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Procedura : 2007/2104(INI)
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Ciclo del documento : A6-0400/2007

Testi presentati :

A6-0400/2007

Discussioni :

PV 15/11/2007 - 3
CRE 15/11/2007 - 3

Votazioni :

PV 15/11/2007 - 5.13
CRE 15/11/2007 - 5.13
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Testi approvati :

P6_TA(2007)0541

Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 15 novembre 2007 - Strasburgo Edizione GU

3. Inventario della realtà sociale (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Elizabeth Lynne, a nome della commissione per l'occupazione e gli affari sociali, sull’inventario della realtà sociale (2007/2104(INI)) (A6-0400/2007)).

 
  
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  Elizabeth Lynne (ALDE), relatore.–(EN) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare i relatori ombra. Il fatto che una relazione di questa portata non abbia ricevuto emendamenti in plenaria dimostra che si tratta veramente di una relazione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali di cui possiamo tutti essere fieri. Inoltre, desidero ringraziare la Commissione per la stretta collaborazione e la Presidenza portoghese per aver fatto della politica sociale una priorità del suo semestre di Presidenza.

L’Europa è di fronte a una sfida enorme. Una sfida in termini di equità, di potenziale perduto, di incapacità di vivere una vita indipendente dalla carità altrui, una vita libera dalla discriminazione, dalla povertà e dall’esclusione sociale.

Il nostro obiettivo è chiaro: vogliamo ampliare le opportunità, affinché nessuno rimanga indietro, a prescindere dal contesto sociale e dalle circostanze. La visione dell’Europa dev’essere di libertà e opportunità per tutti, di maggiori opportunità e incentivi al lavoro, rafforzando nel contempo la rete di sicurezza per chi non è più in grado di lavorare.

I dati del 2007 sono agghiaccianti: 72 milioni di cittadini europei continuano a vivere in povertà e l’8 % della popolazione dell’Unione europea è interessata dal problema della povertà lavorativa. Si tratta di dati veramente scioccanti. Ma che cosa significano effettivamente? Significano che un cittadino su sei ora vive al di sotto della soglia di povertà – uno su sei! Molti non crederebbero che possa essere possibile nel 2007. Cinquant’anni dopo il Trattato di Roma, cinquant’anni di crescita economica, il 10% dei cittadini appartiene a nuclei famigliari dove nessuno ha un lavoro! In ogni caso, la povertà resta uno dei principali problemi sociali in Europa, e la riduzione dell’esclusione sociale dev’essere al centro delle nostre politiche.

In alcune aree stiamo ottenendo risultati positivi, ma dobbiamo essere sinceri: nella maggior parte è il contrario. Il divario tra ricchi e poveri in molti Stati membri dell’UE è in aumento. L’eliminazione della povertà legata al reddito deve restare una priorità per gli Stati membri, ma per una persona su sei che vive in una situazione di povertà finanziaria ce ne sono molte di più che sono escluse dalla società per altri motivi. Dobbiamo prendere atto che per molte famiglie – persino per molti individui – i problemi sono più complicati del semplice reddito basso. Le barriere alle opportunità sono complesse. Più di qualsiasi altra misura, è vitale l’intervento anticipato. Ovviamente, prevenire è meglio che curare.

Nel Regno Unito, sappiamo che la figlia di una madre minorenne ha tre volte più possibilità di diventare lei stessa una madre minorenne; sappiamo che i figli di un padre carcerato sono oltre quattro volte più a rischio di venire condannati per un reato rispetto agli altri. Tuttavia, in molte aree non c’è bisogno di reinventare la ruota. Basta guardare in che modo altri paesi dell’UE affrontano questi problemi e imparare da loro. Occorre condividere con maggiore efficacia le migliori prassi. La Finlandia, ad esempio, ha introdotto un approccio sostenibile olistico che si è dimostrato incredibilmente efficace nel ridurre il numero di persone senza una casa. La Danimarca, nel frattempo, sta mettendo in atto nuove politiche per migliorare la qualità della vita dei senzatetto di lungo periodo, invece di porsi solo l’obiettivo di integrare questi individui nella società tradizionale. In Belgio, persone che hanno provato l’esperienza della povertà collaborano con gli assistenti sociali per aiutarli a capire meglio le esigenze dei poveri.

La povertà non è sempre causata dalla disoccupazione: anche la povertà lavorativa è un problema. Per questo motivo auspico uno scambio di migliori prassi per la fissazione di un salario minimo dignitoso in tutti gli Stati membri. Almeno cinque Stati membri dell’UE non lo prevedono neppure. Allo stesso modo, dobbiamo spingere tutti gli Stati membri a garantire un reddito minimo di sussistenza per tutti.

Gli Stati membri devono impegnarsi maggiormente anche per impedire lo sfruttamento dei lavoratori vulnerabili; per assicurarsi che i disabili e gli anziani abbiano accesso all’occupazione; per impedire il contrabbando; per salvaguardare i diritti dei richiedenti asilo; per garantire parità di accesso per tutti all’assistenza sanitaria e ai servizi sociali; per destigmatizzare le persone con problemi di salute mentale e promuovere un approccio più costruttivo alla droga e all’alcol.

Sono solo alcuni dei problemi trattati nella relazione. La visione dell’Europa dev’essere di libertà e opportunità per tutti. Per questo è così importante considerare l’istituzione di meccanismi a livello europeo, affinché lo scambio di migliori prassi divenga una realtà.

 
  
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  Vladimír Špidla, membro della Commissione.−(CS)Signora Presidente, onorevoli parlamentari, innanzi tutto desidero congratularmi con la relatrice, l’onorevole Lynne, per la sua relazione molto interessante ed esauriente. Sono lieto di vedere che il Parlamento europeo ha deciso di affrontare la gamma piuttosto ampia di problemi sociali trattati da questa relazione, problemi che devono essere risolti urgentemente. Questa relazione rappresenta un contributo significativo verso un inventario della realtà sociale su base continuativa.

Questo documento giunge in un momento in cui la Commissione e gli Stati membri stanno valutando la possibilità di rafforzare la dimensione sociale della strategia di Lisbona. Dobbiamo rispondere ai timori dei nostri cittadini e ci rendiamo conto che la giustizia sociale è uno dei problemi più sentiti. Dai sondaggi dell’opinione pubblica emerge che l’Unione europea dovrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel promuovere una società più integrata e coesa.

Come ha affermato il Presidente Barroso durante un dibattito sulla globalizzazione ieri mattina, l’Unione europea ha compiuto notevoli progressi nella realizzazione degli obiettivi di Lisbona. Si stanno creando nuovi posti di lavoro: solo l’anno scorso i nuovi posti di lavoro sono stati 3,5 milioni. Il tasso di disoccupazione è sceso al 7% circa. Benché sia ancora troppo elevato, è comunque il più basso degli ultimi dieci anni. La crescita economica è stata soddisfacente, nonostante la recente instabilità finanziaria.

Tuttavia, non c’è spazio per l’autocompiacimento. L’attuazione della strategia di Lisbona non è stata equilibrata e non tutti i suoi obiettivi sono stati raggiunti. In effetti, 12 milioni di cittadini sono ancora disoccupati, e spesso si tratta di giovani o di disoccupati di lunga durata, con scarse prospettive di crescita professionale o di avanzamento sociale; l’8% della forza lavoro europea è colpita da povertà lavorativa; 78 milioni di cittadini europei sono poveri e uno su cinque nell’Unione europea vive in condizioni di qualità inferiore.

In breve, occorre fare di più per rispondere ai nostri obiettivi sociali comuni. Ora che si cominciano a evidenziare i risultati positivi della strategia dell’Unione europea per la crescita e l’occupazione, è il momento giusto per cominciare a perseguire gli obiettivi sociali.

