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Testi presentati :

RC-B6-0454/2007

Discussioni :

PV 15/11/2007 - 9.3
CRE 15/11/2007 - 9.3

Votazioni :

PV 15/11/2007 - 10.3

Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 15 novembre 2007 - Strasburgo Edizione GU

9.3. Somalia (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. –L’ordine del giorno reca sei proposte di risoluzione sulla Somalia.(1)

 
  
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  John Bowis (PPE-DE), autore.–(EN) Signora Presidente, da molte generazioni nel mio collegio elettorale di Londra sono presenti persone provenienti dal Somaliland e dalla Somalia. Hanno una lunga tradizione di lavoro nella marina mercantile britannica per poi spedirein patria il denaro guadagnato. Durante il mio mandato al parlamento britannico, sono stato copresidente del gruppo interpartitico somalo-britannico. Talvolta si discuteva di questioni generali, talvolta di problemi personali, e così via. I problemi erano molti. I somali erano persone meravigliose, che tuttavia non erano governate da leader particolarmente brillanti.

Ora le cose sono addirittura peggiorate. Abbiamo uno Stato mancato. Le statistiche sanitarie del paese sono tra le peggiori al mondo. Ogni giorno la popolazione subisce violenze e combatte con l’aumento costante dei tassi di mortalità infantile e materna. Si trova tra i due fuochi delle truppe etiopi e governative e delle milizie fedeli alle Corti islamiche. Per questo la situazione del paese è un punto all’ordine del giorno di oggi. Sappiamo quanto sia difficile vivere in Somalia oggi. Ci rendiamo conto della pressante necessità di fornire aiuti umanitari, e tuttavia non siamo in grado di farlo. Siamo consapevoli della necessità di forze di pace e apprezziamo le promesse dell’Unione africana, ma non ci piace quello che sta fornendo effettivamente, che è ben lontano da quanto promesso.

Attualmente sono presenti solo truppe ugandesi. Gli etiopi non se ne andranno finché non si raggiunge la cifra promessa di 8 000 unità. Dobbiamo capire in che modo promuovere il dialogo – il dialogo attraverso i confini, al di là di alcuni dei nostri pregiudizi tradizionali – perché se non esiste dialogo non c’è neppure stabilità, e se non c’è stabilità allora non ci sarà futuro per quel paese. E se non ci sarà futuro, allora moriranno sempre più persone. Non ne saremo responsabili, ma non avremo nemmeno fatto nulla per impedirlo.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda (Verts/ALE), autore.–(ES) Signora Presidente, anch’io ovviamente voglio sottolineare l’importanza di questa risoluzione, soprattutto nel contesto della discussione di questa mattina. Stiamo parlando precisamente di come affrontare la situazione degli Stati più fragili. La Somalia non è solo uno Stato fragile, ma effettivamente è uno Stato mancato.

Tuttavia, su questo punto non dobbiamo dimenticare, come diceva l’onorevole Bowis, che l’enorme livello di violenza esistente nel paese attualmente è alimentato prima di tutto dal costante ingresso di armi, soprattutto armi leggere e munizioni, provenienti da altri paesi della regione e in molti casi direttamente dai paesi occidentali, tra cui l’Unione europea.

Quindi, oltre a reagire alle conseguenze immediate di quanto sta accadendo in Somalia, non dobbiamo dimenticare che anche noi siamo responsabili di questa situazione e quando parliamo dell’obbligo e della responsabilità di proteggere, come siamo abituati a fare in questo genere di discussioni, dobbiamo anche assumerci la nostra responsabilità in termini di prevenzione, ad esempio controllando le esportazioni di armi.

 
  
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  Ana Maria Gomes (PSE), autore. – (PT) Ieri a Mogadiscio si sono sentiti incitamenti ad attaccare le forze dell’Unione africana – tale è la portata della tragedia e della perdita di controllo che stanno distruggendo la Somalia e infiammando l’intero Corno d’Africa. L’UE deve urgentemente fare pressione su tutte le parti del conflitto affinché si impegnino a promuovere un processo generale di riconciliazione nazionale, in grado di affrontare le questioni politiche all’origine della crisi. Il “governo transitorio” resterà una finzione se continua a non prendere misure per proteggere la popolazione civile e agevolare gli aiuti umanitari.

