Presidente . – L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Cappato, a nome della commissione per gli affari esteri, contenente una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sulla produzione di oppio in Afghanistan a fini medici [(2007/2125(INI)] (A6-0341/2007).
Marco Cappato, relatore. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, con questo rapporto noi proponiamo al Parlamento di prendere un’iniziativa, di fare una proposta al Consiglio, innanzi tutto nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune sulla questione della produzione di oppio in Afghanistan.
Partendo da una considerazione che è quella dei risultati che sono stati ottenuti finora, secondo cui nel giro di due anni vi è stato un aumento del 50 per cento della produzione di oppio utilizzato poi per produrre l’eroina, sembra che questa montagna enorme di produzione – che poi va tutta ad arricchire non certo i coltivatori, i contadini, ma le grandi narcomafie internazionali, i terroristi, i talebani – sembra che non si riesca a trovare una politica efficace per ridurla.
Allora il rapporto parte anche da un’altra considerazione: che in realtà al tempo stesso esiste una grandissima scarsità di accesso alle terapie antidolore: l’80 per cento della popolazione mondiale non ha alcun accesso alle terapie antidolore. Naturalmente le due questioni potrebbero essere considerate completamente separate, crediamo però che sia compito di istituzioni politiche anche essere pragmatici, quindi comprendere come di fronte a questa enorme quantità di produzione che viene utilizzata poi per l’eroina – e invece dall’altro lato enorme scarsità di un prodotto che deriva dalla stessa produzione agricola – non sia possibile, come dire, combinare i due dati di partenza.
Allora, grazie anche agli emendamenti che sono stati proposti in commissione affari esteri e al gruppo socialista, la collega Gomes, ma anche gli emendamenti che sono stati proposti dal gruppo popolare per la plenaria, hanno comunque contribuito a fare sì che la proposta oggi sul tavolo non è una proposta alternativa, diciamo di scontro o per sostituire dall’oggi al domani la politica fin qui seguita.
Quello che noi vi chiediamo, che chiediamo al Consiglio, che chiediamo alla Commissione, è di fare un esperimento, di fare un tentativo di provare dei progetti pilota per convertire una parte di quella coltivazione utilizzata oggi per produrre eroina, utilizzarla per produrre farmaci antidolore e avviare quindi, anche sul lato della domanda, delle politiche che vadano e che cerchino di portare terapie antidolore in quei continenti come l’Africa e l’Asia che sono praticamente sprovvisti di qualsiasi medicina di questo tipo.
Ecco perché il rapporto così come è uscito dalla commissione esteri, e come si propone anche di emendare, mi pare che rispetti un fondamentale equilibrio e parta da una concezione molto semplice: che probabilmente, io credo certamente, sia più facile collaborare con i contadini se gli si propone di convertire una parte della loro produzione a dei fini legali, che non invece andare unicamente con la risposta della eradicazione, della suffumigazione, della distruzione delle piantagioni, perché questa risposta in realtà crea una ragione di conflitto in più con le popolazioni locali e si è rivelata, quanto meno fino ad oggi, non produttiva e inutile.
Allora io spero che dietro al discorso ufficiale che comprendo dei governi europei, del governo afghano, che comunque rivendicano la necessità di lottare contro la produzione di oppio, oltre a questo discorso ufficiale, ci sia però anche e forse il Parlamento europeo è più libero di proporlo – ci siamo assunti e spero che ci assumeremo domani con il voto questa responsabilità – siamo più liberi di proporre che si facciano anche degli esperimenti alternativi da valutare in modo pragmatico, non ideologico.
Ciascuno qui ha le proprie idee sulla politica internazionale e sulle droghe, sulla politica internazionale in Afghanistan. Questo rapporto non vuole essere una proposta ideologica, ma un tentativo concreto di contribuire a trovare una soluzione a quello che è veramente un dramma di portata globale.
Accolgo con favore questa discussione molto opportuna sul problema relativo alla droga, e in particolare a quello dell’Afghanistan, che, com’è noto, è una questione alquanto complessa nel contesto politico e in materia di sicurezza.
Di recente abbiamo condotto numerose discussioni a New York. Ci sono stati alcuni dibattiti molto importanti durante l’Assemblea generale dell’ONU con il Presidente Karzai, con il Segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, e con un gran numero di paesi. Tali dibattiti si sono incentrati proprio su questa complessa questione.
La discussione di stasera contribuisce a un dibattito più ampio sulla ricostruzione dell’Afghanistan, ma anche sul ruolo delle droghe. Permettetemi di farvi i complimenti per aver istituito la delegazione del PE per le relazioni con l’Afghanistan. Ci stiamo appassionando al vostro operato e riteniamo molto importante aver agito in questo modo.
L’industria della droga in Afghanistan presenta effettivamente un’enorme sfida per i progressi nella costruzione dello Stato. L’ultima relazione del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (PSNU) si dirige verso un’interpretazione problematica. Purtroppo, sia la coltivazione del papavero, sia la capacità di lavorazione hanno avuto un significativo incremento. Le province meridionali dell’Afghanistan sono le più colpite, con il 70 per cento dell’intera produzione. Il forte legame tra rivolte ed economia della droga rappresenta difficilmente una sorpresa. Tuttavia, non dobbiamo trascurare gli sviluppi positivi, in particolare nelle zone più stabili del paese, in cui sono avvenuti reali miglioramenti in salute e istruzione, nonché nella crescita economica.
Tredici province nell’Afghanistan settentrionale e centrale, in effetti, sono libere dalla coltivazione del papavero. Tale condizione, almeno, è molto promettente, e su cui possiamo compiere progressi. La relazione Cappato fornisce un quadro completo di questa situazione, e devo ringraziarla per i suoi incoraggianti commenti sull’operato della Commissione, e sottolinea inoltre, piuttosto giustamente, la responsabilità dell’Afghanistan nel trattare l’industria dell’oppio. A questo proposito siamo in totale accordo.
Eppure, devo dire che non posso approvare, almeno non ancora, le conclusioni raggiunte nella relazione, che propone di legalizzare il papavero da oppio a fini medici, sebbene a livello sperimentale. A prima vista potrebbe sembrare una proposta interessante, ma sfortunatamente non esistono risposte semplici al complicato problema della droga in Afghanistan.
