Milan Gaľa (PPE-DE). – (SK) Ringrazio il Presidente per avermi dato la parola e ringrazio l’onorevole Descamps per la sua relazione che porta avanti il processo di digitalizzazione delle biblioteche nell’Unione europea.
Ho votato a favore del testo presentato perché il processo di digitalizzazione del materiale testuale e audiovisivo attualmente in corso in tutti gli Stati membri è lento e frammentario. Ritengo necessario concentrare l’attenzione sul coordinamento di tali iniziative nazionali e soprattutto sulla conservazione del materiale digitale. Occorre rivolgere particolare attenzione a livello europeo alla conservazione delle copie digitali. La realizzazione di una copia digitale di un libro o di una pellicola non ne garantisce necessariamente la conservazione a lungo termine.
Tutto il materiale digitale, indipendentemente che si tratti di opere originali o digitalizzate, deve essere conservato in modo tale da garantirne l’accessibilità in modo permanente. Abbiamo poca esperienza in materia di conservazione digitale. In mancanza di una strategia coerente, una mera digitalizzazione potrebbe portare ad un deprezzamento delle energie investite.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’ottimo lavoro della stimata collega Marie-Hélène Descamps sulla creazione di una biblioteca europea digitale, che mira a rendere accessibile a tutti il nostro patrimonio culturale e scientifico in tutte le lingue dell’Unione.
Nello scrivere queste righe desidero rendere omaggio al Presidente della Repubblica francese Jacques Chirac che insieme ad altri cinque capi di Stato dell’Unione europea si è assunto l’iniziativa di questo progetto nell’aprile 2005. Plaudo al seganle forte inviato dal Parlamento alla Commissione europea per fare di questo progetto una priorità. Inoltre mi compiaccio degli indirizzi operativi adottati: coordinamento di tutte le biblioteche digitali in Europa, accesso per i cittadini, collaborazione con gli attori di questo settore, segnatamente autori, editori, librerie e così via.
Occorre sostenere questo strumento, che rappresenterà un’arma formidabile per lottare contro l’ignoranza e quindi a favore della democrazia, della pace e della prosperità. Brava Marie-Hélène Descamps!
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Questa relazione concerne la raccomandazione della Commissione europea del 24 agosto 2006, che invita gli Stati membri a coordinare gli sforzi e promuovere le sinergie a livello europeo in vista della creazione di una biblioteca europea digitale sotto forma di un punto di accesso comune plurilingue al patrimonio culturale europeo. Tali raccomandazioni sono state adottate all’unanimità dal Consiglio il 13 novembre 2006.
Il Parlamento europeo ha approvato la raccomandazione, ma ha presentato una serie di proposte a scopo di chiarificazione tenendo conto dell’insieme dei problemi che possono sorgere, per esempio, durante la fase di organizzazione concettuale e tecnica di tutte le categorie del materiale culturale per quanto riguarda i vari stadi da considerare e il potenziale fornito da materiale testuale esente da diritti.
Benché nutriamo dubbi riguardo a varie proposte incluse nella risoluzione del Parlamento europeo, abbiamo votato a favore dell’idea, pur sottolineando la necessità di proteggere i diritti d’autore, difendere la diversità linguistica e culturale, promuovere la solidarietà e la coesione economica e sociale per far sì che un’idea interessante non diventi un’ulteriore fonte di discriminazione e di esclusione sociale.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Una biblioteca con opere esenti da diritti d’autore è un’idea eccellente, troppo eccellente perché l’UE vi interferisca e ne faccia scempio. Pertanto mi astengo. Buona idea (+), l’UE con la sua burocrazia la ritarderà (–) = astensione.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore dell’ottima relazione elaborata su iniziativa del collega ceco, onorevole Thomás Zatloukal, sull’efficienza e l’equità nei sistemi europei d’istruzione e formazione in risposta a una comunicazione della Commissione europea.
L’apprendimento permanente, nonché l’obiettivo della creazione di un quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente, che agevolerà il riconoscimento del livello d’istruzione raggiunto e consentirà un passaggio trasparente e visibile tra le diverse opzioni di studio, è essenziale. Sono favorevole all’idea di istituire una cultura della valutazione nell’ambito dei sistemi d’istruzione e formazione professionale con misurazioni affidabili.
Gli investimenti nell’apprendimento permanente promuovono la coesione sociale e offrono alle persone le competenze necessarie per adeguarsi e far fronte ai cambiamenti che si verificano nella loro vita. Appoggio tutte le proposte di questa relazione per tutti i diversi livelli dell’istruzione: prescolare, primaria, secondaria, superiore e universitaria.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro la relazione, anche se vi abbiamo trovato diversi elementi positivi, perché siamo in disaccordo con la sua linea generale di pensiero e con alcune delle posizioni assunte, sia riguardo agli obiettivi di ulteriori studi sia riguardo alle tasse, senza contare il fatto che i problemi dei gruppi svantaggiati non possono essere risolti offrendo semplicemente incentivi finanziari quali quelli annunciati per il Portogallo.
Pur condividendo gli argomenti del relatore, per cui l’istruzione influenza la crescita economica “poiché aumenta il capitale umano e la capacità di innovazione” e accettando il punto di vista che l’aumento dell’efficienza dell’istruzione e della formazione apporta ai singoli e alla società nel suo complesso un rendimento massimo dell’investimento pari all’8 per cento annuo, possiamo renderci conto di cosa perdano gli Stati che non investono con determinazione in un’istruzione universitaria che sia accessibile a tutti gli strati della popolazione.
