Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0270/2007), presentata dall’onorevole Hennis-Plasschaert a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sulla proposta di direttiva del Consiglio relativa all’individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione [COM(2006)0787 – C6-0053/2007 – 2006/0276(CNS)].
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il relatore per questa importante relazione che fa seguito alla presentazione di un’iniziativa da parte della Commissione.
E’ evidente che la protezione delle infrastrutture critiche rappresenti una priorità per la Commissione europea, oltre che per gli Stati membri, anche perché la necessità di proteggere le infrastrutture critiche dall’eventualità, ad esempio, di un attacco terroristico deriva anche dalla natura delle stesse infrastrutture, nonché dall’interconnessione e dall’interdipendenza tra di esse. Infatti, se viene attaccata un’infrastruttura fisica o tecnologica di uno Stato membro, l’effetto si trasmette inevitabilmente ad altri Stati membri. Per questo motivo occorre un quadro europeo comune di prevenzione e di protezione.
Noi abbiamo pensato che la via migliore da seguire fosse quella di coinvolgere anzitutto il settore privato; il che vuol dire attingere alle tecnologie attualmente disponibili e stimolare un rafforzamento della ricerca tecnologica, chiedendo la collaborazione delle imprese e dei laboratori di ricerca per mettere a disposizione del quadro comune europeo i risultati di tale ricerca. L’idea è di disporre di veri e propri programmi di sicurezza dedicati ai diversi settori infrastrutturali e di una vera e propria rete di liaison officers, ufficiali di collegamento, che possano garantire tale quadro comune europeo.
La nostra idea è di prendere in considerazione solamente quelle infrastrutture che hanno un carattere davvero transnazionale e non certo quelle limitate al territorio di un solo Stato membro, salvo nel caso in cui le implicazioni di questa infrastruttura critica vadano al di là dei confini nazionali di quello Stato.
Come già sapete, nel dicembre scorso abbiamo adottato una comunicazione per istituire un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche parallelamente a una proposta di direttiva intesa a identificare quali di queste infrastrutture necessitano di essere protette. Sono pertanto grato al Parlamento di avere esaminato l’insieme delle proposte relative a una materia così importante. E’ chiaro che la comunicazione da un lato individua dei principi e dei processi da realizzare e gli strumenti per realizzare quei processi, mentre la direttiva stabilisce delle regole per identificare le infrastrutture che, secondo un approccio comune europeo, richiedono una protezione. E’ nostra intenzione sviluppare questo piano d’azione in un ampio tessuto di collaborazione pubblico-privato.
Pensiamo che gli Stati membri debbano essere aiutati a sviluppare le varie iniziative comprese nel piano d’azione e siamo convinti che la dimensione internazionale debba essere tenuta in considerazione e che debbano essere messe in pratica delle misure finanziarie. Disponiamo ovviamente di un programma finanziario riguardante la prevenzione, preparazione e gestione delle conseguenze dei rischi del terrorismo, il quale potrà prevedere finanziamenti appropriati da destinare a misure di protezione delle infrastrutture critiche.
Posso anticipare già ora il mio assenso ad alcuni emendamenti importanti che il Parlamento si appresta a esaminare. Il primo riguarda la necessità di ribadire nel testo della direttiva che è compito di ogni Stato membro individuare le forme e i metodi più consoni per la sua attuazione: si tratta cioè del principio di flessibilità nell’attuazione della direttiva, in base al quale le misure, obbligatorie o meno, dovranno essere messe in pratica senza un’eccessiva rigidità.
Il secondo punto che mi sembra condivisibile riguarda la necessità di chiarire le modalità di esenzione di certi settori da alcuni degli obblighi individuati nella direttiva. La Commissione ha previsto la possibilità di esentare alcuni settori e le proposte di emendamento del Parlamento chiedono in sostanza di specificare meglio quando una siffatta esenzione si applica a un determinato settore. Io credo di poter essere d’accordo sulla necessità di introdurre delle specificazioni, facendo pertanto maggiore chiarezza.
