Presidente. – L’ordine del giorno reca il seguito della discussione sulla relazione di Jacek Protasiewicz, su “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo”.
Thomas Mann (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, nonostante i notevoli limiti di tempo, il relatore, onorevole Protasiewicz, ha raggiunto un compromesso che trova un equilibrio tra sicurezza e flessibilità nell’attuale diritto del lavoro. Alcune formulazioni, tuttavia, non sono ancora sufficientemente precise, quali quelle dell’articolo 35, che fornisce definizioni diverse dello status di lavoratore nel diritto del lavoro. Come può funzionare il principio “lavoratore autonomo a mezzogiorno, dipendente la sera”? I lavoratori autonomi dipendenti economicamente sono autonomi anche quando hanno un unico datore di lavoro. In genere si tratta di persone che si guadagnano da vivere lavorando per microimprese e a cui è riconducibile un’ampia fetta dei posti di lavoro nell’Unione. I tentativi di tracciare una netta distinzione tra lavoratori dipendenti e autonomi nel mio paese, la Germania, negli anni ’90 sono sfociati in un crollo del numero di nuove imprese e di migliaia di microimprese.
Nutro fortissimi dubbi a proposito della responsabilità congiunta e individuale per i contraenti generali e principali, che causa numerosi problemi pratici. Sui contraenti generali gravano obblighi statali. Sono soggetti a burocrazia supplementare e a notevoli spese. Per questo motivo ho presentato un emendamento che eliminerà nettamente tali estesi obblighi.
In un ulteriore emendamento sottolineo la competenza dell’Unione europea e dei suoi Stati membri in materia di diritto del lavoro, come previsto dagli articoli 127 e 137 del Trattato CE. Dobbiamo respingere qualunque ulteriore regolamento o armonizzazione a livello europeo.
Suggerisco di votare a favore della relazione domani, quando gli emendamenti saranno stati inclusi, soprattutto per via degli sforzi che il relatore ha compiuto per essere tanto equilibrato.
Jan Andersson (PSE). – (SV) Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno contribuito, il relatore e i relatori ombra, per il lavoro costruttivo svolto in seno alla commissione al fine di produrre una relazione intorno alla quale possiamo sostanzialmente unirci. Dobbiamo considerare la relazione alla luce delle sfide globali e degli sviluppi demografici, che comportano la necessità di una trasformazione in Europa. L’ho detto in precedenza e lo dirò di nuovo: la Commissione ha iniziato con il piede sbagliato.
Ciò che conta è la sicurezza di fronte al cambiamento. La cosa più importante, dunque, non è il diritto del lavoro, ma avere una politica attiva per il mercato del lavoro. Dovremmo occuparci dell’istruzione, dell’apprendimento permanente e di accordi ragionevoli per la sicurezza del lavoro, in modo che i singoli cittadini possano, in un modo o nell’altro, passare a nuove mansioni nella loro vecchia azienda o in un’altra. Tali sviluppi vanno interpretati come positivi, non come una minaccia. Perciò la Commissione ha cominciato con il piede sbagliato, ponendo in discussione il diritto del lavoro. In Europa occorre un diritto del lavoro valido se si vuole che i lavoratori dipendenti si sentano sicuri.
Qual è la situazione in questo momento? In Europa si registrano crescita e un aumento dell’occupazione, il che è positivo. Osserviamo tuttavia altri sviluppi. Vi è un aumento dei posti di lavoro di scarsa qualità e sicurezza, che non forniscono un reddito dignitoso e che, per esempio, offrono condizioni di lavoro pessime. E’ un fatto con cui dobbiamo fare i conti, cosa che non si fa indebolendo il diritto del lavoro. Piuttosto lo si fa individuando i lavori inaccettabili e rendendoli migliori e più sicuri, così da renderli più simili a lavori standard a tempo pieno. Questa è la strada da percorrere.
La Commissione si è inoltre concentrata sul diritto del lavoro individuale, il che è stato negativo. Il diritto del lavoro collettivo svolge un ruolo importantissimo in numerosi paesi europei. Le parti sociali hanno un contributo notevole da dare al diritto del lavoro. Non sarebbe altresì inopportuno richiamare l’attenzione sul diritto del lavoro collettivo e sull’importante lavoro svolto dalle parti sociali grazie al dialogo sociale.
Elizabeth Lynne (ALDE). – (EN) Signor Presidente, vorrei anch’io congratularmi con il relatore e ringraziarlo per la collaborazione. Il dibattito riguarda il futuro del diritto del lavoro e dobbiamo riconoscere la realtà attuale, e cioè che si è verificato un aumento dei contratti atipici e che dobbiamo concentrarci sulla sicurezza dell’occupazione piuttosto che sulla sicurezza del posto di lavoro.
Credo che non si debba auspicare una definizione di lavoratore a livello comunitario, ma che debba restare di competenza degli Stati membri. Per quanto riguarda le contrattazioni collettive, esse hanno ancora un ruolo molto significativo da svolgere, ma dobbiamo assicurare che le persone che non fanno parte di un sindacato abbiano modo di partecipare al processo, come pure le PMI.
In questo momento, l’elenco delle parti sociali della Commissione è breve, e a mio avviso non tiene davvero conto delle opinioni delle PMI, che sotto molti aspetti sono la fucina dell’economia europea. Invito tutti i presenti a votare a favore degli emendamenti presentati dal gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa.
Konrad Szymański (UEN). – (PL) Signor Presidente, sarò breve: mi congratulo con il relatore, ma non con la maggioranza della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, che ha presentato questi emendamenti alla relazione. Il mercato del lavoro sta cambiando: le nuove professioni, le nuove tecnologie e la crescita della quota dei servizi implicano la comparsa di nuove forme d’impiego.
L’ansia della sinistra circa un calo della retribuzione e della sicurezza dei posti di lavoro è in genere infondata. Il vero problema è la diffusione di soluzioni non flessibili che ostacolano la creazione di nuovi posti di lavoro e condannano una larga fascia della popolazione alla disoccupazione, nonché la trasposizione di tale esperienza negativa a paesi che presentano un mercato del lavoro molto competitivo.
La burocrazia che affrontano le aziende che delegano lavoratori all’interno del mercato europeo non è nient’altro che una moderna forma di protezionismo, rivolta principalmente ai nuovi Stati membri, come dimostrano gli esempi dati dai casi Vaxholm e Viking Line, che sono finiti dinanzi alla Corte di giustizia.
Per queste ragioni, se gli emendamenti proposti dai deputati del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei verranno adottati, da parte del relatore nonché di altri, la relazione non potrà contare sul mio sostegno.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, gli esempi quotidiani di sfruttamento dei lavoratori cui assistiamo in Portogallo e in altri paesi comunitari quali Paesi Bassi e Romania, in cui sono coinvolti cittadini portoghesi, dimostrano che l’intenzione, nell’invocare la modernizzazione del diritto del lavoro, è quella di facilitare i licenziamenti modificando i periodi di preavviso, i costi e le procedure applicabili ai licenziamenti individuali e collettivi, nonché la definizione stessa di licenziamento individuale ingiustificato, al fine di distruggere gli attuali rapporti contrattuali.
