Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Reino Paasilinna, a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Istituto europeo di tecnologia (COM(2006)0604 - C6-0355/2006 - 2006/0197(COD)).
Ján Figeľ, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono lieto di essere qui con voi stasera per compiere un importante passo avanti non solo con l’approvazione di questa proposta ma anche con l’impegno da parte vostra di istituire un Istituto europeo di tecnologia (IET).
Come voi tutti sapete, sono stati compiuti molti progressi negli ultimi mesi su quest’importante proposta grazie a sforzi congiunti. In particolare vorrei ringraziare il relatore, onorevole Paasilinna, la presidente della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, onorevole Niebler, la rappresentante della commissione per la cultura e l’istruzione, onorevole Hennicot-Schoepges e l’onorevole Böge della commissione per i bilanci per i loro sforzi indefessi e per il loro prezioso contributo, senza il quale non saremmo potuti arrivare a questo punto ed ottenere questo risultato.
La risoluzione adottata dalla commissione per l’industria e il testo dell’approccio generale adottato dal Consiglio vanno chiaramente nella stessa direzione. Penso che ciò sia molto importante e che indubbiamente faciliti il raggiungimento di un testo di compromesso. Lo IET offrirà un contesto dove i partners del mondo degli affari, della ricerca e delle università che eccellono nei loro rispettivi ambiti potranno lavorare insieme sollecitando il loro potenziale innovativo.
Abbiamo concordato che lo IET debba svilupparsi gradualmente. Saranno istituite due o tre comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) nella cosiddetta fase iniziale. Altre CCI verranno poi istituite nella seconda fase, subordinatamente alla valutazione dello IET e delle attività delle CCI. Le attività strategiche a lungo termine e gli orientamenti politici saranno stabiliti dal Parlamento e dal Consiglio, che adotteranno un’agenda strategica innovativa.
La relazione del Parlamento contiene utili emendamenti, che chiaramente arricchiscono la proposta e dei quali vi sono grato. A titolo di esempio, mi compiaccio della proposta di riferire al Parlamento e al Consiglio in merito alla procedura di selezione del comitato direttivo per garantire una maggiore trasparenza. E’ stata anche avanzata una proposta di modifica del nome dello IET in “Istituto europeo di innovazione e tecnologia” mantenendo comunque l’acronimo “IET”, che ormai è ben consolidato.
Mi compiaccio anche degli emendamenti volti a snellire la gestione finanziaria dello IET, che chiarificano che la procedura prevista al punto 47 dell’accordo interistituzionale è applicabile alla sua istituzione.
La Commissione può anche appoggiare moltissimi degli emendamenti da voi presentati, sia per la forma sia per il contenuto, ove sia necessario adattarne l’enunciato. Tuttavia, nutriamo preoccupazioni quanto ad alcuni emendamenti proposti dalla commissione per l’industria, in particolare per quanto riguarda quattro questioni di primaria importanza.
In primo luogo, l’aspetto dell’istruzione. Dobbiamo stare attenti a non annacquare la dimensione dell’istruzione dello IET, che rappresenta la pietra angolare nonché uno degli aspetti più innovativi della proposta. Condividiamo il punto di vista del Parlamento che la mobilità dei ricercatori e degli studenti debba essere strumentale e vada pertanto evidenziata. Ma sono fermamente convinto che l’enunciato sui titoli e i diplomi debba rimanere invariato.
In secondo luogo, la presentazione dello IET è stata decisa sulla base di una fase pilota. Penso che siamo tutti d’accordo che lo IET si debba sviluppare in modo progressivo e che debba essere sottoposto a una continua valutazione. Tuttavia, non dovrebbe esservi alcun dubbio quanto alla visione a lungo termine e all’impegno dell’Unione europea rispetto a quest’iniziativa. Incertezze su questo punto – e specialmente nella fase iniziale – potrebbero pregiudicare la fattibilità di tutto il progetto.
In terzo luogo, la partecipazione dei paesi terzi. Siamo pienamente d’accordo sul principio di agevolare la partecipazione dei paesi terzi allo IET – questa è una delle condizioni essenziali. Tuttavia, ciò deve essere composto con il principio della preferenza per gli Stati membri dell’UE. Lo IET deve rimanere un’iniziativa di stampo europeo.
In quarto luogo, la partecipazione dello IET e delle CCI ai programmi comunitari: su questo non dovrebbe esservi ombra di dubbio. Lo IET non cercherà di partecipare a programmi comunitari, né i suoi costi amministrativi saranno finanziati da questi. Le CCI, d’altro canto, potranno chiedere finanziamenti ma non beneficeranno assolutamente di un accesso privilegiato – nessun trattamento preferenziale. Per chiarire inequivocabilmente questo aspetto, credo che il miglior modo sia che le Istituzioni sottoscrivano una dichiarazione politica da allegare alla proposta.
Il finanziamento dello IET è ora la questione principale. Voi sapete che la settimana scorsa la Commissione ha adottato una proposta di revisione del quadro finanziario pluriennale per venire incontro alle esigenze di Galileo e dello IET. Io spero che tutto ciò fornisca una solida base su cui discutere per giungere a un accordo con le autorità di bilancio entro la fine di quest’anno, come è stato richiesto dal Consiglio nel mese di giugno.
Sono ansioso di avviare la discussione.
Reino Paasilinna (PSE), relatore. – (FI) Signor Presidente, l’Istituto europeo di tecnologia è stato in cantiere per più di un anno e questo tempo è trascorso perché è stato necessario migliorare considerevolmente la proposta originaria della Commissione. Le commissioni parlamentari, sotto la guida della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, hanno rielaborato la proposta per darle una veste nuova. Il Parlamento e il Consiglio hanno avuto più voce in capitolo senza pregiudicare l’autonomia dello IET. La procedura di selezione del comitato direttivo dello IET ricorda molto da vicino quella con cui è stato eletto il Consiglio europeo della ricerca, perciò il mondo scientifico ha criticato tale procedura. Sono stati fatti alcuni tentativi per offrire maggiori opportunità di partecipazione alle PMI. E’ proprio a questo livello che l’impatto sull’occupazione sarà maggiore ed è proprio qui che si trovano la flessibilità e la rapidità necessarie ad attuare l’innovazione.
L’Istituto europeo di innovazione e tecnologia si concentrerà, come indica il nome, sull’innovazione. Gli altri due elementi del “triangolo della conoscenza”, l’istruzione e la ricerca, rimarranno ma l’innovazione costituirà chiaramente l’apice del triangolo e l’aspetto prioritario. L’innovazione deve ricevere una particolare attenzione perché rappresenta il tallone d’Achille dell’Europa.
E’ incredibile che gli americani depositino presso l’Ufficio europeo dei brevetti, che è il nostro ufficio per i brevetti, un numero di domande più di tre volte superiore al nostro. Questo è un buon punto di partenza. Gli scettici potranno chiedere se l’Unione possa essere competitiva senza innovazione o senza incrementare l’innovazione. Bene, stiamo parlando di invenzioni e di processi che possono essere introdotti nel mondo dell’industria. C’è bisogno d’altro? Faremmo meglio a darci una mossa, perché gli Stati Uniti stanno andando avanti e la Cina non è molto lontana da noi. La strategia di Lisbona ha anch’essa bisogno di una spinta. Perché non abbiamo fiducia nelle nostre stesse decisioni strategiche?
La ricerca e lo sviluppo rappresentano una parte sempre più piccola del PNL dell’Unione rispetto alle altre potenze economiche mondiali. La spesa per queste voci è inferiore al 2%, rispetto a quasi il 3% degli Stati Uniti, a più del 3% del Giappone e a quasi il 4% della Svezia e della Finlandia.
I nostri alti standards nel campo dell’istruzione, della formazione e della ricerca producono tuttavia troppe poche applicazioni commerciali, o per lo meno queste non sono realizzate in Europa ma negli Stati Uniti – particolarmente in quel paese. Il problema, ovviamente, ha molte sfaccettature e dipende in parte da quanto grande sia la volontà di cooperare con il mondo dell’industria da parte delle università e degli istituti di formazione, in parte dal fatto che il nostro sistema di brevetti sia così farraginoso e così via.
Ovviamente lo IET non eliminerà questi problemi, ma potrà ovviarvi in una certa misura. La fuga di cervelli deve essere presa sul serio. Perché? Perché stiamo tentando di diventare la prima economia mondiale basata sulla conoscenza e i cervelli stanno fuggendo!
Lo IET offrirà al settore privato un nuovo tipo di contatto con la comunità dell’istruzione e della ricerca. Contribuirà a creare opportunità per lo sfruttamento commerciale dei risultati della ricerca e rafforzerà la cooperazione in entrambi i sensi. L’Istituto non diventerà una super università che rubi alle principali università i migliori ricercatori e studiosi. Lo IET potrà offrire alle migliori università e ai migliori poli accademici una nuova e duratura opportunità di lavorare a stretto contatto con le aziende che hanno sete d’innovazione. Potrà aiutare le migliori università ad attirare gli studenti più capaci e più brillanti del mondo, accademici e ricercatori in modo che possano sviluppare e utilizzare la ricerca e l’innovazione nonché i processi e i metodi relativi alla sua applicazione, lavorando fianco a fianco con le principali compagnie.
