Presidente . – L’ordine del giorno reca, in discussione congiunta:
– la relazione degli onorevoli Raimon Obiols i Germà e Charles Tannock, a nome della commissione affari esteri, sul rafforzamento della politica europea di vicinato (2007/2088(INI)); e
– le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Georgia.
Raimon Obiols i Germà (PSE), relatore.–(ES) Signora Presidente, ho ereditato il ruolo di correlatore di questa relazione dal collega onorevole Beglitis, che ora siede nel parlamento greco, e ho accettato con una certa trepidazione ma ora posso dire di essere molto soddisfatto del risultato raggiunto. In primo luogo grazie ai buoni rapporti di lavoro con il correlatore onorevole Tannock e anche perché ho avuto la possibilità di lavorare con un gruppo di assistenti e funzionari estremamente competenti, e infine perché nella stesura della relazione è stato raggiunto un alto livello di consenso.
E’ stato inoltre possibile accettare la gran parte degli emendamenti, anch’essi sottoposti in uno spirito di consenso, e ritengo che il risultato sia soddisfacente.
La relazione sostiene il documento della Commissione del dicembre 2006 sulla valutazione e sullo sviluppo futuro della politica europea di vicinato e, in considerazione del consenso raggiunto, possiamo attualmente dire che il Parlamento e la Commissione condividono la stessa idea secondo la quale il continente europeo e il Mediterraneo sono realtà interdipendenti che non possono essere viste separatamente e che la politica di vicinato offre nuovi canali per le relazioni e la cooperazione con le società che si trovano ad affrontare sfide e problemi comuni nonché importanti opportunità per un progresso comune.
La relazione indica una serie di aspetti che possono rendere la politica europea di vicinato quanto più forte e ambiziosa possibile. Passerò brevemente in rassegna cinque di questi aspetti.
In primo luogo il principio di un ampio sistema di politiche all’interno di un quadro di differenziazione, un principio di differenziazione, in modo che la politica europea di vicinato non venga vista come una prassi standardizzata e meccanica ma come lo strumento tramite il quale l’Unione europea può organizzare le relazioni con i propri vicini mantenendo al contempo una sufficiente flessibilità per rispondere con efficacia alle varie situazioni che si presentano.
In secondo luogo l’idea di un equilibrio tra i paesi dell’est e i paesi del sud del mondo. Non dobbiamo dare una priorità all’uno piuttosto che all’altro ma dobbiamo sempre mantenere un approccio totalmente equilibrato.
In terzo luogo l’idea di rafforzare, tramite la politica di vicinato, la struttura della politica euromediterranea – la questione in questa relazione sulla quale ho lavorato più da vicino. Ciò non significa un’imposizione dall’alto delle politiche con l’istituzione di un quadro iperelaborato e super complicato, ma la creazione di sinergie in modo che la politica europea di vicinato possa significare il rafforzamento della struttura generale della politica di partenariato o dell’associazione euromediterranea.
Quarto, l’idea di passare dalla cooperazione all’integrazione in tutti i settori in cui ciò è possibile. Ciò significherebbe che negli anni a venire i settori che vi si sono preparati condividerebbero alcune aree politiche per contribuire a sviluppare riavvicinamenti e sinergie in settori chiave come quelli delle energie, delle reti dei trasporti, del dialogo interculturale, dell’ambiente o dell’istruzione.
Infine il coinvolgimento da parte non solo delle istituzioni politiche del governo o parlamentari ma anche, il più possibile, di molti altri settori attivi della società civile interessata.
A tal fine la politica europea di vicinato dovrebbe anche affrontare la questione fondamentale della comunicazione e della visibilità, dire quasi la storia della politica complessiva dell’Europa in relazione ai suoi vicini.
Infine desidero osservare che al momento sta affrontando la sua prima sfida in termini di visibilità, di storia, con le proposte di un’Unione mediterranea formulate dal Presidente Sarkozy. Ieri abbiamo ascoltato il Presidente francese e ritengo che abbia introdotto alcune sfumature molto positive laddove ha osservato che in primo luogo la sua proposta di un’Unione mediterranea non esclude nessuno e che secondariamente essa andrebbe ad aggiungersi all’acquis della politica euromediterranea e che, in terzo luogo, deve cercare superarla.
Non potrei essere più d’accordo con questa idea di cercare di semplificare il quadro politico e istituzionale generale della politica europea di vicinato, in particolare in riferimento all’area del Mediterraneo.
Charles Tannock (PPE-DE), relatore.–(EN) Signora Presidente, anch’io vorrei unirmi al ringraziamento sia dell’onorevole Beglitis, che oggi è un deputato del parlamento greco, sia del suo successore onorevole Obiols i Germà per l’eccellente cooperazione trasversale e per il successivo consenso in qualità di correlatori di questa fondamentale relazione.
Tutti abbiamo bisogno di buoni vicini, lo sappiamo. In un mondo insicuro e in continua evoluzione, l’UE deve sviluppare relazioni positive e rafforzate con i paesi collocati alla sua periferia che si basino su sicurezza, stabilità e vantaggi reciproci per tutti. Fino ad oggi la politica europea di vicinato (PEV) si è dimostrata uno strumento prezioso in questo processo, nella creazione di una cerchia di paesi amici con l’obiettivo di migliorare i commerci, la mobilità e la cooperazione politica, in particolare contro il terrorismo e il traffico di esseri umani. Ma va da sé che ad avere la massima importanza siano i valori comuni, prioritariamente il rafforzamento della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti dell’uomo.
La politica della PEV è stata elaborata un po’ affrettatamente, devo dire alla Commissione. Si potrebbe obiettare che un accordo generico per tutti i paesi Euromed e dell’est europeo nonché i paesi vicini del Caucaso meridionale non può costituire un’idea duratura in politica estera dell’Unione europea. Purtuttavia la nostra relazione accetta pienamente che per il prossimo futuro tale politica unitaria resti e che il Parlamento vi si impegnerà così com’è.
Questo non toglie che la Moldova non sia uguale al Marocco. I paesi del bacino sud non sono europei e pertanto non hanno reali prospettive di aderire all’UE. A est, e il mio contributo alla relazione riguarda questa parte, vi sono almeno due paesi a mio parere, Ucraina e Moldova, che sono ammessi ai sensi dell’articolo 49 del trattato di Maastricht in quanto sono innegabilmente europei.
Certamente questioni come le semplificazioni per i visti, le riammissioni e l’accesso all’OMC della post-Ucraina – che ci auguriamo avvenga il prossimo anno – nonché un serio accordo EU di libero scambio sono tutte questioni che procedono bene con un paese come l’Ucraina e mi auguro che ciò possa valere anche per la Moldova ed eventualmente, a suo tempo, per altri paesi del Caucaso meridionale.
A mio parere il futuro obiettivo della PEV per l’est dev’essere la possibilità di circolare senza visto.
La PEV contribuirà in generale a consolidare l’aspirazione di questi paesi di agganciarsi saldamente alle istituzioni dell’UE. Nel caso della Moldova la PEV può rivelarsi un fattore propulsivo significativo per la risoluzione dei conflitti congelati in Transnistria. Tuttavia i paesi est-europei che fanno parte della PEV devono sapere per certo, tramite il Consiglio e la Commissione, che per loro l’adesione non è preclusa e che la PEV non costituisce solo una tattica dilatoria per frustrarne le ambizioni di adesione.
La relazione riconosce inoltre le sofferenze del popolo della Bielorussia e il coraggio delle forze democratiche del paese. Dobbiamo essere pronti, quando il regime di Lukashenko si salverà, a dare il bentornato alla Bielorussia nella PEV prospettando anche ad essa un futuro europeo.
La relazione propone lo sviluppo di un’assemblea parlamentare congiunta tra il Parlamento europeo e i paesi PEV dell’est, che provvisoriamente chiameremo “EURO-NEST”. L’iniziativa prende le mosse dal successo di simili strutture, come l’assemblea parlamentare Euromed che è già operativa e costituisce fondamentalmente la dimensione meridionale della cooperazione parlamentare per la PEV, nonché il processo di Barcellona e la più famosa assemblea ACP. Sono personalmente convinto che l’EURO-NEST rafforzerebbe le istituzioni democratiche nei paesi dell’est aderenti alla PEV, accelerando l’isolamento della Bielorussia e consentendo, ad esempio, a parlamentari azerbaigiani e armeni di discutere il conflitto congelato ma potenzialmente esplosivo del Nagorno-Karabakh, in cui potrebbe di nuovo scoppiare la guerra, considerando la quantità di petrodollari che affluiscano nei forzieri del governo azerbaigiano e la retorica di entrambi i contendenti.
Anche l’UE è diventata troppo dipendente dalle risorse energetiche russe e tutti siamo d’accordo che dobbiamo elaborare fonti alternative. E’ per questo motivo che la nostra relazione, quando è stata presentata alla commissione affari esteri, ha proposto la possibilità di far aderire alla PEV, un domani, anche il Kazakistan. Tuttavia al momento tale prospettiva, mi duole dire, non è più sostenuta dai maggiori gruppi politici pertanto domani, in occasione della votazione, potrebbe anche essere stralciata dalla relazione. Così facendo avremmo potuto avere accesso alle vaste risorse naturali del Kazakistan, mentre l’UE avrebbe contribuito a far proseguire le riforme in questo grande, geograficamente parlando, paese secolare di importanza strategica. Se un giorno il Kazakistan sarà attirato a sé dalla Russia e dalla Cina, come sono sicuro è nelle intenzioni di queste due potenze, rimpiangeremo il giorno in cui abbiamo assunto l’affrettata decisione di tenere distante il Kazakistan.
PRESIDENZA DELL’ON. MIGUEL ANGEL MARTÍNEZ MARTÍNEZ Vicepresidente
Manuel Lobo Antunes,Presidente in carica del Consiglio.−(PT) Signor Presidente, signora Commissario, alla quale in particolare desidero rivolgere il mio apprezzamento per aver dedicato così molto tempo, lavoro, impegno ed entusiasmo allo sviluppo e all’attuazione della politica europea di vicinato. Riconosco il valore di tale impegno e per questo esprimo la mia ammirazione.
Onorevoli colleghi, la politica europea di vicinato, che nel seguito del mio intervento chiamerò semplicemente PEV, costituisce una politica essenziale l’Unione europea.
La PEV costituisce un elemento fondamentale nell’architettura delle relazioni dell’Unione con la cerchia degli Stati confinanti. Stabilità, sicurezza e sviluppo sono processi intercorrelati. Le relazioni tra l’Unione e paesi confinanti va rafforzata, sia ad est che a sud, facendo in modo che la PEV fornisca un quadro politico globale, unitario, inclusivo, equilibrato e coerente. Nonostante la natura specifica e la singolarità di ogni paese e di ogni società, esistono interessi e sfide comuni che vanno affrontati assieme.
Il fatto che stiamo rafforzando la PEV costituisce prima di tutto la prova dei meriti di tale politica. A noi interessa solo rafforzare e approfondire le politiche che si sono dimostrate riuscite. Riconosciamo tuttavia che dobbiamo continuare a rafforzare e potenziare la PEV. Da quando la Commissione ha presentato le proprie proposte alla fine dell’anno scorso, gli Stati membri hanno raggiunto un ampio consenso sulla necessità di potenziare la PEV e sulle misure necessarie a tal fine. In tale contesto vorrei a nome del Consiglio ringraziare i due relatori, gli onorevoli Tannock e Obiols i Germà, per l’eccellente ed esauriente relazione.
I pareri del Parlamento sono particolarmente importanti e preziosi, in particolare per l’attuazione di una politica europea di vicinato e verranno tenuti in considerazione man mano che procederemo. Come sapete la Presidenza tedesca ha presentato una relazione intermedia sul rafforzamento della PEV che è stata sottoscritta dal Consiglio e dal Consiglio europeo nel giugno scorso. Il Consiglio di giugno ha inoltre adottato delle conclusioni che ribadiscono i principi generali della PEV. In primo luogo la PEV consolida una strategia basata sul partenariato e la cooperazione. Nostro obiettivo è quello di aiutare i nostri vicini a modernizzarsi e a riformare. A tale scopo e per assicurare l’efficacia della PEV rafforzata, è necessario che ad essa si attengano tutti i paesi aderenti nel quadro di un partenariato privilegiato finalizzato a conseguire le necessarie riforme. L’imposizione da parte di Bruxelles di un calendario di riforme non costituisce certamente il metodo migliore per ottenere risultati e per questo motivo abbiamo ascoltato cosa vogliono i paesi partner da questa PEV rafforzata.
In secondo luogo si tratta un quadro politico globale, unico, inclusivo, equilibrato e coerente. Gli Stati membri accettano che l’offerta di relazioni più intense valga per tutti i paesi partner, mantenendo un equilibrio complessivo tra est e sud.
