Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’esimia collega tedesca, onorevole Angélina Niebler, sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra l’Unione europea e lo Stato israeliano. Mi congratulo sinceramente con la Commissione europea che ha negoziato questo accordo fondato sui principi del vantaggio reciproco, delle possibilità reciproche di impegnarsi in attività e programmi svolti da ciascuna parte nei settori oggetto dell’accordo, della non discriminazione, dell’effettiva tutela della proprietà intellettuale e dell’equa condivisione dei diritti di proprietà intellettuale.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’esimio collega spagnolo, onorevole Gerardo Galeote, sulla proposta di decisione del Consiglio che autorizza la Francia ad applicare un tasso di accise ridotto sul rum “tradizionale” prodotto nei suoi dipartimenti d’oltremare e abroga la decisione del Consiglio del 18 febbraio 2002.
Questa proposta mira ad autorizzare la Francia ad applicare un’accisa di aliquota ridotta sul rum “tradizionale” prodotto nei suoi dipartimenti d’oltremare per un contingente importante dal 1 gennaio 2007 al 31 dicembre 2012. Essa estende in termini di volume e di durata il dispositivo fiscale applicato al rum tradizionale poiché la situazione si è degradata negli ultimi anni. E’ un’ottima notizia per le produzioni della filiera canna-zucchero-rum, che sono indispensabili per assicurare l’equilibrio economico e sociale di questi territori.
Mi compiaccio vivamente che questa votazione in prima lettura senza emendamenti apra la strada per una rapida adozione di questo testo e ringrazio la collega francese, onorevole Margie Sudre, che ha svolto un eccellente lavoro ed ha fermamente difeso questa proposta nella commissione per lo sviluppo regionale.
Margie Sudre (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il nuovo dispositivo fiscale tiene conto del fatto che la competitività del rum tradizionale dei territori d’oltremare si è molto deteriorata dal 2001 a questa parte e che è necessario sostenere la filiera canna-zucchero-rum per l’equilibrio economico e sociale di questi territori.
La misura è proporzionale ai costi aggiuntivi sostenuti dalla filiera a causa degli svantaggi legati alla sua situazione ultraperiferica, in particolare la distanza, nonché ad un mercato stretto e ad un rilievo accidentato, che spiegano il prezzo elevato della canna.
La Commissione ha opportunamente tenuto conto del fatto che 40 000 posti di lavoro dipendono direttamente o indirettamente dalla coltivazione della canna da zucchero, su un totale di 5 500 aziende agricole. Il nuovo regime fiscale deve parimenti contribuire al mantenimento di 10 distillerie in Guadalupa, 9 in Martinica, 3 a La Riunione e 1 in Guyana e di circa 22 000 posti di lavoro in diretto rapporto con la produzione di rum.
Gli aiuti europei permetteranno al rum dei territori d’oltremare di garantirsi uno sbocco commerciale e di resistere alla concorrenza dei produttori dei paesi ACP ed andrà a vantaggio dei produttori locali che, ben consci delle difficoltà estreme che si profilano per il futuro, soprattutto in seguito alle devastazioni dovute al passaggio del ciclone Dean sulle Antille il mese scorso, erano in attesa di un segnale positivo.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Ho votato contro la relazione dell’onorevole Gerardo Galeote (A6-0318/2007) oggi. La Francia non deve poter favorire i produttori di rum dei suoi dipartimenti d’oltremare applicando una tassazione inferiore. Il miglior modo per sostenere l’agricoltura nei paesi meno progrediti è quello di applicare tariffe ai prodotti agricoli di tutti i paesi del mondo e abolire la politica agricola comune (PAC). Inoltre, le accise sull’alcool hanno lo scopo di moderare il consumo di alcolici. Gli effetti perniciosi dell’alcool sono gli stessi indipendentemente dal fatto che sia prodotto in Guadalupa, in Martinica o in qualunque altra parte del mondo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’esimio collega tedesco, onorevole Hans-Peter Mayer, sulla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al dispositivo di ritenuta per passeggeri dei veicoli a motore a due ruote (versione codificata).
Colgo l’occasione di questa dichiarazione di voto per denunciare il ritardo nel lavoro di codificazione del diritto europeo. Nello specifico i fatti risalgono al 27 marzo 2003, quando la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante codificazione della direttiva 93/32/CEE del Consiglio relativa al dispositivo di ritenuta per passeggeri dei veicoli a motore a due ruote. Il gruppo consultivo dei servizi giuridici, previsto dall’accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 sul metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi, ha ritenuto, con parere del 26 giugno 2003, che la suddetta proposta si limita effettivamente ad una mera codificazione, senza modificazioni sostanziali degli atti che ne sono oggetto. Ed è solo in questo mese di settembre del 2007 che noi votiamo su tale codificazione: non è normale! Invito la Commissione ad accelerare la codificazione del diritto europeo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’esimio collega tedesco, onorevole Hans-Peter Mayer, sulla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai cavalletti dei veicoli a motore a due ruote (versione codificata).
Colgo l’occasione di questa dichiarazione di voto per denunciare il ritardo nel lavoro di codificazione del diritto europeo. I fatti risalgono al 28 marzo 2003, quando la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante codificazione della direttiva 93/31/CEE del Consiglio relativa ai cavalletti dei veicoli a motore a due ruote. Il gruppo consultivo dei servizi giuridici, previsto dall’accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 sul metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi, ha ritenuto, con parere del 26 giugno 2003, che la suddetta proposta si limita effettivamente ad una mera codificazione, senza modificazioni sostanziali degli atti che ne sono oggetto. Ed è solo in questo mese di settembre del 2007 che noi votiamo su tale codificazione: non è normale! Invito la Commissione ad accelerare la codificazione del diritto europeo.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’esimio collega tedesco, onorevole Hans-Peter Mayer, sulla proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’alloggiamento per il montaggio della targa posteriore d’immatricolazione dei veicoli a motore a due o tre ruote (versione codificata).
Colgo l’occasione di questa dichiarazione di voto per denunciare il ritardo nel lavoro di codificazione del diritto europeo. Nello specifico i fatti risalgono al 5 settembre 2006, quando la Commissione europea ha presentato una proposta per la codificazione della direttiva 93/94/CEE del Consiglio del 29 ottobre 1993 relativa all’alloggiamento per il montaggio della targa posteriore d’immatricolazione dei veicoli a motore a due o tre ruote. Non so se il gruppo consultivo dei servizi giuridici, previsto dall’accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 sul metodo di lavoro accelerato ai fini della codificazione ufficiale dei testi legislativi, sia stato consultato. Comunque sia, è solo in questo mese di settembre del 2007 che votiamo su tale codificazione: non è normale! Invito la Commissione ad accelerare la codificazione del diritto europeo.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Sappiamo che le statistiche della Comunità sull’istruzione e la formazione sono state effettuate negli ultimi dieci anni in base a un accordo informale tra gli Stati membri in risposta alla risoluzione del Consiglio del 5 dicembre 1994 sulla promozione delle statistiche in materia di istruzione e formazione nell’Unione europea.