Secondo una recente relazione ONU, la Somalia è più che mai stracolma di armi. È essenziale che i paesi e i trafficanti che violano l’embargo sulle armi imposto nel 1992 vengano fermati e chiamati a rispondere. Infine, la forza di pace dell’Unione africana dev’essere urgentemente rafforzata e le truppe di occupazione etiopi devono andarsene. Bisognerebbe riconoscere che l’intervento etiope, sollecitato dall’amministrazione Bush con la complicità passiva dell’Unione europea, non ha portato la pace, né un governo e nemmeno ha contribuito a combattere il terrorismo in Somalia. Ha solo portato più sofferenza, povertà e morte alla popolazione dell’intera regione.

 
  
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  Marcin Libicki (UEN), autore. – (PL)Signora Presidente, oggi parliamo della tragedia della Somalia. Di solito si dice che in casi simili sono possibili tre misure di intervento: pressioni diplomatiche, embargo economico e, se necessario, l’intervento armato. Tuttavia, esiste una quarta possibilità di cui non si parla, ossia che i paesi dell’UE comincino a eliminare il potenziale per i propri pseudo-affari con burocrati corrotti in vari paesi post-coloniali, che poi intraprendono guerre civili spesso sostanzialmente nell’interesse degli pseudo-affari.

Vorrei aggiungere qualcosa sul tema trattato dagli onorevoli Romeva i Rueda e Gomes: sicuramente le armi utilizzate in questi paesi, inclusa la Somalia, vengono prodotte ed esportate dai cosiddetti paesi democratici, dai paesi economicamente sviluppati. Gli Stati di questa parte del mondo dovrebbero fare pressione sui propri produttori di armi e pseudo-uomini d’affari, per assicurarsi che non provochino i peggiori disastri che si verificano oggi sul pianeta, né vi svolgano un ruolo.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE), autore.–(EN) Signora Presidente, la Somalia in passato è stata oggetto di risoluzioni del Parlamento europeo e dell’ONU. Purtroppo, la situazione nel paese non è migliorata e la prolungata e distruttiva guerra civile è proseguita senza tregua. La tragedia delle sofferenze umane che ne conseguono continua, con centinaia di migliaia di profughi in condizioni di estrema povertà, migliaia di bambini malnutriti e morenti e la diffusione nella regione di malattie contagiose come il colera e l’epatite. Quel paese è in una situazione disperata, dove prevalgono l’anarchia e la legge della giungla.

Questa proposta di risoluzione comune, come le precedenti, contiene una serie di suggerimenti utili, quali la cessazione di tutti gli interventi militari stranieri in Somalia – principalmente dall’Etiopia e dall’Eritrea – e la piena attuazione dell’embargo sulle armi nei confronti della Somalia, che, benché imposto 15 anni fa, purtroppo non è ancora entrato veramente in vigore.

Facciamo anche un appello per la protezione della libertà di stampa, condannando fortemente le sistematiche intimidazioni nei confronti dei media da parte del governo somalo e la vergognosa assenza di indagini sull’uccisione di giornalisti considerati critici nei confronti del governo.

Nel fare questi appelli siamo consapevoli del fatto che le probabilità che vengano ascoltati sono veramente scarse. Tuttavia, bisogna perseverare nella speranza che forse il buon senso e un atteggiamento umanistico alla fine prevarranno e il popolo somalo vivrà giorni di pace e prosperità.

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), autore. – (NL)Signora Presidente, dal 1991 la Somalia in pratica non esiste più come paese, almeno nel senso del territorio dell’ex colonia italiana. Solo nel nord, nella ex colonia britannica di Somaliland, esiste una specie di Stato, che tuttavia non è riconosciuto a livello internazionale.

Il posto dello Stato è stato preso da una serie di signori della guerra, che alternano periodi di combattimento a periodi di reciproca collaborazione. L’esercito della vicina Etiopia si è autonominato loro protettore comune. L’Unione delle Corti islamiche, d’altro canto, è il loro avversario comune e intende riunire la Somalia sulla base delle tradizionali norme islamiche, senza i signori della guerra.

Finora, tutti i tentativi di istituire un governo unitario accettato da tutti e di aiutare la Somalia a rimettersi in piedi sono falliti. Il sostegno finanziario della Commissione a favore delle istituzioni federali provvisorie create nel 2004 è apparso giustificato al momento, ma in seguito ha dato origine all’accusa che l’Unione europea stesse prendendo parte ad un conflitto armato e cooperando con l’Etiopia contro le forze che avrebbero preferito vedere al potere un rigoroso regime islamico.