Terzo, gli aspetti di differenziazione previsti in base alle performance e all’assistenza in base alla misura continuano ad essere essenziali nelle relazioni dell’UE con gli Stati confinanti. Va da sé che il quadro politico della PEV debba rimanere sufficientemente flessibile in modo da potersi adattare alle necessità di ogni partner e alla misura in cui ciascuno fa ed è pronto a fare progressi effettivi e visibili sulla strada delle riforme. Il sostegno dell’UE deve pertanto essere ancora di più tagliato sulle esigenze e le priorità dei partner così come indicate nei piani d’azione della PEV.
Infine la politica europea di vicinato rimane separata dal processo di allargamento e non pregiudica in alcun modo eventuali sviluppi futuri nelle relazioni dei paesi partner con l’UE. Già la stessa partecipazione alla PEV consente di aumentare i processi di trasformazione a livello nazionale nell’interesse dei cittadini dei paesi partner, indipendentemente da eventuali prospettive di adesione all’UE. Dobbiamo pertanto essere cauti e non mescolare due cose che sono diverse.
A norma dell’articolo 49 del trattato sull’Unione europea, ogni Stato europeo che rispetti i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto può chiedere di diventare membro dell’Unione. Le domande di adesione vengono esaminate in base alle disposizioni del trattato.
Vorrei parlare ora del rafforzamento della PEV. Come sapete uno degli aspetti chiave della PEV rafforzata è quello del miglior uso possibile del peso finanziario dell’Unione. L’aumento dei finanziamenti per i partner a titolo del nuovo strumento europeo di vicinato e di partenariato è già di per se stesso un’indicazione dell’aumentato impegno dell’Unione. Per favorire ulteriormente le riforme è stato istituito un fondo di amministrazione basato su criteri di assegnazione obiettivi e trasparenti. I finanziamenti di questo fondo saranno assegnato per la prima volta quest’autunno. Procede inoltre il lavoro sull’istituzione del fondo per gli investimenti della PEV, che è inteso a migliorare l’impatto dei contributi di bilancio dell’Unione e a contribuire a mobilitare le risorse dei donatori più importanti. Tale nuovo meccanismo sarà pienamente compatibile con gli strumenti finanziari esistenti, in particolare con il fondo di investimento e di partenariato euromediterraneo.
Al fine di favorire e sostenere ulteriormente una riforma regolamentare e amministrativa e un potenziamento delle istituzioni, noi puntiamo a rendere accessibili agenzie e programmi comunitari ai paesi che aderiscono alla PEV attraverso un approccio graduale. Progressi sono già stati fatti in tale settore. La Commissione sta negoziando i protocolli necessari sui principi generali per la partecipazione a tali nuovi programmi comunitari con il primo gruppo di partner della PEV. Israele, Marocco e Ucraina saranno probabilmente i primi paesi a beneficiare di tale misura.
Vorrei inoltre concludere con alcune osservazioni su quanto riteniamo costituire gli elementi fondamentali della PEV rafforzata. In primissimo luogo uno dei componenti essenziali è la maggiore integrazione economica, che va ottenuta in particolare tramite la graduale adozione di accordi di libero commercio onnicomprensivi. L’apertura dei negoziati su tali accordi dev’essere tuttavia preceduta dall’accesso dei paesi partner all’OMC.
E’ inoltre essenziale per agevolare la mobilità tra paesi partner e UE per determinate categorie di persone. Per dare un segno chiaro e tangibile dell’apertura dell’Unione verso i propri vicini e in linea con il proprio approccio comune sulla semplificazione dei visti abbiamo concluso accordi per la semplificazione dei visti e la riammissione con Ucraina e Moldova. Discuteremo inoltre l’eventuale semplificazione dei visti per alcuni gruppi di cittadini dell’est europeo per dare loro modo di partecipare ad eventi collegati alla PEV, sulla base di misure equivalenti che vengono applicate a gruppi di cittadini dei paesi Euromed dal 2003.
Infine vorrei richiamarmi all’impegno recentemente assunto in relazione al Mar Nero e ai paesi di quella regione. La sinergia per il Mar Nero punta a rafforzare la cooperazione tra i paesi della regione e ad approfondire le relazioni dell’UE con essa a tutti i livelli. In termini generali la politica europea di vicinato è nell’interesse sia dell’Unione sia dei paesi partner. E’ giunto il momento di renderla più appetibile, efficace e credibile quale politica che garantisce sicurezza e prosperità per tutti.
Benita Ferrero-Waldner,Membro della Commissione.−(DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, considero la politica europea di vicinato, di cui oggi discutiamo il potenziamento, una politica strategica di fondamentale importanza e a tal proposito vorrei formulare il mio sincero ringraziamento ai due relatori per la relazione presentata, che è un documento davvero importante che utilizzeremo per la fase successiva del progetto PEV.
Chiaramente vogliamo usare questa politica di vicinato per proiettare la nostra stabilità e incentivare le riforme. Alla luce delle sfide internazionali che l’Europa si trova ad affrontare, il successo di questa politica è di vitale importanza non solo per la nostra prosperità ma anche per la prosperità, la stabilità e la sicurezza sia nostre che dei nostri vicini. Questa è l’idea di base.
Vi ringrazio anche per gli elementi chiave che sono stati sviluppati nella relazione. Si tratta di una politica differenziata che deve avere un quadro politico coerente. Una politica che è anche destinata a generare sinergie nel quadro di una struttura regionale – la sinergia per il Mar Nero in una zona e il partenariato euromediterraneo nell’altra. Una politica basata sul riconoscimento della necessità di sostenere particolari settori. L’attuazione e l’ulteriore intensificazione della politica di vicinato costituiscono pertanto una priorità assoluta. Sono quindi grata per il sostegno del Parlamento che è essenziale.
I risultati dell’importante conferenza sulla politica europea di vicinato del 3 settembre indicano inoltre che i nostri partner e i nostri Stati membri concordano pienamente con tale prioritarizzazione. La conferenza è stata un vero successo in quanto ha riunito per la prima volta tutti i partner della PEV e tutti gli Stati membri, assieme a rappresentanti delle varie autorità e della società civile. E’ emerso un chiaro consenso sulle priorità di sostanza della politica di vicinato, dall’integrazione economica ad una maggiore mobilità e dalla politica energetica alla cooperazione politica.
Il Parlamento può svolgere un ruolo importante e di particolare rilievo nel campo della cooperazione politica e ovviamente costituisce un catalizzatore per lo sviluppo della democrazia, per i diritti umani e per le riforme che portano alla realizzazione dello Stato di diritto, aspetto questo al quale noi attribuiamo la massima importanza e che costituisce la bussola di questa politica di vicinato. La politica di vicinato sta già dando risultati precisi. Basti pensare a quanto abbiamo intensificato la nostra cooperazione con l’Ucraina nel quadro della PEV fin dalla “rivoluzione arancione”. Il fatto che l’Ucraina ora tenga per la seconda volta elezioni libere ed eque costituisce indubbiamente un successo. Mi auguro che i titolari delle decisioni politiche a Kiev riusciranno a mantenere lo slancio delle ultime settimane.
Continueremo a lavorare con voi anche per l’attuazione delle maggiori riforme con l’aiuto del corposo piano d’azione per la PEV. I negoziati stanno procedendo verso un accordo migliorato che, come sapete, è inteso ad avvicinare il più possibile l’Ucraina all’Unione europea.
Continueremo inoltre anche a sostenere l’adesione dell’Ucraina all’OMC in modo da poter istituire un’aria completa di libero scambio e come sapete abbiamo già concluso un accordo per la semplificazione dei visti con l’Ucraina e ci auguriamo che lo stesso si possa fare presto con la Repubblica di Moldova, accompagnando ciascuno di tali accordi con un accordo di riammissione.
Il Marocco è un altro beneficiario entusiasta di tale politica di vicinato e la usa intelligentemente come motore per la modernizzazione, che è appunto ciò che noi vogliamo che accada. Abbiamo elogiato con molta chiarezza il progresso del Marocco in base al suo programma dettagliato di riforme interne, e il nuovo accordo sul settore aereo e la cooperazione energetica stretto dal Marocco con l’UE costituiscono, ad esempio, modelli positivi di una cooperazione fruttuosa.
La settimana scorsa sono stata a Rabat per alcuni colloqui in occasione dei quali ho dato il via a ulteriori progressi sul processo di riflessione congiunta iniziato in luglio per venire incontro alla richiesta del Marocco di ottenere uno status avanzato nel quadro della PEV. Sono fiduciosa che nella seconda metà di quest’anno dovremmo essere in grado di presentare proposte adeguate per una nuova e avanzata forma di associazione.
La politica di vicinato quindi funziona ma dobbiamo fare un passo in più, questo è chiaro, nei nostri sforzi per migliorarla, renderla ancora più efficiente e completa. A dicembre la Commissione ha pubblicato delle raccomandazioni su come rafforzare la PEV, che il nostro Presidente in carica del Consiglio ha già presentato. Ritengo che abbiamo fatto dei passi molto importanti. Ad esempio i nostri partner dell’est mancano di una dimensione regionale ma ora abbiamo lanciato questa sinergia per il Mar Nero come un processo tagliato su misura per l’est. Esso dà all’est quanto il sud possiede da lungo tempo sotto forma di un partenariato euromediterraneo; il primo incontro nel quadro della sinergia per il Mar Nero si terrà nel 2008.
Abbiamo inoltre fatto progressi verso l’apertura dei programmi e delle agenzie della Comunità ai nostri vicini. Quest’anno assegneremo inoltre i primi stanziamenti del nuovo Fondo per l’amministrazione, con il quale dimostriamo che possiamo offrire e offriremo di più a quei partner che si distinguono per un reale zelo riformatore.
Inoltre prima della fine dell’anno avremo istituito il Fondo investimenti per la politica di vicinato. Scopo del fondo è contribuire a mobilitare risorse per la politica di vicinato in aggiunta al nostro bilancio ordinario, principalmente per rendere possibile il finanziamento di progetti vasti in settori come quello energetico e dei trasporti.
Penso che possiamo vantare un qualche successo ma ora abbiamo bisogno del vostro continuo sostegno e del sostegno degli Stati membri per consentirci di apportare ulteriori miglioramenti e di fare altri passi in avanti. Sto pensando principalmente ad una più stretta integrazione economica e ad una maggiore intensità nel libero scambio con i nostri partner. La loro integrazione nel mercato interno dell’UE costituisce ovviamente una potentissima leva per le riforme. Per tale motivo dobbiamo anche aprire gradualmente il nostro mercato anche a quelli che chiamiamo beni e servizi agricoli sensibili, per i quali i nostri partner possono disporre di determinati vantaggi competitivi. Ciò significa che dobbiamo anche chiederci se siamo pronti a farlo.
La seconda cosa che ho in mente sono ulteriori semplificazioni per i visti che sono urgentemente necessarie per facilitare il contatto tra persone di paesi diversi. Tali misure possono sovente essere assunte all’interno della normativa già esistente a condizione che esista una sufficiente volontà politica di utilizzare le possibilità disponibili e dobbiamo continuare a sviluppare la dimensione politica della politica di vicinato. Ciò si ricollega ai conflitti congelati presenti all’interno dei paesi partner che confinano con noi ad est, conflitti che frenano seriamente il progresso dei nostri vicini verso le riforme e, in alcuni casi, minacciano la nostra stessa sicurezza.
Per tale motivo la politica di vicinato deve contribuire a creare il clima migliore per la risoluzione dei conflitti come quello del Caucaso meridionale.
Nell’area mediterranea continuerò a fare pressione per avere progressi in Medio Oriente, in particolare nel quadro del Quartetto, e mi auguro di cuore che si facciano l’incontro di Annapolis e la successiva conferenza dei donatori a Parigi in modo da poter compiere degli progressi concreti in Medio Oriente.
Siamo inoltre preparati ad aiutare le parti coinvolte nel conflitto nel Sahara occidentale nella ricerca di una soluzione a lungo termine. In futuro la nostra politica di vicinato sarà focalizzata con precisione sull’attuazione pratica. Dobbiamo tutti unire le forze per mantenere e intensificare le dinamiche di riforma che sono state suscitate tra i nostri partner.
Il mese prossimo la Commissione adotterà un’altra comunicazione sulla politica di vicinato in cui descriveremo i passi che l’UE intende fare per ottenere ulteriori risultati concreti nel 2008, in altre parole il nostro contributo. In aprile presenteremo le relazioni di avanzamento per ogni singolo paese in cui analizziamo i punti dove i nostri vicini possono ulteriormente migliorare l’attuazione dei piani d’azione.
All’inizio di dicembre dovremo porci alcune domande fondamentali, ad esempio se la Commissione è pienamente consapevole delle varie capacità e degli obiettivi dei singoli Stati confinanti. Tuttavia, come ho già detto, possiamo fare molti progressi sulla base di tale approccio differenziato.
Mi sembra inoltre che sia importante anche la nozione di partecipazione e di potenziale locale per dare realizzazione pratica al principio della partecipazione nonché per ottenere un coinvolgimento ancora maggiore della società civile, un settore in cui potremmo ancora fare molto.
Non devo dimenticare qualche parola sugli eventi in Georgia sui quali abbiamo discusso assieme. Voglio solo aggiungere che siamo molto preoccupati per gli ultimi sviluppi in Georgia. Deploriamo l’eccessivo uso della forza da parte delle forze di sicurezza dello Stato georgiano per disperdere i dimostranti e chiudere stazioni televisive indipendenti.
