Presidente. – L’ordine del giorno reca la relazione (A6-0241/2007), presentata dall’onorevole Geringer de Oedenberg a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sul ruolo e l’efficacia della politica di coesione nel ridurre le disparità nelle regioni più povere dell’Unione europea [2006/2176(INI)].
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), relatore. – (PL) Signora Presidente, mi congratulo vivamente con lei per il prestigioso incarico che ha assunto.
L’Unione europea è formata non solo da 27 paesi ma anche da 268 regioni con livelli di sviluppo estremamente diversi tra loro. A seguito dell’ultimo allargamento, che ha portato l’Unione a 27 Stati membri, la popolazione della Comunità è salita a quasi 493 milioni di abitanti. Di questi, all’incirca il 30 per cento vive in 100 delle regioni più povere, ovvero quelle interessate dagli obiettivi di convergenza.
Ciascun allargamento ha avuto come conseguenza maggiori disparità tra le regioni più povere e quelle più ricche della Comunità. Ora, in un’Unione a 27, le differenze in termini di prodotto interno lordo tra le varie regioni sono molto più marcate che nella vecchia Unione a 15, con valori del 24 per cento nella Romania nordorientale e del 303 per cento nel centro di Londra.
Il sottosviluppo economico di determinate regioni ha origini di vario tipo. Nella maggior parte dei casi, le regioni più povere sono prive delle infrastrutture di base necessarie per uno sviluppo sostenibile a lungo termine, di investimenti aggiuntivi e delle necessarie risorse umane. Come dimostrano i dati statistici, l’attuale politica di coesione dell’Unione europea ha effettivamente contribuito allo sviluppo di molte regioni dei paesi che beneficiano di tale politica da lungo tempo, come l’Irlanda, la Grecia, il Portogallo e la Spagna.
In conformità degli obiettivi comunitari stabiliti dall’articolo 158 del Trattato sull’Unione europea, che comprendono uno sviluppo armonizzato e la riduzione delle disparità tra regioni con livelli di sviluppo diversi, il Parlamento europeo chiede un’azione vigorosa mirata a ridurre i casi più gravi di sottosviluppo nelle regioni più povere dell’Unione europea.
I nuovi Stati membri hanno incontrato in maniera particolare difficoltà connesse con l’assorbimento dei fondi comunitari, dato che la concessione delle risorse non ne garantisce automaticamente un utilizzo corretto, e spesso le autorità delle regioni più povere non possiedono la capacità, l’esperienza o le risorse necessarie per trarre il massimo vantaggio dai finanziamenti cui hanno diritto.
Non di rado le procedure per accedere agli aiuti nell’ambito dei Fondi strutturali sono alquanto complicate e niente affatto trasparenti per gli utenti finali. Chiediamo perciò che tali procedure siano semplificate a tutti i livelli, cioè a livello europeo, nazionale e regionale.
L’attuazione della politica di coesione dovrebbe tener conto delle diverse esigenze delle regioni, soprattutto delle aree urbane e rurali, delle regioni di difficile accesso, delle isole e delle regioni ultraperiferiche. Questa politica dovrebbe adattare gli aiuti alle condizioni e alle caratteristiche peculiari delle singole regioni, sfruttandone il potenziale ai fini di una crescita sostenibile e a lungo termine.
Gli Stati membri e le regioni dovrebbero pertanto garantire che venga data priorità ai progetti in grado di favorire una migliore accessibilità delle regioni più povere e di garantire loro infrastrutture adeguate per i trasporti e le tecnologie informatiche. E’ compito della politica di coesione sostenere l’imprenditoria e gli investimenti nelle regioni più povere. Nuovi strumenti finanziari, quali JEREMY e JESSICA, possono validamente contribuire allo sviluppo regionale, però le conoscenze a livello locale e regionale sull’uso di questi strumenti sono ancora molto limitate.
E’ importante incoraggiare gli Stati membri a costituire partenariati pubblico-privato e a scambiare le buone prassi in questo campo. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero sostenere concretamente progetti volti a potenziare le capacità delle regioni di sviluppare e assorbire nuove tecnologie, riservando nel contempo un’attenzione particolare alla tutela dell’ambiente naturale.
Un problema estremamente grave per le regioni più povere dell’Unione sono stati gli alti tassi di disoccupazione, che hanno raggiunto persino il 20 per cento. Alla luce di questa esperienza, è urgentemente necessario investire nel capitale umano delle regioni più povere migliorando l’istruzione, innalzando costantemente la qualificazione professionale, soprattutto dei giovani, delle donne e degli anziani, nonché delle minoranze a rischio di emarginazione sociale.
Gli aiuti per favorire le pari opportunità per tutti dovrebbero essere previsti nel quadro di tutti i programmi comunitari, in particolare quelli che hanno effetti sulla coesione economica e sociale, ed essere previsti a tutti i livelli di pianificazione e attuazione dei progetti nel quadro della politica di coesione dell’Unione europea.
