Presidente. - L’ordine del giorno reca la relazione di Jo Leinen, a nome della commissione per gli affari costituzionali, sull’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione da parte del Parlamento europeo [2007/2218(ΑCI)] (A6-0445/2007).
Manuel Lobo Antunes, Presidente in carica del Consiglio. − (PT) Signora Presidente, signora Vicepresidente della Commissione, onorevoli deputati, la proclamazione solenne della Carta dei diritti fondamentali da parte dei Presidenti del Consiglio, del Primo Ministro portoghese José Sócrates, del Parlamento europeo e della Commissione europea, prevista per il 12 dicembre a Strasburgo, costituirà senza dubbio uno dei momenti più significativi nella storia recente dell’Unione e della Presidenza portoghese dell’Unione europea.
Compiremo un passo in avanti che avrà implicazioni importanti e concrete per il consolidamento di valori universali come la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà. Grazie al nuovo Trattato di Lisbona, la Carta avrà lo stesso valore dei trattati; in altre parole sarà giuridicamente vincolante. Data la sua importanza, questo fatto deve essere debitamente sottolineato e il Parlamento, nonché i governi nazionali e la Commissione, dovrebbero andarne tutti orgogliosi. Esso segna la conclusione di un lungo percorso.
La decisione di attribuire valore giuridico alla Carta dei diritti fondamentali ha un impatto che supera gli usuali ambiti politici e diplomatici, poiché riguarda direttamente i negozi giuridici dei nostri cittadini. E’ un risultato concreto dell’Europa. Le riforme istituzionali del Trattato di Lisbona sono chiaramente importanti, ed è anche vero che i cambiamenti apportati alle politiche comunitarie, alla politica estera e della sicurezza comune, della giustizia e degli affari interni nonché ad altri settori assumono un’importanza vitale perché l’Unione possa affrontare il futuro e le sfide che ci attendono. Tuttavia l’esistenza di un catalogo di diritti, vincolante per le Istituzioni europee e gli Stati membri nel momento in cui applicano la legislazione europea, ha un significato che va ben oltre tutto questo. D’ora in poi, poniamo i nostri cittadini al centro del progetto europeo.
Poiché il discorso verte sui diritti fondamentali, a nome della Presidenza e quindi del mio paese, voglio anche esprimere la mia soddisfazione per il protocollo del Trattato di Lisbona che prevede l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, perché tale documento rappresenta il concretizzarsi di un’ambizione nutrita da tempo.
Riguardo a tutto ciò, devo congratularmi con il Parlamento e con l’onorevole Leinen per avere approvato il 12 novembre il presente progetto di relazione della commissione per gli affari costituzionali. L’Assemblea ha ancora una volta dimostrato il proprio impegno per i diritti fondamentali dell’Unione europea. Non mi resta altro che esprimere il mio sincero auspicio che il Parlamento possa votare a favore di questa relazione, consentendo alle tre Istituzioni di proclamare solennemente la Carta dei diritti fondamentali il 12 dicembre.
(Applausi)
Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. − (EN) Signora Presidente, la Carta dei diritti fondamentali rappresenterà uno strumento essenziale nell’ambito della nostra Unione basata sullo Stato di diritto. Essa riporta un vero e proprio catalogo dei diritti di cui dovrebbero godere tutti i cittadini dell’Unione, da quelli individuali legati alla dignità, alla libertà, all’uguaglianza e alla solidarietà, fino a quelli che concernono la condizione di cittadinanza e la giustizia. La Carta non modificherà le competenze dell’Unione, bensì offrirà diritti più forti e una libertà maggiore ai cittadini.
Le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie dell’Unione saranno vincolati dai diritti previsti dalla Carta e i medesimi obblighi spetteranno anche agli Stati membri, quando attueranno la legislazione comunitaria. I cittadini potranno appellarsi ai diritti della Carta dinanzi ai tribunali, e la corretta applicazione della Carta stessa sarà ufficialmente controllata dalla Corte di Giustizia.
La Commissione valuta favorevolmente che il potere giuridicamente vincolante della Carta sia stato mantenuto nel corso dei negoziati interni alla Conferenza intergovernativa. Come il Parlamento, avremmo preferito assistere all’adozione della Carta in tutti i 27 Stati membri, senza eccezioni alla piena applicabilità in sede di giudizio, ma non dovremmo comunque sottovalutare i risultati ottenuti. La forza giuridica costituisce uno dei maggiori passi in avanti compiuti verso la realizzazione di un’Unione legittima e responsabile, concentrata sugli interessi dei cittadini. All’inizio questo obiettivo non era affatto scontato, e si è dovuto compiere un lungo cammino per realizzarlo pienamente.
La Carta proclamata nel 2000 non era giuridicamente vincolante. Durante la Convenzione europea del 2002-2003 e la successiva CIG del 2003-2004, essa fu adattata a tale scopo, ma il processo fu poi interrotto per la mancata ratifica del Trattato costituzionale.
Al Consiglio europeo del giugno 2007 è stato deciso che il trattato futuro avrebbe incluso un riferimento alla Carta, nella versione adattata e infine approvata nel 2004, e che avrebbe avuto lo stesso valore giuridico dei trattati, come ora è prescritto nel nuovo Trattato.