Non posso negare che la proposta contenga aree che sono in sovrapposizione con strumenti esistenti. Le piattaforme tecnologiche nell’ambito del settimo programma quadro e le iniziative tecnologiche congiunte su più vasta scala, ammesso che vengano realizzate, si basano ampiamente sugli stessi principi dello IET. Lo stesso vale per il programma quadro per la competitività e l’innovazione.
Possono esservi quindi delle sovrapposizioni, ma l’Europa non soffre per un eccesso, bensì per una carenza d’innovazione e quindi c’è spazio per nuove imprese che competano fra loro. E’ solo questione di come lo IET s’inserirà nell’attuale puzzle della situazione. Io credo che si possa inserire sulla scena della ricerca europea senza arrecare danno a tale ambiente. Abbiamo aggiunto una fase di prova per quanto riguarda le valutazioni del progetto ed abbiamo conferito maggiori poteri al Parlamento.
Una settimana fa la Commissione ha annunciato una proposta per sottrarre la liquidità dalla burocrazia amministrativa e per sostenere l’agricoltura – vino e patate, se vogliamo – e l’innovazione. Non potremmo farlo? E’ un’idea interessante. Cruciale per il destino dello IET è ora la volontà degli Stati membri, Stati membri che non investono abbastanza, di finanziarlo.
Intendiamo tutti appoggiare gli obiettivi di Lisbona? Questo è il nostro banco di prova. Lo IET potrà produrre più valore aggiunto se perseguirà gli obiettivi di Lisbona, ma solo a condizione di non fagocitare i programmi di Lisbona. L’Unione ha bisogno d’innovazione, onorevoli deputati. Ne ha bisogno la popolazione, ne ha bisogno il nostro futuro. Perché non soddisfare tale bisogno?
Nina Škottová (PPE-DE), relatore per parere della commissione per i bilanci. – (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, la Commissione presenta la sua proposta per l’Istituto europeo di tecnologia come progetto per la creazione di un’importante Istituzione europea che integri la ricerca, l’istruzione e l’innovazione e che contribuisca a trasformare le scoperte innovative in opportunità commerciali.
Pertanto, la commissione per i bilanci ha esaminato molto attentamente il progetto di bilancio. Sfortunatamente, è emerso che il progetto di bilancio congiunto presenta numerosi problemi ed è molto ambiguo. Il problema principale è che i finanziamenti non sono stati inclusi nel quadro finanziario pluriennale per il 2007-2013: la somma si eleva a 308 milioni di euro. Vi sono dubbi per ulteriori 1,5 miliardi di euro data la proposta di finanziare l’Istituto a titolo di altri programmi, in particolare i Fondi strutturali e il settimo programma quadro per la ricerca.
Benché vi siano state numerose discussioni con la Commissione e il Consiglio da che la commissione per i bilanci ha emesso il suo parere, la questione del finanziamento dell’Istituto non è ancora stata risolta in modo soddisfacente. Tuttavia, gli ulteriori fondi necessari potrebbero materializzarsi, come già detto, esclusivamente a titolo di una revisione del quadro finanziario.
Ovviamente non possiamo sapere quali siano l’efficacia e i risultati dello IET prima che sia istituito. Tuttavia, deve dar prova di saper attrarre finanziamenti anche dal settore privato, come previsto anche dalla proposta della Commissione. Ciò può avvenire solo a condizione che i progetti siano topici e di alta qualità e a patto che producano risultati di successo. E’ mio auspicio che l’Istituto riesca in questa sua impresa.
Umberto Guidoni (GUE/NGL), relatore per parere della commissione per il controllo dei bilanci. – (IT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella sua relazione sulle strategie politiche per il 2007 il Parlamento europeo ha espresso scetticismo nei confronti dell'Istituto europeo di tecnologia, sottolineando il rischio di sovrapposizione a strutture già esistenti e temendo che possa competere con i finanziamenti già limitati per la ricerca.
Certamente c'è bisogno di migliorare gli sforzi comunitari in materia di ricerca, innovazione ed istruzione, di creare partenariati pubblico-privato e soprattutto di agevolare l'accesso delle piccole e medie imprese alle nuove conoscenze. Tuttavia non si può ignorare che il modo frettoloso in cui viene presentato l'Istituto, che ha ripercussioni a lungo termine, tanto più visto il contemporaneo avvio di nuovi strumenti strategici come il Consiglio europeo della ricerca.
Va inoltre ricordato che la dotazione finanziaria del settimo programma quadro è stata ridotta del 30% a seguito dell'accordo sulle prospettive finanziarie. Considerando la ristrettezza dei finanziamenti per la ricerca a livello europeo, occorre garantire che l'Istituto europeo della tecnologia non attragga risorse altrimenti destinate ad altre attività del settore. I finanziamenti vanno aggiunti come un'integrazione alle attuali prospettive finanziarie e le nuove risorse devono arrivare da diverse fonti, comunitarie, nazionali, regionali e private.
In primo luogo occorre garantire una procedura trasparente di selezione del comitato direttivo in cui la Commissione sia opportunamente chiamata a riferire alle altre istituzioni. Inoltre, il Parlamento europeo ed il Consiglio devono essere posti in condizione di esprimere il proprio consenso in relazione alle priorità strategiche dell'Istituto europeo di tecnologia, prima dell'approvazione definitiva da parte della Commissione.
Infine, il Parlamento europeo e la Corte dei conti devono avere piena visibilità sui bilanci dell'Istituto. Ritengo che solo dopo un'approfondita revisione di un programma pilota sulla base di una valutazione esterna indipendente sarà possibile stabilire se sia opportuno istituire l'Istituto europeo della tecnologia come organismo comunitario permanente oppure se l'Europa potrebbe ottenere maggiori vantaggi dirigendo i finanziamenti verso altre attività comunitarie in materia di ricerca e sviluppo.
Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE), relatore per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (FR) Signor Presidente, peccato che la Commissione abbia lanciato il progetto dell’Istituto europeo di tecnologia senza garantirne il finanziamento sin dall’inizio. La commissione per la cultura e l’istruzione ha approvato la proposta dopo aver chiarito alcuni punti, come il rilascio di titoli di formazione, che resterà di competenza degli Stati membri e degli istituti d’insegnamento superiore che partecipano al progetto. Tali titoli recheranno l’etichetta IET come marchio d’eccellenza europea, ma il titolo di formazione mirerà a rispettare la diversità del panorama dell’insegnamento superiore nell’Unione europea.
D’altro canto, lo IET dovrà favorevolmente contribuire alla mobilità degli studenti e a tal proposito resta ancora da risolvere il problema della trasferibilità delle borse. Pertanto, chiedo agli onorevoli colleghi di votare a favore dell’emendamento n. 36, che incoraggia la mobilità degli studenti. Sappiamo tutti che solo il 3% degli studenti europei è in mobilità?
Lo IET è un affascinante progetto del futuro per la cooperazione, l’innovazione e la ricerca, e il settore privato contribuirà ad associarvi gli istituti d’insegnamento superiore: una vera e propria sfida per la competitività in Europa! Desidero congratularmi con il relatore, onorevole Paasilinna, e ringrazio la Commissione e la Presidenza tedesca, che hanno ampiamente contribuito all’avanzamento del testo.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), relatore per parere della commissione giuridica. – (PL) Signor Presidente, l’idea avanzata nel 2005 di istituire un Istituto europeo di tecnologia merita di essere in ogni modo sostenuta. La proposta di una struttura costituita da una rete di comunità della conoscenza e dell’innovazione può diventare un eccellente stimolo per l’innovazione in tutta Europa.
Fornire un’adeguata base giuridica e consentire così il finanziamento permanente dell’Istituto sono state le mie priorità come relatrice per parere della commissione giuridica. In tale contesto, conferire all’Istituto lo status di agenzia sulla base dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006, segnatamente ai sensi della lettera C e dell’articolo 47 del suddetto accordo, è d’incommensurabile importanza, come è pure importante la proposta della commissione per aumentare il margine nella sezione 1A del bilancio per il 2007-2013, garantendo così all’Istituto 309 milioni di euro.
L’istituzione dello IET riveste una particolare importanza per il mondo scientifico nei nuovi paesi dell’Europa unita, che dispongono di un vasto potenziale intrinseco non ancora sfruttato. Pertanto, do il mio pieno appoggio alla decisione delle autorità di Wroclaw, che chiedono che il comitato direttivo o una delle comunità della conoscenza abbia sede nella loro città, che conta 140 000 studenti.
Per finire, vorrei trasmettere le mie congratulazioni e i miei ringraziamenti più sinceri all’onorevole Reino Paasilinna per la sua eccellente cooperazione e la sua ottima relazione.
