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Procedura : 2007/2582(RSP)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

B6-0249/2007

Discussioni :

PV 20/06/2007 - 10
CRE 20/06/2007 - 10

Votazioni :

PV 21/06/2007 - 8.6
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0282

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 21 giugno 2007 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

– Relazione Kratsa-Tsagaropoulou (A6-0210/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Duecento parole non sono sufficienti per esprimere ciò che occorrerebbe dire in merito ai diversi punti sollevati da questa relazione, data la tragica e complessa situazione in cui versano i territori occupati palestinesi. Vorremmo, tuttavia, segnalare i seguenti punti:

– La relazione trascura di menzionare l’aggressione israeliana contro il popolo palestinese e il completo disprezzo delle autorità israeliane per il diritto internazionale;

– Il documento non cita il ruolo che ha avuto l’Unione europea nel crollo dell’Autorità palestinese (AP), con la sua partecipazione al boicottaggio dell’AP a partire dal 2006, boicottaggio ancora in vigore nonostante tutti gli sforzi compiuti e gli accordi raggiunti per creare un governo palestinese di unità nazionale. La creazione del “meccanismo internazionale temporaneo” non era intesa a evitare il crollo delle istituzioni palestinesi, né ha impedito il deterioramento della crisi umanitaria di cui sono vittime milioni di palestinesi nei territori occupati.

– La relazione trascura il deterioramento della situazione nei territori occupati palestinesi, prodotta da 40 anni di occupazione israeliana – con la connivenza degli USA e dei suoi alleati – e dalla sua politica di mancato riconoscimento del diritto legittimo e inalienabile del popolo palestinese a uno Stato indipendente, sovrano e vitale, in conformità delle risoluzioni ONU in materia.

 
  
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  Bairbre de Brún, Mary Lou McDonald ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) L’Unione europea e la comunità internazionale hanno una grande responsabilità nella tragedia che si sta consumando in Palestina. Le mancate pressioni esercitate su Israele, l’impunità concessa alle autorità israeliane, il loro rifiuto di parlare con politici democraticamente eletti e le loro sanzioni contro le autorità palestinesi hanno determinato la situazione attuale.

Ora l’UE deve assumersi le proprie responsabilità politiche aprendo un dialogo politico con tutte le parti in causa palestinesi: sia a Gaza, sia in Cisgiordania. Dobbiamo aiutare il popolo palestinese avviando un dialogo che abbia il preciso intento di contribuire alla creazione di uno Stato palestinese unificato, vitale e sicuro.

Per tali motivi, abbiamo deciso di astenerci su questa relazione.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Il processo di Barcellona sta acquistando importanza e sta producendo risultati concreti. Allo stesso modo, di recente si sono registrati progressi in tutte le sezioni dell’Assemblea parlamentare Euromed. I progressi più confortanti sono stati registrati nella sezione politica, cui appartengo anch’io.

Il programma MEDA che abbiamo votato rappresenta lo strumento finanziario fondamentale dell’UE per l’attuazione del partenariato euromediterraneo. Esso sostiene le misure che accompagnano le riforme delle strutture economiche e sociali dei nostri partner mediterranei, tese a colmare il divario esistente tra le due sponde del Mediterraneo.

Il conflitto israelo-palestinese non è soltanto la principale causa di innumerevoli vittime tra i militari e i civili, ma determina anche condizioni economiche e sociali deplorevoli e insormontabili per parte della società palestinese. Negli ultimi giorni abbiamo assistito a sanguinosi scontri tra i movimenti di Hamas e Fatah, e a un’escalation di violenza nei territori palestinesi. E’ fondamentale che gli aiuti finanziari forniti nel quadro del programma MEDA, erogati ad altri otto paesi oltre alla Palestina, non finiscano nelle mani degli estremisti di Hamas, bensì in quelle dei reali beneficiari, ovvero dei cittadini palestinesi più indigenti.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Il sostegno finanziario dell’UE alla Palestina proposto dalla relazione va nella stessa direzione della politica interventista e imperialista condotta nell’intera area. Si tratta del rovescio della politica del congelamento degli aiuti al popolo palestinese come punizione per aver scelto, mediante incontestabili elezioni democratiche, un governo che non va a genio all’Unione europea. Ora, viene presentata la proposta di riprendere l’erogazione di aiuti finanziari al “nuovo governo” nominato dal Presidente Abbas, che invece appoggiamo. Gli imperialisti dell’UE, in stretto contatto con gli USA e Israele nel quadro del piano per un “Nuovo Medio Oriente”, stanno sfruttando la tragedia del popolo palestinese, di cui essi stessi sono stati gli artefici. Utilizzano gli aiuti finanziari come mezzi palesemente coercitivi, come uno strumento per intervenire nel conflitto intrapalestinese. In realtà, stanno versando benzina sul fuoco per acuire i contrasti e le divisioni, in modo da piegare l’eroica resistenza del popolo palestinese e degli altri popoli della regione e imporre i propri piani criminali.

Il partito comunista greco si oppone all’uso di questi aiuti come mezzo di intervento imperialista ed è per questo che ha votato contro la relazione. Il mio partito esprime la sua solidarietà e chiede aiuti umanitari e finanziari incondizionati al popolo palestinese, la fine della crudele occupazione israeliana e la creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme est capitale.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ogni volta che si affronta l’argomento su cui verte la presente relazione, ci si chiede inevitabilmente quale sia lo scopo dei finanziamenti UE alla Palestina e quale strategia occorra seguire a tale proposito. Tre sono gli assi fondamentali che devono sempre far parte della risposta: primo, il sostegno alle persone; secondo, la promozione della creazione di un futuro Stato palestinese fondato sulla democrazia e sul rispetto per i diritti umani; terzo, la promozione della pace.

