Presidente. – L’ordine del giorno reca in discussione congiunta:
– le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla conclusione della riunione del G8;
– la relazione (A6-0220/2007), presentata dall’onorevole Kinnock a nome della commissione per lo sviluppo, sugli obiettivi di sviluppo del Millennio – bilancio intermedio [2007/2103(INI)].
Il Consiglio non è presente.
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei in primo luogo fare alcune riflessioni, come mi è stato chiesto, circa l’esito del Vertice di Heiligendamm sulle questioni relative allo sviluppo e sulle problematiche concernenti l’Africa.
Il semplice fatto che tali questioni abbiano nuovamente ricevuto un’attenzione particolare è già di per sé una buona notizia. La riaffermazione dell’Africa quale soggetto importante nel processo del G8 è ovviamente uno sviluppo confortante, ma evidentemente non è nulla di speciale se si considerano i risultati concreti. Capisco perfettamente le critiche mosse da coloro che sono rimasti delusi dai riferimenti agli aiuti allo sviluppo. Il compromesso adottato si limita semplicemente a ribadire l’impegno di Gleneagles, e penso che avremmo potuto puntare più in alto.
Sappiamo che l’Unione europea dei 27 finanzierà di tasca propria tra l’80 e il 100 per cento dell’impegno del G8 per l’Africa. Non dovremmo permettere ai membri del G8 di trascurare il loro impegno che, se non ricordo male, consisteva nel raddoppiare gli aiuti per l’Africa. Alcuni membri del G8 non sono ancora sulla buona strada per onorare tale impegno. Gli aiuti americani complessivi, ad esempio, sono scesi del 20 per cento e quelli giapponesi del 10 per cento, e tali Stati dovrebbero sicuramente fare di più.
Per quanto riguarda le questioni di governance e i principi fondamentali della politica dello sviluppo, sono discretamente soddisfatto che nella dichiarazione finale sull’Africa siano stati mantenuti il nostro approccio al buon governo – multidimensionale e olistico – e la formulazione da noi suggerita. La nostra strategia di governance si basa sui risultati e sull’offerta di incentivi alla riforma destinati ai paesi impegnati in riforme della governance appropriate e credibili, basate su una volontà politica solida.
Sono lieto di constatare che il lavoro del G8 di quest’anno sia stato incentrato principalmente sull’istruzione, indubbiamente uno dei nostri contributi più preziosi. La dichiarazione esprime con chiarezza l’esigenza di finanziare le esigenze non ancora coperte e che si stima abbiano un valore monetario di 500 milioni di dollari USA per il 2007 in tutti i paesi che rientrano nell’iniziativa accelerata “Istruzione per tutti”.
Sono altresì soddisfatto del testo finale sulle risorse finanziarie per le questioni sanitarie, del Fondo globale e dei programmi per la prevenzione della trasmissione da madre a figlio. I 60 miliardi di dollari americani che sono stati promessi negli anni a venire per combattere l’HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi rappresentano un impegno chiaro e rigoroso rispetto al linguaggio prudente inizialmente utilizzato, che escludeva qualsiasi indicazione concreta delle risorse finanziarie richieste.
Voglio concludere le mie riflessioni sul G8 con un’osservazione di ordine più generale. Il “concorso di bellezza” di cifre e dichiarazioni in cui pare essersi tramutato il G8 in materia di sviluppo non conquista la fiducia dei partner africani. Al contrario, essi ci contestano la carenza di risultati sul campo e, soprattutto, il mancato rispetto dei nostri impegni. Inoltre, ce lo fanno notare in maniera ancor più insistente dopo aver individuato nella Cina un modello alternativo. La Cina non solo sta acquistando grandi quantità di materie prime in Africa, ma ha anche iniziato a costruire strade, ministeri e ospedali nei mesi successivi alla richiesta ricevuta e alla promessa fatta. Si tratta di una mossa brillante, considerato che le nostre procedure, stabilite essenzialmente dal Consiglio e dal Parlamento europeo, ci impongono di fatto attese di diversi anni tra il raggiungimento dell’accordo e la sua effettiva attuazione.
Dobbiamo anche trarre una lezione a livello di G8: mentre l’Africa sta intrecciando rapporti sempre più stretti con i paesi emergenti, il “concorso di bellezza” del G8 diventerà uno spettacolo marginale sempre meno convincente, se non riusciremo a coinvolgere la Cina e gli altri paesi emergenti in iniziative internazionali sull’Africa e lo sviluppo. E’ quindi per tale ragione che mi recherò in Cina all’inizio di luglio: per parlare dell’Africa con i colleghi cinesi.
Signor Presidente, onorevoli deputati, prima di concludere vorrei dire qualche parola sulla relazione dell’onorevole Kinnock e dunque sugli obiettivi di sviluppo del Millennio a metà percorso, la rilevanza attuale dei quali mi sembra decisamente indiscutibile. Rimango convinto che tali obiettivi siano alla nostra portata, naturalmente a condizione che tutti gli operatori dello sviluppo – non solo gli erogatori di fondi, ma anche i paesi partner – onorino i loro impegni. Vorrei anche sottolineare l’impegno risoluto e totale dell’Unione europea, in questo periodo cruciale, ad attuare tali obiettivi.
Su questo punto vorrei fare qualche osservazione – ed esprimere, in verità, qualche riserva – circa i dettagli del messaggio contenuto nella relazione. Se da una parte sono ovviamente d’accordo, in linea di massima, con il contenuto della relazione, dall’altra sono leggermente sorpreso del messaggio non proprio univoco che la relazione trasmette al mondo circa le prestazioni dell’Unione europea in qualità di donatore. Vorrei precisare che l’Unione, non dimentichiamolo, è l’erogatore principale di aiuti per lo sviluppo, in termini sia di volume sia di percentuale di reddito interno lordo: devolviamo 100 euro per abitante a tale causa, a fronte dei 69 euro soltanto erogati dal Giappone e dei 53 euro donati dagli Stati Uniti. Non è certo una buona ragione per abbandonarsi all’autocompiacimento, ovviamente, perché altri progressi sono possibili e necessari su questo fronte. E i progressi sono anche previsti, in quanto l’Unione europea si è impegnata in tal senso attraverso il consenso europeo per lo sviluppo.
La relazione lamenta il fatto che l’aumento degli aiuti provenienti da determinati Stati membri sia in parte il risultato della cancellazione del debito. Sono evidentemente d’accordo con lo spirito di tale osservazione o riserva. Detto ciò, anche escludendo l’annullamento del debito, gli aiuti dell’Unione europea sono aumentati, il che non si può dire nel caso degli altri grandi donatori. Siamo naturalmente sensibili a tale argomentazione, ed è per questo che la Commissione ha invitato gli Stati membri a fissare entro la fine dell’anno un calendario nazionale che mostri gli incrementi di bilancio che consentiranno ai paesi membri di raggiungere i propri obiettivi di aiuto allo sviluppo entro il 2010.
Non dobbiamo poi sottovalutare l’efficacia né l’effetto moltiplicatore della divisione del lavoro tra la Commissione e gli Stati membri. Né va sottostimato il valore della nostra adesione alle strategie e procedure dei paesi partner, e ancor meno il crescente ricorso al sostegno di bilancio, che è considerevole. Anche in tali aree l’Unione europea occupa una posizione indiscussa di leadership. Rilevo tuttavia un certo disagio per quanto riguarda il sostegno di bilancio, che pure rappresenta lo strumento privilegiato del partenariato e della fiducia tra partner dotati di eguali diritti e doveri. Appoggiando le politiche nazionali e partecipando al processo di bilancio, mettiamo in campo gli strumenti più adeguati all’appropriazione da parte dei paesi partner, una soluzione che offre anche grande prevedibilità e una straordinaria flessibilità. Tale meccanismo è ovviamente ancora passibile di miglioramento, che è il fine del contratto stipulato per gli obiettivi del Millennio su cui sta attualmente lavorando la Commissione – una questione da me brevemente citata ieri quando ho risposto in sede di commissione al collega van den Berg. Nelle settimane a venire, riusciremo a discutere con voi i criteri e le condizioni di tale contratto per gli obiettivi del Millennio.
Al di là di queste osservazioni, ritengo essenziale unire le forze per realizzare tali obiettivi. Grazie al nostro approccio, i paesi in via di sviluppo riceveranno un messaggio chiaro di solidarietà dall’Unione europea, che non potrà che confortarli nella loro propria determinazione.
In conclusione, ringrazio e mi congratulo con l’onorevole Kinnock per questa relazione ricca di significato, che inserisce le questioni nel contesto cui appartengono. Si tratta di un contributo estremamente utile e di una fonte costante di ispirazione per il lavoro della Commissione.
Glenys Kinnock (PSE), relatore. – (EN) Signor Presidente, grazie per essere qui, considerata l’attenzione che tali questioni meritano in seno alla nostra Assemblea. Vorrei anche ringraziare il signor Commissario per le cortesi osservazioni. Ritengo che molti di noi deplorino profondamente il fatto che il Consiglio abbia scelto di non essere rappresentato qui oggi nelle discussioni sul G8 e sugli obiettivi di sviluppo del Millennio. Ci dispiace che abbiano prevalso altre priorità.
Giunti a metà del percorso, la mia relazione è un’occasione per valutare i progressi compiuti o meno nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio. La realtà è ovviamente che molti paesi subsahariani non sembrano essere in grado di soddisfare nemmeno uno di tali obiettivi. In pratica nessun paese africano ha imboccato la strada giusta per il raggiungimento degli obiettivi relativi alla salute materno-infantile. Per tale ragione la nostra commissione ha convenuto che l’Unione europea debba continuare a guidare gli sforzi volti a sostenere i diritti alla salute sessuale e riproduttiva mediante finanziamenti e altri metodi di sostegno. Nel 2005 i leader dei paesi ricchi si sono riuniti in occasione del Vertice del G8 di Gleneagles e si sono impegnati a raddoppiare gli aiuti annuali ai paesi poveri fino a 50 miliardi di dollari americani, nonché a cancellare totalmente il debito.
Nel maggio del 2005 il Consiglio dell’UE aveva già stabilito l’agenda del Vertice di Gleneagles svoltosi nel luglio dello stesso anno. Era stato concordato – un punto importante – un impegno vincolato nei tempi a conseguire l’obiettivo dello 0,7 per cento del RNL e del 100 per cento della cancellazione del debito. Al momento della stesura della mia relazione sono emerse con chiarezza questioni gravi di credibilità in relazione a determinati Stati membri dell’Unione europea. E’ su questo punto che mi trovo fondamentalmente in disaccordo con il Commissario. Se si esclude la cancellazione del debito, molti Stati membri sono in ritardo. Gli accordi sul debito iracheno e nigeriano sono stati conteggiati in modo tale da distorcere la realtà degli aiuti effettivi. Si stima che siano ammontati a circa 13 miliardi di dollari USA nel 2006. Nel 2010, quando gli aiuti all’Africa dovrebbero teoricamente raggiungere i 50 miliardi di dollari USA l’anno, la cancellazione del debito sarà stata già ampiamente conteggiata e non si andrà pertanto più ad aggiungere agli aiuti erogati da un paese. Oxfam stima che l’ammanco raggiungerà una cifra assolutamente scioccante, pari a 30 miliardi di dollari USA.