Romana Jordan Cizelj, a nome del gruppo PPE-DE. – (SL) Signor Presidente, il nostro documento iniziava con la relazione dell’onorevole Wim Kok. Il suo messaggio era chiaro. Avevamo la responsabilità di accompagnare la strategia di Lisbona verso i suoi obiettivi più importanti dandole appropriati contenuti. Insieme abbiamo concepito il settimo programma quadro e il programma quadro per la competitività e l’innovazione, dando così una dimensione europea alla ricerca e all’impresa.
Tuttavia, non eravamo certi che ciò fosse abbastanza per incrementare l’innovazione europea. Eravamo al corrente che ci fosse una carenza di circa 100 000 ingegneri e ricercatori in Europa e che non potevamo promuovere l’innovazione in sé solo tramite incentivi e progetti diretti. Non avevamo nessun legame con le università e pertanto ci mancava la gestione delle risorse umane.
Questa carenza è colmata dallo IET. Il suo valore aggiunto è il legame che fornisce tra il settore della ricerca e il mondo accademico e l’industria. I poli accademici e di ricerca che diverranno membri delle comunità della conoscenza e dell’innovazione nell’ambito dello IET dovranno dar prova di eccellenza. L’etichetta IET, di cui potranno servirsi i partners, costituirà anche un marchio per il riconoscimento esterno della qualità del gruppo. Auspico che i partners si servano di tale marchio o etichetta come segno distintivo di qualità.
Allo stesso tempo il marchio IET dovrebbe anche servire ai potenziali clienti dell’industria. Essi devono arrivare ad avere una massa critica di dipendenti con una formazione adeguata per rispondere alle esigenze di ricerca e sviluppo a breve e lungo termine. Il marchio IET faciliterà la selezione dei partners o dei managers per i progetti di formazione e di ricerca.
L’adeguato finanziamento del funzionamento dello IET ha rappresentato un momento difficile e ostico delle precedenti discussioni. Crediamo di poter avere successo nell’assicurare finanziamenti pubblici, anche se si tratta di una piccola parte. Toccherà poi all’industria, al settore privato, rispondere alla globalizzazione con lo stesso impegno da noi dimostrato.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, innanzi tutto vorrei congratularmi con il collega, onorevole Paasilinna, per il suo faticoso lavoro. Si è trattato di un parto davvero difficile, non già per la relazione a questo Parlamento, bensì per quanto riguarda la nascita dell’Istituto stesso.
In effetti, è triste che lo IET debba iniziare la sua importante impresa con così scarso entusiasmo, soprattutto da parte di alcuni membri del Consiglio e forse anche della Commissione. Concordo pienamente quanto al merito dei commenti espressi dal Commissario, anche quelli riguardo alle CCI. Come proposto anche dall’onorevole Paasilinna, al quale esprimo le mie più fervide congratulazioni, ne occorre un numero limitato per assemblare qualunque progetto pilota. Questo è assolutamente corretto e spero che i progetti producano risultati positivi.
Concordo anche per quanto riguarda i finanziamenti. E’ stato abbastanza superficiale da parte di alcuni membri del Consiglio dire: “Volete fare qualcosa di nuovo? Bene, ma niente nuovi finanziamenti. Servitevi semplicemente del denaro previsto dal bilancio”. Non ci dovrebbe essere superficialità quando si crea qualcosa di nuovo.
Il fatto di utilizzare essenzialmente i fondi della ricerca è pienamente accettabile, ma è assolutamente giusto cercare nuove opportunità di finanziamento per questo progetto come per Galileo, per esempio, in parte attingendo alle eccedenze di bilancio e in parte tramite nuovi impegni da parte dei singoli Stati membri.
Un punto importante – e l’onorevole Paasilinna lo ha evidenziato – è che lo IET e le CCI ci hanno aiutato a trattenere o recuperare funzionari di grande caratura in Europa. Le statistiche ci dicono che le persone se ne vanno non necessariamente per denaro, ma per opportunità. Se sapremo ricreare delle opportunità tramite queste istituzioni in modo che i funzionari di maggiore caratura restino in Europa o rientrino dall’America o da altri paesi, allora avremo fornito un valido contributo all’Europa che potrà tornare ad essere un polo d’attrazione per le nuove tecnologie.
Jorgo Chatzimarkakis, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare l’onorevole Paasilinna per la sua validissima collaborazione. Si è trattato di un lavoro difficile, ma egli è sempre stato pronto a collaborare. Vorrei anche ringraziare il Commissario per la tenacia dimostrata in questi lunghi mesi e per la sua lealtà al progetto. Vedrà, signor Commissario, che la sua perseveranza sarà alla fine ripagata nonostante tutte le resistenze da lei incontrate sin dall’inizio, specialmente da parte del mondo scientifico.
Mentre il Presidente Barroso si è chiaramente ispirato al MIT nel promuovere l’idea di un Istituto europeo di tecnologia, quest’idea, questo progetto si è trasformato. Oggi appare diverso dalla versione originale. Va comunque bene, perché all’inizio eravamo alquanto vaghi riguardo alla struttura. Adesso è emerso un progetto europeo e si è sviluppato qualcosa di nuovo. Siamo un continente di idee. Lo sappiamo. Eccelliamo nella ricerca; eccelliamo nella scienza; ma abbiamo difficoltà nel convertire in prodotti tangibili queste meravigliose idee che hanno rivoluzionato il mondo. Questo è il nostro problema.
Pertanto, quando si tratta di definire la ricerca come investimento finanziario nella conoscenza, l’innovazione dovrebbe essere il processo inverso. Dalla conoscenza nasce un prodotto, una licenza, un brevetto, che poi si traduce nuovamente in denaro. Questo è il nostro punto debole in Europa ed è precisamente a questo che può servire l’Istituto europeo di tecnologia. Va da sé che questo progetto di regolamento non è un successo pieno. Questo lo possiamo riconoscere senza problemi. Ma è un buon compromesso e sta a noi adesso proporlo alle persone e in particolare chiarirne il significato agli interessati.
I relatori hanno dato prova di un’eccellente collaborazione. Non dovremmo perdere di vista la grandezza dell’obiettivo nel suo insieme, perché il progetto dello IET si rivolge specificatamente a un pubblico di piccole e medie imprese. L’obiettivo è anche quello dell’accesso alla conoscenza degli istituti universitari, ma esso implica essenzialmente la creazione di una rete che attualmente non sta funzionando al meglio.
Vorrei commentare un certo numero di punti controversi. La Commissione propone di stabilire lei stessa l’agenda strategica dello IET. Su questo devo dire che non dovremmo fare così. Ci deve essere autonomia qui, come per il Consiglio europeo della ricerca.
Inoltre, la questione della proprietà intellettuale deve essere affrontata in modo che partecipare allo IET diventi interessante anche per le medie imprese. E’ ovvio che abbiamo bisogno dello IET, che è anche un marchio oltre che una denominazione. Noi vogliamo un forte IET e non vogliamo nemmeno un semplice progetto pilota, perché questo sarebbe un deterrente per molti investitori – e noi abbiamo bisogno degli investitori.
Vorrei anche aggiungere qualcosa a proposito dei finanziamenti. E’ ormai da tempo che mi occupo personalmente della “lisbonizzazione” del nostro bilancio. Ciò significa che possiamo “lisbonizzare” le cospicue dotazioni finanziarie di cui disponiamo nei settori dell’agricoltura e della politica regionale e siamo evidentemente a un punto in cui parliamo di raggruppare in un’unica voce Galileo e lo IET. Questo vuol dire arrivare molto vicino alla “lisbonizzazione”, ovvero investire nell’innovazione.
Pertanto, andiamo avanti. Invito il Parlamento ad avallare questo compromesso domani sostenendolo con una larga maggioranza. Ancora congratulazioni, onorevole Paasilinna, per il suo lavoro.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, è un’ottima cosa che, nonostante i dubbi pregressi, abbiamo adesso la possibilità di esprimere in questo Parlamento commenti costruttivi sull’istituzione di un Istituto europeo di tecnologia. E’ mio sincero auspicio che quest’iniziativa sia veramente europea.
Penso che si debba sottolineare il principio di un’uniforme distribuzione geografica delle comunità della conoscenza e dell’innovazione. Dovremmo tentare di far sì che il finanziamento di questo progetto da parte dell’Unione europea rappresenti una priorità per diverse ragioni, non da ultimo per la scarsa tutela dei brevetti in Europa. Non riusciremo a scaricare quest’onere sulle spalle del settore privato.
L’Europa ha bisogno di quest’intuizione. La miglior prova ne è la risposta degli industriali, delle autorità locali e della comunità scientifica della Bassa Silesia. Prima che venga ultimata la procedura giuridica, abbiamo già una società costituita ad hoc, lo IET+, abbiamo la volontà di coinvolgere i Fondi strutturali, abbiamo lettere d’intenti delle più grandi società della Bassa Silesia ed abbiamo anche le firme di 35 000 persone che vivono nella Bassa Silesia e chiedono che l’Istituto o le istituzioni che ne faranno parte abbiano sede a Wrocław.
