede una strategia comunitaria standard per brevetti e licenze e l’istituzione di un centro d’innovazione nella forma dell’Istituto europeo di tecnologia.

Gli attuali sistemi di brevetti, che nell’Unione europea sono pari al numero di Stati membri, sono troppo costosi e le procedure troppo lente. La mancanza di un sistema brevettuale europeo funzionale, economico ed efficiente non incoraggia l’innovazione.

L’attuale politica in materia di brevetti nell’Unione europea avvantaggia le grandi società, che impongono condizioni alla concorrenza traendo profitto dall’applicazione della tutela brevettuale. Non favorisce invece le piccole e medie imprese, che potrebbero essere i principali motori dell’innovazione.

In sintesi, vorrei dire che l’innovazione nell’economia e nella vita pubblica dipende sia da puri meccanismi di mercato correttamente funzionanti, sia dalla normativa comunitaria e nazionale, e ciò dipende da come i progetti sono sostenuti dai fondi di bilancio.

Il nostro compito è quello di creare uno spazio europeo d’innovazione dotandoci di una politica completa e appropriata in materia di istruzione, di fiscalità, di ricerca, di brevetti e di informazione.

Per concludere, ringrazio calorosamente per la fruttuosa collaborazione i miei colleghi, la vicerelatrice onorevole Toia e gli onorevoli Kubaciek, Hammerstein, Ransdorf, nonché l’onorevole Janowski.

 
  
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  Günter Verheugen, Vicepresidente della Commissione. – (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, la creazione di crescita e occupazione era il compito urgente che la Commissione si è prefissata all’inizio del suo mandato. Ritengo che siamo sulla buona strada. La situazione economica generale in Europa è migliore di quanto non sia stata da molto tempo, ma non siamo ancora riusciti a invertire la tendenza. Dobbiamo riuscire a rendere sostenibile la crescita.

A tal fine abbiamo bisogno di condizioni di base adeguate, che permettano alle imprese europee di migliorare ulteriormente la loro competitività. Un fattore chiave in questo è la forza d’innovazione dell’Europa e la sua capacità di applicare gli straordinari risultati della ricerca nella pratica e nella commercializzazione. Dobbiamo essere competitivi sulla base di standard più elevati e di una migliore qualità. Dobbiamo essere migliori degli altri. Dobbiamo applicare ai nostri prodotti le norme qualitative più elevate. Dobbiamo essere leader nella tecnologia. Nuove tecnologie, nuovi metodi, nuovi prodotti, che ci diano un vantaggio sui concorrenti: queste sono le nostre opportunità.

Vorrei menzionare due esempi recenti di come le idee innovative possono aumentare la competitività delle imprese. Mi riferisco ai sensori innovativi per gli airbag, che hanno trasformato gli airbag da un’idea ottima ma a costo inaccessibile a un elemento dell’equipaggiamento di sicurezza che fa parte del rivestimento di superficie, che vale il suo prezzo ed è utilizzato in tutto il mondo. Attualmente vengono prodotti su tale base 50 milioni di questi sensori all’anno. Non si usano più soltanto nell’industria automobilistica, ma oggi si trovano anche, ad esempio, nei telefoni cellulari, nei computer portatili e nei DNA chip.

Un’altra storia di successo è l’invenzione dei sacchetti di plastica biodegradabili. Un piccolo gruppo di scienziati ha inventato questo prodotto ecologico e lo ha brevettato e commercializzato. In pochi anni si è sviluppata una media impresa di successo con un fatturato di 50 milioni di euro e 60 brevetti, con una tendenza all’aumento. Questi sono solo due esempi delle centinaia se non migliaia di innovazioni che abbiamo ogni anno in Europa e di cui abbiamo bisogno per creare posti di lavoro e mantenerli a lungo termine.

Sono molto grato al Parlamento europeo e al relatore, onorevole Gierek, per il sostegno alla nostra strategia di innovazione. Questo vale specialmente per i settori che anche il Consiglio ha identificato nel dicembre 2006 come prioritari. Si tratta degli ambiti ai quali dedichiamo attualmente sforzi particolari. Essi comprendono, per esempio, la nostra politica per il rafforzamento dei cluster e le iniziative per la creazione e la promozione di mercati all’avanguardia, nel cui quadro presenteremo entro la fine dell’anno una proposta per l’istituzione di vari mercati innovativi di punta, previa consultazione con i gruppi interessati.

Un altro elemento che stiamo utilizzando a sostegno dell’innovazione è la normalizzazione – un termine che copre molti aspetti: una comunicazione su questo tema è prevista per l’autunno di quest’anno.

Anche l’allocazione dei fondi pubblici deve avvenire maggiormente con l’obiettivo di offrire un sostegno più mirato all’innovazione, e lo abbiamo fatto elaborando in tal senso gli orientamenti per l’uso dei Fondi strutturali e adattando le regole in materia di aiuti in modo tale che l’innovazione possa essere promossa con maggiore forza che in passato.

Considero particolarmente importante la protezione migliorata della proprietà intellettuale, poiché essa è cruciale non solo a livello europeo ma anche nel contesto globale. Come ha detto giustamente il relatore, le piccole e medie imprese trovano difficile tutelare i loro legittimi diritti di proprietà intellettuale, e la Commissione sta lavorando a una strategia per aiutarle a tal fine.

Vorrei altresì sottolineare che tali diritti devono essere economicamente accessibili e di elevata qualità, ed è per questa ragione che il progresso del brevetto comunitario è decisivo per la competitività della nostra economia, poiché l’attuale situazione della politica in materia di brevetti costituisce un grave ostacolo alla sua capacità di competere.

Vi sono molto grato per aver dato particolare rilievo alle piccole imprese, poiché è proprio qui che si trova il più grande potenziale per l’innovazione, ed è importante che l’accesso alle risorse finanziarie venga reso più facile per loro – che è esattamente ciò che stiamo facendo mediante il programma per la competitività e l’innovazione, mirato specificamente alle piccole e medie imprese innovative.

Siamo d’accordo anche sulla straordinaria importanza dell’eco-innovazione, che sarà una questione molto rilevante nei prossimi anni poiché, insieme all’efficienza energetica, è un’area in cui soluzioni innovative europee possono far progressi sul mercato globale, rendendoci più competitivi a livello internazionale e quindi anche in grado di stimolare la crescita e creare nuovi posti di lavoro.

Ho l’impressione che vi sia accordo, in larga misura, tra Parlamento, Consiglio e Commissione sul fatto che il miglioramento e la promozione costanti dell’innovazione sono indispensabili se vogliamo mantenere l’Europa in corsa per il successo; tutti sappiamo cosa è necessario, perciò ora l’importante è che tutti passiamo all’azione.

 
  
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  Sharon Bowles (ALDE), relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. – (EN) Signor Presidente, questa relazione contiene un lungo inventario di modi in cui incoraggiare l’innovazione, molti dei quali sono molto validi. Ma non sottolineerò mai abbastanza che il facile accesso – e non intendo solo un accesso più semplice o meno complicato – ai programmi di innovazione e al capitale di rischio per le piccole imprese è indispensabile, e c’è ancora molto lavoro da fare in tale ambito.

