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Procedura : 2007/2584(RSP)
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Testi presentati :

B6-0238/2007

Discussioni :

Votazioni :

PV 20/06/2007 - 5.7
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0272

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 20 giugno 2007 - Strasburgo Edizione GU

6. Dichiarazioni di voto
PV
  

– Relazione Coelho (A6-0211/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come afferma il nostro gruppo, questa proposta – che introduce informazioni sui dati biometrici nel modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi – “suscita molteplici preoccupazioni in ordine alla sua fattibilità tecnica, ai costi finanziari e al rischio di abusi”.

Come abbiamo sottolineato, è assai dubbio se l’introduzione degli identificatori biometrici aumenti realmente la sicurezza o se non rappresenti piuttosto una minaccia per la sicurezza stessa a causa del rischio di abusi, dei difetti tecnologici, della mancanza di trasparenza e di una valida protezione dei dati.

Si tratta di una misura sproporzionata che fa parte di una dinamica sopranazionale, una misura che è finalizzata alla creazione di strumenti di vigilanza e controllo a livello comunitario, come l’istituzione di una base di dati personali. Non è affatto accompagnata da “garanzie particolarmente efficaci e rigorose, soprattutto in merito alle modalità di raccolta e utilizzo di tali dati”, ed è assolutamente impossibile garantirne l’impiego “in un ambiente relativamente sicuro”.

Questa proposta è sia conseguenza che parte integrante dell’attuale tendenza a preoccuparsi eccessivamente per la sicurezza perseguita dalle Istituzioni comunitarie, e come tale la bocciamo.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) La seconda proposta modificata, che introduce l’informazione sui dati biometrici nel regolamento n. 1030/2002 che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi, suscita molteplici preoccupazioni in ordine alla sua fattibilità tecnica, ai costi finanziari e al rischio di abusi. Non è ancora chiaro se l’introduzione degli identificatori biometrici aumenti realmente la sicurezza o se non rappresenti piuttosto una minaccia per la sicurezza stessa a causa del rischio di abusi, dei difetti tecnologici e della mancanza di trasparenza e di una valida protezione dei dati. Anche la proposta originaria della Commissione si è rivelata tecnicamente impossibile, e le risorse finanziarie destinate al suo sviluppo sono state in parte sprecate. Per tali ragioni non possiamo appoggiare la proposta modificata della Commissione, la quale di nuovo farebbe soltanto lievitare i costi e i problemi tecnici e risulterebbe totalmente inadeguata al valore aggiunto in materia di sicurezza.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) Grazie alle visioni di certi sognatori del multiculturalismo si è determinata una situazione sempre più difficile da sopportare per la popolazione autoctona. In molti casi gli immigrati e i loro figli non hanno alcun riguardo nei suoi confronti; al contrario, chiedono sempre più diritti per se stessi e sembrano essere risoluti a strappare le nostre radici cristiano-occidentali; per contro, fanno i sordi quando si tratta di doveri o di obblighi civili cui qualunque immigrato è tenuto a ottemperare, come la volontà d’integrarsi.

L’ampia disponibilità di abitazioni popolari per i cittadini di paesi extracomunitari e per i neocittadini dell’Unione non integrati non ha solo generato un profondo senso d’insicurezza tra i residenti, ma ha anche determinato un pesante peggioramento della situazione abitativa e della qualità della vita, una situazione nella quale le manifestazioni di violenza sono all’ordine del giorno. In considerazione di queste realtà, è necessario dare un giro di vite generale al diritto di immigrazione. La relazione Coelho non offre una base per questo provvedimento, e proprio per questo ho votato contro.

 
  
  

– Relazione Papadimoulis (A6-0227/2007)

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE). (SK) Come formazione sono dentista. Il mercurio è usato in odontoiatria per le otturazioni con amalgama, e ho seguito con interesse la strategia comunitaria relativa al mercurio e all’eliminazione dello stesso da tutti i settori della vita ove ci sia un’alternativa appropriata. Condivido, in linea di principio, molte delle misure che la Commissione ha presentato sotto forma di disegno di legge in linea con la strategia sul mercurio.

Tuttavia, sono impaziente di sapere come reagiremo alla proposta di bandire il mercurio dalla pratica odontoiatrica, quando gli amalgama di mercurio si usano da 150 anni a questa parte e per giunta con molto successo. Non ci sono indicazioni né prove irrefutabili degli effetti nocivi degli amalgami se usati in maniera appropriata. Al tempo stesso, non è chiaro se esistano materiali alternativi adeguati per le otturazioni. Ritengo che, separando opportunamente gli avanzi di amalgama negli studi dentistici e smaltendoli in modo adeguato, sicuro e permanente, come propone la relazione, non ci sarà bisogno per il momento di abolire l’amalgama come materiale per le otturazioni.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, vorrei dare alla relazione il mio fermo appoggio e ho votato a suo favore. E’ importante che disponiamo di una strategia europea per il mercurio perché si tratta di una delle sostanze inquinanti più tossiche per l’ambiente, e l’Europa dev’essere senz’altro all’avanguardia in materia. Ho votato contro alcune delle proposte finalizzate a inasprire le norme perché credo che sia necessario prevedere un piano incrementale per le imprese e permettere una transizione morbida per non mettere a repentaglio il livello generale di competitività. Temo inoltre che si crei un eccesso di burocrazia e occorre mano ferma se vogliamo scongiurare questo rischio. Si tratta, nel complesso, di una relazione assai incoraggiante.

 
  
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  Liam Aylward, Brian Crowley, Seán Ó Neachtain e Eoin Ryan (UEN), per iscritto. – (EN) Abbiamo votato contro gli emendamenti che proponevano la necessità di stoccare il mercurio liquido in impianti sopra il livello del suolo. La Commissione non ha effettuato nessuna valutazione d’impatto sulla sicurezza di questo stoccaggio e non c’è la tecnologia che permetta di solidificare il mercurio liquido. Lo stoccaggio del mercurio in un impianto sopra il livello del suolo è pertanto discutibile in termini di sicurezza e di tempo (gli emendamenti propongono in questo caso uno stoccaggio provvisorio). Senza una nuova tecnologia, lo stoccaggio non sarebbe temporaneo. D’altra parte, la Commissione ha condotto valutazioni d’impatto per lo stoccaggio di mercurio liquido in miniere di sale e formazioni sotterranee profonde di roccia dura, confermandone la sicurezza.