Sono inoltre d’accordo con la proposta di modificare la lista dei settori di protezione delle infrastrutture critiche di cui all’allegato I della proposta di direttiva. Credo che la proposta del Parlamento di modificare tale allegato sia accettabile, così come l’introduzione di alcune modifiche nei settori in cui è previsto il ricorso alla procedura di comitatologia. Vi è una proposta specifica al riguardo, anche se occorre essere consapevoli del fatto che limitando l’uso della comitatologia aumenteremmo il tempo necessario per attuare la direttiva. La comitatologia in fondo è uno strumento forse un po’ complicato ma che fa risparmiare tempo nell’attuazione ma non sono contrario ad accettare l’idea di tali emendamenti.
Per concludere, Presidente, mi dichiaro soddisfatto e apprezzo la relazione in esame e mi auguro che il Parlamento voglia approvarla a larghissima maggioranza. Abbiamo bisogno di dimostrare la nostra coesione su una misura strategica quale quella dell’iniziativa europea per proteggere le infrastrutture critiche, energetiche, di trasporto e tecnologiche, le quali richiedono una prevenzione e una protezione forte perché la minaccia del terrorismo purtroppo si indirizza anzitutto verso le infrastrutture critiche. Sono quindi grato al Parlamento per il contributo che ha già dato e che darà a questo nostro lavoro.
Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE), relatore. – (NL) Signor Presidente, già nel giugno 2004 il Consiglio aveva presentato una richiesta in cui si chiedeva alla Commissione di preparare una strategia generale per proteggere le infrastrutture critiche. Negli ultimi tre anni l’argomento è sempre stato nell’agenda della Commissione, e giustamente. In linea con i desideri del Consiglio e del Parlamento europeo, la Commissione ha infine presentato una proposta su un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche, che è culminata nella direttiva di cui stiamo discutendo oggi.
In veste di relatrice sostengo l’idea di un quadro comune in questo ambito. Una protezione efficace delle infrastrutture critiche vulnerabili e dei relativi servizi richiede comunicazione, coordinamento e cooperazione oltre al coinvolgimento di tutte le parti interessate sia a livello nazionale che a livello europeo. A mio avviso, è legittimo considerare anche i complessi processi e le interfacce delle infrastrutture critiche con una dimensione transnazionale.
Come il Commissario Frattini ha già spiegato in diverse occasioni, il danno o la perdita di determinate infrastrutture in un dato Stato membro possono avere ripercussioni negative su diversi altri Stati membri e persino sull’intera economia europea. Grazie alle nuove tecnologie, ad esempio Internet, nonché alla lungimirante liberalizzazione del mercato per l’approvvigionamento del gas e dell’elettricità, molte infrastrutture sono già parte di reti più ampie.
In realtà, nelle circostanze attuali l’efficacia di tutte queste misure di protezione è determinata dall’anello più debole. Ritengo però, come ha osservato il Commissario Frattini, che la Commissione sia stata un po’ troppo proattiva o eccessivamente entusiasta in alcune parti della direttiva. Deve essere chiaro che la responsabilità prima e ultima spetta agli Stati membri e ai proprietari delle infrastrutture critiche.
Da questo punto di vista ritengo che l’approccio dal basso verso l’alto rivesta un’importanza critica. L’azione comune, a mio avviso, può essere giustificata solo qualora gli Stati membri danneggiati fossero almeno tre, o almeno due oltre a quello in cui è situata l’infrastruttura critica. Dopo tutto molti aspetti sono già stati disciplinati a livello bilaterale, il che, per essere onesta, è anche la soluzione più flessibile.
Inoltre ritengo che debbano essere scongiurate ad ogni costo le sovrapposizioni e le incongruenze rispetto alla legislazione e/o alle disposizioni vigenti. Di conseguenza, devono essere tenuti in considerazione i criteri e i meccanismi esistenti. E’ parimenti importante, a mio avviso, che il settore privato non si trovi a dover fronteggiare un carico amministrativo superfluo. Esorto a ricorrere alle conoscenze tecniche già disponibili e soprattutto consiglio di non cercare di inventare nuovamente la ruota. Pertanto sostengo il presente approccio pragmatico e al contempo strutturale.
