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Procedura : 2006/0199(COD)
Ciclo di vita in Aula
Ciclo dei documenti :

Testi presentati :

A6-0327/2007

Discussioni :

PV 22/10/2007 - 18
CRE 22/10/2007 - 18

Votazioni :

PV 24/10/2007 - 8.16
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2007)0461

Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 24 ottobre 2007 - Strasburgo Edizione GU

9. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

- Relazione: Gauzès (A6-0366/2007)

 
  
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  Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. −(CS) Si può ragionevolmente presumere che il regolamento del Parlamento europeo e del Consiglioriguardante la notifica di atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale, come raccomandato in seconda lettura (posizione comune del Consiglio), contribuirà a rafforzare la sicurezza giuridica di persone fisiche o giuridiche negli Stati membri. E’ noto che la notifica di suddetti documenti sia una questione seria, con un impatto significativo sul processo della giustizia e sulle relazioni civili e commerciali. Ritengo che la raccomandazione del Parlamento europeo sia in linea con l’impegno di produrre una normativa di qualità elevata a livello comunitario.

 
  
  

– Relazione: Vălean (A6-0381/2007)

 
  
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  Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. −(CS) In relazione agli accordidi riammissione e di facilitazione del rilascio dei visti per soggiorni di breve durata fra la Comunità europea e la ex Repubblica iugoslava di Macedonia che devono essere approvati dal Parlamento europeo, ritengo che per quanto questi accordi (e altri simili con paesi dei Balcani occidentali) siano importanti in termini di consolidamento generale dello Stato di diritto e di lotta contro il crimine, le questioni legate all’emigrazione illegale dovrebbero essere risolte innanzi tutto mediante strumenti economici e politici. Inoltre, vorrei sottolineare un ulteriore fattore rilevante menzionato nelle relazioni pertinenti, ovvero che la conclusione di tali accordi comporterà un considerevole onere finanziario per la Macedonia e gli altri paesi dei Balcani occidentali. Tenendo conto della situazione economica in questi Stati, è fondamentale che la Comunità fornisca un’assistenza adeguata ed efficace, soprattutto in ambito finanziario.

 
  
  

– Relazione: Vălean (A6-0383/2007)

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. – (NL)Ricordo che nei primi anni ‘60 esistevano requisiti reciproci per i visti per gli abitanti dei paesi dell’allora Comunità europea e per quelli dell’ex Repubblica federale socialista di Iugoslavia. Poco tempo dopo tali requisiti sono stati aboliti.

Ciò significava che le popolazioni dei sette paesi che insieme, all’epoca, formavano ancora la Iugoslavia erano libere di viaggiare per gran parte dell’Europa. Solo per la Slovenia, Stato membro dell’UE e la Croazia, paese candidato, questa situazione non è cambiata. Gli abitanti di tutti i restanti territori, compresa la Macedonia, altro paese candidato, sono stati esclusi dagli Stati membri dell’UE dal 1992. La giovane generazione che da allora è cresciuta, difficilmente è riuscita a valicare i propri confini. Alle ambasciate dei paesi dell’UE della capitale macedone Skopje, ad esempio, si trovano grandi cartelli che elencano un lunga serie di precisi obblighi. Solo i criminali possono rispettarli facilmente, al contrario di studenti, ricercatori e giornalisti.

Appoggio un accesso migliore per questi gruppi dal 2008 e l’abbassamento degli oneri per il visto a 35 euro. A differenza di alcuni membri del mio gruppo, non considero l’introduzione della registrazione biometrica una ragione per respingere tale perfezionamento. Mi spiace per la vendita condizionata per quanto riguarda la politica di riammissione, che non garantisce in modo adeguato la sicurezza dei rifugiati interessati.

 
  
  

– Relazione: Böge (A6-0393/2007)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. −(PT) La mobilizzazione del Fondo di solidarietà per aiutare le popolazioni di Germania e Francia (La Réunion) che sono rimaste vittime di catastrofi naturali rispettivamente a gennaio e febbraio dimostra, nonostante il ritardo, la rilevanza e l’importanza di questo fondo di assistenza per gli Stati membri.

Ricordando il blocco nel Consiglio in merito a una decisione relativa alla proposta della Commissione di migliorare questo fondo, vorremmo ribadire che la continua ammissibilità dei disastri regionali deve essere difesa. Il Parlamento europeo ha confermato in precedenza che “il FSUE deve continuare a rendere possibili gli interventi in caso di catastrofi che, per quanto gravi, non raggiungano il livello minimo stabilito, e che deve essere possibile prestare aiuto, in circostanze eccezionali, allorquando la maggior parte della popolazione di una determinata regione è colpita da una catastrofe che comporta ripercussioni gravi e durature sulle condizioni di vita”.

E’ inoltre essenziale riconoscere le particolari caratteristiche delle catastrofi naturali della regione del Mediterraneo, quali siccità e incendi, soprattutto in termini di limiti di tempo e azioni idonee, e la possibilità di livelli più elevati di assistenza finanziaria per paesi di “coesione” e regioni di “convergenza” in caso di catastrofe. Si deve altresì valutare la creazione di un fondo europeo per i disastri all’agricoltura.

 
  
  

– Relazione: Susta (A6-0403/2007)

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) L’onorevole Castex ha votato a favore della relazione Susta sul protocollo che modifica l’accordo relativo ai diritti di proprietà intellettuale connessi al commercio (accordo TRIPS).

Per i membri francesi del gruppo socialista nel Parlamento europeo, l’accordo così ottenuto, che consentirà ai paesi di produrre farmaci generici ed esportarli alle nazioni povere in via di sviluppo che non hanno la capacità di farlo da sole, rappresenta un importante passo avanti.

Per i membri francesi del gruppo socialista, questa relazione è un contributo positivo al fine di risolvere un problema di salute pubblica che è chiaramente fonte di grande preoccupazione.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore del protocollo che modifica l’accordo TRIPS e l’accesso ai medicinali poiché credo fermamente che l’UE dovrebbe essere un attore fondamentale nella promozione della salute pubblica e dell’accesso ai farmaci per tutti nel Terzo mondo. Questo protocollo è un passo nella direzione giusta.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. −(PT) I costi associati all’introduzione di norme di tutela della “proprietà intellettuale” nel settore farmaceutico nei “paesi in via di sviluppo” sono noti da molto tempo.

Da molto si evidenzia e si preannuncia la situazione drammatica e inaccettabile provocata in questi paesi dall’applicazione dei “diritti di proprietà intellettuale” nel campo della salute, in particolare nella lotta contro malattie come malaria, HIV/AIDS e tubercolosi.

Riteniamo quindi che questa relazione rappresenti un’opportunità persa dalla maggioranza di quest’Aula, nell’ambito delle sue competenze, per assumere una posizione umanista e per battersi in modo deciso per una politica che potrebbe porre fine ai diritti di proprietà intellettuale nel settore farmaceutico.

Nascondendosi dietro all’idea che una negoziazione del protocollo sembra molto difficile, la maggioranza di quest’Assemblea ha firmato un assegno in bianco al Consiglio, poiché tali vaghe raccomandazioni possono solo determinare un perdurare della situazione, generando ostacoli finanziari e giuridici che impediranno ai paesi dotati di minori risorse di poter accedere ai progressi compiuti in scienza e tecnologie in questo settore.

Deploriamo il fatto che siano proprio le multinazionali farmaceutiche a guadagnare tramite questa crudele politica, mantenendo i loro straordinari profitti al prezzo di molte vite.

 
  
  

– Relazione: Corbett (A6-0354/2007)

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . (EN) Signora Presidente, in seguito alla votazione, il Parlamento ha deciso di avere un resoconto scritto e una registrazione audiovisiva delle sue sessioni. Ovviamente ciò comporta implicazioni di bilancio ed esorto l’Ufficio di presidenza ad analizzare la situazione, attuare le modifiche necessarie al bilancio o avanzare una nuova proposta qualora volesse che la commissione riesaminasse la questione.

Intuisco che, considerata la vasta maggioranza di quest’Assemblea a tale proposito, il volere del Parlamento sia piuttosto chiaro, pertanto ritengo sia il primo passo da compiere.

 
  
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  Graham Booth (IND/DEM), per iscritto. (EN) Registrare tutte le discussioni e renderle disponibili al pubblico potrebbe giovare all’euroscetticismo. Tuttavia, tale iniziativa consentirebbe anche all’UE di vantare maggiore trasparenza laddove, di fatto, interviene veramente poco per rafforzare la democrazia, poiché il Parlamento europeo non può introdurre una legislazione e può essere ignorato dalla Commissione europea. Nell’UE, la Commissione non eletta promuove normative europee e non offre alcuna trasparenza.

L’opportunità di apportare correzioni agli interventi per una settimana (emendamento n. 4) era intenzionale e proteggerebbe i deputati dagli errori, ma finora le notizie relative all’UE potrebbero essere potenzialmente occultate da un rinvio di una settimana, impedendo alla stampa libera di informare l’opinione pubblica. Ho quindi espresso voto contrario sulla relazione.

 
  
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  Derek Roland Clark (IND/DEM), per iscritto. (EN)

Registrare tutte le discussioni e renderle disponibili al pubblico potrebbe giovare all’euroscetticismo. Tuttavia, tale iniziativa consentirebbe anche all’UE di vantare maggiore trasparenza laddove, di fatto, interviene veramente poco per rafforzare la democrazia, poiché il Parlamento europeo non può introdurre una legislazione e può essere ignorato dalla Commissione europea. Nell’UE, la Commissione non eletta promuove normative europee e non offre alcuna trasparenza.

Non approvo la possibilità di apportare correzioni agli interventi (emendamento n. 4), il resoconto integrale dovrebbe risultare come esposto a voce. Compio errori come chiunque altro. Finora le notizie relative all’UE potrebbero essere potenzialmente occultate da un rinvio di una settimana, impedendo alla stampa libera di informare l’opinione pubblica. Può essere accettabile una nota separata per fornire una spiegazione. Ho quindi espresso voto contrario sulla relazione.

 
  
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  Bruno Gollnisch (ITS), per iscritto. – (FR) La relazione Corbett raccomanda che, al fine di risparmiare 10 milioni di euro all’anno, non dovremmo più effettuare la traduzione in tutte le lingue ufficiali dei resoconti integrali dei procedimenti di questo Parlamento. L’accesso alle discussioni in ogni lingua sarebbe quindi garantito solo tramite le registrazioni audiovisive disponibili su Internet, anche se i singoli deputati potrebbero chiedere la traduzione di determinati brani.

Tuttavia, non tutti in Europa dispongono di accesso Internet a banda larga e, inoltre, è stato consigliato che la richiesta di traduzioni da parte dei deputati dovrebbe essere limitata a circa trenta pagine all’anno. Ciò che propone l’onorevole Corbett, quindi, è limitare l’accesso per i cittadini europei al lavoro di chi hanno eletto per rappresentarli e difendere i loro interessi nell’Unione europea. E’ inaccettabile. Lo diventa ancora di più poiché, nel contempo, la stessa istituzione spende 100 milioni di euro all’anno per la propria pubblicità. Per non parlare della Commissione, che spende oltre 200 milioni di euro in attività essenziali quali la diffusione su vasta scala di video pornografici su Internet che si presume promuovano il cinema europeo.

Fortunatamente, gran parte dei nostri colleghi ha fatto sì che prevalesse il buon senso, o piuttosto l’implacabile paura dell’elettorato, ed è stato conservato il multilinguismo.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto.(SV) Respingiamo in maniera decisa la proposta della relazione in merito al fatto che gli interventi orali nel resoconto integrale dovrebbero comparire esclusivamente in lingua originale.

Il Parlamento europeo sta cercando di enfatizzare il fatto che gli oratori prendono la parola per l’Europa intera in quanto portavoce per i loro gruppi europei, ma nel contempo respingiamo un successivo accesso alle loro dichiarazioni e limitiamo la disponibilità riducendo le traduzioni nelle diverse lingue.

Se abbiamo intenzione di far funzionare democraticamente l’UE, dobbiamo essere pronti a pagare al proposito. Un’organizzazione che spende oltre 360 miliardi di corone svedesi su una politica agricola protezionista, deve essere in grado di versarne 90 milioni per mostrare rispetto per i cittadini europei.

Tuttavia, qualora in futuro si giudicassero insostenibili i costi per le traduzioni, il minimo dovrebbe essere che il resoconto integrale contenga la lingua originale dell’oratore e una traduzione in inglese.

 
  
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  Patrick Louis (IND/DEM), per iscritto. – (FR) I membri francesi del gruppo Indipendenza/Democrazia hanno espresso voto contrario sulla relazione Corbett sulla modifica dell’articolo 173 del regolamento del Parlamento europeo che cerca di abolire la piena e sistematica traduzione delle discussioni parlamentari.

L’idea di pubblicare le discussioni, che si applica in eguale misura ai procedimenti giudiziari e ai dibattiti politici, è uno dei principi fondamentali della democrazia.

La pubblicazione contribuisce a ridurre i pregiudizi ideologici, l’arbitrarietà, il clientelismo e il gioco sporco. Tale convinzione si basa sul presupposto che tutti abbiano accesso ai procedimenti completi pubblicati nella propria lingua garantendo che le stesse parole esprimano davvero i medesimi concetti per tutti.

Chi tra i cittadini europei sarebbe in grado di riportare e comprendere una discussione quando si trova di fronte a una versione pot-pourri in venti lingue?

Probabilmente sarebbe lo stesso se qualcuno cercasse di capire il cosiddetto trattato “semplificato” e tentasse di sostituire le 400 nuove clausole contenute nei trattati esistenti, siccome anche in questo caso, in apparenza, non si è resa disponibile alcuna versione consolidata durante il processo di ratifica.

Di fronte alla crescente reticenza dei cittadini dei suoi paesi membri, l’Unione europea non sembra essere in grado di mostrare altro che offuscamento, falsificazione e dissimulazione.

 
  
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  Jules Maaten (ALDE), per iscritto.– (NL)La decisione della segreteria del Parlamento di non riportare più in ogni lingua le discussioni in plenaria è passata inosservata nel 2006. Ora il Parlamento ha capovolto tale decisione. Concordo che si spenda troppo tempo e denaro per tradurre le discussioni e i documenti nelle 23 lingue ufficiali della nostra Unione. E’ un peccato che non sia stata presentata alcuna soluzione di compromesso, per cui le discussioni potrebbero essere tradotte in inglese e francese, cosicché le procedure sarebbero ancora disponibili in forma scritta oltre alle informazioni audiovisive.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. −(PT) Il multilinguismo è molto più di un’espressione della diversità culturale dell’Unione europea. In un’organizzazione di Stati sovrani e indipendenti che si sono uniti per garantire, tramite una collaborazione, i migliori vantaggi per i loro cittadini senza rinunciare in nessuna fase al loro status di Stati liberi e sovrani, il multilinguismo è il riconoscimento del rapporto di uguaglianza tra tutti i membri.