Secondo ricerche recenti, 75 milioni di cittadini UE – ossia il 32 per cento della forza lavoro – hanno ricevuto un’istruzione insufficiente. Nel 2010 solo il 15 per cento dei nuovi posti di lavoro sarà a disposizione di questo gruppo di persone, la maggior parte delle quali proviene dai settori meno avvantaggiati della società. Di qui la necessità di garantire una parità di accesso all’istruzione.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Occorre regolarmente ricordare alla maggioranza dei deputati di questo Parlamento che la politica dell’istruzione nell’Unione europea è una questione di competenza nazionale.
Questa relazione della commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo propone che le Istituzioni dell’UE si occupino di un certo numero di questioni con le quali esse non hanno assolutamente nulla a che fare. Ad esempio, il paragrafo 12 del progetto di relazione propone che il Parlamento europeo adotti la posizione “che sia necessario svolgere a livello dell’Unione europea una ricerca più approfondita sull’istruzione prescolare, in particolare nel campo delle azioni precoci e mirate, al fine di individuare le pratiche che producono gli effetti desiderati”.
Il paragrafo 48 del progetto di relazione recita: “[il Parlamento europeo] è convinto che, ai fini di un’azione dell’UE più correttamente mirata, sarebbe necessario elaborare un processo, basato su relazioni presentate periodicamente dagli Stati membri nonché su una verifica indipendente, allo scopo di valutare l’efficienza dei sistemi di istruzione e formazione nell’UE, prestando particolare attenzione all’acquisizione delle competenze fondamentali da parte degli allievi e al conseguimento degli obiettivi in materia di equità”.
Tutto ciò è un tentativo di interferire in un’area di competenza che è precipua prerogativa degli Stati membri. Come di consueto, il principio di sussidiarietà viene messo da parte e la concorrenza istituzionale in questo settore così importante viene minata. Pertanto votiamo contro la relazione.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Signor Presidente, voto a favore della relazione dell’onorevole Zatloukal sull’efficienza e l’equità nei sistemi europei d’istruzione e formazione.
Le politiche per l’istruzione e la formazione professionale sono fattori essenziali che contribuiscono al successo economico e sociale, a una crescita equilibrata e alla coesione sociale. Una scarsa efficienza e un accesso diseguale si traducono in costi occulti – minor gettito fiscale, maggiori necessità per l’assistenza sanitaria e sostegno di fondi pubblici, nonché costi derivanti da un più elevato livello di comportamenti asociali.
Nel documento conclusivo del Consiglio europeo riunitosi a Lisbona nel marzo 2000, è stato posto l’accento sull’istruzione come strumento di crescita per l’economia e la società europee.
Questa relazione presenta idee ragionevoli riguardo ai metodi per ripristinare un insegnamento efficace nella scuola primaria e secondaria, come pure nelle università.
Inoltre, è importante anche l’appello formulato nella relazione che invita i governi degli Stati membri a effettuare una programmazione a lungo termine delle priorità in materia d’istruzione a livello nazionale e locale.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) La relazione contiene molte idee interessanti su come ridurre l’esclusione sociale e così via, ma poi rovina tutto parlando di come le tasse universitarie possano fungere da incentivo finanziario! Ma ciò che è peggio è la sua preoccupazione di “efficacia”, di “competitività” e di “livelli più elevati di efficienza”. Cosa ne è della creatività, della capacità di analisi critica e dell’indipendenza di pensiero? L’UE vuole unità produttive conformiste orientate al consumo e alla produzione. Fortunatamente l’UE non ha poteri in materia d’istruzione e non dovrà mai averli. Voterò contro la relazione.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE). – (PL) Signor Presidente, sebbene 129 paesi abbiano abolito la pena di morte, questa pena viene ancora applicata in molte parti del mondo a livelli estremamente preoccupanti. Solo nel 2006, 1 591 persone hanno subito la pena di morte e almeno 3 861 persone sono attualmente condannate a morte. L’Unione europea è la paladina della lotta contro la pena di morte. La sua abolizione è un aspetto fondamentale della questione dei diritti umani nelle relazioni dell’UE con i paesi terzi nei consessi internazionali, quali le Nazioni Unite. Tale impegno politico va di pari passo con un significativo sostegno finanziario a progetti attuati nell’ambito dell’iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell’uomo. Inoltre, l’abolizione della pena di morte è riconosciuta come condizione per poter aderire all’Unione europea e al Consiglio d’Europa.
E’ pertanto ancor più deprecabile che l’Europa non celebri la giornata mondiale contro la pena di morte il 10 ottobre a causa dell’opposizione del governo polacco. Vorrei esprimere tutto il mio rincrescimento che tale posizione assunta dal governo polacco come parte della sua strategia preelettorale deteriori l’immagine della Polonia sulla scena internazionale e nel mondo intero per quanto riguarda la promozione dei suoi valori fondamentali. La decisione del Consiglio riguardo al memorandum sulla pena di morte e l’idea di una risoluzione comune, che l’Unione presenterà alla prossima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, meritano il nostro pieno appoggio.
Marcin Libicki (UEN). – (PL) Signor Presidente, desidero dichiarare che ho votato contro la risoluzione sulla pena di morte. Vorrei sottolineare che nel mio paese, la Polonia, la pena di morte è stata abolita 19 anni fa.
Tuttavia, una cosa è essere contrari alla pena di morte e tutt’altra cosa è essere favorevoli al fondamentalismo abolizionista, che fonda la propria opposizione a qualsiasi forma di punizione per chi commette dei crimini sul profondo convincimento che l’uomo non sia responsabile delle proprie azioni. Io sono convinto che le persone siano responsabili delle proprie azioni e che debbano risponderne ed essere punite per quello che hanno commesso, perché dispongono del libero arbitrio.