Siamo ben consci che la tecnologia potrebbe essere sviluppata nel prossimo futuro. Accogliamo con entusiasmo l’approvazione da parte del Consiglio della richiesta del Parlamento di includere nella proposta di regolamento una revisione dell’estensione della competenza del regolamento e delle altre opzioni disponibili per lo stoccaggio del mercurio nel 2010.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Nel 1990 la Commissione Oslo-Parigi (OSPAR) ha raccomandato che tutti gli impianti di produzione di cloro-alcali con celle a mercurio (MCCAP) fossero convertiti a tecnologie non basate sul mercurio entro il 2010. La risoluzione del Parlamento del marzo 2006 in merito alla strategia comunitaria sul mercurio ha invitato la Commissione ad agire per attuare la decisione OSPAR.

A parte le emissioni di mercurio tuttora generate dagli impianti di produzione di cloro-alcali con celle a mercurio quando questi impianti vengono convertiti a tecnologie non basate sul mercurio, le considerevoli quantità di mercurio contenute nelle loro celle devono essere gestite in maniera ecocompatibile.

Per impedire che tali eccedenze di mercurio si riversino sul mercato mondiale delle materie prime, nell’ottobre 2006 è stata approvata una proposta di regolamento che vieta l’esportazione del mercurio metallico a partire dal 1o luglio 2011, data che adesso si è tentato di anticipare.

La proposta include disposizioni relative allo stoccaggio in sicurezza delle eccedenze di mercurio provenienti principalmente da impianti di produzione cloro-alcali con celle a mercurio, per impedire che vengano reimmesse sul mercato. Attualmente, nelle celle a mercurio sparse per l’Europa giacciono all’incirca 12 000 tonnellate di mercurio. A tal fine Euro Chlor (la federazione dell’industria dei cloroalcali dell’Unione), su invito della Commissione, ha accettato di elaborare un accordo volontario per lo stoccaggio delle eccedenze di mercurio provenienti dall’industria dei cloroalcali.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) La gestione del mercurio è una questione importante per la tutela dell’ambiente.

Se l’Europa possiede più giacenze di mercurio da stoccare, è perché le nostre industrie non hanno previsto i rischi connaturati con l’impiego di questo metallo, soprattutto per la produzione del cloro.

Prima lezione: dobbiamo rivedere molto rapidamente tutti i nostri metodi di produzione per essere pronti a una rivoluzione ecologica indispensabile.

In secondo luogo, è necessario sorvegliare costantemente lo stoccaggio dei rifiuti istituendo controlli regolari. Per questo ho votato a favore dell’emendamento n. 25 che esclude lo smaltimento permanente sopra e sotto la superficie del suolo. Purtroppo non ha ottenuto la maggioranza dei suffragi. Nondimeno, le altre migliorie apportate al testo giustificano un voto a favore della relazione definitiva.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Anche se riconosce che non esiste allo stato attuale un metodo assolutamente sicuro per stoccare il mercurio metallico, la relazione tenta di legalizzare uno speciale tipo di “razzismo” territoriale imponendo la scelta della località spagnola di Almadén quale sede per la discarica permanente dei rifiuti maggiormente tossici del pianeta. La cosa peggiore è che tenti di giustificare l’imposizione di questa zona specifica con l’esistenza in loco di infrastrutture e “manodopera”. In altre parole, si sta usando la disoccupazione come mezzo manifestamente coercitivo nei confronti dei lavoratori affinché accondiscendano a trasformare il proprio territorio in una discarica per i rifiuti tossici contenenti mercurio proveniente da tutta l’Unione, con rischi incalcolabili per la salute degli abitanti e dell’ambiente.

La proposta della relazione di coinvolgere e finanziare ogni sorta di ONG nella questione cruciale dell’applicazione delle tecnologie senza mercurio nei paesi in via di sviluppo e nelle cosiddette “economie di transizione” s’iscrive nella stessa pericolosa politica di eludere le norme previste da accordi bilaterali vincolanti in questo settore.

E’ per questo motivo che il partito comunista greco si è astenuto dal voto.

Il partito comunista greco sostiene che la questione dei luoghi ove stoccare e trattare il mercurio metallico sia un argomento da affidare alla scienza e all’applicazione delle sue conclusioni, non a scelte che riflettono gli interessi e i profitti delle imprese.

 
  
  

– Relazione Oomen-Ruijten (A6-0080/2007)

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) I regimi pensionistici complementari, collettivamente definiti come “secondo pilastro del sistema previdenziale”, sono una componente inscindibile della società moderna. In passato abbiamo assistito alla riforma dei mercati del lavoro e dei sistemi previdenziali in diversi Stati membri, e tale riforma ha riguardato anche i regimi pensionistici. Permettetemi di citare la Slovacchia come esempio di paese che ha introdotto i regimi pensionistici complementari nel contesto della riforma del sistema di previdenza sociale. Molti cittadini slovacchi hanno già aderito al secondo pilastro.

I risparmi prodotti nel secondo pilastro sono di tipo privato. Sono più sicuri delle promesse dello Stato di pagare le pensioni con i fondi pubblici. Un vantaggio del secondo pilastro consiste nel fatto che le prestazioni pensionistiche non dipendono più dalla situazione demografica del paese, ma dai risparmi che ciascuno ha accumulato. Per queste ragioni, e nello spirito di incoraggiare la mobilità dei lavoratori negli Stati membri, ho approvato la proposta di direttiva relativa al miglioramento della trasferibilità dei diritti pensionistici complementari e penso che ciò consentirà di ridurre il numero dei problemi legati ai requisiti per i diritti pensionistici, mantenendo quelli in sospeso, e alla trasferibilità dei diritti acquisiti.

 
  
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  Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, il mercato unico e la mobilità dipendono dalla sicurezza sociale, che deve estendersi al di là della vita lavorativa della persona. A questo riguardo è importante mantenere l’equilibrio fra datori di lavoro e prestatori d’opera, condizione da cui dipende l’acquisizione dei diritti pensionistici.

