Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) L’armonizzazione e l’affidabilità delle informazioni e dei dati raccolti in merito alle attività marittime sono di fondamentale importanza per il settore della pesca ed è opportuno sostenere tutti gli sforzi volti ad accrescerne la qualità.
Alla luce delle attuali esigenze del settore e delle problematiche relative all’ecosistema, la Commissione europea ha proposto che il regolamento (CE) n. 1543/2000 del Consiglio venga emendato mentre la proposta di un regolamento del Consiglio, relativo a un nuovo quadro comunitario per la raccolta, la gestione e l’utilizzo dei dati nel settore della pesca, viene sottoposta al vaglio del Parlamento europeo.
Pertanto, è necessario emendare l’esistente regolamento (CE) n. 1543/2000 del Consiglio, per evitare una sovrapposizione tra il vecchio e il nuovo regolamento.
La presente proposta della Commissione, che apporta tutte queste modifiche necessarie e logiche ed è stata approvata all’unanimità in seno alla commissione per la pesca, merita ora il mio voto favorevole in plenaria.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione che approva la proposta della Commissione di emendare (e preparare l’abrogazione del) regolamento n. 1543/2000 (un quadro comunitario per la raccolta e la gestione dei dati essenziali all’attuazione della politica comune della pesca). L’obiettivo della Commissione è presentare nel 2008 un regolamento nuovo e più completo per la raccolta dei dati. Questo emendamento agevola la transizione eliminando l’attuale richiesta di presentare programmi nazionali della durata di sei anni, dal 2007 al 2012, per la raccolta e la gestione dei dati, e introduce invece la richiesta di elaborare programmi transitori che coprano gli anni 2007 e 2008.
Gerard Batten, Godfrey Bloom, Derek Roland Clark, Roger Knapman, Michael Henry Nattrass (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’UKIP auspica l’abolizione della politica agricola comune. Pertanto, in nessun caso potremmo votare a favore di una relazione che attribuisce ancora maggior potere a una commissione di cui non riconosciamo la legittimità.
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Chatzimarkakis, che mira a migliorare la trasparenza e l’esecuzione budgetaria della PAC, ovvero a identificare i beneficiari degli aiuti all’agricoltura.
Ritengo che la legittimità della PAC, una delle maggiori voci di spesa dell’UE, sia troppo spesso messa in dubbio a causa dell’opacità che caratterizza la gestione degli aiuti all’agricoltura. Questa relazione ha il merito di chiarire la situazione.
Mi compiaccio della pubblicazione su Internet di tutte le liste nazionali dei beneficiari diretti degli aiuti UE, nonché dei collegamenti che verranno istituiti tra le pagine web della Commissione e gli organismi pagatori degli Stati membri.
Tuttavia, questo controllo del finanziamento della PAC dev’essere effettuato nel più rigoroso rispetto delle normative in materia di protezione dei dati. E’ per questa ragione che ho votato contro gli emendamenti volti a imporre l’iscrizione o la registrazione degli utenti che consultassero tali dati, poiché la trasparenza dev’essere garantita in entrambi i sensi.
Sono convinta, inoltre, che i dati relativi ai pagamenti del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale debbano essere scomposti, al fine di identificare i maggiori beneficiari.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Consideriamo essenziale la necessità espressa nella proposta della Commissione, ed evidenziata nella relazione parlamentare, di incrementare la trasparenza sia in merito al finanziamento della politica agricola comune, sia in merito alle specifiche dei conti relative alle procedure di spesa delle istituzioni dell’Unione europea. Altrettanto essenziale è il rafforzamento del controllo sul bilancio. Tuttavia, manifestiamo il nostro disappunto per la portata limitata della proposta e per il fatto che il Parlamento europeo non ha dimostrato un atteggiamento sufficientemente ambizioso nella sua relazione e nei suoi emendamenti.
Siamo del parere che alcune proposte non abbiano alcuna applicazione pratica e limitino invece le libertà e le garanzie dei cittadini, come, ad esempio, la richiesta che “coloro che utilizzano o esaminano i dati [in Internet] provvedano a firmare o a iscriversi”. In aggiunta, sia nella proposta della Commissione, sia nella relazione del Parlamento, vi sono alcune ambiguità relative alla pubblicazione delle informazioni. Fin dall’inizio, è stata avanzata la proposta di stipulare in futuro “una valutazione dei vantaggi o meno della pubblicazione di tali dati”. Un altro punto controverso è il rafforzamento del potere di controllo della Commissione sugli Stati membri.
Infine, riteniamo che il sistema migliore per aumentare “la trasparenza e la pubblica comprensione della politica agricola comune” – obiettivo già espresso nella proposta della Commissione – sia attuare una revisione completa.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La proposta della Commissione di apportare alcuni emendamenti al regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, relativo al finanziamento della politica agricola comune (PAC) è necessaria per rendere più trasparente tutto il processo.
Io ritengo che una maggiore trasparenza, associata a un utilizzo migliore dei fondi agricoli, possa servire per dissipare la sfiducia della popolazione europea nei confronti della PAC e delle istituzioni comunitarie.
Voterò quindi a favore della relazione dell’onorevole Chatzimarkakis, che ribadisce la posizione della Commissione apportando alcuni emendamenti, a mio parere, pertinenti
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che propone una serie di miglioramenti volti ad aumentare la trasparenza della PAC, fra cui la richiesta di pubblicare su Internet liste nazionali dei beneficiari delle sovvenzioni agricole dirette. Il Regno Unito attua già questo provvedimento e vorrei che lo facessero anche altri Stati. La relazione chiede inoltre di prendere provvedimenti più rigidi in caso di mancato rispetto delle disposizioni sulla pubblicazione ed esorta all’inserimento delle norme sulla protezione dei dati nel regolamento stesso della Commissione.
Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. − (DE) Ovunque, i nostri onesti agricoltori, il sale della nostra terra, annaspano in un mare di burocrazia inutile, sono soggetti a sorveglianza satellitare e guai a loro se un recinto è spostato un po’ troppo a destra o a sinistra. E’ arrivato il momento di affrontare la situazione con un po’ di umanità, invece di aggredire i coltivatori indefessi con l’inconcludente manganello della burocrazia. Sono le pecore nere che si inventano interi campi e fattorie e che causano la BSE e altri scandali a dover essere individuate.
Tuttavia, è assurdo affermare che l’aumento dei prezzi potrebbe giustificare un taglio delle sovvenzioni. Gli agricoltori biologici austriaci guadagnavano circa sette scellini – l’equivalente di 95 centesimi – per un litro di latte prima dell’adesione alla moneta unica. Oggi guadagnano solo 30 centesimi, il che significa che stanno perdendo migliaia di euro e allo stesso tempo, devono sopportare il fardello di regolamenti burocratici in continuo cambiamento che rendono la loro vita ancora più difficile.
La prospettiva di una “verifica” della PAC deve servire quindi solamente a creare un quadro normativo migliore, più affidabile e duraturo e non a portare avanti riforme con la forza, inducendo i pochi agricoltori che ci restano a gettare la spugna. In previsione del massiccio abbandono delle campagne che attende l’Europa, l’idea di impiegare i finanziamenti agricoli inutilizzati per l’attuazione di progetti prestigiosi come Galileo è da bocciare con determinazione. Dobbiamo preservare a ogni costo la nostra capacità di autosufficienza senza consegnarci nelle mani delle aziende di biotecnologie genetiche.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) La relazione dell’onorevole Jorgo Chatzimarkakis rafforza ulteriormente l’iniziativa della Commissione di incrementare la legittimità delle politiche comunitarie attraverso la pubblicazione dettagliata delle procedure di spesa e il miglioramento del controllo sulla contabilità e sui bilanci nel settore agricolo, e queste sono solo alcune delle misure derivate da numerosi cambiamenti.
Ho sostenuto le parti della relazione volte ad aumentare la trasparenza relativa all’impiego dei fondi comunitari e alla pubblicazione delle informazioni sui beneficiari dei finanziamenti. Concordo inoltre con la necessità che gli Stati membri provvedano alla pubblicazione annuale ex post, via Internet, dei beneficiari di stanziamenti del FEAGA e del FEASR e degli importi percepiti da ogni beneficiario per ciascuno di tali Fondi.
Tuttavia, mi sono opposto al provvedimento in base al quale coloro che utilizzano o esaminano i dati devono firmare o iscriversi in un registro, poiché questa norma è in contrasto con il principio svedese del diritto all’anonimato, relativo all’uso di informazioni pubbliche.
La mia intenzione di votare contro l’emendamento n. 20, in base al diritto svedese che garantisce pubblico accesso a documenti ufficiali, è stata inserita a verbale, dopo un errore di votazione da parte mia.
Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’UKIP si è astenuto dalla votazione in merito a questa relazione, poiché non riconosce la legittimità del Parlamento; la nostra astensione non ha nulla a che vedere con i contenuti della relazione.