Si vogliono inoltre modificare gli orari e l’organizzazione del lavoro, con tutte le conseguenze che ciò comporta nell’attacco alla contrattazione collettiva stessa e all’organizzazione della forza lavoro. Porre i datori di lavoro e i lavoratori sullo stesso piatto della bilancia delle disposizioni contrattuali in quella che si suppone sia una moderna organizzazione del lavoro svaluta la necessità di proteggere la sicurezza dell’impiego e i diritti dell’anello più debole dei rapporti di lavoro: i lavoratori che hanno bisogno dell’impiego e del salario per sopravvivere.
Come si è dimostrato a Guimarães il 5 luglio, i lavoratori sono in lotta contro queste gravi proposte.
Ana Mato Adrover (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei congratularmi con l’onorevole Jacek Protasiewicz per gli sforzi che sta compiendo per raggiungere il consenso, che mi auguro vadano a buon fine domani.
Senza dubbio occorreva una riflessione comune sul significato delle norme che regolano il mercato del lavoro, e credo che il Libro verde abbia offerto una buona occasione al riguardo.
Nuove sfide e problemi sono emersi da quando si è svolto il Vertice di Lussemburgo, quali l’immigrazione e l’invecchiamento della popolazione, e nel 1997, come ricordiamo, l’obiettivo era semplicemente quello d’incentivare la creazione di posti di lavoro. Oggi, in un’era di maggiore dinamismo economico, invochiamo non solo la piena occupazione, ma anche un’occupazione di qualità.
Con questo intendo che perseguiamo migliori condizioni di lavoro, maggiore efficienza nella gestione delle imprese, conciliazione tra vita familiare e lavorativa, apprendimento permanente nonché stabilità. A questo proposito nutro la mia prima riserva circa la relazione.
La stabilità non può essere incompatibile con i contratti a tempo parziale. La relazione esclude tale tipologia di contratto invocando solo contratti a tempo pieno, dimenticando quanto quelli a tempo parziale, che possono avere durata indeterminata ed essere stabili, siano necessari alla conciliazione tra lavoro e vita familiare.
La relazione, inoltre, criminalizza e dimentica i contratti temporanei, che sono fondamentali e insostituibili in alcuni settori, quali il turismo, la ristorazione, l’edilizia e l’agricoltura, in cui sarebbe impensabile redigere contratti a tempo indeterminato, data la funzione che svolgono.
Un’altra riserva che vorrei mettere in luce è che sappiamo che i regimi lavorativi variano enormemente da un paese all’altro, come pure i rapporti industriali, ed è pertanto molto difficile produrre una legislazione comune a livello europeo.
Siamo più favorevoli alla sussidiarietà, nonché al metodo aperto di coordinamento e all’accordo tra gli agenti sociali. Naturalmente non vogliamo dare alla Commissione carta bianca affinché agisca in materia di diritto del lavoro senza tenere conto dei diversi paesi e delle diverse caratteristiche che ciascuno di essi presenta.
Françoise Castex (PSE). – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, a mio parere era tempo che l’Unione europea sollevasse questo dibattito, e possiamo essere lieti dell’iniziativa del Libro verde. Temo tuttavia che tale iniziativa non rappresenti necessariamente una buona notizia per i lavoratori europei. Il Libro verde va criticato tanto per il metodo adottato quanto per gli orientamenti proposti.
Innanzi tutto, per quanto riguarda il metodo, deploro che questa consultazione non sia conforme alla procedura prevista dall’articolo 138 del Trattato, che conferisce uno status particolare alle parti sociali in materia di politica sociale. Tale deroga alla procedura viene per di più denunciata dalla Confederazione europea dei sindacati.
In secondo luogo, il contenuto: un Libro verde dev’essere imparziale. Deve porre domande senza dare risposte a priori. La Commissione europea, tuttavia, pronuncia affermazioni di ordine chiaramente ideologico, come nel caso in cui rimprovera al modello tradizionale di rappresentare un ostacolo all’occupazione, o ancora nel caso in cui dichiara che la protezione dal licenziamento è un ostacolo al dinamismo delle imprese, ponendo l’insicurezza del lavoro tra i segni della modernità.
In Europa e nel diritto internazionale emanato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) esistono principi e diritti fondamentali che vanno rispettati. Si deve confermare che il contratto a tempo indeterminato rappresenta la norma. Il lavoratore dipendente dev’essere protetto dalla legislazione o dalla contrattazione collettiva o da entrambi. Per questo motivo, insisto, la contrattazione collettiva deve restare la principale fonte di elaborazione in materia di diritto del lavoro.
In conclusione, una parola sul concetto di flessicurezza, assurto a principio. Così com’è definito in questa sede, introduce un grave squilibrio nella distribuzione delle competenze tra Unione europea e Stati membri. L’Unione europea imporrebbe la flessibilità e affiderebbe unicamente agli Stati membri la responsabilità di garantire la sicurezza ai lavoratori. I nostri concittadini vogliono un’Europa che protegga i loro diritti e il loro modello sociale. Non diamo loro l’idea di un’Europa che distrugge il loro acquis sociale. Non dimentichiamo che c’è in gioco la loro adesione al progetto europeo.
Ona Juknevičienė (ALDE). – (LT) Sono presenti due importanti questioni nel documento predisposto dall’onorevole Protasiewicz: in primo luogo, i contratti di lavoro atipici; in secondo luogo, il concetto di lavoratore.
Quando si applicano contratti di lavoro non standard, si verificano casi di discriminazione dei lavoratori, cui non vengono fornite garanzie sociali adeguate. La flessibilità, tuttavia, aiuta le aziende ad adeguarsi ai mutamenti del mercato, e aiuta i lavoratori a trovare un equilibrio tra vita privata e professionale.
Molti lituani lavorano nel settore edile nel Regno Unito, dove si sono registrati come lavoratori autonomi. In realtà lavorano per le imprese di costruzioni, proprio come gli altri lavoratori. Non hanno però le stesse garanzie occupazionali, sociali e di altro genere. La definizione di “lavoratore” dovrebbe basarsi sulla sua situazione effettiva sul posto di lavoro e durante l’orario di lavoro. Il nostro obiettivo è un mercato del lavoro efficiente, in cui una persona possa trovare un’occupazione adeguata, e in cui le imprese possano trovare i lavoratori adeguati. Il documento oggi in discussione rappresenta un contributo per il conseguimento di tale obiettivo.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei ringraziare l’onorevole Protasiewicz per aver affrontato l’importante questione dell’adeguamento alle esigenze attuali della legislazione in materia di lavoro. Benché, come sappiamo, non vi sia alcun codice comunitario del lavoro, l’Unione europea deve tuttavia essere ispiratrice di cambiamenti positivi e competitivi e di una certa standardizzazione in materia di diritto del lavoro.
A questo proposito, vorrei introdurre un estratto dalla posizione del sindacato polacco Solidarność in merito al Libro verde, che afferma che alla base dell’attività lavorativa deve restare il contratto di lavoro a tempo indeterminato, che garantisce l’adeguata protezione della continuità dei rapporti di lavoro, ma che riconosce che la definizione di lavoratore dipendente riguarda tutti coloro che lavorano in condizioni di dipendenza da un contraente, tra cui alcune persone che prestano lavoro sulla base di contratti di diritto civile. A questo concetto deve abbinarsi una definizione chiara di lavoro autonomo.