A seguito dei dibattiti nelle commissioni parlamentari, alcuni gruppi del Parlamento hanno inoltre convenuto di concentrarsi sui cosiddetti settori prioritari. E’ stato deciso anche di evitare la proposta procedura di comitatologia. In passato il ricorso a tale procedura ha portato troppo spesso a situazioni precarie. Sono quindi molto grata al Commissario per le osservazioni che ha formulato su questo punto e sugli altri emendamenti nonché per la soddisfazione che ha dimostrato. Ora vorrei che si esprimesse sulla definizione dei due o tre Stati membri, poiché questo a mio giudizio è l’emendamento più importante.
Desidero terminare con un’osservazione indirizzata al Consiglio, che ancora una volta brilla per la sua assenza. Per tale Istituzione l’accordo sulla posizione comune costituisce un passo azzardato. Ed è notevole, dato che proprio il Consiglio aveva invocato questo quadro comune, e anche fuori luogo, visto che, in ogni eventualità, il Consiglio è sempre il primo a precipitarsi ad annunciare ogni sorta di regole senza veramente prendere in considerazione la qualità delle proposte, le loro ramificazioni per il mercato interno, ad esempio, o le ricadute per i cittadini europei.
Dopo tutto, la visione e il potere sono due competenze che il Consiglio dovrebbe avere in questo frangente. All’apertura della seduta di oggi il Presidente Poettering ha pronunciato parole sagge. Nessuno vuole norme e regolamenti ad hoc dettati dal panico. E’ però molto opportuno predisporre una linea offensiva strutturale, che tenga conto dei principi dello Stato di diritto – punto che riveste un’importanza cruciale. Vi ringrazio e ringrazio il Commissario.
Harald Ettl (PSE), relatore per parere della commissione per i problemi economici e monetari. – (DE) Signor Presidente, le crisi transnazionali, dovute al terrorismo piuttosto che alle calamità naturali, richiedono la protezione delle infrastrutture critiche in tutta l’Unione. Tali infrastrutture non possono essere tenute segrete semplicemente non nominandole. Sarebbe del tutto ingenuo pensarlo.
Da un punto di vista psicologico la distruzione delle infrastrutture critiche indurrebbe l’opinione pubblica a perdere fiducia nell’Unione europea. La protezione nei momenti di crisi, pertanto, non è solo una questione nazionale, ma richiede una gestione europea delle crisi, come propone il signor Commissario.
Inoltre, come ha chiaramente posto in evidenza la commissione per i problemi economici e monetari, spostare parti delle infrastrutture europee fuori dall’UE incrementa il rischio di attentati terroristici e in particolare l’accesso ai dati rende più vulnerabile l’intera struttura. Ciò vale anche per il settore bancario e assicurativo. Benché la sicurezza e i controlli vengano costantemente migliorati in tale ambito, permane la necessità di un’azione supplementare europea e coordinata. Nessuno vuole una doppia disciplina, ma serve una maggiore sicurezza. La DG competente per il mercato deve ispirarsi a questi principi e non ai miopi voleri dell’industria.
Renate Sommer (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i trasporti e il turismo. – (DE) Signor Presidente, la commissione per i trasporti e il turismo ritiene che nella presente proposta di direttiva la Commissione vada oltre i propri poteri in materia, in quanto travisa le proprie norme. Parla di stabilizzare il mercato interno, ma la direttiva verte principalmente sulla protezione contro gli atti di terrorismo.
Inoltre la proposta della Commissione contravviene al principio di sussidiarietà, in quanto, oltre a integrare le misure vigenti degli Stati membri, punta anche a sostituirne alcune. Infine la proposta non affronta la sua vera funzione, ma la delega alla comitatologia.
La commissione per i trasporti e il turismo ha quindi bocciato la proposta della Commissione, ferma restando ovviamente la necessità di una cooperazione europea. La questione verte semplicemente sulle modalità. La mia principale preoccupazione è far sì che gli Stati membri non siano costretti a segnalare le proprie infrastrutture critiche europee alla Commissione, la quale poi probabilmente redigerebbe un elenco completo di strutture europee sensibili, allegandovi piani di sicurezza per poi archiviare il tutto in qualche ufficio di Bruxelles. In questo modo si andrebbe contro gli interessi della sicurezza nazionale. Un simile elenco, infatti, sarebbe un’interessante fonte di informazioni per i terroristi.
