Indice 
Resoconto integrale delle discussioni
PDF 941k
Giovedì 21 giugno 2007 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale
 4. Ricorsi in materia di aggiudicazione di appalti pubblici (discussione)
 5. Fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale (discussione)
 6. Benvenuto
 7. Fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale (seguito della discussione)
 8. Turno di votazioni
  8.1. MEDA e sostegno finanziario alla Palestina – valutazione, messa in atto e controllo (votazione)
  8.2. Ricorsi in materia di aggiudicazione di appalti pubblici (votazione)
  8.3. Scambio fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (votazione)
  8.4. Strategia regionale e un programma indicativo pluriennale per l’Asia (votazione)
  8.5. Missione di accertamento nelle regioni di Andalusia, Valencia e Madrid (votazione)
  8.6. Su un trattato sul commercio delle armi (votazione)
  8.7. Delinquenza giovanile: il ruolo delle donne, della famiglia e della società (votazione)
  8.8. Strategia relativa alla dimensione esterna dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (votazione)
  8.9. Evoluzione dei negoziati relativi alla decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (votazione)
  8.10. Cooperazione pratica, qualità del processo decisionale del regime europeo comune in materia di asilo (votazione)
  8.11. Fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale (votazione)
 9. Dichiarazioni di voto
 10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 11. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale
 12. Calendario delle tornate: vedasi processo verbale
 13. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 14. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto(discussione)
  14.1. Cuba
  14.2. Diritti dell’uomo in Etiopia
  14.3. Birmania
 15. Turno di votazioni
  15.1. Cuba (votazione)
  15.2. Diritti dell’uomo in Etiopia (votazione)
  15.3. Birmania (votazione)
 16. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 17. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
 18. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale
 19. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale
 20. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale
 21. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale
 22. Interruzione della sessione
 ALLEGATO (Risposte scritte)


  

PRESIDENZA DELL’ON. DOS SANTOS
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta inizia alle 10.00)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Storni di stanziamenti: vedasi processo verbale

4. Ricorsi in materia di aggiudicazione di appalti pubblici (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0172/2007), presentata dall’onorevole Fruteau, sui ricorsi in materia di aggiudicazione di appalti pubblici [COM(2006)0195 – C6-0141/2006 – 2006/0066(COD)].

 
  
MPphoto
 
 

  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, a nome del Commissario McCreevy ringrazio vivamente la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, e in particolare il relatore, onorevole Fruteau, per l’eccellente relazione sulla modifica della direttiva concernente le procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici. Prima di ascoltare le osservazioni degli onorevoli deputati, mi congratulo con l’onorevole Fruteau per la sua elezione al parlamento francese. Gli faccio i miei migliori auguri per questo suo nuovo incarico e sono certa che continuerà a lottare per i valori europei da un’altra prospettiva. Desidero inoltre rendere omaggio al presidente della commissione, al relatore e ai relatori ombra per il modo in cui hanno condotto i negoziati fra le nostre tre Istituzioni.

Gli appalti pubblici sono un pilastro fondamentale del mercato interno e contribuiscono al PIL dell’Unione europea per circa il 16 per cento. E’ dunque essenziale che i mercati degli appalti pubblici siano aperti e trasparenti e garantiscano condizioni di concorrenza eque tra gli offerenti dei diversi Stati membri. Solo così le autorità pubbliche potranno aggiudicare gli appalti alle condizioni più vantaggiose. Tengo a sottolineare che i veri beneficiari di questo sistema sono i cittadini e i contribuenti europei.

Le norme europee sugli appalti pubblici rendono i mercati più aperti, trasparenti e competitivi. Ora che abbiamo stabilito le regole, dobbiamo accertarci che esse vengano anche rispettate. La Commissione ha constatato che in talune circostanze gli offerenti esclusi da una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici possono incontrare difficoltà a presentare ricorso contro le decisioni adottate. Ciò avviene in particolare quando il contratto è già stato concluso; in questi casi, molto spesso l’offerente escluso non può ricorrere contro la decisione neppure se è dalla parte della ragione.

La nuova direttiva ha lo scopo di porre rimedio a situazioni del genere in due modi: primo, imponendo un periodo obbligatorio di sospensione di 10 giorni tra la comunicazione della decisione di aggiudicazione e la firma del contratto; secondo, introducendo un nuovo meccanismo che autorizza i tribunali nazionali a dichiarare inefficaci i contratti pubblici stipulati. “Inefficace” significa che il contratto è nullo. La dichiarazione di inefficacia è la sanzione proposta per gli appalti pubblici aggiudicati illegalmente a un singolo fornitore senza il precedente espletamento di una gara d’appalto trasparente e competitiva. L’inefficacia è altresì la sanzione proposta qualora il periodo di sospensione di 10 giorni non sia stato rispettato e siano state compromesse le possibilità dell’offerente escluso di ottenere il contratto.

La Commissione ritiene che, rafforzando in tal modo le procedure di ricorso a livello nazionale, le imprese saranno maggiormente incentivate a partecipare a gare d’appalto in tutta l’Unione europea. L’adozione di questa proposta di direttiva dovrebbe pertanto produrre un forte impatto, incentivando un’ulteriore apertura dei mercati degli appalti pubblici.

Vorrei inoltre far presente che il compromesso prevede, a carico degli Stati membri, l’obbligo di riferire alla Commissione in merito alle decisioni specifiche adottate dagli organi di ricorso nazionali in riferimento alla direttiva. Tale obbligo è stato inserito nel testo su richiesta della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. La Commissione tiene a sottolineare che, nell’adempiere quest’obbligo, gli Stati membri devono rispettare il principio di leale cooperazione. Una dichiarazione in tal senso sarà aggiunta al verbale della riunione del Consiglio in cui sarà adottata questa proposta di direttiva.

La relazione approvata lo scorso maggio dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sotto la guida dell’onorevole Fruteau, ha svolto un ruolo molto importante nell’ambito delle trattative. Il compromesso ora sul tavolo, presentato come emendamento n. 86, mira a raggiungere gli obiettivi della commissione e, in particolare, a rispondere alla sua richiesta di rafforzamento delle procedure di ricorso nazionali in materia di appalti pubblici.

Concluderò osservando che oggi le imprese europee hanno bisogno di un’apertura dei mercati degli appalti pubblici. E’ essenziale che vi siano procedure di ricorso efficaci, al fine di garantire che gli appalti pubblici siano aggiudicati realmente all’impresa che ha presentato l’offerta migliore. Tali procedure contribuiranno a diffondere tra le imprese e i cittadini un clima di fiducia quanto alla loro equa e corretta applicazione. La nuova direttiva rappresenta un ulteriore, importante passo verso un mercato unico europeo più competitivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Jean-Claude Fruteau (PSE), relatore. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, il completamento e il corretto funzionamento del mercato interno ci impongono ora di mettere gli operatori economici in condizione di svolgere la loro attività in tutta l’Unione. Tenendo conto di ciò, le imprese europee devono avere la certezza che, qualora sorgano problemi, potranno fare riferimento a un quadro legislativo che permetterà loro di tutelare i loro interessi.

Nel settore degli appalti pubblici, le imprese devono avere la garanzia che possono presentare validamente ricorso qualora ritengano che i loro diritti siano stati violati durante la procedura di aggiudicazione degli appalti. Negli ordinamenti giuridici nazionali sono già previste varie disposizioni di questo tenore. Tuttavia, l’assenza di norme coordinate sui termini di scadenza dei ricorsi precontrattuali ha contribuito al diffondersi della consuetudine di firmare i contratti quanto prima possibile, allo scopo di evitare, una volta che il contratto è stato sottoscritto, la presentazione di ricorsi contro le procedure applicate.

La volontà di risolvere questo problema è l’obiettivo principale del testo su cui il Parlamento europeo è chiamato a prendere una decisione in plenaria; il testo è il frutto di un compromesso raggiunto con la Commissione e il Consiglio. In proposito desidero ringraziare i relatori ombra e i vari gruppi politici per la loro eccellente collaborazione in uno spirito di apertura e dialogo. Desidero, naturalmente, ringraziare anche i rappresentanti della Commissione e della Presidenza in carica del Consiglio per la loro disponibilità, competenza e volontà di ottenere un risultato, che ci hanno permesso di trovare un accordo in prima lettura.

Nella versione finale del testo si ribadisce che, in linea di massima, la riforma mira a due obiettivi principali: primo, garantire ai candidati la possibilità di presentare ricorso rinviando la data della firma del contratto; secondo, fissare una serie di sanzioni adeguate, che sono essenziali al fine di prevenire violazioni.

Per raggiungere il primo obiettivo, il Parlamento, la Commissione e il Consiglio propongono di istituire un periodo minimo di sospensione di dieci giorni, quindici in alcuni casi, tra la decisione di aggiudicazione dell’appalto e la firma del relativo contratto, allo scopo di dare ai candidati che ritengano di essere stati danneggiati nei loro interessi il tempo necessario per presentare ricorso. Per tener conto delle fattispecie concrete, questo periodo minimo non si applicherà a determinate situazioni, principalmente quelle di particolare urgenza. Dal periodo di sospensione saranno esentati anche gli appalti basati su un accordo quadro, cui si applicheranno sanzioni particolarmente esemplari qualora vengano scoperte irregolarità.

Il secondo obiettivo principale della proposta di riforma riguarda le sanzioni per violazioni delle norme. A tale riguardo, il compromesso raggiunto con il Consiglio e la Commissione riprende appieno l’auspicio espresso dal Parlamento che siano stabilite sanzioni non solo severe, ma anche congrue rispetto alle situazioni reali che le autorità locali si trovano a fronteggiare. Pertanto, in caso di violazioni gravi delle norme sarà dichiarata l’inefficacia del contratto, creando quindi un deterrente nei confronti delle autorità competenti per l’aggiudicazione degli appalti. Tra le violazioni gravi rientrano, tra l’altro, l’illegale aggiudicazione diretta di appalti, che secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee costituisce la fattispecie più grave di violazione delle norme in materia di appalti pubblici, nonché il mancato rispetto delle norme sugli accordi quadro e le violazioni che compromettono le possibilità degli offerenti di ottenere l’aggiudicazione dell’appalto.

Tuttavia, in caso di violazioni minori non sarà obbligatorio dichiarare l’inefficacia del contratto; in tali circostanze, la proposta di riforma prevede la facoltà di applicare altre sanzioni, meno pesanti. Sarà inoltre possibile fare eccezione alla regola della dichiarazione di inefficacia del contratto qualora, per superiori motivi di interesse pubblico, vi sia l’esigenza di mantenerlo in vigore – nel rispetto, naturalmente, delle garanzie che il Parlamento voleva e ha previsto.

Imperniata su questi due obiettivi, la proposta di riforma che è stata sottoposta al vostro voto è un testo equilibrato che ha ottenuto il consenso dei rappresentanti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio. E’ stata portata a compimento in tempi molto stretti e offre una serie di garanzie necessarie per gli operatori economici che partecipano alle gare d’appalto, senza tuttavia imporre obblighi eccessivi sugli enti aggiudicatari. Se oggi la approverete, questa proposta di riforma consentirà all’Europa di compiere un ulteriore passo avanti verso l’armonizzazione delle norme che regolamentano il mercato interno e contribuirà altresì a dotare l’Unione di strumenti efficaci per rendere più etiche le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, riducendo i rischi di frodi e corruzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Hans-Peter Mayer (PPE-DE), relatore per parere della commissione giuridica. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, inizierò congratulandomi con l’onorevole Fruteau per la sua relazione sebbene, come i colleghi del resto sanno, non sia ancora del tutto soddisfatto del periodo di sospensione proposto.

In qualità di relatore della commissione giuridica, ho studiato la materia molto dettagliatamente e ho tenuto un’audizione nel mio collegio elettorale. Sono giunto così alla conclusione di chiedere, nella mia relazione, che sia fissato un periodo standard di 14 giorni di calendario a partire dalla comunicazione. Credo che una scadenza semplice e uguale per tutti sia un’assoluta necessità per il bene delle piccole e medie imprese. Il parere della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori ha confermato tale impostazione. La commissione giuridica ha approvato la mia proposta all’unanimità; purtroppo, però, nonostante la cooperazione rafforzata, l’esito della votazione della commissione giuridica è stato ignorato. Permettetemi dunque di ribadire ancora una volta che questo tipo di cooperazione rafforzata non va nel senso auspicato. Faremmo meglio a instaurare rapporti più chiari durante le discussioni in corso sulla riforma e sul rafforzamento della cooperazione.

Personalmente ritengo che il compromesso raggiunto sui termini sia ancora troppo complicato per le PMI. La distinzione tra notifica postale e notifica elettronica è, a mio parere, inutile. Di positivo c’è il fatto che l’onorevole Fruteau e il relatore ombra abbiano concordato una scadenza standard e depennato i riferimenti ai giorni di calendario e ai giorni feriali, eliminando così la confusione ingenerata dai periodi indicati nella proposta originaria della Commissione.

Tutto considerato, voterò a favore del compromesso, che è il risultato di lunghe discussioni e di uno sforzo notevole da parte di tutti i relatori, della Commissione e della Presidenza del Consiglio.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Schwab, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto ringraziare il relatore, il relatore ombra e i relatori per parere per il lavoro che hanno svolto. Vi posso garantire che, quando abbiamo votato in sede di trilogo, ci siamo sforzati di tenere in considerazione gli interessi delle diverse commissioni. Purtroppo, però, da parte del Consiglio c’erano posizioni nette che non siamo riusciti a conciliare con tutti i pareri del Parlamento.

Abbiamo raggiunto un accordo in prima lettura, e questo è un risultato che è sempre giudicato insidioso dal punto di vista costituzionale; non credo però che questo compromesso rappresenti una soluzione affrettata né inadeguata. Spero pertanto che lo approverete.

Abbiamo compiuto un ulteriore passo verso una legislazione fondata sia sull’applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, in linea con le sentenze da essa pronunciate nei procedimenti Alcatel e città di Halle, sia sulla dichiarazione della Commissione secondo cui l’illegale aggiudicazione diretta di appalti costituisce un grave problema per il mercato interno. Come Parlamento europeo ci siamo associati a questa linea di pensiero, senza mancare tuttavia di precisare – da ultimo martedì scorso durante la discussione sulla relazione dell’onorevole Arlene McCarthy – che il Parlamento ritiene che i singoli casi non possano più essere considerati soltanto in termini di fattori economici. Vogliamo invece che in futuro i ricorsi siano supportati da dati più trasparenti e più affidabili.

Uno dei principali vantaggi della nuova direttiva rivista è che, d’ora in avanti, le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici saranno più trasparenti per gli offerenti, i quali avranno anche maggiori possibilità di presentare ricorsi legali se non sono soddisfatti di una decisione di aggiudicazione. Posto che il 16 per cento del PIL totale del mercato interno è soggetto alle norme in materia di appalti pubblici, la nuova direttiva sarà un importante passo avanti se le autorità competenti per l’aggiudicazione degli appalti si atterranno veramente alla lettera e allo spirito dell’appalto.

Oltre ad affermare chiaramente che gli appalti aggiudicati illegalmente saranno considerati inefficaci, abbiamo nel contempo sottolineato che il nepotismo non ha diritto di cittadinanza nell’Unione europea e che chiunque violi le regole non può sperare che i contratti ottenuti restino validi. Credo che questo rappresenti un ulteriore, importante progresso verso la creazione di un vero e proprio mercato interno.

 
  
MPphoto
 
 

  Evelyne Gebhardt, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, a nome del mio gruppo desidero iniziare con due importanti osservazioni. Prima di tutto, mi fa molto piacere che l’eccellente lavoro dell’onorevole Fruteau abbia dato i suoi frutti. Dovremmo essere molto grati di averlo come collega.

In secondo luogo, devo esprimere la mia tristezza per l’elezione dell’onorevole Fruteau al parlamento francese, perché ciò significa che perderemo un collega di valore. Onorevole Fruteau, mi spiace che tra breve abbandonerà le nostre fila; è sempre triste perdere colleghi di talento.

Inizierò rispondendo ai commenti dell’onorevole Mayer sul tema molto controverso del periodo di sospensione. Sia la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori sia l’onorevole Fruteau hanno cercato di fissare regole semplici; c’era un’unica, piccola differenza: voi volevate 14 giorni, l’onorevole Fruteau ne preferiva 12. Il vero problema non era tuttavia quella differenza di due giorni, ma il fatto che il Consiglio, in realtà, non mirava affatto a una soluzione semplice, e quindi ci siamo ritrovati a battere la testa contro un muro. Anche la commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori avrebbe preferito una soluzione più semplice di quella che è stata proposta.

Quando la direttiva sarà applicata, non voglio sentire i ministri dei vari Stati membri dire che è troppo burocratica, dandone la colpa a Bruxelles. La responsabilità è dei ministri stessi, perché Strasburgo e Bruxelles volevano qualcosa di completamente diverso, e i ministri devono assumersi la responsabilità della loro decisione.

Il secondo punto che desidero affrontare riguarda l’infuocata discussione tra il Parlamento e il Consiglio dei ministri sulla portata delle esenzioni e sulla possibile limitazione delle esenzioni giustificate dalla salvaguardia dell’interesse pubblico. In merito, come Parlamento abbiamo una posizione più rigorosa di quella del Consiglio, perché la direttiva è chiaramente destinata a migliorare l’efficacia delle procedure di ricorso in materia di appalti pubblici, soprattutto nei casi che sono già in contrasto con la legislazione vigente. Non si tratta, dunque, di modificare le norme degli Stati membri sugli appalti pubblici, quanto piuttosto di decidere quali sanzioni applicare. Dobbiamo stare attenti a non commettere l’errore di confondere questi due aspetti; oggi, nella discussione in plenaria, non lo abbiamo fatto, però esso ricompare di tanto in tanto nel dibattito pubblico. Occorre ribadire che il nostro intento è stabilire sanzioni per i casi di aggiudicazione illegale di appalti. La realtà delle cose giustifica questo approccio rigoroso.

 
  
MPphoto
 
 

  Alexander Lambsdorff, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, colgo anch’io quest’occasione per ringraziare il relatore per il suo lavoro. Gli auguro ogni bene per il suo futuro incarico all’Assemblée Nationale. So che lei ha dovuto preparare questa relazione nel bel mezzo della campagna elettorale – un’impresa non da poco. Quindi, non possiamo che esserle molto grati.

Mi fa particolarmente piacere che durante il trilogo il Parlamento e il Consiglio siano riusciti a trovare un accordo sugli elementi chiave. E’ importante che fissiamo le medesime norme vincolanti in tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Vorrei ora riprendere alcuni punti che reputo particolarmente importanti.

Il primo di essi è già stato affrontato: la durata del periodo di sospensione prima della conclusione del contratto. Sono lieto che ci sia consenso al riguardo, però penso che la durata di dieci giorni più cinque giorni per l’invio postale sia troppo breve. Avrei inoltre preferito che alle imprese fosse stato concesso più tempo per fare ricorso contro la decisione di aggiudicazione. Le imprese prive di un ufficio legale interno – e questo è il caso perlopiù delle piccole e medie imprese – incontrano sempre molte difficoltà e devono spendere molto tempo per analizzare una decisone di aggiudicazione di appalto pubblico. Concordo appieno con l’onorevole Gebhardt: questa è stata la volontà del Consiglio, non quella del Parlamento.

In secondo luogo, sono molto lieto che abbiamo trovato l’accordo sull’introduzione di una dichiarazione di inefficacia per sanzionare gli appalti diretti aggiudicati illegalmente. Di particolare importanza a tale proposito è il fatto che le esenzioni per motivi di interesse pubblico dovrebbero essere autorizzate soltanto per ragioni molto specifiche. Ad esempio, le esenzioni giustificate da esigenze di salvaguardia dell’interesse pubblico sono valide, di norma, soltanto se i motivi addotti non sono di natura prettamente economica. Se uno Stato membro decide di addurre motivi economici, dovrà inviarne notifica alla Commissione. Alcuni Stati membri sono preoccupati che questa possibilità apra la strada a future procedure d’infrazione; invece produrrà l’effetto contrario. Come il Consiglio ha sempre sottolineato, le esenzioni sono concesse solamente in circostanze eccezionali, nelle quali le considerazioni di tipo economico per le due parti contraenti sono così rilevanti che è ragionevole rinunciare a far valere la dichiarazione di inefficacia. La notifica è richiesta solo in questi rari casi. E’ compito degli Stati membri attenersi a queste norme, di modo che la Commissione possa garantire un’applicazione uniforme delle disposizioni della direttiva in tutta l’Unione europea.

Se la legislazione è migliore, la sua attuazione potrà essere più uniforme e la Commissione sarà in grado di verificare che le cose stiano effettivamente così. Questo è uno dei principi di equità ed è fondamentale per migliorare il funzionamento del mercato interno.

Prima di concludere, desidero rinnovare i miei ringraziamenti agli onorevoli Fruteau, Rühle, Schwab e Zillmann. Colgo questa occasione per ringraziare anche gli assistenti del gruppo e i colleghi che si sono tanto impegnati per redigere un testo valido. Sarei tuttavia ancora più grato se in futuro le nostre discussioni si svolgessero a Bruxelles invece che a Strasburgo.

 
  
MPphoto
 
 

  Heide Rühle, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, mi associo ai ringraziamenti al relatore. E’ a lui, dopo tutto, che dobbiamo questa opportunità di approvare una direttiva in prima lettura, una direttiva che tende ad aumentare la certezza del diritto nel settore degli appalti pubblici, con beneficio tanto delle autorità locali quanto degli appaltatori privati. Ci auguriamo che ne traggano vantaggio soprattutto le piccole imprese, quelle che non si possono permettere grandi uffici legali interni.

Ci rallegra in particolare che il relatore abbia insistito sin dall’inizio sulla necessità di restringere l’ambito di applicazione della direttiva alle direttive UE, senza ampliarlo. Per consentire a tutti gli offerenti di verificare la procedura di aggiudicazione dell’appalto, è stato previsto un periodo di sospensione di almeno dieci giorni. Devo dire che anch’io avrei preferito un periodo più lungo, ma ho ritenuto prioritario raggiungere un compromesso in prima lettura al fine di aumentare la certezza del diritto. Ad ogni buon conto, agli Stati membri è riconosciuta la facoltà di prolungare il periodo di sospensione qualora lo desiderino.

I contratti stipulati illegalmente durante il periodo di sospensione saranno dichiarati inefficaci, a meno che non sussistano prevalenti ragioni di interesse pubblico non economico. L’inefficacia sarà pronunciata da un tribunale indipendente. Questa era un’altra delle nostre priorità e abbiamo pertanto dato al relatore il nostro pieno appoggio su tale punto.

Il dovere d’informazione dell’organo competente per l’aggiudicazione degli appalti è stato definito con chiarezza per aumentare la trasparenza nel settore degli appalti pubblici e ridurre il rischio di pratiche illegali e di corruzione. Tutto considerato, abbiamo trovato un compromesso valido e praticabile che migliorerà la legislazione in Europa. Il nostro gruppo appoggerà dunque la relazione nella sua interezza.

 
  
MPphoto
 
 

  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, non userò il tempo di parola che mi è concesso per entrare nei particolari del tema in discussione; mi concentrerò invece su aspetti di portata più ampia degli appalti in generale. Desidero inoltre dichiarare che il nostro gruppo, il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica, voterà a favore della relazione nel suo complesso. Ringrazio, naturalmente, il relatore e il relatore ombra per avere, di fatto, migliorato la relazione.

Rispetto moltissimo il relatore e il relatore ombra, che hanno illustrato tutti i concetti giuridici che la gente deve comprendere per potersi familiarizzare con queste norme. In quanto rappresentante eletto, è mio dovere riconoscere da parte mia che talvolta è difficile, se non impossibile, orientarsi nei meandri della legge. Le decisioni politiche che adottiamo in quest’Aula devono essere oltremodo chiare e comprensibili sotto ogni aspetto per coloro che devono assumersi la responsabilità politica delle decisioni.

Mi è altresì difficile capire perché sia necessario prendere decisioni politiche in materia. In realtà, le cose dovrebbero funzionare in modo tale che noi, rappresentanti parlamentari eletti, stabiliamo gli obiettivi che intendiamo raggiungere per mezzo delle nostre decisioni politiche; sarà poi compito degli esperti di diritto assumersi la responsabilità di delineare le relative norme giuridiche, in conformità di quanto specificato nella decisione politica e degli scopi che ci prefiggiamo di raggiungere attraverso le nostre decisioni.

Siamo indubbiamente tutti concordi sulla necessità che le norme in materia di appalti siano eque e tali da garantire parità di trattamento. Nella motivazione della proposta di direttiva si dice, ad esempio, che per le piccole economie e le piccole imprese è particolarmente importante che esista un mercato degli appalti pubblici efficiente, competitivo e ben funzionante. Questo è senz’altro vero, però mi chiedo quante piccole imprese siano effettivamente in grado di capire appieno il linguaggio giuridico. Per loro è ovviamente fondamentale essere certe di comprendere le disposizioni di legge in tutte le loro sfumature, per evitare di essere poi accusate e ritenute responsabili di aggiudicazione illegale.

Ritengo inoltre che, in futuro, dovremo considerare con maggiore attenzione il fatto che un appalto pubblico non ha soltanto implicazioni finanziarie; abbiamo infatti bisogno di un sistema di appalti in grado di tener conto anche dell’esigenza di ridurre la quantità dei trasporti e i loro effetti negativi sul clima che si verificano quando al sistema di appalti pubblici partecipano 27 Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Marc Tarabella (PSE).(FR) Signor Presidente, mi scuso se interrompo la discussione ai sensi dell’articolo 145 del Regolamento, però volevo richiamare la vostra attenzione sulla presenza in tribuna di una delegazione di circa quaranta membri del parlamento belga della regione della Vallonia, che accompagnano giovani in visita alle Istituzioni europee, oggi qui a Strasburgo e domani a Bruxelles. La delegazione è guidata dal presidente del parlamento vallone José Happart, che è stato deputato al Parlamento europeo dal 1984 al 1999. Parlo a nome di tutti i colleghi che fanno parte del parlamento vallone in quanto membri dei quattro gruppi politici in esso rappresentati. La ringrazio e mi scuso nuovamente per aver interrotto la discussione.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Petre Popeangă, în numele grupului ITS. – Desigur, orice iniţiativă care are drept scop îmbunătăţirea activităţilor comunitare, în special a celor din domeniul economic, este benefică realizării obiectivelor Uniunii, cu deosebire a celui mai important dintre acestea - promovarea progresului economic şi social.

În acest context general, iniţiativele care au ca obiectiv îmbunătăţirea modului de derulare a uneia dintre activităţile economice importante, cea a achiziţiilor publice, nu poate fi decât una salutară. De aceea, demersul Parlamentului şi al Consiliului de a propune adoptarea acestei directive este pe deplin justificat, deoarece a rezultat dintr-o necesitate reală: aceea că actualele norme nu creează cadrul legal suficient care să permită promovarea în condiţii de eficienţă a recursului în cazurile de nerespectare a prevederilor comunitare în materie de achiziţii publice. La această concluzie s-a ajuns şi în urma consultării unor operatori economici din mai multe state membre, care, cu această ocazie, au confirmat faptul că actualele proceduri naţionale de recurs nu permit întotdeauna o corecţie suficientă a cazurilor de nerespectare a prevederilor comunitare în materie.

Prin textul final al directivei, majoritatea acestor lacune sunt corectate, iar aplicarea acesteia va avea efecte benefice în toate situaţiile, dar mai ales în cazurile de atribuire, prin înţelegerea părţilor, a contractelor de achiziţii, practică ilegală, care se înregistrează în mai toate statele Uniunii, dar pentru a cărei stopare, până în prezent, nu au fost adoptate soluţii eficiente. Efecte benefice se vor înregistra şi în ţările nou-aderate precum România, unde prevederile legale în materie sunt încă destul de permisive, situaţie care poate facilita atribuirea oneroasă a contractelor de achiziţii publice.

În concluzie, susţin şi voi vota pentru adoptarea proiectului de directivă.

 
  
MPphoto
 
 

  Malcolm Harbour (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, in qualità di coordinatore del mio gruppo mi associo ai ringraziamenti espressi dai colleghi nei confronti dell’onorevole Fruteau per la relazione estremamente accurata e complessa che ci ha presentato. Quando abbiamo cominciato a occuparci della questione non ci aspettavamo che ci sarebbe stato bisogno di un lavoro così dettagliato da parte del Consiglio, e il nostro relatore ha portato avanti questo processo con grande efficienza – un’efficienza che, ne sono certo, gli tornerà assai utile quando siederà al parlamento francese.

Mi limiterò ad alcune osservazioni sull’importanza della direttiva, riprendendo quanto già detto da alcuni colleghi, tra cui l’onorevole Gebhardt, che mi ha affiancato nel compito di coordinatore, sull’importanza di un’attenta vigilanza da parte della Commissione sul recepimento e l’applicazione della direttiva, la quale è, a mio parere, inutilmente complessa, ma è così che l’hanno voluta gli Stati membri.

In ogni caso, abbiamo il dovere di garantire che le imprese siano in grado di esercitare senza difficoltà i diritti loro riconosciuti dalla direttiva, di modo che chi ritenga che siano stati commessi errori nelle procedure di aggiudicazione degli appalti possa avvalersi della dichiarazione di inefficacia del contratto. Come sottolineato nella direttiva, questo è di gran lunga il tipo di ricorso più efficace, oltre che uno stimolo alla concorrenza nel settore degli appalti pubblici.

Com’è loro consuetudine, gli Stati membri si sono ritagliati su misura la possibilità di non applicare le procedure di sospensione in presenza di determinate e ben specificate circostanze. E’ tuttavia della massima importanza che gli Stati membri facciano ricorso a tale possibilità molto di rado; chiedo perciò alla Commissione di garantire un attento controllo.

L’altro punto riguardo al quale desidero rivolgere all’onorevole Fruteau un particolare ringraziamento per la sua collaborazione sono gli accordi quadro, che rappresentano un elemento di novità introdotto dalla riforma delle direttive attuata da questa commissione nel 2003. Non v’è necessità di applicare completamente agli accordi quadro alcune di queste procedure di sospensione in sede di aggiudicazione degli appalti, secondo le disposizioni di un accordo quadro, a imprese più piccole, posto che queste sono state preventivamente autorizzate a tutti gli effetti a beneficiare dei contratti. In merito abbiamo trovato un punto di equilibrio, e ne sono molto grato al relatore.

Complessivamente si tratta di una riforma valida, però la Commissione europea, con il sostegno della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, dovrà vigilare costantemente per garantirne una reale efficacia.

 
  
MPphoto
 
 

  Jacques Toubon (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, ci stiamo occupando di un testo che, dal punto di vista tecnico-giuridico, riveste una grande importanza pratica perché è teso a garantire ai candidati partecipanti a un appalto pubblico la possibilità di presentare ricorso, e lo fa prevedendo un periodo di sospensione prima dell’aggiudicazione dell’appalto, in altri termini un periodo compreso tra l’aggiudicazione dell’appalto e la firma del relativo contratto, allo scopo di consentire agli offerenti esclusi di proporre appello, sapendo che è molto meglio cercare di opporsi alla stipulazione di un contratto che ottenere il risarcimento dei danni dopo che il contratto è stato firmato. La proposta prevede altresì efficaci misure di contrasto dell’illegale aggiudicazione diretta di appalti.

La discussione con il Consiglio ha preso lo spunto dall’eccellente relazione dell’onorevole Fruteau e ha riguardato soprattutto la questione delle sanzioni, tra cui la dichiarazione di inefficacia dei contratti stipulati in violazione del periodo di sospensione, come concordato alla fine del trilogo. Gli Stati membri hanno così la facoltà di imporre sanzioni sostitutive per violazioni del periodo di sospensione. Siamo favorevoli a questa proposta, che riteniamo essere un buon compromesso. La sanzione dell’inefficacia del contratto in caso di violazioni e la possibilità di applicare sanzioni ulteriori, lasciando quindi un certo spazio di manovra autonomo ai tribunali nazionali in caso di violazioni del periodo di sospensione, rappresentano una formula valida, che noi approviamo.

 
  
MPphoto
 
 

  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, ho ascoltato con grande attenzione la discussione sulla proposta di direttiva che modifica le direttive sui ricorsi in materia di appalti pubblici. Ringrazio sinceramente gli onorevoli deputati per tutte le loro osservazioni.

In conclusione, vorrei evidenziare alcuni punti chiave. Primo: non possiamo creare un mercato veramente aperto e competitivo per gli appalti pubblici in assenza di efficaci possibilità di appello per le imprese che vogliono presentare ricorso. Secondo: l’esistenza delle possibilità di ricorso è essenziale per garantire che gli appalti pubblici siano assegnati effettivamente all’impresa che ha presentato l’offerta migliore. Terzo: è indubbiamente necessario rassicurare ancora di più le imprese, le pubbliche amministrazioni e i cittadini sulla correttezza delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.

Nel corso della giornata odierna il Parlamento avrà l’opportunità di approvare una proposta che riflette le posizioni già espresse dal Parlamento nella relazione della sua commissione competente. A nome del Commissario McCreevy, ringrazio ancora una volta il relatore, onorevole Fruteau, e il Parlamento per aver attribuito così grande importanza a tale questione e ribadisco che il voto del Parlamento europeo rappresenta un’occasione storica per contribuire a un sistema di appalti pubblici in Europa che sia equo e più competitivo.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà mercoledì, alle 12.00.

 

5. Fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale (discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0191/2007), presentata dall’onorevole Roithová a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, sulla fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale [2006/2048(INI)].

 
  
MPphoto
 
 

  Zuzana Roithová (PPE-DE), relatore. – (CS) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, dopo un anno di lavoro, oggi ho il piacere di potervi presentare, unitamente ai relatori ombra, la relazione completa sulla fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale.

Con questa relazione, il Parlamento trasmette un messaggio politico forte alla Commissione e agli Stati membri affinché aggiornino le condizioni per il commercio on line e intraprendano iniziative per rafforzare la fiducia dei consumatori nelle ultime tendenze nell’ambiente digitale. Aziende e consumatori attendono norme inequivocabili, semplici e applicabili che migliorino la cultura del commercio on line all’interno del mercato europeo. La relazione è soltanto l’inizio dell’intero processo e mi rendo conto che la sua attuazione inevitabilmente comporta un impegno notevole per la Commissione, già soggetta a vincoli in termini di risorse finanziarie e umane.

Dibattiti pubblici e studi hanno rivelato alcuni fatti eloquenti, che non possiamo ignorare. Soltanto il 6 per cento dei consumatori acquista on line da fornitori in altri Stati membri. Un terzo di essi non riceve i prodotti o i servizi ordinati a causa della sua nazionalità, del suo paese di residenza o del paese in cui è stata emessa la sua carta di pagamento. Alcuni servizi elettronici moderni che forniscono contenuto digitale sono accessibili unicamente a clienti della vecchia Unione europea dei 15.

Gli utenti sono vincolati da una serie di contratti digitali semplicemente per aver fatto clic con il mouse, ma non li hanno letti. Non sanno dunque che tali contratti possono contenere una serie di pattuizioni contrattuali inique e fuorvianti. Abbiamo scoperto che neppure gli esperti giuridici sono in grado di decifrare l’esatto contenuto dei contratti digitali, ad esempio quelli di concessione di licenza all’utente finale. Le piccole imprese non sono al corrente dei loro obblighi nel campo del commercio elettronico e hanno difficoltà a destreggiarsi con 27 ordinamenti giuridici diversi. I consumatori non conoscono i propri diritti rispetto a Internet e, peraltro, non vi sono documenti che li riassumano. Gli utenti non sono sicuri di quello che possono e non possono fare con il contenuto digitale che hanno acquistato. Temono di dover far fronte a rivendicazioni in un altro paese e sono completamente all’oscuro del fenomeno dei farmaci contraffatti venduti in Internet. Proponiamo pertanto che la Commissione lanci una campagna mondiale per mettere in luce i pericoli derivanti dai farmaci contraffatti, che si crei un sistema di allerta precoce in Europa per combattere le attività fraudolente in Internet e che si ampli l’ambito dei contratti da vietare perché contengono pattuizioni contrattuali inique.

L’equazione fondante del mercato unico è meno restrizioni e più opportunità. Paradossalmente, però, è come se questa equazione non si applicasse all’ambiente elettronico, nonostante le opportunità transfrontaliere. Oserei dire che 27 mercati nazionali distinti stanno ostacolando lo sviluppo della società dell’informazione in Europa, che è in palese ritardo rispetto a quella americana e asiatica.

Se intendiamo abolire gli ostacoli naturali e artificiali al commercio elettronico, dovremo superare la frammentazione delle norme tra gli Stati membri, cosa che a lungo termine sarà possibile se vi è la volontà politica di giungere a un’armonizzazione completa. Questo settore estremamente dinamico richiede però una soluzione più rapida e flessibile. Per questo nella relazione ho optato per un lavoro coordinato su norme volontarie, o meglio norme superiori, come ad esempio un contratto standardizzato opzionale pensato per il commercio elettronico transfrontaliero, il cui contenuto sia concordato tra organizzazioni di consumatori e aziende con il coordinamento della Commissione, che in tal senso assumerebbe un ruolo fondamentale. Tali norme dovranno essere rispettate dai titolari del marchio di fiducia europeo per il commercio elettronico transfrontaliero. Le organizzazioni dei consumatori apprezzano l’introduzione del marchio di fiducia e costantemente si impegnano a rivelare e a divulgare qualunque utilizzo improprio con l’ausilio delle risorse tecniche e giuridiche esistenti.

Chiediamo altresì la formulazione di una Carta europea dei diritti degli utenti nella società dell’informazione. Il Parlamento europeo è uno dei primi al mondo a compiere il tentativo di chiarire i diritti dei consumatori rispetto alla rete. Se la Carta sarà facilmente accessibile e disponibile in tutte le lingue ufficiali, i consumatori inizieranno a esigere che i loro diritti siano rispettati e le aziende cominceranno a sostenere la Carta per non rischiare di dover spendere denaro per la composizione di controversie.

Ritengo che la relazione sarà fonte di ispirazione per migliorare gli standard nell’ambiente digitale.

Vorrei concludere ringraziando i relatori ombra, onorevoli Herczog, Rühle, Schmidt e Jäätteenmäki, per la loro straordinaria collaborazione, nonché gli assistenti, soprattutto Jiri Jirsa, per la sua preziosa consulenza tecnica. Vorrei altresì esprimere il mio riconoscimento per il sostegno offerto dai coordinatori, dal presidente e dal segretariato della commissione e dai servizi. Ho infine molto apprezzato la comunicazione costruttiva avuta con le organizzazioni dei consumatori, le aziende e i singoli membri del personale della Commissione. Mi complimento in particolare con la signora Commissario Kuneva per la cortesia e l’estrema apertura dimostrate. Ha assunto il suo nuovo incarico nella Commissione in maniera sicuramente esemplare, e sono certa che riusciremo a superare qualunque difficoltà dovesse insorgere nel momento in cui le nostre proposte per rafforzare la fiducia nell’ambiente digitale europeo saranno messe in atto.

 
  
MPphoto
 
 

  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, sono veramente lieta di essere qui, oggi, a discutere con voi un tema importantissimo, ossia i modi per migliorare la fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale.

Vorrei esordire ringraziando l’onorevole Roithová e tutti i relatori ombra per la loro collaborazione eccellente e molto stretta, e non è solo questione di cortesia, ma un sincero tributo dovuto a un lavoro svolto con grande impegno.

Mi compiaccio del fatto che la Commissione e il Parlamento europeo concordino su un approccio comune nell’accostarsi a questo tema estremamente importante e impegnativo. Quella che abbiamo dinanzi a noi è una relazione ambiziosa di grande valore, e ritengo che tutti a grandi linee condividiamo i medesimi obiettivi e le stesse analisi dei problemi.

L’economia digitale, e più specificamente il commercio elettronico, offre grandi possibilità di miglioramento del benessere dei consumatori rendendo accessibile una gamma più ampia di prodotti, stimolando la concorrenza dei prezzi e sviluppando nuovi mercati. E’ anche essenziale, tuttavia, completare la dimensione al dettaglio del mercato interno. Attualmente, i mercati al dettaglio sono ancora fortemente frammentati in minimercati nazionali, come sottolineava l’onorevole Roithová, il che non ha alcun senso nell’era del commercio elettronico e di Internet. Il commercio elettronico sta cambiando il volto del commercio al dettaglio, ma solo a livello nazionale. Se Internet è senza confini, non lo sono invece consumatori, aziende e legislatori. Il 50 per cento dei consumatori europei che ha un computer a casa ha effettuato un acquisto elettronico negli ultimi 12 mesi, ma soltanto il 12 per cento dei consumatori con un computer a casa ha comprato oltre frontiera. Ciò significa che occorre agire per rafforzare la fiducia dei consumatori nella dimensione al dettaglio del mercato interno e che bisogna superare la sua frammentazione per giungere, infine, a un mercato dei cittadini.

Come ben sapete, sin dall’inizio dell’anno abbiamo lanciato due importanti iniziative per i consumatori: la strategia politica per i consumatori e la consultazione sulla revisione delle normative esistenti in materia di tutela dei consumatori. Il nostro obiettivo in quanto Commissione è aiutare l’Unione europea a raccogliere le sfide della crescita e della creazione di posti di lavoro ricollegandosi con i suoi cittadini, obiettivo che verrà raggiunto se, entro il 2013, saremo in grado di dimostrare in maniera credibile a tutti i cittadini che possono acquistare ovunque nell’Unione europea, dal negozio all’angolo a un sito Internet, certi del fatto che saranno parimenti ed efficacemente tutelati.

La necessità di migliorare la fiducia dei consumatori nell’economia digitale permea ogni aspetto della nostra strategia. La relazione dell’onorevole Roithová dimostra che gli ostacoli, ivi compresi quelli normativi, sono tanti. I miei predecessori hanno compiuto progressi nell’affrontarne alcuni con la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e il regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori, che ha istituito la Rete dei centri europei per i consumatori (Rete CEC). Ora la mia priorità consiste nell’affrontare gli ostacoli restanti riformando le normative esistenti in materia di tutela dei consumatori per quanto concerne i contratti con i consumatori.

Sicuramente siete al corrente del fatto che abbiamo intrapreso un’ampia consultazione sul futuro della tutela dei consumatori e abbiamo iniziato ad analizzare le reazioni delle varie parti interessate. Attendiamo altresì la relazione dell’onorevole Petre dopo l’estate. I vostri punti di vista e il vostro sostegno saranno un riferimento importante per compiere il successivo lavoro e formulare proposte specifiche. Il seguito dato dalla Commissione alla revisione dell’acquis è una solida base sulla quale costruire la fiducia dei consumatori. Lo sviluppo di contratti standardizzati con i consumatori può essere uno strumento da approfondire ulteriormente una volta creata tale base.

Una delle finalità di questo processo è ridurre la frammentazione normativa del mercato interno attraverso un’armonizzazione mirata degli aspetti che causano particolari problemi a consumatori e aziende. Valuteremo, tra l’altro, se gli standard e la standardizzazione possono svolgere un ruolo in tale processo.

Per quanto concerne l’autoregolamentazione, la situazione è analoga. La Commissione ha compiuto alcuni interventi importanti per istituire un modello di migliori prassi per l’autoregolamentazione e la coregolamentazione, e continueremo a farlo in futuro. Condivido le vostre preoccupazioni in merito all’interazione tra normative diverse che disciplinano le transazioni on line o i prodotti digitali. Esistono molte leggi precise, e consumatori e aziende possono non essere sufficientemente informati dei loro diritti e doveri nell’ambiente digitale. Studierò come meglio chiarire tali aspetti con i miei colleghi, Commissari Reding e McCreevy.

Grazie al vostro contributo, esploreremo l’idea di una guida pratica sui servizi della società dell’informazione per aiutare i cittadini a comprendere meglio i loro diritti. Vorrei altresì ringraziarvi per aver insistito sull’importanza dell’applicazione delle norme, e su tale aspetto concordo pienamente con voi. Una legislazione di qualità non basta, se non è sostenuta da un’applicazione effettiva. Nell’Unione europea abbiamo creato una rete di incaricati nazionali dell’applicazione delle norme e ora la estenderemo progressivamente ai paesi terzi nostri partner per migliorarne l’efficienza.

Concludendo, vorrei ringraziarvi per l’impegno da voi profuso per aiutare i cittadini europei a usufruire di tutti i vantaggi del mercato interno e dell’economia digitale, e sono pronta a collaborare con voi per conseguire i nostri obiettivi comuni e creare un autentico mercato interno dei cittadini.

 
  
MPphoto
 
 

  David Hammerstein (Verts/ALE), relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. – (ES) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Roithová per questa splendida relazione.

La fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale dipende in larga misura dalla nostra capacità di assicurare ai consumatori tutela e chiarezza in tale ambiente.

Dobbiamo ricordare che anche le piccole e medie imprese sono consumatrici, ed è necessario che l’Unione europea promuova l’uso delle nuove tecnologie e incoraggi le piccole e medie imprese a partecipare ai mercati on line. Nel contempo, occorre però promuovere la fiducia dei consumatori in queste piattaforme garantendo che le transazioni siano trasparenti ed eque.

I consumatori devono essere consapevoli dei loro obblighi e diritti nel mondo digitale. Per alcuni prodotti, come i riproduttori MP3, i riproduttori DVD e le play-station, il consumatore è tenuto ad accettare condizioni molto vincolanti, spesso riportate in caratteri microscopici, che in alcuni casi rasentano l’illegalità e violano il diritto alla vita privata.

Parallelamente, i produttori di tali dispositivi stanno espandendo l’uso di sistemi di gestione dei diritti digitali per prevenire copie non autorizzate, il che desta timore e può minare la fiducia dei consumatori. Per risolvere il problema dell’interoperabilità servono standard aperti che creino un ambiente più sicuro, aperto e affidabile.

I brevetti relativi ai software rappresentano anch’essi una grave minaccia per gli sviluppatori di software delle piccole e medie imprese, che non sono in grado di farsi carico dei costi legali. In questo ambiente, il timore non è compatibile con la fiducia, né per le piccole e medie imprese né per i consumatori.

Le piattaforme digitali possono offrire crescita e sviluppo soltanto se si basano su standard aperti e interoperabili. Gli standard possono contribuire a ridurre la frammentazione dei mercati e anche l’uso di software open-source può dare un apporto notevole alla promozione della sicurezza on line.

Il miglioramento della sicurezza e della fiducia dei consumatori dipende da alcuni elementi fondamentali, ossia legislazione e meccanismi di rafforzamento e creazione di strumenti normativi come codici di condotta e marchi di fiducia.