Il relatore propone che il Parlamento approvi la Carta quale passo necessario prima della proclamazione solenne e, naturalmente, la Commissione appoggia in pieno tale suggerimento. Anche la Commissione approverà la Carta il 12 dicembre, unitamente ai Presidenti del Parlamento e del Consiglio.
La proclamazione della Carta revisionata fornirà la base per un riferimento all’interno del nuovo Trattato, che sarà firmato il giorno successivo a Lisbona, estendendo il valore giuridico e l’applicabilità in sede di giudizio ai diritti ivi contenuti.
Grazie al nuovo Trattato e alla Carta dei diritti fondamentali, l’Unione rafforzerà innegabilmente la propria tutela dei diritti umani. L’Unione Europea non è solo un mercato, ma anche uno spazio comune basato su valori e diritti condivisi.
Jo Leinen, relatore. − (DE) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Vicepresidente, onorevoli colleghi, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea rappresenta un componente fondamentale del Trattato di Lisbona, anzi potrebbe addirittura definirsi l’anima del nuovo Trattato di riforma. Sono lieto che le tre Istituzioni siano tutte concordi nel considerare il Trattato di Lisbona un documento incentrato non solo sulle istituzioni o sulle politiche, ma sulle persone, sui 500 milioni di persone che risiedono nell’Unione Europea. La Carta è un segno tangibile dell’impegno espresso dall’Unione europea per tutelare i nostri cittadini nei confronti di tutti gli atti promulgati dall’UE.
In quest’ottica, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea costituisce una pietra miliare nel percorso di passaggio da un’Europa degli Stati ad un’Europa dei cittadini, e tale processo è sempre stato appoggiato da noi del Parlamento europeo. Con questa Carta e i 50 diritti e libertà in essa contenuti, l’Unione Europea acquisirà il catalogo dei diritti fondamentali più completo e moderno a livello mondiale. Non esiste nulla del genere in nessun’altra parte del mondo, e quindi dovremmo essere fieri del risultato. A partire dall’articolo 1 sulla tutela della dignità umana, fino all’ultimo articolo della Carta, concernente il diritto di non essere puniti due volte per lo stesso reato, la Carta garantisce una maggiore tutela dei diritti e ne cita anche alcuni non necessariamente contemplati all’interno delle singole costituzioni dei 27 Stati membri. Vorrei semplicemente richiamare la vostra attenzione su alcuni punti come il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani attraverso la moderna tecnologia genetica, oppure il diritto alla protezione dei dati di carattere personale, alla libertà d’informazione e d’accesso ai documenti, ma anche il diritto a un buon governo (“good governance”), che propugniamo in tutto il mondo, ma che naturalmente deve valere anche per noi in prima persona.
Per la prima volta, un catalogo dei diritti fondamentali pone sullo stesso piano i diritti economici e sociali da un lato e i diritti politici e le libertà civili dall’altro. In un’epoca di globalizzazione, sono certo che fornirà un’adeguata tutela alle persone. Come ha ripetutamente segnalato il Parlamento, è deplorevole che il nuovo Trattato non riporti integralmente il testo della Carta e che quest’ultima, di conseguenza, non risulti tanto visibile quanto avrebbe potuto esserlo. Tuttavia, ritengo che dovremmo notare con soddisfazione quanto dichiara l’articolo 6 del Trattato di Lisbona: “L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. Tale dichiarazione fuga ogni dubbio circa la possibilità per i cittadini dell’Unione europea di ottenere, grazie al Trattato, la tutela dei propri diritti dinanzi ai tribunali nazionali e, in ultima istanza, dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee a Lussemburgo.
Dobbiamo ancora approvare questa Carta in seduta plenaria poiché è stata modificata e, purtroppo, potremmo osservare che risulta peggiorata rispetto all’edizione del 2000. Mi riferisco in particolare alla diluizione dell’articolo 52, che potrebbe determinare problemi nell’interpretazione delle clausole ancora molto vaghe in esso contenute. Tuttavia, la Carta è stata salvata e farà parte dei trattati. Ritengo che la Carta sia un simbolo. Proprio come ribadito in quest’Assemblea: l’UE non rappresenta solo un grande mercato con la relativa unione monetaria, ma è anche una comunità di valori incaricata della loro difesa sia sul piano delle politiche interne, che su quello delle politiche estere europee.
L’opzione di non partecipazione, esercitata da due Stati membri come il Regno Unito e la Polonia, è estremamente deplorevole. Tale atto è fonte di rammarico e desidero rivolgere un appello ai Governi e ai Parlamenti di questi due paesi, perché intraprendano tutti gli sforzi possibili per ritirare tale opzione nel più breve tempo possibile, consentendo a tutti i 27 Stati membri di difendere, su una medesima base comune, i diritti fondamentali e i valori dell’Unione. Sostengo quindi l’approvazione dell’emendamento dei Verdi, che domani dovrà essere votato in aggiunta alla relazione della commissione per gli affari costituzionali. Vi invito quindi a votare in favore di questa importante relazione.