Questa ragione da sola sarebbe sufficiente per difendere la continuazione di questo multilinguismo nel funzionamento delle istituzioni comunitarie. Tuttavia, è possibile aggiungere altre argomentazioni oltre a questa. Abbandonare la comunicazione interna multilingue comporta potenzialmente ridurre la possibilità di azione politica da parte dei deputati del Parlamento europeo che sono pienamente autorizzati a esprimersi nella loro lingua madre. Inoltre, se riduciamo al minimo il multilinguismo nelle nostre comunicazioni esterne, rischiamo di allontanare un’istituzione che spende molta energia cercando di avvicinare l’UE ai suoi cittadini.

Infine, esiste un’argomentazione economica opposta a quella avanzata: la diversità linguistica degli europei e la conoscenza di numerose lingue deve essere un vantaggio competitivo, non un costo.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho espresso voto favorevole sulla relazione Corbett relativa alla modifica dell’articolo 173 riguardante il resoconto integrale delle procedure, anche se non approvo l’adozione di un’intera serie di emendamenti che raccomandano la traduzione dei resoconti in tutte le lingue ufficiali.

Agli accaniti sostenitori del multilinguismo vorrei dire, un po’ per eufemismo, che è irreale affermare che, senza tale aggiunta al processo di traduzione, il Parlamento europeo sarebbe l’unica assemblea parlamentare nel mondo a non disporre della traduzione stampata di tutte le procedure e le discussioni nelle relative lingue. E’ falso nella misura in cui è stato concordato non solo di mantenere la versione multilingue, ma anche di rendere disponibile la traduzione simultanea in tutte le lingue ufficiali, su richiesta, per i deputati di quest’Aula nonché ampiamente per il pubblico. Questa mi pare davvero la parte essenziale.

Infine, mi spiace che il Parlamento non abbia voluto adottare un approccio più moderno per quanto riguarda l’accesso ai documenti: ho accettato un migliaio di volte il multilinguismo. Tuttavia, continuerò a oppormi alla cosiddetta difesa della diversità linguistica laddove è utilizzata come pretesto da chi sostiene lo status quo ed è apertamente contrario al cambiamento.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. – (NL)Ho votato contro la proposta della relazione Corbett per le stesse ragioni per cui in precedenza mi sono opposta allo scarto del bilancio per la traduzione del resoconto integrale delle nostre sessioni in quest’Aula.

In un parlamento i discorsi sono sacrosanti. Ciò che diciamo non è soltanto un elemento delle notizie del giorno se siamo fortunati, è parte del processo legislativo democratico. Renderlo disponibile nelle lingue europee ufficiali non rappresenta un lusso. La traduzione è politicamente necessaria per un sistema adeguato di archiviazione che dopotutto permette un accesso libero alle informazioni.

Dobbiamo accettare le conseguenze della nostra fondamentale decisione di scegliere il multilinguismo e non ridurlo di nascosto. Un parlamento che nutre rispetto per se stesso non elimina il suo sistema tradizionale di archiviazione. Se occorre risparmiare, sarebbe meglio optare per ambiti differenti del bilancio. Comunque, ribadisco la mia opinione che la nostra insistenza in merito al multilinguismo sia una forma necessaria di rispetto per le diverse culture e le lingue nell’UE e una benedizione per la democrazia.

 
  
  

– Relazione: Bowles (A6-0327/2007)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che sostiene l’istituzione del Comitato consultivo europeo per la governance statistica in risposta a una proposta della Commissione per migliorare l’elaborazione di statistiche a livello UE.

 
  
  

– Relazione: van den Burg (A6-0328/2007)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa indiscussa relazione, che propone l’istituzione di un comitato consultivo europeo della politica dell’informazione statistica comunitaria. Gli emendamenti che il Parlamento ha anche adottato, garantiranno l’efficienza del comitato e influenzeranno il suo nome e la composizione.

 
  
  

– Relazione: Mantovani (A6-0245/2007)

 
  
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  Roberta Alma Anastase (PPE-DE) . (RO) La votazione odierna relativa alla relazione dell’onorevole Mantovani è importante per lo stimolo che offre alla politica europea nel settore dell’apprendimento permanente.

Analizzare la situazione attuale in quest’ambito e la sua correlazione con il mercato del lavoro, la relazione Mantovani dimostra, ancora una volta, l’esistenza di una realtà che abbiamo vissuto per molti anni, ma che non è stata seguita da una politica decisa e coerente che potesse affrontare le sue sfide. Pertanto, ritengo sia importante attuare le nuove proposte il prima possibile. Di fatto, vorrei porre l’accento sulla rilevanza di riconoscere e promuovere l’educazione alla tolleranza sull’intero territorio dell’Unione europea. Si tratta dell’unico modo in cui la mobilità sul mercato del lavoro non creerà gruppi socialmente esclusi, il cui comportamento, prima o poi, diventerà deviante.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR) L’onorevole Castex ha espresso voto favorevole sulla relazione Mantovani riguardante l’istituzione del Quadro europeo delle Qualifiche.

Questo deputato francese del gruppo socialista nel Parlamento europeo accoglie con favore la futura introduzione del Quadro europeo delle Qualifiche, che faciliterà la mobilità transnazionale di lavoratori e studenti, soddisfacendo nel contempo i requisiti del mercato del lavoro mediante un punto di riferimento comune per il recepimento dei livelli di qualifica.

Secondo la proposta, tutte le qualifiche, dalla fine dell’istruzione obbligatoria ai gradi più elevati di insegnamento universitario e di formazione professionale (il documento iniziale della Commissione riguardava solo le qualifiche educative generali), dovrebbero essere classificate secondo uno degli otto livelli di riferimento basati su conoscenza, capacità e competenze acquisite.

L’onorevole Castex ritiene che l’EQF, in quanto strumento di confronto, traduzione e conversione delle qualifiche di uno Stato membro a quelle di un altro, rispetterà la varietà dei sistemi di certificazione e la ricchezza di qualifiche che esiste nell’Unione europea. E’ uno strumento che faciliterà inoltre una maggiore mobilità per i cittadini europei.

Spetta ora agli Stati membri cominciare l’importante incarico di classificare i livelli di riferimento richiesti per l’EQF, altrimenti il Quadro europeo delle Qualifiche sarà destinato a rimanere un involucro vuoto.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. −(PT) Questa relazione contiene diverse contraddizioni e siamo critici nei confronti del compromesso accettato dalla maggioranza del Parlamento europeo sulla costituzione del Quadro europeo delle Qualifiche. Tuttavia, compaiono aspetti positivi per il riconoscimento delle qualifiche tra i vari Stati membri che dovrebbero essere sostenuti.

Eppure, il testo finale adottato accentua la natura federalista della proposta del Parlamento europeo fissando date specifiche per l’adattamento e la correlazione dei diversi sistemi educativi e di formazione utilizzati negli Stati membri, malgrado tali indicazioni non abbiano un carattere vincolante per i prossimi anni.

Vorremmo sottolineare che la politica in materia di istruzione è l’unica responsabilità degli Stati membri per cui riteniamo che “l’adattamento” proposto violi questo principio.

Consideriamo negativo il collegamento al processo di Bologna e la tendenza verso la commercializzazione dell’istruzione, prestando attenzione alla “occupabilità” e alle possibilità del mercato del lavoro connesse all’agenda di Lisbona.

 
  
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  Carl Lang (ITS), per iscritto.(FR) Questa relazione tratta la certificazione a livello comunitario delle qualifiche di apprendimento permanente. Si tratta di una misura del tutto allettante e che dovrebbe essere incoraggiata. Tuttavia, respingo la giustificazione internazionalista utilizzata nel documento, soprattutto perché richiamo la totale sconfitta subita dalla strategia di Lisbona.

Nel testo si riscontra un elemento di ideologia europeista. Si legge che l’obiettivo sacrosanto della globalizzazione costituisce la nostra unica e sola speranza di salvezza e che tale elemento è vantaggioso a livello economico e sociale. A mio parere, la globalizzazione ultra liberale è una macchina per distruggere la struttura economica, sociale e culturale delle nazioni.

Inoltre, la relazione fa riferimento esclusivamente ai progressi possibili, qualcosa per il futuro. Non dovremmo considerare il presente come se tentassimo di analizzare i fallimenti e i danni che sono già stati compiuti alla nostra società dalla globalizzazione?

Di fronte a una simile cecità, irresponsabilità e inadeguatezza ho intenzione di votare contro la relazione.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto.(PL) Signora Presidente, ho votato a favore dell’adozione della relazione sulla raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla costituzione del Quadro europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente.

Lo sviluppo futuro della società europea dipenderà sempre più da istruzione, ricerca scientifica, innovazione e tecnologia. Per questo motivo è così importante offrire sostegno alla promozione della mobilità sul mercato europeo del lavoro. Sono convinto che istituire il Quadro europeo delle Qualifiche faciliterà l’accesso al mercato europeo del lavoro.

Il relatore, l’onorevole Mantovani, nella sua relazione ha giustamente evidenziato che dal 2012 tutti i certificati di qualifiche, diplomi e documenti Europass dovrebbero essere connessi al relativo livello dell’EQF. Il Quadro europeo delle Qualifiche dovrebbe essere utilizzato per facilitare il confronto dei livelli di qualifica. Per gli Stati membri è molto importante ottenere il sostegno per l’attuazione del Quadro europeo delle Qualifiche, in particolare con lo scambio di migliore prassi. Il gruppo consultivo del Quadro europeo delle Qualifiche menzionato nella relazione ha la facoltà di garantire la coesione del processo di cooperazione e di verificarlo.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che cerca di istituire un Quadro europeo delle Qualifiche per contribuire al riconoscimento a livello europeo delle qualifiche che ottengono le persone. Dovrebbe condurre a un miglioramento nella mobilità per chi ha intenzione di lavorare in altri Stati membri fornendo un punto di riferimento neutrale e attendibile per il confronto delle diverse qualifiche.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto.(DE) In teoria, dovrebbe essere possibile riconoscere una qualifica professionale in qualsiasi Stato membro e, per le stesse condizioni, essere applicabile alla forza lavoro nazionale. In pratica, esistono tuttora alcuni problemi che occorre risolvere. Ad esempio, se si chiedesse a un insegnante con esperienza in Austria di completare un periodo biennale di formazione pratica al fine di svolgere lo stesso lavoro in Germania, sarebbe ovviamente un’iniziativa sbagliata. In alcuni Stati membri, la formazione lavorativa non solo è utilizzata impropriamente come metodo di impiego di personale qualificato dotato di titoli accademici nel modo più economico possibile, ma è anche usata per creare ostacoli a certe professioni.

Le condizioni precarie di impiego, che all’inizio avevano colpito esclusivamente i posti di lavoro a reddito più basso, da molto tempo si sono diffuse anche fra i lavoratori qualificati. L’UE non deve offrire ulteriore slancio a questa tendenza relativa al regime della “Carta blu”. Disponiamo di un numero sufficiente di lavoratori qualificati se solo fossimo pronti a retribuirli in maniera adeguata.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. –(EL) L’adozione del Quadro europeo delle Qualifiche rafforza l’intervento dell’UE nei sistemi educativi degli Stati membri, nell’omogeneizzazione e nell’adattamento a una qualità predeterminata e a indicatori di rendimento. Si tratta ancora di un altro modo per sostituire l’istruzione con un apprendimento “flessibile”, esterno al processo di istruzione avviato a livello sociale. La conoscenza è sostituita da una formazione continua effimera e superficiale che fornirà ai lavoratori le competenze necessarie tramite le risorse disponibili.

Tali qualifiche saranno riconosciute non in base ai certificati ottenuti mediante il sistema educativo formale di ogni paese, ma in base a verifiche dei certificati stabilite da organizzazioni controllate dai datori di lavoro. Tale situazione promuove ulteriormente la separazione tra certificati di laurea e la possibilità di perseguire una carriera.

Collegare i diversi livelli di istruzione e forme di apprendimento, che mira a rendere pari l’apprendimento con l’esperienza all’istruzione sistematica, è un tentativo di livellare verso il basso i diritti dei lavoratori e di diminuirne le retribuzioni al minimo livello possibile.

Tramite un sistema di apprendimento permanente e di certificazione di qualifiche professionali, l’obiettivo più ampio dell’UE è subordinare l’istruzione alle priorità del mercato e rafforzare la redditività del capitale. E’ un’iniziativa del tutto in disaccordo con le necessità educative dei lavoratori e dei giovani.

Per queste ragioni, votiamo contro la relazione e la proposta della Commissione.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. −(SK) La mobilità transnazionale del lavoro nell’UE è diventata inevitabile: è una realtà quotidiana nell’UE a 27 dopo l’allargamento. Tali cambiamenti sono accompagnati dalle richieste di un’istruzione più innovativa e flessibile che preparerà gli europei per l’integrazione nel moderno mercato del lavoro in cui l’istruzione è la precondizione fondamentale per tutti i gruppi d’età e le classi sociali.

Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Mario Mantovani sulla proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla costituzione del Quadro europeo delle Qualifiche per l’apprendimento permanente poiché sono certa che si tratti dell’unico modo per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona.

La struttura del Quadro europeo delle Qualifiche è basata su otto livelli verticali, denominati “livelli di riferimento”, definiti in termini di tre criteri orizzontali, conoscenze, abilità e competenze, consentendo pertanto alle persone di integrarsi in modo migliore sul mercato del lavoro per quanto riguarda il completamento di un processo di apprendimento.

Affinché il Quadro europeo delle Qualifiche abbia successo, è assolutamente essenziale che Stati membri e parti sociali fondino la loro cooperazione, nel corso della fase di attuazione, sulla fiducia reciproca.

La struttura del mercato del lavoro in Europa sta cambiando e osserviamo l’emergente necessità di un approccio flessibile all’istruzione. Gli Stati dovrebbero quindi approfittare del Quadro europeo delle Qualifiche al fine di migliorare i programmi di apprendimento permanente. Occorre inoltre che i datori di lavoro e i cittadini europei comprendano il significato pratico delle qualifiche. Quest’azione condurrà a una mobilità del lavoro maggiore e senza barriere nell’UE.

 
  
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  José Albino Silva Peneda (PPE-DE), per iscritto. −(PT)La globalizzazione dell’economia è un problema a cui l’Europa non ha ancora trovato una risposta chiara e convincente.

Un’economia più globalizzata implica una sollecitudine al cambiamento che significa maggiore mobilità.

La creazione di un quadro comune di riferimento per il riconoscimento, il confronto e il trasferimento delle qualifiche che derivano da sistemi differenti è fondamentale per lo sviluppo di un elemento decisivo del progetto europeo, in altre parole la mobilità dei lavoratori in questo caso è facilitata dalla trasferibilità delle loro qualifiche.

Una migliore formazione dei nostri lavoratori, combinata a un sistema armonizzato per il riconoscimento della loro conoscenza, delle loro competenze e capacità, incrementerà la loro mobilità e lo sviluppo del mercato interno.

Maggiori e più valide competenze tra i lavoratori europei potrebbero contribuire a una migliore organizzazione, a più innovazione e una competitività potenziata tra le nostre imprese.

 
  
  

– Relazione: Coelho (A6-0358/2007)

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE) .– (LT) E’ un peccato che l’avvio di SIS II continui a essere rinviato. Oggi abbiamo adottato una risoluzione in merito a tale importante questione. Finora registriamo un ritardo così marcato che è fondamentale trovare una soluzione a questa situazione che ci consentirebbe di impiegare la rete SIS 1+ dopo il 13 novembre 2008.

