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Procedura : 2007/2065(INI)
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Ciclo del documento : A6-0290/2007

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A6-0290/2007

Discussioni :

PV 27/09/2007 - 4
CRE 27/09/2007 - 4

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PV 27/09/2007 - 9.8
CRE 27/09/2007 - 9.8
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P6_TA(2007)0423

Discussioni
Giovedì 27 settembre 2007 - Strasburgo Edizione GU

4. Parità tra donne e uomini nell’Unione europea (2007) (discussione)
PV
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione presentata dall’onorevole Piia-Noora Kauppi, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea − 2007 [2007/2065(INI)] (A6-0290/2007).

 
  
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  Piia-Noora Kauppi (PPE-DE), relatrice. – (EN) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei esprimere la mia gratitudine alla Commissione per aver elaborato quest’importante relazione. La parità tra donne e uomini è una questione che continua a meritare tutta la nostra attenzione. Benché molto sia già stato fatto negli ultimi decenni, rimangono ancora aperte sfide importanti.

La relazione della Commissione s’incentra su questioni relative all’occupazione. Per esempio, il divario retributivo di genere, l’insicurezza sul mercato del lavoro e la conciliazione tra vita professionale e vita familiare sono tutte questioni che hanno ripercussioni sulla vita quotidiana di milioni di donne. Inoltre, sono anche connesse alla sfida demografica che sta affrontando l’Europa. Come indica la relazione della Commissione, sei degli otto milioni di posti di lavoro creati nell’Unione europea dal 2000 sono stati occupati da donne. La maggior parte di questi sei milioni di nuovi posti di lavoro per le donne proviene dal settore dei servizi. Gli 11,7 milioni di nuovi posti di lavoro creati nel settore dei servizi sono per lo più occupati da donne. E’ per questo che il settore dei servizi, la sua crescita e il mercato interno sono di cruciale importanza per molte donne in Europa.

Tuttavia, la maggior parte delle nuove opportunità di lavoro per le donne è costituita da impieghi a tempo parziale e talvolta da impieghi precari, mal retribuiti e a debole evoluzione salariale. I contratti a tempo determinato sono anche un grosso problema per molte donne europee che vorrebbero avere maggiore sostenibilità e stabilità anche nella vita familiare. Dai dati della relazione della Commissione emerge che in Europa il 32 per cento delle donne ha un lavoro a tempo parziale rispetto al 7 per cento degli uomini, per cui risulta che vi sia una chiara dimensione di genere per quanto riguarda il mercato del lavoro a tempo parziale in Europa.

Il divario retributivo di genere, sul quale la Commissione ha lanciato un’iniziativa nel mese di luglio, si attesta su una media del 15 per cento in Europa e del 30 per cento in alcuni paesi europei. Il divario retributivo di genere non è diminuito nonostante la presenza di direttive che hanno introdotto il principio della parità di retribuzione per uomini e donne da più di 30 anni e quindi è assolutamente opportuno che la Commissione si interessi nuovamente della questione. D’altro canto, è noto che gli Stati membri che hanno adottato politiche atte a conciliare la vita professionale e quella familiare, sia per le donne sia per gli uomini, registrano tassi di nascita più alti, maggiori percentuali di donne che lavorano e un più forte tasso d’occupazione.

In tutta l’Unione europea le donne occupano la maggior parte dei posti di lavoro altamente specializzati e svolgono lavori non manuali. Questa settimana la stampa ha molto parlato di uno studio finlandese sulle donne manager. E’ stato esaminato un totale di 14 000 società finlandesi ed è emerso che le donne manager hanno prodotto per gli azionisti un ritorno annuo superiore dell’1 per cento superiore rispetto a quello prodotto dagli uomini che occupano la stessa posizione. Ciò corrisponde a un 10 per cento in più rispetto agli uomini. Anche se il calcolo ha fatto astrazione da tutti gli altri fattori, le donne sono nettamente risultate in vantaggio per quanto riguarda le posizioni dirigenziali e quindi la Commissione dovrà tener conto anche di questo aspetto in futuro.

In Finlandia come in altri paesi l’istruzione ha costituito il fattore chiave dell’avanzamento delle donne. L’innalzamento del livello d’istruzione è andato di pari passo con l’aumento dell’occupazione femminile. In Finlandia, per esempio, il 32,7 per cento delle donne è altamente specializzato rispetto ad appena il 24,3 per cento degli uomini, sempre stando allo studio realizzato dalla Commissione. Risulta evidente, quindi, che tutte le iniziative presentate dalla Commissione in materia d’istruzione e di apprendimento permanente sono assolutamente necessarie e che è di vitale importanza incentrare l’istruzione sulle politiche di genere.

La mia relazione richiede misure specifiche atte a combattere le ineguaglianze causate da schemi occupazionali interrotti dovuti a congedi di maternità o per assistenza a persone a carico. Ha indotto la Commissione a sviluppare l’analisi della dimensione di genere in relazione all’impatto delle riforme pensionistiche sulla vita delle donne nell’UE, al fine di individualizzare i diritti pensionistici, i regimi di sicurezza sociale e i regimi fiscali. Ciò che trovo particolarmente degno di rilievo è che la relazione solleciti gli Stati membri a mutualizzare i costi delle indennità di maternità e di congedo parentale onde assicurare che le donne non rappresentino più una fonte più costosa di manodopera rispetto ali uomini. Auspico sinceramente che lo Stato membro al quale appartengo, che detiene il primato mondiale del 60 per cento di donne ministro, si occupi di questa questione e mutualizzi i costi dei congedi di paternità/maternità.

La relazione sottolinea anche la necessità di affrontare il grave deficit democratico. Vogliamo esaminare le situazioni che ostacolano la partecipazione delle donne alla politica e la loro presenza nei quadri superiori della pubblica amministrazione a tutti i livelli e adottare misure atte a porre termine a tali situazioni. Occorre inoltre prestare attenzione specifica alla situazione delle donne appartenenti a minoranze etniche e delle donne immigrate, poiché la loro emarginazione è rafforzata dalla discriminazione multipla al di fuori e all’interno delle loro proprie comunità. Esorto la Commissione a cooperare con gli Stati membri per la raccolta di dati pertinenti e l’attuazione di misure che consentano di prevenire il traffico di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e di lavoro forzato.

Penso che possiamo concludere con una nota molto positiva e incoraggiante. Oggi le donne hanno opportunità che le loro madri e le loro nonne non avrebbero nemmeno potuto immaginare. Le donne che stanno raccogliendo i frutti di questo fantastico nuovo mondo dovrebbero far sentire le loro voci e io penso che sia estremamente utile che la Commissione abbia preso l’iniziativa di presentare questa relazione. Continuiamo a combattere per la piena uguaglianza di entrambi i generi in Europa.

 
  
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  Louis Michel, Membro della Commissione. (FR) Signor Presidente, onorevole Kauppi, onorevoli deputati, la Commissione accoglie ovviamente con favore la relazione e la proposta di risoluzione sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea. L’adozione della relazione sottolinea l’impegno del Parlamento a favore della questione dell’uguaglianza tra donne e uomini. Trasmetto le mie congratulazioni alla relatrice, onorevole Kauppi, e la ringrazio per il sostegno espresso nel suo documento verso la strategia e le azioni messe in atto dalla Commissione europea per la promozione dell’uguaglianza tra donne e uomini.

La parità tra donne e uomini è prima di tutto uno dei valori su cui si fonda l’Unione europea. Ed è anche un ambito nel quale l’Europa ha aperto il cammino precorrendo spesso le evoluzioni sociali. Nel corso degli ultimi anni sono state lanciate iniziative importanti e ambiziose. L’adozione della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini ha indicato il pieno impegno da parte della Commissione ad adoperarsi quanto più possibile per avanzare risolutamente verso un’effettiva uguaglianza tra donne e uomini in tutti i campi.

La Commissione accoglie con favore che la proposta di risoluzione del Parlamento ponga l’accento su alcuni temi che figurano tra le priorità della tabella di marcia, segantamente la parità dell’indipendenza economica tra donne e uomini, la conciliazione tra vita professionale e vita privata, la rappresentazione equilibrata nei posti decisionali e la lotta contro gli stereotipi.