Tali statistiche vengono elaborate dagli Stati membri e trasmesse alla Commissione (Eurostat) ogni anno su base volontaria nel quadro di un’azione comune con l’OCSE e l’Istituto di statistica dell’UNESCO, nota come “raccolta di dati UOE”. L’Eurostat raccoglie inoltre dati sull’istruzione, la formazione e l’apprendimento permanente attraverso altre fonti, oltre a statistiche sulla formazione professionale nelle imprese.
Adesso si sta tentando di mettere a punto un quadro giuridico per disciplinare e ufficializzare l’elaborazione delle statistiche, nel caso debba essere istituito un sistema stabile per l’elaborazione di statistiche comunitarie in tali settori. Tuttavia, vi sono state lacune e confusione ed è stato necessario un chiarimento in sede parlamentare. Ci sembra quindi che il testo finale garantisca una maggiore trasparenza e ci auguriamo che la sua attuazione non comporti eccessivi oneri amministrativi o finanziari.
Milan Gaľa (PPE-DE), per iscritto. – (SK) Mi congratulo con l’onorevole Nikolaos Sifunakis per la sua eccellente relazione. Ho votato per il testo presentato dandogli mio appoggio incondizionato. Nella mia qualità di relatore per la commissione per la cultura e l’istruzione sulla proposta di istituzione di un quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, accolgo con favore la presente iniziativa della Commissione.
Alla luce degli sforzi che stiamo compiendo per mettere in risalto l’istruzione, la formazione professionale e l’apprendimento permanente nel contesto della strategia di Lisbona, ritengo sia importante garantire che vi sia un feedback di tali sforzi e che si adottino misure concrete per quanto riguarda l’istruzione nell’Unione europea.
Statistiche comparabili permetteranno di istituire un sistema stabile per confrontare i dati statistici relativi all’istruzione e all’apprendimento permanente. Disporremo di informazioni su base statistica estremamente significative e che ci aiuteranno ad individuare eventuali carenze e errori nell’attuazione della politica dell’istruzione della Comunità.
Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La Junilistan accetta le proposte della Commissione e gli emendamenti del Parlamento europeo, a condizione che le Istituzioni dell’UE rispettino il principio che la politica dell’istruzione è una competenza nazionale.
Tuttavia, nell’emendamento 7, la commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo propone di far riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Non esiste niente di simile. Gli Stati membri dell’Unione europea non hanno mai adottato tale carta. Vi è stato un riferimento a tale documento nel progetto di Trattato costituzionale respinto nell’estate del 2005 in base alla procedura democratica. D’altra parte, tutti gli Stati membri hanno firmato sotto l’egida del Consiglio d’Europa la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo. Ciò significa che tutti i cittadini europei possono far valere i loro diritti e le loro libertà fondamentali dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
La carta europea rappresenta l’opposto dell’UE “più snella ma più efficace” spesso menzionata nei discorsi solenni sulla sussidiarietà. L’UE si dovrebbe concentrare sulle questioni transfrontaliere e si dovrebbe esimere dalle questioni sulle quali i singoli Stati membri possono decidere liberamente o che sono state già disciplinate da altri trattati internazionali.
Ne consegue che la proposta di una Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dovrebbe essere respinta, come, ovviamente, il “nuovo” Trattato dell’Unione.
Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. − (DE) Le statistiche dimostrano ciò che tutti sappiamo: un buon livello d’istruzione garantisce redditi più alti e protegge dalla disoccupazione. In tal senso è irresponsabile da parte dell’UE consentire l’ingresso di un altissimo numero di immigrati non specializzati condannandoli a una vita di disoccupazione o di lavoro clandestino, perché ciò finisce con l’esercitare ancora più pressione sui settori a basso costo della manodopera favorendo la criminalità o gravando “semplicemente” sullo stato sociale.
E nel caso ci trovassimo veramente di fronte ad una carenza di lavoratori specializzati, dovremmo formare la nostra stessa manodopera invece di ammiccare a facili rimpiazzi che provengono dall’estero con una carta verde o blu e che spingono i nostri salari verso il basso. Su questo punto è indispensabile disporre di dati statistici per rispondere a tendenze indesiderate.
Andreas Mölzer (ITS). – (DE) Signor Presidente, mi sono astenuto nella votazione sulla relazione dell’onorevole Jarzembowski perché le tratte ad alta velocità sono state recentemente potenziate in Europa principalmente tra le grandi città, mentre le tratte brevi sono state vergognosamente trascurate nonostante il 90% dei viaggi riguardi proprio tali tratte. Da una parte Bruxelles chiede una maggior mobilità delle persone e vuole dirottare il traffico dalla strada alla ferrovia, ma dall’altra cerca di mettere in gioco il meccanismo opposto tramite la formula magica della privatizzazione.
L’UE deve garantire che norme e sistemi comuni facilitino il trasporto ferroviario transfrontaliero e deve promuovere grandi progetti per i raccordi principali. Per finire, comunque, deve capire che gli investitori privati non pensano al benessere del paese e della popolazione, bensì essenzialmente solo ai loro profitti e alla remunerazione del capitale investito.
Carlo Fatuzzo (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione dell'on. Georg Jarzembowski, anche perché mi auguro che il nostro bravissimo relatore ascolti le pensionate e i pensionati che a Roma, partendo da Strasburgo, sapendo che si votava questa relazione mi hanno detto: "Ma Fatuzzo, è tanto che tu non fai più dichiarazioni di voto! Noi vorremmo che tu dicessi al Parlamento europeo, anche se quando tu parlerai se ne usciranno tutti pensando ai fatti loro e chiacchierando, vorrei che tu dicessi al Presidente che ti ascolta attentamente, che si facciano finalmente le tessere di libera circolazione in tutta Europa, per i pensionati che vogliono vedere l'Europa con i loro occhi dopo averla costruita in tanti anni di lavoro".
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La conclusione della procedura di conciliazione tra il Parlamento europeo e il Consiglio su quello che viene eufemisticamente definito “lo sviluppo delle ferrovie comunitarie” segna l’inizio della liberalizzazione dei servizi di trasporto internazionale dei passeggeri a partire dal 1° gennaio 2010.
Vorremmo far notare che nelle precedenti letture abbiamo presentato proposte in seno al Parlamento per respingere questa iniziativa della Commissione. Tuttavia, la maggioranza dell’Aula ha votato a favore di un’accelerazione del processo di liberalizzazione (e privatizzazione) dei servizi ferroviari di trasporto dei passeggeri cercando di includervi anche quelli nazionali a partire dal 2017. Tale proposta, però, non ha avuto successo e non ha ottenuto la maggioranza richiesta per essere adottata.
La liberalizzazione del trasporto ferroviario è un tentativo di far passare le linee (più redditizie) nelle mani dei grandi interessi privati, privatizzando il funzionamento di tali linee (in particolare tramite concessioni) e promuovendo la creazione di monopoli a spese delle finanze pubbliche.
Il trasporto ferroviario è un settore strategico per lo sviluppo di un paese per l’importante ruolo che svolge nel trasporto delle merci, per la mobilità dei lavoratori e per la popolazione in generale nonché per gli enormi benefici che produce sull’ambiente e sulla coesione sociale e territoriale. Ciò di cui abbiamo bisogno sono la promozione e lo sviluppo dei sistemi pubblici di trasporto ferroviario, non della loro privatizzazione.
