PRESIDENZA DELL’ON. HANS GERT PÖTTERING Presidente
(La seduta è aperta alle 17.00)
1. Ripresa della sessione
Presidente. − Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 29 novembre 2007.
2. Dichiarazione della Presidenza
Presidente. − Il 1° dicembre l’organizzazione terroristica ETA ha ucciso a colpi d’arma da fuoco due agenti delle forze dell’ordine spagnole a Capbreton, Francia. Un giovane agente spagnolo di 24 anni, Raúl Centeno, è morto all’istante mentre un altro agente, Fernando Trapero, 23 anni, è rimasto gravemente ferito ed è deceduto mercoledì scorso.
Onorevoli deputati, a nome di voi tutti desidero porgere le nostre più sincere condoglianze ai familiari delle vittime.
Vorrei inoltre inviare un messaggio di solidarietà al popolo spagnolo, alle autorità spagnole, alle istituzioni democratiche del paese e soprattutto alle forze dell’ordine. Il Parlamento europeo condanna ogni tipo di violenza perpetrata come mezzo per raggiungere un fine. Il terrorismo costituisce un attentato alla libertà e alla democrazia. Il terrorismo deve essere combattuto ed eliminato con ogni mezzo a disposizione di uno Stato di diritto. Il terrorismo non ha scusanti. Nella lotta al terrorismo non possiamo permetterci momenti di debolezza. Per questo, la minaccia terroristica non riuscirà mai a mettere in ginocchio la democrazia!
Sono certo che siamo tutti d’accordo su questi principi. Grazie.
(Applausi)
3. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
4. Composizione del Parlamento
Presidente. − I 35 deputati romeni saranno la voce del popolo romeno e rappresenteranno i suoi interessi in seno al Parlamento europeo. In qualità di Presidente del Parlamento europeo, auguro ai nostri nuovi colleghi, molti dei quali già conosciamo per il lavoro svolto finora, buona fortuna per i prossimi 18 mesi del loro mandato.
In questa occasione desidero ringraziare di nuovo tutti i parlamentari romeni che svolgevano la funzione di osservatori dal settembre del 2005 e che sono diventati deputati del Parlamento europeo dal 1º gennaio di quest’anno. Vi ringrazio per il vostro infaticabile lavoro e per il vostro impegno per l’unità europea.
(Applausi)
Un totale di 13 dei primi eurodeputati sono stati rieletti e spero che essi aiuteranno i loro nuovi colleghi ad integrarsi perfettamente e rapidamente nei lavori del Parlamento affinché possano contribuire assieme al successo del progetto di unificazione europea per il bene dei propri elettori.
Il processo verbale della sessione odierna contiene un elenco di tali deputati. Rinnovo un caloroso benvenuto ai nostri colleghi romeni(1).
Per ulteriori informazioni sulla composizione del Parlamento: vedasi processo verbale.
5. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale
6. Rinvio in commissione, per riesame, di emendamenti presentati in Aula (articolo 156 del regolamento): vedasi processo verbale
7. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
8. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
9. Petizioni: vedasi processo verbale
10. Trasmissione di testi di accordo da parte del Consiglio: vedasi processo verbale
11. Dichiarazioni scritte decadute: vedasi processo verbale
12. Richiesta di applicazione della procedura d’urgenza: vedasi processo verbale
13. Lotta al terrorismo (proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
14. Ordine dei lavori: vedasi processo verbale
15. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
Presidente. − L’ordine del giorno reca interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, come sapete, sono in corso negoziati tra l’Unione e la Corea del Sud relativi alla creazione di una zona di libero scambio. Nell’ambito dell’esame parlamentare, ho richiamato l’attenzione della Commissione su una questione di particolare importanza per l’economia di alcune parti della Grecia e anche di altre regioni.
Mi riferisco agli elevatissimi dazi doganali imposti dalla Corea del Sud sulla frutta sciroppata. Conosciamo i limiti del ruolo che il Parlamento europeo può svolgere nella definizione della politica commerciale estera. Tuttavia, la segretezza dei negoziati della Commissione non deve produrre una carenza di trasparenza e di controllo democratico, almeno nell’ambito del sistema comunitario.
András Gyürk (PPE-DE). - (HU) Grazie per avermi concesso la parola, signor Presidente. Onorevoli colleghi, le elezioni russe svoltesi il 2 dicembre potrebbero farci preoccupare seriamente. Gli osservatori dell’OSCE e del Consiglio europeo che sono riusciti a ottenere i visti hanno riferito di gravi violazioni. Prima delle elezioni, le forze governative hanno fatto tutto quanto era in loro potere per rendere il clima impossibile per i movimenti politici di opposizione. I loro sforzi hanno negato alla società russa il primo pilastro della democrazia: la libertà di suffragio. Siamo convinti che l’Europa non possa seppellire la testa nella sabbia dinanzi a processi antidemocratici. L’enfasi sulla stabilità di governo non potrà giustificare in alcun caso restrizioni alla libertà di espressione e di suffragio. Non possiamo dimenticare che lo Stato che applica la politica del pugno di ferro entro i propri confini non si asterrà dall’applicare la stessa strategia anche alle relazioni internazionali. Riteniamo che non vi siano alternative a una cooperazione più profonda tra l’Unione europea e la Russia. Al contempo, la relazione bilaterale deve comunque fondarsi sul rispetto per i diritti umani e su una vera reciprocità. Grazie.
Presidente. − Il precedente oratore ha approfittato di un mio errore. Avevo letto erroneamente PPE-DE anziché PSE, il che, ovviamente, non è accettabile. Pertanto, cedo ora la parola a due rappresentanti del gruppo socialista al Parlamento europeo.
Antonio Masip Hidalgo (PSE). - (ES) Signor Presidente, grazie per le parole che ha pronunciato all’inizio della seduta riguardo agli attentati terroristici di cui sono stati vittime due giovani spagnoli, le quali parlano per l’intera Assemblea. La ringrazio, signor Presidente.
Desidero ricordarvi che il 16 maggio due spagnoli, Miguel Ángel López e Edén Galván sono stati arrestati a Riga, assieme a cinque cittadini portoghesi, per aver preso alcune bandiere lettoni appese ai lampioni stradali.
Non avevano alcun intento offensivo; non hanno avuto nessuna assistenza legale fino all’udienza preliminare, durante la quale non hanno avuto a disposizione un interprete e hanno potuto parlare con un avvocato soltanto per pochi secondi. Sono stati picchiati dalla polizia e messi in isolamento. Uno di loro è stato lasciato per una settimana senza i medicinali necessari per la sua malattia.
Alcuni hanno trascorso 13 giorni in carcere prima di essere rilasciati senza accuse. Miguel Ángel e Edén Galván sono rimasti in carcere per 19 giorni. L’incubo si è concluso in novembre con una multa di 4 000 euro ciascuno.
So che vi sono stati altri casi di trattamenti fuori proporzione per presunte offese a simboli lettoni: ritengo che questo sia gravissimo. In questa Giornata dei diritti umani invito il Presidente, il quale è sensibile al tema dei diritti umani, a scrivere al Presidente lettone esprimendo la nostra grande preoccupazione.
Inés Ayala Sender (PSE). - (ES) Signor Presidente, anch’io desidero unirmi al ringraziamento per le sue parole per l’omicidio di due agenti della Guardia Civil a Capbreton.
Desidero inoltre protestare per il deludente spettacolo offerto da questa Assemblea durante la visita del Presidente del governo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero. Come spagnola e come rappresentante di cittadini europei al Parlamento, mi è difficile capire come la nostra istituzione ha potuto invitare il Presidente spagnolo e non fare tutto il possibile per garantire una sua visita dignitosa. Ciò si è notato in particolare tra le file del gruppo politico di maggioranza, sembrava quasi che avesse ricevuto un ordine in tal senso, e questo è stato oggetto di commenti sui mezzi di comunicazione del mio paese.
Ritengo che abbiamo sprecato una splendida opportunità per migliorare la visibilità delle relazioni pro-europee esistenti tra il Parlamento e il popolo spagnolo, che quel giorno era qui rappresentato dal Presidente del governo. Questa istituzione non ha garantito il livello di ospitalità che i cittadini spagnoli ed europei si sarebbero aspettati.
Fortunatamente, con spirito generoso e un solido atteggiamento pro-parlamentare, il Presidente spagnolo ha preferito commentare l’alto livello e la ricchezza del dibattito e l’eccellente accoglienza riservatagli dagli altri gruppi, nonché dal gran numero di cittadini spagnoli che lo hanno accolto nella sede del Consiglio.
Confido che la sua notevole esperienza, signor Presidente, e la sua attuale carica di Presidente di quest’Aula le suggerirà i provvedimenti da prendere per cancellare questa spiacevole impressione e per fare sì che ciò non si ripeta.
Presidente. − Il Presidente apprezza sempre quando l’assemblea plenaria è gremita, soprattutto in tali occasioni.
la Bulgaria forniva uno straordinario modello di tolleranza funzionante per i Balcani e per l’Europa al momento della sua adesione all’Unione europea.
Esso si fonda sull’equilibrio tra il principio di integrazione delle minoranze in tutti gli ambiti della vita politica, sociale, economica e culturale del paese e sul principio della tutela della loro identità etnica e religiosa. Tale modello offriva un modo per uscire dall’impasse delle tensioni interetniche, in cui il cosiddetto “processo di rinascita” aveva sprofondato la Bulgaria. E’ proprio questo modello che ha ripristinato i rapporti di buon vicinato tra cristiani e musulmani, trasformando i conflitti etnici in un processo politico.
Il Movimento per i diritti e le libertà svolge un ruolo fondamentale per lo sviluppo del modello etnico bulgaro. Il Movimento, il maggiore partito liberale dei Balcani, difende i diritti e le libertà individuali e tutela le minoranze come previsto dalla legge e in accordo con i valori europei, e non in base alla provenienza o alla religione. A differenza degli altri paesi vicini, anche nei momenti delle più gravi rappresaglie scatenate dal regime comunista, l’MDL non è mai stato tentato dal ricorso a metodi violenti. Non ha mai sostenuto idee o azioni secessioniste; al contrario ricerca l’accordo di tutti i partiti democratici, sia a livello nazionale che europeo, per opporsi fermamente alle nuove tendenze verso l’intolleranza etnica, razziale o religiosa.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). – (PL) Signor Presidente, l’abuso di pesticidi e una scorretta gestione dei rifiuti hanno prodotto un deterioramento della qualità del suolo, minacciando i nostri cittadini. Consentire loro e alle future generazioni di produrre alimenti sani deve essere uno dei nostri obiettivi prioritari.
Le soluzioni suggerite nella relazione dell’onorevole Gutiérrez-Cortines, comprendenti la stesura di un elenco delle zone contaminate per ogni Stato membro e una strategia per il miglioramento di tali zone rappresentano senza dubbio un passo avanti nella giusta direzione, spero che ve ne saranno altri in futuro.
Ma la contaminazione chimica e l’eliminazione delle sue conseguenze non rappresentano l’intero quadro della situazione. Si è registrato un nuovo e più allarmante problema oltre a questo, relativo all’aumento nella produzione di alimenti geneticamente modificati, ovvero quello della contaminazione biologica. Posso assicurare tutti voi che gli OGM sono molto più pericolosi della contaminazione chimica. Mentre lottiamo contro la contaminazione chimica, quindi, dobbiamo anche combattere quella biologica. L’UE deve opporsi con decisione all’introduzione degli organismi geneticamente modificati negli alimenti.
Milan Horáček (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, le elezioni alla Duma del 2 dicembre hanno ancora una volta dimostrato che non è possibile attendersi sorprese dalla Russia. La strategia seguita prevedeva la disgregazione mirata e l’intimidazione dell’opposizione, mediante sostanziali modifiche alla legislazione elettorale, la reclusione e l’eliminazione di potenziali oppositori come Khodorkovsky, nonché i ripetuti arresti di Garry Kasparov.
Il risultato della campagna di Russia Unita non ci colpisce granché. Il partito di Putin vince e la democrazia perde. Questo discutibile successo è rinsaldato dal fatto che nessun partito critico del governo è riuscito a entrare in Parlamento. Per le relazioni tra Europa e Russia, queste elezioni non segnalano affatto una base comune fondata sulla democrazia, sui diritti umani e sullo Stato di diritto. Queste scoraggianti prove finali non fanno ben sperare per le elezioni presidenziali del marzo 2008 e, al contempo, ci mostrano quanto sia importante comprendere quei valori.
Willy Meyer Pleite (GUE/NGL). - (ES) Signor Presidente, grazie per la sua dichiarazione di condanna degli omicidi dell’ETA, espressa a nome della nostra Istituzione.
Per passare alla mia domanda, vorrei dire che la settimana scorsa ho avuto l’opportunità di incontrare Yolanda Pulecio, la madre di Ingrid Betancourt che, come sapete, è ostaggio delle FARC dal 2001. La signora Pulecio mi ha comunicato, proprio come sto comunicando a voi, al Parlamento e alla Commissione, alle Istituzioni europee, la necessità che l’Unione svolga un ruolo fondamentale nel sostenere la mediazione condotta dal Presidente venezuelano Hugo Chávez e dal Presidente francese Sarkozy. Il 9 ottobre, anche le Istituzioni europee, attraverso la Presidenza portoghese, hanno dato il proprio appoggio alla mediazione.
Ciò è importantissimo, perché si sta aprendo una strada per la mediazione, per porre fine alle sofferenze di molti ostaggi da tempo nelle mani dei sequestratori e per iniziare a riportare alla normalità il conflitto in Colombia.
Chiedo pertanto alle Istituzioni europee di non lasciare che questo appello di Yolanda Pulecio, madre di Ingrid Betancourt, cada nel vuoto.
(Applausi)
Gerard Batten (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, il 23 novembre di un anno fa il mio elettore, Aleksandr Litvinenko, fu assassinato in quello che fu un atto di terrorismo nucleare sponsorizzato dallo Stato. La sostanza utilizzata per ucciderlo, il polonio-210, è soggetta a severi controlli ed è facilmente ricollegabile alla sua origine in Russia, perfino al lotto originario da cui proveniva. Tale azione criminosa può essere stata autorizzata soltanto dai più alti livelli dell’establishment politico russo.
Le autorità britanniche hanno chiesto l’estradizione di una sola persona, Andrei Lugovoi, ma l’assassinio non è opera di una sola persona: è coinvolta una squadra di agenti operativi ben addestrati. Il governo britannico ha fatto in modo che Lugovoi risulti il solo responsabile allo scopo di distogliere l’attenzione dai veri colpevoli. I sospetti puntano direttamente sul Cremlino. Se il Presidente Putin non l’ha ordinato, sa di certo da chi proveniva l’ordine.
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). - (RO) Signor Presidente, a fine anno, la Commissione europea redigerà la relazione sulle barriere di accesso al mercato del lavoro.
A mio parere, questa relazione deve necessariamente evidenziare i due punti descritti di seguito: le restrizioni imposte ai nuovi Stati membri non sono giustificate poiché la loro adesione non ha prodotto alcuno squilibrio nei mercati degli altri paesi dell’Unione europea; in secondo luogo, tali restrizioni non devono superare i primi due anni, come indicato dal diritto del lavoro europeo.
La formula 2+3+2 tende a essere utilizzata negli Stati membri in risposta ad alcuni requisiti politici del momento.
E’ per questo che ritengo sia necessaria una ferma posizione delle Istituzioni europee sin dai primi due anni per porre fine all’ingiustificato blocco della mobilità della forza lavoro.
Desidero inoltre riaffermare il principio comunitario della massima facilitazione nel contesto del dibattito del Parlamento sulla Carta blu europea, che consentirà di importare una forza lavoro di oltre 20 milioni di persone da paesi non appartenenti all’Unione europea.
In virtù di questo principio, è anomalo che si trattino più severamente i lavoratori provenienti dagli Stati membri di nuova adesione rispetto a quelli di paesi terzi.
Justas Vincas Paleckis (PSE). - (EN) Signor Presidente, l’allargamento dello spazio Schengen è un magnifico regalo di Natale per gli europei del XXI secolo, tuttavia si sta creando una nuova cortina europea che ci separa dai nostri vicini Ucraina, Russia, Moldavia e Bielorussia: una cortina finanziaria e burocratica al posto dell’antica cortina di ferro. Prima, i nostri vicini potevano ottenere visti gratuiti o a prezzi ridotti per recarsi in molti dei nuovi paesi Schengen. Ora sono costretti a pagare tra i 35 e i 60 euro: una somma pari a un terzo del salario mensile medio di alcuni di questi paesi.
Il lucro derivante dalle imposte sui visti si sta rivelando un’arma a doppio taglio per la stessa Unione europea. Per i suoi normali vicini, l’UE sta diventando una terra distante. Dopotutto, tante più persone visitano l’UE, meglio potranno rendersi conto di come viviamo e, allo stesso tempo, maggiori saranno i vantaggi per il nostro settore turistico. Inoltre, dal punto di vista finanziario, è meglio consentire che limitare.
Non ci serve una fortezza Europa. Mi rivolgo ai colleghi e al Presidente di quest’Aula e chiedo loro di esercitare pressioni sul Consiglio affinché riveda le condizioni vigenti per le imposte sui visti per i nostri vicini orientali.
Toomas Savi (ALDE). – (EN) Signor Presidente, desidero richiamare la sua attenzione su un documento che questa Assemblea sta per esaminare: la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1228/2003 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica.
Mi preoccupa il fatto che la proposta della Commissione non contenga articoli che consentirebbero agli Stati membri di limitare le importazioni di energia elettrica da paesi terzi se le normative ambientali di questi ultimi sono meno restrittive di quelle in vigore nell’Unione europea.
L’Unione europea non deve fare concessioni ai fornitori di energia che producono elettricità a basso prezzo ma con un impatto disastroso sull’ambiente. Ciò darebbe prova di assenza di spina dorsale e rappresenterebbe un atto di slealtà verso i nostri valori, oltre che di scorrettezza verso i fornitori di energia europei che rispettano le norme previste.
Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signor Presidente, con riferimento ai due precedenti interventi dei miei colleghi deputati, desidero esprimere alcune considerazioni sulle elezioni in Russia. Mi hanno ricordato la vecchia battuta secondo cui ogni americano può scegliere la propria auto, a patto che sia una Ford nera. Ho l’impressione, tuttavia, che molti politici europei abbiano tirato un sospiro di sollievo vedendo che si manteneva una certa continuità e che c’era ancora qualcuno in Russia con cui potevano dialogare.
Ovviamente, sono cosciente degli interessi economici dei singoli Stati membri dell’UE, in particolare di quelli grandi, dei singoli gruppi di interesse e dei singoli settori, ma il nostro “silenzio assenso” all’impossibilità di rispettare i diritti umani in Russia, la cecità e la sordità dell’Unione europea non possono far altro che incoraggiare le autorità russe ad arrestare sempre più Kasparov. Maggiore sarà il silenzio dell’UE su ciò che sta accadendo in Russia, meno ne parleremo, più brutale sarà la politica di repressione nel paese: le cose sono molto semplici; pertanto propongo di denunciare a gran voce ciò che sta accadendo in Russia, stanno infatti avvenendo cose particolarmente brutte.
Gisela Kallenbach (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione sulla situazione della storica dell’arte bulgara Martina Baleva e del suo collega tedesco della Freie Universität Berlin, Ulf Brunnbauer. Entrambi sono stati oggetto di minacce di morte e di campagne d’odio organizzate in particolare dalla televisione Skat TV e dal partito radicale Ataka, a causa del lavoro scientifico svolto su un dipinto. Più di recente, al termine della campagna elettorale europea del partito Ataka, è stato issato uno striscione con la scritta: “Baleva alla forca, l’ebreo tedesco al palo!” E’ da giugno che la denuncia penale per istigazione pubblica all’omicidio non viene esaminata dal procuratore della Repubblica bulgaro. Per motivi di sicurezza, Martina Baleva ora si trattiene in Germania; l’emittente televisiva ha offerto un premio a chi fornirà informazioni circa il suo domicilio. Il governo bulgaro non sta reagendo: ciò non è degno di uno Stato membro ed è inaccettabile!
Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL) . – (EL) Signor Presidente, a Lisbona si è tenuto il Vertice UE-Africa. Nella dichiarazione congiunta approvata si è posta grande enfasi sugli accordi di cooperazione tra l’Unione e i paesi africani. Secondo i Commissari interessati, Mandelson e Michel, questi accordi imprimeranno impulso allo sviluppo dell’Africa.
Tralasciando il fatto che da anni ignoriamo gli aiuti politici concentrandoci su quelli economici, vale la pena di ricordare ciò che possiamo ancora offrire ai paesi africani, quando sappiamo, per esempio, che negli ultimi 15 anni, le esportazioni UE verso il continente africano sono cresciute dell’84 per cento, costringendo i paesi poveri a spendere il 57 per cento del proprio PIL per importare cibo che avrebbero potuto produrre localmente.
Gli unici ad approfittare da tutta questa cooperazione sono le grandi aziende europee. Non inganniamoci e cerchiamo di essere onesti: stiamo donando denaro per poi riprendercelo subito dopo.
Pál Schmitt (PPE-DE). - (HU) Grazie, Signor Presidente. Quattro eurodeputati di nazionalità ungherese hanno ricevuto un mandato nelle elezioni romene al Parlamento europeo: gli onorevoli Magor Csibi, Csaba Sógor, László Tőkés e Iuliu Winkler. Si tratta di un risultato straordinario e di una splendida occasione per la comunità magiara per lottare per la stessa autonomia che è ormai realtà in tutta Europa, ovvero istruzione nella lingua materna e un’università indipendente in lingua ungherese.
Vorrei in particolare menzionare il vescovo László Tőkés, perché tutti noi siamo stati arricchiti da un deputato onesto e autentico, che si impegna per la democrazia e per i diritti umani. E’ stato eletto come candidato indipendente singolo, senza alcun tipo di lista di partito, un caso con pochi precedenti. Il fatto che la sua campagna sia stata onesta e si sia fondata su valori legati ai diritti fondamentali dell’uomo ha avuto un ruolo fondamentale nel suo successo elettorale. Il vescovo Tőkés è diventato una specie di leggenda nella politica magiara grazie all’attività svolta sinora, al suo ruolo nella transizione della Romania verso la democrazia, e la sua pervicace lotta a favore della più vasta minoranza nazionale originaria dell’Europa: la comunità magiara residente in Romania. A nome della delegazione del Partito popolare ungherese, sento sia mio dovere dare il benvenuto ai nostri compatrioti in qualità di rappresentanti eletti della comunità magiara che vive in territorio romeno. Grazie.
Maria-Eleni Koppa (PSE). - (EL) Signor Presidente, oggi desidero sottoporre alla plenaria la questione della Olympic Airlines. Credo che il governo greco abbia abbandonato ogni tentativo di negoziare il futuro di Olympic Airlines, rendendo scontata l’imminente decisione della Corte europea.
Non esiste alcuna scusante per questa inaccettabile posizione quando è noto che, nel quadro della sua politica regionale, l’Unione europea ha già riconosciuto l’esigenza di potenziare la compagnia aerea con attrezzature moderne, per garantire collegamenti giornalieri con le parti più isolate del paese, soprattutto le isole.
E’ chiaro che il governo greco, sulla base di una decisione affrettata, ha gettato via ogni diritto e ogni occasione per negoziare il salvataggio dei posti di lavoro, creando un enorme problema sociale. Allo stesso tempo, si rinuncia in silenzio a tutte le condizioni che impedirebbero la dispersione delle attività immateriali di Olympic Airlines, le quali sono di notevole valore economico.
In tal modo, il governo greco e la Commissione europea, in nome della concorrenza, stanno rendendo la Grecia una meta di secondo piano. Ciò sarà osteggiato da tutte le forze che tengono al futuro del paese quale meta turistica seria.
Zsolt László Becsey (PPE-DE). - (HU) Grazie, Signor Presidente. Ancora una volta la diversità etnica nella regione della Vojvodina, nella Serbia settentrionale, è motivo di preoccupazione poiché, in molte sue decisioni, il Parlamento europeo l’ha dichiarata un valore da tutelare. Ai sensi dell’accordo di riammissione che del resto l’Unione europea ha imposto ingiustamente alla Serbia, secondo alcune stime, diverse decine di migliaia di persone che si trovano illegalmente negli Stati membri integrati dovranno essere rimpatriati in Serbia. Dato che il governo serbo non dispone di alcuna strategia per il reintegro sociale e geografico di questa massa di persone, la costituzione serba vieta invano sulla carta ogni modifica alle proporzioni dei gruppi etnici tramite insediamenti se coloro che sono riammessi non fanno ritorno agli insediamenti da cui provengono ma si trasferiscono in Vojvodina, che è una regione più sviluppata. Non è un caso che persino gli appartamenti vuoti sono sugli elenchi della polizia. Inoltre, gli abitanti della zona temono a ragione un’ondata di rifugiati dal Kosovo. Le tensioni si intensificano per i recenti censimenti militari, per i quali gli ungheresi di Vojvodina sono considerati leali cittadini serbi, che sono, tuttavia, ritenuti ingiustificati da un paese che è partner per la pace in ambito NATO e che sta cercando di giungere a una soluzione pacifica per il Kosovo. Grazie, signor Presidente.
Marianne Mikko (PSE). - (ET) Onorevoli colleghi.
L’Europa non deve sacrificare la sicurezza per la liberalizzazione del mercato energetico. Almeno finché alcuni paesi terzi utilizzeranno l’energia come strumento di politica estera.
Acquistando la totalità dei gasdotti moldavi, la Gazprom ha approfittato del conflitto congelato in Transnistria, interrompendo le forniture di gas e i canali di esportazione.
Considerata la vulnerabilità della Moldavia, sono certa che creare ulteriori partenariati tra le diverse regioni, gli Stati membri e i paesi terzi che soddisfano in nostri criteri migliorerà la nostra sicurezza energetica.
Gli Stati membri minori devono fare anche di più per garantire la propria sicurezza. I settori economico e militare dell’Estonia avrebbero potuto soccombere non una, ma più volte di fronte a quelli del nostro vicino, e sono di gran lunga più piccoli di quelli della conquistatrice Russia.
La produzione e la distribuzione di energia sono di importanza strategica per l’Estonia. Ritengo che, data la situazione, alcune imprese non debbano essere scorporate, ma debbano restare di proprietà dello Stato. Vi prego di crederci quando diciamo che questo punto è di grande importanza per noi.
Emmanouil Angelakas (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, vorrei richiamare l’attenzione su un brutale attentato, avvenuto il 5 dicembre a Istanbul, di cui è stato fatto oggetto un giornalista di etnia greca. Il giornalista in questione è Andreas Robopoulos, corrispondente del canale televisivo greco MEGA ed editore del giornale in lingua greca ECHO. E’ stato bastonato sulla schiena da assalitori apparentemente ignoti, che potrebbero essere invece noti alle autorità, riportando fratture multiple alle braccia e ferite alla testa che hanno richiesto punti di medicazione.
L’incidente ha avuto luogo al di fuori degli uffici di ECHO nel distretto di Pera. Gli attentatori hanno lasciato a terra la vittima coperta di sangue. L’attentato avviene a poca distanza da numerosi altri incidenti, come l’omicidio del giornalista di etnia armena Hrant Dink il 19 gennaio a Istanbul, e gli accadimenti del 13 dicembre, in cui i bulldozer del Corpo forestale turco hanno distrutto il Monastero della Trasfigurazione sull’isola di Heybeliada (Halki).
Chiedo al Parlamento europeo, che è l’espressione politica più alta della democrazia nell’Unione europea, di condurre un’indagine approfondita e di reagire con forza, condannando questi crimini, commessi da un paese che, mentre aspira ad aderire all’Unione europea, aggredisce i propri cittadini.
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, oggi è la Giornata per i diritti umani, e il mondo è tormentato da innumerevoli esempi di violazione dei diritti umani. Gli esempi comprendono le violazioni perpetrate nel mio piccolo paese d’origine: Cipro. Per 33 anni, le forze turche hanno occupato parte dell’isola e hanno tenuto lontani 200 000 rifugiati dalle loro case. Da 33 anni l’esercito turco occupa la città disabitata di Famagosta e la utilizza per ricattare la comunità greco-cipriota. Da 33 anni i soldati turchi impongono una divisione della capitale, Nicosia, simile a quella tra Berlino ovest e Berlino est. E tutto questo perché i militari turchi sembrano dettare la politica turca su Cipro.
Speriamo che il nuovo governo Erdogan, rendendosi conto di quanto sia ingiustificabile che uno Stato membro dell’UE sia occupato dal suo esercito, ordini al suo capo di stato maggiore, Generale Büyükanit, di ritirare le proprie forze dall’isola il prima possibile.
Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). – (PL) Signor Presidente, è difficile descrivere le elezioni parlamentari russe che si sono appena concluse se non come un brutto scherzo a spese della democrazia. Particolarmente inquietanti sono i risultati nella zona della Cecenia, dove si è registrata un’affluenza alle urne e una preferenza per Russia Unita pari al 99 per cento.
L’esempio della Cecenia è sintomatico: gli abitanti del paese non hanno alcun motivo per votare per la squadra di Putin. L’immensità delle sofferenze che hanno patito ad opera di quella stessa squadra è stata ricordata in diverse occasioni. Un’affluenza e un sostegno a favore di un gruppo di governo praticamente pari al 100 per cento non sono cose che si vedono in nessun paese democratico. D’altro canto, ci ricordano nitidamente le elezioni negli Stati totalitari.
Esistono altri punti di somiglianza: le elezioni hanno dimostrato che in Russia non vi è più spazio per un’opposizione. La libertà di parola è limitata e i media sono controllati dallo Stato. Sta ritornando la categoria dei prigionieri politici: essa è costituita da coloro che hanno il coraggio di levare apertamente la voce contro il regime, e la democrazia sta diventando una facciata dietro la quale quel democratico puro come un giglio di Putin può fare esattamente come gli pare.
Mairead McGuinness (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, alla vigilia di Natale saremmo normalmente di buon umore. Ma devo ammettere che al momento l’Irlanda è profondamente scossa dal caso dei giovani che stanno morendo per aver assunto cocaina. Proprio oggi sarà seppellita una ragazza e il paese non parla d’altro perché era di alto profilo. Ma ritengo che il caso getti luce su un problema gravissimo, non solo per l’Irlanda ma per molti Stati membri e per i loro giovani: il fatto che oggi l’assunzione di sostanze stupefacenti costituisce un momento di svago.
L’Unione europea e i singoli Stati membri devono affrontare il problema con decisione da due lati. Ovviamente, occorre stroncare l’offerta, ma può essere molto difficile. Ciò va fatto mediante una migliore azione di controllo da parte delle polizie e con una più stretta collaborazione tra gli Stati membri. Ma dobbiamo anche eliminare la domanda e far sì che i giovani, per non dire tutti noi, si rendano conto dei pericoli della droga. E coloro che ne promuovono la legalizzazione devono prendere atto.
Infine, desidero soltanto sollecitare coloro che attualmente si gingillano a smetterla, inoltre desidero porgere le mie condoglianze alle famiglie irlandesi che hanno perso i propri cari.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE). - (RO) Signor Presidente, i cambiamenti climatici rappresentano uno dei problemi più complessi della comunità internazionale.
In questi giorni, la Conferenza di Bali sta riunendo delegazioni provenienti da 190 paesi, centinaia di esperti e di organizzazioni non governative e oltre 1 400 giornalisti.
L’obiettivo comune è quello di definire una tabella di marcia per rallentare i cambiamenti climatici anche dopo il 2012.
Possiamo rispondere alle sfide dei cambiamenti climatici sviluppando la ricerca scientifica, adattandoci ad essi, riducendo le emissioni di gas a effetto serra, sviluppando e attuando una strategia energetica mondiale.
Nel contesto della Conferenza di Bali, l’Unione europea deve assumere un ruolo di guida nella lotta ai cambiamenti climatici.
Le azioni che l’Unione ha già intrapreso in alcuni campi, come in quello aeronautico, promuovendo velivoli meno inquinanti, la qualità dei carburanti e dell’aria avranno effetti sulla lotta ai cambiamenti climatici e agiranno da stimolo per lo sviluppo economico.
Zita Pleštinská (PPE-DE). - (SK) Signor Presidente, sotto i regimi totalitari dell’Europa orientale la gente aveva spesso timore dei controlli alla dogana e l’adesione all’UE per molti è strettamente associata alla fine di tali controlli.
Le euroregioni, che con le proprie azioni hanno agevolato la cooperazione nelle zone di confine, hanno dato un notevole impulso all’eliminazione delle barriere in queste zone. Queste associazioni transfrontaliere hanno incoraggiato noi deputati al Parlamento a far pressione sugli attori coinvolti affinché si attengano al termine originariamente previsto per l’ampliamento dello spazio Schengen.
Sono lieta che le loro attese al riguardo si siano avverate e che il 20 dicembre, a mezzanotte, cadano gli ultimi residui della cortina di ferro e che le euroregioni senza frontiere diventino realtà. Con l’adesione della Repubblica slovacca allo spazio Schengen e con l’apertura delle frontiere con la Repubblica ceca, la Polonia, l’Ungheria e l’Austria, nascerà una nuova zona di intensa cooperazione.
Spero che tutte le associazioni, i paesi e le città delle zone frontaliere rispondano all’invito della regione del Tatry e che il 21 dicembre, ai valichi di frontiera, festeggino il più grande successo dell’integrazione europea: l’eliminazione delle frontiere che li dividevano.
Richard Corbett (PSE). - (EN) Signor Presidente, prima di Natale desidero ringraziare, una volta tanto, la Commissione europea per aver annunciato l’invio di aiuti per oltre 170 milioni di euro del Fondo europeo di solidarietà per contribuire alle operazioni di bonifica dopo le alluvioni che hanno colpito il mio paese, e in particolare la mia regione, questa estate. A quanto risulta, se confermata, tale somma sarà la seconda somma più alta mai erogata dal Fondo europeo di solidarietà. In qualità di eurodeputato di una delle regioni più colpite, posso solo dire che ogni contributo è bene accetto. Questo gesto di solidarietà del resto d’Europa sarà accolto molto positivamente nella mia circoscrizione elettorale.
Presidente. − Normalmente il Presidente non esprime giudizi sugli interventi degli oratori, ma l’elenco in mio possesso riporta la somma di “170 euro”, non “170 milioni di euro”, sono felice che il Regno Unito in questo caso non abbia critiche da muovere!
(Si ride)
Ljudmila Novak (PPE-DE) . – (SL) Desidero informarvi in merito ad alcuni avvenimenti svoltisi alla frontiera croato-slovena.
La parte croata, ancora una volta, sta mettendo la controparte di fronte al fatto compiuto con l’obiettivo di sistemare questioni frontaliere rimaste irrisolte con la Slovenia. I croati prima hanno iniziato a vendere terreni situati nel territorio conteso sulla riva destra del fiume Dragonja, quindi hanno costruito un ponte a Hotiza. Di recente, hanno spostato lentamente il confine nella foresta di Snežniški, dove le loro guardie forestali hanno iniziato ad abbattere alberi.
A Razkrižje hanno silenziosamente delimitato un nuovo edificio di controllo della frontiera senza che il ministero degli Esteri croato avvisasse la controparte slovena delle proprie intenzioni, benché sia tenuto a farlo nel quadro degli accordi che ha stipulato. Inoltre non ha avvisato nemmeno i proprietari sloveni dei terreni nei quali intende costruire il valico.