L’esito delle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) non sono state finora del tutto rassicuranti. “Sulla base delle informazioni disponibili alla data del comunicato stampa dell’OLAF non è stata rilevata alcuna prova determinante di sostegno ad attacchi armati o attività illecite finanziati mediante contributi comunitari all’Autorità palestinese”. Tuttavia, “vi sono indizi concordanti a sostegno dell’ipotesi che non possa essere escluso che alcune delle risorse dell’Autorità palestinese possano essere state usate da talune persone per propositi diversi da quelli cui erano destinate”.

Il sostegno dell’Unione europea deve essere visibile, riconoscibile ed efficace nel conseguimento di questi obiettivi. Purtroppo, non possiamo essere certi che questo sia stato il risultato delle nostre iniziative. Nel complesso, va inoltre riconosciuto che il ruolo dell’Unione europea nella regione è stato positivo.

 
  
  

– Relazione Díaz de Mera García Consuegra (A6-0170/2007)

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) L’idea di scambiare un certo numero di informazioni contenute nei casellari giudiziari è indubbiamente da accogliere con favore, specialmente in ambiti sensibili quali la pedofilia, ma anche al fine di arrestare un maggior numero di spacciatori di droga e altri criminali organizzati.

Occorre tuttavia evitare che, in virtù di questa misura, rispettabili cittadini vengano trattati come criminali per una piccola nota presente sulla loro fedina penale. Come ha dimostrato il caso dei fascicoli sugli ultras, trovarsi nei paraggi di determinati eventi spesso è sufficiente per finire sulla lista nera. E’ inoltre pericoloso applicare indiscriminatamente tale processo agli ambiti più sensibili, se non altro per motivi di protezione dei dati personali, ed è per questo che non ho potuto votare a favore.

 
  
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  Javier Moreno Sánchez (PSE), per iscritto. – (ES) Io, come gli altri appartenenti alla delegazione socialista spagnola, voto a favore perché non voglio assistere alla paralisi della procedura legislativa citata nella relazione e perché concordo con i risultati della consultazione del Parlamento approvati dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Tuttavia, tramite questa dichiarazione di voto, desidero protestare per l’idoneità del relatore, onorevole Díaz de Mera, che è stato accusato e multato per oltraggio alla corte dopo essersi rifiutato di collaborare con il tribunale che stava processando i presunti esecutori dei tremendi attentati dell’11 marzo, i peggiori attentati terroristici mai avvenuti sul territorio europeo, perpetrati mentre egli occupava la carica di Capo della polizia. Data la gravità della sua condotta, il giudice ha avviato le procedure preliminari per la presentazione di un appello al Parlamento europeo.

E’ per questo che ritengo che lo sprezzo per la corte dimostrato dall’onorevole Díaz de Mera e il contenuto delle sue dichiarazioni non siano compatibili con il suo mandato di relatore del Parlamento europeo per le relazioni sulla cooperazione giudiziaria e di polizia tra gli Stati membri e la lotta al terrorismo, e che essi danneggino la credibilità del Parlamento.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La direttiva sullo scambio di informazioni tratte dai casellari giudiziari rappresenta un ulteriore colpo ai diritti di inviolabilità della privacy e alla protezione dei dati personali dei cittadini dell’UE. Essa prevede la trasmissione di informazioni estratte dai casellari giudiziari non solo degli Stati membri dell’Unione europea, ma anche di paesi terzi, e non solo in relazione a procedimenti penali avviati contro un individuo, ma a qualsiasi scopo. La direttiva non contiene provvedimenti sostanziali a tutela dei dati personali in relazione a tali informazioni. Viola apertamente la legislazione nazionale degli Stati membri e del nostro paese, nonché le convenzioni internazionali che stabiliscono che le informazioni aventi come fine quello di condannare una persona siano assolutamente riservate e possano essere trasmesse unicamente nel quadro dei procedimenti penali contro di essa, oppure in casi molto specifici e limitati previsti dalla legge. In questo modo, l’armonizzazione (in senso reazionario) dei regimi penali degli Stati membri viene ulteriormente promossa, con l’obiettivo ultimo di formulare un codice penale unico per l’UE che limiterà e abolirà i diritti fondamentali dell’individuo e le libertà politiche, privando al contempo gli Stati membri di uno degli elementi cruciali su cui si fonda la loro sovranità nazionale.

 
  
  

– Proposte di risoluzione (B6-0265/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La risoluzione presentata dalla commissione per lo sviluppo è al contempo pertinente e molto importante. Alcuni esempi dimostrano ciò che è noto da tempo, ovvero che le politiche e le misure effettivamente perseguite spesso contraddicono gli obiettivi dichiarati.

La commissione sottolinea che, in merito al documento sulla strategia regionale 2007-2013 e al programma indicativo pluriennale per l’Asia proposti dalla Commissione, e tenendo conto del regolamento che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e che stabilisce chiaramente che “l’obiettivo primario generale della cooperazione a titolo del presente regolamento è l’eliminazione della povertà nei paesi e nelle regioni partner nel contesto dello sviluppo sostenibile”, non si riesce a capire, per esempio, in che modo “per quanto riguarda il sostegno all’Associazione delle Nazioni del sudest asiatico (ASEAN), gli obiettivi dichiarati del programma «sostegno istituzionale e dialogo interregionale» possano comprendere il «sostegno a eventuali negoziati per un accordo di libero scambio ASEAN-UE e alla sua applicazione» e «una maggiore visibilità del contributo della CE all’ASEAN»”. E’ difficile comprendere in che modo questa proposta possa conciliarsi con l’obiettivo primario dell’eliminazione della povertà nel contesto dell’aiuto pubblico allo sviluppo.

E questa è soltanto la punta dell’iceberg

 
  
  

– Proposte di risoluzione (B6-0251/2007)

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, i rappresentanti dell’ÖVP austriaco si sono astenuti dalla votazione sulla presente relazione perché ritengono che si tratti di una questione di sussidiarietà e che le decisioni in merito vadano prese dalle autorità regionali, locali e nazionali. Si tratta senza dubbio di una tragedia per le persone coinvolte; tuttavia, il processo decisionale non deve essere trasferito a Bruxelles per motivi politici. Deve restare nelle mani delle autorità locali competenti.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto.(SV) Comprendiamo che nel settore edilizio spagnolo possono esistere notevoli problemi e che si possono verificare situazioni in cui persone inconsapevoli acquistano in buona fede immobili che, come emerge in seguito, le società edili non avevano alcun diritto legale di costruire. Questi, tuttavia, sono problemi che possono e devono essere risolti nell’ambito giuridico dello Stato membro interessato. Non vi è motivo di introdurre una legislazione a livello UE che affronti tali tematiche.