Al G8 alcuni paesi membri dell’Unione europea si sono impegnati al fine di far rispettare le promesse fatte. Ma come ha ricordato lei, signor Commissario, c’è stata solamente una reiterazione e una conferma delle promesse del 2005 di aumentare gli aiuti. Continuano a mancare un calendario chiaro e impegni concreti vincolanti. Occorrono dettagli più specifici e impegni finanziari chiari che, a titolo di esempio, colmino le lacune di finanziamento per i paesi che rientrano nell’iniziativa accelerata “Istruzione per tutti”.
Occorre inoltre chiarezza in merito all’impegno di aumentare l’accesso universale all’HIV/Aids. Si parla di 5 milioni di persone nel 2010. Vogliamo sapere se si tratta di un dato mondiale perché, se lo fosse, dovrebbe in realtà ammontare a 10 milioni. Se si riferisce soltanto all’Africa, allora il comunicato presenta uno scenario leggermente diverso. Anche in questo caso manca una data finale specifica. La realtà è che i paesi in via di sviluppo non vogliono una specie di assegno inviato per posta o una sorta di vaglia. Vogliono poter attuare piani credibili e prestabiliti, come fanno i nostri governi.
Sul tema del cambiamento climatico, tutti i paesi del G8 tranne USA e Russia hanno accettato di dimezzare le emissioni entro il 2050. L’impegno statunitense di unirsi agli sforzi dell’ONU è stato accolto con favore. Tuttavia, devo constatare ancora una volta l’assenza di vincoli chiari, e persino per l’obiettivo del 50 per cento entro il 2050 non è stato convenuto alcun anno di riferimento nel G8 in Germania. Non è stata inoltre ribadita alcuna intenzione di limitare il cambiamento climatico a 2°C. Nel contesto dell’importanza attribuita alla cancellazione del debito e agli impegni sugli aiuti, sappiamo che l’intera questione della giustizia commerciale continua a sfuggirci. Lo scorso anno in occasione del G8 di San Pietroburgo è stato lanciato un fervido appello a concludere con successo i negoziati di Doha, ma la realtà è in effetti ben diversa da quella che si immaginavano i paesi in via di sviluppo al momento della sottoscrizione di quei negoziati. Il G8 in Germania non ha fatto altro che ripetere le dichiarazioni di San Pietroburgo di un anno fa.
Per quanto riguarda gli accordi di partenariato economico, raccomando in particolare l’emendamento dell’onorevole van den Berg, che purtroppo è stato escluso dal testo che vi è stato distribuito a causa di un errore di compilazione. A mio avviso, offre un contributo molto prezioso al dibattito su tali accordi.
Vorrei infine ricordare che a questo punto ci serve un cambio di marcia radicale. Nel 2005 migliaia di cittadini di tutto il mondo hanno marciato sotto lo striscione che esortava a fare della povertà un capitolo del passato. Gli aiuti funzionano veramente, come possiamo constatare. Si registrano miglioramenti effettivi nella riduzione della povertà, nell’accesso dei bambini all’istruzione, nel miglioramento della salute e nella salvezza di vite umane. Occorre tuttavia un vero e proprio cambiamento sociale e politico, oltre a una maggiore consapevolezza del fatto che quello che serve ai paesi in via di sviluppo non è la beneficenza bensì la giustizia.
(Applausi)
Presidente. – Grazie dell’eccellente lavoro, onorevole Kinnock, e congratulazioni per la relazione.
Maria Martens, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, signor Commissario, gli obiettivi di sviluppo del Millennio stabiliti nel 2000 sono piani ambiziosi volti a ridurre drasticamente la povertà entro il 2015. Alla fine di questo mese saremo a metà di tale percorso, ma non in termini di raggiungimento degli obiettivi, purtroppo, che sono ancora lontanissimi. L’agenda dello sviluppo è notevolmente in ritardo. Ci sono ancora troppe persone che muoiono di fame, troppi bambini che non hanno accesso all’istruzione, troppe donne in una posizione di svantaggio, mentre l’AIDS, la malaria e la TBC stanno tuttora mietendo troppe vittime, e purtroppo la lista potrebbe essere ancora più lunga.
E’ essenziale migliorare la qualità e la quantità degli aiuti, e molto dipende dalla volontà politica dei paesi. Va da sé che tutti i paesi devono rispettare la promessa di accantonare lo 0,7 per cento del prodotto nazionale lordo per gli aiuti allo sviluppo. Ma non è soltanto una questione di soldi, bensì di aiuti migliori e più efficaci e di un coordinamento più puntuale degli stessi. Vanno ridotti gli aiuti fantasma, in base ai quali le risorse vengono investite principalmente in consulenza, relazioni e studi di valutazione.
Vorrei citare una serie di punti a nome del mio gruppo. Innanzi tutto, desidero richiamare la vostra attenzione sull’importanza della trasparenza dei flussi finanziari. La destinazione dei fondi dev’essere chiara. In secondo luogo, sul tema della riduzione del debito, benché il debito rappresenti un problema ingente per molti paesi, la sua riduzione non può e non deve essere una ricompensa per la cattiva gestione dei governi. Perciò tale misura è ammissibile solo nel rispetto di condizioni rigorose, tra cui il buon governo e la trasparenza. Occorre garantire che le risorse sbloccate vengano effettivamente spese per combattere la povertà. In terzo luogo, vorrei sottolineare l’importanza del commercio. Gli scambi e l’apertura dei mercati possono rappresentare una forza motrice enorme per la crescita economica, a determinate condizioni. I paesi devono poter contare sul nostro appoggio in tal senso.
Per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale, vorrei far nuovamente presente il rischio di buttare via il bambino con l’acqua sporca. La ricerca per la lotta contro le malattie correlate alla povertà deve continuare a rappresentare un’attrattiva per l’industria. Occorre un certo grado di protezione dei diritti di proprietà intellettuale per i brevetti.
Infine, per quel che concerne la salute sessuale e riproduttiva, molte donne dei paesi in via di sviluppo sono ad alto rischio, persino di vita, durante e dopo la gravidanza. La morte di molte donne potrebbe essere evitata. Gli aiuti in quest’area sono estremamente urgenti; siamo quindi a favore di stanziamenti più cospicui per quelle donne.
Margrietus van den Berg, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, purtroppo il Consiglio è assente, con grande delusione del gruppo socialista al Parlamento europeo. Nel 2000, 191 leader mondiali si sono impegnati nella dichiarazione del Millennio a sradicare la povertà estrema nel mondo entro il 2015 e a migliorare la salute e il benessere dei più poveri. Attualmente, un quinto della popolazione mondiale non è in grado di soddisfare le esigenze sociali di base, tra cui istruzione e acqua potabile pulita. Tra due settimane e mezzo esatte saremo a metà della scadenza degli obiettivi di sviluppo del Millennio. La relazione eccellente dell’onorevole Kinnock, che appoggiamo pienamente, fa il punto dei risultati conseguiti fino ad oggi.
Nell’arco degli ultimi sette anni e mezzo si è lavorato molto per realizzare tali obiettivi e si sono ottenuti molti successi importanti, in particolare in Asia, dove la riduzione della povertà è stata notevole. Il numero di persone costrette a sopravvivere con meno di 1 dollaro al giorno è diminuito di oltre un quarto di miliardo dal 1990. Anche in America centrale le cose stanno visibilmente migliorando. In entrambe le regioni il numero di bambini denutriti è diminuito sensibilmente. La mortalità infantile è stata ridotta di parecchi punti percentuali. Centinaia di migliaia di abitanti dell’America centrale e dell’Asia sono stati liberati dalle catene della povertà, un risultato di cui tali regioni e il mondo intero dovrebbero andare fieri.
Il problema ancora presente in Asia e America centrale è il divario crescente tra ricchi e poveri. Dobbiamo aiutare tali regioni ad attuare strategie per una distribuzione più equa delle risorse naturali e del territorio, per imposte più giuste, meno corruzione e un governo migliore. Malgrado la crescita e i progressi, troppe persone sono ancora prive dei servizi sociali di base, e qui dovrebbero concentrarsi i programmi europei di aiuto tramite la società civile.
Negli ultimi anni, in un continente gli obiettivi del Millennio si sono allontanati ulteriormente invece che avvicinarsi. L’Africa, malgrado alcuni coraggiosi risultati, malgrado gli sforzi di molti, sta andando allo sbaraglio. E’ improbabile che in Africa si riesca a realizzare in tempo tali obiettivi. Nell’Africa subsahariana tre quarti della popolazione hanno contratto il virus dell’AIDS/HIV.
In tale regione il numero di persone che soffrono la fame è salito di molte decine di milioni. Come cambiare la mentalità dei gruppi che hanno avuto successo? Come possiamo aiutare gli uomini d’affari africani, le cooperative femminili e le banche per il microcredito a invertire la rotta? Innanzi tutto, puntando i riflettori non solo sulle vittime ma anche sui risultati raggiunti, tra cui ad esempio la fine dei conflitti, tra l’altro proprio in Mozambico, senza dimenticare i diplomatici africani di rilievo quali Kofi Annan, le case di moda di Abuja, i viticoltori sudafricani, i piloti del Ghana, gli abilissimi calciatori di tutta l’Africa e le imprenditrici delle TIC. Sono loro che cambieranno l’Africa. Sono quelli con cui voglio creare partenariati. Sono quelli su cui dovremmo concentrare gli aiuti europei. Devono ricevere agevolazioni commerciali invece che essere sommersi dalle nostre merci di scarto.
E’ tempo di un nuovo inizio. Una svolta, seppure in salita. Dopo tutto, se coniugheremo qualità e risorse nazionali con la nostra cooperazione sincera nelle aree degli aiuti e degli scambi, l’Africa risorgerà dalle ceneri. Cooperazione genuina significa concentrare maggiormente il Fondo europeo di sviluppo e i bilanci degli aiuti sugli obiettivi del Millennio, sull’istruzione e l’assistenza sanitaria.