 
  
MPphoto
 
 

  Malcolm Harbour, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, sono particolarmente lieto di esprimere il mio apprezzamento per questa relazione e vorrei ringraziare per l’eccellente lavoro la collega, onorevole Roithová, e i relatori ombra, anch’essi presenti. E’ stato un lavoro di squadra straordinario. Vorrei inoltre ringraziare la signora Commissario Kuneva per la sua risposta estremamente positiva.

La relazione dimostra come una commissione parlamentare possa valorizzare un tema complesso, ma soprattutto un tema che abbraccia trasversalmente molti ambiti politici. Il messaggio specifico che vorrei trasmettere alla signora Commissario è che spero che vorrà promuovere tale processo facendosi portavoce dei consumatori nel mondo digitale e nel commercio elettronico perché, come lei stessa ha affermato, non sono solo i suoi servizi a dover intervenire in tale campo, ma anche quelli dei Commissari Reding e McCreevy, come pure quelli dei Commissari Frattini e Verheugen, quest’ultimo nel suo ruolo di promotore delle aziende e, in particolare, delle piccole imprese. Per quanto concerne il Commissario Frattini, vorrei nuovamente sottolineare l’inquietudine condivisa da molti di noi in merito alla proposta di riforma soprattutto del regolamento Roma I, che rischia seriamente di compromettere le disposizioni che consentono alle piccole imprese di essere attive nel mondo del commercio elettronico. Vi sono poi importanti disposizioni in materia di protezione dei dati rispetto alle quali i consumatori provano una certa preoccupazione quando si collegano on line e forniscono i propri dati, disposizioni che rientrano anch’esse in tale ambito. Ritengo dunque che occorra un approccio coordinato.

Vorrei inoltre riprendere quanto detto dall’onorevole Hammerstein-Mintz, ossia che dobbiamo guardare in particolare alle piccole imprese. Le grandi aziende possono realizzare siti Internet complessi in varie lingue, con sede in diversi paesi, ma noi vogliamo che le piccole imprese con un prodotto o un servizio interessante e innovativo, pur avendo sede in un solo paese dell’Unione europea, possano accedere liberamente e facilmente a questo mercato comunitario, sfruttando appieno le potenzialità che il commercio elettronico offre loro. Dobbiamo prestare grande attenzione nell’elaborare il regime in modo da garantire che non siano disincentivate dal farlo, perché non vogliamo soltanto che i consumatori si colleghino on line, ma anche che le aziende offrano on line i propri prodotti e che le due parti collaborino. Questo è quanto in futuro abbiamo la possibilità di fare nel nostro dinamico mercato del commercio elettronico partendo dai presupposti esistenti.

 
  
MPphoto
 
 

  Edit Herczog, a nome del gruppo PSE. – (HU) Signor Presidente, vorrei ringraziare la relatrice per il lavoro da lei svolto negli ultimi diciotto mesi, durante i quali ha dimostrato notevole apertura e disponibilità al compromesso. Parimenti vorrei ringraziare la signora Commissario per la sua apertura, perché abbiamo collaborato in tale ambito sin da quando è stata eletta al nuovo incarico.

Il risultato di questo lavoro è una relazione i cui ambiziosi messaggi politici, contrariamente a quanto accade di solito, non sono stati indeboliti dai numerosi compromessi raggiunti. Al contrario, ne sono stati rafforzati, e questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno perché, dopo tutto, è così che la società e l’economia europea si stanno strutturando per l’era digitale, che rappresenta la posta in gioco. Ciò che occorre in tale ambito, per fasce sempre più ampie della società europea, è l’accesso alle tecnologie dell’informazione. Dobbiamo dunque, in ogni caso, sottolineare, a margine della presente relazione, l’importanza dell’integrazione digitale, ossia, in altre parole, l’importanza di integrare nella dinamica società digitale europea gli abitanti delle zone rurali, i disabili, le generazioni più anziane e i cittadini meno abbienti.

Non vi è dubbio che il futuro appartenga alla società dell’informazione e all’economia basata sulla conoscenza. Come ci siamo già resi conto, dobbiamo accettare anche il fatto che il commercio, il mercato dei prodotti e dei servizi, come pure lo stesso consumo, sono sempre più digitali e basati sulla conoscenza. I consumatori, tuttavia, restano sempre consumatori, anche in Internet, con i diritti e gli obblighi che ciò comporta, e pertanto è fondamentale che sappiano esattamente con cosa si confrontano: opuscoli, prodotti, servizi o giornali gratuiti.

Forti di questa conoscenza, basterà loro comportarsi con discernimento proprio come se fossero in una biblioteca, una banca, un’agenzia di viaggi o un negozio tradizionali. I consumatori hanno bisogno di sapere cosa possono e non possono fare. In cambio della loro osservanza, potranno beneficiare della tutela assicurata ai consumatori rispettosi delle leggi anche sul mercato tradizionale. Vi sono tuttavia parecchi aspetti dell’ambiente digitale che stanno alimentando la sfiducia dei consumatori. Il flusso facile e rapido di informazioni, la frequente assenza di informazioni per i consumatori, nonché la rapida e capillare diffusione di comportamenti illegali sono soltanto alcuni dei tanti motivi per i quali chiunque usi Internet può sconfinare da un contesto di rispetto delle leggi, pur agendo in buona fede. E’ nostra responsabilità politica, proprio perché siamo politici, elaborare strumenti per l’ambiente digitale europeo che consentano agli utenti di Internet di restare consumatori rispettosi delle leggi.

A nome del gruppo socialista al Parlamento europeo, posso dire che, a più lungo termine, sosterremo l’idea di una carta per i consumatori digitali, che fornisca ad ogni consumatore informazioni chiare e comprensibili sul modo di affrontare specifiche situazioni quando usano Internet. Il Parlamento è inoltre consapevole del fatto che lo sviluppo dinamico dell’ambiente digitale e la verifica in corso delle normative in materia di tutela dei consumatori avranno un notevole impatto sul contenuto di una futura carta. I consumatori, però, hanno bisogno di informazioni già da subito, ed è per questo che chiediamo alla Commissione, anche nelle attuali circostanze e sulla base della legislazione esistente, di fornire alcune indicazioni in merito ai diritti e alla tutela di cui godono i consumatori digitali.

In tal senso, proponiamo che sia costituita una rete di centri di tutela dei consumatori ispirata al modello del sistema SOLVIT e del sito Internet Dolceta. Si tratterebbe, in altre parole, di un portale di informazione e sostegno dei consumatori digitali europei, in grado di aiutare i consumatori europei on line offrendo consulenze, risposte e soluzioni. Analogamente, sosteniamo la chiarificazione delle normative che disciplinano l’uso e la protezione del contenuto digitale. Dopo tutto, l’interoperabilità tra strumenti e contenuto, da un lato, e gestione on line dei diritti, dall’altro, sono due principi importanti.

Vorrei infine richiamare l’attenzione dei consumatori e dell’industria sul fatto che tutto questo è nel loro comune interesse. Sul modello dei mercati tradizionali, anche il mercato digitale dipende da un comportamento rispettoso delle leggi, e questo è un tema sul quale stanno attualmente lavorando molte commissioni interessate. Vorremmo dunque chiedere alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che è vicina ai consumatori ed è la più sensibile all’argomento, di coordinare all’interno della Commissione gli ulteriori sforzi profusi in tale ambito.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO
Vicepresidente

 
  
MPphoto
 
 

  Olle Schmidt, a nome del gruppo ALDE. – (SV) Signor Presidente, signora Commissario, pochi avrebbero potuto immaginare come Internet avrebbe cambiato radicalmente il mondo, da un punto di vista sia politico che economico. Nonostante i tentativi compiuti dai regimi totalitari di limitare il flusso di informazioni, Internet sta conquistando milioni di nuovi utenti. Il modo in cui usiamo Internet si sta inoltre rapidamente trasformando dall’acquisizione passiva di informazioni in un approccio interattivo. In rete compriamo e vendiamo prodotti e servizi, chiacchieriamo e ci incontriamo. In Internet, abbiamo finanche acquisito un’altra vita, una realtà virtuale che, per alcuni, diventa più importante della realtà vera.

Esistono statistiche che indicano un aumento annuo del 21 per cento del commercio in Internet e, sebbene lo shopping transfrontaliero all’interno dell’Unione europea non sia un fenomeno assai diffuso, molti segnali suggeriscono che aumenterà. Più di metà delle famiglie europee ha un computer, il che rappresenta un incremento del 4 per cento circa in un solo anno. Il 42 per cento di tutti i nuclei familiari è in Internet, e anche in questo caso l’aumento è dell’ordine del 4 per cento in un anno. Nel mio paese, un buon 75 per cento della popolazione dispone di una connessione a Internet a casa, ed è in ogni caso gratificante che il maggiore aumento lo si registri nei nuovi Stati membri.

Come molti miei colleghi hanno sottolineato in quest’Aula, in concomitanza con questo sviluppo sta aumentando il numero di frodi e altri atti ingannevoli. Alla luce di ciò, la relazione dell’onorevole Roithová è un passo importante verso il miglioramento della fiducia dei consumatori nel mercato digitale. Sappiamo che, parallelamente al lavoro del Parlamento, la Commissione sta rivedendo l’intera legislazione comunitaria riguardante i consumatori.

Il paragrafo 19 della relazione propone ciò che definisce un marchio di fiducia europeo, che è ovviamente una buona idea, ma che, a mio avviso, pone una serie di problemi. In primo luogo, i costi del mantenimento di tale marchio di qualità aggiornato possono rivelarsi notevoli. La stessa Commissione ha calcolato che tali costi potranno essere pari a 1 milione di euro per paese all’anno, che rappresenta una somma di denaro considerevole. In secondo luogo, vi è il rischio che il marchio di fiducia venga rubato, falsificato o usato in maniera impropria.

Un altro elemento importante è l’elaborazione di una carta comunitaria dei diritti e degli obblighi degli utenti nella società dell’informazione. Non è un tema nuovo ed è naturalmente un campo importante per la Commissione, come anche la signora Commissario ha sottolineato in riferimento alla revisione in corso. Ritengo che le formulazioni proposte negli emendamenti tengano conto maggiormente della complessità e della rapidità dei cambiamenti nell’ambiente digitale.

Forse è superfluo aggiungerlo, ma l’ambiente digitale ha, come è ovvio, bisogno di un quadro efficiente sotto forma di norme e legislazione. Tutti gli attori che usano la rete devono essere consapevoli dei propri diritti e obblighi. Abbiamo bisogno di consumatori informati ed educati. Non ci servono soltanto rivenditori e imprenditori con senso di responsabilità, ma anche innovatori coraggiosi che ipotizzino nuove possibilità e nuovi lavori, così come ci occorrono, ovviamente, leggi che funzionino in un ambiente in continuo mutamento.

La Commissione deve contemperare tutti questi interessi al fine di giungere ad un’Unione europea che sia meglio in grado di diventare più competitiva e rispettare i requisiti della strategia di Lisbona.

Vorrei infine sottolineare che non dobbiamo mai dimenticare che proprio la libertà e il libero accesso alle informazioni hanno costituito la base per lo straordinario successo di Internet.

 
  
MPphoto
 
 

  Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Roithová per aver affrontato un tema così importante. Non possiamo, infatti, non ricordare che, se il lavoro per lo sviluppo di Internet è iniziato circa 40 anni fa, ora possiamo parlare di una vera e propria rivoluzione della rete.

Questo strumento straordinario schiude opportunità favolose in molti campi, ma ci pone anche di fronte a notevoli sfide. Può essere usato per scopi lodevoli, ma purtroppo può anche essere sfruttato per attività criminali, come accade per molti altri strumenti impiegati da uomini e donne nello sviluppo delle civiltà.

L’uso della tecnologia digitale nel commercio elettronico per l’acquisto di prodotti e servizi dovrebbe essere visto in tale contesto. Come sostiene la relazione, le soluzioni tecniche e giuridiche applicate dovrebbero rispondere a una serie di criteri e, in proposito, vorrei formulare qualche osservazione.

Primo, l’accesso al mercato al dettaglio in Internet dovrebbe essere decisamente più diffuso. Ciò è legato ad un accesso più generalizzato alla rete a banda larga, questione che è stata sollevata a più riprese in quest’Aula. Attualmente, soltanto il 25 per cento circa delle utenze domestiche nell’Unione europea dispone di una connessione a banda larga, e dunque usufruisce di una connessione di alta qualità.

Secondo, l’acquirente deve essere certo che gli acquisti così eseguiti siano sicuri, sia per quanto concerne la transazione in sé che in termini di corrispondente garanzia sui prodotti e servizi acquistati, prescindendo dai confini.

Terzo, non si può permettere che il fatto che le transazioni siano spesso anonime agevoli in qualche modo l’attività criminale. Penso alla pirateria ai danni di opere cinematografiche o musicali tutelate dalla proprietà intellettuale. E’ dunque essenziale chiarire l’espressione “ad esclusivo uso personale”.

Quarto, altre attività svolte utilizzando la rete, come l’acquisito di materiale pedofilo o pornografico e la diffusione della prostituzione, richiedono interventi specifici da parte della polizia e delle autorità inquirenti. E’ una questione che grava pesantemente sulle nostre coscienze.

Quinto, i pagamenti in Internet devono essere eseguiti in un modo da garantire la totale sicurezza ad ambedue le parti. Sesto, le pubblicità di prodotti o servizi acquistabili elettronicamente devono permettere ai potenziali clienti di verificare le informazioni fornite.

Settimo, la sicurezza delle transazioni bancarie eseguite con mezzi elettronici deve essere drasticamente migliorata. Ottavo, i mezzi digitali sono importanti per erogare alcuni servizi sanitari, diagnostici e di monitoraggio a distanza, segnatamente nelle zone più remote.

Nono, l’istruzione a distanza è importante. Infine, sarebbe bene anche ricordare che soprattutto i disabili traggono enormi benefici dall’opportunità di usare le piattaforme digitali come consumatori.

Concludendo, vorrei sottolineare che l’alta qualità, l’onestà, la trasparenza e la flessibilità devono essere caratteristiche essenziali del solido mercato di servizi digitali, aperto alla concorrenza, che intendiamo creare.

 
  
MPphoto
 
 

  Heide Rühle, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare in modo particolare la relatrice perché, grazie all’impegno da lei profuso, oggi disponiamo di un’eccellente relazione di iniziativa da approvare. Spero e confido nel fatto che la Commissione farà proprie le raccomandazioni e le conclusioni della relazione quando riesaminerà le normative concernenti i diritti dei consumatori europei.

Il nostro gruppo appoggia la sua relazione, onorevole Roithová, come pure la maggior parte dei suoi emendamenti di compromesso. Ci rammarica, però, la sua decisione di indebolire la proposta relativa al tema del marchio di fiducia europeo, per cui non voteremo a favore dell’emendamento n. 4 e respingeremo anche gli emendamenti dei liberali.

Non è possibile permettere che i diritti di proprietà intellettuale erodano i diritti dei consumatori. I consumatori hanno bisogno di informazioni chiare sulla loro posizione giuridica in materia di gestione di diritti digitali e contenuto digitale. Hanno diritto a soluzioni interoperabili.

La relazione affronta aspetti importanti, che richiedono una Carta europea dei diritti degli utenti, la creazione di un sistema europeo di allerta rapida e di una banca dati per combattere le attività fraudolente su Internet, l’introduzione di un obbligo di audit esterno in merito a specifici servizi elettronici come l’on line banking e la standardizzazione delle disposizioni europee in materia di fatturazione elettronica transfrontaliera, ma richiedono anche un approccio globale coordinato all’ambiente digitale, ivi compresa un’analisi dei fattori esterni come la tutela della vita privata, l’accesso dei cittadini alle tecnologie dell’informazione e la sicurezza di Internet.

La relazione esorta inoltre la Commissione a esaminare misure per gestire le azioni di ricorso collettive in caso di controversie transfrontaliere tra imprese e consumatori nell’ambiente digitale. Noi appoggeremo la relazione e speriamo che venga adottata in plenaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Nils Lundgren, a nome del gruppo IND/DEM. – (SV) Signor Presidente, commercio e scambio di prodotti, servizi e capitali sono le basi della prosperità economica. Pertanto, qualunque tecnologia che riduca i costi delle transazioni per il commercio è anch’essa essenziale ai fini di una maggiore prosperità. In un mondo sempre più interconnesso grazie alle moderne comunicazioni, a metodi di pagamento sicuri e rapidi e all’abolizione di buona parte del protezionismo, i paesi del mondo che ora possono partecipare al commercio globale sono sempre più numerosi. A lungo termine, ciò andrà a beneficio di tutti gli abitanti del pianeta. Il compito più importante dell’Unione europea è dunque quello di adoperarsi al meglio per agevolare il commercio, prima di tutto all’interno dello spazio dell’Unione europea e poi tra l’area dell’Unione europea e il resto del mondo.

L’Unione europea è riuscita perfettamente ad agevolare il commercio all’interno del suo spazio geografico e ha dato un apporto notevole allo sviluppo economico dei suoi Stati membri. L’unica nota dolente è l’agricoltura: in questo settore non è avvenuta alcuna liberalizzazione e si deve fare ancora molto per promuovere la crescita.

Quanto agli scambi tra l’area dell’Unione europea e il resto del mondo, la situazione non è affatto così rosea. Il protezionismo dell’Unione europea nei confronti del mondo circostante è un fenomeno diffuso, che riguarda non solo il settore agricolo, ma anche i prodotti industriali ad alta intensità di manodopera. I costi economici per i paesi poveri del mondo e per i consumatori dell’Unione europea sono molto alti. E’ dunque innanzitutto in questi campi che vogliamo investire le nostre risorse politiche per elaborare una politica comunitaria che consenta di ottenere un aumento degli scambi commerciali e una maggiore prosperità.

Il commercio elettronico nell’Unione europea attualmente rappresenta un fenomeno limitato, ma oserei dire che siamo tutti persuasi del fatto che si tratta di una forma di commercio con un grande futuro. L’onorevole Roithová analizza dunque un ambito che in futuro si dimostrerà molto importante. La questione, tuttavia, riguarda il ruolo che l’Unione europea potrebbe svolgere al riguardo in questa fase di sviluppo del commercio elettronico.

L’onorevole Roithová e la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sostengono che i consumatori non osano effettuare acquisti transfrontalieri via Internet all’interno dell’Unione europea a causa della scarsa certezza giuridica. Forse è così, ma è un dato di fatto inconfutabile? Ogni nuovo ambito e ogni nuovo problema individuato vengono presentati in quest’Aula come prova della necessità che l’Unione europea intervenga. La noiosa frase “questo dimostra che l’Unione europea è necessaria” è ripetuta come un mantra. In qualunque analisi socioeconomica di tali problemi, però, si compie sempre prima il tentativo di stabilire quali siano le lacune del mercato, se possano essere corrette con misure politiche e, in caso affermativo, quali possano essere tali misure e a quale livello politico debbano applicarsi.

In quest’Aula, il vero punto di partenza è, nella maggior parte dei casi, che le lacune possono e devono essere colmate a livello comunitario. Ogni problema identificato viene assunto come pretesto per far avanzare le posizioni strategiche dell’Unione europea a spese degli Stati membri o di organismi internazionali di portata più globale. Sempre, man merkt die Absicht [“si nota l’intenzione”].

Il commercio elettronico è ancora agli albori. Non sappiamo cosa ne stia rallentando la crescita, in quali settori fiorirà e quali forme assumerà. Consiglierei dunque al Parlamento di opporsi a tutte le proposte riguardanti programmi di sovvenzionamento e campagne di educazione e informazione diretti e sponsorizzati dall’Unione europea, invitandolo ad attendere prima di chiedere carte dei diritti, meccanismi di composizione delle controversie e armonizzazione del diritto contrattuale a livello di Unione, così come lo esorto a rispondere negativamente a un logo per un marchio di fiducia europeo in questo campo.

I paesi e le regioni creativi e pionieristici in vari ambiti sono quelli che offrono agli imprenditori la libertà di trovare essi stessi soluzioni che politici o funzionari non sono normalmente in grado di ipotizzare. Per quanto concerne il commercio elettronico, si può constatare che le aziende sono fortemente incentivate a creare sicurezza per i consumatori. Tale sicurezza, pertanto, deriverà dal mercato finanziario con l’aiuto di nuovi servizi assicurativi e attraverso lo sviluppo di marchi da parte degli stessi produttori.

 
  
MPphoto
 
 

  Milan Gaľa (PPE-DE). (SK) Signor Presidente, in primo luogo vorrei ringraziare l’onorevole Roithová per la presente relazione, che risponde a un ambiente digitale caratterizzato da uno sviluppo dinamico. Per noi tutti, consumatori, imprenditori o commercianti, questo è un ambito della nostra vita quotidiana. Le nuove tecnologie offrono grandi opportunità di sfruttare appieno il mercato interno. Le statistiche, tuttavia, dimostrano che soltanto il 6 per cento dei consumatori europei partecipa a transazioni on line e il 33 per cento incontra problemi perché il paese di residenza è diverso da quello dei venditori dei prodotti.

Secondo il sondaggio di Eurobarometro, il 48 per cento dei commercianti nell’Unione europea è già pronto a vendere oltre confine, ma soltanto il 29 per cento delle aziende è effettivamente coinvolto in transazioni transfrontaliere con almeno un altro paese dell’Unione europea. Eppure, il 57 per cento dei rivenditori al dettaglio nell’Unione europea vende via Internet. Tra gli ostacoli più importanti alle transazioni transfrontaliere vi sono l’incertezza delle transazioni, le diverse regole contabili, le difficoltà nel risolvere reclami e controversie, le differenze a livello di normative nazionali in materia di tutela dei consumatori, i problemi in termini di fornitura di assistenza post-vendita, le spese aggiuntive derivanti dalla consegna transfrontaliera, nonché il costo delle traduzioni.

L’uso dell’ambiente on line è più complicato di quello dell’ambiente off line per le tante barriere che si frappongono. Proprio per questo reputo importante la proposta di elaborare una strategia per rafforzare la fiducia dei consumatori, che dovrebbe essere un tentativo di rispondere e intraprendere iniziative per rendere le transazioni in Internet più allettanti, ponendo dunque fine alla frammentazione del mercato interno nell’ambiente digitale; ciò dovrebbe comportare miglioramenti in termini di accesso a prodotti e servizi offerti on line in altri Stati membri.

 
  
MPphoto
 
 

  Evelyne Gebhardt (PSE).(DE) Signor Presidente, onorevole Roithová, la ringrazio sentitamente per la sua eccellente relazione, così come ringrazio la relatrice ombra, onorevole Herczog, responsabile della collaborazione con il mio gruppo in riferimento alla relazione.

Questo è un tema di particolare importanza per i nostri cittadini, ed è stato molto confortante sentire che la signora Commissario Kuneva intraprenderà azioni in tale ambito. Tale impegno è essenziale, e non possiamo far altro che appoggiarla nei suoi sforzi. La sosterremo senza riserve.

I nostri cittadini incontrano tutta una serie di problemi nell’ambiente digitale. I prodotti non arrivano o arrivano in ritardo. Talvolta capita che intendano ordinare un prodotto in un altro paese, ma non possono farlo perché l’azienda risponde che risiedono nel paese sbagliato, oppure che inoltrino un ordine per poi improvvisamente scoprire di aver aderito a una sottoscrizione. Questi sono i problemi riscontrati dai nostri cittadini. Ovviamente, all’interno dell’Unione europea esistono anche regolamenti molto efficaci in tale ambito, ma la situazione è estremamente disomogenea. E’ fondamentale che creiamo una legislazione positiva nel settore in questione, che risponda alle aspettative dei nostri cittadini e, cosa più importante, dei consumatori.

Vogliamo che, in tale ambito, i cittadini usufruiscano dei vantaggi del mercato unico. Ciò, tuttavia, potrà accadere soltanto se garantiremo loro certezza giuridica, se comprenderanno la base sulla quale possono svolgere transazioni, se capiranno che, quando hanno un problema con un’azienda, possono chiedere un risarcimento, e non attendere 12 o 15 anni per ottenere un risultato. Beneficeranno inoltre di un mercato più aperto se saranno in grado di raffrontare i prezzi e di accedere a maggiori informazioni. Come vedete, vi è ancora molto da fare in questo campo.

I cittadini non solo si aspettano che regolamentiamo il mercato interno e stabiliamo norme più semplici e costruttive per le aziende, garantendo in tal modo che le imprese siano libere di muoversi all’interno dell’Unione europea, ma si aspettano anche un’Europa che lavori per loro, in cui le politiche non siano studiate unicamente per incoraggiare l’economia, relegando i cittadini al ruolo di semplici contributori a quell’economia. Le politiche, invece, dovrebbero essere determinate anche dall’esigenza di tutelare i consumatori, soprattutto nel campo digitale. Dovrebbe essere chiaro che elaboriamo politiche per i consumatori e che l’economia è al loro servizio. Se ciò accadrà, signora Commissario, e so che questo è il suo intento, conseguiremo il nostro obiettivo, e segnatamente un’Europa per i cittadini, un’Europa in cui siano liberi di fare acquisti on line in un altro paese senza problemi od ostacoli e in cui abbiano diritti, ivi compresa la possibilità di ottenere riparazione. Lei sicuramente avrà il pieno appoggio del mio gruppo, signora Commissario, e saremo molto lieti di collaborare con lei per raggiungere gli obiettivi che intende perseguire.

 
  
MPphoto
 
 

  Marek Aleksander Czarnecki (UEN).(PL) Signor Presidente, ora il ruolo del mercato delle transazioni on line nel fornire prodotti, servizi e relative informazioni è inestimabile. L’onorevole Roithová ha giustamente sottolineato nella sua relazione che lo sviluppo e l’accresciuta importanza di questo mercato subisce la frammentazione presente tra i vari Stati membri dell’Unione europea.

Concordo sul fatto che la suddetta mancanza di armonizzazione delle disposizioni esistenti nel territorio dell’Unione europea e la mancanza di fiducia dei consumatori nelle transazioni sul mercato digitale possano compromettere la competitività dell’Unione europea sul mercato mondiale, soprattutto considerato che ora l’Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti e ad alcuni paesi asiatici.

Creare un sistema europeo di informazione è sicuramente un’idea valida, sebbene richieda tempo e un enorme investimento finanziario. E’ evidente, infatti, che tale proposta può aumentare la sicurezza delle transazioni on line tra entità di paesi diversi, perché è proprio la diversità delle disposizioni tra gli Stati membri e la mancanza di accesso a tali disposizioni che le aziende lamentano come causa principale dell’incertezza nell’intraprendere transazioni del genere.

Ritengo che la situazione nei nuovi Stati membri, in cui vi è carenza di risorse finanziarie per le campagne di informazione sull’accesso ai servizi elettronici e la loro qualità, sia un tema particolarmente pressante. I singoli cittadini di questi paesi spesso non hanno accesso a siffatti servizi, soprattutto nelle zone rurali. La relazione giustamente fa riferimento alla discriminazione ai danni dei consumatori di questo gruppo di paesi per quanto riguarda il commercio elettronico. A mio parere, la Commissione dovrebbe affrontare tale situazione con urgenza, poiché tutti i consumatori dell’Unione hanno diritto alla parità di trattamento.

 

6. Benvenuto
MPphoto
 
 

  Presidente. – Cari colleghi, ho il piacere di comunicarvi che una delegazione dell’Assemblea nazionale della Repubblica di Corea è presente in tribuna d’onore.

Porgo un caloroso benvenuto alla delegazione coreana che è qui per partecipare alla decima riunione interparlamentare Parlamento europeo – Corea. Il signor Lee Sang-Deuk è a capo della delegazione coreana, composta da sei membri dell’Assemblea nazionale.

Negli ultimi anni, il nostro dialogo ha acquistato una maggiore profondità e regolarità. Ora è diventato interamente politico e comprende una vasta gamma di temi che vanno dalla sicurezza regionale e internazionale alle preoccupazioni quotidiane dei cittadini, parallelamente all’aumento del ruolo attivo dell’Unione europea e della Corea del Sud nella comunità internazionale.

Siamo più che felici di questa cooperazione fruttuosa e stabile con la Repubblica di Corea, la cui profondità aumenta costantemente.

 

7. Fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale (seguito della discussione)
MPphoto
 
 

  Presidente. – Si prosegue la discussione sulla relazione di Zuzana Roithová sulla fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale.

 
  
MPphoto
 
 

  Zita Pleštinská (PPE-DE). (SK) Signor Presidente, in primo luogo vorrei elogiare il lavoro della relatrice, onorevole Roithová, che ci presenta una relazione molto coerente e circostanziata sulla fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale. La fiducia dei consumatori è un fattore essenziale perché, malgrado l’esistenza del mercato comune e la disponibilità della tecnologia informatica per i consumatori, la percentuale di consumatori che acquistano prodotti e servizi oltre confine è ancora molto contenuta.

Tra le ragioni più frequentemente addotte figurano i timori di possibili problemi con le procedure per le azioni risarcitorie, le difficoltà derivanti dalla composizione delle controversie, nonché il costo delle traduzioni e le spese per le consegne transfrontaliere. Rafforzando la fiducia dei consumatori, promuoveremo finalmente il potenziale di sviluppo non solo delle grandi società, ma anche delle piccole e medie imprese, che potrebbero espandere la propria attività avvalendosi delle tecnologie informatiche per raggiungere l’intero mercato interno dell’Unione. Tutti i consumatori devono conoscere i propri diritti. Soltanto così potranno liberarsi della sfiducia nelle transazioni in Internet.

La relatrice propone diverse misure per consolidare la fiducia dei consumatori. Io spero che ne inseriremo varie nell’attuale revisione dell’acquis sui consumatori attualmente svolta dalla Commissione. Sostengo l’idea della relatrice secondo cui elaborando una Carta europea dei diritti e degli obblighi dei consumatori e, cosa ancora più importante, promovendola, potremmo rafforzare la fiducia dei consumatori in prodotti e servizi offerti on line. I consumatori si sentono dire fin troppo spesso ciò che non devono fare in Internet, ma non esiste alcun elenco specifico dei diritti e degli obblighi dei clienti e dei commercianti on line.

A meno che i consumatori non prendano coscienza dei propri diritti, l’Europa continuerà ad essere in ritardo rispetto all’America e all’Asia. La Commissione europea dovrebbe dunque mobilitarsi e sfruttare il potenziale offertoci dal mercato interno. Per concludere, signora Commissario, vorrei esprimere la mia soddisfazione perché, tramite lei, la Commissione europea è finalmente riuscita ad attribuire la necessaria importanza alla tutela dei consumatori europei. Attendo dunque con ansia, signora Commissario, il prossimo incontro con lei e confido in una futura collaborazione proficua tra le nostre due Istituzioni.

 
  
MPphoto
 
 

  Gabriela Creţu (PSE).(EN) Signor Presidente, a prima vista l’ambiente digitale si presenta come un modello di un mondo senza confini, una sorta di mercato comune teorico perfetto in cui tutti possono fornire prodotti, servizi di informazione, comunicazione e intrattenimento e tutti possono comprarli. Non è così. Osserviamo una forte frammentazione causata dalla mancanza di fiducia da ambedue i lati, fornitori e consumatori, ma notiamo anche un protezionismo economico ingiustificato che sfrutta le stesse incertezze come pretesto per escludere dal mercato alcune possibili parti interessate.

I consumatori, soprattutto quelli dei nuovi o dei piccoli Stati membri, sono ancora vittime di una segregazione basata sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di origine delle loro carte di credito. Nel mio paese, la Romania, tuttora sussistono gravi problemi al riguardo a causa di una cattiva reputazione artificialmente acquisita e mantenuta, nonostante il fatto che la relazione pubblicata da CyberSource Corporation non abbia incluso la Romania tra i paesi con un livello elevato di rischio per quanto concerne il commercio elettronico.

E questo non è vero soltanto nel nostro caso. Alcune aziende hanno l’abitudine di cambiare i prezzi a seconda del luogo di residenza del consumatore o di vietare totalmente l’accesso alla loro fornitura. Questo genere di comportamento commerciale è difficilmente accettabile per i consumatori e le piccole imprese. Per evitare l’impressione di essere discriminati, dobbiamo dotarci urgentemente di misure tangibili: una banca dati di coloro che sono realmente inaffidabili, marchi di fiducia europei, standard comuni per quanto riguarda contratti, termini e condizioni, nonché strumenti legali e tecnici di tutela più forti per quanti usano lo spazio cibernetico.

Per questo, signora Commissario, confidiamo nella possibilità di disporre di una Carta europea dei diritti e degli obblighi degli utenti per poter sostenere una società improntata all’integrazione in un ambiente digitale. Ringrazio tutti per il lavoro svolto finora.

 
  
MPphoto
 
 

  Paul Rübig (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei complimentarmi con la signora Commissario Kuneva e con la relatrice perché l’ambiente digitale sta rapidamente acquisendo sempre più importanza e, ovviamente, dobbiamo garantire che sia accessibile a tutti i cittadini europei. Il lavoro da svolgere in tale ambito è ancora molto.

Per fortuna, ora abbiamo definito il regolamento sul roaming. Come rammentato nella plenaria di lunedì, ora in questo campo sta iniziando a svilupparsi una reale concorrenza. Ieri, il titolo in prima pagina del quotidiano Bild annunciava che i principali operatori della telefonia mobile in Germania stanno attivamente inserendo l’eurotariffa nelle loro strutture tariffarie. Lo stesso argomento è stato trattato ieri e oggi dal canale televisivo ARD. Si stanno dunque producendo cambiamenti e, soprattutto nel campo della telefonia mobile, abbiamo bisogno di maggiore trasparenza. Finora, gli utenti scoprivano soltanto alla fine del mese quanto erano costati loro i trasferimenti di dati. Per la prima volta, il regolamento ha permesso una riduzione dei prezzi attraverso una maggiore trasparenza e, così facendo, ha reso più lungimirante il settore della telefonia mobile all’interno dell’ambiente digitale, aspetto sicuramente essenziale.

Unitamente al regolamento sul roaming, che dovrebbe entrare in vigore alla fine del mese, abbiamo però bisogno anche di accordi internazionali in maniera che chiamate telefoniche e trasferimenti di dati a prezzi ragionevoli non siano un fenomeno limitato all’Europa dei 27. Vogliamo invece creare un ambiente internazionale sano per la concorrenza e vedere il roaming internazionale diventare parimenti competitivo.

Immagino che molti consumatori che firmano nuovi contratti scopriranno che la tariffa sarà applicabile dalla fine della prossima settimana. Ciò significa che la gente in vacanza o in viaggio per lavoro vedrà applicata molto presto l’eurotariffa più economica, e la concorrenza forse ridurrà ulteriormente i prezzi, trasformando la comunicazione digitale in un fattore fondamentale della competitività dell’Europa.

 
  
MPphoto
 
 

  Maria Matsouka (PSE).(EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione odierna è particolarmente interessante e vorrei cogliere questa opportunità per complimentarmi con la relatrice per il suo lodevole impegno.

Ciò premesso, vorrei però sottolineare che i presupposti logici per l’uso dell’ambiente digitale sono lo sviluppo e la divulgazione della conoscenza delle tecnologie informatiche presso tutti i cittadini europei, nonché un accesso a Internet poco costoso in tutti gli Stati senza eccezione. Internet è un modo eccellente per le aziende e, cosa più importante, per i consumatori di utilizzare il mercato unico. Inoltre, l’apertura del mercato attraverso gli strumenti di comunicazione digitale è avvenuta con l’obiettivo di avvantaggiare i cittadini offrendo loro una più ampia scelta di prodotti e servizi di livello migliore e a prezzi competitivi. Tali benefici, tuttavia, possono essere fruibili soltanto nel rispetto di determinati presupposti. Il mercato digitale europeo non è forte né unificato e la percentuale di consumatori, specialmente persone fisiche, che si affidano al commercio elettronico, soprattutto transfrontaliero, è molto ridotta a causa dell’insicurezza generale prevalente. Se tuttavia rafforzassimo la protezione legale in tutte e tre le fasi di una transazione, ossia prima, durante e dopo il suo perfezionamento, saremmo in grado di garantire un ambiente sicuro, sia per le transazioni dei cittadini che per la loro privacy.

Al conseguimento di tale obiettivo potrebbero contribuire i seguenti fattori: informazione tempestiva e costante dei consumatori in merito ai loro diritti e obblighi, integrazione della politica dei consumatori in altre politiche comunitarie, migliore controllo dei mercati per evitare possibili abusi da parte di contraenti più forti, soprattutto grandi società, possibilità di azioni collettive risarcitorie per l’effettiva riparazione di eventuali perdite e, infine, associazioni indipendenti di consumatori più solide e strutturate.

Tutto questo, come è ovvio, presuppone una serie di scelte politiche, soprattutto da parte degli Stati membri e, fintantoché vi saranno zone e persino paesi in cui l’accesso a Internet effettivo da un lato e rapido ed economico dall’altro, rimangono ancora concetti sconosciuti, temo fortemente che ci scontreremo con il divario digitale e dovremo affrontare l’ambiente digitale solo da un punto di vista teorico.

 
  
MPphoto
 
 

  Silvia-Adriana Ţicău (PSE). – Ansamblul instituţiilor publice reprezintă cel mai mare furnizor de servicii din Uniunea Europeană. Serviciile de guvernare electronică asigură transparenţă, acces facil la informaţii şi servicii publice şi conduce la importante economii de timp şi resurse financiare. Serviciile de guvernare electronică aduc instituţiile publice aproape de cei pe care acestea trebuie să-i servească. Serviciile de guvernare electronică cresc încrederea utilizatorilor în mediul digital şi se bazează pe aceasta, indiferent dacă vorbim de cetăţeni, de angajaţii instituţiilor publice sau de companii.

Cele douăzeci de servicii publice stabilite de Comisia Europeană în 2003, pentru a fi furnizate de statele membre şi prin mijloace electronice, trebuie să devină o realitate în toate statele membre până în 2010, indiferent dacă ne referim la un oraş mare sau la o comunitate mică. Servicii precum licitaţiile electronice, plata taxelor prin mijloace electronice, transpunerea de formulare către instituţiile publice, mai ales prin puncte unice de acces la nivel naţional, pentru autentificare şi acces la servicii integrate de guvernare electronică, contribuie la dezvoltarea societăţii informaţionale. România a început introducerea acestor servicii încă din 2001.

Infrastructura de chei publice, serviciile de semnătură electronică, protecţia datelor cu caracter personal sunt esenţiale pentru încrederea utilizatorilor în societatea informaţională. Deci se impun investiţii semnificative şi acordarea de prioritate pentru asigurarea securităţii mediului digital. De asemenea, este important ca în toate şcolile să existe calculatoare şi acestea să fie conectate la internet. Instruirea cetăţenilor şi mai ales sprijinirea lor în asigurarea securităţii calculatorului personal şi a conexiunii internet, aflată la domiciliul propriu, vor spori încrederea utilizatorilor în mediul digital.

 
  
MPphoto
 
 

  Meglena Kuneva, Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, abbiamo avuto modo di ascoltare alcuni contributi ben informati e molto arricchenti in occasione del dibattito odierno. Li ho molto apprezzati e ringrazio tutti coloro che hanno voluto offrire il proprio apporto.

L’importanza del consolidamento della fiducia e della credibilità non va sottovalutata, e sono molto grata per tutte le osservazioni formulate in tal senso. Per molti versi, l’ambiente digitale è una novità per tanti cittadini. Dobbiamo continuare a impegnarci per creare le condizioni necessarie affinché i mercati possano funzionare correttamente e abbiamo bisogno di un quadro giuridico semplice e coerente, nonché di un’applicazione efficace delle norme. La revisione delle normative in materia di tutela dei consumatori attualmente in corso dovrebbe sfociare in un’unica serie chiara di norme per la tutela dei consumatori, che andranno parimenti a beneficio di consumatori e aziende. Siamo all’inizio di tale processo e avrò bisogno del vostro appoggio e della vostra collaborazione per giungere ad un esito positivo. Per questo sono particolarmente grata a quanti di voi hanno già incoraggiato i nostri sforzi congiunti in tale ambito.

Il rapido sviluppo delle nuove tecnologie rende altresì molto più complessi i rapporti tra i consumatori e i fornitori di prodotti e servizi nell’ambiente digitale. Dobbiamo responsabilizzare i consumatori, perché soltanto consumatori responsabilizzati saranno in grado di scegliere realmente, basandosi su informazioni precise, certi di essere efficacemente tutelati da diritti solidi.

Infine, dobbiamo garantire un’applicazione effettiva delle norme e porre un notevole accento sull’aspetto dell’applicazione. I consumatori possono avere fiducia soltanto se sono effettivamente in grado di esercitare i propri diritti, se i commercianti sleali sono realmente esclusi dai mercati e se tutti coloro che sono coinvolti contribuiscono all’applicazione delle leggi per la tutela dei consumatori.

Credo che tutti concordiamo su questi elementi, che peraltro sono anche sottolineati nella vostra proposta di risoluzione. Ora valuteremo attentamente gli altri suggerimenti e raccomandazioni del Parlamento. Tuttavia, in veste di custode dei Trattati, la Commissione lo farà nel rispetto del quadro esistente. Vorrei ringraziarvi per i progressi compiuti verso il rafforzamento della fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale. Abbiamo bisogno del vostro contributo e di una continua collaborazione per compiere le scelte giuste in questo ambizioso viaggio.

Sono dunque molto lieta che oggi si siano compiuti progressi e confido nella prosecuzione di una stretta collaborazione con il Parlamento. Ho ascoltato con attenzione tutte le osservazioni formulate in merito al rafforzamento della natura di questo documento, in particolare per quanto concerne l’elaborazione di una carta, e ho già discusso approfonditamente l’argomento con l’onorevole Roithová e molti di voi. Continueremo a lavorare in tale ambito in uno spirito di grande collaborazione e ritengo che, dopo la necessaria revisione, specialmente nella sfera di competenza della signora Commissario Reding e rispetto alle normative riguardanti i consumatori, proporremo una soluzione positiva.

 
  
MPphoto
 
 

  Zuzana Roithová (PPE-DE), relatore. – (CS) Signor Presidente, vi ringrazio per questa discussione fruttuosa e positiva. Vorrei soltanto aggiungere una nota a margine per sottolineare un effetto parallelo di tali sviluppi. Essi celano, infatti, un grande potenziale, in quanto si rivolgono al pubblico europeo, tra cui le nuove generazioni, a condizione, come è ovvio, di riuscire a trasmettere il significato pratico del mercato unico on line, il che, a sua volta, potrebbe indurre i cittadini ad avere maggiore fiducia nelle Istituzioni europee, che stanno svolgendo realmente un ottimo lavoro per concretizzarlo.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi.

(La seduta, sospesa alle 11.40, riprende alle 12.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO
Vicepresidente

 

8. Turno di votazioni
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca il turno di votazioni.

(Per i risultati dettagliati della votazione, vedasi processo verbale)

 

8.1. MEDA e sostegno finanziario alla Palestina – valutazione, messa in atto e controllo (votazione)
  

– Relazione Kratsa-Tsagaropoulou (A6-0210/2007)

Prima della votazione sul paragrafo 38

 
  
MPphoto
 
 

  Paulo Casaca (PSE).(PT) Signor Presidente, desidero presentare un emendamento concordato con la nostra relatrice, l’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou. Questo emendamento è volto a sostituire l’attuale emendamento n. 38 con il seguente testo:

(EN) “Si compiace della decisione del Consiglio del 18 giugno con cui si chiede all’Unione europea di riprendere immediatamente rapporti normali con l’Autorità palestinese e di sviluppare a tal fine le condizioni per un’assistenza pratica e finanziaria urgente che comprenda il sostegno finanziario diretto al nuovo governo nonché di assicurare la fornitura di assistenza di emergenza e umanitaria alla popolazione di Gaza;”

 
  
MPphoto
 
 

  Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE), relatore. (EL) Signor Presidente, in primo luogo desidero ringraziare tutti gli onorevoli colleghi dei vari gruppi politici che hanno collaborato con me a questa relazione, estremamente importante per il nostro partenariato euromediterraneo e contenente anche punti importanti e sensibili che riguardano il finanziamento dell’Autorità palestinese.

L’emendamento menzionato dall’onorevole Casaca che, come il collega sa, abbiamo redatto assieme, comprende una parentesi alla fine “(in particolare tramite un meccanismo internazionale temporaneo)” che è parte integrante dell’emendamento orale. Non ho altri emendamenti da presentare, tuttavia ricordo che il paragrafo 38, concernente gli accordi della Mecca e un governo di unità nazionale, non è più di attualità ed è stato cancellato e sostituito con il paragrafo appena letto dall’onorevole Casaca, con la parentesi “(in particolare tramite un meccanismo internazionale temporaneo)” alla fine. Detto questo, non mi resta che ringraziarvi per la vostra collaborazione e il vostro sostegno.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Per riepilogare a beneficio di tutti i colleghi, è stato presentato dall’onorevole Casaca un emendamento orale al paragrafo 38 che già nella versione originale e con l’integrazione della relatrice prevede alla fine le parole aggiunte – “in particolare tramite un meccanismo internazionale temporaneo” – al testo che trovate allegato alle vostre liste di voto. Vi sono obiezioni all’emendamento orale nella sua integralità? Non vi sono obiezioni. In via del tutto eccezionale, la relatrice chiede nuovamente la parola.

 
  
MPphoto
 
 

  Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (PPE-DE), relatore.(EL) Il considerando N, che riguarda questa materia.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – E’ stato presentato contestualmente il secondo emendamento orale che riguarda la soppressione del considerando N. Sarà una votazione successiva, ma i due emendamenti sono collegati.

(Gli emendamenti orali sono accolti)

 

8.2. Ricorsi in materia di aggiudicazione di appalti pubblici (votazione)
  

– Relazione Fruteau (A6-0172/2007)

Dopo la votazione

 
  
MPphoto
 
 

  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, ritengo che dovremmo congratularci con l’onorevole Fruteau per la sua elezione al parlamento francese. Per noi forse questa non è una buona notizia, ma sono certo che il collega è molto soddisfatto di questo risultato.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Mi associo anch’io alle congratulazioni all’onorevole Fruteau e procediamo con l’ordine del giorno.