E’ per questo che abbiamo votato contro.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Io voto a favore della liberalizzazione del trasporto internazionale a partire dal 2010.
Al più tardi due anni dopo l’entrata in vigore della legge, la Commissione europea dovrebbe esaminare l’impatto della direttiva ed aprire una discussione sulla possibilità di un’ulteriore apertura.
Così vi sarà un limite alla concorrenza e le aziende nazionali non correrebbero rischi.
Sono sollevato dal fatto che il Parlamento europeo abbia fornito argomentazioni a sfavore della liberalizzazione automatica del trasporto ferroviario nazionale nel 2017.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Io voto a favore della relazione dell’onorevole Georg Jarzembowski sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie e la direttiva 2001/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria.
Il terzo pacchetto ferroviario costituisce un elemento importante della normativa sui trasporti. Le reti per il trasporto internazionale dei passeggeri devono essere aperte e la Commissione europea dovrebbe analizzare la situazione del mercato del trasporto internazionale dei passeggeri in vista di una decisione sull’adozione di un’ulteriore liberalizzazione che copra anche il trasporto nazionale.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Io sono favorevole alla possibilità di un traffico ferroviario transfrontaliero tuttavia, affinché un mercato funzioni in modo appropriato, vi devono essere pari opportunità di concorrenza. E’ pertanto inopportuno che l’UE imponga una legislazione in virtù della quale paesi che non hanno ancora liberalizzato il trasporto ferroviario abbiano il diritto di competere con altri operatori su un mercato deregolamentato che interessa i servizi di trasporto internazionale dei passeggeri. In pratica la proposta offre alle imprese ferroviarie a partecipazione statale la possibilità di competere su un mercato dove vige la libera concorrenza, il che a lungo termine presenta il rischio di disattivare i meccanismi del mercato. Pertanto ho optato di votare contro la relazione. Le imprese ferroviarie a partecipazione statale non dovrebbero poter competere su un mercato dove vige la libera concorrenza.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La proposta di direttiva relativa alla “certificazione del personale viaggiante addetto alla guida di locomotori e treni sulla rete ferroviaria europea della Comunità” fa parte del “terzo pacchetto ferroviario” che mira essenzialmente a promuovere la liberalizzazione dei servizi di trasporto internazionale dei passeggeri.
Anche in questo caso occorrerebbe soprattutto sottolineare che l’obiettivo principale di tale direttiva è quello di rimuovere tramite l’armonizzazione tutti gli ostacoli alla liberalizzazione dei servizi di trasporto internazionale dei passeggeri, che potrebbero derivare dall’esistenza di norme diverse per quanto riguarda i requisiti professionali richiesti in ogni paese. La direttiva intende inoltre favorire la mobilità del personale operante in questo settore.
Al di là delle importanti questioni sollevate da tale direttiva, occorre rilevare che l’adozione di norme armonizzate a livello europeo relativamente ai soggetti operanti nel settore ferroviario di ogni paese non deve mai pregiudicare norme o diritti più avanzati precedentemente definiti a livello di ogni Stato membro, né ledere la prerogativa di ogni Stato membro di definire tali norme e diritti.
Anche in questo caso, la realtà dei fatti dimostra che la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi di trasporto ferroviario pregiudicano i diritti dei lavoratori riducendo il numero degli addetti di questo settore con serie conseguenze per il livello dei servizi forniti.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Io voto a favore di una patente di guida standardizzata per i macchinisti.
L’armonizzazione della formazione dei macchinisti garantirà maggiore sicurezza in futuro nelle ferrovie. Età minima di 20 anni, formazione scolastica e conoscenze linguistiche adeguate sono adesso condizioni di idoneità obbligatorie per la certificazione dei macchinisti nel trasporto ferroviario internazionale. La normalizzazione della formazione è la chiave di volta della rete ferroviaria europea. La licenza rilasciata in uno Stato membro sarà in futuro riconosciuta da tutti gli altri Stati membri.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il “terzo pacchetto ferroviario”, che mira essenzialmente a promuovere la liberalizzazione dei servizi di trasporto internazionale dei passeggeri, contiene una norma relativa “ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario”.
Innanzi tutto possiamo affermare che lo scopo essenziale di tale norma è quello di eliminare tutti gli ostacoli alla liberalizzazione dei servizi di trasporto internazionale dei passeggeri, che potrebbero derivare dall’esistenza di norme diverse per quanto riguarda i diritti e gli obblighi dei passeggeri nei vari paesi.
Oltre a sottolineare questo primo punto, che è quello centrale, possiamo certamente considerare essenziale tutelare i diritti dei passeggeri, a cominciare dal diritto a un servizio pubblico di trasporto ferroviario fornito da imprese pubbliche in ogni paese.
La realtà dei fatti dimostra che la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi di trasporto ferroviario pregiudicano i diritti dei passeggeri: esse hanno comportato un deterioramento dei servizi offerti al pubblico e delle condizioni della mobilità dei passeggeri, nonché un aumento delle tariffe; esse hanno significato la perdita di centinaia di kilometri di binari, la chiusura di stazioni e la riduzione del numero dei lavoratori del settore mettendo a rischio le loro paghe e i loro diritti di lavoratori.
Questa è una politica disastrosa alla quale si oppongono i lavoratori e il pubblico.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho sostenuto questa relazione sull’accordo di conciliazione per quanto riguarda la norma relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri. Tale norma avrebbe originariamente dovuto applicarsi solo al trasporto ferroviario internazionale; sono lieto di constatare che il nostro punto di vista sia stato preso in considerazione e che tali disposizioni si applichino adesso anche al trasporto ferroviario nazionale.
Dal 2009 tutti i passeggeri godranno di una serie di diritti fondamentali, incluso il diritto al trasporto per le persone a mobilità ridotta. Inoltre, noto con soddisfazione che è stato previsto uno schema per il risarcimento in caso di ritardi.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Io voto a favore dell’introduzione di una nuova norma relativa ai passeggeri a partire dal 2009.
La norma disciplina tra l’altro il risarcimento in caso di gravi ritardi, la responsabilità delle aziende nei confronti dei passeggeri e dei loro bagagli, il trasporto dei disabili e l’obbligo d’informazione dei passeggeri da parte delle imprese ferroviarie. In termini pratici, ciò significa che in futuro, se un treno internazionale accumulerà un ritardo tra i 60 e i 119 minuti, il cliente avrà diritto a un risarcimento pari al 25% del prezzo del biglietto. Per ritardi superiori a due ore, è previsto un risarcimento superiore, pari al 50% del biglietto.
Ciò comporterà certamente un maggior numero di reclami e di contenziosi, ma anche maggiori certezze e garanzie per i clienti del trasporto ferroviario.
Adesso starà solo agli Stati membri estendere tali norme anche alle loro reti interne nazionali, senza attendere che trascorrano 15 anni.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Questa relazione sui diritti e gli obblighi dei passeggeri dovrebbe essere accolta.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Benché l’ultima proposta non preveda per il personale addetto alla guida dei treni requisiti altrettanto stringenti di quelli previsti dalle precedenti proposte, essa contiene ancora disposizioni troppo estese su tutto, dalle modalità per l’acquisto dei biglietti (per telefono, su Internet, presso i distributori automatici) fino alle responsabilità del personale addetto alla guida dei treni per eventuali danni al bagaglio dei passeggeri. La proposta contiene anche disposizioni dettagliate per quanto riguarda le varie forme di risarcimento in caso di ritardi (entità del risarcimento, diritto a buoni pasto, eccetera) ed i requisiti minimi dell’informazione sulle cause di questi ultimi.
