Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Giuseppe Castiglione, a nome della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo e recante modifica di alcuni regolamenti[COM(2007)0372 – C6-0254/2007 – 2007/0138(CNS)] (A6-0477/2007).
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la possibilità di esprimere alcuni commenti sulla riforma del settore vitivinicolo.
Desidero rivolgere un ringraziamento speciale al relatore, l’onorevole Castiglione, per il grande e significativo lavoro che ha svolto per elaborare la presente proposta. Il Parlamento ha reso un contributo valido ad una discussione che, devo dire, in alcuni momenti si è rivelata emotivamente molto carica. Sono disposta a seguire i vostri suggerimenti in una serie di aree, perlomeno in una certa misura. Ad esempio, in relazione al sistema di estirpazione, intravedo alcuni vantaggi nel ridurre i tempi da cinque a tre anni, come proposto nella relazione. Ho altresì ascoltato le vostre preoccupazioni sulla canalizzazione di parte della spesa per il settore vinicolo attraverso il bilancio per lo sviluppo rurale. Consentitemi, però, di ricordarvi che tutte le risorse derivanti dal bilancio per il settore vitivinicolo saranno stanziate specificatamente alle regioni vitivinicole. In ogni caso, sono disposta ad indicare un trasferimento inferiore della spesa per tale bilancio.
Sono tre le grandi questioni su cui la Commissione, la Presidenza e la maggior parte degli Stati membri devono ancora trovare un consenso in quest’ultima fase in modo da ultimare la riforma entro questo mese. La prima questione riguarda le dotazioni nazionali, ossia i parametri che dovremo inserire nella dotazione, e in tale ambito posso essere in qualche modo flessibile. Ad esempio, si possono integrare nelle dotazioni alcune idee sull’innovazione e sulla ristrutturazione dei distributori vinicoli, ma credo che sia ancora necessario mantenere una chiara linea di demarcazione tra l’ambito delle dotazioni nazionali e l’ambito della politica di sviluppo regionale per evitare che venga a crearsi una situazione in cui sia effettivamente possibile finanziare un investimento da entrambe le parti, ossia creando il cosiddetto “doppio sportello”.
Da un lato, le dotazioni nazionali non sono l’ambito giusto per inserire misure sulla distillazione di crisi. Il sostegno per tale forma di distillazione frena la competitività e dobbiamo abolirlo completamente, non cercare di reintrodurlo attraverso la porta di servizio. Inoltre non esiste alcuna possibilità di riaprire un dibattito generale sull’entità delle dotazioni dei diversi Stati membri. Se dovessimo riprendere questa discussione – che praticamente è un vaso di Pandora – posso garantire che non si giungerà ad alcun accordo entro la fine di quest’anno. Prevedo invece una discussione molto lunga e difficile, se questa eventualità dovesse avverarsi.
La seconda grande questione è la capitalizzazione. Si è scatenata una polemica enorme su questo argomento e posso assicurarvi che non sono rimasta sorda alla discussione. In ogni caso la situazione attuale mette in evidenza un problema reale che va risolto. Gli aiuti per l’arricchimento con il mosto non possono continuare agli stessi livelli e in questo modo. Si tratta di un sostegno obsoleto, inefficace, inefficiente, costoso e distorsivo del commercio e, fatte tali premesse, devo anche dire che comprendo benissimo l’importanza di mantenere un equilibrio tra l’arricchimento con zucchero e con il mosto per arrivare ad un compromesso che possa godere dell’appoggio dei produttori vinicoli sia del sud che del nord dell’Europa. Troveremo una via d’uscita. Ho prestato ascolto alla richiesta generale di continuare a consentire l’arricchimento con lo zucchero, ma – cerchiamo di essere chiari – non ho intenzione di accettare lo status quo, quindi a prescindere dai contenuti del compromesso, vi saranno condizioni nuove.
La terza grande questione è la discussione sulla fine dei diritti di impianto. Sto raccogliendo le argomentazioni inerenti al momento in cui porre fine a tale sistema, ma non possiamo permetterci di rimandare la faccenda all’infinito. Il settore vinicolo ha chiaramente bisogno di maggiore libertà per rispondere alla domanda quanto prima possibile, pertanto la mia proposta di prolungare il sistema dei diritti di impianto fino alla fine del 2013 si basava sulla chiara idea di seguire un approccio in due fasi per equilibrare il settore – prima l’estirpazione per ridurre la produzione e poi la liberalizzazione affinché i produttori di successo abbiano la libertà di espandersi. Ho ascoltato i commenti avanzati dagli esponenti del settore, e una cosa è chiara: è indispensabile fissare una data definitiva sul sistema dei diritti d’impianto. L’effettiva fissazione rientrerà nel compromesso finale.