La Commissione e gli Stati membri devono assicurare la disponibilità di dati statistici accurati, esaurienti e comparabili – che al momento manca. La Commissione deve definire un nuovo metodo di misurazione dello sviluppo regionale, basato non solo sul PIL e sui tassi di disoccupazione ma anche su altri indicatori qualitativi e quantitativi che rispecchino le reali condizioni di vita dei cittadini. Dobbiamo migliorare i nostri metodi di calcolo della parità di potere d’acquisto facendo riferimento a indicatori regionali piuttosto che a indicatori nazionali.
La Commissione potrebbe cogliere l’occasione della revisione provvisoria del bilancio comunitario nel 2009 per analizzare gli effetti della politica di coesione e ricercare le possibili cause di risultati indesiderati.
In conclusione ringrazio tutti coloro che hanno contribuito alla relazione. Vi sono grata per i vostri preziosi emendamenti, che hanno arricchito il testo. Mi auguro sinceramente che questa relazione d’iniziativa indichi agli Stati membri e alle regioni molte linee guida valide e induca la Commissione europea a migliorare l’efficacia della politica di coesione nelle regioni più bisognose.
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, è un piacere avere l’opportunità di uno scambio di opinioni con il Parlamento europeo sulla relazione Geringer de Oedenberg concernente il ruolo e l’efficacia della politica di coesione nel ridurre le disparità nelle regioni più povere dell’Unione europea.
Ancora una volta, come nel caso di altre relazioni d’iniziativa adottate dalla commissione per lo sviluppo regionale, ciò conferma l’ottima collaborazione esistente tra le nostre due Istituzioni. Parlo a nome del Commissario Hübner, che si è dovuta recare in Romania e vi manda i suoi più calorosi auguri.
Accolgo con favore questa relazione e ne apprezzo il positivo contributo alla discussione sull’impatto e l’efficacia della politica di coesione in un momento critico del periodo di programmazione 2007-2013, nonché alla vigilia della revisione di bilancio prevista per l’esercizio 2008-2009. Condivido pienamente l’opinione secondo cui la politica di coesione non è soltanto essenziale ma anche efficace al fine di ridurre le disparità socioeconomiche e territoriali e di sfruttare il potenziale di sviluppo di tutte le regioni dell’Unione europea.
Il valore aggiunto della politica di coesione è già stato dimostrato; tutti riconosciamo che esso va ben al di là dei meri trasferimenti di fondi e comprende, inter alia, lo sviluppo di partenariati, lo scambio di migliori prassi, la stabilità di bilancio e un approccio strategico.
Apprezzo in modo particolare il tema e il contenuto della vostra relazione perché essa va al nocciolo della politica di coesione. E’ un fatto che lo scopo principale della nostra politica è ridurre le disparità socioeconomiche e territoriali nelle regioni più povere dell’Unione – una sfida non da poco. Tali disparità sono drasticamente cresciute dopo gli ultimi allargamenti, e la politica di coesione è l’unico strumento comunitario creato appositamente a questo fine. A titolo d’esempio, posso ricordare che dopo gli ultimi due allargamenti la differenza in termini di prodotto interno lordo pro capite tra il 10 per cento delle regioni ai primi posti della graduatoria europea e il 10 per cento delle regioni agli ultimi posti è quasi raddoppiata.
Di fatto, le disparità regionali nell’Unione sono molto rilevanti, molto più che negli Stati Uniti o in Giappone, e si avvicinano per dimensione a quelle in Cina e in India, ad esempio.
Nonostante i fortissimi tassi di crescita nei nuovi Stati membri e la convergenza di molte regioni dell’Unione a 15, ci sono tuttora 70 regioni – abitate da 123 milioni di cittadini europei – con un PIL pro capite inferiore al 75 per cento della media europea. Inoltre, alcune regioni, e la maggior parte di esse sono tra le più sviluppate, stanno perdendo terreno: in 27 regioni, il PIL pro capite è diminuito in termini reali tra il 2000 e il 2004 e, in altre 24 regioni, la crescita è stata inferiore allo 0,5 per cento annuo.
Nondimeno, come spiega chiaramente la quarta relazione sulla coesione, pubblicata di recente, possiamo senz’altro affermare che la convergenza c’è, grazie sia alla crescita accelerata della maggior parte dei nuovi Stati membri sia ai talvolta scarsi risultati di alcuni degli Stati membri più avanzati. Nel complesso, la periferia dell’Unione sta recuperando terreno rispetto al centro del continente non solo in termini di prodotto interno lordo pro capite ma anche di occupazione, produttività e altri indicatori economici – e questa è una bella notizia. Ciò vale anche per i paesi interessati in precedenza dalla politica di coesione, i quali, con l’eccezione del Portogallo, negli scorsi anni hanno registrato progressi impressionanti.
Tale fenomeno – il processo di coesione a lungo termine – è in corso specialmente a livello di Unione europea tra Stati membri e regioni. Sappiamo che a livello nazionale il quadro è leggermente diverso, poiché in molti casi la crescita si concentra sempre più nella regione della capitale o nelle principali aree metropolitane, il che accresce le disparità interne e crea problemi legati alla presenza di agglomerazioni, come traffico congestionato, inquinamento, aumento dei costi delle abitazioni, eccetera.