Ho optato di votare contro la proposta perché gli operatori devono poter sviluppare i loro servizi in base al livello di protezione che i passeggeri stessi richiedono (e sono disposti a pagare sottoforma di tariffe più alte). Inoltre, queste norme di così ampia portata non sono proporzionate al valore aggiunto che si verrà a creare sostituendole alle regole che già esistono a livello degli Stati membri nei paesi che hanno optato per una legislazione nazionale.
Mathieu Grosch (PPE-DE), per iscritto. − (DE) La liberalizzazione delle ferrovie non è fine a sé stessa, ma deve servire agli utenti e migliorare l’efficienza. La liberalizzazione del trasporto ferroviario è un’evoluzione naturale perché nessun paese dovrebbe potersi chiudere agli altri. Per quanto riguarda il trasporto nazionale, non è sensato e non v’è motivo, durante la fase di liberalizzazione, di esporre alla concorrenza le linee che rendono e di lasciare al contempo quelle che non rendono al settore pubblico, senza alcuna compensazione. Tenendo presente quanto sopra, attendo con ansia l’applicazione del regolamento recentemente adottato sul trasporto pubblico dei passeggeri.
Il Parlamento è stato capace di far valer la sua voce dinanzi agli Stati membri e alle compagnie ferroviarie per quanto riguarda i diritti dei passeggeri, il che rappresenta un enorme successo per i cittadini europei. In particolare, nei paesi di transito, come il Belgio, non avrebbe senso e sarebbe ingiusto fare una differenza tra passeggeri internazionali e passeggeri nazionali.
In tal senso, il terzo pacchetto ferroviario rappresenta un primo passo nella giusta direzione, al quale altri certamente seguiranno.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Voterò a favore del compromesso raggiunto dai nostri relatori con il Consiglio dei ministri, perché ritengo che rappresenti un passo avanti per il trasporto ferroviario nell’Unione europea e perché si tratta per ora del miglior compromesso possibile per il Parlamento.
Tuttavia, la lentezza con cui funziona l’industria ferroviaria non è solo frustrante, ma funge anche da vero e proprio freno rispetto al tipo di azione radicale che serve per stimolare le ferrovie in molti Stati membri.
Esiste un abisso tra le ferrovie per esempio della Francia e della Germania e quelle della Bulgaria e della Romania. Questo divario deve essere colmato se vogliamo seriamente sviluppare un sistema ferroviario di dimensioni europee.
Infine, pur essendo favorevole all’accordo che prevede la completa accessibilità delle ferrovie entro 15 anni, mi chiedo se non sia triste e vergognoso per la nostra industria ferroviaria che molte persone a mobilità ridotta non abbiano accesso alle ferrovie nel XXI secolo. L’industria ferroviaria è prigioniera della filosofia del “non posso fare” piuttosto che del “posso fare”.
Io mi auguro che questo pacchetto di misure ci sollevi almeno da questa negatività ed apra un’era più positiva per le nostre ferrovie.
(Dichiarazioni di voto abbreviate conformemente all’articolo 163)
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Abbiamo espresso il nostro parere sulle modifiche alla precedente riforma del mercato europeo dello zucchero. La riforma, elaborata nel 2005, avrebbe dovuto riportare l’equilibrio in questo mercato.
Purtroppo ho l’impressione che tutte queste proposte stiano limitando considerevolmente la coltivazione della barbabietola da zucchero per far posto allo zucchero di canna. Sono fondamentalmente contrario a tutto ciò. Non possiamo permettere che la tradizionale coltura della barbabietola e la produzione di zucchero vengano eliminate nell’Unione europea.
Io penso che la nuova proposta presentata dalla Commissione europea nel maggio 2007, che intende fornire incentivi per il ritiro dal mercato europeo di circa 3,8 milioni di tonnellate di zucchero, non riesca nemmeno questa volta a produrre i risultati attesi. Se nel 2010 si giungerà alla minacciata riduzione obbligatoria delle quote, questi tagli non potranno tener conto di eventuali variazioni delle percentuali di quote rinunciate precedentemente, volontariamente e in cambio di finanziamenti a favore del fondo poiché, conformemente allo scopo della riforma, le riduzioni della produzione sono avvenute nelle regioni meno competitive dietro ricevimento di un’adeguata compensazione finanziaria.
Jan Březina (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, disgraziatamente la proposta riforma dello zucchero non avrà esito positivo. Ciò è dovuto al fatto che, sebbene tale riforma sembri essere fondata su fattori economici, quando le parti interessate decidono di abbandonare il mercato, esse tendono a considerare altri fattori.
Benché la Repubblica ceca produca zucchero in modo redditizio, abbiamo a tutt’oggi rinunciato al 22% delle quote e tale percentuale si trova ora nelle mani dell’Europa occidentale. Sfortunatamente, le misure proposte possono avere un impatto negativo per la Repubblica ceca. Gli stessi fattori che fanno sì che nel nostro paese la produzione di zucchero sia redditizia e che ci forniscono un vantaggio competitivo, come per esempio il fatto che gli appezzamenti dei coltivatori di barbabietola siano mediamente più grandi, potrebbero tradursi in uno svantaggio qualora gli agricoltori avessero il diritto di ritirarsi dal mercato alla luce di queste proposte. Non è certo auspicabile una situazione in cui coloro i quali non necessitano di sussidi per sopravvivere abbandonano il mercato. Sotto questo profilo, la riforma sta andando nella direzione sbagliata.
E’ per questo che ho votato contro entrambe le risoluzioni della relatrice, onorevole Batzeli.
Hynek Fajmon (PPE-DE). – (CS) Onorevoli deputati, quando oggi si è svolto il turno di votazioni, insieme ai colleghi del partito civico democratico ceco io ho votato contro i testi presentati dalla relatrice, onorevole Batzeli, relativi alla riforma del regime dello zucchero. Fino ad ora la riforma non ha fatto che danneggiare la Repubblica ceca: molti zuccherifici sono stati chiusi e la tecnologia e i macchinari hanno perso valore. Il mio paese vantava una tradizione secolare nella produzione e nell’esportazione dello zucchero. Adesso, a causa di una politica europea inefficace, siamo costretti ad importare lo zucchero: questo è il risultato di un processo decisionale incompetente a Bruxelles. La Repubblica ceca ha già diminuito la sua produzione di zucchero di oltre il 20%. Tocca adesso agli altri Stati membri fare altrettanto, in particolare a quelli che non hanno ancora diminuito per nulla la loro produzione. Ecco i motivi per i quali ho votato contro la riforma.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Onorevoli deputati, la ristrutturazione dell’industria dello zucchero e la riorganizzazione dei mercati nel settore dello zucchero sono necessarie. Tuttavia, è possibile che la proposta della Commissione non risolva gli attuali problemi del mercato ma ne crei anche di più in alcuni paesi.