 
  
  

– Proposte di risoluzione (B6-0249/2007)

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Voi volete moralizzare il cosiddetto commercio “legale” di quelle che chiamate armi tradizionali, vietandolo in base a criteri concernenti il loro probabile utilizzo (atti terroristici, violazioni dei diritti umani, escalation o scatenamento di conflitti, eccetera). L’intento è certamente degno di lode.

Allo stesso tempo, però, e da parecchi anni ormai, l’Unione europea viene periodicamente scossa dal dibattito in merito all’opportunità di revocare l’embargo sulle armi nei confronti della Cina. Il paese è ancora una dittatura comunista, dove vige ancora il laogai, la pratica dei lavori forzati, dove si perseguitano ancora i cristiani, dove il popolo tibetano è ancora soggiogato, e così via.

In tale contesto, le vostre velleità appaiono quanto meno ipocrite, per non dire ciniche.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Lo scorso dicembre, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che avvia il processo di creazione di un trattato sul commercio di armi. La risoluzione è stata appoggiata da 153 paesi, con la sola opposizione degli USA, unico Stato membro dell’ONU ad opporsi alla creazione del trattato.

Secondo la Relazione annuale 2007 dell’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace – e secondo quanto è stato evidenziato dal nostro gruppo –, le spese militari mondiali hanno raggiunto quota 1 104 miliardi di dollari ai prezzi correnti, il che equivale a una crescita del 3,5 per cento rispetto ai dati del 2005. Inoltre, tra il 1997 e il 2006, i quantitativi sono aumentati del 37 per cento.

Nel quadro di questa pericolosissima crescita, si sono verificate situazioni che dimostrano come il commercio illegale delle armi sia aumentato a ritmi vertiginosi. Prendete, per esempio, il presunto versamento di oltre 1 miliardo di sterline in tangenti da parte della BAE Systems al principe saudita Bandar bin Sultan, con il nullaosta del ministro della Difesa britannico.

Va detto, inoltre, che la normativa sul commercio delle armi sarà più efficace se accompagnata da un processo di disarmo multilaterale, reciproco, e in particolare dallo smantellamento dei vasti arsenali nucleari.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Il partito comunista greco si è astenuto dalla votazione sulla risoluzione comune dei gruppi politici – gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, gruppo socialista al Parlamento europeo, gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” e gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica – sulla fissazione di criteri internazionali comuni per l’importazione, l’esportazione e la vendita di armi convenzionali perché:

• ritiene un’incommensurabile ipocrisia che, mentre tra il 1997 e il 2006 le spese militari sono cresciute del 37 per cento a livello mondiale, non si faccia cenno al fatto che alcuni paesi dell’UE (Francia, Regno Unito e Germania) sono tra i cinque maggiori esportatori di armi convenzionali;

• è quanto meno ingenuo chiedere “regole” alle multinazionali delle armi, le quali movimentano e vendono armi convenzionali, anche al crimine organizzato, il quale rappresenta anche l’ambito dei loro acquisti internazionali. Inoltre, per ogni esportazione esse conoscono bene sia le società, sia i paesi in cui hanno sede;

• non possiamo apporre la nostra firma accanto a quella di partiti e gruppi politici che sostengono lo sviluppo dell’industria delle armi, i cui governi in passato hanno armato e ancora oggi armano regimi reazionari e organizzazioni paramilitari e militariste e che cercano di apparire gli arcangeli delle norme internazionali e del disarmo;

• non contribuiremo a creare nella gente l’illusione che gli imperialisti e le loro società accetteranno “regole eque”. Per loro, i criteri alla base dell’esportazione e del commercio delle armi sono i propri interessi politici e il profitto.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Sottoscrivo in pieno il contenuto di questa risoluzione. I paesi hanno il diritto e il dovere di difendere la propria popolazione e di garantire la pace sul proprio territorio e l’integrità dei propri confini. Il commercio illegale e irresponsabile che non rispetta ragionevoli norme di condotta è uno dei principali fattori che fomentano conflitti, guerra e morte. Il commercio delle armi, attività priva di un codice di condotta internazionale che punisca chi lo pratica, va condannato con coerenza e in modo proattivo, in futuro, ovviamente, ma anche oggi. L’assenza di un codice a livello internazionale non deve indebolire la posizione degli Stati membri dell’Unione europea e dei nostri alleati, né deve renderci meno esigenti. Esistono valori su cui non si può transigere.

 
  
  

– Relazione Batzeli (A6-0212/2007)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) In sostanza, la delinquenza giovanile è un fenomeno allarmante per la sua vasta scala: abbiamo registrato la crescita del numero dei reati commessi da bambini sotto i 13 anni. Purtroppo, le statistiche mostrano che tali reati stanno diventando sempre più crudeli. I motivi della delinquenza minorile sono certamente multifattoriali: per esempio, le condizioni socioeconomiche, gli ambienti in cui i giovani si ritrovano, la famiglia e la scuola, l’ambiente delle gang, le cattive amicizie e il precoce abuso di alcool e di tutti i tipi di droga.

Vorrei elogiare il fatto che, al contrario di quanto accaduto nel recente passato, il documento adottato pone finalmente l’accento sul ruolo assolutamente indispensabile di una famiglia unita, in cui padre e madre dedichino una quantità di tempo sufficiente ai propri figli. Altrimenti, nella formazione della propria personalità, il bambino non avrà modelli di ruolo da imitare nella propria famiglia. Finalmente, è stata approvata la raccomandazione secondo cui gli Stati membri sono tenuti a garantire un adeguato sostegno alle famiglie e ai genitori. Faccio appello anche a tutte le parti interessate affinché si facciano sentire e limitino la costante esibizione di scene di estrema violenza, pornografia, e di consumo di droga nei media. Tali immagini si trovano anche su Internet o nei videogiochi in commercio. Sono lieto che non si segua solo la via della repressione dei fenomeni negativi ma, innanzi tutto, della prevenzione primaria.