Penso che occorra un’indagine indipendente su questi incidenti. Restiamo inoltre preoccupati per il perdurante stato di emergenza e le restrizioni sulla libertà di informazione, in quanto la limitazione dei diritti costituzionali e la chiusura di operatori dell’informazione costituiscono misure draconiane non conciliabili con i valori democratici che sono alla base delle nostre relazioni bilaterali con la Georgia e che la Georgia si è impegnata a difendere. Ci attendiamo quindi che tali misure vengano revocate senza indugi.
D’altra parte plaudo alla decisione assunta dal Presidente Saakashvili di tenere le elezioni presidenziali e un referendum sulla data delle elezioni parlamentari, con ciò venendo incontro alle richieste dell’opposizione. Mi auguro che così si contribuisca ad allentare la tensione e mi rivolgo a tutti i soggetti coinvolti affinché le dispute politiche rimangano dentro il perimetro di un normale processo democratico e affinché si torni dalle strade al tavolo negoziale. Abbiamo bisogno di condizioni idonee per un processo elettorale equo e trasparente.
Questo è quanto volevo aggiungere. Vi prego di scusarmi per essermi dilungata più del consueto ma penso che mi comprenderete se tali questioni mi stanno particolarmente a cuore, sentendomi io particolarmente responsabile in virtù dell’adagio “anche la politica è per te stessa”.
Tunne Kelam (PPE-DE), relatore per parere della commissione per lo sviluppo regionale.–(EN) Signor Presidente, la commissione per lo sviluppo regionale considera la politica europea di vicinato rafforzata uno strumento fondamentale in primissimo luogo per avvicinare ulteriormente i nostri vicini al sistema di valori europeo. Una PEV efficiente e aperta può fornire vari incentivi per rilanciare le riforme economiche, giuridiche e sociali nei paesi che confinano con l’UE. La PEV non va considerata come una via diretta che porta all’adesione all’UE e pertanto il principio di condizionalità dell’approccio comunitario deve fornire meccanismi praticabili per favorire cambiamenti economici e democratici all’interno dei paesi nostri partner, in accordo con la rispettiva volontà e il rispettivo stato di avanzamento.
La PEV può funzionare solo in modo bidirezionale. A livello politico penso che la PEV ci offrirebbe una magnifica opportunità di approfondire un dialogo politico regolare con paesi disponibili ad allineare le proprie posizioni di politica estera con quelle dell’UE, penso a paesi come Ucraina, Moldova, Georgia, Armenia e altri.
La commissione per lo sviluppo regionale sottolinea l’importanza cruciale dei programmi di cooperazione transfrontaliera e interregionale per la realizzazione pratica della PEV. Tali programmi devono comprendere aspetti economici e ambientali nonché sociali e culturali.
Vorrei sottolineare un altro principio: la PEV non deve limitarsi alla cooperazione tra governi e istituzioni, ma deve coinvolgere la società civile e in particolare stimolare degli scambi di tipo partecipativo tra cittadini, ONG e autorità locali. E’ pertanto importante semplificare in modo efficace i requisiti per il rilascio dei visti per il traffico frontaliero locale e per determinati gruppi di popolazione. Invitiamo inoltre la Commissione ad elaborare orientamenti per le autorità locali e regionali in merito al loro ruolo specifico nell’attuazione dei piani d’azione per la PEV in modo da svilupparla ulteriormente.
Infine, a parere della commissione per lo sviluppo regionale, la PEV deve comprendere anche una cooperazione per prevenire e affrontare congiuntamente i disastri naturali. Incoraggiamo gli Stati membri ad inserire tale aspetto nei programmi di cooperazione transfrontaliera.
Adina-Ioana Vălean (ALDE), relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni.–(EN) Signor Presidente, in questi tempi di globalizzazione e di insicurezza per il futuro i nostri vicini hanno bisogno di indicazioni chiare dall’Unione europea, hanno bisogno di sentirsi dire che li consideriamo nostri partner. Hanno bisogno di sapere che li sosteniamo nel loro passaggio verso la democrazia e una vita migliore. Pertanto plaudo alla proposta della Commissione di rafforzare la PEV offrendo ai nostri partner nuovi incentivi per le riforme.
Come relatore per il parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, desidero insistere sull’importanza della PEV quale mezzo per creare un’area di libertà, sicurezza e giustizia che superi i nostri confini. Non possiamo permetterci di lasciare i nostri vicini ad affrontare da soli le questioni della sicurezza, del crimine organizzato e della migrazione illegale. Nel mondo di oggi ciascuno di tali fenomeni ha un impatto globale e tali sfide sono pertanto le nostre sfide. La PEV è, in ultima analisi, una politica win-win, ci si guadagna comunque. Costruire un’area di libertà, sicurezza e giustizia è nel reciproco interesse, dell’UE e dei nostri vicini, per il bene di tutti i nostri popoli.
Presidente. − Mi dicono che la Presidenza del Consiglio non è stata informata che la discussione era una discussione congiunta sulla politica europea di vicinato e sulla situazione in Georgia.
Pertanto diamo ora al Presidente Lobo Antunes la possibilità di trattare quest’ultimo tema, cambiando l’oratore.
Manuel Lobo Antunes,Presidente in carica del Consiglio.−(PT) Davvero non ho capito perché questa discussione debba riguardare sia la politica di vicinato che la Georgia. Non abbiamo molto tempo a disposizione e per questo motivo vorrei dire molto rapidamente che il 18 novembre scorso, come sapete, la Presidenza ha reso nota una dichiarazione in cui esprimeva viva preoccupazione per i recenti eventi in Georgia e invitava ad un dialogo tra le parti e alla ricerca di soluzioni alla crisi attuale che non violassero i principi democratici e i diritti fondamentali, ovvero la libertà di espressione. Vorremmo anche sottolineare che è essenziale che il governo della Georgia ricrei la fiducia nella legittimità del suo operato e si adoperi al meglio delle sue possibilità per assicurare il rispetto dei principi della democrazia.
A nostro parere la situazione corrente rimane motivo di preoccupazione ma accogliamo con molta soddisfazione l’annuncio del parlamento georgiano che preannuncia la revoca dello stato di emergenza per il prossimo 16 novembre, ovvero dopodomani. Ci auguriamo che a tale annuncio seguiranno i fatti.
Si tratta di un passo importante verso il ripristino di una normalità democratica in Georgia in quanto sono state annunciate prossimamente le elezioni presidenziali ed è naturalmente necessario assicurare tutte le condizioni democratiche richieste per lo svolgimento di tali elezioni. Siamo inoltre soddisfatti per il dialogo instaurato tra le autorità e l’opposizione.
Sono in grado di informarvi che il Consiglio sta lavorando con la Georgia per esercitare pressione politica e diplomatica e assicurare un rapido ritorno alla normalità. Il nostro rappresentante speciale per la regione si è attivato e si trova attualmente in Georgia. Posso inoltre informarvi che la situazione in Georgia è all’ordine del giorno del prossimo Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”. Circa tre anni fa ho presieduto personalmente un consiglio di associazione Unione europea-Georgia e in quell’occasione ho potuto mettere in luce i progressi economici fatti dal paese e indicare con un certo grado di speranza gli sviluppi democratici che ritenevamo positivi.
Ci auguriamo sinceramente che quanto sta accadendo in Georgia non sia un passo indietro in quanto ciò andrebbe sicuramente a danneggiare fortemente gli aspetti positivi di sviluppo della situazione politica ed economica che avevamo giudicato incoraggianti. Mi immagino che il popolo georgiano e le autorità di quel paese siano consapevoli di questo. Un passo indietro non è né possibile né accettabile.
Jacek Saryusz-Wolski, a nome del gruppo PPE-DE.–(PL) Signor Presidente, signora Commissario, signor Ministro, vorrei richiamare un aspetto dell’eccellente relazione preparata dai colleghi onorevoli Tannock e Raimon Obiols i Germà, ovvero l’idea dell’assemblea parlamentare EURO-NEST.
L’obiettivo principale di EURO-NEST, come proposto nella relazione, è di dare realizzazione pratica all’idea di creare un insieme di amici dell’UE a livello parlamentare e fare che diventino anche amici tra di loro, per integrare la politica di vicinato perseguita dagli organi esecutivi dell’UE. EURO-NEST si porrebbe quale forum parlamentare per il dialogo, lo scambio di esperienze e la cooperazione multilaterale. Non si tratta solo di rafforzare i contatti tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali di Ucraina, Moldova, Azerbaigian, Armenia e Georgia nonché con i rappresentanti delle forze democratiche della Bielorussia; per noi la questione più importante è che i nostri vicini sviluppino un dialogo e una cooperazione tra di loro, che si conoscano meglio, che sviluppino una fiducia reciproca e che traggano vantaggio dai migliori esempi in termini di democrazia, libertà di espressione e rispetto per i diritti umani.
L’idea di EURO-NEST è stata sostenuta dalla maggioranza dei membri della commissione per gli affari esteri e della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Mi auguro che essa riceverà anche il sostegno di tutto il Parlamento. Vorrei inoltre rivolgermi ai miei colleghi del gruppo liberale che hanno presentato l’emendamento n. 5, che propone la sostituzione di EURO-NEST con l’organizzazione esistente PABSEC. Vorrei dire che PABSEC, l’associazione parlamentare per la cooperazione economica del Mar Nero, svolge una funzione completamente diversa. In primissimo luogo il Parlamento europeo non può avere un ruolo all’interno di tale organizzazione. Ringrazio i colleghi del gruppo socialista per la loro comprensione. La formula di compromesso, che sostituisce l’emendamento n. 11 e sottolinea la necessità di una migliore cooperazione intergovernativa, consentirebbe di tracciare in modo adeguato tale forma di cooperazione.
Sono convinto che EURO-NEST darà ulteriore slancio al rafforzamento del partenariato con i nostri vicini dell’est e andrà ad integrare le relazioni per quanto riguarda i nostri vicini del sud nel contesto del processo di Barcellona. Esso sarà il segnale che, nel Parlamento europeo, trattiamo seriamente i nostri vicini nonché la prova che stiamo rafforzando i legami con i nostri vicini dell’est, indipendentemente dalle divisioni tra i partiti.
Marek Siwiec, a nome del gruppo PSE.–(PL) Signor Presidente, nella relazione in esame vi sono alcune importanti dichiarazioni che giungono al momento opportuno. La situazione nei paesi a cui la relazione si riferisce (parlo principalmente della zona orientale) è molto dinamica e porta, prevedibilmente, molte esperienze nuove. E’ estremamente positivo che le istituzioni europee – Commissione, Consiglio e Parlamento europeo – parlino con un’unica voce, che riflette la funzione per la quale le istituzioni sono state create, e per queste dichiarazioni introduttive desidero ringraziare il Commissario e il Ministro. Vorrei anche ringraziare i relatori.
Il gruppo socialista del Parlamento europeo sostiene lo sviluppo di una politica europea di vicinato, una politica rafforzata, a condizione che sia cauta ed efficace. Nel corso dei lavori che hanno portato alla relazione abbiamo evitato molte dispute non necessarie. Abbiamo evitato una discussione piuttosto incauta sul fatto se sia più importante il vicinato con l’est o il vicinato con il sud. Sarebbe un po’ come chiedere ad un bambino se vuole più bene al papà o alla mamma. Abbiamo evitato qualsiasi discussione non necessaria sul fatto se una politica europea di vicinato sostituisca o meno una politica mirante all’allargamento dell’UE. Anche questi sono dilemmi surreali, ma nondimeno si tratta di questioni che hanno ricevuto un chiarimento.
Una politica europea di vicinato può essere efficace se viene condotta congiuntamente. Per “congiuntamente” intendiamo condotta dall’Unione europea e dai paesi interessati. Non può essere la stessa politica nei confronti di tutti i paesi in quanto tali paesi si trovano a livelli di democrazia diversi e sono interessati ad una diversa attuazione della politica. Quanto delicata sia una questione di questo tipo lo avete visto voi stessi, osservando quanto avvenuto recentemente in Georgia, che è appunto l’oggetto della discussione che si faceva. Soddisfazione per l’elezione democratica in Ucraina, seppur resa meno completa dal fatto che si trattava delle seconde elezioni del paese nel giro di due anni. Potremmo chiamarla una soddisfazione a metà. Per quanto riguarda l’est, la nostra politica si riferisce ad una zona costantemente travagliata da macchinazioni della Federazione russa, palesi o meno.
Infine, come diceva il Ministro, tale politica potrà avere successo solo se accompagnata da risorse, volontà politica, un’azione effettiva e se sarà scevra da ingenuità, soprattutto qualora si tratti di creare nuove istituzioni.