Vorrei sottolineare il sostanziale contributo della nostra politica a questo processo di convergenza complessivamente positivo. Valutazioni e studi indipendenti hanno rivelato che la politica di coesione ha sostenuto i più che necessari investimenti nelle infrastrutture, nelle risorse umane, nell’ammodernamento e nella diversificazione delle economie regionali. Tra il 2000 e il 2005 gli investimenti pubblici nei quattro paesi interessati dalla politica di coesione sono stati superiori del 25 per cento a quanto sarebbero stati in assenza di tale politica, contribuendo così alla crescita del PIL. L’aumento del PIL determinato dalla politica regionale è stato del 10 per cento in Grecia e dell’8,5 per cento in Portogallo nel periodo 1989-1999 e del 6 per cento in Grecia e Portogallo, del 4 per cento in Germania e del 2,4 per cento in Spagna nel periodo 2000-2006. Secondo le previsioni per il periodo di programmazione 2007-2013, nei nuovi Stati membri questo aumento oscillerà tra il 5 e il 9 per cento.
La politica di coesione ha contribuito altresì a ridurre l’esclusione sociale e la povertà, posto che cofinanzia la formazione di nove milioni di persone ogni anno. Oltre la metà di esse sono donne, che beneficiano in tal modo di migliori condizioni di occupazione e di un reddito più elevato. Ad esempio, in sei paesi sono stati creati più di 450 000 posti di lavoro lordi: Danimarca, Francia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e Regno Unito. Tra il 2000 e il 2005 la politica di coesione ha contribuito per due terzi ai finanziamenti dell’obiettivo 2 e ha aiutato a orientare il policy mix degli investimenti pubblici negli Stati membri verso investimenti mirati al rafforzamento della crescita.
Secondo i dati più recenti, l’importo degli investimenti nell’ambito della politica di coesione destinato alla ricerca e allo sviluppo, all’innovazione e alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel periodo 2007-2013 è più che raddoppiato rispetto agli anni 2000-2006. Certo, resta ancora da vedere come questi progetti saranno attuati, però possiamo già notare una crescente consapevolezza, sia negli Stati membri che nelle regioni, riguardo alle loro strategie di sviluppo per il prossimo periodo di programmazione finanziaria.
E’ evidente che una delle chiavi di questo successo sta nella caratteristica della politica di coesione di essere una politica integrata, pienamente sviluppata: non è una politica settoriale né un gruppo incoerente di politiche settoriali, è invece uno strumento integrato mirato a fornire soluzioni specifiche e su misura per ciascuna regione e ciascun territorio dell’Europa. Allo stesso tempo, essa non è soltanto una politica comune che opera in maniera isolata rispetto alle altre, bensì una politica che dipende sicuramente dall’attiva partecipazione di partner a livello nazionale, regionale e locale.
La vostra relazione evidenzia giustamente una serie di questioni che sono molto rilevanti per mettere le regioni più povere in condizione di utilizzare al meglio i finanziamenti loro destinati. Ne citerò alcune tra quelle in grado di fornire a tali regioni assistenza tecnica adeguata, come l’importanza di elaborare strategie di sviluppo su misura, di attuare un partenariato efficace e di incoraggiare le buone prassi.
Ho preso buona nota delle vostre proposte. Sono certo che alcune di esse troveranno accoglienza nel quadro legislativo vigente dal quale sono scaturite le nuove iniziative approvate di recente dalla Commissione, come le tre “J” – JASPER, JEREMY e JESSICA – e l’iniziativa “Regioni per il cambiamento economico”. La flessibilità della politica di coesione consente di applicare le misure migliori adottate per ciascun caso. In merito, il Commissario Hübner garantirà da parte della Commissione un’attenzione speciale alle esigenze delle regioni più povere nei negoziati in corso sui documenti di programmazione per il periodo 2007-2013.
Apprezzo altresì il contributo che la vostra relazione dà alla discussione sulla politica di coesione futura, avviata con la pubblicazione della quarta relazione sulla coesione. Accolgo con favore queste preziose raccomandazioni volte a rendere più efficiente la politica di coesione.
Come sapete, adesso ci troviamo nello stadio iniziale della riflessione sul futuro della politica di coesione. Questa discussione ha lo scopo di sostenere la revisione del bilancio comunitario che la Commissione dovrà intraprendere nel 2008 e 2009.
Concluderò ricordando che, come vi è noto, la consultazione pubblica sul futuro della politica di coesione inizierà dopo il relativo forum, che si terrà alla fine di settembre. Un sito Internet dedicato raccoglierà i contributi degli Stati membri, delle regioni, delle città, delle Istituzioni comunitarie, dei partner economici e sociali e, naturalmente, delle organizzazioni della società civile. E’ intendimento della Commissione presentare i risultati della consultazione nella primavera 2008, insieme con la quinta relazione sullo stato di avanzamento della coesione economica e sociale. Alla luce di questa come di altre relazioni d’iniziativa approvate di recente, ascolterò con attenzione i contributi del Parlamento alla discussione.