 
  
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  Frank Vanhecke (ITS). (NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Batzeli perché, a mio avviso, quest’Aula si rifiuta ancora una volta di guardare in faccia la realtà, valuta male le cause della delinquenza giovanile e, nel complesso, offre soluzioni sbagliate. In particolare, questa Assemblea resta cieca dinanzi all’altissimo livello di criminalità tra i giovani immigrati e in particolare tra i giovani musulmani, benché questo sia un fenomeno chiaramente diffusissimo in tutti gli Stati membri europei. Quando si offrono spiegazioni, esse si riferiscono soltanto a fattori socioeconomici di ogni sorta, mentre anche gli elementi culturali sono determinanti, come evidenziano le conclusioni di Marion van San, l’esperta olandese, su questa materia.

Ancora una volta si cerca scampo in misure sociali e preventive di ogni sorta, le quali, devo ammetterlo, restano necessarie, mentre quelle giudiziarie e repressive non vengono toccate; dovrebbe essere chiaro a tutti che situazioni disperate richiedono provvedimenti disperati.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) E’ importante analizzare le diverse esperienze degli Stati membri nell’ambito della criminalità giovanile e divulgare le buone prassi. Tuttavia, è possibile farlo nel quadro delle strutture già esistenti a livello nazionale, oltre che comunitario. Perciò abbiamo votato contro il paragrafo 33, il quale prevede la creazione di un Osservatorio europeo della delinquenza giovanile.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci siamo astenuti dalla votazione finale sulla relazione perché le nostre proposte più importanti sono state escluse. Esse erano:

– ritiene che occorra promuovere i valori racchiusi nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.

– sottolinea l’importanza della formazione (iniziale e permanente) dei magistrati che lavorano con i minori, in questo caso delinquenti, e l’inserimento di specialisti in altri ambiti dei tribunali minorili, affinché possano adottare contromisure prima che sia troppo tardi.

Riteniamo che occorra promuovere e conferire maggiore visibilità ai diritti del fanciullo; inoltre crediamo che occorra adottare provvedimenti energici nei confronti dei delinquenti minorenni, per esempio sospendendo l’attuazione dei piani comportamentali giovanili, che dovrebbero coinvolgere l’individuo in questione e i suoi genitori o tutori.

Dato che, nella maggior parte dei casi, esistono fattori sociali ed economici alla radice della delinquenza minorile, occorre migliorare il tenore di vita delle famiglie in modo tale che si dedichino maggiormente ai propri figli, bambini e giovani.

Pertanto appoggiamo gli investimenti nella prevenzione e non nei procedimenti giudiziari, linea quest’ultima adottata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei. Benché non siano riusciti in tutti i loro intenti, sono riusciti a peggiorare la relazione originaria.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Nonostante qualche bagliore, la relatrice sembra essere una seguace della cultura della giustificazione ed essere convinta che solo la società sia colpevole dei crimini di cui sono vittime i suoi membri. Così ci fornisce analisi e proposte a dir poco sorprendenti.

Sfiora l’assurdo, riservando la “prevenzione terziaria” (sic!) ai recidivi, o proponendo l’introduzione di “una procedura moderna di soluzione delle controversie in ambito scolastico”. I deputati che capiscono il significato di questa proposta dovrebbero andare ad applicare tale “procedura” sul terreno, al posto di quei coraggiosi insegnanti che vanno al lavoro ogni giorno temendo di essere picchiati o persino accoltellati per uno sguardo frainteso o un cattivo voto!

La relazione rasenta il delirio quando parla di gestione della “delinquenza giovanile in direzione di una decriminalizzazione, depenalizzazione, degiudizializzazione e deistituzionalizzazione”. Sic, un’altra volta?! Un reato che non è più tale se commesso da un minorenne! Un omicida non sarebbe più punito perché ha meno di 18 anni!

Qualunque sia la vostra opinione, anche la migliore prevenzione non funziona senza pene, senza le quali la società diventerebbe una giungla in cui le prime vittime sarebbero i più deboli.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Dato che la delinquenza giovanile è un grosso problema in tutti gli Stati membri, sarebbe disastroso se il Parlamento europeo lanciasse il segnale sbagliato.

La presente relazione contiene due temi cruciali:

1) La degiudizializzazione e deistituzionalizzazione della giustizia per i minori.

Questo regime esiste dal 1991 in uno dei nostri Stati membri, e i magistrati minorili hanno di recente manifestato fuori dal tribunale perché il sistema “non aiuta gli individui a rischio”.

Il mediatore per i bambini di quel paese ha rilasciato la seguente dichiarazione: “le autorità stanno dando ai giovani un segnale di impotenza, impunità e abbandono”.

Fortunatamente, la promessa della degiudizializzazione non è stata mantenuta.

2) La tematica delle “pene” è nuovamente al centro del discorso politico europeo.

L’opinione del CESE sulla delinquenza giovanile ha anche posto l’accento sui pilastri di un’efficace risposta alla delinquenza minorile per mezzo di misure preventive, giudiziarie ed extragiudiziarie, riabilitazione, integrazione e reinserimento sociale.

Ho votato a favore di questa relazione perché il nostro emendamento, che va nella stessa direzione, è stato adottato.

Dovremmo chiederci se sia compito del Parlamento europeo dare istruzioni agli Stati membri su come organizzare il proprio regime penale.

Non è necessario creare un nuovo Osservatorio europeo sulla delinquenza giovanile: i moderni mezzi di comunicazione permettono agli osservatori nazionali di collegarsi facilmente in rete.