Apprezzo il riferimento contenuto nella relazione alla necessaria volontà e determinazione politica per affrontare le questioni della povertà e dell’esclusione. Anch’io ritengo che sia urgente risolvere il problema della povertà infantile, combattere la discriminazione e promuovere la diversità. Naturalmente, significa monitorare il recepimento della normativa pertinente nella legislazione nazionale e, ove necessario, istituire procedimenti contro gli Stati membri scoperti ad agire in violazione della legislazione dell’Unione europea.

La relazione prende in esame anche le barriere che impediscono la partecipazione nella società e l’integrazione nel mercato del lavoro. Concordo che occorre combinare misure di sostegno con adeguate reti di sicurezza, onde garantire che nessuno rimanga escluso.

Questo atteggiamento è rispecchiato nella recente comunicazione della Commissione sull’inclusione attiva, che definisce tre elementi chiave di un approccio strategico equilibrato all’inclusione attiva:

– accesso a mercati del lavoro integrati;

– migliore accesso ai servizi;

– adeguato sostegno al reddito.

La comunicazione inoltre dà il via alla seconda fase di consultazioni con le parti sociali su questi problemi, nell’intento di accelerare la cooperazione dell’Unione europea in materia di inclusione attiva.

A seguito delle consultazioni, la Commissione intende formulare una raccomandazione sui principi comuni dell’inclusione attiva, prevista per la seconda metà del 2008. In un’ulteriore comunicazione da adottare nelle prossime settimane, la Commissione presenterà inoltre nuove misure a sostegno dell’inclusione attiva dei disabili.

La Commissione è grata al Parlamento europeo per il suo impegno costante nella lotta alla discriminazione. Come affermato nel programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008, la Commissione intende presentare delle proposte per risolvere il problema delle lacune esistenti nella protezione ai sensi dell’articolo 13 del Trattato. Le proposte, che dovrebbero essere adottate entro la prossima estate, si baseranno sul dialogo a lungo termine con il Parlamento europeo, sull’esperienza del 2007 quale “Anno europeo delle pari opportunità per tutti” e su ampie consultazioni pubbliche.

L’Unione europea ha compiuto progressi significativi verso la parità di genere, e il Parlamento europeo si è dimostrato un partnerimportante in questo processo. Tuttavia, occorre continuare a rafforzare la parità di genere anche in futuro. Si tratta di un diritto fondamentale, nonché di una condizione vitale per raggiungere gli obiettivi dell’Europa in materia di crescita, occupazione e coesione sociale. Accolgo dunque con particolare favore il riferimento della relazione alla parità di genere.

Dal Trattato di Amsterdam, l’Unione ha fatto dei progressi in tutti i settori della parità di genere e dal 2003 nell’area delle pari opportunità per i disabili. Detto questo, c’è ancora molto lavoro da fare in entrambi i campi. Il fatto che persistano molteplici discriminazioni è un ottimo motivo per continuare a promuovere le pari opportunità in tutti i campi. Questo argomento sarà trattato nella comunicazione della Commissione da adottare nel 2008, che si baserà sugli insegnamenti tratti dall’Anno europeo delle pari opportunità per tutti.

Onorevoli parlamentari, i cambiamenti nella situazione sociale dell’UE seguono naturalmente l’evoluzione della nostra società e gli sviluppi nel concetto globale nel suo complesso. Ciononostante, sono convinto che il concetto fondamentale, ossia trovare un equilibrio tra gli aspetti di tipo economico, sociale ed ecologico, sia tuttora valido. Quindi, spetta a noi continuare a cercare nuovi approcci che ci consentano di superare i problemi che ancora sussistono.

 
  
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  Miroslav Mikolášik, relatore per parere della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.–(SK)Benché sia necessario monitorare la situazione sociale e le politiche sociali negli Stati membri al fine di individuare i problemi e le sfide per l’Unione, le misure che prendiamo per affrontarli sono anche più importanti.

Per quanto concerne la sanità pubblica, dovremmo concentrarci sui problemi dei cittadini europei nel campo dell’assistenza sanitaria. Tenendo conto delle tendenze demografiche e dell’aumento dell’aspettativa di vita, occorre formulare delle strategie di sanità pubblica intese a migliorare la nostra qualità di vita, e in particolare a prevenire malattie e a combatterle con efficacia. Nel contempo, queste strategie dovrebbero tener conto dell’esigenza di un’assistenza sanitaria di alta qualità, accessibile e affidabile per i cittadini di tutti i segmenti della società, a prescindere dallo stato sociale, dall’età o dal paese di residenza.

Bisognerebbe prestare un’attenzione particolare ai gruppi più svantaggiati, quali i disabili fisici o mentali, gli anziani e i bambini. Alla luce dei crescenti costi dell’assistenza sanitaria, gli Stati membri dovrebbero adottare misure efficaci, quali campagne informative mirate, l’uso di farmaci generici, l’uso di nuove tecnologie, misure di mutua assistenza a livello locale o maggiore solidarietà tra generazioni e nelle famiglie. Inoltre, e in collaborazione con la Commissione, gli Stati membri dovrebbero formulare politiche ad hoc e sostenere iniziative per la lotta al tabagismo, all’alcolismo e all’obesità, contribuendo così a migliorare la qualità di vita dei nostri concittadini.

Ultimo, ma non per questo meno importante, dovremmo concentrarci sull’attuazione efficace della legislazione esistente in materia di sanità pubblica. Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero garantire l’applicazione della legislazione comunitaria sulla qualità dell’acqua, dell’aria e del suolo e sull’inquinamento acustico, nonché l’applicazione delle normative sui prodotti chimici, ivi compresi quelli coperti dal sistema REACH.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), relatore per parere della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. – (PT)Nel suo parere, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere sottolinea che la povertà e l’esclusione sociale hanno un carattere pluridimensionale, con un nesso specifico con la situazione economica delle famiglie, le condizioni abitative, l’accesso all’istruzione, alla sanità e alla continuità dell’assistenza.

La commissione sottolinea che le donne e i minori sono le principali vittime della povertà e dell’esclusione socialee segnala che detto rischio si aggrava nel caso degli immigranti, degli anziani, dei portatori di disabilità e dei membri di famiglie monoparentali. Inoltre, rileva che in media il 15% degli alunni abbandona prematuramente il sistema scolastico, ma in alcuni paesi, come il Portogallo, questa percentuale raggiunge circa il 40%, il che desta preoccupazione per quanto riguarda l’istruzione e la formazione delle giovani.

Insiste sull’importanza di mantenere servizi pubblici di qualità, un solido sistema di previdenza sociale pubblico e universale, nonché elevati livelli di protezione sociale e un’occupazione di qualità e con diritti, garantendo che queste politiche pubbliche comprendano una chiara prospettiva di genere nella loro definizione e applicazione; infine, sollecita la Commissione e gli Stati membri ad attribuire la massima priorità all’inclusione sociale e ai diritti delle donne, rettificando di conseguenza le rispettive politiche e comprendendovi la politica di ripartizione dei redditi.

 
  
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  Edit Bauer, a nome del gruppo PPE-DE. (HU)Grazie molte, signora Presidente. Signor Commissario, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Lynne, per la quale mi congratulo caldamente, chiaramente non ha, né può avere, l’ultima parola in materia di inclusione sociale e trasformazione della politica sociale.

Spesso tendiamo a pensare che il modello sociale europeo sia eterno. Ma è ovvio che anche la politica sociale deve cambiare, alla luce della globalizzazione, ma anche dell’andamento dell’economia, delle aspettative sociali, della sfida demografica e dell’evoluzione dei valori, poiché occorre trovare risposte adeguate alle sfide attuali. Anche per questo motivo, l’iniziativa della Commissione di preparare una sorta di inventario dei problemi sociali che gravano sulla popolazione europea va accolta con favore.