Benché i progressi compiuti nell’ambito della parità tra donne e uomini siano innegabili, le sfide restano comunque importanti. La Commissione condivide il parere della relatrice secondo cui sono indispensabili ulteriori sforzi per consolidare l’acquis comunitario. A tale proposito, la Commissione è ben conscia dell’importanza di una buona applicazione dell’acquis comunitario ed esercita con determinazione la sua funzione di custode dei Trattati. La Commissione non esita ad avviare procedure d’infrazione quando constata che una direttiva europea non viene correttamente recepita. Attualmente sono in corso svariate procedure d’infrazione, a diversi stadi, nell’ambito della parità tra donne e uomini.

Al fine di migliorare il rispetto della legislazione comunitaria, la Commissione ha instaurato una rete di organismi che ha il compito di promuovere a livello nazionale la parità di trattamento tra gli uomini e le donne. Si tratta del Network of the Equality Bodies. La Commissione ritiene che la messa in comune delle esperienze dei vari organismi nazionali e la cooperazione rafforzata con la Commissione permettano agli Equality Bodies di meglio svolgere il loro ruolo: promuovere la parità di trattamento e garantire un’interpretazione più uniforme della legislazione da parte delle istanze nazionali.

D’altro canto, la relazione sottolinea l’importanza centrale della conciliazione tra vita professionale e vita privata in vista del raggiungimento di una vera e propria parità tra uomini e donne. La Commissione condivide tale analisi. Sappiamo bene che sono tuttora soprattutto le donne ad assumersi le responsabilità familiari e domestiche. Le donne sono più esposte degli uomini al rischio di interrompere i loro percorsi educativi e professionali, o anche di abbandonarli, il che porta inevitabilmente ad una ineguaglianza tra uomini e donne a livello della vita professionale e ad una perdita del potenziale produttivo delle donne. L’offerta di strutture per la cura dell’infanzia accessibili, abbordabili e di qualità è in tal senso fondamentale per contribuire all’aumento del tasso d’occupazione delle donne, come sottolineato dagli obiettivi di Barcellona. La Commissione presenterà una relazione nel 2008 sui progressi compiuti per il raggiungimento di tali obiettivi.

D’altra parte la Commissione ha aperto una consultazione con le parti sociali sulla conciliazione tra vita professionale e vita privata, la cui seconda fase si è appena conclusa a fine luglio. Secondo la Commissione, la questione è complessa e deve essere affrontata con l’ausilio di tutta una serie di strumenti diversificati. Tuttavia, l’attuale legislazione comunitaria potrebbe essere modificata per meglio tener conto delle nuove sfide che deve affrontare l’Europa. La Commissione sta analizzando la risposta delle parti sociali e alla luce di questa adotterà le azioni necessarie. D’altro canto, continuiamo a favorire lo scambio di buone prassi in questo ambito, come evidenziato nella proposta di risoluzione.

A tale riguardo ricordo che il rispetto della parità tra tutte le donne e tutti gli uomini è un valore fondamentale dell’Unione europea. In questo contesto la questione della partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale è assolutamente essenziale. E’ per questo che la questione rappresenta una delle priorità della tabella di marcia per la parità tra uomini e donne adottata lo scorso anno dalla Commissione.

Per finire, vorrei insistere sull’importanza della lotta contro gli stereotipi, più volte sottolineata nella relazione. Si tratterà senza dubbio dell’ostacolo più difficile da rimuovere per il raggiungimento della parità tra donne e uomini. Infatti la lotta contro gli stereotipi è qualcosa che va al di là della legislazione e degli strumenti finanziari: si tratta di cambiare comportamenti, atteggiamenti e valori che determinano e influenzano il ruolo degli uomini e delle donne nella società e le loro scelte professionali. La politica della parità è sempre stata e continuerà a essere un motore di cambiamento dei comportamenti e delle mentalità. La Commission accoglie con favore il sostegno che le offre il Parlamento con questa proposta di risoluzione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MIGUEL ANGEL MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. – (PT) Come relatrice per parere della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, vorrei sottolineare l’importanza di approvare alcune delle proposte contenute nel nostro parere, che non sono state incluse nella relazione dell’onorevole Kauppi, e chiedere il vostro sostegno per la loro approvazione in questa plenaria alla luce dell’importanza che esse rivestono per milioni di agricoltrici e lavoratrici rurali, le cui attività necessitano di una maggiore visibilità tramite l’inclusione di queste donne nelle statistiche relative al settore agricolo anziché nella categoria delle casalinghe.

E’ essenziale che il loro status giuridico di donne che lavorano nell’agricoltura sia pienamente riconosciuto affinché vi sia un’effettiva parità di diritti e di opportunità, anche in relazione alla previdenza sociale. Occorre assicurare un effettivo livello di protezione della maternità e un migliore accesso alla sanità, all’istruzione e all’apprendimento permanente, occorrono infrastrutture di sostegno all’infanzia e alla famiglia, soprattutto asili nido, centri culturali e mercati di prossimità e tutto questo richiede maggiori investimenti e migliori servizi pubblici nelle zone rurali. Questo è l’unico modo per combattere gli elevati livelli di povertà e di isolamento delle donne in talune zone rurali e per raggiungere una più forte coesione sociale.

 
  
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  Karin Resetarits (ALDE), relatrice per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. – (DE) Signor Presidente, le donne che lavorano sono sempre più numerose, ma purtroppo un numero troppo alto di esse ha un’occupazione precaria e insicura. Ciò significa che le donne devono essere flessibili ma sono pagate poco. I lavori “tripla C” sono per lo più riservati alle donne: C come cleaning, ovvero pulizie, C come caring, ovvero assistenza, e C come cashiering, ovvero cassiera, negli ipermercati e nei centri commerciali. Eppure noi donne vogliamo lavori “tripla M”: M come money – parità di retribuzione per lavoro di pari valore – M come management – sempre più donne sono altamente qualificate per cui non dovrebbero aver difficoltà ad accedere alle alte sfere dirigenziali – e per finire M come motherhood – sì, vogliamo poter combinare lavoro, carriera e maternità e per far ciò ci occorre un sostegno politico molto più forte.

Non ci occorrono semplicemente infrastrutture di sostegno all’infanzia, come previsto dagli obiettivi di Barcellona. No, ci occorrono infrastrutture per l’infanzia della migliore qualità. Tutte le madri e tutti i padri devono poter usufruire di servizi di assistenza all’infanzia e la Comunità deve reperire gli adeguati finanziamenti. Non solo i figli dei genitori benestanti devono poter essere accuditi sin da piccoli nel migliore dei modi. Non v’è solo la necessità di una parità di diritti per donne e uomini, v’è anche quella della parità di diritti per tutti i bambini. L’istruzione e la formazione non iniziano a scuola, ma molto prima. E’ necessario cambiare il nostro modo di pensare.

Molti di questi spunti figurano nell’ottima relazione dell’onorevole Kauppi. Noi l’appoggiamo pienamente. Congratulazioni alla relatrice.

 
  
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  Amalia Sartori, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi anch’io mi congratulo con la collega Kauppi per questa relazione, che fotografa la situazione oggi esistente in Europa nel mondo del lavoro. Noi abbiamo avuto varie occasioni all’interno della commissione per i diritti delle donne di affrontare questa questione, ma oggi la collega Kauppi ha il merito di mettere in evidenza un problema, di illuminarlo, che è quello che ci dice come ancora una volta, in Europa, nel mondo delle donne esiste una diversità di salario, una diversità di retribuzione insostenibile a parità di lavoro.

E questo pur riconoscendo che la scolarizzazione femminile è una scolarizzazione alta, oggi le donne sono il 59% degli europei laureati, la presenza nel mondo del lavoro delle donne è significativamente aumentata, questa presenza vede dei riconoscimenti importanti per quanto riguarda i risultati che essa riesce ad ottenere. Però, io credo che il merito maggiore consista nell’avere evidenziato alcuni degli elementi che rendono la presenza delle donne nel mondo del lavoro ancora difficile, tanto da far sì che di fatto anche senza giustificazioni – anche di fronte a leggi europee e dei singoli Stati membri che impediscono diversi salari nel mondo del lavoro – questo avviene. Non avviene solo nel sud dell’Europa, come solitamente si suole dire, ma avviene in tutta Europa, anche nei paesi nordici, anche in quelli dove la tradizione ci porta a far riconoscere alla presenza delle donne del mondo del lavoro e delle istituzioni una presenza ormai più consolidata e più riconosciuta.