E’ ora evidente che le risorse umane e finanziarie assegnate all’attuazione di SIS II devono essere condivise da tre progetti sviluppati contemporaneamente: SIS II, SISone4all e l’installazione, il funzionamento e la gestione di un’infrastruttura di comunicazione.

Perciò, a mio parere, la distribuzione corretta delle risorse dell’UE e degli Stati membri avrà una grande importanza. Tuttavia, alla luce del significato del progetto per quanto riguarda la sicurezza dell’UE, è ovvio che SIS II ha la massima priorità. Dobbiamo stanziare fondi per la sicurezza dell’UE e lo sviluppo delle infrastrutture per le comunicazioni.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. −(PT) “Colmare un divario” durante l’estensione del sistema di informazione Schengen (SIS), che include il sistema di informazione sui visti (VIS), l’attuale proposta mira a fornire una soluzione temporanea volta a prevenire qualsiasi lacuna e possibili interruzioni determinate dal rinvio dell’installazione delle “infrastrutture” del “nuovo” sistema. I costi saranno distribuiti tra il bilancio comunitario e gli Stati membri.

Vorremmo evidenziare che tale aspetto prevede l’espansione delle caratteristiche del SIS sviluppandole, ampliando l’accesso a nuove autorità e collegandole fra loro, con l’aggiunta di ulteriori categorie di dati (come il mandato per la cattura di dati e i dati biometrici).

Tale estensione del sistema precedente minaccia considerevolmente i diritti, le libertà e le garanzie dei cittadini aggiungendo nuovi elementi a una base di dati che, per di più, è condiviso da numerosi organismi. La riservatezza di queste informazioni non può essere pienamente assicurata poiché i registri possono essere conservati per un “periodo più lungo” ed essere spartiti con paesi terzi.

Alla base c’è il tentativo di allineare il SIS ai pericolosi e inaccettabili obiettivi dell’attuale offensiva della sicurezza e all’espansione e la crescente comunitarizzazione degli affari interni nell’UE, che naturalmente respingiamo.

 
  
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  Bairbre de Brún, Jens Holm, Mary Lou McDonald ed Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Non ci opponiamo alla soluzione temporanea proposta al fine di garantire l’esistenza di una rete SIS 1+ per il periodo dal 13 novembre al 17 dicembre 2008. Tuttavia, non possiamo sostenere l’uso della passerelle nell’articolo 67, paragrafo 2, trattino 2, del trattato CE come suggerito dall’onorevole Coelho. Questa è la ragione per cui abbiamo scelto di votare contro la relazione.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto.(DE)Esiste già un grave problema con i gruppi del crimine organizzato e gli immigrati illegali che tendono a stabilirsi in zone frontaliere in cui è più semplice fermarli rispetto alle città. Entrambi i gruppi sono già ai blocchi di partenza e sono decisi a entrare in altri paesi non appena aprono i confini, in cui svaniscono senza lasciare traccia. Dobbiamo reagire a questa situazione con una maggiore cooperazione transfrontaliera e controlli intensi nelle regioni frontaliere. L’ampliamento di Schengen è, dopo tutto, una responsabilità importante per tutti i paesi coinvolti.

L’accesso a Schengen, quindi, non dovrebbe dipendere esclusivamente dalla funzionalità del sistema d’informazione Schengen, che è un elemento che la Polonia, ad esempio, non sembra aver ancora ottenuto. Invece, dobbiamo garantire che i futuri membri di Schengen siano in grado di sostenere un controllo efficace dei confini esterni dell’UE, che non si verifichi un ammorbidimento dei periodi di transizione per la protezione dei mercati del lavoro, e che non aumenti ulteriormente il numero degli indigenti. Finché si garantiscono questi fattori, non si deve consentire un’espansione troppo rapida e sconsiderata.

Secondo la relazione annuale di FRONTEX per il 2006, il numero degli arresti ai confini esterni di Schengen (soprattutto Austria e Germania) è tuttora più elevato di quello ai confini esterni dell’UE, pertanto è estremamente incerto se si debba approvare l’espansione. In effetti, la questione è se Schengen non dovrebbe essere in parte abolito, in particolare da quando la relazione sulla tratta degli esseri umani del ministro dell’Interno austriaco ha indicato che quasi il 50 per cento degli illegali in Austria sono entrati nel paese attraverso il confine con l’Italia.

 
  
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  Søren Bo Søndergaard (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Non mi oppongo alla soluzione temporanea proposta al fine di garantire l’esistenza di una rete SIS 1+ per il periodo dal 13 novembre al 17 dicembre 2008. Tuttavia, non posso sostenere l’uso della passerelle nell’articolo 67, paragrafo 2, trattino 2, del Trattato CE come suggerito dall’onorevole Coelho. Questa è la ragione per cui ho scelto di votare contro la relazione.

 
  
  

– Relazione: Belohorská (A6-0291/2007)

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) Sono favorevole a un compromesso ragionevole che conseguirebbe un equilibrio tra salute e protezione ambientale da un lato e produzione agricola dall’altro. Per questa ragione ho votato a favore della relazione elaborata dalla mia collega slovacca, l’onorevole Irena Belohorská, che è un’esperta riconosciuta nel settore di prevenzione e cura dei tumori. Mi congratulo con lei per il documento che si fonda sulla sua vasta esperienza come medico e che introduce una strategia equilibrata relativa all’impiego sostenibile dei pesticidi. Ritengo che questa relazione contribuirà all’adozione di misure più efficaci per una migliore informazione dell’opinione pubblica e condurrà alla realizzazione di metodi adeguati di applicazione e a una graduale riduzione dell’uso di pesticidi nell’agricoltura.

Una soluzione possibile è sostenere gli agricoltori con metodi che li incoraggerebbero a ridurre l’utilizzo di fertilizzanti artificiali nella lotta contro malattie, insetti e piante infestanti nelle loro tenute e, nel fare ciò, favorire un progressivo passaggio a prodotti biologici. La relazione può indurre i consumatori a scegliere, nei mercati o supermercati, non solo i prodotti più invitanti visivamente, ma di concedere la priorità, nell’interesse della loro salute, a prodotti biologici meno allettanti tuttavia più sani.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Tutti noi vorremmo respirare aria pulita e fermare lo scioglimento dei ghiacciai. Nel contempo, nonostante i programmi di risparmio energetico, il nostro bisogno di energia sta aumentando in maniera esponenziale. E’ in gioco anche la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di gas e petrolio.

Dobbiamo quindi investire nello sviluppo di risorse rinnovabili e affrontare le questioni della sicurezza degli impianti di energia nucleare, in particolare il problema dello smaltimento finale dei rifiuti radioattivi. In questo modo potremmo ottenere fino al 14 per cento della nostra energia da fonti pulite. Tuttavia, non possiamo ignorare il fatto che il 32 per cento dell’energia deriva da combustibili fossili, impiegando 300 000 persone e, fondamentalmente, inquinando l’ambiente. Perciò, accolgo con favore e ho sostenuto la relazione dell’onorevole Reul sulle fonti energetiche convenzionali. Concordo con il relatore che dovremmo rivedere gli investimenti e inoltre sviluppare quelle tecnologie in grado di aumentare l’efficienza della produzione di energia da combustibili fossili e ridurre le emissioni. La mole di lavoro da compiere è considerevole.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE) . – (LT) Oggi abbiamo raggiunto un’importante decisione riguardante la strategia sull’uso di pesticidi. Ho votato a favore della risoluzione. Siamo ben consapevoli del fatto che l’aria che respiriamo sia inquinata e che, quindi, presenta rischi per la salute, e che il cibo che consumiamo è stato trattato utilizzando prodotti chimici che sono pericolosi per la salute umana. I nostri bambini, la generazione futura, stanno crescendo in queste condizioni.

Sono assolutamente certa che si debbano ridurre i rischi a cui i pesticidi espongono la salute umana. Pertanto, dovremmo adottare misure decisive e fare del nostro meglio per trovare i fondi necessari. Accolgo con favore i progetti per chiedere agli Stati membri di elaborare piani d’azione che evidenzino i settori in cui i pesticidi sarebbero del tutto vietati e che riducano in modo sostanziale l’uso di questi prodotti entro i prossimi 10 anni.

 
  
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  Irena Belohorská (NI), per iscritto. −(PT) E’ noto che, nel luglio 2006, la Commissione ha presentato una strategia tematica per un uso sostenibile dei pesticidi, insieme a una proposta di una direttiva che stabilisce un quadro di azione comunitaria al fine di ottenere un uso sostenibile dei pesticidi e una proposta di regolamento riguardante la collocazione sul mercato di prodotti per la protezione delle piante, allo scopo di ridurre i rischi generali e gli impatti negativi dell’utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e l’ambiente.

I rischi associati all’uso di pesticidi sono già stati ridotti, ma, in alcune zone, in particolare in paesi che hanno utilizzato a lungo un’agricoltura intensiva, è tuttora possibile riscontrarne quantità indesiderabili nel terreno e nell’acqua. Questa situazione comporta inoltre che paesi come il Portogallo, con un’agricoltura più tradizionale, dovrebbero ricevere maggiore sostegno per mantenere una produzione agricola meno intensiva.

Tuttavia, non riteniamo che la soluzione sia sostituire i pesticidi con gli OGM. Se sono noti gli effetti indesiderabili dei pesticidi chimici sulla salute umana, si dovrebbe applicare il principio di precauzione per quanto riguarda le conseguenze degli OGM sulla salute umana poiché non sono ancora state studiate.

Tale strategia tematica sull’uso sostenibile dei pesticidi riguarda esclusivamente i prodotti per la protezione delle piante, in altre parole un settore dei pesticidi.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto.(PL) Accolgo con favore il fatto che il Parlamento europeo abbia adottato una nuova direttiva sulla fabbricazione e l’uso di pesticidi. La direttiva inasprisce le condizioni secondo cui è possibile autorizzare il commercio di sostanze chimiche impiegate nella fabbricazione dei prodotti per la protezione delle piante. L’esito sarà vantaggioso per i cittadini dell’Unione europea, in particolare per quanto riguarda la loro vita e salute. Inoltre, la direttiva elenca nel dettaglio i casi in cui è attuabile una vaporizzazione dall’aria. Raccomanda inoltre una riduzione nell’uso dei pesticidi e la concessione della precedenza ad alternative non chimiche.

La relazione dell’onorevole Belohorská merita il nostro sostegno, non solo perché è di ampio respiro, ma anche per l’ambito aggiornato delle disposizioni. Non c’è dubbio che i cittadini dell’Unione europea non hanno più intenzione di entrare quotidianamente in contatto con le tossine, né di consumare prodotti contaminati. I nostri cittadini non vogliono nemmeno essere colpiti da sostanze cancerogene o tossiche, o con proprietà di interferenza endocrina. In risposta a queste precise aspettative espresse dalla società europea, era altresì appropriato approvare un divieto all’uso di pesticidi in aree pubbliche rurali e urbane. Si dovrebbe vietare l’impiego di pesticidi in zone vicine a ricoveri, case di cura, centri di riabilitazione, cliniche e ospedali. Un divieto simile dovrebbe essere esteso anche a parchi, giardini pubblici, zone ricreative e per lo sport, cortili delle scuole, parchi gioco e luoghi simili.

 
  
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  Karin Scheele (PSE), per iscritto.(DE)La strategia tematica sull’utilizzo sostenibile dei pesticidi è un supplemento importante alla proposta di regolamento e di direttiva votata oggi in prima lettura.

La strategia tematica è necessaria poiché l’uso di pesticidi nell’Unione europea non è diminuito, nonostante le efficaci misure adottate volontariamente da alcuni Stati membri tra il 1992 e il 2003, e resta a un livello elevato. La relazione Belohorská sottolinea nuovamente l’esigenza di applicare il principio di precauzione all’utilizzo di pesticidi.

 
  
  

– Relazione: Reul (A6-0348/2007)

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Ritengo che la relazione sulle fonti energetiche convenzionali e le tecnologie energetiche sia della massima importanza. Le realtà della vita stanno costringendo gli Stati membri dell’UE a modificare il loro atteggiamento nei confronti dell’energia sui mercati europei e mondiali, risorse, mix energetico e sicurezza di approvvigionamento.

Vorrei porre l’accento sull’importanza dell’energia nucleare, poiché è una risorsa sicura, affidabile e rispettosa dell’ambiente. Il fatto che la Germania, che dispone di 17 impianti nucleari, produca un inquinamento da CO2 sei volte maggiore della Francia, con i suoi 59 impianti, è molto convincente.

L’energia nucleare è particolarmente importante per i paesi che non sono ricchi di fonti energetiche rinnovabili quali il vento, l’energia solare, l’acqua e la biomassa, il cui utilizzo è costoso. L’elettricità è della massima importanza e dovrebbe essere accessibile a tutti.

Ho votato a favore della relazione e desidero sottolineare il peso dell’assistenza europea nella costruzione di impianti nucleari o di altri impianti rispettosi dell’ambiente.

 
  
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  Romano Maria La Russa (UEN) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, solamente per alcune doverose puntualizzazioni sul nucleare di nuova generazione: è bene ricordare che in Italia le centrali nucleari sono state chiuse a seguito di un referendum abrogativo nel 1987, forse giustamente, benché ciò abbia progressivamente determinato una situazione di dipendenza da fonti energetiche straniere.

Il nucleare di nuova generazione tuttavia, quello pulito e sicuro, che rispetta l’ambiente, è certamente una necessità per fronteggiare il problema dell’approvvigionamento e dei cambiamenti climatici. Va pertanto annoverato nel mix energetico che, insieme alle rinnovabili, al carbone pulito e al gas, dovrà permettere all’Europa di limitare la sua dipendenza in futuro.

Ho votato dunque favorevolmente alla creazione di centrali nucleari di quarta generazione, che permettono di produrre energia con maggiore sicurezza e rispettando l’ambiente. Continuo invece a nutrire dubbi, seri dubbi e perplessità in merito allo stoccaggio dei rifiuti nucleari. Se la relazione ritiene risolto il problema dello stoccaggio delle scorie, io francamente non lo credo concluso: il problema delle scorie è cruciale e, per essere risolto in tempi brevi, richiede massicci investimenti nella ricerca.

Per concludere, ritengo che la scelta del mix energetico – ancora tre secondi prego – che garantisca sicurezza all’approvvigionamento energetico dell’Unione europea negli anni a venire, va modulata secondo l’evoluzione della ricerca ed in particolare lo sviluppo di nuove tecnologie.

 
  
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  Karin Scheele (PSE) . – (DE) Signora Presidente, i colleghi della mia delegazione ed io abbiamo espresso voto contrario sulla relazione Reul poiché non riteniamo che l’energia nucleare sia sicura o pulita, né crediamo nella nuova generazione di impianti nucleari o di energia nucleare.