Una politica europea di questo tipo, pur con le migliori intenzioni, non può avere successo senza il sostegno degli abitanti della Somalia. Per questo motivo, è bene che la proposta di risoluzione sulla quale ci accingiamo a votare auspichi la cessazione dell’intervento militare straniero e il dialogo e la riconciliazione sul piano nazionale.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg, a nome del gruppo PSE. – (PL)Signora Presidente, dalla caduta del regime di Siad Barre nel 1991 la Somalia non ha un governo adeguatamente funzionante. La situazione interna è dominata dal caos e dall’anarchia. A seguito del conflitto tra i ribelli dell’Unione delle Corti islamiche e le truppe del governo provvisorio, 850 000 persone sono rimaste senza casa e molte sono morte.

La situazione in Somalia è drammatica. Il colera si sta diffondendo in tutta la regione, oltre 1,5 milioni di persone richiedono assistenza medica urgente e decine di migliaia di bambini soffrono di malnutrizione. Esiste un rischio reale che il conflitto possa esercitare un effetto destabilizzante sull’intera regione. Ancora più preoccupante è il fatto che, degli 8 000 soldati promessi dall’Unione africana, finora solo 1 600 sono stati dislocati per un intervento di mediazione.

Per questo motivo, l’Unione africana, gli Stati Uniti, l’Unione europea e l’ONU dovrebbero aumentare gli aiuti umanitari e logistici a favore dei somali, oltre ad intensificare gli sforzi diplomatici mirati ad accelerare il processo di pace e ad istituire un governo stabile a seguito di libere elezioni nel 2009.

 
  
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  Leopold Józef Rutowicz, a nome del gruppo UEN . – (PL)Signora Presidente, la Somalia si trova nella penisola somala, nota come Corno d’Africa, ed è uno stato omogeneo dal punto di vista etnico e religioso. I somali costituiscono il 97% della popolazione, e quasi per il 100% professano la fede islamica.

Grazie alle sue risorse naturali, la Repubblica di Somalia, istituita nel 1960, disponeva delle condizioni necessarie per garantire lo sviluppo economico e una vita dignitosa ai suoi cittadini. Purtroppo, un colpo di Stato, una guerra civile, cambiamenti nell’orientamento politico, divisioni tribali e il coinvolgimento dell’Unione delle Corti islamiche con i suoi legami con i Talebani nella lotta per il potere si sono combinati a creare una situazione infernale per la popolazione della Somalia.

Come possiamo aiutare questo popolo? La soluzione della questione somala spetta all’ONU e all’Unione africana. Nell’interesse dell’Africa, l’Unione africana dovrebbe intensificare le sue attività politiche e militari per proteggere la popolazione e creare le condizioni necessarie affinché l’ONU e l’Unione europea possano fornire gli aiuti umanitari essenziali. Una discussione sulle violazioni dei diritti umani, all’ordine del giorno nel paese, non serve a cambiare la situazione della Somalia. Sono necessarie iniziative concrete sostenute dall’Unione europea.

 
  
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  Danuta Hübner, membro della Commissione.−(EN)Signora Presidente, concordo pienamente con l’onorevole Bowis sul fatto che finché c’è il dialogo c’è sempre speranza. A nostro parere, questo campanello d’allarme sulla Somalia nella discussione odierna è sicuramente tempestivo, poiché la situazione attuale pone una minaccia significativa alla pace e alla sicurezza, e non solo all’interno della regione. Inoltre, è causa di enormi sofferenze per la popolazione somala.

Come sapete, l’Unione ha assunto la guida del processo di pace in Somalia e nella creazione delle istituzioni federali provvisorie. Abbiamo sempre perseguito una soluzione politica che coinvolga tutte le parti, e la missione di pace del Commissario Louis Michel, l’ultimo tentativo di recuperare il processo di pace prima dell’intervento etiope nel dicembre 2006, è servita a collegare il sostegno UE alla missione di pace dell’Unione africana in Somalia e al varo di un vero Congresso nazionale di riconciliazione.