David Hammerstein, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signor Presidente, siamo profondamente spiacenti, ma questa proposta non è seria. Ancora una volta l’Europa vuole agire ma non può. I verdi erano favorevoli al progetto, ma a un progetto vero e le proposte che sono sul tavolo sono inadeguate e incoerenti.
Dopo i negoziati, la questione dei finanziamenti non è ancora risolta. La proposta europea di 308 milioni di euro è chiaramente inadeguata ed inoltre si tratta di una cifra molto, ma molto inferiore a quella proposta dalla Commissione stessa sulla base dei suoi studi. Così ci troviamo davanti a un invito a fagocitare e debilitare altri progetti europei, come il settimo programma quadro per la ricerca.
Se la Commissione europea vuole davvero l’Istituto, come lo vogliamo noi, occorrerà riaprire i negoziati riguardo alla prospettiva finanziaria e si dovrà creare una dotazione finanziaria veramente consistente di oltre 2 miliardi di euro, che è il necessario. In breve, se vogliamo promuovere la ricerca e la tecnologia, dobbiamo sostenerle e non dobbiamo offrire carne da macello agli euroscettici, come stiamo facendo con questo progetto così incoerente.
Vi sono anche problemi quanto al contenuto. Abbiamo eliminato il plafond per le spese amministrative; abbiamo stabilito un plafond per tutti i progetti, ma qui lo abbiamo rimosso. Abbiamo anche rimosso una delle principali questioni della vita in generale – il cambiamento climatico – che avrebbe dovuto essere una delle questioni più importanti e che invece è stata rimossa. Tutto questo è scioccante. In breve, abbiamo davanti un progetto che non ha nessuna ambizione, non c’è il denaro per sostenerlo, non c’è coerenza – e noi ce ne rammarichiamo profondamente.
Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signor Presidente, aggiungere un istituto di tecnologia accanto alle università esistenti sembra una buona idea, ma non è quello che ci viene offerto. Ci viene offerto di creare un’istituzione con la Commissione che passa tutto al vaglio, che seleziona i centri della conoscenza e dell’innovazione, che vuole inizialmente far funzionare ma che vuole poi sussumere sotto di sé al momento buono. Rilascerà perfino qualifiche recanti il logo UE, senza alcun riferimento alle università di cui si è servita. Sicuramente tutto ciò è innovativo, ma non si ottiene solo desiderandolo. Specialmente in questo caso, usurpando le università, si soffocherà l’impresa invece di promuoverla.
Se volete promuovere l’innovazione, guardate agli individui nelle università, guardate agli individui nelle PMI e offrite loro risorse per aiutarli a sviluppare e a promuovere le loro idee. Se suggerite una rete per valorizzare e diffondere le idee, non preoccupatevi. Questa comunità già comunica attraverso il mondo intero. Le buone idee diventano presto internazionali. Per l’amor del cielo, lasciate perdere questo tentativo di armonizzare le università e considerate il valore dei diversi contributi resi da queste diverse istituzioni.
Se avete denaro da risparmiare, datelo agli innovatori. Essi lavorano da soli o di concerto in piccoli gruppi. Europei come Archimede, Newton, Pasteur, Ehrlich, Röntgen, Fermi, Teller e Watson-Watt non sono usciti da nessun istituto. A loro bastavano solo il tempo e lo spazio per pensare e per portare avanti la ricerca.
Lydia Schenardi, a nome del gruppo ITS. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, uno dei pochi ambiti nei quali riconosciamo all’Europa un reale valore aggiunto rispetto ad un’azione nazionale è quello della ricerca. E’ per questo che siamo favorevoli alla creazione di un Istituto europeo di tecnologia.
Noi condividiamo anche le inquietudini e gli interrogativi del relatore. Il futuro IET deve essere complementare e non in concorrenza con le azioni già avviate a livello europeo nel campo della ricerca e dell’innovazione. Esso non deve segnatamente attingere alla dotazione finanziaria, già poco sostanziosa, del settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo e deve essere oggetto di un finanziamento complementare.
Tenendo conto della sua concezione, che consiste nell’associare partners pubblici e privati, è comunque auspicabile che le risorse provengano essenzialmente da fondi privati e dagli introiti delle proprie attività. Ciò rappresenterebbe una prova della sua utilità e della sua efficacia.
Inoltre, l’Unione europea deve dare un impulso e non creare un ennesimo organismo burocratico a carico del contribuente europeo.
Per gli stessi motivi, ci sembra che il marchio IET sia un’idea migliore rispetto alla possibilità che l’Istituto rilasci titoli e diplomi propri. Anche su questo punto l’Unione europea deve rappresentare un valore aggiunto e non un’alternativa a ciò che già esiste.
Questo timore delle sovrapposizioni sterili e della concorrenza finanziaria e funzionale con altri programmi ci porta infine a sostenere la necessità di una valutazione anticipata rispetto a quanto proposto dalla Commissione, anche se la frequenza delle ulteriori valutazioni, estesa a sette anni, ci sembra troppo lunga. Se i nostri timori si dovessero avverare, converrebbe effettivamente procedere rapidamente agli aggiustamenti necessari, se non addirittura a modifiche sostanziali del regolamento oppure semplicemente, anche se ciò non rientra nelle abitudini europee, mettere fine al progetto.
Roger Helmer (NI). – (EN) Signor Presidente, rieccoci di nuovo: ancora pose e presunzione, ancora un borioso tentativo di emulare l’America. Gli Stati Uniti hanno il dollaro e quindi noi dobbiamo avere l’euro. Gli Stati Uniti hanno un sistema GPS e quindi noi dobbiamo avere Galileo. Gli Stati Uniti hanno il MIT e quindi noi dobbiamo avere lo IET. Forse ci è sfuggito che il MIT è finanziato da fondi privati, non pubblici, e questo è uno dei motivi chiave del suo successo.
I grandi istituti accademici nascono e si sviluppano dal basso verso l’alto, non viceversa. Non vengono fuori dal nulla già completamente formati al tocco della penna magica di un burocrate.
Nessuno mette in discussione il bisogno d’innovazione e di ricerca dell’Europa, ma questo è il modo sbagliato di perseguirlo. Le soluzioni imposte dallo Stato non funzioneranno. Lo IET sarà un duplicato in conflitto con programmi già esistenti dell’Unione europea, come il programma quadro per la ricerca, il programma per la competitività e l’innovazione e il programma di apprendimento permanente.
Questa proposta esiste al di fuori della prospettiva finanziaria corrente ed il suo finanziamento non è assolutamente assicurato. Nessuna meraviglia, quindi, che le istituzioni accademiche con una tradizione di eccellenza in Europa siano preoccupate di perdere i loro finanziamenti, il loro personale di spicco e i loro progetti a favore dello IET.
Posso perfettamente capire il Presidente Barroso e il suo desiderio di lasciare un’eredità, ma non dobbiamo permettere che tale eredità danneggi le università europee e le strutture di ricerca.
Gunnar Hökmark (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, dobbiamo sostenere l’innovazione e la ricerca in tutt’Europa. E’ un compito cruciale per l’industria, le università e gli istituti di ricerca, gli Stati membri e l’Unione. Saranno necessari maggiori finanziamenti per la ricerca e l’innovazione. E’ per questo che vorrei sottolineare quanto detto poc’anzi dal Commissario – che per quanto riguarda lo IET la questione essenziale è adesso quella dei finanziamenti. Questo perché dobbiamo assicurare non solo il finanziamento dello IET, ma anche che tale finanziamento non attinga risorse da altri progetti e programmi per l’innovazione e la ricerca.
Io penso che non ci si debba stancare di ripetere che il finanziamento dello IET deve provenire da voci di bilancio diverse da quelle che oggi contribuiscono all’innovazione e alla ricerca a titolo del settimo programma quadro, del PIC o altre voci della rubrica 1A.
Se riusciremo a far ciò, potremo riuscire a fornire ulteriori risorse all’innovazione e alla ricerca in Europa e potremo contribuire all’innovazione. Dal punto di vista del mio gruppo, vorrei sottolineare che questa è una prova cruciale che la Commissione deve affrontare ed alla quale noi dobbiamo fornire il nostro apporto, perché così facendo potremo tutti contribuire ad un Europa con maggiori e migliori innovazioni. Se avremo successo, avrà successo anche l’innovazione.
Robert Goebbels (PSE). – (FR) Signor Presidente, l’Istituto europeo di tecnologia parte da una giusta constatazione: la ricerca è centrale per il progresso economico. La ricerca vive di scienziati formati in centri universitari di eccellenza. Le università devono poter contare su fondi pubblici e privati consistenti e prevedibili.