Anneli Jäätteenmäki, a nome del gruppo ALDE.–(FI) Signor Presidente, la politica di vicinato è una delle priorità della politica estera dell’UE. La politica europea di vicinato fa parte di un più ampio obiettivo volto a promuovere la pace, la stabilità e la prosperità economica. L’attuazione della PEV richiede anche molto dall’UE, dato che gli obiettivi strategici dei 27 Stati membri devono poter essere compatibili. E’ importante evitare un confronto est-ovest sebbene, ovviamente, gli Stati membri dell’UE abbiano priorità diverse in termini di cooperazione.
Una cooperazione è necessaria in tutte le direzioni. Dato che sono coinvolti tutti gli Stati membri dell’UE nonché 16 paesi partner, è parimenti comprensibile che si nutrano forti dubbi sullo sviluppo di tale politica e su come i vari paesi partner possano essere coinvolti nella collaborazione. La forza della politica della PEV risiede tuttavia nel fatto che essa dà all’UE più risorse per aiutare i paesi partner di quanto non avverrebbe se ciascun paese venisse affrontato separatamente e da prospettive totalmente diverse. L’approccio a 360 gradi della PEV assicura inoltre che la politica dell’UE non dipenda dalle preferenze regionali e nazionali di ciascun paese su come condurre la presidenza.
Il mio gruppo dà un sostegno chiaro per lo sviluppo della PEV e delle aree prioritarie evidenziate dalla Commissione, ovvero l’integrazione economica, la mobilità delle persone, l’energia (a cui vorremmo decisamente aggiungere il cambiamento climatico) e l’assistenza in campo finanziario tecnico.
(Applausi)
Adam Bielan, a nome del gruppo UEN.– (PL) Signor Presidente, la politica europea di vicinato ha guadagnato maggior slancio contemporaneamente all’ultimo allargamento dell’UE. Oggi contribuisce ad incoraggiare le regioni vicine ad avvicinarsi al sistema di valori europeo. Essa costituisce la condizione irrinunciabile per realizzare obiettivi che sono nell’interesse di entrambe le parti, ovvero una garanzia di sicurezza e stabilità e la promozione di valori come il rispetto dei diritti umani e una piena realizzazione democratica.
Allo stesso tempo, nel quadro della politica europea di vicinato vale la pena sottolineare il particolare significato e la particolare identità di paesi come, ad esempio, l’Ucraina. Questo paese dovrebbe ricevere uno statuto speciale nel gruppo dei paesi che fanno parte della PEV e dovrebbe ricevere trattamento prioritario, in primo luogo per il suo ruolo nel patrimonio culturale europeo e per i suoi legami storici con i paesi vicini. Il riconoscimento all’Ucraina di uno statuto privilegiato è inoltre particolarmente importante in quanto questo paese ha un ruolo cardine da svolgere per assicurare la stabilità e la sicurezza energetica per l’intera Unione europea.
La questione dell’Ucraina e dell’apertura del percorso per la piena adesione all’UE vanno pertanto considerate singolarmente, tenendo in considerazione che l’Ucraina è il principale partner dell’UE tra i paesi vicini dell’est europeo.
Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, vorrei dire per prima cosa che mi dispiace che questa sia una discussione congiunta in quanto la crisi in Georgia avrebbe dovuto formare l’oggetto di una discussione separata. Lo scorso fine settimana il Presidente di quest’Aula mi ha inviato in Georgia. Sono appena tornato dal viaggio e avrei voluto presentare una relazione sugli eventi di quel paese e sui vari incontri che ho avuto ma purtroppo due minuti non sono sufficienti.
Prima di parlare della Georgia tuttavia vorrei dare il benvenuto all’ultimo arrivato tra i paesi della politica europea di vicinato, ovvero la Mauritania, un paese che ho visitato di recente in qualità di capo della missione di osservatori per le elezioni.
Quanto emerge chiaramente oggi è che la grave crisi della Georgia ha certamente messo alla prova la nostra politica europea di vicinato. Può questa politica essere davvero utile? Porsi oggi questa domanda ha senso, alla luce della situazione in Georgia.
Quello che posso dirvi, onorevoli colleghi, è che a quattro anni dalla rivoluzione non violenta della rosa le comunità georgiane sono veramente scioccate dalla violenza, di cui abbiamo visto qualcosa alla televisione, una violenza diretta contro il popolo della Georgia e la violenza usata per chiudere Imedi TV. Sono scioccati perché non capiscono cosa sta succedendo.
Sono pertanto grato alla Commissione per aver sollecitato le autorità georgiane ad avviare un’indagine – indipendente e trasparente – in quanto la gente vuole sapere esattamente cos’è successo e come.
Abbiamo visitato il paese e ovviamente abbiamo sentito due versioni degli eventi, quella dell’opposizione e quella delle autorità, entrambe plausibili. E’ chiarissimo che esistono due versioni tuttavia il popolo chiede una reale trasparenza. Ovviamente non dobbiamo ricordare solo, come ci invitava a fare il nostro collega, che la Georgia è vulnerabile – questo lo sappiamo – ma anche che la Georgia deve raggiungere un compromesso con un “grande fratello” che è sempre appostato attendendo il momento opportuno.
Quando le autorità georgiane attirano la nostra attenzione sull’onnipresenza della Russia, dobbiamo considerare quanto accade. Ne abbiamo visto un esempio con il nostro accordo di semplificazione dei visti con la Russia, che favorisce i cittadini dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale muniti di passaporto russo, anche se tali zone fanno parte del territorio georgiano, e che pertanto pone la Georgia in una posizione di imbarazzo.
Queste cose non giungono nuove al Commissario. Quello che dobbiamo chiedere oggi – oltre ovviamente alla revoca dello stato di emergenza – è l’immediato ripristino della libertà di espressione e della libertà dei mezzi d’informazione e, cosa più importante, la garanzia che si terranno elezioni libere e trasparenti. Oggi la Georgia è in grado di organizzare tali elezioni. Lo ha dimostrato l’anno scorso quando ha tenuto elezioni locali trasparenti e democratiche nel pieno rispetto degli standard internazionali. E’ giunta l’ora – e qui mi rivolgo al Consiglio, in quanto ritengo che sia stato un po’ duro con le autorità georgiane – che, con la nostra politica europea di vicinato, dimostriamo che l’UE può essere utile. Dobbiamo mostrare ai cittadini georgiani le ragioni della PEV. L’Unione europea non deve deluderli. Questo è il messaggio che dobbiamo trasmettere con forza alle autorità georgiane.
Willy Meyer Pleite, a nome del gruppo GUE/NGL.–(ES) Signor Presidente, signora Commissario, signor Ministro, vorrei prima di tutto ringraziare gli onorevoli Tannock e Obiols per aver presentato la relazione e poi, senza ulteriori indugi, informarvi che il mio gruppo critica l’evoluzione e il metodo scelto per la politica di vicinato.
Siamo critici in quanto nel 2004, allorché è stata istituita una politica di vicinato basata essenzialmente sulla promozione dei diritti umani, su una consulenza tecnica specializzata, su un migliore equilibrio tra commercio e flussi migratori, avevamo visto chiaramente che si stavano aprendo alcune possibilità. Tuttavia non vi è dubbio che, dall’approvazione dello strumento finanziario, sembrerebbe che l’impressione che diamo è quella che siamo fondamentalmente interessati ad istituire aree di libero scambio, accordi di libero scambio e un controllo ferreo sui flussi migratori, lasciando da parte qualsiasi riferimento alla promozione dei diritti umani e all’obbligo di rispettarli.
Vi sono due esempi chiari rispetto ad ovest e a sud, ovvero il conflitto nel Sahara, richiamato dal Commissario Ferrero-Waldner, e il conflitto con Israele o, per dirla in altri termini, la responsabilità del Marocco e dello Stato di Israele in due conflitti: i territori occupati del Sahara occidentale e il conflitto palestinese.
Credo veramente che su tali questioni la politica di vicinato dovrebbe essere molto più esigente nei confronti dei due Stati, chiedendo loro di assumersi una volta per tutte la responsabilità dei conflitti che in un caso si protraggono da quasi cento anni e nell’altro da 40-50 anni senza che siano stati risolti.
Riteniamo pertanto che, da questo punto di vista, avremmo voluto che l’Unione europea assumesse una posizione molto più rigorosa quando è stata istituita la politica di vicinato.
Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM.–(EN) Signor Presidente, tale relazione dimostra chiaramente come l’élite politica eurofila presente in quest’Aula abbia perso completamente il contatto con la realtà e con i desideri dei rispettivi bacini elettorali.
La relazione chiede un urgente miglioramento dell’evasione dei visti in modo da facilitare e rendere meno oneroso lo spostamento da alcuni Stati extra-UE. Non si tratta di ciò che la maggior parte dei londinesi vuole. Non vogliono che sia più facile l’arrivo di migranti nel Regno Unito, al contrario vogliono che tale possibilità diventi più difficile. Essi vogliono una maggiore selettività per le persone che invitiamo nel nostro paese e non un allargamento dell’attuale politica delle porte aperte.
La relazione prevede l’ingresso dell’Ucraina nell’UE. L’Ucraina ha 46 milioni di cittadini che, come cittadini dell’UE, avrebbero tutti i diritti di entrare nel Regno Unito. La maggior parte dei miei elettori non vuole che il diritto d’ingresso nel Regno Unito sia esteso ad altri milioni di persone. Non vogliono che continui l’immigrazione indiscriminata dall’est Europa. Abbiamo già abbastanza immigranti che guidano per Londra senza pagare il bollo e l’assicurazione, abbiamo abbastanza criminali, spacciatori, truffatori, trafficanti di esseri umani e schiavi sessuali.
Un’altra idea stravagante contenuta nella relazione è la richiesta di un’assemblea parlamentare UE-vicinato – un’altra fabbrica di chiacchiere, senza contatto con la realtà che si ingegna a trovare nuovi modi per buttare i soldi dei contribuenti. Questi politici andrebbero ovviamente lautamente ricompensati per i loro sforzi.
Non deve sorprendere che uno degli autori di questa relazione faccia parte del partito conservatore inglese, un partito che si dice euroscettico a casa ma che qui è entusiasticamente eurofilo. Non c’è da meravigliarsi che a Londra l’onorevole Tannock sia conosciuto come il deputato dell’Europa dell’est.
Sono categoricamente contrario a tali politiche in quanto danneggiano l’interesse dei miei elettori. Per questo motivo sarò rieletto a Londra nel 2009, mentre l’onorevole Tannock potrebbe non esserlo.
Philip Claeys (NI). − (EN) Signor Presidente, il considerando C della relazione dice che la politica europea di vicinato “deve rimanere distinta dal processo dell’allargamento, considerando che la partecipazione alla PEV non preclude in alcun modo, per i vicini dell’est chiaramente identificabili come paesi europei, la prospettiva di un ingresso nell’UE a lungo termine”. Per qualche motivo questa regola sembra non applicarsi alla Turchia. In questo caso abbiamo esattamente la situazione opposta: la Turchia è chiaramente identificabile come un paese non europeo, non rientra nella politica europea di vicinato ma aspira ad entrare a far parte dell’UE.
Non si è mai capito chiaramente perché la Turchia non entrata a far parte della PEV. La Commissione ha detto all’inizio che, avendo presentato domanda di adesione all’UE, l’inserimento della Turchia non era appropriato. Ciò è strano in quanto in altri casi si dice esplicitamente che la politica di vicinato e il processo di allargamento devono restare distinti l’uno dall’altro. E’ chiaro che nel caso della Turchia vale una regola sui generis.
Temo che tutto ciò abbia a che fare con un certo obnubilamento ideologico. Anche ammettendo un impegno totale sui negoziati per l’adesione della Turchia, avremmo dovuto far rientrare la Turchia nella politica europea di vicinato, se non altro per ragioni di prudenza. Qualora fosse stato necessario sospendere i negoziati, come si sarebbe dovuto fare molto tempo fa, la Turchia avrebbe potuto essere assorbita direttamente in una struttura esistente. Così non è stato e di conseguenza le cose in futuro saranno ancora più difficili.
Marek Siwiec (PSE).- (PL) Signor Presidente, dopo la votazione odierna ho scoperto – forse sono stato l’unico a farlo – che il gruppo Identità, tradizione e sovranità aveva cessato di esistere nel momento in cui il Presidente del Parlamento aveva dato l’annuncio. Tuttavia osservo che, in base all’elenco delle discussioni, il gruppo esiste ancora, per cui non so chi abbia commesso l’errore, se l’onorevole McMillan-Scott quando ha annunciato che il gruppo cessava di esistere oppure la persona che compila questi elenchi.
Presidente. − Onorevole Siwiec, il sistema elettronico non è ancora stato aggiornato tuttavia l’onorevole Claeys non ha ancora parlato a nome di un gruppo che ha cessato di esistere due ore fa ma ha parlato in qualità di membro non iscritto.
Elmar Brok (PPE-DE).−(DE) Signor Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, sono davvero incredulo per le parole dell’onorevole Batten, che arriva dal cosmopolita Regno Unito e tuttavia in questa sede lancia una propaganda miope e xenofoba condendola di false accuse. Ciò non ha nulla a che vedere con la fiera tradizione di questo grande paese.