Se veramente l’energia nucleare, e ci sono relazioni e statistiche in merito, dovesse avere un grande impatto in termini di riduzione delle emissioni di CO2, allora assisteremmo a un aumento sostanziale del numero dei nostri impianti nucleari. Questa condizioni non è realistica né praticabile. Per questa ragione, e tratterò più approfonditamente l’argomento quando sarà presentata la prossima relazione, misure efficaci volte a migliorare l’efficienza energetica e a ridurre le emissioni di CO2 delle automobili sarebbero un modo più opportuno per rendere l’Europa un luogo più sano e convincere altri paesi e continenti a seguire l’esempio.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm e Inger Segelström (PSE), per iscritto.(SV) Abbiamo scelto di votare contro la relazione poiché non la riteniamo equilibrata e, tra le altre cose, non riesce ad affrontare problemi importanti connessi all’energia nucleare.

Non crediamo neppure che i fondi per la ricerca energetica dell’Unione dovrebbero essere utilizzati per sviluppare nuove generazioni di reattori per la fissione nucleare.

Mettiamo in discussione il costo per l’ambiente dei combustibili sintetici prodotti da fonti fossili, o dell’idrogeno estratto da fonti energetiche della stessa origine, o dell’energia nucleare, dal momento che queste fonti di energia sono sostenibili a lungo termine da un punto di vista ambientale o di approvvigionamento.

Siamo inoltre dell’avviso che, a lungo termine, i combustibili fossili debbano essere attivamente eliminati, aspetto che nella relazione non è menzionato.

Riteniamo che la captazione di CO2 possa rappresentare una parte importante nella riduzione delle emissioni di CO2, ma altre misure di risparmio energetico e di stimolo all’efficienza, nonché lo sviluppo di energia rinnovabile siano maggiormente sostenibili a lungo termine e dovrebbero essere l’obiettivo finale.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. −(PT) Questa relazione contiene diversi aspetti positivi, compreso il riconoscimento del ruolo delle fonti energetiche convenzionali e della necessità di impiegarle al fine di produrre energia, schiudendo prospettive per il rilancio dell’energia nucleare di fissione e chiedendo un aumento delle restrizioni in merito a nuove centrali elettriche a carbone.

Apre inoltre prospettive per il rilancio e l’estrazione del carbone e invita alla cooperazione internazionale, anche con paesi al di fuori dell’UE, come Cina e India. In aggiunta, evidenzia il valore delle risorse endogene colloca il contributo delle energie rinnovabili su un piano più realistico. Contiene certe critiche alla produzione e all’uso di biocarburanti liquidi e indica la necessità che i paesi siano incoraggiati per quanto riguarda R&S nel settore dell’energia, in particolare come metodo per superare i problemi ambientali e di sicurezza nucleare.

Tuttavia, comprende altresì vari aspetti negativi, inclusa l’associazione dei crescenti problemi sul mercato petrolifero esclusivamente a questioni contestuali ed episodiche, trascurando l’aspetto strategico dello sfruttamento intensivo delle risorse e continuando a ignorare l’enorme potenziale del biometano prodotto dai rifiuti, un approccio che è già applicato in diversi paesi europei.

Questo è il motivo della nostra astensione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione d’iniziativa riguardante questioni energetiche che esamina a fondo numerosi settori di efficienza energetica, approvvigionamento e tutela. Non ho appoggiato gli emendamenti che sostenevano l’energia nucleare: la mia opinione è che dovrebbero essere sviluppate fonti di energia sostenibili e rinnovabili e che gli sforzi in ricerca e sviluppo dovrebbero innanzi tutto incentrarsi su questi ambiti.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. −(DE)In linea di principio, siamo tutti d’accordo che occorre una migliore efficienza energetica e un trasferimento energetica più razionale e che è importante lo sviluppo di energie rinnovabili. Ciononostante, la promozione di queste ultime non deve essere utilizzata come pretesto per diminuire ulteriormente i diritti di sovranità degli Stati membri in modo indiretto in quanto parte della Costituzione europea. Siccome quest’aspetto non è stato chiarito a sufficienza nella relazione, il documento deve essere respinto.

Nonostante l’attuale aumento delle fonti di energia rinnovabile, resteremo dipendenti dalla produzione di energia convenzionale per molti decenni a venire, e dobbiamo quindi garantire che diventi più rispettosa dell’ambiente. Nell’UE, tuttavia, sembra esistere ancora una fissazione con l’energia nucleare, che non è riflessa soltanto nella sua appassionata descrizione come una “fonte di energia rispettosa dell’ambiente”, che in sé è una presa in giro, ma anche nel generoso finanziamento al bilancio per la ricerca nucleare. Considero questo aspetto un fallimento nel ripensare il nostro approccio in maniera percepibile, altra ragione per cui respingo la relazione oggetto della votazione.

 
  
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  Tobias Pflüger (GUE/NGL), per iscritto. −(DE)La relazione Reul è un’apologia dell’industria nucleare. Contrariamente al buon senso, l’energia nucleare è descritta come la tecnologia del futuro, dotata di ulteriori finanziamenti europei per la ricerca e di risorse di bilancio che confluiscono nello sviluppo di tale tecnologia arcaica ad alto rischio.

In effetti, nonostante i recenti “incidenti” negli impianti nucleari di Vattenfall, l’attenzione è rivolta a espandere l’energia nucleare in Europa. Alla luce di tali incidenti, è estremamente cinico affermare che la produzione di energia nucleare stia diventando “sempre più sicura”. Anziché continuare a investire in questa forma complicata di energia, fallendo deliberatamente nel risolvere la questione dello stoccaggio finale, l’obiettivo, alla fine, dovrebbe essere una rivoluzione sociale ed ecologica.

Ciò significa abbandonare i monopoli privati che esistono nell’industria nucleare, offrendo un’immissione consistente di fondi per le energie rinnovabili e circoscrivendo la produzione energetica. Considerato che sono le società del settore, in particolare, che hanno avviato un nuovo ciclo di forti aumenti dei prezzi, occorre intervenire con urgenza. La relazione favorisce solo gli interessi dell’industria nucleare d’Europa. La richiesta di nuovi impianti nucleari in Europa è inaccettabile.

La base giuridica per il finanziamento per un periodo indefinito è conservata nel trattato di riforma. Si tratta ancora di un’ulteriore ragione per respingere il trattato. Ogni centesimo aggiuntivo per il finanziamento europeo al nucleare è troppo. Promuovere la produzione dell’energia da fonti rinnovabili, energia solare, eolica e idrica, è l’unica politica energetica sostenibile.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. −(PT) La Commissione europea, quando ha avviato il pacchetto energetico all’inizio di quest’anno, ha evidenziato la necessità di un piano d’azione tecnologico per i combustibili fossili e ha sottolineato il requisito fondamentale di un approccio pragmatico verso l’energia nucleare.

La realtà è sconfortante: non esistono alternative ai combustibili fossili che siano economiche ed efficienti. Ciò significa che questi combustibili rimarranno l’elemento centrale ed essenziale della politica energetica dell’UE oltre il 2020.

Questa è la ragione per cui dobbiamo trovare nuove soluzioni alla questione dell’approvvigionamento di energia nell’UE, tenendo presente la necessità di competitività, sostenibilità e sicurezza della fornitura. Di conseguenza, tutti gli investimenti nello sviluppo di nuove tecnologie dell’energia, primo per ridurre l’impatto ambientale e rafforzare la sicurezza degli impianti esistenti, e secondo per sviluppare nuove fonti energetiche e garantire un uso più efficiente e pulito dei combustibili fossili, sono di particolare importanza.

Siccome è fondamentale che gli Stati membri e l’UE incentrino i loro sforzi sulla ricerca in materia di energia, da un utilizzo più efficiente delle fonti energetiche alle nuove tecnologie e l’impiego più pulito di quelle esistenti, ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto.(PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Reul sulle fonti energetiche convenzionali e le tecnologie energetiche.

Il documento solleva una questione attuale molto importante che chiede un’ampia discussione nell’Unione europea, ovvero occorre una strategia unificata e dovremmo sviluppare una politica energetica comune. Garantire la sicurezza energetica europea è una priorità, ed è quindi molto gradita la proposta della Commissione di presentare un piano strategico europeo in materia di tecnologia energetica al Consiglio europeo di primavera del 2008.

In quanto leader mondiale, l’Unione europea deve altresì guidare lo sviluppo di moderne tecnologie energetiche, mantenendo tutti le pertinenti norme economiche e ambientali.

 
  
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  Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto.(SV) Ho deciso di sostenere la relazione poiché l’UE ha condotto una discussione insolitamente equilibrata relativa alla necessità di includere l’energia nucleare nel futuro mix energetico d’Europa. Tra le altre cose, la relazione afferma che “l’energia nucleare è indispensabile per garantire a medio termine il carico di base in Europa”, e che “l’energia nucleare è la maggiore fonte energetica dell’UE a basso tenore di carbonio e sottolinea il suo ruolo potenziale ai fini della protezione del clima”. Attualmente, l’energia nucleare è responsabile di un terzo degli approvvigionamenti elettrici dell’UE e sarà sempre una delle più importanti fonti energetiche in numerosi Stati membri dell’UE.

Nel momento in cui si solleva la questione delle emissioni di CO2, a mio parere è poco opportuno non rivolgere maggiore attenzione all’energia nucleare. Se dobbiamo soddisfare la futura domanda energetica senza dipendere ulteriormente dai combustibili fossili e aumentare le emissioni di CO2, diventerà sempre più importante lo sviluppo di energia nucleare nuova e sicura. Purtroppo, questa forma di energia non è inclusa nelle misure considerate realistiche nell’ottica di realizzare l’obiettivo compreso tra il 20 e il 30 per cento entro il 2020.

 
  
  

– Relazione: Davies (A6-0343/2007)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Oggi abbiamo assegnato all’industria automobilistica il compito di sviluppare motori che riducano le emissioni di CO2 al di sotto di 120 g/km. Attualmente, il dato è pari a 157 g. Tuttavia, vorrei avvertire chi ha espresso approvazione per questa proposta che una riduzione delle emissioni è estremamente ostacolata dal numero crescente di automobilisti in generale, nonché di quello elevato di guidatori di vecchie automobili.

Una doppia regolamentazione della pubblicità non risolverà il problema. E’ noto che la maggior parte delle persone dà la precedenza all’efficienza economica nel caso dell’acquisto di un’automobile, anziché all’impatto ambientale del veicolo. I costi, ma anche le emissioni sono in aumento a causa dell’imposizione di maggiore sicurezza al veicolo.

Onorevoli colleghi, finché i veicoli a basso impatto ambientale e i costi correnti non diventeranno più accessibili, le quote di emissione del trasporto su strada non mostreranno alcun calo considerevole. Perciò, non figuro tra i sostenitori della relazione odierna. Nemmeno la relazione della commissione, né la strategia della Commissione sono esaustive a sufficienza. Per questa ragione, ho appoggiato altre proposte, connesse a sanzioni per il superamento dei limiti di emissione e, in particolare, a misure fiscali e sostegno allo svecchiamento della flotta dei veicoli.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) La relazione appena adottata sulla futura strategia in materia di emissioni di CO2 per le automobili indubbiamente contribuisce a una delle discussioni più controverse svoltesi attualmente nel Parlamento europeo. In gioco non c’è solo l’ambiente, e quindi la salute dei cittadini europei, ma anche la competitività di un’importante industria. Ho votato a favore dell’emendamento poiché rappresenta un compromesso tra entrambi gli aspetti. Presta attenzione alla tutela ambientale e al contempo fornisce criteri adeguati e realistici per l’industria automobilistica europea.

La pubblicità di automobili costituisce fino al 20 per cento dell’attività pubblicitaria totale degli editori della carta stampata. Istituire requisiti pubblicitari obbligatori come stabilito nella relazione originale dell’onorevole Chris Davies violerebbe il principio fondamentale della libertà d’espressione. Perciò, ho votato a favore degli emendamenti che omettono i controversi paragrafi da 36 a 41 della relazione. Ho appoggiato la proposta del PPE-DE che invita le case automobilistiche a impegnarsi per un codice di condotta volontario relativo alla pubblicità delle automobili. Dopo che è stata adottata la maggior parte degli emendamenti, nella votazione finale ho espresso voto favorevole sulla relazione dell’onorevole Chris Davies. L’esito della votazione è un chiaro segnale politico per l’elaborazione di una normativa europea che tratti la questione della riduzione delle emissioni di CO2.

 
  
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  Karin Scheele (PSE) . – (DE) Signora Presidente, disponiamo tuttora della legislazione per mezzo della quale il Parlamento può dimostrare che prendiamo seriamente la protezione del clima in Europa, e abbiamo bisogno di raccogliere tutti i nostri sforzi per poter ottenere veramente, mediante tale legislazione, tutti gli elementi su cui oggi non abbiamo votato.

Ritengo sia deplorevole non essersi adoperati per un limite massimo pari a 120 g/km dal 2012. Sono trascorsi più di dieci anni da quando la nostra industria promise di raggiungere tale limite attraverso la propria autoregolamentazione proposta in base al fatto che questo approccio sarebbe migliore e più efficiente, e avrei preferito che oggi quest’Aula avesse trasmesso un messaggio politico chiaro sul clima. Non è accaduto.

Per questo motivo, ho votato contro la relazione, e spero che nella legislazione, mostreremo maggiore decisione e determinazione e preciseremo di prendere davvero seriamente le questioni climatiche in Europa.

 
  
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  Jan Březina (PPE-DE) . – (CS) Ho espresso voto contrario sulla proposta della relazione sulla strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture, anche se per ragioni diverse da quelle menzionate in precedenza.

Ho votato contro la proposta poiché con essa ci stiamo allontanando da un approccio integrato, contenuto in documenti strategici antecedenti, e stiamo invece addossando l’intero onere della riduzione delle emissioni di CO2 sull’industria automobilistica europea. Non sono altresì d’accordo con la richiesta di un’assegnazione obbligatoria pari al 20 per cento di spazio pubblicitario. Tale iniziativa ricorda pericolosamente la campagna informativa riguardante i dannosi effetti del fumo.

Un simile approccio complessivo trasforma la riduzione delle emissioni di CO2 in un dogma che, laddove tradotto in una futura normativa vincolante, provocherà una diminuzione della nostra competitività.

 
  
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  Christoph Konrad (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, ho espresso voto contrario sulla relazione dell’onorevole Davies poiché, a mio parere, abbiamo preso ciò che, essenzialmente, rappresenta una decisione inaccettabile e irrealistica che prevede categorie di efficienza uniformi per quanto riguarda la CO2 per le automobili.

Dovrebbe esistere una scala mobile basata su dimensioni e peso, innanzi tutto per stabilire condizioni paritarie per le case automobilistiche nell’Unione europea. Consentitemi di fornire un esempio: è diverso scaldare una casa o una sola stanza. Perciò, è anche diverso guidare un’auto piccola o grande. Per questo motivo, occorre una segmentazione e una scala mobile basata sul peso. Abbiamo perso quest’opportunità, che ritengo sia riprovevole, e con tale decisione, che non appoggio, abbiamo altresì tralasciato l’opportunità di stabilire un grado di equilibrio tra gli interessi dell’ambiente e quelli dell’industria.

 
  
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  Kurt Joachim Lauk (PPE-DE) . –(DE) Signora Presidente, ho votato contro la relazione dell’onorevole Davies poiché, in seguito agli emendamenti adottati, siamo tuttora lontani da una situazione ottimale, ovvero di proteggere l’ambiente, da un lato, ma anche promuovere l’occupazione in Europa e non imporre ingiustamente al consumatore prezzi troppo elevati. In sostanza, le decisioni prese vanno a discapito dell’impiego e del consumatore.