Íñigo Méndez de Vigo, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signora Presidente, questa mattina il mio gruppo ha ricordato e festeggiato l’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Ora i membri del mio gruppo indossano una spilla con lo slogan: “Yes to the Europe of values” (“Sì all’Europa dei valori”).
A tale proposito, concordo con le dichiarazioni pronunciate dagli oratori precedenti, in particolare con la Vicepresidente Wallström, ossia che l’Unione europea non è soltanto un mercato. L’Unione europea è un progetto politico, basato su principi e valori che uniscono tutti i popoli europei.
Di conseguenza, signora Presidente, oggi è un buon giorno, perché è in programma una risoluzione che ci consentirà di celebrare e proclamare solennemente questa Carta dei diritti fondamentali durante la prossima tornata di Strasburgo.
Come tutti sanno, chi di noi aveva avuto la fortuna di partecipare alla redazione della presente Carta nella prima Convenzione, ne era uscito con l’amaro in bocca. E questo per due ragioni: la prima è che, nonostante avessimo abbozzato la Carta in modo da renderla giuridicamente vincolante, alla fine non si è potuto centrare questo risultato a Nizza perché sei governi l’hanno respinta.
Tuttavia il tempo ci ha dato ragione, e ora la Carta avrà valore giuridico grazie al Trattato di Lisbona. L’amarezza si è trasformata in soddisfazione.
La seconda ragione, signora Presidente, è che a Nizza, per quanto mi ricordo, non c’è stata alcuna proclamazione solenne. Poiché la Carta è stata firmata in sordina, si è persa la grande opportunità di spiegare ai popoli europei che i diritti e le libertà da essa sanciti costituiscono le nostre caratteristiche identificative.
Tuttavia, grazie alla determinazione del Presidente del Parlamento europeo e dei nostri tre rappresentanti in seno alla Conferenza intergovernativa, il 12 dicembre, durante la tornata di Strasburgo, raggiungeremo l’obiettivo mancato a Nizza. Proclameremo solennemente questa Carta e riaffermeremo, come hanno fatto i membri del gruppo PPE-DE, il nostro impegno per i diritti e le libertà da essa sanciti.
Voteremo, signora Presidente, a favore della relazione dell’onorevole Leinen.
Richard Corbett, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, il gruppo PSE sostiene la riadozione della Carta nella sua nuova versione affinché possa, attraverso il Trattato di riforma, diventare vincolante per le Istituzioni europee. In tal modo, si colmerà un grande divario. Finora, le Istituzioni europee in quanto tali non sono mai state vincolate in modo così inoppugnabile al rispetto degli stessi diritti, che tutti i nostri Stati membri osservano in virtù delle loro costituzioni, dell’adesione alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo o ad altri strumenti internazionali affini. La Carta sarà vincolante per le Istituzioni europee, e tutto l’apparato legislativo comunitario dovrà osservare tali diritti, pena l’annullamento della legislazione europea da parte delle corti.
Suscita sorpresa l’opposizione alla Carta di alcuni euroscettici che, come viene da pensare, dovrebbero invece giudicare favorevolmente l’obbligo – o meglio il vincolo – imposto alle Istituzioni europee perché agiscano in questa direzione – eppure ve ne sono! E’ forse inopportuno che, di conseguenza, alcuni Stati membri abbiano avvertito la necessità di specificare, in un apposito protocollo, come la Carta dovrà interagire con le rispettive leggi nazionali.
Ciò ha a sua volta determinato confusione. Un collega vi ha appena fatto riferimento parlando di opzione di non partecipazione; naturalmente non si tratta di nulla del genere. La Carta resta vincolante per le Istituzioni europee e per l’intero apparato legislativo comunitario, indipendentemente dalle sue ripercussioni sulle leggi nazionali di alcuni paesi.
Andrew Duff, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signora Presidente, la solenne proclamazione della Carta rappresenta l’apice del nostro lavoro che, fin dal 1999, mira a creare una forma superiore di regime dei diritti per l’Unione.
Poiché lo scopo primario della Carta è la tutela dei cittadini dall’abuso degli ampi poteri attualmente conferiti all’Unione, è strano e deprecabile che uno Stato membro cerchi di sottrarsi al suo effetto vincolante. Sono convinto che il protocollo britannico sarà considerato imperfetto dal punto di vista giuridico, nonché come un grave errore politico.
I tribunali sono tenuti ad elaborare una giurisprudenza per l’intero sistema dell’Unione, che non guardi alla nazionalità ma resti fedele al principio chiave della legislazione comunitaria, ossia di attingere i diritti fondamentali dalle tradizioni comuni a tutti gli Stati membri, e non esclusive di uno soltanto. E’ mia opinione personale, peraltro condivisa dal mio gruppo, che l’opzione di non partecipazione del Regno Unito sia un atto vergognoso da dimenticare al più presto.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signora Presidente, la Carta dei diritti fondamentali è stata redatta nel 2000 come una dichiarazione dei valori che avrebbero guidato la politica dell’Unione. Quest’ultima sarebbe entrata far parte della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Da quel momento in poi, la Corte di giustizia avrebbe cessato di pronunciarsi sulla base dei principi giuridici generali derivanti dalle costituzioni degli Stati membri.