Allora io credo, io punto l’attenzione su una questione di quelle sollevate dalla Kauppi, che è la scelta di generalizzare in tutti gli Stati membri di mettere totalmente a carico della comunità i costi delle indennità di maternità e di congedo parentale, perché questi costi, finché sono in parte ancora a carico delle aziende, costituiscono dei motivi che spingono a una minore assunzione di personale femminile e ne condizionano poi anche la carriera.

 
  
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  Teresa Riera Madurell, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, nel ringraziare la relatrice per la sua buona relazione, desidero innanzi tutto sottolineare l’armonia che ha caratterizzato lo sforzo congiunto di tutte le istituzioni europee a favore delle politiche sull’uguaglianza di genere nel corso del 2007. Il forte impegno delle nostre Istituzioni per l’uguaglianza di genere, come dimostrato dal patto europeo per la parità di genere adottato dal Consiglio europeo e dalla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini in vigore fino al 2010, è altamente encomiabile.

Per quanto riguarda gli indicatori menzionati nella relazione e rispetto al testo dello scorso anno, occorre lamentare, come ha appena ricordato l’onorevole Sartori, la mancanza di un reale progresso verso una parità di retribuzione per lavoro di pari valore. Il divario retributivo di genere continua ad attestarsi a un livello del 15 per cento e per ridurlo occorre uno sforzo supplementare negli anni a venire.

Un dato positivo della relazione è che sei degli otto milioni di posti di lavoro creati nell’Unione europea dal 2000 sono stati occupati da donne, benché si registrino notevoli differenze di età che devono essere corrette.

Un elemento di grande rilevanza che emerge dalla relazione è l’importanza delle politiche sull’uguaglianza di genere in relazione alle sfide demografiche che deve affrontare l’Europa. E’ un dato di fatto che gli Stati membri che hanno adottato politiche atte a conciliare la vita professionale e quella familiare, sia per le donne che per gli uomini, registrano tassi di nascita più alti, maggiori percentuali di donne che lavorano e un più forte tasso d’occupazione.

Desidero inoltre evidenziare che i gruppi a più alto rischio di esclusione continuano a essere rappresentati da donne anziane e da famiglie monoparentali.

Per finire, tengo a segnalare che, come si evince dalla relazione, sarebbe interessante ed estremamente utile che in futuro le relazioni annue sulla parità tra donne e uomini includessero statistiche relative ai paesi candidati, che potrebbero essere utilizzate in fase di negoziato.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki, a nome del gruppo ALDE. – (FI) Signor Presidente, onorevoli deputati, mi congratulo con l’onorevole Kauppi per la sua importante relazione.

L’uguaglianza di genere è uno dei principi fondamentali dell’UE, come ha ricordato anche il Commissario Michel, ma purtroppo è solo un principio che viene sbandierato in dichiarazioni e in discorsi ufficiali come questi. In realtà l’UE non è molto interessata all’uguaglianza tra le donne e gli uomini. Questo è emerso chiaramente anche dall’intervento del Commissario, che ha affermato che l’UE avrebbe fatto tutto il possibile. Non v’è alcuna concretezza in tali parole. Cosa farà l’UE per garantire che le direttive adottate sulla parità di retribuzione e su molte altre questioni siano veramente attuate?

A mio parere, l’UE dovrebbe davvero prendere atto del fatto che in Europa uomini e donne dovrebbero godere di una maggiore parità di status. L’UE spreca le parole, ma lesina i fatti. In effetti, questa questione non scuote le persone inducendole all’azione, per lo meno non i nostri leader europei. Suppongo che questo sia vero anche ai maggiori livelli dirigenziali e per le organizzazioni del mercato del lavoro dei nostri paesi. Vi sono molti altri elementi più importanti. Fa anche specie che il divario retributivo si situi ancora a un livello del 15 per cento nei paesi europei in generale e purtroppo a un livello del 20 per cento nel mio paese, che è uno dei più avanzati in materia di parità.

Spero che il Commissario e l’intera Commissione possano un giorno realizzare e riconoscere l’importanza di tutto ciò e facciano qualcosa per promuovere il principio europeo della parità tra donne e uomini. Per adesso si tratta solo di vane parole.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. (ES) Signor Presidente, mi congratulo con la relatrice per il testo presentato. Sono molti i punti che vorrei commentare, ma mi concentrerò sui due che mi sembrano più rilevanti.

In primo luogo, accolgo con favore che la relazione della Commissione per il 2007 s’incentri su questioni occupazionali quali il divario retributivo, la conciliazione e le direttive sulla parità di trattamento, giacché l’indipendenza economica delle donne è una delle priorità della tabella di marcia per la parità tra donne e uomini.

E’ effettivamente vero – come riportato dalla relazione della Commissione – che sei degli otto milioni di posti di lavoro creati nell’Unione europea dal 2000 sono stati occupati da donne. Ciò dovrebbe essere un fattore positivo, se non fosse che la maggior parte dei nuovi posti di lavoro occupati dalle donne è rappresentata da occupazioni a tempo parziale, impieghi precari, insicuri, mal remunerati e a debole evoluzione salariale.

La relazione sottolinea anche che non vi sono stati notevoli progressi nel ridurre il divario retributivo di genere: ciò è motivo di preoccupazione giacché il salario medio delle donne è inferiore del 15 per cento rispetto a quello degli uomini e in alcuni paesi tale percentuale raggiunge addirittura il 30 per cento.

In secondo luogo, vorrei esprimere tutta la mia preoccupazione per una particolare categoria di donne, quelle che lavorano nell’agricoltura. Occorre migliorare la situazione giuridica delle donne che lavorano in questo settore, sia per quanto riguarda la previdenza sociale, garantendo a tutte l’accesso diretto ad essa, sia per quanto riguarda il loro ruolo nell’ambito delle aziende agricole, insistendo in particolare sulla coproprietà delle aziende familiari, sull’accesso al credito e sui loro diritti in materia di successione.

La Commissione dovrebbe prestare una particolare attenzione a entrambe queste questioni. In concreto, dovrebbe raddoppiare i suoi sforzi in vista di una maggiore parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. (SV) Signor Presidente, vorrei ringraziare la relatrice, onorevole Kauppi, insieme a tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questa relazione. Un grosso problema che vorrei evidenziare in merito al cammino verso la parità è che oggi ancora troppe persone pensano che vi siano pari opportunità. Ciò è vero solo in teoria, ma in pratica c’è ancora molta strada da percorrere per arrivare a pari opportunità. La presente risoluzione attira l’attenzione su questo dato di fatto e presenta proposte riguardo a ciò che attualmente può e deve essere fatto.

Più volte ho chiesto e ho evidenziato, anche in seno a questo Parlamento, la necessità di statistiche suddivise in base al sesso in tutti i settori. Solo se si conoscono i fatti è possibile cambiarli. Se non documentiamo, rivelando i fatti, le grandi differenze che esistono tra i sessi, tali disparità saranno ignorate. Inoltre la gente non si rende conto di quanto siano diffuse queste differenze. Pertanto formulo ancora una volta la stessa ovvia richiesta: tutte le statistiche devono essere suddivise per sesso.

Desidero anche ribadire la mia grande preoccupazione, condivisa da tutto il mio gruppo politico, riguardo alla differenza tra donne e uomini nel mondo del lavoro per quanto concerne il lavoro retribuito; sappiamo tutti, infatti, che il lavoro non retribuito viene svolto dalle donne. Inoltre, mentre da una parte i dati ci mostrano un aumento di offerte di lavoro per le donne, dall’altra si vede anche a quale tipo di occupazione si riferiscano. La maggior parte dei nuovi posti di lavoro per le donne riguarda impieghi saltuari, precari, a tempo parziale e mal remunerati. Dobbiamo porre fine a questa situazione.

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. (PL) Signor Presidente, la relazione sulla parità tra donne e uomini è un’ulteriore prova che le politiche per le pari opportunità hanno un’importante funzione da compiere. Sia le donne che gli uomini hanno il diritto di svolgere un ruolo attivo in tutti i settori della vita pubblica e tale diritto deve essere loro sancito dalla legge. Tuttavia, la dignità non si ottiene solo attraverso atti di legge, bensì anche attraverso adeguati livelli di sicurezza materiale, spirituale ed emotiva, in particolare nell’ambito di una sana struttura familiare.