In termini tecnici, ci siamo allontanati dall’approccio integrato che sarebbe stato essenziale per creare una condizione in cui tutti contribuiscono a ridurre le emissioni di CO2, non solo le case automobilistiche, ma anche i fabbricanti di altri componenti per veicoli. Abbiamo lasciato questa strada. Per di più, non abbiamo incluso il peso e non abbiamo completato le categorie di peso, aspetto importante per la competitività europea, poiché i veicoli di peso più elevato che sono all’avanguardia nel settore dell’innovazione, costituiscono il progresso di cui l’Europa ha bisogno.

Abbiamo stabilito scadenze difficili o costose da rispettare e abbiamo intrapreso l’assurda iniziativa di non tenere conto della richiesta di oneri fiscali relativi alla CO2 negli Stati membri, cosa che significa che i vecchi veicoli che emettono CO2 sono ancora sul mercato e sulle strade. Perciò, ho espresso voto contrario sulla relazione.

 
  
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  Linda McAvan (PSE) . (EN) Signora Presidente, ho due osservazioni da esprimere, la prima relativa alla procedura, la seconda all’elenco di votazione.

Per quanto riguarda l’elenco di votazione: primo, non si è menzionato il paragrafo 3; secondo, ritengo dovremmo analizzare nuovamente che cosa è accaduto in merito agli emendamenti nn. 52 e 51. Se si considera l’emendamento n. 51, è chiaramente il più prossimo al testo originale e dovrebbe essere votato per primo. Il n. 52 è maggiormente distante e andrebbe votato per secondo.

Chiederei alla Presidenza di esaminare tale situazione poiché è proprio ciò che dovrebbe essersi verificato. Pertanto, vorrei alcune risposte in merito a tali aspetti procedurali.

Secondo, per quanto riguarda l’aspetto politico, si è trattato del primo voto reale sui cambiamenti climatici. Non è legislazione, che giungerà in seguito, ma, non riuscendo a sostenere la data del 2012 fissata dalla Commissione europea, ritengo che il gruppo ALDE e il gruppo PPE-DE di questo Parlamento hanno fallito la prima prova sui cambiamenti climatici e i cittadini sono in attesa di ciò che accadrà oggi in quest’Aula e si chiedono se siamo veramente seri in merito agli impegni presi a marzo per ridurre la CO2.

Parliamo di un’Europa che sia un’Europa dell’ambiente. Dobbiamo tradurre tale aspetto in legislazione affinché abbia successo.

 
  
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  Françoise Castex (PSE), per iscritto. – (FR)L’onorevole Castex ha votato a favore della relazione dell’onorevole Davies sulla riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri.

Se la Francia continua a essere monopolizzata dal Forum sull’ambiente di Grenelle, l’Unione europea ha a sua volta aggiunto un altro prezioso elemento alla qualità del nostro ambiente adottando una strategia volta a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli privati.

L’onorevole Castex è molto lieta che il Parlamento abbia esortato l’industria automobilistica europea a garantire che i nuovi veicoli non emettano più di 120 g/km di CO2 entro il 2012.

Questo membro francese del gruppo socialista del Parlamento europeo accoglie con favore il sistema di riduzione delle quote di carbonio (CARS), poiché tale meccanismo imporrà sanzioni ai fabbricanti che non riusciranno a rispettare le quote, assegnando, nel contempo, riconoscimenti a chi ha preso l’iniziativa raggiungendo le emissioni che sono inferiori al limite massimo.

 
  
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  Charlotte Cederschiöld e Christofer Fjellner (PPE-DE), per iscritto.(SV) Essenzialmente abbiamo votato a favore della relazione dell’onorevole Davies sulla strategia per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture (A6-0343/07).

Al fine di ridurre le emissioni di CO2, deve essere una priorità diminuire la proporzione emessa dal traffico automobilistico. E’ importante individuare alternative maggiormente rispettose dell’ambiente all’utilizzo delle automobili. Tuttavia, a nostro parere, le case automobilistiche dovrebbero ottenere l’opportunità di scegliere da sole in che modo intendono realizzare gli obiettivi in materia di ambiente fissati dai politici. La legislazione non dovrebbe disciplinare nel dettaglio come ciò dovrebbe avvenire.

Ci opponiamo inoltre alle norme proposte dal relatore in merito alla pubblicità, che sono ingiustificate e limitano la libertà d’espressione.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione.

Parte del 19 per cento di tutte le emissioni di CO2 prodotte nella Comunità, ora deriva da veicoli privati e da veicoli commerciali leggeri. L’Unione europea deve impegnarsi per un obiettivo ambizioso e realistico volto alla riduzione delle emissioni medie di tutti i veicoli presenti sul mercato dell’UE.

Deve essere ridotto l’impatto del trasporto su strada sulla qualità dell’aria man mano che si rinnova la flotta di veicoli.

Accolgo con favore l’adozione delle scadenze fissate dal Parlamento. Se l’industria automobilistica deve intraprendere azioni verificabili e valutabili dopo il 2011, stabilire il 2015 come la data per ottenere un limite di 125 g/km mi pare assolutamente ragionevole. In effetti, questo termine corrisponde all’entrata in vigore delle norme Euro VI sulle emissioni.

Affinché la legislazione sia efficace, deve essere soprattutto realistica e l’industria ha a lungo collocato le questioni ambientali al centro delle sue politiche. Quando si tratta di cambiamenti climatici, la priorità è ridurre le emissioni di CO2 in termini assoluti.

 
  
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  Jules Maaten (ALDE), per iscritto.– (NL)La relazione Davies merita sostegno per il segnale politico che trasmette. Tutti i settori devono agire al fine di porre rimedio al problema dei cambiamenti climatici, inclusa l’industria automobilistica europea. Per questa ragione, appoggio con fermezza il compromesso di raggiungere un massimo pari a 125g di CO2 per km entro il 2015.

Per i Paesi Bassi la relazione Davies presenta una dimensione aggiuntiva innegabile. A causa del problema del particolato presente nell’aria dei Paesi Bassi, è necessario che le misure adottate a livello europeo affrontino la situazione all’origine. Qualora ciò non accadesse, allora per le zone di trasporto intenso come il porto di Rotterdam e l’aeroporto Schiphol, sarà impossibile rispettare le norme attuali o più severe per la questione del particolato.

Sono favorevole a una migliore informazione per i consumatori in merito al rispetto dell’ambiente di particolari veicoli, simile a quella di cui disponiamo adesso per frigoriferi e lavatrici ad esempio, tuttavia ho votato contro la proposta di rendere obbligatori in tutte le attività pubblicitarie e promozionali dell’industria automobilistica avvisi sulla falsariga di quelli previsti per le sigarette.

 
  
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  Erika Mann (PSE), per iscritto. −(DE) Ho espresso voto contrario sulla relazione dell’onorevole Davies sulla strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri. Avendo inizialmente votato a favore del documento nel corso della votazione diretta in plenaria, in seguito ho ritirato il mio voto per iscritto, come annotato nei registri parlamentari del 25 ottobre 2007.

A mio parere, la relazione è estremamente arbitraria e non è in grado di tenere debitamente conto delle esigenze dell’industria automobilistica tedesca o delle preoccupazioni in materia di ambiente.

Ad esempio, il testo non formula una distinzione tra le diverse classi di veicoli e quindi avanza richieste irrealistiche alle case automobilistiche.

Per quanto riguarda la pubblicità, si effettua un crescente confronto tra le esigenze per quanto riguarda l’etichettatura dei prodotti del tabacco e i veicoli.

Il relatore (l’onorevole Davies, un liberale verde inglese) era preparato unicamente a giungere a un compromesso su un aspetto al termine del processo durante le discussioni in merito. Era troppo tardi per formulare una raccomandazione ragionevole del Parlamento che avrebbe potuto assicurare il sostegno da parte di tutti i gruppi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto.(EN)Ho votato a favore della versione originale di questa relazione, che proponeva limiti severi alle emissioni, pari a 120 g. di CO2 per chilometro entro il 2012. Purtroppo, la proposta è stata indebolita dai deputati Tory e liberali affinché accordasse un limite più elevato per le emissioni e una fase di adeguamento più lunga. La strategia complessiva è positiva, ma è un peccato che sia stata inutilmente attenuata.

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Il Parlamento europeo ha approvato la strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e accolgo favorevolmente quest’iniziativa.

Tale iniziativa ci consentirà di ridurre le emissioni di anidride carbonica e al contempo di favorire la realizzazione di obiettivi europei ambientali più generali e di sicurezza energetica. Ciononostante, ritengo che il messaggio che questa votazione ha trasmesso alla Commissione e alla comunità internazionale in una visione più ampia, avrebbe potuto essere maggiormente ambizioso.

Il limite di 120 g/km per la CO2 è stato presentato per la prima volta nel 1995 come un obiettivo realizzabile per l’industria automobilistica. Ora, 12 anni dopo, la sua applicazione è ancora controversa, anche se progressi tecnologici hanno fatto sì che le emissioni di CO2 ora possano essere ridotte in maniera più considerevole rispetto a quanto fosse possibile dodici anni fa.

Soddisfatto del limite massimo obbligatorio di 125 g/km di CO2, il Parlamento non si è spinto abbastanza lontano. Per questa ragione, ho votato contro gli emendamenti nn. 42 e 52 poiché i loro obiettivi, nella pretesa di essere prudenti e realistici, di fatto sono semplicemente troppo misurati.

In un periodo in cui il consumatore sta diventando sempre più sensibile verso l’inquinamento dei veicoli a motore, qualsiasi misura finalizzata a ridurre le emissioni di CO2 da questa fonte favorirà l’industria automobilistica, il consumatore e, naturalmente, il pianeta stesso.

 
  
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  Renate Sommer (PPE-DE), per iscritto. −(DE) Ho votato a favore delle proposte volte a introdurre un limite vincolante alle emissioni medie, benché con qualche preoccupazione. A mio parere, sarebbe stata preferibile una scala mobile basata sulle dimensioni e il peso del veicolo.

Anche se, a parte ciò, tendo a essere favorevole a impegni volontari da parte dell’industria, ritengo che requisiti giuridici vincolanti siano essenziali per l’industria automobilistica: l’esperienza ha dimostrato che impegni spontanei in questo settore sarebbero destinati a fallire.

Come sappiamo, tra il 1990 e il 2004, si è ottenuta una riduzione di circa il 5 per cento delle emissioni di gas a effetto serra da parte dell’UE a 25. Non per quanto riguarda il traffico stradale tuttavia: in netto contrasto, questo settore ha subito un aumento del 26 per cento. Chiaramente occorre intervenire con urgenza in quest’ambito, e l’industria automobilistica deve offrire il proprio contributo nel ridurre le emissioni.

Il 2012 come anno di introduzione del limite è stato criticato poiché non si consente una fase di adeguamento sufficientemente lunga. Eppure, questa data è stata discussa per anni, e l’industria sapeva che cosa aspettarsi da molto tempo.

La questione che dobbiamo sempre considerare, tuttavia, è equilibrare gli interessi ambientali e quelli dell’industria automobilistica, siccome questi fattori sono altresì nell’interesse dei posti di lavoro e della competitività nell’Unione europea. Si tratta di un settore vivace ed è importante per l’UE. Senza imprese solide, non disporremmo del denaro necessario ai programmi ambientali!

 
  
  

– Relazione: Wagenknecht (A6-0391/2007)

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Finora gli Stati membri sono riusciti soltanto a ottenere un accordo relativo al consolidamento della tassazione indiretta, accisa e IVA, determinazione di un’aliquota minima, applicazione di numerose esenzioni dell’IVA. Dubito che un’aliquota minima di accisa, per il carburante ad esempio, accrescerebbe la competitività economica. E’ più probabile che aumentino i prezzi e si riduca il consumo, in particolare alla luce del rialzo globale dei prezzi. Il coordinamento proposto delle accise rappresenterebbe un onere insostenibile per i nuovi Stati membri.

Il consolidamento consigliato delle basi imponibili a livello UE sarebbe stato maggiormente appropriato per le economie dei 15 vecchi paesi membri, poiché presentano livelli simili di sviluppo. Tale proposta è un passo avanti verso l’unificazione delle imposte sugli utili. L’onere maggiore ricadrebbe sulle economie più deboli dei nuovi Stati membri. Questa situazione condurrebbe a una mancata opportunità per approfittare della concorrenza fiscale, nonché per accelerare la loro crescita economica. Li priverebbe della possibilità di elevare la loro qualità di vita affinché corrisponda a quella dei vecchi paesi membri.

Ho votato contro questa relazione, considerato che è inopportuna, nonostante gli emendamenti.

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm e Inger Segelström (PSE), per iscritto. – (SV)Noi socialdemocratici svedesi riteniamo innanzi tutto che la politica fiscale dovrebbe essere una questione nazionale.

La relazione sottolinea anche la sovranità fiscale degli Stati membri.

Abbiamo deciso di votare a favore del testo poiché rileva in molti modi il ruolo della politica fiscale nei paesi membri per quanto riguarda l’occupazione, le prestazioni sociali e l’ambiente, nonché un buon funzionamento del mercato interno.

 
  
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  Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho approvato l’emendamento n. 20, come presentato dal gruppo Verde/Alleanza libera europea, che cerca di abolire il paragrafo 17 della relazione Wagenknecht relativo al contributo della tassazione alla strategia di Lisbona.

Al fine di garantire il funzionamento uniforme del mercato interno, di fatto sono favorevole a qualsiasi misura che favorisca l’armonizzazione fiscale nell’UE.

Se la tassazione è tuttora, essenzialmente, una questione di sovranità nazionale, in maniera rapida è diventato evidente che occorre garantire un grado minimo di coordinamento fiscale tra gli Stati membri. Perciò, per quanto riguarda la tassazione indiretta, la Commissione ha gradualmente stabilito un’aliquota minima per le accise al fine di ridurre la distorsione della concorrenza.

Tuttavia, nella relazione su cui oggi si esprime il voto, il paragrafo 17 ora cerca di riesaminare questo sistema e propone di sostituirlo con un codice di condotta.

Non ritengo sia sufficiente soltanto “incoraggiare” gli Stati membri quando si tratta di coordinare una tassazione indiretta. Per di più, credo ancor meno nell’efficacia di un codice di condotta sulle accise: è probabile induca una maggiore tentazione di disfare le norme e le pratiche dell’UE, cosa che, a sua volta, creerebbe la spiacevole situazione di una concorrenza sleale in questo settore.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. −(PT) Abbiamo votato contro il testo finale poiché, tra le altre cose, assumeva una posizione di difesa dei gruppi economici e finanziari, come evidenziato dalla relatrice che ha rimosso il suo nome dal documento prima della votazione definitiva e ha chiesto fosse respinta. La risoluzione mira a semplificare le norme e le procedure, in modo che le grandi imprese possano entrare sui diversi mercati e ottenere i profitti maggiori con il minor numero di ostacoli in ogni Stato membro.