In linea generale ho ascoltato le argomentazioni di tutte le diverse parti, comprese quelle del Parlamento europeo, ma rimane un punto fermo: il nostro settore vinicolo deve essere riformato, se vogliamo mantenerlo al passo con i tempi. Dobbiamo cogliere l’occasione ora e concordare una vera riforma. Per attuarla dovremo impegnarci, ma sono assai certa che ne coglieremo dei buoni frutti. Il costo dell’inazione è troppo alto e non possiamo permettercelo, spero che su questo saremo tutti d’accordo.
Giuseppe Castiglione, relatore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio la Commissaria per la collaborazione che ha offerto al Parlamento in questo lungo lavoro. La ringrazio anche per gli apprezzamenti rispetto al lavoro del Parlamento europeo, un lavoro importante, un lavoro interessante, un contributo notevole da parte della commissione agricoltura, ma da parte di tutto il Parlamento europeo e da parte di tutti i colleghi. Quindi, un grazie signora Commissaria per aver proposto una riforma molto ambiziosa, una riforma i cui obiettivi non possiamo non condividere.
C’è un calo dei consumi, c’è un aumento delle importazioni e quindi tutto questo impone una riforma radicale, una riforma direi assolutamente necessaria. La nostra viticoltura ha bisogno di un nuovo slancio, di una nuova linfa, di nuove energie, di nuove proposte e ha ragione quando dice che se vogliamo continuare ad essere competitivi, se vogliamo continuare ad essere i leader mondiali del settore, dobbiamo investire nel settore vitivinicolo e non si può non guardare al mercato, non si può non produrre per il mercato, non si può non penetrare il mercato con prodotti di eccellenza.
Per questo, caro Commissario, insieme ai colleghi della commissione agricoltura e al Parlamento europeo per la relazione d’iniziativa, che vorrei ulteriormente ringraziare, nella relazione ho cercato di immaginare un sistema di riforma completo, coerente, un sistema chiaro, soprattutto. Un sistema che sia capace di rispondere alle esigenze dei nostri produttori, di fornire tutti gli strumenti necessari per poter competere e per poter essere vincenti.
Nel complesso abbiamo lavorato ad un testo che è in grado di dare risposte valide ad esigenze comuni, ma anche di rispettare, di esaltare e in alcuni casi di comporre le differenze tra le diverse realtà nazionali. Come presupposto una sola considerazione: è necessario un cambiamento radicale di mentalità, di strategia produttiva. Bisogna abbandonare la logica della quantità a favore delle produzioni di qualità, di eccellenza, in grado di esaltare le peculiarità nazionali, regionali, locali della viticoltura europea.
Da qui, caro Commissario, il sì all’abolizione dei meccanismi di mercato, che si sono rivelati inefficaci, che sono inefficienti e hanno solo alimentato produzioni eccedentarie e di scarsa qualità. Un esempio per tutti: la distillazione di crisi, che è diventata ormai una misura strutturale e ordinaria, non più uno strumento di risposta di emergenze congiunturali: 500 milioni di euro l’anno per la distillazione, non era una misura più sopportabile. Da qui il sostegno ad un utilizzo più efficace delle risorse economiche, ai programmi di sviluppo nazionale, all’implementazione di quelle misure che rispondono meglio alle specifiche esigenze di ogni Stato produttore.
Proprio per questo abbiamo ritenuto nella relazione, caro Commissario, di allargare la lista delle misure attuabili, abbiamo voluto includere la ristrutturazione della filiera, la ricerca, l’innovazione, il miglioramento qualitativo. Tutte azioni che favoriranno quella creatività imprenditoriale di cui i nostri vini hanno bisogno. Per lo stesso motivo è fondamentale favorire la promozione, non solo nei mercati internazionali, ma anche nei mercati interni. Lo abbiamo detto e lo abbiamo avvertito tutti, nelle analisi che ci sono state fornite in commissione agricoltura.
E’ assurdo pensare di essere competitivi oltre i confini se non riusciamo a primeggiare in casa nostra, se non siamo capaci di comunicare ai nostri concittadini la qualità della nostra produzione vitivinicola. Per questo la relazione promuove un sistema armonizzato di tutela delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche, un’etichettatura chiara, un’etichettatura trasparente, pratiche enologiche positivamente individuate. Solo così il consumatore, che mettiamo al centro, potrà avere fiducia in ciò che compra.