 
  
  

– Relazione Klich (A6-0223/2007)

 
  
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  Viorica-Pompilia-Georgeta Moisuc (ITS) . – Propunerea de intrare în vigoare a Tratatului Constituţional, cu precizarea de numire în funcţie a unui ministru de externe şi a unui aparat diplomatic corespunzător, mi se pare hazardată în situaţia în care acest Tratat a fost respins de unele state europene, iar în statele nou intrate în Uniune nici măcar nu a fost pus în discuţie.

Lipsurile grave în privinţa respectării drepturilor şi libertăţilor omului, în special în ţările terţe, cu care Uniunea are relaţii speciale, mi se par a fi tratate global şi generalizant, problema fiind mult mai complexă. Un exemplu: ignorarea totală a acestui lucru în zona Transnistria este o chestiune minimalizată în raport. După părerea mea, situaţia drepturilor omului în Transnistria ar necesita ea însăşi o dezbatere aparte, pentru că este vorba de un focar de insecuritate la frontiera de est a Uniunii Europene.

Combaterea corupţiei în statele Uniunii Europene, nu numai în statele terţe, trebuie văzută şi urmărită atent, deoarece se petrec alunecări periculoase chiar în sânul comunităţii europene, ce trec cvasi-neobservate. Un exemplu: în România au fost puşi sub acuzare şi urmărire penală, pentru însuşire de sume mari de bani, fals şi uz de fals, o serie de membri ai actualului guvern, dintre care şi unii membri ai ungurilor din România, cetăţeni români. Reacţia guvernului de la Budapesta a fost promptă: a cerut oficial explicaţii guvernului român pentru aceasta, politizând acţiunea Parchetului General. Este un gest nu numai reprobabil, dar şi de amestec făţiş în treburile interne ale unui stat vecin, membru al Uniunii Europene. Este motivul pentru care noi am supus acest raport unui vot negativ.

 
  
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  Frank Vanhecke (ITS).(NL) Signor Presidente, la relazione Klich è, a mio modo di vedere, l’ennesima relazione in cui il Parlamento sceglie semplicemente di ignorare la volontà della maggioranza dei francesi e degli olandesi, volontà espressa democraticamente nei loro referendum, e prosegue nell’attuazione di sezioni di questa Costituzione europea in modo molto ambiguo. Secondo me è inaccettabile e poco democratico che si insista apertamente sull’attivazione della clausola passerelle, e cito, “contestualmente al proseguimento del processo costituzionale”.

Inoltre, è parimenti inaccettabile che si insista sull’introduzione delle maggioranze qualificate negli ambiti dell’immigrazione e dell’integrazione. Penso che i singoli Stati membri e i singoli popoli abbiano il diritto di veto e debbano poter continuare ad occuparsi dei propri mercati del lavoro. Benché tutto ciò sia molto europeo, certamente non è democratico.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. (FR) I nostri confini esterni sono dei colabrodo? Apriamoli quindi a un flusso ancora maggiore di immigrazione che definiremo “legale” o “scelta” oppure come un “allentamento della politica dei visti”. I terroristi si sono impegnati a distruggere le nostre società occidentali, in odio ai loro fondamenti e valori politici? Minacciamo di ostracizzare gli Stati che li sostengono e concentriamoci sull’essenziale: una definizione comune del terrorismo in sede ONU! Le famiglie delle vittime degli attentati di Londra e Madrid apprezzeranno questa definizione semantica. Le nostre polizie stanno crollando sotto le assurde e burocratiche richieste dell’Europol? Conferiamo a quest’organismo l’autorità di impartire loro ordini ancora più futili e diamo ai suoi burocrati quella di svolgere con sollecitudine le indagini.

Siamo lucidi: distruggendo le frontiere interne dell’Unione europea senza rafforzare quelle esterne, la creazione dello spazio di “libertà, sicurezza e giustizia” ha incoraggiato l’esplosione dell’immigrazione illegale, dei traffici e della criminalità transfrontaliera, e ha reso i nostri Stati più vulnerabili al terrorismo.

E’ vero: la cooperazione e la solidarietà in questi ambiti sono essenziali, ma devono rientrare nel contesto della cooperazione intergovernativa tra Stati che hanno frontiere definite e sorvegliate a livello nazionale.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto. – (FR) Dopo aver fallito nella creazione di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, il vero e proprio rifugio di pace che l’Europa sarebbe dovuta diventare dopo la ratifica degli accordi di Schengen, Bruxelles ora si preoccupa della propria “dimensione esterna”.

L’Europa intende esportare i propri valori democratici e i principi dello Stato di diritto che si fondano sul rispetto per i diritti umani e sull’esistenza di istituzioni solide.

Tutto ciò è molto encomiabile. Ma quali sono realmente i metodi che propone? Un’eterna propaganda a favore del terzo mondo, dell’immigrazione e dell’Europa.

La relazione pertanto ci chiede di attivare la clausola passerelle di cui all’articolo 42 del Trattato, il che porterebbe a inserire le disposizioni in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia e quelle relative all’immigrazione illegale nell’ambito di applicazione del quadro comunitario. Gli Stati membri sarebbero quindi vincolati da decisioni prese da una maggioranza di altri Stati, anche se non le accettassero.

La creazione di un ministero europeo degli Esteri, una proposta presentata nel Trattato costituzionale, respinto a suo tempo dai referendum francese e olandese, è nuovamente all’ordine del giorno. Perciò stiamo discutendo ancora una volta di sottrarre qualche altro potere sovrano agli Stati membri per darlo a Bruxelles. Ciò che questa relazione propone non è più democrazia ma più asservimento.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La relazione promuove l’attuazione di una politica estera più aggressiva verso le nazioni e i popoli e una politica più autocratica e repressiva all’interno dell’Unione europea.