Si trattava della prima lettura e abbiamo ancora molti dibattiti davanti a noi. La delegazione del partito popolare austriaco ha dato il suo appoggio incondizionato alla relazione Oomen-Ruijten perché siamo dell’idea che rappresenti la via giusta per continuare a far crescere la mobilità e a sviluppare il mercato unico.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). (LT) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare la relatrice, onorevole Ria Oomen-Ruijten, e gli altri colleghi che hanno preparato la relazione sul miglioramento della trasferibilità dei diritti a pensione complementare. Ho votato a favore di questo documento perché ritengo che inciderà positivamente sulla maggior parte degli Stati membri dell’Unione, in particolare su quelli che hanno aderito più di recente. Nei paesi baltici, nella Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Ungheria e a Malta, le pensioni complementari non sono ancora regolate per legge, mentre nei paesi scandinavi e in Slovenia, per contro, la maggioranza dei lavoratori partecipa a tali regimi pensionistici.

Il fatto che il Parlamento abbia insistito tanto per obbligare i paesi dell’Unione ad agevolare gradualmente la trasferibilità dei diritti pensionistici dovrebbe fornire un nuovo stimolo soprattutto ai nuovi Stati membri, e analogamente alla Grecia, all’Italia e al Portogallo, affinché modifichino la propria legislazione in modo che la mobilità delle persone nell’ambito dell’Unione venga incoraggiata, non penalizzata.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, è con piacere che prendo la parola per dire all’Europa: “se ci sei, batti un colpo”. L’Europa deve dimostrare più coraggio, deve avere un cuor di leone e non essere pecora o coniglio, come si dice in italiano.

La direttiva sulla trasferibilità dei diritti a pensione è importantissima per tutti i lavoratori e i cittadini europei. Con l’approvazione della proposta si fa qualcosa a favore dei lavoratori, ma non si riesce realmente a ottenere un risultato per cui i cittadini europei possano applaudire l’Europa. Allora, signor Presidente, non lamentiamoci se in Francia e in Olanda i referendum hanno bocciato la Costituzione. L’Europa deve avere più coraggio.

 
  
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  Lena Ek, Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) Come liberale, trovo difficile votare contro una proposta finalizzata a migliorare le opportunità dei cittadini europei di spostarsi più liberamente. Né mi è più facile farlo tenuto conto che la proposta ha anche lo scopo di incoraggiare le persone ad assumersi una responsabilità più attiva nel risparmiare per la propria pensione, dal momento che questa è davvero una delle questioni cruciali per il futuro. Nondimeno, non ho potuto votare a favore della proposta originaria.

Il problema è duplice. In primo luogo, è da vedere se sia il caso di sollevare tale complicata questione a livello europeo, considerata la grande varietà dei sistemi di risparmio a fini pensionistici vigenti nei diversi Stati membri. In secondo luogo, non potrei fare a meno di notare che la Svezia ha, in comune con la Germania, sistemi particolarmente inadatti a questo tipo di conversione. Il modello svedese, in cui le parti sociali decidono in merito alla questione, è incompatibile con la proposta della relatrice. Potrebbero inoltre sorgere gravi problemi se somme ingenti sotto forma di fondi investiti venissero smobilizzate improvvisamente nel breve periodo per garantire la trasferibilità delle pensioni.

Sono favorevole, nel lungo termine, a un sistema in cui sia possibile cambiare lavoro e spostarsi da un paese all’altro senza dover ancora preoccuparsi delle ripercussioni che questo potrebbe avere sulla propria pensione. Pertanto, alla fine ho votato a favore della versione della relazione emendata dal Parlamento, in cui sono ammesse deroghe a livello nazionale.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riguardo alla questione della trasferibilità dei diritti pensionistici, occorre tenere conto almeno di due aspetti fondamentali: assicurare i diritti dei lavoratori e garantire la sostenibilità dei sistemi pubblici di sicurezza sociale.

La questione in esame riguarda, nello specifico, i regimi pensionistici complementari e non i regimi pubblici di sicurezza sociale. Considerando questi due aspetti, siamo contrari agli emendamenti presentati nella relazione che modificano la proposta originaria della Commissione. Questi emendamenti propongono, per esempio, di aumentare da 21 a 25 anni l’età per accedere a regimi pensionistici complementari e di subordinare l’acquisizione dei diritti pensionistici a un periodo minimo di 5 anni.

I regimi pensionistici complementari non devono comunque sostituire i regimi pubblici. I regimi pubblici di sicurezza sociale, basati sulla solidarietà e l’universalità, figurano tra i pilastri di qualunque Stato e sono una cosa che va garantita in una società più giusta e ugualitaria.

Infine, siamo molto delusi per la bocciatura degli emendamenti che abbiamo presentato, inclusa la proposta di combinare la posizione originaria della Commissione sull’età minima di 21 anni con un periodo di acquisizione dei diritti pari a due anni, che sarebbe stato più favorevole ai lavoratori. Da qui il nostro voto finale contrario.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo deciso di votare contro la relazione. La Lista di giugno appoggia toto corde un mercato interno efficiente. Perciò sosteniamo il principio in base a cui un lavoratore dipendente deve poter trasferire senza difficoltà da uno Stato membro all’altro la situazione acquisita ai fini del calcolo della pensione. Tuttavia non riteniamo che l’Unione debba avere voce in capitolo sulle modalità di attuazione dei regimi pensionistici degli Stati membri, a condizione che tutti i cittadini europei godano di parità di trattamento nell’ambito del sistema in vigore. Perciò siamo contrari ad alcune singole proposte contenute nella relazione, come le idee sulle condizioni di contribuzione minima per gli assicurati a regimi pensionistici complementari, le idee sulle età minime per l’acquisizione dei diritti pensionistici o sulle norme comunitarie in merito al periodo propedeutico per aderire a un regime pensionistico. Le modalità di scelta da parte degli Stati membri dei rispettivi regimi pensionistici devono costituire una questione di carattere totalmente nazionale, a patto che tutti i cittadini europei godano della parità di trattamento nell’ambito del sistema in vigore.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. – (PL) Voterò a favore della relazione dell’onorevole Oomen-Ruijten sulla proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa al miglioramento della trasferibilità dei diritti a pensione complementare [COM(2005)0507 – C6-0331/2005 – 2005/0214(COD)].