 

8.3. Scambio fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (votazione)
  

Relazione Díaz de Mera García Consuegra (A6-0170/2007)

 

8.4. Strategia regionale e un programma indicativo pluriennale per l’Asia (votazione)
  

Proposta di risoluzione B6-0265/2007

 

8.5. Missione di accertamento nelle regioni di Andalusia, Valencia e Madrid (votazione)
  

Proposta di risoluzione B6-0251/2007

Prima della votazione sul paragrafo 11

 
  
MPphoto
 
 

  Luciana Sbarbati (ALDE).(IT) Signor Presidente, desidero segnalare che nella traduzione italiana c’è un errore, che per noi è sostanziale e non marginale, dove è scritto “invita le autorità regionali a istituire tribunali amministrativi speciali”. Questa è una realtà che noi avevamo ai tempi del fascismo e che non è più possibile ripristinare. Invito pertanto a scrivere “commissioni”, così come è scritto nel testo inglese e francese. Inoltre, mi permetto di suggerire che anche il potere di arbitrato collegato ai tribunali va rivisto e sostituito con “potere di decisione”.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Grazie onorevole, per la parte linguistica della sua osservazione chiederemo ovviamente l’intervento dei servizi competenti.

 

8.6. Su un trattato sul commercio delle armi (votazione)
  

Proposta di risoluzione B6-0249/2007

 

8.7. Delinquenza giovanile: il ruolo delle donne, della famiglia e della società (votazione)
  

– Relazione Batzeli (A6-0212/2007)

Prima della votazione sull’emendamento n. 7

 
  
MPphoto
 
 

  Katerina Batzeli (PSE), relatore. (EL) Signor Presidente, è stata apportata una modifica all’ordine delle parole; la modifica proposta è la seguente:

(la relatrice prosegue in lingua inglese)

(EN) “inclusione sociale di tutti i giovani e provvedimenti giudiziari ed extragiudiziari”

 
  
  

(L’emendamento orale non è accolto)

 

8.8. Strategia relativa alla dimensione esterna dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (votazione)
  

– Relazione Klich (A6-0223/2007)

Prima della votazione

 
  
MPphoto
 
 

  Bogdan Klich (PPE-DE), relatore.(PL) Signor Presidente, vorrei porgere i miei sinceri ringraziamenti a tutti coloro che hanno offerto il proprio contributo a questa relazione. Un particolare ringraziamento va all’onorevole Sakalas, relatore della commissione per gli affari esteri, il quale ha partecipato alla difficile procedura di collaborazione rafforzata tra due delle nostre commissioni parlamentari. Intendo anche invitare l’Assemblea ad appoggiare la presente relazione per tre motivi.

In primo luogo, perché la relazione sostiene la necessità di un miglior coordinamento tra la nostra politica estera e la nostra politica interna, affinché la nostra politica estera consegua le priorità dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

In secondo luogo, perché difendiamo il metodo specificamente europeo che ricerca un equilibrio tra le azioni volte a garantire la sicurezza dei nostri cittadini e quelle volte a tutelare le loro libertà civili.

In terzo luogo, perché chiediamo che ciò che resta del terzo pilastro, ovvero la cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, diventi materia comunitaria.

 
  
  

Prima della votazione sull’emendamento n. 3, prima parte

 
  
MPphoto
 
 

  Sophia in ’t Veld (ALDE).(EN) Signor Presidente, per evitare fraintendimenti, desidero chiarire la nostra richiesta di votazione per parti separate e di emendamento orale all’emendamento n. 3.

L’emendamento orale riguarda la parte di testo che l’emendamento del gruppo PPE-DE intende cancellare. Pertanto, per mantenere il testo, compreso l’emendamento orale, occorre votare contro la prima parte dell’emendamento n. 3.

Signor Presidente, proponiamo di inserire le parole “da parte del Consiglio e della Commissione”, in modo tale che il testo reciti: “a includere una relazione sul rispetto dei diritti umani da parte del Consiglio e della Commissione in tutte le iniziative e i documenti di politica estera in materia di SLSG...”.

Ricordo che se questa Assemblea voterà a favore dell’emendamento n. 3, l’emendamento orale decadrà; se invece l’emendamento n. 3 presentato dal gruppo PPE-DE sarà respinto, l’emendamento orale sarà incluso.

 
  
  

(L’emendamento orale è accolto)

 

8.9. Evoluzione dei negoziati relativi alla decisione quadro sulla lotta contro il razzismo e la xenofobia (votazione)
  

– Relazione Roure (A6-0151/2007)

 

8.10. Cooperazione pratica, qualità del processo decisionale del regime europeo comune in materia di asilo (votazione)
  

– Relazione Pirker (A6-0182/2007)

 

8.11. Fiducia dei consumatori nell’ambiente digitale (votazione)
  

– Relazione Roithová (A6-0191/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Thijs Berman (PSE).(EN) Signor Presidente, in data 31 gennaio 2007 ho inviato una lettera al Presidente di questo Parlamento proponendo l’organizzazione di una conferenza annuale per onorare la memoria della giornalista russa Anna Politkovskaya. La conferenza Politkovskaya dovrebbe essere tenuta da un/a giornalista che si sia distinto/a per il suo assiduo impegno in difesa della democrazia e per il rispetto di tutti gli esseri umani. Con questa conferenza renderemmo omaggio a tutti i giornalisti per il loro fondamentale ruolo in difesa dell’apertura delle nostre società.

Questa proposta è stata cofirmata dagli onorevoli Bart Staes, Jean-Marie Cavada, Ewa Klamt e Luisa Morgantini. L’articolo 28 prevede che la Presidenza risponda entro 30 giorni. Ho ricevuto soltanto una risposta vaga e nel frattempo nulla è stato fatto. Vorremmo organizzare l’evento per l’ottobre di quest’anno, a un anno dall’omicidio della nostra stimata Anna Politkovskaya. Abbiamo bisogno della collaborazione della Presidenza e speriamo di poterci contare.

(Applausi)

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Grazie onorevole. Penso che la risposta interlocutoria servisse appunto a non fare decadere i tempi. Comunque è ovvio che riferirò e verificherò con l’Ufficio di Presidenza e con il Presidente il seguito da dare alla sua richiesta.

 

9. Dichiarazioni di voto
  

– Relazione Kratsa-Tsagaropoulou (A6-0210/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Duecento parole non sono sufficienti per esprimere ciò che occorrerebbe dire in merito ai diversi punti sollevati da questa relazione, data la tragica e complessa situazione in cui versano i territori occupati palestinesi. Vorremmo, tuttavia, segnalare i seguenti punti:

– La relazione trascura di menzionare l’aggressione israeliana contro il popolo palestinese e il completo disprezzo delle autorità israeliane per il diritto internazionale;

– Il documento non cita il ruolo che ha avuto l’Unione europea nel crollo dell’Autorità palestinese (AP), con la sua partecipazione al boicottaggio dell’AP a partire dal 2006, boicottaggio ancora in vigore nonostante tutti gli sforzi compiuti e gli accordi raggiunti per creare un governo palestinese di unità nazionale. La creazione del “meccanismo internazionale temporaneo” non era intesa a evitare il crollo delle istituzioni palestinesi, né ha impedito il deterioramento della crisi umanitaria di cui sono vittime milioni di palestinesi nei territori occupati.

– La relazione trascura il deterioramento della situazione nei territori occupati palestinesi, prodotta da 40 anni di occupazione israeliana – con la connivenza degli USA e dei suoi alleati – e dalla sua politica di mancato riconoscimento del diritto legittimo e inalienabile del popolo palestinese a uno Stato indipendente, sovrano e vitale, in conformità delle risoluzioni ONU in materia.

 
  
MPphoto
 
 

  Bairbre de Brún, Mary Lou McDonald ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) L’Unione europea e la comunità internazionale hanno una grande responsabilità nella tragedia che si sta consumando in Palestina. Le mancate pressioni esercitate su Israele, l’impunità concessa alle autorità israeliane, il loro rifiuto di parlare con politici democraticamente eletti e le loro sanzioni contro le autorità palestinesi hanno determinato la situazione attuale.

Ora l’UE deve assumersi le proprie responsabilità politiche aprendo un dialogo politico con tutte le parti in causa palestinesi: sia a Gaza, sia in Cisgiordania. Dobbiamo aiutare il popolo palestinese avviando un dialogo che abbia il preciso intento di contribuire alla creazione di uno Stato palestinese unificato, vitale e sicuro.

Per tali motivi, abbiamo deciso di astenerci su questa relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Il processo di Barcellona sta acquistando importanza e sta producendo risultati concreti. Allo stesso modo, di recente si sono registrati progressi in tutte le sezioni dell’Assemblea parlamentare Euromed. I progressi più confortanti sono stati registrati nella sezione politica, cui appartengo anch’io.

Il programma MEDA che abbiamo votato rappresenta lo strumento finanziario fondamentale dell’UE per l’attuazione del partenariato euromediterraneo. Esso sostiene le misure che accompagnano le riforme delle strutture economiche e sociali dei nostri partner mediterranei, tese a colmare il divario esistente tra le due sponde del Mediterraneo.

Il conflitto israelo-palestinese non è soltanto la principale causa di innumerevoli vittime tra i militari e i civili, ma determina anche condizioni economiche e sociali deplorevoli e insormontabili per parte della società palestinese. Negli ultimi giorni abbiamo assistito a sanguinosi scontri tra i movimenti di Hamas e Fatah, e a un’escalation di violenza nei territori palestinesi. E’ fondamentale che gli aiuti finanziari forniti nel quadro del programma MEDA, erogati ad altri otto paesi oltre alla Palestina, non finiscano nelle mani degli estremisti di Hamas, bensì in quelle dei reali beneficiari, ovvero dei cittadini palestinesi più indigenti.

 
  
MPphoto
 
 

  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Il sostegno finanziario dell’UE alla Palestina proposto dalla relazione va nella stessa direzione della politica interventista e imperialista condotta nell’intera area. Si tratta del rovescio della politica del congelamento degli aiuti al popolo palestinese come punizione per aver scelto, mediante incontestabili elezioni democratiche, un governo che non va a genio all’Unione europea. Ora, viene presentata la proposta di riprendere l’erogazione di aiuti finanziari al “nuovo governo” nominato dal Presidente Abbas, che invece appoggiamo. Gli imperialisti dell’UE, in stretto contatto con gli USA e Israele nel quadro del piano per un “Nuovo Medio Oriente”, stanno sfruttando la tragedia del popolo palestinese, di cui essi stessi sono stati gli artefici. Utilizzano gli aiuti finanziari come mezzi palesemente coercitivi, come uno strumento per intervenire nel conflitto intrapalestinese. In realtà, stanno versando benzina sul fuoco per acuire i contrasti e le divisioni, in modo da piegare l’eroica resistenza del popolo palestinese e degli altri popoli della regione e imporre i propri piani criminali.

Il partito comunista greco si oppone all’uso di questi aiuti come mezzo di intervento imperialista ed è per questo che ha votato contro la relazione. Il mio partito esprime la sua solidarietà e chiede aiuti umanitari e finanziari incondizionati al popolo palestinese, la fine della crudele occupazione israeliana e la creazione di uno Stato palestinese indipendente con Gerusalemme est capitale.

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Ogni volta che si affronta l’argomento su cui verte la presente relazione, ci si chiede inevitabilmente quale sia lo scopo dei finanziamenti UE alla Palestina e quale strategia occorra seguire a tale proposito. Tre sono gli assi fondamentali che devono sempre far parte della risposta: primo, il sostegno alle persone; secondo, la promozione della creazione di un futuro Stato palestinese fondato sulla democrazia e sul rispetto per i diritti umani; terzo, la promozione della pace.

L’esito delle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) non sono state finora del tutto rassicuranti. “Sulla base delle informazioni disponibili alla data del comunicato stampa dell’OLAF non è stata rilevata alcuna prova determinante di sostegno ad attacchi armati o attività illecite finanziati mediante contributi comunitari all’Autorità palestinese”. Tuttavia, “vi sono indizi concordanti a sostegno dell’ipotesi che non possa essere escluso che alcune delle risorse dell’Autorità palestinese possano essere state usate da talune persone per propositi diversi da quelli cui erano destinate”.

Il sostegno dell’Unione europea deve essere visibile, riconoscibile ed efficace nel conseguimento di questi obiettivi. Purtroppo, non possiamo essere certi che questo sia stato il risultato delle nostre iniziative. Nel complesso, va inoltre riconosciuto che il ruolo dell’Unione europea nella regione è stato positivo.

 
  
  

– Relazione Díaz de Mera García Consuegra (A6-0170/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) L’idea di scambiare un certo numero di informazioni contenute nei casellari giudiziari è indubbiamente da accogliere con favore, specialmente in ambiti sensibili quali la pedofilia, ma anche al fine di arrestare un maggior numero di spacciatori di droga e altri criminali organizzati.

Occorre tuttavia evitare che, in virtù di questa misura, rispettabili cittadini vengano trattati come criminali per una piccola nota presente sulla loro fedina penale. Come ha dimostrato il caso dei fascicoli sugli ultras, trovarsi nei paraggi di determinati eventi spesso è sufficiente per finire sulla lista nera. E’ inoltre pericoloso applicare indiscriminatamente tale processo agli ambiti più sensibili, se non altro per motivi di protezione dei dati personali, ed è per questo che non ho potuto votare a favore.

 
  
MPphoto
 
 

  Javier Moreno Sánchez (PSE), per iscritto. – (ES) Io, come gli altri appartenenti alla delegazione socialista spagnola, voto a favore perché non voglio assistere alla paralisi della procedura legislativa citata nella relazione e perché concordo con i risultati della consultazione del Parlamento approvati dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.

Tuttavia, tramite questa dichiarazione di voto, desidero protestare per l’idoneità del relatore, onorevole Díaz de Mera, che è stato accusato e multato per oltraggio alla corte dopo essersi rifiutato di collaborare con il tribunale che stava processando i presunti esecutori dei tremendi attentati dell’11 marzo, i peggiori attentati terroristici mai avvenuti sul territorio europeo, perpetrati mentre egli occupava la carica di Capo della polizia. Data la gravità della sua condotta, il giudice ha avviato le procedure preliminari per la presentazione di un appello al Parlamento europeo.

E’ per questo che ritengo che lo sprezzo per la corte dimostrato dall’onorevole Díaz de Mera e il contenuto delle sue dichiarazioni non siano compatibili con il suo mandato di relatore del Parlamento europeo per le relazioni sulla cooperazione giudiziaria e di polizia tra gli Stati membri e la lotta al terrorismo, e che essi danneggino la credibilità del Parlamento.

 
  
MPphoto
 
 

  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La direttiva sullo scambio di informazioni tratte dai casellari giudiziari rappresenta un ulteriore colpo ai diritti di inviolabilità della privacy e alla protezione dei dati personali dei cittadini dell’UE. Essa prevede la trasmissione di informazioni estratte dai casellari giudiziari non solo degli Stati membri dell’Unione europea, ma anche di paesi terzi, e non solo in relazione a procedimenti penali avviati contro un individuo, ma a qualsiasi scopo. La direttiva non contiene provvedimenti sostanziali a tutela dei dati personali in relazione a tali informazioni. Viola apertamente la legislazione nazionale degli Stati membri e del nostro paese, nonché le convenzioni internazionali che stabiliscono che le informazioni aventi come fine quello di condannare una persona siano assolutamente riservate e possano essere trasmesse unicamente nel quadro dei procedimenti penali contro di essa, oppure in casi molto specifici e limitati previsti dalla legge. In questo modo, l’armonizzazione (in senso reazionario) dei regimi penali degli Stati membri viene ulteriormente promossa, con l’obiettivo ultimo di formulare un codice penale unico per l’UE che limiterà e abolirà i diritti fondamentali dell’individuo e le libertà politiche, privando al contempo gli Stati membri di uno degli elementi cruciali su cui si fonda la loro sovranità nazionale.

 
  
  

– Proposte di risoluzione (B6-0265/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La risoluzione presentata dalla commissione per lo sviluppo è al contempo pertinente e molto importante. Alcuni esempi dimostrano ciò che è noto da tempo, ovvero che le politiche e le misure effettivamente perseguite spesso contraddicono gli obiettivi dichiarati.

La commissione sottolinea che, in merito al documento sulla strategia regionale 2007-2013 e al programma indicativo pluriennale per l’Asia proposti dalla Commissione, e tenendo conto del regolamento che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e che stabilisce chiaramente che “l’obiettivo primario generale della cooperazione a titolo del presente regolamento è l’eliminazione della povertà nei paesi e nelle regioni partner nel contesto dello sviluppo sostenibile”, non si riesce a capire, per esempio, in che modo “per quanto riguarda il sostegno all’Associazione delle Nazioni del sudest asiatico (ASEAN), gli obiettivi dichiarati del programma «sostegno istituzionale e dialogo interregionale» possano comprendere il «sostegno a eventuali negoziati per un accordo di libero scambio ASEAN-UE e alla sua applicazione» e «una maggiore visibilità del contributo della CE all’ASEAN»”. E’ difficile comprendere in che modo questa proposta possa conciliarsi con l’obiettivo primario dell’eliminazione della povertà nel contesto dell’aiuto pubblico allo sviluppo.

E questa è soltanto la punta dell’iceberg

 
  
  

– Proposte di risoluzione (B6-0251/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Richard Seeber (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, i rappresentanti dell’ÖVP austriaco si sono astenuti dalla votazione sulla presente relazione perché ritengono che si tratti di una questione di sussidiarietà e che le decisioni in merito vadano prese dalle autorità regionali, locali e nazionali. Si tratta senza dubbio di una tragedia per le persone coinvolte; tuttavia, il processo decisionale non deve essere trasferito a Bruxelles per motivi politici. Deve restare nelle mani delle autorità locali competenti.

 
  
MPphoto
 
 

  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto.(SV) Comprendiamo che nel settore edilizio spagnolo possono esistere notevoli problemi e che si possono verificare situazioni in cui persone inconsapevoli acquistano in buona fede immobili che, come emerge in seguito, le società edili non avevano alcun diritto legale di costruire. Questi, tuttavia, sono problemi che possono e devono essere risolti nell’ambito giuridico dello Stato membro interessato. Non vi è motivo di introdurre una legislazione a livello UE che affronti tali tematiche.

 
  
  

– Proposte di risoluzione (B6-0249/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Voi volete moralizzare il cosiddetto commercio “legale” di quelle che chiamate armi tradizionali, vietandolo in base a criteri concernenti il loro probabile utilizzo (atti terroristici, violazioni dei diritti umani, escalation o scatenamento di conflitti, eccetera). L’intento è certamente degno di lode.

Allo stesso tempo, però, e da parecchi anni ormai, l’Unione europea viene periodicamente scossa dal dibattito in merito all’opportunità di revocare l’embargo sulle armi nei confronti della Cina. Il paese è ancora una dittatura comunista, dove vige ancora il laogai, la pratica dei lavori forzati, dove si perseguitano ancora i cristiani, dove il popolo tibetano è ancora soggiogato, e così via.

In tale contesto, le vostre velleità appaiono quanto meno ipocrite, per non dire ciniche.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Lo scorso dicembre, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che avvia il processo di creazione di un trattato sul commercio di armi. La risoluzione è stata appoggiata da 153 paesi, con la sola opposizione degli USA, unico Stato membro dell’ONU ad opporsi alla creazione del trattato.

Secondo la Relazione annuale 2007 dell’Istituto internazionale di Stoccolma per la ricerca sulla pace – e secondo quanto è stato evidenziato dal nostro gruppo –, le spese militari mondiali hanno raggiunto quota 1 104 miliardi di dollari ai prezzi correnti, il che equivale a una crescita del 3,5 per cento rispetto ai dati del 2005. Inoltre, tra il 1997 e il 2006, i quantitativi sono aumentati del 37 per cento.

Nel quadro di questa pericolosissima crescita, si sono verificate situazioni che dimostrano come il commercio illegale delle armi sia aumentato a ritmi vertiginosi. Prendete, per esempio, il presunto versamento di oltre 1 miliardo di sterline in tangenti da parte della BAE Systems al principe saudita Bandar bin Sultan, con il nullaosta del ministro della Difesa britannico.

Va detto, inoltre, che la normativa sul commercio delle armi sarà più efficace se accompagnata da un processo di disarmo multilaterale, reciproco, e in particolare dallo smantellamento dei vasti arsenali nucleari.

 
  
MPphoto
 
 

  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Il partito comunista greco si è astenuto dalla votazione sulla risoluzione comune dei gruppi politici – gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, gruppo socialista al Parlamento europeo, gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, gruppo “Unione per l’Europa delle nazioni” e gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica – sulla fissazione di criteri internazionali comuni per l’importazione, l’esportazione e la vendita di armi convenzionali perché:

• ritiene un’incommensurabile ipocrisia che, mentre tra il 1997 e il 2006 le spese militari sono cresciute del 37 per cento a livello mondiale, non si faccia cenno al fatto che alcuni paesi dell’UE (Francia, Regno Unito e Germania) sono tra i cinque maggiori esportatori di armi convenzionali;

• è quanto meno ingenuo chiedere “regole” alle multinazionali delle armi, le quali movimentano e vendono armi convenzionali, anche al crimine organizzato, il quale rappresenta anche l’ambito dei loro acquisti internazionali. Inoltre, per ogni esportazione esse conoscono bene sia le società, sia i paesi in cui hanno sede;

• non possiamo apporre la nostra firma accanto a quella di partiti e gruppi politici che sostengono lo sviluppo dell’industria delle armi, i cui governi in passato hanno armato e ancora oggi armano regimi reazionari e organizzazioni paramilitari e militariste e che cercano di apparire gli arcangeli delle norme internazionali e del disarmo;

• non contribuiremo a creare nella gente l’illusione che gli imperialisti e le loro società accetteranno “regole eque”. Per loro, i criteri alla base dell’esportazione e del commercio delle armi sono i propri interessi politici e il profitto.

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Sottoscrivo in pieno il contenuto di questa risoluzione. I paesi hanno il diritto e il dovere di difendere la propria popolazione e di garantire la pace sul proprio territorio e l’integrità dei propri confini. Il commercio illegale e irresponsabile che non rispetta ragionevoli norme di condotta è uno dei principali fattori che fomentano conflitti, guerra e morte. Il commercio delle armi, attività priva di un codice di condotta internazionale che punisca chi lo pratica, va condannato con coerenza e in modo proattivo, in futuro, ovviamente, ma anche oggi. L’assenza di un codice a livello internazionale non deve indebolire la posizione degli Stati membri dell’Unione europea e dei nostri alleati, né deve renderci meno esigenti. Esistono valori su cui non si può transigere.

 
  
  

– Relazione Batzeli (A6-0212/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) In sostanza, la delinquenza giovanile è un fenomeno allarmante per la sua vasta scala: abbiamo registrato la crescita del numero dei reati commessi da bambini sotto i 13 anni. Purtroppo, le statistiche mostrano che tali reati stanno diventando sempre più crudeli. I motivi della delinquenza minorile sono certamente multifattoriali: per esempio, le condizioni socioeconomiche, gli ambienti in cui i giovani si ritrovano, la famiglia e la scuola, l’ambiente delle gang, le cattive amicizie e il precoce abuso di alcool e di tutti i tipi di droga.

Vorrei elogiare il fatto che, al contrario di quanto accaduto nel recente passato, il documento adottato pone finalmente l’accento sul ruolo assolutamente indispensabile di una famiglia unita, in cui padre e madre dedichino una quantità di tempo sufficiente ai propri figli. Altrimenti, nella formazione della propria personalità, il bambino non avrà modelli di ruolo da imitare nella propria famiglia. Finalmente, è stata approvata la raccomandazione secondo cui gli Stati membri sono tenuti a garantire un adeguato sostegno alle famiglie e ai genitori. Faccio appello anche a tutte le parti interessate affinché si facciano sentire e limitino la costante esibizione di scene di estrema violenza, pornografia, e di consumo di droga nei media. Tali immagini si trovano anche su Internet o nei videogiochi in commercio. Sono lieto che non si segua solo la via della repressione dei fenomeni negativi ma, innanzi tutto, della prevenzione primaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (ITS). (NL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione Batzeli perché, a mio avviso, quest’Aula si rifiuta ancora una volta di guardare in faccia la realtà, valuta male le cause della delinquenza giovanile e, nel complesso, offre soluzioni sbagliate. In particolare, questa Assemblea resta cieca dinanzi all’altissimo livello di criminalità tra i giovani immigrati e in particolare tra i giovani musulmani, benché questo sia un fenomeno chiaramente diffusissimo in tutti gli Stati membri europei. Quando si offrono spiegazioni, esse si riferiscono soltanto a fattori socioeconomici di ogni sorta, mentre anche gli elementi culturali sono determinanti, come evidenziano le conclusioni di Marion van San, l’esperta olandese, su questa materia.

Ancora una volta si cerca scampo in misure sociali e preventive di ogni sorta, le quali, devo ammetterlo, restano necessarie, mentre quelle giudiziarie e repressive non vengono toccate; dovrebbe essere chiaro a tutti che situazioni disperate richiedono provvedimenti disperati.

 
  
MPphoto
 
 

  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) E’ importante analizzare le diverse esperienze degli Stati membri nell’ambito della criminalità giovanile e divulgare le buone prassi. Tuttavia, è possibile farlo nel quadro delle strutture già esistenti a livello nazionale, oltre che comunitario. Perciò abbiamo votato contro il paragrafo 33, il quale prevede la creazione di un Osservatorio europeo della delinquenza giovanile.

 
  
MPphoto
 
 

  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci siamo astenuti dalla votazione finale sulla relazione perché le nostre proposte più importanti sono state escluse. Esse erano:

– ritiene che occorra promuovere i valori racchiusi nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989.

– sottolinea l’importanza della formazione (iniziale e permanente) dei magistrati che lavorano con i minori, in questo caso delinquenti, e l’inserimento di specialisti in altri ambiti dei tribunali minorili, affinché possano adottare contromisure prima che sia troppo tardi.

Riteniamo che occorra promuovere e conferire maggiore visibilità ai diritti del fanciullo; inoltre crediamo che occorra adottare provvedimenti energici nei confronti dei delinquenti minorenni, per esempio sospendendo l’attuazione dei piani comportamentali giovanili, che dovrebbero coinvolgere l’individuo in questione e i suoi genitori o tutori.

Dato che, nella maggior parte dei casi, esistono fattori sociali ed economici alla radice della delinquenza minorile, occorre migliorare il tenore di vita delle famiglie in modo tale che si dedichino maggiormente ai propri figli, bambini e giovani.

Pertanto appoggiamo gli investimenti nella prevenzione e non nei procedimenti giudiziari, linea quest’ultima adottata dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei. Benché non siano riusciti in tutti i loro intenti, sono riusciti a peggiorare la relazione originaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Nonostante qualche bagliore, la relatrice sembra essere una seguace della cultura della giustificazione ed essere convinta che solo la società sia colpevole dei crimini di cui sono vittime i suoi membri. Così ci fornisce analisi e proposte a dir poco sorprendenti.

Sfiora l’assurdo, riservando la “prevenzione terziaria” (sic!) ai recidivi, o proponendo l’introduzione di “una procedura moderna di soluzione delle controversie in ambito scolastico”. I deputati che capiscono il significato di questa proposta dovrebbero andare ad applicare tale “procedura” sul terreno, al posto di quei coraggiosi insegnanti che vanno al lavoro ogni giorno temendo di essere picchiati o persino accoltellati per uno sguardo frainteso o un cattivo voto!

La relazione rasenta il delirio quando parla di gestione della “delinquenza giovanile in direzione di una decriminalizzazione, depenalizzazione, degiudizializzazione e deistituzionalizzazione”. Sic, un’altra volta?! Un reato che non è più tale se commesso da un minorenne! Un omicida non sarebbe più punito perché ha meno di 18 anni!

Qualunque sia la vostra opinione, anche la migliore prevenzione non funziona senza pene, senza le quali la società diventerebbe una giungla in cui le prime vittime sarebbero i più deboli.

 
  
MPphoto
 
 

  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Dato che la delinquenza giovanile è un grosso problema in tutti gli Stati membri, sarebbe disastroso se il Parlamento europeo lanciasse il segnale sbagliato.

La presente relazione contiene due temi cruciali:

1) La degiudizializzazione e deistituzionalizzazione della giustizia per i minori.

Questo regime esiste dal 1991 in uno dei nostri Stati membri, e i magistrati minorili hanno di recente manifestato fuori dal tribunale perché il sistema “non aiuta gli individui a rischio”.

Il mediatore per i bambini di quel paese ha rilasciato la seguente dichiarazione: “le autorità stanno dando ai giovani un segnale di impotenza, impunità e abbandono”.

Fortunatamente, la promessa della degiudizializzazione non è stata mantenuta.

2) La tematica delle “pene” è nuovamente al centro del discorso politico europeo.

L’opinione del CESE sulla delinquenza giovanile ha anche posto l’accento sui pilastri di un’efficace risposta alla delinquenza minorile per mezzo di misure preventive, giudiziarie ed extragiudiziarie, riabilitazione, integrazione e reinserimento sociale.

Ho votato a favore di questa relazione perché il nostro emendamento, che va nella stessa direzione, è stato adottato.

Dovremmo chiederci se sia compito del Parlamento europeo dare istruzioni agli Stati membri su come organizzare il proprio regime penale.

Non è necessario creare un nuovo Osservatorio europeo sulla delinquenza giovanile: i moderni mezzi di comunicazione permettono agli osservatori nazionali di collegarsi facilmente in rete.

 
  
  

– Relazione Klich (A6-0223/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Viorica-Pompilia-Georgeta Moisuc (ITS) . – Propunerea de intrare în vigoare a Tratatului Constituţional, cu precizarea de numire în funcţie a unui ministru de externe şi a unui aparat diplomatic corespunzător, mi se pare hazardată în situaţia în care acest Tratat a fost respins de unele state europene, iar în statele nou intrate în Uniune nici măcar nu a fost pus în discuţie.

Lipsurile grave în privinţa respectării drepturilor şi libertăţilor omului, în special în ţările terţe, cu care Uniunea are relaţii speciale, mi se par a fi tratate global şi generalizant, problema fiind mult mai complexă. Un exemplu: ignorarea totală a acestui lucru în zona Transnistria este o chestiune minimalizată în raport. După părerea mea, situaţia drepturilor omului în Transnistria ar necesita ea însăşi o dezbatere aparte, pentru că este vorba de un focar de insecuritate la frontiera de est a Uniunii Europene.

Combaterea corupţiei în statele Uniunii Europene, nu numai în statele terţe, trebuie văzută şi urmărită atent, deoarece se petrec alunecări periculoase chiar în sânul comunităţii europene, ce trec cvasi-neobservate. Un exemplu: în România au fost puşi sub acuzare şi urmărire penală, pentru însuşire de sume mari de bani, fals şi uz de fals, o serie de membri ai actualului guvern, dintre care şi unii membri ai ungurilor din România, cetăţeni români. Reacţia guvernului de la Budapesta a fost promptă: a cerut oficial explicaţii guvernului român pentru aceasta, politizând acţiunea Parchetului General. Este un gest nu numai reprobabil, dar şi de amestec făţiş în treburile interne ale unui stat vecin, membru al Uniunii Europene. Este motivul pentru care noi am supus acest raport unui vot negativ.

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (ITS).(NL) Signor Presidente, la relazione Klich è, a mio modo di vedere, l’ennesima relazione in cui il Parlamento sceglie semplicemente di ignorare la volontà della maggioranza dei francesi e degli olandesi, volontà espressa democraticamente nei loro referendum, e prosegue nell’attuazione di sezioni di questa Costituzione europea in modo molto ambiguo. Secondo me è inaccettabile e poco democratico che si insista apertamente sull’attivazione della clausola passerelle, e cito, “contestualmente al proseguimento del processo costituzionale”.

Inoltre, è parimenti inaccettabile che si insista sull’introduzione delle maggioranze qualificate negli ambiti dell’immigrazione e dell’integrazione. Penso che i singoli Stati membri e i singoli popoli abbiano il diritto di veto e debbano poter continuare ad occuparsi dei propri mercati del lavoro. Benché tutto ciò sia molto europeo, certamente non è democratico.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. (FR) I nostri confini esterni sono dei colabrodo? Apriamoli quindi a un flusso ancora maggiore di immigrazione che definiremo “legale” o “scelta” oppure come un “allentamento della politica dei visti”. I terroristi si sono impegnati a distruggere le nostre società occidentali, in odio ai loro fondamenti e valori politici? Minacciamo di ostracizzare gli Stati che li sostengono e concentriamoci sull’essenziale: una definizione comune del terrorismo in sede ONU! Le famiglie delle vittime degli attentati di Londra e Madrid apprezzeranno questa definizione semantica. Le nostre polizie stanno crollando sotto le assurde e burocratiche richieste dell’Europol? Conferiamo a quest’organismo l’autorità di impartire loro ordini ancora più futili e diamo ai suoi burocrati quella di svolgere con sollecitudine le indagini.

Siamo lucidi: distruggendo le frontiere interne dell’Unione europea senza rafforzare quelle esterne, la creazione dello spazio di “libertà, sicurezza e giustizia” ha incoraggiato l’esplosione dell’immigrazione illegale, dei traffici e della criminalità transfrontaliera, e ha reso i nostri Stati più vulnerabili al terrorismo.

E’ vero: la cooperazione e la solidarietà in questi ambiti sono essenziali, ma devono rientrare nel contesto della cooperazione intergovernativa tra Stati che hanno frontiere definite e sorvegliate a livello nazionale.

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Lang (ITS), per iscritto. – (FR) Dopo aver fallito nella creazione di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, il vero e proprio rifugio di pace che l’Europa sarebbe dovuta diventare dopo la ratifica degli accordi di Schengen, Bruxelles ora si preoccupa della propria “dimensione esterna”.

L’Europa intende esportare i propri valori democratici e i principi dello Stato di diritto che si fondano sul rispetto per i diritti umani e sull’esistenza di istituzioni solide.

Tutto ciò è molto encomiabile. Ma quali sono realmente i metodi che propone? Un’eterna propaganda a favore del terzo mondo, dell’immigrazione e dell’Europa.

La relazione pertanto ci chiede di attivare la clausola passerelle di cui all’articolo 42 del Trattato, il che porterebbe a inserire le disposizioni in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia e quelle relative all’immigrazione illegale nell’ambito di applicazione del quadro comunitario. Gli Stati membri sarebbero quindi vincolati da decisioni prese da una maggioranza di altri Stati, anche se non le accettassero.

La creazione di un ministero europeo degli Esteri, una proposta presentata nel Trattato costituzionale, respinto a suo tempo dai referendum francese e olandese, è nuovamente all’ordine del giorno. Perciò stiamo discutendo ancora una volta di sottrarre qualche altro potere sovrano agli Stati membri per darlo a Bruxelles. Ciò che questa relazione propone non è più democrazia ma più asservimento.

 
  
MPphoto
 
 

  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La relazione promuove l’attuazione di una politica estera più aggressiva verso le nazioni e i popoli e una politica più autocratica e repressiva all’interno dell’Unione europea.

1. Chiede l’attuazione della Costituzione europea, la quale è formalmente e materialmente morta, al fine di salvaguardarla ulteriormente, applicando leggi reazionarie e antidemocratiche con il pretesto del terrorismo. E’ sintomatico che le manifestazioni antifasciste nei paesi baltici siano definite “tendenze radicali violente tra le minoranze russe”. Inoltre chiede:

• di incrementare l’efficacia dei meccanismi repressivi a livello europeo;

• di utilizzare tutti gli aspetti della politica (militari, economici, civili) per esercitare una manifesta coercizione e soggiogare popoli e paesi;

• di rafforzare la cooperazione con gli USA;

• di limitare le eventuali differenze tra gli Stati membri schierandosi a favore di una “UE che si esprime con una voce sola”.

2. Nel campo delle relazioni e dei negoziati internazionali adotta una ricetta americana per esportare il proprio diritto interno e convertirlo in diritto internazionale, prevedendo inaccettabili clausole in materia di “democrazia”, “terrorismo” e “diritti umani”, persino nel campo del commercio, sovvertendo in tal modo i principi fondamentali del diritto internazionale. Si autonomina inquisitrice in nome dei diritti umani e della democrazia, tentando di istituzionalizzare il principio del “chi è con me”; in altre parole, chi non accetta il capitalismo è un nemico.

3. Votando a favore della relazione, i partiti della Nuova Democrazia e del PASOK hanno dimostrato che sono due facce della stessa medaglia e che hanno unito le proprie forze per consolidare l’UE e instaurare il nuovo ordine imperialista.

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’ultima comunicazione della Commissione su questo tema auspica una strategia coerente che sia formulata in collaborazione con i paesi di origine dell’immigrazione, in particolare di quella illegale. Questo è il giusto approccio e pertanto lo appoggiamo. Al contempo, quale parte integrante di questa politica, si devono creare canali per agevolare l’immigrazione legale, pubblicizzando i potenziali rischi e le potenziali conseguenze di quella illegale e rendendo semplici e trasparenti i canali legali.

Questo approccio comporta anche investimenti per la creazione di posti di lavoro, in collaborazione con questi paesi. Altrimenti, finché vi sarà indigenza da una parte e l’attrattiva di opportunità di lavoro dall’altra, l’immigrazione continuerà per sempre, anche quella illegale, se non vi è altro modo per entrare nel paese.

Infine, esiste ovviamente anche l’esigenza di rinnovare e rafforzare la cooperazione con i paesi del Mediterraneo, proprio a causa (anche se non esclusivamente) dell’immigrazione.

 
  
  

– Relazione Roure (A6-0151/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Philip Claeys (ITS).(NL) Signor Presidente, non esagero quando dico che questa Aula, con l’approvazione della relazione Roure, sta fondamentalmente pregiudicando la libertà di opinione sancita da numerosi accordi internazionali. In questo ambito, la relazione Roure va ben oltre tutte le precedenti relazioni ideologiche, le quali sostengono un razzismo a senso unico di cui questa Assemblea sembra detenere il brevetto. Infatti, sostenendo incondizionatamente la pericolosa decisione quadro, l’Assemblea è favorevole a criminalizzare l’espressione delle opinioni e delle convinzioni in un modo che ricorda i regimi totalitari.

“Ogni opinione”, cito testualmente dalla relazione, “intesa a dare adito ad atti illeciti sarà d’ora in avanti perseguibile in ogni Stato membro europeo”. Pertanto, qualunque deviazione dal discorso politico predominante sull’immigrazione, sull’identità nazionale e sull’islamizzazione sarà troncata sul nascere. Lo spirito di tolleranza di Voltaire, espresso così pregevolmente nella frase “Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo”, viene così profanato dalla burocrazia europea. Questa Europa è molto più pericolosa dell’immaginario orco che sostiene di combattere. Questa Europa è un pericolo per la democrazia.

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto.(FR) Il 19 aprile, i ministri europei della Giustizia hanno raggiunto un accordo politico sulla lotta al razzismo in Europa superando molti scogli: questo è un nuovo strumento giuridico che limiterà ulteriormente la libertà d’espressione.

A tale proposito vorremmo ringraziare gli Stati membri che hanno opposto una certa resistenza all’adozione di questo documento, nella convinzione che limitare la libertà d’espressione non sia il modo giusto per combattere il razzismo. Si tratta di Regno Unito, Italia, Irlanda e di alcuni paesi scandinavi.

La libertà di espressione è una delle libertà fondamentali. Può essere limitata dal diritto civile soltanto in caso di invasione della sfera privata, diffamazione o istigazione a delinquere.

Quale è la pertinenza o l’opportunità di un testo simile? In un periodo in cui le frontiere dell’Europa sono scomparse, provocando un’esplosione dell’immigrazione illegale e della criminalità transfrontaliera, non è più urgente garantire la sicurezza degli europei sul loro territorio piuttosto che occuparsi della criminalizzazione di presunte espressioni razziste?

Infine, vorrei sottolineare la curiosa mancanza nel testo di una condanna dei crimini di Stalin o del genocidio armeno. Si fa riferimento esclusivamente ai crimini di Hitler e ai crimini riconosciuti dai tribunali internazionali (Srebrenica, Ruanda). Questa relazione mira a limitare la libertà, inoltre è intempestiva e settaria. Pertanto il nostro voto sarà contrario.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) Tutti sono uguali davanti alla legge: alcuni, però, sono più uguali di altri. Attualmente, coloro che sono immigrati nell’UE sembrano godere di un certo grado di libertà. Non solo un imprudente rispetto per usi e costumi diversi fa sì che si rilascino persone senza alcun addebito, ma i media non riferiscono neppure della criminalità e del razzismo che esistono tra i migranti. I buonisti continuano ad indignarsi, con lunghe manifestazioni e pressanti inviti a lottare contro il razzismo.

In ambito governativo, si gioca la carta del razzismo per sbarazzarsi di fastidiosi oppositori. I partiti nazionali con forti legami con il proprio paese vengono banditi con il pretesto che sono razzisti soltanto perché citano statistiche governative ufficiali relative ai tassi di criminalità tra gli immigranti, che sono al di sopra della media. Ciò non dovrebbe essere consentito in una democrazia. Gli idealisti multiculturali mirano a farci sbattere a tutta velocità contro i guardrail, e la decisione quadro proposta sulla lotta al razzismo costituisce un altro passo verso uno Stato totalitario. Qualcuno deve tirare il freno a mano, ed è per questo che ho votato contro la relazione dell’onorevole Roure.

 
  
MPphoto
 
 

  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Voto a favore dell’adozione della relazione dell’onorevole Roure dal titolo “Lotta contro il razzismo e la xenofobia: evoluzione dei negoziati relativi alla decisione quadro”.

I crimini a sfondo razziale restano un problema di attualità in tutti gli Stati membri. Si stima che oltre nove milioni di persone siano vittime di crimini a sfondo razziale ogni anno. Allo stesso tempo, le grandi differenze tra le norme giuridiche nel campo della lotta al razzismo e alla xenofobia negli Stati membri dell’Unione europea impediscono di lottare contro questi episodi in modo efficace a livello transfrontaliero o europeo.

Pertanto, occorre fornire un chiaro sostegno politico all’Europa dei cittadini e alla decisione quadro adottata al fine di garantire una robusta tutela dei diritti fondamentali. A tale proposito, occorre anche sviluppare un solido quadro giuridico per la lotta contro il razzismo e la xenofobia, agevolando una rapida adozione della direttiva orizzontale sulla lotta contro la discriminazione conformemente all’articolo 13 del Trattato sull’Unione europea, che preveda sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.

 
  
  

– Relazione Pirker (A6-0182/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Signor Presidente, desidero prima di tutto farle anch’io gli auguri per il suo onomastico. Il problema dei rifugiati non grava unicamente su regioni di importanza cruciale come Malta. I rifugiati vivono anche tra noi. Il mio paese, la Slovacchia, è soprattutto un paese di transito per gli stranieri costretti a fuggire da conflitti armati. Molti di loro hanno trovato qui una nuova casa e si sono affermati nel mercato del lavoro.

In merito al dibattito sulla relazione in materia di asilo, sulla collaborazione pratica e sulla qualità del processo decisionale nel regime europeo comune in materia di asilo redatta dal nostro collega, onorevole Hubert Pirker, desidero esprimere dal profondo del cuore la mia gratitudine al Consiglio per i migranti e gli itineranti della Conferenza Episcopale Slovacca, nonché encomiare il loro sensibile ed esemplare approccio alla soluzione della difficilissima situazione dei rifugiati.

Le discussioni sulla relazione dell’onorevole Hubert Pirker si svolgono al Parlamento europeo il 20 giugno, ovvero la stessa data dichiarata Giornata mondiale dei rifugiati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ritengo che ciò dimostri la solidarietà del Parlamento europeo nei confronti degli Stati membri che lottano per risolvere la difficile situazione dei rifugiati. Sono grata al relatore per questo documento, che ho sostenuto con il mio voto e che ritengo un passo avanti verso la realizzazione di un regime comune in materia di asilo per l’UE. Questa è un’eccellente base da cui partire per adottare decisioni che devono essere rapide, sicure e giuste per tutti gli interessati.

 
  
MPphoto
 
 

  Frank Vanhecke (ITS).(NL) Signor Presidente, anche se penso che in quest’Aula abbiamo già esaminato svariate relazioni, ho l’impressione che, in materia di politiche per i rifugiati, la relazione Pirker le superi tutte. Cosa dice questa relazione, alla lettera? Dice che una lungimirante politica comune in materia d’asilo si fonda su, cito, “l’obbligo di ammettere i richiedenti asilo e sul rispetto del principio del non respingimento”. Questo non solo è semplicemente insensato dal punto di vista giuridico e del diritto internazionale, ma rappresenta anche un segnale politico del tutto sbagliato.

A mio parere, una politica veramente lungimirante in materia di asilo deve prima di tutto occuparsi dell’accoglienza degli autentici richiedenti asilo nella regione e nel continente da cui provengono i richiedenti stessi. Essi possono essere accolti soltanto in centri attentamente monitorati e soltanto coloro che, in seguito a un rigoroso esame, sono riconosciuti come autentici rifugiati possono essere ammessi in un paese dell’Unione europea per un certo periodo di tempo. In tale politica, naturalmente, è di importanza cruciale redigere un elenco dei paesi sicuri. Mi rincresce che, in questo ambito, la relazione Pirker vada in una direzione completamente sbagliata, circostanza a cui purtroppo ci siamo abituati nel corso di questo processo di integrazione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. – (EN) I conservatori si oppongono fermamente a un regime comune in materia di asilo per l’Unione europea. Fa parte dei diritti sovrani degli Stati membri, in particolare se non partecipano agli accordi di Schengen, stabilire le proprie politiche in materia di asilo e di immigrazione. Per tale motivo i conservatori hanno votato contro questa relazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Sono favorevole a una politica UE comune e proattiva in materia di asilo.

Tale politica di asilo deve essere fondata sull’obbligo di garantire l’ingresso ai richiedenti asilo e di rispettare il principio del non respingimento. Voto anche a favore di una più equa ripartizione dell’onere tra gli Stati membri, di una banca dati comune dei paesi di origine e di campagne di informazione nei paesi d’origine e di transito.

Appoggio l’introduzione di una procedura comune in materia di asilo a livello di Unione europea entro il 2010 e la creazione di uno status uniforme per le persone che hanno il diritto all’asilo o a una protezione sussidiaria.

 
  
MPphoto
 
 

  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) L’unico punto encomiabile della relazione è rappresentato dal progetto di organizzare campagne di informazione nei paesi di origine. Ho votato contro la proposta perché finché il Regno Unito accetterà il 12 per cento di tutte le domande dei rifugiati e la Svezia concederà il nullaosta al 91 per cento delle richieste, non potremo mai essere d’accordo. Non possiamo affrontare lo shopping del diritto di asilo con norme UE armonizzate quando assistiamo all’abuso del diritto di asilo per aggirare le regole sull’immigrazione legale e quando i nostri processi vengono tirati per le lunghe da ricorsi insensati, anche quando non sussiste motivazione alcuna per la concessione dell’asilo.