Nonostante l’appoggio in linea di principio accordato dalla Slovenia all’ingresso della Croazia nell’Unione europea, quest’ultima deve attenersi agli accordi che ha stipulato con altri paesi se vuole giustificare il proprio stato di candidato credibile all’adesione all’UE.
Viktória Mohácsi (ALDE). - (HU) La ringrazio, signor Presidente. Onorevoli colleghi, proprio oggi, nel 1948, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: per questo oggi noi possiamo celebrare la Giornata dei diritti dell’uomo. Desidero chiedere, con il dovuto rispetto, abbiamo veramente motivo di festeggiare? Non vi è alcun dubbio che i valori formulati in quel documento costituiscono ancora oggi le fondamenta dell’Unione e del nostro essere europei. Ma proprio poiché stiamo festeggiando, non possiamo ignorare il fenomeno presente in molti Stati membri dell’Unione, dall’Ungheria alla Grecia e dalla Slovacchia ai Paesi Bassi, e potrei elencarne gli esempi, nei quali ancora esistono e stanno persino aumentando gruppi politici che si nascondono dietro uniformi e che gettano dubbi proprio su questi valori, mentre marciano inneggiando ai simboli di dittature decadute. Esorto tutti i politici europei responsabili: rendiamo migliore questa festa; agiamo insieme contro i gruppi estremisti! Spero che il mio gruppo riesca a proporre una decisione parlamentare di protesta per le manifestazioni di estremismo. Non esiste momento migliore per collaborare della Giornata internazionale dei diritti dell’uomo. Molte grazie.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, desidero ricordarle che il 5 dicembre è stato l’anniversario della nascita di un grande polacco ed europeo: il capo di Stato polacco, maresciallo Józef Piłsudski. Questa figura carismatica non è stata soltanto uno straordinario ed eroico comandante, ma anche, e soprattutto, un autentico statista che ha dato un grande contributo alla rinascita dello Stato polacco.
Sotto la sua guida, nel 1920, l’esercito polacco arrestò l’avanzata dei bolscevichi, che erano decisi a sottomettere l’Europa intera. Piłsudski levò la propria voce per una Polonia che vivesse in pace ed armonia con i propri vicini, nel rispetto della loro piena sovranità. Disse anche che il paese si trovava di fronte a un grosso dilemma: stare sullo stesso piano di altre grandi potenze mondiali, oppure restare uno stato di minore importanza sotto la protezione dei potenti? La Polonia ancora non ha trovato una risposta a questa domanda; deve ancora sostenere l’esame dei propri punti di forza. Dobbiamo ancora compiere un grande sforzo in questo ambito, e noi, la generazione attuale, dovremo rimboccarci le maniche. Queste parole restano di attualità ancora oggi che la Polonia è uno dei 27 Stati membri dell’Unione europea.
Milan Gaľa (PPE-DE). - (SK) Signor Presidente, il 19 novembre 2007 è stata inaugurata l’autostrada A6 che collega Bratislava a Vienna. Lo considero un avvenimento di portata storica che semplificherà notevolmente i collegamenti autostradali tra la Repubblica slovacca e l’Austria.
Dopo tre anni di intensi lavori sulla A6, e dopo l’adesione allo spazio Schengen della Slovacchia, i contatti tra i due paesi diverranno senza dubbio ancora più produttivi.
Desidero ringraziare l’Austria per essere riuscita a portare a termine il progetto, in collaborazione con la Slovacchia. L’apertura della A6 segna la prima volta che la Repubblica slovacca viene collegata ai corridoi di trasporto transeuropei. In tal modo si decongestioneranno gli altri itinerari stradali, già duramente messi alla prova.
Jörg Leichtfried (PSE). - (DE) Signor Presidente, venerdì scorso sono state consegnate oltre 70 000 firme per una legislazione più severa concernente il trasporto di animali al Presidente del Parlamento austriaco, Barbara Prammer. Un piccolo gruppo di persone, coordinato da uno dei miei connazionali, Helmut Schaupensteiner, e sostenuto da una giornalista molto impegnata, Maggie Entenfeller, ha dato vita a un’iniziativa dei cittadini. Essi sono riusciti a raccogliere le 70 000 firme nel più breve tempo possibile.
Questa iniziativa ha tutto il mio sostegno e le 70 000 firme dimostrano che la popolazione non è più disposta a sopportare che queste tragiche circostanze passino sotto silenzio. In qualità di deputato al Parlamento europeo, ritengo sia mio dovere informarvi, onorevoli colleghi, di questa splendida applicazione dell’iniziativa contro il trasporto di animali e chiedere a tutti voi di fare qualcosa per questo problema, affinché ciò che attualmente avviene sulle strade europee non possa ripetersi in futuro.
PRESIDENZA DELL’ON. MANUEL ANTÓNIO DOS SANTOS Vicepresidente
Ján Hudacký (PPE-DE). - (SK) Signor Presidente, il 4 dicembre 2007 la Corte costituzionale della Repubblica slovacca ha stabilito che la normativa sull’interruzione di gravidanza, che consente di indurre l’aborto fino alla dodicesima settimana di gravidanza senza giustificazione, e lo ripeto, senza giustificazione, non viola la costituzione della Repubblica slovacca.
Tale costituzione, tuttavia, parla della salvaguardia della vita umana anche prima della nascita. Mi rammarico di dover dire che questo giorno sarà scritto nella storia della Repubblica slovacca con il sangue dei bambini che non avranno la possibilità di nascere e di vivere.
Mi dispiace che la maggioranza dei giudici non abbia saputo trovare il coraggio sufficiente per confermare la supremazia del sommo principio della salvaguardia della vita umana. Tollerare gli aborti di nascituri in nome dei cosiddetti diritti umani, o piuttosto dei diritti delle donne, che non hanno nulla in comune con la natura e la dignità umana, è deplorevole e da condannare.
Maria Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, abbiamo già ascoltato le preoccupazioni del popolo greco per la questione della Olympic Airlines. Occorre garantire che la Olympic continui a volare.
Tuttavia, vi è un altro problema che preoccupa il popolo greco e che è stato discusso nel parlamento greco su iniziativa del primo vicepresidente Sourlas: il grave rischio per i giovani derivante dall’uso delle tecnologie e dei computer. La dipendenza da questo nuovo fenomeno causa nei giovani disturbi che li rendono incapaci di svolgere un ruolo nella società, distruggendo le loro prospettive istruttive o lavorative.
Allo stesso tempo non vengono fornite tutele. La nostra domanda, quindi, è la seguente: perché la concorrenza sul libero mercato consente la produzione e l’importazione di videogiochi da paesi terzi, e la loro diffusione, nonché l’apertura incontrollata, 24 ore su 24, degli Internet café? Come controllare questo mercato? Qual è la sovvenzione europea necessaria per fornire un’Internet sicura per i giovani? Quali misure si stanno adottando per curare i disturbi di cui soffrono i giovani a causa della loro dipendenza dai computer e da Internet? E in che modo controllano il crimine elettronico a livello europeo le autorità di contrasto competenti?
Dushana Zdravkova (PPE-DE). - (BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, alla vigilia dell’avvio della ratifica del Trattato di Lisbona e della firma della Carta dei diritti fondamentali, desidero richiamare la vostra attenzione sulla Bulgaria e sul fatto che purtroppo, il governo bulgaro, la sua amministrazione e i rappresentanti della coalizione di governo in Parlamento sono ancora ben lontani dall’applicare alcuni dei principi fondamentali. Si tratta dei principi di governance aperta, di trasparenza e, soprattutto, di affidabilità nel processo decisionale.
Negli ultimi giorni, i cittadini bulgari hanno assistito a un altro tentativo del governo di applicare criteri oscuri per ridistribuire segretamente l’avanzo del bilancio statale e consentire ai partiti di governo di costituire fondi neri in assenza di regole. Si tratta di un ulteriore esempio delle pratiche politiche che negli ultimi anni sono prevalse al fine di arrivare al potere e restarvi grazie alla compravendita di voti e non a un lavoro ben fatto.
Essendo eurodeputata e rappresentante del maggiore partito di opposizione bulgaro, una forza politica di destra che condivide i valori del Partito popolare europeo, credo che lo status quo del modello politico in Bulgaria allontani i cittadini dal processo decisionale e intensifichi la loro percezione della corruzione. Nella campagna di sensibilizzazione pubblica collegata al Trattato di Lisbona e alla Carta dei diritti fondamentali, siamo pronti a promuovere i principi di una governance efficiente e trasparente e a persuadere i cittadini dei valori sanciti in questi due documenti.
Péter Olajos (PPE-DE). - (HU) La ringrazio, signor Presidente. Quest’anno, tutti i 27 Stati membri dell’Unione hanno organizzato una serie di celebrazioni per la nascita dell’Unione europea e per il suo 50° anniversario o compleanno. Più di recente, ai primi di dicembre, ho partecipato a un evento svoltosi a Mosonmagyaróvár. Mosonmagyaróvár è una città sul confine tra Slovacchia, Austria e Ungheria, perciò non sorprende che fossero presenti moltissimi sindaci provenienti da tutti e tre i paesi. I sindaci partecipanti hanno citato un’iniziativa formulata per il Parlamento europeo o per il suo Presidente. L’essenza dell’iniziativa è che, calcando le orme degli antichi greci e delle loro tradizioni, il Parlamento europeo dovrebbe adoperarsi per una tregua mondiale per la prima volta nel 2008, durante le Olimpiadi di Pechino. Signor Presidente, il motto di questo invito è “17 giorni di pace”. I sindaci hanno iniziato a raccogliere firme il 1° dicembre e vorrebbero consegnare la petizione a lei, signor Presidente, qui a Strasburgo in primavera. Mi hanno inoltre chiesto di estenderle l’invito, come ho appena fatto. Grazie.
Nickolay Mladenov (PPE-DE). - (BG) Signor Presidente, sono stato avvicinato da rappresentanti della confederazione bulgara per la tutela della salute istituita da dodici organizzazioni di pazienti allo scopo di difendere gli interessi di un milione di bulgari affetti da malattie croniche. Negli ultimi anni le politiche farmaceutiche sono state fonte di grandi preoccupazioni in Bulgaria. Benché le risorse stanziate per la sanità aumentino, di anno in anno riescono ad acquistare sempre meno medicinali. Purtroppo il loro prezzo comprende anche l’IVA del 20 per cento. I pazienti bulgari sono preoccupati per la mancata partecipazione dei loro rappresentanti al monitoraggio e alla supervisione delle spese sanitarie. Essi affermano con insistenza di dover essere coinvolti in questi processi per garantirne la trasparenza. Avendo cercato di ricorrere al governo bulgaro da diversi anni, ora hanno deciso di rivolgersi alla Commissione europea e al Parlamento europeo.
Oltre un milione di bulgari è affetto da malattie croniche e non riceve sufficiente tutela sanitaria. Inoltre, i problemi delle politiche farmaceutiche colpiscono gli interessi di oltre 80 produttori farmaceutici europei, i quali chiedono anch’essi maggiore trasparenza. Pertanto, faccio appello da questa tribuna alle autorità bulgare e alle Istituzioni europee affinché sostengano la richiesta di una maggiore trasparenza espressa dalle organizzazioni dei pazienti.
Edit Bauer (PPE-DE). - (SK) Signor Presidente, vorrei parlare della questione delle trasmissioni radiofoniche nelle lingue minoritarie della Repubblica slovacca, che stanno per cessare.
La radio di Stato della Repubblica slovacca è tenuta per legge a trasmettere programmi nelle lingue minoritarie nazionali. La scorsa settimana, tuttavia, la direzione della radio ha deciso di interrompere le trasmissioni in onde medie di Rádio Pátria nelle lingue minoritarie per mancanza di fondi. Questo provocherebbe la fine delle trasmissioni in magiaro, ruteno e ucraino.
Se il Parlamento slovacco, approvando il bilancio per l’anno prossimo, non stanzierà fondi per le trasmissioni in onde medie, le trasmissioni nelle lingue minoritarie termineranno il 1° gennaio. In Slovacchia queste trasmissioni sono una tradizione che dura da 80 anni. E’ stato inoltre deciso che le trasmissioni continueranno su Internet, benché si stimi che soltanto l’1 per cento dei radioascoltatori possieda un computer e lo utilizzi per ascoltare la radio. Esistono però soluzioni alternative...
Tunne Kelam (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, questo fine settimana il Consiglio europeo discuterà anche di problemi energetici, i quali sono diventati il tema della sicurezza comune.
In questo contesto, vorrei rivolgere tre desideri al Consiglio europeo.
Primo: desidero che il Consiglio appoggi le proposte della Commissione sulla disaggregazione della proprietà e sulla limitazione della quota maggioritaria di capitale da parte di paesi terzi nei mercati dell’elettricità e del gas. Si tratta di una questione fondamentale al fine di garantire una concorrenza leale ed evitare accordi ambigui tra monopoli di Stato.
Secondo: vorrei che gli Stati membri potessero limitare le loro importazioni di elettricità da paesi terzi nei casi in cui ciò potrebbe mettere seriamente a repentaglio la sicurezza a lungo termine delle forniture.
Terzo: posso ricordare al Consiglio la risoluzione del Parlamento europeo concernente la sicurezza energetica di settembre, che propone la creazione della figura di un funzionario esterno per la sicurezza energetica?
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, oggi, all’alba del terzo millennio, il mondo deve affrontare problemi risalenti al passato che ancora restano irrisolti, ed essi si uniscono a nuove sfide. Possiamo andare orgogliosi del fatto che l’Unione europea sia portatrice di cambiamenti e che i nostri valori supremi siano i diritti dell’uomo, la libertà, la democrazia, la tolleranza, il libero mercato, un migliore tenore di vita e attenzione all’ambiente naturale.
Se vogliamo agire concretamente per mettere in pratica queste idee e questi propositi, la nostra Unione deve agire con praticità ed efficienza. Stiamo giungendo al termine di una delicata fase del lavoro: stiamo adottando il Trattato di riforma: il Trattato di Lisbona. Tutto ciò è molto positivo, ma la vita ci ha preparato nuove sfide. Nell’attuazione di tutte le clausole del Trattato, nell’aggiornamento del funzionamento dell’UE e delle sue istituzioni, dobbiamo e intendiamo parlare del futuro, un futuro migliore per l’Europa, per i nostri Stati membri...
(Il Presidente toglie la parola all’oratore)
Eluned Morgan (PSE). - (EN) Signor Presidente, desidero proseguire la mia tradizione strasburghese di denunciare pubblicamente gli Stati membri che non si attengono alle direttive di Lisbona.
Nel 2005, tutti e 27 gli Stati membri hanno concordato di attenersi al quadro di definizione dei requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti che consumano energia. Ad agosto 2007 soltanto sei Stati membri avevano dichiarato di aver recepito integralmente la direttiva nel proprio diritto nazionale. La Commissione ha avviato procedure d’infrazione contro 21 Stati membri e, finora, 15 di essi ancora non si sono adeguati alla legge in questione.
La lista nera comprende: Germania, Italia, Lussemburgo (ancora una volta), Portogallo, Malta, Cipro, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria, Finlandia, Danimarca, Estonia e Grecia.
Questa settimana, in cui si svolge la Conferenza di Bali, è scandaloso che gli Stati membri non si conformino ai provvedimenti che hanno già accettato e che avrebbero già potuto avere un significativo impatto sul problema del mutamento climatico.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). - (HU) Onorevoli colleghi, questo giorno segna una svolta per i Balcani occidentali e anche per la vita di tutta l’Unione europea. Oggi scade il termine previsto dall’ONU per il raggiungimento di un accordo tra serbi e albanesi. Avremmo dovuto prevedere che gli sforzi della troika di raggiungere un tale accordo erano destinati al fallimento. Con ogni probabilità, il Kosovo dichiarerà l’indipendenza entro due mesi, e risulta ancora difficile valutare le conseguenze di una tale mossa al di là della regione dei Balcani occidentali. Il Kosovo sarà un protettorato dell’Unione. L’accordo per il Kosovo sarà il banco di prova definitivo per la politica estera e di sicurezza comune. Saremo in grado di raggiungere una posizione comune, oppure saremo le vittime degli alterchi tra America e Russia? Se l’Unione non è unita, questo costituirà un grave pericolo per l’allineamento e l’integrazione europea della regione, pertanto è essenziale che si giunga a una buona ed equa soluzione per il Kosovo. Questo è compito dell’Unione.
Jacky Hénin (GUE/NGL). – (FR) Signor Presidente, in data 6 dicembre il tribunale del lavoro di Strasburgo ha emesso la sua sentenza nella causa che vede opposto il Parlamento europeo ad alcuni dei suoi dipendenti. Cito: “Constata che il contratto di messa a disposizione tra Manpower e il Parlamento europeo è nullo; constata che il contratto a progetto tra Manpower e i dipendenti è nullo; dichiara e giudica che le relazioni contrattuali tra l’aspirante lavoratore e il Parlamento europeo devono essere trasformate in contratto di lavoro a tempo indeterminato”.
Plaudo qui al coraggio dei funzionari temporanei, i quali hanno ignorato le prepotenze e le altre provocazioni per vedere riconosciuti i propri diritti. Spero, Signor Presidente, che l’amministrazione darà ben presto disposizioni per mettere la parola fine a questa causa, dato che finora non ha fatto altro che gettare discredito sulla nostra istituzione agli occhi del mondo del lavoro.
Ioan Mircea Paşcu (PSE). - (EN) Signor Presidente, oggi intendo affrontare il tema del giusto equilibrio tra la lotta alla corruzione e la democrazia. L’immagine internazionale della corruzione in alcuni paesi, tra cui la Romania è così potente che sembra aver creato la convinzione che, per combatterla, sia lecito persino piegare le regole democratiche. Di conseguenza, Bruxelles continua a chiedere a gran voce il rafforzamento degli strumenti atti a combattere la corruzione, ma di solito tace quando si fa un cattivo uso di quegli stessi strumenti, essendo progettati principalmente per il consumo politico interno.
Pertanto, se la lotta alla corruzione resterà una priorità, come dovrebbe essere, gli elogi che si ricevono dai custodi della democrazia dovrebbero essere accompagnati in egual misura da critiche per le esagerazioni e le violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini. Altrimenti, con il pretesto di lottare contro la corruzione, la democrazia stessa sarà progressivamente messa a repentaglio, e, francamente, ritengo che ciò sia altrettanto, se non maggiormente, dannoso.
Manolis Mavrommatis (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, il 1° dicembre si è celebrata la Giornata mondiale di lotta all’AIDS, una giornata di commemorazione di tutte le vittime della malattia che resta ancora oggi il flagello del pianeta. Le cifre dell’ultima ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità mostrano che la percentuale di portatori del virus resta sugli stessi livelli, mentre il numero di nuovi casi è diminuito. Ciononostante, i numeri sono ancora troppo elevati.
In un’interrogazione da me rivolta alla Commissione europea, ho proposto di emettere una serie di francobolli per sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto all’AIDS, e l’idea allora fu incoraggiata dal Commissario responsabile della Sanità Markos Kyprianou. Kostis Hatzidakis, nostro collega fino a qualche mese fa, ex eurodeputato e ora ministro greco per i Trasporti e le comunicazioni, ha approvato la mia proposta, e la Grecia ha stampato ed emesso una serie di francobolli commemorativi della lotta all’AIDS; il ricavato delle vendite dei francobolli sarà impiegato per acquistare farmaci per chi è colpito dal virus. La Commissione ha incoraggiato tutti e 27 gli Stati membri a far propria questa idea. La Grecia ha già cominciato!
Presidente. − Con questo si conclude il turno degli interventi di un minuto.
16. Politica comunitaria per l’ambiente marino Politica comunitaria per l’ambiente marino (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura, a nome della commissione per l’ambiente, per la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) [09388/2/2007 – C6-0261/2007 – 2005/0211(COD)] (Relatrice: Marie-Noëlle Lienemann) (A6-0389/2007).
Marie-Noëlle Lienemann, relatrice. − (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la direttiva che il Parlamento dovrebbe adottare in seconda lettura è di fondamentale importanza poiché si tratta della prima direttiva che costringe gli Stati membri a mettere a punto una strategia ambientale volta a riportare i mari e gli oceani a un buono stato ecologico. Quando l’abbiamo esaminata, in prima lettura, abbiamo evidenziato la sua importanza, dato che recenti relazioni scientifiche mostrano che la sopravvivenza delle risorse ittiche e la biodiversità dei mari e degli oceani sono seriamente minacciate. Alcuni arrivano a dire che tra cinquant’anni non vi saranno più pesci. Inoltre, gli oceani svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione del clima, quindi inquinandoli corriamo il rischio di ridurre la loro funzione di regolazione e di accentuare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici. Pertanto, si è reso necessario, anche con una certa urgenza, per l’Unione europea, affrontare con rapidità la tematica dell’acqua di mare dopo aver adottato la direttiva quadro sulle acque, in particolare l’acqua dolce.
In prima lettura, abbiamo dato prova della nostra volontà di migliorare il testo esistente. Per prima cosa esaminerò i punti strutturali di questa direttiva e i testi già a disposizione. Il primo obiettivo è quello di riportare i nostri mari e oceani ad un buono stato ecologico. Il secondo è definire le misure che ogni Stato membro dovrà adottare: primo, collaborare con le regioni o sottoregioni marine, quindi definire lo stato dell’acqua e della biodiversità in tali zone, definire inoltre un buono stato ecologico e alcuni obiettivi ambientali prioritari, infine redigere un piano d’azione e alcune misure da adottare. Pertanto, pensavamo bene di questa direttiva, ma ritenevamo non fosse sufficiente, nella versione in cui ci era stata presentata dalla Commissione.
Abbiamo evidenziato una serie di punti. Il primo è quello di rendere più incisiva la direttiva. Incisiva, sia per quanto riguarda le risorse, sia per quanto riguarda i risultati. Quello è stato certamente il punto più positivo della nostra collaborazione con il Consiglio e la Commissione: la direttiva è incisiva.
Il secondo punto è che speriamo che il buono stato ecologico sia definito con precisione, cosicché la ricostituzione di questa risorsa non venga garantita solo a parole. Siamo rimasti molto soddisfatti in quanto i criteri del buono stato ecologico sono stati ampliati fino a comprendere la pressione di tutte le sostanze inquinanti che influiscono su un ecosistema e l’esigenza di valutarle e ridurne l’impatto allo scopo di ripristinare detto buono stato ecologico.
Il terzo punto è che il Parlamento ha grande interesse a creare zone marine protette, il tipo di riserva che dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale nel ripristinare la diversità di questo biotopo e, soprattutto, ricostituire gli stock ittici. Avremmo preferito un testo più restrittivo, più severo, più incisivo circa l’esigenza di creare tali riserve, ma quel principio non è scomparso; ad ogni modo, la necessità che siano sufficientemente ampie per contribuire al ripristino della biodiversità è ancora presente.
Infine, il Parlamento intendeva estendere l’ambito della direttiva. In particolare volevamo che si tenesse debito conto delle acque costiere, e che non restasse alcuna incertezza riguarda alla necessità di considerare tutte le acque interessate dalle maree. Comunque, è stato così per molte di esse. Avremmo ovviamente preferito una migliore definizione della terra coperta da acque soggette a marea, ma il testo che abbiamo è adeguato su questo punto.
Vorrei sottolineare l’importanza della coerenza delle strategie per area geografica: avremmo voluto che il testo fosse più severo, ma si afferma comunque la necessità di una sua coerenza.
Infine, i nostri colleghi deputati del Baltico desideravano che il Mar Baltico fosse una sorta di progetto pilota che ci avrebbe permesso di muoverci con maggiore celerità, data l’emergenza della situazione. Essi non sono stati del tutto soddisfatti perché le nostre Istituzioni non individuano, per tradizione, nessuna zona in particolare. Nondimeno, l’idea di un’area pilota è stata mantenuta, e sono sicura che la Commissione sceglierebbe il Baltico come area pilota.
Infine, vi è la questione temporale: per noi la cosa più importante era che la direttiva fosse vincolante, anche se ciò avrebbe comportato un leggero allungamento dei tempi concessi agli Stati membri per attuarla. Questo è il compromesso a cui si è giunti al termine delle trattative. Il termine ultimo è il 2020, ma gli Stati membri non possono prendersela comoda, perché devono recepire la direttiva entro il 2010. Tuttavia li inviterei a non sprecare il tempo perché, ai sensi della direttiva quadro sulle acque, i ritardi si stanno accumulando e i nostri mari non possono attendere.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, prendo la parola a nome del mio collega, il Commissario Stavros Dimas, la cui presenza a Bali alla Conferenza sul cambiamento climatico gli ha impedito di essere presente qui questa sera. Desidero prima ringraziare e congratularmi con la relatrice, onorevole Lienemann, per l’ottimo lavoro svolto sulla direttiva sulla strategia per l’ambiente marino, e con la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare per il suo contributo positivo e costruttivo.
La direttiva segna l’inizio di un nuovo approccio alla tutela dei nostri mari e dei nostri oceani. La prossima sfida sarà, naturalmente, quella della sua efficace attuazione. Gli sforzi compiuti dal Parlamento per rafforzare le ambizioni di questa iniziativa legislativa hanno dato buoni frutti, e hanno fatto sì che la direttiva concordata costituisca un efficace strumento per proteggere i nostri mari e i nostri oceani in modo integrato. La Commissione è lieta di constatare che è stato raggiunto un accordo in seconda lettura. Vorrei, in particolare, mettere in evidenza il ruolo costruttivo svolto dal Parlamento europeo in tale processo. Mantenendo in ogni momento i suoi obiettivi politici e ambientali di alto livello, il Parlamento ha svolto un ruolo utile e costruttivo nel raggiungimento di questo accordo.
L’obiettivo della proposta di direttiva è che gli Stati membri adottino le necessarie misure per ottenere un buono stato ecologico dell’ambiente marino al massimo entro il 2020. L’obiettivo verrà raggiunto sviluppando e attuando strategie marine nelle loro acque marine. Perciò, la direttiva contiene un obiettivo molto impegnativo. La Commissione resta vigile per far sì che siano adottate tutte le misure necessarie a garantire l’effettiva tutela del nostro ambiente marino. Su alcuni punti importanti, il Parlamento è riuscito a spingersi al di là della proposta originaria della Commissione.
Desidero sottolineare in particolare tre aspetti che sono stati fondamentali per i negoziati: garantire alla direttiva un obiettivo ambizioso; definire in modo più preciso cosa si intende per buono stato ecologico, ivi compresa una serie di specifici descrittori, e richiedere la creazione di zone marine protette nell’ambito di questa direttiva.
Il Parlamento ha insistito, per tutto il processo negoziale, sull’esigenza di far sì che la direttiva abbia obiettivi molto ambiziosi su tutti i punti essenziali. La direttiva definisce un nuovo quadro per collaborare, per la prima volta, in modo integrato per proteggere i nostri mari e i nostri oceani. Continueremo a portare avanti questa iniziativa politica per consentire a questa direttiva sulla strategia per l’ambiente marino di fornire nel concreto il pilastro ambientale della politica marina dell’Unione europea. Pertanto, la Commissione è in grado di accettare un pacchetto di compromesso per giungere a un accordo su questa direttiva in seconda lettura.
Eija-Riitta Korhola, a nome del gruppo PPE-DE. – (FI) Signor Presidente, in qualità di relatrice per il mio gruppo, è un piacere per me dichiarare che la direttiva su cui abbiamo raggiunto un compromesso rappresenta uno di quelle leggi dell’UE in materia ambientale i cui frutti saranno colti molto concretamente dalle generazioni future. E’ giunta finalmente l’ora di puntare l’attenzione sul nostro ambiente marino, di cui è triste constatare il deterioramento, con il Mar Baltico quale esempio più sconcertante. Questa direttiva porta nuova speranza a questa situazione, essendo volta ad arrestare l’inquinamento dei mari e a ripristinarne la biodiversità.
Il lavoro in questi due anni non sempre è stato facile. Benché l’obiettivo fosse lo stesso per tutti, i mezzi impiegati dai gruppi politici sono stati spesso diversi. Un esempio delle nostre divergenze di opinione si riferiva alle prospettive future per una tecnica per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. L’opinione dell’onorevole Lienemann avrebbe impedito lo sviluppo pratico di tale tecnica. Noi, d’altro canto, pensavamo che ciò fosse necessario alla luce del cambiamento climatico e che la direttiva sulla strategia per l’ambiente marino non dovesse pertanto essere sommersa da dettagli che la renderebbero impossibile da applicare.
Penso che il compromesso che abbiamo raggiunto ora sia soddisfacente per tutte le parti. E’ ambizioso nei suoi obiettivi, ma lascia agli Stati membri la scelta degli strumenti per raggiungerli, obbligandoli tuttavia a cooperare in ogni regione marina per ottenere il miglior risultato. Il testo di compromesso descrive con chiarezza quale tipo di buono stato ambientale marittimo stiamo cercando e quali sono le possibili minacce a cui esso è soggetto. Allo stesso tempo non indicherà più nel dettaglio le varie azioni intraprese come minacce perché il loro elenco non può essere esauriente e accorderebbe alle azioni intraprese nell’ambiente marino uno status ineguale. La formulazione scelta ora crea un obbligo per le parti ma non accusa, e funge da stimolo senza azioni coercitive ingiustificate. Gli obiettivi, tuttavia, sono chiari, scientificamente giustificabili e vincolanti, perciò essi saranno anche efficaci.
Desidero ringraziare la mia collega, onorevole Lienemann, per il suo prezioso lavoro, la quale ha guidato bene i negoziati e ha anche ascoltato gli altri gruppi. Sono grata in particolare perché siamo riusciti ad elevare il profilo della grave situazione del Mar Baltico.
Sono certa che la direttiva della strategia sull’ambiente marino costituirà uno straordinario pilastro ambientale di una politica marittima comune dell’UE. Essa persegue in modo brillante l’obiettivo di una politica marittima comune per migliorare la crescita, l’occupazione e lo sviluppo sostenibile, fondandosi al contempo su una solida base di conoscenze derivanti dalla ricerca marittima. Questo è il tipo di legislazione di cui ha bisogno la nostra Comunità.
Justas Vincas Paleckis, a nome del gruppo PSE. – (LT) Congratulazioni alla relatrice per aver svolto un importante lavoro. Vorrei dichiarare che concordo sul fatto che una relazione più incisiva sarebbe stata ancora più efficace. Tuttavia, le opinioni decise possono attendere; intanto godiamoci il compromesso raggiunto.
Da un po’ di tempo alla tutela dei mari e degli oceani non viene data la dovuta attenzione. Le risorse marine sono state utilizzate in modo sfrenato, l’ecosistema viene stremato: trattando cosî l’ambiente marino stiamo segando il ramo su cui siamo seduti. E’ per questo che la creazione delle aree marine protette è di grande importanza per la conservazione delle acque e degli esseri viventi che le abitano per le generazioni future.
Come è ben noto, il territorio marino dell’Unione europea è più vasto di quello terrestre. Il benessere di tutte le regioni UE e di milioni di cittadini dell’Unione dipende dal buono stato ambientale e dalla produttività dei mari e degli oceani circostanti. Pertanto, è essenziale che nel futuro l’Unione europea consideri la protezione ambientale nella sua interezza, sapendo che non può essere “rappezzata” prendendo decisioni separate di scarsa rilevanza. Riducendo l’inquinamento del suolo, si riduce anche quello marino. Occorre stanziare maggiori fondi per la costruzione di canali di scarico, e non è meno importante sviluppare tutto questo anche al di fuori dell’UE.
Ritengo positivo che l’Unione europea stia nuovamente assumendo il ruolo di leader mondiale e che sia impegnata a conseguire un buono stato ambientale marino entro 13 anni.
La questione del Mar Baltico è già stata ricordata. Quel mare è particolarmente sensibile, le sue acque infatti cambiano ogni 25-30 anni, perciò l’impatto dell’inquinamento è superiore alla media. Stiamo ancora pagando le conseguenze di decenni di uso irresponsabile dei prodotti chimici. Prima di avviare l’estrazione di petrolio e di fare progetti per la costruzione di oleodotti nel Mar Baltico, occorre considerare le tematiche ambientali. Dobbiamo assicurarci che le nostre decisioni non si ripercuotano negativamente sul benessere dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Adamos Adamou, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, vorrei ringraziare e congratularmi con l’onorevole Lienemann per i suoi sforzi e per il modo in cui ha condotto i negoziati con il Consiglio e con la Commissione. Mi concentrerò su alcune dei principali punti positivi.
Nell’insieme, la direttiva porrà sufficiente enfasi sui provvedimenti necessari per il suo rispetto e per ottenere un buono stato ecologico, per impedirne un eventuale deterioramento. Benché il Parlamento europeo avesse originariamente chiesto il termine del 2017, la scadenza entro la quale gli Stati membri sono tenuti a conformarsi ad essa ora è stato fissato al 2020, una data realistica proposta dal Consiglio di concerto con i rappresentanti nazionali.
Gli Stati membri forniranno una valutazione iniziale fino al 2012, definendo il buono stato ecologico e dichiarando obiettivi ambientali coerenti. Il Parlamento europeo è riuscito a ottenere impegni chiari da parte del Consiglio per strategie e approcci integrati che incoraggeranno gli Stati membri a collaborare per conseguire un buono stato dell’ambiente in tutta l’Unione europea.
La direttiva prende inoltre in considerazione la politica comune della pesca, prevedendo uno sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche, rispettando al contempo l’integrità degli ecosistemi, affinché essi possano essere conservati o ripristinati e, ove necessario, l’integrità dei siti di deposizione delle uova, di riparo e di alimentazione.
Infine, per quanto riguarda le risorse finanziarie, l’attuazione sarà applicata ai finanziamenti esistenti nell’ambito delle risorse finanziarie e in linea con le prospettive economiche per il periodo 2007-2013, e saranno rinegoziati per il periodo successivo, dato che la durata complessiva della direttiva è prevista fino al 2020.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, anch’io inizierò congratulandomi con la relatrice, onorevole Lienemann, per l’eccellente lavoro svolto. La direttiva mira a proteggere, come infatti dovrebbe, l’ambiente marino. Comunque, in qualità di relatrice della commissione per la pesca, desidererei commentare alcuni punti.
La commissione per l’ambiente deve mettere in maggiore evidenza la pesca e i problemi che essa deve affrontare a causa dell’inquinamento marino. Marinai e pescatori conoscono i mari meglio di chiunque altro; passano la vita sui mari, da cui dipendono. Per contrastare il fenomeno è necessaria la loro compartecipazione. Desidero inoltre esprimere la mia soddisfazione per l’ampliamento delle aree marine protette.
Riassumendo, dirò che il successo nella salvaguardia della strategia per l’ambiente marino dipende da quattro fattori fondamentali, il primo dei quali consiste nell’impegnare le parti interessate a rispettare la tabella di marcia dettata dalla direttiva. Non possiamo e non dobbiamo consentire ritardi nel nostro programma. Gli obiettivi dovranno tutti essere raggiunti entro il 2020: se non li conseguiremo allora, sarà troppo tardi per porvi rimedio.
Secondo, la cooperazione con i paesi terzi: i mari non conoscono confini. Dobbiamo riunirci attorno a un tavolo e discutere con tutti i nostri vicini. Non dimentichiamoci che 27 sono i paesi che si affacciano sul Mediterraneo, e solo sette di essi sono Stati membri. Pertanto dobbiamo sederci tutti assieme per esaminare le possibili azioni da intraprendere.