Consentitemi di condividere con voi alcune delle mie preoccupazioni. Paesi come Australia, Turchia e India, che producono già oppio grezzo a scopo medico, di solito dispongono di un’efficace applicazione della legge e non presentano conflitti molto estesi. Anche in questo caso, l’applicazione è molto complicata. Laddove non si soddisfacessero tali condizioni, l’oppio coltivato legalmente è prontamente eliminato, come accaduto in Perù e Bolivia. Ovviamente, nel caso dell’Afghanistan, temiamo che una coltivazione legale si aggiungerebbe semplicemente a quella illegale, anziché sostituirla. Inoltre, la produzione legale di oppio non attrae gli agricoltori locali, poiché i loro ricavi sarebbero pari solo a circa il 25-30 per cento di ciò che possono ottenere adesso al mercato nero.
L’attuazione di un sistema simile è complessa, e fattibile solo con sussidi per il controllo della qualità e la distribuzione di prodotti medici. Dovremmo sostenere tutto ciò con il denaro dei contribuenti? Il governo afghano, che notoriamente è debole e dotato di istituzioni inefficaci, purtroppo, adesso non ha, ed è per questa ragione che ho detto “non ancora”, la capacità di soprintendere a tale sistema.
In alcune zone del paese, al momento, semplicemente non esiste governo, per non parlare di buon governo. Questa situazione è valida in particolare per le instabili province meridionali, in cui si produce la maggior parte dell’oppio. Finalmente lo stesso governo afghano ha escluso fermamente, e si tratta di un argomento importante, qualsiasi produzione legale di oppio.
Con queste premesse, il messaggio politico in questa relazione non trasmette veramente il giusto segnale ai nostri partner afghani. Potrebbe addirittura ritorcersi contro di noi. La dura e innegabile verità è che la ricostruzione in Afghanistan avrà bisogno di più tempo e risorse. Richiederà inoltre energia, se abbiamo intenzione di introdurre uno sviluppo durevole a questo paese distrutto dalla guerra.
Progressi nella costruzione dello Stato sono possibili soltanto con maggiore determinazione, anche da parte della leadership politica dell’Afghanistan, in particolare a livello locale. Era questo, per inciso, il messaggio che abbiamo comunicato a New York. Sono d’accordo che sia giunto il momento di affrontare apertamente la corruzione. Non solo abbiamo affermato ciò, ma stiamo anche cercando di contribuire a tale aspetto sviluppando un efficace sistema giudiziario e facendo sì che le forze di polizia funzionino davvero, al fine di convincere gli afghani comuni che spesso restano scettici.
La strada da percorrere è chiara: è attraverso una strategia nazionale di controllo delle droghe in Afghanistan, che è stata appoggiata dalla comunità internazione e che contiene tutti gli elementi necessari. Questa iniziativa merita veramente il nostro completo sostegno, essendo una strategia esaustiva che include interdizione, informazione pubblica, azioni penali contro noti spacciatori di droga e la promozione dello sviluppo locale.
Laddove è stata impiegata un’attenta combinazione politica simile, gli agricoltori hanno già abbandonato la coltivazione del papavero in modo equilibrato. In questo quadro, la Commissione ritiene che la proposta di legalizzare il papavero da oppio potrebbe solo indebolire il lavoro che sta attualmente svolgendo in altri settori, in particolare a riguardo dello Stato di diritto e dell’ordine pubblico.
Carlo Fatuzzo, a nome del gruppo PPE-DE. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, non ho il minimo dubbio che l’onorevole Cappato, al quale mi lega amicizia da lungo tempo, stia cercando disperatamente di dare un contributo alla lotta contro la droga nel mondo e all’aiuto agli sfortunati giovani o anziani che si trovano a soffrire vicini alla morte e possono essere aiutati anche dalle droghe, ma purtroppo non posso trovarmi sulla tua linea.
Non sono purtroppo, lo ripeto, del tuo pensiero, perché credo che il problema nasce proprio dal fatto che la tua proposta coinvolge l’Afghanistan, uno Stato nel quale più insicurezza non ce ne potrebbe essere. Sì, c’è l’Iraq che forse è più insicuro, ma credo che l’Afghanistan non sia certo il luogo dove si possa iniziare un tentativo di convincere i contadini ad abbandonare la coltivazione per loro molto lucrosa del papavero e passare a coltivazioni molto più giuste e molto più da Antico Testamento e anche da civiltà contadina che tutti quanti noi conosciamo.
Proprio dalla tua relazione si evince chiaramente che la più grande quantità di droga nel mondo, all’incirca la metà, proviene proprio dall’Afghanistan e in Afghanistan la coltivazione dell’oppio è illegale. Eppure, pur essendo illegale, da loro arriva la metà della materia prima necessaria per uccidere i nostri giovani o per renderli vittime dei trafficanti di droghe che li invitano come sappiamo a questa nefasta, per loro e per tutta la società, pratica della droga.
Credo che l’unica arma per lottare contro tutti i trafficanti di droga, a partire dai contadini dell’Afghanistan, che a mio parere sono i primi trafficanti di droga superati dall’incapacità del governo afgano, non per colpa sua in questo momento, ma dall’incapacità di controllarli e di vigilare che rende impossibile lottare contro la droga se non con la prevenzione e quindi contribuendo a ridurre al massimo la coltivazione dell’oppio.
Per questo motivo il gruppo del Partito popolare europeo è contrario a questa parte della relazione dell’onorevole Cappato e credo che debba questo che sto dichiarando essere chiaro a tutti al di là del risultato di domani.
(Il Presidente interrompe l’oratore)
Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Devo congratularmi con il relatore, l’onorevole Cappato, non solo per questa relazione molto utile, ma anche per la prontezza ad accettare i contributi al fine di ottenere un accordo di più ampio respiro possibile.
Le sue intenzioni originali erano lodevoli, poiché tentavano di prendere due piccioni con una fava: legalizzare la coltivazione del papavero e la produzione di oppio a fini medici non avrebbe soltanto posto fine alla produzione di eroina in Afghanistan, ma anche la carenza di antidolorifici nel mondo.
Purtroppo, siamo incappati in diversi problemi pratici, quali la fragilità delle istituzioni afghane e la loro incapacità di disciplinare la produzione di oppio, l’incertezza per quanto riguarda la praticabilità economica di un tale sistema e il pericolo di consentire la reintroduzione dell’oppio in alcune delle tredici province afghane che avevano interrotto la produzione.