È in atto una catastrofe umanitaria a fronte di una riduzione degli spazi per gli aiuti umanitari in Somalia, che comporta anche la repressione dei mediaindipendenti e dei giornalisti, uccisi in attacchi mirati. I livelli attuali della crisi umanitaria nella Somalia meridionale e centrale hanno raggiunto proporzioni allarmanti. Si stima che 1,5 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria, tra cui oltre 730 000 sfollati interni, dei quali un terzo sarebbe a rischio estremo. Sempre secondo le stime, soltanto nelle ultime due settimane 173 000 abitanti di Mogadiscio sarebbero sfuggiti a violenze.

Inoltre, vi informo che in risposta alla crisi umanitaria in corso, l’ECHO, l’Ufficio per gli aiuti umanitari della Commissione, collabora con dei partneresecutivi per fornire sostegno a 1,5 milioni di persone, garantendo alla popolazione locale, agli sfollati e alle comunità ospitanti l’accesso all’acqua, strutture igienico-sanitarie, nutrimento, farmaci e aiuti per il bestiame e il sostentamento. Quest’anno ha stanziato la massima dotazione finanziaria per l’assistenza alla Somalia, per un ammontare di 20 milioni di euro.

Ci preoccupa molto anche l’evoluzione della situazione della sicurezza a Mogadiscio e in altre zone della Somalia meridionale e centrale. Pare che le sommosse si stiano espandendo e nelle ultime settimane tutte le parti hanno aumentato in misura significativa la propria capacità militare. L’UE è impegnata a seguire un approccio articolato su più fronti, che prevede il sostegno a una strategia generale per la sicurezza, con il cessate il fuoco e la piena dislocazione della missione dell’Unione africana, al fine di agevolare il ritiro delle truppe etiopi, e l’appoggio alla nomina di un rappresentante e di un Primo Ministro e un governo effettivi, fornendo rassicurazioni all’opposizione per favorirne il coinvolgimento nella parte restante del periodo provvisorio, fino alle elezioni del 2009. Inoltre, l’UE intende invitare tutte le parti al rispetto dei diritti umani fondamentali e del diritto umanitario internazionale.

Infine, occorre tenere conto delle dimensioni regionali della crisi e impegnarsi con l’Etiopia e l’Eritrea, che in Somalia combattono una guerra per procura che rischia di sfociare in un conflitto di confine tra i due paesi. La Commissione ha nominato un inviato speciale CE per la Somalia e sta promuovendo delle proposte per un’iniziativa dell’UE al Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”. Inoltre, conferma il suo impegno a collaborare strettamente con il Parlamento europeo per arginare la violenza e trovare una soluzione politica a questa crisi.

 
  
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  Presidente. –L’onorevole Matsakis interviene su una questione procedurale.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE).- (EN) Signora Presidente, un richiamo al Regolamento prima di procedere con la votazione. Ho notato ancora una volta che non sono presenti in Aula rappresentanti del Consiglio. Sta diventando una situazione quasi permanente e forse bisognerebbe fare qualcosa in merito.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà al termine delle discussioni.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Glyn Ford (PSE).- (EN) La situazione in Somalia rispecchia il crollo di uno Stato e il fallimento di un’economia. Non esiste un governo funzionante dal rovesciamento del regime di Said Barre nel 1991, che ha portato all’anarchia, alle lotte tra clan e al banditismo.

I recenti combattimenti tra l’Unione delle Corti islamiche e le truppe alleate dell’Etiopia e del governo federale provvisorio hanno avuto come conseguenza almeno 100 000 profughi e minacce di carestia. Tuttavia, il peggioramento della situazione della sicurezza a Mogadiscio ha impedito alle ONG internazionali di far fronte a questa catastrofe umanitaria in atto.

Apprezzo gli sforzi dell’Unione africana, intesi a costituire una forza di pace per contribuire alla riconciliazione nazionale, ma solo il 20% delle 8 000 unità promesse sono state effettivamente dislocate. L’Unione africana deve onorare i suoi impegni. Parallelamente, l’Unione europea deve intensificare il suo impegno per fornire un sostegno politico, finanziario e logistico.

La comunità internazionale, compresa l’UE, deve incrementare gli aiuti umanitari a favore degli sfollati. Tuttavia, una soluzione definitiva affinché la Somalia ritorni ad essere uno Stato funzionante impone che il Gruppo di contatto internazionale per la Somalia, che comprende Unione africana, ONU, UE e USA, si impegni con degli attori all’interno della Somalia per sostenere l’attuazione della Carta federale provvisoria e delle istituzioni.

 
  

(1)Vedasi processo verbale.

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