I cambiamenti demografici e l’invecchiamento della popolazione ci hanno resi consapevoli della necessità di regimi pensionistici complementari e di sistemi di sicurezza sociale che permettano di garantire condizioni di vita dignitose. La nuova direttiva e la relazione dell’onorevole Ria Oomen-Ruijten hanno entrambe l’obiettivo di migliorare la mobilità dei lavoratori all’interno degli Stati membri dell’Unione e tra di essi, fissando requisiti minimi in merito all’acquisizione e alla salvaguardia dei diritti pensionistici complementari.

La relazione sottolinea appropriatamente il ruolo degli Stati membri nel fornire un sostegno coerente al trasferimento dei diritti pensionistici acquisiti, in particolare nel caso vengano istituiti nuovi sistemi pensionistici complementari. Dopo cinque anni dall’entrata in vigore della direttiva, la Commissione redigerà una relazione che terrà conto delle condizioni che disciplinano i trasferimenti di capitali corrispondenti ai diritti pensionistici complementari dei lavoratori o ai diritti acquisiti in materia di sicurezza sociale.

 
  
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  Thomas Mann (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione sulla direttiva relativa alla trasferibilità in quanto è chiaro che non ha colto quello che è il vero obiettivo, ovvero incrementare la mobilità transfrontaliera dei lavoratori fra gli Stati membri. In media, solo il 10 per cento di tutti i lavoratori comunitari percepisce una pensione aziendale. A causa dell’aumento dei costi di almeno il 20 per cento che si può prevedere in conseguenza dei rigorosi requisiti minimi da poco adottati, difficilmente ci sarà interesse a costituire o espandere i regimi pensionistici aziendali. Il mio timore è che ora sia messo in forse ciò che i datori di lavoro e i lavoratori sono riusciti a conseguire con reciproco vantaggio a livello nazionale nel corso di vari decenni.

L’età minima per l’acquisizione dei diritti pensionistici aziendali è stata soppressa. E’ stato abolito il periodo di iscrizione obbligatorio di cinque anni. Le norme di minima sono applicabili retroattivamente, in assoluto contrasto con il principio della tutela delle legittime aspettative. Ho anche votato per l’abolizione dell’indicizzazione, che potrebbe essere verosimilmente interpretata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee come un “equo adeguamento” e un obbligo. Il Bundesrat della Germania ha calcolato che trattare i lavoratori che hanno cambiato azienda alla stessa stregua di quelli che non l’hanno cambiata comporterà un incremento del 30 per cento dei costi dei sistemi pensionistici complementari.

Il Commissario Vladimír Špidla ha annunciato che presenterà una nuova proposta. Dopo che non si è riusciti a raggiungere un accordo in sede di Consiglio, la proposta si baserà prevalentemente sull’odierna risoluzione del Parlamento e pertanto metterà a repentaglio i regimi pensionistici aziendali, e non solo in Germania.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. – (NL) La direttiva 98/49/CEE garantisce i diritti pensionistici complementari dei lavoratori dipendenti e autonomi che si spostano all’interno dell’Unione, ma non dà garanzie per quanto riguarda la trasferibilità delle pensioni complementari e la flessibilità delle condizioni di acquisizione.

E’ di questo che si occupa la proposta della Commissione, stabilendo condizioni e suggerendo tre norme di minima relativamente alla trasferibilità dei diritti: o i diritti restano all’interno delle aziende (diritti in sospeso) o vengono trasferiti entro un certo lasso di tempo, o vengono liquidati in contanti (fino a un certo limite). Secondo la Commissione, la nuova direttiva va applicata a tutte le pensioni complementari di categoria.

Deploro in particolare che la relazione Oomen-Ruijten escluda dalla direttiva la proposta di trasferibilità dei diritti pensionistici. Nella sua versione attuale, tratta solamente i diritti in sospeso.

Per come la vedo io, la nuova direttiva deve fare quanto è in suo potere per sostenere i lavoratori che investono in diritti pensionistici complementari. Di conseguenza, nessuno dev’essere escluso tramite l’imposizione di condizioni di minima in termini d’età o di periodo di tempo. Posso appoggiare la relazione soltanto se la direttiva conserva l’ampio raggio d’azione proposto dalla Commissione. Altrimenti voterò contro.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta di direttiva della Commissione, formulata con gli emendamenti contro i lavoratori votati congiuntamente dai Democratici cristiani, dai socialisti e dai liberali, sostenuti da Nuova Democrazia e dai deputati al Parlamento europeo del PASOK, demolisce del tutto i regimi previdenziali complementari di tutta l’Unione, determinando un deterioramento in termini di previdenza e pensionamento dei lavoratori, una riduzione delle pensioni e un aumento dell’età pensionabile. Sveltisce le procedure per le compagnie private di assicurazione per aumentare la loro partecipazione in questo settore. Il senso fondamentale di questi cambiamenti reazionari consiste nel cosiddetto sistema “a tre pilastri”, costituito principalmente dalla pensione principale a carico dello Stato, unitamente a una pensione complementare e una pensione professionale erogata da compagnie private. L’attacco ai diritti dei lavoratori nel settore della pensione complementare è legato all’ambizione dei monopoli di usare le riserve dei fondi assicurativi per finanziare i propri investimenti, legalizzando al contempo l’accettazione del “rischio d’investimento” o la possibile perdita del denaro dei lavoratori.

Da una parte, Nuova Democrazia e il PASOK votano in Parlamento a favore di tutte le misure antipopolari e, dall’altra, arringano e ingannano i lavoratori del nostro paese, sforzandosi di atteggiarsi ad amici del popolo.

Il partito comunista greco invita i lavoratori a intensificare la loro lotta contro la politica dell’Unione contraria ai lavoratori e al proletariato, a difendere i sistemi di previdenza sociale statali e a chiedere, oltre alla soddisfazione delle loro attuali esigenze, pensioni più alte e un’età pensionabile più bassa.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la direttiva sulla trasferibilità perché non coglie il suo vero obiettivo, che è quello di accrescere la mobilità transfrontaliera dei lavoratori fra gli Stati membri. Le norme in materia di trasferibilità dei diritti pensionistici aziendali hanno soltanto carattere di raccomandazione per gli Stati membri. Perciò avevo ripetutamente consigliato di abolire la direttiva perché era diventata superflua.