Ha ragione, signor Commissario, quando dice che i contratti degli obiettivi di sviluppo del Millennio sono un ottimo sistema in tal senso. Anche il G8 rientra in tale categoria, in quanto stabilisce scadenze concrete per compiti importanti. Cooperazione genuina significa accordi generosi di partenariato economico. La comunità imprenditoriale africana deve poter smerciare i propri prodotti nei nostri mercati con un valore aggiunto. Se il GSP+ potesse essere d’aiuto in questo, andrebbe utilizzato. Formiamo una squadra africana composta da giocatori validi, da vincitori, e diamole la possibilità di vincere questo incontro di calcio nel secondo tempo della partita del 2015 per gli obiettivi del Millennio – un risultato che andrà a vantaggio oltre che dell’Africa anche del resto del mondo.
Johan Van Hecke, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, forse non è una coincidenza che si parli molto olandese in un dibattito sulla cooperazione allo sviluppo, una cosa che mi fa enormemente piacere.
A giudicare dai risultati del G8, è corretto dire che il processo di realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio sta compiendo un passo avanti e due indietro. Di fatto, il tema dell’Africa è stato citato brevemente a Heiligendamm, anche se solo allo scopo di non esasperare Bono e Bob Geldof. Sono stati reiterati gli impegni del 2005, ma non ne sono stati presi di nuovi, e non si è fissato nemmeno un calendario. Condivido il timore dell’onorevole Kinnock che di questo passo non si riesca a raggiungere l’obiettivo entro il 2015. La relazione Kinnock è inoltre divenuta un documento molto equilibrato, che ha tenuto conto anche delle preoccupazioni del nostro gruppo. Ve le elenco brevemente.
In primo luogo, lo 0,7 per cento non dovrebbe essere un’ossessione. La qualità e l’efficacia degli aiuti garantiti sono importanti almeno tanto quanto la quantità. La cosiddetta spesa per lo sviluppo di certi governi lascia aperte molte questioni, e il coordinamento spesso lascia a desiderare. In secondo luogo, aiuti di bilancio più diretti sono inevitabili se vogliamo realizzare gli obiettivi del Millennio, i quali però dovrebbero essere vincolati principalmente al buon governo e in secondo luogo al controllo parlamentare, che dovrebbe essere una questione di vitale importanza. In terzo luogo, siamo a favore di un’ulteriore riduzione del debito. Non lineare, bensì condizionale. Le risorse che si libererebbero in tal modo potrebbero essere versate in un fondo destinato anzitutto all’istruzione e all’assistenza sanitaria.
Vorrei concludere ricordando che il dibattito se considerare prioritario il raggiungimento degli obiettivi o gli aiuti al commercio è un falso dilemma in cui non vogliamo essere coinvolti. Per quanto ci riguarda, non è una questione di alternative, bensì di pari priorità.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, soltanto uno sforzo globale e congiunto può aiutare l’Africa oggi. Il continuo finanziamento da parte dell’Europa dei cosiddetti diritti riproduttivi, compreso l’aborto, costituisce un ostacolo fondamentale per tale unità d’intenti.
Da un punto di vista sia morale sia medico, l’aborto non rappresenta la risposta al problema della mortalità legata al parto in Africa. Se vogliamo aiutare le donne africane in tal senso, dobbiamo inviare aiuti medici, fornire acqua potabile, istruzione e strutture mediche. Utilizzare le risorse dell’Unione per finanziare l’aborto in Africa è contrario ai principi di erogazione degli aiuti.
Tutti i cittadini europei sono costretti a essere indirettamente coinvolti nella questione. E’ anche una forma di imperialismo morale nei confronti dell’Africa, un atteggiamento che non può essere perdonato dalla nostra Assemblea. Per tale ragione vi chiedo di votare contro i punti 40 e 41 della relazione. Rivolgo tale appello soprattutto ai deputati democratici cristiani. Se il mio appello non sarà raccolto, non potremo appoggiare la relazione.
Frithjof Schmidt, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, stiamo conducendo una revisione intermedia dei notevoli sforzi compiuti per realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, e il bilancio è sconfortante – è questo che emerge dalla relazione dell’onorevole Kinnock, che il mio gruppo appoggia appieno.
Se la situazione politica non cambierà, molti paesi in via di sviluppo, soprattutto africani, non conseguiranno tali obiettivi, e la maggior parte dei paesi industrializzati non manterrà le promesse di aiuti finanziari. Purtroppo, il Vertice del G8 di Heiligendamm in Germania ne è stato un ulteriore esempio.
Dal 1999, a intervalli di due anni, sono state fatte e tradite più e più volte le medesime promesse, il che mette in dubbio la credibilità dell’Unione europea agli occhi di molti paesi in via di sviluppo. Le promesse fatte a Heiligendamm vengono ora decurtate da quelle di Gleneagles. Sessanta miliardi di dollari americani per il Fondo globale, ma a quanto pare tali risorse saranno compensate dalle promesse non mantenute di Gleneagles: un esempio di contabilità in partita doppia. Si tratta di un tentativo di creare confusione con i numeri senza imporre nulla ai singoli paesi.
Ho apprezzato molto che il Commissario si sia espresso con grande chiarezza al riguardo: è esattamente quello che occorre. E’ responsabilità del Parlamento dire le cose chiaramente ed esercitare la pressione necessaria ad assicurare che per lo meno l’Unione europea si attenga al proprio piano progressivo per il raggiungimento dell’obiettivo esatto dello 0,7 per cento per gli aiuti ufficiali allo sviluppo entro il 2015, senza trucchetti contabili.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, stiamo facendo il punto del Vertice del G8. In tale occasione è stata rilasciata una dichiarazione sul cambiamento climatico che è evidentemente priva di valore. Appoggio le dichiarazioni delle organizzazioni ambientaliste; Greenpeace l’ha definita assolutamente insufficiente, mentre Friends of the Earth Germany ha definito “fumose” le promesse formulate. Non ne sono scaturiti impegni vincolanti.
Mi associo a quanto affermato dal Commissario Michel sul fatto che non ci siano stati dibattiti sufficienti sull’Africa. La cancellazione del debito dei paesi più poveri si sarebbe dovuta fare da tempo. Poiché il dibattito riguarda il Vertice del G8 nel suo complesso, vorrei tuttavia ricordare ancora una volta all’Assemblea che i paesi del G8 non hanno nessun tipo di legittimazione. Si sono autoproclamati leader mondiali. L’evento è costato 100 milioni di euro, di cui 12,5 milioni per la sola recinzione attorno a Heiligendamm. E’ stata organizzata una dimostrazione molto efficace contro il Vertice, con 80 000 partecipanti, e i disordini che si sono verificati – sbagliati e deplorevoli – sono stati sfruttati dalla polizia per violare le norme dello Stato di diritto. Ad esempio, ora sappiamo che tra i manifestanti c’erano poliziotti in borghese che probabilmente hanno anche incitato i dimostranti alla violenza. I legali non sono praticamente riusciti a fare il loro lavoro, e i giudici sono diventati il braccio lungo della polizia. Gli avvocati hanno dovuto lottare non poco per poter addirittura avvicinare i prigionieri. Sono state utilizzate gabbie per i prigionieri, criticate in maniera univoca e descritte come sbagliate da Amnesty International. Il Vertice è stato contraddistinto da una repressione degna di uno Stato di polizia. Non occorre guardare lontano per assistere alla repressione dei cittadini: i diritti umani vengono calpestati nel bel mezzo dell’Unione europea, nel contesto di questo Vertice del G8.
Georgios Karatzaferis, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, in primo luogo penso che nessun cittadino al mondo nutra fiducia nei vertici del G8. Sembrano una riunione dei feudatari di 400 anni fa, che prendevano determinate decisioni senza consultare il popolo. Si tratta di feudalesimo moderno. Il G8 si riunirà e si terrà una lotteria per permettere a otto delegati dei paesi poveri di partecipare. Stiamo parlando dell’Africa. Ditemi il nome di un grande ospedale in tutto il continente. Signor Presidente, lei andrebbe in Tanzania se avesse un problema di salute grave? Andrebbe in Germania o in Inghilterra. Fatemi il nome di una grande banca che abbia la sede centrale in Africa. Tutte le grandi banche cui affidiamo i nostri risparmi si trovano nell’emisfero settentrionale. E’ una tipologia speciale di razzismo che dovremmo finalmente ammettere. O per lo meno viene tollerata una specie di razzismo nei confronti di quei paesi, cui offriamo le mance che diamo di solito ai lavavetri.
Ci serve una decisione, un’ideologia in base alla quale tutti i cittadini del mondo abbiano gli stessi diritti alla democrazia, alla salute e alla partecipazione alle decisioni che li riguardano. Non credo che quello che sta accadendo oggi sia democrazia. Abbiamo in comune il benessere, creiamo il cancro in tutto il mondo, mentre la superpotenza – l’America – non vuole appoggiare Kyoto, con il risultato che la morte e il riscaldamento terrestre colpiscono tutti, e i cittadini non hanno voce in capitolo. Pertanto occorrono più democrazia, migliori possibilità di accesso e più rispetto per i cittadini, soprattutto nei paesi in cui la democrazia non è ancora un risultato consolidato. Dobbiamo essere prudenti, altrimenti dall’Africa arriverà un nuovo AIDS che sarà più catastrofico dell’AIDS che conosciamo, che spedisce all’altro mondo molti cittadini dell’emisfero settentrionale.
Koenraad Dillen , a nome del gruppo ITS. – (NL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi fa piacere vedere che il Commissario per lo sviluppo e gli aiuti umanitari è di nuovo tra noi. Sappiamo quanto è fitta d’impegni la sua agenda. Il periodo di aspettativa da Commissario concessole per svolgere un ruolo attivo nelle elezioni parlamentari belghe potrebbe essere giunto al termine – e tale assenza da Commissario europeo sicuramente non è stata vana per il suo partito, pertanto mi congratulo con lui. Ciononostante, constatiamo con ammirazione e con una certa sorpresa che è rimasto attivo su entrambi i fronti, persino durante l’aspettativa: qui in Aula come Commissario per lo sviluppo ma anche a Bruxelles, dove fervono le attività per la formazione del nuovo governo belga e dove oggi il Commissario sta esortando il partito dei Verdi di lingua francese del mio paese a entrare nel governo. Di fatto, non è facile coniugare l’attività di Commissario europeo con quella di vice “informatore” del Belgio che indaga per conto della Corona se una determinata formazione di gabinetto avrà o meno successo. Probabilmente è pertinente anche chiedersi se questa commistione non possa causare una certa parzialità e se di conseguenza non sia in pericolo la neutralità della Commissione.