Ovviamente, i quasi 500 milioni di cittadini dell’Unione non sono una massa omogenea. Benché le differenze di reddito tra i vecchi Stati membri siano in calo, le differenze tra regioni ricche e povere evidenziano ancora una tendenza ad aumentare. I due terzi della popolazione dei dieci nuovi Stati membri dell’UE vivono in regioni povere, dove il livello di reddito è pari alla metà, o anche meno, del reddito medio nei vecchi Stati membri. La situazione è anche peggiore in Bulgaria e Romania, dove il reddito medio non raggiunge nemmeno un terzo del reddito pro capite nei vecchi Stati membri.

Non c’è dubbio che per combattere la povertà occorre conoscere meglio le diverse forme in cui il problema si manifesta. Tuttavia, per questo abbiamo bisogno di nuovi indicatori della povertà, poiché finora disponiamo solo di dati generali sul rischio di povertà relativa.

Per questo motivo, attendiamo con ansia la comunicazione della Commissione in proposito, che richiama l’attenzione anche su nuovi rischi di impoverimento. Ad esempio, sappiamo poco in merito a quanto siano pericolose le proporzioni assunte dal debito pubblico. In 12 dei 15 vecchi Stati membri, il debito pro capite supera 16 000 euro, pari al 90% del reddito medio annuo di una famiglia.

Mi consenta un’ultima osservazione, signora Presidente. La relazione rileva ancora una volta l’importanza della lotta alla povertà infantile, a nostro parere un punto estremamente importante.

 
  
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  Richard Falbr, a nome del gruppo PSE.–(CS)Signora Presidente, signor Commissario, prima di tutto ringrazio l’onorevole Elizabeth Lynne per l’eccellente relazione e la valida collaborazione. L’esclusione sociale è dovuta a un’ampia gamma di fattori, e sarebbe veramente un peccato non dare seguito alla relazione con ulteriori iniziative. Nel mio intervento, vorrei sottolineare l’importanza dei servizi pubblici e il loro contributo all’eliminazione della povertà e dell’esclusione. Una volta privatizzati, i servizi pubblici diventano più costosi e meno accessibili. Mi dispiace che non siamo riusciti ad adottare la posizione che condanna gli Stati che applicano un’imposta di base bassa, rendendo così impossibile l’accumulo di fondi sufficienti per l’adempimento dei compiti sociali dello Stato. Sarebbe sicuramente utile se gli Stati membri si informassero reciprocamente sui rispettivi successi nell’ambito dello scambio di informazioni sui metodi sperimentati. Naturalmente, apprezzerei anche uno scambio di informazioni sui metodi che non si sono rivelati utili, o addirittura hanno sortito l’effetto opposto. So che non è una normale prassi, ma sono certo che sarebbe utile se le parti sociali e le organizzazioni non governative lo facessero.

Una condizione fondamentale per impedire che un numero crescente di cittadini degli Stati membri si ritrovino a dipendere da sistemi previdenziali spesso imperfetti è la disponibilità di un numero adeguato di posti di lavoro pagati ragionevolmente. Non possiamo tollerare il fatto che persone che lavorano spesso dipendano anche dai servizi sociali. Di conseguenza, dobbiamo puntare a stabilire un salario minimo adeguato in tutti gli Stati membri, con iniziative legislative o contratti collettivi, a seconda del metodo tradizionale di ciascun paese. Si stanno accelerando gli sforzi per adeguare i meccanismi delle pensioni di vecchiaia. Nel prendere misure per preservare il pilastro fondamentale – la pensione di vecchiaia statale – tutti gli Stati membri dovrebbero rispettare le relative convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro che hanno ratificato. L’integrazione dei disabili nel mercato del lavoro è particolarmente importante. Occorre quindi valutare criticamente le azioni dei governi che hanno abolito diversi incentivi per aumentare il numero di posti di lavoro riservati ai disabili, e la Repubblica ceca è uno di questi.

 
  
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  Ona Juknevičienė gruppo ALDE. –(LT)Mi congratulo con la collega onorevole Lynne per la sua relazione e per aver ottenuto un compromesso politico che tiene conto dei pareri dei diversi gruppi politici in merito alle realtà sociali all’interno dell’Unione.

È vero che i governi degli Stati membri sono i diretti responsabili della riduzione della povertà. Spetta a loro prendere le misure necessarie per garantire che i cittadini abbiano un posto di lavoro, che i bambini frequentino le scuole e che i più poveri beneficino dell’assistenza sociale.

Tuttavia, il ruolo dell’Unione nel risolvere i problemi connessi alla povertà e alla disuguaglianza resta altrettanto importante. Il fatto che 78 milioni di cittadini europei vivano in povertà e che il divario sociale tra poveri e ricchi sia in costante crescita indica chiaramente che occorre intervenire a livello nazionale ed europeo.

Nella maggior parte degli Stati membri esistono salari minimi adeguati. Tuttavia, esistono ancora casi in cui i datori di lavoro non pagano i salari stabiliti, agendo così in violazione della legge. Come ho già segnalato in più di una occasione, i lituani che lavorano all’estero talvolta subiscono questo trattamento illegale. Non dovremmo tollerare che i datori di lavoro si comportino in questo modo.

Apprezzo la risposta degli Stati membri all’invito del Consiglio a ridurre la povertà infantile. Tuttavia, non hanno ancora preparato dei piani d’azione per affrontare il problema. I disabili e gli anziani sono particolarmente vulnerabili. Dobbiamo assicurarci che possano ricevere almeno un’assistenza minima di lungo periodo a prezzi accessibili. Il Fondo sociale ha stanziato delle risorse a questo proposito. È una vergogna che nel mio paese restino inutilizzate.

Concordo con la posizione della relatrice sulla necessità di condividere le esperienze e di seguire gli esempi positivi in campo previdenziale. Occorre imparare dagli Stati membri che stanno facendo un uso efficiente delle risorse stanziate dall’UE, condividendo la loro esperienza. Onorevoli colleghi, per promuovere la fiducia dei cittadini nell’Unione europea e nelle sue Istituzioni dobbiamo risolvere i problemi più difficili che li affliggono.

Nel suo intervento in quest’Aula, il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha affermato che i francesi sentono che l’UE non si cura di loro e non garantisce la sicurezza sociale. I cittadini francesi non hanno votato contro la Costituzione, ma contro l’Europa, perché non si sentono sicuri al suo interno.

La Commissione ha promesso di preparare una relazione basata sulle realtà sociali, con un’analisi delle tendenze sociali. Mi auguro che l’obiettivo principale della relazione sia un quadro di azioni che definisca le modalità per ridurre o addirittura abolire la povertà in Europa. Poi saremo in grado di ottenere il sostegno dei nostri cittadini e forse cominceremo ad avere la sensazione di lavorare per loro.

 
  
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  Sepp Kusstatscher, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, la relazione in esame contiene numerose idee in materia di politica sociale, e di questo ringrazio l’onorevole Lynne. Poiché la politica sociale nell’UE non ha la stesso peso della politica economica, questa relazione non è tanto un inventario– come dice il titolo – quanto piuttosto un elenco di misure sociopolitiche necessarie negli Stati membri.

Avrei due commenti da fare. Le questioni sociopolitiche sono di competenza degli Stati membri. Noi a livello europeo possiamo solo fare delle raccomandazioni. L’Europa è in una situazione di squilibrio perché c’è stata un’armonizzazione economica, ma non sociale. L’Europa non è diventata più equa dopo Lisbona 2000. Al contrario, la povertà è in aumento. Per combattere veramente la povertà e consentire a tutti i cittadini dell’UE di vivere con dignità e giustizia non abbiamo bisogno solo di economia, mercato e concorrenza, ma anche di un mercato interno sociale, giusto, ecologico, per tutti.