Sono lieta che la relazione includa molti dei suggerimenti della commissione per i problemi economici e monetari, in particolare laddove sottolinea che l’obiettivo di destinare il 3 per cento del PIL alla R&S dovrebbe rappresentare un requisito minimo. Sono altresì soddisfatta del fatto che accolga favorevolmente la proposta di un meccanismo di finanziamento con condivisione dei rischi e riconosca i problemi connessi alla protezione dell’innovazione nei servizi, in particolare le difficoltà delle piccole imprese rispetto ai segreti commerciali e agli accordi riservati, che possono ostacolare la loro capacità di attirare finanziamenti.

E’ evidente che la proprietà intellettuale è strettamente collegata all’innovazione. Comunque, mi rammarica constatare che la relazione contiene dichiarazioni che non tengono conto del lavoro in corso di svolgimento all’interno della Commissione sotto gli auspici del Commissario McCreevy su vari modi di migliorare il sistema dei brevetti.

L’approccio di tale lavoro è pragmatico e costruttivo e potrebbe offrire soluzioni migliori, per esempio, rispetto al tentativo di integrare l’Ufficio europeo dei brevetti nella Comunità, soluzione tutt’altro che semplice e probabilmente non idonea a risolvere la maggior parte dei problemi attuali. Inoltre non è certo qualcosa che possa essere realizzato in tempi rapidi.

L’innovazione, la proprietà intellettuale e la competitività fanno parte della globalizzazione, in cui le norme internazionali sono importanti. Questo significa che è essenziale un approccio internazionale rivolto all’esterno, e accolgo con favore il riconoscimento di questo punto riguardo alle norme. Non dobbiamo essere troppo introspettivi sui brevetti. A farne le spese, alla fine, sarebbe la competitività.

 
  
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  Barbara Weiler (PSE), relatore per parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, questo tema è naturalmente molto accattivante per i politici, poiché è a così larga base – come voleva la Commissione. Mi limiterò quindi ad alcuni dei punti più importanti adottati dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori – con relativamente poche controversie.

Noi crediamo che un mercato interno funzionante crei un contesto favorevole all’innovazione. Con mercato interno funzionante intendiamo un mercato che non presenta alcuna barriera non necessaria né effetti dannosi sulla società. Sosteniamo una migliore gestione rispetto al passato del trasferimento dei risultati dell’attività accademica, in particolare a favore delle PMI, poiché le PMI – come ha già detto il Commissario – sono sempre state un motore d’innovazione e di creatività. Le PMI sono anche le imprese che, in Germania e in tutta l’Europa, dedicano particolare attenzione alla formazione dei giovani. Prevedo un effetto disastroso se meno giovani sono formati e quindi qualificati per lavorare sulle nostre tematiche.

Siamo convinti che una migliore regolamentazione possa generare inutili oneri per le PMI, ma accrescerà la fiducia dei consumatori. Appoggiamo l’introduzione più rapida di norme europee e norme internazionali al di sopra dell’Unione europea, e riteniamo che anche regole sicure e flessibili nel campo degli appalti pubblici potrebbero contribuire a migliorare la strategia di innovazione. Riteniamo inoltre che debba essere migliorata la fornitura di informazioni alle PMI e ad altre istituzioni, e – ribadisco – accolgo con favore il fatto che la commissione per lo sviluppo regionale intenda introdurre un consulente in materia di tecnologia.

Concludo menzionando due altri aspetti che consideriamo particolarmente importanti: la promozione delle innovazioni aventi applicazioni sociali, poiché crediamo che abbia prospettive, e la necessità che questa iniziativa della Commissione offra anche ai cittadini una migliore qualità della vita.

 
  
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  Christa Prets (PSE), relatore per parere della commissione per lo sviluppo. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, il fatto che il più recente Quadro di valutazione dell’innovazione indichi che l’Europa si colloca in una posizione sempre più avanzata in un contesto internazionale costituisce un’evoluzione positiva. Ora è il quarto anno consecutivo che il divario in termini di innovazione tra gli Stati Uniti e l’Unione europea si sta riducendo. Tuttavia, in un momento di continui mutamenti e di rapidi sviluppi, siamo ripetutamente chiamati a lavorare per sviluppare nuove innovazioni. In una prospettiva a lungo termine, l’innovazione è una risposta necessaria ai futuri problemi globali. In tutta l’Unione europea, è molto più raro che le imprese innovative collaborino con università e altri istituti di istruzione superiore che con clienti e fornitori. L’interazione tra università e istituti di istruzione, da un lato, e imprese, in particolare piccole e medie imprese, dall’altro, è un ulteriore requisito indispensabile per la capacità di innovazione economica.

A tale proposito, vorrei menzionare l’Istituto europeo di tecnologia, e chiederei al Consiglio e alla Commissione di fornire una base finanziaria per esso. I fondi non dovrebbero, tuttavia, essere sottratti agli attuali programmi per essere assegnati all’Istituto – agire così sarebbe controproducente e interferirebbe con gli altri progetti. Il potenziale di innovazione delle PMI è particolarmente grande a livello locale e regionale. In tutta l’Unione europea, questo potenziale d’innovazione deve essere meglio riconosciuto, promosso e coltivato mediante specifiche misure politiche, anche migliorando l’accesso per le regioni. Prendendo l’esempio dell’Austria, secondo statistiche del 2004, sono stati messi sul mercato più prodotti nuovi o significativamente migliorati da piccole imprese che da medie imprese. Vorrei menzionare anche la promozione dei cluster e concludo dicendo che la politica di innovazione dovrebbe essere discussa anche in relazione alle donne, assicurando loro un migliore accesso.

 
  
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  Jaroslav Zvěřina (PPE-DE), relatore per parere della commissione giuridica. – (CS) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, accolgo con favore il fatto che, su questo tema, non siano stati proposti obiettivi irrealistici mirati a raggiungere e superare il resto del mondo. In Europa dobbiamo tentare di assicurare, in una prospettiva del tutto realistica, che la nostra scienza e la nostra ricerca e sviluppo non perdano il contatto con il resto del mondo. Quando si tratta di tecnologia e innovazione, dubito che esista una bacchetta magica che i politici possono sfoderare.

La mia esperienza a livello mondiale su vari programmi politici in questa area mi rende piuttosto scettico. L’Unione europea ha avuto recentemente un’esperienza non proprio positiva nella forma della cosiddetta strategia di Lisbona. La nostra responsabilità come politici dovrebbe essere soprattutto quella di definire un quadro giuridico ragionevole e stabile e, chiaramente, un sostegno finanziario più ampio possibile a favore della ricerca e dell’innovazione tecnologica. A mio parere, scienza e sviluppo tecnologico richiedono trasparenza, sufficiente libertà per realizzare l’innovazione e, infine, finanziamenti.

Sono lieto che la relazione contenga inviti a migliorare il prestigio di ricerca e sviluppo. In fondo, dovrebbe essere uno dei compiti principali dei politici influire sui valori dei cittadini. In seno alla commissione giuridica, ancora una volta abbiamo discusso gli aspetti normativi e legislativi dell’ambiente europeo dell’innovazione. Per quanto riguarda la protezione della proprietà intellettuale, l’Unione europea è vincolata dagli accordi internazionali pertinenti e dovrebbe essere in grado di armonizzare il proprio ambiente economico e culturale.