Oldřich Vlasák, a nome del gruppo PPE-DE. – (CS) Signora Presidente, Commissario Potočnik, onorevoli colleghi, le differenze tra le regioni povere e quelle ricche della Comunità sono veramente macroscopiche. Tali differenze regionali sono più evidenti nell’Unione allargata di oggi di quanto non lo fossero nella precedente Unione dei Quindici. Vi possono essere molte ragioni per spiegare questo dato di fatto, come la posizione geografica, il tipo di infrastrutture residenziali, la strutturazione settoriale dell’economia, la stratificazione della società o altri motivi legati alla storia della regione considerata. In certa misura, queste differenze possono essere appianate ricorrendo a politiche strutturali, però vi saranno sempre regioni più ricche e regioni più povere. A mio parere, quindi, è molto importante avere come obiettivo principale una situazione in cui tutte le regioni dell’Unione europea hanno raggiunto, in maggior o minor misura, un certo grado di progresso economico e di sviluppo sociale. Dobbiamo orientare i Fondi strutturali in modo tale che possano stimolare nettamente la crescita del PIL, aumentare l’occupazione e contribuire a uno sviluppo sostenibile. A tale proposito, vorrei porre le seguenti domande. Quali sono state le misure strutturali che hanno contribuito alla crescita e al successo di determinate regioni, come nel caso dell’Irlanda? Per quali motivi determinate regioni, come il Mezzogiorno in Italia, dove decenni di finanziamenti strutturali non sono riusciti ad apportare cambiamenti di qualche rilievo, continuano a essere arretrate? Come possiamo garantire che i Fondi europei non siano sperperati al presente ma siano investiti per il futuro?
Onorevoli colleghi, non sono del tutto certo che la relazione di cui stiamo discutendo ci fornisca linee guida chiare in questa materia. E’ un dato di fatto, però, che solo dando risposte ai suddetti interrogativi possiamo evitare di ripetere gli errori che abbiamo compiuto in passato nelle regioni più povere, garantendo così che i finanziamenti europei apportino un reale valore aggiunto alle economie e alle società regionali. E’ tuttavia prematuro compiere una valutazione completa dei benefici che le politiche strutturali hanno comportato per le regioni più povere, perché i paesi più poveri sono entrati da poco nell’Unione europea. Permane un problema correlato con la complessità della struttura generale.
Constanze Angela Krehl, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, desidero anch’io congratularmi con lei ancora una volta per la sua elezione di ieri e per la sua prima riunione in qualità di Presidente dell’Assemblea.
Ringrazio di cuore la relatrice per la sua avvincente relazione perché, a ben guardare, abbiamo tutti lo stesso obiettivo, ossia eliminare le disparità regionali all’interno dell’Unione europea. Tale obiettivo è nell’interesse non solo delle regioni più povere dell’Unione bensì di tutte le sue regioni, dato che, in caso contrario, ristagnerebbe lo sviluppo dell’intera Unione. Il fatto è che nelle regioni che finanziamo ci sono potenziali enormi e i loro abitanti vogliono essere coinvolti e dire la loro nell’Unione europea; dobbiamo però anche dare loro l’occasione per farlo.
Mi concentrerò adesso su alcuni punti citati dalla relatrice nel suo documento che reputo molto importanti. L’Unione europea deve fornire aiuti solleciti; ciò significa che dobbiamo realizzare una struttura amministrativa tale che ci permetta di non pestarci i piedi a vicenda nei vari livelli di governo. Dobbiamo altresì creare un sistema funzionante di cooperazione transfrontaliera. Sono molto curiosa di vedere come gli Stati membri raggiungeranno questo obiettivo nei mesi e nelle settimane a venire.
Sarei veramente contenta se i nuovi strumenti finanziari JESSICA, JEREMY e JASPER, inventati qualche anno fa, troveranno finalmente diffusione negli Stati membri e saranno impiegati a buon fine. Tuttavia, delle oltre 400 domande presentate finora per programmi operativi ne sono state approvate al massimo un quarto. Vorrei che la procedura fosse più rapida; forse si potrebbero prevedere aggiustamenti futuri.
C’è una cosa che desidero sottolineare, cioè che eliminare le disparità regionali significa anche contribuire a eliminare le differenze di opportunità tra uomo e donna. Sollecito pertanto l’Assemblea ad approvare in plenaria le proposte di risoluzione al riguardo.
Jean Marie Beaupuy, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signora Presidente, come già l’onorevole Krehl, mi congratulo anch’io con lei per la sua elezione e per la sua prima seduta in qualità di Presidente.
Commissario Potočnik, le devo dire che questa relazione, presentata in maniera eccellente dall’onorevole Geringer de Oedenberg, è prima di tutto e soprattutto un grido dal cuore; in secondo luogo, è una necessità per l’Unione europea, come ha testé osservato l’onorevole Krehl, e un appello alla Commissione. E’ un grido dal cuore perché lo sviluppo delle regioni povere non significa soltanto promuovere la crescita di quelle regioni bensì anche tener conto delle situazioni – talvolta tragiche – in cui vivono persone disoccupate o costrette a spostarsi. E’ pertanto un grido umano dal cuore. Ma la relazione è anche una necessità – e lo spiega molto bene – per quanto attiene allo sviluppo dell’Unione europea.
Detto ciò, signor Commissario, dobbiamo fare di più; la prego di non interpretare queste mie parole come un appunto negativo bensì come una semplice osservazione. Lei stesso ne ha fatte parecchie nei circa sei minuti in cui ha parlato, e il culmine è stato quando ha detto: “Mi aspetto proposte dal Parlamento”. Bene, nella relazione dell’onorevole collega ci sono diverse proposte. Quello che vorrei dire nei pochi secondi che mi sono concessi è che la Commissione oggi ci deve spiegare chi fa cosa, quando e come.