Se un paese non è in grado di stabilire da solo un ordine di priorità quanto ai criteri per accogliere le richieste dei coltivatori tenuto conto della produttività delle aziende e del volume della produzione, è possibile che smettano di produrre barbabietola da zucchero non solo le aziende meno produttive ma anche quelle più competitive. Per quanto riguarda la Lituania, gli zuccherifici potranno trovarsi ad affrontare una situazione di penuria di zucchero grezzo con conseguenze economiche e sociali negative.
Inoltre, la Commissione non ha tenuto conto della proposta presentata dalla Lituania di ridurre le quote fino al 2010 considerando non solo se uno Stato membro riduce volontariamente le sue quote di produzione, ma anche se acquista quote supplementari.
Vorrei sollecitare la Commissione a prendere in considerazione le osservazioni presentate. Per inciso, mi sono astenuta dal votare su questo progetto.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh and Inger Segelström (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato contro la relazione del Parlamento relativa all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (A6-0310/2007).
Eravamo fondamentalmente ben disposti verso una riforma del settore dello zucchero nella Comunità. Tuttavia, non pensiamo che gli emendamenti proposti dal Parlamento aggiungano alcunché di positivo alla proposta della Commissione. Pensiamo invece che presentino il rischio di provocare un aumento dei costi in un settore agricolo che è già troppo largo e questo non riceverà mai il sostegno dei socialdemocratici svedesi.
Inoltre pensiamo che le sovvenzioni all’esportazione dello zucchero debbano essere a lungo termine completamente abolite. Le sovvenzioni che continuano ad essere erogate nel settore dell’agricoltura devono essere allocate sottoforma di aiuti diretti completamente avulsi dalla produzione.
Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Nell’ambito della riforma dell’OCM dello zucchero l’Unione europea ha inteso favorire l’adeguamento delle raffinerie alla ristrutturazione dell’industria saccarifera tramite un “aiuto transitorio” di 150 milioni di euro.
Avevo avuto l’occasione di congratularmi e di sostenere quest’iniziativa che avrebbe dovuto aiutare la raffineria marsigliese Saint-Louis Sucre a far fronte alle nuove condizioni del mercato dello zucchero, pur salvaguardando i posti di lavoro.
Ma avevo anche allertato le competenti autorità europee e francesi quanto all’insufficiente trasparenza nei criteri di attribuzione di tale aiuto, sotto la responsabilità degli Stati membri.
Oggi la concessione di tale aiuto non è condizionata dalla continuazione dell’attività di raffinazione e dal mantenimento dei posti di lavoro. Non esiste d’altra parte nessun elemento che garantisca che questo aiuto non sia poi utilizzato come un “premio alla delocalizzazione” verso un paese al di fuori dell’UE.
Questa nuova riforma sarebbe dovuta essere l’occasione per un chiarimento in merito.
Non lo è stata ed io lo deploro.
Oramai il fascicolo è passato sotto la competenza del Consiglio. Invito quindi il Consiglio alla più grande vigilanza, soprattutto per quanto riguarda le autorità francesi, affinché fornisca finalmente tutti i chiarimenti necessari su questa questione, che riguarda il posto di lavoro dei nostri concittadini.
Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La Junilistan è favorevole ad una riforma radicale dei mercati dello zucchero nell’UE affinché questi siano liberalizzati il prima possibile e i paesi produttori di zucchero al di fuori dell’Unione europea abbiano l’opportunità di competere su basi eque.
Gli emendamenti proposti dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo non rappresentano nulla di più che un ulteriore tentativo di rallentare quanto più possibile la riforma, in modo da poter continuare una politica commerciale protezionistica. Tali emendamenti comporterebbero inoltre una crescita del costo della ristrutturazione industriale delle raffinerie esistenti interessate dalla riforma e provocherebbero al contempo un generoso aumento degli aiuti diretti destinati agli operatori del mercato dello zucchero.
La Junilistan non potrà mai dare il suo appoggio ad una relazione che mortifica gli obiettivi delle riforme del mercato dello zucchero nell’UE, svilendo inevitabilmente tali riforme e pregiudicandone il compimento. Ci opponiamo a questi palesi tentativi di sottrarsi agli impegni assunti con paesi meno sviluppati.
Per i motivi suddetti, pertanto, votiamo contro questa relazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La realtà dei fatti ha dimostrato che in questo come in altri settori persuadere i piccoli coltivatori a rinunciare a una parte di quote e ad abbandonare la produzione – come proposto per la barbabietola e la produzione saccarifera – con la finalità di rilanciare la concorrenza ha effetti negativi: accentua diseguaglianze e sperequazioni e determina un aumento della povertà provocando l’esodo dalle campagne. Pertanto ci opponiamo alle proposte della Commissione e ribadiamo la necessità di invertire la tendenza di questa politica per tener conto delle specificità degli Stati membri e del loro fabbisogno produttivo.
Sosteniamo quindi la sovranità dell’alimentazione e pertanto riteniamo inaccettabile che un paese come il Portogallo, con una produzione saccarifera estremamente limitata in grado di soddisfare a malapena la metà del fabbisogno nazionale, si veda obbligato a ridurre le sue quote per la produzione di zucchero da barbabietola. Riteniamo indispensabile invertire questa tendenza alla liberalizzazione cui abbiamo assistito nelle successive riforme della PAC e adottare misure tese a mantenere la produzione nazionale della barbabietola da zucchero, sostenendo l’agricoltura, che è essenzialmente finalizzata alla produzione alimentare, e contribuendo così a salvaguardare la produzione e i posti di lavoro dei nostri due zuccherifici.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. − (CS) L’Unione europea è spesso giustamente criticata per le sue interferenze in tutta una serie di settori industriali. Particolarmente controversa è la sua ingerenza nel settore della trasformazione alimentare. E’ vero che alcuni Stati membri sono all’origine dei loro stessi problemi. Un esempio classico è dato dallo strenuo sforzo da parte di un certo numero di paesi dell’Europa centrale e orientale di liquidare aziende cooperative anche nel caso siano prospere.