La convinzione degli abolizionisti fondamentalisti, secondo cui le persone non dispongano del libero arbitrio e quindi non possano essere punite, si basa essenzialmente sul disprezzo dell’umanità e su un falso retaggio della Rivoluzione francese.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La pena di morte viola il più fondamentale diritto dell’uomo: il diritto alla vita!
Non v’è ombra di studi o ricerche che possano provare che la pena di morte abbia un effetto deterrente. La pena di morte è un atto disumano, barbaro e assolutamente insostenibile e non può che essere considerata un atto di vendetta. Pertanto, è ovvio che l’Unione europea insista sulla rinuncia alla pena di morte come condizione di appartenenza all’UE.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) L’articolo 24, secondo comma, della costituzione della Repubblica portoghese vieta l’applicazione della pena di morte in qualunque circostanza.
Come abbiamo spesso ripetuto, concordiamo con l’iniziativa di presentare alla sessantaduesima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite una proposta di risoluzione per l’adozione di una moratoria universale sulla pena di morte – moratoria che sembra aver già il sostegno di 95 paesi – in vista di una sua totale abolizione.
L’abolizione della pena di morte è un’aspirazione di milioni di uomini e donne nel mondo e sempre più paesi hanno posto una moratoria sulla sua applicazione o l’hanno completamente cancellata dal loro ordinamento giuridico. Come abbiamo già detto, questo gesto rappresenterebbe un grande passo avanti per la civiltà che sarebbe importante estendere ad altri paesi. La nostra iniziativa può essere d’aiuto in questo senso.
In questo modo uniamo le nostre voci a quelle di coloro che continuano ad aspirare e a lottare per porre fine alla cultura della violenza, della banalizzazione della morte, dell’aggressione e della guerra.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) L’abolizione universale della pena di morte sarebbe un chiaro segnale di progresso per tutta l’umanità. E’ ovvio che molti altri orrori vengano perpetrati, segnatamente da paesi che uccidono senza condannare, ma l’accettazione della pena di morte riflette un concetto filosofico che non dovrebbe esistere nella nostra società. Pertanto, la proposta di una moratoria sulla pena di morte merita tutto il nostro appoggio nonché l’impegno da parte degli Stati membri dell’UE. In questo senso, una giornata mondiale contro la pena di morte avrebbe come effetto di “mettere in imbarazzo” gli Stati che la applicano e sarebbe quindi positiva.
In merito all’idea di una giornata europea contro la pena di morte, mi sembra che sia un tentativo di istituire una celebrazione europea per qualcosa che non esiste in Europa, mentre, come ben sappiamo, ciò darebbe origine ad altre discussioni per le quali manca l’unanimità. Per questo motivo, nutro qualche dubbio quanto alla virtuosità di quest’iniziativa.
Infine, vorrei che la cultura del primato della vita fosse estesa ad altre questioni e ad altri ambiti per i quali la difesa della vita mi sembra anche essere un segnale di civiltà.
Marie-Arlette Carlotti (PSE), per iscritto. – (FR) Sono lieta dell’impegno del Parlamento europeo a favore dello spiegamento di una forza europea in Ciad e nella Repubblica centrafricana per porre fine alle violenze ai danni delle popolazioni civili e instaurare le condizioni per il ritorno volontario di centinaia di migliaia di profughi e di sfollati. In effetti, già oggi il conflitto nel Darfur non conosce più frontiere. Ma un domani, quando la forza mista ONU-Unione africana verrà dispiegata, il contagio verso i paesi limitrofi potrebbe divenire incontrollabile!
E’ per questo che tale forza europea è indispensabile per contribuire a creare condizioni di sicurezza e favorire il processo di riconciliazione nella regione. Tuttavia, essa non darà frutti a meno che tutte le parti in causa “non stiano al gioco” della pace. Per questo occorre rispettare almeno due condizioni sulle quali ho voluto insistere nell’elaborare questa risoluzione. Innanzi tutto, un’assoluta neutralità e imparzialità. Secondariamente, un equilibrio nella composizione delle forze dispiegate: la Francia non deve cercare di “tirare le fila”. L’atteggiamento di Nicolas Sarkozy dà adito a dubbi in tal senso.
Insieme ai socialisti francesi del Parlamento europeo, sarò particolarmente vigile per far prevalere l’interesse dell’Africa e dell’Europa rispetto all’“orticello privato” dei francesi.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La Junilistan ritiene che sia necessario un mandato dell’ONU affinché un paese o un’organizzazione intergovernativa invii forze di mantenimento della pace in una zona di conflitto. In linea di principio, non abbiamo obiezioni a che gli Stati membri inviino una forza congiunta con un mandato di mantenimento della pace, purché tale missione avvenga sotto l’egida dell’ONU e non dell’UE.
Tuttavia, è avvilente notare che l’attuale situazione in Ciad e nella Repubblica centrafricana funga da pretesto per alimentare l’ambizione europea di creare una forza militare a livello dell’Unione. La politica estera e la politica di sicurezza sono e devono rimanere di competenza strettamente nazionale.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Non v’è dubbio che questa missione, che ha uno scopo chiaramente militare e viene svolta sotto l’egida dell’ONU, miri a consolidare il concetto strategico interventista e militarista della PESC/PESD nell’Unione europea.
Per alcuni questa operazione militare sarà un vero e proprio banco di prova per la cosiddetta “credibilità” e operatività della politica europea di sicurezza e di difesa, ossia della militarizzazione dell’UE sotto il comando e stando agli interessi delle sue grandi potenze.