Ora siamo nel 2007 e l’Unione accederà alla Convenzione europea, ma non perché diventi l’unico sistema europeo per la tutela dei diritti umani. Stiamo creando un’alternativa basata su una Carta giuridicamente vincolante. Si tratta della prima volta sotto molti punti di vista. I principi giuridici generali rimarranno come terza serie di fonti per il pronunciamento su questioni concernenti i diritti fondamentali.
Tutto ciò sta complicando il sistema di tutela dei diritti fondamentali in Europa, rendendolo ancora più incomprensibile per i cittadini. Molti europei sono preoccupati della situazione. Queste sono sostanzialmente le ragioni per cui due Stati membri hanno optato in favore di protocolli che li salvaguardino dalle conseguenze inaspettate degli effetti della Carta.
Johannes Voggenhuber, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signora Presidente, oggi mi dichiaro orgoglioso di far parte di quest’Assemblea che, fin dal primo giorno, è stata una valorosa sostenitrice dei diritti fondamentali e civili in generale, nonché di questa Carta in particolare. Nove anni sono trascorsi da quando, al Vertice di Colonia, fu lanciata l’iniziativa di iniziare a lavorare su una Carta giuridicamente vincolante, e questo processo non si è ancora concluso.
Avendo avuto il privilegio di partecipare in prima persona all’intero iter costituzionale, desidero condividere con voi due esperienze. La prima è assai ironica: è strano che, in questi nove anni, nulla sia stato così laborioso e controverso, o così difficile da realizzare come quei documenti che contemplano i principi a fondamento dell’Unione europea, che dovrebbero essere considerati ovvi: la democrazia, i diritti parlamentari, i diritti sociali, l’economia di mercato, la trasparenza legislativa, nonché i diritti e le libertà fondamentali. Questa situazione così strana deve per forza avere attinenza con le cause della crisi di fiducia che sta assalendo l’Unione europea.
La seconda esperienza che desidero condividere con voi è l’importanza di non cedere alla stanchezza o al disincanto, né di scoraggiarsi. Da molto tempo sono convito che Sisifo sia il santo patrono d’Europa. Pertanto ritengo – oggi più che mai – che dovremmo tentare ancora una volta di appellarci alla Polonia e al Reno Unito, in nome dell’indivisibilità dei diritti fondamentali, dei diritti umani e delle libertà inviolabili, affinché si uniscano a questo grande consenso europeo!
Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, durante la nostra prossima seduta approveremo nuovamente la Carta dei diritti fondamentali.
Prima di fare questo, permettetemi di porre una domanda che forse non è così semplice come sembra. Questa sarà la Carta iniziale proclamata nell’anno 2000 o, come suggerisce la relazione Leinen, il rimaneggiamento adattato e completato con il progetto precedente di Trattato costituzionale? Naturalmente i due testi non sono identici e ritengo deplorevole che le loro differenze non siano definite con chiarezza, anche se tale definizione avrebbero sollevato alcune fondate controversie.
Per esempio, la commissione francese dei diritti umani ha espresso, cito, seria preoccupazione per gli emendamenti apportati agli articoli sui diritti sociali – continuo a citare – che minacciano di rimuovere il contenuto sociale della Carta.
Uno dei principali autori della Carta originale, l’avvocato Guy Braibant, ha spiegato alla stampa – cito – che le condizioni di applicazione del testo sono cambiate. Prima di tutto, la parola “potrebbe” è sostituita in alcuni casi con “deve”. In più – continuo a citare – vi è un riferimento ufficiale alle “spiegazioni” del Presidium. Malgrado l’intento teoricamente pedagogico e del tutto neutrale, tali spiegazioni interpretano le leggi in senso piuttosto minimalista. I diritti fondamentali sono stati indeboliti, chiuse le virgolette.
Quale testo approveremo nella prossima seduta? Ho un’altra domanda che discende logicamente dalla prima: l’approvazione sarà valida in tutti i paesi dell’UE? Questo tipo di azione non può tollerare alcuna ambiguità. Per questo apprezzerei una risposta precisa alle mie due domande.
Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM. – (DA) Signora Presidente, ho partecipato alla preparazione della Carta e, in entrambe le convenzioni, ho proposto una soluzione molto semplice: consentire all’Unione europea di entrare nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Così facendo, le Istituzioni risulterebbero vincolate allo stesso modo dei singoli paesi. Colmeremmo un divario. Nel rendere la Carta giuridicamente vincolante, non ne stiamo colmando nessuno. Anzi, stiamo creando una serie di lacune nelle tutele di cui godiamo come cittadini in virtù delle nostre costituzioni nazionali, e in quanto parte dei diritti umani europei comuni. L’interpretazione attivista della Corte del Lussemburgo avrà sempre la precedenza sia su Strasburgo che sulla nostra Corte suprema. La Carta non è adatta a costituire una fonte di diritto indipendente. E’ troppo imprecisa. Il diritto alla vita inizia con la nascita? Se no, quanti mesi prima? Il diritto di intraprendere un’azione sindacale si applica anche ai dipendenti del settore pubblico? La libertà d’espressione per i funzionari pubblici è molto migliore sotto la Corte di Strasburgo che del Lussemburgo. Inoltre, ieri abbiamo assistito a un esempio da manuale dei possibili conflitti. La Corte di Strasburgo ha dato ragione al giornalista tedesco Hans-Martin Tillack, confermando che l’OLAF ha agito in modo contrario alla legge, quando lo ha arrestato e gli ha confiscato 16 scatole di documenti, computer e telefoni. Lussemburgo sosteneva la tesi del furto delle fonti del giornalista. Strasburgo ha invece condannato il furto e l’arresto, perché attribuisce priorità alla libertà di stampa.