Vorrei sollevare, almeno in sintesi, alcune questioni importanti: il lavoro a distanza, in particolare il lavoro per i giovani genitori e per i disabili, e la necessità di eliminare le differenze salariali tra uomini e donne che svolgono lavori di uguale valore. Oggi le parole chiave devono essere occupazione, flessibilità, sicurezza. Non sono tuttavia le parole, ma le persone ad avere importanza: da un lato, le persone che desiderano mantenere la famiglia svolgendo un lavoro dipendente, tra cui i disoccupati e, dall’altro, i datori di lavoro, sia privati che pubblici, e coloro che si sentono responsabili della risoluzione dei nostri crescenti problemi a livello mondiale.
Edit Bauer (PPE-DE). – (SK) Condivido l’opinione di coloro che non vorrebbero vivere in un ambiente in cui il diritto del lavoro rispecchiasse esclusivamente le esigenze della concorrenza.
Senza dubbio le nuove tendenze economiche rendono necessario un mercato del lavoro più flessibile, che si associa a un maggior numero di contratti di lavoro atipici e non standard. La domanda di fondo al riguardo è: chi deve assumersi i nuovi e maggiori rischi che un mercato del lavoro più flessibile comporta? Non è solo una questione di maggiore protezione per gli outsider, perché i singoli cittadini e le loro famiglie dovranno farsi carico dei rischi, e le perdite sociali si dimostreranno davvero enormi senza un nuovo orientamento basato sull’introduzione di un modello che sia vantaggioso per tutti. Basti pensare ai problemi associati alla crisi demografica. E’ arduo trovare una soluzione. Finora sembra vi siano più domande che risposte, sia a livello europeo che a livello di Stati membri.
Appare necessario un nuovo paradigma in materia di diritto del lavoro, ma non solo nel senso più ristretto del termine. In origine, il concetto di “flessicurezza” si basava sul principio che gli individui potessero e dovessero adeguarsi alle nuove condizioni di un mercato del lavoro flessibile, senza però assumersi i rischi derivanti dalla nuova situazione. Questi dovrebbero invece essere distribuiti tra individuo, datore di lavoro e società. Senza dubbio la ricerca delle risposte giuste richiede coraggio politico: il coraggio di cercare risposte che non solo vadano a vantaggio esclusivo della concorrenza, ma che rappresentino un nuovo equilibrio di valori.
Joel Hasse Ferreira (PSE). – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei congratularmi con l’onorevole Protasiewicz per essere riuscito, con il nostro aiuto, a trasformare la sua relazione iniziale in una relazione parlamentare. Spendo una parola anche per l’onorevole Christensen, che ha organizzato un contributo collettivo strutturato a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo. La relazione comprende aspetti centrali all’attuale dibattito europeo, come la questione della flessicurezza. Vorrei sottolineare che la flessicurezza si può ottenere soltanto mediante un diritto del lavoro efficace e moderno, in cui la contrattazione collettiva e l’esistenza delle parti sociali siano una parte importante dell’approccio a tale concetto.
E’ altresì importante l’invito rivolto agli Stati membri affinché sottopongano a revisione e adeguino i propri sistemi di sicurezza sociale al fine di integrare le politiche attive per il mercato del lavoro, ossia la formazione e l’apprendimento permanente. Mi ha fatto molto piacere presentare alcuni emendamenti sull’importanza delle PMI quali significativi motori per la creazione e la crescita dell’occupazione in Europa, nonché per lo sviluppo sociale e regionale. Il rafforzamento del ruolo delle PMI nel miglioramento della legislazione in materia di lavoro è importante.
E’ altresì importante migliorare il coordinamento tra la legislazione nazionale in materia di lavoro e le ispezioni sociali. E’ indispensabile per una lotta più efficace contro lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Dobbiamo inoltre riconoscere la necessità d’introdurre metodi e orari di lavoro abbastanza flessibili da rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle aziende o delle istituzioni in cui lavorano.
In tal senso, è importante anche affermare e sottolineare che tutti i lavoratori devono avere diritto al medesimo livello di protezione e che non bisogna escludere a priori dai livelli più elevati di protezione alcuni gruppi, quali i marittimi, gli equipaggi delle navi e i lavoratori offshore. In conclusione, tengo a porre l’accento sull’invito rivolto dal Parlamento europeo ai suoi Stati membri affinché eliminino le restrizioni in materia di accesso ai propri mercati del lavoro, migliorando così la mobilità dei lavoratori nell’UE e contribuendo a una più celere realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona.
La modernizzazione del diritto del lavoro è possibile e necessaria, ma deve rafforzare, e non mettere in discussione, l’equilibrio sociale in ciascuno Stato membro, nonché la coesione sociale in Europa.
Siiri Oviir (ALDE). – (ET) Considerando, innanzi tutto, l’invecchiamento della società europea e, in secondo luogo, uno degli obiettivi più importanti della strategia di Lisbona, ossia il conseguimento di un elevato livello di occupazione, sono convinta che il modello tradizionale dei rapporti di lavoro non sia necessariamente adatto ai lavoratori con contratti di lavoro standard a tempo indeterminato.
In una società turbolenta, i lavoratori devono essere in grado di adeguarsi ai cambiamenti e di cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione.
Pertanto ritengo che i modelli alternativi di rapporto contrattuale possano, insieme ad altri elementi, accrescere la capacità delle imprese di convogliare in una determinata direzione la creatività della forza lavoro, creando così ulteriori vantaggi competitivi.
Il modo migliore per ottenere i risultati summenzionati è l’impiego del metodo di coordinamento aperto, utile sistema di scambio delle informazioni sulle migliori pratiche per rispondere in modo flessibile e trasparente alle sfide comuni.
In conclusione, vorrei ringraziare il relatore per aver avuto il coraggio di analizzare in modo tanto approfondito questo argomento, e tutti voi per avermi prestato la vostra attenzione.
Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, i problemi demografici cui oggi numerosi paesi dell’Unione europea fanno fronte sono causati, tra l’altro, dalle condizioni d’instabilità dei giovani. Oggi, per trovare un lavoro ragionevolmente sicuro, un giovane deve dimostrare di avere esperienza e fornire le referenze richieste dai datori di lavoro. Per questo motivo, molti decidono di non costruirsi una famiglia prima di aver raggiunto la mezza età, il che ovviamente non favorisce la creazione di famiglie numerose; l’Europa deve pensare e agire con l’obiettivo di assicurare che la sua identità e le sue tradizioni cristiane sopravvivano e prevalgano negli anni a venire.
Vorrei congratularmi con il mio collega per aver presentato una relazione che enuncia i problemi fondamentali, dedicando nel contempo notevole attenzione alla stabilità dell’occupazione grazie ai contratti di lavoro a tempo indeterminato, che devono rappresentare la norma.
E’ altresì importante che l’Europa elimini le restrizioni in materia di accesso dei nuovi Stati membri ai propri mercati del lavoro, soprattutto perché tali restrizioni vengono imposte dagli Stati che parlano tanto d’integrazione, ma poi di fatto attuano un esteso interventismo nazionale.
Richard Falbr (PSE). – (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, non vedo alcun motivo di assumere un tono conciliatorio. La posta in gioco è troppo alta. Il Libro verde sulla modernizzazione del diritto del lavoro ha un unico merito: si può facilmente fare a pezzi, in quanto incredibile miscuglio di mezze verità e commenti ipocriti. Con il mio intervento vorrei porre alcune domande.