Gli emendamenti del mio gruppo hanno tentato di incentrare nuovamente la relazione su un elemento essenziale: la lotta contro la produzione di oppio in Afghanistan, che sta influenzando non solo questo paese, ma anche quelli confinanti. Le droghe prodotte illegalmente dall’oppio costituiscono ciò che alcuni definiscono le vere armi di distruzione di massa, in particolare in Europa.
Nella lotta contro la produzione di oppio, dobbiamo essere sensibili verso le caratteristiche individuali delle diverse regioni afghane. Solo una combinazione di misure avrà successo. Primo, deve essere sradicata la corruzione che permea l’amministrazione centrale afghana, soprattutto il Ministero dell’Interno e la polizia, poiché tale condizione ha paralizzato tutte le politiche volte a combattere la produzione di oppio. Secondo, i circa 30 trafficanti di droga identificati nel 2006 in una relazione dell’ONU e della Banca mondiale devono essere cercati, catturati e processati in modo da fermare questo traffico micidiale. Terzo, la NATO deve sostenere le operazioni afghane per lottare contro questo traffico, distruggendo laboratori e depositi, e impedendo il trasporto di droga. Quarto, le azioni di eliminazione del papavero devono essere attuate con attenzione e selezione e concentrate in zone in cui gli agricoltori dispongono di alternative reali.
Ciò ci conduce agli aspetti di accordo con il relatore. Tutti ci opponiamo alla suffumigazione indiscriminata delle piantagioni di papavero, come sostenuto dagli USA, che ingrosserebbe esclusivamente le file dei talebani senza alterare in modo sostanziale la produzione di eroina.
Infine, nel quadro di un pacchetto di misure per affrontare il problema afghano della droga, si dovrebbe studiare la proposta del relatore a favore di un progetto pilota per la produzione legale di analgesici a base di oppio. Più che altro, la relazione cerca di incoraggiare il Consiglio europeo a essere creativo e audace nella lotta contro la produzione di eroina in Afghanistan. Non esistono soluzioni semplici a questo problema, ma sappiamo che il terrorismo e il violento oscurantismo patrocinato da talebani e Al Qaeda saranno sconfitti solo quando l’Afghanistan sarà liberato dalle grinfie delle droghe.
Signora Presidente, sto per terminare. Questa relazione deve essere considerata come un urgente appello agli Stati membri a non risparmiare gli sforzi nella ricostruzione economica e politica di un paese che è stato colpito così duramente da conflitti sanguinosi e che è così importante per la sicurezza regionale e globale.
Marios Matsakis (ALDE) . –(EN) Signora Presidente, intervengo in merito a livello personale, e non a nome del mio gruppo.
La produzione di oppio illegale in Afghanistan è cresciuta da quando gli USA e le forze alleate sono giunte nel paese, ciò malgrado l’istituzione di diverse autorità contro la produzione di droga e di programmi antinarcotici, utilizzando talvolta grandi somme di denaro europeo dei contribuenti.
Pertanto è ovvio, anche per un cieco, che gli afghani continueranno a produrre oppio qualunque cosa accada. La ragione di ciò è piuttosto semplice. Le agenzie mondiali antinarcotici stanno crescendo in dimensioni, numero e competenze, e stanno svolgendo il loro lavoro in maniera più efficace. Riescono quindi a confiscare maggiori quantità di droghe. Tuttavia, poiché la domanda di chi è dipendente dalla droga rimane inalterata e che i trafficanti continuano a ottenere grandi profitti dalla fornitura illegale di oppio a queste persone ammalate, il prezzo degli oppiacei sale e i guadagni del commercio di oppio aumentano.
Quindi, gli afghani stanno solo seguendo i principi di base del mercato libero. Stanno incrementando la loro produzione al fine di soddisfare la domanda illegale e di aumentare i loro profitti. Pertanto, è un autentico errore attendersi che sostenere maggiori programmi di controllo dell’oppio in Afghanistan avrà effetti significativi.
L’unico modo di affrontare efficacemente la produzione dell’oppio in Afghanistan, e in altri posti interessati, è affrontare il problema della droga a livello globale. L’unico metodo sensato per farlo è legalizzare le droghe e riconoscere che i tossicodipendenti non sono criminali ma persone malate bisognose d’aiuto.
Se a questi soggetti si offrissero droghe terapeutiche in sedi mediche sorvegliate, allora si migliorerebbe la possibilità di evitare gravi effetti collaterali, nonché di ottenere una disintossicazione. Nel contempo, l’enorme criminalità coinvolta nel traffico di droga scomparirebbe, e si smantellerebbero tutte le agenzie antinarcotici, conducendo a uno straordinario risparmio di bilancio.
La logica alla base di tale iniziativa è essenziale, ma i politici nel mondo hanno difficoltà a percepirla.
Salvatore Tatarella, a nome del gruppo UEN. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la questione affrontata dal rapporto dell’onorevole Cappato è di estrema delicatezza e richiede un’attenta valutazione da parte del Parlamento europeo per evitare che, pur mossi da buoni propositi, si arrivi a proporre soluzioni sbagliate e disastrose.
Mi preme evidenziare due considerazioni: primo, la crescente produzione di oppio e prodotti derivati in Afghanistan rischia di compromettere la ricostruzione del paese e la già difficile stabilizzazione di uno Stato di diritto in quella sfortunata regione; secondo, alla crescente produzione di oppio – aumentata in quest’anno del 30 per cento – non ha fatto riscontro un’adeguata strategia di lotta contro la droga.
Per queste ragioni ritengo del tutto inaccettabile la proposta avanzata dal rapporto e sottolineo:
1. quantità necessarie di morfina vengono già prodotte in Afghanistan dietro specifiche licenze e sotto il controllo dell’agenzia delle Nazioni Unite e del Ministero della lotta alla droga del governo afgano;
2. l’International Narcotics Control Board, un organo internazionale per il controllo degli stupefacenti, sostiene che a livello mondiale già si registra un’eccedenza di prodotti oppiacei per usi medici;
3. una produzione legale di morfina su larga scala determinerebbe un’ulteriore produzione di droga che finirebbe per incrociare la domanda proveniente dal mercato mondiale della droga ed immessa nel mercato a basso costo risulterebbe accessibile per tutti.