La maggioranza del PE approva il “mandato” di questa operazione militare dell’UE, che include “l’uso della forza” – ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite – in una regione africana. Si tratta di un atto d’ingerenza e di “presenza” militare con ambizioni neocolonialiste, una vera e propria operazione di guerra in una regione difficile e caratterizzata da forti interessi connessi al controllo di enormi risorse energetiche.
I veri motivi di questo grande “interesse” per la regione da parte delle grandi potenze dell’UE, segnatamente la Francia, sono direttamente proporzionali ai risultati delle prospezioni che indicano l’esistenza di grandi giacimenti di petrolio e di altre risorse naturali.
Il Congo, il Ciad e la Repubblica centrafricana. Chi sarà il prossimo?
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La delegazione dei conservatori britannici è favorevole a una strategia coordinata sotto l’egida dell’ONU per risolvere il problema del Darfur e delle regioni confinanti con il Ciad orientale e la Repubblica centrafricana, che includa aiuti umanitari e protezione di profughi e rifugiati. Tuttavia, è contraria in linea di principio al concetto stesso di “operazione PESD” e all’inutile, dispendioso e discorde sforzo che sta compiendo l’UE di immischiarsi in faccende militari. Pertanto, abbiamo votato contro la risoluzione.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Ho votato a favore della risoluzione sulla Birmania ma nutro serie riserve riguardo alla sua natura non impegnata. Dobbiamo encomiare l’India per il suo appoggio alle riforme in Birmania e dobbiamo adottare serie misure contro la Cina, che sta bloccando il mandato delle Nazioni Unite ad avviare negoziati con la giunta militare. La Cina è uno dei più grossi sostenitori dei regimi dittatoriali.
A causa delle sanzioni imposte dall’Unione molto tempo fa, l’economia birmana dipende oggi dalla Cina. Chiedo pertanto che l’Unione faccia leva sulla minaccia d’imporre sanzioni contro la Cina, a meno che il paese non condanni la giunta. Se vogliamo essere seri riguardo alla difesa universale dei diritti umani e della democrazia, non dobbiamo esitare. Per la Cina è molto importante avere buone relazioni commerciali con l’Europa e noi vogliamo che i nostri valori siano rispettati. La difesa della democrazia potrà forse nuocere agli interessi economici degli investitori europei in Cina, ma si tratterà di una situazione temporanea. Se il commercio deve essere equo, occorre restar saldi sulle proprie posizioni e non cedere.
Sono spiacente che i parlamentari della sinistra abbiano deciso di procrastinare la questione durante la seduta di lunedì, quando abbiamo cercato di bloccare il voto sulla risoluzione comune: come se fossero dispiaciuti che il sostegno dell’Europa occidentale abbia contribuito nel 1968 ad abbattere i regimi comunisti dell’Europa orientale.
Mario Borghezio (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi abbiamo votato questa risoluzione con convinzione, ma l’Europa deve fare molto di più. Le ho già scritto una lettera, signor Presidente, per chiedere di invitare una delegazione di monaci buddisti in Europa, accompagnata magari dall’alta autorità spirituale, dal Dalai Lama, nei cui confronti le autorità di Bruxelles e il governo belga hanno vergognosamente subito il diktat della Cina.
E a proposito delle autorità di Bruxelles, mi stupisco, signor Presidente, che non sia sentita ancora in quest’Aula, da parte sua, una voce chiara di condanna di quello che è avvenuto, per colpa e determinazione delle autorità di Bruxelles nei confronti di alcuni europarlamentari. La battaglia per la libertà non è solo quella dei monaci buddisti, è di chi manifesta democraticamente, per esempio contro l’islamizzazione dell’Europa! E’ una vergogna il silenzio del Parlamento europeo, quando europarlamentari come Vanhecke, Borghezio e altri hanno manifestato per la libertà dell’Europa! Vergogna!
Presidente. − Onorevole Borghezio, le rispondo subito in via del tutto eccezionale. Noi abbiamo messo in atto delle azioni e intendo ripetere che in nessuna circostanza permetteremo mai a nessuno al mondo di impedire ad alcuna persona importante o ad alcuna personalità di far visita al Parlamento europeo. Il Presidente del Parlamento europeo lo ha chiarito con chi di dovere. Il Dalai Lama è sempre benvenuto nel Parlamento europeo.
Richard Howitt (PSE). – (EN) Signor Presidente, con il voto di oggi il Parlamento europeo chiede un’illimitata libertà d’accesso per l’inviato delle Nazioni Unite in Birmania, contravvenendo alla decisione di quel paese di negare un visto all’inviato. Non può esserci alcuna equivalenza morale tra negare un visto ai generali birmani e il fatto che essi abbiano negato l’ingresso a un legittimo rappresentante della comunità internazionale. Accolgo con favore la richiesta avanzata ieri sera dalla Francia di congelare le attività in Birmania. Tuttavia, congelare non significa disinvestire e le previste sanzioni invocate da questo Parlamento non potranno essere effettive a meno di non disinvestire tali attività, comprese anche quelle di società francesi quali Total ed Elf. Infine, non solo chiediamo protezione per i manifestanti, ma vogliamo anche esprimere loro la nostra solidarietà. Se questa è una rivoluzione di zafferano, speriamo che sia pacifica e, in nome dei diritti umani e della democrazia, speriamo che abbia successo.
Francesco Enrico Speroni (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, io non ho partecipato alla votazione sul Myanmar, perché penso che nonostante i buoni nostri propositi, le autorità di quel paese se ne fregano tranquillamente di quello che noi votiamo.