Possiamo vedere alcuni difetti tipici nell’area della politica in materia di brevetti, dove non c’è stato nessun miglioramento significativo, nonostante sforzi ripetuti. Ancora una volta, notiamo con costernazione che l’ambiente comunitario in materia di brevetti è incoerente e manca di trasparenza. In Europa, scienziati e inventori, così come i nostri centri tecnologici, devono spendere molto di più per i brevetti di quanto si spende di norma altrove. Su questa relazione mi sembra non vi siano controversie, perché tutti riconosciamo chiaramente l’importanza dell’innovazione per il futuro dell’Unione europea.

 
  
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  Ján Hudacký, a nome del gruppo PPE-DE. – (SK) Innanzi tutto desidero ringraziare il relatore, onorevole Gierek, per la sua relazione equilibrata e completa.

Nonostante il fatto che la relazione tratti il tema della promozione dell’innovazione nell’Unione europea da ogni possibile punto di vista, vorrei evidenziare un importante fattore trasversale all’intera nostra strategia di innovazione. Penso alla diffusione di un ambiente competitivo e di iniziative flessibili, che dovrebbero essere la forza trainante per l’innovazione in imprese, cluster, centri tecnologici e di sviluppo e simili istituzioni. Creare un piano di parità per attività che dipendono da un’adeguata fornitura di competenze, esperienza e know-how, e che sono dirette a soddisfare nel modo più efficiente possibile le esigenze del mercato, è fondamentale per assicurare lo sviluppo senza ostacoli di tutte le iniziative in questo campo.

Dobbiamo quindi prendere provvedimenti a livello locale, regionale, nazionale o internazionale per permettere la formazione di gruppi basati sull’informazione che applichino la conoscenza in un ambiente di R&S e di imprese strutturato in modo flessibile, e che incoraggino la cooperazione e la concorrenza tra loro.

In pratica questo significherebbe che un’università, un centro di ricerca e sviluppo o un’impresa innovativa potrebbero formare un cluster ad hoc e lavorare insieme su un progetto innovativo, e poi essere in forte concorrenza tra loro come parte di un diverso cluster che lavora su un altro progetto innovativo. Nel formulare una nuova strategia dovremmo evitare formazioni inflessibili a lungo termine, che tendono a chiudersi in se stesse diventando istituzionalizzate e trincerate in un sistema a lungo termine scarsamente giustificato, spesso basato su requisiti insensati, come i principi di eccellenza o di massa critica, che tipicamente escludono dall’innovazione le entità di piccole dimensioni.

Tali complicate formazioni consumano enormi risorse in modo inefficiente e dopo un certo tempo perdono la capacità di rispondere in modo flessibile ai requisiti in rapido mutamento di un mondo globalizzato.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău, în numele grupului PSE. – La Lisabona, Uniunea Europeană şi-a propus să devină cea mai dinamică şi competitivă economie bazată pe cunoaştere. Pentru a încuraja cercetarea, au fost dezvoltate programele-cadru de cercetare şi instrumente precum JEREMIE, care sprijină dezvoltarea întreprinderilor mici şi mijlocii la nivel regional. Aceste instrumente financiare ar trebui să existe şi la nivel naţional, cu sprijinul sistemului bancar. Din păcate, există încă multe regiuni ale Uniunii Europene care nu investesc 3% din produsul intern brut în cercetare şi dezvoltare. Există însă şi state membre care au decis să-şi dezvolte economia prin investiţii masive în resurse umane, în noile tehnologii şi în cercetare şi inovare. Aceste state au acordat inclusiv facilităţi fiscale companiilor care au investit în cercetare. Ele nu trebuie să rămână însă cazuri izolate şi solicităm Comisiei Europene să faciliteze cunoaşterea bunelor practici şi să recomande statelor membre acordarea de facilităţi fiscale pentru investiţiile realizate în cercetare.

O economie bazată pe cunoaştere se bazează pe triunghiul cunoaşterii format din universităţi, centre de cercetare, parcuri ştiinţifice şi tehnologice şi companii, iar toate acestea trebuie să fie sprijinite. În acelaşi timp, Uniunea Europeană trebuie să asigure un echilibru corespunzător între accesul la informaţii, la rezultatele cercetării, şi protecţia proprietăţii intelectuale. Pentru a încuraja cercetătorii şi, mai ales, companiile să investească mai mult în cercetare şi în cercetarea aplicată, trebuie să protejăm munca intelectuală a acestora. În acelaşi timp, roata nu trebuie reinventată, iar rezultatele cercetării trebuie să fie disponibile celor interesaţi. Pentru aceasta, reţelele de comunicaţii de mare viteză, accesibile în şcoli, universităţi, parcuri tehnologice, institute de cercetare şi companii, trebuie să fie infrastructura minimă existentă.

 
  
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  Patrizia Toia, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la crescita dell’economia europea dipende sempre di più dalla capacità di innovazione, di adeguamento tecnologico del sistema produttivo europeo, perché possa reggere la competitività in un sistema internazionale sempre più agguerrito. Purtroppo il gap innovativo dell’Europa rispetto alle altre grandi economie mondiali, a partire dagli Stati Uniti, è ancora grande e a danno dell’Europa stessa. Anche se possiamo dire che nella nostra Europa, negli Stati dell’Europa, c’è una grande capacità di ricerca nelle università, nei centri di eccellenza, nei laboratori; un’eccellenza diffusa e di alto il livello delle conoscenze specialistiche e scientifiche.

Ciò che manca drammaticamente in Europa è la possibilità e la capacità di trasferire questa ricerca, i suoi risultati, nei processi produttivi. Manca proprio la capacità del trasferimento tecnologico del know-how che la ricerca consente, per rinnovare in tutti gli ambiti il sistema produttivo, le imprese, le società di servizi, in termini di innovazione di prodotto, di processo e organizzativi. Signor Commissario, sono molto positivi gli sforzi che lei e la Commissione fate per spingere sul tema dell’innovazione: gli interventi sul settimo programma quadro, i CIP, gli strumenti finanziari oggi rilanciati, tutti questi elementi hanno bisogno di promozione, ancora di più per sostenere, anche con risorse finanziate adeguate, con gli strumenti organizzativi e procedurali adeguati, i progetti di formazione a sostegno alle piccole e medie imprese.

C’è bisogno di simili iniziative e c’è ancora bisogno di altre iniziative. Vanno definiti strumenti organizzativi, percorsi procedurali più accessibili perché questi nostri sforzi abbiano davvero un risultato concretamente nel contesto del sistema produttivo e dei servizi nell’Europa. Per aumentare le innovazioni in Europa, ritengo necessario anche, lo dice la relazione del nostro collega Gierek, partire da una concezione culturale favorevole all’innovazione, anche dalla scuola, la quale può sembrare lontana rispetto ai processi produttivi, ma non lo è! Gli studenti di oggi sono lavoratori, gli imprenditori, di domani!