Chi? Qual è il ruolo dell’Unione europea? Credo che finora abbiamo stabilito, in buona parte con successo, le condizioni per quanto riguarda i finanziamenti, le norme e altro ancora. La relazione contiene alcune iniziative aggiuntive concernenti in particolare gli aspetti finanziari, l’assistenza tecnica, eccetera, allo scopo di potenziare il ruolo guida svolto dalla Commissione e di metterla in una condizione più forte per avanzare proposte e fornire assistenza. Però nulla o quasi nulla si dice del ruolo degli Stati membri. E’ un fatto che, se vogliamo aiutare le regioni in difficoltà, non basta dire “Ci sono i fondi europei”, occorre anche che gli Stati membri si assumano le loro responsabilità. A questo livello, la Commissione non può imporre nulla, visti i vincoli del principio di sussidiarietà. Tuttavia, alla luce di quanto è successo in Irlanda e nell’Italia meridionale e da altre parti, alcune osservazioni e alcuni suggerimenti paiono opportuni.
Ieri ho ricevuto la visita di alcuni sindaci di comuni molto piccoli in regioni svantaggiate, e spetta a loro predisporre i progetti – hanno bisogno solo di sapere come.
Concluderò, signor Commissario, dicendo che personalmente mi aspetto dalla Commissione che, oltre a quanto indicato nella relazione dell’onorevole collega, adempia il suo dovere e ci dica chiaramente chi fa cosa e come.
Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo anch’io per il suo nuovo incarico, signora Presidente.
Una riforma tira l’altra. Questo è stato il motivo per cui la commissione per lo sviluppo regionale, subito dopo la riforma dei Fondi strutturali, ha chiesto per l’ennesima volta come avremmo dovuto valutare in futuro le regioni più povere dell’Unione. Lo scopo era quello di dare alla politica di coesione un futuro che tenga conto dell’esperienza attuale in vista della prossima riforma dei Fondi strutturali, nel 2014, poiché sappiamo che la disponibilità degli Stati membri più ricchi a contribuire al Patto di solidarietà sta scemando. Allo stesso tempo, il nostro impegno comune nei confronti delle regioni povere attraverso la politica di coesione è il vero cuore pulsante dell’Unione europea.
Purtroppo, la relazione di cui stiamo discutendo affronta a malapena le questioni riguardanti il futuro, concentrandosi sui problemi di attuazione del vigente regolamento sui Fondi strutturali nei nuovi Stati membri. La relazione illustra ciò che succede quando si pensa di poter fare a meno di una solida struttura amministrativa decentrata. Reputo tuttavia ingenuo credere che le banche possano essere un sostituto per un maggiore grado di coinvolgimento come panacea per i problemi amministrativi e di assorbimento nelle regioni più povere.
Le iniziative JASPER e JESSICA devono essere impiegate in modo tale da rendere possibile anche in futuro un’azione democratica e da non oberare le casse pubbliche con debiti che andranno a gravare su intere generazioni future. Ciò significherebbe che l’Unione europea mantiene costantemente le regioni più povere a un livello di mera sopravvivenza, e questo non può essere il nostro intendimento.
Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Per prima cosa desidero congratularmi con la relatrice per la sua relazione d’iniziativa, che sottolinea alcuni aspetti per noi rilevanti, anche se non siamo d’accordo su altri, più esattamente quelli concernenti la discussione sul futuro della politica di coesione e la quarta relazione sulla coesione economica e sociale dell’Unione europea.
A questo proposito va precisato che le disparità, soprattutto quelle regionali, sono cresciute drasticamente a ogni nuovo allargamento dell’UE, che sono stati dimostrati l’aumento delle disparità regionali e la crescita degli effetti di polarizzazione a livello interno in tutti i paesi e che, in termini generali, esistono ancora un centro ricco e una periferia povera, che si è ulteriormente ampliata.
Evidenziando questi aspetti cerchiamo di giustificare l’esistenza di una forte politica regionale in quanto strumento essenziale per ridurre le disparità e promuovere una convergenza reale – non nominale – nelle regioni più povere dell’Unione europea. Una forte politica di coesione regionale è tanto più necessaria quanto più aumentano i costi del mercato interno, della politica di liberalizzazione dei mercati e della concorrenza, dell’Unione europea e monetaria nonché dell’euro e del suo Patto di stabilità per le regioni più povere dell’UE.
E’ fondamentale rafforzare la politica di coesione regionale stabilendo che l’obiettivo centrale della politica dell’Unione europea sono la tanto decantata coesione economica e sociale e la convergenza reale, rafforzando il ruolo distributivo del bilancio comunitario e fornendo finanziamenti adeguati affinché gli obiettivi proposti possano essere effettivamente raggiunti.
Se la politica di coesione regionale deve essere efficace, bisogna respingere tutte le azioni che ne riducono il valore, come la distrazione dei suoi fondi per finanziare altre politiche e altre priorità che non contribuiscono affatto al raggiungimento dei fini prestabiliti.