1. Chiede l’attuazione della Costituzione europea, la quale è formalmente e materialmente morta, al fine di salvaguardarla ulteriormente, applicando leggi reazionarie e antidemocratiche con il pretesto del terrorismo. E’ sintomatico che le manifestazioni antifasciste nei paesi baltici siano definite “tendenze radicali violente tra le minoranze russe”. Inoltre chiede:

• di incrementare l’efficacia dei meccanismi repressivi a livello europeo;

• di utilizzare tutti gli aspetti della politica (militari, economici, civili) per esercitare una manifesta coercizione e soggiogare popoli e paesi;

• di rafforzare la cooperazione con gli USA;

• di limitare le eventuali differenze tra gli Stati membri schierandosi a favore di una “UE che si esprime con una voce sola”.

2. Nel campo delle relazioni e dei negoziati internazionali adotta una ricetta americana per esportare il proprio diritto interno e convertirlo in diritto internazionale, prevedendo inaccettabili clausole in materia di “democrazia”, “terrorismo” e “diritti umani”, persino nel campo del commercio, sovvertendo in tal modo i principi fondamentali del diritto internazionale. Si autonomina inquisitrice in nome dei diritti umani e della democrazia, tentando di istituzionalizzare il principio del “chi è con me”; in altre parole, chi non accetta il capitalismo è un nemico.

3. Votando a favore della relazione, i partiti della Nuova Democrazia e del PASOK hanno dimostrato che sono due facce della stessa medaglia e che hanno unito le proprie forze per consolidare l’UE e instaurare il nuovo ordine imperialista.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’ultima comunicazione della Commissione su questo tema auspica una strategia coerente che sia formulata in collaborazione con i paesi di origine dell’immigrazione, in particolare di quella illegale. Questo è il giusto approccio e pertanto lo appoggiamo. Al contempo, quale parte integrante di questa politica, si devono creare canali per agevolare l’immigrazione legale, pubblicizzando i potenziali rischi e le potenziali conseguenze di quella illegale e rendendo semplici e trasparenti i canali legali.

Questo approccio comporta anche investimenti per la creazione di posti di lavoro, in collaborazione con questi paesi. Altrimenti, finché vi sarà indigenza da una parte e l’attrattiva di opportunità di lavoro dall’altra, l’immigrazione continuerà per sempre, anche quella illegale, se non vi è altro modo per entrare nel paese.

Infine, esiste ovviamente anche l’esigenza di rinnovare e rafforzare la cooperazione con i paesi del Mediterraneo, proprio a causa (anche se non esclusivamente) dell’immigrazione.

 
  
  

– Relazione Roure (A6-0151/2007)

 
  
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  Philip Claeys (ITS).(NL) Signor Presidente, non esagero quando dico che questa Aula, con l’approvazione della relazione Roure, sta fondamentalmente pregiudicando la libertà di opinione sancita da numerosi accordi internazionali. In questo ambito, la relazione Roure va ben oltre tutte le precedenti relazioni ideologiche, le quali sostengono un razzismo a senso unico di cui questa Assemblea sembra detenere il brevetto. Infatti, sostenendo incondizionatamente la pericolosa decisione quadro, l’Assemblea è favorevole a criminalizzare l’espressione delle opinioni e delle convinzioni in un modo che ricorda i regimi totalitari.

“Ogni opinione”, cito testualmente dalla relazione, “intesa a dare adito ad atti illeciti sarà d’ora in avanti perseguibile in ogni Stato membro europeo”. Pertanto, qualunque deviazione dal discorso politico predominante sull’immigrazione, sull’identità nazionale e sull’islamizzazione sarà troncata sul nascere. Lo spirito di tolleranza di Voltaire, espresso così pregevolmente nella frase “Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”, viene così profanato dalla burocrazia europea. Questa Europa è molto più pericolosa dell’immaginario orco che sostiene di combattere. Questa Europa è un pericolo per la democrazia.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto.(FR) Il 19 aprile, i ministri europei della Giustizia hanno raggiunto un accordo politico sulla lotta al razzismo in Europa superando molti scogli: questo è un nuovo strumento giuridico che limiterà ulteriormente la libertà d’espressione.

A tale proposito vorremmo ringraziare gli Stati membri che hanno opposto una certa resistenza all’adozione di questo documento, nella convinzione che limitare la libertà d’espressione non sia il modo giusto per combattere il razzismo. Si tratta di Regno Unito, Italia, Irlanda e di alcuni paesi scandinavi.

La libertà di espressione è una delle libertà fondamentali. Può essere limitata dal diritto civile soltanto in caso di invasione della sfera privata, diffamazione o istigazione a delinquere.

Quale è la pertinenza o l’opportunità di un testo simile? In un periodo in cui le frontiere dell’Europa sono scomparse, provocando un’esplosione dell’immigrazione illegale e della criminalità transfrontaliera, non è più urgente garantire la sicurezza degli europei sul loro territorio piuttosto che occuparsi della criminalizzazione di presunte espressioni razziste?

Infine, vorrei sottolineare la curiosa mancanza nel testo di una condanna dei crimini di Stalin o del genocidio armeno. Si fa riferimento esclusivamente ai crimini di Hitler e ai crimini riconosciuti dai tribunali internazionali (Srebrenica, Ruanda). Questa relazione mira a limitare la libertà, inoltre è intempestiva e settaria. Pertanto il nostro voto sarà contrario.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) Tutti sono uguali davanti alla legge: alcuni, però, sono più uguali di altri. Attualmente, coloro che sono immigrati nell’UE sembrano godere di un certo grado di libertà. Non solo un imprudente rispetto per usi e costumi diversi fa sì che si rilascino persone senza alcun addebito, ma i media non riferiscono neppure della criminalità e del razzismo che esistono tra i migranti. I buonisti continuano ad indignarsi, con lunghe manifestazioni e pressanti inviti a lottare contro il razzismo.