A parte questa osservazione, sarebbe meglio – e mi riferisco ora alla relazione Kinnock – rivolgere la nostra attenzione a capire quanto scientifico sia il nostro approccio agli obiettivi di sviluppo del Millennio. Tale interrogativo provocatorio è stato posto da Amir Attaran, un’autorità nella cooperazione allo sviluppo presso l’Università di Ottawa in Canada. Di fatto, Attaran mette in discussione la base scientifica che sottende a tali obiettivi e soprattutto il modo in cui si misura il loro conseguimento. A titolo di esempio, cita l’obiettivo concernente la malaria e afferma che persino istituzioni come l’Organizzazione mondiale della sanità ammettono di non essere certe dei dati rilevanti forniti. Accettando statistiche incerte come se fossero veritiere, l’ONU sta costruendo una serie di obiettivi del Millennio sulle sabbie mobili, secondo Attaran. L’affidabilità scientifica dovrebbe essere la prima preoccupazione anche nella cooperazione allo sviluppo. Sarebbe tempo di organizzare un dibattito sull’argomento.
Alessandro Battilocchio (NI). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio innanzitutto la relatrice e i colleghi per l’ottimo lavoro svolto e per il sostegno apportato ai miei emendamenti in sede di commissione per lo sviluppo.
Intendo soffermarmi su pochi punti. La lotta contro l’AIDS, soprattutto alla luce degli ultimi rapporti dell’ONU e degli scarsi risultati ottenuti finora nell’ambito degli obiettivi di sviluppo del Millennio, deve continuare a essere una priorità per la comunità internazionale, un impegno inderogabile e una responsabilità gravante sulle spalle dei paesi industrializzati, perché è impossibile continuare a parlare di sviluppo economico, di educazione e di infrastrutture sanitarie, se alla base la popolazione attiva atta a realizzare tali riforme viene decimata giorno per giorno, nonostante l’apporto evidentemente ancora non sufficiente o non abbastanza efficiente di terapie e medicinali.
Secondo il rapporto UNAIDS, vi sono stati dai 4 ai 6 milioni di nuovi casi nel 2006, con 3 milioni di decessi nello stesso anno, di cui 2/3 nell’Africa subsahariana, la regione maggiormente interessata dagli obiettivi di sviluppo del Millennio. Si tratta di oltre 8 000 decessi al giorno, una cifra davvero insostenibile.
Per quanto riguarda questa lotta e la lotta alla povertà in genere siamo lontanissimi dalla nostra tabella di marcia e non si possono più accettare le scuse di quei paesi, tra cui purtroppo il mio, che non hanno ancora rispettato gli impegni già minimi – occorre ricordarlo – promessi in ambito internazionale. Ai governi dei paesi donatori dobbiamo chiedere inoltre non solo una maggiore efficienza negli aiuti allo sviluppo, ma anche massima coerenza con le proprie politiche commerciali, perché sostenere lo sviluppo vuol dire soprattutto dare ai paesi in difficoltà la possibilità di risollevarsi con le proprie risorse.
All’orizzonte vi sono dunque nuove sfide, scommesse, prove e impegni. L’auspicio è che questa volta l’Europa sia davvero in grado di giocare il ruolo che le spetta.
Gay Mitchell (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, alla fine della Seconda guerra mondiale, al momento della liberazione dei campi di concentramento, abbiamo detto “mai più”: non ci sarebbe mai più stato un simile esempio di disumanità nei confronti dell’uomo. Noi eurodeputati e i partecipanti al G8 della scorsa settimana sappiamo che vi sono milioni di bambini sotto i cinque anni che muoiono ogni anno per carenza di quei vaccini di cui noi del cosiddetto Occidente disponiamo da 30 anni. Si tratta di un insulto ancora maggiore di quello dei campi di concentramento, perché ne siamo a conoscenza. Sta accadendo dinanzi ai nostri occhi. E noi che cos’abbiamo fatto? Abbiamo abdicato alla leadership. Abbiamo abdicato alla leadership a favore delle rock star – e grazie al Cielo ci sono, altrimenti se non ci fossero loro a fare pressione, chi lo farebbe? C’è una carenza di leadership devastante in Europa.
Quando parliamo di comunicare l’Europa, pensiamo di poter parlare alla gente di trattati costituzionali e cose del genere. Sciocchezze. Come ho già detto, nei pub di Dublino o nei ristoranti tedeschi la gente non parla di trattati costituzionali. E guardate invece quelli che sono andati a Gleneagles, che hanno rinunciato ad andare al lavoro per dimostrare a Gleneagles, che sono andati a tutti quei concerti rock sul terzo mondo. Perché non diamo a loro la leadership? Dove sono gli statisti e le statiste europee? Qui abbiamo soltanto politici – e neanche tanto validi. Nessun Delors, nessun Kohl.
In questo campo c’è bisogno di leadership, e il G8 ci ha delusi, non ha dato prova della leadership necessaria, e l’Assemblea deve insistere affinché questo standard non diventi la regola. Dobbiamo far sì che i politici occidentali, in seno all’Unione europea e al G8, assumano una vera leadership su tale questione. Nient’altro è accettabile e lei, signor Presidente, ha un ruolo da svolgere in tal senso. Potrebbe conferirci la leadership in quest’Assemblea, potrebbe influenzare coloro che hanno la possibilità di cambiare le cose. Noi abbiamo il potere di cambiare le cose. Non dobbiamo accettare simili standard. Il G8 è stato una grande delusione per la gente. Ha dimostrato che quello che ci manca sono statisti, statiste e leader, e spero che le cose cambino.
Presidente. – Grazie, onorevole Mitchell. Apprezzo il fatto che abbia attribuito una certa importanza al Presidente del Parlamento europeo, che però non è stato invitato a Heiligendamm.
Ana Maria Gomes (PSE). – (PT) Il genocidio in Darfur, le situazioni di crisi in Zimbabwe, Somalia, Etiopia e Nigeria, la corruzione, le pandemie, la desertificazione, il traffico di armi e la corsa al petrolio e ad altre risorse naturali sono tutti fattori che alimentano ulteriori conflitti in Africa e fanno aumentare il numero delle persone talmente disperate da rischiare la vita per arrivare in Europa o in un altro luogo che possa loro garantire condizioni migliori. E’ pertanto deprimente vedere come il G8 si limiti a ripetere le promesse di Gleneagles che non sono state mantenute. A metà del percorso, come dice giustamente la relazione Kinnock, i governi europei e la Commissione non hanno ancora attribuito agli obiettivi del Millennio la priorità dovuta.
In Africa, in particolare, gli obiettivi del Millennio devono potenziare eventuali strategie di sicurezza e sviluppo, e a propria volta la strategia di cooperazione congiunta che verrà adottata al Vertice UE-Africa di dicembre non dev’essere un’altra opportunità per una foto di gruppo. Dopo il Vertice, le autorità europee e africane dovranno assumere impegni graduali per realizzare gli obiettivi del Millennio e dovranno proporre strategie che vadano al di là dei governi e di una competizione sfrenata, miope e sconveniente con la Cina.
Impegnarsi a rafforzare le istituzioni della società civile e democratica nei paesi africani significa investire in coloro che combattono per i diritti umani, per i diritti delle donne e per le libertà civili in Africa. Implica anche che l’UE e i partner africani siano reciprocamente severi quando si tratta di conformità agli accordi già vincolanti, quali Cotonou. Senza giustizia e senza Stato di diritto non ci sarà alcun buon governo e, soprattutto, nessuno sviluppo sostenibile.
Toomas Savi (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei sollevare due aspetti di questa valutazione di medio periodo degli obiettivi di sviluppo del Millennio.
In primo luogo, è evidente che la sconfitta della povertà nel mondo rappresenta una delle scommesse più importanti del XXI secolo per tutta l’umanità. Per me che sono un medico è perfettamente chiaro che povertà e malattie quali HIV/AIDS, malaria e tubercolosi vanno di pari passo e creano uno “tsunami” che cancella milioni di vite ogni anno. Purtroppo questa terribile tragedia è diventata ora una statistica piatta e quotidiana. Sradicare la povertà presuppone l’eliminazione di tali malattie e il rafforzamento del sistema sanitario africano mediante l’erogazione di almeno i 60 miliardi di dollari americani previsti negli anni a venire dai paesi del G8. Il mondo di oggi ha la possibilità di consegnare alla storia tali patologie, e dobbiamo riuscirci.
Accolgo inoltre con favore la decisione del G8 di cancellare il 100 per cento degli obblighi ancora in sospeso dei paesi poveri altamente indebitati nei confronti del FMI, della Banca mondiale e della Banca africana per lo sviluppo.
Gli obiettivi del Millennio possono essere raggiunti solamente in condizioni pacifiche, il che significa che molti conflitti militari locali africani devono cessare, soprattutto la crisi di lunga data del Darfur, che ha calpestato i diritti umani elementari.
In secondo luogo, vorrei sottolineare che i nuovi paesi membri, che fino a poco tempo fa erano i beneficiari degli aiuti ufficiali allo sviluppo e che per molti anni hanno registrato una crescita rapida del PIL, dovrebbero aumentare il loro contributo e non limitarsi agli obiettivi prefissati. Ovviamente appoggio la relazione Kinnock.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, vorrei attirare la sua attenzione su tre questioni. Purtroppo, il livello di aiuti forniti da un’Unione di quindici Stati membri, calcolati come percentuale del PIL e stanziati per gli obiettivi del Millennio, sta diminuendo. La maggior parte dei paesi non ha ancora raggiunto nemmeno l’obiettivo intermedio dello 0,33 per cento. Nel frattempo, i finanziamenti per l’istruzione di base ammontano a solamente il 23 per cento e quelli per la sanità sono fermi al 36 per cento.
Solo 18 dei 60 paesi bisognosi hanno goduto della cancellazione del loro debito estero. Si tratta di decisioni importanti non solo perché riducono l’onere finanziario spesso insopportabile a carico di tali paesi, ma anche perché, come ha dichiarato la Banca mondiale, i paesi i cui debiti sono stati ridotti hanno raddoppiato la spesa per la lotta contro la povertà.
In terzo luogo, il metodo più efficace per aiutare i paesi poveri è garantire loro l’accesso ai mercati dei paesi più sviluppati del mondo, oltre che promuovere lo sviluppo di piccole imprese e microsocietà nei paesi indigenti.
Infine, è importante anche sostenere lo sviluppo di governi locali e ONG, nonché stabilire un sistema di gestione centrale degli aiuti provenienti dal bilancio dell’Unione, in quanto questo è l’unico modo per migliorare l’efficacia e limitare la burocrazia e la corruzione.