Occorre insistere molto perché vi sia in Europa un’attitudine, una mentalità, un’apertura al cambiamento, alla ricerca, alla sperimentazione, insomma una disponibilità anche nella formazione. Nel momento in cui parliamo molto di formazione in Europa, credo che ciò sia importante. Risulta importante, come lei ricorda nella relazione della Commissione e figura anche nella nostra risoluzione, il tema del settore pubblico. Io credo molto al contributo che il settore pubblico può dare all’innovazione, sia direttamente attraverso i miglioramenti che diano una qualità migliore, più adeguata nell’offerta dei servizi della pubblica amministrazione; se la pubblica amministrazione si rinnova, adotta processi produttivi più adeguati, può aiutare anche lo sviluppo dell’economia, l’abbattimento dei costi.

Ultima citazione, è quella definita ai cluster. Ne ha parlato il Commissario, ne hanno parlato i colleghi, è molto importante collegare la politica territoriale all’innovazione.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, mi congratulo col relatore a nome del gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni”. Due settimane fa ho presentato una relazione sull’innovazione nel contesto della politica regionale e desidero ringraziare l’autore per aver incluso questo aspetto nella sua relazione.

Io credo che la relazione dell’onorevole Gierek possa determinare risultati più efficaci e pratici dalla ricerca, dai brevetti, dalle invenzioni e dalla razionalizzazione dell’economia in senso lato. Senza di essa rischiamo di fallire. Non a causa dell’innovazione in sé e per sé, ma a causa di un’innovazione artificiosa o fittizia. E’ evidente che dobbiamo utilizzare i risultati del lavoro svolto da scienziati, inventori e ingegneri che creano il vero valore aggiunto per l’Europa e la nostra civiltà.

Dobbiamo capire quali sono gli ostacoli per l’attuazione delle innovazioni e se non vi sia troppa burocrazia. Le Istituzioni dell’Unione europea, insieme ai governi degli Stati membri e alle autorità regionali, possono svolgere un ruolo anche nell’incoraggiare un’azione positiva al riguardo, perché spesso sono le regioni ad avere università di prima categoria, istituti di ricerca o cluster. Abbiamo già discusso il ruolo chiaro che devono svolgere le piccole e medie imprese. Comunque, non possiamo dimenticare gli strumenti finanziari, compresi quelli fiscali, e l’uso corretto dei Fondi strutturali.

L’innovazione riguarda naturalmente problemi specifici della tecnologia di progettazione e, in particolare oggi, le tecnologie digitali, le nanotecnologie, l’ingegneria dei materiali, la biotecnologia, la medicina e così via. Da qui le enormi opportunità che si presentano all’Istituto europeo di tecnologia e con l’attuazione corretta del settimo programma quadro. Dovremmo anche sottolineare che l’innovazione è necessaria nell’istruzione, nella gestione, nell’amministrazione, nei servizi, nell’agricoltura, nei servizi pubblici, eccetera.

Per concludere, vorrei dire che le vere innovazioni hanno sempre una dimensione umana, sia sul versante dei loro creatori sia dalla parte degli utenti, poiché sono al servizio dell’umanità.

 
  
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  David Hammerstein, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, innanzi tutto le porgo le mie condoglianze per il risultato della partita di calcio. Consideriamo il Liverpool anche un po’ una nostra squadra, considerato il numero di spagnoli nella formazione.

Passando all’innovazione, desidero ringraziare l’onorevole Gierek per il suo lavoro perché l’innovazione è una grande sfida per l’Unione europea, l’economia, le persone, le comunità e la coesione territoriale. Vorrei segnalare l’importanza dell’accento posto su programmi come EUREKA, a favore delle piccole imprese.

Anche la promozione di iniziative come l’iniziativa EuroSTARS è importante per le piccole imprese, e l’intero concetto di creare cluster di piccole imprese, che vengono così promosse, per condividere informazioni e ricevere sostegno pubblico, può essere un obiettivo condiviso di tutta l’Unione europea.

Siamo di fronte a un cambiamento di mentalità nella Comunità: dalla creazione di autostrade di asfalto alla creazione di autostrade dell’informazione; invece di dedicare quasi tutti i nostri fondi europei al cemento, destinarli alla conoscenza. E questo è importante quando decidiamo per cosa spendere i fondi o la maggior parte dei Fondi strutturali e regionali.

Sono stato di recente in Polonia e volevo condividere l’esperienza di tentare di destinare sempre più fondi alla ricerca, all’innovazione, alle infrastrutture, non solo materiali ma anche alle infrastrutture dell’intelligenza.

Perché, al tempo stesso, la questione della proprietà intellettuale è estremamente importante. Se creiamo ostacoli insormontabili all’informazione scientifica e tecnica, potremmo rendere vano il necessario requisito di creare una fitta rete economica e culturale. Potremmo negare l’accesso all’informazione necessaria per l’innovazione.

Non bisogna confondere l’accumulo di brevetti con l’innovazione. Perché, al contrario di quanto dicono alcuni, in Europa stiamo attirando notevoli capitali di rischio grazie a un regime di proprietà intellettuale meno rigoroso.

Non dovremmo commettere l’errore di copiare il regime di brevetti di proprietà intellettuale degli Stati Uniti in un momento in cui quel paese lo sta ripensando completamente perché troppo costoso e perché promuove la creazione di brevetti fini a se stessi, creando elenchi di brevetti più per proteggere ciò che uno ha che per conquistare nuove innovazioni.

Siamo del tutto favorevoli all’integrazione dell’Ufficio europeo dei brevetti nelle Istituzioni europee e a sottoporlo a un costante controllo democratico.

Inoltre, riteniamo che, nel caso dei brevetti reali, fisici, che potrebbero promuovere l’innovazione, si debba brevettare. Tuttavia, non bisogna seguire l’idea errata secondo cui la proprietà intellettuale è fine a se stessa. No. La proprietà intellettuale deve essere al servizio della creatività.

La priorità deve essere condividere. La priorità deve essere creare spazi di tensione creativa in cui si possa condividere l’informazione al fine di creare un mondo migliore e un migliore tessuto sociale.

 
  
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  Presidente. – Do ora la parola all’onorevole van Nistelrooij. Per caso lei è parente del calciatore?

 
  
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  Lambert van Nistelrooij (PPE-DE).(EN) Sì, ma non questa sera, perché a quest’ora devo essere qui e mi dispiace molto. Signor Presidente, vorrei soltanto dire che la relazione dell’onorevole Adam Gierek giunge al momento opportuno.

(NL) …in considerazione della nuova e impegnativa sfida che ci troviamo ad affrontare a livello mondiale. La globalizzazione ci sta escludendo dal mercato per i nostri prezzi elevati, mentre alcuni settori della nostra industria manifatturiera tradizionale lo stanno lasciando, e la molto discussa relazione Aho chiede più cluster, una posizione più critica fra il pubblico, più specializzazione e un migliore sfruttamento della creatività.

Nell’Unione, spendiamo circa il 43 per cento del bilancio per rafforzare la nostra competitività nella forma di Fondi strutturali, finanziamenti per la ricerca e per le piccole e medie imprese. La mia domanda rimane se, con questi strumenti, stiamo tenendo nel debito conto le relazioni competitive. Cosa facciamo se alla fine viene fuori che abbiamo un numero insufficiente di persone con una formazione tecnica per svolgere vari lavori?