Occorre piuttosto contrastare la droga, sempre e comunque e con ogni mezzo, dalla produzione, al traffico, allo spaccio e contrastare la domanda attraverso una politica di valori e una costante e capillare azione di prevenzione e di informazione, soprattutto presso le giovani generazioni.
In un paese come l’Afghanistan, nelle condizioni in cui oggi si ritrova, la soluzione proposta da questo rapporto potrebbe essere riguardata come un segnale di resa e di sconfitta e potrebbe vanificare anche l’impegno che la comunità internazionale, l’Unione europea, le Nazioni Unite, le agenzie per la ricostruzione stanno promuovendo in Afghanistan attraverso programmi per la diversificazione di piantagioni di oppio in produzioni agricole sostenute da incentivi finanziari.
Chiudo soltanto citando che l’International Narcotics Control Board ha concordato con l’adesione del governo afgano che ha respinto la proposta di legalizzare la coltivazione illegale di oppio e ha ribadito il proprio impegno a rispettare gli obblighi sanciti dal trattato.
Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. – (ES) Signora Presidente, desidero iniziare ponendo l’accento sul fatto che questa relazione è estremamente importante, opportuna e coraggiosa. Le due emergenze a cui si riferisce meritano un’attenzione e una risposta a livello politico che chiaramente non hanno ancora ricevuto.
Se la situazione in materia di sicurezza e di produzione di oppio in Afghanistan è sempre più preoccupante, la necessità di fornire analgesici su scala globale è una delle più serie emergenze umanitarie del nostro tempo, anche se, purtroppo, è anche una delle più trascurate.
Il relatore, l’onorevole Cappato, non ha avuto un compito facile con questo documento ed è a maggior ragione degno di nota, e ribadisco nuovamente il mio sostegno e quello del mio gruppo. Come ha affermato egli stesso, anche se il collegamento tra le due questioni non sia semplice, né necessariamente immediato, è nostra responsabilità in quanto politici analizzare le complesse realtà al fine di trovare soluzioni complicate a problemi complicati. E’ proprio ciò che fa questa relazione.
Per quanto riguarda la sicurezza in Afghanistan, non c’è dubbio che debba essere una priorità se abbiamo intenzione di attuare programmi di ricostruzione e sviluppo con garanzie future. Il problema, tuttavia, è che certi gruppi armati sono finanziati proprio in seguito alla mancanza di regolamento della produzione di oppio. Sappiamo inoltre che esistono coltivazione illegale e traffico di oppio, che costituisce il 40 per cento del prodotto interno lordo dell’Afghanistan.
Alla luce di questa situazione, ritengo sia appropriato almeno analizzare e tenere conto delle iniziative come questa del consiglio Senlis, che propone un sistema per autorizzare la coltivazione di oppio a fini medici in Afghanistan. Ciò si concentrerebbe soprattutto sulla produzione di antidolorifici quali morfina e codeina, che potrebbero anche essere venduti ad altri paesi che attualmente hanno scarso o nessun accesso a questo tipo di farmaci essenziali in seguito ad accordi commerciali preferenziali.
E’ spiacevole che questa proposta, al momento e in termini reali, non abbia ottenuto un sostegno più deciso dalla Commissione o dallo stesso governo afghano. E’ ancora più preoccupante il fatto che le misure propagandate come alternative spesso consistono nell’eliminazione chimica, come ripetutamente sottolineato dalle autorità statunitensi. Qualora si applicassero queste misure, si offrirebbe ai talebani un nuovo argomento per difendere le loro posizioni e alla fine si otterrebbe probabilmente che le comunità agricole diventino campi di ribelli.
Avrebbe inoltre ripercussioni molto gravi su salute e ambiente. E’ evidente sin dal principio che un’irrorazione aerea, soluzione che presumibilmente è stata proposta per l’Afghanistan, garantisce che la contaminazione si estenda a tutte le persone che vivono nelle zone trattate e in quelle circostanti. Ciò è stato dimostrato all’inizio dell’anno quando questa pratica è stata applicata dalla Colombia al fine di eseguire la suffumigazione della produzione di cocaina lungo il confine con l’Ecuador, con quest’ultimo che ha di conseguenza presentato una denuncia e il caso all’Aia.
Non sono un esperto e ovviamente tale questione chimica è più complessa, ma ritengo che, a questo punto, dovremmo essere ben consapevoli di alcuni dei disastri provocati da napalm e uranio impoverito. Non dovremmo ripeterli una terza volta e mi auguro che non lo faremo.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . – (SK) La produzione di oppio deve essere controllata. L’intera comunità internazionale deve interessarsi molto di più al controllo della produzione di oppio in ogni luogo del mondo. Gli sforzi intrapresi finora dall’ONU e dal suo Consiglio economico e sociale (ECOSOC), nonché dall’Organizzazione mondiale della sanità, per regolamentare l’uso degli oppiacei per il trattamento del dolore sono necessari, ma ancora insufficienti. Nel contempo, la comunità internazionale non deve consentire un utilizzo incontrollato di oppiacei e il loro abuso da parte di tossicodipendenti.
A mio parere, è nostro dovere non abbandonare la lotta contro l’abuso di droghe pesanti che chiaramente distruggono la vita di chi ne fa uso, né approvo l’opinione che la società dovrebbe fornire droga ai tossicodipendenti, anziché cercare di rieducarli e riportarli alla realtà. Di che cosa tratta esattamente la relazione Cappato? Secondo un punto di vista, la comunità internazionale soffre di una carenza di disponibilità di oppiacei, o potrebbe soffrirne nel prossimo futuro, ed è quindi necessario, dietro certe condizioni, acquistare questa droga dall’Afghanistan.