L’UKIP auspica l’abolizione della politica agricola comune. Pertanto, in nessun caso potremmo votare a favore di una relazione che attribuisce ancora maggior potere a una Commissione di cui non riconosciamo la legittimità.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) I negoziati condotti dalla Commissione europea in virtù del mandato ricevuto dal Consiglio si prefiggono l’obiettivo principale di istituire uno spazio aereo liberalizzato tra l’UE e gli Stati Uniti, al di là degli accordi bilaterali attualmente esistenti tra singoli Stati membri e gli Stati Uniti. Lo scopo è quello di creare un mercato unico liberalizzato per il trasporto aereo tra l’UE e gli USA, “all’interno del quale gli investimenti possano muoversi liberamente e le compagnie aeree europee e degli Stati Uniti siano in grado di fornire servizi aerei senza alcuna restrizione, anche nel mercato domestico di ciascuna regione”.
L’obiettivo dell’UE è quello di assicurarsi reciprocità da parte degli Stati Uniti, in merito alla liberalizzazione del trasporto aereo, in particolare rispetto alla rimozione “delle attuali restrizioni giuridiche in materia di proprietà e controllo delle compagnie aeree degli Stati Uniti e in materia di cabotaggio” e anche in relazione al “diritto di stabilimento” e agli “aiuti di Stato”.
Ecco perché ribadiamo che dovrebbero essere gli Stati membri e non la Comunità a concludere questo tipo di accordo, tanto più che si tratta di una questione di tale importanza strategica da “poter fungere da esempio per un’ulteriore liberalizzazione e convergenza normativa a livello globale”. Noi, pertanto, confermiamo la nostra contrarietà alla liberalizzazione di questo importante servizio pubblico in ciascun paese.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione sulla proposta di decisione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, riuniti in sede di Consiglio, concernente la firma e l’applicazione provvisoria dell’accordo sui trasporti aerei tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e gli Stati Uniti d’America, dall’altro [8044/3/2007 – COM(2006)0169 – C6-0210/2007 – 2006/0058(CNS)].
L’onorevole El Khadraoui ha giustamente sottolineato l’importanza di creare uno spazio aereo liberalizzato tra l’UE e gli Stati Uniti, che permetta la realizzazione di un mercato unico per il trasporto aereo tra l’Unione europea e gli Stati Uniti. Concordo nel ritenere che questo consentirebbe agli investimenti di muoversi liberamente e alle compagnie aeree europee e degli Stati Uniti di fornire servizi aerei senza alcuna restrizione, anche nel mercato domestico di ciascuna regione. Questo rappresenta, a mio avviso, un enorme passo avanti.
Trovo sia stato assolutamente opportuno sollevare la questione della tutela ambientale in questo contesto. Il settore dell’aviazione esercita diversi effetti negativi sull’ambiente, in particolare in quanto fonte di rumore e corresponsabile del cambiamento climatico. Pertanto sono favorevole alla disposizione che esorta sia l’UE che gli Stati Uniti ad adottare misure efficaci per la riduzione dell’impatto ambientale del trasporto aereo.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione che promuove progetti per liberalizzare accordi fra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America nel settore dei trasporti aerei. Ciò riequilibra i giochi per le compagnie aeree europee che volano negli Stati Uniti e dovrebbe agevolare la pianificazione di rotte più razionali portando a un miglioramento nei servizi e a voli più efficienti. L’aumento del numero delle potenziali tratte transatlantiche potrebbe inoltre comportare una riduzione delle tariffe per i passeggeri.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La firma dell’accordo è volta a soddisfare esigenze a lungo disattese su entrambi i lati dell’Atlantico, con chiari benefici per gli utenti, derivanti da un’ulteriore liberalizzazione e convergenza normativa a livello globale. Per l’UE, esso servirà anche a garantire la conformità con la normativa comunitaria.
Pertanto, il lavoro svolto per giungere alla firma di questo accordo merita il nostro plauso, poiché il nuovo quadro giuridico assicura un’ampia coesione in merito alla creazione di un mercato transatlantico integrato dell’aviazione, a vantaggio sia dei consumatori sia delle compagnie aeree.
Tuttavia, leggendo l’accordo, appare evidente che la rimozione delle restrizioni relative al controllo estero delle compagnie aeree statunitensi è, in qualche modo, sproporzionata e che il cabotaggio non è stato incluso. Dunque, la proposta del Parlamento europeo di inserire in questo approccio graduale stadi e scadenze progressive per la firma e le ripercussioni di eventuali non conformità è di fondamentale importanza e merita il nostro plauso. Inoltre, sono state presentate delle condizioni per il ripristino della piena reciprocità all’interno del mercato dell’aviazione UE-Stati Uniti, laddove i negoziati non raggiungano il livello di equilibrio auspicato da entrambe le parti.
In sintesi, si tratta di un primo, positivo passo verso obiettivi che non sono ancora stati raggiunti.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Sono convinto che sussista la concreta necessità di un simile accordo, ma deve essere rispettato da entrambe le parti. Gli aeroporti nel sudest dell’Inghilterra hanno dovuto aprire “slot aerei” per le compagnie statunitensi e potenzialmente per molte altre, ma lo stesso non si è verificato negli Stati Uniti. Alle compagnie aeree dell’Unione europea non sono garantite le “libertà dell’aria” per i voli all’interno degli Stati Uniti, ciò significa che aeromobili decollati da Gatwick alla volta di New York non possono volare a Los Angeles, per contro, aeromobili statunitensi diretti a Gatwick possono raggiungere qualunque destinazione europea. Parimenti, non si riscontra alcun ammorbidimento delle norme relative alla proprietà di azioni di compagnie aeree statunitensi da parte di cittadini stranieri.
Si riscontra quindi un evidente squilibrio nell’accordo di prima fase e tale squilibrio, a sfavore dell’UE, dev’essere sanato con urgenza nei negoziati di seconda fase. Tenterò di rafforzare la nostra posizione in sede di dialogo transatlantico con i legislatori.
– Relazione: Alain Lamassoure, Adrian Severin (A6-0351/2007)
Philip Claeys (ITS). – (NL) Signora Presidente, non intendo ribadire la discussione di ieri. Ho già spiegato che per noi la relazione Lamassoure equivale a mettere il carro davanti ai buoi, poiché non disponiamo ancora di un valido trattato di transizione, non abbiamo ancora un nuovo trattato. Il problema di questa relazione è che fa riemergere il tipico spauracchio degli eurofederalisti, ovvero lo spettro di liste transnazionali, sulla base delle quali verrebbero eletti alcuni deputati del Parlamento europeo. Ebbene, io continuo a partire dal presupposto che noi in quest’Aula siamo rappresentanti del nostro elettorato negli Stati membri, della nostra popolazione negli Stati membri, e non di meri cittadini astratti dell’Unione europea.
Ryszard Czarnecki (UEN). - (PL) Signora Presidente, io ritengo che una casa debba essere costruita dal basso verso l’alto, a partire dalle fondamenta, e non viceversa, che, tuttavia, è ciò che propone, di fatto, la relazione degli onorevoli Lamassoure e Severin. Il Trattato sull’Unione europea costituisce le fondamenta. Ma il Trattato dev’essere prima ratificato e credo che tale ratifica avrà luogo entro le prossime settimane. Questa è una delle ragioni per cui ho votato contro la relazione, sebbene contenga svariati aspetti positivi. Un’altra ragione alla base del mio voto contrario è che non sono d’accordo sul fatto che il mio paese venga rappresentato da ben tre deputati in meno rispetto al numero attuale. Il numero di deputati polacchi, infatti, verrebbe ridotto da 54 a 51. Queste sono le motivazioni che mi hanno spinto a votare contro questa relazione.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE). - (ES) Ieri ho presentato la mia dichiarazione di voto per iscritto e mi è stato risposto che era ancora in fase di esame. Detto questo, il mio nome è Irujo Amezaga. “Amenaza” significa una cosa del tutto diversa in spagnolo, ovvero “minaccia” e io non costituisco ancora, almeno non credo, una minaccia.
Comunque sia, la mia dichiarazione di voto riguardava la relazione Lamassoure. Ho votato contro questa relazione, pur riconoscendo la complessità della tematica relativa alla composizione del Parlamento europeo. Il mio emendamento in merito ai collegi sovrastatali, a riconoscimento delle realtà politico-culturali che valicano i confini degli attuali Stati membri, è stato respinto in sede di commissione. Se davvero auspichiamo un’Unione del popolo europeo, come sancito nel trattato UE, allora questo Parlamento dovrebbe aprirsi ad altri tipi di realtà.
Presidente. − Chiedo scusa per la mia pronuncia – continuo a prendere lezioni di spagnolo.