La Commissione dovrebbe limitarsi a definire e a catalogare in termini generali i principali settori a rischio. La designazione spetta agli Stati membri, poiché sono loro che hanno la responsabilità principale della protezione delle infrastrutture critiche e sono loro che in ultima analisi sono responsabili delle misure atte a proteggere siffatte strutture ubicate nel loro territorio. Nell’interesse della sicurezza nazionale si deve continuare su questa stessa linea. Solo una gestione decentralizzata delle infrastrutture sensibili può ridurre il livello di rischio.
Credo che la definizione più ristretta delle infrastrutture critiche europee, secondo cui un approccio comunitario sarebbe giustificato solo qualora gli Stati membri danneggiati fossero almeno tre, o almeno due oltre a quello in cui l’infrastruttura critica è situata, sia la più corretta. Dobbiamo garantire che la direttiva riguardi solo le infrastrutture europee e non quelle nazionali. Ritengo inoltre che la cooperazione bilaterale tra gli Stati membri sia più opportuna in quest’area per ragioni di sicurezza.
Infine ringrazio vivamente la relatrice, onorevole Jeanine Hennis-Plasschaert, assicurandola che avrà il mio sostegno.
Herbert Reul, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, abbiamo incontestabilmente sollevato una questione molto difficile, discutendo delle infrastrutture critiche europee. Non sussistono dubbi, però, sul fatto che dobbiamo affrontare la questione a livello europeo, individuando e sviluppando soluzioni insieme agli Stati membri, poiché le potenziali minacce che il Commissario ha indicato poc’anzi sono reali e quindi devono essere prese seriamente.
E’ tuttavia molto difficile delineare le competenze europee in questo ambito, cosa deve essere organizzato a livello europeo e dove devono essere espletate determinate funzioni specifiche. In commissione ci siamo occupati a lungo della questione. Abbiamo cercato – e in proposito ringrazio vivamente la relatrice per la cooperazione leale e aperta – di trovare un modo atto a garantire lo scambio delle migliori prassi tra Stati membri mediante un coordinamento a livello comunitario, mantenendo al contempo il ruolo centrale del principio di sussidiarietà. Come ha già indicato l’onorevole Sommer, non vogliamo che siano segnalate le singole infrastrutture critiche e che i dati siano archiviati chissà dove, vogliamo invece garantire la segretezza.
Per tale motivo abbiamo convenuto che gli Stati membri segnalino alla Commissione i propri rispettivi settori critici, senza specificare le infrastrutture. Per noi era importante evitare la comitatologia e sono grato al Commissario, che è venuto incontro al Parlamento su questo punto. Come ha già precisato la relatrice, l’inefficienza che la procedura ha evidenziato in passato non ci incoraggia a proseguire in tale direzione. Ne proponiamo quindi un’altra.
Inoltre per noi era importante evitare la burocrazia superflua, istituire punti di contatto negli Stati membri incaricati di assolvere alla funzione di designazione e di individuazione senza creare altra burocrazia, limitando i costi amministrativi e assicurando una grande flessibilità.
Inés Ayala Sender, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, il Presidente del Parlamento europeo, onorevole Poettering, oggi ha fatto riferimento proprio a questa relazione dell’onorevole Hennis-Plasschaert quando ha condannato i recenti attentati terroristici compiuti sia in territorio europeo – dove il bersaglio sono stati gli aeroporti – che in paesi terzi come lo Yemen, dove sono stati assassinati alcuni turisti spagnoli. In quest’ultimo caso il bersaglio non era un’infrastruttura specifica, ma i turisti che viaggiavano per strada a bordo di un veicolo.
Tale riferimento dimostra o ribadisce per l’ennesima volta l’importanza dell’esercizio che ci propone la Commissione e per cui desidero ringraziare vivamente il Commissario. Non si tratta di una misura unica, ma piuttosto di un tassello di un lungo processo – che è iniziato nel 2004 – e che ora sta assumendo la forma di misure sempre più interessanti ed efficaci.
Inoltre, in vista della complessità della società europea, basata su reti complesse e aperte per le comunicazioni, per gli approvvigionamenti e per i servizi, su cui oltretutto si fonda l’economia, dobbiamo organizzare una difesa di queste infrastrutture e difenderci tenendo presente la loro potenziale vulnerabilità agli attentati terroristici.