Secondo: spesso alle parole non seguono i fatti. Sappiamo bene quali sono i problemi. Non abbiamo veramente bisogno di studi e analisi. È tempo di agire. Non è sufficiente dichiarare il 2010 “Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale”. Occorre un programma efficace di lotta alla povertà, occorrono dati – affinché tutti, anche i disoccupati, abbiano un reddito di base sufficiente e possano vivere dignitosamente. Si tratta di una questione di giustizia ed è un diritto di tutti.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signora Presidente, onorevole Lynne, si tratta di un buon inventario della situazione di insicurezza sociale nella quale sono costretti a vivere ormai troppi cittadini degli Stati membri. Dall’inventario inoltre emerge la connessione tra povertà, sovraffollamento, esclusione sociale, aumento dei problemi sanitari e riduzione dell’aspettativa di vita.

Nell’inventario si rileva l’importanza del diritto alla casa, al lavoro e alla sicurezza sociale, nonché i diritti delle donne e dei disabili, Inoltre, si afferma che problemi come il gioco d’azzardo, il consumo di alcol e droghe e il tabagismo aumentano l’esclusione sociale. Quindi, la conclusione è che gli Stati membri devono affrontare questi problemi.

Fin qui tutto bene, ma la realtà spesso è molto diversa. Spesso ci si ferma alle belle parole, perché l’UE, in virtù di varie direttive e regolamenti e con riferimento alle norme del mercato interno e della concorrenza, spesso impedisce agli Stati membri di risolvere i problemi.

Inoltre, concediamo sovvenzioni ai produttori di vino e tabacco. La libera circolazione delle merci, ad esempio, impedisce alla Svezia di mantenere una politica restrittiva sull’alcol, molto importante. La Svezia ha il monopolio sul gioco d’azzardo per limitarne la pratica, ma l’UE minaccia un procedimento giudiziario. Questo doppio atteggiamento si ripete per quanto riguarda il testo della legislazione sulla pubblicità fuorviante e mirata ai bambini, perché l’UE con l’altra mano adotta direttive sulla TV che prevedono la pubblicità indiretta e mirata ai bambini.

La realtà sociale si può cambiare, ma per farlo occorre dare maggiore importanza agli aspetti della sanità pubblica e dell’ambiente rispetto alle norme di concorrenza del mercato interno e occorre dare più importanza alla sicurezza e alla previdenza sociale rispetto alla deregolamentazione e alla privatizzazione.

Il gruppo GUE/NGL intende votare a favore della relazione e continueremo a fare il possibile per migliorare la sicurezza sociale dei cittadini.

 
  
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  Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM.–(EN) Signora Presidente, inizialmente, quando ho avuto notizia dell’inventario della realtà sociale, ho apprezzato il fatto che qualcuno volesse aprire una discussione reale sullo stato della società.

Purtroppo, leggendo i documenti della Commissione, sono rimasta delusa per il fatto che l’inventario non considerava la realtà sociale, bensì gli indicatori economici.

Non sono convinta che gli indicatori economici siano una misura affidabile della realtà sociale. Se lo fossero, il miglioramento della situazione economica dell’Irlanda negli ultimi decenni avrebbe dovuto corrispondere a un miglioramento della coesione sociale, invece che ad un aumento di problemi quali criminalità, tossicodipendenza, suicidi, alienazione, disgregazione della famiglia, esclusione e solitudine.

Non dovremmo limitarci a chiedere se una persona ha un posto di lavoro, bensì se è apprezzata, integrata e gratificata fisicamente, emotivamente, intellettualmente e spiritualmente, e dovremmo verificare se il rispetto per questa persona si estende a chiunque altro, a prescindere dall’età, dalle dimensioni, dalle capacità, dal colore e da altre caratteristiche.

Per fare un inventario corretto della realtà sociale, bisognerebbe considerare anche la sostenibilità dell’habitat naturale dell’essere umano: la famiglia. Tenendo presente questo aspetto, non ci limiteremmo a considerare il divario tra ricchi e poveri, ma anche la disgregazione della famiglia e l’isolamento sociale.

Per comprendere la realtà sociale, dobbiamo partire dalla realtà degli esseri umani che compongono la società. Vi faccio solo un esempio, e mi auguro che saprà illustrare i risultati contradditori che si ottengono considerando da un lato il denaro e dall’altro gli uomini e le donne. Siamo tutti d’accordo che le donne dovrebbero avere il diritto di lavorare e di ricevere un trattamento paritario sul posto di lavoro. Ma quando esercitiamo pressioni economiche sulle donne che amerebbero stare a casa a lavorare e magari prendersi cura di un figlio piccolo, e le spingiamo sul mercato del lavoro, registriamo un tasso di occupazione molto elevato e presumiamo che significhi una realtà sociale più sana. Tuttavia, se consideriamo il bambino, che ha bisogno della vicinanza della madre, e valutiamo la perdita che subisce, che secondo gli scienziati sarà neurologica e permanente, allora dovremmo chiederci se questa elevata occupazione si traduce veramente in un indicatore di una realtà sociale più sana.

Il lato ironico delle riflessioni a breve termine, del fatto di concentrarsi esclusivamente sulla dimensione economica di una società, è che è proprio il benessere delle persone e delle famiglie a livello umano che in ultima analisi esercita il maggiore impatto sulle nostre economie.

Prendiamo ad esempio il costo di una popolazione in difficoltà per ministero delle Finanze. Pensiamo al costo della criminalità, della droga, dell’abbandono scolastico, ecc. La crescita economica può essere annullata dalla crescita dei problemi sociali. Il termine “economia” deriva dalla parola greca che indica la gestione della casa. L’economia dovrebbe servire alle persone, aiutarle a sentirsi a casa nelle rispettive comunità, a casa con se stesse.

Se riusciamo a ottenere questo risultato, in futuro faremo l’inventario di una realtà sociale molto positiva.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI).(NL)Signora Presidente, la relazione dal titolo un po’ criptico “Inventario della realtà sociale” è stata adottata quasi all’unanimità nella commissione per l’occupazione e gli affari sociali – c’è stato un solo voto contrario – e questo non è affatto una sorpresa. Tutto sommato, le 97 raccomandazioni contenute nella relazione sono inviti ad assistere tutto e tutti: poveri, donne, uomini, giovani, anziani, disoccupati, lavoratori a basso reddito, disabili, persone oggetto di discriminazioni, malati, i sani di oggi che potrebbero ammalarsi domani, e così via.

Potrei affermare, con un po’ di ironia, che l’unico gruppo omesso dalla relazione è quello a cui appartengo: gli uomini bianchi eterosessuali di mezza età con un orientamento politico di destra.

Parlando seriamente, comunque, direi che in quest’Aula non esiste una singola persona che non sia d’accordo sul fatto che i membri più deboli della nostra società hanno diritto a una tutela e che una società civile in ultima analisi può essere giudicata in base al grado di protezione sociale che riserva alle persone che, per ragioni oggettive, trovano difficile svolgere un ruolo normale nella società. Quindi, saremmo veramente cattivi se non appoggiassimo il catalogo di buone intenzioni e di politiche sociali da Babbo Natale contenuto nella relazione.