La politica di vicinato è sicuramente diventata lo strumento principale dell’Unione europea per la politica estera nel momento in cui entriamo in una fase di consolidamento dopo l’accesso di 12 nuovi Stati. Per tale motivo è importante che lo strumento della PEV venga utilizzato in modo appropriato e concentrato ed effettivamente risulta chiaramente che ciò, almeno per alcuni aspetti, avviene.
La politica di vicinato ci dà inoltre un solido strumento per un coinvolgimento attivo nelle questioni attinenti al conflitto nel Medio Oriente, come ha indicato il Commissario Ferrero-Waldner. Credo che la comparsa in Georgia di soluzioni subito dopo lo scoppio delle tensioni, e il fatto che devono tenersi nuove elezioni, siano in parte da ricollegarsi agli effetti della prospettiva europea e della politica di vicinato, e ciò ci mostra che su tale tema siamo sulla strada giusta. La politica ci dà i mezzi per curare i nostri interessi, per costituire legami, per servire gli interessi dei nostri partner e per alimentare lo sviluppo dei diritti umani e della democrazia.
Quando discutiamo della Bielorussia in tale contesto, signora Commissario, trovo interessante come riusciamo a trovare il modo adatto per collegare gli strumenti per i diritti umani e la democrazia in una situazione in cui lo strumento di vicinato non può ancora avere lo stesso impatto. Si tratta di un importante esercizio che dobbiamo ripetere l’anno prossimo.
Abbiamo qui una politica di vicinato dell’est e una politica di vicinato del sud. Entrambe sono parimenti importanti, tuttavia il metodo non deve necessariamente essere sempre lo stesso in quanto anche la politica di vicinato orientale ha questa dimensione di una prospettiva europea, il che significa che vi possono essere punti di partenza diversi e, in certa misura, anche prospettive diverse. Una politica che riguardi gli accordi di associazione, gli accordi di partenariato e cooperazione e gli obiettivi di portare un paese come l’Ucraina nell’OMC, creando così un’area di libero scambio – facendo progressi verso un tale tipo di evoluzione, mi sembra essere un importantissimo strumento di progresso.
Si tratta di una politica di responsabilità congiunta. Non si tratta del fatto che gli Stati membri del centro Europa stanno guardando solo ad est e che gli europei del sud stanno guardando a sud: l’intera Comunità europea è responsabile per entrambe le direzioni. Per tale motivo devo dire che non posso accettare proposte come quella di un’Unione mediterranea. Mi piacerebbe molto vedere che gli spagnoli e francesi si interessano dell’Ucraina e gli svedesi e i tedeschi si interessano del Marocco. Questa, e non una nuova divisione dell’Unione europea, dev’essere la nostra politica.
(Applausi)
PRESIDENZA DELL’ON. MANUEL ANTÓNIO DOS SANTOS Vicepresidente
Jan Marinus Wiersma (PSE).-(NL) Signor Presidente, prima di tutto desidererei, a nome del mio gruppo, ripetere di cuore l’appello rivolto dall’onorevole Elmar Brok e che abbiamo tutti appena ascoltato. Esso mostra quanto è importante la politica di vicinato per le attività esterne dell’Unione europea. Noi accogliamo con favore i piani di un rafforzamento della PEV, tuttavia ciò non significa che la PEV sia l’obiettivo ultimo. L’UE deve continuare a cercare modi per rendere più efficace la politica.
La differenziazione, come hanno detto anche altri, è la chiave per assicurare il successo della politica di vicinato. La PEV si applica ad un’area molto vasta, dal Marocco all’Ucraina. L’influenza dell’Europa non è uguale in tutti questi paesi né l’Europa rappresenta una prospettiva appetibile per tutti loro in eguale misura. Nel quadro della PEV l’UE deve offrire ai paesi partner l’accordo di cooperazione che risponde meglio alle sue aspettative. Questo è un dato di fatto che riteniamo dovrebbe riflettersi nelle priorità della Commissione.
Le aspirazioni europee della Georgia sono diverse da quelle dell’Azerbaigian. La Tunisia è meno importante per l’UE dell’Ucraina e il Libano non ha lo stesso peso del Marocco, da qui la necessità di considerare ogni paese individualmente.
Dobbiamo concentrarci su quei paesi in cui appare più fattibile l’obiettivo principe della PEV, che è quello di avvicinare ulteriormente i paesi confinanti all’Europa.
La relazione tratta anche dei vicini orientali dei paesi che aderiscono alla PEV. Pensiamo sia una buona idea, nel quadro della strategia dell’Asia centrale recentemente adottata, lavorare per costituire solidi legami con i paesi in questione. Nel fare questo l’Unione europea potrebbe sicuramente attingere all’esperienza della sua politica di vicinato.
Non sottoscriviamo tuttavia l’idea di riconoscere anche ai paesi non appartenenti a questa regione lo statuto di “paesi PEV”. Sarebbe meglio focalizzarsi su un approccio coerente verso l’Asia centrale piuttosto che trascinare certi paesi nella PEV.
Infine una maggiore cooperazione parlamentare con i paesi PEV ad est è utile solo se accompagnata da una cooperazione multilaterale da parte dei governi della regione. Qualora venisse costituita un’assemblea parlamentare occorrerebbe anche un’assemblea ministeriale, come in altre regioni in cui abbiamo creato assemblee parlamentari di questo tipo. A nostro parere ci potrebbe essere un Parlamento di questo tipo solo se il Consiglio e la Commissione creassero anche una controparte a livello intergovernativo.
Lydie Polfer (ALDE) . – (FR) Signor Presidente, quale relatore per il Caucaso meridionale vorrei sfruttare l’occasione di questa relazione degli onorevoli Tannock e Obiols i Germà – con i quali tra l’altro vorrei congratularmi per il lavoro svolto – per riferire le mie impressioni sulla situazione in Georgia sulla base della mia visita del 5 novembre, al culmine delle dimostrazioni.
Ho trovato una situazione molto complessa. Le maggiori riforme che erano state intraprese erano, da un lato, impressionanti, in particolare quelle per l’economia e la lotta alla corruzione; dall’altro occorre tenere presente il difficile clima sociale, caratterizzato da un’elevatissima disoccupazione e da un terzo della popolazione che vive sotto la soglia di sussistenza.
L’aspetto che più colpisce è il clima politico molto teso, anzi di aggressione, in cui l’opposizione lancia accuse estremamente gravi nei confronti del Presidente, per poi procedere a pubbliche ritrattazioni che non fanno altro che sollevare ulteriori interrogativi. Il governo risponde con ripetute accuse di interferenze straniere, leggi Russia, presentando documenti filmati a sostegno di tale tesi. Gli eventi del 7 novembre – la dichiarazione dello stato di emergenza, la violenta repressione dei dimostranti attuata dalla polizia e la chiusura dell’emittente televisiva – hanno messo in luce la natura estremamente preoccupante della situazione. E’ chiaro che azioni come queste mal si conciliano con il tradizionale quadro europeo di valori che affonda le radici nello Stato di diritto e nei diritti fondamentali ed esigono spiegazioni.
Occorre sperare che l’elezione presidenziale in programma il 5 gennaio consenta alla discussione democratica di tornare in primo piano. Spetterà ai cittadini georgiani scegliere tra fatti e parole e se concentrarsi sulle delusioni subite o sulle sfide del presente e del futuro. Sarà tuttavia nostro compito incoraggiarli e assisterli nell’organizzazione di elezioni veramente democratiche e condotte in modo corretto, conformemente agli standard internazionali. La posta in gioco è la credibilità e la stabilità della democrazia in Georgia.
Inese Vaidere (UEN). - (LV) Onorevoli colleghi, dopo la rivoluzione della rosa la Georgia ha dato dimostrazione della propria volontà di far propri i valori europei. La Georgia si attendeva la nostra comprensione e la nostra sensibilità e tuttavia noi abbiamo completamente ignorato tale desiderio. L’anno scorso ho chiesto la sostituzione delle forze CIS di mantenimento della pace con analoghe forze internazionali. Avevo suggerito un riesame della legittimità del rilascio di passaporti russi in Abkhazia e nell’Ossezia meridionale, pratica che modifica la composizione nazionale della cittadinanza georgiana. Avevo proposto che la Commissione e il Consiglio adottassero per la Georgia la stessa semplificazione per i visti attualmente riconosciuta in Russia. Tuttavia tali inviti per un più attivo coinvolgimento nella risoluzione di problemi della Georgia non sono stati ascoltati. Tale disinteresse molto ha fatto per favorire la situazione attuale. La via che porta alla democratizzazione e alle riforme comporta spesso crisi politiche interne, in particolare in questa situazione, in cui esse sono indotte da un grande paese confinante. L’Unione europea deve ascoltare la Georgia mostrandole la propria solidarietà non solo a parole ma anche nei fatti. Grazie.
Tobias Pflüger (GUE/NGL).-(DE) Signor Presidente, l’obiettivo ufficiale della politica europea di vicinato è la creazione, cito, di “una cerchia di Stati amici e stabili” attorno all’UE. Per tale politica vengono spese ingenti somme di denaro – 12 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. E a quale scopo? Si è parlato molto di diritti umani ma non si tratta altro che di imporre gli interessi dell’UE. Ad esempio si parla di istituire un’area di libero scambio: a vantaggio di chi, mi chiedo.
Si parla molto di protezione delle frontiere e di controllo della migrazione. Specificatamente la relazione dice, se posso citarne parti, che il Parlamento “sottolinea la necessità di migliorare la capacità dei paesi PEV nella gestione dei flussi migratori, nel contrastare in modo efficace la migrazione illegale [...] in modo da intensificare la loro cooperazione nella lotta contro [...] il terrorismo [e] sostiene il coinvolgimento dei vicini nella Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (Frontex) e nell’Ufficio europeo di polizia (Europol)”. Si tratta di aspetti che non appoggiamo e pertanto, come ha detto il collega onorevole Willy Meyer-Pleite, il nostro gruppo non voterà a favore della relazione.
Bastiaan Belder (IND/DEM).-(NL) Signor Presidente, l’impegno della Commissione nei confronti dello Stato di Israele nel quadro della politica europea di vicinato è una questione che mi sta a cuore. Appena ieri la Commissione lo ha dimostrato in questa sede nella persona del suo illustre portavoce Andreas Eldina.
Continui così, signor Commissario. So che ho l’appoggio del nostro correlatore onorevole Tannock e della presidente della nostra delegazione per Israele onorevole Hybášková.
Ho una domanda urgente da sottoporre: quali specifiche nuove possibilità prevede il Commissario per rafforzare la politica europea di vicinato per quanto riguarda Israele, certamente in vista della posizione politicamente ed economicamente molto sviluppata dello Stato ebraico? In altri termini non sarebbe del tutto opportuno distinguere su questo punto all’interno della politica europea di vicinato? Io direi proprio di sì.
Francisco José Millán Mon (PPE-DE).-(ES) Signor Presidente, è molto importante che i nostri vicini costituiscano una cerchia di paesi prosperi, stabili e pacifici in cui il potere si basa su modelli democratici e in cui vige il massimo rispetto per i diritti fondamentali.
Tale idea deve costituire la premessa di base della politica europea di vicinato, una politica che deve incoraggiare e aiutare i nostri vicini ad intraprendere le riforme necessarie per tradurre in modo effettivo i valori che richiamavo innanzi.
La questione delle riforme politiche, economiche e sociali costituisce, per me, una parte essenziale della relazione che approveremo domani.
L’idea che viene dopo è che la politica di vicinato deve avere riguardo per le caratteristiche specifiche di ciascun paese. Le differenze non vanno individuate sulla base del continente a cui appartiene il paese. I vicini sono appunto solo questo: vicini. Si tratta di un punto importante. Il fatto che alcuni di loro siano anche europei può avere conseguenze per quanto riguarda la possibile adesione all’Unione ma non per quanto riguarda la politica di vicinato. Si tratta di un’affermazione di carattere più generale che condivido in quanto commetteremmo un errore se facessimo discriminazioni contro un gruppo di paesi a favore di un altro.
Non vi può essere una politica di vicinato di prima fascia e un’altra di seconda fascia. I vicini della costa meridionale del Mediterraneo hanno osservato con una certa apprensione che l’allargamento a 27 può portare ad una certa esclusione da parte dell’Unione allargata; una politica di vicinato che prioritizzi l’Europa orientale o il Caucaso può bene alimentare tale timore.
I paesi del sud del Mediterraneo vantano legami antichi con l’Unione e per noi sono importantissimi in settori chiave come quelli della sicurezza, dell’immigrazione e dell’energia. Molti dei nostri Stati membri, come sappiamo, hanno con essi legami molto vicini sul piano storico, politico, umano, culturale ed economico.
E con questo arriviamo al secondo punto importante del mio intervento. Nella nostra politica di vicinato non dobbiamo fare differenze tra europei e non europei. Tale politica deve essere, come ha appena detto l’onorevole Brok, di responsabilità condivisa.
In considerazione di quanto detto, signor Presidente, non condivido i timori espressi nel paragrafo 2 della relazione sul significato dell’ambito geografico della PEV. Inoltre non avrei diviso la relazione in due sezioni, una sui vicini europei e una sui vicini mediterranei: sarebbe stato migliore un unico documento.