Finché sarà possibile gettare via i propri documenti, dire la parola magica “asilo” e restare nell’UE per anni, i ladri avranno sempre un’infinità di modi per restare in giro o per nascondersi nella clandestinità. L’unico modo per affrontare questi abusi è accettare solo le richieste di asilo presentate presso i campi di accoglienza al di fuori delle frontiere dell’Unione europea.

 
  
MPphoto
 
 

  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. (EL) La relazione rispecchia e riproduce la politica di ostilità dell’UE verso immigranti e rifugiati. Evita di parlare delle cause che provocano le ondate di immigranti e di rifugiati: le guerre e gli interventi imperialisti dell’UE, degli USA e della ΝΑΤΟ e lo sfruttamento predatorio delle risorse e delle fonti di ricchezza per i paesi e i popoli di tutto il mondo. Migliaia di immigranti e di rifugiati affogano alle frontiere marine dell’UE e vengono tenuti in “campi di concentramento” nei paesi dell’Unione, in condizioni scandalose per la civiltà umana. Le immagini dell’assoluta miseria e del crudele trattamento cui sono sottoposti gli immigranti e i rifugiati di cui la missione del Parlamento europeo è stata spettatrice qualche giorno fa nei centri di detenzione di Samos e di Atene ne sono un tipico esempio. Il governo greco ha concesso asilo a 39 persone (lo 0,84 per cento) su 4 624 richiedenti. La situazione è simile a quella degli altri Stati membri dell’UE. La relazione, con i provvedimenti relativi a una procedura europea di rimpatrio e un elenco dei “paesi terzi sicuri”, in pratica promuove l’abolizione dell’asilo, mentre le sue proposte di applicazione dei sistemi di monitoraggio e di database biometrici nel quadro di un regime comune in materia di asilo affrontano il problema dei rifugiati con mezzi repressivi. Questo documento aggrava la già tragica situazione dei rifugiati presenti nell’UE, rivelando in tutta la sua solennità la natura disumana e crudele di questa Unione imperialista e del suo sistema di sfruttamento capitalista.

 
  
MPphoto
 
 

  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il numero dei richiedenti asilo cresce di giorno in giorno in tutta l’UE.

La disperazione di molti ha avuto tragiche conseguenze.

Per l’Unione europea è essenziale stabilire regole comuni che contribuiscano ad evitare il ripetersi di tali situazioni e gettino le basi per un’assistenza reciproca tra gli Stati membri, perché le pressioni cui essi sono sottoposti variano, e spesso dipendono dalla loro posizione geografica.

La creazione di un regime comune europeo in materia di asilo dovrebbe fondarsi su tre assi principali: l’introduzione di una procedura uniforme, la condivisione di informazioni sui paesi di origine e una più stretta collaborazione tra gli Stati membri per aiutare gli Stati soggetti a pressioni maggiori. Occorre pertanto incoraggiare la creazione di stretti legami tra le autorità degli Stati membri, con il fine ultimo di migliorare la qualità del processo decisionale, il quale deve diventare più rapido, equo e affidabile. Soltanto in tal modo saremo in grado di conseguire l’obiettivo di un regime comune in materia di asilo entro il 2010.

 
  
MPphoto
 
 

  Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) L’Unione europea ha sempre insistito sul mantenimento della scadenza del 2010 per la creazione di un regime comune in materia di asilo. Il miglioramento della qualità delle decisioni dovrebbe consentire un avvicinamento tra le politiche degli Stati membri per arrivare a questo regime comune. Il miglioramento della qualità delle decisioni prese dovrebbe consentire a coloro che necessitano di protezione di entrare nell’Unione europea in sicurezza, e un esame corretto delle loro richieste di asilo.

Dobbiamo combattere la tendenza di alcuni a ritenere che il miglioramento delle decisioni in materia di asilo ridurrà il numero delle domande di asilo. La politica comune in materia di asilo deve, soprattutto, tutelare le persone e garantire il diritto di asilo e il principio del non respingimento conformemente alle Convenzioni di Ginevra. Respingo inoltre qualunque tentativo di esternalizzare le richieste di asilo. E’ per questo che ho presentato e votato a favore degli emendamenti all’elenco dei paesi terzi sicuri. Ritengo preoccupante che la Commissione esamini questo elenco in assenza di codecisione con il Parlamento europeo e senza attendere la decisione della Corte di giustizia, a cui ho fatto riferimento in questo punto.

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto.(SV) Nonostante io sia contrario a una politica comune in materia di asilo che, come dimostra l’esperienza, danneggia i diritti dei richiedenti asilo, mi astengo dal voto perché i miglioramenti proposti non giustificano, nonostante tutto, un voto contrario.

 
  
  

– Relazione Roithová (A6-0191/2007)

 
  
MPphoto
 
 

  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Desidero fare qualche osservazione in merito a questa relazione.

E’ scontato che nel campo del commercio digitale, i consumatori si trovano in una posizione di debolezza. E’ questo, in particolare, il caso di eBay: per esempio, se acquistate, dovete avere fiducia che il vostro corrispondente vi invii il prodotto, sia che lo abbiate ordinato nel vostro paese, sia che lo abbiate ordinato all’estero.

Esistono strumenti, come PayPal, che dovrebbero contribuire alla sicurezza di questo tipo di transazioni, ma non sono molto pratici, né facili da utilizzare per l’utente medio. Occorre fare qualcosa per aumentare la fiducia nell’e-commerce, un settore ampio e in espansione.

Ma dobbiamo anche essere molto cauti ed evitare di regolamentare eccessivamente questo mercato e di creare un’eccessiva fiducia nei consumatori. Dobbiamo sempre tenere presente che esiste il cosiddetto “consumatore informato e responsabile”, che riesce a scovare da solo le informazioni sul prodotto, e, in caso di problemi, si avvale degli strumenti legali esistenti.

Pertanto, penso che migliorare la qualità degli strumenti esistenti (per esempio, la garanzia legale) e informarne i consumatori sia il principale obiettivo che dobbiamo porci, prima di creare nuove leggi a tutela dei consumatori.

 

10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale

11. Comunicazione delle posizioni comuni del Consiglio: vedasi processo verbale

12. Calendario delle tornate: vedasi processo verbale
MPphoto
 
 

  Presidente. – Con questo si concludono le votazioni.

(La seduta, sospesa alle 13.05, riprende alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. WALLIS
Vicepresidente

 

13. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

14. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto(discussione)

14.1. Cuba
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su quattro proposte di risoluzione su Cuba(1).

 
  
MPphoto
 
 

  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE), autore. – (EN) Signora Presidente, il Consiglio ha recentemente riconosciuto che a Cuba non si sono ottenuti risultati tangibili in materia di diritti umani, nonostante la buona volontà dimostrata dal Consiglio stesso nel 2005.

La maggioranza – se non la totalità – della nostra Assemblea ritiene concordemente necessario per Cuba il varo di un processo di transizione politica, destinato a sfociare in una democrazia pluripartitica. Non si tratta di una posizione eurocentrica – argomento che i nostri avversari amano brandire contro di noi – ma piuttosto dell’universalità e indivisibilità dei diritti umani, compresi i diritti civili, politici ed economici, di cui noi siamo convinti sostenitori. Oggi noi esortiamo ancora una volta il Consiglio e la Commissione a perseverare in qualsiasi iniziativa si renda necessaria per chiedere il rilascio dei prigionieri politici e dei prigionieri di coscienza.

Da parte nostra è importante sostenere senza riserve e incoraggiare con decisione l’avvio di un pacifico processo di transizione, mirante a instaurare a Cuba una democrazia pluripartitica. Gli esempi da seguire non mancano; vent’anni fa, i paesi dell’Europa centrale e orientale che oggi sono Stati membri dell’Unione europea si trovavano da molti punti di vista, compreso quello dei diritti umani, in una situazione analoga a quella in cui versa oggi Cuba. Mi auguro che presto a Cuba assisteremo a grandi mutamenti, e attendo con ansia di vedere quella giornata storica.

 
  
MPphoto
 
 

  Marcin Libicki (UEN), autore. – (PL) Signora Presidente, da quasi mezzo secolo Cuba è dominata da un dittatore e i diritti umani sono costantemente violati. Si tratta, in pratica, dell’ultima roccaforte comunista che ancora esista al mondo; un’altra roccaforte analoga è la Corea del Nord, mentre il regime cinese è per alcuni aspetti diverso, ma spesso altrettanto crudele.

Dopo il crollo del comunismo nel 1989, ci attendevamo che anche questi paesi comunisti rivedessero la propria posizione e che quindi il comunismo si dissolvesse anche presso di loro; purtroppo così non è stato, soprattutto a Cuba. E’ vero che nel paese la gravità delle persecuzioni non è sempre stata uniforme: a periodi di particolare durezza si sono alternate fasi di apparenti concessioni all’opposizione, in cui era consentito un certo grado di liberalizzazione. Tra gli sviluppi che si registrano attualmente, è inquietante soprattutto il fatto che Cuba sia riuscita a guadagnarsi un certo numero di alleati, tra cui alcuni governi europei di sinistra.

Il sostegno – sia pure indiretto – offerto dai governi di alcuni Stati membri dell’Unione europea al regime cubano appare particolarmente preoccupante; ed è inaccettabile l’atteggiamento di maggior tolleranza assunto anche dalle Nazioni Unite nei confronti di questi nefandi regimi. Per esempio, si è giunti ad affermare che a Cuba o in Bielorussia i diritti umani non verrebbero violati.

Invito il Parlamento ad adottare un netto e inequivocabile approccio di condanna nei confronti dei governi cubani, e a farvi seguire azioni specifiche, miranti a rovesciare il crudele regime comunista di Fidel Castro.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore. – (ES) Signora Presidente, in primo luogo vorrei manifestare la mia preoccupazione per il fatto che questo punto, relativo alle relazioni tra l’Unione europea e il governo cubano, abbia sostituito con urgenza un altro tema a mio avviso ben più importante e urgente, ossia la situazione dei rifugiati iracheni.

Questo modo di procedere mi sembra preoccupante soprattutto perché, in realtà, il motivo di fondo di tale sostituzione ha ben poco a che vedere con gli avvenimenti in corso sull’isola caraibica, ma riguarda piuttosto l’ormai abituale tendenza di alcuni colleghi del Partito popolare a servirsi del Parlamento europeo per condurre la propria opera di opposizione al governo spagnolo.

Non è compito mio difendere la posizione del governo spagnolo; non faccio parte di quel governo né del partito che lo sostiene, ma mi preoccupa che ci si appropri di uno spazio tanto importante – la seduta del giovedì pomeriggio, dedicata ai casi di violazioni dei diritti umani nel mondo – a favore di iniziative di tal genere, che contrastano con lo spirito stesso di questi dibattiti.

Desidero poi ricordare che il Consiglio ha già approvato lunedì le sue conclusioni in merito alle relazioni con il governo cubano; tali conclusioni ribadiscono ancora una volta l’intenzione di mantenere aperto il dialogo con la società civile e offrono di riallacciare il dialogo con il governo cubano sulla base di un interesse reciproco e non discriminatorio.

Cuba ha ancora molta strada da fare in termini di libertà, diritti – soprattutto politici – e apertura democratica, ma questa – insisto – non è una novità né una questione urgente. Tanto più che, mi sembra, la posizione adottata lunedì dal Consiglio definisce i parametri per avanzare in questa direzione, soprattutto differenziandosi dalla strategia degli Stati Uniti, basata su una contrapposizione sterile e su un embargo inefficace e insieme irresponsabile, con cui si ostacolano proprio quelle riforme interne a Cuba che permetterebbero di avviare una transizione più ordinata.

In ogni caso, come affermiamo nella risoluzione del gruppo Verts/ALE, la cooperazione deve rappresentare uno strumento di sviluppo per realizzare gli obiettivi di sviluppo del Millennio, e non un mezzo di condizionamento mirante a perseguire fini politici.

 
  
MPphoto
 
 

  Marco Cappato (ALDE), autore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, per una volta non sono d’accordo con il collega Romeva i Rueda, perché credo che ci sia una questione d’urgenza che riguarda Cuba, e che in realtà riguarda anche noi stessi, ossia l’Unione europea, perché altrimenti sarebbe inutile trattare come temi d’urgenza le questioni dei paesi dittatoriali e non democratici da lustri o magari da decenni.

In questo caso l’urgenza riguarda noi e la nostra politica. E’ stata presa una decisione in seno al Consiglio di invitare una delegazione cubana. Cosa può e cosa deve significare questa apertura di dialogo? A nostro avviso, deve significare che qualsiasi modifica, riforma o passaggio di rafforzamento delle relazioni con Cuba deve passare per un altrettanto concreto piano di riforma della situazione dei diritti umani e della democrazia all’interno dell’isola.

E’ vero che la nostra strategia come Unione europea non è quella dell’embargo – e con un emendamento orale proporrò di chiarirlo e di ribadirlo nuovamente – ma è anche vero che non deve e non può essere una strategia di apertura incondizionata e unilaterale, perché anche questa si rivelerebbe, come già in passato, una strategia fallimentare.

Noi dobbiamo, ad esempio, sostenere in modo concreto – ed è un’urgenza che riguarda l’Unione europea molto più che Cuba – quei dissidenti che si sono uniti sotto il manifesto “Unidad por la Libertad”. Uno dei problemi della dissidenza e dell’opposizione cubana è sempre stata la divisione al loro interno, mentre questa volta c’è un manifesto e un documento unito che parla di non uso della forza e di democrazia. Il nostro compito è quello di sostenere questi dissidenti. L’apertura della discussione e del dialogo deve tenere conto di questo, altrimenti sarebbe in contrasto con le politiche e con i principi di questa Unione in materia di diritti umani e di democrazia.

 
  
MPphoto
 
 

  Michael Gahler, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, per prima cosa vorrei dire al collega spagnolo che non ho bisogno di aspettare una visita del Ministro Moratinos per indignarmi per il comportamento del governo spagnolo. In seno al gruppo PPE-DE abbiamo un numero sufficiente di colleghi provenienti dall’Europa centrale e orientale, spinti dalla solidarietà a collaborare con il popolo cubano; il problema – ve lo posso assicurare – non riguarda solo gli spagnoli all’interno del gruppo PPE-DE.

Il futuro del popolo cubano non può essere limitato a due sole alternative: il perpetuarsi del regime comunista oppure la presa di potere del governo di Miami. Alla luce della posizione comune del 1996 abbiamo la responsabilità politica di sostenere le forze pacifiche e democratiche che lavorano per cambiare la situazione. E’ questo il motivo per cui il Parlamento europeo ha assegnato il Premio Sacharov alle Damas de blanco e a Oswaldo Payá.

Sarei stato più soddisfatto se la decisione del Consiglio avesse affermato a chiare lettere che la posizione comune del 1996 è ancora valida, che la decisione adottata lunedì dal Consiglio non modifica quella posizione, che le sanzioni del 2003 sono state semplicemente sospese, e che nel giugno prossimo riesamineremo nuovamente la posizione (con la diciassettesima valutazione della posizione comune). Il Consiglio avrebbe dovuto pronunciarsi chiaramente in questo senso.

 
  
MPphoto
 
 

  Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signora Presidente, vorrei ribadire le osservazioni appena formulate dall’onorevole Romeda. L’unico motivo che ha indotto a sollevare questo argomento è una questione di politica interna spagnola, del tutto estranea alla situazione del paese che stiamo dibattendo. Il Partito popolare ha preferito evitare di discutere un problema davvero urgente, ossia quello dell’Iraq.

In Iraq vi sono oggi due milioni di cittadini iracheni sfollati, mentre altri due milioni sono stati costretti ad abbandonare il paese. Attualmente i vari paesi, anziché accogliere questa povera gente che sta cercando di sfuggire ai bombardamenti e ai massacri che insanguinano l’Iraq, rispediscono i profughi al paese d’origine. In altre parole, da un lato stiamo bombardando la popolazione irachena, e dall’altro non consentiamo agli iracheni di lasciare il paese e li ricacciamo nell’inferno cui cercano di sottrarsi. E’ un comportamento totalmente inumano, e a questo punto è assolutamente inopportuno, da parte nostra, dimenticare la situazione di questa gente.

Riteniamo quindi che l’urgenza sia del tutto fuori luogo; a nostro avviso abbiamo sprecato un’occasione per affrontare un’autentica emergenza umanitaria, nel momento in cui era necessario adottare misure in materia.

Proprio di recente si è tenuta una conferenza sull’Iraq, nel corso della quale si è discusso il problema ed è stata adottata una serie di risoluzioni, cui peraltro il nostro Parlamento non è in grado di dare seguito, in quanto preferisce occuparsi di questioni di politica interna, anziché affrontare i problemi reali che inquietano oggi l’umanità.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Onorevoli colleghi, ricordo a tutti che l’argomento di questo dibattito è Cuba; se qualcuno tenta di spostare la discussione su un altro tema, sarò molto severa.

 
  
MPphoto
 
 

  Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, il mio intervento sarà rigorosamente dedicato a Cuba!

Il Parlamento europeo si è occupato in più occasioni della situazione cubana; purtroppo, i nostri appelli per il pieno rispetto delle libertà fondamentali dei cittadini di quel paese sono invariabilmente caduti nel vuoto. L’antidiluviano regime castrista ha ormai perso ogni contatto con la realtà, e a mio avviso ciò rende altamente improbabile qualsiasi miglioramento apprezzabile fino a quando Castro rimarrà al potere. Tuttavia, il dittatore è ormai anziano, malato e fisicamente incapace di governare il paese; dobbiamo quindi iniziare a riflettere sulle iniziative da prendere quando egli sarà finalmente scomparso dalla scena politica cubana.

Nel frattempo invochiamo ancora una volta riforme democratiche, e in particolare esortiamo le autorità cubane a consentire ai due vincitori cubani del Premio Sacharov, assegnato dal Parlamento europeo, di recarsi in Europa. Ci auguriamo che nella mente dei dirigenti cubani alberghi ancora un minimo di buon senso; in tal caso, saremo presto in grado di accogliere in quest’Aula i vincitori del Premio Sacharov.

 
  
MPphoto
 
 

  Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, per qualche secondo il display della seduta ha indicato “profughi iracheni”. Evidentemente il lapsus ha colpito anche la tecnologia di questa plenaria. Infatti, è di questo che avremmo dovuto discutere, ossia di 4 milioni di iracheni che tentano di arrivare in Europa e a cui noi non diamo ospitalità.

Invece discutiamo di Cuba, perché è in atto una campagna internazionale che ha portato questo Parlamento a votare contro il Venezuela nella scorsa sessione e che oggi probabilmente lo porterà a votare contro Cuba. Aspettiamo che qualcuno del Partito popolare spagnolo si faccia carico di qualche risoluzione contro l’Ecuador e contro la Bolivia. Siamo in attesa di questa azione.

In realtà, il vero obiettivo è quello di contrastare la politica economica che in questo momento una buona parte dell’America latina sta attuando, in contrasto con il neoliberismo e con la logica imperiale della guerra permanente. Si tratta di un dato oggettivo della nostra discussione.

Credo invece che noi dobbiamo chiedere con forza la revisione della posizione comune dell’Unione europea e la revisione dell’embargo. Quello che ha fatto il Consiglio lunedì scorso, invitando una delegazione delle autorità cubane a Bruxelles, è stato un passo molto importante che noi avremmo dovuto valorizzare, in modo tale da avviare un dialogo positivo e da mettere in valore i passi avanti compiuti da Cuba.

Credo invece che quanto affermato in questa risoluzione, a partire dall’articolo 1, manifesti esplicitamente la volontà di una parte di questo Parlamento. Si chiede cioè di modificare il sistema sociale economico e politico di un’isola e di un paese sovrano. Io credo che ciò sia inaccettabile.

 
  
MPphoto
 
 

  Daniel Hannan (PPE-DE). (EN) Signora Presidente, la Cuba di Fidel Castro è l’ultima entità politica dell’emisfero occidentale in cui non vi è neppure un simulacro di democrazia: i movimenti d’opposizione sono messi al bando, i dissidenti vengono imprigionati; e si nega ai cittadini il diritto di viaggiare all’estero. Pochi spettacoli uguagliano per squallore le affannose contorsioni con cui gli esponenti della sinistra occidentale cercano di giustificare in qualche modo la tirannia cubana, che a loro dire sarebbe comunque in grado di produrre abili medici e seducenti ballerine.

Due fattori hanno mantenuto al potere la dinastia castrista: in primo luogo l’irrazionale embargo americano, che ha consentito al dittatore di alimentare una sindrome da assedio indispensabile per far accettare il suo dominio, e in secondo luogo l’indulgenza degli europei – in questo senso devo ricordare il governo Zapatero, che si mostra benevolo con i comunisti cubani fino a concedere loro ogni cortesia diplomatica.

Per portare la libertà a Cuba sarebbe necessario ricorrere all’impegno economico e all’isolamento politico; ora stiamo facendo l’esatto contrario, con disastrose conseguenze per quell’infelice paese.

Sola mors tyrannicida est” ha scritto il mio compatriota Tommaso Moro: la morte è l’unico modo per sbarazzarsi dei tiranni. Che ciò si sia dimostrato vero nel caso di Fidel Castro non è un complimento per nessuno di noi.

 
  
MPphoto
 
 

  Pedro Guerreiro (GUE/NGL). (PT) Quel che effettivamente avrebbe dovuto figurare nell’ordine dei lavori del Parlamento europeo era l’espressione di un autentico desiderio di dialogo, da parte dell’Unione europea, sulla base del rispetto per Cuba.

A nostro avviso, instaurare un dialogo aperto esteso a tutti i temi di interesse reciproco comporta naturalmente l’abbattimento delle barriere che erano state erette per rendere quello stesso dialogo difficile o impossibile. Ciò significa chiedere il ritiro definitivo delle sanzioni imposte dall’Unione europea nel 2003 –temporaneamente sospese – nonché il definitivo annullamento della posizione comune dell’Unione su Cuba. Tali misure aprirebbero la strada alla normalizzazione dei rapporti fra l’Unione europea e Cuba.

Non è questa però l’opzione scelta da coloro che hanno voluto inserire questo dibattito nell’ordine dei lavori del Parlamento, e che hanno sottoscritto la proposta di risoluzione messa oggi ai voti. L’obiettivo è piuttosto quello di accentuare l’isolamento di Cuba, in linea con l’inaccettabile embargo imposto all’isola dall’amministrazione statunitense; si vuole inoltre promuovere un plateale e illimitato intervento negli affari interni cubani, esercitando pressioni dall’esterno per imporre decisioni che solo il popolo cubano ha il diritto sovrano di adottare. La realtà ci dimostra che la risposta migliore a queste macchinazioni sta nell’importanza e nell’enorme prestigio di cui gode il paese, e nei milioni e milioni di persone che danno concreta prova di solidarietà con Cuba e il suo popolo.

 
  
MPphoto
 
 

  Zuzana Roithová (PPE-DE). (CS) Onorevoli colleghi, recentemente ho visitato Cuba e ho constatato che il paese non ha compiuto alcun progresso per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani; in realtà, anzi, la situazione è peggiorata. Invito quindi il Consiglio e la Commissione a elevare una protesta più decisa e vibrata contro le flagranti violazioni dei diritti umani commesse a Cuba, a sostenere le organizzazioni che si battono per la sopravvivenza stessa degli oppositori politici e delle loro famiglie, o che aiutano le ONG di Cuba a comunicare tra loro e a esprimere le proprie opinioni sulle possibili soluzioni dei problemi di interesse pubblico, a rendere accessibile Internet ai cittadini cubani nelle nostre ambasciate, visto che a Cuba i cittadini non hanno accesso all’informazione.

Il Consiglio deve condurre una campagna per il rilascio dei prigionieri politici che subiscono maltrattamenti fisici e non ricevono i medicinali di cui hanno bisogno. Del resto a Cuba anche la gente comune vive nella povertà ed è colpita da malattie. Mancano i medici e le tecniche moderne; una volta la sanità era per Fidel Castro motivo di orgoglio e di gioia, ma oggi i farmaci più comuni sono riservati ai ricchi leader comunisti oppure ai turisti stranieri.

I cubani vogliono cambiare e vogliono la libertà. Non dobbiamo permettere che il Consiglio avvii il dialogo con il regime cubano senza fissare precise condizioni per il rilascio dei prigionieri politici e per quanto riguarda la libertà di espressione.

 
  
MPphoto
 
 

  László Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, un serio motivo ci spinge a seguire da vicino i recenti sviluppi della situazione cubana; infatti, dopo aver governato Cuba per 47 anni, Fidel Castro ha passato il potere a suo fratello Raúl, che da allora regge l’isola in un’atmosfera relativamente tranquilla e organizzata. E’ troppo presto per dire se Fidel riuscirà a riprendersi completamente dalla malattia; tuttavia, secondo l’opinione quasi unanime degli osservatori, egli non sarà più in grado di riprendere in mano la gestione quotidiana degli affari pubblici.

Per la prima volta dalla rivoluzione del 1959, Cuba si trova di fronte alla prospettiva di non essere più completamente dominata da Fidel Castro; si tratta evidentemente di una situazione del tutto nuova, che non possiamo ignorare. Dobbiamo chiederci quali risposte l’Unione europea possa e debba dare a questo nuovo sviluppo.

Il Consiglio dell’Unione europea ha fornito la sua prima risposta tre giorni fa. Nelle sue conclusioni del 18 giugno su Cuba, l’Unione ha rinnovato alle autorità cubane l’offerta di un dialogo ampio e aperto, invitando inoltre una delegazione cubana a Bruxelles per sondare la praticabilità di tale iniziativa. Tale metodo della porta aperta si inserisce coerentemente nella complessiva politica di impegno costruttivo condotta dall’UE nei riguardi di Cuba.

Dal 1996, quando l’Unione europea adottò la sua posizione su Cuba, l’esperienza ha dimostrato che solo una politica di impegno e cooperazione, e non una politica di sanzioni, ha la possibilità di promuovere a Cuba un cambiamento pacifico verso la democrazia, il rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto, una ripresa economica sostenibile e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione cubana, come si afferma nella posizione comune adottata nel 1996 dall’Unione europea.

Solo allacciando con le autorità cubane un dialogo aperto, esaustivo e orientato ai risultati potremo sfruttare al meglio la gamma di strumenti di cui l’Unione e gli Stati membri dispongono per intensificare la cooperazione nei settori delle relazioni politiche, dei diritti umani, del commercio e degli investimenti, dello sviluppo, della ricerca scientifica, degli scambi nel campo dell’istruzione e della cultura.

L’Unione europea è un’entità profondamente radicata in un sistema di valori, che considera i diritti umani e le libertà fondamentali un’essenziale priorità politica nella propria azione esterna; l’Unione è fermamente convinta che tale impegno ad avviare un dialogo aperto debba comportare pure un ampio coinvolgimento della società civile cubana. Tendere la mano al governo di Cuba per invitarlo a stringere un partenariato a lungo termine con l’Unione europea ha senso solo se, contemporaneamente, l’Unione farà ogni sforzo per mantenere e intensificare il dialogo con i soggetti attivi nella società civile cubana, tra cui i militanti dei diritti umani e gli attivisti politici non violenti.

Fino a quando Cuba continuerà a negare ai propri cittadini essenziali diritti civili, politici ed economici riconosciuti a livello internazionale, l’Unione europea non rinuncerà a una costante opera di pressione a favore della democrazia, del rispetto dello Stato di diritto e delle libertà fondamentali. L’Unione deve continuare a esprimere la propria incondizionata solidarietà e il proprio sostegno a coloro che si battono pacificamente affinché questi valori universali divengano una realtà anche a Cuba. E’ questo l’autentico significato del duplice approccio: tendere la mano alle autorità cubane per avviare il dialogo e la cooperazione, esprimendo però esplicitamente critiche e preoccupazioni, e insieme difendere il diritto dei cittadini cubani a decidere liberamente del proprio futuro.

La Commissione è fermamente convinta che le conclusioni adottate dal Consiglio il 18 giugno costituiscano un primo passo, necessario e opportuno, in questa direzione.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Con questo si conclude la discussione su Cuba.

La votazione si svolgerà tra breve.

Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)

 
  
MPphoto
 
 

  Filip Kaczmarek (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Signora Presidente, la proposta secondo cui l’Unione europea dovrebbe abbandonare la politica di congelamento dei contatti diplomatici con Cuba è totalmente inaccettabile. Possiamo essere d’accordo sulla ripresa di un dialogo diplomatico completo e aperto con le autorità cubane, esteso a tutti i settori di interesse comune e volto a migliorare le relazioni tra l’Unione europea e Cuba, ma solo a determinate condizioni. Un dialogo incondizionato costituirebbe un segnale completamente sbagliato nei confronti delle autorità cubane; significherebbe totale indulgenza, da parte nostra, per l’inaccettabile comportamento delle autorità di quel paese. Per la sua stessa natura, il dialogo è un processo che deve avere due facce e non una sola.

L’assenso delle autorità cubane a discutere dei problemi relativi alla situazione dei diritti umani a Cuba deve costituire una conditio sine qua non per la ripresa di un dialogo completo; inoltre, è difficile concepire un dialogo onesto con Cuba fino a quando ai vincitori del Premio Sacharov non sarà consentito recarsi in Europa. Da questo punto di vista l’approccio dell’attuale governo spagnolo è estremamente ambiguo; ci si attenderebbe che i socialisti spagnoli dimostrassero maggiore solidarietà per la politica europea nei riguardi di Cuba. Abbiamo il dovere di opporci coerentemente alle flagranti violazioni dei diritti umani perpetrate dal regime castrista; se vogliamo che il dialogo tra Cuba e l’Unione europea conduca a cambiamenti positivi, deve trattarsi di un dialogo autentico e non di una messinscena propagandistica. In passato la controparte cubana ha approfittato dell’atteggiamento di apertura dell’Unione per lanciare una campagna di propaganda.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale.


14.2. Diritti dell’uomo in Etiopia
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione sui diritti dell’uomo in Etiopia.

Dichiaro di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1).

 
  
MPphoto
 
 

  Carl Schlyter (Verts/ALE), autore. – (SV) Dal punto di vista dello sviluppo umano, l’Etiopia si colloca al centosettantesimo posto su un totale di 177 paesi.

L’Etiopia ha cose più importanti da fare che perseguitare e imprigionare gli oppositori, oppure giudicare i cittadini collettivamente, anziché imputare loro reati specifici. Già nell’ottobre 2005 abbiamo criticato il trattamento che l’Etiopia riserva all’opposizione interna, ma nel corso del 2006 e di quest’anno la situazione è peggiorata.

A mio avviso dobbiamo essere più esigenti nei confronti dell’Etiopia. In fin dei conti, la sede dell’Unione africana si trova in Etiopia; l’Etiopia deve quindi offrire un esempio positivo, e noi non possiamo accettare che il paese che ospita il nostro partner nel campo della cooperazione – l’Unione africana – commetta sistematiche violazioni dei diritti umani servendosi del proprio sistema giudiziario.

Prima di poter affrontare efficacemente la povertà e tutti i problemi che ne derivano, dobbiamo riuscire ad aiutare l’Etiopia a combattere tali violazioni dei diritti umani. Senza un’opposizione vitale non possiamo risolvere questi problemi.

 
  
MPphoto
 
 

  Marco Cappato (ALDE), autore. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, volevo segnalare al Commissario una contraddizione nella quale noi rischiamo di cadere.

Nel 2005 eravamo stati noi, come Unione europea, a incoraggiare tutti in Etiopia, compresi i rappresentanti dell’etnia Oromo, a partecipare alle elezioni per contribuire alla democratizzazione. Avevamo anche inviato nel paese una delle più importanti missioni di osservazione. Oggi, i nostri colleghi eletti al parlamento federale etiope e al parlamento dell’Oromia, i quali avevano trovato il coraggio di uscire allo scoperto, sono costretti a lasciare il proprio paese. Essi ci hanno rivolto un appello, visto che alcuni di loro sono stati uccisi per motivi politici, mentre altri fuggono nella vicina Somalia insieme a migliaia di profughi Oromo e vengono perseguitati dalle truppe etiopi.

A questo punto credo che, avendo contribuito a incoraggiare e ad avviare questo processo, noi non possiamo abbandonare queste persone e dobbiamo assumerci la responsabilità di adottare immediatamente una strategia di sostegno nell’ambito delle misure speciali previste dal nuovo strumento per la democrazia e i diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), autore. – (PL) Signora Presidente, il rispetto dei diritti umani, i principi della democrazia, lo Stato di diritto e la libertà sono le fondamenta su cui devono levarsi le strutture di uno Stato giusto.

La Commissione e il Consiglio devono elaborare una coerente strategia d’azione a sostegno del processo democratico in Etiopia e introdurre meccanismi che contrastino il deterioramento della situazione dei diritti umani in quella regione. A parte i casi dei cittadini che vengono arrestati e incarcerati per le loro opinioni, giudico particolarmente allarmanti le notizie che ci giungono in merito alle sofferenze e allo sfruttamento dei bambini. Dobbiamo condannare le violenze commesse contro bambini inermi e innocenti; si tratta del peggior crimine che sia possibile concepire, e va condannato senza esitazioni.

Solo grazie a un’iniziativa condotta in armoniosa cooperazione con i paesi confinanti con l’Etiopia e che possa contare su un più deciso appoggio dell’intera comunità internazionale, potremo migliorare la preoccupante situazione che si registra in Etiopia e restituire quel paese alla normalità, così che ogni persona venga finalmente trattata come merita la sua umanità e non come uno strumento.

 
  
MPphoto
 
 

  Ana Maria Gomes (PSE), autore. – (EN) Signora Presidente, nel 2005 guidai la missione di osservatori elettorali dell’Unione europea in Etiopia. Allora i leader dell’opposizione misero in guardia l’UE: le elezioni si sarebbero risolte in un ennesimo inganno da parte del Primo Ministro Meles Zenawi ai danni della comunità internazionale. Gli oppositori stessi si aspettavano di venire imprigionati o uccisi. Noi, rappresentanti dell’Unione europea, li persuademmo a non boicottare le elezioni, promettendo che avremmo vigilato e avremmo garantito che la responsabilità di ogni atto fosse chiaramente individuabile. Gli etiopi ci credettero: l’affluenza alle urne fu massiccia e le elezioni si svolsero in modo ordinato.

In seguito, però, le forze governative hanno stroncato brutalmente le pacifiche proteste della popolazione contro le frodi elettorali. In giugno e in novembre centinaia di persone sono state massacrate, e altre migliaia sono rimaste ferite o sono state gettate in carcere, tra cui gli stessi leader che avevano messo in guardia l’Unione europea; essi figurano fra i 38 prigionieri politici giudicati colpevoli, l’11 giugno di quest’anno, in un processo farsesco nel quale non hanno potuto difendersi. Le sentenze sono attese per il luglio prossimo; saranno pronunciate forse condanne a morte contro alcuni dei più rappresentativi, preparati e coraggiosi leader etiopici – parlamentari in carica, difensori dei diritti umani, giornalisti, attivisti che si battono per lo sviluppo, insegnanti e altri detenuti per reati di opinione. Tra loro c’è il settantasettenne professor Mesfin Woldemariam, stimato fondatore del Consiglio etiopico per i diritti umani. L’Unione europea è il maggior donatore di aiuti all’Etiopia, e ho constatato quanto ciò possa pesare in quel paese; potrà essere ancora un fattore importante, se la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri apriranno finalmente gli occhi.

Essi devono agire immediatamente: devono chiamare il governo etiopico a rispondere degli impegni in materia di diritti umani assunti in base all’accordo di Cotonou, devono chiamare a rispondere personalmente il Primo Ministro Meles Zenawi e devono insistere per ottenere il rilascio immediato e incondizionato dei prigionieri. Devono seguire le raccomandazioni formulate ripetutamente dal nostro Parlamento – compresa quella che adotteremo oggi – le quali invitano a non lasciare più nell’abbandono il popolo etiopico, a non togliere ulteriore credibilità all’impegno dell’Europa verso lo sviluppo dell’Africa e a non tradire ancor più gravemente i nostri valori fondamentali: la democrazia e i diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  Bernd Posselt (PPE-DE), autore. – (DE) Signora Presidente, all’inizio del Medioevo l’Etiopia svolse un importante ruolo di mediazione fra mondo cristiano e mondo musulmano. Essa è il più antico Stato indipendente d’Africa, culla di una civiltà secolare che ha combattuto il fascismo e il colonialismo; come già è stato ricordato, si tratta anche del paese che oggi ospita la sede dell’Unione africana.

Alla luce di tutti questi fattori, consideriamo con orrore lo scempio perpetrato in quel paese dal comunismo. Le libere elezioni di due anni fa illuminarono l’Etiopia con un raggio di speranza, ma quella speranza fu immediatamente soffocata, poiché i dimostranti furono dispersi con la violenza e seguirono ondate di arresti. Come ha giustamente notato la collega onorevole Gomes, la prima ondata di arresti ha colpito soprattutto le personalità migliori e più autorevoli del paese, provenienti da tutti i partiti e tutti i settori; e lo stesso obiettivo hanno avuto arresti, processi e sentenze di quest’anno. E’ giunto ormai, per noi, il momento di assumere una linea più intransigente.

Invito il Consiglio e la Commissione ha pubblicare finalmente le relazioni degli osservatori che hanno seguito questi iniqui processi farsa, risoltisi in una pura e semplice messinscena. In linea con la risoluzione, chiedo l’istituzione di una commissione indipendente per l’accertamento dei fatti, dal momento che i membri della commissione d’inchiesta creata dal parlamento etiopico hanno pagato con il carcere o con l’esilio il tentativo di rivelare la verità su questi fatti. La situazione è inaccettabile, e occorre ora un’inchiesta indipendente. E’ urgentemente necessario sfruttare la posizione di forza di cui godiamo in quel paese, per batterci in difesa dello Stato di diritto e dei diritti umani.

 
  
MPphoto
 
 

  Tadeusz Zwiefka, a nome del gruppo PPE-DE. – (PL) Signora Presidente, se nel prossimo futuro altre condanne a morte verranno inflitte in Etiopia agli attivisti dell’opposizione, sarà una catastrofe non solo per il popolo di quel paese ma anche per la nostra stessa democrazia. Ho seguito gli sviluppi della situazione, e ne ho tratto la convinzione che per le autorità etiopiche le elezioni del 2005 hanno rappresentato la realizzazione di un obiettivo, piuttosto che l’inizio di un processo teso a raggiungere quello stesso obiettivo.

Mi chiedo se ciò non si debba al fatto che, nonostante gli abusi accertati e documentati commessi dal partito al potere, quelle elezioni sono state definite le più democratiche mai svoltesi nei tremila anni di storia dell’Etiopia.

La risoluzione sottoposta oggi al voto del Parlamento europeo segnala parecchi casi che dobbiamo condannare in maniera inequivocabile. Per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, in Etiopia la situazione permane gravissima; nel paese il processo di democratizzazione si è completamente bloccato. Non vi è la minima giustificazione per l’arresto di alcuni tra i principali esponenti dell’opposizione, che ora rischiano la condanna a morte dopo processi che non hanno rispettato gli standard internazionalmente riconosciuti in materia di libertà ed equità dei procedimenti giudiziari.

Non possiamo assolutamente accettare violazioni dei diritti fondamentali, col pretesto che sarebbe impossibile esigere in Africa il pieno rispetto delle norme della democrazia europea. L’Etiopia è un paese dalla storia lunga e gloriosa; a mio avviso il suo popolo merita un destino assai migliore, ed è nostro dovere aiutarlo in questo cammino.

 
  
MPphoto
 
 

  Karin Scheele, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, l’11 giugno scorso trentotto eminenti rappresentanti dell’opposizione sono stati riconosciuti colpevoli di reati che vanno dai crimini contro la Costituzione all’alto tradimento, per episodi tutti connessi alle proteste di massa in cui, dopo le controverse elezioni di due anni fa, rimasero uccise quasi 200 persone. Prima che i suoi membri venissero arrestati o costretti all’esilio, la commissione d’inchiesta del parlamento etiopico aveva concluso che i reparti di sicurezza avevano fatto ricorso alla forza in maniera sproporzionata e irragionevole, e che i principali esponenti politici dell’opposizione erano divenuti bersaglio dei tiratori scelti. Le sentenze sono attese per i prossimi mesi, e c’è il rischio che quasi tutti gli imputati vengano condannati a morte. Chiediamo al governo etiopico di rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti i prigionieri politici; i tribunali del paese devono riesaminare urgentemente le sentenze, e il governo deve adoperarsi per garantire l’indipendenza del sistema giudiziario e la libertà di stampa.

 
  
MPphoto
 
 

  Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, l’Etiopia conta 75 milioni di abitanti, è uno dei paesi più poveri dell’Africa e quasi due terzi dei suoi cittadini sono analfabeti. Una storia traumatica l’ha condotta dal colonialismo all’oligarchia e poi a una dittatura marxista, per sfociare di recente in una sorta di apparente democrazia parlamentare afflitta tuttavia da gravi deficit democratici.

Non ci attendiamo che le norme democratiche etiopiche soddisfino gli standard europei; pensando agli immensi problemi di quel paese, non sarebbe realistico da parte nostra. Chiediamo, però, che il governo etiopico rispetti almeno i diritti umani fondamentali.

In questo momento suscita in noi grave inquietudine la mentalità paranoica del regime di Addis Abeba, che si profila dietro la violenta persecuzione scagliata su vasta scala contro leader dell’opposizione, giornalisti e attivisti dei diritti umani. Ci preoccupa particolarmente la corruttela degli apparati governativi che operano nel paese, come il sistema giudiziario e la polizia; esortiamo le autorità etiopiche a effettuare subito mutamenti radicali per porre rimedio alla spaventosa situazione attuale e dimostrare al resto del mondo che il loro impegno per la giustizia e la democrazia è sincero e concreto, non un mero esercizio verbale.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono certo che questa volta saremo d’accordo con l’onorevole Cappato.

(ES) Signora Presidente, desidero esprimere sostegno e apprezzamento per l’opera che alcuni colleghi svolgono ormai da molto tempo in merito all’Etiopia; penso in particolare all’amica e collega Ana Gomes, non solo per la missione da lei guidata, ma anche perché in tutti questi anni ella ha sempre condannato la situazione etiopica, cui ha dedicato una riflessione seria e approfondita.

A mio avviso il sostegno alla risoluzione che ci accingiamo oggi ad approvare potrà rivelarsi fondamentale per il mutamento della situazione in Etiopia.

E’ significativo, mi sembra, che presidente e vicepresidente della commissione d’inchiesta sugli avvenimenti di due anni fa siano stati costretti a fuggire dal paese, cacciati dal governo Meles a causa dei risultati della loro inchiesta.

Di fronte a fatti come questo non possiamo rimanere in silenzio, soprattutto se pensiamo che è stata proprio l’Unione europea, due anni fa, a promuovere e legittimare le elezioni svoltesi nel paese.

La situazione, quindi, è certamente grave e preoccupante ed esige una risposta immediata.

 
  
MPphoto
 
 

  John Attard-Montalto (PSE). (MT) L’Europa guarda all’Etiopia con ambivalenza. All’inizio eravamo fermamente convinti di poter aiutare quel paese ad avanzare verso la democrazia, e per questo spedimmo in Etiopia una delle più nutrite missioni di osservatori di tutti i tempi.

L’Occidente – e parlando di Occidente alludo anche all’America – considera l’Etiopia quasi come un alleato; e l’Occidente plaudì anche alla Somalia, quando quel paese offrì aiuti al governo etiopico. Cos’è accaduto, però, sul piano interno? Da questo punto di vista, abbiamo constatato che in tale paese, che fa affidamento sull’assistenza internazionale, soprattutto da parte dell’Occidente, i diritti umani non vengono rispettati; le minoranze subiscono varie forme di repressione; e infine la corruzione è diffusa nella polizia e nelle autorità giudiziarie. Abbiamo anche notato che sono rinchiuse in carcere quasi quaranta persone, cui sarà probabilmente comminata la pena di morte. Credo perciò che l’Europa debba riaprire i negoziati con questo paese, in uno spirito di collaborazione piuttosto che seguendo un modello autoritario. Dobbiamo far capire all’Etiopia che non può continuare ad agire in questo modo.

 
  
MPphoto
 
 

  László Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, desidero assicurare a voi tutti che la Commissione condivide pienamente le preoccupazioni del Parlamento per i mancati progressi della democratizzazione in Etiopia; peggio ancora, per il deterioramento della situazione registratosi dopo la crisi seguita alle elezioni del 2005.

La Commissione, tramite un’azione coordinata con gli Stati membri e la comunità internazionale, ha attivamente cercato di spegnere i focolai di tensione, invitando il governo etiopico ad adottare misure pratiche per la riconciliazione e la democratizzazione del paese, a ristabilire la fiducia e a rilasciare le persone imprigionate (leader dell’opposizione, rappresentanti dei media e della società civile). Nei suoi rapporti con le autorità etiopiche la Commissione insiste costantemente sull’importanza delle riforme, compresa l’applicazione delle raccomandazioni della missione di osservatori elettorali inviata dall’Unione europea nel 2005.

Per quanto riguarda i prigionieri politici, il Presidente Barroso e il Commissario Michel hanno più volte ribadito le proprie preoccupazioni al Primo Ministro Meles Zenawi: hanno chiesto un processo breve, equo e trasparente, nonché il ritiro delle accuse più vergognose, e hanno espresso l’opinione che un tale processo non rappresenti una risposta adeguata ai problemi politici dell’Etiopia. Al Primo Ministro etiopico è stato anche suggerito di concedere un’amnistia ai prigionieri politici. La presenza, in qualità di osservatore, di un legale dell’Unione europea al processo contro i prigionieri va interpretata come un monito che ricordi alle autorità etiopiche l’attenzione con cui l’UE segue questa vicenda.

Benché 26 dei 131 imputati originari siano stati rilasciati – essendo state lasciate cadere le accuse formulate inizialmente contro di loro – la Commissione nutre ora forti timori per il verdetto di colpevolezza pronunciato l’11 giugno contro 38 prigionieri politici: un verdetto che potrebbe comportare addirittura la pena di morte.

La Commissione, gli Stati membri dell’Unione europea e la comunità internazionale seguono attentamente la situazione, e tengono conto pure dei tentativi di mediazione in atto tra autorità etiopiche e prigionieri. La Commissione sostiene tale mediazione, ma si attende che essa sfoci nel rilascio incondizionato dei prigionieri politici.

La Commissione non ignora che la situazione politica è il frutto delle mancate riforme democratiche e delle continue violazioni dei diritti umani, come arresti e detenzioni illegali. Tengo ad assicurarvi che non abbandoneremo mai i cittadini etiopici che si battono per la democrazia, e che spesso sono stati incarcerati e costretti a lasciare il loro paese.