La Carta sarà presentata come una vittoria dei diritti umani. Forse. In realtà, sembra più un biglietto della lotteria falso. In un certo senso, ci stiamo assumendo un grande rischio per diritti umani così faticosamente conquistati come la libertà di espressione e di stampa. L’estrazione dei numeri della lotteria è però decisa dai giudici del Lussemburgo su cui non si esercita alcun controllo parlamentare e, solo nel caso di una loro condanna, i trattati saranno emendati all’unanimità per ovviare a eventuali ripercussioni. Una carta del genere è irrealizzabile e sembra piuttosto un imprigionamento dei nostri diritti.
Jim Allister (NI). - (EN) Signora Presidente, siamo tutti sostenitori dei diritti umani e sto diventando un po’ insofferente verso quelle persone – provenienti soprattutto da paesi in cui, storicamente parlando, tali diritti rappresentano quasi una novità – che attaccano il Regno Unito come se fosse un paria per avere “esercitato” l’opzione di non partecipazione ai sensi del protocollo 7.
A tutti costoro mi permetto di rammentare che, già dal lontano 1688, la Bill of Rights (“Dichiarazione dei diritti”) costituiva il fulcro della Glorious Revolution (“Gloriosa rivoluzione”) compiuta nel Regno Unito. Da allora, il nostro paese è divenuto un faro di libertà: non mi pare quindi il caso di puntare il dito contro di noi e darci lezioni sui diritti umani.
Alcuni potrebbero sentirsi urtati dal fatto che abbiamo guastato la festa, mantenendoci temporaneamente a distanza da alcune trappole del superstatalismo comunitario, ma vorrei precisare che agire in questo senso è un nostro diritto nazionale e politico. Purtroppo, l’opzione di non partecipazione scomparirà quando la Corte di Giustizia porrà mano al proprio ordine del giorno centralizzante. Alla fine, queste persone l’avranno vinta – qualora il Regno Unito si rivelasse così stolto da ratificare il Trattato nonostante l’opposizione del suo popolo.
Elmar Brok (PPE-DE). - (DE) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signora Vicepresidente, tra i diritti fondamentali dei cittadini vi è anche quello di non essere ignorati. Questa Carta dei diritti fondamentali offre loro una tutela simile a quella prevista dal classico Stato costituzionale, ma l’Unione europea non è uno Stato. Eppure possiede una competenza legislativa ed è soltanto quest’ultima, in quanto esercitata dalle istituzioni dell’Unione europea, a ricadere su base vincolante sotto la tutela e il controllo della Carta dei diritti fondamentali. Ne consegue che la legislazione europea e l’azione delle Istituzioni europee sono legate a valori e a decisioni basate su di essi, nonché sul primo articolo della Carta, che è il più nobile: “La dignità umana è inviolabile”.
Io interpreto questo principio secondo la concezione cristiana di umanità. Si potrebbe però interpretare partendo anche da altre fonti. L’impegno vincolante da parte nostra nei confronti di tale principio, e da parte delle tre Istituzioni al suo rispetto, rappresenta un enorme passo avanti. Ciò vale per l’intera Unione Europea. E’ indubbio che la Polonia e il Regno Unito siano Stati di diritto. Tuttavia, con la mancata firma e l’esclusione dalla Carta, non proteggono se stessi, ma stanno cercando di mettere al riparo qualcosa che è già protetto. Il fatto è che questa Carta non è per niente applicabile alla legislazione e alle istituzioni nazionali; pertanto, stanno proteggendo una situazione che di fatto è già scontata. Mi auguro che soprattutto in Polonia – dove la maggioranza del Parlamento e della popolazione sono di altro avviso, ma il Presidente si avvale delle proprie facoltà – si assista a un cambiamento in tempo utile.
La natura giuridicamente vincolante della Carta può essere ulteriormente rafforzata se perseguiamo una strategia armonizzata. Signor Presidente in carica, le sono grato perché ci stiamo avvalendo dell’opportunità offerta da una singola personalità giuridica, e perché stiamo portando avanti l’adesione alla Convenzione di Strasburgo. Se ciò avrà esito positivo, l’ambito giuridico europeo acquisirà coerenza, accomunando la tutela dei diritti fondamentali a livello nazionale ed europeo. Spero che nasca un’Europa dei cittadini orientata sui valori, di cui potremo essere fieri!