Perché non si è discusso del contenuto della relazione con le parti sociali? Forse non esistono a livello europeo? Il diritto del lavoro è nato e da 100 anni si sviluppa affinché i lavoratori che offrono i propri servizi ai datori di lavoro possano operare su un piano di parità. Perché il Libro verde si mette a suggerire che il bisogno di assicurare tale parità non esiste più? Perché il documento non dice che si sta già intervenendo molto al di fuori del campo di applicazione del diritto del lavoro? La Commissione vede il lavoro come un bene di consumo? Perché il Libro verde afferma con tanta veemenza che i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono superati e che il 76 per cento degli europei concorda con tale affermazione? Perché il Libro verde non propone anche di smantellare l’Organizzazione internazionale del lavoro in base a tutto ciò che ha adottato nell’arco di quasi 100 anni? Potrebbe il Commissario Špidla dirmi se sa che, ad eccezione di qualche Stato membro, gli orientamenti ipocriti per potenziare il ruolo delle parti sociali non possono essere rispettati? Sa che in parecchi Stati membri il concetto di dialogo sociale è una menzogna nonché uno strumento con cui i governi screditano i sindacati? Tutto questo si applica alla Repubblica ceca. Sa che per chi ha un lavoro precario iscriversi a un sindacato è praticamente impossibile? Sa che in numerosi paesi i controlli in materia di lavoro esistono solo sulla carta? Ancora una volta, tutto questo vale per la Repubblica ceca.
Merita una menzione particolare il neologismo “flessicurezza”, esempio di politichese europeo che si presume dia l’idea di non avere nulla a che spartire con “flessisfruttamento”. In questo modo, evidentemente, le differenze tra chi è dentro e chi è fuori dal mercato del lavoro diminuiranno, perché tutti saranno fuori.
Anneli Jäätteenmäki (ALDE). – (FI) Signor Presidente, la proposta della Commissione per il futuro del diritto del lavoro è un passo avanti importante, anche se dobbiamo ricordare che la modernizzazione del diritto del lavoro compete principalmente agli Stati membri.
Lamento il fatto che questa iniziativa della Commissione sia decisamente unilaterale, e deploro in particolare che il Libro verde ignori completamente le colossali differenze salariali tra uomini e donne che tuttora permangono negli Stati membri dell’Unione.
La Commissione non è interessata ai posti di lavoro in cui donne e uomini in paesi europei diversi potrebbero ricevere pari trattamento ora che siamo nel XXI secolo. Mi sarei altresì aspettata che la proposta studiasse le modalità con cui attuare le otto direttive sull’uguaglianza che l’Unione ha adottato e che garantirebbero la parità salariale tra uomini e donne.
In conclusione, vorrei dichiarare che è disdicevole non potersi aspettare un granché dall’Unione europea in materia di promozione della parità tra donne e uomini.
Wiesław Stefan Kuc (UEN). – (PL) Signor Presidente, il diritto del lavoro è uno dei dossier più difficili, per quanto riguarda sia gli aspetti giuridici sia il contenuto. Comprende non solo elementi economici e giuridici, ma anche etici. Conciliare tali aspetti è un compito arduo e talvolta impossibile, che tuttavia tenteremo il più possibile di svolgere.
Come dev’essere il diritto del lavoro nel XXI secolo? Deve soddisfare le seguenti condizioni: in primo luogo, dev’essere flessibile e in grado di adeguarsi a situazioni in rapido mutamento. In secondo luogo, deve tutelare i lavoratori e promuoverne l’avanzamento sociale. In terzo luogo, deve proteggere gli interessi dei datori di lavoro e permettere alle imprese di svilupparsi operando con la massima efficienza possibile. Quarto, deve permettere l’ottimizzazione delle risorse umane. Quinto, deve consentire il dialogo tra lavoratori e datori di lavoro. E, cosa più importante, il diritto di lavorare dev’essere lo stesso in tutta l’Unione europea, e deve potersi applicare in tutti gli Stati membri.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, attraverso la legislazione europea e quella degli Stati membri e attraverso il dialogo tra le parti sociali si sta compiendo uno sforzo di modernizzazione del quadro giuridico che continuerà a garantire ai datori di lavoro e ai lavoratori ogni forma di sicurezza giuridica e di protezione sociale.
La questione è se la protezione e l’integrazione sociale sono conseguenza o condizione preliminare del conseguimento degli obiettivi di crescita economica, piena occupazione e giustizia sociale.
Accolgo il ruolo alternativo dei due obiettivi nel senso dell’interrogativo “viene prima l’uovo o la gallina?”
Promuovere la crescita economica e proteggere la sicurezza dei lavoratori devono essere obiettivi consensuali comuni dal momento della pianificazione a quello dell’attuazione, e occorre prestare attenzione alla necessità di un mercato flessibile e al rafforzamento della sicurezza, il che rappresenta una sfida duplice. In questo modo acquisteremo velocità, in accordo con la sua proposta, signor Commissario, e svolgeremo un ruolo di primo piano in un ambiente aperto, internazionale e competitivo, senza tradire i nostri valori o gli attuali standard sociali.
Le nuove forme di occupazione facoltativa e di accettazione volontaria facilitano l’ingresso e la permanenza nel mercato del lavoro di gruppi con caratteristiche particolari, quali i giovani, i lavoratori anziani e le donne. Lo scambio delle migliori pratiche sugli accordi innovativi garantisce l’equilibrio tra vita professionale e familiare, sostenendo in particolare le donne e il loro triplice compito.
I lavoratori hanno necessità diverse a seconda della fase della vita in cui si trovano e delle prospettive di carriera. Ciascuno Stato membro, inoltre, ha le proprie peculiarità e condizioni economiche diverse, e provvede alla legislazione nazionale. La legislazione europea è un supplemento e un complemento per i rapporti transfrontalieri e per il conseguimento di un mercato unico libero.
Non dobbiamo dimenticare le possibilità dell’apprendimento permanente nella lotta alla disoccupazione e dobbiamo ricordare che, confidando nelle relazioni tra lo Stato e le parti sociali, rispettando la dignità delle persone, perseguendo la giustizia sociale ed evitando i conflitti, incrementeremo la competitività e la prosperità europee.
Maria Matsouka (PSE). – (EL) Signor Presidente, il dibattito sulla modernizzazione del diritto del lavoro, laddove è stato un effettivo dibattito e non un pretesto, ha rappresentato un’importante occasione per illustrare le radicali differenze tra la destra e la sinistra.
La destra interpreta gli elevati tassi di disoccupazione e povertà come una conseguenza della mancanza di flessibilità nel diritto del lavoro. Considera il mercato nero pressoché inevitabile e, per legalizzare il tutto, parla di flessibilità e sicurezza. E cos’è meglio del modello danese? Tale modello, tuttavia, si può applicare solo se esiste una totale armonizzazione economica, finanziaria e fiscale tra gli Stati membri.
La relazione su cui dobbiamo votare migliora il progetto iniziale in merito a numerose questioni, grazie alla controproposta complessiva dei socialisti, che si concentra sulla protezione dei lavoratori, che non è né la causa della disoccupazione né un atto di carità. E’ semplicemente uno dei pilastri più importanti della crescita economica e della giustizia sociale.