Inoltre, riteniamo che, in tutte le discussioni a questo proposito, debba essere rispettata la sovranità fiscale degli Stati membri in termini di definizione della propria politica fiscale. In questo caso, ciò non è accaduto. Una politica europea fiscale presumibilmente comune che promuove “una concorrenza fiscale” servirebbe soltanto agli interessi dei grandi capitali europei e internazionali.

I dati disponibili mostrano che, negli ultimi 10 anni, è avvenuto un calo significativo dell’aliquota fiscale media degli utili aziendali, mentre l’imposta sul reddito è rimasta praticamente immutata.

Ci spiace che le proposte avanzate dalla relatrice, che ha evidenziato la possibile ridistribuzione della tassazione e ha rilevato il trasferimento dell’onere fiscale dai redditi elevati a quelli più modesti, non siano state incluse nel testo definitivo.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto.(SV) Il Junilistan è fermamente contrario alla relazione, che tenta di spostarsi nella direzione di una tassazione comune e di una politica doganale per l’UE.

E’ sorprendente che oggi il Parlamento europeo stia prendendo decisioni in merito a questioni per cui non esiste una politica comune. Non spetta all’UE decidere le questioni fiscali e invitare subito gli Stati membri ad armonizzare i propri oneri fiscali nazionali. Inoltre, è del tutto insensato cercare di introdurre l’imposizione di una tassa comunitaria.

Nella relazione è altresì possibile notare come la strategia di Lisbona consenta all’UE di occuparsi di nuove aree politiche, con il sovranazionalismo, nuovi progetti e successivi costi maggiori.

Il Junilistan vota contro questo testo, poiché la tassazione deve essere determinata dagli Stati membri a livello nazionale e in modo sovrano.

 
  
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  Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR)La relazione sul contributo delle politiche fiscali e doganali alla strategia di Lisbona, come votata dalla commissione per i problemi economici e monetari, costituisce un compromesso accettabile tra il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, da un lato, e tra il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, dall’altro, e la approvo. Sono anche lieta di notare che siamo riusciti a mantenere questo equilibrio durante la votazione in plenaria.

Secondo me, il punto fondamentale della relazione è il paragrafo 4, che sottolinea i vantaggi della sana concorrenza fiscale nell’Unione europea. Qualora, in effetti, avessimo intenzione di realizzare gli obiettivi di crescita economica e occupazione, come stabilito nella strategia di Lisbona, dovremmo garantire di non imporre oneri fiscali troppo gravosi alle imprese, poiché sono queste ultime a creare i posti di lavoro. Per di più, non dovremmo mai tassare eccessivamente dipendenti e consumatori, direttamente o indirettamente, visto che contribuiscono in modo consistente allo sviluppo.

Una concorrenza fiscale costringe gli Stati membri dell’Unione a mitigare la loro domanda nel settore e a essere più efficienti nella gestione della spesa pubblica, e ciò può solamente favorire il contribuente.

La base imponibile consolidata comune per le società, un’altra materia controversa della relazione, a mio parere aggiungerebbe un fattore di coordinamento alla politica fiscale che renderebbe la tassazione aziendale europea meno burocratica e più efficiente.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. –(EL) La politica fiscale è utilizzata per ridistribuire il reddito a vantaggio del capitale. E’ usata da tutti i governi di centrodestra e di centrosinistra, e amministra i capitali nell’UE.

Non esiste politica fiscale comune a causa dei conflitti interimperialisti. Anche se, tuttavia, esistesse una politica simile, il capitale favorirebbe la propria redditività alle spese dei redditi e delle esigenze dei normali cittadini.

Nell’inesorabile concorrenza, il capitale ora si trasferisce in modo semplice e veloce da paesi a tassazione elevata a paesi a tassazione inferiore. In effetti, in tutti gli Stati membri, l’aliquota fiscale sul reddito aziendale sta calando a discapito del reddito della persona fisica.

Tuttavia, questo fenomeno non si verifica per l’onere fiscale sul reddito da lavoro, che rimane costante, mentre le imposte indirette e l’IVA sono aumentate, incrementando la disparità e il divario tra ricchi e poveri. Tale situazione si riflette anche nei dati OCSE, che mostrano che la tassazione indiretta sottoforma di IVA è salita al 6,9 per cento del PIL nel 2006. Pertanto, il capitale è sistematicamente esentato dalla tassazione e l’esazione sui lavoratori è cresciuta mediante la tassazione indiretta.

Ciò si sta verificando anche in Grecia: l’imposta aziendale è calata del 10 per cento e l’IVA è aumentata dell’1 per cento, con ulteriore rialzo previsto pari al 2 per cento.

Si tratta della barbarie del capitalismo, che genera disparità e povertà per la maggior parte dei cittadini, e dobbiamo convertire tale tendenza.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. (EN) Se la relazione contiene alcuni elementi positivi riguardanti una maggiore equità nella distribuzione dell’onere fiscale, non posso sostenere un ruolo più rilevante dell’Unione europea in relazione alla tassazione, che indebolirebbe ulteriormente la sovranità economica degli Stati membri.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE), per iscritto. (EN) La delegazione delFine Gael nel Parlamento europeo ha deciso di opporsi alla relazione nella votazione finale a causa della proliferazione di riferimenti alla CCCTB e a questioni collegate.

Appoggiamo l’agenda di Lisbona e siamo favorevoli alla relazione, per quanto riguarda il riconoscimento degli aspetti positivi di una tassazione inferiore e i vantaggi della concorrenza fiscale, ma respingiamo la prerogativa delle istituzioni europee a interferire nei diritti degli Stati membri, come l’Irlanda, che fanno parte dell’eurozona. I tassi d’interesse sono fissati dalla BCE e il Patto di crescita e stabilità stabilisce i requisiti di finanziamento e inflazione. La politica fiscale è quindi uno degli strumenti concessi agli Stati membri conformemente al trattato e dovrebbe essere salvaguardato.

 
  
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  Peter Skinner (PSE), per iscritto. −(EN) Esistono molti modi in cui gli assetti fiscali nell’UE potrebbero essere utili nel generare una serie di migliori conclusioni per la strategia di Lisbona. In poche parole, l’incentivo alla crescita delle piccole imprese e la creazione di posti di lavoro, nonché le questioni ambientali, è considerato positivo. Spetta agli Stati membri impegnarsi e proseguire, tali sono le loro competenze.

Consolidare le basi imponibili a livello UE non comporterebbe la differenza suggerita dalla relatrice. Il partito laburista del PE sostiene che numerosi elementi positivi verso la strategia di Lisbona possano essere ottenuti tramite l’intervento di un paese membro, anziché dell’UE.

 
  
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  Sahra Wagenknecht (GUE/NGL), per iscritto. −(DE)Nella votazione odierna, il Parlamento europeo ha mostrato che la maggioranza dei deputati appoggia una politica fiscale che favorisce gli interessi di pochi a detrimento di gran parte dei cittadini dell’Unione europea. Benché siano state accettate alcune delle mie proposte, dopotutto, nessuno è desideroso di difendere apertamente la causa dell’aumento dell’IVA, oneri fiscali più elevati sul reddito da lavoro o migliori opportunità di dumping fiscale a livello europeo, le proposte che abbiamo avanzato in merito a un aumento delle imposte sulle transazioni finanziarie e dei beni e a una riduzione del dumping fiscale con l’introduzione di una base imponibile consolidata comune per le società, sono stati respinti dalla maggioranza dei deputati.

Siccome la relazione finale, dopo i singoli voti, era quasi irriconoscibile rispetto al mio progetto originale, con certi aspetti del suo contenuto alterati ulteriormente nella versione del testo concordata in sede di commissione per i problemi economici e monetari, mi sono sentita in dovere di rimuovere il mio nome dalla relazione e invitare i deputati a esprimere voto contrario durante la votazione finale. Accolgo con favore il fatto che anche le sezioni pertinenti del gruppo socialista del Parlamento europeo non siano state in grado di appoggiare la versione definitiva del testo, come mostra l’esito della votazione.

Oggi, quest’Aula ha rinunciato alla possibilità di chiedere una politica fiscale più equa e socialmente compatibile e di adottarla come posizione chiara del Parlamento europeo. Invece, la maggioranza di quest’Assemblea ha nuovamente confermato, senza discutere, le politiche europee rivolte nella direzione sbagliata.

 
  
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  Lars Wohlin (PPE-DE), per iscritto.(SV) Oggi ho scelto di sostenere la relazione sul delle politiche fiscali al processo di Lisbona. Appoggio una sana concorrenza fiscale e una base imponibile aziendale consolidata comune per le società internazionali, senza l’armonizzazione dei livelli fiscali e con un diritto d’opzione per ogni Stato membro di non rientrarvi, qualora lo ritenesse opportuno. E’ altresì importante stabilire la sovranità dei paesi membri nel settore della tassazione. Contesto inoltre ogni tentativo di introduzione di un onere fiscale europeo.

 
  
  

– Relazione: Florenz (A6-0336/2007)

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . – (SK) Ammiro e rispetto la determinazione con cui alcuni paesi hanno introdotto il divieto di fumo non solo negli uffici e in tutti i posti di lavoro, ma anche in ristoranti, pub, bar e locali. Esistono valutazioni d’impatto economiche che non hanno confermato le preoccupazioni dei gestori dei locali in merito a un calo dei guadagni. Siamo inoltre consapevoli che la cura dei tumori ai polmoni e altre malattie costa oltre 50 milioni di euro.

In Scozia, il numero di persone ricoverate in ospedale affette da miocardite è calato di quasi il 20 per cento dall’introduzione del divieto di fumo. I bambini di donne fumatrici, nonché di donne esposte a fumo passivo durante la gravidanza, sono nati prematuramente e presentano un peso alla nascita inferiore a quello normale. Invito gli Stati membri dell’Unione europea, incluso il mio paese membro, a introdurre senza esitazioni leggi efficaci che prevedano il divieto di fumo nei luoghi di lavoro e nei ristoranti, e misure valide che riducano l’uso complessivo del tabacco.

 
  
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  Roberta Alma Anastase (PPE-DE) . (RO) Mentre voto a favore di questa relazione, desidero evidenziare il suo significato per il futuro dei cittadini europei e dell’intera Unione europea. Accolgo con favore l’approccio strategico al problema del fumo, compreso il fumo passivo, nonché la proposta di azioni concrete e urgenti per la lotta contro questo fenomeno e le sue conseguenze negative a livello europeo. Inoltre, sono certa che un approccio strategico alla questione dovrebbe includere una politica di prevenzione del fumo, in quanto elemento essenziale, sviluppando un sistema reale di educazione a questo proposito. La realtà odierna è ovvia; esiste una chiara e crescente necessità di sensibilizzazione per quanto riguarda gli effetti del fumo nell’intera società europea. Non meno importante è incentrare questi sforzi di prevenzione all’educazione, in anticipo, di bambini e giovani, e dei loro genitori, al fine di garantire un’Europa senza fumo per le generazioni future.

 
  
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  Ryszard Czarnecki (UEN) . – (PL) Signora Presidente, vorrei spiegare il mio voto in merito alla relazione dell’onorevole Florenz sulla lotta al preoccupante fenomeno della dipendenza da nicotina. Desidero porre l’accento sul fatto di aver votato a favore di questo documento, malgrado sia un sostenitore della libertà per i fumatori e, ovviamente, un difensore del pluralismo. Ciononostante, il problema degli effetti dannosi del cosiddetto fumo passivo, ovvero le conseguenze per i non fumatori circondati da fumatori, in effetti è allarmante. E’ sufficiente ricordare a quest’Aula che 650 000 decessi l’anno sono connessi al fumo. Questo dato include 80 000 fumatori passivi, alcuni dei quali sono bambini. Questo è il motivo per cui dovremmo imporre limitazioni alla libertà di certe persone al fine di prevenire alcune morti.

 
  
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  Hannu Takkula (ALDE) . (FI) Signora Presidente, innanzi tutto desidero esprimere la mia soddisfazione per questa relazione. E’ un’ottima iniziativa aver adottato una posizione chiara contro il fumo passivo.

Ho votato a favore del testo poiché è giunto il momento di agire a livello europeo per impedire che le persone siano effettivamente esposte ai pericoli del fumo del tabacco. Come udito in precedenza, 650 000 persone muoiono ogni anno per le conseguenze del fumo. E’ ora di intervenire.

Nonostante il mio sostegno alla proposta, mi rendo conto che sarà difficile metterla in pratica e applicarla dappertutto. Il paragrafo 11 include il concetto che il fumo dovrebbe essere vietato nel trasporto privato in tutta l’UE in presenza di minorenni. Si tratta di un valido obiettivo, ma dobbiamo considerare il modo in cui sarebbe possibile controllarlo. Un ambiente privo di fumo è un traguardo che dobbiamo perseguire, tuttavia, in futuro, sarà necessario prestare maggiore attenzione a garantire che l’intervento intrapreso sia ragionevole e che si possa verificare il rispetto delle norme.

 
  
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  Christoph Konrad (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, onorevoli colleghi, ovviamente tutti sappiamo che il fumo è dannoso per la nostra salute. Ciononostante, ho espresso voto contrario in merito alla relazione su un’Europa senza fumo per una questione di principio, poiché è corretto affermare che in nessun altro ambito lo Stato si è imposto con così tanto successo quanto nella lotta contro il fumo nei luoghi pubblici. I paesi dell’UE, compreso il mio, stanno intervenendo, su una scala senza precedenti, con i loro divieti di fumo, nelle abitudini private dei cittadini.

Stiamo assistendo a una politica proibizionista appoggiata dallo Stato oltre confine, destinata a insegnare ai cittadini a modificare il loro comportamento. La stessa relazione chiarisce quest’aspetto. L’unanimità, o, come accade oggi, un’unanimità virtuale non è garanzia di libertà. E’ vero il contrario. In sostanza, ed è ciò che dobbiamo riconoscere, la libertà cresce sulla possibilità di discostarsi dalla regola. I cittadini interessati sono in movimento, lo Stato assume il ruolo di istitutore, e tutti coloro che hanno sono coinvolti e sostengono quest’aspetto pensano che non abbia niente a che fare con la libertà. Si sbagliano!

 
  
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  Renate Sommer (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, sì, anch’io ho votato contro la relazione su un’Europa senza fumo, benché nel farlo mi sottoponga a ciò che è equiparabile a una caccia alle streghe, anche in quest’Aula. Questa è la ragione per cui molti dei nostri colleghi non hanno semplicemente avuto il coraggio di respingere la relazione, sebbene nemmeno loro fossero favorevoli a questa politica di tutela.

Sono ovviamente d’accordo per quanto riguarda la protezione dei non fumatori, bambini e giovani, ma è in gioco una questione di principio. Primo, non disponiamo delle competenze di politica sanitaria, che spetta ai paesi membri. Tutto il resto costituisce violazione della sussidiarietà ed è una pertinenza costruita a livello europeo. Secondo, e più in particolare, ne abbiamo abbastanza! Basta onorevoli colleghi! Per anni, l’UE ha fatto guerra a fumatori, alcolisti e obesi in Europa, in apparenza partendo dal presupposti che i nostri cittadini sono stupidi e hanno bisogno di tutela attraverso la legislazione. Si tratta proprio di ciò a cui sono contraria.

I cittadini che rappresento non sono stupidi. Una politica proibizionista è sempre controproducente e il mio lavoro è rappresentare le persone, non accudirli.