Jim Allister (NI), per iscritto. − (EN) Riguardo alla futura composizione del Parlamento europeo, ho votato contro il tentativo ingiustificato (emendamento n. 26) di portare il numero dei rappresentanti della Repubblica d’Irlanda a 13. L’Irlanda del Nord conta una popolazione di 1,7 milioni di abitanti ed è rappresentata da tre parlamentari europei. La Repubblica d’Irlanda conta una popolazione di 4,3 milioni di abitanti eppure, in base all’emendamento n. 26, disporrebbe di 13 deputati nel Parlamento europeo, ossia un rappresentante ogni 333 000 abitanti, mentre per l’Irlanda del Nord il rapporto fra deputati europei e abitanti è di uno ogni 630 000 persone. E’ evidente che la Repubblica d’Irlanda gode già di una buona rappresentanza e dovrebbe ritenersi già fortunata a detenere 12 seggi in Parlamento.
Jan Andersson, Göran Färm e Inger Segelström (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato a favore della relazione. Riteniamo che il principio della proporzionalità degressiva sia ragionevole e abbia buone possibilità di essere sostenuto dai capi di Stato e di governo dell’UE. Le altre proposte avanzate non hanno realistiche possibilità di essere approvate nel corso del Vertice. La relazione attribuisce alla Svezia 20 seggi, anziché i 18 che otterremmo se venisse applicato il trattato di Nizza. E’ essenziale che il trattato venga adottato, altrimenti verrebbe applicato quello di Nizza, in virtù del quale tutti gli Stati membri, tranne la Germania, perderebbero seggi.
Restano da esaminare le questioni relative alla definizione del concetto di cittadino e della base di popolazione funzionale alla distribuzione dei seggi.
Siamo molto scettici riguardo alle liste transnazionali per le elezioni del Parlamento europeo. Se la questione venisse approfondita, tuttavia, potremmo approvarle.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione redatta dai colleghi Alain Lamassoure e Adrian Severin sulla composizione del Parlamento europeo. Entrambi erano consapevoli che l’attuale composizione del PE, stabilita dall’atto di adesione di Bulgaria e Romania nel 2005, doveva essere modificata, anche se questo avesse significato tornare alle disposizioni del trattato di Nizza.
Mi congratulo con l’onorevole Alain Lamassoure per lo sforzo di compattamento della sua famiglia politica e mi rammarico del fatto che una serie di posizioni nazionalistiche, contrarie alle decisioni del Consiglio, abbiano comportato discussioni pesanti, fino alla mediazione dell’Assemblea plenaria. Tale dibattito ha permesso di mettere in luce la portata degli egoismi nazionali.
Sebbene abbia alcune riserve sull’idea di considerare la possibilità di eleggere alcuni deputati europei sulla base di liste transnazionali, sono molto soddisfatto dell’allegato 2 della risoluzione, che prevede che la CIG richieda al Parlamento europeo un progetto, volto all’elezione dei suoi deputati per suffragio universale diretto, che definisca in modo più preciso il concetto di “cittadini”, di cui all’articolo 9 A, paragrafo 2, del Trattato UE. In effetti, la nozione di cittadino europeo dev’essere meglio specificata.
Gerard Batten, Godfrey Bloom, Derek Roland Clark, Michael Henry Nattrass, Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Ho votato contro l’emendamento n. 25 poiché a mio avviso, fintanto che il Regno Unito sarà uno Stato membro dell’Unione europea, il numero dei deputati che lo rappresentano non dovrà essere in alcun modo ridotto. Di conseguenza, votare a favore di 74 parlamentari significherebbe votare a favore della riduzione di quattro deputati. Nello spirito del proposto principio di “proporzionalità degressiva”, che deve essere ancora delineato, piccole nazioni e microstati godrebbero di una rappresentanza sproporzionata rispetto agli Stati più grandi, come il Regno Unito, che per contro potrebbero contare su un numero insufficiente di deputati. Se consideriamo che dal 2004 il Regno Unito ha accolto una massiccia affluenza di immigrati dai paesi dell’Europa dell’est e che attualmente costoro godono del diritto di voto per il Parlamento europeo, il numero dei deputati europei del Regno Unito dovrebbe quanto meno restare invariato a 78, se non addirittura essere aumentato.
Colm Burke, Avril Doyle, Jim Higgins, Mairead McGuinness e Gay Mitchell (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Durante la votazione sulla relazione Lamassoure, abbiamo votato a favore di un’equa distribuzione dei seggi tra gli Stati membri e in particolare per i 13 seggi destinati all’Irlanda. Nel corso di tutto questo processo, infatti, ci siano battuti perché al nostro paese venissero assegnati 13 seggi.
Le argomentazioni a favore sono ben note. In Irlanda, abbiamo una popolazione in rapido aumento – siamo la popolazione europea che cresce più rapidamente, sia in termini di incremento naturale, sia di crescita complessiva. Siamo anche uno dei paesi che ha subito maggiori perdite, proporzionalmente, con il trattato di Nizza, in termini di seggi al Parlamento europeo.
Purtroppo, il governo irlandese ha fatto ben poco per sostenere la nostra campagna volta al mantenimento degli attuali 13 seggi.
Il nostro voto di oggi ci garantirà, quantomeno, che il numero di seggi attribuiti all’Irlanda non scenda al disotto dei 12 per il prossimo mandato, con riserva di effettuare una revisione complessiva prima del 2014, che dirima la controversa questione dell’utilizzo di “popolazione” o “cittadini” come base statistica per il calcolo dei deputati assegnati a ciascuno Stato membro.
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Lamassoure concernente la distribuzione dei seggi al Parlamento europeo dopo le elezioni legislative del 2009. Questa nuova distribuzione equilibra il numero dei seggi secondo l’evoluzione della popolazione degli Stati membri. Mi compiaccio del fatto che la Francia benefici di due deputati in più, rispetto a quanto previsto dal rivisto trattato di Nizza.
Sono, inoltre, favorevole all’idea di rivedere questa nuova ripartizione molto prima dell’inizio della legislatura 2014-2019, al fine di elaborare un sistema equo e oggettivo per la distribuzione dei seggi in seno al Parlamento europeo, che tenga conto dei cambiamenti all’interno della popolazione ed eviti il consueto mercanteggiare fra Stati membri.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. − (PT) I deputati eletti dal Partito socialdemocratico (SDP), pur non considerandola una soluzione perfetta, poiché non impone ulteriori negoziati nel contesto di futuri allargamenti, sostiene la relazione dell’onorevole Lamassoure sulla composizione del Parlamento europeo, per tre ragioni:
1. Alcuni Stati membri non sono d’accordo con la semplice definizione dei principi generali e richiedono, come conditio sine qua non per l’approvazione, la rigorosa definizione della composizione del PE, prima di accettare il Trattato di riforma. Questo potrebbe compromettere la principale priorità della Presidenza portoghese del Consiglio.
2. L’onorevole Lamassoure ha proposto un equilibrato compromesso, che prevede un limite minimo a garanzia della pluralità della rappresentanza dei paesi più piccoli e che tiene conto delle dimensioni demografiche degli altri Stati, mediante un principio di proporzionalità degressiva, che assicura un rapporto equo tra i paesi.
3. Così facendo, blocca gli inammissibili tentativi dei deputati tedeschi, polacchi, spagnoli e italiani di rafforzare il peso degli Stati più popolosi riducendo la rappresentanza di Stati di medie proporzioni come il Portogallo.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Mi vedo costretto a esprimere la mia apprensione per il principio insito nel concetto stesso di presentare questa relazione in plenaria. Chiamare un Parlamento a decidere le basi della sua stessa composizione è, a mio avviso, fondamentalmente sbagliato. Come ha detto un collega irlandese nel corso della discussione: “I tacchini non votano per il Natale”.
Faccio parte di questo Parlamento dal 1984, quando i deputati erano 434, oggi ne abbiamo 785. A ogni incremento del numero dei parlamentari, i gruppi di lavoro, le commissioni e le plenarie sono diventati farraginosi e sempre più inefficienti. Ebbene, oggi si vuole istituzionalizzare tutto questo tramite una supposta “riduzione” dei deputati a 750, un numero troppo esagerato – del 30-40 per cento – per poter essere efficace, a meno che non ci vogliamo allineare alle proporzioni ampiamente ornamentali del Congresso nazionale del popolo cinese, che vanta ben 3 000 deputati.
L’altra anomalia che mi colpisce è che, mentre ci viene consentito di determinare la nostra composizione, ovvero di prendere una decisione istituzionale di fondamentale importanza per l’insieme delle istituzioni europee e per l’Unione stessa, non ci è permesso scegliere il nostro luogo di ritrovo, a causa dell’opposizione di uno Stato membro, e ci veniamo invece “ricacciati” nella città di Strasburgo che è piena di amianto.
Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), per iscritto. − (PL) Mi dispiace che non sia stato possibile trovare una soluzione nuova e definitiva per il problema della distribuzione dei seggi in seno al Parlamento europeo tra i vari Stati membri dell’Unione. L’attuale metodo di ripartizione è temporaneo e valido soltanto per la prossima legislatura.