Terzo, occorre stanziare fondi adeguati a tal fine.
Quarto, dobbiamo far sì che i pescatori siano coinvolti in questo sforzo. Questa è la sola nostra speranza di successo.
Per concludere le mie osservazioni, ripeterò che la direttiva sulla Strategia per l’ambiente marino, se correttamente applicata, contribuirà a rendere possibile una pesca sostenibile e un mare in buona salute: in tal modo potremo avere mari puliti della cui bellezza potremo godere tutti.
Inger Segelström (PSE) . – (SV) Signor Presidente, mi consenta di cominciare ringraziando l’onorevole Marie-Noëlle Lienemann per il suo ottimo lavoro per la direttiva quadro. Essendo svedese e vivendo a Stoccolma, sul Mar Baltico, uno dei mari più inquinati al mondo, considero questa direttiva veramente positiva. Il quaranta per cento della popolazione svedese vive a meno di cinquanta chilometri dalla costa, e il turismo dà lavoro a 71 000 addetti nel nostro paese, comprese le isole. La pesca ne conta altri 4 000. Grazie al nostro settore ittico possiamo gustare il pesce, così importante per noi svedesi.
Un ambiente marino deteriorato produce una minore qualità della vita per molti e costituisce uno sviluppo sgradito. Si corre il rischio che la pesca commerciale e da diporto su imbarcazioni, i bagni di mare e le attività ricreative marine scompaiano se noi membri dell’UE non faremo qualcosa collegialmente, qui ed ora. Una politica ambientale marina comune servirà a rafforzare e a proteggere l’ecosistema marino e a creare banche dati per il monitoraggio e l’ampliamento delle conoscenze in materia. Noi deputati al Parlamento europeo nutriamo ambizioni più alte rispetto alla Commissione e sono lieta che abbiamo fissato la scadenza per il conseguimento di un buono stato ambientale nel 2017 e non nel 2021. Sono inoltre felice che gli Stati membri debbano presentare programmi contenenti provvedimenti per l’ambiente marino entro il 2015.
Vorrei ringraziare il Commissario Frattini per aver fatto sua la nostra idea. Come cittadina impegnata per l’ambiente, vorrei che i progressi fossero più rapidi, ma se tutti e 27 gli Stati membri aumenteranno leggermente il ritmo potremo fare qualcosa a partire da ora. Questo è un eccellente esempio di un ambito in cui è richiesta la cooperazione transfrontaliera. Spero che il Baltico possa divenire un’area pilota, dal momento che otto paesi su nove che si affacciano sul Mar Baltico sono Stati membri dell’Unione. E’ un nostro problema e un nostro compito. E’ altresì importante che noi, impegnandoci per una politica estera attenta all’ambiente, collaboriamo con la Russia relativamente al Mar Baltico e all’ambiente marino. Ci attendono decisioni in campo ambientale e nel campo delle politiche energetiche. Concentriamoci fin da ora soprattutto sull’ambiente marino!
Georgios Toussas (GUE/NGL). - (EL) Signor Presidente, lo sviluppo nel quadro della Strategia di Lisbona, guidato dal principio del sostegno alla competitività, ovvero dell’aumento della redditività dei gruppi economici monopolistici dell’Unione europea, non solo intensifica al massimo lo sfruttamento della classe operaia e dei lavoratori in genere, ma acutizza anche i problemi ambientali, distruggendo sistematicamente gli ecosistemi marini e la biodiversità marina, e provocando un costante deterioramento della qualità delle acque dei mari.
Oltre all’inquinamento provocato dalle navi, anche quello industriale ha un’enorme parte di responsabilità nella contaminazione dell’acqua del mare. Esso provoca un livello incalcolabile di contaminazione nelle falde freatiche, la quale viene successivamente trasferita all’acqua del mare. L’inquinamento dovuto al costante aumento del numero di unità di piscicoltura sottopone l’ambiente marino e il funzionamento degli ecosistemi a un enorme stress.
I problemi dell’ambiente marino sono gravemente accentuati dall’invasione dei monopoli in una quantità di attività che prima erano in mano pubblica, a causa della privatizzazione dei servizi pubblici e delle infrastrutture pubbliche, e anche della commercializzazione di beni pubblici quali l’acqua del mare. Enormi complessi turistici di proprietà dei gruppi monopolistici stanno portano ad un modello di sviluppo turistico per alti redditi, mentre si saccheggiano beni pubblici come tratti di costa, spiagge e acqua di mare.
L’inquinamento dell’acqua marina non è più dovuto unicamente allo scarico nel mare dei rifiuti e dei liquami prodotti da quegli stessi complessi turistici, ma anche dalla costruzione di impianti industriali che servono quelle attività commerciali, ivi compresa l’installazione di impianti di desalinizzazione per irrigare i campi da golf e per provvedere alle loro necessità in generale. Le conseguenze sono disastrose per tutti i residenti di quelle zone.
Vorrei terminare, signor Presidente, sottolineando che la posizione comune della relazione del Consiglio e della Commissione non fornisce in realtà la soluzione di cui si sente bisogno, se vogliamo risolvere o almeno attenuare i gravi problemi dell’ambiente.
Andres Tarand (PSE) . – (ET) I mari sono la parte meno studiata e meno conosciuta della biosfera. Cosa ancora più importante, lo sfruttamento dei mari si dovrebbe fondare sui principi cautelativi noti nel campo della tutela ambientale.
Fortunatamente la relatrice, onorevole Lienemann, condivide quell’approccio e la ringrazio per questo.
Si spera che in seconda lettura riusciremo a giungere a un accordo con il Consiglio e che si possa avviare rapidamente la fase di attuazione della strategia per l’ambiente marino.
Desidero anche sottolineare, d’altro canto, il mio sostegno per l’emendamento n. 29 alla relazione, il quale cerca di rendere la regione marina del Mar Baltico un’area pilota per l’attuazione della Strategia per l’ambiente marino dell’Unione europea.
Tra tutti i mari che circondano l’Europa, il Baltico è senza dubbio quello più vulnerabile per le sue acque basse e per il fatto che ha uno scarso ricambio d’acqua con l’Oceano Atlantico. Pertanto, per esempio, non si costruiscono tanti gasdotti quanti se ne costruiscono nel Mare del Nord o nel Mediterraneo.
Se la regione marina del Mar Baltico fosse già un’area pilota per l’attuazione della Strategia marina dell’Unione europea, probabilmente non sarebbe inserita nel progetto Nord Stream.
Fortunatamente l’Unione europea non deve creare dal nulla il programma di misure per il Mar Baltico. La Convenzione di Helsinki, che ha istituito la protezione per il Mar Baltico, ha svolto il necessario lavoro preparatorio nel contesto del piano d’azione per il Mar Baltico.
Perciò è possibile utilizzare con successo il Mar Baltico come area pilota per la strategia marina. Un altro aspetto positivo consiste nel fatto che, tramite HELCOM, anche la Russia potrà partecipare all’attuazione del programma di misure per il Mar Baltico; senza il coinvolgimento della Russia è difficile protegge il Baltico e assicurarne il buono stato ecologico.
Daciana Octavia Sârbu (PSE). - (RO) Signor Presidente, prima di tutto desidero ringraziare e congratularmi con l’onorevole relatrice.
Un elemento fondamentale della strategia marittima europea è il riconoscimento degli effetti negativi dell’attività umana sull’ecosistema e l’intensificazione degli sforzi per combatterli. Lo sviluppo umano e turistico lungo le coste ha pesanti ripercussioni sull’ambiente marino in seguito all’intensificazione delle attività di pesca, del trasporto marittimo e del turismo ricreativo. I cambiamenti climatici, i rifiuti, le attività di pesca, i fattori acustici, biologici e chimici minacciano le acque marittime, pertanto questa direttiva rappresenta un passo importante verso una maggiore integrità degli ecosistemi e la salvaguardia della biodiversità.
Gli effetti dell’inquinamento da petrolio e da zolfo nel Mar Nero e nel Mar d’Azov, registrato di recente a causa di una tempesta che ha provocato l’affondamento di diverse navi commerciali, si faranno sentire almeno per altri 10 anni. Il disastro si è verificato per una falla nel sistema, perché le navi erano progettate per la navigazione fluviale e non marina, il che evidenzia l’assenza di qualsiasi sforzo per evitare questi eventi e per proteggere l’ambiente marittimo Questo grave incidente complica il processo di miglioramento ambientale di queste acque, già classificate tra le aree marittime più inquinate del mondo.
Il degrado delle acque del Mar Nero si ripercuote sia sulla salute pubblica, sia sulla biodiversità marina, perciò sono necessari notevoli sforzi per ripristinare l’integrità dell’ecosistema. Inoltre, il trasporto via mare di carichi pericolosi deve essere conforme ai requisiti dettati dalle convenzioni internazionali e garantire un minimo livello di sicurezza per evitare che in futuro si ripetano disastrosi incidenti simili a questo, con notevoli danni sia alla vita marina, sia a quella umana.
Grazie a questa direttiva, faremo sì che l’ambiente marino dell’Unione europea sia meglio protetto e che le attività umane e i trasporti non influiscano sulla qualità dell’acqua e sulla biodiversità.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, in base ai testi concordati, gli Stati membri ora dovranno creare strategie marine per le proprie acque del mare. Tali strategie inizieranno da una valutazione dello stato delle acque marine e degli attuali impatti e pressioni su di esse e svilupperanno obiettivi per un buono stato ecologico.
Gli Stati membri definiranno programmi di monitoraggio, quindi elaboreranno, a partire dal 2015, programmi e misure necessari per conseguire tali obiettivi. Questa serie di passi sarà ripetuta ogni sei anni con ricorrenza ciclica.
Sono stati inclusi un certo numero di elementi chiave nella proposta di compromesso complessiva presentata. In particolare, l’obiettivo della direttiva ora è chiaro e ambizioso, poiché gli Stati membri sono tenuti ad adottare le necessarie misure per conseguire un buono stato ecologico nell’ambiente marino al massimo entro il 2020.
I legislatori hanno concordato una definizione di buono stato ecologico, ivi compresa una serie di descrittori collegati che dovranno essere soddisfatti. Ora si è concordato un calendario riveduto che, in realtà, è più impegnativo di quello contenuto nella proposta originaria della Commissione, ma che offre anche tempo a sufficienza per prendere i dovuti provvedimenti in ogni fase.
Eccezioni e deroghe, compresi i costi sproporzionati, sono state qualificate meglio. Gli Stati membri dovranno creare zone marine protette per soddisfare i propri obiettivi previsti da questa direttiva in accordo con gli impegni internazionali della Comunità e degli Stati membri. Sarà necessario agire nell’ambito di ogni regione marina, quindi sviluppare strategie marine comporterà una stretta cooperazione con e nell’ambito delle convenzioni marine regionali.
L’attuazione di questa direttiva richiederà infatti tale coordinamento rafforzato. In questo contesto, vorrei ricordare l’importanza data agli importanti processi regionali dal Parlamento nel corso di tutti i negoziati. Vorrei, in particolare, ricordare il Piano d’azione per il Mar Baltico, che è stato adottato nel contesto della Convenzione di Helsinki. Come è stato evidenziato dal Parlamento, tale piano d’azione integrato rappresenta un primo esempio utile e una risorsa che agevolerà i progressi nell’attuazione della direttiva.
Tale approccio integrato deve costituire una componente importante in tutte le azioni intraprese dalle diverse convenzioni marine regionali per proteggere i mari europei: Mediterraneo, Atlantico settentrionale, Mar Nero e Mar Baltico.
In conclusione, la Commissione è molto soddisfatta dell’esito dei negoziati. Essa, pertanto, può accettare integralmente gli emendamenti di compromesso proposti.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 11 dicembre 2007.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. – (DE) Nel quadro di un’efficace tutela ambientale, le strategie UE debbono tenere in maggiore considerazione gli oceani mondiali, in particolare le acque marine europee. L’attuale direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino costituisce una reazione alle sfide derivanti dal cambiamento climatico e prevede misure sia a livello UE, sia a livello degli Stati membri. Per intraprendere le opportune iniziative a livello europeo, è fondamentale, in primo luogo, che lo stato ambientale dell’ambiente marino sia registrato seguendo criteri uniformi. Inoltre, la direttiva costringe gli Stati membri a conseguire un buono stato ecologico dell’ambiente marino entro il 2017 e a creare i necessari regolamenti.
Vorrei chiedere agli Stati membri, nel contesto della relazione, di intraprendere i passi necessari per verificare e monitorare l’inquinamento marino in modo da applicare il principio secondo cui “chi inquina paga”. Le iniziative già adottate da parte dell’UE nel campo della cattura della CO2 nei fondali marini vanno intensificate, perché si tratta di un contributo innovativo nella lotta al cambiamento climatico. Occorre, tuttavia, esaminare criticamente i progetti pilota già esistenti, soprattutto rispetto alla loro efficienza e gli eventuali danni conseguenti. Per contrastare in modo efficace il cambiamento climatico, non dobbiamo escludere, ma includerle in una politica ambientale UE di ampio respiro.
17. Qualità dell’aria ambiente e aria più pulita in Europa (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura, a nome della commissione per l’ambiente, per la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, sulla posizione comune definita dal Consiglio in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino) [09388/2/2007 – C6-0261/2007 – 2005/0211(COD)] (Relatrice: Marie-Noëlle Lienemann) (A6-0389/2007).
Holger Krahmer,relatore. − (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il compromesso raggiunto sulla direttiva per la qualità dell’aria è principalmente il risultato di un lavoro di squadra coronato dal successo. Vorrei evidenziare questo punto fin dall’inizio. Il mio ringraziamento va in particolar modo a tutti i miei colleghi deputati che hanno partecipato attivamente alla definizione del testo di questa direttiva, in particolare ai relatori, onorevole Weisgerber del gruppo del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei e onorevole Corbey del gruppo socialista al Parlamento europeo, nonché all’onorevole Hassi del gruppo Verde/Alleanza libera europea. Desidero inoltre ringraziare la Commissione per la sua preziosa assistenza e la Presidenza portoghese del Consiglio, che ha fornito un contributo essenziale al conseguimento di questo positivo risultato come partner negoziale aperto e costruttivo.
Il compromesso costruisce solide fondamenta per il futuro della politica UE in materia di qualità dell’aria. La nuova direttiva conserva l’equilibrio tra obiettivi ambiziosi e limiti, nonché la necessaria flessibilità attuativa negli Stati membri. Inoltre, la sua attenzione è rivolta più all’esposizione e a una maggiore consapevolezza della necessità di misure da applicare alle fonti dell’inquinamento.
Lasciatemi prima delineare gli elementi chiave del compromesso. Si sono registrati progressi decisivi, che è l’obiettivo dell’emendamento della legislazione sulla qualità dell’aria, nel regolamento sulle polveri sottilissime (PM2,5). Secondo tutti gli esperti, le polveri sottilissime prodotte esclusivamente da fonti umane rappresentano i maggiori rischi per la salute umana. Le polveri sottilissime PM2,5, di diametro inferiore a 2,5 micrometri, e quindi invisibili ad occhio nudo, possono penetrare nei polmoni e provocare gravi malattie respiratorie di lunga durata. Pertanto, già da tempo sarebbe stato necessario mettere al centro della politica europea sulla qualità dell’aria le polveri sottilissime.
Negli Stati Uniti, è in vigore un severo limite ai PM2,5 fin dal 1997: il paese è avanti rispetto all’UE di buoni 10 anni nella legislazione che disciplina la materia. Tuttavia, con il dovuto rispetto per la politica statunitense per la qualità dell’aria, vorrei affermare che non possiamo semplicemente copiare ciò che gli Stati Uniti fanno da anni. In Europa abbiamo condizioni del tutto differenti, soprattutto per quanto riguarda la densità della popolazione e di traffico.
La richiesta dei gruppi ambientalisti di un’immediata introduzione di un rigido limite per i PM2,5 è poco realistica. I dati disponibili in Europa non sono solidi, inoltre la nostra esperienza nella loro misurazione è inadeguata: condizioni non ottimali per una rapida introduzione di un limite. Il Consiglio e il Parlamento sono d’accordo fin dal’inizio riguardo alla necessità di regolamentare i PM2,5 in due fasi. In primo luogo, occorre prevedere un traguardo dal 2010 in poi, quindi un limite dal 2015 pari a 25 microgrammi per metro cubo. Il Parlamento ha esercitato costanti pressioni sulla Commissione, oltre a condurre una campagna contro l’opposizione del Consiglio a valori più severi per i PM2,5. E’ merito quindi del Parlamento se noi oggi intendiamo ridurre il limite per i PM2,5 a 20 microgrammi per metro cubo in una seconda fase, nel 2020.
Oltre a un obiettivo e a un limite per i PM2,5, nel 2015 sarà introdotto l’obbligo di concentrazione dell’esposizione a 20 microgrammi per gli Stati membri, con l’obiettivo di ridurre la concentrazione di fondo: ciò avrà un effetto positivo sulla protezione della salute umana, soprattutto negli agglomerati urbani. Il modello proposto dal Parlamento europeo per la riduzione delle concentrazioni di PM2,5 entro il 2020 è stato attuato allo stesso modo. Si prevede una differenziazione per i diversi Stati membri, inoltre i consumi intermedi saranno tenuti in maggiore considerazione.
Per quanto riguarda i PM10, una maggioranza del Parlamento ha fatto pressione in prima lettura per un ambizioso limite annuo, che è anche meglio correlato con il limite giornaliero in vigore. La posizione del Consiglio e della Commissione di non toccare in alcun modo i limiti attuali è stata riconosciuta nei negoziati. Con una proroga di tre anni alla scadenza massima per i PM10, essa è garantita fino al 2012 dopo l’entrata in vigore della nuova direttiva per le autorità locali che non hanno potuto attenersi ai limiti a causa della propria posizione geografica o delle condizioni meteorologiche, nonostante tutti gli sforzi dimostrabili da esse compiuti.
Nonostante anche il miglioramento della qualità dell’aria ambiente costituirà una formidabile sfida per l’UE in futuro, intendo anche sollevare tre punti che a mio modo di vedere occorre rimarcare al momento di attuare la presente direttiva e di rivedere la legislazione nel 2013.
Primo: l’inquinamento dell’aria ambiente è notevolmente diminuito negli ultimi decenni. Come dimostra un nuovo studio condotto dall’Agenzia europea per l’ambiente, il 50 per cento circa delle emissioni di polveri sottili è diminuito nel periodo compreso tra il 1990 e il 2004, quindi persino prima dell’introduzione dei limiti ai PM10. Questo risultato è stato realizzato più grazie ai progressi tecnici che alla legislazione in materia.
In secondo luogo, le condizioni esistenti nell’Unione europea e tra gli Stati membri sono estremamente varie. Ho già ricordato qui le condizioni meteorologiche e geografiche. Tuttavia, sono soprattutto le grandi discrepanze nelle densità della popolazione, del traffico e delle industrie ad avere il maggior peso. Occorre porre maggiormente l’accento su questo fattore nel quadro dell’attuazione della legislazione futura.
Terzo: per ridurre ulteriormente l’inquinamento atmosferico, non serviranno né azioni a breve termine come blocchi stradali o divieti di circolazione, né limiti più severi sulla carta.
Il Parlamento accoglie con grande favore la dichiarazione della Commissione, che sarà pubblicata insieme alla nuova direttiva sulla Gazzetta ufficiale nel 2008, in merito all’adozione di provvedimenti alla fonte. E’ possibile ridurre l’inquinamento atmosferico soltanto sul lungo periodo e a livello UE soprattutto rafforzando le misure transfrontaliere. La politica alla fonte, a cui finora è stata data poca attenzione, in futuro dovrà costituire il fulcro delle azioni in questo campo, soprattutto in relazione agli impianti termici privati, al settore della navigazione e anche all’agricoltura.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. − Signor Presidente, accetto questo dossier a nome del mio collega, il Commissario Dimas, che si trova alla Conferenza di Bali.
Vorrei iniziare ringraziando e congratulandomi con il relatore Krahmer per il suo eccellente lavoro sulla direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente, e la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, in particolare i relatori ombra, per il loro positivo contributo.
Far giungere la proposta a questa fase non è stato semplice. Il Parlamento europeo ha svolto un ruolo costruttivo nel perseguimento di un accordo relativo a un testo valido ed efficace. Vorrei esprimere l’apprezzamento della Commissione in merito.
Nella preparazione della proposta della Commissione e durante i negoziati siamo stati chiaramente guidati da prove scientifiche circa l’importanza di continui sforzi per migliorare la qualità dell’aria, e nello specifico riguardo all’esigenza di risolvere la questione delle polveri sottili (PM2,5). In media, la speranza di vita dei cittadini dell’Unione europea si abbassa di oltre otto mesi a causa dell’inquinamento atmosferico. Questo è inaccettabile: occorre fare di più.
Negli ultimi anni, in ambito UE, i miglioramenti ottenuti nella qualità dell’aria sono stati limitati e la possibilità di conseguire gli standard relativi al PM2,5, nonché quelli in vigore, sono stati al centro del dibattito.
E’ evidente che occorrono ulteriori misure a livello comunitario, nazionale, regionale e locale. Le misure comunitarie in materia di emissioni alla fonte sono state delineate nella strategia tematica sull’inquinamento atmosferico. Siamo sulla strada giusta per quanto riguarda lo sviluppo e l’adozione di tali misure. L’ultimo aggiornamento sui progressi compiuti si trova anche nella dichiarazione aggiunta alla proposta di compromesso. La Commissione e il Parlamento comprendono entrambi l’importanza di tali misure per conseguire un’efficiente riduzione delle emissioni.
I principali elementi della direttiva sono i seguenti. Essa mantiene i valori limite e obiettivo esistenti, concedendo del tempo per ottenere la piena conformità in determinate zone, a patto che siano soddisfatte alcune condizioni. Il testo di compromesso garantisce che il rinvio sia limitato e non crei incentivi per ritardare i provvedimenti da adottare. Dato che l’aria non conosce confini, le stesse misure sosterranno gli sforzi compiuti per conseguire la conformità anche nelle regioni e negli stati confinanti.
Per quanto riguarda il valore limite annuo del PM10, comprendo le ambizioni che stanno dietro alla proposta della commissione di minacciarne l’adozione. Tuttavia le prove scientifiche stabiliscono che, per l’esposizione cronica, la frazione sottile (PM2,5) dei PM10 è quella più importante, pertanto la Commissione ha proposto di lasciare invariato il valore limite dei PM10 e di tradurre queste ambizioni nei nuovi obiettivi per il PM2,5. Gli standard per i PM10 saranno completamente riconsiderati in occasione della revisione del 2013 per far sì che le più recenti conoscenze scientifiche e le ultime esperienze in materia di attuazione si riflettano adeguatamente negli standard.
Stabilire obiettivi tempestivi, realistici, ma ambiziosi per i PM2,5 si è rivelata la principale sfida nel corso dei negoziati. La proposta di compromesso prevede impegni precisi contenuti nel testo dell’articolo relativo alla revisione, dimostrando che un valore limite annuo più ambizioso sarà considerato contenuto nella revisione obbligatoria del 2013 e stabilendo il valore limite indicativo per i PM2,5.
L’importanza dell’introduzione di una nuova concentrazione giuridicamente vincolante per l’esposizione già nel 2015 non può essere sopravvalutata. Seppure il nuovo approccio alla riduzione dell’esposizione già è in grado di garantire agli Stati Membri la flessibilità necessaria per massimizzare nel modo più efficiente possibile i vantaggi per la salute pubblica dei loro sforzi di abbattimento, il nuovo obbligo giuridico e la relativa brevità del periodo di attuazione fanno sì che gli Stati Membri intervengano con prontezza e affrontino seriamente la riduzione dell’esposizione della popolazione alle polveri sottili.
Sono molto lieto di riconoscere l’importanza specificamente attribuita dalla commissione ai gruppi sensibili, tra cui i bambini. Tali aggiunte favoriranno l’attribuzione del giusto peso ai gruppi sensibili nella progettazione delle misure di abbattimento.
Con questa fondamentale normativa, l’Unione europea sarà pronta a continuare a ridurre in modo efficiente e a ridurre al minimo il pesante impatto dell’inquinamento atmosferico. La Commissione sta sostenendo attivamente il processo sviluppando misure comunitarie e continuando a sostenere l’attuazione delle direttive da parte degli Stati membri, fornendo orientamenti e agevolando lo scambio tra gli Stati membri.
Anja Weisgerber, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare il relatore, onorevole Krahmer, e i relatori ombra per la loro fattiva collaborazione. L’accordo con il Consiglio in seconda lettura rappresenta un successo per il Parlamento europeo. Tale accordo costituisce un grande passo in avanti verso una migliore qualità dell’aria in Europa. Tuttavia, abbiamo bisogno dell’assistenza di tutte le parti interessate. Le città devono preparare progetti per un’aria pulita e creare zone ambientali, ad esempio, se non si attengono ai limiti. Gli Stati membri devono creare le condizioni adatte, come, ad esempio, approvando il regolamento sugli adesivi per i motoveicoli in Germania.
Tuttavia, questo è necessario anche in Europa. Solo il 20-30 per cento circa delle particelle di fuliggine aerodisperse sono prodotte dal traffico nei centri cittadini. E’ solo in questo ambito, tuttavia, che le autorità locali possono avere una qualche influenza, in definitiva. Gli enti locali non hanno alcuna possibilità di attenersi ai limiti se non si adottano misure di riduzione delle emissioni da fonti diverse dai trasporti a livello europeo. La misurazione delle emissioni da sola non basta a migliorare la qualità dell’aria. Servono provvedimenti per lottare contro l’emissione delle polveri sottili direttamente alla fonte. Questo ci garantirà un’autentica protezione della nostra salute.
La Commissione ora è impegnata politicamente ad intraprendere questi passi. Intende presentare proposte legislative, come lo standard Euro 6 per gli autocarri (che porterà, alla fine, anche all’introduzione obbligatoria di filtri antifuliggine), standard di emissioni per gli impianti industriali più piccoli e nuove normative per i motori navali. Le misure delle autorità locali devono essere affiancate da queste normative per ottenere un vero miglioramento nella qualità dell’aria.
In primo luogo, saranno definiti limiti per le polveri più sottili. Queste particelle sono più dannose per la salute umana perché possono essere inalate. Pertanto occorre valutare questo punto. Grazie a valori ambiziosi ma realistici stiamo mandando un altro segnale per la tutela della salute. Il legislatore ha dimostrato di possedere un senso delle proporzioni in questo caso e, al contempo, ha garantito un alto livello di protezione della salute. Dato che noi come Parlamento siano stati in grado di ottenere un buon risultato sulle polveri più sottili, abbiamo accettato la posizione del Consiglio di non modificare alcunché nei limiti ai PM10 in vigore, compresi quelli giornalieri. Questo significa inoltre che non vi saranno inasprimenti dei limiti annuali per i PM10. Il testo della direttiva dichiara esplicitamente che le autorità locali non sono tenute ad adottare misure inefficaci a breve termine, come i blocchi stradali. Il fulcro dovrebbe essere costituito da misure sostenibili a lungo termine quali le zone ambientali. In questo ambito gli enti locali stanno già facendo molto e devono continuare così.
Le città, tuttavia, in futuro potranno richiedere una proroga del termine per conformarsi ai limiti esistenti per i PM10 a rigide condizioni. Questo vuol dire, comunque e sottolineo intenzionalmente questo aspetto, che i comuni non avranno carta bianca. Essi non potranno oltrepassare i limiti all’infinito e potranno ottenere una proroga del termine esclusivamente a due condizioni: che siano soggetti a condizioni climatiche sfavorevoli o a condizioni magnetiche negative, come i punti caldi, e che abbiano adottato tutte le misure più appropriate e ragionevoli a livello locale. Questa flessibilità nei confronti delle autorità locali contribuisce a rendere praticabile la direttiva, senza abbassare il livello di tutela sanitaria.
Onorevoli colleghi, abbiamo presentato un pacchetto responsabile. Abbiamo fatto progressi sul fronte della protezione sanitaria.
PRESIDENZA DELL’ON. MAREK SIWIEC Vicepresidente
Dorette Corbey, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, l’aria pulita è una delle necessità fondamentali della vita. L’aria è diventata più pulita negli ultimi 30 anni, ma è ancora troppo inquinata. Il rispetto delle direttive attualmente in vigore è insufficiente. Occorre rivedere la direttiva sulla qualità dell’aria ambiente per affrontare l’inquinamento con maggiore efficacia. La settimana scorsa il Parlamento e il Consiglio hanno raggiunto un accordo sulla nuova direttiva. Sono lieta di questo esito e vorrei ringraziare gli onorevoli Krahmer e Weisgerber e gli altri relatori ombra per la loro costruttiva collaborazione negli ultimi due anni. Desidero evidenziare tre punti.
Prima di tutto gli standard più severi. Il mio gruppo si è impegnato con coerenza per fissare norme più ambiziose per i particolati e le altre sostanze inquinanti nocive per l’uomo e per l’ambiente, pertanto sono felice che, grazie a noi, vi sia una nuova normativa in materia di microparticolato. L’inquinamento da microparticolato non è visibile né odorabile, ma è il responsabile della maggior parte dei danni alla salute e provoca la morte prematura di centinaia di migliaia di europei. Un gran numero di persone soffre di asma e di altri disturbi. Il nuovo standard ci consentirà di adottare un approccio più mirato nella lotta a questi effetti nocivi per la salute.
Questo accordo pertanto è una buona notizia per la salute di tutti. Il Parlamento non si è rassegnato alle scarse ambizioni della Commissione e del Consiglio; abbiamo chiesto maggiore impegno e l’abbiamo ottenuto. Lo standard per i PM2,5 doveva essere abbassato da 25 a 20 microgrammi. Secondo gli scienziati, questo provvedimento incrementerà la speranza di vita di quattro/cinque mesi. Tuttavia, persino i nuovi standard non sono sufficienti. Sono ancora necessari ulteriori miglioramenti, tra cui una maggiore attenzione per l’infanzia. In ultima analisi, dobbiamo arrivare ad uno standard che non superi i 10 microgrammi di particolato per metro cubo d’aria. Questo è il tetto raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità, il quale garantisce un’aria veramente pulita. La presente direttiva è un passo nella giusta direzione.
Il secondo punto è che l’Europa non deve limitarsi a fissare norme ragionevoli, deve anche sviluppare strumenti atti a raggiungere tali obiettivi. Dopotutto, l’Europa spesso si è rivelata capace di fissare obiettivi politici generali, ma molto meno efficace quando si è trattato di creare i giusti strumenti per conseguire tali obiettivi. Senza automobili, navi, un’agricoltura e un’industria più pulite, gli standard in materia di qualità dell’aria resteranno sulla carta.
Abbiamo da poco votato sugli standard Euro V ed Euro VI: autovetture più pulite dal 2009 e ancora più pulite dal 2014. Questo tipo di legislazione va introdotta rapidamente anche per i veicoli pesanti per il trasporto merci e per gli autobus. Il Parlamento ha invitato il Consiglio e la Commissione ad affrettarsi a creare una strategia politica complementare per combattere le cause dell’inquinamento. Questo processo ha prodotto una dichiarazione della Commissione che elenca tutte le misure da intraprendere negli anni a venire. La dichiarazione sarà allegata alla direttiva e farà riferimento alla stessa. Si tratta di un segnale politico chiaro per l’opinione pubblica del fatto che l’Europa sta agendo concretamente e sta avviando operazioni di pulizia nei più svariati settori.
Un terzo punto del dibattito è stata la flessibilità delle norme. Ventiquattro Stati membri non soddisfano gli standard previsti dall’attuale direttiva. Questo non mi pare proprio un grande esempio di legislazione efficace. Ho sempre ritenuto che sia accettabile che agli Stati membri che adottano una serie di misure ma che non sono in grado di soddisfare gli standard sia concesso del tempo supplementare per affrontare i punti più caldi, a patto che, comunque, siano introdotti standard molto più rigidi a medio termine. E’ fondamentale che la legislazione che produciamo qui sia attuabile e praticabile.
Oggi stiamo dimostrando che il Parlamento europeo prende sul serio le lamentele dagli Stati membri per le leggi impraticabili. L’esperienza chi ha insegnato che l’aria non si depura affatto se tralasciamo il punto dell’attuazione della direttiva. La nuova direttiva sulla qualità dell’aria ambiente migliora quella precedente. Standard migliori e più severi sono una buona notizia per la salute pubblica, tanto per le autorità locali, quanto per le aziende edili. Ora possiamo tornare a respirare!
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, vorrei in primo luogo congratularmi con il relatore Krahmer per la sua eccellente relazione su questa difficile e fondamentale materia.
Allo stesso tempo desidero congratularmi con i relatori ombra e con tutti quei colleghi che hanno fornito suggerimenti, consigli e modifiche, che, alla fine, hanno formulato una legge di compromesso concordata in fase di negoziato che tenterà, se sarà attuata, di ottenere una migliore direttiva sulla qualità dell’aria e di rendere l’aria un po’ più pulita e salutare in Europa.
In un’epoca in cui le infezioni delle vie respiratorie come asma, enfisema e cancro ai polmoni sono in aumento in molte zone d’Europa, e in cui i maggiormente colpiti sono soprattutto quelli più vulnerabili, cioè bambini e anziani, noi legislatori abbiamo il dovere di dare il massimo per garantire ai nostri cittadini la possibilità di respirare meglio.
A tal fine, siamo uniti nella nostra determinazione a non cedere alle irragionevoli domande del Consiglio, il quale non ha accettato alcuna modifica alle disposizioni relative ai valori limite giornalieri e annui di PM10 e ha respinto in toto la proposta del Parlamento di collegare eventuali deroghe all’adozione di ulteriori misure a livello UE sulle fonti di inquinamento.
Benché sia stato raggiunto un accordo, il Consiglio deve comunque capire che questa Assemblea dà la precedenza alla salute dei suoi milioni di cittadini rispetto alla ricchezza di alcuni giganti industriali europei. Tutti devono comprendere appieno che il Parlamento è molto più preoccupato di impedire che i polmoni della gente siano distrutti dalle malattie piuttosto che contribuire a rimpinguare le tasche di avidi baroni industriali.
Sono fiducioso che questa Aula avrà ancora la possibilità di riuscire a far adottare tutte le proprie disposizioni in una normativa di minor compromesso che protegga veramente i cittadini in modo organico da gravi danni respiratori.
Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, a nome del gruppo dell’Unione per l’Europa delle nazioni, vorrei esprimere il nostro riconoscimento della qualità della relazione dell’onorevole Krahmer. Stiamo continuando a lavorare alla direttiva, una direttiva che è di notevole importanza per l’intero ecosistema, ivi compresi i miglioramenti alle condizioni di salute degli europei e, da un punto di vista più ampio, di tutto il mondo.
Neanche l’aspetto economico di queste clausole andrebbe celato. Il nostro obiettivo, quindi, sarebbe quello di trovare un compromesso che permetta veramente agli Stati membri di attuare i parametri adottati che indicano il tetto ammissibile per le emissioni di particolato e di gas che contaminano l’atmosfera. Mi riferisco qui alla concentrazione dei particolati PM2,5 e PM10, e dei gas monossido e biossido di carbonio, biossido di zolfo, ossidi d’azoto e ozono, benzene, composti organici volatili e anche piombo.