Chiudendo vorrei congratularmi con gli onorevoli Tannock e Obiols.
Hannes Swoboda (PSE).-(DE) Signor Presidente, la questione è capire se gli sviluppi in Georgia indicano o meno un fallimento della politica di vicinato. Non penso che sia così. Essi ci mostrano che ci potrà ancora essere la necessità di alzare il profilo della politica di vicinato dato che quanto succede in quel paese era in gran parte prevedibile. Il fatto è che i successi e i meriti della rivoluzione della rosa in Georgia sono stati intaccati negli ultimi mesi e negli ultimi anni da numerose decisioni di tipo autoritario che hanno violato le prerogative del potere giudiziario.
Questo, completato dalla situazione sociale, ha portato ai disordini recenti e mi auguro che siamo abbastanza forti da assicurare, assieme al Presidente Saakashvili, l’avvio di un dialogo e l’indizione di elezioni libere e trasparenti caratterizzate da una vera libertà di espressione che porti a scegliere in modo davvero democratico.
Il secondo motivo per cui la politica di vicinato dev’essere rafforzata è indubbiamente tutta questa discussione che riguarda il futuro allargamento. Nostra intenzione ora è quella di discutere l’allargamento verso sud-est, di negoziare con i paesi del sud-est europeo e con la Turchia e di portare a conclusione tale processo. Non è questo il momento di prevedere i successivi cicli di allargamento ma piuttosto di rafforzare le relazioni con i nostri vicini e alcuni di questi paesi confinanti, quelli che si trovano in Europa, avranno la possibilità di aderire all’Unione europea in un successivo momento, mentre altri non lo potranno fare. Questo forte legame tuttavia deve esistere.
Il terzo motivo è già stato menzionato. Ritengo che alcune idee astruse, se mi si consente questa espressione, come quella di un’Unione mediterranea che traccerebbe una linea attraverso l’Unione europea, un’Unione mediterranea nella quale, come suggeriva ieri il Presidente Sarkozy alla Conferenza dei presidenti, gli altri Stati membri dell’UE potrebbero avere statuto di osservatore, è bene che vadano evitate, e a tal fine occorre avere una politica comune di vicinato e lavorare assieme per rafforzare le relazioni.
E’ legittimo pensare ad una comunità UE-Mar Nero e ad una comunità UE-Mediterraneo, tuttavia sarà sempre compito dell’Unione europea nel suo complesso mantenere e rafforzare le relazioni con questi vicini, un compito che comporta anche sostenere gli sforzi della Commissione.
István Szent-Iványi (ALDE).-(HU) Signor Presidente, l’obiettivo dell’Unione è di creare un’area di prosperità, stabilità e sicurezza con i propri vicini. Si registrano già alcuni risultati seri e consistenti in tale settore, ma anche gravi fallimenti. Non si è visto alcun reale progresso sul tema dei conflitti congelati e non vediamo idee nuove per risolvere le crisi in Transnistria, Abkhazia, Palestina o Sahara occidentale.
I paesi della politica di vicinato non costituiscono un tutt’unico geografico, culturale, economico o politico e questo è il motivo per cui è necessario un approccio differenziato e specifico per paese: quando una cosa va bene per la Giordania, non è detto che vada bene anche per l’Ucraina.
Occorre quanto prima creare un equilibrio politico e di bilancio tra la dimensione est e la dimensione sud della politica di vicinato. Tuttavia ciò deve portare al rafforzamento della dimensione est in quanto costituisce un’ovvia conseguenza del recente allargamento dell’Unione europea, con l’accesso di nuovi Stati membri. Sul punto abbiamo ottenuto molte promesse dalla Commissione, aspettiamo che vengano mantenute. Grazie.
Hanna Foltyn-Kubicka (UEN).- (PL) Signor Presidente, se vogliamo che la politica europea di vicinato abbia effetto essa va costantemente monitorata e adattata alla situazione geopolitica. Solo così sarà possibile realizzare efficacemente quanto l’UE ha previsto per questa politica.
La politica europea di vicinato si trova tuttora ad affrontare notevoli sfide. Tali sfide consistono non solo nel dare un’assistenza efficace per la creazione di una cooperazione tra Stati o economica. Oggi è anche essenziale sapere come possiamo contribuire a rimediare alla situazione in quei paesi in cui la libertà è minacciata. Penso in particolare alla Russia e alla Bielorussia.
La politica europea di vicinato deve essere uno strumento per influenzare le autorità di quei paesi in cui libertà politica e democrazia sono solo apparenti, in cui i giornalisti dei media indipendenti perdono la vita in circostanze poco chiare e in cui l’opposizione viene sistematicamente e spesso sanguinosamente eliminata dalla vita pubblica. I paesi che agiscono in questo modo devono sapere che tali pratiche saranno denunciate e severamente condannate dall’Unione europea.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE).-(HU) La ringrazio, signor Presidente. Gli ultimi tre anni hanno dimostrato che la politica europea di vicinato costituisce uno strumento molto importante per una cooperazione ancora più stretta con gli Stati interessati e per aumentare la stabilità e la sicurezza della nostra Comunità. La politica di vicinato inoltre ci impone un obbligo, principalmente se il fragile sistema fin qui costruito in uno dei paesi interessati è a rischio.
Vorrei richiamare la vostra attenzione sulla situazione della Georgia dove la democrazia, la costituzionalità e uno sviluppo economico vigoroso che erano stati costruiti assieme vengono minacciati. Le dimostrazioni di massa e i tumulti hanno reso la situazione incerta. E’ mia convinzione che i motivi dietro la situazione che si è creata siano da ricercarsi nelle intenzioni sovversive della politica della superpotenza russa.
Va prestata la massima attenzione al rafforzamento del sistema delle istituzioni democratiche. Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza o gli eccessi delle forze armate contro i dimostranti, annunciare le elezioni presidenziali era il passo giusto in tale direzione.
La Georgia, sotto la guida del Presidente Saakashvili, è un partner impegnato dell’UE e nonostante numerosi problemi mostra significativi progressi nei settori delle riforme e della crescita economica. L’UE, ovvero la Commissione, il Consiglio e il Parlamento in cooperazione con l’OSCE, si sono interessate per risolvere la tensione per via pacifica. A questo dobbiamo dare tutto nostro sostegno.
L’UE è una “potenza soft”; ciò significa che il metodo della persuasione attraverso il coinvolgimento è stato dimostrato dalla situazione Georgiana quando il Presidente Saakashvili ha ricondotto un processo che si era surriscaldato nell’alveo della democrazia. Penso che sia particolarmente importante condurre una revisione sistematica dell’efficacia della politica di vicinato alla luce degli eventi della Georgia. La potenza della Georgia viene messa alla prova. In ogni caso il dialogo con l’opposizione divisa, che non può essere esclusa da tale processo, è inevitabile. Nonostante il nostro sostegno Tbilisi deve dimostrare la forza del sistema democratico del paese con le elezioni di gennaio.
Josep Borrell Fontelles (PSE).-(ES) Signor Presidente, quale inviato speciale della Presidenza spagnola dell’OSCE ho avuto l’opportunità di visitare una delle aree più dilaniate dai conflitti del nostro vicinato: il Caucaso. Considerando quello che accade in Georgia, la soluzione migliore per tutti i conflitti “congelati” è di rimanere “congelati”, in quanto non abbiamo ottenuto alcun miglioramento in nessuno di essi. Anzi gli eventi della Georgia, descritti in modo così ammirevole, dimostrano quanto sia difficile la via verso la piena democrazia.
Oggi il Caucaso è la prima linea della nuova guerra fredda, la guerra fredda locale. Quando si arriva a Tbilisi, si è accolti da un’immagine gigantesca del Presidente Bush e, quando si arriva al confine con l’Ossezia da un’immagine gigantesca del Presidente Putin, a sintetizzare il nuovo scontro che pensavamo di aver superato.
Quello che è stato è stato, tuttavia spetta ora a noi utilizzare la politica di vicinato per contribuire ad assicurare che le elezioni di gennaio si svolgano in modo libero ed equo. La cosa sarà difficile. E’ difficile passare nel giro di pochi mesi da uno stato di emergenza in cui le dimostrazioni vengono violentemente represse, in cui i mezzi di informazione vengono chiusi con la forza, ad un’atmosfera di libertà che consente lo svolgimento di elezioni libere e democratiche; è difficile immaginare di poter passare da una situazione in cui il difensore civico viene picchiato per le strade cittadine dalla polizia ad una situazione in cui la gente può liberamente scegliere il proprio presidente. Tuttavia così stanno fatti.
Noi, il Parlamento europeo, dobbiamo essere fortemente coinvolti e partecipare alla vigilanza delle elezioni con l’OSCE tramite osservatori da inviare in quanto quella interessata è la zona in cui il cammino verso la democrazia è più a rischio, una delle aree più dilaniate da conflitti del nostro vicinato.
Samuli Pohjamo (ALDE).-(FI) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare gli autori della relazione per l’ottimo lavoro. Vorrei indicare quanto è importante il ruolo delle autorità locali e regionali e della società civile nell’attuazione della politica europea di vicinato.
Nel momento in cui vogliamo promuovere i valori europei nei paesi vicini assumono cruciale importanza gli scambi culturali e tra studenti e i progetti pratici congiuntamente realizzati. La commissione per lo sviluppo regionale ricorda anche le ottime esperienze del principio del partenariato nella politica di coesione, che dovrebbero essere sfruttate anche nell’attuazione della PEV.
Anche allentando gli ostacoli al traffico frontaliero e favorendo la circolazione di studenti, ricercatori, artisti, giornalisti, imprenditori e altri si può arrivare ad un sincero senso di riconciliazione.
Bogusław Rogalski (UEN). − (PL) Signor Presidente, quando parliamo della politica europea di vicinato dobbiamo prima di tutto ricordare di sostenere quei governi che rispettano le libertà fondamentali e i diritti umani e di incoraggiare quei diritti nei paesi in cui non sono rispettati. Ciò è di fondamentale importanza per la stabilità del continente europeo.
L’elenco dei paesi che rientrano nella PEV è lungo. Vorrei attirare la vostra attenzione su due paesi, Ucraina e Bielorussia, che potrebbero entrare nella PEV.
L’Ucraina deve costituire per noi una priorità e i negoziati in corso con questo paese devono portare alla conclusione di un accordo di associazione e rendere possibile l’ingresso di questo paese nell’UE. Tale politica deve dotarci di una polizza di assicurazione contro le ambizioni di espansione della Russia e l’ulteriore tentativo di assoggettare l’Ucraina.
Infine, la Bielorussia. L’iniziativa della Commissione di invitare la Bielorussia in qualità di osservatore alla conferenza della PEV sembrerebbe prematura. Occorre ricordare che questo paese si trova ancora sotto la dittatura di Lukashenko, che viola i diritti umani e i diritti delle minoranze etniche. L’UE farebbe meglio a dare un sostegno più efficace alla popolazione e all’opposizione in Bielorussia. La riduzione del costo dei visti per i cittadini bielorussi, in particolare per gli studenti, potrebbe costituire un segnale positivo in tale direzione e la Commissione dovrebbe introdurla senza indugi.
Jana Hybášková (PPE-DE).-(EN) Signor Presidente vorrei prima di tutto congratularmi con la Commissione per aver collaborato su tale idea speciale della PEV. Ora finalmente abbiamo una distinzione netta tra strumento dell’allargamento e PEV.
L’Europa sta attraversando un processo molto pacifico, che finora ha avuto molto successo. La PEV rappresenta la quantità giusta di pensiero creativo che tutela e protegge la pace e la stabilità per i nostri figli. Sicurezza energetica, immigrazione e misure contro il terrorismo costituiscono tutti temi centrali. Più saremo chiari, precisi e analitici e meno politici, più preparati saremo per affrontare tali minacce. Consentitemi quindi di utilizzare questo particolare contesto e porre delle domande sulla base giuridica.
Alcuni piani di azione scadranno presto. In particolare mi riferisco al piano di azione UE-Israele che scadrà nell’aprile 2008. La Presidenza tedesca ha creato il gruppo di riflessione, con il compito principale di proporre una chiara azione di lavoro per il futuro. Nel frattempo, signora Commissario, il suo lavoro, il nostro lavoro, ha riflessi molto positivi anche in Israele.
Il Consiglio e la Commissione hanno ricevuto un non-paper che riflette il dato di fatto che Israele vuole potenziare le nostre relazioni bilaterali con un incontro UE-Israele annuale e una cooperazione regolare ad alto livello. Signora Commissario, la mia domanda è: quali iniziative assumerà la Commissione in base al non-paper israeliano e in particolare come lavorerà la Commissione ad un nuovo piano d’azione? Come rifletterà il nostro nuovo piano d’azione o il piano d’azione potenziato i punti che più ci interessano – misure contro il terrorismo, lotta all’estremismo, xenofobia, sicurezza energetica e ovviamente diritti umani – nonché le questioni internazionali, le convenzioni di Ginevra? A cosa porterà tutto questo e come risponderemo al gruppo di riflessione e alla Presidenza tedesca?