Globalmente, sembra che non concentriamo abbastanza i nostri sforzi, mentre in Europa non osiamo mettere in evidenza certi aspetti mediante regioni della conoscenza di tutti i tipi. A mio parere, la risposta è un’innovazione aperta per grandi e piccole imprese, insieme a istituzioni e governi della conoscenza.

In ultima analisi, abbiamo bisogno di regioni d’eccellenza. E’ come uno sport in cui si punta a eccellere, come ha osservato anche il Commissario Verheugen. L’obiettivo è quello di essere leader nella tecnologia. Senza un leader, nessuno può seguire. In questo caso, non vi sono sufficienti opportunità per utilizzare la politica di coesione in tutta l’Europa, comprese le aree meno sviluppate.

Io penso che dobbiamo essere abbastanza coraggiosi da ricalibrare la nostra politica nei prossimi anni. Abbiamo bisogno di una maggiore messa a fuoco. La relazione dell’onorevole Gierek mette giustamente l’accento su questo punto, e per tale motivo lo ringrazio molto.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE).(HU) L’economia dell’Unione europea si trova di fronte a sfide globali sempre più impegnative. Per vincere queste sfide ha bisogno di imprese specializzate che si impegnino in attività innovative con un elevato valore aggiunto e che collaborino efficacemente l’una con l’altra.

Attualmente, le piccole e medie imprese devono affrontate numerosi problemi. Tra questi spicca la loro scarsa visibilità a livello europeo a causa delle loro dimensioni e la difficoltà che incontrano nell’accedere a servizi che sono essenziali per la competitività su scala internazionale. Questo svantaggio di mercato derivante dalle loro dimensioni può essere superato creando reti e cluster.

La creazione di cluster e poli di crescita costituisce quindi un importante ed efficace strumento di sviluppo economico. Anche se indubbiamente i poli di sviluppo adempiono un ruolo chiave nell’accrescere la competitività europea, la realizzazione della strategia innovativa dell’Unione europea non dovrebbe soltanto dare rilievo a tali centri di ricerca e sviluppo, ma dobbiamo ricordare che l’Unione europea è un’entità unificata che combina regioni sviluppate e meno sviluppate. Deve contribuire sia ad aumentare le opportunità innovative sia a ridurre le disparità regionali.

Occorre una migliore cooperazione fra le varie organizzazioni, gli attori economici, le università, i centri di ricerca e il settore pubblico. Dobbiamo assicurare che la conoscenza ottenuta attraverso questi canali sia messa in pratica nelle operazioni delle imprese. Dobbiamo semplificare le procedure amministrative, agevolare i finanziamenti e progettare un sistema fiscale che offra incentivi per incoraggiare la crescita della capacità innovativa delle imprese.

Iniettando nuove energie nella vita imprenditoriale europea, inoltre, le strategie innovative dovrebbero aumentare l’attrattiva e la competitività dell’economia dell’Unione. Sarebbe un’opportunità unica se, attraverso il Centro europeo per lo sviluppo, potessimo rendere tali sviluppi accessibili a tutti e creare opportunità per un costante scambio di informazioni. L’innovazione appartiene a tutti e l’obiettivo è migliorare le condizioni di vita e la qualità della vita per tutti i cittadini in tutta l’Unione europea.

 
  
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  Šarūnas Birutis (ALDE). (LT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ringrazio l’onorevole Adam Gierek e tutti i deputati al Parlamento che hanno dato il loro contributo a questa esauriente relazione. Da parte mia, vorrei concentrare brevemente l’attenzione su alcuni aspetti importanti.

Prima di tutto, suggerisco di sottolineare ancor più chiaramente che il partenariato regionale è la chiave per l’attuazione della politica europea di innovazione che stiamo creando. Le reti di imprese sono molto importanti, poiché offrono alle imprese, specialmente alle PMI, l’opportunità di sentirsi più sicure e reagire dinamicamente alle sfide della nuova globalizzazione. L’Europa e gli Stati membri devono incoraggiare la formazione di tale sistema!

In secondo luogo, le aree prioritarie nella ricerca scientifica e nella diffusione dell’innovazione devono essere scelte molto responsabilmente. La Lituania ha appena completato una revisione completa dello sviluppo della sua economia secondo le tendenze regionali e globali, che ha indicato che l’economia cresce non tanto per la creazione di nuovi settori economici e per l’assegnazione di fondi nazionali a tali settori, ma grazie alle trasformazioni già in corso nei settori economici. Perciò, per garantire una crescita economica stabile è essenziale incoraggiare l’innovazione nelle imprese in ogni settore dell’economia, non dimenticando che la vitalità delle imprese ad alta tecnologia dipende moltissimo dalla vitalità delle tradizionali industrie locali e dall’applicazione di nuove idee.

Onorevoli colleghi, a lungo termine il futuro delle industrie europee non dipende da quali settori dell’industria scegliamo di sviluppare, ma dal nostro successo nel creare una società nuova nella quale attuare idee nuove è uno stile di vita!

Il terzo punto su cui desidero richiamare l’attenzione è la gestione e la valutazione dell’innovazione di ciascun paese. E’ necessaria una nuova metodologia per valutare l’innovazione! Gli studi dimostrano che il modo in cui la Lituania e altri paesi dell’Unione europea valutano l’innovazione in vari settori economici, basato sulla metodologia di valutazione accreditata, ovvero il Quadro europeo di valutazione dell’innovazione, potrebbe essere erroneo, mentre l’asserzione universalmente accettata riguardo a un collegamento diretto tra l’attività di ricerca scientifica e l’innovazione economica di un’economia nazionale solleva seri dubbi.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, nel prendere la parola in questa discussione desidero richiamare l’attenzione sulla questione della ricerca e sviluppo nell’Unione europea, che riceve un mero 2 per cento circa del PIL, mentre i paesi più industrializzati al di fuori dell’UE, compresi gli Stati Uniti, stanziano a tal fine almeno il 3 per cento del PIL. In questa situazione, non solo non riusciamo a colmare il divario tra gli Stati Uniti e l’Europa, ma lasciamo che esso si ampli.

In secondo luogo, è molto importante che gli stanziamenti destinati a ricerca e sviluppo a carico del bilancio comunitario siano integrati da fondi dei bilanci nazionali, del governo locale e in particolare del settore privato. Si prevede che nel 2010 i costi di R&S nell’Unione europea saranno pari al 2,6 per cento del PIL, di cui ben due terzi saranno finanziati dal settore privato.

E in terzo luogo, devo esprimere la mia speranza che i fondi destinati alla ricerca e sviluppo a carico del bilancio comunitario non andranno soltanto ad accademie e centri di ricerca affermati, ma anche a università e istituti di ricerca dei nuovi e dei vecchi Stati membri.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. KRATSA-TSAGAROPOULOU
Vicepresidente

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) Desidero innanzi tutto ringraziare il relatore, onorevole Gierek, e l’onorevole Hudacký, mio collega e relatore ombra della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, competente per il merito, per aver incluso nella relazione molti emendamenti proposti nei pareri della commissione per lo sviluppo e della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Io ho partecipato alla formulazione di questi emendamenti come relatrice ombra per il mio gruppo politico.