Questo, di conseguenza, indica un monitoraggio affidabile e periodico. La maggiore spesa sarà necessaria per la radicale riqualificazione di molte aziende, comprese quelle che forniscono energia e soprattutto quelli che producono calore. Saranno necessarie modifiche fondamentali nei metodi e nell’organizzazione dei trasporti via terra, aria e acqua.
E’ vero: occorrerà sopportare questi e altri costi. E’ anche vero, comunque, che non tutti i paesi sono in grado di intraprendere un’azione rigorosa in questo ambito nel lasso di tempo relativamente breve che è stato proposto senza subire palesi perdite economiche. Questo riguarda in particolare i nuovi Stati membri, compresa la Polonia, che sta facendo molto sotto questo aspetto.
Infine, vorrei sottolineare che è importante che le azioni intraprese dall’UE trovino seguaci anche altrove, soprattutto negli Stati Uniti, in Cina, in Russia, in Giappone e in Brasile. L’aria, dopotutto, è un bene comune di tutto il mondo.
Marie Anne Isler Béguin, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ricordiamo l’appello lanciato dall’OMS il 5 ottobre 2006, che invita la comunità internazionale a migliorare la qualità dell’aria. Era necessario adottare standard molto severi contro l’inquinamento atmosferico, l’obiettivo era quello di ridurre del 15 per cento il numero di morti nelle città inquinate. L’Unione europea, spesso all’avanguardia nelle normative ambientali, ha notevolmente deluso in prima lettura, al punto che il nostro Commissario all’ambiente Dimas si è offeso personalmente per la posizione presa dal Parlamento europeo, che indeboliva la legislazione in vigore, già di per sé non così incisiva.
In seconda lettura, il 9 ottobre 2007, i Verdi avevano messo in guardia la commissione per l’ambiente circa gli effetti controproducenti della semplificazione amministrativa e, più specificamente, circa l’aumento del numero di giorni ammissibile in cui potrebbero essere superati i valori massimi e circa l’estensione delle esenzioni per alcune sostanze inquinanti. Il compromesso raggiunto di recente in seconda lettura al Parlamento europeo è un esercizio di limitazione dei danni rispetto alla prima lettura. Per quanto riguarda i PM2,5 nelle aree urbane, si propone di fissare un nuovo valore limite di 20 microgrammi per metro cubo che dovrà essere esaminato dalla Commissione europea nel 2015.
Naturalmente, è possibile attuare ulteriori misure che tengano conto delle circostanze di popolazioni sensibili come bambini e anziani. Benché costituisca un miglioramento rispetto alla situazione di partenza, tale compromesso non rappresenta un grande passo avanti per il Parlamento europeo. Esso non costringerà gli Stati membri ad adottare misure restrittive volte a migliorare la salute della popolazione europea. L’impatto dell’inquinamento atmosferico è ancora stimato in una riduzione di nove mesi della speranza di vita dei nostri concittadini. Occorre pertanto andare oltre, integrando la limitazione delle particelle in sospensione in una fase anteriore, utilizzando strumenti di prevenzione volti a limitare le emissioni di vari settori, soprattutto i trasporti e l’industria.
Dimitrios Papadimoulis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, colleghi deputati, ogni anno 370 000 persone in Europa muoiono prematuramente per malattie legate all’inquinamento atmosferico. Secondo i dati ufficiali della Commissione, la speranza di vita in alcuni paesi europei ha registrato una diminuzione compresa tra otto mesi e due anni per l’esposizione a pericolosi inquinanti aerodispersi. La stragrande maggioranza dei decessi è dovuta ai particolati fini aerodispersi. Il mio gruppo politico appoggia l’accordo di conciliazione finale e i passi esitanti, ma comunque positivi, che adotta in risposta a questa situazione.
Tuttavia, desidero soffermarmi su alcuni importanti punti deboli: i limiti fissati da questa conciliazione relativi alle polveri sottili aerodisperse sono più che doppi rispetto alle raccomandazioni dell’OMS. L’agenzia statunitense per la protezione ambientale fissa limiti più severi rispetto all’Unione europea. Non è stato raggiunto alcun accordo circa limiti più sicuri per le polveri sottili aerodisperse (PM10): i requisiti di monitoraggio sono stati abbassati, benché un costante monitoraggio dei carichi inquinanti critici sia importantissimo per migliorare la situazione.
I termini per la conformità relativi al benzene sono stati rinviati, lasciando intatto il principale colpevole: la qualità dei carburanti. Benché tutti dicano che occorra migliorare i carburanti e rendere più ecologiche le autovetture, la qualità dell’aria e il suo monitoraggio sui posti di lavoro sono stati esentati. Inoltre, agli Stati membri è stato concesso ampio spazio per non applicare la legislazione esistente e per non monitorarne la sua corretta adozione. Stiamo compiendo un passo positivo, quindi, ma non sufficiente e proprio per questo motivo il mio gruppo politico appoggia l’accordo di conciliazione del Parlamento europeo, ma allo stesso tempo chiede al Consiglio e alla Commissione di compiere passi più coraggiosi.
Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Signor Presidente, prendo la parola in questa Assemblea a nome del mio collega, onorevole Blokland, che attualmente si trova alla Conferenza sul cambiamento climatico di Bali.
A seguito di lunghi negoziati, alla fine si è raggiunto un accordo sulla qualità dell’aria ambiente. Si tratta di un’impresa non da poco e anche di notevole importanza, dato che la qualità dell’aria ambiente ha conseguenze dirette sull’ambiente e sulla salute umana. Pertanto, desidero ringraziare il relatore Krahmer, soprattutto per tutto l’operato svolto per arrivare a questo risultato.
Questa direttiva offre un contributo realistico al miglioramento della salute e dell’ambiente. La qualità dell’aria ambiente è già sensibilmente migliorata negli ultimi anni, e questa direttiva produrrà un ulteriore miglioramento in futuro. Nondimeno, una serie di paesi sta già incontrando difficoltà nel rispettare standard severi così presto. Per questo motivo, sono felice che questo accordo consenta un rinvio per permettere agli Stati membri di allineare la qualità dell’aria ambiente a questi standard a condizione che compiano sufficienti sforzi.
Un altro importante aspetto è che le misurazioni non sono necessarie nei luoghi a cui il pubblico non può accedere e non permanentemente abitati. Questa flessibilità è importante soprattutto nelle aree portuali. Vedo positivamente soprattutto il fatto che si sia fatto specifico riferimento alle misure alla fonte. A mio modo di vedere, queste misure, per esempio il nuovo standard Euro VI per gli automezzi pesanti, sono essenziali per ottenere una buona qualità dell’aria ambiente.
In conclusione, posso dire che appoggio il presente accordo e che, pertanto, voterò a favore.
Andreas Mölzer (NI) . – (DE) Signor Presidente, l’incremento delle malattie respiratorie che si registra attualmente, soprattutto tra bambini, anziani e malati, e delle difficoltà respiratorie a base allergica è direttamente collegato a una valanga di traffico che attraversa i nostri centri urbani e percorre quotidianamente le principali arterie stradali.
Il fallimento della politica UE in materia di sovvenzioni si è ripercosso negli ultimi decenni soprattutto sul trasporto interurbano. Per regioni particolarmente sensibili come le Alpi, sinora non siamo stati in grado, come è risaputo, di tradurre in pratica le belle parole del passato attuando la Convenzione alpina, per esempio. La svendita delle nostre imprese pubbliche, che ha prodotto disastrose carenze nelle reti pubbliche del trasporto veloce, ora sta facendo sentire i propri perniciosi effetti.
Fino a che punto azioni come le limitazioni del traffico e la creazione di zone ambientali o di pedaggi nei centri cittadini possono ancora far presa è tutto da dimostrare, a mio parere. Innanzitutto, occorre sostituire rapidamente i principali responsabili delle emissioni inquinanti, come i veicoli commerciali che montano vecchi motori diesel.
Péter Olajos (PPE-DE). - (HU) Grazie, signor Presidente. Oltre 300 milioni di persone in tutto il mondo soffrono d’asma, di cui 30 milioni in Europa e 200 000 in Ungheria. Il 18 per cento degli asmatici nell’Europa occidentale rientra nel gruppo dei casi gravi. Il numero dei casi d’asma nel mio paese, l’Ungheria, è cresciuto del 250 per cento negli ultimi dieci anni. Il numero di nuovi pazienti diagnosticati ogni anno è raddoppiato nello stesso periodo. La prima tra le cause che scatenano l’asma e gli attacchi d’asma è l’inquinamento atmosferico. Ritengo che i dati contenuti nella relazione che abbiamo davanti parlino da soli e il suo destino, che decideremo domani, riguarda solo in parte la protezione ambientale, riguarda soprattutto la qualità della vita e la tutela della salute.
Uno dei maggiori problemi nella legislazione UE oggi è la sua scarsa applicazione. Purtroppo ciò è vero anche per la legislazione sulla qualità dell’aria. Pertanto, ora il nostro principale compito non è quello di votare più regole che siano ancora più severe, ma quello di promuovere l’osservanza di quelle già esistenti. Il luogo in cui vivo, Budapest, è una città di due milioni di abitanti e per quanto riguarda il particolato, per esempio, supera i limiti consentiti già dai primi mesi dell’anno, infatti non è raro che oltrepassi i limiti di 4-5 volte. Pertanto il nostro compito consiste nello sviluppare ulteriormente l’attuale legislazione su basi ragionevoli e preparare orientamenti che non prevedano ulteriori compiti ma perfezionino quelli vigenti per contribuire realmente a rendere più pulita l’aria respirata dalla popolazione dell’UE.
Penso che la relazione Krahmer soddisfi questo requisito. Il suo pregio consiste nel suo intendimento di misurare e catturare l’inquinamento atmosferico principalmente nel punto di inquinamento: l’approccio giusto dal punto di vista tecnico. Il compromesso, perciò, non è ambizioso ma progressivo. Confido che le città e gli Stati membri interessati ora possano attuarlo con maggiore coerenza e che forse saremo in grado di lasciare in eredità ai nostri figli un’Europa più vivibile. La ringrazio, signor Presidente.
Justas Vincas Paleckis (PSE). – (LT) Congratulazioni al relatore. Vorrei cominciare dicendo che il bel tempo è sempre piacevole. Non possiamo influire sul tempo atmosferico, ma possiamo e dobbiamo fare qualcosa per la sua qualità. I livelli di inquinamento atmosferico nelle aree urbane densamente popolate e industriali dell’Unione europea sono ancora inaccettabili. Se vi trovate nelle maggiori città europee potete sentire anche troppo chiaramente la minaccia dell’inquinamento atmosferico; è causa di morte prematura per decine di migliaia di europei ogni anno. L’inquinamento si ripercuote negativamente sulla durata della vita umana, ma anche sulla sua qualità.
Gli ultimi anni hanno visto una sensibile riduzione delle emissioni di gas nocivi nei paesi UE. Tuttavia, questo non è che l’inizio. Dobbiamo domare i mostri che sputano gas nell’aria, i peggiori inquinatori sulla strada. Dobbiamo prendere provvedimenti decisivi per sviluppare il trasporto pubblico e per incoraggiare la gente a usare di meno i mezzi privati. Si tratta di un tema fondamentale per i nuovi Stati membri, nei quali autovetture vecchie di 20 o persino di 30 anni in condizioni disastrose continuano ad inquinare l’ambiente.
La posizione del gruppo socialista al Parlamento europeo e quella del Parlamento in generale è importantissima per i paesi che hanno aderito all’UE nel XXI secolo, in particolare per quanto riguarda scadenze ed obiettivi più severi relativi alla lotta all’inquinamento atmosferico, la flessibilità nell’attuazione di tali obiettivi e il coordinamento delle finalità a lungo e a breve termine.
Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per ottenere la minima concentrazione possibile di particolati aerodispersi di dimensioni diverse nella maggior parte d’Europa entro il 2015. I paesi che stanno adottando misure attive di lotta all’inquinamento ma non hanno ancora realizzato gli obiettivi prefissati devono avere l’opportunità di farlo. E’ importante abbreviare il periodo di deroga da “quattro più due” a “tre più due” anni.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). – (PL) Signor Presidente, oggi il Parlamento europeo sta esaminando per la seconda volta la bozza di direttiva sulla qualità dell’aria ambiente. Uno degli intenti di questa direttiva è quello di limitare nei prossimi anni la quantità di particolato sospeso nell’atmosfera, le particelle che inaliamo, che misurano tra i 2,5 e i 10 micron. Gli scienziati avvertono che le polveri finissime costituiscono una grave minaccia per la vita umana, e sono queste a cui la direttiva in discussione si riferisce.
Il compromesso tra il Parlamento e il Consiglio ha introdotto concessioni al Consiglio, il quale propende per normative meno restrittive. Spero che le azioni previste dalla presente direttiva non si dimostrino inadeguate e che quando il problema sarà riesaminato dalla Commissione europea nel 2013 saranno adottati obiettivi più ambiziosi, dal momento che qui si sta parlando della salute delle generazioni presenti e future.
Infine, desidero ringraziare il relatore per il suo eccellente lavoro ricordandovi che prevenire è meglio che dover affrontare le conseguenze.
Hiltrud Breyer (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, il compromesso raggiunto è migliore del previsto, ma festeggiarlo come un grande successo sarebbe un’impostura in quanto è una versione annacquata. Se lo si confronta con le disposizioni riviste, è stato annacquato perché ora è possibile stralciare i luoghi più inquinati.
Il compromesso raggiunto, tuttavia, rappresenta anche una limitazione del danno, perché il periodo di grazia previsto ora va inteso come nulla più che un invito a non fare nulla. Affinché l’eccezione non diventi la regola, la Commissione deve sorvegliare i piani d’azione in questione, l’osservanza dei limiti e sanzionare il loro mancato recepimento. Perciò il compromesso non è da celebrare come un successo storico perché sappiamo che questa direttiva, in realtà, sarebbe dovuta già essere in vigore da tempo.
Tuttavia, essa non deve nemmeno, e questo è un aspetto positivo del compromesso, dare alle autorità locali tedesche carta bianca per girarsi i pollici. Il recente invito a non far niente ha fatto sì che le autorità locali e gli stati federali non fossero più tenuti a presentare piani d’azione.
Occorre, tuttavia, sottolineare che la sentenza del Tribunale amministrativo federale tedesco significa, e lo ha evidenziato nel caso tedesco, che le autorità locali hanno il dovere di agire in qualunque caso. Sappiamo che esistono già buone iniziative nell’Unione europea come, ad esempio, le zone ambientali e la conversione delle flotte di veicoli. Ora deve essere chiaro, inoltre, che questo è l’ultimo rinvio. Ora alle parole devono seguire realmente i fatti per far sì che un’ambiziosa politica per l’aria pulita non diventi assurda.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL). - (CS) Onorevoli colleghi, il monitoraggio dell’inquinamento atmosferico e gli sforzi volti a migliorare la qualità dell’aria sono attività encomiabili. Il fatto che alcune parti della proposta in discussione fissino requisiti piuttosto alti mentre altre semplifichino in una certa misura la realtà non deve preoccupare. Quello che è più grave è che mentre il fulcro del dibattito sul monitoraggio e l’eliminazione delle polveri sottili si è giustamente spostato dalle polveri più grossolane a quelle più sottili, dal PM10 al PM2,5, esso deve anche applicarsi alle particelle anche più sottili dei PM2,5. Esse penetrano fino agli alveoli, i quali, grazie alla loro ampia superficie, possono assorbire grandi quantità di sostanze nocive. Poiché queste particelle non si depositano nelle vie aree superiori, esse sono potenzialmente estremamente pericolose. Nonostante queste riserve, io appoggio la proposta di direttiva, così come il gruppo GUE/NGL, di cui faccio parte, e sono fiducioso che ritorneremo su questo argomento in modo più esauriente nel prossimo futuro.
Françoise Grossetête (PPE-DE). - (FR) Signor Presidente, ci rendiamo tutti conto, come abbiamo dichiarato, che i nostri agglomerati urbani, le nostre città sono sempre più inquinate e che, purtroppo, i decessi dovuti a tale inquinamento sono sempre più frequenti. In qualità di presidente di una rete di monitoraggio della qualità dell’aria che ho fondato oltre sedici anni fa nel mio dipartimento, vorrei ricordarvi che ridurre l’inquinamento atmosferico è visto dai cittadini come una priorità degli enti pubblici nel campo della protezione ambientale, e che è anche la maggiore fonte di preoccupazione per il 54% dei cittadini francesi.
Questo testo, pertanto, giunge in risposta a una nuova epidemia di malattie respiratorie come asma, bronchite ed enfisema che affliggono soprattutto i bambini (non si parla d’altro in inverno che della bronchiolite nei bambini piccoli) e come il cancro ai polmoni negli adulti.
E’ per questo che l’introduzione di nuovi standard per le particelle più sottili e nocive, che finora non erano regolamentate, è un provvedimento soddisfacente. Tuttavia, abbiamo una vasta gamma di soluzioni sotto mano in grado di garantire una migliore qualità dell’aria, potendo agire sui carburanti, sulle modalità di trasporto e sui veicoli. Dobbiamo ancora applicare il gran numero di normative UE che la maggior parte degli Stati membri purtroppo ancora non osserva. Secondo le condizioni previste dai testi che voteremo domani, gli Stati membri dovranno creare punti di prelievo nelle zone urbane. In verità, tutti dovranno avere dei “piani relativi al particolato”. Dovremo inoltre fornire al pubblico informazioni a cadenza giornaliera, specialmente ai soggetti più sensibili, sul particolato presente nell’aria.
Infine, non dobbiamo dimenticarci della qualità dell’aria negli spazi chiusi, dove possiamo arrivare a trascorrere più dell’80 per cento del nostro tempo. Di solito non fa particolare attenzione agli studi sulla qualità ambientale delle case, benché il suo impatto sulla salute è certamente almeno tanto importante quanto quello dell’ambiente esterno.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE). - (RO) Signor Presidente, vorrei iniziare congratulandomi con il relatore, l’onorevole Krahmer.
La proposta di direttiva sulla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita per l’Europa tratta del rapporto tra la qualità dell’aria e la salute umana e propone azioni comunitarie volte a migliorare la qualità dell’aria in Europa.
Il traffico urbano genera il 40 per cento delle emissioni di anidride carbonica e il 70 per cento delle emissioni di altre sostanze inquinanti emesse dai veicoli, inoltre la congestione, specialmente nelle aree metropolitane, costa all’Unione europea l’1 per cento circa del PIL.
In molte capitali europee, il traffico è congestionato e l’inquinamento rappresenta un grave problema per i loro abitanti. Oltre il 66 per cento dei cittadini europei considera il traffico urbano e l’inquinamento problemi che intaccano profondamente la qualità della loro vita e chiedono all’Unione di agire con coerenza, e soprattutto, con fermezza.
Al Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007, l’Unione europea si è posta seriamente l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 20 per cento entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990.
L’Unione europea e gli Stati membri devono concentrare le proprie azioni sulle aree metropolitane e urbane più affollate e affrontare il problema della qualità dell’aria negli agglomerati urbani rispettando il principio di sussidiarietà in modo più ambizioso, attuando una strategia di cooperazione e di coordinamento a livello europeo. Il Libro verde sulla mobilità urbana promuove lo sviluppo del trasporto pubblico, ma descrive anche misure volte a ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute al traffico su strada.
Per quanto riguarda l’emendamento n. 31, vorrei sottolineare che già altre leggi hanno intrapreso azioni nel campo degli standard tecnici obbligatori per la riduzione dell’inquinamento generato dai veicoli terrestri, nonché dalle navi che operano su vie fluviali.
Ritengo sia fondamentale che il Parlamento sia informato ogni 5 anni in merito ai progressi compiuti dagli Stati membri nel miglioramento della qualità dell’aria, ma ritengo particolarmente importante che tali azioni siano finanziate anche con i Fondi strutturali.
Leopold Józef Rutowicz (UEN). – (PL) Signor Presidente, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita è di estrema importanza per la salute dei cittadini europei, soprattutto perché le sostanze emesse dall’industria, dai trasporti e dalle centrali elettriche possono percorrere grandi distanze; stiamo parlando di particelle e ossidi di zolfo, azoto e piombo.
La direttiva detta limiti per le loro emissioni e sottolinea l’importanza rivestita dalla riduzione delle emissioni di sostanze contaminanti e delle loro fonti. Ma le condizioni per il rispetto di tali requisiti variano. Nelle zone e negli agglomerati urbani dove sono in funzione diverse strutture che emettono sostanze contaminanti, per esempio fornaci a carbone, e impianti basati su tecnologie ormai datate, gli adeguamenti per ottemperare ai requisiti della direttiva richiederanno tempo e notevoli spese.
Pertanto, in alcuni casi giustificati, ai sensi dell’emendamento n. 2, la data di introduzione dei requisiti della direttiva dovrà essere rinviata. La direttiva mette giustamente in evidenza la necessità di monitorare le emissioni di sostanze contaminanti, il che è di grande rilevanza per la loro limitazione, comprese quelle di origine transfrontaliera. Mi congratulo con il relatore, onorevole Krahmer.
Richard Seeber (PPE-DE). - (DE) Signor Presidente, sono lieto che abbiamo raggiunto così rapidamente un accordo tra tutti i gruppi su questo importante dossier. La qualità dell’aria è cruciale per la salute e il benessere dei nostri cittadini. Sono inoltre molto lieto del fatto che abbiamo fissato limiti severi, in particolare nuovi limiti al PM2,5, che sono dannosissimi per la salute. Purtroppo, non vi è stato un simile giro di vite in molti altri settori, come sarebbe stato auspicabile. Sto parlando nella fattispecie del PM10 e dei NOx, naturalmente.
Ciò che mi preoccupa maggiormente, più dei limiti che abbiamo previsto, tuttavia, è l’attuale situazione dell’aria negli Stati membri. Come tutti sapete, quasi tutti gli Stati membri superano i limiti vigenti. Adesso, sta proprio a noi attuare questo ambizioso pacchetto legislativo, così come spetta alla Commissione monitorarlo. Quest’ultima, sinora, non ha avviato alcuna procedura d’infrazione, benché si oltrepassino continuamente i limiti. Da un lato, l’attuazione deve essere corretta, dall’altro la Commissione deve anche avviare azioni concrete se gli Stati membri non sono ancora in grado o non sono intenzionati a rispettare i limiti.
Un altro punto importante è che abbiamo trovato criteri di misurazione coerenti. La pratica in questo ambito differisce ampiamente nei vari Stati membri. Per quanto riguarda i trasporti, una delle principali cause di inquinamento atmosferico anche nel mio paese, occorre dire che anche qui la Commissione talvolta non è pronta a sostenere iniziative avviate dai paesi per aderire ai limiti delle emissioni nell’atmosfera. Occorrerebbe veramente invitare la Commissione a sostenere e a non ostacolare gli Stati membri nei loro intenti di mantenere pulita l’aria. Abbiamo registrato notevoli aumenti del traffico transalpino, perciò occorre fare qualcosa anche per l’aria di questa zona.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). – (NL) Signor Presidente, oggi, il Parlamento europeo sta portando chiarezza a un dibattito che dura da tempo: quello degli standard necessari per motivi di salute pubblica e relativi al particolato: PM25 e PM10. Oggi, stiamo determinando un sostanziale miglioramento per i soggetti più sensibili a questi agenti: i bambini e gli anziani. Questa politica ha tutto il mio appoggio.
E’ inoltre chiaro che sono possibili misure più personalizzate. Deve essere possibile suddividere in zone le nostre regioni, piuttosto urbanizzate, migliorando la realizzabilità senza compromettere i nostri obiettivi ultimi. E’ chiaro, inoltre, che ora stiamo affrontando seriamente la strategia relativa alle fonti e che vi è una cooperazione transfrontaliera in Europa.
Signor Presidente, non è chiaro, almeno non a me, se il blocco nel diritto olandese relativo a una serie di progetti, dovuto all’autorizzazione integrata per l’ambiente e la pianificazione territoriale, è stato veramente rimosso. E’ compito dei Paesi Bassi, e anche della camera bassa del Parlamento olandese e della legislazione olandese, capire se è possibile chiarire questo punto nel Programma di cooperazione sulla qualità dell’aria.
Oggi, l’Europa sta fornendo un quadro chiarissimo di ciò che è praticabile, anche nei Paesi Bassi. Ora sta ai Paesi Bassi gestire ragionevolmente il collegamento tra la pianificazione territoriale e la politica ambientale per evitare ulteriori inutili blocchi. Questo è lo spirito nel quale sono felice oggi di dare il mio appoggio all’accordo raggiunto.
Charlie McCreevy, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, sono stati inclusi un certo numero di elementi chiave nella proposta di compromesso complessiva che si sta avanzando
In particolare, essa contiene i seguenti elementi:
- l’opzione di proroga per il PM10 viene mantenuta al livello della posizione comune; non ci possono essere ritardi nell’adozione delle misure mentre un approccio comprendente una fase sola ridurrà l’onere amministrativo;
- le norme relative al particolato PM10 sono invariate in conformità alla proposta originaria della Commissione;
- un obiettivo annuale realistico e tempestivo per i PM2,5 e un valore limite fissato a 25 µg per metro cubo da conseguire rispettivamente nel 2010 e nel 2015;
- un valore limite indicativo per il 2020 che contribuisca all’ambiziosa agenda sui PM2,5 per la revisione obbligatoria nel 2013;
- un obbligo giuridicamente vincolante relativo alla concentrazione dell’esposizione nel 2015 che integri l’obiettivo di riduzione dell’esposizione nell’adozione di misure tempestive previste per offrire il massimo beneficio alla salute pubblica; e
- una dichiarazione della Commissione sui progressi compiuti nello sviluppo di misure comunitarie alla fonte.
Il nuovo considerando 15 rafforza anche la determinazione dei due colegislatori nel considerare prioritarie le proposte legislative avanzate dalla Commissione per far fronte alle emissioni alla fonte a livello comunitario.
So che in quest’occasione tali elementi erano fondamentali per il Parlamento in prima lettura e in sede di commissione. Ritengo che l’attuale compromesso proposto soddisferà il Parlamento poiché sono stati compiuti importanti passi in avanti sul principio chiave dell’ambiziosa ma realistica definizione delle norme in materia di qualità dell’aria ambiente, con una chiara tabella di marcia comprendente l’adozione delle necessarie misure comunitarie e una revisione ben definita nel 2013.
Sono particolarmente lieto nel notare l’importanza data sia dal Parlamento, sia dal Consiglio al conseguimento di un compromesso su questa direttiva. Il compromesso così ottenuto e la risolutezza dimostrata permettono all’Unione europea di adottare le prossime azioni che si dimostreranno efficaci al fine di garantire un’aria più sana per i propri cittadini.
Concludendo, la Commissione è molto lieta dell’esito dei negoziati. Pertanto può accettare integralmente gli emendamenti di compromesso proposti.
Vorrei ringraziare e congratularmi, ancora una volta, con il relatore Krahmer per tutti gli sforzi profusi per giungere a un accordo in seconda lettura.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 11 dicembre 2007.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Non è necessario spiegare, né sottolineare perché è importante avere attorno a noi un’aria pulita.
L’attuale priorità politica europea che si concentra sull’introduzione rapida e di ampia portata di una legislazione organica e uniforme tesa a garantire la qualità dell’aria è l’approccio giusto.
La proposta contenuta nella direttiva in discussione fonde e snellisce il diritto europeo in vigore, creando una singola proposta organica. In seguito all’analisi della proposta che contiene attualmente, si può dire con certezza che il pacchetto di compromesso approvato dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, dal gruppo socialista al Parlamento europeo e dal gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa riflette appieno gli interessi di tutte le parti coinvolte che saranno toccate direttamente dalla direttiva. Si tratta di una proposta equilibrata per gli Stati membri che sentiranno il peso delle sue clausole e il contemporaneo miglioramento della qualità del’aria in Europa e, nel lungo periodo, una sensibile riduzione dei PM.
A fianco della trattazione dettagliatissima dei singoli valori obiettivo per il PM10 e il PM2,5, ritengo sia fondamentale concentrarsi sulle disposizioni relative ala flessibilità nel conseguimento dei valori ammissibili per gli Stati membri. Vale la pena sottolineare che gli Stati membri hanno già incontrato notevoli difficoltà nell’attenersi alle precedenti disposizioni sul miglioramento della qualità dell’aria.
Inoltre, sono da mettere in evidenza i provvedimenti a lungo termine per la qualità dell’aria. Sappiamo per esperienza che le misure a breve termine spesso non sono tanto efficaci quanto quelle a lungo termine. Gli Stati membri devono essere incoraggiati ad applicare su base volontaria le strategie politiche a lungo termine in materia di inquinamento atmosferico.
Gyula Hegyi (PSE), per iscritto. – (HU) Il diritto a un’aria pulita può essere anche interpretato come un diritto dell’uomo, perché gli Stati membri e l’Unione europea hanno il compito di garantire le condizioni fondamentali per la vita umana (acqua e aria pure). Cinquanta, cento anni fa, il simbolo della società industriale era la ciminiera fumante di una fabbrica. Nel frattempo i nostri valori sono mutati e ora apprezziamo di più uno stile di vita puro e naturale, almeno a parole. Purtroppo, l’aria delle nostre città riflette solo in parte questo mutamento. Con il crollo dell’industria pesante, o la sua delocalizzazione nel terzo mondo, l’inquinamento industriale è diminuito ma la motorizzazione si è moltiplicata. Venticinque anni fa vi era un milione di automobili in Ungheria, un paese che conta dieci milioni di abitanti: ora le vetture sono triplicate, un milione circa inquina l’aria di Budapest, con tutte le catastrofiche conseguenze per la salute che questo comporta. Il cancro ai polmoni si è moltiplicato e il numero di casi di asma è cresciuto di nove volte. I bambini piccoli che vivono vicino alle strade principali sono essenzialmente esposti a un rischio continuo. E’ inoltre emerso che l’inquinamento derivante dalle microparticelle prodotte dai veicoli diesel è particolarmente nocivo per la salute umana. L’Europa dovrebbe vergognarsi che gli standard in questo ambito sono inferiori a quelli in vigore negli Stati Uniti. Non bastano le parole, bisogna agire. Dobbiamo utilizzare gli strumenti previsti per limitare il traffico su strada nelle zone abitate, e per creare regole sulle emissioni molto più severe di quelle vigenti per i veicoli in uso. La nostra società non deve essere caratterizzata più dall’inquinamento, ma da una vita sana!
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE), per iscritto. – (RO) La direttiva europea sulla qualità dell’aria migliorerà la salute dei cittadini europei e contribuirà al miglioramento del livello di vita nelle zone urbane. Dato che questo atto giuridico è vincolante, ciò sarà attuato sull’intero territorio dell’Unione europea.
Un punto debole della direttiva è il finanziamento delle misure per l’adeguamento agli obiettivi avviate dagli Stati membri entro il 2010 o il 2015, rispettivamente. Come primo passo, occorrerà avviare un notevole sforzo finanziario per creare centri per il campionamento e la misurazione dell’inquinamento atmosferico. I fondi strutturali già stanziati per gli Stati membri ammissibili alla politica ambientale saranno accessibili anche per il conseguimento degli obiettivi descritti dalla direttiva, ma ciò ridurrà gli importi inizialmente stimati. Ritengo occorra creare un’ulteriore linea di bilancio quando entrerà in vigore la direttiva.
Contemporaneamente, appoggio l’idea di inserire una clausola di flessibilità che consentirebbe periodi transitori di due anni al massimo agli Stati membri, a condizione che essi dimostrino di aver compiuto notevoli sforzi per raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’inquinamento atmosferico.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE), per iscritto. – (FI) Oggi stiamo discutendo in seconda lettura di due importanti direttive sul miglioramento della qualità dell’ambiente. Una riguarda il mare, l’altra l’aria. La protezione dell’aria è una delle aree fondamentali e più tradizionali della tutela ambientale, perché la qualità dell’aria ambiente e la salute umana sono direttamente correlate. Come ha dichiarato la Commissione, la speranza di vita si è abbassata di 8,5 mesi nell’UE a causa dell’inquinamento atmosferico. La qualità della vita di centinaia di migliaia di persone si sta abbassando ogni giorno che passa, mentre l’ambiente naturale è minacciato, nonostante le importanti riduzioni delle emissioni degli ultimi anni. Probabilmente non si potrà mai sottolineare abbastanza l’importanza della direttiva sulla qualità dell’aria: essa riunisce una serie di norme che in precedenza erano sparse, e questo effettivamente è un approccio migliore al problema sotto tutti i punti di vista.
Vorrei prima di tutto ringraziare il Consiglio per essersi riunito assieme al Parlamento per discutere di alcune importanti tematiche. Quasi la metà degli emendamenti adottati in prima lettura sono stati accettati. Il Consiglio alla fine ha mostrato il proprio sostegno per alcuni emendamenti di importanza cruciale presentati dal Parlamento. Essi si riferivano alla sostituzione di alcuni valori obiettivo relativi alle concentrazioni di particolato con valori limite vincolanti, le scadenze di tale sostituzione e in che modo essi sarebbero stati applicati. La norma sui valori limite per il particolato PM2,5, il più nocivo per la salute umana, è assolutamente basilare.
Pertanto ci serve una direttiva molto rigorosa. I semplici valori limite, tuttavia, non sono sufficienti. Occorre prestare attenzione anche alle tecniche che possono migliorare la qualità dell’aria ambiente.
18. Censimento della popolazione e delle abitazioni (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Ona Juknevičienė, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni (COM(2007)0069 – C6-0078/2007 – 2007/0032(COD)) (A6-0471/2007).
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, i censimenti della popolazione e delle abitazioni sono la pietra d’angolo di tutte le relazioni statistiche sulle persone che vivono nell’Unione europea. In quasi tutte le aree di intervento in cui è attiva l’Unione europea, sia essa economica, sociale o ambientale, sono necessari dati demografici di alta qualità per contribuire a formulare gli obiettivi operativi e a valutare i progressi realizzati. Le istituzioni internazionali, europee e nazionali hanno bisogno di dati di censimento per effettuare validi confronti tra gli Stati Membri dell’UE.
Per rispettare normative essenziali sono richiesti dati precisi sulla popolazione. Per esempio: la votazione a maggioranza qualificata in sede di Consiglio, o la ripartizione dei Fondi strutturali (in base alle cifre del PIL pro capite).
Lo scopo dell’attuale normativa è quello di fornire un quadro europeo chiaro per ottenere la comparabilità dei risultati dei censimenti condotti negli Stati Membri dell’UE. Essa chiarisce i compiti e i ruoli degli organismi di statistica a livello nazionale ed europeo e fissa requisiti comuni in materia di qualità e trasparenza dei risultati, dei metodi e della tecnologia utilizzati.
Ciò costituirà un importante passo avanti per l’armonizzazione delle statistiche demografiche e sociali. I censimenti demografici hanno una lunga tradizione nei paesi dell’odierna Unione europea, in alcuni paesi addirittura secolare. Per la prima volta ci sarà un quadro legislativo europeo per i censimenti. La parola “storico” potrebbe essere adatta a descrivere questi sviluppi. Anche il regolamento sarà un’importante pietra miliare per la cooperazione internazionale nell’ambito dei censimenti della popolazione e delle abitazioni in cui la Commissione europea, tramite Eurostat, è attiva da diversi anni.