Nella Repubblica ceca vi sono state varie revisioni della legislazione che disciplina le aziende cooperative, tese appunto a raggiungere questo scopo. Molte cooperative si sono disgregate ed altre si sono trasformate in altre entità giuridiche. Al contempo la produzione è diminuita in tutta una serie di industrie, ad esempio nel settore della coltivazione della barbabietola da zucchero. Inoltre, in seguito alla privatizzazione, la trasformazione si è staccata dalla produzione. La maggior parte degli zuccherifici è stata acquistata da investitori stranieri. Tutto ciò ha fatto precipitare l’industria saccarifera della Repubblica ceca in una situazione disastrosa: i profitti finiscono nelle tasche degli stranieri, mentre le perdite vanno a scapito della popolazione della Repubblica ceca. La produzione ha fatto registrare un calo di più del 20% in un paese che ha esportato zucchero per più di 150 anni. Adesso il paese deve iniziare ad importare zucchero, cercando al contempo di fornire nuove opportunità alle aziende agricole che avevano coltivato fino ad oggi la barbabietola da zucchero. Le relazioni dell’onorevole Katerina Batzeli non offrono soluzioni per questa situazione insostenibile; cionondimeno noi abbiamo votato in loro favore perché hanno perlomeno il merito di attirare l’attenzione su una situazione insoddisfacente. Vorrei aggiungere un monito rivolto a coloro i quali ritengono che i testi di oggi rappresentino una soluzione del problema. Sono fiducioso che ritorneremo sulla questione dello zucchero e che la prossima volta riusciremo a soddisfare con più successo i bisogni dei nostri agricoltori.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sono favorevole alla relazione sulla riforma del settore dello zucchero, benché dia adito a preoccupazioni in alcune delle sue parti. Non concordo con la relazione quanto all’intento di applicare il processo di ritiro delle eccedenze di zucchero alle raffinerie di canna da zucchero. Ciò è in contrasto con la proposta della Commissione di escludere la raffinazione della canna da zucchero dal processo di ritiro. Poiché tali raffinerie non rientrano nello schema di ristrutturazione, ridurre il fabbisogno tradizionale di approvvigionamento effettuando dei ritiri non contribuirebbe a ridurre le eccedenze di zucchero sul mercato dell’UE, poiché l’Unione europea dovrebbe comunque rispettare il suo impegno internazionale di importare zucchero greggio dagli Stati ACP. Tuttavia l’emendamento tende ad attenuare l’impatto di tale misura incentivando i trasformatori di barbabietola a dismettere i loro impianti.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Voterò a favore della relazione dell’onorevole Batzeli, perché è alquanto ovvio che l’industria dello zucchero necessiti di una ristrutturazione.
La mia unica preoccupazione riguarda l’emendamento n. 31 che, nel caso fosse accolto, impegnerebbe comunque la Commissione europea a mantenere il Fondo attuale fino al 2011, il che costituirebbe un aspetto negativo di questo processo di ristrutturazione.
La relazione, se pur imperfetta, stila un bilancio delle necessità dei produttori e dell’ovvio bisogno di riforma di questo settore. La mia unica preoccupazione riguarda i possibili effetti di una ristrutturazione sui produttori di canna da zucchero dei paesi in via di sviluppo. A qualunque costo dobbiamo evitare una ristrutturazione che protegga i produttori di barbabietola a spese dei produttori di canna. Io mi auguro che la Commissione garantisca che ciò non accada, pur nel rispetto della lealtà nei confronti dei nostri agricoltori.
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) Quando ci si accinge a votare relazioni che, come questa sullo zucchero interessano il settore dell’agricoltura, i membri del Parlamento che hanno interessi finanziari dovrebbero dichiararlo o astenersi dal votare.
Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Occorre sostenere l’impegno assunto dall’Unione europea di raggiungere entro il 2020 l’obiettivo ambizioso del 20% di energie rinnovabili sul totale dell’energia complessivamente consumata in Europa. I vantaggi che l’Europa può trarre dalle energie rinnovabili sono molteplici: riduzione delle emissioni di CO2, riduzione della dipendenza energetica europea, contributo alla creazione di posti di lavoro e impulso alla crescita.
Occorre tuttavia badare a che lo sviluppo di tutte le energie rinnovabili avvenga in una prospettiva di sostenibilità e in funzione, ovviamente, delle capacità degli Stati membri. Inoltre, è necessario migliorare il risparmio energetico – modi di consumo ed efficienza energetica.
Mi rincresce che la direttiva sull’elettricità prodotta a partire da fonti energetiche rinnovabili non renda obbligatoria la cogenerazione e che preveda la costruzione di centrali per la biomassa su grande scala senza cogenerazione, che non sono performanti sul piano energetico e destabilizzano il mercato del legno per l’industria e per l’energia. La mia regione, il Limousin, ne è un esempio.
Sono quindi soddisfatta che il Parlamento europeo chieda che al centro della futura direttiva quadro sulle enrgie rinnovabili vi sia una proposta per i settori del riscaldamento e del raffreddamento ed ho votato a favore della relazione Thomsen.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Thomsen (A6-0287/2007) sulla tabella di marcia per le energie rinnovabili in Europa, poiché ritengo che investire maggiormente nelle energie rinnovabili sia fondamentale per diminuire la dipendenza energetica dell’Europa dalle importazioni, per ridurre le emissioni di CO2 e contribuire così alla lotta contro il cambiamento climatico.
La relazione sottovaluta l’importanza di un impiego sostenibile dei biocombustibili nel settore dei trasporti per ridurre la dipendenza dal petrolio e le emissioni di gas a effetto serra e per attenuare l’impatto ambientale.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questa relazione è molto squilibrata nonostante alcune modifiche positive rispetto alle precedenti relazioni, in quanto ammette che le fonti fossili di energia sono inesorabilmente destinate ad esaurirsi in un prossimo futuro – benché non faccia menzione degli alti prezzi del petrolio – e riconosce il danno ambientale e sociale connesso all’impiego dei tanto decantati biocombustibili.
Tuttavia, in seguito non accenna alla necessità di stabilire una diversa serie di priorità per ridurre la spesa dei consumatori, razionalizzare il consumo in vista di una sua diminuzione (e non meramente tramite l’efficienza energetica), rendere meno inquinanti i mezzi di trasporto pubblico e attuare una politica pubblica che sia veramente nell’interesse dei cittadini.
L’idea di istituire una politica energetica comune europea è un tentativo di escogitare modi per fornire un maggior sostegno ai gruppi finanziari privati che operano nel settore, prevaricando il diritto sovrano di ogni Stato membro di stabilire le proprie politiche energetiche.
La relazione omette anche di analizzare i biocombustibili gasosi, non sottolinea la necessità di promuovere la ricerca e lo sviluppo del biogas e non menziona il programma TARGET 2020. Questo perché lo scopo principale della relazione è di garantire profitti sempre più grandi, servendosi in particolare del mercato dello scambio di emissioni di gas a effetto serra.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione che incita gli Stati membri a prendere le misure necessarie per aumentare la parte delle energie rinnovabili nel loro mix energetico.
Le fonti energetiche rinnovabili devono diventare la leva che ci permetterà di raggiungere il duplice obiettivo di una maggiore sicurezza nell’approvvigionamento e di una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
L’obiettivo dell’efficienza energetica non deve essere considerato una condizione preliminare per il raggiungimento dell’obiettivo del 20% di energia rinnovabile, bensì una conditio sine qua non.
Tutto ciò contribuirà alla creazione di nuovi posti di lavoro e darà impulso alla ricerca e all’innovazione nel settore dell’energia. Penso ad esempio alla riceca per un maggiore utilizzo dei materiali ecologici nel campo della bioedilizia abitativa.
Le energie rinnovabili costituiscono uno dei più saldi baluardi per la difesa dei consumatori e dell’industria di fronte al duplice impatto dell’aumento delle importazioni di energia e dei prezzi dei carburanti.
Sono soddisfatta, infine, della libertà di scegliere le fonti più appropriate date le differenze del potenziale di sviluppo di alcune energie rinnovabili, inerenti alle caratteristiche geologiche, idrologiche e climatiche degli Stati membri.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione Thomsen e credo fermamente che occorra un maggiore impegno per la promozione delle energie rinnovabili. Il mio paese, la Scozia, dispone di un immenso potenziale nel campo dell’energia rinnovabile e il governo scozzese ha recentemente manifestato l’intenzione di promuovere uno spettro quanto più ampio possibile di energie rinnovabili. Credo che la Scozia possa contribuire in modo cruciale al raggiungimento degli obiettivi europei per le energie rinnovabili.