E’ vero che gli oppiacei sono necessari per il trattamento di diverse malattie, come analgesico post-operatorio e, ultimo ma non meno importante, per la cura di malati terminali. Tuttavia, questa teoria è soggetta ad alcuni difetti fondamentali che non è possibile ignorare nell’attuale situazione. Primo, l’attuale situazione politica in Afghanistan è instabile. In questo paese occorre combattere i talebani da un lato e favorire il mercato nero dell’oppio dall’altro. Questo mercato nero ha un impatto decisivo non solo sull’economia afghana, ma anche sulle politiche e le relazioni straniere di questo paese. Nutro seri dubbi e preoccupazioni in merito e ora spiegherò perché, a mio parere, un approccio simile non possa funzionare. I progetti che prevedono una coltivazione legale del papavero per produrre oppio non funzioneranno poiché l’International Narcotics Control Board può soltanto imporre successivamente sanzioni a un paese, ma quest’ultimo perderà una parte dei raccolti al mercato nero.
La domanda internazionale è costante. Il governo afghano non è in grado di agire come unico responsabile dei raccolti di oppio. E’ evidente che in queste circostanze il governo sarà sconfitto nella lotta contro i trafficanti. La concorrenza aumenterà il prezzo dell’oppio e gli agricoltori che coltivano legalmente papaveri passeranno al mercato nero. Oltre a ciò (ed è molto importante), i prezzi afghani non sono competitivi se paragonati all’Australia, dove un chilo di morfina costa 56 dollari, all’India in cui vale 159 dollari, o alla Turchia in cui è pari a 250 dollari. In Afghanistan il prezzo può superare i 450 dollari al chilo.
Per quanto riguarda l’uso a fini medici, se l’oppio afghano fosse utilizzato in prodotti medici, ciò si aggiungerebbe ulteriormente all’eccessiva saturazione del mercato in questo settore. Sto per concludere, signora Presidente. Mi opporrò a qualsiasi sostegno da parte dell’UE e degli Stati membri alla coltivazione del papavero in Afghanistan per almeno quattro ragioni: infrastrutture insufficienti, assenza di competitività economica, grande espansione nella direzione sbagliata e, infine, attualmente non esiste carenza di oppiacei sui mercati mondiali.
Józef Pinior (PSE) . – (PL) Signora Presidente, signora Commissario, vorrei iniziare ringraziando l’onorevole Cappato per il suo lavoro in merito a questa relazione. Il testo ha posto una grande sfida, poiché tenta di reagire a uno dei problemi più difficili del mondo contemporaneo.
La produzione di oppio in Afghanistan aumenta di anno in anno. Secondo l’ultimo rapporto annuale, è il doppio di due anni fa. In pratica, attualmente l’Afghanistan possiede il monopolio dell’offerta della droga più letale del mondo, costituendo il 93 per cento della produzione mondiale di oppiacei. Il nostro Presidente compare tra coloro che credono che il destino dell’Afghanistan sia una nostra causa comune. L’eroica battaglia degli afghani durante la Guerra fredda ha contribuito alla promozione della libertà nel mondo contemporaneo e alla caduta della Cortina di ferro in Europa. Adesso l’Unione europea ha il dovere di offrire all’Afghanistan assistenza militare, amministrativa ed economica.
Questa iniziativa prevede inoltre aiuti nella lotta contro la produzione di droga in questo paese. Dovremmo ricordarci che il principale incentivo per gli agricoltori afghani a produrre oppio è il profitto finanziario. Bisognerebbe tenerne conto quando elaboriamo il programma europeo di aiuti finalizzato a risolvere il problema. Perciò, desideravo complimentarmi in particolare con l’onorevole Cappato per le coraggiose proposte espresse nella sua relazione. Potrebbero contribuire ad appianare la situazione in questione.
Una di queste proposte prevede di offrire aiuti tramite l’introduzione di un progetto scientifico pilota per la produzione di papaveri a fini medici, che consentirà ulteriori ricerche nella misura in cui l’assegnazione di licenze potrà contribuire alla riduzione della povertà, alla diversificazione dell’economia rurale, allo sviluppo generale e a una migliore sicurezza. In breve, non si tratta di fare del moralismo, ma del fatto che l’Unione europea contribuisca in modo efficace a risolvere questo problema in Afghanistan.
Horia-Victor Toma (ALDE) . –(RO) Secondo uno studio del 2007 sull’oppio in Afghanistan, condotto dall’Ufficio dell’ONU contro la droga e il crimine, la produzione di oppio ha raggiunto la cifra record di 8 200 tonnellate, con il 93 per cento della produzione mondiale di oppiacei. Pertanto, il 40 per cento del prodotto interno lordo in Afghanistan derivava dalla produzione e dal commercio illegale di oppio, coinvolgendo in questo processo 2,9 milioni di persone. Malgrado ciò, solo 10 paesi consumano l’80 per cento dei derivati dall’oppio legalmente disponibili nel mondo, mentre in oltre 150 paesi sono state riscontrate gravi carenze di trattamento determinate dal commercio illegale di oppio.
Dovremmo porre l’accento sul fatto che la fonte principale di finanziamento dei talebani e dei gruppi terroristici è il traffico illegale di droga. Inoltre, le azioni volte a eliminare o distruggere le droghe, che sono promosse dalla comunità internazionale, sono utilizzate dai leader tribali politici e militari a loro vantaggio e per annullare la concorrenza. In base a ciò che è stato detto finora, sono convinto che un approccio strategico ed equilibrato del processo di riduzione e controllo della produzione di oppio dovrebbe prevedere alternative sociali ed economiche per favorire la creazione dello Stato di diritto e delle istituzioni democratiche in Afghanistan. Perciò, un’azione simile potrebbe rappresentare una delle soluzioni fondamentali volte a prevenire ed eliminare il terrorismo.
Signora Presidente, ritengo che un piano antidroga in Afghanistan, che consiste nel controllo delle quantità di oppio impiegandole per ottenere analgesici e altri derivati, potrebbe costituire una e non l’unica soluzione economica alternativa e uno strumento per ridurre la coltivazione del papavero.
Ryszard Czarnecki (UEN) . – (PL) Signora Presidente, desidero iniziare congratulandomi con il Commissario Ferrero-Waldner per la straordinaria esecuzione dell’Altenburg Boys’ Choir che abbiamo appena ascoltato. Ne sono rimasto veramente colpito.