Non rinneghiamo la verità! Di fonte all’aumento, senza precedenti nella storia, della ricchezza prodotta e della pericolosa iniquità della sua distribuzione a vantaggio dei datori di lavoro, dobbiamo approfondire il concetto di diritto del lavoro.
Janusz Wojciechowski (UEN). – (PL). Signor Presidente, fortunatamente il Parlamento europeo ha assunto un approccio organico rispetto alla questione del diritto del lavoro, e per questo esprimo la mia gratitudine al relatore, onorevole Protasiewicz, che ha elaborato una relazione di qualità elevata.
Vorrei cogliere l’occasione per parlare della tragica situazione in cui versano i lavoratori stranieri in numerosi paesi comunitari. In alcuni paesi in particolare, sono stati scoperti ulteriori campi in cui si lavora in condizioni di schiavitù o quasi. Persone che cercano lavoro all’estero per guadagnarsi da vivere finiscono nelle mani di criminali senza scrupoli che le sfruttano, le umiliano e talvolta le uccidono. Tale situazione è una vergogna per l’Unione europea del XXI secolo.
L’Unione europea deve rivolgere un appello a tutti gli Stati membri e alle autorità preposte ai controlli in materia di lavoro e al rispetto della legge affinché prestino particolare attenzione alla condizione dei lavoratori stranieri e ne contrastino efficacemente lo sfruttamento da parte della criminalità.
Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE). – (NL) Come potete vedere, possiamo ancora fidarci del contatto visivo, il che è notevole. Signor Presidente, è positivo che oggi si discuta del diritto del lavoro, proprio perché molte cose stanno cambiando all’interno del mercato del lavoro, in Europa e in tutti gli Stati membri.
In effetti, osserviamo che esiste un enorme bisogno di flessibilità per meglio prevenire le esigenze del mercato, ma anche da parte degli stessi lavoratori, che spesso desiderano conciliare il lavoro con la vita privata, la famiglia allargata e gli impegni di assistenza. Tale flessibilità è necessaria, soprattutto in una società in cui la percentuale di anziani è in aumento, mentre quella di giovani è in calo, e in cui la popolazione che invecchia probabilmente non vuole più lavorare tutte le 40 o 36 ore richieste dal mercato del lavoro, ma desidera comunque restare attiva con un’occupazione meno impegnativa.
Se tuttavia – ed ecco perché è tanto utile il dibattito – desideriamo questa flessibilità e ne riconosciamo i benefici, questo comporta anche che fin dal principio – e deploro che l’onorevole Matsouka abbia lasciato l’Aula, perché ha parlato di un dibattito tra destra e sinistra, ma si rifiuta di ascoltare – dobbiamo offrire, accanto a questa flessibilità, certezze a coloro che vogliono svolgere lavori più limitati e flessibili, consentendo così al mercato del lavoro di funzionare con maggiore efficacia.
E’ un limite – cui forse potremo porre rimedio con gli emendamenti che verranno adottati tra pochissimo – che il grande vantaggio della flessibilità non venga più riconosciuto. Si tratta di un fatto che deploro. Credo inoltre che non si possa rimettere tutto unicamente al mercato, perché questo si regola da solo. Dobbiamo ancora una volta tentare di realizzare la flessibilità, unita ad adeguate certezze.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Signor Presidente, nel Regno Unito vi è più di un milione di persone che lavorano presso agenzie di lavoro temporaneo, e più di 6 milioni in tutta Europa, secondo la Dublin Foundation. Si tratta della forma di lavoro atipico che è cresciuta maggiormente nell’Unione europea negli ultimi 20 anni, e tuttavia a questo gruppo di lavoratori si nega la protezione in materia di lavoro ai sensi del diritto comunitario.
Nella mia circoscrizione elettorale, nell’Inghilterra orientale, ben 80 000 lavoratori migranti sono giunti dai cosiddetti 8 paesi di nuova adesione, il numero più elevato di tutto il Regno Unito. Molti arrivano grazie ad agenzie per l’impiego e troppi, benché non tutti, sono vittime di pratiche illecite. Si pensi ai lavoratori interinali individuati dalla Communication Workers Union, sotto contratto con la British Telecom di Norwich, Ipswich e Brentwood, che si sono persi due aumenti di stipendio successivi, hanno 16 – e non 25 – giorni di ferie, e sono pagati il 50 per cento in meno per gli straordinari rispetto ai colleghi a tempo indeterminato. O ai lavoratori di Bernard Matthews nel Norfolk e nel Suffolk, per il 60 per cento lavoratori interinali assunti in Portogallo, che prendevano solo 19 sterline al giorno per 6 giorni quando sono stati lasciati a casa in conseguenza dello scoppio dell’influenza aviaria.
Alla Commissione dico: voi offrite “flessicurezza”. Vediamo, e di fatto accogliamo con favore, parte della flessibilità, ma dov’è la sicurezza se non vale anche per i lavoratori temporanei? Alla Presidenza portoghese entrante ricordo che dev’esserci un compromesso ragionevole nel periodo di abilitazione, ma si tratta di una direttiva in merito alla quale non si è mai votato dall’allargamento dell’Unione europea a questa parte. Mettetela ai voti, guardate dov’è la maggioranza. Il governo britannico ha detto che sosterrà la direttiva. L’intera Europa dovrebbe fare altrettanto.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) La crescita dell’occupazione si deve principalmente alle PMI e agli imprenditori individuali. Questi datori di lavoro occupano un posto di rilievo nella creazione di nuove opportunità di lavoro e nell’incremento dell’occupazione in Europa.
Per questo motivo, e dato l’ampio spettro di tradizioni lavorative, contratti di lavoro e tipologie d’impresa sul mercato del lavoro degli Stati membri dell’Unione, il compito prioritario dell’UE dev’essere l’elaborazione di una legislazione europea che rafforzi la posizione delle PMI, creando nel contempo nuova occupazione grazie alle modifiche al diritto del lavoro.
L’esperienza mostra che, per esempio, la direttiva europea sugli straordinari, che ha incontrato l’opposizione di molti Stati membri dell’Unione, non va incorporata nel diritto del lavoro e va sottoposta a revisione. Il motivo è che le restrizioni agli straordinari rappresentano una minaccia per molti settori dell’economia, che si tratti dei lavoratori del settore sanitario, dell’industria mineraria, dei servizi sociali o dei vigili del fuoco.
Questo mese, nel mio paese (la Slovacchia), il parlamento nazionale ha approvato una nuova legge in materia di lavoro, che ha sollevato reazioni negative soprattutto da parte delle PMI. Il governo intendeva rafforzare la posizione dei sindacati ed estenderne i poteri. Il fatto è che, grazie alle pressioni dell’opposizione e dei gruppi datoriali, la proposta iniziale del governo è stata modificata in modo significativo, trovando un equilibrio di sorta tra le competenze dei sindacati e quelle dei datori di lavoro nella legge definitiva. Un emendamento di SDKÚ-DS, inoltre, è riuscito a modificare la definizione di “lavoratore dipendente” in modo tale da non costituire una minaccia per gli imprenditori individuali. Grazie agli oltre 600 commenti espressi nel corso dei preparativi e alle altre decine formulate in seno al parlamento, è stato possibile modificare la proposta iniziale di Smer SD, evitando così di riportare il diritto del lavoro slovacco nel secolo precedente.