Nonostante alcuni progressi compiuti in materia di norme parlamentari, non si registrano progressi apprezzabili per quanto riguarda gli impegni assunti dal Primo Ministro nei confronti dell’opposizione, dopo le elezioni: alludo in particolare alle riforme elettorali, all’indipendenza della commissione elettorale nazionale, alle riforme nel settore dei media, all’indipendenza del settore giudiziario, delle forze armate e dei reparti di sicurezza.

La Commissione rimane persuasa dell’opportunità di mantenere aperto un costante e intenso dialogo politico con le autorità etiopiche su questi temi essenziali, sfruttando tutte le occasioni possibili. Il Commissario Michel, che è personalmente impegnato in questo campo, ha posto come priorità la continuazione di un dialogo aperto e articolato con le autorità etiopiche nel quadro dell’articolo 8 dell’accordo di Cotonou sul dialogo politico, in quanto ciò costituirebbe il metodo più opportuno per promuovere il buongoverno, la riconciliazione e la democrazia. La Commissione è ben consapevole che la democratizzazione sarà un processo lungo e laborioso; dobbiamo continuare a vigilare, e rimanere pronti a sostenere gli sforzi del governo in questo senso.

Per quanto riguarda la pena di morte, abbiamo dichiarato esplicitamente al Primo Ministro etiopico che l’Unione europea vi si oppone in qualsiasi circostanza e considera la sua abolizione un fondamentale passo avanti verso l’affermazione della dignità umana.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – La ringrazio, signor Commissario.

La discussione è chiusa. La votazione si svolgerà tra breve.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale


14.3. Birmania
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sulla Birmania.(1)

 
  
MPphoto
 
 

  Marios Matsakis (ALDE), autore. – (EN) Signora Presidente, signor Commissario, la Birmania è un ospite abituale dei nostri dibattiti sulle violazioni dei diritti umani; se dovessimo istituire un premio per il regime con i peggiori precedenti in materia di diritti umani, la Birmania sarebbe un autorevolissimo candidato alla vittoria. Noto di passaggio che la Birmania può vantare una posizione di assoluta preminenza a livello mondiale anche per quanto riguarda un altro flagello: la droga. L’International Narcotics Central Strategy Report del 2006 afferma che la Birmania è il secondo maggior produttore illegale di oppio in tutto il mondo; dai suoi raccolti si ricava più del 90 per cento dell’eroina del sudest asiatico. Non saprei dire in che misura le violazioni dei diritti umani siano legate, in Birmania, alla produzione di droga, ma è chiaro che entrambi i problemi vanno affrontati e risolti in maniera decisa, rapida ed efficace.

A quanto sembra, purtroppo, le posizioni prese dell’Unione europea – al pari di quelle della comunità internazionale – non siano state abbastanza energiche da produrre effetti positivi. Un esempio significativo è il permesso di partecipare alla riunione dell’ASEM, accordato dal Consiglio al ministro degli Esteri birmano, solo qualche giorno dopo che la giunta militare birmana aveva prorogato, con un esecrabile provvedimento, gli arresti domiciliari alla signora Aung San Suu Kyi; il Consiglio dovrebbe darci delle spiegazioni in merito. Un altro esempio: l’embargo sulle armi contro la Birmania è largamente inefficace, dal momento che Cina e India non vi hanno aderito. E’ chiaro che dobbiamo esercitare pressioni su questi due paesi affinché partecipino all’embargo sulle armi contro la Birmania.

Permettetemi di concludere ripetendo ancora una volta il nostro appello per l’immediato rilascio dagli arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi: questa donna straordinaria ha recato un contributo incomparabile alla causa della pace e della democrazia, non solo in Birmania ma in campo internazionale, e ha ricevuto sia il Premio Nobel per la pace, sia il Premio Sacharov del nostro Parlamento. Il fatto che ella abbia dovuto trascorrere in prigionia, nel suo stesso paese, undici degli ultimi diciassette anni costituisce un vergognoso oltraggio. Gli appelli elevati dall’Unione europea e dalla comunità internazionale per il suo rilascio sono caduti nel vuoto. La nostra pazienza però si è esaurita e chiediamo iniziative più energiche: occorre estendere la portata delle sanzioni e ampliare la lista delle persone perseguibili.

 
  
MPphoto
 
 

  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), autore. – (PL) Signora Presidente, l’Unione europea ha assunto un atteggiamento di fermezza nei confronti degli abusi commessi dal regime militare del Myanmar/Birmania. L’Europa sta esercitando pressioni affinché quel paese dimostri maggiore rispetto per i diritti umani e torni sulla via della democrazia.

La autorità birmane continuano a imprigionare e a perseguitare gli attivisti che si battono per i diritti umani. A mio parere ci sono due possibilità per migliorare la situazione del paese: la prima è che India e Cina smettano di rifornirlo di armi e altre attrezzature strategiche; l’altra è che le imprese straniere, che investono in Myanmar/Birmania, rispettino i diritti umani. E’ importante, inoltre, sviluppare programmi di assistenza per la società civile birmana, soprattutto per quanto riguarda le organizzazioni di donne e le minoranze etniche.

Il gruppo UEN, che io rappresento, sostiene tutte le azioni miranti alla tutela dei diritti umani e al rispetto dei principi dello Stato di diritto e delle libertà democratiche, tra cui la libertà di associazione e di parola; continueremo senza sosta a batterci per questi obiettivi. Desideriamo anche richiamare l’attenzione sulla situazione finanziaria della popolazione birmana: più di quindici milioni di persone – ossia circa il trenta per cento degli abitanti – vivono sotto la soglia di povertà. Per proteggere la vita e la salute di queste persone occorre un’assistenza immediata.

 
  
MPphoto
 
 

  Marc Tarabella (PSE), autore. – (FR) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ho spesso commentato in quest’Aula la situazione birmana, e nei miei interventi sono spesso risuonate espressioni come “repressione”, “giunta militare al potere”, “diritti umani calpestati”.

La risoluzione che ci accingiamo a votare oggi invita la Birmania a porre fine a simili azioni. Come i colleghi, deploro soprattutto gli arresti domiciliari inflitti dal 30 maggio 2003 ad Aung San Suu Kyi, l’esponente dell’opposizione birmana che martedì scorso ha compiuto 62 anni e ha trascorso in prigionia, per lo più agli arresti domiciliari, undici degli ultimi diciassette anni; le è stato permesso di uscire di casa una sola volta, per motivi di salute che imponevano cure urgenti, e ha scarsi contatti con il mondo esterno. Aung San Suu Kyi è il simbolo dell’opposizione birmana alla dittatura militare; nel 1991 ha ricevuto il Premio Nobel, ed è assolutamente inaccettabile che sia relegata agli arresti domiciliari. Esigiamo dunque la sua liberazione immediata e incondizionata.

La Birmania deve assolutamente cessare di perseguitare e incarcerare gli attivisti democratici, e deve rilasciare quelli già detenuti. Penso in particolare a U Win Tin, giornalista oggi settantasettenne, che è in prigione da più di vent’anni per aver scritto alle Nazioni Unite una lettera in cui denunciava le pesanti condizioni di detenzione cui erano sottoposti i prigionieri politici.

Nella mia qualità di vicepresidente della delegazione per le relazioni con l’ASEAN di questo Parlamento, posso constatare il ruolo sempre più importante che quest’organizzazione svolge nella regione. Ci auguriamo che nel prossimo futuro essa riesca a esercitare un’influenza positiva sul governo birmano.

 
  
MPphoto
 
 

  Charles Tannock (PPE-DE), autore. – (EN) Signora Presidente, in campo mondiale la Birmania è uno dei paesi con i precedenti peggiori in fatto di violazioni dei diritti umani e mancanza di democrazia: la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale, la schiavitù domestica e il lavoro forzato sono fenomeni comuni. A questo si aggiunge la pessima gestione economica della giunta militare, mentre la Birmania è sempre il secondo maggior produttore illegale di oppio di tutto il mondo.

Nonostante le elezioni multipartitiche del 1990, in cui la vittoria arrise alla Lega nazionale per la democrazia, la giunta militare autoritaria continua a rifiutarsi di cedere il potere. La signora Aung San Suu Kyi, leader della LND e Premio Nobel per la pace, che ha festeggiato martedì scorso il sessantaduesimo compleanno, ha trascorso in prigionia più di undici degli ultimi diciotto anni. Nel febbraio 2006 la giunta ha prorogato di un altro anno la sua prigionia; i sostenitori della signora, così come i fautori della democrazia e dei diritti umani, subiscono quotidiani soprusi oppure vengono gettati in prigione in un paese privo di sistema giudiziario indipendente e le cui forze dell’ordine si distinguono per brutalità.

Dopo che di recente il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha rifiutato di comminare sanzioni alla Birmania, malauguratamente il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite si è dedicato in maniera quasi esclusiva ad analizzare un singolo paese – Israele – ignorando totalmente la Birmania. L’Unione europea, insieme ai paesi vicini membri dell’ASEAN, oltre che alla Cina e all’India, deve ora esercitare pressioni assai più energiche per ottenere il rilascio di Aung San Suu Kyi.

 
  
MPphoto
 
 

  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore. – (ES) Signora Presidente, come altri colleghi hanno già osservato – e come ripetutamente ci ricordano le relazioni di Paulo Sergio Pinheiro, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Myanmar e di Hina Jilani, rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i difensori dei diritti umani – la situazione in Birmania rimane preoccupante, e anzi va peggiorando di giorno in giorno.

Inizio riallacciandomi agli appelli già più volte formulati in quest’Aula, e che oggi siamo costretti a ripetere. La proroga di un anno degli arresti domiciliari inflitti ad Aung San Suu Kyi è assolutamente intollerabile, e dobbiamo perciò esortare il regime birmano a sospenderla al più presto. E’ pure importante insistere per il rilascio di tutti i prigionieri e garantire la libertà di espressione e manifestazione, oggi violata in quel paese.

Ritengo d’altra parte essenziale anche sottolineare la responsabilità nostra, dell’Occidente, nei confronti di quel paese dal punto di vista degli investimenti; faccio quest’osservazione pensando almeno a due fattori cruciali.

In primo luogo, non dobbiamo dimenticare che la Birmania possiede una delle più notevoli riserve di gas naturale del sudest asiatico, se non la più cospicua in assoluto; si tratta naturalmente di una grande attrattiva. Di conseguenza, prima di qualsiasi investimento estero internazionale, è importantissimo garantire che venga svolta almeno un’analisi dell’impatto di tali investimenti sui diritti umani; ma questo è un punto di cui troppo spesso ci dimentichiamo.

In secondo luogo, stimo altrettanto importante ricordare che le sanzioni attualmente imposte dagli Stati Uniti, così come le restrizioni introdotte dall’Unione europea, si stanno dimostrando inefficaci. Il fatto che parecchi altri paesi asiatici stiano palesemente incrementando i loro investimenti in Birmania obbliga anche noi ad affrontare il problema nel quadro di un approccio regionale, per aumentare l’efficacia delle iniziative nostre e dei nostri alleati.

 
  
MPphoto
 
 

  James Nicholson, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signora Presidente, ribadisco la condanna del regime birmano espressa con così chiara efficacia nella risoluzione.

Da diciassette anni Aung San Suu Kyi subisce un calvario che pochi esseri umani potrebbero sopportare. Con altruismo e abnegazione ella ha affrontato una prigionia senza fine e una costante separazione dai suoi cari, ma dà ancora prova di coraggio incrollabile e coerente fede nella propria causa; per questo merita la nostra ammirazione. Ella è indubbiamente una leader del nostro tempo, e sopporta una negazione delle proprie libertà civili del tutto analoga alla repressione scatenata contro i suoi concittadini. Il triste elenco delle violazioni dei diritti umani commesse in Birmania comprende la persecuzione religiosa, il lavoro forzato e la detenzione senza processo: elementi di violenza politica che di recente le Nazioni Unite hanno giustamente condannato.

I firmatari di questa risoluzione denunciano risolutamente il sostegno economico concesso al regime da altri paesi dell’estremo oriente asiatico tramite investimenti nel commercio delle armi e nel settore energetico – circostanza che mette in risalto in maniera ancor più chiara la spietata brutalità di questa dittatura. Tutte le nazioni democratiche dovrebbero riflettere bene prima di finanziare un paese che ha una delle più basse spese sanitarie di tutto il mondo.

 
  
MPphoto
 
 

  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signora Presidente, sei mesi sono trascorsi da quando l’ultima risoluzione del Parlamento europeo ha formulato un monito sulla grave situazione interna del Myanmar/Birmania; ma le autorità militari che detengono il potere in quel paese non hanno compiuto alcun progresso verso la democrazia.

La situazione economica birmana suscita forte inquietudine: il trenta per cento degli abitanti vive sotto la soglia di povertà, e i diritti umani vengono apertamente violati. Inoltre il lavoro forzato e l’arruolamento di bambini nell’esercito sono elementi della vita quotidiana. Gli esponenti dell’opposizione vengono perseguitati e subiscono lunghe pene detentive: ricordiamo il caso di Aung San Suu Kyi, vincitrice sia del Premio Nobel che del Premio Sacharov, detenuta ormai da diciassette anni.

In questo quadro, occorre spingere tutte le formazioni politiche attive nel Myanmar/Birmania a partecipare alla Convenzione nazionale incaricata di stendere una nuova Costituzione; anche i rappresentanti della Lega nazionale per la democrazia devono partecipare ai lavori. Un altro elemento molto importante per il futuro del paese è la sua adesione all’ASEAN, dal momento che agli Stati membri di quell’associazione si chiede di raddoppiare gli sforzi per realizzare la democrazia.

La Cina e l’India devono esercitare pressioni economiche e politiche sul governo birmano, rifiutando ogni forma di sostegno all’esercito del paese. Da parte sua, la comunità internazionale deve applicare sanzioni economiche e congelare i beni degli esponenti del governo birmano e delle persone a loro associate. Solo con una decisa azione di questa natura possiamo sperare di costringere il regime birmano a introdurre cambiamenti democratici.

 
  
MPphoto
 
 

  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signora Presidente, tema del nostro dibattito odierno sulle violazioni dei diritti umani è, ancora una volta, la situazione sociale e politica del Myanmar/Birmania: fin dal 1962 il paese è dominato dai militari, che lo reggono con ferrea durezza.

Da quarant’anni a questa parte in questa nazione asiatica si violano i diritti umani, e migliaia di persone vengono perseguitate e punite per aver svolto attività di opposizione; molte sono gettate in carcere, il lavoro forzato è fenomeno quotidiano e i bambini vengono arruolati nell’esercito. Gran parte dei cittadini del Myanmar/Birmania non può accedere a cure mediche; malaria, tubercolosi, HIV o AIDS mietono un gran numero di vittime e quasi la metà dei bambini non frequenta la scuola. I centri della Croce Rossa sono stati chiusi, e le persone che hanno bisogno di assistenza rimangono prive di protezione e di aiuti umanitari. La giunta ignora le iniziative del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e dell’OIL, e non si cura affatto di rispondere alle risoluzioni del Parlamento europeo, né ai documenti emessi dal Consiglio della Comunità europea.

Il 15 maggio 2007 gli arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi sono stati prorogati per un altro anno; questa leader dell’opposizione, vincitrice del Premio Nobel, ha passato in prigione o agli arresti domiciliari 11 degli ultimi 17 anni. Chiediamo che ella venga rilasciata insieme agli altri prigionieri politici; chiediamo inoltre che alla Lega nazionale per la democrazia sia consentito di riprendere l’attività, e che vengano ripristinati gli aiuti umanitari per impedire l’estinzione della nazione birmana e delle minoranze etniche.

Per quanto riguarda la sopravvivenza di questo e di altri regimi totalitari, un problema specifico è rappresentato dall’inefficacia delle iniziative adottate dagli organismi internazionali. Nonostante le promesse in contrario, le sanzioni imposte non incidono sulle strutture economiche dei regimi in questione, mentre le varie forme di embargo colpiscono la gente comune, che già deve subire la repressione e un’estrema povertà. Le risoluzioni del Parlamento europeo, come qualsiasi altra azione, rimarranno superficiali e inefficaci fino a quando tali problemi non saranno stati risolti.

 
  
MPphoto
 
 

  László Kovács, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, la Commissione continua a seguire con grande inquietudine la situazione nel Myanmar/Birmania. Le preoccupazioni più forti riguardano le profonde fratture sociali ed etniche che dividono il paese e producono insicurezza individuale, diffusa povertà e paralisi del progresso economico e sociale. Com’è ovvio, in un clima di insicurezza per le persone e cronici conflitti armati in alcune zone di confine c’è ben poco spazio per il rispetto dei diritti umani.

Le autorità del Myanmar/Birmania devono affrontare parecchie sfide: costruire l’unità nazionale e la stabilità politica e – cosa più importante di tutte – migliorare il livello di sviluppo del paese, che rimane uno dei più poveri del mondo. La comunità internazionale deve porsi come obiettivo prioritario e di riferimento quello di contribuire alla transizione del paese verso una forma di società più aperta e più sviluppata, guidata da un governo civile legittimo.

La giunta militare continua a reggere il paese in maniera incoerente e irrazionale, sia dal punto di vista politico che in termini economici. I militari ricorrono sempre al lavoro forzato, mentre la società civile subisce la repressione e si scontra con l’incertezza e la difficoltà di agire. Gli “Studenti dell’88”, cioè gli ex leader dell’insurrezione del 1988, sfruttano tenacemente, nei limiti del possibile, i minimi spazi concessi alla società civile, ma la Lega nazionale per la democrazia è relegata ai margini e continua l’ingiustificabile detenzione della signora Aung San Suu Kyi.

E’ difficile pensare a una transizione quando vi sono più di mille detenuti politici, tra i quali spicca la figura di Aung San Suu Kyi, simbolo di pace e di riconciliazione; e una transizione è altrettanto inconcepibile in mancanza di un autentico dialogo con i vari gruppi etnici, compresi quelli che continuano la lotta armata.

La Commissione sostiene l’operato del professor Paolo Sergio Pinheiro, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nel Myanmar. Nella sua ultima dichiarazione egli ha affermato che “gravi violazioni dei diritti umani godono non solo dell’impunità ma sono addirittura sancite dalla legge”. La Commissione si compiace altresì della nomina del professor Ibrahim Gambari a consigliere speciale per il Myanmar del Segretario generale dell’ONU e si attende che il governo collabori incondizionatamente con lui, affinché i buoni uffici del Segretario generale dell’ONU possano continuare.

Per quanto riguarda la prossima sessione della Convenzione nazionale, invitiamo il governo ad ascoltare la voce dei gruppi etnici e dei rappresentanti politici dell’opposizione. Notiamo alcuni progressi nelle condizioni di lavoro dell’ufficio locale dell’Organizzazione internazionale del lavoro, che auspicabilmente potranno migliorare la situazione di quelle vittime del lavoro forzato che sporgano denuncia. Deploriamo però il deterioramento delle condizioni di lavoro del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR), ed esortiamo il governo a permettere al CICR di riprendere la propria missione umanitaria.

Quasi tutti gli osservatori concordano in maniera sempre più decisa sulla necessità di intensificare gli sforzi per incidere sulla situazione politica e socioeconomica. L’Unione europea, nella sua posizione comune, ha incaricato la Commissione di allacciare con il governo un dialogo in merito alle responsabilità del governo stesso per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio. L’Unione ha quindi cercato di individuare politiche efficaci che possano giovare al popolo birmano, contribuendo al suo rientro in seno alla comunità internazionale: un esempio di questa politica è il Three Diseases Fund, sostenuto dall’UE e dai suoi partner.

Il nostro approccio si concentra sulle più fondamentali e immediate esigenze di sicurezza umana della popolazione, e riconosce lucidamente i limiti che si pongono all’azione di ogni soggetto esterno. Tuttavia, se sospendessimo gli aiuti e accentuassimo l’isolamento del paese, ciò avverrebbe a spese della popolazione del Myanmar/Birmania, che già si trova in una situazione di penosa sofferenza. Non siamo assolutamente convinti che un inasprimento delle sanzioni possa alleviare i patimenti della popolazione; e per di più, tale approccio non avrebbe alcuna influenza sui leader militari.

La Commissione si sta impegnando a fondo per intensificare i propri programmi nel Myanmar/Birmania, in termini qualitativi e quantitativi, nell’intento di recare un efficace contributo allo sviluppo e alla riconciliazione.

 
  
MPphoto
 
 

  Presidente. – Con questo si conclude la discussione.

La votazione si svolgerà tra breve.

 
  

(1) Cfr. Processo verbale


15. Turno di votazioni
MPphoto
 
 

  Presidente. – L’ordine del giorno reca le votazioni.

(Per i risultati e ulteriori dettagli sulle votazioni: cfr. Processo verbale.)

 

15.1. Cuba (votazione)
  

– Proposta di risoluzione comune (RC-B6-0250/2007)

– Prima della votazione:

 
  
MPphoto
 
 

  Marco Cappato (ALDE). (EN) Signora Presidente, presento due emendamenti orali. Il primo vorrebbe inserire un considerando Ia così concepito: “si rammarica della decisione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite d’interrompere il monitoraggio degli abusi dei diritti umani a Cuba”.

 
  
  

(Il Parlamento approva l’emendamento orale)

 
  
MPphoto
 
 

  Marco Cappato (ALDE). (EN) Signora Presidente, vorrei aggiungere il seguente nuovo paragrafo dopo il paragrafo 15: “Condanna le politiche di discriminazione sessuale e di repressione come finora praticate a Cuba e accoglie con favore le campagne di istruzione contro la discriminazione sessuale che sono attualmente attuate dal centro nazionale per l’educazione sessuale di Cuba”.

 
  
  

(Il Parlamento approva l’emendamento orale)

 

15.2. Diritti dell’uomo in Etiopia (votazione)
  

– Proposta di risoluzione comune (RC-B6-0246/2007)

 

15.3. Birmania (votazione)
  

– Proposta di risoluzione comune (RC-B6-0248/2007)

 

16. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale

17. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale

18. Decisioni concernenti taluni documenti: vedasi processo verbale

19. Dichiarazioni scritte che figurano nel registro (articolo 116 del Regolamento): vedasi processo verbale

20. Trasmissione dei testi approvati nel corso della presente seduta: vedasi processo verbale

21. Calendario delle prossime sedute: vedasi processo verbale

22. Interruzione della sessione
MPphoto
 
 

  Presidente. – Dichiaro interrotta la sessione del Parlamento europeo.

(La seduta termina alle 16.10)

 

ALLEGATO (Risposte scritte)
INTERROGAZIONI AL CONSIGLIO (La Presidenza in carica del Consiglio dell’Unione europea è la sola responsabile di queste risposte)
Interrogazione n. 17 dell'on. Rosa Miguélez Ramos (H-0398/07)
 Oggetto: Pericolo di estinzione per il tonno rosso
 

In occasione della riunione della IATTC del novembre 2006 si è adottato un piano di recupero per il tonno rosso, il cui recepimento nell'ordinamento giuridico comunitario è ancora pendente in attesa di approvazione da parte del Consiglio a causa della pressione esercitata da taluni Stati membri.

Tanto i biologi quanto i pescatori, specificamente la cooperativa di pescatori di Formentera, da anni mettono in guardia sulle pericolose conseguenze che avrebbe la scomparsa di questa specie sul delicato equilibrio della fauna e della flora del Mediterraneo, come la proliferazione, che si sta osservando attualmente, di meduse, principali concorrenti del tonno per quanto riguarda il consumo di zooplancton. Essi insistono pertanto sulla necessità che l'UE approvi un divieto prolungato di pesca per il recupero della specie.

Potrebbe il Consiglio confermare se prevede divieti temporanei per la pesca industriale, e di quale durata, e se si prevede un aumento della taglia minima di cattura? Si attuerà un sistema di controllo per il tonno catturato per l'ingrasso?

 
 

Interrogazione n. 18 dell'on. Teresa Riera Madurell (H-0400/07)
 Oggetto: Pericolo di estinzione per il tonno rosso
 

In occasione della riunione dell’IATTC tenutasi lo scorso novembre 2006, è stato adottato un piano di recupero del tonno rosso, il cui recepimento nell’ordinamento giuridico comunitario è ancora in attesa di approvazione da parte del Consiglio, a causa della pressione esercitata da alcuni Stati membri.

Il Presidente della cooperativa di pescatori di Formentera (Spagna), ha denunciato in passato l’utilizzo, sin dall’anno 2000, di aerei di avvistamento di banchi di tonno dotati della tecnologia più avanzata da parte di grandi pescherecci da tonno. Queste navi, inoltre, sarebbero la causa di danni ai fondali marini e agli attrezzi da pesca del settore locale, in quanto introducono le gabbie contenenti le proprie catture vive, destinate all’industria da ingrasso, fino a 35 metri di profondità, e le trascinano a destinazione, distruggendo i palangari e gli attrezzi dei pescatori artigianali.

Potrebbe il Consiglio informare in merito a quando preveda di adottare il piano di recupero del tonno rosso? Potrebbe inoltre confermare se in tale piano è previsto il divieto di avvistamento attraverso aerei?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Nella riunione dell’11 e12 giugno 2007, il Consiglio ha raggiunto un accordo sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 41/2007 del Consiglio per quanto riguarda il piano di ricostituzione per il tonno rosso raccomandato dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico.

Per quanto riguarda la moratoria temporanea sulla pesca industriale, l’articolo 80 sexies prevede i seguenti divieti:

dal 1o giugno al 31 dicembre 2007 per la pesca praticata dai grandi pescherecci con palangari pelagici di lunghezza superiore a 24 m nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo, ad eccezione della zona delimitata ad ovest dal meridiano 10o O e a nord dal parallelo 42o N;

dal 1o luglio al 31 dicembre 2007 per la pesca praticata da pescherecci a cianciolo nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo;

dal 15 novembre 2007 al 15 maggio 2008 per la pesca praticata da tonniere con lenze a canna nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo;

dal 15 novembre 2007 al 15 maggio 2008 per la pesca praticata da pescherecci da traino pelagici nell’Atlantico orientale.

L’articolo 80 septies vieta l’utilizzo di aeroplani o elicotteri per la ricerca del tonno rosso nella zona della Convenzione.

L’articolo 80 octies stabilisce le taglie minime per gli sbarchi.

E’ previsto un sistema di controllo nel caso di tonni catturati a scopo di ingrasso, i cui particolari sono indicati all’articolo 80 sexdecies (ingabbiamento).

 

Interrogazione n. 19 dell'on. Paulo Casaca (H-0399/07)
 Oggetto: Opposizione del Consiglio al movimento democratico turco
 

Ha suscitato vastissima risonanza la vasta copertura giornalistica riservata dalla stampa occidentale alle posizioni assunte in nome dell'Unione europea, specialmente dal suo Segretario generale, di opposizione al rispetto dei principi basilari di qualunque sistema democratico in Turchia, per esempio la separazione tra chiesta e Stato, nota anche come laicità.

Con quale legittimità democratica i dirigenti del Consiglio si arrogano il diritto di denigrare i principi basilari della libertà di religione sanciti all'articolo 10 della Carta europea dei diritti fondamentali?

Può il Consiglio precisare se condivide gli appelli (11 luglio 2006) del Primo ministro turco Erdogan a favore del finanziatore di reti religiose fanatiche Yassin Al Qadi, il cui nome figura nell'apposito elenco delle Nazioni Unite?

Può il Consiglio precisare se condivide i molteplici appelli alla Sharia espressi dallo stesso dirigente islamista, i quali comprendono la critica alla Costituzione perché redatta da dirigenti turchi laici che bevevano vino?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Desidero innanzi tutto fare presente che in linea di principio il Consiglio non si esprime in merito ad articoli di stampa.

Vorrei tuttavia rassicurare l’onorevole parlamentare che l’UE continua ad assumere una chiara posizione riguardo al rispetto e alla difesa dei principi basilari della democrazia cui si fa riferimento nell’interrogazione. In qualità di paese che sta negoziando la sua adesione all’UE, la Turchia deve soddisfare i criteri politici stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen, ossia la stabilità delle istituzioni a garanzia della democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze.

Come indicato nel quadro negoziale adottato dal Consiglio nell’ottobre 2005, l’Unione europea si aspetta che la Turchia intensifichi il processo di riforma e si adoperi per un ulteriore miglioramento in termini di rispetto dei principi di libertà, democrazia, Stato di diritto, diritti umani e libertà fondamentali. L’UE si aspetta inoltre che la Turchia consolidi ed estenda la propria legislazione e le misure di esecuzione, in modo specifico in relazione alle disposizioni riguardanti, tra l’altro, la libertà di espressione, la libertà di religione e i diritti delle minoranze. Di recente, ossia nelle conclusioni dell’11 dicembre 2006, il Consiglio ha rilevato che devono essere compiuti ulteriori significativi sforzi da parte della Turchia per rafforzare la libertà di espressione e la libertà di religione. Tutti questi aspetti vengono regolarmente sollevati nel corso del dialogo politico tra UE e Turchia.

Infine, in merito a Yassin Al-Qadi, desidero rammentare all’onorevole parlamentare che, conformemente alla decisione di ottobre 2001 del comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Commissione, nel regolamento (CE) n. 2062/2001, che è un regolamento di esecuzione, ha incluso Yassin Al-Qadi nell’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità sottoposti a congelamento dei fondi e delle risorse economiche.

 

Interrogazione n. 20 dell'on. Brian Crowley (H-0410/07)
 Oggetto: Programmi di riduzione del debito dei paesi terzi più poveri
 

Può il Consiglio comunicare i risultati, positivi o meno, dei programmi di riduzione del debito dei paesi poveri del terzo mondo portati avanti attualmente dall'Unione europea?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Attualmente il Consiglio europeo non intende discutere la questione nella prossima riunione del 21 e 22 giugno 2007.

 

Interrogazione n. 21 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0412/07)
 Oggetto: Misure di sicurezza negli aeroporti dell'UE
 

Può il Consiglio comunicare quali sono i progressi compiuti nella predisposizione di sistemi di sicurezza reciproci sia negli aeroporti dell'Unione europea che in quelli americani/canadesi?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Non è prevista una dichiarazione del Consiglio europeo in materia.

 

Interrogazione n. 22 dell'on. Eoin Ryan (H-0414/07)
 Oggetto: Sostegno alle economie dell'Africa settentrionale
 

Può il Consiglio comunicare qual è il livello del sostegno finanziario concesso ai paesi dell'Africa settentrionale per aiutarli a crescere economicamente? Non ritiene anche il Consiglio che il loro sviluppo economico contribuirà a sua volta a frenare l'immigrazione clandestina da questi paesi verso l'Unione europea?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Da lungo tempo l’Unione europea intrattiene relazioni economiche con i paesi dell’Africa settentrionale nell’ambito degli accordi di partenariato euromediterraneo e della politica europea di vicinato.

Attraverso il processo di Barcellona, l’UE ha dimostrato il suo costante impegno nei confronti dello sviluppo socioeconomico e del consolidamento della prosperità in tutta la regione del Mediterraneo, e in particolare nei paesi dell’Africa settentrionale. In base al regolamento MEDA, ai paesi dell’Africa settentrionale sono stati concessi aiuti per un importo totale di 5,2 miliardi di euro nel periodo 2000-2006, con l’obiettivo principale di creare in tali paesi un clima economico che potesse favorire un’accelerazione della crescita. Nel quadro dello strumento europeo di vicinato e di partenariato (ENPI), che dal 2007 ha sostituito MEDA, l’UE ha aumentato di un terzo i finanziamenti destinati ai suoi paesi vicini. Dell’importo totale di circa 5 miliardi di euro per il periodo 2007-2010, 3,4 miliardi di euro sono stati stanziati per i paesi meridionali vicini dell’UE. Lo scopo primario dell’ENPI è attuare i piani d’azione elaborati nel contesto della politica europea di vicinato. Tra le iniziative intraprese in questo settore figurano misure per l’apertura dei mercati, la modernizzazione delle imprese e lo sviluppo del settore privato, la promozione degli scambi commerciali e della cooperazione industriale, la creazione di posti di lavoro e il miglioramento delle infrastrutture economiche. Oltre ai finanziamenti concessi a titolo dell’ENPI, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha concesso prestiti per un importo totale di 10,7 miliardi di euro ai paesi mediterranei dell’Africa settentrionale per il periodo 2007-2013.

E’ certo che uno sviluppo economico sostenibile nell’Africa settentrionale contribuirà a frenare l’immigrazione clandestina nell’Unione europea.

 

Interrogazione n. 23 dell'on. Liam Aylward (H-0416/07)
 Oggetto: Palestina
 

Può il Consiglio europeo presentare un quadro chiaro e completo della situazione politica attuale in Palestina?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Non è ancora stata adottata una decisione finale riguardo alla formulazione o meno di una dichiarazione da parte del Consiglio europeo sull’attuale situazione politica in Palestina nella riunione del 21 e 22 giugno, secondo quanto richiesto dall’onorevole parlamentare nella sua interrogazione.

La Presidenza invita l’onorevole parlamentare a fare riferimento all’intervento di Javier Solana nella seduta plenaria del Parlamento europeo del 6 giugno 2007 e alle conclusioni del Consiglio “Affari generali e Relazioni esterne” del 18 giugno 2007.

 

Interrogazione n. 24 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0419/07)
 Oggetto: Guantanamo britannico: nuove misure antiterrorismo del governo britannico
 

Dure reazioni hanno provocato le nuove misure antiterrorismo adottate dal Ministro dell'interno britannico, John Reid, e che conferiscono alla polizia il potere di fermare ovunque, indagare e financo arrestare cittadini, senza che sussistano elementi o sospetti di un loro coinvolgimento in attività delittuose. Taluni politici e organizzazioni per la difesa delle libertà individuali e civili hanno definito tali misure "Guantanamo britannico" in quanto simili a pratiche adottate in tempo di guerra e già respinte dal Parlamento e dai tribunali britannici anche dopo gli attacchi alla metropolitana di Londra del luglio 2005.

Condanna il Consiglio le misure adottate dal governo britannico in quanto diretta violazione dei diritti democratici, il che rappresenterebbe un pericoloso precedente per tutti i popoli degli Stati d'Europa?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Il Consiglio desidera fare presente che l’articolo 33 del TUE gli preclude la possibilità di esprimersi in merito alle misure nazionali relative al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna.

 

Interrogazione n. 25 dell'on. Johan Van Hecke (H-0423/07)
 Oggetto: Crescita economica più importante del clima per la Cina
 

La Cina ha presentato un programma con il quale afferma di dover limitare le emissioni di gas ad effetto serra.

Questo programma prevede tuttavia poche misure concrete. Lo sviluppo economico dei paesi in via di sviluppo è pertanto, secondo il piano nazionale cinese, prioritario rispetto al problema del mutamento climatico.

Il piano elenca soprattutto le iniziative che la Cina intende assumere per realizzare il miglioramento del suo consumo energetico annunciato in precedenza. La Cina insiste inoltre sul fatto che non è onesto imporre riduzioni obbligatorie ai paesi che sono ancora alle prese col loro sviluppo industriale mentre "il surriscaldamento della terra è provocato in gran parte dalla sfrenata industrializzazione realizzata dall'occidente negli ultimi duecento anni".

Come risponde il Consiglio a tale posizione? Ne ha discusso il Vertice G8 in Germania? In che misura le azioni a favore del clima vengono considerate prioritarie nei negoziati commerciali con la Cina?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Come l’onorevole parlamentare sa, l’UE è fermamente decisa ad assumere un ruolo di primo piano nella lotta contro i cambiamenti climatici, oltre ad aver promesso di aiutare i paesi in via di sviluppo ad adempiere agli impegni loro derivanti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e dal Protocollo di Kyoto, conformemente al principio delle responsabilità comuni ma differenziate.

L’onorevole parlamentare sarà inoltre a conoscenza dei fermi impegni a ridurre le emissioni che l’UE si è assunta di recente, ossia in occasione della riunione del Consiglio europeo del marzo 2007. E’ fondamentale che, oltre al fatto che i paesi industrializzati procedano a riduzioni assolute delle emissioni, anche i paesi in via di sviluppo più avanzati dal punto di vista economico contribuiscano in maniera adeguata a ridurre i propri livelli di emissioni in base alle loro responsabilità e capacità, anche attraverso nuovi e flessibili tipi di obblighi e una maggiore collaborazione in campo tecnologico.

Nel corso della recente riunione del G8 svoltasi a Heiligendamm, è stato inoltre concordato che la strategia per la protezione del clima deve essere tale da sostenere la crescita nei paesi in via di sviluppo, industrializzati e di nuova industrializzazione, evitando effetti economici deleteri. E’ stato anche deciso di definire strategie a lungo termine con paesi le cui attività economiche producono elevati livelli di emissioni, fra cui Brasile, Cina, India, Messico e Sudafrica. Anche la Cina ha dichiarato il suo impegno a fornire un giusto contributo alla lotta contro i cambiamenti climatici.

Anche se attualmente non contiene obiettivi di riduzione assoluta, il piano cinese di protezione del clima rappresenta comunque una chiara e positiva indicazione di una tendenza verso la definizione di una politica internazionale in materia di clima nell’ambito dell’UNFCCC. La Cina considera il rafforzamento della protezione del clima una sfida nazionale ed è disposta a continuare a procedere sul cammino dello sviluppo sostenibile. Nel 2007 il Primo Ministro cinese Wen Jiabao ha ripetutamente annunciato misure per raffreddare un’economia surriscaldata (crescita di circa l’11 per cento nel primo trimestre e del 18 per cento circa in aprile/maggio) e controllare il crescente inquinamento ambientale e il consumo di energia, ma ha ammesso che esistono difficoltà di attuazione pratica.

Per concludere, desidero assicurare all’onorevole parlamentare che l’UE sta compiendo un serio sforzo di collaborazione con la Cina in materia di clima, tenendo conto al contempo delle questioni commerciali. Innanzi tutto, il partenariato tra l’UE e la Cina sui cambiamenti climatici, instaurato nel 2005, riguarda l’eliminazione degli ostacoli allo sviluppo, nonché l’uso e il trasferimento delle tecnologie. In secondo luogo, le riunioni UE-ASEM svoltesi nel 2007 hanno offerto l’opportunità di portare alla ribalta il problema dei cambiamenti climatici. Non esiste alcun dubbio sulla necessità di sollevare la questione dei cambiamenti climatici in altri contesti, fra cui quello delle relazioni commerciali. La questione dei cambiamenti climatici è stata anche discussa nel corso della riunione della troika dei ministri degli Esteri di UE e Cina svoltasi ad Amburgo il 28 maggio 2007, e in tale occasione il ministro degli Esteri Steinmeier ha menzionato la responsabilità comune di proteggere il clima e la disponibilità dell’UE ad aiutare la Cina a ridurre le proprie emissioni.

 

Interrogazione n. 26 dell'on. Linda McAvan (H-0424/07)
 Oggetto: Impegno europeo nei confronti degli aiuti allo sviluppo
 

Nel 2005 i ministri europei hanno ribadito l'impegno collettivo a conseguire l'obiettivo ONU di destinare, entro il 2015, almeno lo 0,7% del RNL agli aiuti allo sviluppo. I livelli degli aiuti registrati negli ultimi anni e i piani di spesa previsti per i prossimi anni indicano che l'obiettivo in questione non sarà raggiunto. Quali iniziative ha il Consiglio all'esame per riportare l'UE sul giusto binario, affinché rispetti l'impegno ad aumentare i livelli degli aiuti allo sviluppo?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

L’accordo raggiunto dal Consiglio nel 2005 riguardo a un aumento degli aiuti pubblici allo sviluppo (APS) è andato al di là di una semplice conferma dell’obiettivo delle Nazioni Unite di una spesa pari allo 0,7 per cento dell’RNL per tali aiuti, in quanto il Consiglio ha deciso di conseguire questo obiettivo entro un termine prefissato, ossia il 2015. Visti gli aumenti effettivi e sostanziali dei bilanci degli Stati membri dell’UE, le prospettive per gli APS sono incoraggianti, anche se restano alcune ardue sfide.

Di recente il Consiglio ha chiarito la sua posizione in materia (conclusioni del Consiglio del 15 maggio 2007).

Nel 2002 l’UE si è impegnata a spendere lo 0,39 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) per gli aiuti allo sviluppo nel 2006; nel 2005 ha deciso di aumentare tale livello allo 0,56 per cento entro il 2010 e allo 0,7 per cento entro il 2015.

Nel 2006 l’UE ha raggiunto un totale dello 0,42 per cento dell’RNL, superando quindi l’obiettivo dello 0,39 per cento, con un importo record di 48 miliardi di euro.

Nell’ambito di questo importo complessivo, alcuni Stati membri sono andati al di là dei rispettivi obiettivi, mentre altri non li hanno raggiunti per vari motivi. Gli sforzi compiuti dall’Unione europea nel complesso devono tuttavia essere considerati altamente soddisfacenti.

Il Consiglio è consapevole che alcune delle misure che hanno determinato questo risultato complessivamente soddisfacente sono misure una tantum, e pertanto saranno necessari ulteriori sforzi per conseguire futuri obiettivi.

L’onorevole parlamentare senza dubbio sa che la qualità degli aiuti è altrettanto importante della quantità. A questo proposito, il Consiglio ha anche adottato conclusioni fondamentali finalizzate a rendere la cooperazione allo sviluppo più efficace attraverso una programmazione congiunta e una migliore divisione dei compiti tra i donatori. Conformemente alla dichiarazione di Parigi sull’efficacia degli aiuti, ciò dovrebbe contribuire a far sì che gli aiuti allo sviluppo abbiano un effetto più incisivo per quanto riguarda la lotta contro la povertà, il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio e la riduzione degli oneri amministrativi nei paesi destinatari.

 

Interrogazione n. 27 dell'on. Elspeth Attwooll (H-0427/07)
 Oggetto: Convenzione UE relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida
 

Facendo riferimento all'interrogazione scritta E-1673/07 e all'articolo 19 della Convenzione relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida (98/C 216/01) può il Consiglio, quale depositario della Convenzione, far sapere quali progressi siano stati fatti per la sua ratifica e quando il Segretario generale prevede che tutti gli Stati membri adempiano le disposizioni della Convenzione? La risposta all'interrogazione scritta E-1673/07 indica forse che il Consiglio non ritiene più di essere tenuto ad agire quale depositario della Convenzione in parola?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Finora soltanto tre Stati membri dell’Unione europea, ossia Cipro, Slovacchia e Spagna, hanno ratificato la Convenzione del 1998. Sul sito web ufficiale del Consiglio sono state pubblicate informazioni relative alla ratifica da parte di questi Stati membri.

Poiché il Consiglio non è parte aderente alla Convenzione e non è quindi vincolato a controllarne l’attuazione, al momento il problema non viene preso in esame dal Consiglio.

 

Interrogazione n. 28 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0428/07)
 Oggetto: Nuovo trattato sull'Unione europea
 

Nel corso delle ultime settimane, Nicolas Sarkozy, neoeletto presidente della Repubblica francese, promuove attivamente l'adozione di un nuovo testo, semplificato, rispetto a quello del trattato costituzionale rifiutato dalla Francia e dai Paesi Bassi. Il presidente francese ha già presentato la sua proposta al cancelliere di Germania e presidente in esercizio dell'UE (Merkel), al presidente della Commissione (Barroso) e a vari primi ministri, tra cui quelli del Regno Unito (Blair), dei Paesi Bassi (Balkenende), del Belgio (Verhofstadt), del Lussemburgo (Junker) e dell'Italia (Prodi). Tale iniziativa ha già ricevuto l'accordo dei primi ministri di Spagna (Zapatero) e di Portogallo (Socrates).

Qual è l'avviso del Consiglio su tale proposta? In vista del vertice del 21-22 giugno, le sue iniziative si baseranno sulla promozione di questa proposta francese o su una proposta di compromesso della presidenza? Ha esso già contattato gli Stati membri, in particolare quelli più cauti riguardo al trattato costituzionale, e qual è la sua valutazione in merito all'evoluzione di detta proposta?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

Il Consiglio non ha assunto posizione in merito a eventuali proposte degli Stati membri riguardo al Trattato UE, né sarebbe opportuno farlo.

La questione di un nuovo Trattato viene discussa nella riunione del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 sulla base di una relazione della Presidenza richiesta dal Consiglio europeo del giugno 2006. Sarebbe inopportuno per il Consiglio esprimere un parere sui preparativi per questa riunione, di cui è responsabile la Presidenza, o anticiparne l’esito.

 

Interrogazione n. 30 dell'on. Ryszard Czarnecki (H-0434/07)
 Oggetto: Eventuale nomina di un rappresentante speciale dell'Unione europea per l'energia
 

Qual è la posizione del Consiglio in merito all'idea di nominare un rappresentante speciale dell'Unione europea per l'energia (sull'esempio del rappresentante per la politica estera e per la lotta al terrorismo)?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

In base all’articolo 18, paragrafo 5, del titolo V “Disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza”, del Trattato UE, il Consiglio può in effetti nominare un rappresentante speciale con un mandato per problemi politici specifici.

In merito alla politica energetica, l’onorevole parlamentare sicuramente sa che nel marzo 2006 il Consiglio europeo ha dichiarato che la politica energetica per l’Europa avrebbe dovuto contribuire ad aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento attraverso lo sviluppo di un approccio comune alla politica energetica esterna. Tra le misure menzionate in relazione alla realizzazione della politica energetica per l’Europa figura quella di parlare a una sola voce, di fronte ai paesi terzi, a sostegno di obiettivi di politica energetica.

I principi generali di questa impostazione sono stati ulteriormente specificati dalla Commissione e dal Segretario generale/Alto rappresentante nel documento congiunto intitolato “Una politica esterna al servizio degli interessi europei in materia di energia”, che il Consiglio europeo di giugno 2006 ha accolto positivamente, invitando la Presidenza, la Commissione e l’Alto rappresentante a portare avanti l’attuazione della politica energetica esterna. La Presidenza, la Commissione e l’Alto rappresentante si sono già espressi con una “voce comune” molte volte nel dialogo sulla politica energetica con i paesi terzi o gruppi di paesi terzi.

Più di recente, il Consiglio europeo di primavera di marzo 2007 ha stabilito gli elementi essenziali per l’ulteriore sviluppo di una voce comune dell’UE.

Il Consiglio non ha deciso di nominare un rappresentante speciale per la politica energetica, tuttavia la politica energetica esterna dell’UE è affrontata ai massimi livelli, e viene illustrata in maniera adeguata ai paesi terzi.