Józef Pinior (PSE). – (PL) Signora Presidente, la Carta dei diritti fondamentali è l’equivalente di inizio XXI secolo delle grandi dichiarazioni dei diritti umani e civili pronunciate nei secoli XVIII, XIX e XX. Si tratta di famose dichiarazioni sulla libertà e sullo Stato di diritto, che hanno forgiato la democrazia contemporanea. La nostra Carta trae origine dagli eventi che hanno contribuito allo sviluppo della democrazia, e più precisamente del sistema contemporaneo della democrazia liberale, nel corso degli ultimi 200 anni.
Non vedo la ragione per cui alcuni paesi europei non debbano adottarla. Chiedo all’onorevole Szymański come si possa seriamente lottare contro di essa nel paese che ha dato i natali a Solidarność, e che ha guidato l’Europa intera a conquistare la sua attuale concezione di libertà, Stato di diritto e democrazia?
Mi appello al governo polacco di Varsavia e, in particolare, al Primo Ministro Tusk. Ministro Tusk, il suo gruppo parlamentare ha vinto le elezioni un mese fa, grazie ai voti dei polacchi che desiderano l’inserimento della Carta nel Trattato di riforma europeo. Confido che non vorrà deludere gli elettori che l’hanno sostenuta un mese fa. Chiedo al governo polacco di includere la Carta dei diritti fondamentali nel Trattato di riforma, in modo che sia vincolante anche nella mia patria. La Polonia di Solidarność, la Polonia europea, la Polonia della tolleranza e dell’apertura ritiene che la Carta dei diritti fondamentali costituisca un elemento fondamentale del Trattato di riforma. Non possiamo permetterci di essere ricattati dall’ala destra conservatrice, che vorrebbe strapparci il consenso a non attuare la Carta nella nostra patria.
PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO Vicepresidente
Bronisław Geremek (ALDE). – (PL) Signor Presidente, ritengo che la Carta dei diritti fondamentali rappresenti una conditio sine qua non per qualsiasi comunità desideri agire conformemente al sistema di valori che discende dal rispetto della dignità umana. Questo dà origine ai principi di libertà, uguaglianza e solidarietà. Non vedo la ragione per cui paesi come il Regno Unito o la Polonia, che desiderano far parte della Comunità, debbano negare la loro partecipazione a qualcosa che costituisce il fondamento dell’azione comune.
Questa Carta sostiene il riferimento ai valori sociali, al modello sociale europeo. Inoltre dichiara, senza ambiguità di termini, che si applica la legislazione interna nazionale quando si tratta di usi e costumi locali. Di conseguenza, non esiste alcun motivo per esercitare l’opzione di non partecipazione in questo ambito. Confido che sia la Polonia sia il Regno Unito sceglieranno alla fine di partecipare.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, il dibattito su questa relazione tocca molte questioni e, indirettamente, anche la base per creare un nuovo quadro giuridico. Nell’agosto 2007, il Presidente di questo Parlamento ha reso una dichiarazione in proposito a una riunione di profughi. Ha affermato che la fonte del diritto alla patria dovrebbe essere ricercata nel diritto alla dignità e, come tale, costituisce un diritto umano fondamentale.
Il diritto alla dignità è sancito dal primo articolo della Carta. L’opinione del Presidente è stata criticata in seno al Parlamento polacco. L’Associazione tedesca dei profughi lamenta il destino delle persone reinsediate dalla Polonia. Cosa succederebbe se le rimostranze tedesche e un’interpretazione specifica della dignità umana fossero applicate all’Alsazia e alla Lorena? Un centro per i reinsediati potrebbe essere istituito anche in questo caso, oppure ci sarebbe una riconciliazione? Tentare di far discendere il diritto alla patria dal diritto alla dignità costituisce un’interpretazione errata dell’assiologia dei diritti umani, come ha affermato l’onorevole Karski, deputato del Parlamento polacco. Un’interpretazione che faccia chiarezza sulla legislazione primaria è accettabile, ma non lo è la sua estensione.
Il Presidente del Parlamento europeo ha fatto riferimento a Papa Giovanni Paolo II. Desidero ricordare a quest’Assemblea e al suo Presidente che nel 1965 l’allora arcivescovo Karol Wojtyła pubblicò una dichiarazione scritta, secondo la quale i vescovi tedeschi avrebbero chiaramente affermato che i tedeschi reinsediati dall’Est desideravano, e in verità dovevano, capire che un’intera nuova generazione di Polacchi stava crescendo in quella regione, e quei Polacchi consideravano come patria la terra assegnata ai loro genitori. Questo argomento non richiede alcuna disquisizione morale o giuridica, né interventi di oratori sentimentali.
Sono fermamente convinto che possiamo comunque raggiungere l’unanimità sulla Carta in quest’Assemblea, nonostante la recente allusione del Presidente Sarkozy al fatto che l’unanimità contraddice la democrazia. Vane speranze, Presidente Sarkozy, dato che lei non è riuscito nemmeno a convincere i lavoratori della metropolitana parigina.
Koenraad Dillen (NI). – (NL) Signor Presidente, nessuno può contestare che i cittadini d’Europa debbano essere dotati di diritti e libertà fondamentali, rispetto ai ai loro paesi nonché all’Unione europea. Un’Europa senza diritti e libertà cesserebbe di essere Europa. Oggi, tuttavia, non è questo il problema, perché le costituzioni nazionali e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo tutelano già a sufficienza i cittadini nei confronti dei rispettivi governi. Per quanto riguarda le Istituzioni europee, i cittadini possono affermare i propri diritti e libertà fondamentali in accordo con la giurisdizione fissa della Corte di giustizia. Il vero punto della questione è che, con la proclamazione di questa Carta, si compie un altro passo verso l’Europa federale. La gente vuole una Dichiarazione dei diritti europea come quella della Confederazione degli Stati Uniti. Eppure, la differenza tra i due documenti è che questa Carta non si limita ad enumerare i diritti e le libertà tradizionali. A volte, tuttavia, sembra effettivamente un’enumerazione di tutte le promesse socio-economiche possibili. Il manifesto non corrisponde minimamente al carico.
Charlotte Cederschiöld (PPE-DE). - (SV) Signor Presidente, signora Vicepresidente, signor Presidente in carica, onorevoli colleghi e – non da ultimo – cittadini d’Europa, oggi è un’occasione di festa, un grande momento, un giorno di gioia immensamente importante, molto più importante di quanto tanti di noi possano rendersene conto. E’ importante per coloro che credono sia nel principio dei diritti fondamentali sia nello sviluppo e nell’integrazione dell’Europa.
La necessità, che le Istituzioni dell’UE siano vincolate ai valori sostenuti da noi tutti, avrebbe dovuto risultare evidente già da parecchio tempo, ma non è stato così. In effetti, anche i Britannici credono nei principi della legge, a prescindere da come vengono posti in essere. Ben pochi parlamentari direbbero che sono lieti di assistere alla soppressione dei diritti umani; anzi, la grande maggioranza esprime un’opinione diametralmente opposta. E’ stata una gioia e un onore avere partecipato allo sviluppo di questi valori che, ne sono convinta, rivestono grande significato per noi.
Ora sappiamo tutti cosa rappresenta l’Unione, anche se non siamo riusciti a leggere l’intero Trattato. Si tratta di valori belli, buoni, a cui tutti dobbiamo contribuire, e dobbiamo garantire che l’Unione ci aiuti ad applicarli correttamente. Grazie di cuore a Jo Leinen e a tutti coloro che ci hanno assistito nel lavoro, e – non da ultimo – congratulazioni vivissime ai popoli d’Europa!
Libor Rouček (PSE). – (CS) Onorevoli colleghi, il 12 dicembre il Presidente del Parlamento, assieme ai Presidenti del Consiglio e della Commissione europea, proclamerà solennemente la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Sono convinto che, nella votazione di domani, la schiacciante maggioranza dei deputati esprimerà il proprio consenso a questo documento e a questo passo storico.
La Carta dei diritti fondamentali rispecchia il patrimonio morale e spirituale apportato dai popoli europei all’Unione. Riflette valori come la dignità umana, la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, i principi di democrazia e lo Stato di diritto. Si concentra sull’individuo perché, tra l’altro, la Carta stabilisce la cittadinanza dell’Unione. Sono lieto che la proclamazione della Carta dei diritti fondamentali abbia luogo dopo l’allargamento dell’Unione europea ai nuovi Stati membri. Ciò significa che la Carta, a suo modo, è un riflesso morale, giuridico e politico dell’unità dell’Unione europea: da ovest a est, da nord a sud. Ritengo inoltre che i governi e i parlamenti di Polonia e Regno Unito arriveranno a comprendere questo fatto e che, nel prossimo futuro, consentiranno ai loro cittadini di partecipare a questo momento storico.
Irena Belohorská (NI). – (SK) Accolgo favorevolmente l’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, perché rende più visibili quei diritti che già esistono per i cittadini dell’Unione europea. Tuttavia, desidero chiedere che siano chiariti i possibili conflitti d’interessi tra questa Carta dei diritti fondamentali, un documento dell’Unione europea, e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, un documento del Consiglio d’Europa, che l’Unione europea ha altresì dichiarato di voler osservare. Da ciò consegue che potrebbe sorgere un conflitto d’interessi tra la Corte di giustizia del Lussemburgo e la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Quale sarà la posizione della Corte di Strasburgo rispetto a quella del Lussemburgo? Sarà una corte suprema e costituzionale? Questo risultato è attualmente accettabile per la Corte di giustizia? L’Unione europea, che è dotata di personalità giuridica, ha un giudice separato nella Corte europea dei diritti dell’uomo? Desidero sottolineare la necessità di risolvere tale questione giuridica in modo da evitare un problema perché, quando la Carta dei diritti fondamentali diventerà giuridicamente vincolante, mi aspetto un aumento delle controversie legali nell’ambito dei diritti umani.
Reinhard Rack (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, anch’io sono lieto, come quasi tutti i colleghi che mi hanno preceduto – purtroppo solo quasi tutti –, di conferire il mandato, nella giornata di oggi o domani, al Presidente di quest’Assemblea per la firma della Carta.