L’Unione europea si trova di fronte a nuove sfide in un mondo globalizzato e la competitività dovrebbe quindi essere rafforzata promuovendo lo sfruttamento commerciale delle scoperte derivanti da sforzi di ricerca e sviluppo. L’Unione europea ha numerosi strumenti che potrebbero essere usati più efficacemente per promuovere l’innovazione. In particolare, mi riferisco a strumenti del mercato interno, come gli appalti pubblici per prodotti e servizi innovativi, l’istituzione di partenariati pubblico-privato in aree innovative e l’applicazione di norme tecniche. Credo fermamente che l’introduzione rapida ed efficace di innovazioni tecniche possa essere realizzata attraverso la normalizzazione. Perciò sono molto lieta che il relatore abbia fatto sua questa idea includendo nella relazione i miei emendamenti riguardanti lo sviluppo rapido di norme tecniche in aree nuove, specialmente nell’area delle tecnologie innovative e delle tecnologie delle telecomunicazioni.

Nei miei emendamenti ho sottolineato l’importanza dell’identificazione tempestiva e della promozione dei mercati pilota. Esempi di mercati in cui l’Unione europea potrebbe divenire potenzialmente un leader globale sono quelli dell’industria dei tessuti intelligenti, delle tecnologie ambientali e delle tessere sanitarie elettroniche. Ora che rimane pochissimo tempo prima del termine massimo del 2010 stabilito nella strategia di Lisbona, dobbiamo concentrarci sulle regioni europee. Più che mai in passato, un’Europa competitiva ha bisogno di dinamismo, inventiva ed entusiasmo per l’innovazione delle sue regioni.

Un quadro trasparente e coerente del sostegno statale inteso come incentivo potrebbe essere utile per lanciare partenariati regionali basati sulla cooperazione di piccole e medie imprese, università, istituti di ricerca, autorità locali e istituti finanziari.

Esorto gli Stati membri a non sottovalutare la promozione di strategie per l’innovazione, che devono diventare una priorità all’interno dei programmi operativi. Io credo che, se usiamo l’offerta comunitaria di adeguati stanziamenti a titolo dei Fondi strutturali per investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nell’istruzione permanente, riusciremo a creare nuovi posti di lavoro e a evitare la fuga dei cervelli e lo spopolamento che abbiamo visto in particolare nelle regioni europee meno attraenti.

 
  
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  Jorgo Chatzimarkakis (ALDE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, desidero innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Gierek, che ha presentato una relazione davvero eccellente. E’ positivo che stiamo discutendo di innovazione, ed è positivo che abbiamo usato il concetto più ampio di innovazione – da anni trascurato. Per troppo tempo ci siamo concentrati unicamente sulla ricerca in sé invece che sull’applicazione dei suoi risultati – ma qui, finalmente, abbiamo una relazione che va nella giusta direzione.

Il concetto ampio di innovazione rappresenta anche un’opportunità per noi di acquisire una posizione di leader in nuovi campi. Un esempio è il dibattito sul cambiamento climatico, nel quale l’Europa sta creando nuove aree di innovazione, in particolare concentrandosi sulla riduzione di CO2. La considero un’ottima cosa, che è anche menzionata frequentemente nella relazione. Vorrei illustrare cosa essa significhi usando l’esempio del mercato degli autoveicoli, in cui abbiamo una posizione forte, dove siamo persino leader nel settore d’eccellenza a livello internazionale. Significa che possiamo prefiggerci obiettivi ambiziosi – non è quello il problema. Dopo tutto, stiamo parlando di ridurre il biossido di carbonio contenuto nei fumi di scappamento.

Ciò che dobbiamo anche fare, comunque, è perseguire tali obiettivi con progetti di ricerca e concentrarci su di essi. Questo è ancora un punto debole per noi. Possiamo prefiggerci obiettivi ambiziosi; ma, se vogliamo creare mercati modello, dobbiamo realmente dar loro seguito.

Potrei menzionare anche l’IET, il nuovo Istituto europeo di tecnologia. E’ una buona cosa. Vorrei congratularmi personalmente con il Commissario per aver preso l’iniziativa nella forma del programma quadro per la competitività e l’innovazione, che ora sarà seguito dalla propria agenzia per l’innovazione. E’ un’eccellente iniziativa! Il Parlamento – e io, in particolare, come ex relatore – la sosterremo su questo.

Un’ultima parola sul processo di Lisbona. Sostituiamo l’espressione “processo di Lisbona” con “processo di Liverpool”. Stasera il Liverpool gioca contro il Milan. Due anni fa vinse dopo essere stato sotto di tre gol. E’ la stessa situazione in cui si trova adesso l’Europa. Siamo rimasti indietro, perciò dobbiamo recuperare, e lo possiamo fare: il Liverpool insegna. Proclamo quindi la nascita del processo di Liverpool!

 
  
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  Jerzy Buzek (PPE-DE). (PL) Grazie, onorevole Chatzimarkakis, per averci informati sugli ultimi risultati di calcio! Signora Presidente, prima di tutto congratulazioni al relatore, Adam Gierek, e al Commissario Verheugen, per tutte le loro iniziative di innovazione.

L’innovazione è indubbiamente la questione eminente nella strategia di Lisbona, poiché significa competitività. La strategia di innovazione presentata dall’onorevole Gierek nella sua relazione è di tutto rispetto, dato che contiene 61 punti particolareggiati.

La nuova definizione dell’innovazione è importante: copre non solo la tecnologia ma anche la commercializzazione, la gestione, i servizi e le innovazioni non tecnologiche. Un punto importante riguarda una strategia di innovazione coerente, in particolare un triangolo della conoscenza, rappresentato qui dall’Istituto europeo di tecnologia. Altrettanto importanti sono la protezione della proprietà intellettuale e l’incentivazione del mercato e della macroeconomia. La relazione collega molto bene tra loro sviluppi precedenti, come il programma per l’innovazione e la competitività, i programmi comunitari per l’istruzione e, ovviamente, il settimo programma quadro.

Una domanda che sorge, tuttavia, è questa: perché abbiamo problemi nell’Unione europea? La risposta è la debolezza del mercato. In primo luogo, abbiamo esagerato con l’assistenza pubblica. In secondo luogo, proteggiamo le imprese leader nazionali. In terzo luogo, siamo lenti a reagire alle pratiche monopolistiche. E in quarto luogo, non abbiamo un mercato completo e uniforme per i servizi, la manodopera e il movimento di capitali. Invece di aprire, facciamo retromarcia. Raramente ascoltiamo il mercato o i consumatori, con l’eccezione del voto di oggi sulla direttiva relativa al roaming.

E’ chiaro che le proposte della Commissione sono migliori per la strategia di Lisbona e per il mercato europeo delle proposte degli Stati membri. Vorrei congratularmi con la Commissione e ancora una volta con il relatore.