Si registra un’ampia intesa tra tutte le Istituzioni coinvolte, Commissione, Consiglio e Parlamento, circa l’importanza della legislazione. E’ ovvio e naturale che la legislazione sui censimenti susciti polemiche. Dopotutto, si deciderà della raccolta di dati su tutti i cittadini europei, nonché delle pratiche statistiche più costose e gravose.
La tematica è politicamente sensibile e richiede un considerevole investimento di denaro dei contribuenti e la buona volontà dei cittadini degli Stati membri.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che l’assenza di dati demografici soggettivi e confrontabili avrebbe conseguenze negative. I dati servono per formulare e valutare politiche, a scopo amministrativo e per ricerche sociali che migliorano il benessere di coloro che vivono nell’Unione europea. I vantaggi di dati censuari armonizzati superano di gran lunga gli sforzi necessari per raccoglierli.
Gli Stati membri conducono i propri censimenti nazionali da diversi decenni. Il risultato che questa legislazione europea può ottenere è rendere i loro sforzi ancora più proficui garantendo dati censuari della massima qualità e confrontabili tra le regioni dell’Unione europea.
E’ per questo che la Commissione europea sostiene il dibattito ancora in corso e spera sinceramente che si trovi una soluzione che risulti accettabile a un’ampia maggioranza dell’Assemblea, nonché degli Stati membri rappresentati nel Consiglio. Chiediamo a tutti di sostenere la relatrice, onorevole Juknevičienė, nella sua ricerca di un siffatto compromesso.
Ona Juknevičienė, relatrice. – (LT) Il Commissario ha appena dichiarato che questo regolamento è un evento storico. Vorrei iniziare osservando che è vero, questo è un evento storico, ma allo stesso tempo risulta essere uno dei più scandalosi in Europa. Oggi, dovremmo ammettere, anche se sembra ovvio, che finora non avevamo statistiche affidabili, né avevamo idea di quante persone vivessero nell’Unione europea e in quale tipo di abitazioni. Prima di tutto, vorrei ringraziare i miei colleghi, in particolare i relatori ombra, i rappresentanti della commissione per l’occupazione e gli affari sociali e i componenti delle commissioni regionali, per la loro stretta collaborazione nella preparazione del presente documento. I miei più sentiti ringraziamenti vanno ai rappresentanti della Commissione e del Consiglio che hanno partecipato attivamente alle discussioni e ai nostri sforzi comuni per giungere al compromesso che prevede che il presente regolamento debba contenere esclusivamente i dati necessari. Qualunque dato superfluo che possa violare, in alcuni casi, il diritto alla privacy di un individuo non deve essere raccolto.
Le statistiche dell’UE e, quindi, il regolamento hanno un fondamento giuridico fornita dall’articolo 285 del Trattato UE. Non vi è dubbio che le basi di questo documento sono state delineate. Questo articolo specifica l’esigenza di conformarsi a criteri importantissimi: imparzialità, affidabilità, obiettività, indipendenza scientifica, rapporto costo-efficacia e riservatezza statistica.
Il principale obiettivo del regolamento è quello di fornire un resoconto dettagliato della struttura demografica e delle caratteristiche della popolazione allo scopo di analizzare i dati e di utilizzare i risultati per sviluppare una strategia in molti settori di intervento dell’UE.
I dati del censimento annuale della popolazione servono, come ha detto il Commissario, per stabilire criteri importanti quali il voto e il calcolo della maggioranza dei voti nel Consiglio. Sono necessari dati regionali di alta qualità per individuare le regioni che possono beneficiare dell’assistenza comunitaria, nonché per valutare i progressi compiuti nella politica di coesione regionale. Pertanto, potrebbe esistere un altro documento più importante per quanto riguarda la possibilità di confrontare e fidarsi dei dati che contiene?
Il regolamento consente di raccogliere informazioni qualitativamente rilevanti in materia di alloggi. Tali dati sono necessari per calcolare il numero dei consumatori di acqua, energia e altri prodotti di base, per determinare la domanda e l’offerta di abitazioni ed erogare i finanziamenti necessari.
L’ultimo censimento, condotto nel 2001, si fondava su un gentleman’s agreement e non ottenne alcun risultato positivo. Ritengo che i dati siano poco accurati, inaffidabili, difficili da confrontare riferendosi a periodi di tempo diversi. E’ per questo che sorgono dubbi riguardo all’effettiva motivazione della distribuzione e dell’utilizzo dei fondi UE. Naturalmente, ciò complica anche la preparazione di piani per il futuro.
Il regolamento proposto garantirebbe risultati affidabili, trasparenti e confrontabili. Esso richiederebbe inoltre soltanto le informazioni essenziali su alcune tematiche.
Pertanto, onorevoli colleghi, vi chiedo di appoggiare gli emendamenti da me proposti, che sono volti a sollevare gli Stati membri dall’onere di raccogliere e immagazzinare informazioni superflue.
La votazione su questo regolamento è stata rinviata alla prossima sessione plenaria. E’ importantissimo giungere a un compromesso. Dobbiamo rendere operativo questo regolamento per conseguire i nostri obiettivi.
Abbiamo anche bisogno del sostegno dei cittadini dell’UE. E’ importante che comprendano l’importanza del censimento e che lo appoggino. La gente deve essere certa che il sistema statistico comune sia affidabile e fondamentale per il loro benessere. Cosa più importante, le informazioni devono essere memorizzate in modo sicuro e utilizzate soltanto per lo scopo previsto.
José Albino Silva Peneda, a nome del gruppo PPE-DE. – (PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, in qualità di relatore ombra per il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei, ho seguito la preparazione della presente relazione e i negoziati con la Commissione. Si tratta in effetti di una relazione molto importante che ha l’obiettivo di pianificare e valutare le politiche regionali e sociali nei vari Stati membri e, in tale ambito, il profilo socioeconomico della popolazione europea e le condizioni abitative sono tra i punti più decisivi per la misurazione del miglioramento delle condizioni di vita.
A nostro modo di vedere, la Commissione sembra stia muovendosi nella direzione giusta, che noi appoggiamo, per quanto riguarda gli indicatori che consentono questo tipo di analisi. Pertanto dobbiamo continuare a migliorare la copertura, la qualità e l’affidabilità di questo tipo di dati statistici. Riteniamo, tuttavia, che occorra sempre fare attenzione a mantenere un buon equilibrio tra costi e benefici per quanto riguarda il grado di dettaglio delle informazioni da fornire, senza tralasciare la questione della privacy.
Questa relazione sarà utile soltanto se aiuterà ad aumentare la frequenza, la comparabilità e la precisione di questi dati a livello UE. A questo scopo è essenziale fare particolare attenzione ai dati forniti dagli Stati membri, i quali devono essere coerenti, completi ed affidabili. Questo è il solo modo di condurre studi comparativi e analizzare la situazione socioeconomica a livello regionale, nazionale e comunitario. Il metodo seguito per elaborare tali dati è ancora più importante, dal momento che la classificazione delle regioni ai fini dell’applicazione dei fondi strutturali si basa in larga misura su tali indici, il che significa che normalmente, questo processo produce decisioni che possono avere pesanti conseguenze per le varie regioni europee e per gli Stati membri stessi.
Spero che, a seguito dei negoziati con il Consiglio, riusciremo ad ottenere una maggiore coerenza, chiarezza e precisione nel corso di tutto il processo. Chiedo sia messo agli atti che il gruppo PPE-DE ha mantenuto la propria posizione originaria su questa relazione, anche dopo aver udito le spiegazioni fornite dalla Commissione, in linea con la posizione del relatore; spero che manterremo tale posizione fino alla fine. Siamo a favore, in particolare, della cancellazione delle sezioni 1.3 e 2.3 dell’allegato, nonché di alcuni emendamenti successivi che a nostro parere non sono coerenti con gli obiettivi di migliorare la qualità e l’affidabilità delle informazioni.
Emanuel Jardim Fernandes, a nome del gruppo PSE. – (PT) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, l’onorevole Madeira, che avrebbe dovuto parlare a nome del gruppo socialista al Parlamento europeo, non ha potuto raggiungerci per problemi di trasporto. Perciò presenterò le sue opinioni in merito all’importanza di questa relazione e le sue preoccupazioni, che io condivido, e che ho espresso in precedenza durante questa sessione plenaria per quanto riguarda le politiche di sviluppo.
L’approvazione del Trattato di Lisbona, che deve essere firmato questa settimana dai capi di Stato e di governo, rende assolutamente imprescindibile l’acquisizione di dati demografici affidabili per l’Unione europea. Le nuove procedure di voto incluse nel trattato, che terranno conto d’ora in poi non solo del voto degli Stati membri, ma anche dei dati demografici, esigono che noi prendiamo atto dell’enorme importanza dei censimenti della popolazione per il corretto funzionamento dell’Unione europea. Tuttavia, questo regolamento è importante anche per altri motivi, oltre alle procedure di votazione: è importante anche per tutti gli indicatori relativi all’occupazione, alle questioni regionali, strutturali o sociali che tengono conto dei dati forniti da ciascuno degli Stati membri e che, spesso, considerate tutte le discrepanze nei metodi di raccolta dati utilizzati o nei periodi di riferimento, producono analisi inadeguate e risultati di validità discutibile. L’ultima volta che è stato condotto questo esercizio, nel 2000, i dati furono resi disponibili soltanto nel 2005, pertanto la loro validità era opinabile.
Il regolamento in esame oggi, epurato da alcune incongruenze che hanno fatto trasalire persino il lettore più distratto, tiene conto di una serie di fattori fondamentali per conseguire buoni risultati dai censimenti della popolazione e degli alloggi e ci permetterà di avere a disposizione anni di riferimento predefiniti comuni agli Stati membri e un elenco di domande che consentiranno di fare paragoni affidabili.
Infine, ripeto che sono a favore dell’inclusione di argomenti non obbligatori nel regolamento. L’utilizzo delle domande non incluse negli argomenti obbligatori non solo fornirà agli Stati membri un elenco coerente che potrà servire da base per la raccolta di ulteriori dati invece di lasciare a loro la scelta delle domande, che potrebbero produrre risultati interessanti ma completamente superflui. La tesi secondo cui i censimenti vanno eliminati dal testo perché sono costosi non ha alcun senso. E’ proprio per gli alti costi che comportano che dobbiamo individuare chiaramente gli argomenti da analizzare all’interno di un quadro giuridico in modo che i risultati non si dimostrino privi di valore e possano essere utilizzati a vario titolo in futuro.
Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, il progetto di regolamento sui censimenti della popolazione e delle abitazioni è un documento di notevole rilevanza. Le informazioni raccolte dai censimenti della popolazione e delle abitazioni costituiscono un’opportunità per un’elaborazione razionale delle strategie di sviluppo e per intraprendere interventi in tali ambiti. Per questo è così importante che i dati siano trasparenti e confrontabili. In tal caso, le soluzioni comunitarie si applicheranno soltanto a fenomeni reali e studiati a fondo.
La comparabilità non è solo una questione di corretta definizione dei dati, significa anche che i dati sono stati raccolti negli stessi periodi di tempo. La chiarezza nell’indicazione dei periodi di raccolta e delle date di aggiornamento, correzione e pubblicazione è di grande importanza e questo è stato dichiarato esplicitamente nel documento e negli emendamenti.
Un punto importante è il modo in cui vengono raccolti i dati sulle comunità locali. Io sono a favore dell’emendamento che introduce una definizione a parte per questo aspetto. Sono inoltre a favore dell’emendamento che introduce politiche ambientali oltre a quelle regionali. Senza dubbio è necessario svolgere periodici studi statistici che analizzano le caratteristiche familiari, sociali, economiche e residenziali in considerazione dei problemi demografici e sociali che l’Europa è chiamata ad affrontare.
E’ per questo motivo che l’emendamento che cancella gli argomenti consigliati per livelli geografici, in particolare argomenti non derivati quali l’ubicazione delle scuole e degli istituti di istruzione superiore, i mezzi per recarsi al lavoro o a scuola, la distanza dal luogo di lavoro o dalla scuola, il numero dei nati vivi, il tipo di attività economica, la durata della disoccupazione, la principale fonte di sussistenza, il reddito, le condizioni abitative o la disabilità, che descrivono le effettive condizioni di vita delle famiglie, è sbagliato.
L’accento posto nel testo sui diritti nazionali di tutela dei dati personali è importante, e il principio di sussidiarietà è stato giustamente mantenuto in questo ambito. Mi congratulo con l’onorevole Juknevičienė per l’accurato lavoro svolto sul progetto di relazione.
Presidente. − Lasciatemi sottolineare che durante la discussione si è unito a noi un deputato che solo ieri è divenuto membro a tutti gli effetti di questa Assemblea, l’onorevole Krzysztof Hołowczyc, una figura molto nota in Polonia. Benvenuto, onorevole Hołowczyc! Prenda pure familiarità con le procedure.
L’onorevole Hołowczyc è un pilota di rally, molto noto in Polonia, e sabato ha vinto una tappa leggendaria del rally di Barbórka. Le mie più sincere congratulazioni! Qui, tuttavia, noi pratichiamo un diverso tipo di sport perciò la prego di cambiare assetto rapidamente, onorevole Hołowczyc.
Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, è vero che la raccolta e l’armonizzazione delle statistiche sulle principali caratteristiche economiche e sociali delle regioni sono essenziali per l’Unione europea. Lo stanziamento dei Fondi strutturali, che costituiscono un terzo del bilancio, si fonda in effetti su questi dati di base. Quello che la Commissione sta proponendo qui nel suo regolamento sui censimenti della popolazione, tuttavia, in realtà non ha nulla a che vedere con queste esigenze. I dati che intende raccogliere e armonizzare in questo testo ufficiale, che si applica direttamente a tutti gli Stati membri dell’UE, sono i dati personali di esseri umani come noi, informazioni che non sono di alcun interesse per l’UE. Essi comprendono dati personali sulla famiglia e sulla vita sessuale, sulla situazione abitativa e sull’affiliazione religiosa. Inoltre, ha anche l’audacia di voler includere per legge tali dati in standard uniformi senza prevedere nella normativa alcun riferimento alla protezione dei dati.
E’ perciò nostro dovere di rappresentanti dei nostri cittadini, bloccare queste intrusioni nei diritti dei singoli, proprio perché non vi è motivo per armonizzare i dati sulla vita familiare, le condizioni personali o la situazione abitativa quando ciò non rientra in alcun modo nella sfera di competenza dell’Unione europea e non è previsto dal Trattato di riforma. Non si può consentire all’UE di reclamare, surrettiziamente, competenze che devono restare di pertinenza esclusiva degli Stati membri, e il monitoraggio della raccolta dei dati farebbe presupporre proprio questo. Per noi non è questione di tempo o di velocità, ma della fondamentale necessità che la protezione dei dati personali sia assolutamente prioritaria. Il testo della Commissione non garantisce questo. Sono lieta che la relatrice desideri cancellare il testo non obbligatorio. Ci siamo già espressi a favore, anche a livello di commissione. Sfortunatamente, in quel momento non aveva ottenuto la maggioranza necessaria.
I cittadini si aspettano che noi facciamo in modo che ciò che ora è previsto dalla sentenza, cioè la sospensione, costringa in realtà la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni a garantire che la protezione dei dati sia verificata ancora una volta e che soltanto allora, sarà presa la decisione sulla posizione del Parlamento e si procederà alla prima lettura. Chiederei a tutti i gruppi di tener fede alla parola data in questo frangente.
Jiří Maštálka, per il gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, credo che la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui censimenti della popolazione e delle abitazioni presentata dalla Commissione sia un passo nella direzione giusta, come le precedenti proposte sulle statistiche relative alla salute, alla sicurezza sul lavoro e alle offerte di lavoro. Concordo inoltre con la dichiarazione della Commissione rilasciata durante gli ultimi censimenti della popolazione e delle abitazioni del 2001, secondo cui la raccolta di dati nei singoli Stati membri basata soltanto su gentlemen’s agreement è inadeguata per conseguire risultati sufficientemente paragonabili. E’ pertanto necessario adottare una normativa a livello europeo. Soltanto in tal modo potremo garantire l’affidabilità, la trasparenza e la comparabilità dei risultati.
D’altro canto, mi sono preoccupato quando ho visto l’elenco dei dati richiesti da Eurostat nella sezione 1.3 dell’allegato alla proposta di regolamento. Anche tenendo conto del fatto che si tratta soltanto di indicatori consigliati, credo che la Commissione abbia esagerato qui. Non vi sono motivi per porre agli individui domande intime sulla loro vita privata. Sono rimasto ancora più sconvolto sapendo che tali dati sarebbero stati raccolti soltanto tra le donne. Pertanto ho accolto molto favorevolmente la decisione della commissione per l’occupazione e gli affari sociali di eliminare tali requisiti intrusivi e inappropriati dalla proposta della Commissione.
Tali informazioni sono forse più adatte ad un centro medico. Per quanto riguarda l’anonimato di questi dati, a mio parere dovrebbe essere paragonabile a quello dei dati bancari. Penso che nella compilazione di informazioni statistiche dobbiamo rispettare soprattutto la protezione dei dati personali e la privacy degli individui, e dobbiamo impedire un aumento sproporzionato della quantità di compiti richiesti ai fornitori dei dati. Raccomanderò al gruppo GUE/NGL di votare in tal senso.
Derek Roland Clark, a nome del gruppo IND/DEM. – Signor Presidente, il 20 novembre, nella commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sono stato lieto di sostenere la relatrice Juknevičienė nel suo emendamento 32 per sopprimere il paragrafo 1.3.2 al fine di eliminare la domanda invadente e offensiva rivolta alle donne relativa al primo rapporto sessuale, camuffato da “unione consensuale”. Il rappresentante della Commissione, presente allora in commissione mi ha promesso che questa “domanda poco delicata” sarebbe stata soppressa e non sarebbe stata reintrodotta. Io l’ho considerata una vittoria per me, per il mio partito, l’UKIP, ma, soprattutto, una vittoria del buon senso, ed ero disposto a congratularmi con la Commissione per questo. Per inciso, tale ritrattazione dimostra che avevo ragione a sostenere che riguardasse l’atto sessuale perché, se fosse stata soltanto convivenza, come si sosteneva che fosse, perché il rappresentante della Commissione promise di ritirare quella che era una domanda innocente? Ciò dimostra che avevo ragione.
Ora, quando oggi ho visto che la votazione su questa proposta non si sarebbe tenuta domani, come previsto originariamente ma è stata rinviata a data da destinarsi, benché il dibattito stia ovviamente proseguendo tuttora, ho sentito puzza di bruciato perché di solito le votazioni seguono di poco le discussioni. Avevo visto giusto. L’ultima versione che ho stampato dal computer appena un’ora fa mostra, come riportato a pagina 1 del testo della Commissione, che è stato incluso un nuovo emendamento n. 39. Esso non è in alcun modo collegato all’originario emendamento n. 39, che è un emendamento innocente riguardante aspetti strettamente tecnici, ma è il vecchio 1.3.2, comprendente la lista completa delle domande, compresa la domanda invadente relativa all’unione consensuale delle donne.
All’epoca, in commissione, non ho gradito il fatto che al momento della votazione il giorno successivo la relatrice avesse permesso che il suo emendamento 32 fosse leggermente annacquato nel compromesso A, che non solo eliminava l’elenco dei quesiti del punto 1.3.2, ma lasciava anche intatti i paragrafi introduttivi 1.3 e 1.3.1, il che rappresentava un appiglio per ulteriori domande: avevo ragione a nutrire sospetti in merito.
Il quesito sgradevole, invadente e offensivo è stato vergognosamente reintrodotto sotto forma di emendamento n. 39 dalla Commissione, contrariamente alla promessa fattami dalla Commissione, pertanto sono più adirato, signor Presidente, di quanto sia mai stato ultimamente. Mi era stato promesso che sarebbe scomparsa invece la Commissione l’ha reintrodotta: una domanda ignobile che nessuna donna dovrebbe tollerare. E’ vergognoso per le donne; è vergognoso per la commissione che deve discuterne. Pertanto chiedo a tutti i colleghi di votare contro l’emendamento n. 39 e, per sicurezza, di votare contro questa spregevole e distorta proposta nel suo complesso.
Andreas Mölzer (NI). - (DE) Signor Presidente, in considerazione dei conflitti su base etnica che continuano a divampare, manifestandosi negli eccessi degli ultimissimi scontri di Parigi, per esempio, è piacevole notare che l’UE sembra finalmente svegliarsi dai suoi sogni multiculturali e intende porsi interrogativi sulle origini etniche e sulla religione in un censimento demografico a livello UE previsto per il 2011.
Tali dati vanno assolutamente raccolti per meglio valutare i potenziali rischi in tale ambito. Le differenze culturali possono aggravarsi, come notiamo sempre più spesso negli ultimi tempi, anche troppo facilmente. In questo campo l’Europa, di cui fanno parte paesi che si sono trionfalmente dichiarati paesi di immigrazione, e noi europei siamo seduti su una polveriera che non va sottovalutata, anche negli agglomerati urbani.
Gli ultimi scontri tra curdi e turchi hanno richiesto una presenza massiccia della polizia nelle nostre città, come tutti sanno. Le statistiche sulla composizione etnica e culturale della popolazione residente potrebbero perciò essere una necessità e un vantaggio di capitale importanza per prevenire le violenze.
PRESIDENZA DELL’ON. EDWARD McMILLAN-SCOTT Vicepresidente
Jan Březina (PPE-DE). - (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta concernente i censimenti della popolazione e delle abitazioni è un atto giuridico del tutto nuovo per l’Unione europea in un ambito che in passato non era regolamentato. Ci si chiede se vi sia effettivamente bisogno di una tale legislazione. Gli argomenti addotti dalla Commissione relativi all’esigenza di garantire la comparabilità e la qualità dei dati statistici sono relativamente convincenti, in particolare sul piano generale. Tuttavia, dobbiamo guardare con occhio critico gli ambiti informativi che si propone di raccogliere e valutare. La proposta della Commissione contiene un vasto gruppo di dati la cui sostenibilità è molto dubbia. Ritengo controversa la raccolta di dati sugli alloggi basata sulle conclusioni del Consiglio europeo di Laeken. Essi possono essere considerati un’espressione di volontà politica, non un valido documento legale. Inoltre, l’UE non ha alcuna competenza in ambito abitativo, perciò le statistiche ottenute in tale ambito, a differenza di altri dati, non possono servire a sostenere l’attuazione delle politiche vigenti, a meno che i risultati siano da intendersi come possibile catalizzatore per l’introduzione di una nuova politica comune in materia di edilizia abitativa. Ciò, tuttavia, costituirebbe un abuso di potere e violerebbe il Trattato.
La proposta di raccogliere una vasta quantità di dati sulla vita privata dei cittadini è assolutamente ingiustificata. Dal punto di vista dell’attuazione di politiche comuni, non vi sono motivazioni per cui le istituzioni UE debbano poter accedere a informazioni sul numero di matrimoni e di partner di ogni cittadina o sulla durata di tali relazioni. Sembra piuttosto che si giochi al “Grande Fratello”, immischiandosi nella vita privata delle persone e violandone le libertà personali in modo sconveniente. Se alcune delle istituzioni dell’UE sono tentate di farlo, è giusto intervenire e fissare limiti chiari e non trasgredibili. A mio parere, la commissione per l’occupazione e gli affari sociali lo ha fatto limitando notevolmente gli ambiti nei quali fosse possibile raccogliere dati ed è da encomiare per questo. La soluzione più trasparente è quella proposta dal mio gruppo, il PPE-DE, che tralascia tutti i riferimenti contenuti nell’allegato a tipi concreti di dati statistici. Raccomando di accordare a questa proposta la vostra attenzione e il vostro sostegno.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE). - (RO) Signor Presidente, vorrei congratularmi con la relatrice e sottolineare l’importanza di questa proposta di regolamento relativa alle statistiche raccolte dagli Stati membri in materia di alloggio.
Gli Stati membri devono utilizzare un sistema comune di raccolta e documentazione periodica di dati standard. Statistiche accurate e precise relative alla situazione abitativa consentono all’Unione e agli Stati membri di applicare politiche adeguate a questo campo. Cionondimeno, un’eventuale raccolta di dati deve rispettare la vita privata delle persone. L’Unione non si deve fondare unicamente su criteri economici: occorre anche costruire un’Europa sociale.
Condizioni di vita decenti presuppongono ovviamente una situazione abitativa decente. Purtroppo, oggi, nell’Unione europea oltre 60 milioni di cittadini vivono al di sotto della soglia di povertà, e i bambini sono i soggetti più esposti a tale rischio. Naturalmente, queste persone hanno anche difficoltà nel trovare un alloggio decente.
Le principali tendenze sociali e demografiche che influiscono sulle politiche per l’edilizia sovvenzionata sono il prodotto dell’invecchiamento della popolazione, della migrazione interna all’Unione, della migrazione dalle zone rurali a quelle urbane e dal prevalente sviluppo di queste ultime.
Tuttavia, non esiste alcun modello univoco applicabile a tutti gli Stati membri: in alcuni di essi, vi è un gran numero di case in cui coabitano diverse generazioni della stessa famiglia. Austria, Finlandia, Repubblica Ceca e Polonia hanno programmi di edilizia sovvenzionata per i giovani. In Francia, Germania, Ungheria, Spagna e Gran Bretagna, il numero di case con un solo inquilino è aumentato. In Romania, il 95 per cento delle case è di proprietà privata e solo il 5 per cento dato in affitto o appartiene all’edilizia popolare. In Danimarca, il 47 per cento delle case è abitato da inquilini o è costituito da abitazioni di edilizia popolare, in Austria il dato è pari al 42 per cento, in Finlandia al 37 per cento, in Francia al 44 per cento e in Germania al 57 per cento.
Le statistiche rappresentano soltanto un punto di partenza nello sviluppo di politiche abitative adeguate per ogni Stato membro. Tali politiche dipendono dallo stanziamento di fondi pubblici a livello nazionale, regionale o locale, nonché dall’andamento del mercato immobiliare. Ritengo che gli Stati membri debbano anche utilizzare i fondi strutturali per costruire case, in particolare quelli per lo sviluppo regionale.
Tuttavia, il tema dell’edilizia abitativa richiede un approccio basato su dati statistici oltre che mondiale, multidimensionale, basato sul diritto nazionale e comunitario. Tuttavia, è necessario anche un approccio pragmatico, che si basi sui bisogni dei cittadini. Sfortunatamente, vi sono cittadini europei che vivono in case inadeguate e poco sicure, ma ce ne sono anche altri che non hanno alcuna casa, né un tetto sopra la testa. Quale è la risposta e il sostegno dell’Europa ai bisogni di questi cittadini?
Kathy Sinnott (IND/DEM). - (EN) Signor Presidente, uno dei più importanti servizi che l’Europa può offrire è sostenere la raccolta di informazioni affidabili e confrontabili. Per questo motivo, appoggio con riserva l’idea di un censimento europeo.
Tuttavia, occorre esaminare qualche punto. Prima di tutto, occorre che la relazione contenga un qualche riconoscimento dei censimenti nazionali. Gli Stati membri conducono già censimenti, ora essi saranno costretti a organizzare censimenti nazionali ed europei.
Fare un censimento è molto costoso, è un’attività che necessita di una grande quantità di manodopera, ed è ragionevole aspettarsi che gli Stati membri coniugheranno sempre più spesso il censimento nazionale con quello europeo. Occorre tenerne conto. E’ importantissimo consentire agli Stati membri di sfruttare l’opportunità di un censimento europeo per porre domande relative alla propria nazione e collazionarle separatamente dalle domande comuni o da quelle esclusivamente europee.
Inoltre, occorre dedicare maggiore attenzione alle domande dei censimenti. Esse vanno scelte con attenzione e non devono oltrepassare la linea che separa le informazioni valide da quelle invadenti e dagli attacchi alla privacy. Noi desideriamo comprendere le tendenze, cercare di rendere più adeguate le nostre strategie; non intendiamo ficcare il naso nella sfera personale delle persone. Una volta scelte domande rispettose, occorre tenere bene presente che devono essere sottoposte non solo a un processo linguistico, ma anche a una trasposizione culturale. Poiché la relazione non intende armonizzare le norme sui censimenti, occorre compiere questo passo per essere certi di ottenere una precisa comparabilità dei dati tra gli Stati membri.
Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). - (NL) Signor Presidente, desidero richiamare l’attenzione sul rapporto tra l’obiettivo di raccolta dei dati e la quantità di dati effettivamente contenuti in un’analisi come questa, perché qui qualcosa chiaramente non va. Qualcosa non va nel rapporto tra i compiti dell’Unione europea nel campo della politica abitativa, per esempio, e ciò che stiamo richiedendo ora. L’Unione non ha competenze in questo campo. Neppure il Parlamento ha le competenze necessarie per discutere del rapporto tra credi religiosi, origine etnica ed eventuali problemi di integrazione; non sta all’Unione europea nel suo complesso pronunciarsi su queste materie.
Ciò che, tuttavia, occorre esaminare qui è il metodo seguito per stanziare finanziamenti, per distribuire i nostri fondi strutturali. Qui l’importante è avere un’idea precisa del numero di abitanti delle regioni interessate, le regioni inserite nella classificazione delle unità territoriali per la statistica (NUTS). Finché non si disporrà di dati precisi in questo campo, e finché non sarà possibile un orientamento ai risultati, in termini finanziari, sarà infatti necessaria questa azione. Omogeneità e affidabilità sono i principali fattori di cui tenere conto in questo caso.
Vorrei citare un ulteriore punto, su cui l’onorevole Novak ha avanzato alcune proposte veramente interessanti in sede di commissione per lo sviluppo regionale. Per quanto riguarda l’interferenza nella cerchia familiare, nella sfera privata dei cittadini, voteremo contro la proposta se non si eliminerà tale interferenza. Forse questi aspetti saranno eliminati durante il dialogo a tre, mi affido al relatore per questo. Soltanto in tal caso il Parlamento e il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei saranno in grado, alla fine, di concedere il proprio appoggio, soltanto a questa condizione.
Maria Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). - (EL) Signor Presidente, come indicato dalla relatrice e da quasi tutti gli oratori, è importante confrontare i dati demografici degli Stati membri e i principali indicatori sociali, economici, familiari e abitativi, di modo che in base a tali informazioni, ogni Stato membro possa affrontare meglio i problemi che lo riguardano, nel quadro della sua politica. A livello europeo, tuttavia, occorre prendere di mira i dati che produrranno una migliore politica di coesione e un migliore sviluppo regionale, al fine di eliminare le diseguaglianze e di colmare il divario tra diversi gruppi sociali e tra diverse regioni europee.
Fissando definizioni e indicatori comuni, la proposta di regolamento garantisce la comparabilità dei dati e, quindi, promuove le migliori prassi negli Stati membri. Tuttavia, occorre una periodica valutazione e convalida dei dati statistici raccolti dalle agenzie competenti, inoltre queste agenzie devono essere sottoposte a controlli di qualità e verifiche della loro trasparenza. L’obiettività, la rappresentatività e la precisione dei dati costituiscono aspetti importanti. Paradossalmente, benché la Commissione stia revocando gli allegati al regolamento, è a favore dell’inclusione di argomenti raccomandati che possono influire sulla chiarezza e sulla precisione dei dati, poiché lascia gli Stati membri liberi di fare come meglio credono. Se lo scopo della proposta è quello di adottare una legislazione vincolante che determini definizioni comuni per la comparabilità dei dati, ritengo che questi punti siano da cancellare.
Dobbiamo procedere a un’analisi costi-benefici, come previsto dall’articolo 5a, dal momento che il costo della raccolta di tali dati è particolarmente alto per gli Stati membri che hanno scarse possibilità di analizzarne i dettagli.
Da ultimo, vorrei sottolineare che se gli emendamenti non saranno approvati, la bozza di regolamento toccherà aspetti molto sensibili legati alla vita personale, familiare e privata, come la richiesta della raccolta di dati sulla convivenza, che va eliminata, o la temperatura dell’acqua del bagno! Perché dovremmo raccogliere informazioni e dettagli che non sono legati alle politiche europee? La povertà non si controlla con i numeri e i dati.
Ljudmila Novak (PPE-DE). - (SL) Sono a favore del regolamento sui censimenti della popolazione e delle abitazioni.
Con i dati raccolti in base al presente regolamento saremo in grado di valutare meglio le condizioni socioeconomiche in cui vivono gli abitanti dell’Unione europea a livello regionale e nazionale, e a livello di Unione europea. Inoltre, grazie a questi dati sarà possibile valutare con maggiore precisione l’efficacia dell’attuazione delle politiche regionali e i progressi compiuti nella coesione regionale, per la quale l’UE sta stanziando una quantità sempre crescente di fondi.
Per conseguire gli obiettivi desiderati mediante il regolamento, occorre garantire due cose: il volume dei dati che raccogliamo ai sensi del presente regolamento non devono essere troppo grandi e i dati raccolti devono essere di alta qualità e confrontabili. Vanno evitati i dati che non producono il valore aggiunto richiesto e si limitano ad aumentare la burocrazia e la spesa. Si tratta di proposte contenute negli allegati 1.3 e 2.3, in merito alle quali gli Stati membri devono produrre relazioni di propria iniziativa.
Al contempo, occorre stare attenti a non invadere eccessivamente la privacy degli uomini e delle donne che vivono nell’Unione europea. Inoltre, non possiamo impiegare la raccolta di tali dati per discriminare un genere o un altro.
La comparabilità dei dati fondamentali tra Stati membri e l’affidabilità dei dati raccolti nel corso dei censimenti servono a valutare le politiche europee e a confrontare i risultati delle politiche nazionali a livello europeo. Pertanto, il regolamento deve far sì che tutti gli Stati membri applichino lo stesso metodo e gli stessi criteri nella raccolta dei dati.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). - (SK) Signor Presidente, dati demografici precisi e dati sulle abitazioni affidabili in ambito UE sono attualmente un prerequisito essenziale per una corretta valutazione di tutti gli ambiti delle politiche europee, nonché per la formulazione di obiettivi operativi e per la valutazione dei progressi compiuti in singoli Stati membri.
Dal momento che servono per conseguire diversi obiettivi fondamentali, vorrei in particolar modo sottolineare l’importanza dell’affidabilità e della qualità di questi dati. Tra i diversi esempi nei quali dati censuari esatti sono importanti, vorrei indicarne due: il processo di votazione a maggioranza qualificata nel Consiglio e lo stanziamento di risorse tratte dai fondi strutturali per lo sviluppo delle regioni svantaggiate. Ritengo sia importante che quest’area sia regolamentata in modo uniforme. In tal modo i dati forniti dai singoli Stati membri saranno paragonabili sia a livello europeo che regionale, come è spesso necessario fare.
In qualità di componente della commissione per lo sviluppo regionale, vorrei sottolineare l’importanza della classificazione delle unità statistiche. La qualità e la comparabilità di questo tipo di informazioni possono essere garantite esclusivamente da un chiaro quadro europeo, in altre parole dalla legislazione europea in materia di censimenti della popolazione e delle abitazioni.
Concordo con chi pensa che la legislazione debba puntare in primo luogo ai risultati finali e non alle informazioni raccolte. Ciò garantirà in modo attendibile la comparabilità dei dati statistici, che, in caso sia assente, può abbassare la qualità dei dati.
Gli Stati membri devono essere liberi di scegliere le migliori modalità e i migliori metodi di censimento in conformità, tuttavia, con alcune norme vincolanti e con i requisiti qualitativi. E’ ovvio che gli argomenti, i limiti di tempo e le scadenze attuative devono restare gli stessi per tutti i paesi. Solo così i dati censuari potranno essere trasparenti, affidabili e paragonabili, un fattore fondamentale per conseguire diversi importanti obiettivi.