 
  
  

– Relazione Langen (A6-0244/2007)

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, anche se l’introduzione dell’euro ha per molti aspetti semplificato la vita, come nel caso del commercio transfrontaliero, sarebbe sbagliato ignorare aspetti meno positivi, come la perdita dei diritti di sovranità e l’aumento dei prezzi.

Così com’è avvenuto per ogni allargamento dell’Unione, l’introduzione dell’euro nei nuovi Stati membri inciderà in ultima analisi sulla delicata stabilità dell’intero sistema. Ecco perché, a mio avviso, è necessario garantire che l’equilibrio dell’insieme non sia pregiudicato dall’annessione di economie nazionali deboli.

Ora può sicuramente darsi che Cipro e Malta siano pronte. In passato, tuttavia, i governi hanno troppo spesso giocato con le carte segnate per essere ammessi nel club dell’euro. A mio avviso, una decisione così importante non si può assolutamente prendere scavalcando la popolazione, ed è per questo che mi sono astenuto dal voto in questo caso.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci siamo astenuti dal voto perché la decisione sovrana di volere aderire o meno alla zona dell’euro spetta a ciascuno Stato membro. E’ ben nota la nostra ostilità alla creazione dell’Unione economica e monetaria e alla zona dell’euro. L’esempio del Portogallo ha ampiamente dimostrato quanto l’euro sia uno strumento per promuovere la moderazione salariale e la flessibilità nel mercato del lavoro. Sostenendo la convergenza nominale e non quella reale, ha penalizzato la crescita, l’occupazione e le condizioni di vita, e ha avvantaggiato le grandi multinazionali e i gruppi finanziari europei.

Vorrei fare presente che il fatto di accelerare l’ampliamento della zona dell’euro è anche basato sui criteri politici del consolidamento sia dell’integrazione politica che della stessa zona euro. Con due nuovi Stati membri – Malta e Cipro – la zona dell’euro vanterà più della metà degli Stati membri dell’Unione. Si tratta di una barriera psicologica importante, considerato che il malcontento tra i lavoratori e i cittadini nel complesso è in aumento nella zona dell’euro e che è in discussione il futuro Trattato costituzionale. Per questo la maggioranza accetta l’idea dell’adesione, anche se Malta non soddisfa tutti i criteri di convergenza nominale. Come in passato, questa non è una decisione “economica”, bensì politica.

 
  
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  Cem Özdemir (Verts/ALE), per iscritto. – (DE) Sulla base di criteri economici, la decisione è indubbiamente giustificata. Dal punto di vista politico, tuttavia, è deplorevole e sciupa l’occasione di far entrare tutte e due le parti dell’isola di Cipro nella zona dell’euro. Anziché ravvicinare il nord e il sud per mezzo di una valuta comune, accrescerà soltanto le divisioni tra le due parti dell’isola.

 
  
  

– Relazione Langen (A6-0243/2007)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE).(MT) Grazie, signor Presidente. Il governo ha adottato come propria politica l’obiettivo di introdurre l’euro dal 1° gennaio 2008. Per fare questo era necessario soddisfare alcuni criteri, riguardanti per esempio il deficit e l’inflazione. Ovviamente questi criteri hanno avuto un impatto negativo sulle politiche finanziarie del governo e sul segmento più vulnerabile della società.

In effetti credevamo che ci fosse un’alternativa che comportasse comunque l’adozione dell’euro, ma a un ritmo più lento. Ovviamente il nostro ingresso nella zona dell’euro avrà numerosi effetti positivi, ma ne avrà anche di negativi in altri settori. Tuttavia, stanti gli interessi nazionali, la delegazione del partito laburista maltese ha votato a favore.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI). – (PL) Signor Presidente, oggi abbiamo dibattuto e votato sull’allargamento della zona dell’euro e sull’adesione alla stessa di Cipro e Malta. Lascio ai cittadini di questi paesi la decisione sovrana di abolire la moneta nazionale. Tuttavia, come rappresentante della Lega delle famiglie polacche al Parlamento, sono contrario all’entrata della Polonia nella zona dell’euro e alle conseguenze socioeconomiche negative che ciò comporterebbe per i polacchi.

Tutti i sondaggi d’opinione attuali confermano che la maggioranza dei polacchi non vuole l’euro. Ritengo che non solo non dobbiamo affrettarci, ma non dobbiamo proprio introdurre l’euro in Polonia. Dissento anche dai pareri espressi oggi, secondo i quali gli Stati membri hanno il dovere di aderire alla zona euro. Sono i polacchi a dovere decidere in merito alla questione con un referendum nazionale e io spero che lo złoty polacco rimanga una valuta nazionale in Europa, insieme alla sterlina britannica e alle corone danese e svedese.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) E’ risaputo che ci siamo opposti alla creazione dell’Unione economica monetaria e all’euro. Infatti abbiamo votato contro la risoluzione del Parlamento del 2 maggio 1998 che ha istituito la zona dell’euro, originariamente formata da 12 paesi, tra i quali era incluso il Portogallo. Riteniamo che la politica monetaria e la prerogativa di emettere moneta siano di competenza esclusiva degli Stati membri e, pertanto, respingiamo questo trasferimento di sovranità che rende impossibile dare risposta ai problemi socioeconomici di ciascun paese, Portogallo incluso.

In questo momento l’ampliamento della zona dell’euro si fonda su criteri politici – per esempio il rafforzamento dell’integrazione politica e della stessa zona dell’euro, come ben dimostra questo caso – dal momento che Malta non soddisfa tutti i criteri di convergenza nominale. Nondimeno, con due nuovi Stati membri – Malta e Cipro – la zona dell’euro vanterà più della metà degli Stati membri dell’Unione. Si tratta di una barriera psicologica importante, considerato che il malcontento tra i lavoratori e i cittadini nel complesso è in aumento in tutta la zona dell’euro e che è in corso di discussione il futuro Trattato costituzionale.

A nostro avviso, spetta esclusivamente a ciascun Stato membro la decisione sovrana di volere o meno aderire alla zona dell’euro, ragion per cui ci siamo astenuti dal voto.