Ora, tuttavia, devo passare ad argomenti meno piacevoli, ovvero alla relazione Cappato. I precedenti oratori hanno insistito sul dato del 40 per cento di PIL, poiché si tratta della quota del PIL afghano presumibilmente generato dalla produzione di stupefacenti. Questo dato è stato accettato, ma vorrei evidenziare che, un anno fa, i nostri rappresentanti in Afghanistan, dinanzi alla commissione per gli affari esteri del Parlamento, avevano chiaramente fatto dichiarazioni diverse. Avevano affermato che la quota di PIL superava il 50 per cento, percentuale persino più elevata. Sono riluttante a fornire spiegazioni, ma almeno il 10 per cento della popolazione afghana vive di produzione e commercio di droga. Inoltre, dovremmo ammettere che i soldati delle forze internazionali sono coinvolti in quest’attività, insieme agli americani presenti nel paese.
Ritengo che questa sia una proposta rischiosa, anche se certamente ammetto abbia determinati vantaggi di base. Sono fermamente convinto, tuttavia, che la proposta risulterà veramente nella legalizzazione del commercio di droga, anziché di aiuti medici.
Vittorio Agnoletto (GUE/NGL) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la questione non è semplicemente prendere atto che il 92 per cento dell’oppio nel mondo è prodotto in Afghanistan, ma del trend di crescita: nel 2001, secondo i dati dell’ONU, dell’agenzia per la lotta alla droga dell’ONU, erano 8 000 gli ettari coltivati a oppio, nel 2006, 165 000; nel 2001 le tonnellate erano 185; nel 2006, 6 100.
Questo significa in modo esplicito che l’attuale strategia di distruzione delle coltivazioni attraverso le fumigazioni non risolve nulla, ma anzi produce dei fenomeni sociali che vanno a moltiplicare poi la produzione di oppio. Distruggono altre coltivazioni, oltre l’oppio, e i contadini diventano sempre più poveri e finiscono nelle mani dei narcotrafficanti, che siano questi i talebani o i signori della guerra che siedono tranquillamente al governo.
Allora, l’obiettivo è quello di garantire ai contadini un sostegno che per lo meno nella fase iniziale deve essere allo stesso livello economico attuale e di sottrarli alle dipendenze dei narcotrafficanti. Certo, questo progetto non risolve il problema, ma credo che nessuno lo affermi. Stiamo parlando di una sperimentazione in uno spazio limitato e non potrebbe essere altrimenti in un paese che comunque è attraversato dalla guerra e che ha un territorio controllato da bande fra di loro rivali. Ma segna comunque un passo avanti, vuol dire che una parte comunque di quell’oppio non finirà in eroina, ma finirà in morfina. E questo credo che sia utile per l’Occidente, come anche a livello globale.
Non solo, io penso che dobbiamo chiarire che la possibilità di produzione di morfina è già prevista. A me, Commissaria, non risulta che vi siano tutti questi problemi in India e in Turchia, caso mai si tratterà di regolamentare, ma la risoluzione proposta prevede un ruolo degli organismi internazionali come regolamentazione e non sull’insieme dell’Afghanistan che oggi è ingestibile, ma su uno spazio estremamente limitato.
D’altra parte, sono le associazioni mediche internazionali che dicono con chiarezza che oggi c’è necessità ancora di morfina, non solo nel Sud del mondo, ma paradossalmente anche nel Nord del mondo. Certo, poi si tratta di venderla calmierando i prezzi, ma è un farmaco contro il dolore e credo che ne abbiano diritto tutti, anche le popolazioni africane o le popolazioni povere. Se parliamo però di spese, si spende sicuramente meno con interventi di questo tipo e con la calmierizzazione del prezzo della morfina, piuttosto che pensando di distruggere le coltivazioni con i sistemi attuali che non ottengono nulla.
Un’ultima osservazione: ho apprezzato il fatto che è un dibattito pragmatico, qui non stiamo discutendo tra chi vuole liberalizzare o legalizzare le droghe e il proibizionismo, stiamo cercando di fare un intervento concreto, pragmatico che possa aiutare una parte della popolazione afghana.
Charles Tannock (PPE-DE) . –(EN) Signora Presidente, è importante che le sostanze derivate dall’oppio, come la diamorfina (nota anche come eroina), siano disponibili a fini medici, in particolare in quanto analgesici, ma la coltivazione di papavero fornisce ai terroristi talebani il 20-40 per cento dei loro finanziamenti, cosa che permette loro di uccidere soldati della NATO.
Truppe del mio paese, il Regno Unito, stanno conducendo una lotta contro i talebani in quanto parte della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) guidata dalla NATO. Non possiedono il mandato o la forza lavoro per presidiare un progetto medico di coltivazione del papavero su vasta scala, o, a tale proposito, per eliminare la coltivazione. Devono già preoccuparsi di schivare i proiettili, senza dover diventare coltivatori a tempo parziale.
Tuttavia, in qualche modo comprendo, in quanto medico, gli argomenti presentati dalla British Medical Association, che sostiene la coltivazione di papaveri, conformemente a rigorose condizioni sorvegliate, al fine di garantire la pronta fornitura di analgesici. Il mio collega deputato del Regno Unito, Tobias Ellwood, si è adoperato per sviluppare un progetto di sei anni per una graduale sostituzione delle colture di papavero in Afghanistan con colture commerciali che passino la produzione di oppio a uso medico.
Pertanto, dovremmo almeno esaminare l’idea di un progetto pilota molto ristretto di concessione di licenze, tenendo presente il pericolo di essere dirottati dai talebani a fini illegali. Ogni prova dovrà, inevitabilmente, essere confinata a una zona molto limitata. Occorrerà il sostegno di una serie di organizzazioni partner se si vuole che funzioni. Certamente non possiamo dirottare le nostre valorose truppe dal loro incarico essenziale di lotta al terrorismo ma quest’azione potrebbe nel complesso condurre ad alcuni vantaggi.
Per quanto riguarda la questione degli aiuti euro-afghani, occorre un approccio molto più coordinato da parte dell’UE per sviluppare le infrastrutture afghane e combattere la corruzione; altrimenti, i talebani prevarranno veramente, poiché li stiamo contenendo a fatica nel sud del paese.
L’Occidente deve prendere coscienza delle realtà dell’Afghanistan. Gli organismi internazionali non stanno coordinando adeguatamente le loro attività. La corruzione dilagante del governo afghano fa sì che le province stiano perdendo la pazienza con il governo del Presidente Karzai a Kabul.