Georgios Karatzaferis, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signora Presidente, può immaginarsi una famiglia seduta a tavola per il pranzo in cui il padre mangia aragosta, la madre salmone, un figlio carne e un altro figlio fagioli, un terzo figlio verdure e il quarto non mangia nulla? E’ semplicemente impensabile, eppure questo è esattamente quanto succede nella grande famiglia europea, che vogliamo unire sotto l’egida di un’unica costituzione.
In Europa, 80 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà. In Grecia ci sono pensionati che vivono con 300 euro al mese, e sono pure contenti perché nei paesi confinanti altri pensionati vivono con 80 euro.
Questa è la politica dell’Europa. Alcune aree inaccessibili della Grecia, come Ipiros o certe isole remote vicino alle coste della Turchia, si sono ritrovate improvvisamente ricche per il semplice fatto che con l’arrivo dei nuovi Stati membri la media europea si è abbassata. Ma questo non è logico. Dobbiamo trovare un modo per sviluppare l’economia in maniera equa per tutti.
Quando c’è un atteggiamento razzista da parte dei ministri responsabili dell’economia, come il ministro delle Finanze Alogoskoufis, il quale l’altro giorno ha detto che i neri non sono persone, usando per definirli un termine ripugnante e insultante quale “negri”, dicevo, quando quei ministri hanno simili atteggiamenti razzisti non possono imporre un’economia fondata sulla parità, un’economia che possa essere sviluppata in tutto il mondo.
I poveri hanno il diritto di vivere e dobbiamo trovare soluzioni ai loro problemi. Non fisseremo di certo standard europei basati sul numero di persone che possiedono una Mercedes 500, bensì sul numero di bambini che al mattino non hanno un bicchiere di latte da bere.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). – (NL) Signora Presidente, signor Commissario, dal 2004 la crescita economica nei nuovi Stati membri è stata nell’ordine del 5,3 per cento, cioè di 2 punti percentuali superiore a quella dei vecchi Stati membri. Le esportazioni sono raddoppiate e gli investimenti stanno aumentando in misura considerevole. Questi risultati, che, come osservava poco fa il Commissario Potočnik, si possono sicuramente e provatamente ascrivere alla politica di coesione, sono eccellenti. In termini statistici, il numero delle regioni povere sta calando.
Detto ciò, le disparità regionali all’interno dei singoli Stati membri sono molto grandi, come giustamente sottolinea la relazione Geringer de Oedenberg. Rilevo altresì che dobbiamo essere più critici nei confronti dell’impegno da parte degli Stati membri, perché l’eccessiva concentrazione nelle regioni centrali e nelle aree urbane non contribuisce di certo a promuovere la causa delle regioni periferiche. Anche gli Stati membri, insieme con l’Unione europea, devono scegliere un approccio di tipo territoriale alla loro politica di coesione. Quando valutiamo l’efficacia di questa politica, dobbiamo analizzare i piani nazionali che ci vengono sottoposti sotto un profilo più marcatamente politico, e questo perché, a ben guardare, non siamo capaci di accelerare lo sviluppo e la coesione nelle regioni povere. C’è quindi bisogno di una revisione. La quarta relazione sulla coesione ci offre il contesto adatto per affrontare questa discussione. Il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei dovrà contribuire a prendere l’iniziativa a tal fine. L’8 novembre organizzeremo perciò un’audizione su questo tema presso il Parlamento europeo.
Concludo dicendo che ci sono buoni risultati e buone opportunità per la politica di coesione, però dobbiamo concentrarci di più sulle sinergie a livello europeo, nazionale e regionale, a beneficio delle regioni più povere, resistendo alla tentazione di un’Europa a più velocità. Anche le regioni più povere devono infatti occupare il posto che spetta loro nell’economia della conoscenza e nella globalizzazione.
Evgeni Kirilov (PSE). – (EN) Signora Presidente, mi congratulo con l’onorevole Geringer de Oedenberg per la sua eccellente relazione. Queste regioni si trovano ad affrontare una duplice sfida nell’attuazione della politica regionale comune, nell’ottica di utilizzare correttamente i fondi loro assegnati e di ottenere i risultati previsti nell’ambito degli obiettivi della coesione economica e sociale.
La Commissione europea, i governi e le autorità locali a ogni livello dovrebbero adottare misure speciali per queste regioni al fine di ottenere i risultati migliori per i cittadini e per l’intero settore dell’economia. C’è bisogno soprattutto di assistenza tecnica specifica, mirata al miglioramento della capacità amministrativa e a un maggiore coordinamento tra gli enti dell’amministrazione statale e locale. Per il resto, concordo con il Commissario: soluzioni specifiche, su misura, capaci di ovviare alle carenze istituzionali, amministrative ed economiche di queste regioni consentiranno di migliorare l’efficienza degli aiuti finanziari dell’Unione europea nel loro complesso. Occorre incoraggiare le regioni più povere a definire piani integrati di sviluppo sotto forma di documenti nazionali che potrebbero fungere da riferimento per individuare le caratteristiche peculiari e il potenziale di ciascuna regione.