Ciononostante, non intendo appoggiare la relazione. Il fatto è che l’elenco di raccomandazioni contiene una serie di elementi che non posso sostenere, in particolare per quanto concerne la politica di immigrazione, l’integrazione e la diversità e anche la mancanza di una protezione essenziale per la politica della famiglia. Il motivo principale per cui non posso appoggiare la relazione, però, è molto più fondamentale. La politica sociale e qualsiasi cosa possa essere compresa sotto l’etichetta di “sicurezza sociale” è un esempio eclatante di un campo di competenza degli Stati membri, e talvolta anche dei rispettivi stati federali, ma non dell’Unione europea.

A meno che qualcuno in quest’Aula abbia una macchina per produrre denaro e risorse dall’aria, sempre che una simile macchina esista, le misure di protezione sociale devono comunque essere finanziate con il denaro dei contribuenti. Questo significa che occorre fare delle scelte e che purtroppo non possiamo sempre presentarci come Babbo Natale per tutto e per tutti.

Occorre prendere delle decisioni che sono fondamentali per un’intera società e queste decisioni devono essere prese al livello più basso possibile, il più vicino possibile ai cittadini, e non nelle torri d’avorio di Bruxelles, Lussemburgo o Strasburgo.

Secondo l’esperienza nel mio paese, ad esempio, fiamminghi e valloni hanno fatto scelte sostanzialmente diverse su questioni quali l’assistenza sanitaria e l’approccio alla disoccupazione. Le società fiamminga e vallone sono diverse, i rispettivi mondi politici ed economici sono diversi e quindi optano per approcci e priorità diversi. Se questo è vero per il Belgio di oggi, quanto sarà più vero, mutatis mutandis, per i diversi Stati membri dell’Unione europea, ad esempio Regno Unito e Romania?

Sarebbe diverso se questa relazione fosse solo un elenco di buone intenzioni, ma le Istituzioni europee intendono appropriarsi del campo della politica sociale per anni, e questa non è una bella cosa.

 
  
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  Gabriele Stauner (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, contrariamente ad alcuni degli oratori che sono intervenuti prima di me, credo che ci si debba solo congratulare con la Commissione per le comunicazioni su cui si basa questa discussione. Non solo rappresentano un valido riferimento per gli Stati membri alla ricerca di fatti e dati sociali ma anche, a mio parere, un segnale certo che l’UE e la Commissione stiano considerando seriamente una politica sociale a se stante.

Se dichiariamo il nostro impegno per il modello sociale europeo, nel senso di non limitarci a celebrarlo come una tradizione e una conquista storica, ma anche di trasformarlo in un marchio dell’Europa unita per il futuro, allora un inventario della nostra realtà sociale è un presupposto fondamentale. Soprattutto a seguito degli allargamenti del 2004 e 2007, dobbiamo finalmente prendere le distanze dall’idea che la politica sociale europea sia un’appendice del mercato interno.

Tuttavia, questo non è poi così ovvio, poiché in molte aree purtroppo la predominanza della politica economica nelle proposte della Commissione è evidente. A questo proposito, ricorderei ai colleghi il Libro verde “Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo” e il dibattito sulla “flessicurezza”.Il primo è stato archiviato ieri dalla Commissione, una notizia che posso solo accogliere con gioia, raccomandando di procedere nello stesso modo con le proposte sulla “flessicurezza”, dirette contro diritti conquistati duramente dai lavoratori nei rapporti di lavoro.

Tutti i punti affrontati in questa relazione – molte grazie all’onorevole Lynne – sono di grande attualità. Penso al dibattito sul salario minimo nel mio paese e alle rivendicazioni salariali sostenute dagli scioperi in corso nelle ferrovie in Francia e Germania. Quando si parla di politica salariale, è giusto affermare che un lavoro a tempo pieno deve garantire il sostentamento della persona, uomo o donna, che lo svolge. Altrimenti non adempie alla responsabilità cristiana dei datori di lavoro nei confronti dei propri dipendenti. Lavorare deve valere la pena: il principio fondamentale dev’essere questo.

Quello che mi sconvolge ogni volta è la povertà infantile, che purtroppo è presente anche nel mio paese. Credo che dovremmo dedicare una particolare attenzione a questo problema, che non dovrebbe esistere. Effettivamente, mi piacerebbe assistere a rapidi progressi negli Stati membri, che rendessero superfluo dichiarare il 2010 “Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale”.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MIGUEL ANGEL MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 
  
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  Jan Andersson (PSE).(SV)Signor Presidente, signor Commissario, anch’io desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Lynne per l’eccellente lavoro e l’ottima relazione. Sono stato invitato personalmente ad un convegno nelle Azzorre dove si è svolto un dialogo tra noi, Commissione e Parlamento, e la società civile su questi temi.

Inoltre, vorrei esprimere il mio apprezzamento alla Commissione per aver trattato seriamente questi temi nella sua nuova comunicazione sull’esclusione sociale e per la sua intenzione di presentare una raccomandazione in proposito il prossimo anno. Proprio come afferma il Commissario Špidla, la situazione in Europa in generale è molto positiva, con l’aumento della crescita e dei posti di lavoro, ma nel contempo i divari si stanno allargando, e la povertà è in aumento. Esistono notevoli differenze tra gli Stati membri. In alcuni casi le differenze sono estremamente grandi, e non sto parlando solo delle differenze tra vecchi e nuovi Stati membri – ci sono nuovi Stati membri con differenze minime e vecchi Stati membri dove i divari sono profondi. Bisogna affrontare il problema.

A mio parere, la strategia della Commissione, con i suoi tre pilastri, è molto valida. Riguardo al lavoro, non basta creare posti di lavoro, perché ci sono anche lavori che non consentono di mantenersi e non sono responsabilizzanti. Occorrono posti di lavoro buoni, con retribuzioni dignitose. Quando in commissione abbiamo analizzato la situazione dei redditi minimi abbiamo notato notevoli differenze tra i vari Stati membri. È necessario uno scambio di esperienze su questo punto, per individuare le migliori prassi. Poi ci sono i servizi pubblici, ai quali tutti devono poter accedere: servizi sociali, alloggi, assistenza sanitaria e così via. Riguardo ai metodi, intendiamo rafforzare il metodo di coordinamento aperto.

In conclusione, vorrei ricordare che oggi voteremo sulla posizione del Parlamento relativa, tra l’altro, agli imminenti orientamenti integrati. La dimensione sociale dev’essere inclusa negli orientamenti integrati, per combinare gli aspetti della crescita e dell’occupazione con la dimensione sociale, cosicché riusciamo a considerare questi temi nel loro insieme e non separatamente gli uni dagli altri.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE).- (ET)Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio l’onorevole Lynne per aver sollevato una questione molto importante. Apprezzo l’intento della relazione, vale a dire di richiamare l’attenzione di varie parti interessate sulla discussione di quello che costituisce la realtà sociale dell’Europa. Si tratta di un tema di ampia portata e per questo motivo mi potrò soffermare solo su un paio di punti fondamentali.

Al Vertice di Nizza, nel 2000, gli Stati membri si erano impegnati a ottenere una riduzione significativa e misurabile della povertà e dell’esclusione sociale entro il 2010. Purtroppo, le azioni mirate a raggiungere tale obiettivo non hanno avuto un particolare successo.

Un’Europa aperta, basata sulla libera circolazione e sul libero commercio, ha contribuito al progresso economico da cui dipendono il benessere delle persone e una migliore qualità di vita. Tuttavia, negli ultimi anni è apparso evidente che per molti europei si tratta di capire se l’effetto netto della globalizzazione, della liberalizzazione e di una maggiore concorrenza contribuisca a migliorare il loro benessere.

Oggi, nel XXI secolo, il livello di povertà ed esclusione sociale in Europa è preoccupante. Il Commissario Špidla recentemente ha affermato che circa il 20% della popolazione, in altre parole un cittadino su cinque, rischia la povertà. Tutti gli Stati membri forniscono servizi e prestazioni sociali, ma anche tenendo conto di questi aiuti un sesto della popolazione vive in povertà.