Margrete Auken (Verts/ALE). – (DA) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Kinnock per l’eccellente relazione sulla revisione intermedia degli obiettivi di sviluppo del Millennio. Sono particolarmente lieta che sia stata decisa una nuova valutazione degli aiuti al commercio, allo sviluppo e all’agricoltura. La nostra abitudine deplorevole di regalare con una mano e di sottrarre con l’altra – e spesso più che dare togliamo – deve cessare. Al contempo, la relazione fa riferimento a tutta una serie di aree di aiuti estremamente rilevanti. Detto ciò, l’approvazione in sede di commissione per lo sviluppo è stata difficoltosa. Molti emendamenti del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei non sono passati per pochi voti, e se fossero stati adottati avremmo avuto una relazione molto più attenuata.
Per il resto, la relazione non contiene null’altro che quello che molto tempo fa gli Stati membri avevano promesso ai paesi poveri solennemente e con molta attenzione, oltre a una critica severa alle promesse non mantenute. La relazione precisa che la prassi di utilizzare la remissione dei debiti quale metodo brillante per adempiere i propri obblighi è riprovevole. Il debito viene spesso e giustamente ridotto o cancellato nei paesi donatori, e di conseguenza i paesi che in tal modo incassano denaro sotto forma di aiuti sono i paesi donatori ricchi. Non possiamo consentire indecorosamente che ciò accada e l’intero Parlamento dovrebbe unirsi nel rifiutare questo tipo di trucchetto.
Dovremmo insistere con le critiche e con l’autocritica. La nostra credibilità è danneggiata, perché le promesse andrebbero mantenute. Gli obiettivi di sviluppo del Millennio e quelli stabiliti nei discorsi pomposi del G8 della scorsa settimana sui problemi dell’Africa sono importanti, e il fatto che il Consiglio non si sia nemmeno preso la briga di essere presente qui oggi la dice ovviamente lunga sulla serietà con cui prende le promesse fatte. In realtà, è difficile capire come possiamo prendere il Consiglio sul serio quando è esso stesso a non prendersi seriamente.
Tuttavia, non dovremmo concentrarci soltanto sul modo in cui gli Stati membri possono sfuggire agli obblighi loro imposti o evitare per quanto possibile di adempiere i requisiti. Dovremmo invece trovare tutti un accordo su come realizzare il nostro obiettivo di dimezzare la povertà entro il 2015. Se poi vogliamo mantenere la nostra credibilità agli occhi dei paesi in via di sviluppo, dobbiamo anche verificare con attenzione se stiamo effettivamente mantenendo le nostre promesse. Dovremmo sforzarci di trovare un modo per effettuare tale monitoraggio. In futuro nessuno di noi dovrebbe poter ignorare i propri obblighi e passare inosservato.
Vittorio Agnoletto (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il G8 è stato un fallimento clamoroso nella lotta alla povertà e al riscaldamento globale. La ritualità stanca di un vertice che, oltre che legittimo, è ormai antistorico, considerata la resistenza all’inclusione dei nuovi paesi emergenti, quali Brasile, Sudafrica, Cina e India, si è riflessa nell’inconsistenza delle sue dichiarazioni finali.
Nel 2005, in Scozia, i paesi ricchi si erano solennemente impegnati ad aumentare gli aiuti pubblici allo sviluppo a 50 miliardi di dollari all’anno entro il 2010, metà dei quali avrebbero dovuto essere destinati all’Africa, in modo da garantire il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio fissati dalle Nazioni Unite per il 2015.
A due anni di distanza, come ha evidenziato l’Africa Progress Panel presieduto da Kofi Annan, gli stanziamenti effettivi rappresentano soltanto il 10 per cento di quanto promesso. Come se niente fosse, a Rostock i paesi del G8 hanno rilanciato un nuovo impegno di accordare finanziamenti per 60 miliardi di dollari per la lotta all’AIDS, il tutto in modo molto fumoso e volutamente fuorviante. Non si è fissato un obiettivo temporale e per la metà dell’importo si sono di fatto riciclati gli impegni già assunti dall’Amministrazione statunitense fino al 2013. L’aumento di 3 miliardi all’anno rispetto agli impegni già presi da parte degli altri governi, tra cui quegli europei, è addirittura insufficiente per far fronte all’emergenza umanitaria dell’AIDS e delle altre pandemie.
Sul fronte del riscaldamento globale si è salutato come un successo una non decisione. Il risultato di tre giorni di riunioni, costate 120 milioni di euro, è stato il rinvio all’ONU di un eventuale accordo sulla limitazione dei quantitativi di anidride carbonica da emettere nell’atmosfera. Nessuna promessa sarà realizzabile senza la messa in discussione dei modelli economici e sociali dominanti.
Hélène Goudin (IND/DEM). – (SV) Signor Presidente, è gratificante vedere come i servizi legali del Parlamento europeo abbiano stabilito che è sbagliato utilizzare la Costituzione europea non ratificata come riferimento nella relazione in oggetto.
La Lista di giugno, che rappresento, ha sempre sottolineato che è scorretto fare riferimento alla Costituzione europea, considerato che i cittadini di due Stati membri dell’UE l’hanno respinta in maniera chiara e univoca in occasione del referendum. Per poter utilizzare la Costituzione come base giuridica o riferimento, è necessario che essa venga ratificata all’unanimità. Faccio appello all’Assemblea affinché in futuro tenga conto di questo stato di cose.
I paesi ricchi del mondo hanno l’obbligo morale di distribuire parte delle loro ricchezze ai paesi in via di sviluppo. Sostengo pertanto appieno le finalità urgenti stabilite dagli obiettivi di sviluppo del Millennio. La Lista di giugno ritiene tuttavia che le questioni relative agli aiuti andrebbero gestite esclusivamente dai singoli Stati membri in cooperazione con organizzazioni dotate di un’ampia legittimità a livello internazionale e di una lunga esperienza.
Il ruolo dell’UE in tale contesto dovrebbe essere essenzialmente quello di abolire gradualmente gli accordi distruttivi nel campo della pesca che l’UE stipula con i paesi poveri in via di sviluppo e quello di riformare drasticamente la propria politica agricola e commerciale protezionista, che ostacola la vendita di prodotti dei paesi poveri in via di sviluppo nei mercati europei.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, in quest’Aula parliamo molto del costo degli aiuti attuali e di quelli futuri. Ripetiamo costantemente che vengono erogati fondi insufficienti per gli aiuti e che gli obiettivi di sviluppo del Millennio non saranno realizzati. Questa previsione si avvererà se i paesi in via di sviluppo non riceveranno aiuti tali da consentire loro di sviluppare le loro economie e di autoaiutarsi.
Chi mi conosce in Parlamento sa che rappresento la Svezia ma che sono giunta in quel paese quasi 14 anni fa come profuga dalla Bosnia. Pertanto, so bene che quando le persone sono deboli e hanno bisogno di aiuto desiderano quel genere di assistenza che possa consentire loro di darsi da fare nel breve periodo e di diventare indipendenti e autonomi il prima possibile, senza più aver bisogno di alcun aiuto. Di sicuro non vogliono che la gente provi compassione e conceda loro quel genere di aiuti che creano dipendenza anche in futuro. E’ anche alla luce di ciò che dobbiamo esaminare le critiche da me mosse alla relazione, con le quali chiedo maggiore enfasi sul commercio e sul suo significato positivo per lo sviluppo.
Un’altra questione non sufficientemente evidenziata nella relazione è la liberalizzazione. L’idea che gli aiuti vadano aumentati senza chiedere ai paesi in via di sviluppo, ad esempio, di ridurre il proprio debito significa concedere aiuti senza esigere nulla in termini di liberalizzazione o di ristrutturazione del debito. Senza liberalizzazione il debito è destinato tuttavia ad aumentare, portando alla situazione da me descritta all’inizio dell’intervento in cui gli aiuti portano alla dipendenza dagli aiuti stessi – una situazione che andrebbe sempre evitata.
Presidente. – Molte grazie, onorevole Ibrisagic. Visto il suo nome non ci si aspetterebbe uno svedese così eccellente: il suo è un grande esempio.
Anne Van Lancker (PSE). – (NL) Signor Presidente, vorrei congratularmi sentitamente con l’onorevole Kinnock per una relazione critica ma particolarmente pertinente, a mio avviso. Vorrei inoltre ringraziare il Commissario per le osservazioni sul Vertice del G8 tenutosi a Heiligendamm. Le posso dire che condivido pienamente il suo scetticismo sul risultato, signor Commissario.
Nel 2005 tutti erano convinti che gli obiettivi del Millennio potessero essere realizzati a condizione che vi fossero l’impegno e i fondi necessari. Meno di due anni dopo, questa stessa idea pare suscitare molto meno entusiasmo, in quanto i capi di Stato e di governo del G8 si limitano a reiterare le promesse del 2005. Come hanno sottolineato alcuni onorevoli colleghi, i paesi del G8 non sono riusciti a redigere un programma – urgentemente necessario – che consenta di mantenere tali promesse. Non esiste un piano di finanziamento concreto che renda i paesi responsabili dei loro impegni e di eventuali inadempienze, ed è già evidente che i paesi del G8 non riusciranno a prendere i provvedimenti necessari a raddoppiare gli aiuti entro il 2010.
Solo per la lotta contro l’HIV/AIDS si registra un’enorme carenza di finanziamenti. Nel 2007 l’ammanco raggiunge addirittura i 9 miliardi. Le promesse fatte in occasione del Vertice di Gleneagles, segnatamente di garantire l’accesso universale alla prevenzione, alla cura e all’assistenza per l’HIV entro il 2010, non sono state mantenute, e non di poco. Solo uno su sei pazienti ammalati di AIDS riceve i medicinali. Ogni dodici secondi l’AIDS miete una vittima e il 70 per cento dei nuovi contagi di HIV si verifica nell’Africa subsahariana. E’ semplicemente inaccettabile. Signor Commissario, 50 miliardi di dollari americani per HIV, AIDS, TBC e malaria non sono affatto sufficienti per consentire al G8 di mantenere puntualmente le promesse nell’area della salute pubblica.
Vorrei sollevare un ultimo punto. Raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio non è solamente una questione di soldi ma anche di diritti. Ad esempio, senza accesso per tutti all’assistenza per la salute sessuale e riproduttiva, la povertà non potrà essere sconfitta. Signor Commissario, spero che l’Europa continui a ricoprire il proprio ruolo di pioniera in tal senso.
Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (ES) Signor Presidente, nel 2005 a Gleneagles i leader del G8 hanno trasmesso un messaggio esaltante con la loro promessa di assegnare all’Africa 42 000 milioni di aiuti per la salute, in particolare per la lotta contro AIDS, malaria e tubercolosi.