L’elevato tasso di disoccupazione in Europa, soprattutto nei nuovi Stati membri, è un fallimento che impone che si prendano provvedimenti, e pertanto accolgo con favore l’orientamento del relatore, onorevole Protasiewicz, la cui relazione propone soluzioni per realizzare un progetto del XXI secolo. Mi preoccupa però la sua formulazione in seguito al voto della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, che non posso sostenere a meno che non vengano accolti gli emendamenti presentati dal relatore a nome del nostro partito politico, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei. Alcune parti del progetto di relazione presentano una visione obsoleta e squilibrata degli attuali problemi dei mercati del lavoro europei, ed è per questo che la relazione tenta di proteggere solo i lavoratori. Una simile interpretazione della politica in materia di lavoro potrebbe portare a una situazione in cui non vi sarà più nulla da cui proteggerli, perché saranno disoccupati.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, credo che la relazione Protasiewicz non vada considerata distinta dall’interrogazione orale e dalla proposta di risoluzione. Vorrei ringraziare entrambi i relatori per il lavoro svolto.
Purtroppo il distacco dei lavoratori nel settore dei servizi non ha ancora una normativa unica a livello europeo, il che dimostra altresì che il coordinamento della comunicazione e del flusso d’informazioni tra gli Stati membri e le autorità competenti lascia molto a desiderare. Anche i controlli al riguardo restano tuttora inadeguati. E’ assolutamente necessario un rapporto equilibrato tra libertà di circolazione e prestazione di servizi da un lato, e protezione dei lavoratori dall’altro. A mio avviso, un regolamento in quest’ambito sarà lo strumento più semplice ed efficace per evitare il dumping sociale.
La cooperazione tra Stati membri e lo scambio d’informazioni devono essere promossi e intensificati, e vanno introdotte misure di controllo adeguate. A tale proposito, sarebbero utili ulteriori dettagli negli orientamenti della Commissione. Al fine di garantire la protezione e i diritti dei lavoratori, propongo che i paesi ospiti conducano le verifiche e i controlli del caso.
La Commissione deve pertanto sostenere attivamente la cooperazione tra le autorità preposte alla supervisione negli Stati membri realizzando una piattaforma permanente per la collaborazione transfrontaliera. Per quanto concerne le imprese e i lavoratori, invoco altresì una maggiore partecipazione delle parti sociali al riguardo. Solo l’equilibrio porterà maggiore occupazione, e quindi maggiore benessere e sicurezza per tutti in Europa.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). – Consider că acest raport este unul echilibrat şi care reflectă diversitatea relaţiilor de muncă de pe teritoriul Uniunii Europene, dar şi a poziţiilor politice faţă de un subiect care dă naştere unor discuţii aprinse.
Atingerea unui echilibru în relaţia dintre angajat şi angajator, în care ambele părţi au de câştigat, trebuie să fie o prioritate a Uniunii Europene. În acest cadru, al flexibilităţii şi al securităţii, angajatorul câştigă mai multă forţă de muncă, iar angajatul mai multă protecţie pentru tipul de contract flexibil.
Pentru România, unde avem un rezervor important de forţă de muncă în zona rurală, contractele de muncă flexibile sunt o soluţie pentru a intra pe piaţa muncii fără a pierde din drepturile sociale de care beneficiază angajaţii cu contract clasic. Aceasta ar asigura o integrare mai rapidă pe piaţa muncii a lucrătorilor din zona rurală, care vor putea să participe la creşterea economiei din anii următori şi să beneficieze de ea.
Apreciez atenţia pe care raportul o acordă sprijinirii familiei. Multe dintre aceste contracte flexibile sunt alese de femei care trebuie să facă faţă unei presiuni din ce în ce mai mari de a concilia viaţa profesională cu cea familială.
În sprijinul tinerilor aş fi dorit ca raportul să încurajeze mai mult utilizarea tehnologiei informaţiei şi a comunicării ca instrumente principale în modul de lucru. Munca la distanţă în condiţii de maximă mobilitate este o tendinţă deja prezentă pe care trebuie să o folosim în beneficiul celor mai bine pregătiţi pentru ea.
Pentru reducerea muncii la negru trebuie să încurajăm angajatorii să declare relaţiile de muncă fără să fie dezavantajaţi economic. O parte din acest fenomen este cauzată de restricţiile pe care unele state membre încă le menţin pentru lucrătorii din ţările care au aderat recent la Uniunea Europeană. Este o discriminare inutilă care creează atât probleme de administrare pentru statele respective cât şi riscuri pentru lucrători. De aceea consider ca eliminarea perioadelor de tranziţie impuse de aceste state membre va avea ca efect direct reducerea muncii la negru.<
Tadeusz Zwiefka (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, modificare il diritto del lavoro nell’Unione europea non è solo importante per la sicurezza e per la protezione del lavoro, ma presenta anche un impatto notevole sul livello di occupazione. Abbiamo preso parte a discussioni interminabili chiedendoci se sia necessario, data la concorrenza globale, modificare l’attuale modello di diritto del lavoro. A mio avviso è assolutamente indispensabile.
Da vent’anni a questa parte osserviamo una graduale e sempre più rapida regressione delle forme standard di diritto del lavoro e del modello generale di occupazione. Tale fenomeno è una risposta alle sfide della globalizzazione, che comunque è un processo indipendente e, che ci piaccia o meno, dipende da noi se le nostre società sfruttano o meno le opportunità che essa offre.
Contrastare gli effetti negativi della globalizzazione richiede un diritto del lavoro molto più flessibile, pur mantenendo gli attuali livelli di sicurezza. Dobbiamo ricordare che attualmente il grado di sicurezza del lavoro nell’Unione europea è il più elevato al mondo. Non è necessario aumentare ulteriormente la sicurezza, ma occorrono più flessibilità, mobilità e liberalizzazione del mercato del lavoro in tutti gli Stati membri.
Nonostante tutti i regolamenti, la flessibilità si sta insinuando nella nostra vita. Attualmente le forme atipiche di lavoro rappresentano il 40 per cento del totale, e ad esse si deve il 60 per cento dei nuovi posti di lavoro. Alla fine, e questo è finora il segno più promettente, due terzi delle forme atipiche di lavoro si convertono nella forma tradizionale, cioè in contratti a tempo indeterminato.
Le strutture tradizionali del diritto del lavoro non riescono a far fronte alla realtà odierna. Nelle moderne economie basate sui servizi, o in quelle basate sulle PMI, un orientamento più flessibile e atipico potrebbe essere la chiave risolutiva.
Senza dubbio la flessibilità non basta se non vi è mobilità dei lavoratori. Per questo motivo, invoco la totale apertura del mercato del lavoro comunitario ai lavoratori provenienti da tutti gli Stati membri. Ormai sappiamo che dalla liberalizzazione dei mercati del lavoro traggono vantaggio non solo i lavoratori migranti, ma anche i paesi che hanno deciso di aprire il proprio mercato del lavoro.
Nessuna economia può svilupparsi ed essere competitiva senza imprese che funzionino correttamente, in grado di competere sul mercato mondiale e dirette con abilità da manager e titolari in gamba. Nemmeno l’azienda meglio gestita, tuttavia, può funzionare senza una valida forza lavoro. L’una ha bisogno dell’altra per sopravvivere.