Ci siamo mai chiesti perché le cose stanno così in una Unione che non è stata creata forzatamente? Perché ora, a 62 anni dalla fine della guerra e a 50 anni dall’istituzione dell’Unione, non siamo ancora in grado di garantire i diritti fondamentali delle persone? La mia domanda è questa: un’economia di successo è un fine di per se stessa o dovrebbe essere un mezzo per migliorare il benessere delle persone?

Inoltre, con gli aiuti sociali gli Stati membri si impegnano a fornire prestazioni equivalenti all’ammontare minimo necessario per vivere, a fornire aiuti sufficienti per raggiungere questo obiettivo. Non occorre recepire formalmente montagne di direttive – serve solo ad autoilludersi. Questo solleva la questione se l’attuazione puntuale dei testi approvati sia garantita al livello delle istituzioni europee, anche nelle “politiche non vincolanti”.

In Europa non dovremmo concentrarci solo sui risultati economici e sulla concorrenza, bensì considerare l’istituzione di una maggiore solidarietà sociale e di misure sociali sostenibili. E dove abbiamo adottato una decisione in tal senso, dobbiamo anche garantirne l’attuazione. I nostri cittadini si aspettano questo da noi.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). – (PL)Signor Presidente, purtroppo lo sviluppo economico, che tutti desideriamo così ardentemente, è accompagnato da un aumento della stratificazione dei redditi, che indebolisce la coesione sociale e crea seri problemi nel caso dei gruppi più deboli – colpiti dalla disoccupazione, che percepiscono salari bassi o che hanno difficoltà ad accedere all’istruzione e all’assistenza sanitaria.

Le iniziative approvate al Consiglio europeo di Nizza sono state attuate in modo inadeguato. Esistono ancora gruppi sociali con un reddito inferiore al minimo necessario per sopravvivere. La mancanza di indipendenza economica interferisce anche con il senso di dignità delle persone. Un divieto generale alla discriminazione e una garanzia di pari opportunità, principalmente per i disabili, ovviamente sono necessari, ma comportano un aumento della spesa per finalità sociali. Poiché le nostre popolazioni stanno invecchiando sorgono timori in merito alla capacità finanziaria dei sistemi previdenziali.

Mi congratulo con l’onorevole Lynne per la sua eccellente relazione, che richiama l’attenzione su questi e altri importanti problemi sociali nei nostri paesi, nonché sui metodi che si potrebbero utilizzare per affrontarli. Sono certamente favorevole a questo progetto.

Tuttavia, vorrei richiamare la vostra attenzione su una contraddizione nell’approccio dell’Unione europea ai problemi sociali ed economici. La pressione per limitare la spesa per finalità sociali impedisce di affrontare numerosi problemi sociali. Un esempio che si potrebbe citare è la riforma del sistema pensionistico in Polonia.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE).- Signor Presidente, onorevoli colleghi, non solo mi congratulo con la onorevole Elizabeth Lynne per la sua relazione, anche perché ho saputo che nel fare questo inventario di tutto quello che non funziona nel sociale in Europa, ne ha trovate così tante di cose che non funzionano che i funzionari del Parlamento sono stati costretti a trascinarla via dalla sua scrivania per essere qui questa mattina e non aveva ancora finito.

Perché è vero che c’è tanta povertà in Europa, ma perché mi sono ricordato entrando qui e vedendo il mio collega di banco Fernando Fernández di quello che lui disse a Puebla nel Messico – alcuni anni fa in cui mi trovai con lui in una conferenza sulla povertà in tutto il mondo – e lui disse: la colpa della povertà, la più importante colpa della povertà è colpa del malgoverno che c’è in tutto il mondo. Quindi i responsabili della povertà, numero uno e i primi, sono i governi, i malgoverni nazionali, non noi Unione europea: e quindi sia questa una chiamata alla responsabilità dei governi nazionali che tanto pretendono e tanto chiedono all’Europa, ma poco fanno specialmente dove c’è bisogno di fare.

E ho incontrato anche l’amico von Wogau venendo in Aula, che mi ha chiesto: ma è vero che in Italia le pensioni di chi muore, lascia una vedova o resta totalmente inabile sono di 50 euro al mese per tutta la vita? Si, Presidente, ho dovuto dirgli che purtroppo è vero! È per questo motivo, unico rappresentante dei pensionati eletto per questo in questo Parlamento europeo, dico sì al salario minimo per chi ha la fortuna di lavorare, dico sì a una pensione minima in Europa per tutti coloro che sono anziani pensionati e dico sì anche a chi disoccupato, senza lavoro, senza pensione ha diritto di avere anche lui un reddito minimo.

 
  
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  Karin Jöns (PSE).(DE) Signor Commissario, onorevole Lynne, sono molto grata alla Commissioneper le iniziative e all’onorevole Lynne per la sua eccellente relazione. Chiunque voglia combattere la povertà – come ha già ricordato l’onorevole Fatuzzo – deve realmente concentrarsi con maggiore intensità sulle generazioni più anziane. Occorre restare al passo con i cambiamenti demografici e garantire, nonostante i costi in costante aumento nel sistema sanitario, che sarà comunque possibile invecchiare con dignità anche in futuro. Gli anziani hanno diritto a un’assistenza sanitaria completa, di qualità e a lungo termine, a prescindere dal reddito o da dove vivono.

Occorre con urgenza uno scambio mirato di esperienze tra gli Stati membri su come organizzare al meglio e garantire un’assistenza accessibile e di qualità. In particolare, dobbiamo tenere conto del problema del numero crescente di persone affette da demenza. Tuttavia, per farlo abbiamo bisogno di dati validi; anche per questo chiediamo alla Commissionedi fornirci questi dati al più presto.

In un’Europa sociale, tutti i pazienti devono avere pari accesso a farmaci prescritti e prodotti medicinali. Ad esempio, è semplicemente inaccettabile che lo stesso antibiotico costi 3 euro in Belgio e 34 euro in Germania. Quindi sono lieta che con questa relazione invitiamo la Commissione e gli Stati membri ad aprire un dialogo intenso con noi, con l’industria farmaceutica e i gruppi di pazienti, al fine di definire degli orientamenti equilibrati per una maggiore trasparenza per quanto concerne l’efficacia e il prezzo dei medicinali. Questo è un altro contributo alla riduzione dei costi dell’assistenza sanitaria per tutti noi.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL)Signor Presidente, signor Commissario, anch’io mi congratulo con la Commissione per le due comunicazioni e mi auguro che continuerà con delle proposte costruttive.

La collega onorevole Lynne, con la sua sensibilità per le questioni sociali, e tutti noi con i nostri emendamenti, abbiamo partecipato a tutte le iniziative del metodo di coordinamento aperto (OMC) previste nei piani d’azione nazionali. La relazione sull’inventario della realtà sociale è intesa a fornire un orientamento alla politica sociale degli Stati membri e dovrebbe tenere conto del fatto che oggi in Europa esistono gravi problemi demografici che interessano direttamente la coesione sociale e la solidarietà tra generazioni.

Gli Stati membri non forniscono ancora alle famiglie il sostegno che dovrebbero ricevere, benché costituiscano la base della società. La povertà è in aumento, nelle famiglie monoparentali e nelle famiglie numerose, a causa del basso reddito, ma anche a causa del sostegno sociale carente e di un trattamento poco equo, soprattutto nella tassazione.