Devo però rilevare questo, che in Myanmar le manifestazioni sono potute andare avanti senza eccessivi problemi per parecchi giorni, nella nostra capitale Bruxelles invece una pacifica manifestazione è stata brutalmente repressa, proprio appena era incominciata. Allora guardiamo magari un pochino più alle violazioni dei nostri diritti, della nostra libertà di manifestare nella nostra Europa, prima ancora di andare a vedere in casa altrui!
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) I recenti sviluppi in Birmania ci forniscono la prova inconfutabile – se mai fosse necessario – che la democrazia (con tutto quello che essa implica, in particolare il suo principio fondamentale, che è la libertà) è un’aspirazione delle popolazioni. L’idea che la democrazia non sia compatibile con certe popolazioni o certe regioni geografiche è una menzogna ciclopica che neanche la più compiacente Realpolitik può tollerare.
Ciò detto, è chiaro che le nostre dichiarazioni da sole possano far ben poco per la vittoria di questo tentativo di rivoluzione democratica. Ignorare il fatto che sia la Cina che la Russia, in questa come in altre occasioni, stiano perseguendo una politica estera assolutamente incompatibile con i valori difesi dall’Europa e dai suoi alleati è un errore madornale.
L’espansione della democrazia è fondamentale per un mondo di pace e sostenere i movimenti democratici, di concerto con i nostri alleati, è un dovere che ci spetta per la difesa dei valori in cui crediamo.
Infine, sono convinto che in questa come in altre occasioni sia importante capire la realtà geopolitica della regione, onde evitare di alimentare un ordine mondiale perverso.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione elaborata su iniziativa del collega finlandese, onorevole Lasse Lehtinen, sugli obblighi dei prestatori di servizi transfrontalieri.
E’ veramente ora di incoraggiare lo sviluppo di misure intese a completare il mercato interno dei servizi con un regime uniforme per quanto attiene agli obblighi dei prestatori di servizi, onde favorire ulteriormente lo sviluppo di un mercato interno dei servizi omogeneo. E’ fondamentale che i consumatori, ma anche e soprattutto le PMI, sia in qualità di acquirenti che di venditori di servizi transfrontalieri, possano trarre beneficio da una maggiore certezza giuridica, da una maggiore semplicità e da una riduzione dei costi.
Appoggio l’idea sviluppata nella relazione che non si dovrebbero fare differenze tra prestatori pubblici e privati, che dovrebbero essere entrambi soggetti alle direttive sulla protezione dei consumatori.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato contro questa relazione perché, servendosi di argomenti quali “protezione dei consumatori” e “incertezza giuridica”, tenta in realtà di dare un’ulteriore spinta alla già considerevole deregolamentazione dei servizi, in particolare quelli pubblici, come ampiamente chiarito dal testo definitivo.
Se l’obiettivo fosse questa tanto agognata protezione dei consumatori, vi sarebbe stata una discussione più esauriente quanto ai motivi di un livello così basso di protezione dei consumatori e al significato di “incertezza giuridica”, ossia deregolamentazione dei mercati, privatizzazione dei servizi, precarietà dell’occupazione e del tenore di vita di lavoratori e consumatori. Sono queste misure, approvate in nome del “mercato unico” e delle “norme sulla concorrenza”, che hanno ridotto i diritti e reso più difficile l’accesso ai servizi più basilari.
Pertanto, concludere che sia necessario portare avanti e rafforzare queste politiche in nome della protezione dei consumatori, non solo è sleale ma è anche falso. Tanto più che la Commissione ha già annunciato la sua intenzione di procedere a una completa riformulazione e armonizzazione delle disposizioni in materia di diritti dei consumatori.
Un’effettiva protezione dei consumatori significa rompere con queste politiche e promuovere lo sviluppo di servizi pubblici di alta qualità che diano dignità al lavoro e ai lavoratori.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della relazione Lehtinen sui prestatori di servizi transfrontalieri e sono favorevole all’iniziativa di accrescere la fiducia dei consumatori in questo ambito. Il settore dei servizi costituisce quasi il 70 per cento del PIL europeo ed è in continua crescita. Tuttavia, i consumatori europei hanno poca fiducia nelle transazioni transfrontaliere e pertanto non sfruttano appieno le potenzialità del mercato interno. Il mio gruppo ritiene che i consumatori avrebbero più fiducia se gli obblighi dei prestatori di servizi fossero chiaramente disciplinati in tutta l’UE in modo da proteggerli adeguatamente.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) La direttiva sui servizi è poco chiara e farraginosa e lascia ampi poteri ai tribunali quanto alla sua attuazione. Ora abbiamo una relazione che dice esplicitamente no a ogni nuova legislazione nel settore dei servizi. Questo è bene ed eviterà ulteriori danni. Inoltre, il testo propone di consentire ai consumatori di avviare azioni giudiziarie collettive su base transfrontaliera e contiene alcune disposizioni sulla responsabilità delle aziende. Ciò mi porta a votare a favore della relazione nonostante la richiesta di nuove “iniziative”, cioè di leggi a livello dell’UE di cui non v’è necessità. Comunque, posso sempre votare contro quando queste ci saranno presentate...
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) E’ inaccettabile che un cittadino dell’Unione europea possa essere discriminato per motivi riguardanti la sua origine o la sua religione.