Alexandra Dobolyi (PSE).-(EN) Signor Presidente, anch’io sono molto preoccupato per la crisi in Georgia e devo ammettere di essere negativamente sorpreso. I recenti sviluppi sono alquanto malaugurati e deplorevoli per tutti coloro che sono a favore dello sviluppo democratico della Georgia. Le relazioni di organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch e del difensore civico georgiano sono molto inquietanti.
Considerando la situazione attuale del paese plaudo alla dichiarazione del presidente del Parlamento georgiano in base alla quale lo stato di emergenza sarà revocato venerdì ed entro due giorni da oggi i cittadini georgiani torneranno sperabilmente alla vita di tutti i giorni. A mio parere la situazione mina la reputazione del governo e anche del Presidente Saakashvili, salito al potere nel 2003 nel mezzo di proteste pacifiche che lo hanno posto quale leader più democratico del Caucaso.
Il fatto che il Presidente Saakashvili abbia già indetto le elezioni presidenziali per il 5 gennaio 2008 costituisce un passo positivo che ha già contribuito ad allentare le tensioni nel paese. Tuttavia il governo deve tenere elezioni libere e democratiche in ossequio agli standard internazionali se vuole mostrare al mondo che il paese sta andando avanti. Pertanto il governo deve garantire per la campagna elettorale libertà di espressione per tutti i candidati. Plaudo al dialogo in corso tra autorità e opposizione, è un segno positivo. Mi attendo inoltre e chiedo a tutti i partiti coinvolti che agiscano con responsabilità durante l’intera campagna elettorale e che partecipino in modo costruttivo alla sfida di elezioni democratiche libere e sicure.
Grażyna Staniszewska (ALDE).-(PL) Signor Presidente, è di vitale importanza che, parallelamente alla politica di vicinato, le porte dell’Unione europea rimangano aperte per i nostri vicini dell’est europeo. L’appartenenza all’UE può costituire una possibilità in prospettiva di lungo periodo in quanto dipende dai progressi sulle riforme e dalla conformità ai criteri di Copenhagen, tuttavia ha un grande significato simbolico e politico. So, in base all’esempio del mio paese, che la sola possibilità di entrare nell’UE ha la capacità di mobilitare la società ad intraprendere la strada delle riforme economiche e della trasformazione democratica.
Oggi nel Parlamento europeo mandiamo un segnale chiaro e positivo ai nostri partner dell’est e ne attendiamo la reazione, non solo espressa con dichiarazioni politiche ma anche, e questa è la cosa più importante, espressa con misure concrete a livello economico e sociale. Noi ci aspettiamo che questi paesi percorrano la via delle riforme e della democrazia, che riformino i rispettivi sistemi giudiziari rendendoli indipendenti dall’influenza politica, che combattono la corruzione e creino un contesto positivo per la crescita economica.
Sono convinto che un’Ucraina, una Moldavia e – speriamo – un giorno anche una Bielorussia democratiche e prospere non siano solo una cosa positiva per i loro cittadini ma anche per l’intera Unione europea.
Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN).-(PL) Signor Presidente, la politica di vicinato è uno dei meccanismi volti a sostenere la costituzione di un’area attorno all’UE in cui sia possibile cooperare senza conflitti, evitando anche la formazione di una spaccatura culturale ed economica presso i confini dell’UE. Concordo con i timori espressi dagli autori della relazione secondo i quali sarebbe un errore far partecipare a questa stessa politica i paesi attorno al Mediterraneo. Sarebbe molto più sensato creare un partenariato UE-Mediterraneo dotato di meccanismi propri.
Ritengo che solo quei paesi che hanno frontiere di terra con l’Unione europea debbano far parte della politica di vicinato. La partecipazione alla politica dovrebbe costituire per il paese interessato un passo verso l’ingresso nell’UE come membro, ovviamente solo qualora il paese e l’UE stessa lo vogliano. In futuro dovremo pensare alla creazione di una politica separata UE-Asia per la cooperazione con i paesi asiatici che vogliono cooperare sul piano economico e politico con l’Unione europea, ad esempio Georgia e Armenia. Dobbiamo separare le nostre attività per regione.
Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE). – (LT) Siamo consapevoli del fatto che l’obiettivo della politica europea di vicinato è quello di creare un perimetro di sicurezza e stabilità attorno all’Unione europea, di sviluppare relazioni strette con i paesi confinanti e di consentire a questi paesi di attuare riforme democratiche, che si basino sul rispetto dei diritti umani, lo Stato di diritto e lo sviluppo economico e sociale. La domanda che vorrei porre questa: qual è il prezzo che siamo disposti a pagare per raggiungere tali obiettivi?
Alla luce delle esperienze passate vorrei indicare che sono essenziali fondi adeguati per lo sviluppo della politica europea di vicinato. A mio parere 11 miliardi di euro per un periodo di 7 anni e per 16 paesi non sono molti. Un coordinamento più efficiente degli strumenti finanziari e delle politiche è essenziale per migliorare il finanziamento della politica europea di vicinato e la riforma del bilancio comunitario in corso costituisce un’eccellente opportunità di porre basi solide per uno sviluppo futuro molto più efficiente della politica europea di vicinato. Non posso in alcun modo concordare con l’onorevole Pflüger secondo il quale si tratterebbe di un esempio di sperpero di denaro dei contribuenti.
Il secondo punto che vorrei sottolineare riguarda le relazioni fra gli Stati confinanti dell’UE. E’ essenziale che mantengano buone relazioni e si appoggino a vicenda. Non vi è dubbio che sarebbero in grado di risolvere la maggior parte dei rispettivi problemi lavorando assieme. In considerazione di questo il Parlamento europeo deve esprimere il proprio sostegno esplicito per EURO-NEST – l’assemblea parlamentare vicinato UE-est – nonché mostrare una determinazione politica e offrire un sostegno finanziario per l’attuazione del progetto. EURO-NEST darebbe nuovo slancio ad una più efficiente attuazione della politica europea di vicinato aumentando contemporaneamente in modo sostanziale la dimensione parlamentare di tale politica, e in questo contesto il Parlamento europeo potrebbe adempiere alla sua nobile missione.
Jamila Madeira (PSE).-(PT) Il ruolo dell’Unione europea nel mondo è oggi assolutamente irrinunciabile se vogliamo raggiungere determinati equilibri che sono essenziali per il perseguimento di una pace e una giustizia globali. In particolare la logica di associarsi con alcuni paesi tramite accordi bilaterali non deve pertanto minare lo sviluppo di un approccio multilaterale che una visione globale ci impone.
L’innegabile influenza dei diritti umani universali e la garanzia delle libertà fondamentali nelle relazioni dell’UE con il mondo devono essere alla base di ogni dialogo con qualsiasi partner del mondo, con particolare riferimento alla regione mediterranea.
Data la prossimità geografica della regione all’Europa, l’affinità secolare, la diversità culturale e la costante instabilità politica, l’UE deve agire molto fermamente per assicurare tali principi fondamentali. Mi congratulo pertanto con i relatori per l’importanza da loro riconosciuta a questo aspetto nella relazione sulla politica europea di vicinato.
La proposta nel frattempo presentata dal Presidente Sarkozy sull’Unione mediterranea è completamente avulsa dal contesto. Sebbene sia estremamente utile in quanto rivitalizza la discussione sul Mediterraneo, da una parte essa propone lo smantellamento del partenariato attuale e, dall’altro, disconosce i principi fondamentali dell’UE sul primato dei diritti umani universali e delle libertà fondamentali in particolare, ritenendole questioni secondarie in base ad un pragmatismo caso per caso che alimenterebbe una relazione a più velocità.
Il nostro ruolo non è quello di alimentare il rallentamento in cui si rifugiano i nostri partner o alimentare divisioni. Dobbiamo promuovere sviluppo e progresso, in particolare in termini di diritti, garantendo sempre che usiamo i nostri investimenti per dare opportunità di crescita e sviluppo economico complessivi per l’intera regione.
Garantire il completamento dell’area di libero scambio nella regione entro il 2010, tra tutti i soggetti pari che vi aderiscono, è pertanto un obiettivo raggiungibile, tuttavia non dobbiamo mai abbandonare il rispetto per i valori e i diritti umanistici e democratici.
Marian-Jean Marinescu (PPE-DE).-(RO) Apprezzo la relazione dell’onorevole Tannock. Abbiamo bisogno di vicini che rispondano agli standard dell’Unione europea, a prescindere dal fatto che diventino membri dell’Unione europea o meno e dai tempi di tale ingresso.
Per tale motivo ritengo che la politica di vicinato debba farsi proattiva, ovvero credo che non dobbiamo monitorare solo lo sviluppo della situazione ma anche sostenere lo specifico paese nello sforzo di conformarsi agli standard richiesti.
Quanto alla situazione in Georgia, le decisioni del Presidente Saakaşvili di organizzare elezioni presidenziali anticipate, un referendum per fissare le elezioni parlamentari e di revocare lo stato di emergenza sono salutari.
Tutte tali azioni contribuiranno al ripristino di un clima democratico favorevole alla ripresa di discussioni e negoziati per una soluzione praticabile della delicata situazione in Georgia.
Sostengo l’idea della necessità di ripristinare i meccanismi dello Stato di diritto, della libertà di espressione e della libertà di stampa. Chiedo a tutte le forze politiche presenti in Georgia di cooperare al fine di elaborare una normativa che regoli le attività del settore audiovisivo, onde evitare situazioni come quella recentemente verificatasi.
Il partito che oggi è al potere è quello che, a iniziare dal 2003, ha avviato e sostenuto un sistema coerente di riforme in settori chiave che, a loro volta, hanno generato un visibile sviluppo economico, spingendo la Georgia verso un’economia di mercato funzionante e una vera democrazia.
Sempre con lo stesso governo è stata sostenuta la creazione di meccanismi per una reale e più efficiente attuazione del piano di azione con l’Unione europea ed è stata intensificata l’evoluzione in direzione europea.
Allo stesso tempo la Georgia è diventata un partner strategico della politica di vicinato, fatto indispensabile per risolvere i conflitti congelati di quella regione, un buon mediatore, un partner importante nel quadro della cooperazione regionale e un alleato strategico nei progetti di cooperazione sull’energia e per i trasporti.
Le rivendicazioni e l’atteggiamento dell’opposizione dovrebbero essere presi in esame ma valutati nel contesto dell’intera situazione politica ed economica, sia interna che nella regione. Ritengo che dobbiamo osservare attentamente quanto accade nelle aree della Georgia in cui sono presenti conflitti nonché l’atteggiamento della Federazione russa, in particolare nel quadro della prossima scadenza per una decisione sullo statuto del Kosovo.
Kader Arif (PSE) . – (FR) Signor Presidente, desidero parlare in modo specifico della regione mediterranea che, come i relatori ci hanno ricordato – e per questo li ringrazio – è molto importante per l’Europa in termini di politica estera. E’ il mio sostegno per un forte impegno europeo nella regione mediterranea che mi spinge a mettere in guardia contro i rischi di annacquare la politica mediterranea dell’Europa con la generale politica di vicinato.
Non vogliamo che nasca una rivalità tra i paesi dell’est europeo e i nostri vicini del sud. La PEV deve integrare a livello bilaterale il processo multilaterale di Barcellona che, vorrei ricordare, dal 1995 costituisce il quadro di riferimento per la creazione di relazioni nella regione mediterranea. Stanti così le cose, né la PEV né qualsiasi altro progetto rivolto ai paesi mediterranei deve poter mettere in secondo piano o sostituire gli obiettivi di Lisbona che si basano sui tre pilastri di un partenariato per uno sviluppo politico, economico e sociale, che costituiscono l’unico modo per promuovere un’effettiva integrazione regionale.
Devo pertanto evidenziare due punti. In primo luogo occorre mantenere un equilibrio nella ripartizione dei fondi tra paesi dell’est europeo e paesi mediterranei. La nostra capacità di sostenere una politica europea forte e ambiziosa per la regione mediterranea dipende dal successo nel raggiungimento di questo equilibrio. In secondo luogo, per quanto riguarda la progettata area di libero scambio euro-mediterranea – già oggetto della mia relazione presentata in quest’Aula nella prima parte dell’anno – vorrei sottolineare l’importanza di un approccio coordinato e graduale che permetta ai paesi interessati di tenere il passo con il ritmo e l’intensità di un sistema commerciale aperto, tenendo presenti le rispettive specificità e in particolare la fragilità di alcuni settori delle rispettive economie. Nostro obiettivo deve restare un commercio funzionale alla causa dello sviluppo.
In conclusione vorrei vedere tali due aspetti sviluppati nella relazione in quanto sono necessari per definire una chiara politica mediterranea basata su una visione strategica a lungo termine per lo sviluppo e la stabilizzazione della regione.
Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, mi consenta di congratularmi con i relatori per la loro accurata disamina dell’argomento. Devo tuttavia indicare che se uno dei nostri obiettivi di base è creare un’area di pace, dobbiamo prestare attenzione al futuro politico dei paesi in questione.