Il metodo utilizzato per la distribuzione dei seggi non è chiaro e comprensibile agli occhi dei cittadini europei. Oltre all’applicazione del principio di proporzionalità degressiva, anche i criteri politici hanno avuto un peso importante sulla ripartizione dei seggi in Parlamento e questo, a scapito della rappresentanza dei cittadini, che dovrebbe essere, in realtà, il criterio principe. Inoltre, la proposta distribuzione dei seggi si basa sul numero degli abitanti di un determinato Stato membro e non sul numero di cittadini dello Stato stesso. Il mio paese, la Polonia, per esempio, verrebbe penalizzato a causa della temporanea migrazione economica di circa due milioni di cittadini polacchi, attualmente occupati in altri Stati membri dell’Unione. Tra l’altro, è bene sottolineare che è un paradosso, dal momento che l’UE incoraggia la mobilità dei lavoratori.
Vorremmo ribadire il nostro monito riguardo all’eccessiva complessità dei principi che governano la nostra Unione agli occhi dei cittadini, i quali, di conseguenza, si sentono sempre più diffidenti nei confronti delle istituzioni comunitarie.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Siamo fermamente contrari all’idea di un’unica circoscrizione che attraversi l’intera UE, nel quadro della quale vengano eletti forse il 10 per cento dei deputati al Parlamento europeo. Creare una circoscrizione europea separata è un tentativo artificioso di creare un demos europeo. Non esiste alcuna arena politica comune in Europa con media e discussioni che coprano tutti gli Stati membri. Ciascun paese ha la propria agenda politica. Il tentativo di abbattere le barriere del linguaggio e della tradizione, creando partiti europei, completamente dipendenti da contributi europei, è destinato a fallire.
Non dimentichiamo che il 54,4 per cento degli elettori è rimasto a casa in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo del 2004. Il “partito degli astenuti” è il più grande nelle elezioni europee. Nemmeno nei nuovi Stati membri c’è entusiasmo per le elezioni per il Parlamento europeo. In Slovacchia, l’affluenza è stata del 16,96 per cento nel 2004.
A seguito di qualsiasi allargamento dell’UE a paesi come l’Ucraina e la Turchia, gli attuali Stati membri si vedranno ridurre il numero di delegati. Questo penalizza i gruppi più piccoli e riduce la diversità politica. Non resterà più posto per i partiti regionali o minoritari in seno al Parlamento europeo.
Democratici cristiani conservatori (PPE-DE) e socialisti (PSE) sembrano avere il celato intento di cercare di creare un sistema bipartitico all’interno del Parlamento europeo.
Pertanto, votiamo a favore di questa relazione non perché sia eccelsa, ma perché costituisce un miglioramento.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Dobbiamo essere molto chiari discutendo di questa materia, poiché le cifre sono tante:
1. La proposta significa che, dal 1999, il Portogallo è passato, in un primo momento, da 25 a 24 eurodeputati, che verranno ora ridotti a 22, mentre la Germania ha mantenuto i suoi 99 delegati, che ora verranno ridotti a 96. In altre parole, il Portogallo ha perso il 12 per cento dei suoi deputati e la Germania il 3 per cento.
2. I sei paesi più popolosi detengono attualmente circa il 56 per cento dei seggi al Parlamento europeo. Con questa proposta, il loro controllo resta inalterato al 56 per cento. In altre parole, non concedono nulla.
Pertanto, attraverso l’attuale riforma dei Trattati, le maggiori potenze riaffermano il loro controllo sul Consiglio, applicando il criterio demografico senza alcuna compensazione, e mantengono il pieno controllo sul PE. Il Portogallo viene penalizzato! Se qualcuno si trova in una posizione di controllo, qualcun altro dev’essere...
Per celare la loro connivenza con una situazione tanto inaccettabile, alcuni sostengono che potrebbe essere peggio. Altri ritengono che sia naturale che solo alcuni paesi siano messi nella posizione di difendere i propri interessi…, a scapito degli interessi di altri.
Infine, senza dimenticare altri aspetti importanti – come il rifiuto della creazione di un organismo elettorale sovrannazionale, o il fatto che tanto più risicato sarà il numero di eurodeputati portoghesi, tanto minore sarà la loro capacità di rappresentare la pluralità politica esistente nel nostro paese – ribadiamo che una soluzione equa a livello istituzionale debba senza dubbio rispettare il principio di cooperazione tra Stati sovrani dotati di pari diritti.
Marian Harkin (ALDE), per iscritto. − (EN) Voto a favore dell’emendamento n. 26, in base al quale l’Irlanda dovrebbe mantenere i 13 seggi che detiene attualmente. Il Trattato di Nizza attribuiva all’Irlanda 12 seggi; tuttavia, dai tempi del trattato di Nizza, la popolazione irlandese è aumentata del 12 per cento. E’ la popolazione con il più rapido tasso di crescita in Europa, sia in termini di incremento nazionale, sia di crescita complessiva. Questa relazione assegna all’Irlanda 12 seggi – tre in meno rispetto ai 15 attribuitegli per la legislatura 1999-2004, il che significa che perderemo il 20 per cento della nostra quota, rispetto al 2004.
Timothy Kirkhope (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I conservatori britannici sono contrari alla Costituzione europea e al progetto di Trattato di riforma dell’UE. Non siamo d’accordo con i termini del progetto di mandato per la CIG emesso dal Consiglio europeo, né con il testo del progetto di trattato pubblicato il 5 ottobre.
Quanto alla richiesta avanzata dal Consiglio al Parlamento europeo perché esprimesse un’opinione riguardo alla propria futura composizione, i conservatori britannici si sono astenuti dal voto sulla relazione Lamassoure-Severin e questo perché siamo in disaccordo con il modello e la metodologia proposti dai correlatori e, a nostro avviso, insostenibili nel lungo periodo. Siamo contrari anche all’elezione di parlamentari europei sulla base di liste transnazionali.
Inoltre, siamo profondamente rammaricati del fatto che l’importante e storica uguaglianza che esisteva fra Regno Unito, Francia e Italia sia stata abbandonata. Ciononostante siamo determinati ad agire nel miglior interesse della popolazione del Regno Unito, che, al momento, riteniamo essere numericamente sottorappresentata in seno al Parlamento europeo. Questi sono i fattori che hanno determinato la nostra decisione di voto in merito alla presente relazione.
Carl Lang (ITS), per iscritto. – (FR) Com’è possibile sottoporre ai rappresentanti degli Stati membri una relazione che utilizza nozioni giuridiche e istituzionali al contempo fumose, nuove, pericolose e utopistiche?
La proporzionalità decrescente, elemento chiave della relazione, significa soltanto che, ancora una volta, gli Stati più grandi perderanno seggi a favore di quelli più piccoli. E’ vero che il processo è stato avviato, in origine, dal Presidente Chirac, il quale, in occasione del Consiglio europeo di Nizza, aveva accettato per la prima volta di sganciare la Francia dalla Germania, il che era contrario allo spirito dei Trattati.
Quanto all’elezione di parlamentari sulla base di liste transnazionali, l’obiettivo è evidente: liberarsi dei partiti politicamente non corretti, che non accettano il fiacco consenso social-democratico ed eliminare qualsiasi riferimento a ciò che pertiene ancora al sacro dominio degli Stati nazione. Ovviamente non possiamo accettarlo.
Infine, il concetto di cittadinanza europea proposto dai relatori è al contempo pericoloso e utopico, nonché, di fatto, totalitaristico. Esso sottintende che la nazionalità sia una nozione obsoleta e che il nostro nuovo, radioso futuro sia legato a un uomo nuovo, “denazionalizzato”, privato delle sue radici, della sua storia e della sua cultura.
Per tutte queste ragioni, consideriamo la relazione Lamassoure un’inaccettabile regressione giuridica, politica e istituzionale.