Iles Braghetto (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’esigenza di modernizzare il diritto del lavoro di fronte alle innovazioni del XXI secolo, pone sfide reali e impegnative all’attuale mercato del lavoro, in particolare a tutti coloro in cerca di nuova occupazione, di un lavoro di qualità, di un lavoro che si armonizzi con altre dimensioni della vita personale.
Coniugare la flessibilità del lavoro – caratteristica di un mercato competitivo e globale – con la sicurezza del posto – diritto/dovere per ogni cittadino europeo – richiede, come previsto dalla strategia di Lisbona, di rendere spendibili capacità ed abilità professionali. Per questo occorre fornire gli strumenti necessari per rendersi appetibili agli occhi delle imprese, adeguando alle nuove tecnologie la preparazione tecnica e specialistica.
Esiste nella società europea un’emergenza educativa e formativa che impedisce o rallenta la maturazione di competenze e conoscenze. Per l’Unione europea l’investimento nel capitale umano e nella formazione dei giovani è il modo migliore nonché il più moderno per affermare il diritto al lavoro. Nel Libro verde si lancia, tra le altre, questa sfida.
Ringrazio il relatore per il lavoro che ha svolto di armonizzazione di diversi punti di vista che si sono realizzati nel dibattito.
Philip Bushill-Matthews (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare la Commissione per il suo Libro verde molto scrupoloso. Il lavoro della Commissione ha dato origine alla relazione e ha sollevato il presente dibattito. Credo che il fatto che il Libro sia stato scritto in questo modo – e il fatto che in effetti la Commissione abbia condotto consultazioni ampie e consistenti – abbia senza dubbio aggiunto ulteriore valore alle nostre discussioni. Vorrei ben sperare che, alla fine della votazione di domani, dopo che si sarà votato su tutti gli emendamenti, il Commissario consideri opportuno ringraziare a sua volta il Parlamento per la reazione positiva al suo lavoro, ma staremo a vedere come andranno le cose.
Si è già fatta menzione del relatore e del lavoro eccellente che ha svolto, e vorrei unirmi a tali considerazioni. Diversi colleghi hanno espresso molti commenti in merito al termine “flessibilità”. Ritengo che il relatore abbia dato prova di grande flessibilità riconoscendo la fondatezza dei timori espressi dai deputati di altri gruppi politici, ma credo anche che abbiano dimostrato flessibilità i relatori ombra, che hanno accolto la posizione del relatore. Vorrei ringraziarli tutti per il loro lavoro. Prima, nel corso del dibattito, l’onorevole Szymański ha detto di non poter estendere le sue congratulazioni al lavoro della commissione. Nutro qualche simpatia per tali commenti. Vorrei dirgli che, considerati i limiti di tempo, il lavoro prodotto dalla commissione era fondamentalmente una relazione provvisoria. Sono del tutto fiducioso che la relazione che domani uscirà da quest’Aula dopo gli emendamenti si porrà su un piano sostanzialmente diverso e che una questione potenzialmente controversa finirà per trasmettere un messaggio decisamente univoco.
Infine, vorrei chiedere alla Commissione, nella sua analisi delle nostre discussioni, di esaminare ciò che viene eliminato dalla relazione tra la fase della commissione e quella attuale. Credo che questo rechi con sé un messaggio importante. Vorrei inoltre che la Commissione prendesse in considerazione ciò che resta invariato. In particolare, vorrei richiamare l’attenzione sul paragrafo 10, che riguarda la questione dell’orario di lavoro e l’esigenza di maggiore flessibilità per i lavoratori, come per i datori di lavoro. Dire che abbiamo bisogno di maggiore flessibilità è facile. Invitiamo la Commissione a dimostrare quella stessa flessibilità nell’approccio a tale argomento tanto complesso e delicato.
In conclusione, vorrei solo citare i nostri assistenti, intendendo non solo gli assistenti dei deputati al Parlamento europeo, ma anche quelli dei gruppi parlamentari, che spesso sono eroi ed eroine dimenticati. Credo che abbiano svolto un lavoro ragguardevole, soprattutto per via del tempo notevolmente ridotto a disposizione. Perciò, spero a nome di tutti voi, vorrei ringraziarli e congratularmi con loro per tutto quello che hanno fatto.
Vladimír Špidla, Membro della Commissione. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, non sorprende che il dibattito sul diritto del lavoro sia stato profondo e di vasta portata, e spesso piuttosto animato. E’ naturale, perché la questione del diritto del lavoro è tra le più delicate e si colloca proprio al centro del modello sociale europeo. Sono molto lieto che il Libro verde abbia costituito la base di questa discussione straordinariamente approfondita. Sono state espresse più di 450 opinioni diverse, un numero ben più elevato del normale per una consultazione pubblica su un Libro verde. E’ altresì chiaro che il Libro verde non pretende di risolvere il problema del diritto del lavoro, bensì solleva alcune questioni. La Commissione esaminerà tali questioni e successivamente darà le sue risposte.
Penso che il dibattito in quest’Aula dimostri che vi sono buone prospettive di consenso su alcuni elementi fondamentali. Vorrei citarne alcuni che ritengo particolarmente importanti. Il primo è la necessità di un dialogo significativo. Benché in alcuni Stati membri il livello di dialogo sociale sia molto basso, credo si tratti di una componente fondamentale. E’ soprattutto per questo motivo che offriamo sostegno diretto al dialogo sociale nel quadro del Fondo sociale europeo, soprattutto con la creazione di capacità amministrative per le parti sociali.
La seconda questione da sottolineare è che il diritto del lavoro non agisce in un vuoto e che qualsiasi discussione al riguardo sarà sempre delicata e avrà sempre conseguenze per le parti sociali. Penso inoltre che il futuro sviluppo del diritto del lavoro imponga di evitare eventuali misure che conducano alla disgregazione del mercato del lavoro, all’aumento dell’insicurezza lavorativa o a qualunque limitazione dei diritti fondamentali dei lavoratori.
Evidentemente occorre risolvere la situazione dei lavoratori che formalmente sono autonomi, ma economicamente dipendono da un unico utente o datore di lavoro, che rappresenta la loro fonte di reddito. Occorre adoperarsi per far rispettare il diritto del lavoro, al fine di proteggere e sostenere i posti di lavoro di qualità e di combattere il lavoro nero.
Onorevoli deputati, sono emerse questioni che esulano dal tema centrale del dibattito, e a cui probabilmente non si darà risposta nemmeno con la votazione, alle quali vorrei quindi accennare brevemente. Vorrei porre l’accento sul fatto che la protezione sociale è una condizione necessaria alla piena occupazione, e non una sua conseguenza. I mercati del lavoro con protezione del lavoro molto scarsa – come quelli dei paesi in via di sviluppo, ad esempio – non creano posti di lavoro con sufficiente efficacia. Vorrei altresì sottolineare che esiste già una direttiva sul distacco dei lavoratori, e a tempo debito discuteremo alcune delle sue interpretazioni. Dunque esiste già un certo standard, anche se si può facilmente immaginare una diversa via di sviluppo.
Si è sollevata anche la questione delle agenzie per l’impiego. Vorrei sottolineare che la Presidenza portoghese ha inserito in qualche modo tale questione nel suo programma e che con la Presidenza tenteremo di compiere progressi, di cui vi è molto bisogno. La descrizione dello sviluppo di mercato delle agenzie per l’impiego delineata dall’onorevole deputato è, a mio avviso, molto precisa. La dinamica di questo mercato è chiara, e analoga a quella di alcuni fenomeni che si possono senza dubbio considerare indicatori di possibile dumping sociale.