 

Interrogazione n. 31 dell'on. Georgios Toussas (H-0437/07)
 Oggetto: Riunione G8 a Heiligendamm
 

Il governo tedesco, in vista del Vertice G8 dei leader degli otto principali paesi capitalistici che si terrà a Heiligendamm, con il pretesto di adottare misure contro il terrorismo, ha proceduto ad arresti "preventivi" di massa di lavoratori e al blocco di questa città con forze di polizia e militari, suscitando la collera e l'indignazione dei lavoratori e degli abitanti di tutta la regione. Nel corso delle manifestazioni ad Amburgo ed a Rostock, le forze di polizia hanno attaccato e ferito centinaia di manifestanti e hanno proceduto a decine di arresti. La mobilitazione del meccanismo ed i barbari attacchi delle forze repressive costituiscono una violazione flagrante dei diritti e delle libertà popolari.

Qual è la posizione del Consiglio in merito a tali atti inaccettabili di violenza e di terrorismo di Stato sferrati dal governo contro i lavoratori e i giovani?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

La Presidenza desidera fare presente che l’articolo 33 del TUE preclude al Consiglio la possibilità di esprimersi in merito alle misure nazionali relative al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna.

 

Interrogazione n. 32 dell'on. Pedro Guerreiro (H-0438/07)
 Oggetto: Difesa dei legittimi interessi del popolo saharawi, compreso il suo diritto all'autodeterminazione
 

Alla luce delle recentissime denunce riguardanti la brutale repressione scatenata dalle autorità marocchine contro studenti e altri militanti della protezione dei diritti più elementari del popolo saharawi, dato che la relazione della missione del 2006 della delegazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha qualificato con i termini "molto critica" la situazione dei diritti umani nei territori del Sahara occidentale occupati illegalmente dal Marocco e la risoluzione 1754(2007) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha riaffermato il diritto all'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale.

Può il Consiglio precisare come intende reagire alla recente ondata di repressione lanciata dalle autorità marocchine contro studenti e altri militanti che manifestavano a difesa dei legittimi diritti del popolo saharawi e quali misure sta adottando per contribuire concretamente al rispetto del diritto all'autodeterminazione di questo popolo?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

I fatti cui l’onorevole parlamentare fa riferimento coincidono con l’avvio dei negoziati sul Sahara occidentale sotto gli auspici delle Nazioni Unite. Tenendo conto degli attuali sviluppi, i negoziati diretti tra il Marocco e il Fronte Polisario si sarebbero dovuti svolgere il 18 e 19 giugno a Long Island, negli Stati Uniti. Questo è il momento dei negoziati, come richiesto dalla comunità internazionale nella risoluzione 1754 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 30 aprile 2007. Le Nazioni Unite hanno l’appoggio incondizionato dell’Unione europea. Sono stati compiuti considerevoli sforzi per preparare questi negoziati, e in tale processo sono stati forniti importanti contributi. Le popolazioni del Sahara occidentale sperano in un futuro migliore e in una soluzione giusta e duratura del conflitto. Invitiamo tutte le parti interessate a cogliere l’opportunità per esercitare moderazione e astenersi da qualsiasi azione che possa mettere in discussione i negoziati.

La prossima volta che Unione europea e Marocco si incontreranno sarà il 23 luglio, in occasione della riunione del Consiglio di associazione. Anche questo appuntamento rappresenterà un’opportunità per approfondire la discussione su tali questioni. I capi missione a Rabat e la Presidenza sollevano inoltre regolarmente le questioni dei diritti umani, fra cui il trattamento degli studenti, nei rapporti con il governo del Marocco.

 

Interrogazione n. 33 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0442/07)
 Oggetto: Pallottole di plastica e biglie colorate colpiscono i diritti democratici fondamentali
 

Il governo greco promuove l'adozione, nell'immediato futuro, di nuove misure di repressione delle manifestazioni, fra cui l'utilizzo di pallottole di plastica o caucciù e di biglie colorate che marchino i manifestanti, di modo che si possa procedere successivamente al loro arresto. Tale annuncio ha scatenato una tempesta di reazioni da parte di organizzazioni che operano per la protezione dei diritti dell'uomo, essendo stato dimostrato che, se colpiscono in un punto critico, tali pallottole provocano al manifestante un forte dolore, ferite serie e cecità, e possono causare addirittura la morte, come riconoscono persino alcuni ufficiali di polizia. Parallelamente, il ricorso a siffatte misure è rivolto direttamente contro lo stesso diritto di riunione e di manifestazione, e rappresenta una grave violazione dei diritti individuali, dal momento che la "bollatura" dei manifestanti fornirà alle autorità di repressione il pretesto per fabbricare accuse a loro carico e programmare azioni penali nei loro confronti.

Condanna il Consiglio tali pratiche repressive delle manifestazioni, che sono estremamente pericolose per la salute pubblica, che sono dirette contro i movimenti popolari e che violano palesemente le libertà e i diritti democratici fondamentali?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

La Presidenza desidera fare presente che l’articolo 33 del TUE preclude al Consiglio la possibilità di esprimersi in merito alle misure nazionali relative al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza interna.

 

Interrogazione n. 34 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0446/07)
 Oggetto: Valutazione d'impatto ambientale del progetto di gasdotto del Nord Europa
 

La costruzione del cosiddetto gasdotto del Nord Europa suscita molte preoccupazioni legate all'impatto negativo che il progetto potrebbe avere sul Mar Baltico. Secondo le norme ambientali internazionali e il diritto e la prassi dell'UE, la realizzazione di un progetto è subordinata all'esecuzione di un'esaustiva valutazione d'impatto ambientale, affidata a organismi indipendenti.

Può il Consiglio far sapere se si è attivato affinché venga effettuata una valutazione d'impatto ambientale per il progetto di gasdotto del Nord Europa? In caso affermativo, quali organismi indipendenti fanno parte dell'équipe incaricata della valutazione? Può il Consiglio confermare l'indipendenza degli istituti e studiosi in questione? Può altresì indicare se dispone già dei risultati preliminari di tale studio, che potrebbero fornire dati circa l'impatto che la realizzazione del gasdotto del Nord Europa avrà sull'ambiente nel Mar Baltico?

 
  
 

Questa risposta, elaborata dalla Presidenza, e di per sé non vincolante per il Consiglio né per i suoi membri, non è stata fornita oralmente durante il Tempo delle interrogazioni al Consiglio della tornata tenuta dal Parlamento europeo a Strasburgo nel giugno 2007.

La Presidenza è ben consapevole che il progetto menzionato dall’onorevole parlamentare ha suscitato preoccupazioni da parte di molti Stati membri dell’UE, paesi terzi e organizzazioni ambientali riguardo ai possibili effetti negativi per l’ambiente. E’ anche vero che accordi internazionali, in particolare la Convenzione sulla valutazione d’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (Convenzione di Espoo), la legislazione comunitaria e le legislazioni nazionali stabiliscono norme e obblighi relativi alle valutazioni d’impatto ambientale (VIA).

Il Consiglio non dispone tuttavia di alcuna base giuridica per adottare misure specifiche per far sì che venga effettuata una VIA; spetta alla Commissione garantire la corretta applicazione della legislazione comunitaria e adottare le misure ritenute adeguate in caso di violazione.

Per quanto riguarda i risultati iniziali di una VIA, tutto quello che la Presidenza può fare è prendere atto delle informazioni disponibili al pubblico, in base alle quali tutti i paesi interessati sono stati ufficialmente informati del progetto ed entro l’autunno 2007 è prevista la stesura di una relazione di valutazione d’impatto ambientale, che dovrà poi essere presentata alle autorità competenti per l’approvazione.

Come l’onorevole parlamentare dovrebbe anche sapere, la decisione n. 1364/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce orientamenti per le reti transeuropee nel settore dell’energia contiene molti riferimenti a un gasdotto tra la Russia e la Germania attraverso il Mar Baltico o “attraverso le rotte marittime”(1).

Nell’allegato I della decisione, il Consiglio e il Parlamento hanno attribuito a un “gasdotto nordeuropeo” la designazione di un “progetto di interesse europeo”, espressione che denota i progetti aventi “la massima priorità” (cfr. considerando 8 e articolo 8).

Invito l’onorevole parlamentare a far riferimento in modo specifico all’articolo 13 della decisione, in cui si legge: “La presente decisione lascia impregiudicati i risultati della valutazione dell’impatto ambientale dei progetti e dei piani o programmi che definiscono il futuro quadro di autorizzazione per tali progetti. I risultati della valutazione dell’impatto ambientale, ove tale valutazione sia prescritta conformemente alla pertinente normativa comunitaria, saranno presi in considerazione prima di procedere effettivamente alla decisione di eseguire i progetti conformemente alla pertinente normativa comunitaria”.

 
 

(1) GU L 262 del 22.9.2006, pag.1.

 

INTERROGAZIONI ALLA COMMISSIONE
Interrogazione n. 41 dell'on. Georgios Toussas (H-0445/07)
 Oggetto: Aumento del tasso di interesse di base della Banca Centrale Europea
 

L'aumento imminente del tasso di interesse di base della Banca Centrale Europea (BCE) che passerà dal 3,75% attuale al 4% nonché il suo aumento al 4,25% previsto per il settembre 2007, peggiorano i già gravi problemi dei nuclei familiari appartenenti alle classi popolari, che rimborsano prestiti a condizioni già sfavorevoli fissate dalle banche. È indicativo che i sette aumenti successivi verificatisi dal dicembre 2005, quando il tasso di interesse di base ammontava al 2%, abbiano fatto salire alle stelle i profitti delle banche, abbiano provocato molteplici aumenti a livello delle rate mensili dei mutui per la casa e, in generale, associati alla riduzione dei salari e delle pensioni, abbiano inferto un duro colpo al livello di vita delle famiglie della classe operaia.

Come valuta la Commissione queste scelte sfavorevoli agli operai effettuate dalla Banca Centrale Europea?

 
  
 

Conformemente al mandato di mantenere la stabilità dei prezzi che le incombe in forza del Trattato, la Banca centrale europea definisce la politica monetaria per la zona dell’euro in maniera indipendente, sulla base di una valutazione globale della situazione economica, finanziaria e monetaria.

L’inflazione e i tassi di interesse, in termini nominali e reali, sono stati storicamente bassi nella zona dell’euro dall’introduzione della moneta unica. Va sottolineato che di norma l’inflazione agisce come un’imposta regressiva, colpendo più duramente le fasce meno abbienti della popolazione, il cui reddito spesso deriva esclusivamente dal salario o dalla pensione e che non possiedono beni immobili. Ne consegue che gli sforzi compiuti per mantenere la stabilità dei prezzi non possono certo essere definiti una politica “antisociale”.

 

Interrogazione n. 46 dell'on. Leopold Józef Rutowicz (H-0391/07)
 Oggetto: Risorse finanziarie per combattere gli effetti nocivi del cambiamento climatico
 

Si verificano attualmente molti cambiamenti climatici che provocano perdite di raccolti, inondazioni, siccità, cambiamenti ambientali ecc. Al fine di combattere gli effetti di tali fenomeni, è necessaria una riserva di fondi. Ha intenzione la Commissione di adottare misure intese ad un costante aumento dei finanziamenti disponibili per contrastare tali fenomeni?

 
  
 

I cambiamenti climatici sono una realtà e si deve tenere conto delle conseguenze finanziarie derivanti dalla necessità di mitigare le emissioni di gas a effetto serra e dall’adattamento alle inevitabili ripercussioni dei cambiamenti climatici. Per il periodo 2007-2013 la dotazione di bilancio dell’UE è già stata fissata ed è troppo presto per anticipare le prospettive finanziarie dopo il 2013. Le misure di prevenzione dei rischi, mitigazione e adattamento nel campo dei cambiamenti climatici possono tuttavia essere già finanziate attraverso gli attuali programmi comunitari dei Fondi strutturali. Saranno necessarie ulteriori azioni per promuovere l’inclusione di tali misure nei programmi attuali. I progetti finanziati a titolo di questi Fondi devono essere sottoposti a verifica climatica per garantirne la sostenibilità.

Per il periodo 2007-2013 il programma LIFE+ comprende tra i suoi obiettivi principali i cambiamenti climatici. LIFE+ finanzierà progetti innovativi o dimostrativi finalizzati a promuovere l’adattamento a livello transfrontaliero, ad esempio con attività di dimostrazione di tecnologie di adattamento efficienti sotto il profilo economico o con approcci innovativi.

Il Fondo di solidarietà dell’Unione europea non è uno strumento avente lo scopo specifico di rispondere ai cambiamenti climatici, tuttavia in casi di gravi catastrofi naturali di dimensione europea, siano esse provocate dai cambiamenti climatici o da altre cause naturali, può offrire assistenza finanziaria. Tale Fondo viene finanziato al di fuori dal bilancio dell’UE caso per caso.

In marzo il Consiglio ha inoltre adottato uno strumento finanziario per la protezione civile destinato a sostenere e integrare le attività degli Stati membri finalizzate alla protezione delle persone, dell’ambiente e dei beni, in caso di catastrofi naturali o provocate dall'uomo.

Inoltre, per sostenere gli ambiziosi obiettivi comunitari in materia di cambiamenti climatici e nell’ambito di una più ampia riforma delle norme relative agli aiuti di Stato nazionali, di recente la Commissione ha presentato un nuovo progetto di disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato per l’ambiente. La nuova disciplina comunitaria ha un'impostazione maggiormente improntata a criteri economici per garantire che gli Stati membri possano sostenere misure a favore dell’ambiente provocando la minima distorsione possibile della concorrenza.

Le preoccupazioni riguardo ai cambiamenti climatici influiranno sulle relazioni dell’UE con i paesi terzi. Nei paesi in via di sviluppo l’adattamento alle conseguenze dei cambiamenti climatici sarà importante, tenuto conto della maggiore vulnerabilità e della limitata capacità delle comunità povere. Esistono varie politiche e meccanismi di finanziamento che devono essere ulteriormente sviluppati per affrontare la sfida dell’adattamento a livello globale.

Per molti anni i programmi di ricerca comunitari hanno investito in attività di ricerca mirata sui cambiamenti climatici per costruire una solida base di conoscenze a sostegno dell’elaborazione di politiche in materia. Si prevede un ulteriore aumento della spesa per le attività di ricerca sull’adattamento.

Prima dell’estate la Commissione adotterà un Libro verde sull’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici, in cui saranno approfonditi aspetti quali i costi e le risposte politiche proposte per l’adattamento.

 

Interrogazione n. 47 dell'on. Zita Gurmai (H-0402/07)
 Oggetto: Impatto ambientale del progetto del porto per yacht La Punta a Ibiza
 

L'isola di Ibiza sta subendo un grave degrado urbano e ambientale a causa di lavori pubblici sproporzionati che provocano la cementificazione di un territorio fragile e limitato. Il progetto del porto per yacht La Punta di Ibiza è parte di un programma per costruire una strada a due corsie e un campo da golf. Tali progetti hanno sollevato molte proteste e malcontento pubblico poiché avranno un impatto negativo palese sul parco naturale Parque Reserva Natural de Ses Salinas, una zona speciale di conservazione della direttiva Uccelli dell'UE dichiarata sito d'interesse comunitario.

Quali iniziative intraprenderà la Commissione per garantire il rispetto delle direttive Uccelli e Habitat?

 
 

Interrogazione n. 48 dell'on. Jörg Leichtfried (H-0403/07)
 Oggetto: Impatto ambientale del progetto Yacht Port La Punta, Ibiza
 

Il progetto Yacht Port La Punta, Ibiza, un porto che potrà accogliere 885 yacht le cui dimensioni possono raggiungere i 40 metri di lunghezza, avrà conseguenze irreparabili sugli ecosistemi marini comportando, tra i suoi effetti negativi, la distruzione di circa 120.000 m2 della specie protetta Posidonia oceanica, come il progetto stesso riconosce. La realizzazione del porto per yacht avrà ripercussioni sul parco naturale Parque Reserva Natural de Ses Salines, dichiarato luogo di interesse comunitario dalla direttiva UE concernente la conservazione degli uccelli selvatici (zona di protezione speciale) e sulla riserva marina Reserva Marina de Es Freus de Eivissa y Formentera, situata in prossimità del porto in progetto e che beneficia dei fondi strutturali comunitari, nel quadro dello Strumento Finanziario di Orientamento della Pesca (SFOP).

Quali misure intende adottare la Commissione per garantire il rispetto della direttiva Habitat?

 
 

Interrogazione n. 49 dell'on. Britta Thomsen (H-0404/07)
 Oggetto: Impatto ambientale del progetto del porto per yacht La Punta di Ibiza
 

Secondo la denuncia formale presentata alla DG Ambiente e alla DG Pesca e affari marittimi, il progetto di porto per yacht La Punta a Ibiza avrà un impatto ambientale estremamente negativo per il litorale dell'isola e provocherà una perdita irreversibile degli ecosistemi marini e terrestri. I lavori previsti appaiono esagerati in relazione alle necessità del porto, andando per tanto contro gli obiettivi dell'acquis comunitario in materia. È la Commissione consapevole che tale progetto viola le norme comunitarie?

 
 

Interrogazione n. 50 dell'on. Inés Ayala Sender (H-0409/07)
 Oggetto: Impatto del progetto relativo al porto turistico di La Punta (Ibiza, Spagna) sugli spazi naturali protetti dall'Unione europea
 

Sin dalle sue origini l'Unione europea ha affermato il suo interesse per la preservazione dell'ambiente e ha contribuito attivamente alla difesa delle riserve naturali. Tuttavia, il progetto di costruzione del porto turistico di La Punta, a Ibiza (Spagna), avrà un impatto diretto sia sulla riserva marina di Es Freus di Ibiza e Formentera che sul parco naturale di Ses Salines, entrambi sovvenzionati con aiuti europei (rispettivamente a titolo dei programmi Pesca e LIFE).

Può dire la Commissione se è a conoscenza dell'impatto di detto progetto, che potrebbe interessare sia la riserva marina di Es Freus di Ibiza e Formentera che il parco naturale di Ses Salines? Può dire inoltre quali misure intende prendere per evitare che tale impatto abbia come conseguenza un cattivo uso delle risorse comunitarie che si stanno investendo in queste zone?

 
  
 

I progetti relativi ai porti per yacht rientrano nell’ambito dell’allegato II, sezione 10, parte “e”, della direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati(1), modificata dalle direttive 97/11/CE(2) e 2003/35/CE(3) (la direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale – VIA). Spetta pertanto agli Stati membri determinare, prima di concedere l’autorizzazione per un progetto, se quest’ultimo potrebbe avere effetti rilevanti sull’ambiente. Se così fosse, deve essere eseguita una valutazione d’impatto ambientale.

Il sito “Ses Salines d’Eivissa i Formentera” è stato designato sito di importanza comunitaria ai sensi della direttiva 92/43/CEE(4) (la direttiva “habitat”) e zona di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE(5) (la direttiva “uccelli”). Per i progetti che potrebbero avere un impatto negativo su tali siti, deve essere eseguita una valutazione conformemente all’articolo 6, paragrafi 3 e 4, della direttiva “habitat”. Sulla base di questa valutazione, le autorità competenti devono decidere se il progetto può essere portato avanti, e in tal caso, a quali condizioni.

Stando alle informazioni disponibili, nel maggio 2006 il progetto e la valutazione d’impatto ambientale sono stati oggetto di una procedura di informazione del pubblico. Nell’aprile 2007 l’autorità competente delle Baleari ha inoltre espresso parere favorevole sul progetto a determinate condizioni. Alla Commissione risulta altresì che il progetto è previsto in una zona non compresa nel sito di Natura 2000 e non avrà effetti rilevanti su alcun sito di Natura 2000 e che gli effetti che il progetto avrebbe sull’habitat naturale prioritario di “Posidonia oceanica” non sarebbero rilevanti.

La Commissione non ritiene pertanto che esistano elementi da cui risulti che la legislazione comunitaria non è stata rispettata.

 
 

(1) GU L 175 del 5.7.1985.
(2) GU L 73 del 14.3.1997.
(3) GU L 156 del 25.6.2003.
(4) GU L 206 del 22.7.1992.
(5) GU L 103 del 25.4.1979.

 

Interrogazione n. 51 dell'on. Lambert van Nistelrooij (H-0405/07)
 Oggetto: Sistema comunitario di scambio delle quote di emissione
 

L'Unione europea ha assegnato diritti di emissione a ciascuno Stato. Nell'analisi strategica europea dell'energia (Strategic European Energy Review) del 10 gennaio 2007 sono stati proposti l'adeguamento e l'armonizzazione di tale sistema di scambio delle quote di emissione. Secondo l'attuale sistema, le strutture con minori emissioni (potenza inferiore a 20 MW) non rientrano nel sistema di scambio delle quote di emissione ma sono comunque titolari di diritti di emissione. Tuttavia, in sede di assegnazione dei diritti di emissione da parte dell'Unione europea, non viene praticato alcuno sconto ai piccoli consumatori.

Nei Paesi Bassi i diritti di emissione delle piccole imprese vengono scambiati indirettamente attraverso la società erogatrici di energia. Le piccole e medie imprese (PMI) temono quindi che il valore dei diritti di emissione sia loro addebitato una seconda volta da parte delle società erogatrici di energia. Se ciò fosse vero, le PMI olandesi non sarebbero in alcun modo incentivate ad adottare politiche aziendali finalizzate alla riduzione delle emissioni.

Come valuta la Commissione le misure suscettibili di disincentivare la riduzione delle emissioni da parte delle piccole e medie imprese? Come si potrebbe procedere, secondo la Commissione, per far sì che le piccole e medie imprese contribuiscano in maniera più mirata alla politica comunitaria in materia di emissioni?

 
  
 

E’ necessario fornire un chiarimento riguardo all’interrogazione dell’onorevole parlamentare. Gli impianti con capacità inferiore a 20 Megawatt (MW) non rientrano nel campo di applicazione della direttiva comunitaria relativa allo scambio di quote di emissioni(1). Questo significa inoltre che per tali impianti non sono previste quote di emissioni né vi è alcun altro obbligo relativo allo scambio di quote di emissioni.

Uno dei principi base del sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE è che tale sistema include soltanto i diretti responsabili delle emissioni di gas a effetto serra; ciò significa che allo scambio di quote di emissioni partecipano esclusivamente i produttori, ma non gli utenti finali di elettricità. Ne consegue che le quote cedute dai produttori di elettricità per compensare i gas a effetto serra emessi nel corso della produzione dell’elettricità che sarà consumata, tra l’altro, da piccole e medie imprese, non possono essere considerate quote “appartenenti” a tali piccole e medie imprese.

I produttori di energia potrebbero trasferire eventuali possibili aumenti del costo di produzione dell’energia ai consumatori di energia, e in questo modo potrebbero essere estesi i costi associati alle quote di emissioni. Gli alti costi dell’energia incoraggiano gli utenti finali come le piccole e medie imprese a risparmiare ulteriormente sul consumo energetico. La Commissione valuterà tuttavia possibili misure per affrontare l’eventuale problema dei cosiddetti “utili a cascata”, in particolare attraverso la revisione dei sistema di scambio di quote di emissioni dell’UE e un aumento della pressione concorrenziale nei mercati energetici dell’UE.

La Commissione ritiene che tutti i settori dell’economia dovrebbero contribuire alle necessarie riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra, per limitare i cambiamenti climatici a 2°C al di sopra del livello preindustriale. La revisione attualmente in corso della direttiva relativa allo scambio di quote di emissioni dell’UE offrirà l’opportunità di valutare come e in quale misura le piccole e medie imprese possano partecipare allo scambio di quote di emissioni, garantendo che lo facciano nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi.

 
 

(1) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio, GU L 275 del 25.10.2003.

 

Interrogazione n. 52 dell'on. Michl Ebner (H-0420/07)
 Oggetto: Differenze nelle regolamentazioni sui rifiuti nei vari Stati UE
 

In Europa le montagne di rifiuti sono cresciute costantemente. Sinora i rifiuti sono stati "smaltiti" in modo diverso nei 27 Stati membri dell’UE.

Si contano pochissime contromisure: il sistema del "punto verde" esiste solamente in 20 Stati UE e il regolamento EMAS sulla certificazione ambientale delle imprese poggia su una base puramente volontaria. Tale sistema, oneroso per i cittadini e per l'ambiente, consente inoltre lo sfruttamento economico dello smaltimento dei rifiuti ("mafia dei rifiuti").

Come e quando intende la Commissione imporre standard minimi uniformi affinché l'eliminazione dei rifiuti ovvero il riciclaggio del volume dei rifiuti in costante crescita negli Stati membri dell'UE diventi più comprensibile per i cittadini, più ecologico e più accettabile socialmente ?

 
  
 

Negli ultimi trent’anni l’UE ha intrapreso molte iniziative nel settore dei rifiuti, che in effetti sono stati tra i primissimi problemi ambientali affrontati a livello europeo. L’UE dispone attualmente di 14 testi legislativi sui rifiuti, che spaziano da normative di carattere generale, come la direttiva quadro relativa ai rifiuti(1), a normative specifiche che riguardano le tecniche di gestione dei rifiuti o particolari flussi di rifiuti.

Con normative come la direttiva relativa alle discariche di rifiuti(2), la direttiva sull’incenerimento dei rifiuti(3) o la direttiva IPPC(4), sono state introdotte norme elevate, precise e uniformi per garantire la protezione dell’ambiente e della salute umana dagli impianti per i rifiuti, in qualsiasi parte dell’UE si trovino. Allo stesso modo, misure giuridiche come la direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche(5) o la direttiva relativa ai veicoli fuori uso(6) garantiscono l’adozione da parte degli Stati membri di una strategia comune riguardo ai flussi di rifiuti difficili, proteggendo l’ambiente e prevenendo gli ostacoli al mercato interno.

Negli Stati membri la gestione dei rifiuti viene tuttavia ancora affrontata in modi diversi, alcuni dei quali sono normali e inevitabili, in quanto dipendono dalla diversità delle situazioni geografiche e culturali. In altri casi, come indicato nella strategia tematica sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti(7) del dicembre 2005, la Commissione si sta adoperando per accrescere il coordinamento e definire altre norme minime per i rifiuti. Un esempio è la prevenzione dei rifiuti, a proposito della quale, nella revisione della direttiva quadro relativa ai rifiuti(8), la Commissione ha proposto di migliorare il coordinamento e lo scambio di informazioni in quanto esistono considerevoli differenze tra i progressi compiuti dagli Stati membri.

 
 

(1) Direttiva 2006/12/CE relativa ai rifiuti, GU L 114 del 27.4.2006.
(2) Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, GU L 182 del 16.7.1999.
(3) Direttiva 2000/76/CE sull’incenerimento dei rifiuti, GU L 332 del 28.12.2000.
(4) Direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento, GU L 257 del 10.10.1996.
(5) Direttiva 2002/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 gennaio 2003 sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), GU L 37 del 13.2.2003.
(6) Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 settembre 2000 relativa ai veicoli fuori uso, GU L 269 del 21.10.2000.
(7) COM(2005)666 def.
(8) COM(2005)667 def.

 

Interrogazione n. 53 dell'on. Athanasios Pafilis (H-0441/07)
 Oggetto: Le aree costiere sono proprietà del popolo
 

Nel corso degli ultimi anni, i governi greci hanno proceduto alla privatizzazione, a beneficio del grande capitale, di ampie aree costiere e, più generalmente, di spazi di utilità pubblica, installazioni olimpiche e zone di importanza turistica sia consegnandole direttamente agli imprenditori affinché realizzassero investimenti lucrosi sia affidando la loro gestione a partenariati pubblico-privati (PPP). Ne risulta che, da una parte, il capitale consegue profitti enormi, gestisce e determina la politica in tali settori e, dall'altra, i lavoratori non possono fruire di tali aree che, in realtà, costituiscono una proprietà del popolo, o sono obbligati a versare una tassa esorbitante per i bagni di mare o altri servizi.

In Grecia, i sindacati e le organizzazioni popolari ritengono che le aree costiere siano proprietà del popolo e che i lavoratori abbiano diritto di accedervi liberamente e che, pertanto, l'attività imprenditoriale non possa espandersi in dette aree.

Qual è la posizione della Commissione in merito?

 
  
 

Le aree costiere devono essere pubbliche o private? Questo è il punto principale dell’interrogazione dell’onorevole parlamentare. La proprietà terriera non è tuttavia una materia che rientra nella sfera di competenza dell’UE. La Commissione non ha alcuna opinione da esprimere riguardo al fatto che le aree costiere debbano essere pubbliche o private.

Un accesso adeguato del pubblico alle coste è tuttavia oggetto della raccomandazione dell’UE del 2002 relativa alla gestione integrata delle zone costiere.

E’ importante sottolineare che questa raccomandazione parla di accesso “adeguato”. Ciò non implica che ciascuna spiaggia o tutto il litorale debbano essere aperti al pubblico in generale. Il fatto che in un caso particolare il litorale sia o meno accessibile al pubblico e le condizioni cui ciò è subordinato sono esclusivamente una questione di sussidiarietà.

La raccomandazione relativa alla gestione integrata delle zone costiere è uno strumento giuridico non vincolante, il cui scopo è lo sviluppo sostenibile delle zone costiere, in particolare attraverso un coordinamento e un coinvolgimento più adeguati delle parti interessate. Gli Stati membri sono invitati a definire strategie per la gestione integrata delle zone costiere, sulla base di principi generali. In linea con i principi della sussidiarietà, la raccomandazione non affronta problemi particolari né fa riferimento a siti specifici.

 

Interrogazione n. 57 dell'on. Iles Braghetto (H-0363/07)
 Oggetto: Qualità delle acque termali
 

La risoluzione P6_TA(2007)0073, approvata dal Parlamento europeo lo scorso marzo, prevede, fra i vari punti programmatici, la necessità di garantire un livello elevato di protezione della salute umana in tutte le politiche della Comunità e di creare un quadro giuridico per la prestazione transfrontaliera di servizi di assistenza sanitaria che sia idoneo a garantire il tempestivo accesso dei pazienti a un'assistenza sanitaria adeguata e di qualità. Il termalismo rappresenta in tal senso una risorsa, che, da un lato, gode di un grande utilizzo da parte dei pazienti europei, ma dall'altro soffre della mancanza di un quadro giuridico europeo che ne garantisca gli standard di qualità e la valorizzazione come risorsa naturale. La qualità delle acque termali, infatti, non è attualmente disciplinata da alcuna normativa europea, a differenza delle acque per la balneazione, delle acque sotterranee, dell'acqua potabile e così via. Lo stesso vale per le altre risorse, come il fango, ecc.

Intende la Commissione riconoscere le cure termali a scopo terapeutico nell'ambito delle prestazioni transfrontaliere di servizi di assistenza sanitaria? In caso affermativo, intende elaborare una proposta per definire i requisiti di qualità che devono essere contenuti nelle acque termali, nel fango e nei vapori, così da valorizzare la risorsa naturale termale per scopi terapeutici e garantire standard uniformi ai pazienti europei?

 
  
 

In vari Stati membri le acque termali sono utilizzate per scopi terapeutici.

Il grado di utilizzo e il genere di cure fornite variano però considerevolmente da un paese all’altro.

In base al Trattato europeo, l’organizzazione e la prestazione dei servizi sanitari e di assistenza medica sono di competenza degli Stati membri.

Spetta a loro garantire l’appropriata qualità e sicurezza dei servizi sanitari forniti.

Nel caso dell’utilizzo delle acque termali, spetta quindi agli Stati membri garantire la sicurezza di tutti gli aspetti delle cure fornite, compresa la qualità delle acque. Tuttavia, la Commissione incontrerà fra breve i rappresentanti dell’Associazione europea dei centri termali per esaminare altre possibilità di cooperazione in quest’ambito. La riunione avrà luogo il 9 luglio 2007.

 

Interrogazione n. 58 dell'on. Markus Pieper (H-0367/07)
 Oggetto: Nuove strategie per la lotta contro la peste suina
 

Nuove strategie per combattere le epidemie si propongono di ridurre al minimo, in caso di peste suina, l'abbattimento del bestiame come strumento di lotta. Come valuta la Commissione l'applicabilità pratica di test in grado di escludere la presenza della malattia?

Nell'ultimo anno la lotta contro la peste suina nella Renania Settentrionale-Vestfalia è stata accompagnata da un coordinamento e un'informazione carenti. Sono previste iniziative volte a integrare, in caso di epizoozia, il lavoro del competente Comitato permanente della catena alimentare e della salute animale con il contributo di esperti nazionali che mettano a disposizione le loro conoscenze specifiche in loco, così da consentire un coordinamento e un'informazione più adeguati?

 
  
 

La direttiva 2001/89/CE del Consiglio e la decisione 2002/106/CE della Commissione prevedono precise misure per accertare, a seguito del verificarsi di un’epidemia in uno Stato membro, lo stato di indennità dalla peste suina classica di animali, aziende e territori interessati.

Alla Commissione è noto che a tal fine esperti tedeschi hanno proposto una nuova procedura, che prevede un uso su larga scala della reazione a catena della polimerasi in tempo reale.

Questo tipo di esame è già contemplato dalla legislazione comunitaria e il suo uso è stato anche approvato nel contesto delle misure adottate per controllare la peste suina in Germania nel 2006.

L’affidabilità della garanzia di un’indennità dalla malattia dopo un risultato negativo di questo o di altri tipi di esami analoghi dipende tuttavia in larga misura dalle procedure di campionamento e dalle misure di biosicurezza applicate nell’azienda per evitare l’infezione immediatamente prima e dopo il campionamento.

Tali questioni saranno oggetto di ulteriore discussione tra esperti nel corso di un seminario sulle misure di controllo della malattia che si svolgerà nel settembre 2007 ad Hannover presso il Laboratorio comunitario di riferimento e al quale saranno invitati anche esperti locali. La Commissione ha regolarmente consultato esperti della Renania settentrionale-Vestfalia quando si è trattato di elaborare le misure comunitarie adottate durante i casi di epidemia di peste suina verificatisi nel 2006.

 

Interrogazione n. 59 dell'on. John Bowis (H-0388/07)
 Oggetto: Infezioni contratte in ospedale
 

In tutta l'Unione europea cresce la preoccupazione in merito alle infezioni contratte in ospedale, comprese quelle da stafilococco dorato resistente alla meticillina (MRSA) e da clostridio difficile (c-difficile), soprattutto in seguito alla recente diffusione di un ceppo virulento di c-difficile che ha causato decessi nel Regno Unito. Può dire la Commissione qual è il risultato delle misure di sorveglianza delle infezioni legate ad attività sanitarie (HCAI) istituite nel 2000 e cosa propone di fare per combattere questa crescente minaccia sanitaria?

 
  
 

La decisione 2000/96/CE della Commissione relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE prevede, all’allegato I, la sorveglianza delle infezioni nosocomiali.

Il programma nel campo della sanità pubblica finanzia una specifica rete di sorveglianza delle infezioni contratte in ospedale.

Dai dati sulla sorveglianza risulta che ogni anno 3 milioni di pazienti nell’UE sono colpiti da un’infezione contratta in ospedale, e il loro numero corrisponde al 10 per cento dei pazienti ricoverati in ospedale. Si calcola che ogni anno si verifichino circa 50 000 casi di morte dovuti a tali infezioni.

Le reti di sorveglianza dell’UE dipendono dai dati dei sistemi di sorveglianza nazionali, che hanno carattere eterogeneo e che, in molti casi, non sono facilmente disponibili.

Poiché l’UE sta progressivamente sottoponendo a sorveglianza le malattie trasmissibili attraverso il Centro europeo per il controllo delle malattie (ECDC), la qualità e la comparabilità dei dati è determinante.

Nella relazione epidemiologica annuale del 2007, l’ECDC ha individuato le infezioni nosocomiali come una delle principali minacce derivanti da malattie trasmissibili nell’UE.

Da dicembre 2005 a gennaio 2006 la Commissione ha svolto una consultazione pubblica su un documento intitolato “Strategies for improving patient safety by prevention and control of healthcare-associated infections” (strategie per il miglioramento della sicurezza dei pazienti attraverso la prevenzione e il controllo delle infezioni nosocomiali).

Questo documento è inteso a costituire la base di una raccomandazione del Consiglio relativa alla prevenzione e al controllo delle infezioni nosocomiali da adottare nel 2008 nell’ambito di un più ampio pacchetto sulla sicurezza dei pazienti e sulla qualità dei servizi di assistenza sanitaria.

La raccomandazione riguarderà principalmente l’istituzione o il rafforzamento di:

- misure di controllo e prevenzione per sostenere il contenimento delle infezioni;

- programmi di prevenzione e controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie;

- sistemi di sorveglianza conformemente a norme concordate;

- istruzione, formazione, ricerca e scambio di informazioni.

Lo scopo ultimo di qualsiasi futura proposta di raccomandazione del Consiglio è aumentare la sicurezza dei pazienti e ridurre il considerevole impatto delle infezioni nosocomiali sulla società nell’UE.

 

Interrogazione n. 60 dell'on. James Nicholson (H-0395/07)
 Oggetto: Carne proveniente dal Brasile
 

Non ritiene la Commissione che sia opportuno imporre subito un divieto di importazione nell'Unione europea di carne bovina proveniente dal Brasile, senza attendere la fine dell'anno? Si tratta infatti di garantire ai consumatori europei la totale affidabilità della carne bovina da essi acquistata.

 
  
 

Di recente la Commissione ha effettuato un’ispezione in Brasile al fine di valutare la conformità alle disposizioni comunitarie delle norme in materia di salute degli animali e di salute pubblica relative alle esportazioni di carne bovina. L’ispezione si è svolta nel marzo 2007 e la relazione finale sarà pubblicata sul sito web della Direzione generale per la salute e la protezione dei consumatori (DG SANCO)(1), secondo le normali procedure.

A seguito di tale ispezione, la Commissione ritiene che le importazioni di carne bovina dal Brasile nella Comunità non presentino rischi per la salute dei consumatori e del bestiame e non giustifichino modifiche immediate ai numerosi requisiti attualmente in vigore riguardo alle importazioni. Un divieto non sarebbe pertanto proporzionato rispetto alla situazione esistente.

In base alla normale prassi successiva a una missione dell’Ufficio alimentare e veterinario (FVO), dopo l’elaborazione del progetto di relazione, le autorità brasiliane hanno la possibilità di esprimersi al riguardo e, se opportuno, di dimostrare che si sta ponendo rimedio alle carenze individuate. La Commissione si riserva quindi il diritto di riesaminare la situazione e di valutare la possibilità di intraprendere ulteriori azioni.

A questo proposito, la Commissione resta in stretto contatto con le autorità brasiliane per garantire che le carenze individuate riguardo all’attuazione delle condizioni comunitarie di importazione della carne bovina siano affrontate in maniera adeguata.

 
 

(1)http://ec.europa.eu/food/fvo/index_it.htm.

 

Interrogazione n. 61 dell'on. Justas Vincas Paleckis (H-0396/07)
 Oggetto: Divieto di fumo
 

Innanzitutto un'autocritica: il Parlamento europeo non dà purtroppo il buon esempio e non è in grado di imporre un divieto di fumo nei suoi locali pubblici. Tuttavia, alcuni Stati membri quali Irlanda, Italia, Francia, Regno Unito, Belgio e Lituania applicano con successo il divieto di fumo nei locali pubblici chiusi (sia pure con alcune eccezioni). Sebbene la regolamentazione sul fumo rientri nelle competenze degli Stati membri, l'interrogante ritiene che per quanto riguarda il divieto di fumo e l'elaborazione di proposte la Commissione potrebbe fare molto recependo gli encomiabili esempi degli Stati membri.

Quali iniziative intende assumere la Commissione per vietare il fumo? Prevede essa di generalizzare le esperienze positive e negative di tutti gli Stati membri in materia di divieto di fumo nei locali pubblici ed elaborare apposite raccomandazioni?

 
  
 

La Commissione ringrazia l’onorevole parlamentare per la sua interrogazione sulla lotta contro il tabagismo, in cui si fa riferimento in particolare ai provvedimenti antifumo. La Commissione si compiace con tutti gli Stati membri che hanno già reso più severe le proprie leggi antifumo e si augura che altri seguano il loro esempio per poter procedere verso un’Europa senza fumo.

Nel gennaio 2007 la Commissione ha adottato un Libro verde che ha dato avvio a una consultazione pubblica sul modo migliore per promuovere ambienti privi di fumo in Europa.

La consultazione si è conclusa il 1o giugno 2007. Sono state ricevute più di 250 risposte e la Commissione le sta attualmente analizzando nella prospettiva della pubblicazione di una sintesi di tali risposte durante l’estate. Da una valutazione preliminare delle osservazioni formulate è emerso che è necessario un ulteriore intervento comunitario, che dovrà tenere conto delle diverse situazioni esistenti negli Stati membri. La Commissione sarà guidata dall’esperienza degli Stati membri che hanno già applicato con successo il divieto di fumo.

A questo proposito, sono state molto utili le ultime discussioni svoltesi in maggio in seno alla commissione parlamentare per l’ambiente e al Consiglio “Salute”.

Dopo che in settembre il Parlamento avrà espresso il suo parere, la Commissione completerà l’analisi e proporrà misure a livello di UE in una successiva comunicazione che sarà presentata nel 2008.

Dell’ampia serie di misure di lotta contro il tabagismo nell’UE, la Commissione desidera porne in evidenza una.

Le nuove avvertenze illustrate sui pacchetti di sigarette sono intese ad aiutare i fumatori a visualizzare il tipo di malattie causate dal fumo nonché i rischi del fumo passivo. Va detto che, purtroppo, le avvertenze illustrate, sostenute dal Parlamento, sono utilizzate soltanto in un numero limitato di paesi. La Commissione chiede all’onorevole parlamentare di sostenere la promozione della loro introduzione in un maggior numero di paesi dell’UE.

 

Interrogazione n. 62 dell'on. Maria Badia i Cutchet (H-0401/07)
 Oggetto: Sussidi per le spese di acquisto dei prodotti senza glutine specifici per celiaci
 

Nonostante le azioni riguardanti le malattie specifiche continuino ad essere di responsabilità degli Stati membri, a partire dal secondo programma di azione comunitaria in materia di salute pubblica (2008-2013) sarà possibile monitorare a livello dell’Unione europea l’impatto della celiachia, favorire lo scambio di conoscenze e delle migliori prassi in merito al suo trattamento e realizzare la raccolta, analisi e diffusione delle informazioni riguardanti tale malattia.

Considerando che uno degli obiettivi di tale programma è quello di promuovere la salute allo scopo di aumentare la prosperità e la solidarietà e che, in conformità all’obiettivo 2 dello stesso, verranno adottate delle misure volte ad incoraggiare l’invecchiamento sano e attivo e a superare le disparità sanitarie, riterrebbe la Commissione opportuno, nell’ambito dell’obiettivo 2 del secondo programma di azione comunitaria in materia di salute pubblica, proporre un sussidio per le spese derivanti dall’acquisizione dei prodotti senza glutine specifici per celiaci, considerando che questi rappresentano l’unico trattamento possibile e che vengono ritenuti prodotti di prima necessità per i malati? Non ritiene la Commissione, inoltre, che nel caso in cui non venissero adottate delle misure in questo senso, si potrebbe aggravare la situazione di discriminazione per motivi di salute, alla quale l’Unione europea si oppone ?

 
  
 

La Commissione è ben consapevole dei possibili rischi per i celiaci associati al consumo di alimenti o all’uso di prodotti contenenti glutine.

Come menzionato dall’onorevole parlamentare, il programma di azione comunitaria in materia di salute pubblica può fornire sostegno a iniziative volte a monitorare l’impatto della celiachia e a favorire lo scambio di conoscenze scientifiche e delle migliori prassi in merito alla prevenzione e al trattamento di tale malattia.

La Commissione non ha tuttavia alcun ruolo nel rimborso delle spese di acquisto di alimenti per specifiche esigenze dietetiche, che resta di diretta competenza degli Stati membri. I programmi in materia di salute pubblica non prevedono una base giuridica per pagamenti di questo tipo.

Siccome il rispetto di una dieta priva di glutine è fondamentale per i celiaci, una corretta etichettatura svolge un ruolo determinante. La normativa in materia di etichettatura dei prodotti alimentari prevede che i produttori alimentari indichino nell’elenco degli ingredienti i cereali contenenti glutine.

La normativa sugli alimenti dietetici prevede inoltre che la Commissione definisca le condizioni per l’utilizzo delle indicazioni fornite riguardo all’assenza di glutine negli alimenti. A tale scopo, la Commissione sta lavorando in stretta collaborazione con gli Stati membri, tenendo conto degli sviluppi a livello internazionale nell’ambito del Codex Alimentarius.

Le misure di etichettatura sono importanti per consentire ai celiaci di compiere scelte dietetiche informate.

 

Interrogazione n. 63 dell'on. Stavros Arnaoutakis (H-0408/07)
 Oggetto: Trapianti illegali
 

Le lunghe liste di attesa per i trapianti (in Europa, ad esempio, per un trapianto di rene ci sono 65.000 malati in lista) inducono molti pazienti a cercare un organo sul "mercato nero" contro un lauto compenso come pure attraverso annunci su Internet. Stando ai dati forniti dall'Organizzazione mondiale della Sanità il commercio illegale di organi umani rappresenta il 10% dei trapianti in tutto il mondo. Anche se il dono di organi costituisce una libera pratica, qualsiasi scambio tra donatario, donatore e rispettive famiglie o qualsiasi altro individuo è vietato e punito dalla legge. In che modo la Commissione intende promuovere la trasparenza nel settore dei trapianti? Come promuove e assicura negli Stati membri il collegamento legale tra enti nazionali competenti in materia di trapianti ai fini di una migliore e più veloce gestione degli organi da trapiantare? E' essa in grado di limitare la pubblicazione di questo tipo di annunci su Internet senza ledere le libertà individuali e i diritti digitali dei cittadini europei?

 
  
 

La lotta contro il traffico di organi e il rafforzamento della collaborazione tra Stati membri in questo settore sono tra gli argomenti affrontati nella comunicazione adottata dalla Commissione il 30 maggio.

Al momento non esistono dati chiari e inequivocabili riguardo al traffico di organi, anche se si ritiene che il problema sia molto più limitato in Europa che in altre parti del mondo.

Il divieto del traffico di organi umani è già in vigore attraverso strumenti giuridici internazionali. La Commissione fa costantemente riferimento a tali strumenti e seguirà da vicino gli sviluppi nel campo del traffico di organi nell’UE e in tutto il mondo.

Il futuro strumento giuridico proposto nella comunicazione integrerà le azioni intraprese stabilendo norme comuni per l’autorizzazione dei centri o istituti e dei programmi che si occupano di donazione e reperimento degli organi in Europa.