Diventa allora fondamentale, signor Commissario, una tutela forte delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche che rappresentano la qualità della viticoltura europea. Tutela che significa l’obbligo di vinificare all’interno dell’area delimitata, ma che significa anche limitare la menzione del vitigno dell’annata in etichetta solamente ai vini a denominazione di origine e indicazione geografica. Sono gli unici ad essere soggetti a controlli continui, e dunque gli unici per i quali è possibile assicurare la veridicità delle informazioni riportate, altrimenti pregiudichiamo proprio chi produce qualità e inganniamo i consumatori.
Nella stessa logica e con la stessa coerenza, la relazione sostiene la proposta di un programma di estirpazione volontaria con premialità, per permettere a coloro che lo desiderano di uscire dal mercato con dignità. E non posso non esprimere la mia soddisfazione per il fatto che testé la Commissaria ha già fatto propria la mia idea di ridurre da 5 a 3 anni, e anzi pare che si sia diminuito da 200.000 a 175.000 ettari il numero di ettari espiantabili.
A differenza della nostra proposta originaria la relazione cerca anche di soddisfare l’esigenza di certezza nel futuro di cui hanno bisogno i nostri produttori vitivinicoli. Quindi, per la stessa esigenza di certezza, non si può decidere di liberalizzare da subito i diritti di impianto, prima di vedere se il nuovo regime funziona e soprattutto come funziona.
Per questo la relazione prevede il mantenimento dei diritti almeno fino al 2013 e chiede alla Commissione di predisporre una valutazione d’impatto dalla prima fase di riforma in modo da poter scegliere in maniera consapevole il da farsi, sempre tenendo presente che nelle aree ad indicazione geografica è necessario che le decisioni siano prese nel rispetto e con il controllo di chi in quei progetti ha investito capitali e lavoro. Se poi è vero che tale sistema frena lo sviluppo di chi è competitivo, allora possiamo agevolare la circolazione comunitaria e assicurare l’utilizzo effettivo delle riserve laddove esistono.
Un’ultima considerazione, signor Commissario: è inutile negare che il dibattito si sia canalizzato sulla questione dello zuccheraggio. Venendo da un paese come l’Italia dove l’uso del saccarosio è vietato e ancor di più venendo dalla Sicilia, dove si produce mosto, nessuno più di me può capire il disappunto della Commissaria su questo argomento. Tuttavia, stiamo parlando della necessità di ridare slancio e competitività ai vini europei, di metterli in condizione di competere sui mercati.
Questo è il nostro obiettivo e per raggiungere questo obiettivo abbiamo lavorato cercando di guardare oltre le differenze nazionali. La ringrazio, signora Commissaria, per il lavoro e soprattutto per il contributo che ha voluto apprezzare il lavoro del Parlamento europeo. Abbiamo messo in questa riforma.
Il Presidente ritira la parola all’oratore.
Elisabeth Jeggle, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, abbiamo avuto un dibattito lungo e talvolta polemico su questo argomento. Consentitemi però di esprimere i miei ringraziamenti al relatore, il quale si è guadagnato un grande rispetto per il lavoro che ha svolto in maniera precisa, cooperando bene con i colleghi della commissione.
Ebbene sì, l’organizzazione comune del mercato vitivinicolo va riformata. Deve essere adattata in modo da tenere conto delle circostanze attuali e dei mercati futuri. Al contempo, signora Commissario, questa proposta ci porta ad interrogarci sul fatto che la Commissione debba interferire o meno sulle piccole cose che contribuiscono a creare l’identità regionale, sui metodi che da secoli vengono applicati in determinate regioni e che soggiacciono alla cultura locale. Siffatta interferenza sicuramente non aiuta la gente. Infatti non sempre si capisce quello che stia accadendo. E’ incomprensibile che si vieti il saccarosio, quando si sottoscrivono accordi per importare vino prodotto con saccarosio da regioni che non appartengono all’Unione europea.
Signora Commissario, in qualità di terza Istituzione insieme al Consiglio e al Parlamento, la Commissione deve concentrarsi sulle sue competenze specifiche, ovverosia la formulazione di proposte atte a favorire lo sviluppo continuo dell’Unione e a promuoverne il relativo processo, e l’organizzazione comune del mercato vitivinicolo ne costituisce una componente.