Onorevoli deputati, il mercato del lavoro sta cambiando in modo notevole ed è estremamente importante trovare risposte generali, a livello comunitario e ancor più a livello degli Stati membri, che sono nella posizione di far rispettare il diritto del lavoro, e che sono in grado, da un lato, di sostenere la nostra capacità produttiva complessiva, la nostra efficienza, competitività e forza in quanto società e, dall’altro, di garantire ai lavoratori un’adeguata sicurezza nel XXI secolo. Non è compito facile, ma il dibattito mi ha convinto che la relazione ha una possibilità di essere adottata, e pertanto attendo con interesse l’esito finale.
PRESIDENZA DELL’ON. ROTHE Vicepresidente
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà domani, 11 luglio 2007.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Bogdan Golik (PSE), per iscritto. – (PL) Signor Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Protasiewicz per la sua relazione sistematica e impegnativa. E’ molto importante che si sia avviato un dibattito pubblico sull’indirizzo che deve prendere la modernizzazione del diritto del lavoro per rispondere alle sfide della globalizzazione, della persistente disoccupazione strutturale e delle tendenze demografiche che mettono in difficoltà l’Unione europea.
Il mondo che ci circonda e la relazione dimostrano che quel che occorre oggi è un’Unione con una politica comune per la lotta alla disoccupazione modellata sulla politica energetica comune. Tale politica comune è tanto più necessaria perché è un problema che nemmeno gli Stati europei più ricchi, quali la Germania e la Francia, dove la disoccupazione potrebbe presto raggiungere il 10 per cento, riescono a risolvere.
Ho i miei dubbi circa la proposta di adottare regolamenti comuni a livello comunitario per gettare le fondamenta di un sistema di norme sociali minime proposte nel considerando S. A mio parere, la disparità tra Stati membri è attualmente tanto grande da rendere la proposta semplicemente impraticabile. Le quote minime andrebbero regolate in modo indipendente dagli Stati membri, a seconda del livello di sviluppo economico, della situazione del mercato del lavoro e delle tradizioni.
Gran parte dei dati indica che l’occupazione è cresciuta grazie ai contratti “atipici”. Il problema è pertanto non su quale base una persona abbia un impiego, ma se lavora o meno. Questa dev’essere la priorità degli Stati membri e dell’intera Unione europea nei prossimi anni, con un’attenzione particolare per i giovani che entrano nel mercato del lavoro, le donne e gli anziani.
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Le mie più sentite congratulazioni al relatore per il suo lavoro, in cui offre un’analisi realistica dei cambiamenti che occorre apportare al diritto del lavoro per renderlo all’altezza delle sfide del XXI secolo.
A mio avviso, in taluni paesi il diritto del lavoro è ancora anacronistico, e irrilevante rispetto alle sfide poste dalla globalizzazione.
Il mondo moderno necessita di un diritto del lavoro chiaro e flessibile. I lavoratori devono essere in grado di beneficiare dell’istruzione permanente e di una formazione che li renda adeguati alle esigenze del mercato del lavoro.
Il principale problema del mercato del lavoro è la burocrazia imposta alle imprese, che ne frena lo sviluppo. Eliminare gli ostacoli nel settore delle PMI equivale ad aumentarne la competitività, e di conseguenza ad aumentare i posti di lavoro.
La modernizzazione del diritto del lavoro deve fondarsi sul sostegno attivo al mercato del lavoro. Deve basarsi sulla promozione dell’intraprendere un lavoro e del cambiare lavoro, nonché sulla formazione permanente per il mercato del lavoro. Questo non va però confuso con una politica dell’occupazione troppo protettiva, che implica la conservazione artificiale di posti di lavoro di cui il mercato non ha bisogno, e che indebolisce la posizione sul mercato delle imprese interessate.
Una delle principali conseguenze della conservazione artificiale degli impieghi è il mantenimento di costi più elevati per il personale, o il contenimento degli avanzamenti dei lavoratori per via della mancanza di riqualificazione e di opportunità formative, mentre d’altro canto mantenere posti fittizi porta in genere all’indebolimento di un’impresa e alla sua scomparsa dal mercato
Perciò è importante promuovere attivamente i posti di lavoro piuttosto che proteggerli a ogni costo.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La globalizzazione, l’invecchiamento della popolazione, l’accelerazione degli scambi commerciali: sfide cui si dovrà far fronte domani ancor più di oggi.
Nessuno Stato membro può pretendere di gestire da solo tali problemi, e di fatto è attraverso l’azione coordinata con l’Unione europea che si otterranno buoni risultati in materia di politica occupazionale e sociale. Mi compiaccio inoltre della relazione d’iniziativa sulla modernizzazione del diritto del lavoro, necessaria per rispondere alle sfide del XXI secolo. Il suo obiettivo è più che lodevole: è essenziale.
Il lavoro va rivalutato, il suo quadro legislativo adeguato ai tempi, e sarà necessario permettere di lavorare a chi lo desidera, sviluppando una formazione allettante, e a chi è in grado di lavorare di più permettere di farlo, offrendo maggiore flessibilità in seno ai negoziati tra lavoratori e datori di lavoro.
La flessibilità non equivale alla fine delle norme di protezione, bensì vuol dire che tali norme verranno definite da liberi negoziati adatti alle esigenze di ognuno, esigenze che verranno stabilite nell’ambito di un dialogo sociale, che viene incoraggiato.
La Francia ha già avviato tale dialogo con le parti sociali, e pertanto accolgo con soddisfazione la relazione, in accordo con le ambizioni e le azioni intraprese in Francia.
Csaba Őry (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Considero l’iniziativa della Commissione europea un passo positivo e decisamente audace, con cui ha aperto il dibattito sulla modernizzazione del diritto del lavoro. Sono a favore di un approccio graduale e di emendamenti tecnici equilibrati. Non trovo giusto che alcuni cantino le lodi delle forme atipiche d’impiego e suggeriscano ai legislatori nazionali e comunitari di riconoscere a livello politico la priorità di tali forme atipiche rispetto ai contratti standard di lavoro a tempo indeterminato. Non posso accettare che a un contratto atipico in sé si attribuisca un valore maggiore per il semplice fatto che è atipico.
D’altra parte, non mi parrebbe giusto nemmeno se dovessimo tentare di sfruttare gli strumenti legislativi, amministrativi o esecutivi per costringere gli imprenditori a fare un più ampio uso dei contratti di lavoro standard. Dobbiamo riconoscere che, in un contesto di globalizzazione, le nostre economie sono costrette a far fronte a vincoli economici esterni, ai quali devono reagire per poter continuare a funzionare.
Il nostro approccio a tale complessa questione sarà equilibrato se riconosceremo che sia le forme di lavoro standard che quelle atipiche sono giustificate. Si deve mettere a disposizione degli imprenditori un ampio spettro di possibili forme contrattuali e, di fronte alle sfide del XXI secolo, dobbiamo altresì dare risposte nuove a innumerevoli problemi vecchi. Per quanto concerne l’ulteriore sviluppo del diritto del lavoro, sia l’Unione europea che i legislatori nazionali hanno compiti molto importanti da svolgere.