 
  
  

– Relazioni Langen (A6-0244/2007 e A6-0243/2007)

 
  
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  Jonathan Evans (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I Conservatori britannici sono sempre stati contrari all’ingresso del Regno Unito nella zona dell’euro. Tuttavia, non abbiamo mai osteggiato il diritto di altre nazioni sovrane di costruire un sistema monetario comune. La nostra astensione rispecchia la nostra convinzione che spetta ai membri della zona dell’euro decidere come meglio condurre la politica monetaria nell’interesse di una valuta stabile.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Il nostro voto riguardante l’adozione dell’euro da parte di Malta e Cipro sarà identico a quello che abbiamo espresso per la Slovenia: ci asterremo. Non andremo contro quella che speriamo sia la volontà cosciente di popoli sovrani.

Tuttavia, dobbiamo riconoscere che è stata varcata una soglia: questi paesi devono adottare l’euro non su loro esplicita richiesta, ma perché quasi soddisfano gli “stupidi” criteri di Maastricht, come avrebbe detto Romano Prodi. I loro cittadini ne sono stati informati? Almeno uno di questi paesi non adempie a questi famosi criteri e nessuno dei due, pare, ha fornito le statistiche necessarie per una valutazione corretta del loro stato di preparazione. Perché affrettarsi? Le disposizioni pratiche e tecniche per il passaggio effettivo alla moneta unica sono una grande incognita. Anche la capacità d’assorbimento della zona dell’euro, che in altri tempi preoccupava l’onorevole Langen, è sparita dal quadro e dall’analisi.

Eccoci di nuovo alle prese con la sindrome della bicicletta di cui, a quanto pare, soffre la costruzione europea: se non va avanti, cade. Bisogna allargare la zona dell’euro ad ogni costo. Punto! Tanto il prezzo dovranno pagarlo i cittadini europei!

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Abbiamo scelto di astenerci dal voto finale sulle relazioni. Spetta ai popoli di Cipro e di Malta decidere, preferibilmente mediante un referendum, se vogliono che il loro paese entri a far parte dell’Unione economica e monetaria.

Non riteniamo che la Svezia debba far parte dell’Unione monetaria, né raccomandiamo agli altri paesi di parteciparvi.

 
  
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  Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’introduzione dell’euro a Malta e a Cipro, perché si tratta di sostenere il rafforzamento dell’integrazione di questi paesi nel senso che ne dà l’Unione. Nondimeno, questa decisione avrebbe dovuto essere accompagnata da misure intese a consentire un controllo più democratico della moneta unica (costituzione di un vero e proprio governo economico della zona dell’euro in grado di equilibrare il potere della Banca centrale europea, modifica degli obiettivi di quest’ultima in modo che comprendano anche il perseguimento della crescita e della piena occupazione, modifica dei criteri del Patto di stabilità in modo da non penalizzare in futuro le politiche d’investimento pubblico).

Facciamo attenzione a non perseguire un allargamento senza limiti della zona dell’euro senza avere nuove prospettive.

 
  
  

– Proposta di risoluzione Galileo (B6-0238/2007)

 
  
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  Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La delegazione del partito conservatore britannico appoggia la risoluzione della commissione per i bilanci che invita la Commissione a sottoporre nuovamente le sue proposte di finanziamento del progetto GALILEO. Tuttavia, nutriamo forti riserve sulle proposte intese a finanziarlo tramite l’attuale bilancio europeo.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Siamo molto delusi per la significativa bocciatura, da parte della maggioranza del Parlamento, degli emendamenti presentati dal nostro gruppo in cui si esprime il parere che “il programma GALILEO non debba essere utilizzato in alcun caso per scopi militari” e che “dovrebbero essere previste garanzie contro qualsiasi futura privatizzazione di GALILEO”, garantendo in tal modo che la sua realizzazione sia totalmente assicurata da un finanziamento pubblico.

Questa bocciatura significa che, dopo un investimento pubblico così ingente, si considera già la possibilità inaccettabile di stipulare un contratto di concessione al settore privato?

La nostra posizione è chiara.

Riteniamo che il programma GALILEO (programma europeo di radionavigazione via satellite) potrà contribuire alla cooperazione, al progresso scientifico e tecnico e alla promozione dello scambio e all’accessibilità delle informazioni.

Si tratta di un progetto che deve basarsi su una strategia di investimento e di controllo pubblici, in modo da fornire un servizio pubblico. Così può esserci parità di accesso, nonché l’utilizzo gratuito delle informazioni disponibili a tutti gli utenti.

E’ un progetto nell’ambito del quale devono essere pienamente garantiti i diritti, le garanzie e le libertà dei cittadini. Si dovrà anche assicurare che non verrà utilizzato per scopi militari e/o come elemento di una tendenza verso un’eccessiva preoccupazione per la sicurezza.

 
  
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  Jens Holm, Kartika Tamara Liotard, Helmuth Markov, Erik Meijer, Søren Bo Søndergaard ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Per portare a termine il progetto GALILEO, ossia il sistema europeo di navigazione satellitare, si chiede agli Stati membri dell’Unione di pagare altri 2 400 000 000 euro. Per molti anni si è sostenuto che questo progetto avrebbe comportato innovazione tecnologica, soddisfatto le esigenze dei consumatori, creato occupazione e assicurato l’indipendenza dagli Stati Uniti. Questi vantaggi potevano giustificare l’impiego di fondi comunitari anziché demandare solennemente il progetto alle multinazionali con scopo di lucro o all’industria bellica americana. Finché GALILEO rimane un’operazione pacifica, non lo rifiutiamo in linea di principio. Purtroppo, GALILEO verrà sviluppato con un ritardo di 10-20 anni e, nel frattempo, il GPS, il suo omologo americano, ha conquistato il mercato mondiale. Questo fa di GALILEO un costoso progetto di prestigio. Spenderci tanti fondi comunitari potrebbe sembrare allettante per la grande industria, ma gli elettori e i consumatori lo riterranno sempre più uno scandaloso spreco di denaro. Le compagnie europee rifiutano di partecipare a partenariati pubblici-privati perché non prevedono alcun profitto a causa dell’arretratezza nei confronti del GPS e sperano di ottenere un forte investimento comunitario a fondo perduto nel 2012. Di conseguenza, non vogliamo spendere ancora altro denaro per il progetto GALILEO. Se non ci sono prospettive concrete, dobbiamo avere il coraggio di fermarci.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Gli Stati membri dell’Unione saranno tecnologicamente dipendenti dalle superpotenze militari attuali e future, come gli Stati Uniti, la Russia e la Cina, se non riusciremo a sviluppare un nostro sistema di radionavigazione via satellite.