L’Unione è in ritardo in tutti questi ambiti. Le nostre disponibilità per la ricerca sono, in media comunitaria, ampiamente inferiori a quelle dei bilanci pubblici, e soprattutto privati, di paesi come gli Stati Uniti e il Giappone. L'Unione - popolazione 500 milioni – conta 1,2milioni di scienziati. L'America - popolazione 300 milioni – ne conta 1,3 milioni. In media europea, gli strumenti pubblici e privati destinati all’insegnamento superiore rappresentano l’1,3% del PIL contro il 3,3% degli Stati Uniti. L'Europa spende meno di 10 000 euro per ogni suo studente, gli Stati Uniti più di 35 000 euro. Non tutto è perfetto oltre Atlantico. Su 2 500 università, un centinaio sono veramente eccellenti e si dividono ogni anno 32 miliardi di euro di crediti per la ricerca. Questa cifra, 32 miliardi, va raffrontata alle magre risorse stanziate per lo IET. Sei nostri Stati non stanziano maggiori risorse per la ricerca, lo IET e altri progetti ambiziosi finiranno nel dimenticatoio. Gli Stati Uniti sfornano ogni anno circa 40 000 laureati. Un terzo di essi proviene dal resto del mondo. Per la fisica e la biologia, la percentuale dei laureati non americani supera il 50%.
Perché è così? Perché l’America continua a credere nel progresso scientifico. Laddove gli europei vedono essenzialmente rischi e si rifugiano con paura dietro il principio di precauzione, gli Americani vedono nuove opportunità. Questo vale per le biotecnologie, per le nanotecnologie, perfino per la lotta contro il cambiamento climatico: mentre l’Europa si concentra sui rimpianti, l’America promuove il progresso tecnologico e scientifico. La paura del futuro, la paura del progresso sono alla base delle carenze dell’Europa. Senza un cambiamento di mentalità, signor Presidente, lo IET non potrà cambiar niente.
Grażyna Staniszewska (ALDE). – (PL) Signor Presidente, vorrei esprimere la speranza che le comunità della conoscenza e dell’innovazione che fanno parte dell’Istituto europeo di tecnologia si diffondano uniformemente in tutta l’Unione europea. Ciò è particolarmente significativo, perché l’Istituto dovrebbe essere uno strumento per mobilitare l’intera Comunità in modo uniforme, dando slancio alla competitività e al progresso tecnologico con il corollario dello sviluppo economico per tutta l’Unione e non solo per i vecchi Stati membri.
Vorrei cogliere quest’opportunità per dare il mio pieno sostegno alla proposta polacca di eleggere Wroclaw a sede degli uffici del comitato direttivo dell’Istituto. Questa è una città che si sta rapidamente sviluppando al limite tra la vecchia e la nuova Europa lungo il confine con quattro Stati: la Polonia, la Germania, l’Austria e la Repubblica ceca. E’ una città che annovera istituti eccellenti d’istruzione superiore e conta quasi 150 000 studenti. Sia le autorità nazionali polacche sia le autorità locali di Wrocław, come pure il mondo accademico polacco, sono assolutamente pronti a realizzare questa missione.
Vorrei sottolineare che la scelta di Wroclaw come sede del comitato direttivo dell’Istituto e della comunità della conoscenza e dell’innovazione non sarebbe assolutamente in contrasto con il criterio fondamentale dello IET – il criterio di eccellenza, anzi il contrario. La ricerca accademica polacca è ai massimi livelli europei e sotto molti aspetti ai primi posti nel mondo.
L’Istituto deve diventare uno strumento per promuovere l’innovazione ai massimi livelli in tutta l’Unione europea. Questa è la nostra unica opportunità di rispondere alla sfida di un’economia basata sulla conoscenza globale
Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signor Presidente, prima ancora della sua nascita, il nome dell’Istituto europeo di tecnologia è stato cambiato in Istituto europeo d’innovazione e tecnologia. Se ciò potrà contribuire alla sua nascita, sono certo che nessuno avrà nulla a che ridire.
Vale la pena ricordare che parallelamente ai lavori della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, vi sono anche alcune questioni importanti che sono state sottoposte alla nostra commissione per i bilanci e che riguardano l’Istituto europeo d’innovazione e tecnologia. E’ stato deciso che l’anno prossimo circa 400 milioni di euro saranno accantonati per questo progetto e che entro il 2013 la dotazione finanziaria sarà sei volte più grande. Il problema è spinoso: a chi levare per dare a questo Istituto, giacché non vi è nessuna disposizione in merito nel bilancio settennale e non è stato allocato nemmeno un euro? E’ come se pensassimo che la strategia di Lisbona, della quale questo Istituto avrebbe dovuto essere una parte importante, fosse solo un altro pezzo di carta o un’altra frottola politica. Voglio dire che la Commissione ha precedentemente informato il Parlamento, formalmente o informalmente, della sua intenzione di creare l’Istituto, eppure allo stesso tempo noi non abbiamo stanziato nemmeno cinque euro per questo progetto. Ciò dimostra una certa mancanza di compatibilità, se non addirittura una certa forma di schizofrenia.
La mia città, Wrocław, soddisfa tutti i criteri per ospitare la sede del comitato direttivo dell’Istituto europeo di tecnologia. La Commissione dovrebbe prendere prima possibile una decisione in merito.
Alyn Smith (Verts/ALE). – (EN) Signor Presidente, sicuramente una delle cose più difficili per un uomo politico, a parte riconoscere di aver sbagliato, è dire: “fermiamoci e ripensiamo tutto da capo”. E’ quello che dovremmo fare qui. Sono il primo a riconoscere che il duro lavoro, che è stato svolto qui in questa Camera ed in altre istanze per portare avanti questa proposta e presentare questa relazione, alla fin fine non sia servito a nulla – con mio grande rammarico.
Me ne rammarico a livello personale perché inizialmente ero molto entusiasta in merito a questa proposta. Le ho fatto pubblicità io stesso presso le nostre università in Scozia, presso le nostre PMI, presso vari altri interlocutori ed ho assistito al progressivo indebolimento della proposta, che si è fatta sempre più diluita, nebulosa, precaria e sempre più sotto finanziata.
Sicuramente, siamo tutti d’accordo in quest’Aula che l’Europa non commercializza abbastanza la sua ricerca. Abbiamo deciso che bisognava fare qualcosa. Ma la logica del “dobbiamo fare qualcosa, questo è qualcosa, quindi dobbiamo fare questo” è sicuramente una logica sbagliata, che risulterà in una creazione sbagliata, artificiale, debole da parte dell’UE e che non risponderà alle nostre speranze. Allora, osiamo, strappiamo tutto e ricominciamo da capo e innoviamo e cerchiamo di costruire un migliore IET per il futuro dell’Europa.
Angelika Niebler (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli deputati, innanzi tutto i miei più vivi ringraziamenti al relatore, l’onorevole Paasilinna, a tutti i relatori ombra e agli onorevoli colleghi delle commissioni, che sono stati chiamati ad esprimere un parere e che hanno lavorato in modo molto costruttivo negli ultimi mesi per porre in essere lo IET sul quale domani prenderemo una decisione con un’ampia maggioranza.
L’Istituto europeo d’innovazione e tecnologia ha la possibilità e le potenzialità per diventare un punto di riferimento in Europa. Ne sono fermamente convinto e sono spiacente che la discussione sia stata prevista ad un’ora così tarda della giornata. Questo tema meritava veramente di essere discusso di mattina. Tuttavia spero vivamente che gli emendamenti presentati per respingere l’intera proposta della Commissione non ottengano la maggioranza domani.
Pensavamo tutti la stessa cosa nel fissare gli obiettivi dell’Istituto europeo di tecnologia: volevamo rafforzare la capacità d’innovazione dell’Europa e dovevamo inoltre migliorare il trasferimento di tecnologia e know-how dalla ricerca e dalla formazione all’industria e all’economia – anche qui pensavamo tutti la stessa cosa. La questione cruciale era sempre la stessa: può l’Istituto europeo di tecnologia fornire un valido contributo a tutto ciò?
Penso che lo IET, nella sua veste attuale secondo la relazione dell’onorevole Paasilinna, sia veramente in grado di svolgere questo compito e di generare un valore aggiunto per l’Europa. Certo, abbiamo fatto a modo nostro, non come gli americani, che creano dal nulla un istituto e ci pompano finanziamenti. No, noi facciamo a modo nostro, nel modo europeo, costruendo una rete e promuovendo e sostenendo le università, i politecnici, gli istituti di ricerca e d’insegnamento già esistenti. Dovremmo quindi riuscire a creare un valore aggiunto europeo tramite una rete intelligente.
Confido che lo IET sia un successo e sono lieta di contribuirvi. Non parlo a nome della città di Monaco, che ha anche cercato di ottenere la sede dello IET. E’ importante che domani diamo la nostra benedizione al progetto con una larga maggioranza.
Gyula Hegyi (PSE). – (EN) Signor Presidente, stando alla leggenda, gli scienziati di Los Alamos che misero a punto la bomba atomica con il progetto Manhattan durante la Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti parlavano tra loro ungherese. Usavano l’inglese solo in presenza di Robert Oppenheimer. Infatti, Edward Teller, E. P. Wigner e Leo Szilard erano nati in Ungheria e avevano studiato a Budapest.