Tramite questo strumento giuridico si inviteranno gli Stati membri ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che qualsiasi attività promozionale e pubblicitaria a sostegno della donazione di organi sia conforme agli orientamenti o alle disposizioni legislative esistenti in materia.

Tali misure comporteranno adeguate limitazioni o divieti riguardo alla pubblicità della donazione di organi al fine di offrire o ricercare un guadagno economico.

La crescente mobilità delle persone nell’UE crea la necessità di una maggiore trasparenza delle norme che disciplinano il sistema dei trapianti. E’ importante garantire la definizione di accordi a livello di UE.

La Commissione sta lavorando a un piano d’azione inteso a promuovere la collaborazione tra Stati membri per condividere le esperienze e le migliori prassi e far fronte ai problemi comuni.

 

Interrogazione n. 64 dell'on. Rodi Kratsa-Tsagaropoulou (H-0426/07)
 Oggetto: Donazione di organi e trapianti
 

In base a un recente sondaggio dell'Eurobarometro (30 maggio 2007), benché 8 europei su 10 siano a favore della carta di donatore di organi e il 56% sia disposto a donare uno dei suoi organi dopo la morte, appena il 12% degli europei è oggi titolare di tale carta. Può la Commissione dire a che cosa sia imputabile questa discrepanza? Recentemente, la Commissione ha proposto, in una sua comunicazione, azioni volte ad una collaborazione più stretta tra gli Stati membri nell'ambito della donazione e dei trapianti (per esempio, Direttiva relativa alla sicurezza e alla qualità della donazione di organi, campagne di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sull'acquisizione di una carta di donatore, ecc.). Come intende la Commissione far fronte alle enormi differenze esistenti tra i vari Stati membri per quanto riguarda la volontà di donare organi e il possesso di una carta di donatore? Quali politiche propone per far fronte al commercio illegale di organi umani proprio quando 40.000 malati in Europa sono in lista d'attesa per un trapianto e come intende sensibilizzare l'opinione pubblica e, principalmente, i gruppi popolazionali e sociali (persone anziane, persone con un basso livello di istruzione) che sembrano più indifferenti al problema, in particolare nei nuovi Stati membri?

 
  
 

In base al sondaggio dell’Eurobarometro, la disponibilità a donare varia nell’UE dal 29 all’81 per cento. Per spiegare tale differenza sono state individuate varie ragioni.

Le società hanno nei confronti della donazione di organi atteggiamenti diversi, che dipendono da fattori culturali e sociali.

Sulla disponibilità a donare influiscono il livello di comprensione da parte dei cittadini della donazione di organi e delle relative questioni etiche nonché le variazioni delle procedure giuridiche per il consenso del donatore.

Al di là della disponibilità a donare, esistono differenze per quanto riguarda i sistemi dei trapianti veri e propri. Ciascuno Stato membro organizza ed esegue i trapianti secondo propri metodi, basati sul tipo di sistema sanitario, sulle risorse disponibili e sull’attenzione rivolta all’aumento del numero di trapianti.

Il 30 maggio la Commissione ha adottato una comunicazione sulla donazione e il trapianto di organi i cui obiettivi sono:

migliorare la qualità e la sicurezza degli organi per i trapianti;

aumentare la disponibilità di organi per i trapianti;

rendere più efficienti e accessibili i sistemi dei trapianti.

Da queste azioni trarranno vantaggio in particolare gli Stati membri con i tassi di donazione più bassi.

La Commissione intende conseguire tali obiettivi attraverso:

un piano d’azione per rafforzare la collaborazione e lo scambio delle migliori prassi tra gli Stati membri; in luglio saranno avviate discussioni con esperti sulle possibilità concrete in questo campo e per la fine del 2008 o il 2009 è prevista l’adozione di una proposta della Commissione;

una proposta di strumento legislativo sulla sicurezza e la qualità degli organi, che verrà presentata alla fine del 2008.

Al momento non esistono dati chiari e inequivocabili riguardo al traffico di organi, anche se si ritiene che il problema sia molto più limitato in Europa che in altre parti del mondo.

La Commissione seguirà da vicino gli sviluppi nel campo del traffico di organi nell’UE e in tutto il mondo. Lo strumento legislativo servirà a combattere il traffico di organi stabilendo norme comuni per l’autorizzazione dei centri o istituti e dei programmi che si occupano di donazione e reperimento degli organi in Europa.

Dal sondaggio dell’Eurobarometro risulta che otto europei su dieci sono favorevoli alla carta di donatore di organi, ma soltanto il 12 per cento degli europei è titolare di tale carta. Ciò è dovuto a molti fattori, e probabilmente uno dei motivi principali è che questa possibilità non è presentata in modo chiaro ai cittadini.

La Commissione è anche del parere che una carta europea di donatore potrebbe contribuire a sensibilizzare i cittadini in materia e a colmare il divario; essa diventa inoltre necessaria, tenuto conto della crescente mobilità dei cittadini europei.

 

Interrogazione n. 65 dell'on. Saïd El Khadraoui (H-0433/07)
 Oggetto: Divieto del conservante E211
 

Nella sua risposta all'interrogazione P-2223/07, del 24 maggio 2007, la Commissione afferma che non prevede al momento di presentare una proposta di normativa specifica sulla formazione di benzene nelle bevande rinfrescanti. Da una recente ricerca del prof. Peter Piper della Sheffield University emerge ora che il conservante E211 può provocare, oltre alla formazione di benzene in combinazione con la vitamina C, anche effetti nocivi diretti. L'E211 in bevande rinfrescanti quali Sprite o Pepsi Max può provocare il danneggiamento di cellule e quindi malattie quali la cirrosi epatica e il morbo di Parkinson. È la Commissione a conoscenza di tale problematica? Può tutto ciò determinare un divieto generale del conservante E211? Considera la Commissione di rendere obbligatoria per l'E211 un'alternativa innocua all'acido benzoico, cioè l'acido sorbico?

 
  
 

Prima di essere approvati per l’uso nella Comunità europea, gli additivi alimentari devono essere valutati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (AESA) per accertare che siano sicuri. Prima dell’istituzione dell’AESA, questo compito era svolto dal Comitato scientifico per gli alimenti, che ha valutato l’ultima volta la sicurezza dell’acido benzoico nel 2002, stabilendo in tale occasione una dose giornaliera ammissibile per l’acido benzoico e i relativi sali.

La Commissione è a conoscenza delle recenti notizie riportate dalla stampa riguardo a uno studio del 1999 intrapreso dal professor Peter Piper, che ha esaminato l’effetto dell’acido benzoico sui lieviti. Nelle conclusioni dello studio è stata sollevata la questione della pertinenza o meno di tale effetto nel caso di un’esposizione umana a questo additivo. La Commissione non è tuttavia a conoscenza di altri studi intrapresi in questo settore.

In relazione alla proposta sugli additivi alimentari, che fa parte del pacchetto di proposte della Commissione sui miglioratori alimentari, la Commissione ha chiesto all’AESA di effettuare una nuova valutazione degli additivi alimentari attualmente autorizzati. La nuova valutazione è stata avviata e attualmente l’AESA sta sottoponendo a nuova valutazione i coloranti alimentari autorizzati.

La Commissione chiederà all’AESA di tenere conto dello studio menzionato nel corso della nuova valutazione dell’acido benzoico, e in particolare di considerare se, alla luce di questo singolo studio, occorra dare priorità alla nuova valutazione dell’acido benzoico e dei relativi sali.

 

Interrogazione n. 66 dell'on. Bill Newton Dunn (H-0440/07)
 Oggetto: Preparazione alla futura pandemia
 

Una pandemia mondiale - probabilmente d'influenza - è inevitabile. Nel ventesimo secolo se ne sono verificate tre. L'ultima risale a 39 anni or sono. La prima, comparsa immediatamente dopo la Prima guerra mondiale, ha causato indiscriminatamente più decessi della peste bubbonica di molti secoli prima.

I comportamentalisti americani stanno esaminando le conseguenze di restrizioni agli spostamenti internazionali all'arrivo della prossima pandemia.

Ciò premesso, la Commissione si sta attivando per coordinare i piani degli Stati membri onde ridurre al minimo i decessi nell'Unione europea quando la pandemia si manifesterà?

 
  
 

Dalla comparsa dell’influenza aviaria, la predisposizione operativa in caso di pandemia è una priorità per la Commissione e gli Stati membri.

Nell’Unione europea nel complesso tutti si sono intensamente impegnati nei preparativi ed ora è giunto il momento di fare il punto della situazione.

Nel 2005 la Commissione ha chiesto al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) di verificare il livello di preparazione per un’eventuale pandemia influenzale nell’UE.

Quali sono i risultati cui si è giunti nella relazione intermedia dell’ECDC pubblicata nel gennaio 2007?

In primo luogo, tutti i paesi hanno compiuto considerevoli sforzi, grazie ai quali l’Europa è molto più preparata di quanto non fosse nel 2005. Mai prima gli Stati membri e la Commissione avevano lavorato con tanta concertazione, preparandosi per una minaccia sanitaria imminente, ma non attuale.

L’ECDC ha anche constatato tuttavia che non è possibile raggiungere un’adeguata preparazione dei paesi in tempi brevi, ma che si tratta di un processo continuo.

Esistono piani e contratti nazionali per i vaccini contro l’H5N1 e quelli pandemici. Sono state effettuate esercitazioni di simulazione e tutti i paesi dispongono di riserve di antivirali.

Secondo il parere dell’ECDC, sostenuto da esperti nazionali, questo lavoro deve continuare. Sono state individuate alcune lacune e cinque aspetti in particolare su cui occorre concentrarsi:

- passare dalla programmazione del settore sanitario a piani nazionali che comprendano tutti i settori;

- garantire “l’interoperabilità” in modo da ottenere in linea di massima un’uniformità degli interventi in caso di pandemia;

- ricerca operativa;

- rendere i piani nazionali operativi ai livelli locali;

- rispondere in maniera più adeguata all’influenza stagionale.

La necessità di coinvolgere altri ministeri è palese, in quanto una pandemia riguarderebbe molti aspetti della società.

In merito all’interoperabilità, è tempo di iniziare a occuparsi di ciò che dovrebbe essere fatto collettivamente nei primi momenti di una pandemia riguardo a problemi quali una restrizione degli spostamenti internazionali. Nelle prime fasi di diffusione della pandemia, le misure di restrizione della circolazione alle frontiere esterne dell’UE consentirebbero di ottenere soltanto un limitato ritardo dell’importazione di nuovi casi, ma anche in tale eventualità è necessaria un’ulteriore valutazione del valore e delle modalità di applicazione di tali misure.

Si dubita che tutti i paesi giungeranno a un accordo sulle politiche e, tenuto conto della diversità di situazioni, è improbabile che un’unica soluzione possa essere valida per tutti.

E’ importante tuttavia discuterne insieme e raccogliere le conoscenze scientifiche, come avverrà di nuovo nel corso del quarto seminario congiunto CE/ECDC/OMS sulla preparazione per una pandemia che la Commissione intende organizzare a Lussemburgo nel settembre 2007.

Questa è la situazione per quanto riguarda la preparazione in vista di una pandemia influenzale.

Molto è stato fatto, ma occorre fare ancora di più.

Dobbiamo mantenere l’attuale ritmo di impegno in modo che entro la fine del decennio l’Europa sia adeguatamente preparata ad affrontare tutte le sfide.

 

Interrogazione n. 67 dell'on. Konstantinos Hatzidakis (H-0444/07)
 Oggetto: Sistema sanitario ed economia sommersa
 

Un'inchiesta del 2006 riguardante tutta la Grecia e avente per oggetto le spese private nel settore della salute in tale paese evidenzia che l'economia sommersa rappresenta 1,8 miliardi di euro, mentre le spese private per la salute raggiungono complessivamente i 7 miliardi di euro. L'economia sommersa è dovuta in buona parte all'evasione fiscale (mancato rilascio di ricevute) e in più piccola parte a "pagamenti addizionali informali" che i malati corrispondono ai professionisti sanitari. Può dire la Commissione se si osservano fenomeni analoghi in altri Stati membri dell'Unione europea e quali misure propone, nel quadro del dibattito sui servizi sanitari, per ridurre l'economia sommersa?

 
  
 

La Commissione è a conoscenza di dati di ricerche da cui risulta che i “pagamenti informali” costituiscono un considerevole problema nel settore sanitario in Grecia, e ciò può valere anche per altri Stati membri.

Come l’onorevole parlamentare sa, i principali responsabili dell’organizzazione e del finanziamento dei servizi sanitari e dell’assistenza medica sono tuttavia gli Stati membri, cui spetta pertanto valutare l’esistenza nella pratica di eventuali problemi riguardo ai loro sistemi, come ad esempio quello dei “pagamenti informali”, e affrontarli.

La Commissione sostiene gli Stati membri nella condivisione delle esperienze e delle buone prassi in relazione ai sistemi sanitari. Spetta tuttavia alle autorità nazionali, regionali o locali garantire il rispetto nella pratica delle norme in materia sanitaria.

 

Interrogazione n. 68 dell'on. Glenis Willmott (H-0368/07)
 Oggetto: Lenti cosmetiche
 

In Europa, contrariamente a quanto avviene in altri mercati, compresi gli Stati Uniti, l'utilizzo delle lenti cosmetiche afocali non rientra in alcun tipo di regolamentazione sui dispositivi medici, sebbene le conseguenze e i potenziali rischi sanitari per l'occhio siano gli stessi, se impropriamente prodotte o utilizzate senza la consulenza e la supervisione di un oculista.

Ritiene la Commissione che tale situazione sia accettabile? Recentemente, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno raggiunto un accordo in prima lettura in merito all'aggiornamento della direttiva sui dispositivi medici; tuttavia, è stata ignorata la volontà democratica delle commissioni parlamentari per il mercato interno e per l'ambiente e la sanità pubblica di affrontare la questione di una regolamentazione per le lenti a contatto cosmetiche o afocali che garantisca la sicurezza. A tale proposito, intende la Commissione prendere provvedimenti per migliorare l'attuale e insoddisfacente situazione?

 
  
 

Nell’UE le lenti a contatto sono oggetto di regimi normativi diversi a seconda che abbiano o meno funzioni correttive. Se hanno tali funzioni, soddisfano la definizione di dispositivo medico. Ciò non vale invece per le lenti a contatto non correttive (afocali) poiché, in questo caso, non hanno lo scopo di attenuare o compensare un handicap. Quest’ultimo costituisce uno degli elementi della definizione di un dispositivo medico.

La prevenzione degli eventuali rischi per la salute che potrebbero derivare dalle lenti a contatto non correttive è disciplinata nell’UE dalla direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti(1). Per quanto riguarda l’uso improprio di tali lenti a contatto, spetta principalmente al fabbricante garantire che non si possano verificare o siano ridotte al minimo le manipolazioni scorrette, in particolare attraverso adeguate istruzioni per l’uso.

La Commissione ritiene che l'attuale quadro normativo si sia dimostrato efficace e adeguato. Questo parere è stato confermato dal risultato della votazione svoltasi nel contesto del recente riesame della direttiva relativa ai dispositivi medici in seno al Parlamento, che si è espresso contro l’inclusione delle lenti a contatto non correttive nel quadro normativo per i dispositivi medici(2).

Infine, la Commissione desidera informare l’onorevole parlamentare che non ha avuto notizia di un considerevole aumento del numero di casi di infezioni o complicazioni oculari legate all’uso di lenti a contatto, correttive o non correttive che siano. Per maggiori informazioni, si invita l’onorevole parlamentare a far riferimento alla risposta fornita alla sua interrogazione scritta E-2633/06.

 
 

(1) Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 dicembre 2001 relativa alla sicurezza generale dei prodotti, GU L 11 del 15.1.2002.
(2) Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 90/385/CEE e 93/42/CEE del Consiglio e la direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di riesame delle direttive sui dispositivi medici [COM(2005)0681 – C6-0006/2006 – 2005/0263(COD)].

 

Interrogazione n. 69 dell'on. Georgios Karatzaferis (H-0370/07)
 Oggetto: Utilizzazione di fondi in Grecia
 

Ultimamente la (simpatica) commissaria Hübner dà risposte sempre più vaghe a specifiche interrogazioni poste dall'interrogante relativamente all'utilizzazione di fondi dell'UE. Altresì dicasi per l'interrogazione E-0898/07 dell'interrogante che è stato rinviato dalla stessa commissaria al sito Internet www.hellaskps.gr che, tuttavia, non fornisce risposte ai quesiti posti dallo stesso. L'interrogante si vede pertanto costretto a sollevare la questione dinanzi all'Assemblea del Parlamento europeo ed è certo che la Commissione disponga di dati, che verranno forniti, per rispondere ai semplici quesiti posti: quali stanziamenti comunitari sono stati assegnati a tutt'oggi nel quadro del terzo QCS e per quali iniziative nelle prefetture greche di Lesbo, dell'Etoloacarnania e dell'Eubea? Qual è il tasso di utilizzo dei fondi nel quadro del terzo QCS in queste tre prefetture?

 
  
 

Nella sua precedente interrogazione scritta (E-0898/07) sullo stesso argomento, l’onorevole parlamentare voleva conoscere i dati finanziari relativi ai tassi di utilizzo nelle tre prefetture greche di Lesbo, dell’Etoloacarnania e dell’Eubea. Nella sua risposta la Commissione ha fatto presente che, per ottenere informazioni riguardo all’assegnazione degli importi stanziati a titolo dei Fondi strutturali, e quindi anche ai tassi di utilizzo a livello di prefettura, occorre rivolgersi alle autorità greche, in quanto la Commissione non dispone di dati finanziari precisi a questo livello.

La Commissione desidera sottolineare che, in applicazione del principio di sussidiarietà, spetta agli Stati membri attuare l’assistenza comunitaria, come stabilito all’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante disposizioni generali sui Fondi strutturali(1). Gli Stati membri non hanno l’obbligo di informare la Commissione riguardo all’assegnazione del contributo dei Fondi strutturali o ai tassi di utilizzo a livello di prefetture, né la Commissione è coinvolta nella distribuzione geografica degli importi stanziati nell’ambito di ciascun programma operativo regionale. La selezione e l’attuazione quotidiana dei progetti rientra nella sfera di competenza delle autorità nazionali. Ne consegue che la richiesta di precise informazioni sul cofinanziamento in ciascuna delle prefetture cui si fa riferimento nell’interrogazione orale va rivolta alle autorità greche.

 
 

(1) GU L 161 del 26.6.1999, regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 173/2005, GU L 29 del 2.2.2005.

 

Interrogazione n. 70 dell'on. Hélène Goudin (H-0372/07)
 Oggetto: Sovvenzioni alla stampa
 

Il periodico svedese Journalisten, nel numero del 17 aprile 2007, scrive che la Commissione europea disapprova l'erogazione di sovvenzioni alla stampa a favore di gruppi editoriali attivi a livello internazionale. Può la Commissione riferire se tale informazione corrisponde a realtà e, in caso affermativo, perché la Commissione non ritiene che la Svezia possa decidere in piena autonomia quali sovvenzioni alla stampa erogare?

 
  
 

Nel campo degli aiuti di Stato, il ruolo della Commissione non è quello di intervenire riguardo all’uso delle risorse pubbliche, che è materia di competenza degli Stati membri, ma di evitare possibili distorsioni della concorrenza e degli scambi commerciali derivanti dalla concessione di sovvenzioni pubbliche. La Commissione riconosce l’importanza del pluralismo dei mezzi di informazione per il dibattito culturale, democratico e pubblico negli Stati membri. La Commissione ha approvato numerosi regimi di aiuto attraverso i quali gli Stati membri forniscono sostegno finanziario al settore editoriale.

Ciascun caso deve essere valutato a sé e il fatto che un regime di aiuto possa essere dichiarato compatibile con il mercato comune dipende dalle caratteristiche proprie di ciascun regime di aiuto, quali, tra l’altro, l’obiettivo specifico dell’aiuto, la durata del regime, il tipo di spese finanziate e l’intensità dell’aiuto in relazione ai costi. Gli aiuti concessi alle piccole e medie imprese possono essere più probabilmente compatibili con il mercato interno rispetto a quelli forniti a imprese di maggiori dimensioni, in quanto, ad esempio, le imprese più piccole hanno più difficoltà a reperire capitale e crediti. Non è certamente vero, tuttavia, affermare che le sovvenzioni sono incompatibili per principio, soltanto per il motivo che le imprese beneficiarie sono attive a livello internazionale.

Il regolamento svedese relativo alla concessione di aiuti alla stampa è stato oggetto di esame da parte della Commissione in quanto il governo svedese ha notificato emendamenti al regolamento per i quali chiede la previa approvazione conformemente alle norme relative agli aiuti di Stato. Riguardo al regolamento in questione, la Commissione ha inoltre ricevuto una denuncia, in cui si sostiene che il regolamento potrebbe avere effetti distorsivi sul mercato dei quotidiani e in relazione alle vendite di pubblicità. In queste circostanze, la Commissione ha l’obbligo di effettuare un’indagine, al termine della quale nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea sarà pubblicata la decisione finale della Commissione.

 

Interrogazione n. 71 dell'on. Robert Evans (H-0376/07)
 Oggetto: Status di paese candidato UE
 

Può la Commissione chiarire quali sono i criteri utilizzati per valutare se uno Stato possa essere ammesso a chiedere lo status di paese candidato alla futura adesione all’UE?

Quali “legami europei” vengono presi in considerazione, quali ad esempio la geografia, la geologia, la cultura, il patrimonio, l’appartenenza al Consiglio d’Europa, ecc., al momento di determinare tale ammissibilità? Alcuni criteri sono reputati più rilevanti di altri?

 
  
 

I criteri per l’ammissibilità all’adesione all’Unione europea sono stabiliti all’articolo 49 del Trattato, nella cui prima frase si legge:

“Ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell’articolo 6, paragrafo 1, può domandare di diventare membro dell’Unione. […]”.

La Commissione basa la sua raccomandazione sull’ammissibilità all’adesione all’Unione esclusivamente su questa disposizione.

Per i paesi cui è stata concessa una prospettiva di adesione, le conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 indicano i criteri politici, economici e in materia di acquis che devono essere soddisfatti per l’adesione.

Conformemente alle conclusioni di Copenaghen, la strategia di allargamento della Commissione tiene anche conto della capacità dell’Unione di integrare nuovi Stati membri. Le conclusioni del Consiglio del dicembre 2006 hanno confermato che questa strategia rappresenta la base di un rinnovato consenso sull’allargamento.

Ottenere lo status di candidato costituisce un passo sul cammino verso l’adesione all’UE. Nel documento di strategia del 2005, la Commissione ha delineato una tabella di marcia per l’adesione per i paesi dei Balcani occidentali, specificando il significato dello status di candidato e i requisiti per ottenerlo:

“Una volta ricevuta la domanda di adesione, l’UE può decidere, basandosi sul parere della Commissione, di conferire al paese lo status di candidato, che rappresenta il riconoscimento politico di una relazione più stretta con un paese avviato all’adesione.

In pratica, ciò consente di utilizzare l’assistenza dell’UE in tutti i settori connessi con la capacità del paese di assumersi, a termine, gli obblighi che comporta l’adesione, come ad esempio i preparativi per l’applicazione dei Fondi strutturali. Non ne consegue, tuttavia, un aumento automatico dell’assistenza finanziaria globale destinata al paese.

Lo status di candidato comporta il passaggio ad una nuova fase delle relazioni tra l’UE e il paese in questione, il quale beneficerà di un’intensificazione del dialogo politico e della cooperazione economica con la Commissione e gli Stati membri”.

 

Interrogazione n. 72 dell'on. Inger Segelström (H-0377/07)
 Oggetto: Discriminazione basata sull'età
 

Ai sensi della direttiva 2000/78/CE(1), entro il 31 dicembre 2006 tutti gli Stati membri dell’UE devono aver provveduto all’attuazione di una legislazione contro la discriminazione basata sull’età. La Svezia è l’unico Stato dell’UE che non dispone di una tale legislazione. Dalle informazioni diffuse dai mezzi di comunicazione, il Ministro responsabile ha dichiarato di non avere predisposto alcun piano per ottemperare agli obblighi imposti dalla presente direttiva entro i termini di tempo prescritti.

Quali misure intende adottare la Commissione contro la Svezia per la riluttanza del governo svedese ad applicare questa direttiva, che oltre ad essere importante è anche giuridicamente vincolante?

 
  
 

La Svezia si è avvalsa della possibilità, prevista dall’articolo 18 della direttiva 2000/78/CE, di rinviare il recepimento delle disposizioni relative alla discriminazione basata sull’età fino al 2 dicembre 2006. La Commissione sta attualmente esaminando il recepimento della direttiva 2000/78/CE in tutti gli Stati membri e non esiterà ad adempiere alla sua funzione di custode dei Trattati qualora risulti che uno Stato membro non ha pienamente recepito la direttiva, o non l’ha fatto in maniera corretta.

 
 

(1) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

 

Interrogazione n. 73 dell'on. Philip Bushill-Matthews (H-0379/07)
 Oggetto: Possibile discriminazione dei piloti in base all'età
 

Conformemente al diritto comunitario, è possibile, nelle operazioni di trasporto pubblico quali quelle effettuate da ambulanze aeree o da elicotteri della polizia guidati da un unico pilota all'interno dello spazio aereo di un singolo Stato membro, continuare ad impiegare piloti adeguatamente qualificati e muniti di certificato medico di oltre 60 anni d'età?

L'ordinanza britannica del 2005 sulla navigazione aerea rappresenta una violazione della normativa comunitaria relativa alla discriminazione per ragioni d'età? (Tale ordinanza, per quanto riguarda il titolare di una licenza di pilota commerciale di base (aeromobili), prevede – al punto 3, lettera (e) – che egli non debba pilotare un aeromobile a fini di trasporto pubblico una volta raggiunto il limite d'età di 60 anni, a meno che l'apparecchio non sia dotato di doppi comandi e non sia presente a bordo un secondo pilota il quale non abbia raggiunto tale limite d'età e sia in possesso di una licenza adeguata ai sensi della stessa ordinanza che lo autorizzi ad assumere la funzione di comandante o di copilota di detto aeromobile).

 
  
 

La direttiva 2000/78/CE del Consiglio stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e vieta la discriminazione in materia di occupazione e formazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori da essa disciplinati. La direttiva si applica a tutti gli Stati membri.

L’articolo 2, paragrafo 5, della direttiva 2000/78/CE stabilisce che la direttiva lascia impregiudicate le misure previste dalla legislazione nazionale che, in una società democratica, sono necessarie alla sicurezza pubblica e alla tutela della salute.

L’articolo 6 della direttiva prevede la giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età in alcune circostanze, a condizione che le disparità previste siano oggettivamente giustificate da una finalità legittima, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva prevede inoltre che si possano stabilire differenze di trattamento basate sull’età (o sulle altre caratteristiche protette) laddove costituiscano un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

La Commissione non è a conoscenza dei particolari della situazione specifica cui si fa riferimento nell’interrogazione, tuttavia è del parere che la fissazione di un limite di età obbligatorio per il pensionamento dei piloti derivante dalle differenze di trattamento basate sull’età potrebbe essere giustificabile in base alle disposizioni menzionate in precedenza per garantire la sicurezza aerea e la tutela dei cittadini.

 

Interrogazione n. 74 dell'on. Frank Vanhecke (H-0383/07)
 Oggetto: Tunnel tra l'Europa e l'Africa
 

Nel 2008 dovrebbero iniziare i lavori di costruzione di un tunnel che collegherà l'Europa all'Africa. Ingegneri svizzeri, francesi, spagnoli e marocchini sarebbero attualmente impegnati nell'ultima fase della sua progettazione. Il tunnel non potrà non rappresentare una calamita per gli africani alla ricerca di fortuna economica, che lo utilizzeranno per tentare di entrare in Europa.

È la Commissione a conoscenza dell'ubicazione dei punti di accesso di tale tunnel? Quali istituzioni e paesi hanno preso l'iniziativa della sua costruzione? Dispone la Commissione di stime circa il suo costo totale? Quali istituzioni e quali paesi finanziano la sua costruzione? In che misura - secondo le prime stime - vi contribuirà l'UE?

 
  
 

L’idea di un collegamento fisso tra la Spagna e il Marocco è stata avanzata per la prima volta alcuni anni fa. Sono state suggerite varie tecnologie alternative, fra cui un ponte e un tunnel. A quanto pare,. le autorità spagnole e marocchine hanno preso in considerazione quest’ultima possibilità per condurre studi tecnici ed economici più approfonditi. Secondo il piano strategico spagnolo(1), il collegamento fisso è un progetto importante, ma più a lungo termine.

Di recente la Commissione ha adottato una comunicazione sugli orientamenti per i trasporti in Europa e nelle regioni confinanti(2), nella quale ha preso in considerazione cinque principali assi transnazionali, tra cui il collegamento tra la Spagna e il Marocco. A seguito della proposta del Marocco, il collegamento fisso è stato incluso nell’elenco dei progetti a lungo termine da realizzare dopo il 2020. Come indicato nella comunicazione, l’elenco è puramente indicativo. Tutti i progetti che vi figurano devono essere sottoposti a studi economici, sociali e ambientali approfonditi prima che possa essere adottata una decisione di finanziamento.

In base alle informazioni di cui la Commissione dispone, il collegamento fisso richiede un gran numero di studi tecnici molto complessi di carattere geologico, marino e così via, e soluzioni innovative prima che la costruzione possa avere inizio. Il 2008 sembra quindi essere una data troppo prematura per l’inizio dei lavori di costruzione.

La Commissione non ha contribuito al finanziamento del progetto. Nel contesto del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del Fondo di coesione, per il periodo 2007-2013 non è previsto alcun finanziamento per questo progetto. In futuro il FESR potrebbe eventualmente contribuire al finanziamento della parte spagnola del progetto, se lo Stato membro lo richiede e a condizione che siano soddisfatte le disposizioni stabilite per l’utilizzo dei Fondi.

Una richiesta di finanziamento da parte delle autorità spagnole e marocchine sarebbe in linea di principio ammissibile nell’ambito del programma di cooperazione transfrontaliera nel quadro dello strumento europeo di vicinato e di partenariato. Tenuto conto delle limitate risorse del bilancio comunitario previste a tale scopo, un eventuale sostegno si limiterebbe a misure di assistenza tecnica.

 
 

(1) PEIT – Plan estratégico de infraestructuras y transportes.
(2) COM(2007)32 del 31 gennaio 2007.

 

Interrogazione n. 75 dell'on. Antonio López-Istúriz White (H-0384/07)
 Oggetto: Arrivo sulle coste di Maiorca di imbarcazioni provenienti dall'Algeria - nuova via di accesso all'Europa per l'immigrazione illegale
 

Alla fine di aprile due imbarcazioni provenienti dall'Algeria hanno raggiunto le coste delle isole Baleari, attraccando nel sud di Maiorca. Dal settembre dell'anno scorso, quattro imbarcazioni sono giunte illegalmente alle Baleari. Il governo spagnolo non ha preso misure efficaci e urgenti per frenare l'arrivo di nuove imbarcazioni ed evitare che le Baleari siano utilizzate dagli immigranti illegali come nuova via d'accesso all'Europa. Si rischia di vedere in poco tempo alle Baleari le stesse immagini drammatiche viste negli ultimi anni in regioni come le Canarie. Il governo delle Baleari ritiene che non si debba attendere l'arrivo di altre imbarcazioni nelle isole perché il governo nazionale prenda misure speciali, tra cui il potenziamento della cooperazione con l'Algeria per controllare la partenza di immigranti illegali. Andrebbe rafforzata la vigilanza aerea e marittima sulle coste delle Baleari e in generale nel Mediterraneo. L'attuale governo spagnolo circa due anni fa agì in modo irresponsabile, approvando una regolarizzazione in massa di immigranti il cui "effetto chiamata" può ora ripercuotersi sulle isole Baleari.

La Commissione europea può dire se il governo spagnolo ha chiesto all'agenzia europea Frontex di collaborare nella vigilanza del Mediterraneo, al fine di evitare la creazione di una nuova via d'immigrazione illegale tra Africa e Europa? La Commissione intende prendere misure per evitare che si consolidi questa nuova via verso le Baleari?

 
  
 

In base alle esperienze acquisite dall’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) e dagli Stati membri, le rotte dell’immigrazione illegale e l’intensità del loro uso cambiano in continuazione. FRONTEX, conformemente al suo mandato, esegue valutazioni periodiche e ad hoc dei rischi e delle minacce per preparare e coordinare risposte operative a tali cambiamenti. Per quanto riguarda le Isole Baleari, nel 2006 e nel 2007 si sono verificati alcuni casi di sbarchi di immigranti illegali, tuttavia le valutazioni effettuate da FRONTEX non confermano che questa stia diventando una nuova rotta importante.

Secondo il programma annuale per il 2007 di FRONTEX, nel corso di quest’anno è prevista l’effettuazione di varie operazioni congiunte, con il coordinamento di FRONTEX lungo le frontiere esterne dell’Unione europea. Nel 2007 potrebbero svolgersi operazioni congiunte nell’area delle Isole Baleari qualora l’evolversi della situazione lo richieda, e a condizione che venga effettuata un’ulteriore programmazione e che siano disponibili i fondi necessari.

Va sottolineato che la responsabilità del controllo e della sorveglianza delle frontiere esterne spetta agli Stati membri. FRONTEX ha il ruolo di favorire l’applicazione delle misure comunitarie relative alla gestione delle frontiere esterne dell’UE, garantendo il coordinamento delle azioni degli Stati membri nell’attuazione di tali misure. Inoltre FRONTEX non dispone di risorse proprie, e pertanto non potrebbe programmare e condurre operazioni di controllo delle frontiere e di lotta contro l’immigrazione illegale senza l’attivo contributo e la partecipazione degli Stati membri.

Conformemente all’articolo 14 del regolamento che istituisce FRONTEX(1), l’Agenzia può cooperare con le autorità competenti di paesi terzi nell’ambito degli accordi di lavoro da concludere con tali autorità. Il programma di lavoro annuale per il 2007 di FRONTEX prevede la conclusione di un accordo di lavoro con le autorità competenti dell’Algeria e l’Agenzia ha già stabilito i primi contatti a tale scopo.

 
 

(1) GU L 349 del 25.11.2004, pag. 1.

 

Interrogazione n. 76 dell'on. Tobias Pflüger (H-0386/07)
 Oggetto: Violazioni dei diritti umani in Estonia
 

Il 27 aprile la polizia di sicurezza in Estonia ha arrestato numerosi leader del Night Watch (l'organizzazione che con mezzi pacifici si oppone alla rimozione del monumento), incluso l'attivista antirazzista diciottenne Marck Siryk, il quale per ragioni di salute e per la preparazione di esami scolastici non aveva partecipato nemmeno alla dimostrazione pacifica del 26 aprile.

La Commissione ha richiesto alle autorità estoni di svolgere un'indagine imparziale su tutti gli atti di violazione dei diritti umani commessi duranti i disordini e sulle brutalità della polizia, l'uso eccessivo della forza e il trattamento degradante, crudele ed inumano? Ha richiamato la necessità di garantire pienamente il diritto ad un processo equo, oppure la Commissione non si interessa alle violazioni dei diritti umani negli Stati membri dell'UE?

 
  
 

Per quanto riguarda gli arresti cui l’onorevole parlamentare fa riferimento, la Commissione sottolinea che si tratta di una materia di competenza delle autorità estoni, le quali devono agire nel pieno rispetto dei diritti fondamentali.

In merito agli atti di violenza verificatisi a Tallinn, la Commissione ritiene che lo spostamento del monumento ai caduti di piazza Tõnismäe (il soldato di bronzo) e il trasferimento dei resti dei soldati che vi sono seppelliti in un cimitero di guerra siano decisioni sovrane del governo estone che si basano sulla legge estone. Pur rispettando il diritto di tutti gli abitanti dell’Estonia di esprimere liberamente la loro opinione sullo spostamento del monumento ai caduti di piazza Tõnismäe e di dimostrare pacificamente contro questa decisione, la Commissione condanna fermamente il carattere violento delle manifestazioni che si sono tenute successivamente a Tallinn e in altre città estoni. Tali violenze, che hanno causato feriti gravi tra i rivoltosi e la polizia, sono inaccettabili. La Commissione condanna il fatto che un cittadino russo abbia perso la vita nel corso di questi scontri.

 

Interrogazione n. 77 dell'on. Irena Belohorská (H-0389/07)
 Oggetto: Lenti a contatto colorate nella direttiva sui dispositivi medici
 

Alcuni prodotti medicinali presentano rischi potenziali considerevoli per la salute e la sicurezza dei consumatori in Europa ma non rientrano nella direttiva sui dispositivi medici recentemente modificata. Alcuni prodotti, come le protesi al seno o le lenti a contatto non correttive (lenti colorate), non sono sempre considerati dispositivi medici e per questo non sono disciplinati da una regolamentazione adeguata. Attualmente ad esempio, in molti Stati membri, le lenti colorate possono essere acquistate nei supermercati senza ricetta medica e senza consigli d'uso. Inoltre, per le lenti colorate non esistono norme di produzione vincolanti. Un utilizzo errato o esemplari di scarsa qualità di questo tipo di lenti a contatto possono danneggiare l'occhio.

A causa della assenza di un quadro giuridico che garantisca un'elevata protezione sanitaria, i cittadini europei sono esposti a inutili rischi sanitari.

Qual è il parere della Commissione in merito alla regolamentazione di tali prodotti per proteggere la salute e la sicurezza dei cittadini europei?

 
  
 

Nel quadro della direttiva concernente i dispositivi medici(1), una delle condizioni necessarie per soddisfare la definizione di dispositivo medico è che un prodotto sia destinato dal fabbricante ad essere impiegato a scopo medico. Si tratta di un presupposto imprescindibile su cui concordano la Commissione, gli Stati membri e tutte le parti interessate(2).

Per quanto riguarda in particolare i regimi normativi per le lenti a contatto correttive, da un lato, e le lenti a contatto non correttive, dall’altro, la Commissione invita l’onorevole parlamentare a far riferimento alle risposte fornite all’interrogazione scritta E-2633/06 dell’onorevole Titley e all’interrogazione orale H-0368/07 dell’onorevole Wilmott.

In merito all’uso improprio di tali lenti a contatto, spetta principalmente ai fabbricanti garantire che non si possano verificare o siano ridotte al minimo le manipolazioni scorrette involontarie, in particolare attraverso adeguate istruzioni per l’uso.

La Commissione desidera informare l’onorevole parlamentare che non ha ricevuto nuove informazioni riguardo a un considerevole aumento del numero di casi di infezioni o complicazioni oculari associate all’uso di lenti a contatto, correttive o non correttive che siano. La Commissione accoglierebbe con favore qualsiasi informazione sull’aumento delle infezioni o delle complicazioni oculari nell’UE di cui l’onorevole parlamentare sia a conoscenza.

Infine, la Commissione desidera fare presente che la questione dei prodotti estetici impiantabili e iniettabili è attualmente in fase di esame da parte dei suoi servizi in consultazione con le parti interessate.

 
 

(1) Direttiva 93/42/CEE del 14 giugno 1993, GU L 169 del 12.7.1993, modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 settembre 2003 recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell’esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all’articolo 251 del Trattato CE, GU L 284 del 31.10.2003.
(2) MEDDEV 2.1/1.

 

Interrogazione n. 78 dell'on. Ioannis Varvitsiotis (H-0397/07)
 Oggetto: Violazione del regolamento relativo alle petroliere monoscafo
 

Nella revisione di quest'anno (25.4.2007) del regolamento (CE) n. 417/2002(1) sull'introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo si indica che: "Nessuna petroliera (…), indipendentemente dalla bandiera, è autorizzata ad entrare o uscire da porti o terminali offshore né a gettare l'ancora in zone sotto la giurisdizione degli Stati membri, a meno che tale petroliera sia a doppio scafo".

Tenendo presente l'esperienza sinora acquisita, basata sul regolamento (CE) n. 417/2002, può la Commissione dire quali misure ha previsto nel caso in cui petroliere che non ottemperino ai criteri previsti approdino a porti o terminali offshore appartenenti a Stati membri dell'Unione europea?

Che cosa accade nel caso di navi battenti bandiera di un paese terzo? Sono state previste le corrispondenti ammende, sanzioni e/o il divieto di accesso ai porti? Come sono messe in pratica dette misure e quali sono i dati disponibili a tutt'oggi? Si sono verificati casi analoghi negli Stati membri e come stati affrontati?

 
  
 

Il regolamento (CE) n. 457/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 aprile 2007 che modifica il regolamento (CE) n. 417/2002 sull’introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo, fa riferimento al divieto di trasporto dei prodotti petroliferi pesanti nelle petroliere monoscafo battenti bandiera di uno Stato membro, a prescindere dalle acque in cui operano. Il divieto di trasporto di prodotti petroliferi pesanti da parte di petroliere monoscafo, qualsiasi bandiera esse battano, nelle acque comunitarie figura già nel regolamento (CE) n. 417/2002.

Conformemente alla direttiva 2002/59/CE, qualsiasi nave che trasporta sostanze pericolose o inquinanti, a prescindere dalla bandiera, deve notificare il proprio nome e il proprio carico quale condizione per l’ingresso in un porto dell’UE. Su questa base, le autorità competenti devono vietare l’ingresso delle navi che violano il regolamento (CE) n. 417/2002.

In caso di dichiarazione falsa o erronea da parte del capitano o dell’esercente della nave, la direttiva 2002/59/CE consente agli Stati membri di applicare sanzioni adeguate, come le ammende.

Se, nonostante il divieto, constatano la presenza nel porto di una nave che viola il regolamento (CE) n. 417/2002, le autorità competenti devono adottare le misure necessarie, come l’obbligo di trasferire il carico della nave su una petroliera conforme prima della partenza della nave.

La Commissione non è a tutt’oggi a conoscenza di casi di violazione del regolamento (CE) n. 417/2002 da parte di navi battenti bandiera di un paese terzo.

 
 

(1) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 1.

 

Interrogazione n. 79 dell'on. Panagiotis Beglitis (H-0406/07)
 Oggetto: Situazione della disoccupazione in Grecia
 

Secondo i dati che Eurostat ha diramato il 2 maggio scorso sulla disoccupazione nell'Unione europea nel mese di marzo 2007, il tasso di disoccupazione registrato in Grecia (dati del dicembre 2006) rappresenta il secondo più elevato dell'area dell'euro e il quarto dell'intera Unione europea.

Stando a taluni indici particolari i tassi della disoccupazione femminile e giovanile in Grecia sono i più elevati dell'intera Unione.

Dai dati diramati dal servizio statistico greco risulta invece che la situazione della disoccupazione (2007) era peggiorata (rispetto al dicembre 2006) per tutti gli indici dal momento che erano aumentate la disoccupazione totale (passata al 9% dall'8,6% di dicembre), quella femminile (passata al 13,9% dal 13,4% di dicembre) e quella giovanile (passata al 26,1% dal 25,5% di dicembre).

Alla luce degli obiettivi della strategia rivista di Lisbona, come valuta la Commissione l'efficacia dei provvedimenti adottati dalle autorità greche visto che in Grecia la disoccupazione è rimasta stabile nell'ultimo anno (dal 9,2% del marzo 2006 al 9% del febbraio 2007), mentre negli altri Stati membri sembra ridursi in modo permanente e sensibile?

 
  
 

Il programma nazionale di riforma greco (PNR) presentato alla Commissione nell’ottobre 2006 riconosce la necessità di affrontare il problema dell’alto livello di disoccupazione e di promuovere l’istruzione e la formazione permanente. Nella sua valutazione del PNR greco, la Commissione ha condiviso tale analisi, sottolineando tuttavia la necessità di rafforzare le politiche attive del mercato del lavoro, riformare il sistema di istruzione e formazione e rafforzare la coesione regionale e sociale.

La Commissione ha constatato che il divario occupazionale di genere resta elevato e che la disoccupazione strutturale riguarda soprattutto le donne. Anche la disoccupazione giovanile continua a essere alta. Per affrontare la questione, la Grecia ha adottato alcune misure la cui attuazione dovrebbe essere completata entro la fine del 2007.

La Commissione intende avviare discussioni con tutti gli Stati membri, fra cui la Grecia, sullo stato di attuazione del rispettivo programma nazionale di riforma. Nell’ambito del completamento del primo ciclo triennale della strategia di Lisbona riveduta, in autunno la Commissione adotterà inoltre una relazione sullo stato di attuazione della strategia accompagnata da valutazioni sui singoli paesi.

 

Interrogazione n. 80 dell'on. Paulo Casaca (H-0407/07)
 Oggetto: Mancanza di una politica comune europea in materia d'asilo
 

L'indifferenza generalizzata delle Istituzioni europee e degli Stati membri di fronte alla tragedia irachena, che si manifesta in particolare sotto forma di milioni di rifugiati e di sfollati che fuggono dal paese per sottrarsi alla politica di genocidio perseguita da gruppi armati all'interno e all'esterno dell'apparato statale, compromette ogni credibilità del progetto europeo.

La rivista "European Voice" del 24 maggio 2007 riferisce di pratiche vergognose di taluni Stati membri che rispediscono i rifugiati in Iraq e della completa mancanza di una politica informata, concertata e intelligente per rispondere alla catastrofe umanitaria irachena.

Può la Commissione far sapere come intende intervenire per affrontare questa situazione?

 
  
 

La Commissione segue da vicino l’evolversi della situazione per quanto riguarda i flussi di richiedenti asilo iracheni nell’UE e gli sviluppi nello stesso Iraq e nei paesi vicini. A tale scopo, la Commissione è in costante contatto con varie organizzazioni internazionali, fra cui l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (ACNUR(1)).

La crisi presenta due chiare e distinte dimensioni che devono essere affrontate: una dimensione interna, relativa alle conseguenze della crisi nell’UE, e una dimensione esterna, riguardante le conseguenze in Iraq e nei paesi vicini. La Commissione si sta occupando di entrambe le dimensioni, in stretta consultazione e collaborazione con gli Stati membri. La Commissione intende mantenere il Parlamento informato di tutte le pertinenti misure da adottare.

Riguardo alla dimensione interna è emerso che, nonostante l’esistenza di un quadro giuridico armonizzato a livello di UE in merito ai criteri di concessione della protezione internazionale, le politiche nazionali nei confronti dei richiedenti asilo iracheni variano considerevolmente, creando un incentivo a movimenti secondari all’interno dell’UE.

A quanto pare, la ragione principale delle divergenze constatate è che le motivazioni invocate per la protezione sono molto spesso eterogenee, e pertanto può essere attribuito a ciascuna motivazione un peso diverso a seconda dei casi. Gli Stati membri valutano inoltre in maniera diversa la particolarità, la gravità e l’intensità della presunta minaccia di persecuzione o di grave danno che può giustificare la concessione dello stato di protezione.