GALILEO è indubbiamente necessario, ma questo costoso progetto va per la maggior parte finanziato da operatori privati con il necessario sostegno politico. Il paragrafo 6 della risoluzione asserisce che, secondo il Parlamento, il programma GALILEO va finanziato interamente dal bilancio comunitario. Non sono disposto a spingermi fino a questo punto e pertanto ho deciso di votare contro la risoluzione nel suo complesso.

 
  
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  Lydia Schenardi (ITS), per iscritto. – (FR) Sosteniamo il progetto GALILEO anche se nutrivamo alcune riserve riguardo all’opportunità di accordargli il nostro appoggio.

Non possiamo, tuttavia, sostenere questa risoluzione. E’ deplorevole che, dopo il prevedibile insuccesso del partenariato pubblico-privato, questo Parlamento si dichiari pronto a rinunciare a un sistema GPS indipendente se questo smette di essere un progetto puramente comunitario per includere un finanziamento diretto da parte degli Stati membri.

GALILEO è utile! In un modo o nell’altro dev’essere finanziato. La Commissione non riesce a trovare 2,4 miliardi di euro, fra le centinaia di miliardi che prevede di spendere, non sempre proficuamente, entro il 2013? E allora? Perché gli Stati membri dovrebbero essere esclusi? GALILEO non è un giocattolo, né è il progetto esclusivo e simbolico di un’Europa di Bruxelles che vuole farci credere di non preoccuparsi solo di se stessa, delle proprie competenze e della propria sostenibilità.

Per una volta, mettete da parte i dogmi. Mettete in quest’avventura industriale un quarto della volontà politica che, qualche anno fa, un pugno di Stati membri ha messo per costruire un’industria aeronautica e spaziale europea, e dimostrate ciò che rifiutate di ammettere: la cooperazione intergovernativa funziona. A Bruxelles, in compenso, la situazione ristagna.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La risoluzione mira chiaramente a finanziare GALILEO con un assegno in bianco a carico dei fondi pubblici per soddisfare le ambizioni politiche dell’Unione. I progetti tecnologici in collaborazione hanno precedenti ambigui. Non richiedono il coinvolgimento dell’Unione e si devono intraprendere solo per chiari motivi economici, strategici e industriali – non per soddisfare le ambizioni dell’Unione di essere un attore globale.

I conservatori britannici vogliono opportunità per l’industria e per il settore della ricerca e sviluppo del loro paese, ma la risoluzione non garantisce questo; appoggia la proposta della Commissione di impiegare fondi pubblici – tramite il bilancio comunitario – per l’intero progetto GALILEO. Questa linea di condotta costituirà un altro salasso per i contribuenti del Regno Unito e di altri Stati membri dell’UE, i quali non avranno al riguardo nessuna voce in capitolo.

Se, in passato, l’Unione era riluttante ad ammettere le applicazioni militari, questa remora è ora caduta. Nella comunicazione della Commissione del 26 aprile 2007 sulla politica spaziale europea, quello di soddisfare “le esigenze europee in materia di sicurezza e di difesa per quanto riguarda lo spazio” è uno degli obiettivi chiave. Come oppositori di lunga data della politica europea di sicurezza e di difesa, i conservatori britannici sono contrari a proposte che estendono l’intervento della Commissione nel campo della difesa.

 
  
  

– Relazione McCarthy (A6-0226/2007)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Per farci prendere la decisione di votare contro questa relazione è bastato il primo considerando. La legislazione comunitaria in materia di appalti pubblici mira ad aprire – liberalizzare sarebbe un termine migliore – i mercati pubblici degli Stati membri alla concorrenza transfrontaliera, così da sostenere lo sviluppo del mercato interno rispettando il programma di liberalizzazioni contenuto nella strategia di Lisbona.

Ovviamente siamo favorevoli a norme nazionali sulla trasparenza degli appalti, purché non blocchino le opportunità di utilizzare i mercati pubblici per promuovere il tessuto economico e le PMI nazionali, tenendo conto delle loro dimensioni e della loro importanza. Tuttavia, in questo caso c’è una differenza sostanziale che ci ha indotto a votare contro, ossia che la competenza per questa materia dovrebbe continuare a restare degli Stati membri.

Gli appalti pubblici sono anche uno strumento importante per promuovere la politica sociale e ambientale, poiché possono prevedere criteri relativi ad aspetti sociali e ambientali per l’assegnazione dei contratti. Non possono essere limitati a livello sovranazionale, utilizzando come pretesto norme in materia di non discriminazione o altri interessi economici.

 
  
  

– Relazione Kinnock (A6-0220/2007)

 
  
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  Gay Mitchell, Mairead McGuinness, Colm Burke e Jim Higgins (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Abbiamo votato a favore della prima parte del paragrafo 40 e contro la seconda parte dello stesso paragrafo. Allo stesso modo, abbiamo votato a favore della prima parte del paragrafo 41 e contro la seconda parte dello stesso. Ci siamo astenuti dal voto sulla risoluzione nel suo complesso.

Il motivo della nostra scelta è che non intendiamo appoggiare interpretazioni della parola “diritti” che implichino l’approvazione dell’aborto. Naturalmente, sosteniamo la motivazione generale degli obiettivi del Millennio e pertanto non voteremo contro la risoluzione nel suo complesso.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Kinnock (A6-0220/2007) “sugli obiettivi di sviluppo del Millennio – bilancio intermedio” perché a mio parere abbiamo bisogno di un ampio partenariato per essere in grado di realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio. E’ pertanto auspicabile che siano coinvolti i parlamenti nazionali e la società civile di tutti i paesi interessati.

Uno dei fattori chiave per la realizzazione degli obiettivi è ridurre del 50 per cento la povertà entro il 2015, con un’attenzione particolare per problemi quali HIV/AIDS, tubercolosi e malaria. La disuguaglianza di genere e la discriminazione nei confronti delle donne sono ulteriori punti di cui tener conto nei programmi di sviluppo.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Apprezzo il fatto che la relazione riconosca la gravità della situazione mondiale.