Kartika Tamara Liotard e Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) La distribuzione dei seggi in Parlamento tra gli Stati membri non si basa su oggettive cifre demografiche, bensì su promesse fatte in passato, riguardo all’esito positivo o negativo dei negoziati. Ecco perché i grandi paesi – Francia, Italia e Regno Unito – pur avendo popolazioni differenti, ricevono sempre lo stesso numero di seggi, così come la Spagna e la Polonia. Lo stesso vale per Grecia, Portogallo, Belgio, Repubblica ceca e Ungheria. Alcuni paesi sono sottorappresentati, come i Paesi Bassi, che nel 2000 sono stati tanto sciocchi da accettare meno seggi al Parlamento in cambio di un numero maggiore di voti al Consiglio. Sosteniamo la proposta dei relatori perché, rispetto alle precedenti, si avvicina maggiormente a quella che sarebbe un’equa distribuzione dei seggi. Respingiamo tutti gli emendamenti che favoriscono chiunque auspichi una ripartizione meno equa, e che operano una distinzione fra “cittadini” e altri abitanti nel calcolo della base di popolazione di ciascuno Stato membro. Siamo invece a favore degli emendamenti che associano automaticamente la futura distribuzione dei seggi al numero di abitanti degli Stati membri. Respingiamo qualsiasi futura riduzione dei seggi per Stato membro, che non sia la diretta conseguenza di una diminuzione della popolazione, bensì derivante dal limite massimo di 750 seggi o dalla volontà di ricercare spazio per l’elezione di una quota di parlamentari attraverso liste transnazionali. Con queste riserve, votiamo a favore.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore e accolgo con piacere la relazione Lamassoure-Severin sulla composizione del Parlamento europeo. Tuttavia, trovo piuttosto strano che il Parlamento abbia la facoltà di decidere sulla propria distribuzione dei seggi, ma non sulla propria sede. E’ evidente che il Consiglio non è in grado di dirimere l’intricata questione delle tre sedi del Parlamento, pertanto invito il Consiglio a seguire la medesima logica che l’ha portato a concedere al Parlamento di decidere della propria composizione, permettendo, dunque, a quest’ultimo di scegliere dove riunirsi.
La relazione promuove una nuova e più equa composizione del Parlamento europeo, da applicarsi nella legislatura 2009-2014. Il principio operativo su cui si regge la relazione, ovvero la proporzionalità degressiva, che invita gli Stati membri più grandi ad accettare un numero di parlamentari inferiore rispetto a quello che si vedrebbero attribuire tramite un criterio distributivo strettamente proporzionale, mi trova concorde. In questo modo sarà possibile garantire agli Stati membri più piccoli delegazioni parlamentari funzionali e il Parlamento potrà tornare a un numero di deputati leggermente più ragionevole, pari a 750.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Data la necessità di modificare la composizione del Parlamento europeo a fronte di passati e futuri allargamenti dell’Unione, ritengo che la soluzione adottata in questa relazione abbia diversi meriti: innanzi tutto, è coerente con quanto già concordato (Nizza), in secondo luogo, non aumenta il controllo da parte degli Stati più popolosi, mantenendo un modello d’equilibrio fra Stati relativamente comprensibile, e infine, contribuisce a ridurre le difficoltà associate all’adozione del trattato di riforma.
Pertanto, pur avendo preferito, come appare evidente dal voto, un modello basato sul concetto di cittadinanza e non di residenza – fatto salvo che il rapporto tra cittadini e Unione europea debba essere di cittadinanza e non residenza – ho votato a favore della presente relazione.
Marek Siwiec (PSE), per iscritto. − (EN) Il voto di oggi era cruciale per il futuro funzionamento del Parlamento europeo. In merito a una questione tanto delicata, era necessaria una ferma indicazione politica da parte del PE nei confronti del Consiglio europeo, a dimostrazione che gli interessi nazionali possono essere accantonati in favore di un sistema migliore rispetto a quello sancito dal trattato di Nizza. La proposta avanzata oggi, sebbene lungi dall’essere perfetta, costituisce senz’altro una ripartizione dei seggi più equa di quella indicata nel trattato di Nizza. Dopo che il Parlamento europeo aveva invitato unanimemente il Consiglio a definire il termine “cittadini” così come indicato nell’articolo 9 A, paragrafo 2, prima delle prossime elezioni del 2014, io ho deciso, nell’interesse del mio paese e dell’operatività del Parlamento europeo, di votare a favore della relazione, poiché essa rappresenta un certo progresso rispetto a quanto concordato in precedenza.
Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. − (SV) L’importanza della questione non dev’essere sopravvalutata. Una nuova distribuzione dei seggi fra gli Stati membri non cambierà gli attuali sviluppi nell’UE. La maggioranza continuerà a essere appannaggio dei liberali economici e dei federalisti all’interno del Parlamento. Tuttavia, la relazione esprime chiaramente i principi alla base di una distribuzione che, per sua stessa natura, risulterà approssimativa, in ultima analisi. La nuova distribuzione sarà perfino migliore dell’attuale, poiché i paesi più grandi otterranno meno deputati, mentre quelli più piccoli vedranno aumentare il numero dei propri delegati. Pertanto, ho votato a favore di questa relazione, sebbene alcuni singoli paragrafi non mi trovino d’accordo, in particolare quelli relativi alle liste transnazionali e ai partiti europei.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il partito comunista greco al Parlamento europeo ha votato contro la relazione Lamassoure-Severin, poiché essa accentua ulteriormente la natura conflittuale del Parlamento europeo.
Thomas Wise (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Ho votato contro l’emendamento n. 25 poiché, fin tanto che il Regno Unito continuerà a far parte dell’UE, il numero di eurodeputati in sua rappresentanza non dovrà subire alcuna riduzione. Votare a favore di una delegazione di 74 deputati avrebbe significato votare a favore di una riduzione di quattro parlamentari. Secondo il proposto principio della “proporzionalità degressiva”, ancora da definirsi, i paesi più piccoli e i microstati beneficerebbero di una rappresentanza sproporzionata, mentre gli Stati più grandi, come il Regno Unito, verrebbero sottorappresentati. Considerato che un gran numero di cittadini dell’Europa orientale è immigrato nel Regno Unito dal 2004 e che attualmente queste persone hanno il diritto di votare alle elezioni per il Parlamento europeo, il numero di europarlamentari britannici dovrebbe quantomeno rimanere quello attuale di 78 deputati, se non essere aumentato.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. − (SV) La Svezia dovrebbe indire un referendum sulla nuova Costituzione, al fine di ottenere eccezioni e una clausola di opt-in (come il Regno Unito). In virtù di tale clausola, per esempio, la Svezia acquisirebbe il diritto di decidere autonomamente se, ed eventualmente quando, introdurre l’euro e sottoscrivere la Carta sociale. Comunque, questo non significa che io non auspichi un documento chiaro come fondamento dell’UE, che definisca in maniera semplice i campi di competenza dell’Unione. Tale documento dovrà contenere, tra l’altro, le regole per la distribuzione dei seggi in seno al Parlamento europeo. Pertanto, sono disposto a sostenere questa parte della proposta per una nuova Costituzione europea, che riguarda specificatamente la distribuzione dei seggi.
Il punto è che, a meno che la proposta sulla ripartizione dei seggi venga posta in essere in conformità con la proposta per una nuova Costituzione europea, si corre il grave rischio di dover tornare al Trattato di Nizza. In virtù del trattato di Nizza, alla Svezia spetterebbero 18 seggi, due in meno rispetto a quelli che le verrebbero attribuiti dalla proposta per una nuova Costituzione europea, e due di meno rispetto a quelli a cui avrebbe diritto, date le dimensioni relative degli Stati membri europei.
− Situazione umanitaria nella Striscia di Gaza (B6-0375/2007)
Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione relativa alla situazione umanitaria nella striscia di Gaza. Preoccupata dal deterioramento degli indicatori sanitari in Palestina e consapevole delle difficoltà poste dalla chiusura dei posti di controllo alle frontiere, che ha interrotto l’attività economica e la libera circolazione delle merci, richiedo che la distribuzione degli aiuti d’urgenza e degli aiuti umanitari possa continuare senza ostacoli.
Denuncio le condizioni di vita sempre più difficili che regnano nella striscia di Gaza: il blocco che impedisce la libera circolazione di persone e merci, la parziale privatizzazione dell’accesso all’approvvigionamento idrico, alimentare ed elettrico, la distruzione dei terreni agricoli e dei servizi di base, come la raccolta dei rifiuti, che non funzionano più correttamente e sono vicini al collasso.
Ritengo una questione della massima urgenza che i diritti umani siano pienamente rispettati in quell’area ed esorto ad organizzare una conferenza di pace internazionale, al fine di instaurare una pace giusta e duratura fra israeliani e palestinesi; una pace basata sulle risoluzioni pertinenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU, in merito al diritto degli israeliani di vivere all’interno di confini sicuri e riconosciuti e quello dei palestinesi a uno Stato capace di esistenza autonoma.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la presente risoluzione. L’attuale situazione umanitaria nella striscia di Gaza non può che suscitare profonda preoccupazione. Il blocco israeliano nella zona dev’essere tolto e l’area dev’essere rifornita di elettricità e carburante. Inoltre, Israele deve garantire l’afflusso dei capitali finanziari nella striscia di Gaza, sospeso dal settembre 2007, e in mancanza del quale l’impianto socioeconomico e la vita quotidiana della popolazione palestinese ha subito gravi ripercussioni.