Ho votato contro l’obiettivo del 10% per i combustibili vegetali e a favore di una valutazione d’impatto approfondita prima di considerare ogni possibile obiettivo per i biocarburanti.
La produzione di biocarburanti può favorire il riscaldamento climatico accelerando la distruzione delle foreste, delle torbiere, dei terreni fertili e di altri ecosistemi che sono pozzi di assorbimento del carbonio e contribuiscono alla regolazione del clima.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. − (CS) Adoro il dilettantismo. Indipendentemente dal campo d’applicazione, il dilettante con i suoi paraocchi ideologici ottiene sempre lo stesso risultato: una descrizione in bianco e nero della realtà e un epilogo estatico completamente avulso dai fatti. Inoltre, spesso il dilettante si applica alla sua performance pratica con un enorme sforzo e con “problemi inattesi”.
Assolutamente incantevoli sono in questo senso gli interventi di alcuni onorevoli colleghi su temi affascinanti quali la biomassa e i biocombustibili, che richiedono un elevato consumo di energia per il trasporto della materia prima, per la trasformazione e per la distribuzione del prodotto. Come l’esperienza dimostra, questo è un dato di fatto basilare.
Per ridurre i costi, dovremmo costruire piccoli impianti di produzione che forniscono i combustibili alternativi a livello locale. Devo ribadire che queste fonti non possono fornirci la soluzione dei nostri problemi di approvvigionamento energetico. Essi ci offrono solo un contributo relativamente modesto per migliorare la situazione attuale.
Lo stesso vale per i sistemi di raccolta dell’acqua piovana e per un certo numero di fonti rinnovabili che stanno riscuotendo un sempre maggiore successo.
Nei prossimi 10 anni le grandi città e le industrie dipenderanno da una produzione energetica su larga scala e dal gas naturale. Se vogliamo raggiungere gli obiettivi del Protocollo di Kyoto, anche i paesi con un prodotto interno lordo in rapida crescita saranno costretti a costruire centrali elettriche di grandi dimensioni. Ciò può significare solo una cosa: più centrali nucleari. Altrimenti l’Unione europea diventerà ben presto dipendente dalle importazioni di energia. La romantica reverie dei nostri dilettanti non cambierà questo dato di fatto.
Romano Maria La Russa (UEN), per iscritto. − Ho espresso sostegno alla relazione Thomsen che ribadisce la necessità di ricavare entro il 2020 il 20% dell'energia da fonti di energia rinnovabile. Si tratterà di una grande sfida per ogni paese europeo, che non può più essere elusa e demandata solo agli Stati membri più virtuosi e lungimiranti.
Ritengo necessario che siano stabiliti obiettivi nazionali differenziati, ripartiti in modo equo in relazione al livello esistente delle energie rinnovabili, per quanto riguarda il mix energetico e il differente potenziale di sviluppo dovuto alle diverse condizioni climatiche, geologiche e territoriali degli Stati membri. Le fonti rinnovabili rappresentano il futuro. Massicci dovranno essere gli investimenti in innovazione e in tecnologie per consentire all'Europa di ovviare al problema della dipendenza energetica in tempi ragionevoli, garantendo all'utente prezzi accessibili.
Ritengo, tuttavia, che dobbiamo essere realisti, evitando di cadere nell'ipocrisia. Pensare che la produzione delle energie rinnovabili da sola ci consenta di raggiungere obiettivi così ambiziosi è irrealistico, nonostante le preconcette e spesso ideologiche tesi di certa sinistra e dei Verdi vogliano farci credere il contrario.
Ciò che può salvare l'Europa nel medio periodo è un mix energetico che contempli anche fonti di energia non puramente rinnovabili come il nucleare, che volente o nolente rappresenta un terzo della produzione di elettricità in Europa.
(Il testo della dichiarazione di voto è troncato in applicazione dell'articolo 163 del regolamento)
Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. − (NL) Poiché il nostro partito, il partito socialista olandese, attribuisce grande importanza alle fonti di energia rinnovabili e ritiene necessaria in questo senso un’azione di portata molto più vasta, non abbiamo votato contro questa relazione. Tuttavia, essa presenta alcuni aspetti negativi. Siamo fermamente contrari all’energia nucleare come fonte sostenibile e rinnovabile di energia. Inoltre, siamo contrari all’idea di una liberalizzazione dei mercati dell’energia a livello europeo. Infine, riteniamo che l’energia solare, eolica e idroelettrica siano soluzioni migliori rispetto ai biocombustibili.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La proposta della Commissione di fissare un obiettivo del 20% di energie rinnovabili, che deve essere raggiunto da ogni Stato membro e deve essere incluso nei piani d’azione nazionali, sarebbe stata accettabile se fosse stata tesa a soddisfare i bisogni della popolazione, a ridurre la dipendenza energetica, a risparmiare energia, a preservare l’ambiente e a suffragare il fatto che l’energia è un bene pubblico e non una merce.
Le linee guida dell’UE, tuttavia, mirano a garantire redditività agli investitori e a sfruttare l’energia rinnovabile per aprire la strada ai capitali privati garantendo la remuneratività delle energie rinnovabili. Benché le fonti rinnovabili siano naturali ed inesauribili e benché contribuiscano a ridurre l’uso di inquinanti, l’ambiente continua ad essere danneggiato in nome del profitto. Basti citare ad esempio l’incontrollato proliferare dei parchi eolici per il profitto privato, persino nelle aree protette nell’ambito di NATURA.
Così l’ambiente diventa un pretesto ipocrita per nascondere la liberalizzazione del settore dell’energia e celarne gli effetti sugli interessi delle persone. L’energia viene trattata come se fosse una merce e non un bene comune.
Per quanto riguarda i biocarburanti, è una provocazione usare i prodotti alimentari per generare energia e non per dar da mangiare ai milioni di affamati che stanno morendo di fame in tutto il mondo.
Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. − (DE) Anche se la promozione delle energie rinnovabili è importante, essa non dovrebbe divenire il pretesto per un’ulteriore riduzione della sovranità degli Stati membri nell’ambito della Costituzione europea. Poiché questo aspetto non è stato considerato nella relazione in esame e poiché non sono stati forniti chiarimenti in merito, mi vedo costretto a respingere il testo.
L’attenzione verso costosissime centrali nucleari ha per troppo tempo ostacolato lo sviluppo delle altre tecnologie per la produzione di energia. Il budget della ricerca nucleare è tuttora da sette a otto volte superiore ai fondi destinati alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica. Se veramente l’Unione europea vuole essere seria con la sua tabella di marcia per le energie rinnovabili, essa deve consentire una più equa distribuzione dei fondi destinati a questo settore; tuttavia, non vi è traccia di tutto questo nella relazione sulla quale stiamo per votare.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’aumento dei consumi è segno di un miglioramento generalizzato (se non sempre equilibrato) delle condizioni di vita. Le misure che mirano a combattere gli effetti negativi di un aumento dei consumi dovrebbero pertanto tener conto del fatto che la crescita non può essere alterata. Tale considerazione lascia aperta la possibilità di agire su due fronti: razionalizzare i consumi e migliorare l’efficienza (in particolare quella energetica) della produzione. Ciò significa che ciò che occorre fare dipende in gran parte dalla ricerca e dall’innovazione.