 
  
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  Presidente. – La Commissione ci ha informati che non interverrà in questa fase. Ha già ricevuto molte congratulazioni.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani, giovedì, alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE), per iscritto. – (EN) L’innovazione in Europa è ostacolata dall’assenza di un regime adeguato per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale. Questo è chiaro. La relazione pone giustamente l’accento su tale punto e chiede una serie di miglioramenti.

Comunque, credo che dovremmo andare oltre nell’identificare i difetti dell’attuale sistema ed essere più ambiziosi nelle soluzioni proposte. La relazione propone di incorporare nelle strutture comunitarie l’Ufficio europeo dei brevetti, che al momento è un organismo intergovernativo al di fuori dell’Unione europea.

Questa è un’idea benaccetta, benché richieda anni per la sua attuazione. Le burocrazie non si uniscono facilmente, specie quelle come l’Ufficio europeo dei brevetti, che hanno sviluppato un discutibile orientamento al profitto e alla mancanza di responsabilità. Concede brevetti con troppa facilità dal punto di vista della realizzazione di un’innovazione a larga base nell’intera economia, che troppo spesso serve soltanto gli interessi dei titolari dei brevetti.

Perciò, nell’attesa di un brevetto comunitario, gestito, a tempo debito, da un ufficio dei brevetti dell’Unione europea, ribadisco il mio appoggio agli sforzi della Commissione per attuare soluzioni pragmatiche a medio termine, come per esempio l’accordo sulla risoluzione delle controversie in materia di brevetti europei. E’ soltanto un primo passo, ma davvero urgente per lo sviluppo di norme comuni e perché l’innovazione possa essere fiorente.

 

15. Elaborazione di un concetto strategico di lotta contro la criminalità organizzata (discussione)
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  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0152/2007), presentata dall’onorevole Bill Newton Dunn a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, contenente una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sull’elaborazione di un concetto strategico di lotta contro la criminalità organizzata [2006/2094(INI)].

 
  
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  Bill Newton Dunn (ALDE), relatore. – (EN) Signora Presidente, mi dispiace annunciarvi che sarà una storia di dolore, d’infelicità e di problemi per l’Europa, perché la criminalità organizzata sta crescendo in ogni campo, agisce nell’ombra e non disponiamo di un quadro completo. Ha le sue basi soprattutto in Stati al di fuori dell’Unione europea, dove il governo è debole e quindi è molto scarsa l’azione rivolta a fermare le bande e i criminali che lavorano in modo organizzato.

Mi riferisco a droghe come eroina e cocaina, importate da diverse regioni del mondo; all’ecstasy, che è esportata dall’Europa in varie regioni del mondo; agli immigranti clandestini, che vengono portati dall’Asia e dall’Africa senza controlli; a prodotti contraffatti di ogni genere immaginabile, in alcuni casi solo semplici giocattoli o CD musicali, ma in altri casi si tratta anche di farmaci, prodotti estremamente seri e pericolosi per la vita; e ai crimini su Internet – il furto di denaro e d’identità. In ogni settore la criminalità sta crescendo, e in ogni settore, forse, tutti abbiamo una piccola esperienza.

Ogni industria è consapevole dei problemi nel proprio settore, ma tiene nascoste le statistiche perché non vuole compromettere la fiducia pubblica. Se un fabbricante di borse dice: “Fate attenzione a comprare la mia bella borsa di cuoio perché potrebbe essere una contraffazione proveniente dall’Estremo Oriente o altrove”, danneggia le proprie prospettive. Nessuno quindi dice ai cittadini cosa sta realmente accadendo.

Alcune bande organizzate sono famiglie etniche che lavorano molto bene, in modo rigorosamente organizzato; alcune sono organizzate come società per azioni multinazionali molto grandi e molto efficienti – questa settimana mi è stato fornito persino un organigramma di una banda criminale organizzata! Attraversano i confini all’interno della nostra Unione con totale disinvoltura e senza alcuna difficoltà. Ecco il problema: la nostra polizia non può attraversare i confini. Quindi, i criminali vanno ovunque vogliono, fanno quello che vogliono, ma la nostra polizia è limitata alle rispettive regioni o ai rispettivi Stati membri: è quindi profondamente penalizzata e non può lottare alla pari contro i criminali. Cosa fanno i singoli agenti di polizia se c’è un problema che interessa il confine? Si recano in un nucleo centrale e cercano chi contattare sull’elenco telefonico? Non esiste un elenco. Non esiste una struttura in cui un agente di polizia in qualsiasi paese possa trovare un numero telefonico o un indirizzo e-mail per un contatto appropriato in un altro Stato membro. E’ incredibile: una mancanza totale di cooperazione.

La ragione di questo è la mancanza di fiducia e di comprensione reciproca, il che significa che, tradizionalmente, non vogliamo fornire agli stranieri le nostre informazioni né rivelarne la fonte, perché ciò svelerebbe troppi segreti. Non abbiamo fiducia reciproca in Europa. Le bande invece hanno una grande fiducia reciproca e così vincono senza fatica.

Non tutto però è negativo. Gli americani, con i loro confini aperti tra gli Stati, incontrarono esattamente lo stesso problema negli anni ’30. Probabilmente avete visto il film Bonnie e Clyde. I protagonisti svaligiavano banche, attraversavano con il bottino un confine di Stato e la polizia non poteva seguirli. Gli americani inventarono l’FBI con il potere di attraversare i confini, e sospetto che questa sia la fase alla quale siamo arrivati oggi in Europa. Abbiamo bisogno di un’agenzia di polizia che possa perseguire i criminali attraverso le frontiere. I cittadini saranno molto scettici; i leader nazionali non dicono nulla in proposito, ma penso che siamo giunti a quel punto e che dobbiamo intervenire.

Comunque, oggi su questo lato dell’Atlantico, nell’Unione europea non esistono statistiche per informare i cittadini circa l’entità del problema. Ognuno dei 27 Stati membri raccoglie i dati statistici in un modo diverso. Non esistono dati statistici comunitari comparati; speriamo quindi che la Commissione stia lavorando in quella direzione affinché tra qualche anno tali dati siano disponibili. Non abbiamo idea, non abbiamo un quadro chiaro, né informazioni per i cittadini, né un controllo democratico, perché questo rientra nel terzo pilastro ed è quindi di competenza dei governi nazionali, che fanno molto poco perché non percepiscono alcuna pressione da parte dei cittadini ad agire.

L’unico modo in cui otterremo un cambiamento, temo, è con uno shock drammatico, qualcosa come l’11 settembre in Europa. Qualcosa di così terribile che i cittadini diranno: “Come si è potuto permettere che accadesse? Come hanno fatto i criminali a farla franca così a lungo mentre nelle 27 capitali nazionali c’era una tale inerzia?” Ma, se i criminali sono intelligenti – e sono molto intelligenti – non usciranno mai allo scoperto. Non commetteranno mai un 11 settembre e continueranno semplicemente a mangiare nella nostra società, appropriandosi delle nostre risorse, indebolendoci, sottraendoci posti di lavoro e, fondamentalmente, indebolendo l’intera Unione. Abbiamo davvero bisogno di azione e spero che il Parlamento sosterrà questa relazione e spingerà i ministri a prendere decisioni.