Il Consiglio e la Commissione devono esercitare tutta la pressione possibile per convincere il governo israeliano ad abbandonare il territorio e a garantire, per il futuro, gli aiuti umanitari essenziali per il popolo palestinese.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) A fronte della terribile condizione in cui è stato posto il popolo palestinese, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che, pur riconoscendo l’estrema gravità della situazione non solo nella striscia di Gaza, ma anche negli altri territori palestinesi occupati, non ritiene Israele colpevole, né lo condanna per le sue inveterate responsabilità, soprattutto nella distruzione dell’Autorità nazionale palestinese e delle sue istituzioni e infrastrutture di sostegno, comprese quelle di primaria necessità per la popolazione, e nell’aver tentato di impedire la creazione di uno Stato palestinese sovrano, indipendente e attuabile.
Israele ha imposto un blocco brutale sulla striscia di Gaza, creando così, come denunciato molto tempo fa dai funzionari ONU, una gigantesca prigione per il popolo palestinese, privandolo dei diritti umani più fondamentali e impedendo la fornitura degli aiuti umanitari da parte delle organizzazioni ONU.
E’ imperativo che questo blocco inumano venga tolto e che venga ordinato a Israele di porre fine alla sua aggressione nei confronti del popolo palestinese, nonché di rispettare e conformarsi al diritto internazionale e alle risoluzioni ONU. E’ inoltre essenziale che alla popolazione palestinese vengano fatti pervenire gli aiuti umanitari d’urgenza.
Un’equa e duratura soluzione per il Medio Oriente sarà possibile solo nel rispetto del diritto inalienabile del popolo palestinese ad avere uno Stato indipendente e sovrano, all’interno dei confini del 1967 e con Gerusalemme Est come capitale.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore della presente risoluzione, che richiama l’attenzione sulle precarie condizioni della popolazione della striscia di Gaza. Il documento esorta Israele a onorare i suoi obblighi internazionali, ai sensi delle convenzioni di Ginevra, garantendo la fornitura di aiuti umanitari, assistenza e servizi essenziali, come elettricità e carburante, nella striscia di Gaza. Nel richiedere una conferenza di pace internazionale, nonché la fine del blocco e nell’invitare la Commissione e il Consiglio a mobilitarsi in tal senso, mi unisco alla maggior parte dei miei colleghi parlamentari nel promuovere idee che possano migliorare la situazione sul posto, per coloro che subiscono le conseguenze di questo status quo.
Pierre Schapira (PSE), per iscritto. – (FR) Accolgo con soddisfazione la risoluzione del Parlamento europeo sulla striscia di Gaza. La decisione del governo israeliano di dichiarare la zona “entità ostile” apre la via a sanzioni economiche. Tale provvedimento giunge in un momento di grave crisi umanitaria per la striscia di Gaza, aggravata dalla sospensione degli aiuti umanitari internazionali diretti all’Autorità palestinese e dalla mancata restituzione, da parte di Israele, delle tasse dovute all’Autorità palestinese dal marzo 2006.
Sebbene le autorità israeliane abbiano autorizzato l’accesso a Gaza ad alcuni camion carichi di prodotti alimentari, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel Vicino Oriente segnala una penuria di derrate alimentari di base a causa della frequente chiusura del valico di Karni.
Non ci troveremmo ad affrontare una crisi umanitaria di tali proporzioni se, da principio, non avessimo soppresso i nostri aiuti al popolo palestinese. Molte altre organizzazioni hanno mantenuto la loro cooperazione con la Palestina, penso in particolare a un gran numero di autorità locali europee. Non è giunto il momento di rivedere la nostra politica di sanzioni contro la Palestina, in modo tale che non impedisca la fornitura degli aiuti umanitari più essenziali alla popolazione locale?
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) Vorrei sottolineare l’importanza della situazione umanitaria nella striscia di Gaza.
Pur riconoscendo che la contingenza politica imponga la precaria situazione vigente nella striscia di Gaza, non possiamo, tuttavia, ignorare che sia la popolazione – uomini, donne e bambini – a soffrirne, e Dio solo sa quali saranno le ripercussioni a lungo termine di questa situazione.
Concordo nel ritenere che Israele debba sentirsi sicuro all’interno dei propri confini, ma ci sono anche obblighi che lo Stato di Israele deve rispettare, come assicurare la fornitura degli aiuti e dell’assistenza umanitaria nella striscia di Gaza.
La popolazione di Gaza deve assumersi la responsabilità di arrestare gli attacchi a Israele e noi tutti abbiamo la responsabilità di sostenere l’istituzione di un efficiente Stato palestinese, cosicché il popolo di Palestina possa vivere in sicurezza e pace.
Sostengo la presente relazione poiché reputo assolutamente essenziale, in questo momento, che l’UE si pronunci in favore della popolazione della striscia di Gaza. Laggiù hanno bisogno di aiuto e noi dobbiamo fornirglielo.
Peter Skinner (PSE), per iscritto. − (EN) Vorrei esprimere la mia gratitudine per gli sforzi di coloro in quest’aula che hanno portato alla nostra attenzione i gravi problemi che tormentano la popolazione della striscia di Gaza, lo Stato di Israele e i territori palestinesi.
L’unica via praticabile è muoversi nell’ambito delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e convocare una conferenza di pace internazionale su questa falsa riga.
Bernadette Vergnaud (PSE). – (FR) Signora Presidente, queste donne vengono uccise proprio perché donne. Questi assassini che prendono il nome di femminicidi sono il frutto di un contesto sociale influenzato dalla mentalità patriarcale che impedisce alle donne di diventare socialmente autonome.
La relazione molto equilibrata dell’onorevole Romeva, pur riferendosi più specificatamente ai femminicidi in America latina e in Messico, si iscrive in una strategia globale volta a estirpare e prevenire le morti violente di donne a livello mondiale. Ed è proprio per questo che il mio voto è stato favorevole: l’UE, infatti, deve promuovere e difendere i valori della parità di genere.
Avevo concentrato i miei emendamenti, ripresi del resto dal relatore, sul sostegno alle famiglie delle vittime, spesso completamente indifese, le quali, come se non bastasse, devono sopportare il dolore di vedere i colpevoli andarsene impuniti. Invito quindi a rafforzare i programmi di sensibilizzazione e formazione sulle problematiche di genere e a favorire l’adozione di misure volte alla promozione di efficaci sistemi di protezione per i testimoni, le vittime e le loro famiglie, nonché l’ottenimento di un sostegno psicologico e dell’assistenza legale gratuita.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del collega spagnolo, onorevole Raül Romeva i Rueda, sulle uccisioni di donne, o femminicidi, in America centrale e in Messico e sul ruolo dell’Unione europea.
Mi dispiace che ci si sia focalizzati in questa sede solo sulla situazione in America centrale e in Messico, poiché sono molte le regioni del mondo in cui la questione delle uccisioni di donne è ancora irrisolta. Sostengo qualsiasi strategia globale volta a estirpare, a livello mondiale, la violenza contro le donne. La sofferenza delle donne non può lasciare indifferenti, è necessario fornire loro tutto il nostro sostegno, poiché le loro rivolte saranno alla base di molte evoluzioni geopolitiche, a favore degli ideali promossi dall’Unione europea, in particolare la parità fra i generi.
Gerard Batten, Godfrey Bloom, Derek Roland Clark, Michael Henry Nattrass, Jeffrey Titford (IND/DEM), per iscritto. − (EN) L’UKIP si è astenuto dalla votazione su questa relazione, poiché non riconosce la legittimità del Parlamento; la nostra astensione non ha nulla che vedere con i contenuti della relazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato a favore di questa relazione, che esprime la solidarietà del Parlamento europeo verso le donne che subiscono violenza in tutto il mondo, compresi i nostri paesi dell’Unione europea, ma con particolare enfasi rispetto alla situazione in Messico e in alcuni paesi dell’America centrale, dove vige una vera e propria cultura del femminicidio e dove si sono registrate migliaia di morti violente di donne negli ultimi anni, morti che non possono essere attribuite semplicemente a un diffuso clima di violenza.
Questa situazione è il prodotto di cause culturali e di contesti socioeconomici sfavorevoli alle donne ed è tanto più drammatica nel caso delle donne indigene, soggette a elevati livelli di dipendenza economica. Inoltre, è aggravata dall’azione di organizzazioni criminali.
Ci auguriamo che la presente relazione richiami l’attenzione su questa grave situazione, contribuendo, in tal modo, a garantire che, nei vari paesi interessati, vengano adottati i provvedimenti necessari per porre fine al femminicidio e alla violenza a carico delle donne.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Il Junilistan ritiene che i diritti umani debbano essere difesi in tutte le società del mondo, che si tratti di Stati membri dell’UE o di altri paesi.
La relazione costituisce una proposta di risoluzione che esorta gli Stati membri e gli Stati interessati ad agire in difesa dei diritti delle donne. E’ senz’altro una causa meritevole, ma questa non è la sede adatta per discutere di questo argomento. Come sempre, sono stati inseriti paragrafi che esprimono la volontà dell’UE di esprimersi ad una sola voce in materia di politica estera. Con le proposte contenute nella relazione, in favore di nuove voci di bilancio, campagne finanziarie e maggiori responsabilità, l’UE sta cercando di impossessarsi di maggior potere, utilizzando problematiche come questa come strumenti per raggiungere il proprio intento.