Vorrei rilevare che il mio gruppo era più d’accordo con la proposta originale della Commissione in merito alla definizione delle infrastrutture critiche europee, ossia le infrastrutture condivise da due o più paesi o nei casi in cui un dato Stato membro possa subire le conseguenze derivanti dall’infrastruttura di un altro Stato membro.
Ad esempio, per noi, l’Eurotunnel potrebbe essere un caso esemplare in cui applicare questa protezione ottimale da eventuali attentati, per non parlare degli aeroporti, eccetera, dove siamo già stati colpiti.
Domani quindi manterremo questa posizione a favore della proposta originale della Commissione, in quanto vogliamo tenere viva la speranza di raccogliere un maggiore sostegno in Consiglio. In ogni caso preferiamo continuare a dirigerci verso approcci più integrati ed europei e preferiamo evitare risparmi che apparentemente possono ridurre i costi, ma di cui potremmo pentirci in futuro.
Sosteniamo tutte le proposte dell’onorevole Hennis-Plasschaert sulla protezione riguardo ai paesi terzi, e sosteniamo tutte le proposte concernenti la protezione dei dati personali in tale ambito. Naturalmente sosteniamo tutti gli elementi della proposta che afferiscono alla necessaria riservatezza – abbiamo una lunga esperienza in quest’ambito sia a livello nazionale sia a livello di Esecutivo, e non crediamo che sarà violata in questo frangente – e, pertanto, conveniamo anche sulla necessità di evitare duplicazioni tra azioni già attuate negli Stati membri e le iniziative che ora ci vengono proposte dalla Commissione.
In questo modo speriamo di superare la posizione retrograda che abbiamo dovuto accettare in seno alla commissione per i trasporti e il turismo e rispetto alla quale il mio gruppo tuttora dissente. Spero che la proposta che sarà votata domani ci consentirà di continuare a progredire; spero inoltre che con la proposta del Parlamento – e sono grata per il grande lavoro svolto dall’onorevole Hennis-Plasschaert e dai colleghi – e con la proposta del Consiglio riusciremo a conseguire una migliore protezione delle infrastrutture critiche europee.
Margarita Starkevičiūtė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Desidero ringraziare il Commissario e la relatrice per le proposte; desidero tuttavia sottolineare che tali suggerimenti vanno interpretati solo come l’inizio della discussione. Non so se Internet può essere considerata un’infrastruttura critica ai sensi della definizione usata dalla Commissione. Come posso sapere se, nel caso in cui un sito sia stato bloccato in un dato paese, esso non sia più un’infrastruttura critica? Basta bloccare il sito di una grande banca avente sede, ad esempio, in Germania, in Francia o nel Regno Unito, e tutti gli abitanti d’Europa ne avvertirebbero le conseguenze. Parliamo di consolidare il settore finanziario, l’attività economica e persino le catene alberghiere. In altre parole, dobbiamo riconoscere che l’infrastruttura critica è sconfinata nel ciberspazio, e credo che l’Estonia sia il primo paese ad avere sperimentato elementi di guerra cibernetica. Mi dispiace che sia stata dedicata poca attenzione a questo tema, che ora sta scivolando in fondo alla lista di preoccupazioni del Commissario responsabile delle telecomunicazioni. Tuttavia, mi preme affermare che questa materia deve essere evidenziata in rapporto alla sicurezza, poiché è difficile immaginare la vita dei cittadini europei senza Internet. Non possiamo dire se Internet sia europea o se appartenga a un determinato paese – è una rete mondiale e ovviamente definire le modalità di protezione del web da un attentato che potrebbe essere sferrato in ogni momento è molto complicato e il dibattito deve svolgersi a un livello completamente diverso. Al momento si parla principalmente dell’infrastruttura fisica e senza dubbio rimane il turbamento per le scene drammatiche cui abbiamo assistito, ma la vita sta diventando sempre più virtuale e di questo aspetto occorre tenere conto.
Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, nessuno in quest’Aula mette in dubbio che la stretta collaborazione tra Stati membri sia molto importante e necessaria per contrastare i rischi terroristici. La nostra critica verte sulle modalità. Una maggiore burocrazia non ci aiuterà contro il terrorismo! Tengo a ringraziare la relatrice per aver perlomeno restituito una dimensione pragmatica alla proposta e per aver ampiamente migliorato la versione della Commissione. La collega ha altresì avanzato una serie di suggerimenti pratici.