La risoluzione che è stata approvata sottolinea giustamente che “le fonti energetiche rinnovabili costituiscono un elemento chiave di un mix energetico sostenibile, contribuendo: alla riduzione dalla dipendenza dalle importazioni e alla diversificazione del mix di combustibili; alla riduzione delle emissioni di CO2 e di altro tipo; allo sviluppo di nuove tecnologie innovative; alle opportunità di occupazione e di sviluppo regionale”. Una delle conclusioni che ne derivano è che i programmi europei per la ricerca e lo sviluppo della tecnologia dovrebbero essere maggiormente impiegati per promuovere lo sviluppo delle tecnologie delle energie rinnovabili.
Riassumendo, concordo con l’impostazione della risoluzione e sono favorevole a un aumento degli investimenti in questo settore. Questo è il motivo principale per cui ho votato a favore del testo.
Lydia Schenardi (ITS), per iscritto. – (FR) Noi sosteniamo pienamente la promozione delle energie rinnovabili sia per i trasporti, sia per il riscaldamento delle abitazioni, sia per la generazione di energia elettrica. Come tutti i colleghi presenti in quest’Aula, noi vi vediamo un mezzo per proteggere l’ambiente, ma anche per ridurre la nostra dipendenza energetica.
Tuttavia, non possiamo sostenere la relazione dell’onorevole Thomsen. Innanzi tutto perché il suo vero obiettivo non è ecologico né economico, bensì dogmatico: come enunciato nella motivazione, si tratta di sviluppare una politica energetica comune a livello europeo e questo obiettivo deve prevalere su tutto il resto. Orbene, la politica energetica, prerogativa di sovranità e d’indipendenza, deve essere di competenza esclusivamente nazionale, il che non pregiudica affatto la cooperazione e la solidarietà.
Inoltre, le proposte contenute nella relazione non ci sembrano sufficienti a garantire che si tenga conto delle specificità nazionali: non solo delle caratteristiche geografiche, ma anche dei vincoli economici. Infine, il testo non parla dei mezzi per aiutare i paesi meno progrediti in questo campo a raggiungere un determinato obiettivo vincolante ed uguale per tutti.
Quindi, sì alle energie rinnovabili ma non come pretesto per estendere i poteri dell’Unione europea.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Le energie rinnovabili sono per l’Europa una questione importante, che a mio avviso non riscuote tutta l’attenzione che meriterebbe. In quest’era di crisi energetica, di surriscaldamento del pianeta e di progressivo esaurimento delle riserve dei combustibili fossili tradizionali, è giusto che il Parlamento esamini la possibilità di un miglior uso delle energie rinnovabili. Tuttavia, vorrei anche ricordare che disponiamo tuttora di grandi riserve di carbone in Europa e quindi mi chiedo – di fronte allo sviluppo di una tecnologia pulita del carbone – se non sia stato prematuro da parte nostra abbandonare il carbone come fonte di energia.
Voterò a favore della relazione, ma penso che dobbiamo essere realistici per quanto riguarda gli obiettivi raggiungibili con l’energia eolica o con l’energia del moto ondoso, soprattutto alla luce del sempre più crescente fabbisogno energetico dell’UE. Penso che sia giusto chiedere alla Commissione di elaborare piani d’azione sulle energie rinnovabili, inclusa la generazione di energia eolica, solare e mareomotrice, come pure mettere a punto una strategia per i biocombustibili. Comunque, nel far ciò, dobbiamo stare attenti a non salvare il pianeta dal punto di vista dell’ambiente per poi veder morire di fame la sua popolazione. E’ per questo che la richiesta della commissione di un giusto equilibrio tra energia e alimentazione è assolutamente da condividere.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Nel mio paese, l’Irlanda, il consumo di energia per uso domestico rappresenta circa il 25% del consumo totale di energia. Gran parte di questa energia viene consumata per il riscaldamento delle abitazioni. Il consumo di energia per uso domestico è molto maggiore del necessario perché chi vive in abitazioni non efficienti è costretto a consumare più energia per riscaldarsi.
Spesso l’efficienza energetica delle nostre abitazioni può essere migliorata adottando misure relativamente semplici e non costose, quali per esempio l’applicazione di valvole termostatiche ai radiatori o l’uso di elettrodomestici a basso consumo. Altre possibili misure sono l’installazione di impianti di riscaldamento completamente centralizzati o di pannelli isolanti nei muri esterni o nei solai. Questi ultimi interventi possono essere più impegnativi sul momento, ma certo hanno un miglior impatto a lungo termine.
Vorrei invitare i governi a promuovere i lavori di coibentazione nell’edilizia privata insieme alle altre misure che ho citato. Incentivando tali misure si può risparmiare sui costi dell’energia contribuendo a preservare l’ambiente. La riduzione dell’IVA sugli interventi di rinnovo nell’edilizia dovrebbe essere promossa dai governi. Un miglior isolamento delle nostre abitazioni diminuirebbe del 5% il consumo di energia per uso domestico.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Voterò a favore di questa relazione e credo che i suoi obiettivi generali siano ben equilibrati sullo sfondo delle continue preoccupazioni per la sicurezza energetica. Le energie rinnovabili sono un aspetto importante per la generazione della nostra energia in futuro, ma dobbiamo comunque fare i conti con la nostra produzione attuale di energia. Se l’UE riuscirà a dare impulso alla tecnologia necessaria per farla entrare nel XXI secolo, potrà anche godere in futuro di un margine competitivo in questo settore.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) La relazione sulla tabella di marcia per le energie rinnovabili è un lavoro molto ben fatto in cui si afferma chiaramente che i prossimi anni saranno decisivi e che è necessario un quadro legislativo a sostegno della procedura di codecisione per aumentare la parte di energia rinnovabile dal 7% attuale al 20% nel 2020 rispetto al totale del mix energetico.
La relazione sottolinea giustamente l’enorme potenziale dell’energia eolica offshore: un possibile contributo del 15% del fabbisogno totale di energia dell’UE entro il 2020, che potrebbe portare alla creazione di 368 000 posti di lavoro. Per quanto riguarda lo sviluppo dei biocarburanti, sono stati posti giusti interrogativi per quanto riguarda la necessità di metodi sostenibili di produzione e di un ragionevole equilibrio tra produzione alimentare e generazione di energia. Il gruppo Verts/ALE avrebbe preferito una maggiore incisività e pertanto richiede un’analisi approfondita degli effetti dei biocarburanti sul clima, sull’ambiente, sul tessuto sociale e sulla sicurezza dell’approvvigionamento alimentare.
E’ un peccato che la relazione lasci invariato l’obiettivo del 10% per i biocarburanti. Un altro punto negativo riguarda il considerando E della relazione, in cui la lobby nucleare propone l’energia nucleare come una tecnologia “ponte”. I verdi sono in disaccordo ed hanno pertanto presentato l’emendamento n. 2. Nel complesso, la relazione è esauriente e merita il nostro appoggio.