Presidente. − Prima di dare la parola al Commissario, mi ricordano che circa 2 000 anni fa re Erode istituì un censimento, ma in quell’occasione si trattava dei soli bambini maschi.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, per me questo sarà un inizio molto incoraggiante.
Sono lieta di annunciare che la Commissione è disposta ad accogliere la maggior parte degli emendamenti del Parlamento. Come ha dimostrato questa discussione, attualmente sono in corso negoziati che affronteranno i vostri timori. Un compromesso potrebbe aprire la porta a futuri sviluppi. La Commissione offre il proprio sostegno al dibattito ancora in corso e spera sinceramente che si trovi una soluzione accettabile per un’ampia maggioranza dell’Assemblea, nonché agli Stati membri rappresentati nel Consiglio.
Tuttavia, non va dimenticato che l’inclusione di nuovi argomenti in un censimento richiede preparativi approfonditi e di lungo periodo. Ho fiducia che si troverà il giusto equilibrio tra le importantissime relazioni sulla popolazione e sulle abitazioni dell’Unione europea e i costi e gli sforzi necessari per raccogliere i dati.
Vorrei prestare particolare attenzione alla domanda dell’onorevole Schroedter. Il punto era che questa legislazione non garantisce una sufficiente riservatezza dei dati. Io rispondo che la riservatezza dei dati è presa molto seriamente da Eurostat e da tutti gli uffici nazionali di statistica. Esiste una legislazione quadro in materia di riservatezza dei dati a livello nazionale ed europeo. La proposta relativa ai censimenti non viola, né modifica nessuna di queste normative. Al contrario, rispetta appieno tutte le disposizioni, sia nazionali che europee.
Non vi è alcun bisogno di ripetere una legislazione quadro consolidata in materia di riservatezza dei dati nell’ambito di questa specifica proposta sui censimenti. Nessuno dei dati trasmessi a Eurostat consente di ottenere informazioni su alcun singolo individuo. Si tratta di dati anonimi. Inoltre, la legislazione, nella sua attuale formulazione, consente unicamente la trasmissione di dati aggregati, non di microdati.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà in una tornata successiva.
19. Sicurezza dei giocattoli (discussione)
Presidente. - L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla sicurezza dei giocattoli.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Parlamento per il costante interesse per le tematiche relative alla sicurezza dei prodotti, e per questa opportunità di fornire una breve presentazione dei primi risultati del bilancio della sicurezza dei prodotti, pubblicato il 22 novembre 2007. Io ho partecipato alla riunione della commissione IMCO del 26 novembre e ora sono lieta di rivolgermi al Parlamento europeo riunito in seduta plenaria.
I miei tre punti di partenza e principi sono ancora validi e possono essere confermati: non vi può essere alcun compromesso sulla sicurezza dei consumatori; noi crediamo nell’apertura dei mercati e nella concorrenza leale; inoltre desideriamo lavorare nell’ambito di partenariati internazionali con cinesi e americani.
Questi risultati del bilancio indicano che il quadro normativo è adatto allo scopo, se e quando sarà correttamente applicato. In particolare, il sistema di allarme rapido RAPEX sta funzionando con grande efficienza, garantendo il richiamo dei prodotti pericolosi dal mercato in tutta l’Unione europea.
Il consuntivo tuttavia individua alcune opportunità di miglioramento, nell’ambito di azioni preventive e della cooperazione internazionale, nonché di maggiori controlli.
Alcuni dei miglioramenti previsti sono già in fase avanzata per divenire azioni concrete, come nel caso della revisione della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli.
Intendo proporre ai miei colleghi Commissari di adottare un provvedimento temporaneo che imponga di apporre avvertenze sui giocattoli magnetici, in attesa della revisione della normativa, per far fronte ai possibili rischi che quel tipo di giocattoli potrebbero presentare. Ne abbiamo diritto ai sensi dell’articolo 13 della direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti. Spero che questa misura entri presto in vigore, ma sono anche cosciente del fatto che si tratta soltanto di una soluzione parziale e provvisoria, finché la normativa in materia non affronterà in modo organico il rischio legato alle calamite.
La Commissione sta collaborando con le autorità di vigilanza del mercato degli Stati membri per individuare e condividere le migliori pratiche per consentire una migliore vigilanza dei mercati. A ottobre 2007, gli Stati membri hanno riferito in merito alle iniziative volte a migliorare la cooperazione con gli operatori economici e a specifiche campagne di vigilanza sui giocattoli. La Commissione intende pubblicare dati comparativi sulla capacità esecutiva sulla Pagella dei beni al consumo nel primo trimestre del 2008.
La Commissione continua inoltre a rafforzare concretamente la capacità di vigilanza dei mercati degli Stati membri partecipando al finanziamento di progetti congiunti di vigilanza dei mercati ben congegnati (che nel 2007 riceveranno 1,3 milioni di euro di finanziamenti comunitari).
La tutela dei consumatori dai prodotti pericolosi richiede un livello coerente di protezione non solo in ambito comunitario, ma anche alle frontiere esterne dell’UE. Oltre alle azioni necessarie per migliorare la tutela all’interno dell’Unione europea, sono in corso varie azioni per rafforzarla alle frontiere. Le recenti vaste modifiche apportate alla legislazione doganale dell’UE aiuteranno a individuare le spedizioni ad alto rischio da controllare. Meccanismi sicuri di scambi doganali consentiranno anche di agire rapidamente quando perverranno informazioni su nuovi tipi di prodotti pericolosi.
La cooperazione tra queste due reti viene intensificata, in pratica, tramite scambi regolari di segnalazioni tra il sistema RAPEX e il sistema dei formulari RIF (Risk Information Form) delle autorità doganali. Quest’ultimo richiama l’attenzione degli ispettori di frontiera su specifici carichi potenzialmente pericolosi.
La Commissione ha sottolineato il tema della tracciabilità, un ambito estremamente importante che va migliorato. I dati statistici mostrano che i prodotti di origine ignota comunicati tramite il sistema RAPEX erano scesi per la prima volta ad ottobre 2007, attestandosi sul 3 per cento rispetto al 17 per cento del 2006. La Commissione attualmente sta studiando, assieme agli Stati membri, il modo per far sì che questo miglioramento non sia solo passeggero.
La Commissione ha già incluso nel pacchetto di legge sul “mercato interno delle merci” una clausola che chiede agli operatori economici di rendere disponibile l’identità del proprio fornitore, il che dovrebbe essere utile per gli interventi di vigilanza del mercato dopo l’entrata in vigore di questa normativa.
La Commissione ha inoltre chiesto cosa può fare la Cina per la tracciabilità, e accoglie con favore le iniziative di questo paese che prevedono l’obbligo di apporre codici a barre, a livello di fabbrica, ad alcune categorie di prodotti ad alto rischio.
La Commissione inoltre mette coerentemente in evidenza la responsabilità degli operatori economici per la sicurezza dei prodotti. Io considero positivamente l’impegno preso dal settore per l’elaborazione di misure che rafforzino la fiducia dei consumatori. Abbiamo concordato quello che definisco un “patto per la sicurezza”. Inoltre, invierò esperti con il compito di condurre uno studio sulle misure di sicurezza commerciali nella catena di approvvigionamento, i quali devono riferire ulteriori particolari in merito nel primo trimestre del 2008, perché nell’era della globalizzazione la nostra forza è determinata dall’anello più debole della catena.
Ritengo inoltre che sia importante comunicare con i cittadini europei in merito alle tematiche legate alla sicurezza dei prodotti, e ascoltare le loro preoccupazioni. Ciò è essenziale perché sia voi che io desideriamo rispondere in modo ancora più efficace ai loro quesiti e alle loro esigenze. Ho considerato la mia recente chat sull’argomento “Auguri di un Natale sicuro” (che ho molto apprezzato) molto illuminante e affascinante, e ho risposto a circa 50 interessanti domande.
Infine, le nostre preoccupazioni in merito alla sicurezza dei prodotti sono state riferite ai leader cinesi al vertice UE-Cina del 28 novembre 2007. I leader di entrambe le parti condividevano l’opinione secondo cui un alto livello di sicurezza dei prodotti è il segreto per ottenere la fiducia dei consumatori e per scambi reciproci. A questo scopo, le autorità competenti hanno creato un rapporto di collaborazione ad ampio raggio. Entrambe le parti sono disposte a continuare e ad approfondire il dialogo, con un periodico scambio di informazioni e mirano a ottenere miglioramenti misurabili e continuativi.
Parimenti, la Commissione ha concordato con il governo degli Stati Uniti, nell’ambito del Consiglio economico transatlantico, di rafforzare la nostra cooperazione sulle questioni inerenti alla sicurezza delle importazioni.
Ritengo che questa relazione a voi destinata abbia dimostrato che io e tutti i miei colleghi della Commissione abbiano compiuto i passi necessari per migliorare la sicurezza dei prodotti al consumo, assieme a tutti i soggetti coinvolti, con la massima efficacia, proporzione e impegno.
Vorrei nuovamente ringraziare il Parlamento per le nostre stimolanti discussioni sul tema.
Marianne Thyssen, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, non è una coincidenza, ovviamente, che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha chiesto che questo dibattito di grande attualità e urgenza poco prima di Natale, soprattutto perché questa tematica è stata già discussa a settembre, per quanto ciò sia sorprendente. Il gruppo PPE-DE desidera inoltre che questa discussione abbia luogo per mandare un chiaro segnale politico e ha in mente un obiettivo politico. Intendiamo compiere ogni sforzo per ottenere un alto livello di tutela dei consumatori, e vogliamo che l’attenzione verso i consumatori più piccoli e più vulnerabili, i bambini, continui a mantenersi alta.
Signora Commissario, accolgo con favore le sue dichiarazioni. Notiamo che lei ha già svolto una vasta quantità di lavoro in sede di Commissione, e vorremmo ovviamente vedere anche gli Stati membri accettare la loro parte di lavoro. Dopotutto, anch’essi devono continuare a impegnarsi per intensificare la vigilanza dei propri mercati dei giocattoli. Sappiamo inoltre, signora Commissario, che lei non ha lesinato alcuno sforzo per la tutela dei consumatori. Apprezziamo particolarmente questi sforzi, e concordiamo inoltre con lei che, nel campo della sicurezza dei giocattoli, non occorre concepire l’ennesimo nuovo approccio, ma, piuttosto, colmare le lacune nel sistema in vigore.
Esistono un paio di punti su cui desidererei avere ulteriori chiarimenti: lei ha detto, e lo ha ricordato poco fa, che anche le autorità cinesi sono particolarmente impegnate in questo campo. Qualche tempo fa, lei annunciò che avrebbero creato una specie di sistema RAPEX cinese. Forse potrebbe spiegare meglio questo punto.
In secondo luogo, mi domando anche se siano effettivamente stati stipulati eventuali specifici accordi con il settore dei giocattoli, oppure se ogni Stato membro segue un proprio metodo in questo campo. Avrei anche gradito sapere come mai siamo ancora in attesa della nuova direttiva sui giocattoli, o della proposta della Commissione di un emendamento alla vecchia direttiva giocattoli. Avevamo atteso che ciò accadesse più o meno adesso. Ovviamente vi è stato un ritardo. Forse si potrebbe spiegarne il motivo? Inoltre, lei ha assolutamente ragione: il mercato interno esiste anche per i consumatori. Se questi non nutrono alcuna fiducia in esso, non lo utilizzeranno in misura sufficiente. Questo è un dossier particolarmente importante.
Evelyne Gebhardt, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, grazie molte per i ragguagli ci ha dato ancora una volta oggi sull’avanzamento delle discussioni.
Abbiamo certamente già compiuto progressi, ma questo per me non è ancora abbastanza. Dobbiamo risolvere ancora diverse questioni. Una di queste l’abbiamo già discussa più volte: è l’Unione europea stessa che deve svolgere il lavoro preparatorio. Sono inoltre piuttosto rammaricata per il fatto che non è stato ancora presentato l’emendamento alla direttiva sui giocattoli. Quando ho sentito che avremmo approvato un emendamento in dicembre, ho supposto che si trattasse del dicembre 2007, non del dicembre 2008. Ora siamo a dicembre e sappiamo che non ci sarà alcun emendamento da approvare. Spero che sarà disponibile non nel dicembre 2008, ma entro il gennaio prossimo al più tardi, poiché si tratta di emendamento urgente.
Il secondo punto, Commissario, è che anche gli Stati membri devono adempiere i propri obblighi. Essi devono fare un uso molto più efficiente e coerente del RAPEX. Questo da un lato. Dall’altro, tuttavia, devono anche considerare con maggiore serietà la vigilanza dei mercati, che rientra tra i loro compiti. Dobbiamo inoltre far avanzare ulteriormente questi punti in modo da poter effettivamente ottenere la sicurezza necessaria.
Non sono soltanto i governi o le loro agenzie ad essere interrogati in questo ambito, comunque: anche i produttori di giocattoli lo sono. Anch’essi devono garantire che la qualità dei loro prodotti sia adeguata. Non possono continuare a giocare allo scaricabarile con gli altri. Non possiamo permettere che vadano in Cina e dicano: sì, vogliamo i vostri giocattoli, ma non devono costare più di tanto. I bassi prezzi vanno a discapito della qualità, questo lo devono sapere. Non dobbiamo sollevare i produttori da ogni responsabilità, bensì dobbiamo chiedere che facciano anche questo. Come abbiamo detto, tuttavia, la supervisione è anche migliore ed è proprio questa che dobbiamo ottenere.
Spero che riuscirete a far avanzare realmente questo punto nel pacchetto di sicurezza che avete esaminato.
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, per alcune famiglie, questo Natale sarà un periodo tragico: tragico a causa della perdita di un figlio. Ciò che rende ancora più dolorosa la tragedia è che a) avrebbe potuto facilmente essere evitata e che b) è stata provocata da un dono d’amore: una gioia che si è trasformata in un’arma assassina. Sì, un’arma assassina. Perché coloro che producono giocattoli poco sicuri sanno benissimo che essi potranno e alla fine, forse, uccideranno effettivamente un bambino. Pertanto immettere un giocattolo così mortale sul mercato equivale, a mio parere, a macchiarsi di omicidio e, di conseguenza, coloro che, con le proprie omissioni, non impediscono che tale crimine si consumi sono complici di tale atto.
Signora commissario, sappiamo tutti chi sono i colpevoli che, così facendo, uccidono o feriscono i nostri bambini: sono i produttori cinesi di giocattoli a basso prezzo. E quale tutela potete offrire ai nostri cittadini? Insufficiente, mi dispiace dirlo. Siete soddisfatti, a quanto sembra, che nel 43 per cento dei casi riportati nell’ultima relazione RAPEX-Cina siano state applicate misure correttive, ma, signora Commissario, che dire del 57 per cento di casi in cui non è stata applicata alcuna misura correttiva? E che dice dei giocattoli potenzialmente pericolosi che non sono stati affatto comunicati?
Lei ha dichiarato che “a questo mondo è impossibile dare garanzie al 100 per cento” ma “si può fare in modo che il sistema sia adatto allo scopo”. Quale scopo, signora Commissario? Lo scopo di tagliare sulla sicurezza per non contrariare il governo cinese?
Esiste un modo solo di affrontare il problema, signora Commissario: vietare tutte le importazioni di giocattoli cinesi finché il governo cinese non sarà in grado di garantire al 100 per cento che nessun giocattolo pericoloso sarà venduto in Europa. Solo allora potrete svolgere la vostra funzione più importante: proteggere veramente i nostri bambini dagli incidenti mortali provocati dai giocattoli cinesi. E ricordi, signora Commissario: i progressi compiuti dalla Cina non sono sufficienti da soli, perché anche la morte di un solo bambino è una morte di troppo.
Presidente. − Onorevole Matsakis, mi scuso per aver annunciato che aveva a disposizione un tempo di parola di un minuto. L’errore è stato nostro, in realtà aveva due minuti. Concedo sempre del tempo supplementare a coloro che parlano in una lingua diversa dalla propria. Il suo inglese è perfetto!
Roberta Angelilli, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, sulla sicurezza dei giocattoli non si possono fare sconti e il massiccio ritiro dal mercato di giocattoli provenienti dalla Cina ha riportato al centro del dibattito la sicurezza dei consumatori e soprattutto la sicurezza dei consumatori più piccoli, che spesso non hanno la voce e la forza per difendersi.
Esiste infatti un mercato molto redditizio di prodotti pericolosi per la salute, un mercato che frutta ogni anno guadagni da capogiro, che trova infinite vie ed escamotage per legalizzare ciò che in realtà è illegale e nocivo. Proprio per questo accogliamo con favore le proposte della Commissione destinate a rafforzare l’applicazione dei controlli relativi alla sicurezza dei prodotti, soprattutto dei giocattoli.
In particolare, consideriamo di fondamentale importanza la cooperazione con Cina e Stati Uniti per bloccare il flusso di prodotti pericolosi destinati al mercato europeo. E ancora, devono essere prioritarie alcune azioni, come il controllo globale delle misure di sicurezza e il patto di sicurezza tra produttori e importatori, al fine di recuperare la fiducia dei consumatori.
Per quanto riguarda gli Stati membri, è di fondamentale importanza il miglioramento della cooperazione tra dogane e autorità preposte al controllo dei mercati. Comunque è indispensabile la revisione della direttiva sui giocattoli, affinché ci siano regole certe per pianificare dei controlli adeguati a livello di produzione e a livello doganale.
Concludo, però, dicendo che la Cina deve assolutamente fare la sua parte e la Commissione lo deve pretendere. La Cina deve dare garanzie, deve impegnarsi in una dura ed intransigente lotta contro l’illegalità, altrimenti l’Unione europea dovrà prendere seri provvedimenti e chiudere le porte alla contraffazione e alla concorrenza sleale ed illecita.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – DE) Signor Presidente, questa discussione tratta le direttive a casaccio. Signora Commissario, sta confondendo la direttiva sulla sicurezza dei prodotti con la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli! Abbiamo in effetti un problema di attuazione relativo alla direttiva prodotti, mentre abbiamo un deficit legislativo per quanto riguarda la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli. Una più attenta vigilanza non ci aiuterà in questo campo perché abbiamo scappatoie relative alla sicurezza, nella fattispecie alcune pericolose sostanze chimiche non sono vietate, per esempio.
Due mesi fa il Commissario Verheugen ci ha garantito che la direttiva relativa alla sicurezza dei giocattoli sarebbe stata presentata questo mese; ha dichiarato che i giocattoli contenenti piombo non devono essere immessi sul mercato europeo. Nel primo caso non vi è alcun segnale di revisione della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli.
Nel secondo caso, il Commissario Verheugen ha ammesso a me, per iscritto, che si era sbagliato quando dichiarò che i giocattoli contenenti piombo erano vietati in Europa. Neanche questo è corretto. Lei confonde la direttiva sulla sicurezza dei prodotti con la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli. E’ pertanto molto strano che lei dica che serve un codice a barre per i prodotti più pericolosi. Spero non si riferisca ai giocattoli! I prodotti pericolosi non hanno perso nulla in mano ai bambini!
E’ necessario seguire il principio di prevenzione. Qui non ci sono neppure avvertenze sulle calamite. Cosa dire delle avvertenze sui giocattoli contenenti sostanze cancerogene? In Europa abbiamo gli idrocarburi poliaromatici. Noi li vieteremo negli pneumatici delle autovetture ma sono consentiti nei giocattoli benché siano sostanze cancerogene. Questa discussione è assurda perché si stanno confondendo le due direttive.
Si concentri, nella seconda risposta sulla direttiva sulla sicurezza dei giocattoli e risponda alle domande che chiedono quando questa direttiva sarà finalmente presentata e quando, come abbiamo proposto nella nostra risoluzione, saranno colmate le scappatoie legali, e non continui a confonderle. La vigilanza è buona cosa, ma le leggi sono meglio.
Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Signor Presidente, naturalmente è del tutto inaccettabile che i bambini debbano essere esposti a giocattoli che ne mettono a repentaglio la salute. Praticamente tutti noi pensiamo che possiamo acquistare in tutta tranquillità giocattoli con etichetta CE nell’Unione europea. Sarebbe impensabile che così non fosse. In realtà acquistiamo senza volerlo giocattoli che contengono sostanze cancerogene e piombo. E’ quasi incredibile che tali sostanze siano utilizzate in giocattoli che spesso i bambini si infilano in bocca! La sicurezza dei bambini richiede un intervento immediato da parte della Commissione. Gli interessi e i profitti di produttori, fornitori e importatori non devono mai avere la precedenza sulla salute dei bambini. Un solo giocattolo pericoloso è di troppo.
Malcolm Harbour (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Commissario Kuneva per essere qui in Aula oggi, su nostro suggerimento, e congratularmi con lei per essere molto positiva e decisa nelle misure adottate. Rispetto alle nostre prime discussioni, a settembre, lei si è recata in Cina. Ne abbiamo visto i risultati. E’ anche stata assolutamente chiara quando ha escluso ogni tipo di compromesso nel settore della sicurezza dei consumatori. Tutti noi crediamo fermamente che ciò sia vero.
Passando agli aspetti pratici, diversi colleghi hanno già fatto notare che si tratta di una questione estremamente complessa che vede il coinvolgimento di diversi attori. Pertanto accolgo con favore le rassicurazioni del Commissario Kuneva che collaborerà con gli Stati membri per rafforzare la loro capacità di ispezionare, controllare e anche fermare le spedizioni pericolose, che possono essere correttamente individuate perché sono stati creati flussi di informazioni. Siamo realisti. Abbiamo a che fare con un gran numero di produttori e di prodotti.
Tuttavia, una delle ultime cose che vogliamo è demonizzare quei produttori di giocattoli che stanno già facendo un eccellente lavoro e che producono giocattoli attraenti, ben progettati e di buon valore che sono apprezzati dai consumatori e dai loro bambini in tutta l’Unione europea e che, come tutti sappiamo, sono importantissimi per lo sviluppo del bambino. E’ completamente sbagliato concentrarsi soltanto sui cinesi, come ha fatto il nostro collega cipriota in quello che è stato un discorso molto emotivo e ingeneroso. Ci sono molti altri paesi che forniscono prodotti. Il punto essenziale è garantire fin dall’inizio la qualità della progettazione, e fare in modo che gli ingegneri responsabili lavorino con i propri fornitori per verificare che siano effettuati tutti i controlli. Credetemi, ci sono molte aziende cinesi che producono giocattoli di eccellente livello qualitativo. Vogliamo che tutti seguano il loro esempio e lo vogliamo ora. Questo perché le decisioni chiave che si prendono ora, prima del Natale di quest’anno, riguardano i giocattoli che saranno in mano ai bambini il Natale prossimo. E’ di questo che stiamo parlando, è per questo che stiamo proseguendo il nostro lavoro ed è per questo che era importantissimo che il Commissario fosse presente qui stasera.
Arlene McCarthy (PSE). - (EN) Signor Presidente, l’obiettivo della discussione di stasera e della dichiarazione del Commissario deve, naturalmente, essere quello di mandare un segnale forte e chiaro ai consumatori e alla Cina (e ai fornitori di giocattoli di altri paesi terzi) che siamo risoluti a liberare i nostri mercati dai giocattoli tossici. Abbiamo visto che i numerosi ritiri di giocattoli durante il periodo prenatalizio indicano che dobbiamo continuare a esercitare pressioni per ottenere provvedimenti concreti. Desidero inoltre aggiungere, signora Commissario, che durante recenti blitz nella mia regione (Manchester), sono stati sequestrati oltre 20 000 giocattoli illegali e contraffatti, per un valore di 150 000 euro: erano chiaramente destinati a riempire le lacune lasciate dai giocattoli ritirati.
Perciò dobbiamo far sì che i fornitori e i produttori di giocattoli legittimi rispettino gli standard di sicurezza più severi per evitare che i bambini corrano pericoli a causa di pericolosi giocattoli contraffatti. Pertanto voglio essere chiaro, in qualità di presidente della commissione per la tutela dei consumatori del Parlamento, su ciò che la invitiamo a fare con il nostro sostegno, signora Commissario. Desideriamo sia condotta con urgenza una revisione delle leggi europee in materia di sicurezza dei giocattoli per affrontare i nuovi problemi causati dai paesi terzi, dalle importazioni cinesi e, naturalmente, dai giocattoli di nuova progettazione che nascondono pericoli come i magneti, problemi che sono emersi dopo la prima direttiva del 1995, la quale è ormai obsoleta e va rivista. Dobbiamo inserire in quella legge strumenti più incisivi di polizia e di sorveglianza basati sulle informazioni per essere certi di reprimere i produttori dagli standard insufficienti.
Signora Commissario, personalmente le assicuro il mio sostegno e continuerò a farlo, fino al divieto delle importazioni di giocattoli pericolosi dalla Cina, se sarà necessario. Ma occorre dire che la sua azione ha prodotto dei risultati; abbiamo visto 93 divieti provenienti dalla Cina stessa e, da luglio, altre 184 indagini, il che significa che sempre meno giocattoli pericolosi lasciano le frontiere cinesi. Dobbiamo intensificare tale azione e fornire il nostro sostegno; ma anche gli importatori devono assumersi la responsabilità dell’importazione di giocattoli pericolosi, pertanto vedo favorevolmente una revisione della catena di approvvigionamento per colmare le lacune dei produttori.
Signora Commissario, non siamo disposti ad accettare compromessi sulla sicurezza dei giocattoli; le avvertenze potrebbero non essere sufficienti. Possiamo notare che, per esempio negli USA, alcuni giocattoli sono vietati ai minori di tre anni e riportano avvertenze per i maggiori di sei anni; si lamentano che stanno importando giocattoli pericolosi dal mercato europeo, pertanto in quest’ambito dobbiamo seguire il modello USA. Perciò mettiamo in atto misure rapide ed efficaci per ripristinare la fiducia dei nostri consumatori nel mercato dei giocattoli. Le assicuro, signora Commissario, che la mia commissione collaborerà con lei per raggiungere questo obiettivo.
Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk (UEN). – (PL) Signor Presidente, parlando nell’ambito delle discussioni sulla sicurezza dei giocattoli, vorrei richiamare l’attenzione su diverse questioni più generali.
In primo luogo, la liberalizzazione degli scambi svolta sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale del commercio, che rende il mercato europeo sempre più accessibile, non sta portando soltanto vantaggi ai consumatori sotto forma di prezzi inferiori per molti beni, ma anche pericoli, e un esempio eloquente è rappresentato dal problema dei giocattoli pericolosi che stiamo esaminando oggi.
In secondo luogo, i paesi del sud-est asiatico sono competitivi sul mercato europeo perché non coprono tutti i costi della produzione dei prodotti. Spesso non sostengono i costi della protezione ambientale, quelli legati al rispetto dei diritti dei dipendenti o i costi relativi alla sicurezza dei beni, per fare solo alcuni esempi.
Terzo: è necessario che le istituzioni per la tutela dei consumatori e della concorrenza nei paesi UE facciano uso degli strumenti a loro disposizione per reagire con maggiore rapidità ed efficacia a situazioni di questo tipo e per escludere dal mercato non solo prodotti pericolosi, ma anche i loro produttori o importatori.
Quarto e ultimo punto: l’Unione europea, nei negoziati in corso sotto gli auspici dell’OMC riguardo all’espansione dell’accesso al mercato europeo, deve invitare i paesi terzi a rispettare le regole di concorrenza leale, e soprattutto l’inclusione nei prezzi dei prodotti di tutti i costi di produzione calcolati in base agli standard europei.
Heide Rühle (Verts/ALE). - (DE) Signor Presidente, signora Commissario, ho già dichiarato in commissione che apprezziamo i suoi sforzi e che per questo la ringraziamo.
Nondimeno, alcune di queste cose evidenziano che c’è qualcosa che non va. L’intenzione di apporre avvertenze sulle calamite, per esempio, non fa altro che dimostrare che la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli è inadeguata. La direttiva sulla sicurezza dei giocattoli purtroppo si fonda sul nuovo approccio. Tale nuovo approccio implica che le commissioni di normalizzazione equivalenti siano attive. Purtroppo, le commissioni di normalizzazione non si sono attivate per le calamite, se per questo non si sono attivate neppure per le sostanze cancerogene. Al momento sono soltanto tre le sostanze cancerogene vietate; le altre non lo sono. Dobbiamo verificare con urgenza, al momento di rivedere la direttiva sulla sicurezza dei giocattoli, se questo nuovo approccio rappresenta veramente la giusta via da seguire oppure se non è forse molto più importante per i legislatori europei fissare già da ora normative per il settore dei giocattoli, perché questi ultimi si rivolgono soprattutto ai bambini, i quali devono essere protetti in modo speciale. Mi appello a lei perché verifichi ancora una volta se il nuovo approccio è realmente il giusto modo di operare o se, in realtà, ci serve un approccio diverso in sede di revisione della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli.
Desidero anche sottolineare che, nella revisione del pacchetto prodotti, abbiamo posto l’accento sulla responsabilità degli importatori. Essi devono considerare seriamente le proprie responsabilità. Spero che lei e la Commissione sosterrete anche questo punto nel dialogo a tre. Gli importatori devono essere ritenuti responsabili allo stesso modo dei produttori.
Un ultimo punto: gli Stati membri. In questo caso è chiaro che la direttiva sulla sicurezza dei prodotti era semplicemente troppo poco incisiva. Occorre costringere gli Stati membri a monitorarlo e a ritirare gradualmente alcuni prodotti. Purtroppo, non tutti sono stati effettivamente messi fuori commercio.
Iliana Malinova Iotova (PSE). - (BG) Signora Commissario, esistono diversi motivi per la mia domanda di oggi. Il primo è la sua risposta nella discussione sulla questione della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, la quale è stata troppo vaga, a mio parere. Il secondo è la domanda per iscritto che ho già posto, a cui spero di ottenere risposta oggi, assieme alle altre risposte. E il terzo motivo è il seguente: vorrei richiamare in particolare la vostra attenzione sulla relazione Christensen adottata nel 2005 sull’integrazione dei nuovi Stati membri nel sistema di tutela dei consumatori ad integrazione del regime del mercato interno alla Comunità europea. La relazione contiene raccomandazioni alla Commissione europea affinché dedichi particolare attenzione ai nuovi Stati membri, tra cui vi è anche il mio paese.
Vorrei esprimere il mio personale parere: nonostante gli sforzi compiuti dalla Commissione in questo campo, soltanto il tre per cento dei cittadini bulgari si sentono protetti come consumatori. Pertanto, nello specifico, la mia domanda è la seguente: cosa ha fatto la Commissione europea per garantire la sicurezza dei giocattoli cinesi distribuiti durante le vacanze di Natale e Capodanno nei mercati dei nuovi Stati membri, dato che il loro sistema di tutela dei consumatori è relativamente più debole?
Vicente Miguel Garcés Ramón (PSE). - (ES) Signor Presidente, signora Commissario, senza drammatizzare, stiamo affrontando un problema che riguarda l’intera Unione. Per fare un solo esempio: ogni giorno in Spagna entrano 40 000 container di merce, diverse migliaia dei quali contengono giocattoli.
Ci chiediamo se il sistema degli operatori economici autorizzati, che sarà introdotta dal 1 gennaio 2008, agevolerà veramente l’adozione di misure efficaci per affrontare le pratiche commerciali che mettono a repentaglio la salute dei bambini, e che sono state condannate cosi spesso.
Nella sua risoluzione del 26 settembre sulla sicurezza dei prodotti e in particolare dei giocattoli, il Parlamento europeo ha sollecitato la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure volte a far sì che i beni di consumo venduti non comportino rischi per la salute.
E’ ora di accelerare l’adozione delle misure necessarie per attuare la risoluzione del Parlamento europeo. Dobbiamo migliorare il controllo e il monitoraggio dei mercati che abbiamo ricordato. In un’epoca di globalizzazione, i giocattoli non sono un tipo di merce come gli altri. Senza controlli, non assisteremo che a ripetizioni degli eventi più volte denunciati in passato; ancora una volta si assiste a una ricaduta nel dumping commerciale, nonché alla possibilità di danneggiare gravemente la salute dei consumatori, in particolare dei bambini.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, desidero cominciare rispondendo all’onorevole Thyssen in merito alle misure che stiamo mettendo in campo per potenziare la nostra influenza positiva sul mercato cinese. Se vogliamo riuscirvi, l’Europa deve ampliare il proprio ruolo di alfiere: è esattamente ciò che stiamo cercando di fare. RAPEX-Cina permette alle autorità cinesi di accedere a informazioni dettagliate sui rischi riscontrati nei prodotti cinesi venduti in Europa, e questa è una fonte di informazioni molto preziosa per loro.
La Cina attualmente sta creando il proprio sistema di allarme rapido nazionale, sulla falsariga di quello europeo. Ciò rappresenta un grande successo per la sicurezza dei prodotti a livello mondiale. In tal modo le informazioni si diffondono rapidamente agli uffici locali consentendo loro di adottare misure in proposito: il sistema dovrebbe entrare in funzione entro la fine dell’anno. Se questi sviluppi continueranno come previsto, entro la fine dell’anno l’Europa potrà congratularsi con sé stessa per un grande successo, in quanto ha creato un modello da seguire per le autorità cinesi.
Vorrei inoltre sottolineare che l’anno prossimo sarà per me un anno molto intenso in quanto sarò impegnata ad elaborare un nuovo memorandum di intesa con la Cina, poiché l’attuale memorandum, in vigore dal 2006, scadrà all’inizio del 2009. La Commissione lavorerà a tale documento in modo molto concreto.
Molti di voi hanno fatto riferimento alla direttiva sui giocattoli. Non posso esprimere osservazioni su qualcosa che è di competenza del Vicepresidente Verheugen, in quanto la direttiva giocattoli fa parte del suo portafoglio, benché collaboriamo in modo eccellente. Tuttavia, dovete sapere che una revisione della direttiva in materia di giocattoli è in fase di studio e sarà presentata molto presto. Prima di questa riunione, ho chiesto ragguagli ai servizi del Commissario Verheugen, e a lui in persona, e so che questa direttiva sarà presto discussa dalla Commissione. Sono sicura che i suoi servizi stiano lavorando a più non posso.
I nostri due approcci, quello industriale, che comprende la direttiva sui giocattoli e quello su cui si basa la mia attività, che comprende una direttiva sulla sicurezza generale dei prodotti, non si mischiano affatto. Posso assicurarvi che la distinzione è veramente chiara alla Commissione.
Questo è esattamente ciò che stiamo tentando di fare mediante il nuovo approccio: mantenere queste due serie di controlli paralleli l’uno all’altro. Una serie riguarda i requisiti dei giocattoli come beni industriali, l’altra, in aggiunta a questi sforzi, riguarda le verifiche, condotte in qualsiasi momento, del grado di sicurezza dei giocattoli per i nostri bambini. Un esempio emblematico è rappresentato dalle calamite contenute nei giocattoli. Esse ora rientrano nella direttiva relativa alla sicurezza generale dei prodotti, quindi siamo in grado di eseguire controlli, vietare prodotti pericolosi e chiedere una nuova norma, mentre i giocattoli verrebbero forniti, nel frattempo, di un’avvertenza, dopodiché presenteremo una proposta. Ci sarà molto probabilmente una standardizzazione, nonché un divieto di determinati impieghi delle calamite. Questa strategia si fonda precisamente sul superamento del divario in materia di sicurezza, grazie a una vera e propria direttiva relativa alla sicurezza generale dei prodotti. Questo è un esempio lampante che dimostra che occorre tenere uniti i due approcci.