I diritti dell’uomo rappresentano il nostro tratto distintivo sia all’interno che all’esterno dell’Europa. Tuttavia esorto alla prudenza, a non farci prendere dall’entusiasmo né a “fare il passo più lungo della gamba”. Attraverso la Carta e la necessaria ratifica del Trattato di Lisbona, stiamo ponendo una base giuridicamente vincolante per gli importanti diritti fondamentali classici e sociali, che diventeranno impegnativi per le Istituzioni europee e per l’applicazione delle leggi comunitarie. Inoltre, stiamo rendendo possibile il ricorso alla Corte di giustizia del Lussemburgo per affermare tali diritti fondamentali, anche se a condizioni stabilite in modo molto restrittivo. Tuttavia, ciò non significa che ogni cittadino potrà presentare immediatamente un’istanza alla Corte, né che potrà farlo sempre come alcuni – presi dall’emozione – hanno occasionalmente affermato. Tali affermazioni non sono utili all’oggetto che qui ci interessa.
Asteniamoci quindi da questo genere di dichiarazioni, che ci fanno mancare l’obiettivo, e riteniamoci soddisfatti del risultato raggiunto. Ora abbiamo impostato una linea di condotta importante nell’Unione europea – non solo rispetto ai diritti classici ma anche alla nostra politica sociale – di cui, in tutta coscienza, possiamo essere orgogliosi. Essa contempla l’equilibrio tra famiglia e lavoro, il divieto del lavoro minorile, la protezione della salute per tutti, nonché un elevato livello di tutela dell’ambiente e dei consumatori. Dovremmo esserne lieti; è la verità e non occorre abbellirla!
Carlos Carnero González (PSE). – (ES) Signor Presidente, ritengo che stiamo discutendo un argomento straordinariamente importante per la gente. Senza dubbio, cercare di spiegare la riforma dell’Unione europea può risultare molto complicato, ma è certamente facile sottolineare l’importanza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Sarà giuridicamente vincolante? Se anche non è esplicitamente dichiarato nel Trattato, è nostro dovere farlo sapere. A mio giudizio, la decisione che abbiamo preso di firmare la Carta prima del Trattato di Lisbona è molto positiva. Da questo momento in poi, dobbiamo anche dire che non saranno consentite altre eccezioni in futuro, poiché hanno un effetto negativo sui cittadini dei paesi interessati e dell’Unione europea nel suo insieme.
Ritengo quindi di vitale importanza compiere uno sforzo, come ha proposto l’onorevole Leinen nella sua relazione, per sostenere chiaramente la Carta dei diritti fondamentali e la sua natura giuridicamente vincolante.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 29 novembre 2007.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Magda Kósáné Kovács (PSE), per iscritto. – (HU) I cittadini dei paesi europei hanno lottato sia autonomamente che insieme per ciascuno dei diritti contenuti nella Carta dei diritti fondamentali. Proprio per questo motivo, ci rallegra constatare che, divenendo tale Carta giuridicamente vincolante, finalmente i diritti fondamentali potranno concretizzarsi con maggiore efficacia non solo negli Stati membri, ma anche a livello di legislazione e applicazione europea.
I cittadini europei ne godranno i benefici, se potranno accedere al rimedio legale in caso di violazione dei loro diritti fondamentali a livello europeo. Tali garanzie renderanno l’Unione europea e le sue Istituzioni più democratiche, più direttamente accessibili e più verificabili per mezzo miliardo di cittadini europei.
Rendere la Carta dei diritti fondamentali giuridicamente vincolante chiuderà un capitolo nella storia della lotta per i diritti fondamentali. Ritengo altresì che, per quanto riguarda il futuro, la Carta debba diventare l’ars poetica d’Europa. Accanto all’interesse economico comune, l’Europa deve indicare la strada da seguire per i diritti fondamentali, e plasmare i suoi abitanti come un’unica entità, non solo attraverso i diritti classici di libertà, ma anche garantendo i diritti sociali e culturali, le pari opportunità e i diritti delle minoranze.
Nella sua Ars poetica Orazio disse: “Voi che scrivete, scegliete una materia adatta alle vostre forze e provate a lungo che cosa le vostre spalle…possano sostenere”. Spero che le Istituzioni dell’Unione europea siano forti e coraggiose a sufficienza per garantire gli stessi diritti fondamentali a tutti i cittadini in ogni angolo d’Europa.
Alexander Stubb (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Il 19 ottobre è stato firmato a Lisbona un trattato che renderà l’Unione europea più fattibile e democratica, rafforzandone i diritti civili. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve diventare giuridicamente vincolante, e l’UE dovrebbe aderire alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La Carta dei diritti fondamentali costituiva la seconda parte della Costituzione non ratificata. In una conferenza intergovernativa, i deputati di quest’Assemblea hanno approvato un’iniziativa per cui i Presidenti del Parlamento europeo e della Commissione, nonché il Presidente in carica del Consiglio firmeranno la Carta dei diritti fondamentali il 12 dicembre, in una cerimonia che si svolgerà durante la seduta plenaria del Parlamento, e tale documento sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Ciò si accorda in modo eccellente con i valori rappresentati dalla Carta dei diritti fondamentali. Inoltre, la cerimonia accrescerà la visibilità del documento. Per tutti questi motivi è ovvio che desideriamo conferire al nostro Presidente, Hans-Gert Pöttering, il mandato di firma.