In ambito governativo, si gioca la carta del razzismo per sbarazzarsi di fastidiosi oppositori. I partiti nazionali con forti legami con il proprio paese vengono banditi con il pretesto che sono razzisti soltanto perché citano statistiche governative ufficiali relative ai tassi di criminalità tra gli immigranti, che sono al di sopra della media. Ciò non dovrebbe essere consentito in una democrazia. Gli idealisti multiculturali mirano a farci sbattere a tutta velocità contro i guardrail, e la decisione quadro proposta sulla lotta al razzismo costituisce un altro passo verso uno Stato totalitario. Qualcuno deve tirare il freno a mano, ed è per questo che ho votato contro la relazione dell’onorevole Roure.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Voto a favore dell’adozione della relazione dell’onorevole Roure dal titolo “Lotta contro il razzismo e la xenofobia: evoluzione dei negoziati relativi alla decisione quadro”.

I crimini a sfondo razziale restano un problema di attualità in tutti gli Stati membri. Si stima che oltre nove milioni di persone siano vittime di crimini a sfondo razziale ogni anno. Allo stesso tempo, le grandi differenze tra le norme giuridiche nel campo della lotta al razzismo e alla xenofobia negli Stati membri dell’Unione europea impediscono di lottare contro questi episodi in modo efficace a livello transfrontaliero o europeo.

Pertanto, occorre fornire un chiaro sostegno politico all’Europa dei cittadini e alla decisione quadro adottata al fine di garantire una robusta tutela dei diritti fondamentali. A tale proposito, occorre anche sviluppare un solido quadro giuridico per la lotta contro il razzismo e la xenofobia, agevolando una rapida adozione della direttiva orizzontale sulla lotta contro la discriminazione conformemente all’articolo 13 del Trattato sull’Unione europea, che preveda sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.

 
  
  

– Relazione Pirker (A6-0182/2007)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, desidero prima di tutto farle anch’io gli auguri per il suo onomastico. Il problema dei rifugiati non grava unicamente su regioni di importanza cruciale come Malta. I rifugiati vivono anche tra noi. Il mio paese, la Slovacchia, è soprattutto un paese di transito per gli stranieri costretti a fuggire da conflitti armati. Molti di loro hanno trovato qui una nuova casa e si sono affermati nel mercato del lavoro.

In merito al dibattito sulla relazione in materia di asilo, sulla collaborazione pratica e sulla qualità del processo decisionale nel regime europeo comune in materia di asilo redatta dal nostro collega, onorevole Hubert Pirker, desidero esprimere dal profondo del cuore la mia gratitudine al Consiglio per i migranti e gli itineranti della Conferenza Episcopale Slovacca, nonché encomiare il loro sensibile ed esemplare approccio alla soluzione della difficilissima situazione dei rifugiati.

Le discussioni sulla relazione dell’onorevole Hubert Pirker si svolgono al Parlamento europeo il 20 giugno, ovvero la stessa data dichiarata Giornata mondiale dei rifugiati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ritengo che ciò dimostri la solidarietà del Parlamento europeo nei confronti degli Stati membri che lottano per risolvere la difficile situazione dei rifugiati. Sono grata al relatore per questo documento, che ho sostenuto con il mio voto e che ritengo un passo avanti verso la realizzazione di un regime comune in materia di asilo per l’UE. Questa è un’eccellente base da cui partire per adottare decisioni che devono essere rapide, sicure e giuste per tutti gli interessati.

 
  
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  Frank Vanhecke (ITS).(NL) Signor Presidente, anche se penso che in quest’Aula abbiamo già esaminato svariate relazioni, ho l’impressione che, in materia di politiche per i rifugiati, la relazione Pirker le superi tutte. Cosa dice questa relazione, alla lettera? Dice che una lungimirante politica comune in materia d’asilo si fonda su, cito, “l’obbligo di ammettere i richiedenti asilo e sul rispetto del principio del non respingimento”. Questo non solo è semplicemente insensato dal punto di vista giuridico e del diritto internazionale, ma rappresenta anche un segnale politico del tutto sbagliato.

A mio parere, una politica veramente lungimirante in materia di asilo deve prima di tutto occuparsi dell’accoglienza degli autentici richiedenti asilo nella regione e nel continente da cui provengono i richiedenti stessi. Essi possono essere accolti soltanto in centri attentamente monitorati e soltanto coloro che, in seguito a un rigoroso esame, sono riconosciuti come autentici rifugiati possono essere ammessi in un paese dell’Unione europea per un certo periodo di tempo. In tale politica, naturalmente, è di importanza cruciale redigere un elenco dei paesi sicuri. Mi rincresce che, in questo ambito, la relazione Pirker vada in una direzione completamente sbagliata, circostanza a cui purtroppo ci siamo abituati nel corso di questo processo di integrazione europea.

 
  
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  Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori si oppongono fermamente a un regime comune in materia di asilo per l’Unione europea. Fa parte dei diritti sovrani degli Stati membri, in particolare se non partecipano agli accordi di Schengen, stabilire le proprie politiche in materia di asilo e di immigrazione. Per tale motivo i conservatori hanno votato contro questa relazione.

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Sono favorevole a una politica UE comune e proattiva in materia di asilo.

Tale politica di asilo deve essere fondata sull’obbligo di garantire l’ingresso ai richiedenti asilo e di rispettare il principio del non respingimento. Voto anche a favore di una più equa ripartizione dell’onere tra gli Stati membri, di una banca dati comune dei paesi di origine e di campagne di informazione nei paesi d’origine e di transito.

Appoggio l’introduzione di una procedura comune in materia di asilo a livello di Unione europea entro il 2010 e la creazione di uno status uniforme per le persone che hanno il diritto all’asilo o a una protezione sussidiaria.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) L’unico punto encomiabile della relazione è rappresentato dal progetto di organizzare campagne di informazione nei paesi di origine. Ho votato contro la proposta perché finché il Regno Unito accetterà il 12 per cento di tutte le domande dei rifugiati e la Svezia concederà il nullaosta al 91 per cento delle richieste, non potremo mai essere d’accordo. Non possiamo affrontare lo shopping del diritto di asilo con norme UE armonizzate quando assistiamo all’abuso del diritto di asilo per aggirare le regole sull’immigrazione legale e quando i nostri processi vengono tirati per le lunghe da ricorsi insensati, anche quando non sussiste motivazione alcuna per la concessione dell’asilo.