I crimini contro le donne sono inammissibili e un dialogo fra Stati sovrani, volto a porre fine a questo fenomeno, è assolutamente auspicabile, poiché è importante migliorare la posizione vulnerabile delle donne in gran parte del mondo. Tuttavia, l’UE non deve perseguire una politica estera comune e per questo motivo noi abbiamo deciso di votare contro la presente relazione.
Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Sono pienamente favorevole alla relazione. Uno sviluppo sostenibile è impossibile se non si tiene conto dell’uguaglianza fra i generi e del diritto alla dignità e a un’esistenza pacifica. Crimini di questo tipo non devono essere considerati unicamente come espressione di una cultura; tanto meno devono essere liquidati nel caso in cui vengano commessi a carico di donne che si guadagnano da vivere come prostitute. L’assenza di un impegno serio e costante nelle indagini, al fine di perseguire e punire i colpevoli, indurrebbe a pensare che la violenza sia accettabile e, a quel punto, nessuno sarebbe più al sicuro. Le proposte illustrate nella relazione meritano il nostro sostegno e confido nel fatto che il Parlamento europeo ne monitorerà i progressi. La dimensione legata ai diritti umani delle nostre politiche esterne è estremamente importante: dobbiamo adoperarci per tutelare il diritto delle persone a vivere in condizioni di sicurezza tali da poter esercitare i propri diritti e le proprie libertà democratiche, e questo ad ogni livello sociale e qualunque sia l’occupazione e lo status di tali persone.
Erika Mann (PSE), per iscritto. − (EN) Ritengo che la relazione dell’onorevole Raül Romeva i Rueda, sulle uccisioni di donne in America centrale e in Messico e sul ruolo dell’Unione europea nell’impedire che questo accada, sia molto ben equilibrata. Vorrei ringraziare il relatore per il suo eccellente lavoro e per il suo impegno. Egli ha condotto i negoziati con stile politico molto sensibile e positivo. Vorrei, inoltre, esprimergli la mia gratitudine per essersi dedicato a questo argomento.
I diritti umani sono un valore di estrema rilevanza per l’Unione europea. Per fortuna, nell’ambito dei rapporti tra UE e Messico, i diritti umani rivestono un ruolo importante; poiché contemplati dall’Accordo nordamericano di libero scambio, essi godono addirittura di carattere quasi formale e costituiscono, inoltre, un elemento di cruciale importanza nell’ambito della nostra delegazione parlamentare congiunta, che ho il piacere di presiedere e che è attualmente presieduta, per parte messicana, dal senatore José Guadarrama Márquez.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che sostengo con passione e che si iscrive in una strategia globale volta a estirpare e a prevenire il femminicidio, proponendo azioni da parte dell’UE nell’ambito di accordi di partenariato. Mi auguro che tale problematica venga ripresa dai governi nazionali, nell’ambito delle loro relazioni bilaterali con i paesi dell’America latina, e dalle istituzioni europee nel loro partenariato strategico a sostegno delle politiche di prevenzione e protezione contro la violenza.
Tobias Pflüger (GUE/NGL), per iscritto. − (DE) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Raül Romeva i Rueda poiché identifica chiaramente, in pochi punti, le cause principali delle uccisioni di donne in Messico e in America centrale: questi assassini vengono perpetrati impunemente in un contesto socioeconomico orientato unicamente agli interessi economici. Un’elevata percentuale di omicidi è avvenuta nelle cosiddette zone di libero scambio, caratterizzate dall’industria maquiladora (società subappaltatrici che producono per il mercato dell’esportazione), nelle quali l’assenza di un’infrastruttura sociale e gli elevati tassi di povertà si accompagnano all’impunità per le forze di sicurezza semi-legali.
Tali strutture traggono vantaggio anche dalle relazioni tra Unione europea, Messico e America centrale, le quali si focalizzano sulle agevolazioni commerciali. L’Accordo di associazione UE-America centrale, la cui firma è prevista entro la fine di quest’anno, mostra già, nella sua forma attuale, che liberalizzazione del mercato e deregulation sono i principali interessi dell’Unione europea. Tuttavia, la “creazione di un clima favorevole al commercio e agli investimenti”, così come auspicato dalla Commissione, conduce precisamente a quelle strutture giustamente identificate nella relazione come elementi costitutivi di quel contesto socioeconomico sfavorevole, alla base dell’elevato tasso di femminicidi.
La relazione invia inoltre un segnale importante riguardo alla necessità di approvare finalmente la clausola dei diritti umani contenuta nel cosiddetto “accordo globale” tra UE e Messico. Infine, anche l’operato delle associazioni dei parenti e delle vittime dev’essere sostenuto.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione che propone, al fine di evitare le frodi, l’informatizzazione dei movimenti di transito, la revisione del quadro giuridico in materia e il potenziamento, da parte di Commissione e Stati membri, dei controlli fisici, sulla base di un’analisi comune dei rischi. Questa problematica investe anche il Regno Unito: fino al 4 per cento del potenziale gettito IVA va perso a causa delle frodi in questo settore.
Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. − (DE) L’eliminazione delle frontiere si è tradotta in maniera rapida ed evidente in una massiccia riduzione del fatturato derivante dalla vendita di sigarette, non solo nella regione frontaliera, ma anche nell’interno. Le misere condizioni del mercato del lavoro inducono alcuni singoli a contrabbandare piccoli quantitativi di prodotti del tabacco attraversando la frontiera a piedi, nell’intento di incrementare il proprio reddito.
Anche i fantasmagorici margini di profitto, a dispetto degli elevati costi di trasporto, hanno contribuito all’impressionante crescita del contrabbando di tabacco negli ultimi anni. Una pratica liquidata come un reato minore costituisce, in alcune aree, la fonte di reddito per le organizzazioni criminali, un’ottima fonte di reddito per giunta: dopotutto, è facile far pervenire questi prodotti del mercato nero ai fumatori dell’Unione europea. I trafficanti sanno bene che difficilmente le campagne di informazione cambieranno la situazione, poiché gli studi hanno dimostrato che la maggior parte degli acquirenti è consapevole della concentrazione superiore di sostanze nocive all’interno di questi prodotti e del rischio di incappare in sanzioni amministrative.
Il ruolo del Montenegro è particolarmente inglorioso, essendo diventato il principale nodo di smercio in Europa per il contrabbando di tabacco, con una generosa fetta dei profitti che finisce nelle tasche dello Stato. Sarà necessario esercitare una maggiore pressione in materia, attraverso i colloqui attualmente in corso, così come occorrerà irrigidire le sanzioni e introdurre un sistema di etichettatura uniforme, per porre fine a una situazione in cui la fruttuosa attività di esportazione dei produttori di tabacco sfocia in reimportazioni illegali.
Glenis Willmott (PSE), per iscritto. − (EN) Il partito laburista al Parlamento europeo (EPLP) sostiene gli obiettivi dell’accordo Philip Morris contro la frode e il commercio illegale di sigarette in Unione europea. Tuttavia, il governo del Regno Unito non ha sottoscritto l’accordo perché potrebbe confliggere con la legislazione britannica esistente in materia di contrabbando di tabacco. La normativa vigente si applica a tutti i produttori di tabacco, elemento importante per garantire che l’attività di contrabbando non venga semplicemente convogliata su prodotti realizzati da società che hanno scelto di non sottoscrivere alcun accordo, o che potrebbero decidere, a un certo punto, di ritirarsene. Inoltre, poiché non contiene significative esclusioni, tale normativa permette al Regno Unito di gestire al meglio la specifica tipologia di problemi legati al contrabbando di tabacco, vigenti sul proprio territorio.
Nina Škottová (PPE-DE). - (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi compiaccio dell’intraprendente relazione stilata dalla relatrice, l’onorevole Jensen, poiché la deteriorata qualità dei servizi di assistenza a terra è diventata, nel corso dell’ultimo periodo, una questione sempre più urgente, nonché il vero tallone d’Achille dell’industria dell’aviazione.
Le cause all’origine di questa situazione sono molteplici. Vorrei trattare, in particolare, quelle legate al potenziamento delle misure di sicurezza adottate in alcuni aeroporti dell’Unione europea. Tali misure sfiorano spesso la degradazione della dignità umana e aumentano il rischio di diffusione di malattie infettive, senza alcun riscontro tangibile sulla sicurezza. Mi riferisco, per esempio, all’obbligo per i passeggeri donna di spogliarsi pubblicamente di qualsiasi tipo di indumento simile a una giacca, anche nel caso in cui sia indossato unicamente al disopra della biancheria intima. Allo stesso modo, lunghe soste a piedi nudi su pavimenti gelidi sono spesso la diretta conseguenza della rimozione delle calzature prima di passare attraverso il metal detector. Inoltre, esaminando gli oggetti personali dei passeggeri, spesso il personale non mostra alcun rispetto per le basilari norme di igiene.