Conveniamo tutti sul fatto che una migliore cooperazione e informazione siano cose positive. Si tratta di obiettivi che possono essere realizzati a livello bilaterale o multilaterale. Ma compilare un elenco di infrastrutture a rischio non porterà a nulla in termini di sicurezza, anzi, potrebbe persino essere controproducente. In definitiva, però, la competenza è sempre degli Stati membri, e non ha affatto senso trasferirla a livello europeo.
Spero che domani in sede di voto procederemo all’insegna dello stesso realismo di cui ha dato prova la relatrice, garantendo che si continui con il sistema ora in atto: una soluzione sensata che tiene conto della realtà senza fomentare illusioni!
Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, coloro che già in passato volevano una maggiore pressione governativa nei settori dell’esercito, della polizia, dei servizi di sicurezza e in ogni sorta di sistema di controllo e nel regime carcerario sono riusciti a rafforzare la propria posizione fin dall’inizio del secolo. Ora possono parlare dell’avvento di una nuova forma di terrorismo, che, visto il grande turbamento che ha suscitato in tutti, crea un margine per soluzioni sconsiderate.
A tutti i livelli amministrativi sono state presentate proposte affinché tutte le garanzie in materia di sicurezza si applichino anche per quanto riguarda la democrazia, la libertà di associazione, la libertà di manifestazione, il diritto allo sciopero, la libertà di circolazione e il diritto alla privacy. Il problema di questa linea offensiva è che non fa nulla per rimuovere il terreno su cui attecchisce il terrorismo, comprese le gravi disparità di ricchezza e di potere che dividono il mondo.
Invece raccogliamo maggiori informazioni, teniamo sotto controllo sempre più persone, organizziamo una maggiore burocrazia e provochiamo sempre più malcontento. Nell’Unione europea, nel settore delle infrastrutture critiche vigono già 32 direttive, regolamenti, trattati e decisioni che rendono possibile un approccio europeo. Per tale ragione l’aggiunta di una nuova direttiva, che oltretutto amplia i poteri e gli obblighi, ha suscitato scetticismo.
A gennaio la commissione del parlamento olandese incaricata della verifica di sussidiarietà ha richiamato la mia attenzione proprio su questo tema. La commissione contesta l’articolo 308 del Trattato CE, che verte sul rafforzamento temporaneo dei poteri, come base giuridica, e considera che la protezione dell’infrastruttura critica sia innanzi tutto una questione di competenza nazionale.
In veste di relatore ombra su questo tema per la commissione per i trasporti e il turismo, sono stato molto lieto di constatare che tale commissione ha deciso di invitare la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni a bocciare drasticamente la proposta, la motivando la richiesta principalmente col fatto che la proposta di direttiva può essere disciplinata più efficacemente su scala più ridotta, ossia a livello di Stati membri e di regioni. In questo caso una maggiore interferenza dell’Unione europea comporterebbe soprattutto una maggiore burocrazia, che in effetti è controproducente.
Purtroppo, i gruppi che all’unanimità avevano votato “no” in seno alla commissione per i trasporti si sono divisi in seno alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Il mio gruppo non è stato un’eccezione. Le delegazioni nazionali più piccole ritengono che la proposta sia mediocre, in parte perché l’interferenza superflua offusca la divisione delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione e in parte perché, riferendosi alla protezione delle infrastrutture, potrebbe essere usata indebitamente allo scopo di ledere i diritti civili, come la libertà di manifestazione, nel qual caso non si contrasta il terrorismo internazionale ma si compromette la democrazia nazionale.
Per contro, i membri delle delegazioni più grandi, dalla Germania all’Italia, intravedono anche punti positivi nella proposta. Essi si aspettano una riduzione dei poteri che già vengono esercitati dalla Commissione e un migliore controllo parlamentare sull’applicazione delle restanti competenze. Tutti nel mio gruppo plaudono al fatto che in generale gli emendamenti indeboliscono l’impatto della proposta di direttiva e ne limitano l’applicazione alle questioni che riguardano almeno tre Stati membri.
Christian Ehler (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, diversamente dalla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia o dalla commissione per i problemi economici e monetari, la commissione competente, ossia la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, non ha riconosciuto l’importanza del livello europeo per la protezione delle infrastrutture critiche. L’attenzione, infatti, non si concentra più sulla protezione delle singole infrastrutture bensì sulla considerazione dei settori.