Le condizioni di vita delle famiglie interessano direttamente i bambini, specialmente nelle categorie sociali più vulnerabili. Le disparità nell’accesso alle risorse e alle opportunità sono in aumento e limitano lo sviluppo personale,nonché lo sviluppo economico e la coesione futuri dell’Europa. L’UE non dovrebbe essere in grado, per ciascun bambino nato sul suo territorio, di garantire un reddito che copra le spese per crescerlo ed educarlo, equivalente al reddito pro capitein ogni Stato membro?

La politica per la promozione della coesione sociale si deve basare sulla partecipazione al mercato del lavoro. Inoltre, deve contribuire all’integrazione sociale dei disoccupati e di coloro che offrono servizi informali all’interno della famiglia. Per questo motivo, gli Stati membri sono chiamati innanzi tutto a individuare dei modi per riconoscere le competenze non ufficiali acquisite nella cura di bambini e persone a carico, quali formazione preliminare ed esperienza di lavoro. In questo modo si agevolerà l’integrazione di queste persone nel mercato del lavoro, garantendo i diritti all’assicurazione e alla pensione.

La solidarietà tra le generazioni dev’essere mantenuta utilizzando le conoscenze e l’esperienza degli anziani e diffondendole tra le generazioni più giovani. Gli Stati membri sono chiamati a promuovere sistemi per lo scambio di servizi tra le generazioni e a investire in programmi di volontariato, di carattere educativo, culturale o commerciale.

Questo sarà possibile creando infrastrutture adeguate e fornendo informazioni sulle maggiori opportunità per gli anziani di partecipare a tali attività, affinché non vengano emarginati o siano vittime dell’esclusione sociale.

 
  
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  Alejandro Cercas (PSE).- (ES)Signor Presidente, onorevole Lynne, signor Commissario, grazie molte per averci presentato questa comunicazione e questo documento, che indubbiamente ci consentiranno di migliorare le nostre conoscenze sui cambiamenti e sulle tendenze, nonché sulla nostra agenda futura.

Dovremmo però evitare di fare un errore. Abbiamo molti documenti, molte analisi, molte discussioni e molte parole, ma anche in questo caso, come per le malattie, oltre alla diagnosi ci vuole la cura.

È vero, signor Commissario, che abbiamo bisogno di una cura europea, attraverso l’Unione, le sue Istituzioni e i suoi meccanismi, per affrontare i problemi di oggi e di domani, considerando che se non lo facciamo a livello comunitario sarà impossibile farlo esclusivamente al livello degli Stati membri.

Alcuni Stati membri in rapido progresso, come il mio, cominciano a risentire della minaccia di politiche intese a rallentare questa tendenza, o a istituire in altri Stati membri una concorrenza sleale con l’offerta e l’evoluzione sociale presente nei nostri paesi. Signor Commissario, la prego di tenere presente il fatto che comincia a diffondersi la sensazione che la politica sociale europea, che negli anni ’60 e ’70, come mi ha scritto oggi in una lettera un sindacalista spagnolo, era mirata ad armonizzare il progresso, e negli anni ’80 e ’90 si limitava a garantire dei requisiti minimi, ora comincia a scivolare verso una politica sociale dove gli Stati membri competono per arrivare al minimo comune denominatore.

Signor Commissario, i rischi che ci attendono in futuro non comprendono solo l’invecchiamento e la globalizzazione, ma anche una contagiosa mancanza di solidarietà e un nazionalismo aggressivo, xenofobo e antieuropeo, che minacciano le vittorie dell’Europa in campo sociale, attuali e future.

 
  
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  Agnes Schierhuber (PPE-DE).(DE)Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei associarmi ai sinceri ringraziamenti alla nostra relatrice, l’onorevole Lynne. La protezione e l’inclusione sociale contribuiscono a combattere la povertà e l’esclusione nell’assistenza sanitaria preventiva e in molte altre aree, e rappresentano alcune delle principali sfide per il futuro.

Il concetto di “reddito minimo” spesso viene discusso in modi diversi nello Stato membro dal quale provengo. Tuttavia, sostengo pienamente l’approccio dell’onorevole Stauner per quanto riguarda i posti di lavoro, il lavoro a tempo pieno e il reddito. In Austria il partenariato sociale è fortemente consolidato e ci offre una grande opportunità, utile per cercare di trovare una soluzione con l’accordo di tutti gli interessati. Questo significa che da noi non vengono proclamati tanti scioperi come in altri paesi dell’UE, dove spesso sono all’ordine del giorno.

Questo è il motivo per cui l’approccio a una regolamentazione a livello comunitario dev’essere molto attento. I diversi sistemi previdenziali nazionali ci impongono di procedere con cautela in eventuali armonizzazioni.

La nostra preoccupazione dev’essere quella di offrire una protezione sociale a tutti i lavoratori e di promuoverne l’inclusione sociale. Ovviamente dev’essere possibile che, nel quadro della sussidiarietà, gli Stati membri debbano e possano avere standard più elevati.

 
  
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  Proinsias De Rossa (PSE).- (EN) Signor Presidente, la realtà sociale dell’Europa è una realtà di povertà diffusa. Settantadue milioni di uomini, donne e bambini vivono al di sotto della soglia di povertà, molti sono senzatetto e molti disabili o confinati nelle loro case per la mancanza di servizi. Molte persone sono intrappolate in una situazione di povertà da normative assistenziali poco flessibili.

Temo che comunicazioni e orientamenti non servano a risolvere il problema. Pur non sottovalutando le difficoltà incontrate dal Commissario Špidla, ritengo che si debbano istituire degli obblighi giuridici, affinché gli Stati membri mettano in atto i necessari cambiamenti.

I lavoratori assistono alla svalutazione delle loro pensioni e a nuove minacce alla sicurezza del posto di lavoro e molti temono la corsa al ribasso. Il problema è che la disuguaglianza è insita nel modello economico di molti Stati membri. Per molti di essi, compresa l’Irlanda, l’atteggiamento è “cominciamo a creare ricchezza e poi affronteremo i problemi sociali”. Questo significa ignorare la realtà del fatto che le disuguaglianze sociali frenano il progresso economico e che non è possibile una prosperità sostenibile per tutti se si tratta la politica sociale come un aspetto secondario e non ci si avvale del talento sprecato di 72 milioni di persone, per non parlare delle miserie umane che si nascondono dietro questo dato.

 
  
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  Tomáš Zatloukal (PPE-DE).- (CS)Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, le società europee stanno vivendo dei cambiamenti radicali per quanto riguarda la natura del lavoro e della vita famigliare, lo status sociale delle donne e la mobilità sociale. I valori sociali stanno cambiando e le società diventano sempre più multiculturali. I recenti sviluppi hanno ampliato gli orizzonti delle persone, che ora possono scegliere tra più alternative nel prendere decisioni in merito alla propria vita.

Benché gli Stati membri dell’Unione europea siano tra i paesi più ricchi del mondo, stanno emergendo nuove tipologie di povertà e disuguaglianza. Decine di milioni di cittadini europei continuano a vivere in povertà. L’inclusione e la protezione sociale sono valori fondamentali dell’Unione europea e diritti fondamentali di tutti gli individui. Tuttavia, gli Stati membri devono impegnarsi maggiormente per combattere la povertà infantile. In assenza di miglioramenti significativi nell’inclusione dei bambini di gruppi sociali svantaggiati anche a livello pre-scolastico, il numero di bambini che abbandona la scuola precocemente non diminuirà, né saremo in grado di aumentare il numero di studenti che completano la scuola secondaria, acquisendo competenze fondamentali. Un numero crescente di cittadini dovrà fare i conti con l’esclusione sociale, la disoccupazione e altri spiacevoli fenomeni sociali, pericolosi di per sé e per l’economia e la società.