Le opinioni diffuse in alcuni Stati membri dell’UE indicano che la discriminazione è un fenomeno frequente. Sono ben noti gli esempi del passato delle discriminazioni – e della graduale assimilazione – subite dalla popolazione di lingua slovacca in Ungheria da parte dell’establishment di ogni colore politico – fascisti, comunisti, socialisti e militanti di destra – per cui oggi restano solo 37 000 cittadini che parlano slovacco rispetto ai 500 000 degli anni venti.
D’altra parte, i cittadini che migrano negli Stati membri dell’UE non dovrebbero creare nuovi insediamenti etnici, ma dovrebbero integrarsi completamente e far propri i principi di libertà e democrazia del paese che li ospita. Alcuni membri britannici di questo Parlamento hanno recentemente riportato che nel Regno Unito alcuni si sono presentati a una manifestazione pacifica indossando magliette con la scritta “non britannici bensì musulmani”.
La trasposizione delle direttive UE nell’ordinamento giuridico degli Stati membri deve rispettare i migliori criteri ed è giusto che gli Stati membri debbano notificare l’esistenza di disposizioni antidiscriminazione, anche se alcuni cittadini non le conoscono e hanno una scarsa coscienza in materia giuridica.
Koenraad Dillen (ITS). – (NL) Signor Presidente, il Parlamento europeo sta seguendo una rotta molto pericolosa con questa relazione Buitenweg, alla quale io e il mio gruppo abbiamo dato voto contrario. Perché il diritto dei cosiddetti organi di parità di trascinare la gente in tribunale combinato all’inversione dell’onere della prova nei contenziosi e in altre questioni relative al divieto di discriminazione porterà sicuramente secondo noi a una caccia alle streghe contro coloro che hanno un punto di vista diverso e critico. Perché questo è quanto. L’Europa vuole una nuova inquisizione contro chiunque non sia disposto ad accettare i suoi dogmi e la sua società multiculturale. Questo non ha niente a che vedere con la lotta alla discriminazione contro le minoranze; si tratta in verità di legalizzare un concetto accuratamente confezionato di correttezza politica.
Se vogliamo veramente combattere la discriminazione, dobbiamo occuparci della condizione delle donne all’interno della comunità musulmana in Europa o far pressione sulla Turchia per la sua palese discriminazione contro le minoranze religiose. Ma, naturalmente ciò non rientra nelle priorità del Parlamento europeo.
Robert Evans (PSE). – (EN) Signor Presidente, ho votato a favore di questa risoluzione perché credo nella parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dalle origini etniche. E credo anche nell’uguaglianza all’interno di questo Parlamento, quindi credo che sia diritto di ogni suo membro presentare emendamenti che non la sostengano. Tuttavia, mi stupisce la sfilza di emendamenti ai quali alcuni parlamentari hanno dato il proprio voto favorevole e che sono contrari al principio della parità di trattamento delle minoranze e mi stupisce anche che alcuni si siano astenuti.
Questo perché credo che il principio fondamentale dell’Unione europea consista nel rispetto delle minoranze e nel rispetto delle persone di ogni tipo di background e quindi penso che non possiamo che sostenerle.
Philip Bradbourn (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici appoggiano pienamente il principio della parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dalle origini etniche. Tuttavia, i conservatori si sono astenuti perché alcuni punti della relazione chiedono di trasferire l’onere della prova dall’accusatore all’accusato. Un elemento fondamentale del diritto del Regno Unito è il principio per cui si è “innocenti fino a prova contraria”. Pensiamo inoltre che l’Unione europea non debba in alcun modo lasciarsi coinvolgere nei procedimenti giudiziari degli Stati membri sovrani.
Charlotte Cederschiöld e Christofer Fjellner (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato a favore della relazione d’iniziativa elaborata dall’onorevole Buitenweg (A6-0278/2007) sull’applicazione della direttiva che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.
Riteniamo che sia importante lottare contro ogni forma di discriminazione nella società e pertanto accogliamo con favore la revisione da parte della Commissione dello stato di attuazione della direttiva in questione. Tale revisione rappresenta un valido contributo per determinare i miglioramenti da apportare per combattere la discriminazione.
Noi difendiamo la parità e quindi non siamo favorevoli alla richiesta della relatrice di un’azione positiva. Ci opponiamo decisamente alla registrazione e alla raccolta dei dati che mira a catalogare le persone in base alla razza o alle origini etniche. Poiché difendiamo il principio fondamentale dello stato di diritto, nutriamo inoltre timori quanto alla richiesta del rovesciamento dell’onere della prova, avanzata nella relazione.
Patrick Gaubert (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Sono soddisfatto dell’adozione di questa relazione che contiene osservazioni giuste ed equilibrate e che enumera esaurientemente i principali problemi riguardanti l’applicazione della direttiva. La relazione precisa giustamente che pochissimi nostri concittadini hanno una chiara conoscenza dei propri diritti e chiede una migliore diffusione dell’informazione presso di loro.
Sono in particolare favorevole all’idea di destinare risorse sufficienti agli organi di parità, che svolgono un ruolo determinante in questo ambito e debbono giustamente restare indipendenti.
La relazione constata con preoccupazione il mancato o incompleto recepimento della direttiva da parte di taluni Stati membri.
In merito al punto più sensibile, la raccolta dei dati, la relazione precisa che questa debba avvenire nel rispetto della privacy e al solo scopo d’individuare le discriminazioni di cui possono essere vittime le minoranze.
Trattandosi di un principio così fondamentale come quello della parità di trattamento, l’Europa non può semplicemente sostenere a parole, l’Europa non può accontentarsi di una legislazione di eccessiva tenuità, l’Europa non può accontentarsi di stare a guardare. E’ per questo che ho fortemente appoggiato questo testo in plenaria.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) A proposito del tanto decantato Anno europeo delle pari opportunità abbiamo già avuto occasione di sottolineare che nella discussione sulle pari opportunità la questione centrale è la garanzia dell’esercizio dei diritti.