Credo che la procedura proposta nella relazione sia priva di incisività. Il valore aggiunto apportato dall’inclusione del livello europeo è stato quasi completamente abbandonato. E’ chiaro che la responsabilità delle infrastrutture critiche deve ricadere sugli Stati membri. Tuttavia, se lasciamo la designazione interamente agli Stati nazionali, non riusciremo ad identificare le debolezze e le dipendenze strutturali, ed è proprio questo che serve nell’ambito della designazione della infrastrutture critiche europee.
E’ del tutto ingenuo credere che elaborando un elenco di infrastrutture si possa disporre di un manuale per far fronte agli attentati terroristici. Gli Stati membri sono dotati di elenchi simili da molto tempo. Uno degli errori strutturali principali è stato, ad esempio, non averli confrontati con quelli della NATO. Nella sfera militare la NATO tiene elenchi analoghi da quarant’anni e ne ha definito i relativi scenari nell’eventualità di crisi militari.
Inger Segelström (PSE). – (SV) Innanzi tutto ringrazio la relatrice per la costruttiva relazione e per l’efficiente lavoro svolto. Pare che la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni si trovi costantemente alle prese con settori della società che hanno una qualche attinenza con le minacce terroristiche contro i cittadini. Anche il Presidente del Parlamento ne ha parlato oggi.
E’ molto importante non guardare separatamente ad ogni singola misura, ma esaminare tutti i settori nel loro complesso in modo da redigere regolamenti sulla sicurezza che contemplino tutti i vari aspetti: dalle norme sui visti ai controlli di sicurezza nel campo dell’aviazione, fino a modalità migliori per proteggerci contro le minacce che gravano su aeroporti, trasporti pubblici e porti nonché su tutte le infrastrutture che, in ragione del numero enorme di passeggeri che vi transitano, potrebbero essere teatro di drammi di enormi proporzioni in caso di attacco terroristico.
L’aspetto della proposta della relatrice che vorrei affrontare è il numero di Stati che risentirebbero di conseguenze a seguito di una perturbazione o distruzione delle loro infrastrutture, in altre parole vorrei sapere se debbano essere tre o solamente due. La proposta della relatrice prevede di portare a tre il numero Stati membri rispetto ai due indicati nella proposta originale di direttiva. Mi pare che questo aumento sia irragionevole, in quanto una minaccia, una catastrofe o un caso di distruzione possono colpire un gran numero di persone, anche se sono coinvolti pochi paesi. Inoltre l’incidente potrebbe avere un impatto maggiore sul luogo in cui si verifica rispetto all’impatto che potrebbe produrre in posti più centrali dell’UE. La proposta rende ancora più difficile tenere conto degli Stati membri più piccoli, benché essi corrano lo stesso rischio degli Stati di grandi dimensioni di essere colpiti da gravi crisi.
Credo inoltre che, tappando le falle e diminuendo la possibilità di attentati nel settore dell’aviazione, i terroristi si concentreranno su altri bersagli e su ubicazioni centrali all’interno delle infrastrutture, cui possono essere inferti danni enormi. Non dobbiamo essere ingenui, dobbiamo invece prepararci quanto più possibile. E’ questa la nostra responsabilità.
Marianne Mikko (PSE). – (ET) Gli attacchi cibernetici che sono stati sferrati contro l’Estonia nell’aprile e nel maggio di quest’anno sono stati i primi episodi di questo genere a richiamare l’attenzione mondiale. Eppure non sono stati i primi attentati contro infrastrutture critiche europee. Finora gli attacchi cibernetici erano diretti contro singole imprese, soprattutto nel settore finanziario, in cui Internet è divenuto l’ambiente indispensabile per le transazioni.
Per ragioni comprensibili le banche preferiscono non suscitare un polverone su tali attentati. La mancanza di fiducia nell’affidabilità dei sistemi bancari avrebbe gravi conseguenze per l’intera economia europea.
I campi di attività in cui Internet è divenuta parte essenziale dell’infrastruttura comprendono la pubblica amministrazione e i mezzi di comunicazione. L’incapacità di respingere un attentato cibernetico nella peggiore delle ipotesi potrebbe catapultare l’Europa indietro di un secolo.