Da questo punto di vista, è essenziale anche combattere la disoccupazione giovanile ed è importante eliminare gli ostacoli presenti in alcuni programmi di formazione professionale, affinché risultino più flessibili ed efficaci e rispecchino le esigenze del mercato del lavoro. In questo modo, le persone svantaggiate avranno migliori opportunità di affermarsi. Il rafforzamento della coesione sociale e l’eliminazione della povertà e dell’esclusione sociale devono rappresentare priorità politiche per l’Unione europea e i suoi Stati membri.

 
  
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  Richard Howitt (PSE).- (EN) Signor Presidente, apprezzo questa discussione e la relazione sulla realtà sociale e, pur giudicando positivamente l’inventario, lo scambio di migliori prassi e il metodo di coordinamento aperto, la realtà di cui dobbiamo renderci conto è che questi strumenti non sono ancora serviti a eliminare certe situazioni: in Germania le donne vengono pagate il 24 % in meno rispetto agli uomini; in Polonia, quasi un bambino su tre vive in povertà; e nel mio paese, il Regno Unito, il divario tra ricchi e poveri è il più elevato degli ultimi quarant’anni.

Penso che i programmi europei di finanziamenti sociali e programmi nazionali come il New Dealnel Regno Unito siano misure proattive essenziali nel mercato del lavoro per eliminare le reali barriere che impediscono a dei gruppi sociali di progredire dalla disoccupazione al lavoro;inoltre, sono convinto che il lavoro sia ancora uno degli strumenti migliori per combattere la povertà.

Ringrazio il Commissario Špidla per il fermo impegno nel programma di lavoro della Commissione riguardo alla nuova legislazione sull’articolo 13 sulla discriminazione, di cui abbiamo discusso a lungo insieme. Io e questo Parlamento attendiamo con ansia di lavorare con lui sui dettagli, non ultimo in occasione della conferenza della Presidenza la prossima settimana.

Ma tutti noi – Commissario e parlamentari – dobbiamo stare attenti ai discorsi sul fatto che l’inventario ritardi la nuova agenda sociale in Europa, o che la deregolamentazione in un dato settore effettivamente aumenti la disuguaglianza e l’ingiustizia, invece di combatterle.

I sindacalisti, le ONG in campo sociale e naturalmente i disabili, con i quali ho lavorato per oltre vent’anni, sono scettici su quello che stiamo facendo per l’Europa sociale. Dobbiamo prestare ascolto alle loro preoccupazioni e fornire una risposta.

 
  
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  Vladimír Špidla, membro della Commissione. (CS)Signor Presidente, la discussione è stata estremamente ampia e dettagliata. Sarebbe molto difficile fornire una risposta dettagliata alle singole osservazioni, quindi consentitemi di rispondere con una breve sintesi.

Innanzi tutto, mi pare che dalla discussione sia emerso chiaramente che il Parlamento è favorevole all’idea dell’inventario della realtà sociale, e benché concordi con l’onorevole Cercas che la diagnosi non equivale alla cura, sono anche del parere che una terapia non è possibile senza una diagnosi. La nostra società è in costante evoluzione e dobbiamo trovare nuovi metodi per adeguarci, oppure riformare quelli vecchi. Per agire con efficacia, occorre comprendere il quadro globale.

Penso che la discussione presenti un altro comune denominatore, ossia il fatto che, benché la realtà sociale in certa misura abbia dinamiche proprie, noi abbiamo comunque i nostri valori: un concetto generale europeo di modello sociale che comprende l’inclusione, la protezione e le attività sociali in generale. Quindi non è accettabile, nel nostro modo di agire e di pensare, adottare un atteggiamento passivo. C’è sempre la possibilità di sperimentare politiche proattive e nuovi interventi.

Vorrei sottolineare anche una terza idea. Indubbiamente, come la maggior parte delle politiche, la maggioranza delle decisioni europee rispetta il principio di sussidiarietà, secondo il quale le politiche volte a risolvere un dato problema vengono trattate nel modo migliore e più efficace. Questo significa che non esistono dubbi in merito alla posizione degli Stati membri in materia di politica sociale. D’altro canto, dalla discussione è emerso chiaramente che l’obiettivo non si può raggiungere solo al livello degli Stati membri, senza iniziative a livello europeo. Quindi è nostro compito individuare le sinergie più vantaggiose ed efficaci in questo campo.

La discussione ha evidenziato una preoccupazione che anch’io condivido in certa misura: il timore che esista il rischio che le disparità e le incompatibilità tra le politiche sociali nei singoli Stati membri possano determinare una concorrenza che abbassi gli standard sociali. La Commissione europea non intende permetterlo. La nostra idea fondamentale è di rendere compatibili le singole politiche sociali europee, in modo tale da garantire la concorrenza e lo sviluppo dal basso verso l’alto, ai fini di un progresso che comprenda sempre una dimensione sociale.

Onorevoli parlamentari, dalla discussione emerge chiaramente che la politica sociale e quella economica non si possono porre come scelte alternative. L’unica possibilità è quella del “non solo/ma anche”, ossia di uno sviluppo equilibrato delle due politiche insieme, senza privilegiarne una rispetto all’altra. Normalmente si tende a dare la priorità alla politica economica. Tuttavia, dalla discussione è risultato chiaro che il Parlamento europeo non è favorevole a questa impostazione.

Onorevoli parlamentari, avete citato un’ampia gamma di problemi, in particolare la questione dell’assistenza sanitaria, compreso l’accesso ai farmaci e la sua organizzazione generale. Avete parlato degli effetti dell’invecchiamento demografico e dell’importanza di servizi di interesse generale. Sono lieto che tutti questi punti di vista siano rappresentati nei documenti strategici della Commissione europea. Intendiamo integrarli in una strategia globale generale.

Onorevoli parlamentari, in conclusione vorrei esprimere i miei ringraziamenti all’onorevole Lynne, la cui relazione, discussa oggi in quest’Aula, è senza dubbio un elemento importante dell’impegno globale volto a garantire un progresso in tutta l’Unione europea.

 
  
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  Presidente. − Grazie, signor Commissario. Anch’io, in qualità di Presidente, vorrei congratularmi con l’onorevole Lynne per una relazione che ha avuto un notevole impatto nella società civile.

Sono stato un testimone privilegiato di come le carovane di giovani che hanno attraversato l’Europa protestando contro la povertà e a favore dell’inclusione, abbiano fatto proprio il documento dell’onorevole Lynne portandolo di città in città, da una capitale europea all’altra, onorando il Parlamento europeo, grazie al lavoro della nostra collega.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà alle 12.00.

(La seduta, sospesa alle 11.35, è ripresa alle 12.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING
Presidente

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE).- (ES) Signor Presidente, vorrei chiederle, insieme alla collega onorevole Mann, che oggi non può essere presente in Parlamento, e ad altri colleghi, di trasmettere la solidarietà dei cittadini dell’Unione europea, rappresentati da questo Parlamento, verso le vittime della tempesta tropicale, poi trasformatasi in un uragano che ha devastato Haiti, la Repubblica Dominicana, la Giamaica, Cuba, Barbados e altre zone dei Caraibi, lasciando una scia di distruzione, malattia e morte.

Inoltre, signor Presidente, esprimiamo la nostra solidarietà alle vittime delle inondazioni negli Stati messicani di Oaxaca, Chiapas e soprattutto Tabasco. Signor Presidente, vorrei chiederle di non limitarsi a trasmettere la nostra solidarietà, ma anche di invitare la Commissione europea a mobilitare gli strumenti di cui dispone per alleviare la situazione e porre rimedio ai danni che colpiscono sempre le aree più svantaggiate.

 
  
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  Presidente. −La ringrazio molto, onorevole Salafranca. Per quanto riguarda il Parlamento procederemo come richiesto, e inoltre trasmetteremo le sue riflessioni alla Commissione.

 
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