Purtroppo l’attuale propaganda svilisce l’importanza del matrimonio, della famiglia e della maternità e crea un senso di colpa nelle ragazze e nelle donne che desiderano occuparsi della casa e dei figli. Anziché fornire assistenza e protezione giuridica, anziché valorizzare il ruolo di moglie e madre nella crescita dei figli, la donna viene ridotta a un oggetto e oberata da aspettative, il tutto condito da opinioni largamente diffuse riguardo a contraccezione, aborto, individualismo estremo, conflittualità tra genitori e figli e persino innalzamento dell’età della pensione, che portano all’esaurimento fisico e psichico.

E’ importante ricordare costantemente che la parità tra donne e uomini, la parità dei loro diritti, non significa diventare come gli uomini. Ogni forma di mascolinizzazione della donna che compete con l’uomo a tutti i livelli impoverisce non solo le donne, ma anche tutta la società nel suo insieme stravolgendo la ricchezza e il valore intrinseco della femminilità e della mascolinità.

Occorre oggi una sensibilità particolare per evitare azioni che siano avulse dalle necessità e dalle aspirazioni reali delle persone e per superare gli eccessi di individualismo e di relativismo morale. Soprattutto in situazioni in cui non vi sono infrastrutture di base che consentano la crescita economica, è fondamentale combattere la discriminazione nei diversi ambiti della vita. Per questo motivo le organizzazioni sociali e la legislazione dovrebbero essere un ausilio per rispettare i nostri obblighi e non uno strumento di indottrinamento e di uniformazione che crea disordine e conflitto. Così si garantisce la dignità di ogni essere umano a essere rispettato, non solo per il diritto a una pari remunerazione, ma anche per il rispetto delle tradizioni, della cultura, della religione e dei valori che concorrono a definire l’identità nazionale e culturale e che sono destinati ad arricchire l’Europa contemporanea.

 
  
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  Lydia Schenardi, a nome del gruppo ITS. (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione che ci è oggi presentata sfonda per lo più una porta aperta. In effetti, vi si ritrovano le stesse cifre che figurano abitualmente nelle statistiche sul tasso d’occupazione, sul divario remunerativo o ancora sulla natura degli impieghi. Vi si ritrovano anche le sempiterne descrizioni sulla persistenza degli stereotipi connessi al genere e sulle discriminazione che ne derivano per quanto riguarda l’assenza delle donne in taluni settori del mercato del lavoro. Penso in particolare all’alta tecnologia, alle scienze, alla ricerca o ancora all’ingegneria.

Tengo comunque a sottolineare un’apparente contraddizione della presente relazione. Com’è possibile che al paragrafo 17 ci si compiaccia degli effetti positivi della globalizzazione per l’accesso delle donne all’istruzione, alla sanità e al lavoro, sia esso a domicilio, in subappalto o nelle microimprese, e che al paragrafo 18 si rilevino le conseguenze negative di questa stessa globalizzazione, che porta ad una femminilizzazione della povertà? Quale paragrafo dobbiamo prendere in considerazione?

D’altra parte si raccomanda di mettere in atto a livello europeo misure di sensibilizzazione in vista di una tolleranza zero nei confronti di insulti sessisti. Ma cos’è un insulto sessista? Ségolène Royal, ex candidata alla presidenza della Repubblica francese, è forse stata oggetto d’insulti sessisti quando un suo ex compagno socialista ha detto che non era la migliore candidata alla massima carica dello Stato? Oppure si è trattato semplicemente di una critica, o ancora di un semplice parere?

E’ pericoloso legiferare su una nozione come questa, che non è giuridicamente definita e non potrà mai esserlo. Per di più si tratta di un ambito che rientra per sua stessa natura nella sfera del soggettivo e dell’irrazionale.

 
  
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  Jana Bobošíková (NI).(CS) Onorevoli deputati, ancora una volta siamo contrariate dal fatto che le statistiche dimostrino che, benché le donne ottengano migliori risultati, i loro stipendi restino comunque più bassi del 15 per cento. Ebbene sì, le alte sfere esistono e gli uomini non gradiscono molto che le donne occupino le loro posizioni dirigenziali. Gli stereotipi esistono e le donne ne sono talvolta loro stesse vittime. Noi vogliamo che tutto questo cambi. Tuttavia, a mio parere se vogliamo cambiare qualcosa, dobbiamo cominciare da qui.

Le statistiche del Parlamento europeo e della Commissione relative all’occupazione dimostrano chiaramente che per la stragrande maggioranza sono gli uomini a occupare le posizioni meglio remunerate. Le donne prevalgono negli impieghi meno retribuiti. Vi sono moltissime linguiste estremamente efficienti con un’istruzione di livello universitario che lavorano qui per lo stipendio di una segretaria. I loro capi meglio retribuiti hanno per lo più due tipi di qualifica: sono uomini e sono qui da molto tempo.

Onorevoli deputati, è mia opinione che le raccomandazioni delle Istituzioni europee sulle questioni di genere sarebbero prese sul serio solo se facessimo un’accurata disamina della relazione che intercorre tra sistema di remunerazione e livello di istruzione e di efficienza delle persone e solo se la gestione delle risorse umane e gli schemi retributivi venissero profondamente riesaminati. A meno che ciò non accada, continueremo a essere visti come persone che predicano bene ma razzolano male.

 
  
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  Maria Panayotopoulou-Kassiotou (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, quest’anno si celebrano sia il cinquantesimo anniversario del Trattato costitutivo di un’Unione europea, sia il cinquantennale della garanzia di parità tra uomini e donne. Quest’ultimo culmina con il riferimento trasversale a tale principio nei vari campi d’azione della Commissione europea e nel dialogo con la società civile.

Disparità sommerse tra uomini e donne continuano a sussistere nelle politiche e nelle pratiche degli Stati membri dell’UE. Occorre analizzare e valutare le circostanze negative che danno origine a tali disparità. La relazione della collega e amica, onorevole Kauppi, alla quale faccio le mie congratulazioni, enumera molte azioni per combattere la discriminazione parziale contro le donne.

Vorrei enfatizzare in particolare le misure atte a promuovere un’equa partecipazione di donne e uomini a sostegno della famiglia in quanto fattore basilare di sviluppo economico, di prosperità e di coesione sociale per l’UE. L’uguaglianza di genere dovrebbe andare a vantaggio delle donne che desiderano restare a casa, per un periodo più o meno lungo, per potersi occupare dei figli, degli anziani e delle persone a carico. Il fatto che tali donne si siano allontanate dal mondo del lavoro non dovrebbe esporle a possibili discriminazioni per quanto riguarda i diritti alla pensione e alla previdenza sociale.

Signor Commissario, sono profondamente delusa per la situazione delle donne in Grecia. Stando alla stampa, lei ha avviato una procedura d’infrazione contro il mio paese per eliminare le disposizioni che prevedono per le donne una maggior flessibilità riguardo all’età. Perché non è possibile concedere una pensione anticipata a madri e figlie in cambio del loro contributo alla famiglia?

Parità – sì, signor Commissario, ma non equilibrio. Gli Stati membri, l’UE e le parti sociali possono fare buon uso della neonata Alleanza europea per la famiglia: potranno promuovere le migliori pratiche e nuove politiche d’avanguardia a tutela della famiglia. Andranno di pari passo con le politiche nazionali e contribuiranno così a promuovere l’uguaglianza.

I problemi demografici dell’UE richiedono che siano garantite pari opportunità a uomini e donne. In merito al congedo parentale, la pertinente direttiva, approvata esclusivamente dalla Commissione e dalle parti sociali, deve essere sottoposta a revisione e lei ha promesso, signor Commissario, che tale revisione avrà luogo nel 2008.

Tuttavia, è anche necessario l’impegno da parte del settore privato ad assumere giovani donne e in relazione ai licenziamenti delle giovani madri. La produttività e lo sviluppo dell’UE, signor Commissario, esigono la messa a punto di un meccanismo che permetta di monitorare questo tipo di discriminazione. Spero che mettiate in atto un’azione immediata.

 
  
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  Lissy Gröner (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, posso assicurare all’onorevole Kauppi il pieno appoggio del nostro gruppo socialista su tutti i punti da lei trattati nella relazione. La relazione sulla parità è stata elaborata durante l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, che segna anche il cinquantennale delle politiche di parità nell’Unione europea. Se non si esercitano pressioni e non si cambiano le cose, le donne non nutriranno più alcuna fiducia nell’Unione europea.

E’ stato anche annunciato che il 2007 avrebbe visto l’istituzione dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere. Qual è la situazione per le nomine del consiglio? Qui il nostro Parlamento ha voce in capitolo. Cosa viene fatto attualmente per garantire che l’istituto di Vilnius divenga operativo prima della fine dell’anno?

L’UE non ha saputo mettere a frutto le sue competenze chiave in materia di parità di remunerazione – un ambito importantissimo, del quale si sono occupate molte colleghe. Trovo scandaloso che il 15 per cento delle donne riceva tuttora una retribuzione inferiore a quella degli uomini. La Svezia è l’unico paese dove le cose sembrano andare meglio, con un dato del 10 per cento. Nel mio paese, la Germania, si arriva al 26 per cento e non sono più disposta a tollerarlo. Questo è un caso per il quale la Commissione deve fare appello a tutto il suo coraggio per far pressione sugli Stati membri.

Conciliazione tra vita professionale e vita privata: il Commissario Špidla ha preso provvedimenti in questo ambito e me ne compiaccio. Riteniamo che anche i padri debbano fare la loro parte. Anche le aziende hanno una grande responsabilità in questo senso. E’ per questo che il nostro gruppo ha lanciato una campagna di sostegno a livello europeo.

Vogliamo una valutazione qualitativa e quantitativa delle misure adottate a titolo, per esempio, dei Fondi strutturali. Una recente audizione della commissione per lo sviluppo regionale ha dimostrato che a tutt’oggi non si è tenuto quasi assolutamente conto del fatto che le donne ricevano molti meno benefici dal bilancio dell’UE rispetto agli uomini. Il gender budgeting è pertanto un’altra nostra richiesta imprescindibile.

La Commissione ha annunciato misure in due ambiti: l’attuazione di provvedimenti legislativi atti a combattere la discriminazione multipla e la violenza contro le donne. Non ci siamo molto occupati di questo aspetto oggi, ma si tratta di una questione scottante che occorre risolvere.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE). – (ET) Vorrei ringraziare la relatrice per aver riportato l’attenzione su questa importante questione. Non penso che stiamo sfondando una porta aperta con questa relazione. Può benissimo darsi che la porta sia già aperta ma, se esistono delle alte sfere sopra le nostre teste, ebbene occorre nuovamente occuparsi della questione fino a risolverla.

Vorrei incentrare il mio intervento su due aspetti soprattutto in considerazione del fatto che una politica che attua la parità dei diritti per entrambi i sessi è un efficace strumento di sviluppo economico.

Nonostante la parità di diritti esista de jure in tutti i paesi dell’Unione europea, sussistono de facto disparità quanto alla suddivisione del potere tra uomini e donne e all’accesso alle risorse economiche, sociali e culturali. Ciò si verifica su tutta la linea, fino al prevalere di consuetudini tradizionali che influenzano una non equa suddivisione delle responsabilità familiari e che impediscono a molte donne di conciliare il lavoro e la famiglia. Mi rincresce dirlo, ma questa è la prova di un deficit democratico a livello europeo.

La partecipazione paritetica dei due sessi al processo decisionale è la conditio sine qua non della democrazia e pertanto intendo parlare del processo decisionale nelle varie fasi della vita. I liberali sostengono che il diritto di ciascuno a decidere per se stesso sia la chiave del successo. La libertà di scelta, tuttavia, è effettiva solo se uomini e donne sono liberi di operare le proprie scelte in ogni ambito. Affinché uomini e donne – e ripeto, uomini e donne – possano conciliare lavoro e famiglia, occorrono infrastrutture di sostegno all’infanzia di buona qualità, ambienti di lavoro favorevoli alla famiglia e un quadro legislativo di sostegno.

Per di più occorre migliorare il contesto giuridico e non e accrescere il livello di consapevolezza della società. Lo stesso vale per i vecchi schemi di pensiero, in altre parole le donne devono cambiare e trasformarsi da semplici partecipanti in soggetti decisionali. Solo allora potremo parlare di una società in cui sono rappresentati e considerati gli interessi di entrambi i sessi di una società veramente democratica.

 
  
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  Hiltrud Breyer (Verts/ALE).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevole Kauppi, onorevoli colleghi, quest’anno si celebra il cinquantesimo anniversario della nascita dell’Unione europea e possiamo anche voltarci indietro a ripercorrere un cammino segnato da 50 anni di pietre miliari in materia di parità tra donne e uomini. Eppure, ritengo che l’esito della relazione della Commissione sulla parità tra donne e uomini per il 2007 sia un amaro calice da bere. Il testo dimostra che in molti settori l’uguaglianza di genere è sostenuta soltanto a parole ed è ben lungi dall’essere una realtà.

Oggi ci sono state presentate molte statistiche – esistono ampie sperequazioni riguardo al tasso d’occupazione di uomini e donne e, tranne alcune eccezioni, in molti Stati membri le donne registrano un più alto tasso di disoccupazione. Quasi una donna su tre ha un’occupazione a tempo parziale. Sappiamo che le donne sono ancora fortemente sottorappresentate nei posti di potere e nelle posizioni dirigenziali. E’ un vero scandalo che il divario remunerativo medio si attesti al 15 per cento e salga addirittura al 27 per cento in Germania.

Mi compiaccio che la Commissione si sia occupata della questione del congedo parentale obbligatorio per i padri. Era abbastanza scontato che la questione della conciliazione famiglia-lavoro facesse parte dell’agenda della Commissione. Tuttavia, in altri ambiti della politica europea delle pari opportunità sembra che la Commissione abbia assunto una posizione neutrale. Dico questo perché da parte della Commissione non vi è stata alcuna iniziativa politica a eccezione del succitato congedo parentale per i padri.

Si è parlato dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere e della violenza contro le donne. Cosa sta facendo la Commissione per affrontare il problema del divario remunerativo? Ho udito praticamente solo retorica. E’ nostro dovere fare molto di più in questo ambito, incluso il gender budgeting, che è preannunciato da anni, ma dove sono gli indicatori? Pertanto chiedo alla Commissione di proporre una legislazione ambiziosa per far sì che la politica dell’uguaglianza di genere torni a risplendere nell’Unione europea.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL). (NL) Signor Presidente, porgo i miei ringraziamenti e complimenti all’onorevole Kauppi per la sua relazione ma muovo qualche appunto alla Commissione. La Commissione a parole sostiene regolarmente l’uguaglianza di genere – e anche oggi lo ha fatto –, ma in pratica ha sempre fallito e non è riuscita a tradurre le sue buone intenzioni in azioni concrete. Peggio ancora, anziché adottare misure atte a ridurre l’ineguaglianza di genere, a combattere la povertà femminile e ad aiutare le donne a risolvere i loro problemi quotidiani, la politica della Commissione rende spesso la loro situazione ancora più difficile.

Un buon esempio di tutto ciò è la “flessicurezza”, insieme di misure che rendono più flessibili le norme sugli esuberi. Se le proposte avanzate dalla Commissione nel Libro verde fossero attuate, sarebbero proprio le donne a soffrirne, perché troppo spesso vengono assunte con contratti a tempo determinato come lavoratrici interinali e vengono relativamente mal retribuite. Sono in particolare le donne a dover affrontare molti problemi per potersi costruire un fondo pensione, sostenere le spese sanitarie e districarsi tra la famiglia e il lavoro. E cosa fa la Commissione? Invece di dare alle donne – che in verità sono tutte lavoratrici – una certezza che renda loro la vita un po’ più facile, la Commissione propone di creare un’incertezza ancora più grande.

Questa relazione sulla disparità tra uomini e donne dimostra che nel 2007 sussistono ancora grandi differenze. Occorre dare la precedenza assoluta alla risoluzione di questo problema, sia a parole che nei fatti. L’uguaglianza di genere dovrebbe essere automaticamente integrata in tutte le politiche della Commissione. Ritengo invero deplorevole che si debba continuamente ricordarlo alla Commissione.

 
  
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  John Whittaker (IND/DEM). (EN) Signor Presidente, capisco dalla relazione che non può esserci tregua per quanto riguarda il programma di spendere il nostro denaro per promuovere la consapevolezza di genere, interferire con le decisioni in materia di assunzioni nelle imprese e forzare le aziende a offrire contratti di lavoro flessibili e accordi generosi su congedi e aspettative. Tuttavia, non vedo nessun riconoscimento degli effetti collaterali di tutto questo. Non si vuol capire che gran parte di questa ingegneria sociale è assolutamente controproducente.

La semplice logica – ci piaccia o no – vuole che se costa di più assumere donne, meno donne saranno assunte, nonostante le norme che vietano ai datori di lavoro di specificare il sesso negli annunci di lavoro e nelle interviste di assunzione. Ogni legislazione concepita per evitare la discriminazione contro le donne, o contro gli anziani, o contro le minoranze, produce il risultato indesiderato di svilire quelli che ce l’avrebbero fatta senza tale legislazione.

Tutti i nostri posti di lavoro, per le donne e per gli uomini, dipendono dalla ricchezza generata dall’economia. Ebbene, a differenza di questo Parlamento, là fuori nel mondo reale delle piccole imprese, vi sono uomini e donne che vengono assunti e guadagnano denaro producendo beni e servizi per cui altre persone sono disposte a pagare. Quest’ossessione di promuovere l’uguaglianza di genere è solo un’ulteriore fonte d’interferenza nel mondo delle piccole imprese. Se continuiamo a introdurre sempre più costi e restrizioni, le imprese assumeranno meno e pagheranno meno. Alla fine può essere che saremo più uguali, ma saremo tutti più poveri, donne e uomini.

 
  
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  Jerzy Buzek (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Kauppi. Siamo tutti d’accordo sulla necessità di incrementare il tasso di natalità in Europa per migliorare la situazione demografica. Se riusciremo a farlo – e dobbiamo riuscirci – vorrà dire che un numero significativo di donne, soprattutto giovani donne, dovrà lasciare il mercato del lavoro almeno temporaneamente. Questo è un problema poiché la mano d’opera è già carente in molte parti d’Europa.

Ad esempio, nel settore della scienza in Europa mancano circa 700 000 scienziati. Nonostante ciò, in Europa appena un dottore su quattro è donna e una donna su dieci è professore. Tutto questo in un panorama in cui, in Europa, le donne con un livello d’istruzione superiore sono più numerose degli uomini. Ciò significa che le donne hanno una buona preparazione per il lavoro accademico ma interrompono il percorso lavorativo e non lo riprendono.

Le agevolazioni e gli incentivi destinati alle donne per aiutarle a riprendere il lavoro devono essere diversi per ogni settore. Per esempio, nel settore dell’istruzione esiste tutta una serie di semplici passi: primo, la possibilità di svolgere il lavoro accademico a casa propria; secondo, l’organizzazione di asili nido, comodi e abbordabili all’interno degli istituti e delle università; terzo, l’assistenza e la custodia dei bambini sia da parte degli uomini che delle donne; quarto, la possibilità di ottenere diplomi universitari durante il congedo di maternità; quinto e ultimo, l’assicurazione che uomini e donne ottengano la stessa retribuzione a parità di lavoro.

L’Europa non può permettere che si protragga una situazione per cui donne istruite e qualificate restano indietro nelle professioni accademiche solo perché mettono al mondo dei figli. Fortunatamente c’è chi si interessa della questione.

L’UNESCO, insieme a L’Oréal, ha avviato da diversi anni un progetto per le donne che lavorano nel settore accademico. I risultati, gli ottimi risultati, di questo progetto saranno resi noti in un’esposizione che s’inaugurerà lunedì prossimo, 1° ottobre, presso il Parlamento europeo a Bruxelles, al piano terra di fronte alla banca KBC. Vorrei estendere un caloroso invito a tutti i presenti.

 
  
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  Edite Estrela (PSE). (PT) Nel 2005, nella mia relazione sulla strategia di Lisbona da una prospettiva di genere, ho segnalato diverse forme di discriminazione che colpiscono le donne europee.

A distanza di due anni, dopo molte discussioni e buone intenzioni, dopo molti dibattiti e conferenze, dopo innumerevoli studi e relazioni, che cosa è cambiato? Quali progressi sono stati compiuti rispetto al divario salariale tra uomini e donne, alla partecipazione delle donne al processo decisionale, alla conciliazione lavoro-famiglia sia per gli uomini che per le donne? Benché in alcuni Stati membri sia stato compiuto qualche passo avanti, purtroppo a livello europeo nulla è cambiato.

Il divario salariale di genere continua ad attestarsi su una media del 15 per cento e la partecipazione delle donne al processo decisionale è cresciuta dell’1 per cento appena. Le donne continuano a dedicare alla famiglia il triplo del tempo rispetto agli uomini. Cionondimeno, le donne che studiano all’università sono più degli uomini. Le donne stanno lentamente affermandosi ma sussistono ancora molte forme di discriminazione, segnatamente quando diventano madri e proprio perché lo diventano. Forse è per questo motivo che la natalità è così bassa. Le donne migranti e rifugiate, le donne appartenenti a minoranze etniche, le donne anziane e le donne disabili sono tutte oggetto di una duplice discriminazione.

Occorrono leggi migliori, come quelle adottate da Spagna e Portogallo, ma occorre anche il rispetto delle leggi vigenti in particolare di quelle sulla pubblicità, per eliminare la degradante rappresentazione delle donne nella pubblicità e nei mass media. Occorre cambiare la legge per cambiare la mentalità. Occorrono meno parole e più risultati.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la questione delle pari opportunità per donne e uomini continua a essere rilevante nell’UE. Nel 2006 ci sono stati pochi cambiamenti. Nell’UE i salari delle donne continuano a essere inferiori del 15 per cento in media rispetto a quelli degli uomini. Le donne che intendono rientrare nel mondo del lavoro o ambiscono a far carriera devono affrontare notevoli problemi.

La direttiva del Consiglio del 1975 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile non è stata ancora attuata. Gli Stati membri non mostrano alcuna volontà politica di risolvere i problemi di uguaglianza di genere e d’integrazione sul lavoro. Pertanto, concordo con la proposta avanzata nella relazione che la Commissione effettui uno studio sul recepimento da parte degli Stati membri della legislazione comunitaria in materia di pari opportunità e che prenda le misure necessarie nel caso tale recepimento non sia avvenuto.

In merito all’integrazione sul posto di lavoro, vorrei sottolineare l’importanza delle buone prassi e della loro diffusione, soprattutto in vista di maggiori possibilità per le donne di partecipare alla vita politica e al processo decisionale politico. Il mio paese, la Lituania, ha esperienza in questo rispetto. La Commissione e un uso efficace del Fondo sociale europeo possono contribuire alla diffusione di tali prassi.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Non sono una paladina del femminismo estremo, ma non credo neanche che la democrazia debba essere sorda alle questioni di genere e pertanto accolgo con favore questa relazione d’iniziativa elaborata dall’onorevole Kauppi, alla quale esprimo le mie più vive congratulazioni.

Il fatto di riuscire a conciliare il diritto a una carriera professionale con le responsabilità familiari è un problema acuto che riguarda anche il congedo di maternità, quello di paternità e il congedo parentale. Alla luce delle mutate condizioni del nostro mondo globalizzato, dovremmo, anche a livello di Parlamento europeo, incoraggiare gli Stati membri ad ammodernare questi schemi. Su iniziativa dei giovani nuclei familiari, potrebbe essere utile per gli Stati membri introdurre, durante il congedo di maternità, indennità per un minimo di 12 mesi al tasso del 100 per cento del reddito e, durante il congedo parentale, indennità per un minimo di 24 mesi ad almeno il 50 per cento del reddito, laddove le madri, o a seconda dei casi i padri, si occupassero dei figli a tempo pieno.

Il periodo trascorso in maternità e in paternità viene sempre indicato nel linguaggio giuridico con il termine di congedo, benché non solo le madri, ma anche gli psicologi, i medici, i sociologi e molti altri esperti concordino con i genitori che essere in congedo di maternità o di paternità non significhi in alcun modo prendere congedo. Credo che sia giunta l’ora di utilizzare un altro linguaggio e di parlare di maternità e paternità, riferendosi al congedo di maternità con termini più corretti. Una volta colmato il divario nella loro vita lavorativa, è necessario favorire il rientro senza impedimenti delle madri e dei padri sul mercato del lavoro e la ripresa della carriera professionale.

Ritengo importante sottolineare la necessità di una formazione continua durante il congedo parentale, onde poter far fronte alle nuove richieste del mondo del lavoro e consolidare le aree fondamentali della conoscenza, come lo spirito d’impresa e l’adozione di un approccio scientifico e tecnologico. I Fondi strutturali potrebbero essere utilizzati anche a questo scopo dalle regioni. Credo che la nostra società debba dare maggior risalto alla maternità e alla paternità. I genitori hanno un ruolo di grande responsabilità da svolgere nella formazione della società: i figli che allevano plasmeranno l’Europa nel suo insieme.

Al contempo, queste misure consentirebbero a molte più donne di dedicarsi a carriere più impegnative, come per esempio quella accademica, oltre che ad allevare i loro figli.

 
  
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  Anna Hedh (PSE).(SV) Signor Presidente, signor Commissario, è in un certo senso avvilente trovarsi qui oggi a parlare di una relazione sulle ineguaglianze nell’Unione europea nel 2007. Non dovrebbe essere necessario. Dovrebbe essere ovvio, non da ultimo per il fatto che le donne sono la maggioranza nell’Unione europea. Tuttavia è triste constatare che ciò sia necessario. E’ di vitale importanza che gli uomini si mettano in gioco, che cerchino di segnare dei punti. Altrimenti la partita è persa. Ecco qualche suggerimento per gli uomini. Il tasso d’occupazione delle donne deve aumentare. Le donne devono avere il diritto a un’occupazione a tempo pieno e la possibilità di scegliere un’occupazione a tempo parziale. Il divario remunerativo deve essere colmato. Davvero le donne europee valgono il 15 per cento meno degli uomini? Le donne devono essere più rappresentate ai massimi livelli, in politica e nell’industria. I padri devono assumersi maggiori responsabilità in casa e in famiglia e devono prendere la loro parte di congedo parentale, non da ultimo per il bene dei propri figli.

Il Parlamento ha invitato la Commissione e gli Stati membri a compiere molte cose importanti. Speriamo che gli diano ascolto e passino all’azione!

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE). – (SK) Faccio le mie più vive congratulazioni all’onorevole Kauppi per quest’ottima relazione, che è il risultato di una stretta collaborazione tra tutti i membri della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere.

La relatrice ha sottolineato molto bene l’importanza di attuare una politica di parità tra donne e uomini in linea con la strategia di Lisbona. Uno degli obiettivi dell’agenda di Lisbona è l’aumento del numero di donne lavoratrici e impiegate. Al contempo, tuttavia, non riusciamo a riconoscere formalmente il lavoro informale svolto dalle donne e non remunerato. Conosciamo donne che lavorano per garantire la solidarietà tra le generazioni, che svolgono attività di volontariato e che creano condizioni tollerabili per le relazioni sociali. Eppure, questo lavoro informale non è remunerato. Non vogliamo che sia ufficialmente riconosciuto, perché non c’è denaro che vi circola attorno. A mio avviso, questa logica costituisce una forma di discriminazione contro le donne. Credo che per il nostro amico, il Commissario Špidla, riconoscere il lavoro informale e non remunerato delle donne potrebbe essere una questione di Realpolitik. Ciò risolverebbe anche i molti problemi delle minoranze, di cui si è parlato poc’anzi.

Per aiutarci a fare progressi a questo proposito, in Europa e nel mondo ci sono persone e istituti in grado di fornirci modelli matematici e statistici, nonché gli strumenti per applicarli alle nostre politiche. Tra questi, Gary Beck, Premio Nobel per l’economia che è stato già citato a più riprese.

Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ho colto quest’occasione per attirare l’attenzione sul reale problema della parità tra donne e uomini.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). (PL) Signor Presidente, è giunto il momento che gli Stati membri compiano finalmente passi concreti per liberarsi da modelli di comportamento e da schemi decisionali superati, soprattutto nella pubblica amministrazione, rivolgendo una maggiore attenzione alle questioni di genere in tutte le politiche.

Esistono ancora differenze di trattamento tra uomini e donne. Esse si traducono, per esempio, in redditi più bassi e discriminazione contro le donne incinte e le giovani madri. Anche se il fatto che dal 2000 sei degli otto milioni di nuovi posti di lavoro siano stati occupati da donne costituisce un segnale promettente per l’occupazione delle donne, le differenze di remunerazione tra uomini e donne nell’Unione europea si attestano ancora sul 15 per cento in media e raggiungono il 30 per cento in alcuni paesi.

E’ inaccettabile che le donne, solo per via della maternità, che è una responsabilità di entrambi i genitori, debbano essere trattate peggio degli uomini nel mercato del lavoro, con ripercussioni sulla loro carriera, sul loro reddito e, più tardi, sul livello della loro pensione. Gli stereotipi riguardo al genere devono essere superati ed è per questo che sono favorevole alla proposta di aprire, nell’ambito della politica di coesione, una linea di bilancio dedicata alle questioni di genere per finanziare misure volte a promuovere le pari opportunità e a finanziare la ricerca sugli effetti delle strategie politiche sulla vita delle donne.

Vorrei trasmettere le mie più sincere congratulazioni all’onorevole Kauppi per la sua eccellente relazione.

 
  
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  Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). (RO) Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che sia giunta l’ora che l’Unione europea fornisca un adeguato sostegno finanziario ai nobili principi sanciti dal Trattato, ossia combattere la discriminazione di genere e raggiungere la parità di remunerazione tra donne e uomini.

La relazione di cui stiamo discutendo illustra una delle principali opportunità offerte dal bilancio dell’Unione europea per l’uguaglianza di genere. Essa è rappresentata dai Fondi di coesione e dai Fondi strutturali, a un livello che permette di facilitare l’accesso delle donne alle risorse europee. Stando ai dati a nostra disposizione, in seguito all’ultimo allargamento dell’Unione europea le donne traggono in proporzione meno vantaggi dai Fondi della politica regionale e di coesione e ciò andrebbe corretto.

Tuttavia, non è sufficiente limitarsi ad analizzare i Fondi della politica regionale e di coesione anche se il loro peso nel bilancio dell’Unione – quasi il 36 per cento – ci spinge a batterci per far sì che siano resi disponibili per quante più donne possibile.

Occorre anche considerare gli ultimi sviluppi dei tradizionali programmi delle politiche di genere dell’Unione europea, come PROGRESS, DAPHNE ed EQUAL. Benché quest’anno il programma PROGRESS nel suo insieme e la sezione 5, dedicata all’uguaglianza di genere, godano di ulteriori finanziamenti, in termini relativi nel 2008 la linea di bilancio per le questioni di genere è inferiore agli anni passati.

Il programma DAPHNE contro la violenza domestica ha ottenuto sin qui eccellenti risultati; la Commissione europea se n’è accorta e ha raccomandato di aumentare il bilancio rispetto al 2007. Sia per questi due programmi, sia per il programma EQUAL, il Consiglio ha effettuato una serie di tagli rispetto alle somme proposte dalla Commissione nel progetto preliminare di bilancio. Inoltre, il Consiglio ha proposto una riduzione del 7,5 per cento dei fondi destinati al nuovo istituto per l’uguaglianza di genere, riduzione che è completamente ingiustificata per un’Istituzione europea che sta muovendo i suoi primi passi.

Purtroppo, continuiamo a constatare che manca ancora la volontà politica del Consiglio di concretizzare le strategie europee per le pari opportunità con stanziamenti di bilancio. E’ per questo che il Parlamento, che è un ramo dell’autorità di bilancio, deve provvedere a compensare questo deficit e fornire consistenza alla politica di genere dell’Unione europea.

 
  
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  Esther De Lange (PPE-DE). (NL) Signor Presidente, desidero anch’io ringraziare la relatrice per il suo lavoro eccellente ed equilibrato. Sono già stati affrontati diversi punti. Come membro della commissione per i diritti della donna e della commissione per l’agricoltura vorrei occuparmi essenzialmente della situazione delle donne nel settore agricolo.

Ciò che colpisce prima di tutto è l’invisibilità di molte donne che lavorano nel settore agricolo. Le donne rappresentano il 40 per cento dei posti di lavoro dell’agricoltura; tuttavia, signor Commissario, molte statistiche ufficiali, comprese quelle dell’Eurostat, considerano esclusivamente le donne impiegate o le donne imprenditrici e non prendono assolutamente in considerazione la categoria del coniuge coadiuvante, anche se si tratta della più grande categoria lavorativa dell’Europa nord-occidentale. Il loro contributo all’economia è significativo e spesso queste donne contribuiscono a sviluppare le attività dell’azienda agricola e della campagna. Pertanto invito l’Eurostat a dare visibilità a questo gruppo di donne nelle statistiche ufficiali. Invito inoltre la Commissione a prendere in considerazione questa vasta categoria di lavoro femminile nel decidere le sue politiche.

Inoltre, è proprio questa categoria di lavoratrici che incontra problemi praticamente quotidiani in alcuni Stati membri, ad esempio per quanto riguarda l’acquisizione dei diritti alla pensione o l’accesso alla previdenza sociale in caso di cessazione dell’attività dell’azienda, in caso di divorzio e qualora vi sia necessità di un congedo per malattia o per maternità. Tuttavia, sono lieta di constatare che nei Paesi Bassi si stia provvedendo a ovviare a questa situazione. Vorrei attirare l’attenzione della Commissione sul progetto “Je verdiende loon” (“E’ un vostro diritto”), lanciato nel mio paese con il contributo del FSE per evidenziare gli ostacoli incontrati da queste donne. Spero che la Commissione voglia tener conto dei risultati di questo progetto nel definire le politiche future in modo che, grazie a questa essenziale forza lavoro femminile, l’Europa possa continuare ad avere un settore agricolo forte e una campagna vivibile.

 
  
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  Maria Petre (PPE-DE). – (RO) Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal 2000 a questa parte su otto milioni di posti di lavoro, sei sono stati occupati da donne. Si potrebbe veramente pensare che fosse giunta l’era delle pari opportunità o addirittura della discriminazione positiva delle donne nelle relazioni di genere. Eppure non è così, perché la realtà di questi nuovi posti di lavoro, di questi sei milioni di donne, ci smentisce.

Non possiamo affrontare seriamente il rischio dell’invecchiamento e del calo demografico che stanno registrando oggi l’Europa e gli Stati membri se la maggior parte delle offerte di lavoro per le donne è rappresentata da impieghi precari, a tempo parziale e mal remunerati. Il divario salariale in Europa resta del 15 per cento a sfavore delle donne.

Gli Stati membri in generale e la Romania in particolare dovranno continuare a investire in un’istruzione libera da stereotipi di genere, ad adottare politiche chiare che permettano a donne e uomini di conciliare vita familiare e professionale.

Vorrei congratularmi con la relatrice per il suo straordinario lavoro. Credo veramente che occorrano valutazioni annue dei risultati delle azioni previste dalla tabella di marcia per la parità tra uomini e donne, nonché un accordo finale su argomenti quali i costi della maternità, il congedo parentale, l’individualizzazione dei diritti a pensione e degli schemi fiscali e di previdenza sociale.

 
  
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  Louis Michel, Membro della Commissione. (FR) Signor Presidente, innanzi tutto la Commissione condivide ampiamente le preoccupazioni espresse dalla maggior parte degli intervenuti. Alcuni oratori, in verità quasi tutti gli oratori, chiedono cosa faccia la Commissione.

Come sapete, la Commissione svolge una funzione di controllo della trasposizione e dell’applicazione del diritto comunitario in materia di partà tra donne e uomini. Tale funzione consiste essenzialmente nell’avviare e gestire procedure d’infrazione qualora la Commissione constati che uno Stato membro non abbia correttamente recepito una delle direttive o qualora un cittadino sporga denuncia presso di essa per un recepimento non corretto o un’applicazione inadeguata di una direttiva. Così, per quanto concerne le procedure d’infrazione della direttiva sulla parità tra donne e uomini, nell’aprile 2007 sono state inviate diciotto lettere. La Commissione sta attualmente esaminando le risposte e a dicembre dovrebbe emettere una decisione per esprimere un parere motivato.

Ma veniamo adesso rapidamente ad alcune questioni più precise, più concrete. In merito all’insediamento dell’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere a Vilnius, a ottobre si è tenuta una riunione del consiglio di amministrazione ed è in corso l’assunzione del direttore.

Per quanto riguarda le iniziative sul divario retributivo di genere, numerosi interventi hanno giustamente posto l’accento sulla disparità salariale. La risposta a questa questione viene spiegata nella comunicazione. Nel 2008 la Commissione analizzerà l’attuale attuale legislazione per stabilire se sia adeguata e decidere quali cambiamenti siano necessari.

Per quanto riguarda la questione delle donne nelle zone rurali, le donne indipendenti che lavorano nel settore agricolo sono già coperte dalla direttiva 86/613/CEE. La Commissione ha appena avviato un’analisi di questa legislazione per stabilire se sia efficace e decidere cosa cambiare.

Infine, una questione di natura più ideologica, ma alla quale desidero rispondere, che riguarda la flessicurezza. Lo scopo della flessicurezza è quello di aumentare la flessibilità del mercato del lavoro, non di accrescere l’insicurezza, e al contempo quello di creare maggiori possibilità di scelta sul mercato, fornendo a chi lavora maggiori strumenti per adattarvisi, ad esempio tramite la formazione e tramite la conciliazione tra vita professionale e vita privata.

 
  
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  Presidente. – Commissario Michel, la prego di accettare le mie scuse. E’ un sistema che stiamo cercando di cambiare con la riforma del funzionamento del Parlamento.

E’ indecente assistere a una discussione – penso alla considerazione dovuta non solo al Commissario, ma anche in particolare ai colleghi che hanno seguito le discussioni – in cui si arrivi a un tale baccano proprio prima della votazione.

Le porgo le mie scuse, signor Commissario.

 
  
  

La discussione è chiusa.

Mi scuso con gli oratori ai quali ho dovuto togliere la parola, ma il tempo a nostra disposizione non è assolutamente ragionevole. Nelle nostre delibere non dovrebbero esserci interventi di un minuto, perché questi non possono apportare nessun reale contributo alla discussione. La questione, comunque, rientra nella discussione sulla riforma del funzionamento del Parlamento, che dovremo affrontare a breve.

La votazione si svolgerà a momenti.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Zita Gurmai (PSE), per iscritto. – (HU) Per garantire l’uguaglianza di genere, penso che sia essenziale disporre di un’informazione esauriente, sistematica e obiettiva che includa l’accesso a statistiche comunitarie armonizzate, quanto più vaste e aggiornate possibile. In questo rispetto, penso anche che le relazioni annuali sulla situazione di donne e uomini elaborate dalla Commissione siano particolarmente importanti.

La Comunità ha fatto molto per estendere la base giuridica dell’uguaglianza di genere tuttavia, per quanto riguarda l’esito pratico, la questione è completamente diversa. La relazione annuale fornisce in parte una risposta alla questione. Penso che sarebbe utile monitorare sistematicamente i progressi pratici rispetto agli obiettivi strategici fissati nella tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010, in modo da controllare che gli Stati membri attuino realmente la legislazione, che l’uguaglianza di genere sia integrata nelle politiche comunitarie e quale sia l’impatto di genere dei vari progetti.

Poiché il futuro dell’Unione europea dipenderà in larga misura da come riusciremo ad attrarre un maggior numero di donne sul mercato del lavoro, dobbiamo concentrarci in modo specifico, dettagliato e mirato per analizzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e individuare come incentivarla, eliminando gli ostacoli che impediscono alle donne di trovare un’occupazione, di avanzare nella carriera o di conciliare lavoro e famiglia ed esaminando inoltre la situazione delle donne più svantaggiate (migranti, minoranze etniche, famiglie monoparentali).

 
  
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  Joseph Muscat (PSE), per iscritto. (MT) L’articolo 141 del Trattato CE stabilisce che “Ciascuno Stato membro assicura l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore”.

Questo è un principio molto importante e occorre garantire che sia attuato in ogni paese.

Credo che sia giunto il momento di compiere un altro passo avanti.

A Malta esistono situazioni in cui le persone, donne e uomini, vengono retribuite in base a tassi e sistemi diversi nonostante svolgano lo stesso lavoro. Tali sperequazioni di retribuzione vengono giustificate sulla base di criteri burocratici, come per esempio l’anno di assunzione.

Se tale discriminazione si verifica tra due donne o tra due uomini, non v’è violazione del Trattato CE dal punto di vista della sua interpretazione letterale.

Situazioni analoghe esistono e sono palesi nel settore pubblico e in altri settori.

Per questo motivo occorre che sia la Commissione sia i governi degli Stati membri assumano nuove iniziative per garantire l’applicazione di un unico semplice principio: parità di retribuzione a parità di lavoro, indipendentemente da chi si tratti.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING
Presidente

 
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