 
  
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  Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con il relatore, con l’on. Newton Dunn, per questa relazione. Credo che l’importanza di sviluppare tutti i mezzi a disposizione nella lotta contro la criminalità organizzata sia chiara a tutti, nessuno credo possa avere dubbi in merito. Mi limiterò a dare alcune brevi indicazioni su alcuni progressi recenti che l’Unione europea ha realizzato in questo campo ed alcune iniziative che la Commissione europea avvierà in tempi estremamente brevi.

In primo luogo, proprio per migliorare la conoscenza del fenomeno della criminalità organizzata, sono particolarmente d’accordo con il relatore. Non abbiamo un quadro di conoscenza preciso sulle dimensioni del fenomeno criminale e dei flussi della criminalità organizzata. In questo campo l’evoluzione dell’attività di Europol è particolarmente apprezzabile. Europol come voi sapete, da quest’anno, dal 2007, pubblicherà e ha proposto di integrare il suo tradizionale rapporto conoscitivo sullo stato della criminalità in Europa con una valutazione annuale della minaccia. Il rapporto Europol sarà quindi un rapporto proattivo e non solo conoscitivo; indicherà cioè i settori anno per anno, nei quali la minaccia della criminalità organizzata è cresciuta e, come noi speriamo, quelli in cui la minaccia sarà anche diminuita. Purtroppo, noi registriamo un aumento crescente in tutti i grandi ambiti della criminalità organizzata.

Un altro risultato importante, lo ricordava ora il relatore, è l’azione europea nel campo delle statistiche criminali. Non abbiamo avuto finora un quadro statistico. Voi lo ricorderete, in una comunicazione adottata lo scorso anno, proposi proprio un sistema di statistiche criminali a livello europeo. Abbiamo costituito già un gruppo di esperti e posso dire con soddisfazione che già Eurostat ha effettuato la prima pubblicazione di dati statistici sui reati a livello europeo. Stiamo cominciando a realizzare dei risultati concreti.

Nel campo della prevenzione, che è estremamente importante, abbiamo deciso di concentrarci, ad esempio, sulla lotta alla corruzione, spesso legata alle reti della criminalità organizzata. Abbiamo deciso di stabilire una rete europea di esperti nazionali in collegamento costante, proprio in funzione di prevenzione anticorruzione. Ho ritenuto di inserire nel programma del prossimo anno, del 2008, un’iniziativa che esplorerà i legami tra la corruzione, il riciclaggio di denaro sporco e quindi le reti della criminalità organizzata. E’ un settore su cui l’Europa deve lavorare di più.

C’è poi una grande azione per quanto riguarda il traffico di esseri umani; c’è un piano d’azione, già adottato e in corso di sviluppo, di attuazione concreta. Tra l’altro, come probabilmente voi sapete, abbiamo promosso una giornata europea ogni anno, proprio contro il traffico di esseri umani, che sarà il segnale concreto di uno sviluppo, di una presa di coscienza europea che finora è stata insufficiente.

Abbiamo pensato inoltre di concentrarci sulla protezione dei testimoni, elemento indispensabile se si vuole lottare contro la criminalità organizzata. Metterò a disposizione di questo Parlamento un documento di lavoro con alcune proposte concrete entro la fine di luglio di quest’anno, cioè entro i prossimi due mesi. Questo documento di lavoro sarà il risultato di un’analisi che abbiamo fatto con le polizie, con le autorità giudiziarie dei paesi membri, su come i testimoni nella lotta alla criminalità organizzata debbano essere protetti, perché se non si proteggono i testimoni viene meno un elemento fondamentale per la lotta al crimine organizzato.

Sulla cooperazione di polizia e sulla cooperazione giudiziaria il coordinamento deve essere rafforzato anzitutto tra Europol e Eurojust. Certamente è indispensabile un approccio multidisciplinare e abbiamo fatto molto per Europol. Ho proposto un nuovo statuto per Europol per aumentarne i poteri, estenderne il mandato e dare più flessibilità ad Europol, la criminalità organizzata purtroppo ha un grado di adattabilità molto elevato e quindi anche Europol deve essere estremamente più flessibile. Mi auguro che per Europol il Consiglio accolga la nostra proposta di un finanziamento comunitario. Questo avrebbe un immediato vantaggio, quello del controllo democratico del Parlamento europeo, sull’utilizzazione del budget di Europol, che quindi sarà soggetto in modo, direi più trasparente, ad un’autorità parlamentare democratica di controllo.

Come sapete, il Consiglio nutre ancora qualche reticenza ad accettare questa mia proposta. Sulla questione operativa Europol si sta potenziando. Dov’è il punto debole? Il punto debole è che gli Stati membri non trasmettono ad Europol il numero necessario di informazioni operative di cui Europol ha bisogno per coordinare le sue attività. Voi sapete probabilmente che il sistema informativo centrale di Europol viene alimentato per il 70% solamente da cinque Stati membri e il 30% da tutti gli altri. Questo fa vedere quale sarebbe la potenzialità di Europol se tutti gli Stati membri contribuissero in modo migliore. Cosa che adesso dovranno fare perché sono entrati in vigore tutti e tre i protocolli di Europol e quindi la cooperazione sarà migliore.

Anche per Eurojust bisogna fare qualcosa in più. Certamente su Eurojust, presenterò una proposta, quest’autunno, credo tra ottobre e novembre, e sarà una proposta per rafforzare i poteri d’iniziativa di Eurojust. Il punto che sarà al centro di questa mia iniziativa sarà l’associazione di Eurojust, direi l’associazione normale, sistematica alle squadre comuni d’inchiesta. Queste squadre comuni d’inchiesta sono uno strumento fondamentale per combattere la criminalità e Eurojust viene chiamata a partecipare alle squadre comuni d’inchiesta in modo insufficiente, non organico e qualche volta episodico. Così non va! Eurojust deve essere protagonista normale delle squadre comuni d’inchiesta per aumentare le sue capacità.

Certamente tutta questa grande attività che noi stiamo svolgendo deve vedere sempre un bilanciamento tra le esigenze di sicurezza che sono, come sostengo con convinzione personale, un diritto fondamentale dei cittadini. I cittadini hanno diritto alla sicurezza, ma accanto alla sicurezza ci sono altri diritti, anch’essi diritti fondamentali e quindi, credo che la materia della protezione dei dati nel settore della cooperazione di polizia – materia che ancora non ha trovato una risposta positiva in Consiglio, malgrado la mia proposta di un anno e mezzo fa – dovrà finalmente trovare una risposta organica, cioè un’iniziativa legislativa europea sulla protezione dati nel cosiddetto terzo pilastro. Questo servirà a dare anche al cittadino il segno tangibile che accanto ad un’azione forte contro il crimine organizzato, noi rispettiamo fortemente altri diritti fondamentali come il diritto al trattamento dei dati personali.

In tutti questi ambiti, mi auguro che il Consiglio a giugno decida di incorporare le previsioni del trattato di Prüm nella legislazione europea, cioè che si passi da quella che oggi è stata una semplice cooperazione rafforzata tra alcuni Stati membri ad una disposizione organicamente inserita nel contesto della legislazione comunitaria. Se il Consiglio, come auspico, darà via libera a questa pro