Gli Stati membri vanno incoraggiati a migliorare il quadro legislativo nel campo dei partenariati pubblico-privato, trasformandoli in una base solida su cui fondare regole semplici e trasparenti. Ma ciò di cui l’istituzione e i beneficiari di questi differenti programmi, anche nel mio paese, la Bulgaria, hanno maggiormente bisogno è uno scambio ancora più attivo di buone pratiche, soprattutto tra i nuovi Stati membri, nonché il trasferimento di know-how alle amministrazioni centrali, regionali e locali al livello più basso e l’organizzazione di corsi di formazione specifica per quanto riguarda l’intero ciclo della progettazione e dell’attuazione.
Ci sono quattro elementi chiave che dovremmo tenere ben presenti: convergenza, aiuto, capacità di assorbimento dei finanziamenti e semplificazione delle regole. Concluderò dicendo che tutte le misure indicate nella relazione sono molto importanti, comprese, naturalmente, quelle sulle pari opportunità per uomini e donne, che costituisce un problema grave nelle regioni più povere. Sostengo appieno l’iniziativa per l’adozione di una risoluzione rivolta nello specifico alle regioni più povere dell’Unione europea.
Jan Olbrycht (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, la quarta relazione sulla coesione, pubblicata di recente dalla Commissione, conferma che le disparità di sviluppo tra le regioni più ricche e quelle più povere dell’Unione europea stanno diminuendo, ed è la prima volta che ciò avviene.
Presupponendo che nelle regioni più forti il tasso di crescita rimanga alto e costante e sia consolidato da una notevole mole di investimenti nell’innovazione, dobbiamo concludere che le regioni più deboli stanno registrando una crescita più accentuata, che consente loro non solo di non essere sempre più arretrate ma anche di compiere significativi progressi nel recuperare lo svantaggio. Questi dati confermano altresì la teoria dell’efficacia della politica di coesione dell’Unione europea e la necessità di gestirla e svilupparla nei prossimi periodi di programmazione.
La relazione di cui stiamo discutendo riguarda le regioni più povere dell’Unione europea, non le regioni più povere degli Stati membri, che spesso sono relativamente ricche se considerate su scala europea. Le disparità interregionali a livello nazionale rientrano spesso nelle competenze delle autorità nazionali, che, soprattutto nei cosiddetti “paesi della coesione”, dovrebbero essere coadiuvate da interventi europei.
E’ necessario prendere una decisione politica coraggiosa e separata per stabilire quali regioni sono, a nostro giudizio, le più povere e quali necessitano di un’azione specifica per promuovere lo sviluppo. Non dimentichiamo che le disposizioni del Trattato affrontano la questione delle disparità regionali e che la politica di coesione deve riguardare non soltanto le regioni più povere in termini di PIL pro capite ma anche quelle in ritardo rispetto alle altre per quanto riguarda il livello di innovazione, lo sviluppo di un’economia fondata sulla conoscenza, la capacità di richiamare investimenti, la collocazione geografica, eccetera.
Alcune disparità possono attenuarsi grazie alla crescita economica e a un mercato interno più coeso; però ne possono sorgere di nuove. La politica di coesione non è mai stata e non è un’opera di beneficenza, è e deve rimanere invece uno strumento flessibile di intervento per l’Unione europea.
Stavros Arnaoutakis (PSE). – (EL) Signora Presidente, oggi, sette mesi dopo l’inizio del quarto periodo di programmazione e sulla scia della discussione in merito al futuro della politica di coesione, il Parlamento europeo sottolinea in questa relazione – per la quale mi congratulo con la sua autrice – che nel nuovo periodo di programmazione bisogna assolutamente evitare errori.
La politica di coesione non deve soltanto raggiungere gli obiettivi che si è prefissa e rafforzare la crescita e lo sviluppo nelle regioni più povere; deve anche riuscire a rendere i suoi risultati visibili, tangibili e accettabili per tutti a tutti i livelli.
Concedere sovvenzioni e stanziare fondi di per sé non garantisce un uso corretto delle risorse né una diminuzione delle disuguaglianze attualmente esistenti tra le regioni europee. Un uso corretto delle risorse richiede coordinamento e partecipazione a tutti i livelli.
Stiamo attraversando un periodo di profondi cambiamenti e grandi sfide in campo economico. Dobbiamo proteggere e promuovere la politica che dà attuazione alla solidarietà e alla coesione e renderla ancora più efficace.
La relazione contiene importanti raccomandazioni in tal senso. Mettiamole in pratica.
Gábor Harangozó (PSE). – (HU) Desidero anzitutto complimentarmi con la relatrice per la sua eccellente relazione, che ha ottenuto un grande successo.
Affinché lo sviluppo economico arrivi anche nelle regioni che più ne hanno bisogno, dobbiamo tener conto delle caratteristiche specifiche di queste ultime. E’ evidente che nella fase iniziale le disuguaglianze all’interno dei paesi sono cresciute. La crescita economica in termini di media nazionale può anche essere buona, però è concentrata nella capitale e nelle aree urbane, mentre nelle tipiche aree rurali e nei centri rurali la povertà cresce e si stanno formando veri e propri ghetti.