Come è emerso dalla relazione ONU sugli obiettivi di sviluppo del Millennio, i progressi nella lotta per ridurre la fame sono stati troppo lenti. In effetti, negli ultimi anni le cifre sono peggiorate: 854 milioni di persone (il 17 per cento della popolazione mondiale) soffrono ogni giorno la fame e quasi 16 000 bambini muoiono ogni giorno per cause legate alla fame.

Ciononostante, la relazione glissa ancora una volta sulle motivazioni all’origine di questa situazione intollerabile.

E’ importante evidenziare il fatto che, mentre ogni giorno 16 000 bambini muoiono di fame:

– l’Amministrazione statunitense ha stanziato a bilancio 600 miliardi di dollari per spese militari;

– le 691 persone più ricche del mondo possiedono un patrimonio netto equivalente a 2,2 miliardi di dollari, che è pari alla ricchezza complessiva dei 145 paesi più poveri;

– le 500 persone più ricche hanno un reddito combinato superiore a quello dei 416 milioni di persone più povere;

– gli 8 milioni di persone più ricche al mondo possiedono un patrimonio netto equivalente all’80 per cento del PIL di tutti i paesi del mondo.

Qui sta la radice del problema.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) L’approccio della relatrice a un argomento di tale importanza è lodevole. C’è urgente bisogno di raddoppiare gli sforzi per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM). Questo significa cancellazione completa del debito e aiuti potenziati, meglio coordinati e più mirati.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nello spazio disponibile per una dichiarazione di voto, meritano di essere evidenziati due punti.

Il primo paragrafo della risoluzione recita: “lo scopo primario della cooperazione allo sviluppo è e deve essere la lotta alla povertà; fa rilevare tuttavia che questa lotta non si limita alla crescita materiale e che quindi lo sviluppo della democrazia, la promozione dei diritti umani fondamentali, lo Stato di diritto e i principi di giustizia, equità, trasparenza e responsabilità devono essere sempre temi centrali di qualsiasi cooperazione in materia”.

Non mi sono opposto alla presente risoluzione perché capisco che queste problematiche ci impongono di fornire il nostro massimo contributo, ma ritengo che occorra sottolineare l’idea che la lotta alla povertà non può essere efficace se non si combattono le cause della povertà. Tra le cause strutturali della povertà c’è sempre una cattiva governance. E’ per questo, e non per il desiderio di imporre dei modelli, che è così importante combattere sui due fronti contemporaneamente. Altrimenti, risolveremo il problema oggi solo per ritrovarlo domani.

Infine, nella relazione si legge che “il Portogallo, che durante la sua Presidenza ospiterà il Vertice UE-Africa, nel 2006 ha raggiunto solo lo 0,21 per cento per quanto riguarda il rapporto APS/RNL”, che ritengo sia un dato terribile.

 
  
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  Konrad Szymański (UEN), per iscritto. (PL) Sono stato costretto a votare contro la relazione “sugli obiettivi di sviluppo del Millennio – bilancio intermedio”.

Le proposte di finanziare l’aborto utilizzando gli aiuti di bilancio UE porteranno inevitabilmente a divisioni in merito alla strategia di aiuti a favore dell’Africa, con un conseguente indebolimento dell’efficacia dei nostri interventi. Da un punto di vista etico e medico, l’aborto non si può considerare la chiave per risolvere il problema delle morti delle madri durante il parto.

Utilizzare le risorse dell’Unione europea per finanziare l’aborto in Africa è contrario al principio dell’assistenza e obbliga tutti i cittadini dell’Unione europea a farsi implicare indirettamente nella faccenda. Inoltre, rappresenta una sorta di imperialismo morale nei confronti dell’Africa. Il consistente sostegno di quest’Aula al finanziamento dell’aborto nei paesi in via di sviluppo è l’errore più grosso che abbiamo fatto nella definizione della politica di aiuti umanitari.

 
  
  

– Relazione Cornillet (A6-0208/2007)

 
  
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  Gerard Batten, Roger Knapman e Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. – (EN) L’UKIP non riconosce la legittimità dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e pertanto non può appoggiare questo emendamento. Tuttavia, condividiamo lo spirito del testo e ci auguriamo sinceramente che la comunità internazionale nel suo complesso garantisca che il divieto di viaggiare all’estero imposto alle figure chiave del regime dello Zimbabwe sia pienamente rispettato.

 
  
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  Derek Roland Clark (IND/DEM), per iscritto. – (EN) L’UKIP non riconosce la legittimità dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE e pertanto non può appoggiare questo emendamento. Tuttavia, condividiamo lo spirito del testo e ci auguriamo sinceramente che la comunità internazionale nel suo complesso garantisca che il divieto di viaggiare all’estero imposto alle figure chiave del regime dello Zimbabwe sia pienamente rispettato.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Il lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE è fondamentale se consideriamo il gran numero di paesi meno sviluppati al suo interno e il volume dell’assistenza allo sviluppo fornita dall’UE ai paesi ACP. Appoggio molte delle richieste presentate nella relazione, quali gli inviti ai parlamenti nazionali e alla società civile a partecipare maggiormente al processo di programmazione degli aiuti nazionali nei paesi ACP.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Dalla relazione emerge chiaramente che il lavoro dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE – nel 2006 e negli anni precedenti – è uno strumento eccellente per promuovere le strutture fondamentali, le relazioni e il dialogo necessari ai fini della creazione di basi solide per rapporti positivi tra le due parti e per lo sviluppo di progetti veramente utili.

Detto questo, benché vada rilevato che i progressi compiuti finora sono lodevoli, ci dovremmo preoccupare di quello che ci attende. Abbiamo l’obbligo – che da un lato è morale ed etico e dall’altro nel nostro interesse – di favorire lo sviluppo nei paesi associati, di aiutarli a sviluppare meccanismi per aprire le loro economie e di trasformare insieme la globalizzazione in un circolo virtuoso; spetta a noi arginare, ridurre ed eliminare le potenziali insidie presenti in questo sviluppo.

In un simile contesto, in relazione ad alcuni di questi partner è fondamentale che l’imminente Vertice UE-Africa, che si terrà durante la Presidenza portoghese, produca dei risultati. Il realismo che produce risultati è preferibile a ideali utopistici senza storia.

 
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