Nel 2007 abbiamo una nuova promessa di 44 000 milioni di euro. Questo impegno è veramente nuovo? Non lo sappiamo. O forse è soltanto un nuovo modo di mascherare le mancate promesse, come sostengono le grandi ONG che osservano con attenzione tali calcoli? Non c’è un calendario concreto e non è chiaro come questa nuova promessa si relazioni alle precedenti.
Dobbiamo dire ai cittadini che i nostri governi non si stanno comportando in linea con le loro affermazioni. Gli stessi leader che vedono le persone fuggire spaventate dall’Africa e arrivare nei loro paesi, pronte a rischiare la vita solo per morire nel Mediterraneo, esprimono un enorme dolore alla vista di quelle immagini drammatiche, ma non rispettano le promesse quando si tratta di tramutarle in decisioni politiche.
Ci dev’essere un impegno per maggiori aiuti – soprattutto per la salute e l’istruzione, senza dubbio. Tuttavia, tale impegno deve essere anche portato al tavolo dei negoziati. Nel suo comunicato, il G8 descrive il successo dei negoziati di Doha come vitale per la crescita economica del continente africano. Vitale, ha affermato il G8.
Ebbene, quando parliamo di Africa, sarebbe ipocrita da parte nostra fare una distinzione tra le cose che diciamo sulle questioni umanitarie e sugli aiuti e il nostro comportamento al tavolo dei negoziati al ciclo di Doha, e non mi riferisco soltanto all’Unione europea, bensì a tutto il primo mondo, quello che si è riunito all’interno del G8.
Non possiamo separare il libero commercio, la realtà degli scambi commerciali e quello che Doha significa per questi paesi dai nostri discorsi umanitari e sugli aiuti. Al tavolo dei negoziati le nostre promesse devono tradursi in qualcosa di più del semplice denaro che stiamo offrendo.
Infine, gli aiuti devono essere razionali. Dobbiamo accogliere con favore il sostegno del G8 per il Consorzio delle infrastrutture per l’Africa, l’ICA. Si tratta di una misura concreta che vorrei fosse messa particolarmente in luce.
Eoin Ryan (UEN). – (EN) Signor Presidente, anch’io vorrei porgere le mie congratulazioni all’onorevole Kinnock per la sua ottima relazione. E’ difficile affrontare tale questione in un solo minuto, ma ci proverò. A mio avviso, i problemi non hanno solo a che vedere con la quantità – o la carenza – di denaro donato all’Africa dall’UE o dal mondo occidentale. La difficoltà consiste anche nell’amministrazione e nel coordinamento degli aiuti. Conosciamo tutti i vincoli rappresentati dalla debolezza dei governi dei paesi africani. In molti casi gli aiuti funzionano, ma se essi non sono accompagnati dal buon governo, la povertà non diventerà mai un capitolo del passato.
Un’idea che si potrebbe prendere in considerazione è far assumere ai singoli paesi europei, o a gruppi di Stati membri, un ruolo di coordinamento nell’amministrazione degli aiuti nei vari paesi africani. Si tratterebbe di un passo fondamentale verso l’attribuzione ai paesi donatori della responsabilità degli aiuti da essi erogati. Sarebbe inoltre un esempio di migliori prassi in termini di attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio.
Lo dico sulla base della mia esperienza in veste di ministro del governo irlandese nella gestione delle comunità povere di Dublino e di altre città europee, in cui un’unica agenzia governativa era responsabile del coordinamento di tutto ciò che veniva donato a tali comunità – una soluzione molto efficace. Secondo me si potrebbe fare la stessa cosa a livello europeo o mondiale nei confronti dell’Africa.
L’altra questione rilevante è il commercio, anche se non ho tempo a sufficienza per trattarla. Senza commercio, l’Africa non potrà districarsi dalla povertà: è un’altra questione che va affrontata. In ogni caso, ritengo che ci serva un coordinamento maggiore quando si tratta di investire e spendere i nostri fondi in Africa. Con un coordinamento adeguato potremmo mettere a segno miglioramenti in quest’area. Come sappiamo tutti, non è un compito semplice e non esistono soluzioni facili, ma dobbiamo cambiare il modo in cui distribuiamo aiuti ai cittadini più poveri dell’Africa.
PRESIDENZA DELL’ON. GÉRARD ONESTA Vicepresidente
Kathalijne Maria Buitenweg (Verts/ALE). – (NL) Signor Presidente, benché sia positivo che oggi sia stata richiamata l’attenzione sui progressi realizzati in alcune regioni, la situazione nell’Africa nera è ancora tragica, come precisato da alcuni oratori che mi hanno preceduta, tra cui l’onorevole Van den Berg. Andrebbe fatta una distinzione geografica, ma anche di genere. Il Presidente Bush è ora convinto che dovremmo incrementare gli aiuti per combattere l’AIDS, in quanto colpisce donne e uomini. Non riesco a non pensare che questa sia una condizione importante per mettere a disposizione le risorse.
Solo le donne sono vittima della cosiddetta mortalità materna, come dice lo stesso termine. Non si ravvisano segnali di miglioramento nell’area dei diritti sessuali e riproduttivi. Sembra che molti non considerino poi così preziosa la vita di una donna. Nella regione subsahariana, 1 donna su 16 muore in seguito a complicazioni della gravidanza, per esempio durante il parto o per un aborto praticato in assenza di sicurezza. Lo Sri Lanka dimostra che gli investimenti salvano veramente la vita alle donne. Onorevole Szymánski, acqua e farmaci da soli non bastano. Le donne devono poter decidere autonomamente se vogliono un figlio. Le decisioni difficili sull’aborto, ad esempio, andrebbero prese individualmente invece di far parte di una dichiarazione ampia e generale rilasciata dalla comodità delle nostre poltrone.
Signor Commissario, ha ragione quando afferma che l’UE è un importante erogatore di fondi e riveste un ruolo rilevante in tal senso, però i paesi dell’UE non hanno mantenuto nemmeno le promesse del Cairo. Che meccanismi intende mettere in moto su questo fronte?
Luisa Morgantini (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio la relatrice Glenys Kinnock per la sua relazione che, se fosse stata votata in tempo, avrebbe inviato un chiaro messaggio ai capi di Stato riuniti nel G8 e a tutta la comunità internazionale sull’indispensabilità di azioni decisive per un’inversione di rotta.
Lo chiedono milioni di persone che muoiono ancora di fame, di sete e di malattie o a causa delle guerre. Sarebbe davvero molto, anche se non sufficiente, se i paesi del G8 e la comunità internazionale tenessero fede agli impegni assunti. Tuttavia, se non si agisce sulle cause strutturali della povertà e del sottosviluppo, si continuerà a morire.
Ha ragione il Commissario Michel sulla necessità di strategie concertate e coerenti su più fronti, quali la quantità e la qualità dell’aiuto pubblico allo sviluppo, la cancellazione del debito e la revisione delle regole del commercio internazionale e, senza dubbio, anche l’assunzione di responsabilità, la trasparenza e il buon governo da parte dei paesi in via di sviluppo.
Vorrei sottolineare alcuni punti. Per quanto riguarda la qualità dell’aiuto, è necessario in particolare porre fine alla dannosissima pratica degli aiuti legati a interessi economici e geopolitici, nonché all’incoerenza tra le politiche di sviluppo, commerciali e agricole dell’Unione europea. E’ inoltre necessario ripensare gli EPA e cercare vie alternative compatibili con il raggiungimento degli OSM, superando lo stallo nei negoziati del round di Doha.
I tre obiettivi di sviluppo del Millennio sui temi sanitari non saranno mai raggiunti se non vi sarà un accesso universale alle cure e ai medicinali. Troppo spesso la legislazione internazionale sui diritti di proprietà intellettuale viola la priorità del diritto alla salute e alla vita di milioni di persone rispetto ai profitti delle multinazionali farmaceutiche. Gli accordi deludenti raggiunti al G8 mettono anche in evidenza le contraddizioni dei grandi del mondo, che destinano allo sviluppo il 5 per cento di quanto spendono in armi di distruzione e di morte.
Manolis Mavrommatis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, anch’io mi associo alle congratulazioni rivolte all’onorevole Kinnock per la sua relazione d’iniziativa su un argomento così importante.
A metà del percorso di realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, è interessante per il Parlamento europeo constatare i progressi compiuti in tal senso e, per estensione, rivedere alcuni dei metodi adottati per conseguirli.
E’ un vero peccato che tanti paesi dell’area più povera del mondo, l’Africa subsahariana, siano così lontani dal raggiungimento dei suddetti obiettivi, che chiaramente non verranno conseguiti se i paesi più poveri e in via di sviluppo non riceveranno aiuti più cospicui e migliori a integrazione delle loro risorse nazionali.
Le Nazioni Unite, l’Unione africana, il G8 e l’Unione europea devono tener conto delle ultime stime sull’esigenza di incrementare gli aiuti all’Africa di circa 3,7 miliardi di euro l’anno.
In aggiunta a ciò, quale maggiore donatore di aiuti umanitari, l’Unione europea deve proseguire gli sforzi volti a cancellare i debiti dei paesi in via di sviluppo.
Devo comunque ammettere che la mia perplessità maggiore riguarda l’incapacità di conseguire l’obiettivo sull’istruzione. 121 milioni di bambini, 65 milioni dei quali femmine, non sono mai andati a scuola. Oltre all’obiettivo 2 sull’istruzione primaria obbligatoria gratuita per tutti, le conclusioni del Vertice mondiale per l’infanzia del 1990 comprendevano anche un obiettivo di accesso universale all’istruzione entro il 2000, con il completamento dell’istruzione di base per almeno l’80 per cento dei bambini. I paesi in via di sviluppo devono rendersi conto che, se non investiranno nella qualità delle loro risorse umane, resteranno incatenati in eterno nella medesima situazione di sviluppo.
Linda McAvan (PSE). – (EN) Signor Presidente, vorrei soffermarmi sul Vertice del G8 e sollevare due punti. Il primo riguarda il cambiamento climatico. La buona notizia è che gli USA hanno accettato di conformarsi al processo dell’ONU, quella cattiva è che non abbiamo concordato obiettivi vincolanti e quella ancora peggiore è che non abbiamo compiuto alcun progresso nel coinvolgimento delle economie emergenti – quali India, Brasile e Cina – nel processo stesso.
Signor Commissario, c’è molto lavoro da fare di qui a Bali. So che il cambiamento climatico non è di sua competenza, ma in qualità di Commissario per lo sviluppo le spetta un ruolo chiave nel mantenere vivo l’interesse per il cambiamento climatico, in quanto, come lei sa, i poveri del mondo in via di sviluppo ne stanno già pagando il prezzo. Spero pertanto che porrà questa tematica in cima al suo ordine del giorno.