In altre parole, la salvaguardia e l’applicazione del principio delle pari opportunità – segnatamente per quanto riguarda la non discriminazione basata sulla razza e le origini etniche, di cui parla la relazione – presuppone che sia garantito l’universale accesso e il pieno esercizio dei diritti fondamentali, come la sanità, l’alimentazione, l’istruzione, l’occupazione, i diritti sindacali e del lavoro, una giusta retribuzione, la cultura e lo svago, lo sport, la cittadinanza, la partecipazione civica e così via. Tuttavia, la relazione tocca appena questo aspetto che, a nostro avviso, è centrale.
E’ chiaramente necessario che ognuno abbia piena coscienza dei propri diritti e abbia la possibilità di intervenire e di ottenere appoggio qualora tali diritti siano calpestati, in particolare essendo garantito l’accesso libero e universale alla giustizia – un servizio pubblico fondamentale su cui si basa la democrazia – ma la necessità fondamentale è una profonda trasformazione sociale basata sulla lotta al capitalismo, che è la prima causa di disuguaglianza.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Do il mio appoggio alla relazione Buitenweg sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dalle origini etniche. La discriminazione basata sulla razza e sulle origini etniche, o invero quella basata su handicap, età, sesso, fede o religione, background culturale o orientamento sessuale, resta ancora troppo diffusa in tutta l’UE. I singoli Stati membri e l’UE nel suo insieme devono agire per eliminare la discriminazione in tutte le sue forme – a partire dagli incidenti per le strade fino all’abolizione dell’arcaico Act of Settlement dall’ordinamento giuridico del Regno Unito.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Do il mio appoggio alla relazione della collega, onorevole Buitenweg, sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dalle origini etniche.
Il razzismo è in conflitto con tutti i principi dell’Unione europea ed è sconvolgente constatare che il numero di attacchi razzisti registrato nell’Unione europea sia drammaticamente aumentato. E’ per questo che ritengo importante l’informazione in materia di leggi antidiscriminazione e di strumenti per affermare i propri diritti. Inoltre, concordo con la richiesta della relatrice che la Commissione controlli non solo il corretto recepimento della direttiva, ma consideri anche gli ostacoli esistenti in pratica.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Talvolta un parlamentare si trova con le spalle al muro nelle scelte che deve operare. Il voto su questa relazione ne è un esempio emblematico. Da una parte, abbiamo una relazione che vuole introdurre una legislazione che io ritengo fortemente dubbia in molte sue parti; d’altra parte, abbiamo gli emendamenti del gruppo ITS che in molti casi non pongono rimedio alla debolezza della relazione, ma propongono nuove e forse peggiori argomentazioni. E’ difficilmente possibile votare per il contributo del gruppo ITS e pertanto ho deciso di astenermi.
E’ indubbio che la discriminazione permanga un problema diffuso in Europa e un fenomeno difficile da debellare. Non nego che vi possano essere buoni motivi per discutere come affrontare congiuntamente la questione a livello intergovernativo. Tuttavia, nella fattispecie si tratta di una legislazione che va molto avanti e che si basa su un principio giuridico molto lontano dalla nostra mentalità. L’azione positiva è in sé un metodo dubbio, ma registrare i dati relativi alla razza di una persona – una condizione necessaria per garantire che tale azione possa essere messa in atto – è inaccettabile sia da un punto di vista morale cheda quello della salvaguardia dell’integrità personale. Allo stesso modo, vi sono valide ragioni per nutrire riserve quanto all’inversione dell’onere della prova. Sono convinta che il nostro sistema giudiziario, basato sul principio della presunzione d’innocenza fino a prova contraria, debba essere difeso a prescindere dal fatto che l’intenzione iniziale possa essere stata lodevole.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Voto a favore della relazione dell’onorevole Buitenweg sull’attuazione del principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dalle origini etniche.
La relatrice, onorevole Buitenweg, ha elaborato un’eccellente relazione. Nonostante i progressi compiuti nel recepimento delle direttive antidiscriminazione, il numero delle vittime della discriminazione non è ancora diminuito.
Rendere più facile la difesa dei propri diritti in tribunale e agevolare l’assistenza nei procedimenti giudiziari sono aspetti molto rilevanti e che sono stati trattati dalla relatrice.
Credo anche che sia importante mettere a disposizione dei cittadini dell’UE un’informazione ampiamente diffusa, giacché i diritti servono a poco se le persone non li conoscono o se non sanno come esercitarli. Per affrontare questa situazione sul posto di lavoro, in Polonia i datori di lavoro sono stati obbligati a informare i loro impiegati sulla legislazione antidiscriminazione.
Dobbiamo far sì che, nel contesto dell’Anno europeo delle pari opportunità, sia le Istituzioni dell’UE sia gli Stati membri si adoperino per garantire che ogni cittadino europeo sia al corrente dei propri diritti.
Glyn Ford (PSE). – (EN) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Kauppi sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea. L’Europa ha aperto la strada verso una situazione in cui sono stati compiuti enormi passi avanti in materia di parità in tutta l’Unione.