Questo problema ha dimensioni ben maggiori del potenziale di sviluppo rurale, e pertanto qualsiasi speranza di cambiamento può fondarsi soltanto su una determinata armonizzazione dei fattori di base e su sviluppi complessi. Per tale motivo ritengo necessario dare la priorità alle aree urbane. Parallelamente, va attribuita maggiore importanza all’esigenza di aiutare le minoranze a recuperare situazioni di svantaggio e alla definizione di programmi di formazione e riqualificazione mirati a questo obiettivo.
Reputo, infine, importante aumentare la capacità di assorbimento dei nuovi Stati membri e ampliare ulteriormente l’assistenza tecnica necessaria a tale scopo. Solo così l’integrazione può diventare uno strumento per realizzare l’Europa delle regioni.
Emanuel Jardim Fernandes (PSE). – (PT) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole de Oedenberg non solo è un testo eccellente, frutto della totale apertura e dell’abilità della relatrice nel negoziare consensi, ma anche mette in evidenza le forti disparità regionali che esistono in tutta l’Europa, sia negli Stati membri nuovi che in quelli vecchi, dove una gran parte delle regioni sono state escluse dal gruppo delle regioni più povere semplicemente sulla base di dati statistici, che non sempre sono completi né correttamente comparati e che devono pertanto essere migliorati.
Essendo originario di una regione ultraperiferica, l’isola di Madeira, ho proposto vari contributi ai seguenti fini: garantire l’adeguamento della politica di coesione alle regioni più remote, come previsto dall’articolo 29, paragrafo 2, definire più chiaramente i criteri di individuazione delle regioni ricche e delle regioni povere e potenziare la ricerca e l’istruzione quali strumenti di sviluppo, perché le regioni più povere devono trovare un modo efficace per uscire dalla situazione in cui si trovano.
Janez Potočnik, Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, è indubbio che le regioni più povere dell’Europa necessitano della nostra attenzione. Alcune regioni europee hanno anzi bisogno di un’attenzione speciale; mi riferisco a quelle svantaggiate dal punto di vista statistico e alle regioni e città più remote e isolate. E’ importante che ci concentriamo sulla riorganizzazione degli aiuti strutturali dedicando maggiore attenzione agli obiettivi di Lisbona in materia di innovazione, ricerca e sviluppo, perché in questo modo potremo costruire una base solida per le economie future di quelle regioni. Dovremmo altresì preoccuparci di ridurre i consumi energetici ricorrendo alle fonti alternative, che saranno una condizione importante per garantire a quei paesi un futuro sostenibile.
L’integrazione della tematica di genere è un principio trasversale cui ci atterremo in tutte le nostre azioni nell’ambito di tutti i Fondi strutturali. La capacità di assorbimento è un aspetto che sta costantemente al centro del nostro operare. Tutti questi aspetti hanno ricevuto e continueranno a ricevere costante attenzione da parte nostra.
La solidarietà con i cittadini più poveri d’Europa è la colonna portante dell’Unione europea, soprattutto dopo gli ultimi due allargamenti. Non dobbiamo negare i problemi, ma non dobbiamo neppure dimenticare i buoni risultati che abbiamo ottenuto in passato. E’ importante parlare tanto dei successi quanto dei problemi, perché è così che possiamo garantire un riconoscimento ancora maggiore per la politica di coesione e prevenire problemi futuri.
Desidero ringraziarvi per l’eccellente relazione Geringer, i vostri commenti e le vostre osservazioni critiche. E’ nostro dovere affrontare i problemi dei più poveri tra i cittadini europei. La Commissione avrà cura di focalizzare la propria attenzione su questo punto. La solidarietà deve restare uno dei settori nei quali dimostriamo il volto umano dell’Europa nel suo complesso.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà tra poco, durante il turno di votazioni.
PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT POETTERING Presidente
Presidente. – Onorevoli colleghi, quanto prima cominciamo a votare, tanto prima potrete partire per le meritate vacanze. Ma oggi pomeriggio ci sarà, naturalmente, un’altra seduta. Invito l’onorevole Robert Atkins a provvedere affinché la prossima volta i colleghi siano tutti presenti in Aula puntualmente.
Thomas Wise (IND/DEM). – (EN) Signor Presidente, intervengo per una questione di procedura. Sono certo che l’onorevole Atkins lo farebbe molto volentieri se lei ci potesse garantire che si comincia puntualmente!
Presidente. – Oggi questa sua osservazione è infondata, onorevole Wise, perché l’onorevole Atkins non è ancora riuscito a mettere in riga i colleghi. Ma sono certo che in futuro cercherà di farlo, e allora potremo giudicarci reciprocamente con correttezza e obiettività.
Sir Robert Atkins (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sono certo che se chi presiede la seduta, chiunque sia, cominciasse puntualmente, i colleghi saprebbero che devono trovarsi in Aula all’ora stabilita!
(Applausi)
Giles Chichester (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, molti di noi ieri, all’ora di pranzo, hanno ammirato la sua capacità di liberarsi dall’incombenza di presiedere la seduta. Mentre noi siamo rimasti qui a votare, lei se n’è andato a desinare. Intende fare lo stesso anche oggi?
(Ilarità)
Presidente. – Non so se lei miri all’incarico di Presidente del Parlamento europeo, onorevole Chichester, ma se un giorno lo diventerà, si accorgerà che il mio intento non era tanto quello di andare a pranzo quanto di adempiere numerosi obblighi.