Mentre i poveri pagano il prezzo, se esaminiamo l’altro aspetto chiave del G8, gli aiuti esteri, constatiamo che i ricchi non fanno seguire alle parole i fatti. Dati alla mano, il G8 è molto in ritardo quando si tratta di aiuti al mondo in via di sviluppo e i paesi dell’UE sono quelli meno attivi in tal senso.
Signor Commissario, la mia teoria è che tra un paio d’anni ci ritroveremo nuovamente qui a lamentarci dei mancati progressi compiuti nel campo degli aiuti esteri. Al Vertice dell’UE è stato preso l’impegno di raddoppiare gli aiuti. Ne stiamo seguendo gli sviluppi o dobbiamo fare affidamento sulle ONG per avere il punto della situazione? Di fatto, dovremmo monitorare i progressi sul cambiamento climatico e sugli aiuti, perché quello che ha dichiarato l’onorevole Mitchell sulla credibilità e l’UE è giusto. I cittadini giudicheranno il nostro operato sulla base dei risultati ottenuti su tali questioni che suscitano il loro interesse: il cambiamento climatico e la povertà. Il tema della Costituzione è importante per noi, ma non per il pubblico. Di conseguenza, se non porteremo a casa dei risultati su tali questioni, non avremo molta credibilità agli occhi del mondo esterno.
Feleknas Uca (GUE/NGL). – (DE) Signor Presidente, Commissario Michel, onorevoli colleghi, vorrei iniziare ringraziando l’onorevole Kinnock per la relazione. Per motivi di tempo, mi limiterò a sollevare soltanto un punto in quest’occasione, un aspetto che – purtroppo – non viene quasi citato nella relazione. A mio avviso, l’importanza vitale di un lavoro decoroso quale mezzo per eliminare la povertà è un fattore estremamente significativo per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio. A che punto siamo per quanto riguarda tali obiettivi?
Per come la vedo io, i risultati della revisione intermedia sono disastrosi. La maggior parte degli obiettivi di sviluppo del Millennio non sono ancora nella fase iniziale di attuazione e non verranno raggiunti nemmeno nel 2015. Questo è un atto d’accusa nei confronti dei paesi donatori. Gli articoli di stampa concernenti i presunti successi del Vertice del G8 non cambiano questo dato di fatto.
Nirj Deva (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, come sempre l’onorevole Kinnock ha prodotto una buona relazione, ma stilare un buon documento, come facciamo tutti qui in Parlamento, non è sufficiente.
Mi preoccupa molto il fatto che al paragrafo 40 e in particolare al paragrafo 41 della sua relazione l’onorevole Kinnock citi il piano Maputo. Per quanto ne so, quel piano è a favore dell’aborto e si spinge molto oltre la dichiarazione del Cairo. La dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia afferma che il bambino, per la sua immaturità fisica o mentale, necessita di tutela e assistenza specifiche, compresa la protezione legale prima e dopo la nascita.
Stando all’ONU, 8,5 milioni di persone nel mondo ogni anno muoiono di fame. A ciò si contrappongono i 46 milioni di bambini vittime di aborti ogni anno, secondo i dati dell’OMS. Si tratta di una cifra pari o superiore agli abitanti della Spagna. In altre parole, dal momento del concepimento il rischio di morire di aborto è cinque volte maggiore di quello di morire di fame. Raffrontate i 46 milioni di aborti con i 56 milioni di persone che muoiono ogni anno a livello mondiale.
I 46 milioni di aborti sono inoltre in contrasto con le 70 000 donne che purtroppo decidono di abortire illegalmente e perdono la vita. Pertanto, per ogni donna che resta incinta e muore per un aborto illegale, ci sono 650 bambini sani che vengono abortiti in utero – che dovrebbe essere il posto più sicuro del mondo dove crescere un bambino, stando alla natura.
Esorto vivamente i miei colleghi a votare contro i paragrafi 40 e 41, che non hanno nulla a che vedere con la mortalità materna, che dovrebbe essere il tema dell’obiettivo 5 del Millennio. Tali paragrafi non riguardano nemmeno i diritti sessuali o riproduttivi, visto che l’aborto non ha alcuna connessione con la sessualità: non è una pratica salutare e ovviamente non riguarda nemmeno la riproduzione – al contrario – e a mio avviso non è certo un diritto.
Åsa Westlund (PSE). – (SV) Signor Presidente, l’intervento dell’oratrice che mi ha preceduta mi ha decisamente scioccato. Ho pertanto qualche difficoltà a parlare, ma tenterò di attenermi a quello che avevo intenzione di dire.
A scuola mi avevano insegnato che la gente in Africa moriva di fame perché aveva abbattuto gli alberi nei luoghi in cui viveva e pertanto non vi poteva più crescere alcuna pianta. In un certo senso gli africani venivano considerati essi stessi responsabili della loro situazione. Oggi vi sono sempre maggiori indicazioni del fatto che in realtà siamo stati noi ricchi, col nostro stile di vita e le nostre emissioni ingenti di anidride carbonica e di altri gas nocivi per il clima, a causare il cambiamento climatico nell’Africa subsahariana, a causa del quale gli abitanti di quella regione non sono in grado di procacciarsi acqua e cibo a sufficienza. Questo fatto ci costringe innegabilmente a vedere la povertà da una prospettiva diversa. La nostra responsabilità nella lotta contro la povertà è ancora maggiore se siamo stati proprio noi a causarla.
Nella sua relazione l’onorevole Kinnock dedica una sezione speciale al cambiamento climatico, sottolineando la nostra responsabilità nel garantire che le nostre emissioni di anidride carbonica non colpiscano i più poveri del mondo. Se vogliamo riuscirci, dobbiamo ridurre drasticamente le nostre emissioni di gas nocivi per il clima e sostenere i paesi in via di sviluppo per consentire loro di affrontare con successo l’enorme cambiamento che il mondo deve attuare.
Le questioni in gioco vanno dalla gestione dell’innalzamento del livello delle acque, per esempio, alle azioni per garantire che i paesi in via di sviluppo in grado di produrre energia rinnovabile abbiano l’opportunità di farlo e di risollevarsi pertanto dalla povertà.
Se il mondo vuole realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, ci dobbiamo concentrare di più su tali considerazioni e attribuire loro la massima priorità. Inoltre, se vogliamo veramente ridurre la mortalità legata, per esempio, all’HIV, all’AIDS e alle gravidanze poco sicure, non dobbiamo permettere alle confessioni religiose di ostacolare la libertà di scelta delle persone e la loro capacità di proteggersi da malattie pericolose per la vita e da gravidanze non desiderate. I diritti riproduttivi, le informazioni sull’aborto legale e sull’accesso alla contraccezione sono e rimangono aspetti necessari del nostro lavoro volto a realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio. Tutte le altre considerazioni sono semplici pregiudizi, e mi sconcerta sentirli esprimere in quest’Aula. Dovremmo essere di più larghe vedute.
Tokia Saïfi (PPE-DE). – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, il dibattito odierno ci obbliga a guardare con chiarezza ai progressi ancora da compiere entro il 2015 per realizzare gli obiettivi del Millennio. In quest’Aula andrebbe precisato che tali obiettivi sono vitali nel contesto della cooperazione allo sviluppo e che devono incoraggiare aiuti efficaci e coerenti. Con l’avvicinarsi della data di scadenza, gli scarsi risultati ottenuti, in particolare nell’Africa subsahariana, ci costringono a essere più esigenti e a raddoppiare gli sforzi per mantenere le nostre promesse. Visto quello che c’è in gioco, l’Unione europea deve svolgere appieno il proprio ruolo politico per rafforzare i mezzi destinati allo sviluppo e l’efficacia della propria azione nel continente africano.
Il 2015 non è lontano: non è pertanto il momento di decelerare o di gettare la spugna. Quale principale donatore mondiale di aiuti ufficiali allo sviluppo, l’Unione europea dispone dei mezzi per aiutare i paesi del sud del mondo a conseguire la stabilità e ad avvantaggiarsi dello sviluppo economico, sociale e umano. Pertanto, visto che abbiamo i mezzi, dobbiamo pensare agli strumenti più efficaci, per far sì che agli aiuti corrispondano risultati tangibili e duraturi.
Il suddetto requisito implica la mobilitazione di tutti gli interessati. Non è una questione di beneficenza, bensì di aiuti allo sviluppo. Le promesse fatte sulla realizzazione di tali obiettivi fondamentali sono numerose. Si possono pertanto richiamare alla mente gli impegni presi nel corso del deludentissimo Vertice del G8, in cui si è deciso di stanziare 44 miliardi di euro di aiuti per la lotta contro le pandemie in Africa, il che non fa che ripetere l’impegno del 2005.
Speriamo e preghiamo che tali promesse vadano al di là delle belle parole. Perché ciò accada, tali iniziative devono essere ora convertite in azioni pratiche e misurabili. E’ urgente intervenire. Intensifichiamo i nostri sforzi in uno spirito di partenariato, per non mancare l’appuntamento del 2015.
Mairead McGuinness (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, un minuto è molto poco per affrontare un tema così enorme. Alcuni degli stati d’animo di questo dibattito mi hanno leggermente angosciata, e mi chiedo se le donne africane avrebbero fornito alcune delle risposte che abbiamo dato noi oggi, se interrogate su quello che desiderano. Le donne con cui ho parlato in Malawi hanno sicuramente citato l’esigenza di istruzione, cibo, posti di lavoro e speranza, e io credevo che gli obiettivi di sviluppo del Millennio avrebbero soddisfatto proprio queste necessità, ma è chiaro che non raggiungeremo tali obiettivi in tempo.
Nei 30 secondi che mi rimangono vorrei soffermarmi in particolare sull’aspetto commerciale dell’intera vicenda: i paragrafi 83 e 89 sono particolarmente interessanti. Un suggerimento indica che i negoziati dell’OMC potrebbero essere una risposta ad alcuni dei problemi dell’Africa, eppure il paragrafo 89 afferma molto chiaramente che i paesi meno sviluppati trarranno ben pochi vantaggi da una liberalizzazione estesa dei commerci, e secondo me gli africani devono abolire le barriere al commercio nel loro continente e studiare da vicino tale questione mentre noi in Europa li aiutiamo a sviluppare gli scambi col resto del mondo. Vorremmo fare di più, e speriamo che il dibattito odierno possa essere utile in tal senso.
Louis Michel, Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, non serve che vi dica quanto sia frustrante dover rispondere in così poco tempo a una valanga di osservazioni, molte delle quali decisamente appropriate. In linea di massima sono sicuramente d’accordo con le osservazioni, le valutazioni e le idee che sono state espresse.