Ho iniziato rispondendo all’onorevole Rühle riguardo alle calamite. Il Collegio considererà la mia proposta di adottare un provvedimento mirato che preveda l’obbligo di apporre specifiche avvertenze sui giocattoli magnetici, e ciò colmerebbe la lacuna finché non siano elaborate specifiche norme che affrontino correttamente questo rischio. Come sapete, questo processo è abbastanza lungo, ma non è di competenza della Commissione. Queste sono leggi a cui stiamo semplicemente dando esecuzione e che riguardano il modo in cui attuiamo le nostre norme.
Vorrei soffermarmi per un attimo sul parere espresso dall’onorevole Matsakis. La mia opinione è abbastanza semplice perché ritengo che l’onorevole Harbour abbia risposto con grande coerenza. Non penso che i giocattoli pericolosi abbiano un passaporto, pertanto dobbiamo affrontare il pericolo da qualsiasi parte provenga. Vorrei solo segnalare che benché il 50 per cento dei giocattoli pericolosi in Europa provenga dalla Cina, sono sorpresa del fatto che non abbiamo discusso affatto della provenienza del restante 50 per cento. Devo dirvi che il 30 per cento dei giocattoli pericolosi proviene proprio dall’Europa. E’per questo che insisto molto sulla sicurezza, a prescindere dai passaporti. Occorre ancora una volta capire quanto sia importante la fiducia per i nostri mercati. Non farò ricadere questa responsabilità su altri.
L’articolo 1 della direttiva relativa alla sicurezza generale dei prodotti indica che tutti i produttori sono tenuti a produrre esclusivamente prodotti sicuri, e che chiunque immetta per la prima volta un bene sul mercato (che sia l’importatore, il dettagliante o il produttore), deve verificare la sicurezza dei giocattoli, di cui risponde in prima persona.
Per quanto riguarda la domanda dell’onorevole Iotova, desidero risponderle in bulgaro perché è in tale lingua che ha posto la domanda.
(BG) La mia risposta era molto specifica, per gli standard della Commissione. Ciò che abbiamo fatto nel corso dell’ultimo anno è volto a migliorare la legislazione. Sì, parte di questa legislazione si riferisce a beni industriali e rientra nella competenza di un altro Commissario, ma noi collaboriamo in diverse questioni. Alcune delle domande poste si riferiscono anche alla direttiva REACH, che a propria volta non rientra nel mio portafoglio ma, di nuovo, stiamo facendo quanto è necessario per garantire la sicurezza sulla base della legislazione esistente.
Sono state tenute molte riunioni con tutte le parti interessate al processo: produttori, autorità nazionali competenti, dettaglianti e numerose organizzazioni non governative.
Inoltre, vorrei dirvi che noi non pronunciamo sentenze e non dividiamo i paesi in vecchi e nuovi Stati membri. La sicurezza dei beni ha la stessa importanza per i nuovi e per i vecchi membri. Vorrei rassicurarvi del fatto che vi sono alcuni vecchi Stati membri, prima dell’adesione dei dodici nuovi paesi, che hanno i propri gravi problemi e non ho alcuna intenzione di abbandonarli. Ovviamente, la responsabilità della Commissione rispetto all’attuazione della legislazione, specialmente nei nuovi Stati membri, senza dubbio, è molto vicina al mio cuore. Pertanto ciò che sto facendo nei nuovi Stati membri è parlare più spesso con le autorità, insistere maggiormente su un bilancio nazionale per lo sviluppo delle autorità di vigilanza dei mercati.
Posso dirle, onorevole Iotova, che il mercato bulgaro conta 180 ispettori. Ieri, ovvero stamattina presto, ho continuato a parlare con tutti i partecipanti alla catena della sicurezza e abbiamo stretto “il patto di Natale”, che coinvolge produttori a livello europeo, nonché operatori commerciali e autorità governative bulgare. Dopo gli intensi colloqui che abbiamo avuto con il ministero dell’Economia bulgaro, le ispezioni sono quadruplicate. Pertanto continuerò a lavorare lungo questa falsariga e, come ho gradito fare la volta scorsa, vorrei rinnovare il mio invito a questa aula in plenaria a farlo assieme. Ho fiducia che in tal modo riusciremo ad avere maggior successo.
(EN) Vorrei terminare da dove ho iniziato, ovvero dicendo che tutte le nostre azioni devono essere proporzionate e fondate sulla solidarietà e sulla sussidiarietà, il che ci darà ulteriore forza per affrontare questo cruciale problema.
Ho ascoltato attentamente tutti voi, le vostre parole gentili e i vostri inviti a intensificare il nostro operato. Se in qualunque momento vi fossero casi specifici che gradireste discutere con me, sarei più che felice di continuare a farlo.
Presidente. − Desidero ringraziare il Commissario e tutti i colleghi che sono intervenuti al dibattito.
Vorrei aggiungere una breve osservazione: alcuni anni fa alla mia figlia maggiore fu regalata una bambola di gomma fabbricata in Cina. La testa venne via e dentro vi era un piccolo perno di gomma a cui essa era agganciata, e chiunque avesse costruito il giocattolo ci aveva disegnato un piccolo viso, che però non era sorridente, era un viso molto triste: l’autore stava cercando di far uscire all’esterno una sorta di messaggio sulle condizioni in cui lavorano. Pertanto mi fa piacere di avere questa opportunità di renderlo pubblico stasera.
La discussione è chiusa.
20. Sicurezza antincendio negli alberghi (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale degli onorevoli Glyn Ford, Giles Chichester, Graham Watson, Arlene McCarthy, Peter Skinner, Baroness Nicholson of Winterbourne, Elizabeth Lynne, Sarah Ludford, Toine Manders, David Martin, Glenys Kinnock, Claude Moraes, Erika Mann, Alexandra Dobolyi, Ana Maria Gomes, Robert Evans, Christopher Heaton-Harris, Reino Paasilinna, Marianne Mikko, Stephen Hughes, Stavros Lambrinidis, Malcolm Harbour, Bill Newton Dunn, Catherine Stihler, Sérgio Sousa Pinto, Jan Andersson, Linda McAvan, Luisa Morgantini, Jan Marinus Wiersma, Harlem Désir, Jo Leinen, Zita Gurmai, Caroline Lucas, Brian Simpson, Barbara Weiler, Christel Schaldemose, Neena Gill, Benoît Hamon, Michael Cashman, Udo Bullmann e Corina Creţu, alla Commissione, sulla sicurezza antincendio negli alberghi (O-0066/2007 – B6-0385/2007).
Glyn Ford, autore. − (EN) Signor Presidente, il tema della sicurezza antincendio è importante per l’Unione europea e per i suoi cittadini. Il Trattato di Roma stabilì il principio collettivo della libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone. Per quanto riguarda le persone, abbiamo posto l’accento soprattutto sulle problematiche della salute e della sicurezza sul posto di lavoro e sulla tutela dei consumatori.
Tuttavia, se da un lato la mobilità delle aziende e dei lavoratori, nonché del turismo, è di importanza vitale per il nostro benessere economico e per l’attuazione dell’agenda sulla concorrenza di Lisbona, non siamo in grado di fare una cosa semplice come garantire che i cittadini europei, in veste sia di consumatori, sia di lavoratori, siano al sicuro in egual misura dal pericolo degli incendi quando pernottano o lavorano negli alberghi in tutti gli Stati membri dell’UE.
L’Unione è competente per la salute e la sicurezza. Limitiamo la rumorosità dei tosaerba ma non le possibilità di morire ustionati. Tutela dei consumatori significa preoccuparsi della sicurezza di ascensori e scale mobili, ma non della sicurezza degli alberghi. Il Commissario ha appena detto che tutte le nostre azioni sono proporzionate. Mi domando se ritiene che sia proporzionato il fatto che non siano state adottate misure nel campo della sicurezza negli alberghi.
Gli impianti antincendio a pioggia sono molto efficaci, riuscendo a spegnere o a controllare il 99 per cento degli incendi in fase iniziale. Secondo quanto riferito, nessuno è mai morto in un albergo dell’UE in cui sia entrato in azione questo tipo di impianti. Ma solo dal 2003, nell’Unione vi sono stati oltre 60 decessi per incendi in alberghi non dotati di impianti a pioggia.
Tragicamente, tre di loro erano della mia circoscrizione e in estate si trovavano nel Penhallow Hotel di Newquay, Cornovaglia, dove un incendio sfuggì di mano perché non c’erano impianti a pioggia. Una delle vittime era una donna disabile che non era in grado di uscire dall’edificio senza aiuto. Cosa sta facendo la Commissione per proteggere persone come lei?
La Commissione si richiamerà al principio di sussidiarietà. Siamo realisti! Quante persone sono morte nell’UE per la rumorosità dei tosaerba o per incidenti su ascensori o scale mobili dal 2003? Ma la Commissione ha ritenuto opportuno privare gli Stati membri della loro autonomia in questi ambiti.
Le norme antincendio riguardanti la dotazione di impianti a pioggia variano sensibilmente da uno Stato dell’UE all’altro, con l’Ungheria che probabilmente ha le normative migliori, e la Francia, che negli ultimi tempi ha il tasso di mortalità più elevato, completamente sprovvista di norme in materia.
Alcune catene europee di alberghi più illuminate, come l’Accor Group, stanno adottando gli impianti a pioggia nei nuovi alberghi, seguendo le orme di marchi americani come Hilton, Marriott e Sheraton.
Ma non è consigliabile lasciare queste scelte all’autoregolamentazione. Almeno uno Stato federale non è disposto a giustificare l’inerzia con il pretesto della sussidiarietà. Negli USA, tutti i nuovi alberghi sono protetti da nebulizzatori per legge. Infatti, i dipendenti federali non possono farsi risarcire le spese se non risiedono alberghi dotati di nebulizzatori antincendio quando viaggiano per lavoro.
Pertanto, chiediamo alla Commissione di studiare l’introduzione di una direttiva che fissi la dotazione minima per tutti gli Stati membri e imponga che tutti i nuovi alberghi con oltre 20 posti letto siano integralmente dotati di impianti a pioggia e che gli alberghi già aperti con oltre 20 posti letto debbano avere almeno corridoi e percorsi d’uscita protetti da nebulizzatori. Non sarebbe un onere economico enorme: costerebbe meno di un ulteriore 2 per cento. Naturalmente, gli alberghi già in funzione dovranno avere tempo sufficiente per conformarsi, ma noi vogliamo agire ora e non attendere di essere costretti ad agire dall’opinione pubblica in seguito a una tragedia con centinaia di morti.
PRESIDENZA DELL’ON. GÉRARD ONESTA Vicepresidente
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, concordo sul fatto che gli incendi siano una minaccia permanente per la vita dei consumatori. Le ricerche stimano che il numero di decessi per milione di abitanti è 10,8 nel Regno Unito, 6 in Spagna, 11,8 in Francia, 15,7 in Svezia e 7,3 in Germania ogni anno. Pertanto, essendo Commissario per la tutela dei consumatori, questa è una materia che mi riguarda molto da vicino. Grazie per aver ricordato questa importante tematica.
Permettetemi di ricordare il tragico caso di una famiglia britannica i cui due figli rimasero uccisi dal monossido di carbonio in una stanza d’albergo a Corfù nell’ottobre del 2006. Ho ricevuto diverse vostre lettere riguardo a questo caso. Contattammo le autorità greche, le quali informarono che all’albergo in cui si era verificato l’incidente fu subito revocata la licenza e che non ha più ripreso l’attività da allora. So che sono stati avviati procedimenti legali in Grecia e spero che giungano presto a una conclusione chiara. Si tratta di un caso emblematico, ma purtroppo non l’unico.
La sicurezza antincendio negli alberghi è stata al centro delle discussioni con gli Stati membri per gli ultimi 20 anni.
Primo: i risultati finora conseguiti. La raccomandazione del Consiglio 86/666/CE sulla protezione antincendio degli alberghi già esistenti ha aiutato a migliorare i livelli di sicurezza, specialmente nei paesi dotati di normative di scarso impatto o addirittura assenti.
Inoltre, la direttiva sui prodotti da costruzione fissa specifici requisiti nel caso dello scoppio di un incendio per tutte le opere edili, alberghi compresi. Sono state adottate varie misure per garantire un’applicazione coerente di questa direttiva negli Stati membri, per esempio un sistema comune di classificazione della resistenza al fuoco dei prodotti edili e diverse norme europee armonizzate nel campo dei dispositivi antincendio, di allarme e di segnalazione.
Inoltre, le disposizioni della raccomandazione del Consiglio che affrontano i rischi legati all’illuminazione elettrica sono state attuate dalla direttiva bassa tensione.
Tuttavia, occorre fare ancora molta strada per portare tutti gli hotel europei allo stesso livello di sicurezza, sia quelli già esistenti, sia quelli nuovi, a prescindere dalle loro dimensioni e dalle strutture ricettive. Come sappiamo, le normative si applicano agli alberghi con almeno 20 posti letto.
Nelle sue diverse discussioni con gli Stati membri, la Commissione ha notato che ancora non è stata concordata alcuna strada comune da seguire per un’azione a livello UE e che la corretta attuazione della legislazione nazionale è finora la principale priorità. Il tema della conformità alle normative è in realtà un problema da non sottovalutare, ed è molto deprimente doverlo dichiarare.
E’ per questo che ho chiesto alle principali catene alberghiere presenti in Europa di venire a Bruxelles per incontrarmi l’8 febbraio 2008. Ovviamente, finché non sarà stata adottata questa legislazione dovremo intraprendere azioni immediate. Discuteremo del tema della sicurezza negli alberghi e riferirò a voi i risultati di tali consultazioni. Se potremo farlo con il Parlamento, se quest’ultimo vorrà partecipare a questa riunione dell’8 febbraio, sarò più che felice di incontrarmi con voi.
La raccolta di dati e statistiche su scala europea è un punto cruciale: l’assenza di definizioni statistiche e la disomogeneità delle procedure di registrazione degli incidenti da incendio negli Stati membri rende la comparabilità dei dati difficile e imprecisa.
Vorrei passare al punto della standardizzazione. La standardizzazione senza il supporto di un quadro giuridico, per esempio di una direttiva europea o persino di una raccomandazione rivista, ridurrebbe sensibilmente il suo effetto, vanificando in tal modo l’obiettivo ultimo di garantire la protezione antincendio negli alberghi.
Per quanto riguarda i nebulizzatori: la loro efficienza nel ridurre il devastante effetto degli incendi è stata ampiamente dimostrata, ma il costo della loro installazione e manutenzione non è sempre compatibile con il tipo di alberghi più diffusi in Europa: quelli piccoli, a conduzione familiare.
Inoltre, decidere se gli impianti nebulizzatori o altri dispositivi antincendio debbano essere obbligatori negli alberghi è di esclusiva competenza degli Stati membri. Sarei lieta di discutere con gli Stati membri e di appoggiare passi di questo genere se sono disposti a compierli.
Parallelamente a questi sviluppi sul piano normativo, occorre ricordare che gli alberghi stanno adottando codici di autoregolamentazione e metodologie di progettazione basati sulle prestazioni. Penso che occorra sostenere veramente le catene alberghiere come la Accor nei loro sforzi.
La Commissione non solo sta affrontando il tema della protezione antincendio negli alberghi come servizio, sta anche mirando, nel quadro di una strategia di ampio respiro contro i rischi di incendio, a tutti quei prodotti che sono molto diffusi negli alberghi e che possono costituire con molta probabilità la causa di un incendio o il catalizzatore della combustione. Le iniziative relative alle sigarette con ridotta propensione a incendiarsi, in merito alle quali il presidente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, onorevole McCarthy, ci ha fornito un importantissimo contributo, l’infiammabilità dei mobili imbottiti e della biancheria da notte e gli accendini a prova di bambino sono i pilastri di tale strategia.
Sono impaziente di proseguire la nostra cooperazione su questo importantissimo tema, che è fonte di grandi preoccupazioni per tutti noi.
Vorrei ringraziare ancora una volta il Parlamento e in particolar modo il Presidente perché stiamo adottando misure concrete con quello che abbiamo ora tra le mani.
Malcolm Harbour, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, prima di tutto desidero ringraziare il mio collega, onorevole Ford, per aver preso l’iniziativa di presentare questa interrogazione, inoltre stasera parlo a nome dei miei colleghi conservatori che la hanno sottoscritta congiuntamente, in particolare Giles Chichester, il nuovo deputato eletto alla guida del gruppo conservatore, nella cui circoscrizione, in agosto si è verificato lo spaventoso incendio a cui si riferiva l’onorevole Ford. Desidera che io leghi strettamente il suo nome alla spinta dell’interrogazione presentata dall’onorevole Ford.
Dal mio punto di vista il tema è anche piuttosto toccante, perché quelli legati agli incendi non si limitano agli alberghi, naturalmente. Qualche settimana fa, nel cuore della mia circoscrizione nel Warwickshire, vi è stato un incendio veramente orribile in un edificio industriale in cui hanno tragicamente perso la vita quattro vigili del fuoco volontari. Ancora non disponiamo dei risultati completi dell’indagine su quel tragico incidente, ma è chiaro che l’edificio avrebbe dovuto avere un sistema a pioggia, ma sembra non ne fosse dotato. Perciò stasera desidero attirare l’attenzione dei colleghi su questo punto, forse pensando soltanto ad alcune delle tematiche di più ampio respiro sollevate dal Commissario.
Il Commissario ha giustamente sottolineato che la direttiva sui prodotti da costruzione, che giungerà all’esame della nostra commissione all’inizio dell’anno prossimo, affronta le questioni dell’infiammabilità degli edifici e dei materiali da costruzione e ritengo che esse saranno riesaminate. Naturalmente, l’interrogazione dell’onorevole Ford apre l’intera tematica delle normative edilizie e delle potenzialità di dispositivi antincendio come i nebulizzatori.
Forse ho più simpatia per la posizione del Commissario, poiché penso si debba stare attenti a non cercare di imporre un’unica soluzione molto costosa, in particolare nel settore alberghiero, caratterizzato da una gamma di strutture offerte estremamente ampia per dimensioni e scala.
Ma mi sembra che occorra fare qualcosa per fare passi avanti su questa tematica e sono lieto di sapere che il Commissario, con la sua caratteristica iniziativa che abbiamo appena sentito nella scorsa discussione, si sta già movendo e sta invitando alcune delle principali catene alberghiere a incontrarla. Ma mi pare che uno dei modi in cui possiamo avanzare celermente su questo punto sia fornire maggiori informazioni, presentate in modo coerente, ai consumatori migliorandone la consapevolezza. Così, quando prenotano l’albergo, potranno cercare su Internet, e oggi gli alberghi forniscono sempre più spesso informazioni sulla protezione antincendio, ma penso che varino considerevolmente da paese a paese. Perciò, forse avere un qualche tipo di sistema di classificazione per gli alberghi, basato sulle loro ispezioni e dotazioni (un sistema di classificazione a stelle, per esempio, che sia applicato in modo coerente) sarebbe qualcosa che varrebbe la pena proporre e discutere con i proprietari degli alberghi.
Esso funziona in diversi altri campi: per esempio, sui motoveicoli, ambito in cui la Commissione ha promosso con successo un’iniziativa per avere una classificazione a stelle per le automobili. Forse potremmo prendere in considerazione qualcosa per registrare rapidi progressi su questo punto, per affrontare il problema che ha sollevato l’onorevole Ford e che questa mozione sottopone all’Assemblea.
Arlene McCarthy, a nome del gruppo PSE. – (EN) Signor Presidente, il Commissario sa che abbiamo avuto diverse discussioni sul problema generale della sicurezza dei servizi. Desidero esprimere il mio vivissimo apprezzamento per la disponibilità del Commissario a esaminare seriamente come migliorare la situazione dei consumatori.
Credo che vi sia una grave lacuna nella tutela dei consumatori per quanto riguarda la fornitura dei servizi. Se un consumatore in viaggio per affari o in vacanza nell’UE prenota un hotel, può stare sicuro che siano applicate misure di sicurezza che prevengano gli incendi o il rischio di avvelenamento da monossido di carbonio oppure che la piscina sia sicura per i bambini?
Tuttavia, come abbiamo visto accadere per i giocattoli e i prodotti, siamo pronti a tutelare i nostri consumatori. Quando accedono o acquistano un servizio sul mercato interno, i consumatori non sembrano essere tutelati allo stesso modo.
Tuttavia molti consumatori presuppongono che l’albergo in cui soggiornano sia dotato di standard di sicurezza adeguati e molto elementari. Naturalmente, come abbiamo visto, sono inadeguati.
Non penso che installare nebulizzatori antincendio o rilevatori di monossido di carbonio sia così difficile. Penso che gli incendi e i morti siano evitabili se vengono adottati gli standard e gli impianti giusti.
Francamente, penso sia troppo tardi (e insufficiente) revocare la licenza dopo che sono morti dei bambini, quando in realtà la licenza non avrebbe mai dovuto essere rilasciata fin dall’inizio.
Vogliamo aiutare il Commissario a intraprendere azioni per innalzare gli standard, abbattere i rischi di incendio e i decessi e per proteggere il consumatore, perciò pensiamo alla strategia migliore per raggiungere questi obiettivi. La proposta dell’onorevole Harbour relativa a un sistema di classificazione UE è certamente qualcosa che intendiamo esaminare ma, a mio parere, il consumatore deve potervi accedere in modo semplice, e ritengo che i tour operator debbano metterla a disposizione del consumatore, in modo che possa decidere di non andare in quell’albergo o in quella villa se non ha una piscina sicura, se non ha impianti antincendio a pioggia o rilevatori di monossido di carbonio.
Penso che possiamo fare di più per i nostri cittadini: possiamo prevenire i decessi. Penso che stasera abbiamo avviato il dibattito, ma ritengo, e penso che si veda dagli interventi, che si tratti dell’inizio di una campagna per ottenere servizi più sicuri, per la tutela degli standard minimi di base, e spero che potremo registrare ulteriori progressi in questo ambito in un futuro non troppo lontano.
Wolfgang Bulfon (PSE). - (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, è deplorevole che qualcuno debba morire prima che finalmente si affronti la questione della sicurezza antincendio negli alberghi. Sappiamo tutti che non è possibile adottare facilmente efficaci misure di sicurezza antincendio a livello europeo perché le normative edilizie sono amministrate in modo molto disomogeneo tra i diversi Stati membri e le diverse regioni.
Sono convinto che il problema possa essere risolto soltanto nel caso in cui vi siano specifiche vincolanti di conformità alle norme sulla sicurezza antincendio. Ciò sarà efficace soltanto se esisteranno verifiche obbligatorie di routine che devono logicamente coinvolgere il sistema uniforme delle valutazioni degli standard di qualità già richieste in Parlamento.
Non dobbiamo dimenticarci, naturalmente, che i provvedimenti tecnici comportano sempre un costo finanziario. Tale costo può rappresentare un onere finanziario altissimo e spesso insormontabile per gli alberghi di piccole e medie dimensioni. In tali condizioni gli Stati membri devono appoggiare le misure per la sicurezza antincendio fornendo aiuti volti a garantire ai clienti i migliori standard di sicurezza possibili.
Permettetemi di aggiungere un’osservazione finale: Non credo che nella maggior parte degli alberghi europei, strutture di piccole e medie dimensioni, la soluzione possa risiedere nelle trattative con il complesso industriale, ovvero con i grandi conglomerati.
Linda McAvan (PSE). - (EN) Signor Presidente, so che il Commissario si è molto occupato della questione della protezione dal monossido di carbonio negli alberghi da quando abbiamo discusso della morte di due bambini dello Yorkshire negli ultimi mesi. Sono lieta che il Commissario riconosca che la sicurezza degli hotel va ben al di là della protezione dagli incendi. Penso che il tipo di soluzione proposta dall’onorevole McCarthy sia quella giusta sul lungo periodo.
Dovremmo esaminare i miglioramenti alla sicurezza dei servizi, ma nel breve periodo spero che alla riunione con i proprietari di alberghi a febbraio, di cui sono molto lieta, il Commissario possa sollevare la questione della protezione dal monossido di carbonio. Qui non si tratta di un enorme progetto finanziario per le catene alberghiere perché su Internet si può scoprire che il rilevatore di monossido di carbonio più sicuro costa 36 sterline nel Regno Unito, il che non è una grande somma neanche per il più piccolo albergo o per la più piccola società proprietaria di roulotte. Perciò penso che dovremmo chiedere alle società di applicare subito queste misure di sicurezza e non attendere parecchi anni finché non esisterà una qualche normativa a livello UE.
Le famiglie non possono andare in vacanza mettendo in conto di non riportare i figli a casa, così come non possono acquistare i regali di Natale per loro aspettandosi che ci si potrebbero ferire. Pertanto spero proprio che il Commissario solleverà la questione nei suoi colloqui con le catene alberghiere e che successivamente riferirà al Parlamento su questo importantissimo punto.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, prenderò subito l’impegno dinanzi a voi di affrontare la questione nel corso della nostra riunione con il settore turistico. Non è un segreto; vi abbiamo detto che questa riunione è in larga misura il risultato delle nostre discussioni e della tragica perdita di due bambini.
Come rendere obbligatoria questa legislazione fa parte delle possibili strategie, ma dobbiamo esaminare molto attentamente la discussione in sede di Consiglio e stabilire qual è l’opinione degli Stati membri, e cercare di creare un buon equilibrio tra ciò che alcuni Stati membri stanno già facendo (sono abbastanza avanti), e ciò che sono disposti a fare a livello di misure obbligatorie adottate dalla Comunità.
Sono assolutamente convinta che dobbiamo concentrarci sulla sicurezza dei servizi ed, essendone più che convinta, ho inserito questo aspetto nella strategia per la tutela dei consumatori 2007-2013. Il XXI secolo non è un secolo manifatturiero. Ritengo che il XXI secolo sarà molto di più il secolo dei servizi, è per questo che sono persuasa che queste questioni debbano essere affrontate attraverso il concetto della sicurezza dei servizi, concentrandosi sui punti su qui occorre legiferare per raggiungere questo obiettivo e nei quali occorre contare maggiormente sull’autoregolamentazione (che potrebbe essere intensificata molto utilmente) per fare il nostro meglio e cooperare a stretto contatto con gli Stati membri, i quali, alla fine, forniranno il proprio sostegno se tale legislazione sarà approvata.
Presidente . – La discussione è chiusa.
21. Diritto contrattuale europeo (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca l’interrogazione orale dell’onorevole Giuseppe Gargani, a nome della commissione giuridica, alla Commissione, su un quadro di riferimento comune per il diritto contrattuale europeo, , (O-0073/2007 – B6-0386/2007).
Rainer Wieland, autore. − (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, non è un segreto che abbiamo già fallito una volta in un progetto tanto ambizioso e necessario quanto questo: un Codice civile europeo. Anche questo è certamente legato al fatto che alcuni sistemi giuridici nell’Unione europea incontrano difficoltà con le leggi scritte. E’ anche collegato, con ogni probabilità, al fatto che per altri è problematica l’idea che le regole sostanziali su tematiche correlate siano in qualche misura riunite e amministrate in via sufficientemente definitiva e completa e che le norme di base siano messe entro o fuori parentesi. Le difficoltà sono inoltre relative al fatto che noi abitanti dell’Unione europea abbiamo radici comuni, tuttavia esse risalgono a molto tempo addietro, alcune si sono sviluppate in modo diverso, alcune sono ormai sepolte, altre sono sacrificate a un’interpretazione arbitraria a vantaggio della politica contingente.
In qualità di primo Presidente della Repubblica Federale di Germania, Theodor Heuss, espresse perfettamente questo concetto nel 1956, e si noti che era un liberale, quando affermò che l’Europa è costruita su tre colline: il Golgota, l’Acropoli di Atene e il Campidoglio di Roma. L’Acropoli è il simbolo dell’erudizione greca, che con i suoi grandi filosofi e pensatori politici ha creato il nucleo delle nostre democrazie e della fondazione degli stati. Il Golgota incarna i valori sociali e morali europei, che si estendono a tutti gli ambiti della nostra vita, dalla comprensione della famiglia ai diritti umani. Il Campidoglio simboleggia il diritto romano, che ci aiuta a conquistare una condizione di Stato di diritto e un senso della giustizia.
Come affermato, tuttavia, le nostre prassi giuridiche, pur derivando dalle stesse radici, sono cresciute separate, spesso prendendo direzioni così diverse che le radici non sono più riconoscibili. L’unico fondamento di questa Unione europea sembra essere il mercato interno. Alcuni direbbero che tutte le tradizioni giuridiche degli Stati nazione possono continuare ad esistere. Tuttavia, ciò è molto lontano da qualunque realtà e anche, incidentalmente, da qualunque esperienza di vita, dato che viviamo in un mondo sempre più piccolo, in sempre più rapida evoluzione e sempre più comunicativo. Meglio spiegheremo i Vangeli del Mercato interno (la libera circolazione di persone, beni, capitali e servizi), più perfettamente potremo esprimerli democraticamente basandoci sui concetti morali europei, più chiaro sarà che tutto ciò non avrà alcun valore se non potremo mettere la sua forma sul banco di prova dello Stato di diritto e della giustizia nei rapporti tra gli individui stessi e tra gli individui e l’autorità dello Stato.
Abbiamo già fallito una volta, quando cadde la cortina di ferro in Europa e i paesi si chiedevano: avete una legge per noi? Forse questo era comprensibile tenendo conto della credenza secondo cui eventuali ramificazioni delle tradizioni giuridiche nazionali potevano comunque sopravvivere in un’Unione in grado di negoziare all’unanimità. Ma non dobbiamo fallire una seconda volta. Questa forse è la sfida più seria, oltre al problema della lingua. Maggiore chiarezza riusciremo a dimostrare nello spiegare il nostro mercato interno, più chiara sarà l’esigenza fondamentale dell’unitarietà del diritto, non solo verticalmente, ma anche orizzontalmente in tutto il continente.
Abbiamo compiuto dei progressi. Ora abbiamo già una certa concorrenza tra i sistemi giuridici. Sarebbe bello, e avremmo tempo a sufficienza, se la realtà esterna non fosse questa. Il conflitto tra gli europei può andare esclusivamente a vantaggio dei potenti e di coloro che hanno già sistemi giuridici ridondanti. Non siamo una famiglia con fratelli e sorelle che litigano tra loro facendo volare scintille, bensì siamo uniti nell’affrontare le sfide esterne. Noi non lasciamo che le sfide esterne ci turbino. Dimentichi del mondo e ossessionati da noi stessi. Il desiderio di unità della gente esiste, anche se esso crea successivamente un problema nelle singole normative. I timori nascono per la possibilità che le politiche nazionali coltivino dottrine fondate sul tornaconto personale: una strategia che minaccia di far crollare le dimensioni storiche su scala continentale.
Dobbiamo giungere a un accordo perché altrimenti alla fine non ci resterà nulla. Dopo il fallimento di quel grandioso progetto, occorre che ci accordiamo su ciò che risulta possibile. L’insieme degli strumenti a disposizione è buono, il quadro di riferimento è buono, perciò è bene stabilire ciò che è possibile e anche ciò che va leggermente al di là di tale limite. Il Parlamento europeo, per questo motivo, concorda ampiamente e lo ha anche espresso più volte nelle proprie risoluzioni. Desideriamo quindi sapere dalla Commissione quanto sono grandi le sue ambizioni nel perseguimento di tale meta. E’ per questo che rivolgiamo le nostre domande come abbiamo fatto poc’anzi.
Il continente e la sua gente necessitano di uno stato di diritto uniforme, almeno nella forma … e comunque in quella che il giurista definisce la parte generale. Possiamo partire da qui; la giustizia di cui abbiamo bisogno deve costituire un compromesso equilibrato di interessi legittimi, di rapidità, di un diritto accessibile e comprensibile a chiunque. Benché oggi si discuta soltanto di diritto contrattuale, è evidente che occorre prendere provvedimenti concreti anche in altri campi: diritto di famiglia, diritto ereditario, diritto amministrativo, persino nel diritto penale. E’ il metodo che viene messo alla prova in ciò che la Commissione sta ora avviando. Soprattutto il metodo sarà il fattore determinante quando dovremo rispondere alla domanda: in quale misura, a quale ritmo e con quale livello di qualità sarete in grado di reagire alle sfide più ovvie? Molti di noi in tutto il mondo aspettano un esempio riuscito e molti altri aspettano soltanto un nostro fallimento.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, non è affatto sorprendente che questa questione attiri una tale attenzione, perché si tratta di una tematica veramente centrale e importante.
La Commissione tutta approva pienamente l’interesse che il Parlamento sta mostrando per il Quadro comune di riferimento (QCR).
Nella sua seconda relazione sullo stato di avanzamento, il Commissario ha annunciato che, dopo che i ricercatori avranno fornito il QRC accademico, la Commissione selezionerà attentamente le parti di questa bozza che risponderanno agli obiettivi legislativi comuni. Come sappiamo dalla decisione, questo QRC accademico dovrebbe uscire entro la fine dell’anno.
Il processo di selezione sarà condotto in consultazione con le altre istituzioni, compreso il Parlamento e le parti interessate, e penso che il Parlamento, che ha al suo interno molti esperti, svolgerà un importante ruolo, come di consueto.
La Commissione non ha ancora deciso come procedere nella selezione di quelle parti del QRC accademico che saranno inserite nel QRC definitivo della Commissione, dato che questa decisione dipende anche dal contenuto della bozza di QRC che i ricercatori forniranno. Inoltre, la Commissione non ha ancora deciso quali argomenti dell’acquis del diritto contrattuale UE debbano essere trattati nel QRC.
Nell’adottare questa decisione, la Commissione terrà anche conto del contenuto del QRC accademico (di cui ancora non disponiamo), dell’esito dei nuovi seminari QRC, e della posizione del Parlamento e del Consiglio.
La commissione, tuttavia, ha chiaramente dichiarato più volte che il CFR non consisterà in un’armonizzazione su vasta scala del diritto privato o un codice civile europeo. La futura direttiva quadro, in seguito alla revisione dell’acquis del diritto contrattuale dei consumatori, non dipende dall’esito del QRC, che è un progetto a più lungo termine ed è gestito separatamente.
La Commissione garantirà che parti della bozza di ricerca selezionate per il QRC (e forse modificate) siano coerenti fra loro e con la futura direttiva quadro.
Tutto questo lavoro preparatorio sarà svolto in stretta concertazione da tutte le direzioni generali della Commissione interessate.
Rispetto alle tematiche dei consumatori, i miei servizi hanno già svolto i rispettivi seminari e analizzato gli esiti. I risultati già servono da base di partenza per la revisione dell’acquis del diritto contrattuale dei consumatori, ed è stato molto utile.
Il mio collega, il Commissario McCreevy, ha tenuto di recente due seminari sui requisiti informativi nella legislazione dei servizi finanziari e sulle regole sulla concorrenza sleale per i contratti tra imprese (B-to-B).
Per quanto riguarda il diritto contrattuale generale, i servizi del Vicepresidente Frattini prevedono di organizzare diversi seminari nel corso del prossimo anno.