Un ambito in cui sono stati compiuti i maggiori progressi è quello dei servizi di protezione civile, in particolare i vigili del fuoco. Tuttavia, nella mia circoscrizione elettorale, nonostante la massiccia protesta della Fire Brigades Union e dei cittadini, tali progressi sono stati messi a repentaglio dal fatto che il consiglio di contea, a maggioranza liberale, sta minacciando di tagliare 700 000 sterline dal bilancio, ponendo fine alla copertura di 24 ore su 24 assicurata dalle due ultime stazioni antincendio di Camborne e Falmouth, mentre d’altra parte ha deciso di stanziare 1 milione di sterline in più all’anno per le indennità.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Sono lieta di constatare che quattro delle cinque proposte da me presentate a nome del nostro gruppo per la votazione in plenaria e facenti parte del mio parere adottato dalla commissione per l’agricoltura siano state approvate.
Richiamo l’attenzione sull’elevato livello di povertà e d’isolamento che colpisce le donne in alcune zone rurali e sottolineo la necessità di misure efficaci atte a garantire pari opportunità per le donne, che devono essere un obiettivo centrale di tutti gli strumenti della politica agricola comune (PAC) e delle altre politiche comunitarie rilevanti.
E’ stato anche importante che si sia ritenuto indispensabile migliorare la qualità della vita delle donne che vivono nelle zone rurali, garantendo loro un più facile accesso all’istruzione e alla formazione professionale, all’istruzione lungo tutto l’arco della vita, alle nuove infrastrutture dei media, a efficienti e adeguati servizi pubblici sanitari di prossimità e a infrastrutture e strumenti di sostegno all’infanzia e alla famiglia, soprattutto asili nido, asili per l’infanzia, scuole, centri culturali e mercati di prossimità.
Insisto inoltre sulla parità tra donne e uomini nel settore agricolo e invito l’Eurostat a includere nelle sue statistiche queste categorie, dando così maggiore visibilità al lavoro svolto dalle donne.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La Junilistan ritiene che la parità tra donne e uomini sia una questione democratica fondamentale che deve avere la priorità in tutti i paesi del mondo.
La relazione contiene molte proposte su come raggiungere tale parità, di cui alcune incentrate su misure di politica occupazionale, sulla partecipazione delle donne alla vita politica e su piani di formazione di vario tipo. Tuttavia, emerge chiaramente che, come di consueto, si tratta di aumentare le risorse finanziarie dell’Unione e il suo potere di lanciare costose campagne sotto l’egida dell’Unione. Le Istituzioni dell’UE non sono gli organi adatti per questo tipo di questioni. Spesso l’armonizzazione si traduce in un passo a ritroso per i paesi più avanzati, giacché la base di partenza varia enormemente da un paese all’altro.
La parità tra donne e uomini deve essere un obiettivo per cui tutti gli Stati membri devono combattere, ma la questione deve essere trattata a livello nazionale. Abbiamo deciso di votare contro questa relazione poiché l’intenzione è quella di estendere i poteri dell’UE a scapito della sovranità degli Stati all’interno dell’Unione europea.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto per la parità tra donne e uomini.
Anche se la Commissione sta lavorando per la parità tra donne e uomini, sono necessari sforzi e misure ulteriori perché finora non vi sono stati notevoli progressi quanto all’applicazione del principio della parità di retribuzione per lavoro di pari valore.
Chiedo retribuzioni neutrali rispetto al genere e chiedo di promuovere sia il congedo parentale per gli uomini che il congedo di paternità. Inoltre, gli Stati membri devono adottare misure pratiche atte a combattere le ineguaglianze tra donne e uomini causate dall’interruzione della carriera (per esempio, per maternità o per assistenza a persone a carico).
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Signor Presidente, voto a favore della relazione dell’onorevole Kauppi sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea.
L’onorevole Kauppi nella sua relazione chiede agli Stati membri di combattere le ineguaglianze tra uomini e donne in materia d’occupazione.
Le ineguaglianze sono soprattutto evidenti nell’ambito del lavoro. La differenza media tra i salari di donne e uomini nell’UE è del 15 per cento e in alcuni paesi arriva al 30 per cento. Il 32 per cento delle donne svolge un lavoro a tempo parziale rispetto al 7 per cento degli uomini.
Occorre prestare attenzione alla condizione delle donne immigrate e appartenenti a minoranze etniche, delle anziane e delle madri singole, che sono emarginate e discriminate in molti ambiti della vita.
Occorre lottare contro gli stereotipi di genere nell’ambito del lavoro, della scuola e dei mass media. Sarebbe anche bene predisporre campagne d’informazione in modo che le donne possano affrontare in prima persona le situazioni che offendono la loro dignità.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato la relazione dell’onorevole Kauppi, perché incita fortemente la Commissione europea a sviluppare un’analisi e un approccio integrato della parità tra i sessi per quanto riguarda l’impatto delle riforme pensionistiche sulla vita delle donne nell’Unione europea, al fine di individualizzare i diritti pensionistici, i regimi di sicurezza sociale nonché i regimi fiscali.
Essendo stata relatrice nel 1997 sulla situazione dei coniugi coadiuvanti nelle PMI e nell’agricoltura, vorrei sottolineare che dieci anni dopo siamo ancora in attesa di un proposta della Commissione europea per rafforzare la direttiva del 1986 e creare un quadro europeo per lo status dei coniugi coadiuvanti, queste decine di milioni di lavoratrici invisibili che spesso non hanno sessuna copertura sociale contro la malattia, l’invalidità e la vecchiaia, soprattutto in caso di divorzio.
Spero che la Commissione faccia infine il suo dovere in questo ambito e che dia un seguito concreto a questa risoluzione.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggio questa relazione che propone politiche per l’uguaglianza di genere in quanto strumento fondamentale affinché l’Europa possa cogliere la chiara dimensione di genere della sua sfida demografica.