Noi ungheresi apparteniamo a una nazione relativamente piccola, ma siamo fieri di annoverare tra noi 50 Premi Nobel per lo più nel ramo delle scienze naturali. Poiché siamo linguisticamente isolati, molti giovani ungheresi di talento attratti dalle scienze naturali cercano di portare avanti le loro attività dove non esistono barriere linguistiche.
I nostri scienziati e giovani ricercatori, soprattutto nel campo della matematica, della fisica, della chimica e della biologia, sono molto rispettati in tutto il mondo. E’ per questo che il mio paese, i miei compatrioti ed io siamo fieri di offrire Budapest come sede del comitato direttivo e centro dell’Istituto europeo di tecnologia (IET). Naturalmente, vi invito a prendere una decisione prima possibile.
Come nuovo Stato membro, da un lato, il nostro paese non è ancora sede di nessuna Istituzione europea ma, dall’altro, con una tradizione estremamente ricca nelle scienze naturali, Budapest sarebbe una sede ideale per lo IET.
Do il mio pieno appoggio alla relazione dell’onorevole Paasilinna. Non ci serve un’immensa organizzazione burocratica, ma solo una rete delle comunità della conoscenza. E’ anche importante che per tali comunità vi sia una procedura di selezione aperta e trasparente, basata sulla concorrenza. I centri di ricerca delle università e le imprese dovrebbero cooperare e dobbiamo fare tutto il possibile per coinvolgere l’industria nel lavoro dello IET. Dare visibilità allo IET con un marchio da apporre alle qualifiche ottenute tramite tali comunità della conoscenza rappresenterà molto probabilmente un ulteriore valore aggiunto.
Per quanto riguarda i finanziamenti, non sono favorevole all’idea di finanziare lo IET con il Fondo della politica agricola comune, perché nessuno è in grado di prevedere quale sia il raccolto del prossimo anno.
Kyösti Virrankoski (ALDE). – (FI) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare l’onorevole Paasilinna per la sua eccellente relazione. L’idea di un Istituto europeo di tecnologia è nata solo successivamente all’adozione del quadro finanziario pluriennale da parte della Commissione. E’ questo il motivo per cui i finanziamenti del progetto sono sporadici e la dichiarazione della sua missione vaga. Dopo la discussione in Parlamento, la proposta è stata considerevolmente migliorata, anche se restano molti aspetti da chiarire.
Il sistema di finanziamento da parte dell’UE è ancora problematico. Proprio come sottolineato dall’onorevole Škottová, si presume che la maggior parte dei finanziamenti provenga dai Fondi strutturali e dai programmi di ricerca dell’UE. Ma questo non è scontato, perché gli Stati membri decidono come utilizzare le risorse dei Fondi strutturali in base alle loro priorità. La maggior parte dei finanziamenti per la ricerca è concessa per motivi di competitività. Nonostante le garanzie della Commissione, il principio della concorrenza leale è difficile da rispettare quando il richiedente è il “rampollo” di qualcuno.
In linea di massima, anche il finanziamento delle reti delle comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) dello IET è aperto. Se i finanziamenti devono essere concessi dai programmi UE, le CCI dovrebbero anche provvedere al loro proprio finanziamento. Le dotazioni finanziarie dell’UE non possono essere utilizzate per questo: il denaro deve provenire da altre fonti. Ma non è neanche chiaro come si possa fare ciò. L’emendamento alla prospettiva finanziaria proposto dalla Commissione la settimana scorsa risolve questi problemi solo parzialmente. Fortunatamente, le cose potranno solo migliorare.
Per sviluppare un’Istituzione europea che funzioni occorrerà un duro lavoro da parte dell’UE. Il denaro da solo non basterà. E’ per questo che auguro al progetto ogni successo in futuro.
Vasco Graça Moura (PPE-DE). – (PT) Nel mese di marzo del 2006 il Consiglio ha riconosciuto che l’Istituto europeo di tecnologia proposto dal Presidente Barroso sarebbe venuto a colmare un vuoto tra l’istruzione superiore, la ricerca e l’innovazione. Ciò è comprensibile. La ben nota inferiorità della ricerca e dell’innovazione in Europa rispetto all’America del nord implica che si individuino strumenti che ci consentano di competere efficacemente con gli Stati Uniti in questi settori.
Sappiamo tutti che i ricercatori godono di condizioni di lavoro e di stipendi molto migliori negli Stati uniti e anche che gli investimenti pubblici, in particolare per l’industria della difesa, le università e il settore privato, sono incommensurabilmente superiori a quelli europei. Per poter competer, quindi, ci occorre una macchina europea veramente capace di raggiungere lo scopo e occorre che tale macchina sia rifornita di carburante a sufficienza, cioè che abbia abbastanza risorse finanziarie. Il piano prevedeva quindi d’individuare e selezionare investitori pubblici e privati, con parte delle risorse provenienti dall’UE, ma il Parlamento si è spaventato della proposta. Ha smesso di considerare gli obiettivi fondamentali per concentrare la discussione su quel punto, mettendo in un certo senso il carro davanti ai buoi. Ciò che dovremmo fare è dare la responsabilità al Consiglio di fornire allo IET i mezzi necessari per quanto riguarda il contributo dell’Unione. Temerarietà di bilancio e forse alcuni interessi corporativi accademici hanno inasprito la discussione. Se le questioni fondamentali relative al lancio del MIT fossero state affrontate in questo modo, non ci sarebbe nessun MIT oggi.
Pertanto temo proprio, signor Presidente, che mentre la Commissione ha proposto una fiammante Ferrari, il Parlamento abbia concesso solo un piccolo triciclo a pedali. Voterò a favore della risoluzione perché è l’unica che abbiamo, perché è la sola che ci resta, ma sono dispiaciuto che non sia andata più avanti poiché ciò avrebbe comportato un particolare valore aggiunto per noi, onorevoli deputati, perché gli edifici dove teniamo le nostre sessioni sarebbero divenuti la sede dello IET, mettendo così fine una volta per tutte all’aberrazione politica, giuridica, funzionale e finanziaria di dover venire a Strasburgo ogni mese per queste sedute plenarie.
Jerzy Buzek (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, spero di riuscire a parlare per due minuti. Mi congratulo con il relatore per la sua relazione equilibrata e ringrazio il Commissario per i due anni e mezzo di lavoro. Questo progetto è notevolmente cambiato rispetto a quello che era in origine ed i cambiamenti sono molto positivi. La competitività e l’innovazione sono forse state le questioni più importanti per le varie Presidenze che si sono succedute in questi ultimi anni. E ciò di cui stiamo parlando riguarda molto da vicino la futura competitività dell’Europa, che la nascita dell’Istituto europeo di tecnologia dovrebbe promuovere. Ho quattro osservazioni da fare in proposito.
Primo, l’Unione europea ha già un Centro comune di ricerca, ha un Consiglio per la ricerca e sta attualmente promuovendo iniziative tecnologiche congiunte. E’ molto importante evitare che la scienza e l’innovazione europee siano frammentate sul mercato europeo. Queste Istituzioni non devono lavorare ognuna per conto proprio, isolatamente. Anche questo è un compito importante della Commissione.
Secondo, dobbiamo tener presente che le Istituzioni che ho citato non possono cancellare le differenze che esistono tra loro. Quindi, non dimentichiamoci che l’Istituto europeo di tecnologia dovrebbe servire all’intero triangolo della conoscenza. Una particolare enfasi va posta sulla cooperazione nell’ambito dell’istruzione e dell’innovazione poiché non v’è nessuna Istituzione europea che si occupi de facto di questo. Ciò significa che dobbiamo promuovere l’istruzione per l’innovazione poiché, dopo tutto, la ricerca non è necessaria per ogni innovazione specifica. A volte basta semplicemente un buon ingegnere.
Terzo, sono favorevole alla creazione di un istituto, ma tutte queste istituzioni scientifiche di ricerca e di sviluppo non potranno risolvere ogni problema poiché serviranno a convogliare l’innovazione nell’economia. Bisogna badare a che questo meccanismo funzioni in un’altra direzione e ciò dipende dal fatto che il nostro mercato sia più o meno aperto e dal fatto che vi sia un contributo pubblico più o meno ristretto. In altre parole, dipende da come funzionerà il libero mercato comune europeo.
Quarto, la scienza, gli scambi di studenti, gli scambi di ingegneri competenti e l’innovazione sono sempre stati alla base dell’integrazione tra i popoli e i paesi. Può essere così anche oggi ed è per questo che le istituzioni connesse all’Istituto europeo di tecnologia dovrebbero aver sede nei nuovi Stati membri. Invito caldamente a far sì che ciò avvenga.
Teresa Riera Madurell (PSE). – (ES) Signor Presidente, le mie congratulazioni all’onorevole Paasilinna per il suo eccellente lavoro. Non è stato facile. Sono stati compiuti grandi sforzi per concepire un istituto che potesse funzionare, ispirato ad altri modelli d’eccellenza, se pur necessariamente adattato alla complessità e alla diversità europee.
Il risultato significa che possa adesso esprimere il mio appoggio allo IET quale nuovo e promettente strumento per l’integrazione dei tre assi della conoscenza, istruzione, ricerca e innovazione, che speriamo rappresentino un valore aggiunto per gli strumenti esistenti.
Lo IET dovrebbe anche essere un polo d’eccellenza basato su un modello d’integrazione degli istituti di ricerca con le aziende, che speriamo funga da catalizzatore per una cultura dell’innovazione essenziale per migliorare la nostra competitività.
IL finanziamento dello IET è il grosso nodo da sciogliere. Sono del parere che le risorse iniziali e quelle per la struttura gestionale debbano essere attinte dal bilancio della Comunità e che sia i contributi pubblici degli Stati membri, sia i contributi privati debbano essere impiegati per sviluppare l’innovazione e le comunità della conoscenza in linea con le priorità dell’Istituto.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, in seguito a una collaborazione e una consultazione approfondite, noi della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia abbiamo aggiunto innovazione al nome dell’istituto, che adesso si chiama Istituto europeo d’innovazione e tecnologia. E’ perfetto. Il Commissario Figel mi ha anche fatto capire che anche la Commissione è d’accordo di adottarlo. Invero, si tratta di introdurre sul mercato (a) istruzione, accademici, ingegneri e (b) innovazione da parte di istituzioni scientifiche e società. La catena del “knowledge-skill-till” (conoscenza-competenza-sbocco sul mercato) sta incontrando una concorrenza sempre più serrata a livello mondiale e deve essere organizzata in modo più intelligente. Dobbiamo colmare questo divario con l’innovazione evitando di restare impantanati con la sola istruzione. L’onorevole Paasilinna ha richiamato la nostra attenzione su questo aspetto con grande entusiasmo.
Una seconda osservazione è che non sarebbe male optare adesso per una struttura limitata con una base finanziaria ristretta. Se la formula avrà successo, vedremo che anche l’industria parteciperà, insieme al partner pubblico degli Stati membri, che comincerà a fornire un contributo finanziario tramite i finanziamenti strutturali o altro. Il titolo rilasciato dallo IET deve essere ambito. In questo caso “eccellenza” significa “primi al mondo”. Questo è quello a cui vogliamo appartenere e che sosteniamo. Se ascoltate le università, l’industria della nanotecnologia e l’industria emergente correlata al clima, c’è grande sostegno per tutto ciò. Avendo ascoltato i molti argomenti a favore di Wrocław, chiedo anche se sia già stata operata una scelta per l’effettiva ubicazione di un centro di controllo nell’Europa centrale. Mi risulta che vi sia fermento a tal proposito in varie località.
Per finire, signor Presidente, esiste una vera e propria nicchia, uno spazio libero tra ciò che avevamo con i precedenti strumenti e i programmi per l’istruzione, tra i vari programmi. Deve essere creato con coraggio e ambizione. Occorre una guida forte. Deve veramente accadere qualcosa e poi nel 2010 diremo: certo, è stata una buona mossa. Gli investimenti rendono nel tempo.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE). – (RO) Signor Presidente, signor Commissario, innanzi tutto mi congratulo con il relatore, onorevole Paasilinna, che ha riscritto quasi interamente il documento della Commissione, rendendolo funzionale.
Il triangolo della conoscenza – innovazione, ricerca e istruzione – costituito da università, centri e istituti di ricerca e industrie è indispensabile per raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona, segnatamente investire nella ricerca il 3% del PIL, i due terzi di cui provenienti dal settore privato. Le comunità della conoscenza e dell’innovazione saranno un ponte tra il settore privato e le comunità accademiche e di ricerca.
Io credo che i progetti pilota proposti dall’onorevole Paasilinna siano necessari e spero che uno sia assegnato alla Romania. Occorrono investimenti lungo tutta la linea, dalla produzione alla divulgazione e all’applicazione dei risultati della ricerca e dell’innovazione. Il finanziamento di questa struttura è il primo passo, ma occorrono anche investimenti da parte delle piccole e medie imprese e del settore privato, perché esistono le persone e le risorse per cofinanziare i progetti di ricerca.
Ci deve essere una strategia a lungo termine. La proprietà intellettuale è importante, ma dobbiamo evitare che questa iniziativa si sovrapponga ad altre iniziative comuni, joint undertakings. Spero che l’Istituto si occupi soprattutto di cambiamenti climatici, società dell’informazione e nanotecnologie.
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signora Presidente, signor Commissario, il previsto Istituto europeo di tecnologia, spesso citato come fiore all’occhiello dell’innovazione europea, unisce i tre lati del triangolo della conoscenza: innovazione, ricerca e istruzione. La chiave del successo di quest’impresa è, a mio avviso, una buona cooperazione tra i poli accademici e il mondo dell’industria. L’Istituto europeo di tecnologia deve prima di tutto essere in condizioni di attrarre ingenti finanziamenti privati.
Oggi voglio richiamare l’attenzione del Parlamento europeo sui preparativi effettuati per far sì che Wroclaw possa diventare la sede dell’Istituto o ospitare uno dei centri delle sue comunità della conoscenza e dell’innovazione. Wrocław può essere un simbolo della storia europea e viene spesso chiamata la Strasburgo dell’Europa centrale e orientale. Attualmente Wroclaw conta più di 140 000 studenti e la città è uno dei principali poli di ricerca della Polonia. Essa ha creato il Centro per l’innovazione e la tecnologia IET+, che sta spingendo perché Wroclaw sia scelta come sede dell’Istituto. Un ultimo commento. Negli ultimi dieci anni Wrocław è diventata un moderno centro di servizi finanziari, una piazza che attira capitali da tutto il mondo, un simbolo dell’energia creativa e dello sviluppo dell’Europa e un esempio positivo di globalizzazione.
Dorette Corbey (PSE). – (NL) Signora Presidente, ancora un altro nuovo istituto. Questa potrebbe benissimo essere la conclusione di questa sera. Oltre al Consiglio europeo della ricerca e alle piattaforme tecnologiche, alle iniziative tecnologiche congiunte, Eureka, il CIP, il settimo programma quadro e il CCR, oggi abbiamo ancora un altro istituto della conoscenza. Il valore aggiunto è l’innovazione perché questo è quello che ci manca rispetto agli Stati Uniti, al Giappone e alla Cina. L’idea soggiacente è che in Europa vi siano buone idee e intuizioni scientifiche a sufficienza, ma che non siano sviluppate in prodotti concreti. La domanda, appunto, è se un nuovo istituto possa essere in questo senso di aiuto. La domanda è, anche, se le PMI possano orientarsi tra tutti questi istituti della conoscenza e della ricerca. La carenza d’innovazione potrebbe forse essere dovuta alla complessità della legislazione, che ostacola l’innovazione, invece di essere imputata alla mancanza di strutture. Tuttavia, il nuovo Istituto, con le sue comunità della conoscenza e dell’innovazione può rappresentare un contributo; io spero che lo fornisca davvero e che eccella nel campo delle politiche per il clima, perché questo è un ambito che necessita disperatamente di riforme e d’innovazione. Nonostante le mie perplessità, auguro allo IET un eccellente inizio e uno splendido futuro.
Ján Figeľ, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, la ringrazio di avermi dato non solo la parola, ma anche la possibilità di partecipare a quest’interessante discussione, perché se torniamo indietro col pensiero a due anni e mezzo fa – o al meno un anno e mezzo fa – ci rendiamo conto di quanto grande sia la differenza. Voglio solo commentare alcuni punti che sono emersi e preparare la strada per una collaborazione futura, perché non siamo ancora arrivati alla fine del cammino. Siamo ancora lontani dall’istituzione definitiva, tuttavia quello che abbiamo raggiunto in seno al Consiglio e al Parlamento è molto significativo.
In primo luogo una piccola osservazione, che riguarda un punto sollevato da un rappresentante del gruppo Verts/ALE. Secondo l’onorevole Hammerstein, la questione del cambiamento climatico è stata rimossa. Noi non siamo dello stesso parere. Nella proposta, così come attualmente formulata, figura, inter alia, un ambito per le energie rinnovabili e il cambiamento climatico. Non vogliamo insistere, non vogliamo analizzare la questione in senso stretto, perché spetta al comitato direttivo decidere in modo definitivo e dare disposizioni. Ma le sfide globali o le questioni impellenti che ci troviamo ad affrontare sono uno dei motivi per cui stiamo parlando dello IET, perché occorre mettere insieme le risorse e unire le forze per rispondere a queste sfide.
Onorevole Smith, mi sono reato in visita presso la Royal Society of Edinburgh on higher education ed ho avuto un’interessantissima e vivacissima discussione sullo IET, con scambio di suggerimenti reciproci. Non sarò certo scoraggiato dai messaggi che mi hanno trasmesso l’università di Edimburgo e i suoi rettori anche se, ovviamente, lo schema è ancora in preparazione. La partecipazione è volontaria e penso che dovremmo considerarla una responsabilità comune, ferma restando la libertà di prendere posizione.
Per quanto riguarda in generale la sostanza, vorrei esprimere quattro osservazioni. Prima di tutto, i miei ringraziamenti per l’atmosfera innovativa in questo Parlamento perché, come hanno detto alcuni di voi, ci stiamo occupando d’innovazione e bisogna iniziare ad innovare occupandoci del modo in cui si affronta l’innovazione. L’innovazione non si affronta solo con la tecnologia; essa deve consistere prima di tutto in un nuovo tipo di approccio, in un nuovo modo di comunicare e di coordinare le istituzioni, in condizioni di mobilità, riconoscimento di qualifiche e così via – e, naturalmente, denaro, anche se non è l’elemento decisivo, l’elemento più importante, che è la mentalità, la filosofia insieme, ovviamente, a risorse ragionevoli.
Dalla primavera del 2005 siamo passati dalle idee alla nozione e alla proposta e voi siete sempre stati coinvolti. Non sono stati solo la Commissione e i burocrati o chi per loro ad occuparsene. E’ stato una sorta di lavoro collettivo ed è per questo che dovremmo renderci conto che, se cerchiamo di raggiungere qualcosa insieme, possiamo avere molto più successo di quanto non ne avremmo senza un tale impegno, come si vede in questo caso.
Se vi ricordate, due anni fa i giornali hanno parlato di Strasburgo o hanno scritto qualcosa di falso, riguardo a un non reale impegno di innovare da parte dell’Europa. Adesso abbiamo molti candidati importanti. Proprio questa sera si sono candidate Wrocław, Budapest e Monaco e sono state menzionate molte altre città – non ne voglio dimenticare nessuna. Ho ricevuto moltissimi messaggi da diverse università. Tutto ciò è positivo, perché dimostra che per lo meno adesso crediamo all’idea e vogliamo offrire qualcosa di serio. L’Europa ha bisogno di questo. Noi non siamo gli “Stati Uniti d’Europa”. Non siamo il Massachusetts. Si tratta del modo in cui riusciremo a porre in essere condizioni migliori e un progetto concreto per un’Europa più innovativa. Lo IET non è la risposta in assoluto. E’ una delle risposte. Alcuni dicono che sia un fiore all’occhiello. Io direi che sia piuttosto un iceberg che viaggia verso un’Europa più innovativa per creare condizioni migliori per la proprietà intellettuale – sapete quanto siano lunghi i tempi e deboli le condizioni – e per una migliore accettazione e un più ampio riconoscimento dei diplomi e dei titoli – molte questioni.
Se le tre città che ho citato non otterranno la sede, bisognerà al meno che ospitino le comunità della conoscenza e dell’innovazione. Ma devo dire che è sbagliato all’inizio parlare di denaro e di sede. No, questi aspetti faranno parte della proposta, ma non sono la sua parte essenziale. La risposta arriverà entro 12 mesi dal definitivo accordo sull’istituzione. Sono veramente compiaciuto che vi siano candidati credibili adesso, anche se dovremo parlarne dopo aver deciso la base giuridica. Il Consiglio cercherà di scegliere il candidato migliore.
Secondo, il denaro. La settimana scorsa abbiamo proposto come arrivare a una conclusione e stabilire non solo quanto denaro erogare, ma anche da quali fonti attingerlo per finanziare il progetto fino al 2013. Si tratta della gestione amministrativa di base ma, come molti di voi hanno detto, occorre mobilitare molte più risorse. Non è decisivo, direi, in termini di volume generale, ma come contributo credibile da parte dell’Unione. Non possiamo pretendere che nessuno ci dia un assegno in bianco o ci faccia promesse se non offriamo qualcosa di credibile. Esistono molte risposte concrete, disponibilità a investire, anche da parte dell’industria e di associazioni industriali, ma dobbiamo presentare una proposta compiuta.
In merito a quanto detto dall’onorevole Buzek sulle iniziative tecnologiche congiunte, le reti e le piattaforme, questa proposta non è in competizione con queste. E’ una proposta complementare rispetto alle politiche e alle iniziative esistenti e possiamo prevedere che alcuni modelli di cooperazione intensifichino la cooperazione, unendosi con vari partners del mondo dell’università o dell’industria e chiedendo di avere un posto nell’ambito dello IET. Quindi, penso che passare dalle piattaforme, dalle iniziative e dalle reti a una partnership integrata sia un cambiamento ragionevole del nostro modo di innovare.
Per finire, volevo menzionare alcuni progressi verso questa nuova cultura dell’innovazione. Questa è l’impostazione giusta. Lo IET non è tanto importante per il luogo, la sede o il comitato, quanto piuttosto come esempio di una nuova e migliore cultura dell’innovazione in Europa. Penso che questi siano tutti i punti che potevo o volevo trattare nella mia risposta e di nuovo vi ringrazio molto per il clima estremamente positivo e costruttivo di questa plenaria. Grazie di nuovo anche al relatore, onorevole Paasilinna, perché so che il suo compito non è stato facile e non lo è tuttora, perché non siamo ancora alla fine. Tuttavia possiamo finalizzare questa proposta ed io sono ansioso che ciò avvenga.
(Applausi)
Relazione Paasilinna (A5-0293/2007)
La Commissione accoglie gli emendamenti nn. 3, 12, 14, 18, 20, 23, 38, 44, 45, 46, 48, 49, 50, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 72 e 73.
La Commissione accoglie gli emendamenti nn. 7, 16 e 28 nella sostanza.
La Commissione accoglie gli emendamenti nn. 2, 15, 17, 26, 39, 29, 30, 32, 36, 37, 41, 42, 43, 51, 52, 53, 54, 56, 57, 59, 60, 61, 62, 70 e 74 a condizione che siano riformulati.
La Commissione riserva la sua posizione sull’emendamento n. 21 concernente gli aspetti finanziari in attesa di un accordo sui finanziamenti.
La Commissione non accoglie gli emendamenti nn. 1, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 11, 13, 19, 22, 24, 25, 27, 31, 33, 34, 35, 47, 55, 58, 69, 71, 75, 77, 78 e 79.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE), per iscritto. – (RO) L’Istituto europeo di tecnologia è in grado di ridurre il divario innovativo tra l’Unione europea ed i suoi concorrenti esterni e di attrarre milioni di giovani ricercatori di tutt’Europa. Per raggiungere questi obiettivi è essenziale garantire la fattibilità del progetto.
Lo IET, nella forma in cui è stato proposto dalla Commissione, utilizzerà più di 1,2 miliardi dei Fondi di coesione ed attingerà alle risorse di programmi che già operano con successo nell’ambito della strategia di Lisbona. Ciò significherà accorpare i fondi per la ricerca in un unico progetto europeo riducendo le possibilità finanziarie aperte per le aziende private. Lo IET dovrebbe essere un’istituzione europea per l’innovazione complementare alle altre e non un sostituto per i piccoli centri di ricerca e di sviluppo. Per questo motivo, insieme al Consiglio, dobbiamo trovare un’altra formula di finanziamento per questo progetto.
La relazione afferma la necessità che l’Istituto abbia sede in un paese dell’Unione europea nel quale vi siano “centri europei di eccellenza e di prestigio accademico”. Poiché vanta un’importante tradizione nel campo della ricerca e dell’innovazione, la Romania conta centri accademici di prestigio e molti laureati altamente qualificati nel campo della tecnologia. Scegliere la Romania come paese ospitante per la sede dell’Istituto europeo di tecnologia darebbe impulso allo sviluppo economico di tutta la regione e contribuirebbe a colmare i divari tuttora esistenti nell’Unione europea.
Alexander Stubb (PPE-DE), per iscritto. – (EN) L’istruzione, la ricerca e l’innovazione sono finestre aperte sul futuro e rappresentano i mattoni del cosiddetto “triangolo della conoscenza”. Noi dobbiamo essere competitivi. Il triangolo della conoscenza è una delle chiavi. Pertanto, io ritengo che l’Istituto europeo di tecnologia (IET) sia un investimento per il futuro.
E’ stato manifestato un certo scetticismo riguardo al possibile valore aggiunto dello IET. La rete strutturale che suggerisce l’onorevole Paasilinna nella sua relazione è una buona soluzione. Le competenze tecniche risiedono nelle università e negli istituti d’istruzione superiore che parteciperanno al progetto. Pertanto, piuttosto che essere, come lo ha definito il Presidente della Commissione Barroso, un fiore all’occhiello della ricerca europea, lo IET cercherà di essere un marchio per contraddistinguere la ricerca europea. Io sono favorevole a quest’idea.
Ripensando agli anni dell’università, sono anche favorevole all’idea di un’autonomia delle comunità della conoscenza e dell’innovazione (CCI) nell’ambito dello IET. In questo modo le CCI potranno dare il miglior impulso all’innovazione europea.