 
  
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  Daniel Hannan (PPE-DE) . (EN) Signora Presidente, qualora mai esistesse una questione che esigesse sussidiarietà, si tratterebbe sicuramente del fumo. Accettiamo l’ipocrisia di finanziare la coltura del tabacco nell’Unione europea, penalizzando nel contempo il suo consumo. Ignoriamo la doppia normativa intesa a disincentivare il fumo all’interno dell’UE, incoraggiandolo all’esterno. Incentriamoci invece sulla questione più fondamentale in merito a quale di questi aspetti abbia a che fare con Bruxelles.

Di certo lo status giuridico e fiscale del tabacco è una prerogativa nazionale, e la questione relativa a dove e quando possiamo consumarlo dovrebbe essere decisa a livello ancora più locale: in uno spazio privato, dal suo legittimo proprietario, e in uno spazio pubblico dalle autorità municipali. Non dovrebbe avere niente a che fare con i governi nazionali e, naturalmente, con l’Unione europea. Sussidiarietà, onorevoli colleghi, ricordate?

 
  
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  Marcin Libicki (UEN) . – (PL) Signora Presidente, durante questa seduta abbiamo discusso la relazione dell’onorevole Florenz volta a limitare il diritto di fumare sigarette. Ho votato contro questo documento poiché ritengo che si dovrebbero imporre restrizioni solo in casi in cui il fumo rechi danno ad altre persone. Non possiamo, tuttavia, vietarlo a chi vuole farsi del male. Si tratterebbe di una violazione dei diritti dell’individuo che supera le prerogative di ogni datore di lavoro. La questione dei costi connessi alle cure di certo è pertinente, ma è semplicemente compito di chi è responsabile delle assicurazioni. Ove appropriato, le tariffe per i fumatori potrebbero essere aumentate fino a includere i costi delle cure. Esiste un altro aspetto degno di essere menzionato, vale a dire la sussidiarietà. Gli oratori precedenti ne hanno già parlato e, ovviamente, concordo appieno sul fatto che tale questione, che in ogni caso è essenzialmente invalidata, debba rientrare nelle competenze delle autorità nazionali, non dell’Unione europea.

 
  
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  Daniel Caspary (PPE-DE), per iscritto. −(DE) Accolgo con favore tutte le misure degli Stati membri volte a informare i cittadini dei rischi del fumo. A mio parere, questi provvedimenti rientrano nell’ambito dei paesi membri, non dell’Unione europea.

Nella votazione finale, pertanto, ho respinto la relazione Florenz.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. −(PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Florenz sul Libro verde “Verso l’Europa senza fumo: opzioni per un’iniziativa dell’Unione europea” poiché ritengo sia essenziale compiere i passi appropriati volti a ridurre il numero di decessi e di gravi malattie provocate dal fumo di tabacco.

A questo proposito, sostengo la richiesta alla Commissione di modificare la direttiva 2001/37/CE sui prodotti del tabacco al fine di, alla luce dei nuovi progressi scientifici, rivedere le norme sull’impiego di additivi e altre sostanze in tali prodotti, in particolare in relazione agli additivi cancerogeni, mutagenici o tossici.

 
  
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  Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR)Strasburgo non è Qom e il Parlamento europeo non è la “guida suprema” inviata a elargire decoro e rettitudine nell’Unione. Ora tutti sanno che il fumo reca danni alla salute. Ma la vita stessa è pericolosa, poiché finisce sempre con la morte. Personalmente non ho mai fumato.

Se non mi sorprende che alcuni adulti siano pronti a correre il rischio, non smetto mai di sbalordirmi del proselitismo degli ayatollah nella commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, presentando relazioni su relazioni d’iniziativa, che tentano di “salvare il mondo” a discapito degli esseri umani e delle loro debolezze. Dico “no” a questi fanatici.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto.(PL) In quanto membro della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, nonché non fumatrice consapevole delle numerose conseguenze negative del fumo di sigaretta nelle immediate vicinanze, accolgo con favore la relazione dell’onorevole Florenz intitolata “Verso l’Europa senza fumo”.

Ritengo sia del tutto appropriato per il Parlamento europeo stesso trasmettere un messaggio deciso e inequivocabile a tutti i cittadini dell’UE e ai paesi membri, chiarendo che non abbiamo intenzione di vedere fumatori nei luoghi pubblici, ovvero in ristoranti, bar e mezzi pubblici di trasporto. In particolare non vorremmo vedere fumatori sul posto di lavoro.

Chiediamo inoltre misure più severe contro la vendita di sigarette ai minori. In aggiunta, ritengo che l’introduzione di restrizioni dovrebbe essere accompagnata da una campagna informativa ad ampio respiro che dovrebbe includere più degli effetti dannosi del fumo. Questi ultimi sono generalmente noti, ma occorre altresì chiarire che i diritti dei non fumatori a vivere in un ambiente senza fumo non possono dipendere o essere limitati dai fumatori che intendono esercitare il loro diritto di fumare alle spese dei non fumatori.

Se il nostro appello per un’Europa senza tabacco avesse esito positivo, noi deputati del Parlamento europeo dovremmo essere un modello ed eliminare il fumo dal nostro luogo di lavoro. Ciò significa niente più fumo negli edifici parlamentari.

 
  
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  Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR)Ho votato a favore di questa relazione che cerca non solo di sostenere gli Stati membri nelle severe misure che hanno adottato per combattere la dipendenza da tabacco, ma anche di promuovere una migliore salute pubblica.

Il fumo di tabacco non è soltanto una grande fonte di inquinamento dell’aria, i prodotti chimici contenuti nelle sigarette espongono fumatori e non fumatori a gravi rischi. Questa condizione è vera soprattutto negli spazi chiusi, quali posti di lavoro, bar e ristoranti. Mi pare quindi fondamentale dover vietare il fumo in questi luoghi in modo chiaro e unilaterale.

Imporre una rigida legislazione destinata a fornire la massima protezione per la salute dei nostri cittadini non può essere ottenuta efficacemente senza uno sforzo reale nell’avvisare e informare il pubblico per quanto riguarda i rischi associati all’uso del tabacco. Accolgo inoltre con favore la volontà espressa al fine di dirigere campagne d’informazione a certi gruppi mirati, in particolare i giovani, le donne incinte e i genitori.

Infine, mi spiace che sia stato adottato un emendamento che chiede alla Commissione di investigare i rischi per la salute associati alla masticazione del tabacco e il suo impatto sul consumo di sigarette. Ritengo che tale richiesta non appartenga a una relazione simile, poiché i rischi prospettati a causa della masticazione del tabacco, ovvero il cancro della lingua e così via, sono generalmente riconosciuti.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore di questa relazione, che indica le alternative volte a ridurre il danno provocato dal fumo di tabacco nell’Unione europea. Non chiede una legislazione a livello UE, ma invita gli Stati membri a introdurre divieti di fumo completi in due anni. Il Regno Unito dispone già di un divieto simile, ma, considerati i danni che procura il tabacco, sostengo che questo approccio sensibile sia esteso a tutta l’UE.

 
  
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  Andreas Mölzer (ITS), per iscritto. −(DE) I divieti di fumo sono di certo nell’interesse della salute pubblica e, per gli edifici pubblici, sono quindi graditi. E’ inoltre ragionevole proteggere i bambini e i giovani. Tuttavia, con questi gruppi particolari, sarebbe più utile se le persone dessero il buon esempio e mantenessero le esistenti campagne antifumo. Eppure, per l’Unione europea, è ipocrita tentare di imporre divieti di fumo in blocco per tutti gli Stati membri, quando ha dimostrato di non essere in grado nemmeno di raggiungere un accordo sulle strutture di quest’Aula.

Il nostro sistema democratico e gli atteggiamenti moderni verso la vita sono basati sulla libertà di scelta e, logicamente, ciò vale anche per il fumo. Se la maggior parte della popolazione è favorevole al divieto di fumo nei ristoranti, allora a breve o lungo termine sarà applicato. Fra le persone esiste già la tendenza a smettere di fumare e, in linea con il principio di sovranità, dovrebbe competere a ogni paese decidere di introdurre divieti di fumo nei ristoranti, ad esempio, e quale forma dovrebbero assumere.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. –(EL) Ho appoggiato la relazione Florenz sul Libro verde “Verso l’Europa senza fumo”. Ritengo favorirà la protezione della salute pubblica e contribuirà in modo sostanziale a ridurre gli effetti dannosi del fumo, nei giovani e nei fumatori incalliti. Si otterrà questo risultato esortando il divieto immediato di tutti gli additivi che aggravano la dipendenza e promuovendo misure a livello europeo e degli Stati membri.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Sostengo fortemente i divieti di fumo nei luoghi pubblici volti a proteggere la salute pubblica e a prevenire i danni del fumo passivo.

In Scozia, da 19 mesi, è ora in vigore il divieto di fumo nei luoghi pubblici, e i dati mostrano che dall’introduzione del divieto si è verificata una riduzione del 20 per cento di ricoveri per attacco di cuore.

Il divieto di fumo ha pertanto salvato vite ed è stato efficace nel promuovere una salute migliore per gli scozzesi. Attendo di assistere all’attuazione di tale approccio nel resto d’Europa.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. −(PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Florenz intitolata “Verso l’Europa senza fumo”.

Il fumo del tabacco è una sostanza molto nociva. Contiene migliaia di elementi chimici, comprendenti oltre 250 componenti cancerogeni e tossici. Anche la minima esposizione a tali sostanze può contribuire allo sviluppo di tumori. Le particelle di fumo di tabacco si depositano in maniera permanente nei luoghi chiusi, causando inquinamento dell’aria che nemmeno i più avanzati sistemi di ventilazione riescono a trattare in maniera efficace.

Ogni anno, nell’Unione europea muoiono migliaia di persone a causa del fumo passivo. Questi decessi potrebbero essere evitati. Per ciascun cittadino europeo deve essere possibile vivere e lavorare in ambienti senza fumo di tabacco. Tale iniziativa deve essere evidenziata in particolare in relazione a istituzioni ed edifici pubblici. Il settanta per cento della popolazione dell’Unione europea non fuma. Dobbiamo tenere presente questo dato e garantire che queste persone siano in grado di vivere in un ambiente pulito e sicuro.

 
  
  

– Proposta di risoluzione RC-B6-0376/2007

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . – (SK) Ho votato contro la relazione poiché non riflette chiaramente la posizione dell’Unione europea per quanto riguarda la Turchia. E’ necessario congelare del tutto i negoziati d’adesione con la Turchia. Esistono numerose ragioni di farlo. Attualmente la Turchia è un partner non degno di fiducia. Respingendo l’ingresso della Turchia nell’UE, in altre parole raccontando la verità ai turchi in merito alla loro futura adesione all’UE, aiuteremo il paese a democratizzare finalmente la sua società.

La Turchia continua a occupare uno Stato membro dell’Unione europea: il 40 per cento del territorio cipriota subisce l’occupazione militare turca. In Turchia non esiste libertà di religione. I non musulmani, i cristiani, i membri della Chiesa cattolica ortodossa e i protestanti sono sottoposti a persecuzioni poiché non sono autorizzati a erigere chiese. Sono state distrutte cinquecento chiese ortodosse, mentre dappertutto nell’Unione europea i musulmani costruiscono moschee. In Turchia non esiste libertà di parola. Questo paese non riconosce il passato massacro di un terzo della popolazione armena. Si sta preparando per un altro intervento militare in Iraq. Non sta risolvendo i problemi della minoranza curda sul suo territorio. La Turchia non è in Europa e non appartiene all’UE. Un partenariato privilegiato con la Turchia, anziché una piena adesione, sarà sufficiente.

 
  
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  Christoph Konrad (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, non ho votato a favore della risoluzione relativa alla Turchia poiché sono estremamente preoccupato per il fatto che il Parlamento turco abbia concordato un attacco militare contro l’Iraq. Di questo aspetto si potrebbe anche non tenere conto nella relazione, ma si tratta di una questione molto attuale.

Adottare misure contro un gruppo terroristico è diverso dal votare per invadere un paese limitrofo. Non è negli interessi dell’UE assistere a una destabilizzazione dell’Iraq. Dovremmo ricordare alla Turchia che, in quanto paese candidato, dovrebbe considerare gli interessi europei nel quadro di quelli comuni. Ciò dimostra che una piena adesione per questo paese, che, per inciso non approvo, con i suoi confini condivisi con Iran e Iraq, comporterebbe una completa rielaborazione della carta politica nell’UE. A mio parere, dovremmo risparmiarci i rischi associati.

 
  
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  Philip Claeys (ITS) . –(NL) Signora Presidente, ho votato contro la risoluzione Oomen-Ruijten poiché ritengo che il Parlamento dovrebbe svolgere un ruolo più attivo e ambizioso nel controllare il processo di negoziazione con la Turchia.

Ora pare dovremmo garantire di non ferire i sentimenti suscettibili del Primo Ministro Erdoğan e del Presidente Gül. E’ sempre più evidente che la Turchia è un paese candidato diverso da qualunque altro. Senza dubbio la Turchia non ha bisogno di osservare in modo rigoroso i criteri di Copenhagen, malgrado tutte le promesse da parte di Consiglio, Commissione e Parlamento che lo avrebbe fatto.

Vista la situazione, non dovremmo essere affatto sorpresi che sempre più cittadini dell’Unione europea rifiutino l’UE.

 
  
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  Frank Vanhecke (ITS) . –(NL) Signora Presidente, questa nuova votazione in merito all’adesione turca è un’evidente dimostrazione del fatto che non solo per la maggior parte dei nostri cittadini l’Europa è distante e non suscita grande interesse, ma che anche le stesse istituzioni europee si stanno allontanando sempre più dai cittadini europei.

Per gli eurocrati, l’Europa non è più veramente Europa, poiché procediamo con piacere a preparare l’adesione di un paese che non è affatto europeo, non è europeo in termini storici, culturali o religiosi, né per quanto riguarda l’euro, e nemmeno dal punto di vista geografico. Per di più, tutta la questione è stata condotta in maniera fondamentalmente antidemocratica, siccome la grande maggioranza dei cittadini europei è realmente contraria all’adesione della Turchia, ma non le è consentito esprimere il proprio parere.

I cittadini non sono autorizzati a pronunciarsi in merito alla Turchia, proprio come accade in merito alla nuova Costituzione che non ci è permesso chiamare costituzione. Gli eurocrati hanno davvero paura della democrazia, di consultare le persone? Questa Europa sta agendo in maniera sempre più antidemocratica, e avrà un esito negativo.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE) . (FI) Signora President, due settimane fa, il figlio di Hrant Dink, Arat Dink, e l’editore Serkis Seropyan sono stati condannati alla reclusione per un anno in conformità con l’articolo 301, vale a dire per aver ingiuriato l’identità turca. Qual è stato il loro crimine? Più di un anno fa, pertanto prima dell’assassinio di Hrant Dink, il quotidiano Argos pubblicò un articolo che sosteneva che Hrant Dink, durante un’intervista rilasciata alla Reuters, affermò di ritenere che le uccisioni avvenute nel 1915 fossero genocidio. Il quotidiano è stato quindi l’unico a riportare la notizia, ed è sufficiente.