Finché sarà possibile gettare via i propri documenti, dire la parola magica “asilo” e restare nell’UE per anni, i ladri avranno sempre un’infinità di modi per restare in giro o per nascondersi nella clandestinità. L’unico modo per affrontare questi abusi è accettare solo le richieste di asilo presentate presso i campi di accoglienza al di fuori delle frontiere dell’Unione europea.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La relazione rispecchia e riproduce la politica di ostilità dell’UE verso immigranti e rifugiati. Evita di parlare delle cause che provocano le ondate di immigranti e di rifugiati: le guerre e gli interventi imperialisti dell’UE, degli USA e della ΝΑΤΟ e lo sfruttamento predatorio delle risorse e delle fonti di ricchezza per i paesi e i popoli di tutto il mondo. Migliaia di immigranti e di rifugiati affogano alle frontiere marine dell’UE e vengono tenuti in “campi di concentramento” nei paesi dell’Unione, in condizioni scandalose per la civiltà umana. Le immagini dell’assoluta miseria e del crudele trattamento cui sono sottoposti gli immigranti e i rifugiati di cui la missione del Parlamento europeo è stata spettatrice qualche giorno fa nei centri di detenzione di Samos e di Atene ne sono un tipico esempio. Il governo greco ha concesso asilo a 39 persone (lo 0,84 per cento) su 4 624 richiedenti. La situazione è simile a quella degli altri Stati membri dell’UE. La relazione, con i provvedimenti relativi a una procedura europea di rimpatrio e un elenco dei “paesi terzi sicuri”, in pratica promuove l’abolizione dell’asilo, mentre le sue proposte di applicazione dei sistemi di monitoraggio e di database biometrici nel quadro di un regime comune in materia di asilo affrontano il problema dei rifugiati con mezzi repressivi. Questo documento aggrava la già tragica situazione dei rifugiati presenti nell’UE, rivelando in tutta la sua solennità la natura disumana e crudele di questa Unione imperialista e del suo sistema di sfruttamento capitalista.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il numero dei richiedenti asilo cresce di giorno in giorno in tutta l’UE.

La disperazione di molti ha avuto tragiche conseguenze.

Per l’Unione europea è essenziale stabilire regole comuni che contribuiscano ad evitare il ripetersi di tali situazioni e gettino le basi per un’assistenza reciproca tra gli Stati membri, perché le pressioni cui essi sono sottoposti variano, e spesso dipendono dalla loro posizione geografica.

La creazione di un regime comune europeo in materia di asilo dovrebbe fondarsi su tre assi principali: l’introduzione di una procedura uniforme, la condivisione di informazioni sui paesi di origine e una più stretta collaborazione tra gli Stati membri per aiutare gli Stati soggetti a pressioni maggiori. Occorre pertanto incoraggiare la creazione di stretti legami tra le autorità degli Stati membri, con il fine ultimo di migliorare la qualità del processo decisionale, il quale deve diventare più rapido, equo e affidabile. Soltanto in tal modo saremo in grado di conseguire l’obiettivo di un regime comune in materia di asilo entro il 2010.

 
  
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  Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) L’Unione europea ha sempre insistito sul mantenimento della scadenza del 2010 per la creazione di un regime comune in materia di asilo. Il miglioramento della qualità delle decisioni dovrebbe consentire un avvicinamento tra le politiche degli Stati membri per arrivare a questo regime comune. Il miglioramento della qualità delle decisioni prese dovrebbe consentire a coloro che necessitano di protezione di entrare nell’Unione europea in sicurezza, e un esame corretto delle loro richieste di asilo.

Dobbiamo combattere la tendenza di alcuni a ritenere che il miglioramento delle decisioni in materia di asilo ridurrà il numero delle domande di asilo. La politica comune in materia di asilo deve, soprattutto, tutelare le persone e garantire il diritto di asilo e il principio del non respingimento conformemente alle Convenzioni di Ginevra. Respingo inoltre qualunque tentativo di esternalizzare le richieste di asilo. E’ per questo che ho presentato e votato a favore degli emendamenti all’elenco dei paesi terzi sicuri. Ritengo preoccupante che la Commissione esamini questo elenco in assenza di codecisione con il Parlamento europeo e senza attendere la decisione della Corte di giustizia, a cui ho fatto riferimento in questo punto.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto.(SV) Nonostante io sia contrario a una politica comune in materia di asilo che, come dimostra l’esperienza, danneggia i diritti dei richiedenti asilo, mi astengo dal voto perché i miglioramenti proposti non giustificano, nonostante tutto, un voto contrario.

 
  
  

– Relazione Roithová (A6-0191/2007)

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Desidero fare qualche osservazione in merito a questa relazione.

E’ scontato che nel campo del commercio digitale, i consumatori si trovano in una posizione di debolezza. E’ questo, in particolare, il caso di eBay: per esempio, se acquistate, dovete avere fiducia che il vostro corrispondente vi invii il prodotto, sia che lo abbiate ordinato nel vostro paese, sia che lo abbiate ordinato all’estero.

Esistono strumenti, come PayPal, che dovrebbero contribuire alla sicurezza di questo tipo di transazioni, ma non sono molto pratici, né facili da utilizzare per l’utente medio. Occorre fare qualcosa per aumentare la fiducia nell’e-commerce, un settore ampio e in espansione.

Ma dobbiamo anche essere molto cauti ed evitare di regolamentare eccessivamente questo mercato e di creare un’eccessiva fiducia nei consumatori. Dobbiamo sempre tenere presente che esiste il cosiddetto “consumatore informato e responsabile”, che riesce a scovare da solo le informazioni sul prodotto, e, in caso di problemi, si avvale degli strumenti legali esistenti.

Pertanto, penso che migliorare la qualità degli strumenti esistenti (per esempio, la garanzia legale) e informarne i consumatori sia il principale obiettivo che dobbiamo porci, prima di creare nuove leggi a tutela dei consumatori.

 
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