Vorrei iniziare dal G8. Devo confessare che anch’io sono rimasto molto deluso quando ho constatato che i vertici del G8 si stanno trasformando sempre più in un esercizio estremamente ritualistico, e deploro che quanto più ciò accade, tanto meno simili eventi diventano credibili, al punto che un giorno la gente inizierà a chiedersi se abbiano una qualche utilità.
Ho sentito qualcuno – credo che fosse nell’ala sinistra dell’Aula – che si interrogava sulla natura rappresentativa o sulla legittimità del G8. Credo che sia necessario porre tale domanda. E’ innegabile che parti consistenti del mondo reale, in termini geopolitici e demografici, continuano a non essere rappresentate, ed è un vero peccato. Il G8 assomiglia sempre più a un concorso di bellezza, ed è ovviamente molto triste assistere al suo screditamento a causa del mancato rispetto, da parte dei partecipanti, delle promesse ripetute anno dopo anno. E’ sempre possibile intravedere qualche motivo di soddisfazione in questo tipo di eventi, anche se non è sufficiente a convincerci che si tratti di un esercizio molto utile e sincero.
Devo necessariamente adottare un approccio impressionistico nelle mie risposte ad alcune delle osservazioni più incisive che sono state fatte. Innanzi tutto, sulla questione dell’HIV/AIDS vorrei ricordare che due canali fondamentali per la fornitura di assistenza sanitaria dalla Comunità europea per la lotta contro tale malattia sono il sostegno erogato ai paesi per migliorare la loro assistenza sanitaria, soprattutto in Africa, e lo stanziamento di fondi in capitoli tematici di bilancio. Siate certi che sfrutteremo tutte le risorse a nostra disposizione. I programmi sanitari condotti in 21 paesi africani ammontano a 396 milioni di euro, con una somma aggiuntiva di 62 milioni di euro stanziata per i prossimi mesi. Non vi nascondo che è grazie a tali linee tematiche di bilancio e ai fondi assegnati ai paesi ACP a titolo dell’ottavo e del nono Fondo europeo di sviluppo che la Comunità sta contribuendo al fondo globale per la lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria, in cui deteniamo la carica di vicepresidente del consiglio direttivo. Dopo la creazione del fondo nel 2002, la Comunità europea ha versato un totale di 522,5 milioni di euro per il periodo dal 2002 al 2006. Se si considerano i contributi dei paesi membri, l’Unione europea rappresenta il donatore più generoso di tale fondo.
Qualche parola sul cambiamento climatico, in risposta a un onorevole deputato: condivido pienamente la sua preoccupazione per la minaccia rappresentata dal cambiamento climatico per i paesi in via di sviluppo e gli sforzi volti a conseguire gli obiettivi del Millennio. Ritengo che le questioni correlate al cambiamento climatico dovrebbero rientrare nella cooperazione allo sviluppo. Nel 2003 abbiamo adottato un piano d’azione comunitario sul cambiamento climatico e sullo sviluppo che stiamo attuando congiuntamente con gli Stati membri. I progressi conseguiti nell’attuazione di tale piano d’azione sono attualmente in fase di studio, e le conclusioni sembrano indicare che, benché il piano sia stato una buona piattaforma per un’azione congiunta da parte dell’Unione europea, le sue modalità di attuazione non sono effettivamente commisurate alle dimensioni e all’importanza della sfida.
Intendo pertanto lanciare una strategia per intensificare la nostra cooperazione con i paesi in via di sviluppo più duramente colpiti dal cambiamento climatico. Il fine è procedere alla stipulazione di un’alleanza globale sul cambiamento climatico che sottenda al dialogo e alla cooperazione tra l’Unione europea e i paesi in via di sviluppo sulla riduzione delle emissioni e sull’adeguamento ai cambiamenti del clima. E’ anche mia intenzione condividere al più presto con voi i dettagli di tale proposta, che è concreta.
Per quanto riguarda gli accordi di partenariato economico, non mi soffermerò a lungo su tale tema. Basti dire che sono tra coloro che ritengono che non si possa mettere a segno uno sviluppo effettivo – nel senso di creare quel tipo di ricchezza in grado di finanziare i servizi sociali e tutti i principali canali di accesso ai servizi pubblici – senza accesso al commercio e alle dinamiche economiche. Di conseguenza, tali accordi, per come li prevediamo, li percepiamo e li attuiamo, sono effettivamente accordi in materia di politica dello sviluppo. La priorità non è la dimensione commerciale, bensì lo sviluppo.
Siete tutti a conoscenza delle divergenze di opinione che sussistono a questo proposito tra me e alcune persone. La loro esistenza è scontata. La decisione di concludere gli accordi di partenariato economico prima della fine del 2007 è stata presa congiuntamente dall’Unione europea e dai paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico. Il dibattito e la controversia suscitati da tale decisione sono stati molto opportuni, soprattutto perché hanno portato all’accettazione di periodi di transizione più lunghi, al riconoscimento della natura specifica di determinati prodotti sensibili e anche all’accettazione del principio del finanziamento di fondi regionali destinati a compensare i mancati profitti causati dall’eliminazione delle barriere tariffarie. E’ una questione su cui torneremo, ma è indubbiamente grazie al dibattito avviato in quest’Aula, soprattutto dall’onorevole Kinnock e da altri, che la Commissione, i suoi partner e le altre parti interessate hanno presentato proposte più flessibili che tengono maggiormente conto della realtà.
Sono convinto che la cancellazione dei debiti sia utile per finanziare lo sviluppo. Questa posizione non ha niente di straordinario. Si basa semplicemente sul nostro quadro comune di riferimento nel campo della politica di sviluppo e sul consenso europeo approvato neanche un anno e mezzo fa dal Parlamento europeo e dalla Commissione. Il consenso europeo si riferisce alla definizione dell’OCSE di aiuti pubblici per lo sviluppo e comprende la cancellazione del debito. L’Unione europea si sta anche impegnando a trovare soluzioni durature al problema degli oneri di debito insostenibili.
Detto ciò, onorevole Kinnock, lei ha indubbiamente ragione. Tutti sperano che tale misura si diffonda, io per primo. Ha anche ragione a sostenere che in effetti si tratta semplicemente di una misura una tantum e che, se i governi vogliono onorare i loro impegni, devono aumentare in termini reali e assoluti il valore degli importi che devolvono alle loro politiche di aiuto allo sviluppo nell’arco dei prossimi anni. Questo è, tra l’altro, il messaggio trasmesso dalla Commissione agli Stati membri nella sua comunicazione di aprile.
Per quanto riguarda la modifica delle norme dell’OCSE, tema citato di recente, non la considero necessaria. Aggiungerei che, secondo me, contestando tali norme si rischia di scatenare una discussione sull’idoneità di altri contributi finanziari che, per quanto mi concerne, non hanno nulla a che vedere con le politiche per lo sviluppo. Non intendo aggiungere altro sul tema. Tutti sanno benissimo a cosa sto pensando.
Sulla questione importante dello sviluppo sociale e umano, devo dire – e lo dico tanto più volentieri perché l’onorevole Deva, che ha sollevato la questione, è una persona che stimo moltissimo – che non condivido il vostro punto di vista. La Commissione sostiene politiche e iniziative che consentono a donne e uomini di fare scelte libere e informate sul numero di figli che vogliono avere e sugli intervalli tra le nascite, e che danno loro accesso a una pianificazione familiare di alta qualità, a servizi per la salute riproduttiva e a un’assistenza qualificata durante il travaglio.
Temo di non condividere la vostra posizione, che mi sembra eccessivamente radicale e che non mi pare tenga debitamente conto del concetto di libertà individuale. Siamo di fronte a una divergenza filosofica di cui dobbiamo prendere atto. Le persone sono diverse, onorevole Deva. Non siamo necessariamente tutti uguali, e ritengo che non si debba utilizzare a senso unico l’argomentazione dell’autorità e della sottomissione. Pur comprendendola quando sostiene che è sbagliato ricorrere all’aborto in pratica o in linea di principio, non credo nemmeno che sia corretto sottomettersi a un dettame religioso. Per lo meno, io la vedo così.
Vorrei fare riferimento a un altro elemento che mi sembra importante, vale a dire l’efficacia degli aiuti. A mio avviso, gli aiuti – che siano internazionali, europei o altro – diventeranno molto più efficaci quando ci lasceremo meno ossessionare – e non sto cercando di colpevolizzare nessuno – dall’esigenza di sventolare la nostra bandiera. Una volta che ci concentreremo debitamente sull’obiettivo di alleviare la miseria e di aiutare gli abitanti più poveri del pianeta invece che preoccuparci di chi fa cosa e di come elevare individualmente il profilo delle nostre attività, diventeremo molto più efficienti. E’ la ragione alla base del nostro operato, e stiamo portando avanti un codice di condotta nel tentativo di indurre gli Stati membri ad accettare un maggiore coordinamento, più convergenza, e una divisione più razionale del lavoro, perché tali aspetti non possono che aumentare la nostra efficienza.
Vi devo tuttavia dire in tutta onestà – perché vi ho ascoltati con attenzione e so che quasi tutti condividete questo punto di vista e che, quando ascoltiamo le dichiarazioni di governi, ministri, Primi Ministri, questo messaggio è uno dei fili conduttori di tutti – che tali obiettivi sono ben lungi dall’essere realizzati nella prassi. Abbiamo condotto analisi congiunte in connessione con la preparazione dei nostri documenti strategici nazionali e abbiamo proposto una programmazione comune. Oggi vi posso dire che, per quanto riguarda la programmazione operativa del decimo Fondo europeo di sviluppo, il numero degli Stati membri che hanno deciso di partecipare a tale iniziativa ammonta più o meno a dieci, e persino questi ultimi non prenderanno parte a tutte le iniziative di programmazione. Posso citare pochissimi casi di programmazione comune. Chiaramente è proprio questo l’obiettivo. Lo scopo non è sapere chi fa cosa, ma chi fa cosa meglio.
Come ho già avuto occasione di affermare, la Commissione non vuole assumere la direzione di tutto. La Commissione è disposta a delegare responsabilità e a finanziare parzialmente coloro che le assumeranno, in altre parole i paesi che fungeranno da pilota in aree specifiche di attività o progetti, a condizione che la delega dei poteri produca maggiori risultati dell’azione individuale della Commissione. E’ la direzione in cui dobbiamo provare a muoverci. Resto ottimista, in quanto ritengo che lungo il percorso dimostreremo che l’efficienza scaturisce da un maggior coordinamento, convergenza e armonizzazione: sono queste le chiavi dell’efficienza.
Presidente. – La discussione congiunta è chiusa.
La votazione sulla relazione dell’onorevole Glenys Kinnock si svolgerà domani.