Sembra che si registri un considerevole aumento del numero complessivo di decisioni positive di concessione dello stato di protezione nell’UE. La maggior parte degli Stati membri attua inoltre nei confronti dei richiedenti asilo iracheni, in particolare quelli provenienti dalle regioni centrale e meridionale dell’Iraq, una politica di concessione di una forma di protezione complementare per motivi caritatevoli o umanitari.

Riguardo ai rimpatri, sembra che la situazione nell’area settentrionale dell’Iraq sia considerata più stabile di quelle nelle regioni centrale e settentrionale del paese. Attualmente la maggior parte degli Stati non impone tuttavia il rimpatrio forzato in Iraq, mentre il numero di rimpatri volontari sembra essere diminuito rispetto all’attuale flusso di richiedenti asilo.

In generale, tutte le discussioni in materia dimostrano quanto sia complesso valutare le richieste di protezione presentate da richiedenti asilo iracheni e rivelano la necessità di un’analisi più approfondita delle prassi nazionali di determinazione dello status – e delle divergenze constatate – alla luce delle pertinenti disposizioni comunitarie, allo scopo di ottenere nell’UE maggiore coerenza nel processo decisionale e nella concessione della protezione in questo tipo di casi.

A tale scopo, la Commissione intende organizzare e favorire ulteriori scambi di informazioni dettagliate sull’attuale situazione in Iraq e sulle politiche nazionali quale base per un’analisi più precisa delle decisioni adottate negli Stati membri.

Per aiutare gli Stati membri che devono far fronte a un numero sempre crescente di richiedenti asilo iracheni e i cui sistemi di accoglienza e di asilo sono messi a dura prova, parte della nuova linea di bilancio “Azione preparatoria: Gestione delle migrazioni – Solidarietà in azione” sarà destinata a finanziare misure nazionali adottate per affrontare queste particolari pressioni. Nello specifico, saranno finanziate azioni volte al miglioramento della qualità e della capacità di accoglienza nei punti di arrivo o alla condivisione di risorse allo scopo di fornire assistenza operativa agli Stati membri particolarmente interessati.

Per quanto riguarda la dimensione esterna della crisi, nei suoi sforzi la Commissione si concentra sulla fornitura di sostegno ai paesi vicini dell’Iraq, che si trovano a dover far fronte a un arrivo in massa di rifugiati.

La Commissione ha già stanziato un pacchetto finanziario iniziale di 6,2 milioni di euro per soddisfare le esigenze umanitarie dei rifugiati che sono fuggiti in paesi quali Siria, Giordania, Turchia, Egitto e Libano, concentrandosi sui gruppi più vulnerabili. L’aiuto consisterà in assistenza sanitaria e istruzione di base e nella distribuzione mirata di alimenti e articoli essenziali per la casa. E’ in via di definizione un altro pacchetto finanziario iniziale di 4 milioni di euro per le persone che si trovano in situazione precaria all’interno dell’Iraq, sulla base di un’attenta valutazione delle esigenze prioritarie e delle modalità di fornitura degli aiuti in un contesto altamente instabile dal punto di vista della sicurezza. Un altro milione di euro è stato poi assegnato all’ACNUR per finanziare azioni di protezione in Giordania, Siria e Libano, in particolare per fornire aiuti d’urgenza ai più vulnerabili tra i rifugiati iracheni.

Infine, la Commissione ritiene che si potrebbe apportare valore aggiunto con una risposta coordinata a livello di UE all’appello dell’ACNUR riguardo al reinsediamento di rifugiati iracheni che vivono nei tre principali paesi di asilo (Siria, Giordania e Turchia). La Commissione ha pertanto invitato gli Stati membri a considerare la possibilità di offrire opportunità di reinsediamento per i rifugiati iracheni in tali paesi quale dimostrazione concreta di una condivisione dell’onere nei confronti dei paesi di accoglienza.

 
 

(1) Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

 

Interrogazione n. 81 dell'on. Seán Ó Neachtain (H-0413/07)
 Oggetto: Consigli consultivi regionali per i pescatori europei
 

Può la Commissione europea esprimersi in merito al successo o alla mancanza di successo del programma dei consigli consultivi regionali che fungono da forum di consultazione tra i pescatori europei e la Commissione europea?

 
  
 

I Consigli consultivi regionali (CCR) già in funzione sono sei: il CCR per il Mare del Nord (in funzione dal novembre 2004), il CCR per gli stock pelagici (in funzione dall’agosto 2005), il CCR per le acque nordoccidentali (in funzione dal settembre 2005), il CCR per il Mar Baltico (in funzione dal marzo 2006), il CCR per la flotta d’alto mare/oceanica (in funzione dal marzo 2007, anche se la riunione inaugurale si è svolta il 29 maggio 2007), e il CCR per le acque sudoccidentali (in funzione dall’aprile 2007). Il CCR per il Mediterraneo ha da poco completato i lavori preparatori, ossia all’inizio di giugno, e la Commissione si augura che possa entrare in funzione entro la fine del 2007.

Finora l’esperienza dei CCR è stata molto positiva. La Commissione ha ricevuto circa 60 raccomandazioni dai 4 CCR divenuti operativi negli ultimi tre anni, e gli stessi hanno anche fornito vari contributi costruttivi. La Commissione ritiene che i CCR abbiano certamente contribuito a migliorare la comunicazione tra la Commissione e le parti interessate.

A seguito delle esperienze positive dei CCR, la Commissione ha già proposto una modifica della decisione del Consiglio relativa all’istituzione dei CCR (2004/585/CE), per concedere loro finanziamenti comunitari permanenti definendoli organismi che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale. Tale modifica è stata adottata dal Consiglio l’11giugno 2007.

La Commissione è attualmente impegnata nel riesame del funzionamento dei CCR previsto dalla decisione del Consiglio relativa a tali Consigli. Il riesame ha lo scopo di migliorare le modalità di lavoro fissate per i CCR e affronterà tutti gli aspetti relativi al funzionamento dei CCR, tranne le questioni finanziarie. La relazione della Commissione verrà pubblicata nel prosieguo di quest’anno.

 

Interrogazione n. 82 dell'on. Eoin Ryan (H-0415/07)
 Oggetto: Lotta contro la criminalità organizzata in Europa
 

Può la Commissione europea indicare quali misure ha adottato per lottare contro la criminalità organizzata sul territorio degli Stati membri dell'UE?

 
  
 

La criminalità organizzata viene affrontata con serietà dall’Unione europea nel complesso e a tutti i vari livelli per rafforzare l’Unione europea quale spazio di giustizia, libertà e sicurezza sulla base del programma UE pluriennale dell’Aia dell’UE del 2004 e del piano d’azione per l’attuazione del programma dell’Aia elaborato dalla Commissione nel 2005. A seguito del programma dell’Aia, nel giugno 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione relativa all’elaborazione di un’impostazione strategica della lotta contro la criminalità organizzata, che stabilisce priorità e obiettivi strategici integrati da azioni concrete intese a conseguirli. Per attuare con efficacia le misure globali e intersettoriali di lotta contro la criminalità organizzata nell’UE, la Commissione si concentra sulle priorità di seguito specificate.

Miglioramento della conoscenza della criminalità organizzata attraverso l’istituzione di un affidabile sistema statistico sulla criminalità: nella comunicazione dell’8 agosto 2006 sull’elaborazione di una coerente strategia globale dell’UE per la misurazione della criminalità e della giustizia penale, la Commissione ha proposto un piano d’azione dell’UE per l’elaborazione di statistiche comunitarie della criminalità e della giustizia penale per il periodo 2006-2010. Tale piano d’azione stabilisce una metodologia graduale, in coordinamento con gli Stati membri dell’UE e altre entità interessate, per conseguire l’obiettivo dell’accesso a informazioni quantitative di elevata qualità da utilizzare per stabilire le priorità di intervento nella lotta contro la criminalità, confrontare i risultati e valutare le misure attuate. Il 2 e 3 aprile 2007 la Commissione ha organizzato la prima riunione del gruppo di esperti nel campo delle esigenze politiche in materia di dati sulla criminalità e sulla giustizia penale. Per quanto riguarda la metodologia di contrasto basata sull’intelligence dell’UE e l’elaborazione di un “modello europeo di intelligence in materia di criminalità”, un elemento determinante è la valutazione europea della minaccia della criminalità organizzata effettuata da Europol, che nell’aprile 2007 ha presentato la seconda di tali valutazioni.

Tratta di esseri umani: la Commissione è impegnata a dare piena attuazione al piano d’azione dell’UE contro la tratta di esseri umani, che richiede una stretta collaborazione tra Istituzioni comunitarie, Stati membri dell’UE e organizzazioni della società civile. Il piano d’azione deve essere considerato un programma a lungo termine che garantirà la continuità dell’azione dell’UE nel prossimo futuro e in ogni caso ben oltre l’estate del 2007. Sarà periodicamente riesaminato e aggiornato. La Commissione sta elaborando raccomandazioni con la partecipazione di governi, punti di contatto, ONG e organizzazioni internazionali per garantire la tempestiva identificazione delle vittime della tratta e fornire loro assistenza, con un’attenzione particolare per i bambini. La Commissione ha inoltre proposto una giornata dell’UE contro la tratta di esseri umani, che ha lo scopo di dare maggiore visibilità ai problemi legati alla tratta e che sarà lanciata il 18 ottobre 2007. Uno dei principali obiettivi della conferenza che si svolgerà a Bruxelles in tale data sarà incoraggiare la definizione, a livello nazionale e europeo, di una politica contro la tratta di esseri umani incentrata sulle vittime. Il gruppo di esperti della Commissione sulla tratta di esseri umani presenterà inoltre il suo lavoro sugli strumenti di misurazione dei progressi politici compiuti nel campo della lotta contro tale fenomeno. La Commissione è estremamente impegnata in un’opera di sensibilizzazione e di rafforzamento degli strumenti politici per offrire servizi di qualità a coloro che hanno bisogno di assistenza. Entro la fine del 2007 sarà presentata una relazione sull’attuazione del piano d’azione dell’UE, che comprenderà proposte per ulteriori iniziative. La Commissione attribuisce la massima importanza alla protezione dei bambini dallo sfruttamento sessuale, con riferimento soprattutto a Internet. Tale questione viene affrontata, tra l’altro, nella comunicazione della Commissione intitolata “Verso una politica generale di lotta contro la cibercriminalità” adottata il 22 maggio 2007. Azioni intese in modo specifico ad accrescere il coordinamento e la cooperazione tra autorità di contrasto e tra queste ultime e gli operatori del settore privato svolgeranno un ruolo importante nella lotta contro la cibercriminalità, e integreranno altre azioni intraprese a livello nazionale, europeo e internazionale.

Riduzione dei proventi delle attività criminali: riguardo alla criminalità organizzata in campo finanziario, è urgente rafforzare le capacità di indagine delle forze di contrasto. La chiave per la lotta contro le attività criminali è l’istituzione di adeguati strumenti giuridici che contribuiscano alla rapida identificazione e al rintracciamento dei trasferimenti finanziari illeciti e di altre operazioni. In questo settore, alcune decisioni quadro affrontano l’aspetto del congelamento e della confisca dei beni della criminalità. La terza direttiva sul riciclaggio dei proventi del crimine adottata il 26 ottobre 2005 consolida la legislazione comunitaria esistente in materia di riciclaggio di denaro, ad esempio ampliando la definizione di reati principali a tutte le forme gravi di criminalità e aggiungendo nuove categorie di persone soggette ad obblighi di dichiarazione. Il 29 novembre 2005 la Commissione ha inoltre adottato una comunicazione sulla lotta contro il finanziamento del terrorismo, che include una raccomandazione della Commissione per gli Stati membri dell’UE e un quadro per un codice di condotta a uso delle organizzazioni senza scopo di lucro, che ha lo scopo di accrescere la trasparenza e la responsabilità nel settore di tali organizzazioni, per prevenire il finanziamento del terrorismo e altri tipi di attività criminali.

Miglioramento della cooperazione tra autorità di contrasto: il programma dell’Aia ha sottolineato la possibilità di sfruttare maggiormente gli organi comunitari esistenti, in particolare per quanto riguarda Europol. In linea con le conclusioni del Consiglio di giugno 2006, nel dicembre 2006 la Commissione ha adottato una proposta di decisione del Consiglio che istituisce Europol come agenzia dell’UE finanziata a titolo del bilancio dell’UE e il cui personale sarebbe soggetto allo statuto dei funzionari dell’UE e al protocollo sui privilegi e le immunità. Le competenze di Europol saranno ampliate alla lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e altre forme gravi di criminalità.

Rafforzamento della cooperazione internazionale: l’UE è uno dei principali partner sulla scena internazionale nella lotta contro la criminalità organizzata. Attraverso accordi e altri strumenti è stata instaurata una stretta cooperazione con molti paesi partner, organizzazioni regionali e internazionali quali il Consiglio d’Europa, l’OCSE, l’OSCE, il G8 e le Nazioni Unite. La Commissione sta attuando gli aspetti relativi alla criminalità organizzata della strategia dell’UE per la dimensione esterna della giustizia e degli affari interni del dicembre 2005, in particolare attraverso la promozione della cooperazione regionale multidisciplinare tra autorità di contrasto nella lotta contro la criminalità organizzata nei Balcani occidentali e nei paesi vicini dell’UE.

Garanzia dei finanziamenti a sostegno delle politiche in materia di giustizia, libertà e sicurezza: nel programma finanziario per il periodo 2007-2013, la Commissione, con l’appoggio del Parlamento, ha destinato quasi 5 miliardi di euro a politiche nel campo della libertà, della sicurezza e della giustizia. La lotta contro la criminalità organizzata viene affrontata in particolare nel nuovo programma generale sulla sicurezza e la tutela delle libertà, che include i programmi specifici sulla prevenzione e la lotta contro la criminalità (circa 600 milioni di euro) e sulla prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze in materia di terrorismo e di altri rischi correlati alla sicurezza (circa 140 milioni di euro). Garantire i finanziamenti a sostegno delle politiche di lotta contro la criminalità organizzata e di altri settori è un importante passo avanti.

 

Interrogazione n. 83 dell'on. Liam Aylward (H-0417/07)
 Oggetto: Centrale nucleare di Sellafield in Cumbria
 

Può la Commissione europea indicare quante denuncie le sono pervenute nel corso degli ultimi cinque anni riguardo alle norme sanitarie e di sicurezza della centrale nucleare di Sellafield nella regione Cumbria, in Inghilterra?

 
  
 

La Commissione non ha ricevuto alcuna denuncia nel corso degli ultimi cinque anni riguardo alle norme sanitarie e di sicurezza della centrale nucleare di Sellafield nella regione Cumbria, in Inghilterra.

La Commissione rivolge tuttavia la dovuta attenzione a questa centrale e si mantiene in regolare contatto con le autorità del Regno Unito e con il gestore.

Dall’8 al 12 marzo 2004 la Commissione ha proceduto con le attività di verifica nel sito di Sellafield sulla base dell’articolo 35 del Trattato EURATOM. Per quanto riguarda il controllo degli scarichi liquidi e gassosi e i livelli di radioattività nell’ambiente, si è appurato che la situazione è in generale soddisfacente. Sono state tuttavia constatate alcune carenze, a seguito delle quali la Commissione ha rivolto alcune raccomandazioni alle autorità del Regno Unito allo scopo di ottenere miglioramenti.

I risultati della verifica sono stati resi pubblici sul sito web Europa(1).

 
 

(1)http://ec.europa.eu/energy/nuclear/radioprotection/verification_en.htm.

 

Interrogazione n. 84 dell'on. Ivo Belet (H-0418/07)
 Oggetto: Ristrutturazione dell'Opel di Anversa a fronte della perdita di numerosi posti di lavoro
 

Il 31 maggio 2007 è stato reso noto che nei prossimi mesi saranno soppressi 2200 posti di lavoro nello stabilimento Opel di Anversa. Tale ristrutturazione è in realtà una conseguenza degli effetti della globalizzazione sull'industria automobilistica europea. Per contenere tali nefaste ripercussioni sociali dello stravolgimento economico causato dalla globalizzazione in Europa, nel 2006 è stato approvato il regolamento (CE) n. 1927/2006(1) che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG). Il regolamento è entrato in vigore il 19 gennaio 2007.

Può indicare la Commissione se i 2200 lavoratori licenziati dell'Opel di Anversa potranno contare su misure di sostegno a titolo del FEG?

Alla luce della risposta scritta della Commissione all'interrogazione orale H-0351/07 del 22 maggio 2007 risulta che finora sono state presentate due richieste di contributi a titolo del FEG, ambedue provenienti dalla Francia. Può indicare la Commissione di quali casi concreti si tratta?

 
  
 

Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione può fornire assistenza ai lavoratori in esubero a seguito di cambiamenti strutturali del commercio mondiale, dopo aver ricevuto una richiesta formale di assistenza da parte di uno Stato membro. Nel caso della Opel di Anversa, il Belgio non ha ancora presentato alcuna richiesta in tal senso.

Se il Belgio invierà una richiesta di assistenza per i lavoratori in esubero della Opel di Anversa, o di fornitori o produttori a valle di tale impresa, la Commissione valuterà la domanda in base ai criteri fissati dal regolamento (CE) n. 1927/2006. Se la Commissione concluderà che la domanda soddisfa le condizioni previste per la concessione dell’assistenza, proporrà all’Autorità di bilancio di rendere disponibili le risorse finanziarie necessarie.

Le due richieste di assistenza cui l’onorevole parlamentare fa riferimento riguardano fornitori dei principali costruttori automobilistici in Francia. Un caso riguarda 1 345 esuberi tra vari fornitori di Peugeot SA e l’altro caso riguarda 1 057 esuberi tra vari fornitori di Renault SA. In entrambi i casi gli esuberi sono distribuiti tra varie regioni francesi. Le autorità francesi hanno proposto di utilizzare il FEG in maniera mirata per assistere una parte dei lavoratori interessati, qualora il datore di lavoro sia fallito e non possa più fornire la normale assistenza prevista dalla legge francese.

 
 

(1) GU L 406 del 30.12.2006, pag. 1.

 

Interrogazione n. 85 dell'on. Mia De Vits (H-0421/07)
 Oggetto: Chiusura di Nexans Hernesses a Huizingen (B)
 

Lunedì 21 maggio u.s. i lavoratori di Nexans - Hernesses a Huizingen (B) arrivati in azienda hanno scoperto che i locali erano stati svuotati. Su incarico della direzione e all'insaputa dei lavoratori una ditta di traslochi aveva portato via tutti i mezzi di produzione e le scorte. Solo nel pomeriggio si è svolto un consiglio di amministrazione in cui la direzione ha annunciato l'intenzione di chiudere la produzione in Belgio e di trasferirla in Slovacchia. Settanta lavoratori vengono in tal modo a perdere il loro posto di lavoro. È la Commissione a conoscenza di tale pratica che viola le disposizioni della direttiva concernente l'istituzione di un comitato aziendale europeo(1)? È la Commissione a conoscenza di pratiche analoghe in altri Stati membri e, in caso affermativo, di quali pratiche si tratta? Ha percepito l'azienda Nexans - Hernesses, partecipante tra l'altro al programma Galileo, aiuti europei per i suoi stabilimenti in Slovacchia? Sono allo studio presso la Commissione, nel quadro del rafforzamento della direttiva in questione, proposte intese a contrastare e a sanzionare siffatte pratiche?

 
  
 

In base alle informazioni di cui la Commissione dispone, nell’azienda Nexans è stato istituito un comitato aziendale europeo tramite accordo del 16 luglio 2003, come previsto dall’articolo 6 della direttiva riguardante i comitati aziendali europei(2).

Qualsiasi controversia relativa all’esercizio dei diritti di informazione e di consultazione dei lavoratori nel quadro di tale accordo deve essere esaminata conformemente alla legge francese applicabile e sottoposta alle autorità e agli organi giudiziari nazionali.

La direttiva 98/59/CE concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(3) stabilisce inoltre che un datore di lavoro che prevede di effettuare licenziamenti collettivi deve fornire ai rappresentanti dei lavoratori informazioni specifiche sui licenziamenti proposti e deve procedere in tempo utile a consultazioni con tali rappresentanti al fine di giungere a un accordo.

La Commissione sta attualmente esaminando le possibilità di garantire il pieno esercizio dei diritti di informazione e di consultazione dei comitati aziendali europei. In questo contesto, la Commissione tiene conto delle azioni intraprese dalle parti sociali in risposta alle consultazioni ad esse rivolte e dei pareri espressi sull’argomento nel corso degli ultimi mesi dal Parlamento europeo e dal Comitato economico e sociale europeo.

In base alle informazioni fornite dalle autorità nazionali, Nexans Harnesses non ha ricevuto assistenza a titolo dei Fondi strutturali in Slovacchia.

 
 

(1) Direttiva 94/45/CE (GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64) quale modificata dalla direttiva 97/74/CE (GU L 10 del 16.1.1998, pag. 22, estensione al Regno Unito).
(2) Direttiva 94/45/CE del Consiglio del 22 settembre 1994 riguardante l’istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l’informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie, GU L 254 del 30.9.1994.
(3) GU L 225 del 12.8.1998.

 

Interrogazione n. 86 dell'on. Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (H-0422/07)
 Oggetto: Anno europeo delle pari opportunità per tutti 2007
 

Nonostante gli alti obiettivi fissati dall'Anno europeo delle pari opportunità per tutti, in taluni Stati membri (ad esempio la Polonia), finora non è stato avviato alcun programma in quanto la Commissione non ha concluso accordi per mobilitare i fondi. Può la Commissione confermare tale informazione? Quali progressi sono stati compiuti finora per l'attuazione di tale iniziativa?

 
  
 

Nella maggior parte dei paesi partecipanti all’Anno europeo delle pari opportunità per tutti i programmi sono già iniziati o si sono già svolti, come ad esempio le manifestazioni inaugurali che hanno avuto luogo in quasi tutti i paesi.

Per quanto riguarda la Polonia, il 7 maggio 2007 è stata conclusa la convenzione di sovvenzione con l’organismo di attuazione polacco dell’Anno europeo 2007 e pertanto il 16 maggio è stato effettuato il pagamento di un anticipo dell’80 per cento del pacchetto comunitario. Il 31 maggio l’organismo di attuazione polacco ha informato la Commissione che avrebbe proceduto all’invio delle convenzioni a ciascuno dei promotori dei programmi finanziati in Polonia nell’ambito dell’Anno europeo delle pari opportunità per tutti.

 

Interrogazione n. 87 dell'on. Katerina Batzeli (H-0425/07)
 Oggetto: Consultazione pubblica sulla riforma del regime comunitario del cotone
 

In virtù della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, la riforma dell'OCM del cotone non corrisponde al contenuto dei protocolli allegati agli atti di adesione della Grecia e della Spagna all'UE. Ciò rende necessaria una nuova modifica in vista della quale la Commissione ha presentato la questione alla consultazione pubblica avvalendosi di un ampio questionario.

La riforma progettata si prefigge di creare un nuovo regime ignorando i suddetti protocolli? La procedura e il contenuto del questionario nonché il comunicato stampa che l'accompagna costituiscono una base oggettiva ed esauriente per la consultazione in modo da fornire informazioni complete alle persone interessate, in attesa di opinioni costruttive sul futuro del settore? In quali altri casi di riforma dell'OCM si è seguita una procedura simile, destinata a raccogliere il punto di vista di un vasto pubblico, a prescindere dalla sua competenza o dalla sua partecipazione al settore in questione? In quale misura la Commissione intende tenere presenti i punti di vista che raccoglierà mediante una procedura comunicativa cui avrà accesso ciascun interessato, indipendentemente dalla sua conoscenza del settore o dai suoi legami con lo stesso?

 
  
 

Lo scorso settembre la Corte di giustizia ha annullato il regolamento del Consiglio del 2004 che riforma il settore del cotone. La base di questa decisione non è stato il fatto che la riforma non rispettasse il protocollo n. 4 allegato all’atto di adesione o gli obiettivi della riforma, ossia la modifica del regime di sostegno, ma il fatto che era stato violato il principio di proporzionalità perché la Commissione non aveva effettuato uno studio di impatto che includesse i costi salariali nei calcoli dei costi di produzione né i possibili effetti della riforma sul settore della sgranatura locale.

Per evitare ogni incertezza del diritto per gli operatori, la Corte di giustizia ha specificato che il regime annullato avrebbe continuato ad essere applicato per il tempo necessario per adottare un regolamento con una base più solida. La Commissione sta attualmente preparando una nuova proposta, che sarà accompagnata da una valutazione degli effetti economici, sociali e ambientali dei vari scenari di riforma. Il protocollo n. 4 è stato uno dei principali elementi legislativi della passata riforma e tale resterà per la riforma in preparazione.

Per arricchire le informazioni disponibili, la Commissione sta organizzando una serie di riunioni con le parti interessate (Comitato consultivo sul cotone e Comitato di gestione delle fibre naturali). Si stanno anche organizzando specifiche riunioni di consultazione su particolari aspetti della riforma. Sono in corso di realizzazione due studi esterni relativi a questioni socioeconomiche e ambientali. Si è inoltre svolta una riunione bilaterale con rappresentanti del governo regionale dell’Andalusia.

E’ stata avviata una consultazione su Internet, che rimarrà aperta fino al 22 giugno 2007, per dare a un pubblico più vasto l’opportunità di esprimere la propria opinione. Questa costituirà tuttavia soltanto una delle fonti di informazione utilizzate dalla Commissione nella preparazione della nuova proposta.

Le consultazioni pubbliche su Internet sono state utilizzate anche quando sono state riformate le organizzazioni comuni del mercato in altri settori, quali gli ortofrutticoli, le banane e la carne bovina.

La Commissione riferirà in merito al processo di consultazione, dopo il suo completamento.

La Commissione intende presentare nel novembre 2007 una proposta di regolamento del Consiglio, che dovrebbe essere adottata prima delle prossime semine del 2008.

 

Interrogazione n. 88 dell'on. Johan Van Hecke (H-0429/07)
 Oggetto: Discriminazione sulla base della nazionalità nell'offerta di servizi
 

L'agenzia di viaggi olandese KRAS offre viaggi a basso costo dai quali sono esclusi gli interessati di un altro Stato membro perché le offerte sono notoriamente riservate ai soli olandesi. Lo stesso fa la catena di alberghi "Van Der Valk" che rilascia solo ai clienti cittadini olandesi una tessera di fedeltà con possibilità di credito (tipo carta di credito) con interessanti vantaggi finanziari per gli utenti affezionati. Eppure questa catena di alberghi è presente anche in altri Stati membri, soprattutto in Belgio.

La riserva esclusiva a favore di cittadini di un determinato paese di vantaggi finanziari connessi con determinati servizi nel settore turistico non rappresenta una violazione del principio della non discriminazione basata sulla nazionalità o della libera circolazione di servizi e persone? Intende la Commissione avviare un'inchiesta in materia oppure quali iniziative possono prendere le eventuali vittime di tale pratica?

 
  
 

Il comportamento descritto dall’onorevole parlamentare potrebbe in effetti costituire una discriminazione basata sulla nazionalità o sul luogo di residenza dei destinatari dei servizi. In base alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia, i diritti dei destinatari dei servizi rientrano nell’ambito della libera prestazione dei servizi sancita dall’articolo 49 del Trattato CE.

La presunta discriminazione consiste tuttavia, in questo caso, in comportamenti adottati da operatori privati e finora la Corte di giustizia ha applicato l’articolo 49 del Trattato CE a privati soltanto in relazione a misure che disciplinano collettivamente la prestazione dei servizi, come ad esempio le misure adottate da associazioni sportive o da organismi o ordini professionali(1), tra cui non sembrano rientrare i comportamenti degli operatori olandesi in questione. Eppure, poiché l’articolo 49 del Trattato CE ha un effetto diretto sugli ordinamenti giuridici nazionali, è ovvio che i cittadini interessati dalla prassi descritta hanno tutto il diritto di invocare tale disposizione dinanzi a giudici e autorità nazionali, che eventualmente decideranno tenendo anche conto della giurisprudenza della Corte di giustizia menzionata in precedenza.

Per quanto la riguarda più direttamente, la Commissione è spiacente di informare l’onorevole parlamentare che non può intervenire di sua iniziativa in casi come questo, in quanto, sulla base dei poteri di controllo dell’applicazione della legislazione comunitaria ad essa conferiti dall’articolo 226 del Trattato CE, non ha la competenza per intraprendere azioni contro imprese private.

La Commissione desidera tuttavia precisare altresì che in futuro sarà possibile affrontare comportamenti discriminatori adottati contro i destinatari di servizi sulla base della direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno(2). In particolare, in base all’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva, gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che i prestatori privati mettono a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario. Al contempo, nella stessa disposizione è esplicitamente chiarito che i prestatori di servizi hanno il diritto di dimostrare che le differenze di trattamento sono motivate da criteri oggettivi e pertanto sono giustificate. La Commissione sta attualmente lavorando con gli Stati membri per garantire che la direttiva relativa ai servizi, che include la disposizione in questione, sia correttamente recepita negli ordinamenti giuridici nazionali entro il termine previsto della fine del 2009.

 
 

(1) Cfr. sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave, causa 36-74, e del 19 febbraio 2002, Wouters, causa C-309/99.
(2) GU L 376 del 27.12.2006.

 

Interrogazione n. 89 dell'on. Zdzisław Zbigniew Podkański (H-0430/07)
 Oggetto: Costituzione europea
 

Nel 2005, nel quadro di un referendum – e quindi con una decisione presa in base ad una procedura il più vicina possibile all'ideale di democrazia diretta – i cittadini di Francia e Paesi Bassi hanno respinto il trattato che adotta una Costituzione per l'Europa. Tale trattato mira a ridurre la sovranità degli Stati membri, in particolare dei più piccoli. I cittadini dei paesi in questione erano pienamente consapevoli di ciò, e la loro decisione deve essere rispettata. Per quale motivo allora vi sono politici che tengono in così poco conto decisioni prese da nazioni con una popolazione di milioni di persone e che persistono nei loro sforzi volti ad imporre un trattato non voluto? Qual è stato sino ad oggi il costo di questi sforzi e quali importi sono stati riservati al proseguimento di tale opera? Non sarebbe meglio che queste risorse fossero destinate ad altri importanti obiettivi sociali?

 
  
 

La ratifica del Trattato costituzionale, firmato da tutti i capi di Stato e di governo nell’ottobre 2004, è stata approvata da 18 Stati membri, mentre due di essi l’hanno respinta.

La Commissione desidera rammentare all’onorevole parlamentare che qualsiasi modifica dei Trattati esistenti è ratificata dagli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali.

La Commissione sostiene gli sforzi compiuti dall’attuale Presidenza per giungere a un nuovo consenso e accrescere quindi l’efficienza, la democrazia e la trasparenza dell’Unione.

La Commissione rammenta all’onorevole parlamentare che la riforma dei Trattati ha lo scopo di consentire all’Unione di dotarsi degli strumenti necessari per affrontare le sfide di un mondo sempre più globalizzato e per rispondere in maniera più adeguata alle aspettative degli europei in settori politici estremamente importanti, come la politica estera o lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

 

Interrogazione n. 90 dell'on. Silvia Ciornei (H-0431/07)
 Oggetto: Ridurre la burocrazia nell'Unione europea
 

La Commissione si è prefissata l'obiettivo di ridurre gli obblighi amministrativi inutili imposti alle imprese dalla legislazione comunitaria. Tuttavia, a livello di Stati membri, l'entità della burocrazia è alquanto superiore a quella imputabile alla legislazione comunitaria. Ad esempio, un gravoso onere amministrativo per le imprese è rappresentato dal complesso sistema di notifiche, autorizzazioni e licenze richieste per avviare e svolgere un'attività economica, molte delle quali vanno rinnovate annualmente e sono rilasciate soltanto al termine di procedure complicate.

Con quali modalità, secondo la Commissione, sarebbe possibile incoraggiare il coinvolgimento di tutti gli Stati membri nel processo di snellimento burocratico, oltre a quelle previste dalla legislazione comunitaria? Ritiene che l'istituzione di un Anno europeo per la riduzione della burocrazia possa contribuire ad accelerare tale processo?

 
  
 

La Commissione ha presentato un ambizioso programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese(1), in cui si afferma con chiarezza la necessità per tutte le parti interessate, ossia Commissione, Stati membri e Parlamento, di adempiere ai loro obblighi.

Per garantire il compimento di effettivi progressi in materia, nel programma d’azione la Commissione ha proposto che il Consiglio europeo di primavera 2007 fissasse un obiettivo del 25 per cento di riduzione degli oneri amministrativi da raggiungere entro il 2012. Questo obiettivo, insieme al programma d’azione, è stato sostenuto dal Consiglio europeo di primavera nel marzo di quest’anno. Il Consiglio europeo ha anche invitato gli Stati membri a fissare i loro obiettivi nazionali con un livello di ambizione comparabile nei rispettivi ambiti di competenza entro il 2008.

La Commissione seguirà la situazione e coinvolgerà attivamente gli Stati membri e le parti interessate nella misurazione e riduzione degli oneri amministrativi.

La riduzione degli oneri amministrativi e la creazione di una migliore regolamentazione sono un processo e non un’iniziativa una tantum. Nel programma d’azione il termine stabilito per la riduzione è il 2012 e il lavoro è programmato per questo periodo, per cui in effetti la Commissione suggerisce che non soltanto un anno, ma tutti i prossimi 5 anni siano dedicati alla riduzione degli oneri amministrativi.

 
 

(1) COM(2007) 23.

 

Interrogazione n. 91 dell'on. Erna Hennicot-Schoepges (H-0436/07)
 Oggetto: Considerazione per la specifica situazione professionale dei lavoratori del settore culturale nel futuro progetto di direttiva sulla carta verde europea
 

Recentemente il Commissario Frattini ha annunciato l'elaborazione di un modello di carta verde per attirare i lavoratori più qualificati e permettere loro, dopo un controllo delle loro qualifiche, di risiedere nell'Unione e di circolarvi senza visto per cinque anni.

Prevede la Commissione di tenere in adeguata considerazione la specifica situazione degli artisti e dei lavoratori del settore culturale nel suo futuro progetto di direttiva?

Detta carta verde faciliterà il coordinamento tra le amministrazioni degli Stati membri in settori come il regime fiscale, la previdenza sociale e le pensioni e terrà in conto i problemi specifici che insorgono per la mobilità degli artisti?

 
  
 

In base al piano d’azione sull’immigrazione legale del 2005(1), nel settembre 2007 la Commissione adotterà due proposte legislative che possono avere effetti diretti e positivi sulla situazione degli artisti di paesi terzi che chiedono di essere ammessi nell’UE. Si tratta in particolare di:

una proposta di direttiva intesa a creare un unico permesso di soggiorno e di lavoro, al fine di ridurre la burocrazia amministrativa, e a definire i diritti minimi che devono essere concessi ai cittadini di paesi terzi legalmente impiegati in uno Stato membro dell’Unione europea, compresi gli artisti;

una proposta di direttiva sull’ammissione di lavoratori altamente qualificati; questa direttiva può in alcuni casi essere direttamente applicata ad artisti di paesi terzi, offrendo loro un accesso agevolato al mercato del lavoro dell’UE nonché altre condizioni di soggiorno favorevoli.

Per quanto riguarda quello che attualmente viene definito il sistema della “carta blu”, esso sarà applicabile soltanto ai cittadini di paesi terzi che hanno i requisiti per essere ammessi in base alla proposta relativa ai lavoratori altamente qualificati di paesi terzi. Se ne devono tuttavia ancora definire i particolari.

In merito alla possibilità di spostarsi in altri Stati membri per lavorare, la Commissione è del parere che questo potrebbe costituire uno degli elementi principali dell’attrattiva del sistema. Deve tuttavia essere subordinata a determinate condizioni.

Riguardo al coordinamento dei sistemi di previdenza sociale, quindi anche dei sistemi pensionistici obbligatori, per le persone che si spostano legalmente in altri Stati membri, i regolamenti (CE) n. 1408/71 e n. 574/72 del Consiglio sono già stati estesi dal regolamento (CE) n. 859/2003 ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro dell’UE e si trovano in una situazione che non è limitata sotto tutti i punti di vista a un singolo Stato membro. A parte la parità di trattamento con i cittadini degli Stati membri di residenza riguardo ai benefici fiscali, nel campo della tassazione non sono attualmente previste ulteriori misure.

Il piano d’azione non prevede tuttavia misure riguardanti esclusivamente le condizioni di ingresso, residenza e mobilità di artisti di paesi terzi. Il piano d’azione propone, infatti, anche altre misure non legislative.

 
 

(1) COM(2005)669 def. del 21.12.2005.

 

Interrogazione n. 92 dell'on. Pedro Guerreiro (H-0439/07)
 Oggetto: Revisione dell'organizzazione comune dei mercati (OCM) nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura
 

Nella sua risoluzione P6_TA(2006)0390 sul miglioramento della situazione economica nell'industria della pesca, del 28 settembre 2006, il Parlamento europeo segnala che - tra gli altri fattori - il calo dei redditi nel settore della pesca è dovuto anche "al mantenimento di prezzi bassi a livello di prima vendita imputabili alla struttura del settore" e alla "distribuzione irregolare del valore aggiunto". Osserva inoltre che in taluni casi "l'attuale organizzazione comune di mercato dei prodotti della pesca non è riuscita a contribuire in misura sufficiente a migliorare i prezzi di prima vendita, né a meglio ripartire il valore aggiunto a livello di settore". Del resto la Commissione stessa riconosce che negli ultimi anni i prezzi di mercato non hanno accompagnato le tendenze dei costi di produzione e nella sua comunicazione del 9 marzo 2006 sulla situazione economica nel settore della pesca ha segnalato la necessità di rivedere il regolamento (CE) n. 104/2000(1) relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.

In detto contesto e dato il ritardo di quasi un anno nella presentazione della relazione di valutazione dell'OCM, quando intende la Commissione presentare le linee generali per la revisione dell'OCM nel settore dei prodotti della pesca e come giudica le proposte formulate dal Parlamento europeo di introdurre nuovi strumenti di intervento sul mercato, per esempio le aliquote massime sui profitti o un rimborso compensativo per la sardina?

 
  
 

La Commissione è ben consapevole delle preoccupazioni espresse dall’onorevole parlamentare riguardo alla situazione dei redditi nel settore della pesca. In questo contesto, è importante rammentare che qualsiasi linea politica adottata per affrontare i problemi in tale ambito deve tenere conto del fatto che l’andamento dei prezzi a livello di prima vendita e la distribuzione del valore aggiunto possono essere influenzati da vari fattori che richiedono un approfondito esame.

Nella sua forma attuale, l’organizzazione comune dei mercati (OCM) prevede alcuni strumenti intesi ad aumentare i profitti finanziari dei produttori. Scopo della valutazione in corso dell’OCM è esaminare l’efficienza e l’efficacia dei meccanismi esistenti nonché valutare possibili nuovi strumenti per migliorare la commercializzazione dei prodotti della pesca. La valutazione è essenziale per ottenere un quadro completo e preciso degli elementi che sono pienamente funzionali e di quelli che devono essere migliorati. Va sottolineato che la valutazione degli strumenti finanziari dell’OCM è un obbligo imposto alla Commissione ai sensi del regolamento finanziario.

La valutazione dell’OCM consiste in una serie di studi effettuati durante un periodo di due anni. Tali studi hanno come oggetto i vari strumenti finanziari e non finanziari dell’OCM e argomenti riguardanti l’economia del settore, l’approvvigionamento dell’industria, i consumi, le aspettative dei consumatori e il legame con la politica di conservazione. In questa fase del processo di valutazione è pertanto prematuro considerare la forma di una futura OCM e la possibile aggiunta di nuovi meccanismi di intervento. Potranno essere previste proposte legislative di riforma e revisione dell’OCM soltanto quando la valutazione sarà completata nel 2008. Un’accelerazione del processo di valutazione avrebbe effetti negativi sulla capacità della Commissione di considerare correttamente la necessità di mantenere o cambiare l’organizzazione del mercato e quindi di presentare adeguate proposte operative in questo campo particolarmente importante della politica comune della pesca.

 
 

(1) GU L 17 del 21.1.2000, pag. 22.

 

Interrogazione n. 93 dell'on. Diamanto Manolakou (H-0443/07)
 Oggetto: Sostegno alle isole del Mar Egeo per il trasporto di animali destinati alla macellazione
 

L'attuazione del regolamento (CE) n. 1914/2006(1), che impone norme specifiche per i veicoli adibiti al trasporto di animali vivi destinati alla macellazione, crea seri problemi agli allevatori delle isole minori del Mar Egeo, dove non esistono macelli e dove gli armatori rifiutano di trasportare i veicoli soggetti a norme specifiche o li trasportano a tariffe particolarmente elevate, con il risultato che gli incentivi destinati alle attività di allevamento su queste isole si trovano ad essere annullati.

Intende la Commissione modificare il regolamento in questione in modo da prevedere incentivi speciali per il trasporto di animali vivi destinati alla macellazione o in modo da esonerare dalle pertinenti disposizioni le isole del Mar Egeo?

 
  
 

La protezione degli animali è importante per i cittadini europei e il trasporto degli animali è una questione particolarmente delicata.

Dal gennaio 2007 si applica un nuovo regolamento comunitario(2) sulla protezione degli animali durante il trasporto.

Tale regolamento prevede norme aggiornate riguardanti in particolare i veicoli che trasportano gli animali vivi (equini, bovini, ovini, caprini e suini) su percorsi di durata superiore a otto ore (considerando in particolare aspetti quali la ventilazione meccanica, il sistema di controllo e di registrazione della temperatura, gli abbeveratoi per gli animali e, per i nuovi veicoli, il sistema di posizionamento satellitare), per garantire condizioni migliori per gli animali trasportati.

Per tenere conto della distanza di talune regioni rispetto al territorio continentale della Comunità, il regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio prevede la possibilità per la Commissione di concedere deroghe ad alcune disposizioni mediante la procedura di comitato.

La Commissione sarebbe disposta a valutare il caso particolare delle isole del Mar Egeo, tuttavia la procedura prevede una richiesta da parte delle autorità greche ai pertinenti servizi della Commissione (DG SANCO).

Per quanto riguarda il trasporto di animali vivi destinati alla macellazione, non è possibile intraprendere alcuna azione in base al regolamento (CE) n. 1914/2006 della Commissione. Tale regolamento della Commissione stabilisce precise norme per le isole minori del Mar Egeo per quanto riguarda in particolare il contenuto, l’attuazione e la successiva modifica del programma di sostegno, nonché i controlli, le notifiche e l’invio di informazioni.

 
 

(1) GU L 365 del 21.12.2006, pag. 64.
(2) Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio del 22 dicembre 2004 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97.

 

Interrogazione n. 94 dell'on. Laima Liucija Andrikienė (H-0447/07)
 Oggetto: Valutazione d'impatto ambientale del progetto di gasdotto del Nord Europa
 

La costruzione del cosiddetto gasdotto del Nord Europa suscita molte preoccupazioni legate all'impatto negativo che il progetto potrebbe avere sul Mar Baltico. Secondo le norme ambientali internazionali e il diritto e la prassi dell'UE, la realizzazione di un progetto è subordinata all'esecuzione di un'esaustiva valutazione d'impatto ambientale, affidata a organismi indipendenti.

Può la Commissione far sapere se si è attivata affinché venga effettuata una valutazione d'impatto ambientale per il progetto di gasdotto del Nord Europa? In caso affermativo, quali organismi indipendenti fanno parte dell'équipe incaricata della valutazione? Può la Commissione confermare l'indipendenza degli istituti e studiosi in questione? Può altresì indicare se dispone già dei risultati preliminari di tale studio, che potrebbero fornire dati circa l'impatto che la realizzazione del gasdotto del Nord Europa avrà sull'ambiente nel Mar Baltico?

 
  
 

Le norme ambientali internazionali, nonché i requisiti giuridici e le prassi dell’UE, richiedono una valutazione d’impatto ambientale globale prima della costruzione di un gasdotto come quello del Nord Europa. La pertinente legislazione comunitaria stabilisce che spetta al costruttore effettuare studi per raccogliere e preparare le pertinenti informazioni ambientali necessarie e agli Stati membri interessati garantire il rispetto delle norme e dei requisiti giuridici. Per quanto riguarda la legislazione dell’UE, ciò include in particolare l’applicazione delle pertinenti disposizioni della direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati(1) e della direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(2). La direttiva relativa alla valutazione d’impatto ambientale (VIA) è stata modificata dalla direttiva 97/11/CE per allinearla ai requisiti della Convenzione sulla valutazione d’impatto ambientale in un contesto transfrontaliero (Convenzione di Espoo).

In base alle informazioni fornite alla Commissione dal promotore del progetto di gasdotto del Nord Europa (ora denominato “Nord Stream”) sembra che Nord Stream sia sul punto di intraprendere una VIA completa nel quadro della Convenzione di Espoo, cui hanno aderito nove Stati baltici, allo scopo di soddisfare i requisiti della procedura di autorizzazione e di ottenere i permessi necessari. Tale procedura è già in corso e dovrebbe terminare nel 2008, dopo che sarà stata convalidata la relazione ambientale finale (prevista per l’autunno 2007).

Stando alle stesse informazioni, il 14 novembre 2006 è stata presentata una notifica di progetto ufficiale in base alla Convenzione di Espoo a tutti i paesi interessati attorno al Mar Baltico, al fine di avviare il processo di autorizzazione. Secondo tali informazioni, risulta inoltre che sono state tenute più di 20 audizioni pubbliche aperte e 100 riunioni di autorità, e che sono state ricevute 129 dichiarazioni. Sulla base delle raccomandazioni ricevute, dovranno essere avviati ulteriori studi. Dei risultati della consultazione sono stati informati anche i membri del gruppo sulla valutazione di impatto ambientale nel corso della decima riunione di tale gruppo svoltasi a Ginevra dal 21 al 23 maggio 2007.

La Commissione segue con attenzione gli sviluppi della situazione tenuto conto della sua competenza politica e del fatto che il gasdotto Nord Stream è un progetto prioritario dichiarato di interesse europeo dal Consiglio e dal Parlamento(3).

 
 

(1) GU L 175 del 5.7.1985.
(2) GU L 175 del 5.7.1985, modificata da ultimo dalla direttiva 2003/35/CE del Consiglio, GU L 156 del 25.6.2003.
(3) Decisione n. 1364/2006/CE, GU L 262 del 22.9.2006.

 
Note legali - Informativa sulla privacy