Vorrei citare l’Egitto come esempio. Chi di noi sa cosa accadrà nel dopo Mubarack? Temo nessuno. Siamo consapevoli del fatto che presto o tardi in Egitto andrà al potere la Confraternita musulmana, una grande organizzazione estremista islamica? Dobbiamo pertanto comprendere che tutta la nostra proclamazione in quest’area sarà messa a repentaglio da una simile situazione.
Non voglio tuttavia ripetere ancora in questa sede la proposta presentata l’anno scorso nella discussione precedente sulla relazione. Allora suggerivo la creazione di un commonwealth tra questi paesi al fine di rafforzare le relazioni nel vicinato politico.
Vorrei concludere indicando che il vicinato politico europeo è stato promosso parallelamente all’accesso dei dieci con l’obiettivo di frenare la formazione di nuove linee di divisione con i paesi vicini. Per tale motivo il vicinato politico europeo deve rimanere unito, geograficamente coeso ed equilibrato tra la componente est e quella sud.
Inoltre, dato che i paesi che partecipano al vicinato politico europeo esibiscono differenze di carattere politico, economico e anche culturale, il principio della diversità è più importante che mai ma non va utilizzato per aumentare il divario tra questi paesi.
Evgeni Kirilov (PSE).-(EN) Signor Presidente, il Commissario Ferrero-Waldner aveva ragione all’inizio quando diceva che la PEV dovrebbe stimolare le riforme democratiche. Il governo georgiano deve ripristinare interamente il normale processo democratico del paese e osservare strettamente i principi dello Stato di diritto in tutte le sue iniziative. In particolare dobbiamo esprimere la nostra preoccupazione per le gravi violazioni del diritto di libera espressione e di accesso alle informazioni. Ciò che occorre in questa situazione è riprendere il dialogo politico e trovare un compromesso nell’interesse dei cittadini e della democrazia di quel paese.
Sono particolarmente allarmato dalla violenza esercitata dalla polizia contro dimostranti pacifici. Gli eventi di questi ultimi giorni mostrano l’incapacità del governo di accettare il fatto che vi siano critiche. Il pretesto del presunto complotto per un colpo di stato con il coinvolgimento dell’influenza russa è quanto meno molto discutibile. Inoltre è chiaro che qualsiasi leader alternativo dell’opposizione, che al momento non vediamo sulla scena politica, ben difficilmente potrebbe essere a favore della Russia.
Accogliamo favorevolmente la decisione del Presidente Saakashvili di indire elezioni presidenziali anticipate. Le notizie di oggi sulla revoca nei prossimi giorni dello stato di emergenza costituiscono anch’esse un segno positivo. D’ora in avanti ci attendiamo che siano soddisfatte tutte le necessarie condizioni per elezioni libere ed eque. Una di tali condizioni è la libertà di espressione e ciò significa che tutti i mezzi di informazione chiusi con la forza durante gli ultimi avvenimenti, come Imedi TV e Kafkasya TV, riprendano le loro normali attività. Dobbiamo essere molto chiari su tale punto.
Ritengo che il Presidente Saakashvili sarà abbastanza coraggioso da invertire gli sviluppi negativi visti nelle ultime settimane. Dopo la sua elezione aveva avviato una buona politica di riforma in Georgia che va sostenuta. Credo inoltre fermamente che lo sviluppo democratico del paese debba essere monitorato da vicino e sostenuto dal Parlamento europeo.
Manuel Lobo Antunes,Presidente in carica del Consiglio.−(PT) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli deputati, dati i limiti di tempo sarò molto breve, anche se ciò va a mio vantaggio in quanto sarò presente durante il tempo delle interrogazioni. Abbiamo avuto una discussione lunga e intensa che, ritengo, ha toccato tutti gli aspetti essenziali della politica di vicinato.
Penso anche che sia stato raggiunto un largo consenso sulle questioni fondamentali come la necessità che la politica di vicinato sia comprensiva e inclusiva e rivolta verso il nord ma anche verso est e sud. Essa deve inoltre prendere in considerazione le caratteristiche specifiche dei paesi a cui si rivolge. Dobbiamo ovviamente prendere in considerazione le caratteristiche specifiche e le necessità dei nostri partner così come dobbiamo anche usare gli strumenti necessari in linea con tali necessità e tali caratteristiche specifiche. La politica europea di vicinato ha un unico obiettivo valido per tutti i partner, ovvero l’istituzione di un partenariato che li faccia progredire sotto il profilo economico e sociale portandoli a rafforzare lo Stato di diritto e le rispettive democrazie.
Devo tuttavia dire che in questo come in altri forum sento talvolta osservare o addirittura suggerire e consigliare che forse dovremmo aumentare le risorse e gli strumenti. Si tratta di idee generose che comprendo ma dobbiamo anche essere consapevoli del fatto che l’aumento degli strumenti o dei finanziamenti, cioè le risorse, molto spesso non funziona in quanto la capacità di assorbimento dei nostri paesi partner è limitata. Anche noi vorremmo ovviamente vedere un aumento delle risorse ma la verità è, come ho detto, che la capacità di assorbimento dei nostri partner è molto spesso limitata, pertanto dare loro più risorse finanziarie non rende più efficaci i programmi o più rapidi o più visibili i risultati.
Credo che la Commissione abbia scelto bene le aree in cui creare dei partenariati con i paesi che intrattengono tali associazioni con noi. La Commissione è attiva in un’ampia serie di settori, compresi quelli della costituzione delle capacità amministrative, del potenziamento del sistema giudiziario e della fornitura di supporto per le organizzazioni della società civile e per l’educazione e la formazione – questa politica di vicinato copre un intero spettro di settori. Come dicevo l’obiettivo unico e più importante è ovviamente mettere in grado questi partner di vivere uno sviluppo che è anche nell’interesse dell’Unione europea.
Il Consiglio continuerà naturalmente a monitorare da vicino le proposte presentate dalla Commissione in relazione alla politica europea di vicinato ed è chiaramente sempre preparato a discutere idee, suggerimenti e proposte con il Parlamento.
Benita Ferrero-Waldner,Membro della Commissione.−(EN) Signor Presidente, cercherò anch’io di essere più breve possibile. Vorrei solo dire che penso che sia stata una discussione molto fruttuosa e vorrei anche ringraziare ancora i due relatori. Era chiarissimo che molti deputati volevano intervenire in questa importante fusione.
Due punti in risposta ad alcune domande. In primo luogo, è vero che ora la Mauritania è un paese partner del processo Euromed ma non fa parte della politica di vicinato. Volevo solo chiarire questa cosa; i fondi per la Mauritania vengono erogati al titolo della ACP.
Sul secondo punto vorrei essere molto chiara. Alcuni deputati hanno sostenuto criticandoci che i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto non sarebbero stati i nostri obiettivi principali. Al contrario. Se si guarda uno qualsiasi dei piani di azione una delle parti principali è sempre una base per sviluppare quanto più possibile diritti umani, democrazia e Stato di diritto. Tuttavia va da sé che ci vuole tempo e noi lavoriamo con quei paesi in particolare sulla questione del sistema della giustizia, che ovviamente è una base che consente di fare la differenza sul campo.
Poi uno dei deputati del gruppo Indipendenza/ democrazia ha detto che non voleva più la migrazione. Voglio dirgli che la semplificazione dei visti procede sempre parallelamente ad accordi di riammissione, per cui stiamo sì cercando di combattere l’immigrazione illegale ma vogliamo anche cercare di agevolare il contatto tra persone e talvolta applicare qualche idea per l’immigrazione legale, che pure è necessaria per molti dei nostri paesi a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Quarto: in merito ai conflitti congelati è chiaro che la politica di vicinato da sola non può risolverli tutti. A tal fine abbiamo un rappresentante speciale, il Segretario generale del Consiglio Solana. Tuttavia con la politica di vicinato stiamo cercando di creare il miglior ambiente possibile perché ciò avvenga. E questo è molto importante, in Israele e in Palestina quando parliamo del Maghreb e quando parliamo dei paesi dell’est europeo.
C’è stata un’altra domanda sullo statuto speciale di Israele. Posso dirvi, come ho detto al ministro degli Esteri Tzipi Livni, quando l’abbiamo incontrata a Lisbona, che abbiamo un gruppo di riflessione speciale. Questo gruppo sta lavorando. Le idee presentate sono molto ambiziose, in particolare da parte di Israele. Tuttavia dobbiamo fare in modo che si inserisca nel quadro complessivo dell’approccio della politica di vicinato. Ma all’interno di tale quadro possiamo fare sicuramente molto. Questo è quanto stiamo valutando e discutendo al momento. Immagino che, il prossimo anno, con il nuovo consiglio di associazione, potremo presentare delle proposte in merito. Quindi non l’abbiamo dimenticato, ci stiamo lavorando.
Un’ultima parola sulla Georgia: molti colleghi che hanno parlato sulla Georgia, compresa l’amica onorevole Lydie Polfer, hanno detto che la situazione è molto complessa. Sappiamo tutti che, da una parte vi sono forti tensioni tra opposizione e governo, ma dall’altra potrebbero anche esservi altre tendenze. Penso pertanto che sia molto importante che il Presidente Saakashvili abbia indetto le elezioni presidenziali. Ha dichiarato che consulterà la popolazione sulla data per le elezioni parlamentari. E io spero che la questione delle riforme che abbiamo davvero cercato di incentivare proseguirà in futuro altrimenti la fiducia nel governo georgiano risulterà gravemente compromessa se la crisi attuale non potrà risolversi in modo democratico. Ma ovviamente faremo di tutto per sostenere la Georgia.
Ultimo punto sul finanziamento. Molti hanno detto che ci occorrono più fondi. Tuttavia sappiate che il Fondo europeo per gli investimenti o il Fondo investimenti di cui sempre si parla costituisce un’opportunità per erogare maggiori fondi a quei paesi che ne hanno bisogno per progetti infrastrutturali, energetici, per i trasporti, ecc. Abbiamo pertanto detto che quanto abbiamo forse non è sufficiente. Allora cerchiamo di averne di più.
Presidente. − La discussione è chiusa.
Vorrei ricordare che la relazione degli onorevoli Raimon Obiols i Germà e Charles Tannock verrà posta in votazione domani mattina e che i testi presentati a chiusura della discussione sulle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione verranno posti in votazione a Bruxelles il 29 novembre 2007.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Marianne Mikko (PSE), per iscritto.–(EN) In qualità di presidente della delegazione in Moldova desidero ringraziare l’onorevole Tannock per aver indicato che la Moldova soddisfa pienamente i criteri necessari per accedere ad una prospettiva di adesione previsti dall’articolo 49 del trattato di Maastricht. Ringrazio anche il correlatore onorevole Obiols i Germà per la relazione equilibrata ed esauriente.
La Moldova non è collocata nel vicinato dell’Europa ma è geograficamente ubicata in Europa e deve avere titolo per aderire all’UE una volta che saranno soddisfatti i tre criteri di Copenhagen.
Sebbene il piano d’azione UE-Moldavia sia lungi dall’essere completato occorre chiedersi qual è il passo successivo. Sono necessari ulteriori incentivi per motivare i nostri partner europei a procedere con riforme dolorose.
Per raggiungere gli obiettivi, le risorse finanziarie e di altro tipo della PEV devono essere notevolmente più generose. Sono necessarie missioni complete della PESD se vogliamo avere una possibilità realistica di risolvere i conflitti congelati in Transnistria e nel Caucaso. Al momento non vi sono risorse per queste missioni.
Infine è difficile immaginare una politica che vada bene sia per i paesi dell’Europa geografica sia per i paesi del Mediterraneo non europeo. Chiaramente in futuro sarà necessario ridisegnare la portata della PEV. In particolare va definita meglio la sua componente est.
José Ribeiro e Castro (PPE-DE),per iscritto.–(PT) Mi congratulo con i relatori per l’ottimo lavoro. La risoluzione che approviamo consoliderà la visione del Parlamento nel settore della politica di vicinato, sviluppando le linee tracciate nel gennaio 2006.
Proprio per questo motivo è importante approvare gli emendamenti 1 e 2, che ringrazio l’onorevole Tannock di aver presentato. Essi riaffermano punti che abbiamo già approvato e che ora non possono essere dimenticati e che riguardano le nostre relazioni di vicinato sul confine sud-atlantico. E’ importante richiamare ancora una volta la particolare situazione degli Stati insulari che confinano con le nostre regioni ultraperiferiche – Canarie, Madera e Azzorre – con le quali esistono legami storici e stretti legami speciali. Pertanto dobbiamo inoltre reiterare la nostra richiesta alla Commissione perché proponga e sviluppi politiche specifiche volte ad estendere il più possibile la politica europea di vicinato al nostro vicinato insulare nell’Atlantico, in prossimità del continente europeo, nella misura in cui esse evidenziano non solo la nostra prossimità geografica ma anche la nostra affinità culturale e storica e l’interesse comune di una sicurezza reciproca.
Sulla stessa linea vorrei anche cogliere questa opportunità per salutare la recente comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul futuro delle relazioni tra UE e la Repubblica di Capo verde.