Immaginatevi oggi, nel XXI secolo, una situazione in cui vengono interrotte le comunicazioni tra ministeri, in cui sia il governo che i mezzi di comunicazione non sono in grado di informare la gente. Questo è esattamente quanto è accaduto in Estonia, come ha correttamente indicato l’onorevole Starkevičiūtė.
Desidero ringraziare la relatrice ed enfatizzare il suo eccellente tempismo. La sicurezza cibernetica è il migliore esempio della necessità di cooperazione a difesa delle infrastrutture critiche dell’Unione europea. Nel corso di tale attentato cibernetico, finora unico nel suo genere contro uno Stato indipendente, gli esperti informatici estoni sono stati coadiuvati da esperti sia dell’Unione europea sia di altri paesi.
Auspico che questa cooperazione sia un esempio e una lezione nel campo della sicurezza interna per i responsabili di tutti gli Stati membri. Né la ricchezza né la forza militare possono respingere un attentato cibernetico. L’unica difesa è la cooperazione. Rinnovo quindi i miei ringraziamenti alla relatrice.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, pur essendo grato a tutti gli intervenuti, inclusa la relatrice, temo di avere qualche preoccupazione ad accettare l’impostazione un po’ restrittiva che la commissione trasporti ha voluto dare.
Come giustamente affermato da alcune onorevoli parlamentari, da ultima l’onorevole Segelström e altre, limitare solamente a tre o più Stati la soglia minima per la definizione di un’infrastruttura europea comporterebbe, a mio avviso, due inconvenienti, il primo dei quali sarebbe quello di impedire agli Stati europei più piccoli la partecipazione al programma di protezione delle infrastrutture critiche. E’ chiaro che noi vogliamo evitare una simile eventualità. Noi vogliamo offrire a tutti gli Stati membri che sono potenziali obiettivi di un attacco terroristico una forma di partecipazione a questa strategia europea.
Mi permetto di sollevare obiezioni circa l’impostazione restrittiva ostile all’idea che sia l’Europa ad occuparsi di un quadro comune di protezione delle infrastrutture. Non è questione di sussidiarietà, di cui noi siamo estremamente rispettosi. Il problema è che oggigiorno le infrastrutture sono intimamente connesse e l’ultimo intervento della rappresentante dell’Estonia, che ha ricordato l’attacco cibernetico al suo paese, ne è la prova più evidente: si è trattato di un attacco che ha colpito un intero sistema-paese. E seppure ne è stato interessato un solo sistema-paese, possiamo avere dubbi sul fatto che quell’attacco abbia indirettamente colpito l’intera rete di relazioni dell’Estonia con gli altri paesi europei? Se si paralizza il sistema bancario anche di un solo paese per un certo numero di giorni, inevitabilmente si colpisce una struttura portante dell’Unione europea. Credo pertanto che la proposta originaria della Commissione, cui io confermo il mio appoggio, sia migliore in quanto offre un ventaglio più ampio di opportunità.
In riferimento agli attacchi cibernetici, non escludo che i terroristi possano progettare un attacco a un sistema-paese, a un sistema bancario, a un ministero, a un sistema di amministrazioni: stiamo esaminando ciò che è avvenuto in Estonia e la nostra Agenzia per la sicurezza informatica ci fornirà un rapporto dopo l’estate. Intendo ovviamente pubblicare tale rapporto ma, al di là dell’analisi di quell’episodio, non possiamo escludere che organizzazioni terroristiche pensino di colpire un intero sistema-paese con un attentato informatico. Per questo credo sia assolutamente necessaria un’interpretazione un po’ meno restrittiva.
Per concludere, ringrazio ancora una volta la relatrice e tutti i membri di questo Parlamento. Credo che l’approvazione di una relazione rigorosa sulle iniziative intraprese dalla Commissione dimostrerebbe altresì chiaramente che ci preoccupiamo della prevenzione. Com’è stato giustamente affermato, dal 2004 la Commissione europea e le istituzioni dell’Unione europea conducono un’azione intesa a rafforzare le politiche di prevenzione. Solo in questo modo daremo una risposta davvero seria e coordinata alla minaccia del terrorismo.