Credo pertanto sia estremamente importante votare a favore della nostra risoluzione che invita la Turchia a riconoscere il genocidio armeno. Lo affermo in quanto sostenitrice della Turchia. Sarebbe positivo che la Turchia si rendesse conto che non si tratta di un comportamento anti-turco, ma più di una consuetudine dell’UE di cercare di creare una società migliore in cui poter sfuggire agli orrori della storia. Un atteggiamento mentale in cui l’identità nazionale si tutela con un codice penale secondo il quale l’articolo 301 costituisce un continuo quadro di riferimento, e in cui si negano gli errori di una nazione, è in serio contrasto con tale consuetudine.

Una delle basi dell’identità europea è che la storia va guardata dritta negli occhi e tenuta in considerazione. Il genocidio armeno è una verità storica. Il Parlamento chiederà alla Turchia di riconoscerlo nella risoluzione all’avvio dei negoziati.

 
  
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  Gérard Deprez (ALDE), per iscritto. – (FR) Vorrei approvare gli emendamenti al testo che sono stati presentati per la votazione odierna in merito alle relazioni tra l’Unione europea e la Turchia e, nel farlo, richiamerei le conclusioni raggiunte al Consiglio europeo svoltosi a Bruxelles nel dicembre 2006. Tali conclusioni indicavano il principio con cui, per quanto riguardava l’allargamento, l’Unione europea richiederebbe a ogni paese candidato di rispettare pienamente tutti i criteri di Copenhagen, ma che qualsiasi allargamento sarebbe ancora soggetto alla capacità dell’Unione in merito a un’ulteriore integrazione.

Pochi di voi, talvolta, si renderanno conto dei dubbi, o piuttosto delle preoccupazioni, che nutrivo in relazione alla possibilità dell’Unione europea di continuare a funzionare adeguatamente qualora la Turchia diventasse uno Stato membro.

Naturalmente la Turchia è un paese “amico” e in termini geostrategici è un partner molto importante per l’Unione europea. Sono quindi del tutto favorevole al mantenimento da parte dell’UE di un partenariato privilegiato con la Turchia. Tuttavia, mi oppongo con forza al fatto che questo paese particolare diventi parte della Comunità.

Per di più, ritengo che i problemi d’integrazione della Turchia come possibile Stato membro saranno sempre più evidenti con l’avanzamento dei negoziati d’adesione.

 
  
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  Patrick Gaubert (PPE-DE), per iscritto. – (FR)Mi congratulo con la relatrice per aver presentato la risoluzione sulle relazioni tra l’Unione e la Turchia. La proposta di risoluzione dell’onorevole Oomen-Ruijten è un documento equilibrato e di compromesso e in esso ha cercato di includere tutte le questioni relative a questo particolare problema.

Da un lato, la risoluzione si complimenta con la Turchia per aver recentemente condotto elezioni libere ed eque, invita il governo turco ad accelerare il processo di riforma e accoglie con favore il suo intento di adottare una nuova costituzione civile. La proposta di risoluzione chiede inoltre di avviare un’ulteriore iniziativa politica per una risoluzione definitiva della questione curda. Fa altresì riferimento ai tentativi di ottenere una soluzione al problema di Cipro nel quadro dell’ONU.

Dall’altro, in accordo con la posizione avanzata dalla Francia, accolgo positivamente il fatto che la risoluzione ricordi che l’adesione della Turchia continui a dipendere dalla piena conformità con i criteri di Copenhagen e dalla capacità dell’UE di ulteriore integrazione.

Per tutte queste ragioni, ho deciso di sostenere l’adozione di questa risoluzione nella votazione finale in plenaria. Posso solo nuovamente esprimere il mio profondo dispiacere in merito al fatto che il Parlamento non abbia formalmente esortato la Turchia a riconoscere in modo ufficiale il genocidio armeno del 1915.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto.−(PT) Come evidenziato in precedenza, i negoziati sull’adesione della Turchia all’UE hanno sollevato numerose questioni. Tale processo è incoraggiato dai poteri forti che, nonostante le contraddizioni, mirano a integrare questo grande paese nel “mercato unico” dell’UE, ottenendo quindi il controllo della sua economia e approfittando della sua posizione geostrategica per i propri progetti in Medio Oriente, Caucaso e Asia Centrale.

La risoluzione è quindi illuminante a questo proposito poiché sottolinea “l’importanza della Turchia quale nodo di transito ai fini della diversificazione delle forniture di gas all’UE” e “i progetti concernenti l’energia che interessano la Turchia nel Caucaso meridionale”, nonché “la posizione geostrategica della Turchia nella regione e il suo ruolo nell’ambito dei trasporti e della logistica acquisirà maggiore importanza nei prossimi anni”.

I seguenti sono alcuni degli aspetti importanti che occorre rilevare:

– la Turchia non ha compiuto alcun progresso verso il riconoscimento di Cipro, uno Stato membro dell’UE, occupa tuttora militarmente la zona settentrionale dell’isola e non rispetta le risoluzioni dell’ONU in merito;

– le autorità turche sono ancora impegnate nella repressione contro i curdi e negano i loro legittimi diritti culturali, politici, economici e sociali.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. –(EL) La relazione sui progressi del percorso di adesione della Turchia all’UE include complimenti del tutto falsi al governo turco e al nuovo Presidente. Il documento è un’espressione ipocrita e vana di un’illusione relativa ai diritti umani in termini vaghi e generali, che condanna il terrorismo e cita la battaglia comune intrapresa contro questo fenomeno da UE e Turchia.

Dall’altro lato, non si osserva alcun riferimento all’occupazione continuata della zona settentrionale di Cipro da parte delle forze militari turche. Non esiste nemmeno una condanna simbolica del costante rifiuto della Turchia di riconoscere la Repubblica di Cipro, e non si esercita alcuna pressione a questo proposito. Non si condanna la politica del regime turco che contende i diritti greci di sovranità o la sua minaccia a ricorrere alla forza contro i paesi limitrofi, né la barbara persecuzione e i crimini commessi dalle autorità turche contro la popolazione turca. Non si riscontra la minima allusione alla persecuzione politica, contro la classe media turca in tutte le forme, secolari e a favore del burka, i comunisti e altri cittadini progressisti. Malgrado tutto ciò, si esorta la Turchia a non usare una forza sproporzionata nell’imminente attacco all’Iraq settentrionale!

Nel quadro dell’UE, la relazione riflette gli obiettivi dei potenti paesi imperialisti in linea con i loro interessi geopolitici nella zona più ampia.

E’ a vantaggio dei turchi e di altre popolazioni della regione opporsi all’integrazione della Turchia nell’UE e ai suoi progetti imperialisti.

 
  
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  Pierre Pribetich (PSE), per iscritto. – (FR)Questa risoluzione perde il proprio impatto poiché la maggioranza dei deputati ha respinto gli importanti emendamenti relativi al riconoscimento del genocidio armeno.

Sono e resterò favorevole all’adesione della Turchia all’Unione europea. Tuttavia, tale processo deve ammettere alcuni fatti storici.

Inoltre, sono del tutto contrario alla contraddizione che ha ora introdottoil Parlamento. Nel paragrafo 5 della risoluzione del 28 settembre 2005, di fatto si chiedeva alla Turchia di riconoscere il genocidio armeno e considerava tale ammissione come una precondizione per l’adesione all’Unione europea. La decisione di omettere il genocidio armeno dalla nuova risoluzione costituisce un passo indietro e non posso approvarlo.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto.−(PT) Nonostante il risultato finale, i negoziati attuali con la Turchia devono procedere con le riforme di cui il paese ha disperatamente bisogno e che, in sé, rappresentano l’aspetto più importante della possibile adesione di un paese all’UE.

In questo quadro, dobbiamo considerare la vittoria dell’AKP più un impegno verso una riforma economica che un voto per l’Islam.

Considerati gli sviluppi recenti, la questione curda deve essere affrontata insieme agli Stati Uniti, tenendo presente il problema dell’Iraq, in cui la zona settentrionale curda è tranquilla. Dall’altro lato, non possiamo trattenerci dal criticare gli attacchi terroristici curdi alla Turchia o la mancanza di integrazione e di accettazione dei curdi nella stessa Turchia.

Infine, non possiamo mai evidenziare abbastanza l’importanza geostrategica della Turchia in relazione alla sicurezza dei confini d’Europa e all’approvvigionamento energetico, in particolare come alternativa alla dipendenza dal gas russo, in quanto partner in dialogo con i paesi islamici e a riguardo della questione irachena.

Per tutte queste ragioni, la strategia dell’UE deve essere quella di negoziare in modo serio e deciso.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione che invita la Turchia ad accelerare il processo delle sue riforme.

Dobbiamo esortare la Turchia a impegnarsi maggiormente: garantire il controllo civile su quello militare; tolleranza zero per quanto riguarda la tortura; fornire protezione alle donne e ai gruppi minoritari, e riconoscere il genocidio armeno.

La gestione della questione curda deve altresì essere utilizzata come criterio per valutare il processo di riforma. La relazione che abbiamo votato esorta il governo turco ad avviare un’iniziativa politica finalizzata a trovare una soluzione definitiva al problema curdo. Deplora inoltre la violazione del territorio iracheno, condannando di certo, al contempo, la violenza perpetrata dal PKK.

Non si tratta tanto di prendere di mira la Turchia, ma di ricordare che non possiamo disporre di due pesi e due misure, né di svendere i valori che per noi sono preziosi.

Sarebbe disastroso continuare a ignorare l’opinione pubblica, che prima del Vertice di Lisbona è stata nuovamente interpellata in un sondaggio svolto da Notre Europe. I cittadini europei sono preoccupati per le decisioni prese in modo inadeguato su qualsiasi futuro allargamento e sulla capacità dell’UE di assorbire altri paesi dopo la grande ondata di nuove adesioni avvenuta tra il 2004 e il 2007.

 
  
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  Renate Sommer (PPE-DE), per iscritto. −(DE) Appoggio la risoluzione riguardante la Turchia. Il governo turco deve essere solido nell’attuare finalmente le riforme.

Per quanto riguarda il genocidio armeno, anche se l’ammissione turca del massacro non rientra nei criteri di Copenhagen, un paese che aspira a entrare nell’UE deve certamente affrontare il lato oscura della sua storia.

Nel complesso, la Turchia ha una strada lunga da percorrere prima di soddisfare i criteri di Copenhagen. Esistono ancora carenze sostanziali in relazione ai diritti umani e delle minoranze, civili e politici, e la generale debolezza della democrazia nei confronti dell’esercito.

Non sono avvenuti progressi in merito alla questione di Cipro. Perciò, dobbiamo continuare a insistere, quest’anno, sulla ratifica del protocollo di Ankara. Senza tale ratifica, e anche senza il ritiro delle truppe turche dall’isola, non esiste soluzione. In apparenza la Turchia si rifiuta di comprendere che i paesi membri dell’Unione europea sono 27 e che uno di questi è la Repubblica di Cipro!

Per quanto riguarda il conflitto a sud-est della Turchia, il piano di avviare un’incursione nell’Iraq settentrionale è stato preso in considerazione almeno dalla primavera del 2006. Attualmente, temiamo che l’invasione avverrà veramente. Tuttavia, un paese in cui, nonostante il sostegno internazionale per difendere i confini, rivendica il diritto di violare il diritto internazionale poiché lo ritiene opportuno, si rende incapace una volta per tutte di entrare a far parte dell’Unione europea.

 
  
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  Konrad Szymański (UEN), per iscritto. −(PL) Mi sono astenuto dalla votazione finale sulla relazione che riguarda le relazioni UE-Turchia. Ho preso tale decisione poiché, nonostante i negoziati siano durati diversi mesi, la risoluzione non prevede alcun riferimento alla questione della responsabilità per il massacro degli armeni nel 1915.

La Turchia sta tentando di imporre una censura alla comunità internazionale in merito a tale questione. La prova più recente è la pressione esercitata sul Congresso degli USA. Ciononostante, quest’ultimo non si è lasciato influenzare e ha adottato una posizione appropriata. E’ un errore per la Turchia mostrare questo tipo di comportamento ingiustificato.

Vorrei aggiungere, tuttavia, che apprezzo molto l’inserimento, nella suddetta risoluzione, delle dichiarazioni relative ai diritti delle minoranze cristiane in Turchia, come il diritto a formare il clero e alla personalità giuridica delle istituzioni ecclesiastiche.

 
  
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  Dominique Vlasto (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho deciso di astenermi dal voto sulla risoluzione in merito alle relazioni UE-Turchia al fine di comunicare la mia opposizione ai negoziati d’adesione attualmente in corso. Due eventi recenti dovrebbero renderci consapevoli dei rischi associati a questa possibile adesione. Primo, esiste una crisi politica in cui il paese è entrato prima che s’insediasse il nuovo Presidente della Repubblica: tale condizione ha definito le tensioni presenti nella società turca, nonché la fragilità delle istituzioni del paese. Penso anche alle tensioni generate al confine iracheno e al rischio che si potrebbe destabilizzare una delle poche aree del paese in cui la violenza è stata contenuta. La decisione del Parlamento turco di autorizzare l’esercito a compiere incursioni militari in Iraq è inaccettabile. La Turchia sta rivestendo un ruolo pericoloso nella regione e l’UE non dovrebbe offrire alcun sostegno a tali azioni populiste e offensive.

Tutti questi aspetti consolidano solo la mia convinzione: qualora estendessimo l’Unione ai confini con l’Iraq, non vedo ciò che rimarrebbe di europeo. Ritengo che la Turchia non sia ancora idonea a entrare nell’UE. Spetta a noi presentare un’alternativa: “l’Unione mediterranea” proposta da Nicolas Sarkozy offre certamente un’opportunità che l’UE e la Turchia dovrebbero cogliere.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. −(SK) Non ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sulle relazioni UE-Turchia, poiché l’allargamento dell’Unione europea e l’ingresso della Turchia nella Comunità rappresentano questioni piuttosto serie che richiedono una conoscenza più dettagliata e una discussione più intensa. A mio parere, nel processo di adesione, tutti i paesi dovrebbero rispettare le stesse norme.

Gli emendamenti che invitano a un’ammissione del genocidio armeno e alle scuse all’Armenia e al suo popolo non sono stati adottati dall’Assemblea. Solo azioni simili possono stimolare il processo di riconciliazione tra Turchia e Armenia. Inoltre, la Turchia continua a ostacolare i progressi nella ricerca di una soluzione al problema di Cipro. L’operazione militare transfrontaliera contro i curdi che vivono lungo il confine con l’Iraq, approvata in una dichiarazione presentata dal Parlamento turco, non condurrà a una soluzione costruttiva per quanto riguarda il problema del terrorismo nel paese, ma semplicemente alla destabilizzazione dell’intera regione.

Non si riscontrano nemmeno progressi tangibili in merito alla libertà di religione nel territorio della Repubblica di Turchia. Non si garantisce la sicurezza dei cristiani che vivono nel paese, né il rispetto dei loro diritti. Di recente abbiamo assistito a violenti attacchi a sacerdoti, missionari, editori cristiani o a persone che si sono convertite. La Turchia non ha inoltre riaperto il seminario della Chiesa ortodossa senza cui è minacciata la reale esistenza di questa antica chiesa.

 
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