La Commissione comprende appieno che il Parlamento desidera essere informato e coinvolto nei lavori in corso sul QRC. Vediamo favorevolmente il coinvolgimento del Parlamento nel processo del QCR. Oltre alle consultazioni che ho ricordato in precedenza, la Commissione continuerà a tenere il Parlamento informato sugli sviluppi nel modo più appropriato, in particolare tramite il gruppo di lavoro del Parlamento dedicato al QRC.
Desidero concludere ringraziando il Parlamento per il sostegno al lavoro della Commissione su questo importante dossier. So che uno dei principali avvenimenti del 2006, se non mi sbaglio, ha avuto luogo a Vienna e l’esito di quella conferenza è stato molto stimolante per il nostro lavoro.
Klaus-Heiner Lehne, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, prima di tutto desidero ringraziarvi sinceramente per il vostro impegno in questa materia. Esso ha prodotto grandi passi avanti nello sviluppo di questo progetto negli ultimi mesi. Direi a questo punto che considero il progetto come il più importante dell’intera legislatura, benché si tratti in effetti di un progetto prelegislativo, piuttosto che legislativo.
Naturalmente, noi siamo molto interessati, in quanto deputati, e questo è anche il principale motivo per cui questa interrogazione orale è stata ripresentata oggi: stiamo consapevolmente mantenendo alto il livello di suspense e mantenendo viva la discussione non solo a livello del gruppo di lavoro che abbiamo creato e livello di commissione, ma anche qui con voi in plenaria. Pertanto, è altrettanto importante aver messo questo punto all’ordine del giorno, oggi.
Desideriamo inoltre sapere qualcosa da voi, dato che ancora non siete in grado di dire granché sulla tabella di marcia definitiva, perché dal punto di vista del Parlamento è importante sapere, ovviamente, anche in vista delle prossime elezioni del 2009, per la nostra strategia, come continueremo ad elaborare il Quadro di riferimento. L’anno prossimo avremo una bozza preliminare, ma il testo definitivo non giungerà prima dell’aprile 2009. In ogni caso sarà troppo tardi e presumibilmente non sarà più possibile elaborarne i contenuti approfonditamente in questa legislatura; il successivo Parlamento dovrà pertanto farlo nel corso del mandato seguente.
Vorrei sottolineare con grande chiarezza ancora una volta che pensiamo che il Quadro di riferimento, se sarà adottato dalla Commissione e inserito nel documento di consultazione, non debba riferirsi soltanto alla materia del diritto contrattuale, il Parlamento ha anche chiarito ripetutamente con una straordinaria maggioranza che esso deve varcare i confini del mero diritto contrattuale per produrre l’effetto desiderato.
Vogliamo, nello specifico, poter scegliere se risolvere in un secondo momento i diversi problemi aperti nel mercato interno sotto forma di uno strumento opzionale per le aziende transfrontaliere.
Al momento abbiamo una situazione in cui abbiamo una felice coesistenza del principio del paese d’origine e di quello del paese di destinazione oltre alle svariate direttive e decisioni legislative europee con non meno di 28 sistemi giuridici che vanno tutti applicati contemporaneamente, a seconda delle circostanze. Questo in pratica non funziona perché nessuno (giurista, giudice o avvocato che sia) può conoscere 28 sistemi giuridici europei.
In questo contesto uno strumento opzionale potrebbe essere uno strumento che apre effettivamente il mercato interno, soprattutto alle piccole e medie imprese, oltre che al consumatore, consentendo ogni tipo di possibilità sul mercato interno. Tutte le attività della Commissione e del Parlamento devono essere intese a tenere aperta questa opzione in modo che si possa prendere una decisione definitiva in questa materia nella prossima legislatura.
Manuel Medina Ortega, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, il fatto che siamo qui, a questa ora tarda, a discutere del quadro di riferimento comune, è indice del fatto che almeno coloro che sono qui sono molto interessati a questa tematica: anche il Commissario ha indicato l’interesse che lei e gli altri Commissari nutrono per essa.
Penso, come tutti voi, che la procedura che la Commissione sta adottando sia quella giusta. Prima di avviare un progetto di codifica, è importante che comprendiamo i suoi elementi da un punto di vista accademico; penso che l’iniziativa sia magnifica: non lanciarsi in proposte legislative senza averle prima esaminate. Ritengo che il risultato possa essere abbastanza buono.
Per quanto riguarda la seconda fase della quale ci occupiamo, tuttavia, poiché alcuni eurodeputati stanno lavorando o partecipando al gruppo parlamentare che sta monitorando il quadro di riferimento comune, stiamo scoprendo che sembra si sia accumulata una quantità talmente vasta di materiale che è difficile scegliere. Il mio collega, onorevole Lehne, si riferiva al quadro temporaneo; in altre parole, benché il progetto di codifica sia a lungo termine, è comunque utile per noi iniziare almeno ad esaminare le linee direttrici del progetto.
L’idea di una direttiva quadro in questa materia sembra essere un buon punto di partenza. In ogni caso, è chiaro che ciò che abbiamo fatto negli ultimi anni verso l’armonizzazione tramite le procedure, la legislazione e il riconoscimento e l’applicazione delle sentenze è utile, ma è soggetto a grossi limiti.
Il diritto europeo in generale e il diritto contrattuale in particolare possono essere sviluppati soltanto stabilendo alcuni principi. Penso che il Parlamento, in quanto istituzione, potrebbe essere un magnifico strumento a disposizione della Commissione, perché i diversi sistemi giuridici e le diverse legislazioni nazionali sono qui rappresentati, inoltre potrebbe costituire un eccellente quadro di riferimento per vedere fino a che punto le proposte di armonizzazione andranno alla fine a cozzare contro i sistemi giuridici nazionali.
L’armonizzazione dell’Unione europea è assai difficile per motivi di cui tutti siamo a conoscenza, ma la procedura corretta è quella avviata dalla Commissione con questa fase accademica iniziale e con una seconda fase legislativa.
Ciò che diciamo in questo momento alla Commissione è che, nel Parlamento, sentiamo una certa urgenza perché l’integrazione europea è già in corso: i cittadini europei devono affrontare ogni giorno problemi pratici che si possono risolvere soltanto con l’armonizzazione giuridica. Questi problemi pratici sono stati esaminati dal Commissario stesso quando ha presentato le sue proposte di armonizzazione del diritto contrattuale in materia di tutela dei consumatori, che è soltanto uno degli aspetti, ma un aspetto abbastanza importante, perché, in breve, nell’Unione europea siamo tutti consumatori e questo è, in una certa misura, un eccellente principio per un’azione pratica.
Non penso che qui si tratti di creare un quadro di riferimento comune puramente teorico. Per quanto possibile, le specifiche sono l’aspetto più utile. Il mio collega, onorevole Lehne, si riferiva alla redazione di qualche tipo di documento opzionale. Il modello da seguire sarebbe qualcosa di simile al Codice unificato del commercio degli Stati Uniti, che è stato descritto come il codice meno uniforme che esista, che offre meno possibilità di unificazione di tutti gli altri. Questa è una possibilità, ma forse la cosa più importante potrebbe essere esaminare quali siano i principi che possono essere riconosciuti da tutti i sistemi giuridici, e otterremo queste informazioni soltanto quando avremo studiato e tenuto conto del materiale che gli accademici ci forniranno.
Pertanto, signora Commissario, penso che il Parlamento sarà un buon collaboratore nel successivo sviluppo di questa legislazione, qui siamo già impazienti di metterci al lavoro, in modo che, nel restante anno e mezzo di legislatura, potremo contribuire positivamente allo sviluppo di questa legislazione.
Diana Wallis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Commissario per la sua risposta, e soprattutto per il suo impegno su questo argomento, che è stato menzionato da altri colleghi.
Tuttavia, dove dire che sono un po’ sorpresa. Questa mattina e ieri sera ero a Münster, all’università di Münster, in occasione del conferimento di una laurea honoris causa al Presidente della Corte di giustizia. Contemporaneamente si stava svolgendo una riunione del gruppo acquis sul quadro di riferimento comune. Mi hanno detto che stavano discutendo, tra l’altro, di quelle parti del quadro di riferimento comune (QRC) accademico che potrebbe essere utilizzato dai vostri servizi. Pertanto questo scambio sta già avvenendo, e sottolineerei che, chiaramente, il Parlamento desidera sapere in qualunque momento cosa sta avvenendo, in modo da poter esaminare la prosecuzione del processo.
Il Commissario saprà quanto questo Parlamento è interessato all’intera tematica e quanto ha fatto per sostenerlo. Infatti, la commissione a cui apparteniamo io e i miei colleghi organizzerà, l’anno prossimo, un ricevimento con la Presidenza slovena per festeggiare l’arrivo del QRC accademico. Perciò vogliamo veramente fare qualcosa per questo e continuare il lavoro.
Ma dobbiamo essere inclusi nel processo. Riteniamo da tempo che si tratti di una parte essenziale dell’intera agenda “Legiferare meglio”. Non so quante volte ho preso la parola, in relazione a questo, per parlare di coerenza. Sappiamo che il QRC è quasi al traguardo, è quasi utilizzabile, tuttavia stiamo proseguendo ancora con diversi atti legislativi che contengono diritto contrattuale, senza esaminare alcune delle regole fondamentali che stiamo già iniziando a formulare nel QRC. Stiamo esaminando la revisione dell’acquis dei consumatori, e, in separata sede, la multiproprietà. Ci sono altri colleghi che studiano i pagamenti o le tematiche inerenti al trasporto passeggeri. Stiamo realizzando uno strumento importantissimo. Ne abbiamo bisogno, con urgenza.
Accettiamo e siamo grati per il lavoro che la Commissione tutta ha fatto per far sì che questa materia fosse esaminata in tutte le diverse direzioni generali. Queste sono buone notizie.
Posso terminare soltanto con la richiesta che ho già avanzato, signora Commissario, ovvero quella di continuare a coinvolgerci. Sappiamo che i lavori sono ancora in corso. Possiamo essere al vostro fianco. Sappiamo che questa è una questione difficile rispetto al Consiglio. Usate pure la nostra e la vostra voce per dare a questo progetto il massimo stimolo che si merita per servire al meglio i nostri cittadini attraverso il mercato interno.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, non è soltanto una cortesia: è sempre un grande piacere ascoltare avvocati così insigni parlare di una delle cose più importanti accadute negli ultimi anni nell’ambito del diritto civile.
Tuttavia, so che esigete da me la massima concretezza possibile. Pertanto permettetemi di dirvi soltanto che nel 2008 la Commissione deve decidere della portata (calendario, contenuto e forma) del QRC, e su come svolgere il lavoro descritto sopra in termini di metodologia, risorse umane e finanziarie e di distribuzione del lavoro tra le DG interessate: giustizia, libertà e sicurezza, mercato interno e servizi, impresa e industria, Segretario generale, e salute e tutela dei consumatori. L’11 dicembre, cioè domani, si terrà una riunione dei direttori generali o dei rispettivi rappresentanti con l’intento di preparare una decisione collegiale nel 2008 su portata, contenuto e forma del QRC.
Come sapete, infatti vi ho tenuti informati, ho chiesto al Collegio dei commissari in merito al QRC e quest’anno ho inviato loro una nota sull’argomento. Per quanto riguarda gli strumenti opzionali, la Commissione ha annunciato nella revisione del mercato unico che esaminerà i meriti di tale iniziativa nell’ambito dei servizi finanziari; penso questo che sia un buon segno.
Tutti voi avete fatto riferimento alla direttiva quadro relativa all’acquis dei consumatori. Credo che sia un ottimo esercizio e, qualsiasi cosa stiamo facendo con il credito al consumo o con la multiproprietà, stiamo cercando di evitare questa concentrazione sullo strumento orizzontale perché ritengo che attualmente serva una discussione sulla multiproprietà in Parlamento. Ma dobbiamo definire l’ambito quadro, e ritengo che avremo un’eccellente prova della nostra unità quando armonizzeremo i principali pilastri del diritto contrattuale che devono fungere da spina dorsale durante la direttiva quadro. Naturalmente, mi impegnerò volentieri a tenervi personalmente informati su ciò che sta avvenendo in questo fondamentale campo.
Presidente. – Comunico di aver ricevuto una proposta di risoluzione(1)ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 5, del Regolamento, a conclusione del dibattito.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì 12 dicembre 2007.
22. Decimo anniversario della Convenzione di Ottawa sulla messa al bando delle mine antipersona (discussione)
Presidente. – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sul decimo anniversario della Convenzione di Ottawa sulla messa al bando delle mine antipersona.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Parlamento per l’opportunità che ci ha offerto di parlare di questa importantissima tematica e commentare brevemente la proposta di risoluzione per un mondo libero dalle mine, che abbiamo ricevuto oggi.
A dieci anni dall’approvazione della Convenzione di Ottawa possiamo festeggiare un importante passo avanti nel perseguimento dei suoi obiettivi. La Convenzione è stata ratificata da centocinquantasei Stati, e l’impiego di mine terrestri antiuomo è notevolmente diminuito negli ultimi anni. Si producono meno mine e, praticamente, non esiste alcun commercio di queste pericolose armi.
Dall’adozione della Convenzione di Ottawa nel 1997, la Comunità europea si è intensamente impegnata per la sua universalizzazione e per il conseguimento dei suoi obiettivi. La campagna antimine è stata inclusa nei programmi di assistenza e di sviluppo della Comunità europea in paesi terzi: essa copriva una vasta gamma di attività (distruzione delle scorte, educazione sui rischi posti delle mine, assistenza alle vittime delle mine, riabilitazione e reintegrazione socioeconomica). La strategia e la programmazione CE per l’azione anti-mine erano sostenute da una specifica linea di bilancio integrata dai fondi provenienti da altri strumenti geografici. In totale, furono stanziati circa 275 milioni di euro nel periodo 2002-2007, rendendo la CE uno dei maggiori donatori a livello mondiale. Come é stato notato dal Parlamento nella sua risoluzione, la Strategia di azione CE contro le mine termina quest’anno. Sarà condotta una valutazione per valutare se ha risposto adeguatamente al piano d’azione di Nairobi. Un’analisi preliminare interna da dato esito positivo.
Con le modifiche ai meccanismi di finanziamento esterni della Commissione del 2007, la linea di bilancio relativa alle mine antipersona è stata sostituita da nuovi strumenti per l’assistenza esterna CE che può essere utilizzata per finanziare apposite azioni contro le mine. I bilanci geografici per lo sviluppo, la preadesione e la politica di vicinato sono ora gli strumenti finanziari principali. In casi urgenti, l’azione nell’ambito delle mine antipersona e dei residuati bellici esplosivi può anche essere finanziata dal bilancio per gli aiuti umanitari e dal nuovo Strumento di stabilità, che permette di mobilitare rapidamente i fondi nei casi di crisi o di crisi emergenti.
Questo è il nuovo ambito legislativo, concordato dall’autorità di bilancio, in cui dobbiamo operare. L’approccio globale della CE, comunque, resta invariato: mine terrestri e altri residui bellici esplosivi devono essere considerati in un ampio contesto di assistenza umanitaria, programmi di sviluppo socioeconomico sostenibile a lungo termine. I paesi che chiedono assistenza devono rendere prioritaria l’azione antimine nelle loro richieste alla Commissione europea. Condividiamo tutta la preoccupazione del Parlamento, espressa anche nei suoi commenti relativi alla strategia dello Strumento di stabilità, volta ad evitare una lacuna di sicurezza in questo importante campo umanitario.
Benché siano cambiate le modalità, l’impegno della CE per la Convenzione d’Ottawa prosegue. Nel 2007, la Comunità europea si è impegnata a fornire assistenza per l’azione relativa alle mine per un totale di almeno 33 milioni di euro nei seguenti paesi: Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Cambogia, Cipro, Etiopia, Guinea-Bissau, Giordania, Libano, Senegal e Sudan.
Voglio assicurare il Parlamento che la Commissione resta fermamente impegnata a proseguire il suo appoggio all’attuazione della Convenzione di Ottawa e la sua assistenza ai paesi terzi nella distruzione delle scorte di mine antipersona, nello sminamento e nell’assistenza alle vittime.
Stefano Zappalà, a nome del gruppo PPE-DE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio il Commissario per il completo ed esaustivo intervento che ha fatto, dimostrando effettivamente quello che è già avvenuto su questa materia. Tuttavia, questa è una materia che credo debba ulteriormente impegnarci e impegnare – ma l’ha già detto il Commissario e quindi ne prendo atto – perché i numeri sono terrificanti.
Noi prima abbiamo sentito parlare di numeri in termini di sicurezza degli alberghi, o sicurezza di altro tipo – per carità, ogni vita umana è importantissima – però erano numeri direi molto contenuti. Qui stiamo parlando invece di realtà ben diverse: 10 000-20 000 persone l’anno coinvolte. Probabilmente ci sono persone menomate che superano il mezzo milione nell’ambito dei paesi terzi, e quindi questo è un argomento rilevantissimo e non è un caso, infatti, che a distanza di dieci anni dalla Convenzione di Ottawa si affronta questo argomento, ma in quest’Aula si riaffronta soltanto a distanza di due anni. L’abbiamo affrontato con una risoluzione nel 2005 e ne riparliamo adesso. E ne riparliamo adesso perché corriamo il rischio che si fermi il discorso.
Il Commissario – ripeto, la ringrazio per quello che ha detto – ha evidenziato alcuni canali di finanziamento con i quali si può proseguire la lotta alle mine antiuomo, intendo chiarire: mine antiuomo. Tuttavia, io credo che l’impegno debba essere molto più ampio. Troppi paesi sul pianeta Terra ancora non hanno aderito alla Convenzione di Ottawa, troppi paesi hanno ancora arsenali di questo materiale bellico, troppi paesi e troppi territori hanno ancora presenza concreta e quindi bisogna procedere in maniera molto seria allo sminamento.
Devo ricordare, integrando le cose che ha detto il Commissario, che il 34% – i dati sono questi, poi le statistiche bisogna vedere se sono realistiche o meno – comunque, in linea di principio il 34% di tutte le vittime delle mine antiuomo abbandonate sui territori che sono stati scenari di guerra sono bambini e quindi ancora più grave è questo fenomeno. Quindi per questo io credo che non solo il programma debba proseguire, Commissario, ma il programma deve essere ulteriormente e fortemente finanziato.
La Commissione ha già fatto tanto, l’Unione europea ha già fatto tanto: 335 milioni in questi dieci anni, 33 milioni solo nel 2007; però io credo che bisognerebbe che il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri provochino un incontro per rivedere la Convenzione di Ottawa e si impegnino ancora di più affinché tutti gli Stati del mondo intervengano su questa materia e affinché lo sminamento e l’abolizione totale delle mine antiuomo sia veramente un futuro immediato, il più immediato possibile.
Ana Maria Gomes, a nome del gruppo PSE. – PT) La Convenzione di Ottawa fu il risultato di un efficace sforzo mondiale per una giusta causa che ha unito e continua ad unire i governi, l’opinione pubblica e le organizzazioni non governative. Perfino alcuni Stati non firmatari della Convenzione, e purtroppo ve ne sono ancora 37, già si attengono in parte alla Convenzione.
Questo strumento, pertanto, funge da barometro per misurare il grado di partecipazione dei paesi alla comunità di valori mondiale. Come ha detto il Commissario, vale la pena di ricordare i risultati raggiunti. In un periodo di 10 anni gli Stati contraenti della Convenzione di Ottawa hanno già distrutto oltre 41 milioni di mine. Soltanto lo scorso anno, Serbia, Montenegro, Angola, Cipro, Capo Verde e Lettonia hanno adempiuto i loro obblighi e si sono disfatti dei propri arsenali di mine. Trentotto su cinquanta paesi produttori di mine hanno interrotto la produzione, compresi quattro Stati non firmatari della Convenzione: Egitto, Finlandia, Polonia e Israele.
Tuttavia, il festeggiamento di 10 anni di successi per la Convenzione deve anche essere l’occasione per evidenziare quanto resta ancora da fare. Dieci degli Stati firmatari non hanno ancora completamente distrutto i propri arsenali, per un totale di 14 milioni di mine. Due dei dieci Stati contraenti hanno consistenti arsenali di mine antipersona e non prevedono in alcun modo la loro distruzione: si tratta dell’Etiopia e dell’Iraq. La stragrande maggioranza delle mine, tuttavia, sono nelle mani di Stati non firmatari della Convenzione. Solo la Cina conserva un arsenale di 110 milioni di queste armi disumane, e continua a produrne. Fatto ancora più eclatante – forse perché è un alleato assieme a cui gli eserciti europei stanno combattendo su fronti come l’Afghanistan – gli USA, altro Stato non firmatario della Convenzione, non solo conserva un arsenale di oltre 10 milioni di mine, ma, lo scorso anno, il Pentagono ha chiesto nuovi finanziamenti per due nuovi tipi di mine incompatibili con la Convenzione.
C’è da sperare che gli sforzi del Congresso americano metteranno ancora una volta un freno alla generosità della Casa Bianca per i nuovi giocattoli bellici.
Anche l’Unione europea ha le proprie pecche, nella fattispecie la Finlandia e la Polonia, le quali continuano a rifiutarsi di ratificare la Convenzione. Questo, tuttavia, non deve impedire all’Europa di lottare per un’interpretazione quanto più ampia possibile di ciò che costituisce una mina antipersona. E’ scandaloso vedere come alcuni in questo Parlamento insistono nel fare distinzioni basate sulla definizione militare formale del dispositivo, piuttosto che sul tipo di danni che arreca. Un civile che salta su una mina antiveicolo dopo averla attivata, difficilmente si interesserà delle complessità della terminologia tecnica.
Il Colonnello Gheddafi, sul suo sito web e sulla pubblicità a pagina intera che ha pubblicato sulla stampa portoghese negli ultimi giorni del Vertice UE-Africa, ha attaccato la Convenzione di Ottawa e ha difeso le mine antipersona come armi dei poveri. Ci sono alcuni deputati in questa Assemblea che, come quel pazzo criminale, vogliono interpretare la Convenzione in modo tale da consentire ai paesi ricchi di sviluppare e usare versioni più sofisticate di mine per soddisfare una presunta esigenza militare. Infine, signor Presidente, di fronte a posizioni così oscene, l’obiettivo dell’Unione europea deve essere semplice: un mondo libero dalle mine, tutti i tipi di mine, e senza più civili vittime delle mine.
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, la Convenzione di Ottawa sul divieto delle mine ha avuto grande successo nel salvare migliaia di vite umane e nell’impedire a migliaia di persone di ferirsi gravemente.
Purtroppo, tuttavia, c’è ancora molto da fare e una lunga strada da percorrere per ottenere una riduzione più drastica nella produzione e nell’uso di mine.
Pertanto, mentre festeggiamo il decimo anniversario della Convenzione di Ottawa, dobbiamo studiare un modo per ottenere la firma e la ratifica di questo trattato da tutti gli Stati del mondo. A mio parere dovremo procedere nel modo seguente. In primo luogo, dobbiamo produrre e pubblicizzare una lista nera che smascheri tutti i paesi che non hanno né firmato, né ratificato la Convenzione. Questo riguarda finora 31 paesi, tra cui, purtroppo, i paesi più grandi del mondo, ovvero Cina, India, Russia, USA e altri.
In secondo luogo, dobbiamo cercare di imporre sanzioni severe ed efficaci ai paesi presenti sulla lista in modo da cercare di costringerli a firmare.
Terzo: dobbiamo creare un servizio rapido e molto efficace di sminamento che sia disponibile, a richiesta, agli Stati che non sono in grado, per motivi di costi o di scarsa esperienza, di affrontare il problema da soli. Di conseguenza, dobbiamo investire maggiormente nella ricerca delle procedure di sminamento più efficienti.
Quarto: dobbiamo assicurarci che l’obbligo di occuparsi adeguatamente della salute e dell’assistenza sociale delle vittime delle mine terrestri sia rispettato da tutti i paesi interessati. A tale scopo, occorre rendere disponibile un sistema di finanziamento più adeguato per le nazioni più povere.
Quinto: è giunto il momento di rivolgere la nostra attenzione, non solo alle mine antipersona, ma a tutte le mine, nonché ad altri tipi di armi che possono continuare a uccidere dopo la fine di un conflitto, per esempio le bombe a grappolo.
Ģirts Valdis Kristovskis, a nome del gruppo UEN. – (LV) Signora Commissario, anche io vorrei riconoscere i risultati raggiunti dalla Convenzione di Ottawa. Vorrei inoltre elogiare i notevoli successi ottenuti dall’Unione europea nel suo sostegno alla Convenzione. Vi sono alcuni problemi, tuttavia. Nelle loro strategie di difesa, il Pakistan, l’India e la Cina continuano ad insistere sulla conservazione delle loro mine antipersona. Purtroppo, in Finlandia, Stato membro dell’UE, si sta esaminando questa questione tentando di discutere la possibilità di sostituire le mine antipersona con le bombe a grappolo, il che non sarebbe accettabile per l’Unione europea. Come è ben noto, gli Stati Uniti e la Russia stanno mettendo a punto una nuova alternativa alla Convenzione: mine controllate e autodistruggenti. Si pone quindi la domanda: Come devono agire ora gli Stati membri UE e la Convenzione di Ottawa? Tali paesi potrebbero forse essere incoraggiati ad acquisire mine antipersona di prossima generazione, più umane. Chiedo pertanto all’Unione europea di preparare subito la sua posizione in merito all’intenzione degli Stati Uniti e della Russia di sviluppare queste mine antiuomo di nuova generazione e di intraprendere azioni contro tale progetto.
Angelika Beer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, qual è il punto della discussione odierna? Venerdì il Parlamento intende adottare una risoluzione in cui in primo luogo mettiamo in evidenza che abbiamo festeggiato il decimo anniversario della Convenzione di Ottawa con una mostra a Strasburgo, ma nella quale dichiariamo con grande chiarezza che non è sufficiente mettere fuori legge le mine antipersona, occorre includere anche le mine antiveicolo.
I 10 anni della Convenzione di Ottawa sono così importanti perché per la prima volta è stata un’azione legale della società civile a produrre un bando internazionale a un’arma di distruzione di massa: le mine antipersona. E’ molto significativo che il solo gruppo a non condividere il consenso del Parlamento si è dileguato dopo il discorso dell’onorevole Zappalà. Il punto è che volevo chiedere all’onorevole Zappalà, dato che nel 2005, per esempio, si sono verificati 100 incidenti a causa delle mine antiveicolo soltanto in Afghanistan, se egli avesse mai guardato negli occhi un bambino mutilato saltato in aria in uno scuolabus e avesse fornito un motivo per cui le mine antipersona sarebbero negative, mentre quelle antiveicolo sarebbero positive.
Il punto è che desidererei sapere da lui e dal suo gruppo se hanno guardato in faccia almeno una volta i soldati mutilati, o i parenti delle vittime che sono stati resi storpi e uccisi dalle mine antiveicolo, e in che modo giustificano tutto questo. Non esistono mine buone e mine cattive, ma esiste l’esigenza di vietare anche le mine antiveicolo a livello internazionale.
Vorrei inoltre dire qualcosa ancora sulla questione del finanziamento. Lo strumento di stabilità naturalmente è necessario e utile, e anch’io continuo a fare il possibile per garantirlo in qualità di relatrice, per svolgere il lavoro di sminamento tramite provvedimenti a breve termine. Sappiamo anche, tuttavia, che una misura, una strategia a breve termine che liberi il mondo dalle mine è insufficiente. Con il 2009 che si avvicina a grandi passi, chiediamo pertanto di discutere nuovamente dell’adozione di una linea di bilancio indipendente. Se qui si parla di umanità, allora abbiamo bisogno di risoluzioni chiare.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, la Convenzione di Ottawa è stata un successo grazie alla pressione dal basso esercitata dai movimenti sociali. Non sono stati i governi ad avviarla, ma il movimento contro le mine terrestri. Nel frattempo 156 paesi l’hanno firmata, oltre, curiosamente, a 30 gruppi armati non statali. Il problema è che essa non copre le mine anticarro. Anche queste mine anticarro devono essere vietate, perché anche gli autocarri, gli autobus, e così via possono essere colpiti.
Occorre mettere fine alle esportazioni per non consentire più di esportarle attraverso altri paesi. Il punto è che occorre vietare allo stesso modo anche altre mine correlate alle mine terrestri. Jean-Claude Juncker lo puntualizzò bene nel 2004: dichiarò che un divieto delle bombe a grappolo sarebbe la logica continuazione del divieto delle mine terrestri. Devo dire con molta chiarezza che i gruppi dell’UE che operano nel settore della difesa attualmente producono mine terrestri. Mi riferisco alle aziende tedesche Diehl, Rheinmetall e EADS. Occorre porre fine una volta per tutte a queste brutali armi assassine, le mine terrestri, non soltanto qui nell’Unione europea, ma in tutto il mondo.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE). - (EN) Signor Presidente, sono lieto di vedere che il Commissario Kuneva è qui con noi questa sera. Sono letteralmente appena sceso dall’aereo e non mi aspettavo di parlare, ma sono lieto di avere la possibilità di farlo. Sono probabilmente uno dei pochi parlamentari che erano presenti alla firma della Convenzione di Ottawa 10 anni fa. La campagna contro le mine terrestri antiuomo è un campo di cui mi sono occupato intensamente per diversi anni. Perciò sostengo calorosamente questo dibattito.
Penso sia importantissimo restare concentrati sul vero problema. Quando eravamo tutti a Ottawa, 10 anni fa, speravamo che quello fosse un problema che avremmo effettivamente estirpato nei 10 anni successivi. Bene, adesso ci siamo, 10 anni sono trascorsi e stiamo ancora dicendo più o meno le stesse cose che dicevamo 10 anni fa: ritengo che sia un vero peccato.
Dobbiamo collocare la questione nella giusta prospettiva. Siamo riusciti ad ottenere quel divieto delle mine antiuomo perché le forze armate responsabili hanno riconosciuto di poter eliminare questa specifica arma dai loro arsenali e l’hanno appoggiato appieno. Dobbiamo stare molto attenti e fare in modo che le nostre forze armate continuino a partecipare a queste discussioni, perciò cercare di ampliare il divieto a tutti questi altri ambiti talvolta non è di aiuto, per esempio per quanto riguarda le mine anticarro. Queste sono armi di cui ancora abbiamo bisogno affinché siano usate da forze armate responsabili nelle nostre democrazie. Occorre puntare sempre il dito verso i veri colpevoli. I veri colpevoli sono quelli che alcuni definiscono educatamente “gruppi armati non statali”. Si tratta in realtà di insorti e terroristi: sono questi a fare il più ampio uso di queste armi in ogni parte del mondo.
Se ora guardiamo al problema afghano, vediamo che le mine antiuomo che vengono tuttora posate, vengono posate dai Talebani. Sono loro a provocare attualmente questo tipo di problemi. Perciò dobbiamo rivolgere l’attenzione nella direzione giusta. Io vedo con molto favore questo dibattito. Vorrei pensare che stiamo impiegando le giuste risorse per risolvere il problema, perciò offro il mio appoggio incondizionato.
Thijs Berman (PSE). – (NL) Signor Presidente, talvolta è un peccato che non vi sia un dibattito aperto, perché in tal caso potrei rispondere all’onorevole Van Orden, ma non lo farò.
La campagna mondiale contro le mine terrestri potrebbe essere considerata un grande successo. Migliaia di chilometri quadrati di terreno oggi sono liberi dalle mine terrestri grazie al lavoro di persone che accettano di correre grossi rischi in Bosnia, in Angola e in molti altri paesi. Tuttavia, 10 anni dopo la Convenzione di Ottawa, non ci sono ancora motivi per stare allegri.
Benché 156 paesi abbiano firmato la Convenzione per la messa al bando dell’uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento mine antipersona e per la loro distruzione, e benché si sia registrata una diminuzione, una drastica diminuzione, nel loro commercio, si investe ancora nella produzione di mine terrestri, anche da parte delle istituzioni finanziarie europee. Banche e fondi pensione olandesi e di altri paesi sono colpevoli di questo. E’ bene far comprendere bene a queste istituzioni le conseguenze dei loro investimenti nelle mine terrestri.
Dopo tutto, dal 1975, le mine terrestri sono state la causa di un milione di morti, con decine di migliaia di vittime ogni anno. Nel corso di questa discussione faranno almeno tre vittime, 70 al giorno. Le mine terrestri hanno reso inaccessibile 200 000 di chilometri quadrati di terreno, e ve ne sono ancora 250 milioni in circolazione.
I governi di Birmania e Russia piantano ancora le mine, e questo, onorevole Van Orden, è qualcosa di diverso dai “club di terroristi”, ma anche qui ... il governo russo... Nel mondo esistono ancora 13 paesi che le producono o che si riservano il diritto di farlo in futuro. Negli USA, aziende come Alliant Techsystems e Textron continuano indisturbati a produrre mine, mentre il governo USA passa loro le proprie commesse.
Signor Presidente, Commissario Kuneva, investire nelle mine terrestri è vietato in Belgio, ma nel resto dell’Europa vi sono aziende attive in questo campo; un deputato ha citato la Rheinmetall e la Thales. Occorre porre fine a tali attività, ed è esattamente questo che la nostra risoluzione invita a fare, o meglio invita ancora una volta a fare, perché il Parlamento europeo ha fatto la stessa richiesta nel luglio del 2005. Gli Stati membri dell’Unione europea devono concordare sul fatto che non vi potrà essere, per il futuro, nessuna società o istituzione finanziaria europea che possa investire ancora in società che sviluppano e producono mine terrestri. Lo stesso dovrà accadere per le bombe a grappolo e per le mine antiveicolo, che esplodono non appena qualcuno arriva nei paraggi.
L’industria delle armi non si fa influenzare da argomenti etici. La minaccia di un divieto degli investimenti può essere d’aiuto, però. Fate sì che l’UE prenda questa iniziativa e faccia eccezione alla regola secondo cui la politica non interferisce nelle strategie di investimento dei settori commerciali e industriale. Per quanto riguarda le materie vietate dai trattati internazionali, l’intervento politico costituisce un obbligo morale e politico, e questo punto andrebbe inserito nella legislazione europea e nazionale, nell’interesse di un mondo senza mine terrestri e senza mine antiveicolo, come l’onorevole Beer ha giustamente detto.
Vorremmo sentire il suo parere su questo, Commissario Kuneva. La Commissione europea alla fine deve dar prova di intraprendenza in questo campo. Infine, deve fare di più per gli sforzi nel campo dello sminamento. Noi abbiamo il denaro, abbiamo il know-how, ma lo sforzo europeo è ancora indietro.
Meglena Kuneva, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, negli ultimi 10 anni sono stati raggiunti alcuni risultati positivi, come molti di voi hanno ricordato, ma è chiaro che ci attendano ancora importanti sfide.
Ogni anno, le mine terrestri fanno migliaia di morti e migliaia di invalidi tra i civili, e contribuiscono a tenere i paesi nella povertà dopo la fine dei conflitti. E’ per questo che continueremo la nostra azione a favore della Convenzione di Ottawa.
La Commissione europea è decisa a proseguire i propri sforzi per aiutare finanziariamente le comunità e gli individui colpiti dalle mine terrestri con tutti gli strumenti a disposizione.
Marios Matsakis (ALDE). - (EN) Signor Presidente, posso far notare con rammarico che, in questa discussione, come in quelle precedenti, cioè nella discussione sui giocattoli pericolosi e in quella sulla protezione antincendio, non era presente in Aula alcun rappresentante del Consiglio? Penso che questo sia vergognoso.
Presidente. – Trasmetteremo questa osservazione al Consiglio.
La discussione è chiusa.
23. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale