Eija-Riitta Korhola (PPE-DE). – (FI) Signora Presidente, ho apprezzato il fatto che nella risoluzione che abbiamo votato sia stato richiamato il concetto di “responsabilità di proteggere”. Non sempre si tratta di interventi militari, ma, ovviamente, le Nazioni Unite hanno anche questo dovere. Senza tali interventi, l’organizzazione si ridurrebbe a un circolo composto da coloro che abusano del sistema e da coloro che approvano tali abusi.
Purtroppo, vi sono segnali che indicano che l’ONU non è in grado di far fronte a tali obblighi. La tragedia umana della crisi in Darfur è una nuova macchia sulla reputazione della comunità internazionale. Perché l’ONU è più rapida nell’affrontare i problemi del Medio Oriente rispetto a quelli dell’Africa? Una causa della crisi è rappresentata dall’emarginazione etnica e il segreto per ottenere una soluzione politica sta nella nostra capacità di costringere tutte le parti in causa a impegnarsi in colloqui di pace. A ciò si aggiungono il sottosviluppo e i disastri ambientali. La crisi è la prima guerra scatenata dai mutamenti climatici, pertanto è indispensabile trovare una soluzione umanitaria.
Il fatto che l’UE voglia assumersi la responsabilità di risolvere i problemi del Darfur e altri problemi africani ha un grande valore. Spero che un giorno potremo dire lo stesso degli Stati Uniti d’America. Alcuni potrebbero osservare che ciò è legato alla cattiva coscienza dell’Europa dovuta alla sua storia. Forse è vero, ma ciò non uccide nessuno. Il silenzio e l’apatia sì.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione sulla situazione in Darfur. Sono favorevole in particolare a un attento monitoraggio dell’embargo sulle armi nei confronti di Khartoum e all’imposizione di una zona di interdizione aerea sulla regione. Appoggio la richiesta di un’approfondita indagine sulla questione del mancato pagamento dei soldati della missione dell’Unione africana.
John Attard-Montalto (PSE). – (EN) Signora Presidente, vorrei registrare che lo schema di voto in materia di integrazione marittima prende atto del fatto che la questione di FRONTEX è diventata quasi una farsa.
Come è noto, il livello di solidarietà concesso a FRONTEX, che fa parte di questa politica integrata, è diventato quasi farsesco. E’ stato offerto un solo elicottero, quello tedesco, e forse non si è notato che due paesi vicini a Malta hanno, a tutti gli effetti, chiuso il proprio spazio aereo. Uno ha rifiutato periodicamente l’ingresso nel suo spazio aereo all’elicottero tedesco, l’altro ha addirittura minacciato di abbatterlo. Per questo ho votato così.
Philip Claeys (ITS). – (NL) Signora Presidente, ovviamente l’Europa marittima deve affrontare ogni sorta di sfide economiche, sociali ed ecologiche che richiedono un approccio condiviso, ma non è questo il punto. Il punto è stabilire se sia necessaria una vasta politica marittima integrata europea, con tutte le ulteriori norme e regolamenti che comporterà, per affrontare questa tematica.
A mio parere, la politica marittima e la gestione europee trarrebbero vantaggi molto maggiori da campagne di tipo pratico tra gli Stati membri e gli altri attori in una collaborazione ad ampio raggio piuttosto che da nuove normative e regolamentazioni di ogni sorta. Ciò che conta è il coordinamento, lo scambio di informazioni tra gli Stati membri, la riduzione del carico amministrativo e la promozione della ricerca marittima. Tuttavia, in nessun caso l’Unione europea potrà interferire in materie che afferiscono al principio di sussidiarietà o alle forze di mercato, quali la difesa delle coste, la pianificazione territoriale o la regolamentazione dei mercati dei porti di mare.
Christine De Veyrac (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Offro il mio pieno appoggio alla relazione del collega, onorevole Piecyk.
Questo testo, che rappresenta la risposta del Parlamento europeo al Libro verde della Commissione sulla politica marittima dell’UE, tratta di diverse questioni importanti.
Si occupa, in particolare, della sfida che i mutamenti climatici rappresentano per la politica marittima. La politica marittima europea deve svolgere un ruolo di rilievo in questo ambito facendo affidamento su una riduzione delle emissioni di CO2 delle navi, sull’eventuale integrazione delle navi nel sistema di scambio delle quote di emissioni e sulla promozione delle fonti energetiche rinnovabili.
E’ essenziale trovare un equilibrio duraturo tra la tutela dell’ambiente e lo sfruttamento commerciale degli oceani europei. Inoltre, ritengo, dato il nostro voto favorevole, che la Commissione debba rafforzare tutti i provvedimenti relativi alla responsabilità civile e penale in caso di avaria o di incidente e moltiplicare la sorveglianza in merito all’applicazione delle regole che rendono obbligatorio l’utilizzo di doppi scafi.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore di questa relazione basata del Libro verde della Commissione “Verso una politica marittima dell’Unione: una visione europea degli oceani e dei mari” perché ritengo che la promozione di un’economia marittima prospera e sostenibile sia di fondamentale importanza.
Questa relazione presenta un approccio politico integrato alla tematica, in quanto contiene proposte concrete in materia di navigazione, sicurezza navale e marittima, turismo, pesca, politica portuale, ambiente marino, ricerca, industria e uso del territorio, ovvero la proposta di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle navi e la creazione di una guardia costiera europea.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) I provvedimenti politici volti a combattere i mutamenti climatici sono ovviamente importanti, ma per quanto riguarda alcune delle misure proposte da questa risoluzione, a parte le procedure legislative, la maggioranza dei parlamentari europei, come al solito, esagera un po’. Le proposte aggravano la burocrazia e confermano l’immagine di un Parlamento europeo con una patologica tendenza ad espandersi in modo assolutamente sproporzionato.
Diverse proposte contenute in questa relazione si spingono troppo lontano, pertanto ho scelto di votare contro questa relazione di iniziativa perché ritengo che avrebbe potuto essere più concisa e sintetica. Così come è, la sua idea di una futura politica marittima UE è caratterizzata dall’impossibilità di lasciare le cose come stanno.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Noi crediamo che una politica marittima fondata sulla cooperazione tra i diversi Stati membri e che, a livello comunitario, si tradurrebbe in un coordinamento di sinergie al fine di potenziare e conferire valore aggiunto alle politiche marittime e ai provvedimenti definiti da ogni paese (tra l’altro nei campi della pesca, dei trasporti, dell’ambiente e dell’energia) potrebbe avere un effetto positivo.
Tuttavia, questa non è l’opzione fatta propria dalla relazione di iniziativa del Parlamento, la quale preferisce promuovere la creazione di una futura “politica marittima comune”, cercando di trasferire le competenze centrali degli Stati membri al livello sovranazionale dell’Unione europea, un approccio che, chiaramente, respingiamo.
A tal fine, respingiamo fermamente le proposte di emendamenti che riguardano questioni di principio rispetto alle quali siamo irremovibili, per esempio:
– pieno rispetto per la sovranità e la competenza di ogni Stato membro in relazione alla gestione delle sue acque territoriali e delle sue zone economiche esclusive, soprattutto per quanto riguarda le risorse marine (ovvero le risorse biologiche) e le questioni della sicurezza, del salvataggio e dell’ispezione e controllo della navigazione nelle sue acque;
– valorizzazione del settore della pesca, data la sua importanza strategica per diversi paesi, tra i quali il Portogallo, garantendo la sostenibilità socioeconomica del settore grazie ad adeguati strumenti politici e finanziari.
Per questo abbiamo votato contro.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Se da un lato vedo di buon occhio gli aspetti ambientali e le proposte di forme pratiche di cooperazione nella relazione Piecyk “Verso una politica marittima”, dall’altro non posso appoggiare le richieste di molte delle proposte contenute in questa relazione, come la creazione di un “Servizio di guardia costiera dell’UE”. Temo che l’eccessiva regolamentazione che la relazione produrrebbe entrerebbe in conflitto con il principio di sussidiarietà e per ora ho deciso di non prendere posizione.
Marie-Noëlle Lienemann (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di tutti gli emendamenti che mettevano in luce la dimensione ambientale di questa politica marittima.
E’ essenziale che il pilastro ambientale della strategia marittima non sia un mero supplemento per l’arricchimento spirituale, ma che il ripristino di un buono stato ecologico dei mari e degli oceani sia un obiettivo centrale da cui devono dipendere i giudizi in merito alle altre politiche dell’UE e degli Stati membri.
Il deterioramento dell’ecosistema oceanico comporta gravi conseguenze per il pianeta e per le attività umane: le risorse ittiche stanno scomparendo e il ruolo di regolazione del clima e degli oceani si sta riducendo. Ciò è dovuto in primo luogo all’inquinamento provocato dalle attività umane. Pertanto, occorre riaffermare con forza la centralità dell’ambiente, inoltre la futura direttiva quadro sulle acque marine deve essere vincolante per gli Stati membri e per le politiche dell’UE.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. – (SV) Voto contro l’emendamento n. 34 perché la diversità biologica marina non è una tematica strettamente nazionale. Le risorse marine sono continuamente in movimento, e l’eccessivo sfruttamento dei campi di pesca in un’area influisce su tutto il mare e può distruggere aree ed ecosistemi su scala sovranazionale. Vanno perciò accettate le restrittive normative internazionali che regolano lo sfruttamento delle risorse marine.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. – (EN) Sostengo con convinzione la relazione Piecyk sulla politica marittima e mi congratulo con il relatore per il suo approccio inclusivo.
La relazione è importantissima perché cerca di evidenziare una nuova strategia per la tutela del nostro ambiente marino. Tale strategia va urgentemente applicata per tutelare le zone ecologicamente sensibili dal trasbordo di petrolio tra navi. Attualmente il Firth of Forth, nella mia natìa Scozia, è minacciato da una proposta di trasbordo di petrolio tra navi. Spero che la direttiva habitat sia attuata correttamente per proteggere gli uccelli marini, i mammiferi marini e le altre specie. Tuttavia, l’esigenza di un approccio di ampio respiro al nostro ambiente marino con chiari e trasparenti obblighi di rendiconto è essenziale al fine di tutelarlo per le generazioni future.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), în scris. – Am votat pentru raportul Piecyk privind o viitoare politică maritimă a Uniunii şi felicit raportorul pentru calitatea activităţii desfăşurate. Integrarea politicilor, acţiunilor şi deciziilor legate de politica maritimă va asigura o mai strânsă cooperare între toţi actorii ale căror acţiuni au un impact asupra oceanelor şi mărilor europene. Consider, de asemenea, că sectoarele maritime ale fluviilor europene trebuie şi ele incluse în politica maritimă a Uniunii Europene.
Autostrăzile maritime se numără încă din 2004 printre cele 30 de proiecte prioritare ale reţelei transeuropene de transport.
Aderarea României şi a Bulgariei asigură Uniunii Europene vecinătatea cu Marea Neagra şi aproape întreg cursul Dunării se află în interiorul sau. Pentru Uniunea Europeană dezvoltarea cooperării la Marea Neagră va fi extrem de importantă. Regiunea Mării Negre joacă un rol important pentru securitatea energetică a Uniunii Europene şi pentru extinderea pieţei interne de transport către statele vecine Uniunii Europene.
Sper ca Uniunea Europeană să includă prevederi ale politicii maritime comunitare, de exemplu protejarea mediului şi a biodiversităţii zonelor de coastă şi de delte sau estuare, în politica sa de vecinătate şi în acordurile bilaterale pe care le semnează cu terţe ţări. În acest context menţionez ca deosebit de importantă protejarea biodiversităţii Deltei Dunării.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Nonostante la relazione contenga diverse osservazioni utili, respingo ogni idea di estensione della sovranità dell’UE su quelle che devono essere acque territoriali britanniche o di integrazione delle attività militari in una politica marittima dell’UE. Inoltre, la politica comune della pesca si è rivelata disastrosa per il nostro settore ittico e per la vita marina, pertanto i suoi poteri vanno restituiti alle nazioni.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Generalmente ho un atteggiamento positivo nei confronti dello sviluppo delle ferrovie, in quanto è importante per l’ambiente. Tuttavia, non posso appoggiare la proposta contenuta nel paragrafo 4 della relazione secondo cui il Parlamento europeo dovrebbe opporsi agli autotreni di grandissime dimensioni (i cosiddetti “Gigaliner”). In base al principio di sussidiarietà, gli stessi Stati membri devono poter prendere posizione, stabilendo se tali autotreni abbiano diritto a rientrare nel panorama complessivo del traffico su gomma oppure no. Spero che la Commissione e il Consiglio consentano agli Stati membri di decidere autonomamente su questa materia.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il primo pacchetto ferroviario aveva l’obiettivo annunciato di “creare le condizioni di base per il trasferimento modale”. In altre parole, promuoveva un trasferimento dei trasporti dalla gomma alla rotaia. Ma ciò che effettivamente tentava di fare, ricordando in questo il cavallo di Troia, era celare l’apertura del trasporto ferroviario, cioè del traffico merci, alla concorrenza e agli interessi privati, come primo passo verso la totale liberalizzazione del settore ferroviario in ambito UE.
Abbiamo denunciato e respinto le finalità di tale processo fin dal primo istante.
Come è accaduto per altre liberalizzazioni promosse dall’Unione europea, qualunque aspetto non funzioni nel migliore dei modi in un dato momento è utilizzato come base di partenza (nascondendo in tal modo le reali cause di tale situazione, ovvero le sistematiche politiche di smantellamento e indebolimento del settore del trasporto pubblico) per giustificare la liberalizzazione e i suoi metodi e per puntare alla suddetta “concorrenza” (senza chiare spiegazioni dei metodi o delle motivazioni) come soluzione a tutti i mali, una specie di cura miracolosa, che, alla fine, produce le conseguenze già descritte.
Gli investimenti pubblici nel settore ferroviario, in base alle esigenze e alle opzioni definite da ogni paese, sono senza dubbio di vitale importanza, ma non per consegnarli alla logica del profitto di vasti interessi pubblici che cercano di dominare questo settore pubblico, di importanza fondamentale per ogni paese, liberalizzandolo a livello di mercato interno dell’UE.
Jens Holm, Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer, Esko Seppänen, Søren Bo Søndergaard ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) La relazione Cramer osserva correttamente che, nel trasporto delle merci, le tematiche ambientali sono state trascurate. Ciò è dovuto all’espansione del trasporto merci sulle autostrade e nei cieli, e allo stesso tempo alla persistente riduzione del trasporto su rotaia. La relazione ricorda che il trasporto su gomma e aereo è promosso mediante strumenti finanziari utilizzati anche per ridimensionare il trasporto su rotaia. Desideriamo segnalare che molti collegamenti ferroviari destinati a fabbriche e a porti sono stati recentemente eliminati. Tuttavia, dissentiamo dal relatore per quanto riguarda le capacità del libero mercato di risolvere il problema. Il relatore, assieme ai gruppi di destra presenti in questo Parlamento, ritiene che la libera concorrenza nei trasporti transfrontalieri sia la soluzione migliore. I sostenitori di questo modo di vedere citano la situazione sulle strade e nei cieli e si aspettano che la concorrenza attragga automaticamente una nuova ondata di aziende interessate. In pratica, finora questi effetti positivi non si sono visti. Nonostante questa mancanza di senso della realtà, il resto della relazione merita il nostro pieno appoggio.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) Voto per una rinascita del trasporto su rotaia in quanto elemento centrale della politica dei trasporti dell’Unione europea.
In merito all’attuazione del primo pacchetto ferroviario, la relazione ha dimostrato che il pacchetto non aveva prodotto né un sostenuto potenziamento del trasporto su rotaia, né un percettibile trasferimento del traffico merci dalla gomma alla rotaia.
Tuttavia, è essenziale che il trasporto ferroviario divenga l’elemento centrale della politica dei trasporti dell’UE per i seguenti motivi: l’aggravamento del problema del traffico, l’aumento dei livelli di emissione, i limiti delle risorse energetiche e l’aumento del numero delle vittime di incidenti stradali.
Chiedo pertanto che la seconda direttiva sui costi dell’infrastruttura dei trasporti sia presentata entro il 2008 e che preveda un sistema uniforme di pedaggio su tutte le strade dell’Unione europea per i veicoli merci di peso pari o superiore a 3,5 tonnellate. Inoltre, i cosiddetti costi esterni, in altre parole i costi ambientali che derivano dalle operazioni di trasporto, vanno inseriti tra i costi infrastrutturali. In questo contesto, devo citare inoltre l’ottimo sistema svizzero dell’imposta sugli automezzi pesanti in proporzione alle emissioni grazie al quale la Svizzera ha registrato notevoli successi nel trasferimento dei trasporti dalla gomma alla rotaia, mentre la maggiore efficienza del trasporto su strada delle merci ha limitato l’aumento dei costi per il consumatore a mezzo punto percentuale.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il primo pacchetto ferroviario, volto ad aprire il mercato al trasporto internazionale delle merci su rotaia entro il 15 marzo 2003, ha avuto un discreto successo. Tuttavia, si notano ancora carenze e ritardi nel suo recepimento da parte degli Stati membri. Ora, le conseguenze di tali ritardi hanno ripercussioni sulla ristrutturazione delle compagnie ferroviarie e sulla creazione di un mercato veramente concorrenziale.
Poiché esistono ancora lacune su una serie di aspetti che ci impediscono tuttora di cogliere gli effetti positivi del primo pacchetto ferroviario, crediamo occorra creare le risorse necessarie per correggere le carenze nell’attuazione della legislazione da parte degli Stati membri. A tal fine, sarà necessario creare un organo di controllo nazionale, indipendente e trasparente, dotato di risorse sufficienti per prendere una posizione attiva contro le attuali distorsioni della concorrenza? Servono anche misure per una vera interoperabilità (la cui mancanza nelle reti ferroviarie rappresenta ancora il principale ostacolo alla realizzazione di una zona ferroviaria europea integrata), come la rapida installazione del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario, in particolare nei corridoi prioritari del trasporto ferroviario.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), în scris. – Am votat pentru raportul Cramer şi consider acest document ca fiind deosebit de important. Având în vedere că transportul contribuie la 15%-30% din emisiile de CO2, dezvoltarea modalităţilor mai puţin poluante de transport trebuie să constituie o prioritate la nivel european. De altfel, 70% din proiectele prioritare de transport transeuropean sunt destinate transportului feroviar şi transportului naval, mai puţin generatoare de gaze cu efect de seră.
Dezvoltarea transportului feroviar de mare viteză pentru pasageri trebuie să se realizeze cu prioritate în toate statele Uniunii Europene. Investiţiile în infrastructura de transport şi pentru modernizarea sistemului rulant sunt foarte mari, dar şi beneficiile aduse vor fi pe măsură.
De asemenea, pentru dezvoltarea transportului feroviar, va fi esenţială asigurarea interoperabilităţii, dezvoltarea şi implementarea sistemului ERTMS.
Felicit raportorul şi doresc să îl asigur că avem aşteptari foarte mari de la transportul feroviar.
Kathy Sinnott (IND/DEM). – (EN) Signora Presidente, la relazione sulla mobilità sostenibile per il nostro continente, che abbiamo appena votato, non solo evidenzia la necessità di migliori infrastrutture, ma chiede anche di realizzarle responsabilmente e con rispetto. Sottolinea che gli Stati membri devono tenere d’occhio l’impatto ambientale del potenziamento delle infrastrutture, nonché esaminare i trasporti tenendo conto dei fattori socioeconomici in materia di sicurezza.
Ciò è particolarmente rilevante per il mio paese, l’Irlanda, in cui al momento vi è un’urgente necessità di dare priorità alla conservazione dei luoghi di interesse naturale e storico. Le autorità irlandesi attualmente stanno distruggendo uno dei più importanti siti archeologici europei nel tentativo di migliorare il sistema dei trasporti irlandesi. Quarantuno siti contenenti parte del patrimonio storico europeo, ivi compreso il monumento nazionale di Lismullen, saranno demoliti in vista della costruzione di un’autostrada che sarà fatta passare inutilmente di lì. Dopo la distruzione di questi monumenti, non ci sarà modo di rimpiazzare il patrimonio culturale che con essi sarà andato perduto.
Secondo la relazione sulla mobilità sostenibile, la futura politica in materia di trasporti dovrà ottimizzare le potenzialità proprie di ogni paese per conseguire gli obiettivi di un sistema dei trasporti pulito ed efficiente. L’Irlanda è in grado di raggiungere questo obiettivo, ma un’autostrada che passa per Tara non è la risposta da dare al problema.
Le autorità irlandesi non hanno preso in considerazione percorsi alternativi: al contrario, costruendo strade stanno abbattendo importanti siti storici come quello di Baronstown, che è stato distrutto sei giorni fa alle 4 del mattino. Né hanno considerato la possibilità di riportare in vita una vecchia linea ferroviaria presente nella zona per trasportare i pendolari a Dublino, riducendo in tal modo il traffico sulle strade e i consumi di carburante. Dovremmo tornare ai vecchi metodi di trasporto, come il treno che una volta passava vicino a Tara.
Se da una parte sono d’accordo con questa Europa sostenibile e con il miglioramento delle infrastrutture per i trasporti, credo fermamente che non possiamo e non dobbiamo sacrificare uno dei più preziosi siti archeologici d’Europa per un’autostrada mal concepita.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. – (DE) In seguito alla preparazione di un esame dettagliato da parte della commissione per i trasporti e il turismo, sei anni dopo la pubblicazione del Libro bianco sui trasporti, vorrei esprimere il mio sostegno alla realizzazione delle reti transeuropee e all’utilizzo di intelligenti sistemi di trasporto e di tecnologie innovative.
Deploro l’inattività finanziaria nello sviluppo delle infrastrutture, che costituisce un grave rischio per la crescita economica europea. I fondi comunitari per le reti transeuropee restano limitati, tuttavia il reale vantaggio del programma per la rete transeuropea di trasporto può essere sfruttato soltanto costruendo la rete nella sua interezza. Pertanto invito la Commissione a presentare proposte in vista di una possibile estensione delle nuove opzioni e di innovativi meccanismi di finanziamento.
Riguardo agli effetti negativi dei trasporti sull’ambiente, è stato dimostrato che perfino un modesto mutamento nell’equilibrio modale ridurrebbe considerevolmente la congestione sulle strade. Per questo motivo sono ansioso di leggere la valutazione dei costi ambientali esterni che la Commissione è tenuta a presentare entro il 2008.
Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. – (DE) La relazione Barsi-Pataky in realtà non segna un passo avanti: è per questo che mi sono astenuto. A me sta benissimo rinnovare il nostro impegno verso la rete transeuropea dei trasporti e proclamare che persino una minima variazione nell’equilibrio tra i diversi modi di trasporto ridurrebbe sensibilmente la congestione sulle strade. Occorre rammentare, tuttavia, che molti tragitti, in particolare in città, sono congestionati perché le condizioni del trasporto pubblico locale ne fanno un’alternativa poco attraente. A parte sostenere questo principio a parole, l’UE ha fatto ben poco per giungere a soluzioni intelligenti in questo campo.
Per quanto riguarda i controversi Gigaliner, non vi è motivo per cui la collettività dovrebbe pagarne il prezzo sotto forma di maggiori costi di manutenzione delle strade e maggiori rischi per la sicurezza, a vantaggio degli autotrasportatori, in termini di possibili risparmi. Se vogliamo che la protezione ambientale sia scritta a chiare lettere (si avanzano infatti argomenti ambientali a favore di questi giganteschi mezzi pesanti), dobbiamo intensificare i nostri sforzi per compiere progressi di rilievo nel campo dei veicoli ecologici. Il Parlamento europeo potrebbe dare il buon esempio in questo ambito, a partire dal proprio parco auto.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’insoddisfazione per l’applicazione e per i risultati della politica dei trasporti europea non nega i miglioramenti conseguiti, dalla sicurezza dei trasporti alla qualità del servizio o in termini ambientali.
Ma molto resta ancora da fare.
Le limitazioni ai finanziamenti comunitari sono tra le principali cause delle carenze di questa politica. L’unico modo di evitare ritardi e il riorientamento delle priorità consiste nell’adottare forme innovative di finanziamento, come i partenariati pubblico-privato e la sovvenzione dei progetti da parte degli Stati membri.
I fondi comunitari per il finanziamento dei progetti di trasporti transeuropei sono limitati. E’ per questo che dovrebbero concentrarsi sulle tratte transfrontaliere il cui valore aggiunto permetterebbe la realizzazione di una rete di trasporti transeuropea interconnessa e interoperabile.
Tuttavia, è fondamentale evitare di creare un mosaico di reti nazionali: la Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, deve garantire l’applicazione e l’esecuzione della legislazione europea in materia di trasporti.
Infine, è necessario intensificare la cooperazione a livello europeo, nazionale, regionale e locale per creare legami tra le buone prassi e la politica dei trasporti e altre politiche nazionali o comunitarie in ambiti quali l’energia, l’ambiente, il turismo e l’innovazione.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), în scris. – Domeniul transporturilor este esenţial pentru dezvoltarea economică a tuturor regiunilor Uniunii Europene, prin crearea de locuri de muncă, asigurarea liberei circulaţii a persoanelor şi a mărfurilor şi dezvoltarea întreprinderilor.
Calea navigabilă interioară Uniunii Europene formată din Rhin, canalul Main şi Dunăre scurtează distanţa dintre partea de nord-vest si partea de sud-est a Uniunii Europene cu aproape 4000 de kilometri, asigurând în acelaşi timp dezvoltarea unui mod de transport mai puţin poluant. Sper ca programele NAIADES şi Marco Polo II să sprijine mai mult statele membre să îşi dezvolte transportul naval.
Interoperabilitatea, interconectarea reţelelor europene de infrastructură şi dezvoltarea de terminale multi-modale vor contribui la o dezvoltare echilibrată a tuturor modalităţilor de transport.
Nu trebuie însa să uităm că una din cauzele schimbărilor climatice este poluarea datorată mijloacelor de transport. Este important că 70% din cele 30 de proiecte prioritare sunt dedicate transportului feroviar şi celui naval. Sper însa ca lista celor 30 de proiecte prioritare să fie extinsă în curând pentru a include mai multe proiecte ale noilor state membre şi pentru a fructifica ieşirea Uniunii Europene la Marea Neagra.
– Iniziative per contrastare le malattie cardiovascolari (B6-0277/2007)
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Abbiamo votato a favore di questa risoluzione perché sappiamo che la realtà delle malattie cardiovascolari è preoccupante. E’ importante migliorare le conoscenze circa la prevenzione dei fattori di rischio di queste malattie. Perciò, è vitale che le iniziative contenute in questa risoluzione siano prese in considerazione.
Sappiamo che salute significa completo benessere fisico, mentale e sociale. Le maggiori contraddizioni tuttavia si rilevano nella società moderna, caratterizzata dallo stress, in cui resta poco tempo per riposare, da passare con la famiglia, per prenderci cura della nostra salute fisica e del nostro equilibrio psichico, per non parlare della cattiva alimentazione e della mancanza di tempo da dedicare all’esercizio fisico, oltre a una perdita di diritti in campo lavorativo, che si traduce in orari di lavoro troppo lunghi e in una riduzione delle ferie, per non parlare della disoccupazione, la cui minaccia è sempre in agguato. Tutto ciò si ripercuote pesantemente sulla vita delle persone, sul loro equilibrio e, di conseguenza, sul proliferare delle malattie cardiovascolari.
Ma questa campagna di sensibilizzazione e di prevenzione delle malattie cardiovascolari non si deve trasformare in una bandiera per la comunitarizzazione della salute. Quello che chiediamo è che il servizio di sanità pubblica sia tutelato e che ogni Stato membro abbia il compito di provvedere al suo mantenimento e alla sua gestione con lo scopo di garantire il diritto di tutti alla salute, non soltanto di coloro che hanno i soldi per pagarsela.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione che mira ad affrontare la principale causa di morte oggi in Europa: le malattie cardiovascolari. Le strategie di prevenzione, le campagne di sensibilizzazione pubblica e la promozione di uno stile di vita sano sono tutti aspetti consigliati dalla risoluzione: perciò essa incontra il mio sostegno.
James Nicholson (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Dal momento che le malattie cardiovascolari sono la causa di oltre il 40 per cento di tutti i decessi registrati nell’Unione europea, è necessario affrontare urgentemente l’argomento sia a livello nazionale, sia a livello di Unione europea. Gli Stati membri stessi possono fare molto, migliorando il monitoraggio dei rischi, preparando linee guida per la prevenzione ecc. Tuttavia, questo è chiaramente un campo in cui l’UE può fornire “valore aggiunto” promovendo lo scambio delle informazioni tra gli Stati membri. Vedo con favore la richiesta, contenuta nella risoluzione, di creare una banca dati europea per il monitoraggio della prevalenza, della mortalità, della morbilità e dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari. Tale banca dati può dare un grosso contributo per agevolare e migliorare la prevenzione a livello di Stati membri.
– Accordo PNR con gli Stati Uniti d’America (RC-B6-0278/2007)
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Inaccettabile è il minimo che si possa dire del recente accordo tra l’UE e gli USA relativo alla fornitura dei dati del codice di prenotazione (PNR) delle compagnie aeree al dipartimento per la Sicurezza Interna degli Stati Uniti (DHS). Tra i molti deplorevoli aspetti del provvedimento, i più cospicui sono i seguenti:
il trasferimento dei dati si fonda su garanzie non vincolanti che possono essere modificate unilateralmente dal DHS in qualunque momento;
i dati possono essere utilizzati per scopi non specificati e il periodo in cui saranno conservati passerà da tre anni e mezzo a quindici anni, inoltre, non vi è alcuna garanzia che dopo tale periodo di quindici anni (di cui sette “attivi” e otto “latenti”) i dati siano effettivamente distrutti;
una serie di dati sensibili (per esempio, i dati personali relativi alle origini razziali o etniche, alle opinioni politiche, religiose o alle convinzioni filosofiche e all’adesione a sindacati, nonché altre informazioni relative alla salute e alla vita sessuale) sarà a disposizione del DHS.
L’accordo si riferisce anche a un possibile futuro sistema PNR europeo nell’ambito di uno o più Stati membri, dichiarando inoltre che anche questi dati potrebbero essere messi a disposizione del DHS.
In una parola: intollerabile.
Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) Sono soddisfatta che l’Unione europea abbia raggiunto un accordo con gli Stati Uniti in merito al trasferimento dei dati dei passeggeri. Riconosco che un accordo europeo era necessario prima che l’accordo provvisorio giungesse a scadenza. Tuttavia, mi rincresce che questo accordo presenti gravi carenze in ambiti di cruciale importanza per il Parlamento.
La riduzione della quantità dei dati trasferiti è un dettaglio di poco conto. Il passaggio dal sistema pull a quello push è un risultato del 2004: avrebbe dovuto essere applicato da molto tempo.
Sono lieta che la legislazione statunitense in materia di protezione dei dati sia stata estesa agli europei, perché questo era ciò che avevamo chiesto. Tuttavia, questo risultato è minacciato dal fatto che si tratta di garanzie non vincolanti, non di un accordo giuridicamente vincolante. Inoltre, il dipartimento per la sicurezza interna si riserva il diritto di introdurre deroghe, senza alcun preciso criterio, alla protezione dei dati.
Infine, condanno l’assenza di controllo democratico, il sostanziale prolungamento del periodo di tempo durante il quale i dati personali saranno conservati (portato a 15 anni) e l’assenza di una valutazione formalmente adeguata di questo accordo. Abbiamo chiesto che questi punti costituiscano la base del nuovo accordo PNR; mi rincresce che il Consiglio non abbia ascoltato queste richieste del Parlamento.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Dariusz Rosati sulla zona euro nel 2007 che è stata presentata al Parlamento europeo in un momento in cui è necessario incoraggiare altri Stati membri a perseverare nei loro sforzi di adesione alla zona euro.
Dopo Malta e Cipro, la domanda della Slovacchia di aderire alla zona euro sarà esaminata l’anno prossimo. Sotto il precedente governo di Mikuláš Dzurinda, la Slovacchia era considerata uno dei dieci nuovi Stati membri meglio preparati per l’introduzione della moneta unica. Dopo l’esperienza della Lituania, la cui domanda ha vacillato soltanto per il mancato rispetto del parametro indicativo dell’inflazione, e incoraggiata dall’adesione della Slovenia alla zona euro il 1º gennaio 2007, credo che la Slovacchia dovrà adottare una posizione responsabile e garantire una conformità sostenibile ai criteri di Maastricht.
Riguardo all’introduzione della moneta unica europea nei nuovi Stati membri, vorrei attirare ancora una volta la vostra attenzione sulla dichiarazione scritta in merito alla necessità di creare banconote da uno e da due euro, adottata dal Parlamento europeo nell’ottobre 2005. L’assenza di tali banconote impedisce ai cittadini europei (in Slovacchia, per esempio, lo stipendio mensile è pari ad appena qualche centinaia di euro) di apprezzare appieno il maggiore valore dei centesimi di euro.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa dell’onorevole Rosati, elaborata in risposta alla dichiarazione annuale 2007 della Commissione europea sulla zona euro. Inizio congratulandomi per il successo tecnico e finanziario della moneta unica e per il buon funzionamento della zona dell’euro, faccio le mie congratulazioni alla Slovenia, che spero avrà presto come Presidente il mio amico Alojz Peterle, il quale dovrebbe essere il prossimo Presidente in carica dell’Unione europea, per essere riuscita ad aderire alla zona dell’euro il 1° gennaio 2007, e auguro a Cipro e Malta di riuscire a fare lo stesso il 1º gennaio 2008.
Diventa essenziale, come periodicamente sottolinea Nicolas Sarkozy, Presidente della Repubblica francese, rafforzare il funzionamento della zona euro, sia nelle sue strutture, sia nell’amministrazione economica concreta. Allo stesso modo, alcuni Stati membri, tra cui la Francia, devono approfittare di questa favorevole congiuntura economica per mettere ordine nelle proprie finanze pubbliche. Infine, è urgente che l’Unione economica e monetaria (UEM) si accordi con la Banca centrale europea (BCE) per aumentare la coerenza tra la politica monetaria, la crescita e l’occupazione, come previsto dai Trattati.
Jonathan Evans (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il partito conservatore britannico si oppone fermamente all’ingresso del Regno Unito nella zona euro, e in conformità alla normale prassi, ci siamo astenuti dalla votazione finale sulla relazione Rosati. Nondimeno, siamo ben consci dell’esigenza di una politica monetaria giudiziosa del blocco commerciale dell’Unione europea e ci opponiamo, in particolare, ai tentativi di subordinare l’applicazione della politica monetaria a disegni politici.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione “si rallegra per il miglioramento della congiuntura nel 2006” nella zona euro, ma non riesce a nascondere alcuni timori e i rischi per il futuro sviluppo della zona euro. La verità è che i profitti, in percentuale del PIL, sono tra i più elevati mai raggiunti, mentre i salari continuano a rallentare e crescono meno velocemente del tasso di produttività del lavoro; in altre parole, gli aumenti di produttività continuano ad andare a vantaggio dei datori di lavoro.
La relazione ignora le tensioni sociali e sostanzialmente tralascia di analizzare l’aumento delle sperequazioni e della povertà nell’Unione europea, del lavoro sempre più precario e degli alti tassi di disoccupazione. E’ sempre più difficile giustificare nuovi blocchi degli aumenti degli stipendi e chiedere di stringere ancora la cinghia quando i frutti della ricchezza continuano, come al solito, ad andare ai gruppi finanziari ed economici.
In realtà, ciò che vogliono ignorare è che l’intervento più importante per consolidare questo momento del ciclo economico consiste nel far crescere i salari e gli investimenti pubblici, al fine di stimolare la domanda. Questo è proprio quello che la relazione non fa, insistendo sulla tesi del consolidamento del bilancio e della stabilità dei prezzi; in altre parole, meno investimenti pubblici e più moderazione salariale.
Noi ci opponiamo a questa strategia: è per questo che voteremo contro la relazione.
Hélène Goudin (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione fornisce un quadro chiaro di come l’Unione economica e monetaria vada di pari passo con la creazione di uno Stato dell’Unione europea. La relazione auspica un più stretto coordinamento tra le politiche economiche degli Stati membri: essa ritiene che l’immagine della zona euro all’estero vada rafforzata, e che occorra migliorare il coordinamento interno sulla scena internazionale.
Allo stesso tempo, si osserva che, per esempio, la competitività sta prendendo direzioni diverse nell’ambito della zona euro e che l’apprezzamento dell’euro rispetto, per esempio, al dollaro ha avuto effetti diversi nei vari Stati membri a seconda delle loro strutture economiche e dell’elasticità dei loro settori manifatturieri. La relazione sottolinea inoltre che la politica monetaria della BCE non può essere mai perfettamente in accordo con la situazione di ogni singolo Stato membro.
Sono stati proprio questi i fattori addotti dai sostenitori del “no” al referendum sull’UEM in Svezia nel 2003 e che hanno incontrato il consenso della maggior parte degli elettori svedesi.
Posso soltanto dichiarare che i sostenitori del “no” al referendum sottolineavano, a ragione, che l’UEM era un grande passo avanti sulla strada verso la creazione degli Stati Uniti d’Europa.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. – (PL) Desidero votare a favore della relazione dell’onorevole Rosati, la quale esamina la situazione nella zona euro nel 2007.
Il professor Rosati ha presentato una relazione redatta in modo eccellente, che costituirà certamente una buona base per discutere della situazione economica generale nella zona euro, nonché degli ulteriori provvedimenti e delle sfide che ci attendono.
Nel 2006, la zona euro ha registrato una rapida crescita delle esportazioni. Vi è stata una ripresa della domanda interna, una crescita più rapida del PIL e una diminuzione del tasso di disoccupazione. Sono stati creati due milioni di nuovi posti di lavoro e il tasso d’inflazione è restato costante. Nel frattempo, il deficit di bilancio è sceso.
Allo stesso tempo, e questo è stato rilevato dalla relazione, le maggiori economie continuano ad avere elevati deficit di bilancio. L’insufficiente disciplina di bilancio potrebbe indurre un inasprimento della politica monetaria e un aumento della disparità dei tassi di crescita economica, di produttività e di competitività tra gli Stati membri.
Il relatore ha giustamente osservato che sono necessarie riforme strutturali, così come lo sono attività che mirano a sviluppare la competitività e ad aprire il mercato dei servizi, con possibili ricadute positive sulla crescita e sulla creazione di nuovi posti di lavoro.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), în scris. – Am votat pentru raportul Rosati privind "zona Euro" şi felicit raportorul.
Consider că introducerea euro a determinat o mai mare coeziune între cele 318 milioane de cetăţeni ai Uniunii Europene care utilizează această monedă în viaţa de zi cu zi. Creşterea economică realizată precum şi creşterea gradului de angajare (aproape 2 milioane de noi locuri de muncă) din această zonă sunt dovezi clare că Uniunea Economică şi Monetară a contribuit la stabilitatea macroeconomică a statelor aderente.
Felicit Slovenia pentru aderarea la zona euro începând cu 1 ianuarie 2007. Raportorul propune reanalizarea criteriilor de convergenţă în cazul noilor state membre, având în vedere că inflaţia ar putea face o parte din procesul de relansare economică, dar subliniază că acestea trebuie aplicate conform Tratatului. De asemenea, este nevoie de o mai buna coordonare în domeniul politicii de schimb valutar.
În ciuda performanţelor zonei euro, totalul cheltuielilor pentru cercetare şi dezvoltare ale statelor din zona euro nu depăşeşte 2% din PIB, ceea ce este sub ţinta de 3% stabilita de Strategia de la Lisabona.
Statele din zona euro trebuie să reprezinte un model de dezvoltare economică şi socială pentru celelalte state membre ale Uniunii Europene.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione sulla relazione d’iniziativa dell’onorevole Gay Mitchell sul rapporto annuale della Banca centrale europea per il 2006. In realtà, se da un lato tengo molto all’indipendenza della Banca centrale europea (BCE) perché la nostra storia economica e monetaria ci insegna che non si deve mai affidare alla politica la gestione della moneta, ritengo che la relazione non metta sufficientemente l’accento sul problema della scarsa attenzione che il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) dedica alla crescita economica. Va sempre ricordato che l’articolo 105 del Trattato che istituisce la Comunità europea prevede che, fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostenga le politiche economiche generali nella Comunità, al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi definiti nell’articolo 2, ossia, in particolare, la promozione di uno sviluppo equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici. Se, per mantenere i nostri conti in attivo, dobbiamo avere un euro solido, non dobbiamo però avere un euro troppo forte per una crescita economica durevole, in particolare per quanto riguarda le esportazioni.
Jonathan Evans (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il partito conservatore britannico si oppone fermamente all’ingresso del Regno Unito nella zona euro, e in conformità alla normale prassi ci siamo astenuti dalla votazione finale sulla relazione Mitchell. Nondimeno, siamo ben consci dell’esigenza di una politica monetaria giudiziosa nel blocco commerciale dell’Unione europea e ci opponiamo, in particolare, ai tentativi di subordinare l’applicazione della politica monetaria a disegni politici.
Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) Ho due commenti da fare in merito alle due relazioni, su cui abbiamo votato oggi, sull’operato della Banca centrale europea e sulla zona euro.
Il primo è che si ha l’impressione che, in materia di moneta unica, nulla sia sotto controllo. E’ vero, esiste, e allora? Non produce crescita, dovrebbero farlo invece le riforme di bilancio e strutturali ad essa collegate, ma non più di quanto produca crescita una convergenza dei cicli economici, dei risultati, dei tassi di interesse fissati dalle banche. Per quanto riguarda la politica monetaria europea, non si può fare altro che continuare a deplorare la sua incapacità di soddisfare le esigenze degli Stati membri della zona euro, nonché gli otto innalzamenti del tasso di riferimento della Banca centrale europea in 18 mesi, le loro dubbie motivazioni e la continua assenza di qualunque tipo di politica dei tassi di cambio.
Si può notare soprattutto, e questa è la mia seconda osservazione, che, nonostante il processo, a mio avviso illegittimo, di riforma dei Trattati, non si metta assolutamente in discussione l’obiettivo dichiarato di questa politica, e non si obblighi finalmente la banca di Francoforte a sostenere la crescita e l’occupazione rispetto alla creazione ideologica di una zona monetaria europea. Il Presidente Sarkozy, che sta svolgendo il ruolo di ministro delle Finanze in questa occasione, non sembra in grado di far progredire la situazione.
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione sulla situazione in Medio Oriente.
Rimango profondamente preoccupata per la situazione umanitaria dell’intera popolazione civile palestinese. Occorre prendere misure concrete per migliorare le condizioni di vita di tutti i palestinesi, come ad esempio il trasferimento di tutte le entrate fiscali, la rimozione parziale dei 500 sbarramenti in Cisgiordania, l’apertura dei passaggi della striscia di Gaza agli aiuti internazionali.
In qualità di deputata socialista francese al Parlamento europeo, invito il Parlamento europeo e la comunità internazionale a compiere ogni possibile sforzo per garantire la fornitura di aiuti umanitari e di emergenza alla popolazione di Gaza.
Invoco infine la ripresa del dialogo politico interno tra i palestinesi, con l’obiettivo di formare un nuovo governo in uno spirito di riconciliazione e di unità nazionale e quindi di impedire la divisione geografica e politica della Cisgiordania e di Gaza.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione, che condanna la presa di potere di Hamas a Gaza; apprezzo in particolare la decisa affermazione che la crisi attuale non deve servire da pretesto per bloccare gli sforzi tesi a raggiungere una pace duratura.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La situazione della Palestina suscita gravi preoccupazioni; oltre a dimostrare che il nocciolo della questione non è Israele – come moltissimi osservatori hanno ripetutamente affermato – offre anche la prova lampante di due tristi verità. Da un lato, vi sono gruppi disposti a tutto pur di impadronirsi del potere con la forza ed esercitarlo con la violenza; dall’altro, poiché la sua stessa sopravvivenza è minacciata, l’Autorità nazionale è un partner incapace di concludere accordi e addirittura di mettere ordine in casa propria.
Noi tutti – Medio Oriente, Israele ed Europa – abbiamo bisogno di un interlocutore dotato dell’attendibilità necessaria per condurre i negoziati e della forza necessaria per applicare gli accordi conclusi; in caso contrario, sarà impossibile portare a buon fine i negoziati di pace. Tuttavia, è anche impossibile definire un accordo in materia di pace e sicurezza senza determinazione; dobbiamo porci l’obiettivo inequivocabile di giungere alla coesistenza sicura e pacifica di due Stati, e niente di meno. A tale scopo dobbiamo individuare e riconoscere i concreti elementi che ostacolano la pace e la sicurezza, invece di distribuire le colpe, come spesso avviene, come se tutte le azioni si equivalessero.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Noi voteremo contro la proposta di risoluzione sulla situazione in Medio Oriente.
Con ipocrite espressioni di soddisfazione, questa risoluzione del Parlamento europeo sulla situazione in Medio Oriente vuole semplicemente nascondere la politica imperialistica condotta dall’Unione europea in quella zona. Essa cela l’enorme responsabilità dell’Unione europea, la politica tesa costantemente a equiparare aggressori e vittime e gli interventi imperialistici di Stati Uniti, Unione europea e NATO, che consentono il perpetuarsi dell’occupazione israeliana nei territori palestinesi e dei crimini perpetrati dal governo israeliano contro il popolo palestinese.
Gli interventi imperialistici architettati da Stati Uniti, NATO e Unione europea con l’obiettivo di creare un “Nuovo Medio Oriente”, insieme all’avventuristica politica israeliana nel più ampio contesto della regione, sono la causa della pericolosa situazione nei territori palestinesi, in Libano e più in generale nell’intera zona. Gli scopi fondamentali della lotta dei popoli della regione sono l’immediato ritiro dell’esercito d’occupazione israeliano dai territori palestinesi, la fondazione di uno Stato palestinese indipendente con capitale a Gerusalemme est e la fine degli interventi imperialistici nei paesi del Medio Oriente.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa dichiarazione di voto intende solo sottolineare che, nonostante la risoluzione accenni ad alcuni degli aspetti più importanti dell’attuale situazione pakistana, il contenuto del documento serve sostanzialmente a celare la partecipazione del governo pakistano all’invasione e occupazione dell’Afghanistan da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati, e alla loro successiva “sostituzione” a opera della NATO. Non si menzionano le pressioni che le autorità pakistane ammettono ormai di aver subito da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati europei affinché collaborassero all’attacco contro l’Afghanistan. Analogamente, si ignorano i bombardamenti effettuati dalla NATO nella zona di frontiera tra Afghanistan e Pakistan, che hanno provocato la morte di molti civili innocenti su entrambi i versanti del confine.
Tipico caso di politica dei due pesi e delle due misure…
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il fatto che l’Europa, gli Stati Uniti e il mondo in generale abbiano bisogno della collaborazione del Pakistan nella vitale lotta contro il terrorismo, e contro Al-Qaeda in particolare, non significa che il governo del Pakistan – il quale si presenta oggi come un vero e proprio regime presidenziale – goda del nostro sostegno incondizionato; al contrario. Abbiamo il dovere di difendere i valori fondamentali e il carattere irrinunciabile della democrazia, ed è questo lo spirito con cui l’Unione condurrà le proprie relazioni con il Pakistan, specialmente alla vigilia delle elezioni. Fatta questa premessa, occorre comunque sottolineare che la recente vicenda della Moschea rossa dimostra – se ce ne fosse ancora bisogno – il pericolosissimo e concreto dinamismo della minaccia del radicalismo islamico.
Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) La Macedonia che conobbi per la prima volta nel 1962 poteva vantare numerose caratteristiche che erano retaggio di secoli passati: le tradizionali casette dei villaggi, le piste di terra battuta su cui ci si spostava a cavallo o sui carri, i costumi tradizionali e i diversi gruppi etnici che convivevano sovrapponendosi. La Macedonia di 45 anni dopo è il risultato dei radicali mutamenti che si sono verificati da allora.
Negli anni ’90, all’epoca della dissoluzione della Jugoslavia, l’Unione europea ha commesso a mio avviso alcuni gravi errori. La disintegrazione del paese fu negata troppo a lungo, e quando alla fine ci decidemmo ad ammettere la realtà, scegliemmo comunque di ignorare quel che restava della diversità etnica. In alcuni casi furono riconosciuti confini sbagliati, si ricorse senza necessità allo spiegamento di mezzi militari e si decise di effettuare un’ingerenza inopportuna; in Macedonia, però, questi danni furono proporzionalmente più limitati. In qualità di relatore, mi auguro di poter contribuire alla pace, alla democrazia, alla riconciliazione e al progresso di quel paese. I 558 voti con cui la nostra Assemblea ha approvato la mia relazione sono un passo nella direzione giusta, in vista dell’adesione della Macedonia all’Unione europea, già richiesta ma finora senza esito. La prossima relazione annuale, spero, potrà annunciare il superamento dei principali ostacoli ancora esistenti e l’apertura dei negoziati di adesione da parte del Consiglio.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Abbiamo votato contro la relazione, non soltanto perché siamo contrari all’Unione europea e all’integrazione della FYROM nella medesima, ma anche perché, a nostro avviso, l’intervento dell’Unione europea complica pericolosamente la situazione della regione, mettendo a repentaglio le procedure tese a individuare una soluzione comune e reciprocamente accettabile nel quadro dell’ONU.
Non intendiamo certo concentrare la nostra attenzione sul nome, nella misura in cui si tratta di una designazione geografica priva di riferimenti a minoranze etniche o posizioni irredentistiche.
La radice di tutti questi problemi è da ricercarsi nei progetti degli imperialisti, negli interventi dell’Unione europea, degli Stati Uniti e della NATO nei Balcani e nelle modifiche dei confini; l’integrazione della FYROM e di altri paesi balcanici nell’Unione europea e nella NATO produrrà nuovi problemi a danno dei popoli. La storia delle relazioni tra il nostro paese e la FYROM e lo sviluppo delle questioni di Cipro e del Mar Egeo dimostrano che l’Unione europea, gli Stati Uniti e la NATO non garantiscono affatto la pace e la sicurezza; al contrario, insidiano l’indipendenza nazionale e coinvolgono in situazioni pericolose il nostro e altri paesi della regione.
I partiti Nuova Democrazia, PASOK, Synaspismos e Laos ingannano il popolo con un patriottismo a buon mercato attento solo alla questione del nome, mentre contemporaneamente attuano una politica di complicità con gli imperialisti responsabili della situazione nei Balcani.
Il nostro popolo, insieme agli altri popoli della regione, può…
(Il resto dell’intervento è stato eliminato in quanto supera il limite di 200 parole)
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Non ho votato a favore della relazione Meijer nella sua forma definitiva, in quanto avrei preferito che si desse maggior rilievo alle posizioni e ai sentimenti di parte greca nonché ai negoziati bilaterali sul nome del paese nostro vicino, attualmente in corso sotto l’egida dell’ONU.
Temo vivamente che l’occasione storica per giungere a un compromesso soddisfacente con la FYROM, sotto forma di un nome composito accettabile per entrambe le parti, sia stata perduta una volta per tutte nel 1992. Il mio partito continua a sostenere una soluzione che preveda un nome composito accettabile per entrambe le parti, insieme a ogni iniziativa costruttiva in materia. Tuttavia, a nostro avviso il nome del paese vicino non costituisce una priorità centrale della nostra politica estera.
Tobias Pflüger (GUE/NGL), per iscritto. – (DE) Ho votato contro la relazione sulla “ex Repubblica jugoslava di Macedonia” del mio collega di gruppo, onorevole Erik Meijer, in quanto, contro il parere del relatore, la commissione per gli affari esteri ha inserito al punto 3 della relazione le seguenti considerazioni: il Parlamento europeo, si afferma, “loda il governo macedone per la sua cooperazione nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica europea di sicurezza e difesa (PESD), in particolare la sua partecipazione alla missione ALTHEA dell’UE e la sua volontà a contribuire allo sviluppo delle capacità della PESD e alle future missioni guidate dall’UE per la gestione delle crisi civili e militari”.
Adottare tale posizione avrebbe conseguenze catastrofiche. Questo punto giudica favorevolmente la PESC, che in realtà equivale a una militarizzazione dell’Unione europea. La formula adottata costringe un potenziale paese candidato a partecipare già ora alla componente militare dell’Unione europea e ad armarsi per contribuire allo sviluppo delle “capacità della PESD”. Si esprime un giudizio favorevole pure sulla missione ALTHEA, la quale – tra l’altro – è un ottimo simbolo dei maneggi finanziari che si accompagnano alle missioni militari dell’Unione europea, tramite meccanismi come ATHENA, non sottoposti al controllo del Parlamento. Il Parlamento europeo non deve partecipare a misure tese a perpetuare la militarizzazione dell’Unione europea. Il resto della relazione è migliore delle consuete relazioni del Parlamento europeo sui paesi balcanici.
– Accordo TRIPS e accesso ai medicinali (B6-0269/2007)
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione sull’accordo TRIPS e l’accesso ai medicinali.
Ritengo che l’accesso ai prodotti farmaceutici a prezzi accessibili nei paesi poveri in via di sviluppo e nei paesi meno sviluppati sia essenziale per conseguire gli obiettivi di sviluppo proposti dall’Unione europea; a mio avviso, la disponibilità di questi medicinali contribuirebbe a ridurre la povertà, ad accrescere la sicurezza umana e a promuovere i diritti dell’uomo e lo sviluppo sostenibile. Di conseguenza, la politica dell’Unione europea dovrebbe tendere ad accrescere al massimo la disponibilità di prodotti farmaceutici a prezzi accessibili nei paesi in via di sviluppo.
Invito infine il Consiglio a sostenere i paesi in via di sviluppo che utilizzano le flessibilità previste dall’accordo TRIPS e riconosciute nella dichiarazione di Doha, per mettere in grado tali paesi di fornire i medicinali più importanti a prezzi accessibili nel quadro dei propri programmi nazionali di sanità pubblica.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Dopo la dichiarazione di Doha, l’applicazione del meccanismo mirante a dare accesso ai medicinali si è risolta in un fallimento: infatti, è servita sostanzialmente da alibi per includere i paesi meno sviluppati, soprattutto quelli africani, nel programma negoziale per la liberalizzazione del commercio mondiale.
I grandi monopoli farmaceutici non sono certo disposti a mettere in discussione i favolosi profitti derivanti dai brevetti e dall’immenso “affare” della salute.
In tal modo, milioni di esseri umani vengono defraudati del diritto alla salute. La ricerca tesa a individuare nuove cure viene orientata verso i “palliativi”, poiché il perpetuarsi delle malattie è più lucroso: il capitalismo commercializza la vita.
La Banca mondiale e l’FMI subordinano prestiti e aiuti alla privatizzazione e alla liberalizzazione dei sistemi sanitari nazionali, che cadono progressivamente nelle mani dei più importanti operatori multinazionali.
La sanità non può rientrare nelle competenze dell’OMC, il principale organismo responsabile per la concorrenza e il commercio.
Occorre assicurare a ogni paese il diritto di garantire il diritto alla salute.
Il settore pubblico svolge un ruolo insostituibile nel garantire tale diritto con la prestazione dell’assistenza sanitaria preventiva e di base, con la promozione della ricerca a beneficio di tutti, ma anche con la produzione di medicinali e vaccini che non devono sottostare alle restrizioni imposte dai brevetti e da altre forme di licenza che limitano l’accesso dei cittadini a beni e servizi essenziali.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa risoluzione, che chiede di intensificare gli sforzi per garantire ai paesi in via di sviluppo e ai paesi meno sviluppati l’accesso ai medicinali; in particolare, sono convinto che il Consiglio debba sostenere i paesi in via di sviluppo che ricorrono alle flessibilità previste dall’accordo TRIPS. Approvo inoltre l’invito – rivolto dalla risoluzione alla Commissione e agli Stati membri – a fornire un sostegno finanziario alla produzione locale di medicinali nei paesi in via di sviluppo.
Jean-Claude Martinez (ITS), per iscritto. – (FR) L’accostamento tra “medicinali e paesi poveri del sud” pone un problema in termini di conciliazione tra “diritto di proprietà intellettuale dei laboratori farmaceutici e diritti umani all’assistenza sanitaria”.
A Hong Kong il Vertice dell’OMC ha raggiunto un accordo i cui risultati devono però ancora farsi sentire per quanto riguarda la tubercolosi, la malaria e l’AIDS: i medicinali, generici o no, non sono accessibili alle popolazioni.
Tuttavia, quest’audace soluzione presuppone sostanzialmente che il concetto di “patrimonio comune dell’umanità”, risalente agli anni ’60, venga ripreso in questa sede.
Le malattie principali vengono diffuse in tutto il mondo da migranti e viaggiatori, e possono colpire duramente l’umanità: ne abbiamo avuto l’esempio con la SARS e l’influenza aviaria. Per malattie planetarie occorrono quindi medicinali planetari.
I medicinali usati per curare le malattie diffuse in tutto il mondo devono quindi avere un “brevetto patrimonio comune dell’umanità”.
Lo stato giuridico di questi brevetti del XXI secolo dovrebbe essere aperto, così come la tassa da versare grazie a contributi intergovernativi. Si può prendere in considerazione l’opportunità di istituire “partenariati tra pubblico e privato” che comprendano “aziende farmaceutiche multinazionali e l’OMS” oppure i governi; si può anche pensare a una “Compagnia” dotata di statuto internazionale, come quello previsto per l’esplorazione dei fondali marini.
L’elemento più importante è il principio innovativo della gestione a livello mondiale dei rischi derivanti da pandemie planetarie.
– Controllo democratico nell’ambito dello strumento di cooperazione allo sviluppo (B6-0310/2007)
Karin Scheele (PSE), per iscritto. – (DE) La risoluzione odierna è già la quarta nel giro di pochi mesi e dimostra l’importanza del controllo parlamentare in materia di finanziamento della cooperazione allo sviluppo. Nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, l’Unione europea deve dare priorità alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Malauguratamente, parecchi documenti di strategia nazionale non si concentrano in maniera sufficientemente decisa sulla lotta contro la povertà. La Commissione deve informare il Parlamento sui risultati delle attività programmate per combattere la povertà.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Sono lieta che le proposte avanzate dal gruppo PPE-DE non siano state bloccate, in quanto hanno conferito una base più solida al gesto politico contenuto nella relazione. Come tutti sappiamo, i negoziati di adesione con l’Ucraina non possono cominciare subito, ma piuttosto in un arco di dieci o più anni, benché in questa sede tutti – tranne i politici più estremisti – desiderino l’adesione dell’Ucraina. Non amo i gesti a buon mercato, e quindi approvo i saggi emendamenti apportati alla relazione. Ciò costituirà un importante segnale di attività democratica prima delle elezioni ucraine, e in particolare promuoverà la conclusione del trattato sulla cooperazione economica rafforzata, che rappresenta a sua volta un progresso concreto verso l’integrazione con l’Europa. Ringrazio gli onorevoli Kamiński e Brok per la loro disponibilità alla conclusione di questo compromesso.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) La relazione del collega Kamiński è il frutto di un’attenta riflessione sulla futura configurazione dell’Europa e sulla possibilità, da parte nostra, di riuscire a costruire un’Europa basata su principi cristiani.
Cosa significa l’Ucraina per l’Unione europea? A mio parere, l’Ucraina è uno dei più importanti partner strategici dell’Unione, ed è quindi incoraggiante che, con questa relazione, il Parlamento europeo tenda la mano per venire in aiuto a Kiev. Solo la prospettiva di un futuro europeo può stimolare l’Ucraina a continuare il processo riformatore. Questa relazione è il primo documento ufficiale che invii un segnale positivo e costruttivo all’Ucraina, e in particolare alle forze che, in quel paese, sono favorevoli all’Europa e alla democrazia; a tre anni di distanza dalla rivoluzione arancione, ciò incoraggerà l’Ucraina a completare l’opera dell’integrazione europea.
Ho votato con entusiasmo per questa relazione, e come membro della delegazione al comitato di cooperazione parlamentare UE-Ucraina lavorerò per applicarla. I paesi postcomunisti, che hanno avuto un passato totalitario e sanno bene quanto sia arduo e impegnativo soddisfare tutti i criteri necessari per entrare nella famiglia europea, dimostrano all’Ucraina una solidarietà particolare e garantiscono che per l’Ucraina la porta della casa europea rimarrà sempre spalancata.
Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, desidero esporre una dichiarazione di voto orale a nome del mio gruppo.
L’Ucraina è un importante paese europeo, di cui è necessario sostenere lo sviluppo democratico, costituzionale, economico e sociale anche nell’interesse della stessa Unione europea.
Un accordo rafforzato tra Ucraina e Unione europea rappresenta a tale scopo uno strumento di grande rilievo.
Occorrono ora numerosi passi pratici, come l’adesione all’OMC, un’area di libero scambio, una politica di vicinato rafforzata e qualche forma di Spazio economico europeo. I cittadini ucraini devono sapere che la democrazia opera a loro vantaggio.
La misura in cui l’Unione europea può offrire la prospettiva di un futuro europeo dipende non solo dalla capacità di riformarsi dell’Ucraina, ma anche da quella dell’Unione stessa.
Il popolo ucraino non ha bisogno di promesse che potrebbero rivelarsi poco realistiche o prive di frutti pratici nel futuro prevedibile.
Per tale motivo non è possibile prendere oggi alcun impegno vincolante di ingresso nell’Unione europea, ma neppure si deve scartare definitivamente la possibilità.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, abbiamo adottato una relazione di eccezionale importanza sul mandato negoziale per un nuovo accordo rafforzato tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e l’Ucraina, dall’altro.
Sono convinto che in futuro questo grande, splendido paese entrerà nell’Unione europea; è un traguardo che l’Ucraina potrà raggiungere se continuerà a procedere speditamente sulla strada delle riforme sociali, economiche e politiche e a rafforzare la democrazia e il rispetto dei diritti umani.
Dobbiamo approfondire le nostre relazioni con il nostro vicino orientale, soprattutto in campo economico e culturale; dobbiamo promuovere i progetti riguardanti la gioventù, insieme agli scambi studenteschi e accademici. Per noi è di vitale importanza incoraggiare l’integrazione del settore energetico ucraino nel mercato energetico dell’Unione europea. E’ giunto il momento che l’Unione europea si apra maggiormente nei confronti dell’Ucraina; la relazione che abbiamo adottato è un buon esempio di tale atteggiamento.
Bogusław Rogalski (UEN). – (PL) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole Kamiński sul mandato negoziale per un nuovo accordo rafforzato tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e l’Ucraina, dall’altro, rappresenta un positivo passo in avanti verso il riavvicinamento tra Unione e Ucraina. E’ scandaloso però che questa relazione sia stata elaborata con tanto ritardo. Il timore della Russia e dei suoi progetti, alcuni dei quali riguardano anche l’Ucraina, ha fatto apparire una nuova cortina di ferro, questa volta ai confini occidentali dell’Ucraina. E’ tempo che questa situazione cambi.
A mio avviso, dal punto di vista dell’adesione all’Unione europea l’Ucraina dovrebbe avere la precedenza sulla Turchia. L’Ucraina è un paese europeo assai più della Turchia; fa parte della cultura europea ed è uno Stato di diritto. Inoltre, l’Ucraina riconosce tutti gli Stati membri dell’Unione europea, mentre la Turchia – per esempio – non riconosce l’indipendenza di Cipro. Quindi, per quanto riguarda i futuri negoziati di adesione, la priorità va assegnata all’Ucraina e non alla Turchia, la cui cultura ci è del tutto estranea.
Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signora Presidente, vorrei sottolineare che la relazione dell’onorevole Kamiński è la presa di posizione più importante adottata dal Parlamento europeo nel corso di questa sessione. Giunge in un momento particolarmente opportuno, nonostante l’instabilità politica che attualmente contraddistingue l’Ucraina. Noi – l’Unione europea – trasmettiamo così un segnale chiaro e comprensibile. “Sì, noi siamo uniti, vi invitiamo a collaborare strettamente con noi in futuro e a tempo debito probabilmente vi inviteremo a unirvi a noi”.
In tal modo, noi intendiamo segnalare a tutti gli esponenti politici ucraini favorevoli all’Europa e all’Occidente che vale la pena di impegnarsi nelle riforme, sviluppare la democrazia e trasformare l’immagine del paese. Aggiungo che la voce del Parlamento europeo è particolarmente importante dal punto di vista morale; il motivo è che, ancora una volta, noi ci rivolgiamo a un paese che era compreso nella zona d’influenza sovietica, nell’URSS.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione sull’Ucraina contiene alcuni aspetti che si ripresentano sempre quando si solleva la questione dei rapporti tra l’Unione europea e i paesi dell’Europa orientale. Penso, per esempio, alla raccomandazione di approfondire le riforme interne, nella prospettiva di un totale adeguamento di questi paesi alla dottrina neoliberista dell’Unione europea.
In questo caso, viene indicata come obiettivo principale “la graduale integrazione economica dell’Ucraina nel mercato interno dell’Unione europea”, che assicurerebbe “la creazione di un’economia di mercato competitiva” (con particolare riguardo per il settore energetico) e “una stretta partecipazione dell’Ucraina alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea”. A tutto questo bisogna aggiungere l’eliminazione dalla realtà (e, se possibile, dalla memoria) di qualsiasi traccia dei progressi di civiltà frutto del primo esperimento mondiale di costruzione socialista.
Nonostante le ambizioni nutrite dagli Stati Uniti, dalla NATO e dalle principali potenze dell’Unione europea nei confronti di questo paese – la cui importanza strategica in Europa è particolarmente significativa – essi si troveranno sempre di fronte coloro che, in Ucraina, sono decisi a resistere. Per questo è importante esprimere solidarietà al popolo ucraino e alle recenti dimostrazioni di protesta tenutesi a Odessa contro le esercitazioni militari Sea Breeze 2007, effettuate dagli Stati Uniti e dalla NATO in Ucraina.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione che esamina la questione dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea. Approvo l’invito a risolvere l’attuale crisi, e l’appello rivolto al governo affinché affronti i problemi della corruzione e integri più strettamente i mercati energetici del paese nell’Unione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci rammarichiamo che siano state respinte le nostre proposte, le quali:
– raccomandavano non solo di prestare attenzione alla situazione specifica delle regioni colpite dal cosiddetto “effetto statistico”, le quali hanno subito tagli dei finanziamenti in base all’attuale quadro finanziario, ma anche di sottolineare la necessità di una revisione, affinché tali regioni possano ricevere il medesimo livello di sostegno di cui avrebbero goduto se i criteri di ammissibilità si fossero basati sull’Unione europea a 15;
– chiedevano che la Commissione precisasse rapidamente il contenuto del “partenariato rafforzato”, che essa stessa ha annunciato nei riguardi delle regioni ultraperiferiche, includendovi politiche permanenti, flessibili e adeguatamente finanziate, nonché misure tali da adeguarsi alle esigenze di ciascuna di queste regioni e contribuire a combattere le permanenti limitazioni allo sviluppo che ostacolano tali regioni.
Inoltre:
– invitavano la Commissione a studiare nuovi strumenti per valutare i differenti aspetti dello sviluppo regionale, basati non solo sul PIL pro capite ma anche su altri indicatori come i tassi di disoccupazione e indicatori quantitativi e qualitativi di carattere sociale (come il tasso di povertà, i livelli di istruzione e la disuguaglianza di reddito), perfezionando contemporaneamente le metodologie utilizzate per calcolare le parità di potere d’acquisto, tramite l’elaborazione di indicatori regionali e nazionali più validi.
Miloš Koterec (PSE), per iscritto. – (SK) Sostengo senza riserve la relazione nella versione redatta dall’autrice. Sottoscrivo in particolare la richiesta di adottare misure rigorose per eliminare le carenze più gravi che ostacolano lo sviluppo delle regioni più povere dell’Unione europea, tra le quali si contano parecchie zone della Slovacchia. Vorrei sottolineare che tali regioni richiedono un sostegno speciale a causa delle persistenti difficoltà istituzionali, amministrative ed economiche che le affliggono.
Ribadisco che è estremamente importante evitare gli errori commessi nei vecchi Stati membri, e ripetuti nei nuovi Stati membri tra il 2004 e il 2006; invito quindi la Commissione a presentare una sintesi delle migliori e peggiori prassi, insieme a un vasto elenco di sintetici studi di casistiche, in modo da ridurre al minimo il rischio che in alcune regioni l’assistenza comunitaria venga distribuita in modo poco razionale. E’ importante pure che gli Stati membri adottino la linea d’azione migliore e utilizzino le ricchezze naturali e culturali delle regioni più povere per trasformarle in zone interessanti per gli investitori; in questo campo approcci innovativi possono svolgere un ruolo importante.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nonostante la “crisi europea” di cui così spesso si parla, una delle politiche che definiscono principi, valori e strategie fortunatamente non è stata messa in discussione. In generale, sia i cittadini sia i leader politici rimangono fermamente convinti che gli sforzi effettuati per realizzare la coesione rispondano a un’esigenza di solidarietà fra parti della stessa comunità e allo stesso tempo rappresentino un investimento nella diffusione delle condizioni della crescita economica in tutta l’entità di cui facciamo parte.
Occorre però mettere in rilievo due punti. In primo luogo, è necessario sottolineare l’importanza degli equivoci statistici; a causa dell’allargamento, parecchie regioni sono divenute statisticamente più ricche di quanto non siano in realtà. Escluderle dal quadro di sostegno sarebbe non solo un’ingiustizia, ma anche un errore dal punto di vista degli obiettivi politici perseguiti finora. In secondo luogo, è importante adattare le politiche di coesione alla nuova realtà economica; oggi le cause del sottosviluppo e della povertà – o, per esprimersi altrimenti, i fattori che contribuiscono a tale situazione – sono diverse, e di conseguenza occorre adattare e adeguare queste politiche, affinché i finanziamenti attuali non rispondano solo a vecchi squilibri.
Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sono grata all’onorevole Geringer de Oedenberg per aver accettato di sostenere i miei emendamenti, i quali vogliono mettere in luce, ancora una volta, che le regioni ultraperiferiche rimangono ancora, in gran parte, tra le regioni più povere dell’Unione europea.
A tal proposito, l’articolo 299, paragrafo 2, del Trattato afferma che la Comunità deve adeguare le proprie politiche ed elaborare misure specifiche a vantaggio delle regioni ultraperiferiche, in considerazione dell’intreccio di handicap permanenti, di natura strutturale e geografica, che le caratterizzano.
Sostengo la strategia attuata dall’Unione per venire in aiuto alle sue regioni ultraperiferiche, ma invito la Commissione a precisare rapidamente il contenuto del “partenariato rafforzato” che essa stessa ha adottato – anche riguardo al miglioramento della competitività di tali regioni – insieme al piano d’azione per il vicinato allargato.
Le politiche strutturali applicate nelle regioni ultraperiferiche avrebbero un impatto ancora più forte se la Commissione si dimostrasse più flessibile, accettando di sbarazzarsi – in caso di necessità – di alcuni “dogmi comunitari” e tenendo in maggior conto le particolari caratteristiche di tali regioni.
Attendo con interesse la nuova comunicazione sulle regioni ultraperiferiche, che la Commissione ha promesso di pubblicare entro l’anno, e mi auguro che rechi un soffio di nuova vita alle regioni che devono subire gli svantaggi derivanti dalla propria collocazione ultraperiferica.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco si oppone radicalmente alla relazione sull’efficacia della politica di coesione dell’Unione europea, nei confronti della quale ha espresso voto contrario. I dati forniti dall’Unione europea, citati nella relazione, dimostrano precisamente l’opposto. I contrasti e le disuguaglianze tra gli Stati membri e le varie regioni dell’Unione europea diventano sempre più ampi e più profondi. Per quanto riguarda il mito della pretesa convergenza e coesione tra gli Stati membri dell’Unione europea, un esempio rivelatore è quello della Grecia, il cui PIL pro capite nel 1960 era pari al 44,78 per cento della media comunitaria, era salito al 71,79 per cento nel 1980, prima che il paese aderisse a quella che allora era la CEE, ma dopo più di vent’anni, nel 2002, è sceso al 66,59 per cento.
La politica dell’Unione europea non solo non riesce a ridurre povertà e disuguaglianze; al contrario, le inasprisce al massimo, spalancando le porte al saccheggio delle risorse produttive degli Stati membri dell’Unione europea da parte del capitale monopolistico e a uno sfruttamento sempre più intenso delle masse popolari. L’obiettivo della cosiddetta “politica di coesione” non è la pretesa coesione; si tratta piuttosto di fissare le condizioni di sussistenza dei lavoratori al livello più basso possibile, un gradino appena al di sopra della povertà, per arginare quella rivolta sociale che è tuttavia inevitabile.
Presidente. – Non vi sono altre dichiarazioni di voto.