E’ chiaro che se non presteremo attenzione a questi aspetti, richiedendo una migliore cultura di viaggio, nonché maggiore rispetto ed educazione durante i controlli di sicurezza da parte del personale di terra, l’aviazione civile diverrà un’esperienza talvolta temibile e spiacevole, per quanto riguarda i servizi di assistenza di terra.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Nell’intento di favorire un rapido incremento del trasporto aereo di merci e passeggeri, la Commissione ha deciso di produrre un “piano d’azione per migliorare la capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa”, nell’ambito del quale propone tutta una serie di misure.
La risoluzione del Parlamento europeo, pur contenendo aspetti sui quali concordiamo – per esempio, il riferimento alla necessità di rispettare le leggi sociali e i contratti collettivi, di offrire formazione specifica e di prestare attenzione alle esigenze delle aree più remote – sottoscrive il concetto di liberalizzazione del settore e la creazione del cosiddetto “Cielo unico europeo”.
Pur sottolineando che la responsabilità della pianificazione delle infrastrutture aeroportuali spetta agli Stati membri, la risoluzione promuove un “approccio globale dell’Unione europea in relazione al fabbisogno di capacità supplementare, ai vincoli sui futuri investimenti in capacità aggiuntive e agli elementi strategici”.
La risoluzione conferma il primato delle “regole comunitarie in materia di concorrenza”, soprattutto in relazione ai servizi di assistenza a terra, di cui non si esclude un’ulteriore liberalizzazione. Pertanto, perora l’aumento del numero minimo di prestatori di servizi autorizzati negli aeroporti, senza porre alcun limite artificiale al numero di prestatori terzi di servizi ed eliminando i vincoli che impediscono l’ingresso nel mercato da parte di prestatori di servizi di assistenza a terra.
Questa è la nostra posizione critica.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione redatta dall’onorevole Jensen sulle “capacità aeroportuali e i servizi di assistenza a terra: verso una politica più efficiente” [2007/2092(INI)].
Tale relazione esamina con la dovuta attenzione l’esigenza di garantire agli aeroporti la capacità necessaria. Gli spostamenti effettuati tramite la rete di trasporto aereo stanno aumentando annualmente del 5,2 per cento. E’ stato calcolato che entro il 2025 più di 60 aeroporti non saranno in grado di far fronte alla domanda di voli. La relazione dispone che la crescita del trasporto aereo venga accompagnata da programmi tecnici e normativi volti a limitarne l’impatto esterno.
La relatrice sottolinea, giustamente, che l’Unione europea potrà soddisfare le proprie esigenze in quest’ambito soltanto dotandosi di diversi tipi di aeroporto e rispondendo alle specifiche esigenze di ciascun paese.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che chiede alla Commissione di presentare, prima del 2009, un Piano generale per il potenziamento delle capacità aeroportuali in Europa, al fine di promuovere e coordinare tutte le iniziative europee per la creazione di nuove capacità aeroportuali destinate al traffico aereo internazionale e utilizzare meglio le capacità esistenti. Soltanto la coesistenza di diversi modelli aeroportuali funzionali alle specificità nazionali permetterà all’Unione europea di soddisfare il suo fabbisogno in questo settore.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Ho votato a favore della relazione Jensen sulle “capacità aeroportuali e i servizi di assistenza a terra: verso una politica più efficiente”, poiché la ritengo fondamentale al fine di garantire uno sviluppo regionale sostenibile. Le infrastrutture di trasporto sono spesso il fattore determinante per l’insediamento di investimenti regionali, lo sviluppo turistico e il rapido trasporto delle merci. Il trasporto aereo offre un importante valore aggiunto, soprattutto per le regioni meno sviluppate, periferiche e le isole.
La globalizzazione e lo sviluppo economico stanno alimentando un aumento nella domanda di voli all’interno dell’UE. Lo sviluppo attuale e futuro del trasporto aereo in Europa impone con urgenza l’accortezza di anticipare le necessarie misure da adottare a livello di Unione europea a beneficio dei suoi cittadini e dell’economia dell’UE in generale.
A mio avviso, è possibile migliorare l’immagine di tutte le regioni europee mediante il potenziamento della costruzione di nuovi aeroporti, la modernizzazione di quelli esistenti e la conversione di vecchi campi d’aviazione militari in aeroporti civili. La costruzione e l’espansione delle infrastrutture aeroportuali e logistiche richiede un’adeguata assistenza da parte delle autorità nazionali e regionali. Gli aeroporti devono essere inclusi nei piani di riassetto territoriale delle regioni e figurare nelle strategie di sviluppo regionale, nonché essere sottoposti a una rigorosa valutazione dell’impatto territoriale.
Ritengo fondamentale il finanziamento delle infrastrutture aeroportuali mediante fondi nazionali e regionali, con l’inevitabile sostegno finanziario della Rete transeuropea dei trasporti, del Fondo di coesione e del Fondo europeo di sviluppo regionale.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Nell’identificare “la costruzione di aeroporti secondari nelle vicinanze di quelli congestionati” come una delle soluzioni alla problematica della congestione aeroportuale, come a Lisbona, e considerando che “le compagnie aeree tradizionali, le compagnie aeree a basso costo, le compagnie charter, le compagnie di trasporto merci e gli aeromobili d’affari hanno esigenze diverse in termini di servizi aeroportuali e assegnazione di bande orarie”, il Parlamento europeo promuove le opzioni presentate, in quanto meno costose e, nel contempo, atte a far fronte alla crescita del traffico aereo, tenendo conto delle specifiche caratteristiche di tale crescita.
Pertanto, ho votato a favore della presente relazione, poiché ritengo che la sua ratio sia contraria alla posizione sostenuta dal Centro democratico sociale/Partito popolare (CDS-PP) per Lisbona che comprende l’opzione “Portela +1”.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) La relazione dell’onorevole Anne Jensen affronta un problema che è transnazionale al massimo livello. In altre parole, non è stata la mancanza di pertinenza comunitaria a farmi votare contro la maggior parte degli emendamenti e a spingermi, in ultima istanza, ad astenermi dal voto in merito a questa relazione nel suo complesso. Il problema principale della relazione risiede nel fatto che, nella sua versione finale, essa risulta troppo dettagliata. Fatico a vedere la necessità di un piano generale a livello UE che regolamenti le modalità di gestione dei servizi di assistenza aeroportuale a terra, e ancor meno capisco il motivo per cui Bruxelles dovrebbe creare regole e vincoli aggiuntivi in materia di formazione del personale e di ubicazione degli aeroporti. Senza entrare nel merito della questione relativa all’ubicazione dell’aeroporto di Bromma, per esempio, concludo dicendo che, a rigor di logica, tale decisione deve spettare a Stoccolma e alla Svezia, e non già al Parlamento europeo.
Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto. − (SV) La relazione elaborata di propria iniziativa dal Parlamento europeo sulla capacità aeroportuale contiene ambiziosi progetti riguardo agli obiettivi che possono essere raggiunti tramite una pianificazione centralizzata da parte dell’Unione europea. Secondo la relazione, l’Europa sta assistendo a un considerevole aumento della fruizione degli aeroporti e necessita di un’“ottimizzazione” delle risorse esistenti. Il documento sostiene che, in vista degli sviluppi futuri, sia necessario intervenire a livello comunitario “a beneficio dei suoi cittadini e dell’economia dell’UE in generale”. Entra perfino nel merito delle infrastrutture per i collegamenti agli aeroporti.
Nella stragrande maggioranza dei casi vige una concorrenza nazionale, tra paesi e aeroporti, e le decisioni strategiche devono essere assunte a livello nazionale. In alcuni paesi, gli aeroporti sono privati e le decisioni di investimento sono dettate da valutazioni orientate alla redditività, mentre in altri paesi la proprietà degli aeroporti è pubblica. Pertanto, l’idea di una pianificazione a livello comunitario in questo ambito è del tutto irrealistica. Non abbiamo modo di prevedere la domanda futura; essa è in continuo mutamento e si sposta costantemente su aree e paesi diversi. Tanto meno possiamo prevedere in che modo gli sviluppi tecnici influenzeranno la crescita, né quali saranno i costi conseguenti. Inoltre, di norma, tutte le previsioni di spesa in materia di infrastrutture tendono a essere due o tre volte superiori rispetto all’ammontare stimato. Allo stesso modo, la questione dei servizi di assistenza a terra dovrebbe essere gestita dai singoli aeroporti e non regolamentata a livello di Unione europea.
La relazione è ispirata a una filosofia economica improntata alla pianificazione. Non posso sostenere una relazione fortemente reminiscente dei sistemi in vigore nei vecchi paesi socialisti, pertanto ho votato contro.