L’attuale modello centralizzato di governo non si addice alla diversità di interessi e di etnicità nel paese, che non ha mai avuto una tradizione di forte governo centrale in passato. Le province al momento non ricevono finanziamenti operativi per realizzare obiettivi distinti da Kabul. Non è stato seguito alcun progetto economico a lungo termine per sfruttare l’abbondante disponibilità d’acqua, il 92 per cento della quale, in modo vergognoso e ridicolo, esce al di fuori del paese. La costruzione di dighe e di sistemi d’irrigazione consentirebbe una coltivazione su scala industriale di frutta e verdura.
L’Afghanistan un tempo era famoso per i suoi melograni, ora molto “in” con la lobby degli alimenti naturali. Realizzare una rete ferroviaria necessaria contribuirebbe a spedire queste merci sul mercato internazionale.
Signora Commissario, se si deve salvare il paese da un disastro politico ed economico, occorre svolgere con urgenza ancora molto lavoro.
Richard Howitt (PSE) . –(EN) Signora Presidente, dato che mi sono opposto a lungo alla suffumigazione per eliminare la droga in quanto metodo inefficiente, spesso controproducente e sempre con effetti collaterali dannosi per la salute umana, mi spiace che questa risoluzione combini questa posizione con ciò che ritengo sia un tentativo mal indirizzato di incoraggiare una produzione legale di oppio in Afghanistan. Questa risoluzione cita la relazione del consiglio Senlis che prospetta una carenza globale di papavero; ma si tratta di una sciocchezza. L’International Narcotics Control Board indica scorte mondiali di oppiacei legali pari a due anni di domanda, mentre il londinese Johnson Matthey, il maggior produttore di morfina al mondo, attesta un’eccedenza mondiale di oltre 250 tonnellate.
Il Commissario ha ragione ad affermare che le condizioni in Afghanistan non consentiranno agli agricoltori afghani di trarne vantaggio. Questa è solo una delle presunzioni forzate in tale progetto di risoluzione. Il papavero da oppio è coltivato su meno del 4 per cento del terreno agricolo. La coltivazione legale si aggiungerebbe a quella illecita, anziché sostituirla. Secondo uno studio indipendente dell’Asia Foundation, l’80 per cento degli afghani è contrario al traffico di droga. Il governo afghano si oppone a questo traffico, con il Presidente Karzai che definisce l’oppio “il nemico dell’umanità”. Appena qualche settimana prima della semina del papavero, si trasmetterebbe proprio il segnale politico sbagliato.
Nutro ogni rispetto per il relatore, ma a questo proposito, mi spiace, l’Aula si dividerà. Il papavero a scopo medico un’espressione ingannevole; ma la verità, invece, è che l’oppio finanzia la violenza e l’insicurezza in Afghanistan. Papavero a scopo di corruzione e terrorismo sarebbe più appropriato.
Bogdan Golik (PSE) . – (PL) Signora Presidente, signora Commissario, vorrei esprimere il mio sostegno alla proposta di una raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio sulla produzione di oppio a fini medici in Afghanistan. Desidero inoltre congratularmi con il relatore per il suo coraggio. Combattere il commercio illegale di droghe è una delle grandi sfide di portata globale del mondo contemporaneo. L’Unione europea dovrebbe organizzare le proprie attività in modo tale da tentare e controllare efficacemente le droghe e ridurre l’offerta di droga nel mondo da un lato e, dall’altro, aumentare la disponibilità di analgesici e abbassare i prezzi.
La proposta di legalizzare la produzione di oppio per soddisfare le necessità dell’industria farmaceutica internazionale può rappresentare un metodo utile volto a realizzare i suddetti obiettivi. Seguendo l’esempio di Turchia e Australia, anche in Afghanistan si potrebbero concedere licenze per la coltivazione di papavero impiegato per la produzione di utili analgesici come morfina o codeina. Si deve, tuttavia, tenere conto delle condizioni particolari che prevalgono in Afghanistan qualora si procedesse con l’assegnazione di licenze.
L’Afghanistan è il fornitore principale di materie prime per la produzione di oppiacei nel mondo. La produzione e il commercio di oppio in Afghanistan sono diventati un importante fattore di crescita del PIL, la base del commercio transfrontaliero, la fonte primaria di reddito per gli agricoltori e l’unico modo, per la maggior parte della società, per accedere a terra, lavoro e guadagno. Legalizzare la coltivazione di papavero in Afghanistan avrà un senso solo se si creeranno le condizioni giuste. La situazione in materia di sicurezza deve migliorare e il paese deve diventare politicamente stabile se le autorità nazionali devono garantire un controllo efficace del processo di produzione dell’oppio. Deve esistere una democrazia effettiva e si devono mettere a disposizione sussidi statali per gli agricoltori. Inoltre, si dovrebbe regolamentare la gestione dell’attività economica.
Inger Segelström (PSE) . – (SV) Signora Presidente, desidero iniziare ringraziando Marco Cappato per una relazione interessante. Sono responsabile della commissione LIBE per il bilancio a lungo termine del programma per le droghe. In sede di questa commissione, stiamo cercando di essere pratici nel nostro lavoro sul modo in cui, nell’UE, possiamo ridurre un’offerta e un uso dannosi. Ritengo quindi che la discussione relativa all’Afghanistan sia cruciale, poiché si tratta dell’origine della maggior parte dell’eroina (93 per cento) che uccide i nostri giovani per le strade. Qualora tramite la produzione di oppio a fini medici fosse possibile riorganizzare il controllo e la produzione per alcuni agricoltori dietro la sorveglianza di UE e ONU, allora approveremmo il progetto. Lo affermo io, che vengo dalla Svezia, un paese dotato di programmi antidroga molto severi e di politiche in questo settore. Purtroppo, non penso che sia sufficiente, ma di certo dobbiamo considerare anche altre possibilità, come la produzione di energia. Tuttavia, gli agricoltori hanno bisogno di posti di lavoro e mezzi di sussistenza, e noi del Parlamento europeo dobbiamo quindi assumerci la responsabilità e pretendere più azione. Sostituiremo il 40 per cento del PIL, e occorre assumersene la responsabilità! Per quanto riguarda il paragrafo 1, lettera a), che chiede al Consiglio di opporsi all’utilizzo della suffumigazione come metodo di estirpazione del papavero, ho un’opinione diversa. Credo dovremmo considerare anche questo al fine di uscire dal punto morto in cui ci troviamo adesso, senza che accada nulla. Infine, poche parole in merito alla sovrapproduzione. Non significa che esiste una maggiore necessità di analgesici tra i più poveri del mondo, tra donne e bambini: utilizzano meno analgesici in confronto a noi nell’UE. Pertanto, assumiamo una visione globale e troviamo soluzioni costruttive nell’UE e nell’ONU insieme all’Afghanistan, al fine di sostenere pace e democrazia e combattere terrorismo e droghe. Grazie.
Marco Cappato (ALDE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, due tentativi di risposta diciamo sul lato della domanda e sul lato dell’offerta.
Sul lato della domanda, il collega Tatarella, che non c’è più, ma il collega Howitt hanno posto il problema in realtà di una sovrapproduzione, di una già disponibilità di oppio, che addirittura eccede la vera domanda di oppiacei da trasformare in oppiacei per medicine. Questo è vero, ma è vero solo sulla domanda attuale.
Quello di cui il rapporto cerca di parlare è la domanda potenziale, cioè l’80 per cento della popolazione mondiale è priva di qualsiasi accesso alle terapie antidolore, anche per le operazioni più banali, per le amputazioni, per la cura dei malati di cancro. Allora di questo stiamo parlando e l’International Narcotics Control Board ha una parte della responsabilità per il fatto che non esiste una politica globale di promozione di farmaci antidolore.
Sul lato dell’offerta io mi permetto di dire alla Commissaria: è vero, la proposta di questo progetto pilota costerebbe soldi, risorse di chi paga le tasse. Questo è vero, ma anche l’attuale politica costa soldi e tanti, di chi paga le tasse.
Allora il problema è semplice, è quello che noi vi chiediamo di verificare: se è più difficile, costa più soldi andare con i mezzi della forza a sradicare le coltivazioni di un territorio che poi molto spesso si spostano nel territorio di fianco, o invece cercare di comprare quel raccolto, di trasformarlo in loco, con il controllo della comunità internazionale, in modo che non possa essere utilizzata quella produzione per produrre eroina e sia utilizzata per produrre i farmaci in loco. Ecco, io credo che costi di meno questa seconda alternativa, anche da un punto di vista del cittadino europeo e del contribuente.
Benita Ferrero-Waldner,Membro della Commissione. −(EN) Signora Presidente, ritengo sia stata una discussione molto interessante. Mi complimento, nuovamente, per la coraggiosa idea dell’onorevole Cappato. Ma, consentitemi, nuovamente, di affermare: sì, è vero che la nostra strategia non ha ancora avuto successo. Tuttavia, come ho sostenuto in precedenza, non si tratta di una strategia che riguarda solo le droghe; è una situazione estremamente complessa. Ci troviamo in una condizione post-bellica e, naturalmente, con tutti elementi differenti: la NATO, l’Unione europea e l’ONU. Abbiamo condotto questi incontri a New York proprio a tale proposito.
Ora torno alla questione delle droghe. Esistono effettivamente problemi relativi a domanda e offerta. Dal punto di vista della domanda, in questo momento, secondo l’International Narcotics Control Board non c’è richiesta di oppio legale supplementare a fini medici. E sono a conoscenza del fatto che oggi la domanda mondiale in realtà è pienamente soddisfatta, e che Turchia e India abbiano dovuto ridurre la loro produzione nel 2005 e nel 2006. Le scorte erano talmente considerevoli che nel mondo sarebbero durate due anni. Questo è un aspetto. Capisco quando affermate che forse le persone in altre parti del mondo non hanno nemmeno la possibilità di godere di un trattamento medico senza analgesici. Lo comprendo. Ma si tratta di un fattore che ci conduce fuori strada. Sono queste le realtà attuali.
Dal punto di vista dell’offerta, consideriamo brevemente le proporzioni. L’Afghanistan, come hanno affermato alcuni colleghi, è il paese che produce la quota più elevata di oppio e droghe: 8 200 tonnellate. Se li si autorizzasse a produrre legalmente, sarebbe possibile coltivare soltanto piccole quantità, che sarebbero molto scarse. Pertanto, benché ci fosse una possibilità, credo rappresenterebbe solo cinque tonnellate di produzione di oppio. Adesso paragoniamo 8 200 tonnellate a cinque tonnellate: non è nulla! Come potete notare, non esiste un reale equilibrio né a livello di offerta, né di domanda.
Quindi, a parte questa situazione molto complessa, ritengo che la sua idea sia coraggiosa, sono d’accordo. Ma credo che, in questa fase, probabilmente non sia utile per l’Afghanistan. Al contrario, penso che come strategia dovremmo disporre di una combinazione fra sostenere lo sviluppo a lungo termine del paese e offrire alternative alla coltivazione del papavero agli agricoltori, insieme a un migliore governo. Pertanto l’attenzione sarà su giustizia e polizia, come cercheremo e abbiamo iniziato a fare.
Siamo anche stati in prima linea per quanto riguarda l’agenda relativa ai mezzi rurali di sussistenza e all’assistenza volta a sostenere un’occupazione legittima. A questo scopo, la Commissione europea sta inoltre favorendo la strategia nazionale di controllo delle droghe del governo afghano mediante iniziative di verifica dell’offerta e di riduzione della domanda e il miglioramento della governance. Ad esempio, finora abbiamo finanziato il Fondo fiduciario per l’ordine pubblico con circa 135 milioni di euro, mentre per i prossimi due anni si prevede una somma pari a 70 milioni di euro.
Tuttavia, devo anche dire, siccome ci stiamo concentrando su sviluppo rurale, assistenza sanitaria e giustizia, nonché promuovendo la riforma di polizia e giustizia, oltre a una produzione alternativa, come Unione europea e Commissione europea, non possiamo fare tutto da soli in Afghanistan. Vorrei dire questo all’onorevole Tannock, poiché ritengo si stia rivolgendo solo a noi, Commissione europea e Unione europea, ma ci sono numerosi altri attori importanti a questo proposito. Penso dobbiamo agire tutti insieme. Perciò, stiamo tentando di fare sempre di più tramite una strategia molto coordinata, che, da un lato, combatterà le droghe. Ma, di nuovo, ritengo che, forse, sia troppo presto.