In proposito devo dire che i compromessi raggiunti in commissione, per cui abbiamo lottato e in alcuni casi stiamo ancora lottando, sono positivi per l’intera Aula. Li sottoscrivo a nome del gruppo PPE-DE: noi sosteniamo i compromessi. Respingeremo qualsiasi emendamento contro di essi.
Katerina Batzeli, a nome del gruppo PSE. – (EL) Signor Presidente, signora Commissario, oggi il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione decideranno del futuro di una delle organizzazioni comuni più complesse dei mercati agricoli europei. Il Parlamento europeo ha dato il proprio parere con anticipo rispetto al parere del Consiglio grazie agli intensi sforzi profusi dal relatore, l’onorevole Castiglione, e grazie all’impegno dei gruppi politici.
Signora Commissario, desidero mettere in luce alcuni punti di cui lei deve tener conto nella decisione finale del Consiglio sulla riforma dell’organizzazione del mercato vitivinicolo.
In primo luogo la riforma del mercato vitivinicolo non può essere effettuata seguendo un modello lineare e contabile come quello usato per l’organizzazione comune del mercato dello zucchero che due mesi fa siamo stati chiamati a riesaminare perché si era arrivati ad uno stallo. La riforma del mercato vitivinicolo non si può basare sul disastroso modello dell’organizzazione comune del cotone e del tabacco, con il trasferimento di fondi al secondo pilastro, che ha portato al declino della produzione di questi due prodotti, mentre le campagne si sono spopolate. Il mercato del vino ha bisogno di un bilancio forte nel primo pilastro per rafforzare le misure volte direttamente ai viticoltori, che dovranno a loro volta migliorare la qualità e monitorare la propria produzione oltre a rafforzare la politica di promozione di tutti i vini, all’interno e al di fuori dell’Europa, incentivandone in questo modo la distribuzione commerciale sui mercati.
Signora Commissario, il Parlamento europeo vuole una nuova organizzazione comune del mercato che fissi tra le priorità una politica promozionale aggressiva invece di una politica difensiva di importazione. La relazione del Parlamento europeo garantirà aiuti ai viticoltori che applicano misure tese a stabilizzare l’approvvigionamento, innalzare la qualità e proteggere l’ambiente. Le misure di disciplina del mercato saranno mantenute e adattate alle esigenze correnti, come la distillazione dei sottoprodotti, che funge da meccanismo per migliorare la qualità e al contempo regola il mercato e l’approvvigionamento. La relazione propone un sistema di estirpazione razionalizzato, evitando sprechi dei preziosi fondi comunitari per la riduzione della dinamica del settore vitivinicolo europeo, e fissa gli aiuti per i viticoltori ai livelli della media regionale per l’assistenza, senza la restrizione dei 350 euro per limite di ettaro.
Signora Commissario, noi riteniamo che debbano essere introdotte restrizioni su tutte le misure che creano eccedenze, che turbano l’equilibrio del mercato e che creano prezzi distorti e fuori luogo a discapito di altri vini. In questa sede, a nome del gruppo socialista e a titolo personale come Katerina Batzeli plaudirò a tutte le misure proposte dalla Commissione che siano atte a mantenere un equilibrio sulla questione dell’arricchimento tramite zucchero, in quanto, come è stato detto anche dal gruppo socialista, abbiamo contribuito a realizzare una proposta calibrata per evitare problemi di transizione.
Tuttavia, la nuova organizzazione comune del mercato dovrebbe arricchire e al contempo altresì rispettare la conoscenza del vino e la protezione del consumatore attraverso la politica di etichettatura. La commissione per l’agricoltura ha specificato, tra l’altro, l’indicazione della percentuale della CO2 nell’emendamento n. 166, le informazioni sulle tematiche legate alla salute pubblica nell’emendamento n. 157 e le informazioni sulla produzione di vino da viti ibride o geneticamente modificate nell’emendamento dell’onorevole Zu Baringdorf. Dobbiamo rafforzare il rispetto per il consumatore mediante l’etichettatura e includervi altresì particolari sulle pratiche enologiche impiegate.
Signora Commissario, desideriamo mettere in evidenza una nuova politica su due categorie vinicole: la categoria che impiega le indicazioni geografiche o la designazione di origine e i vini da tavola. Questi due diversi prodotti hanno entrambi un posto nel mercato europeo internazionale e non credo che si debbano introdurre linee divisorie che innescano un impatto a livello regionale.
Per concludere, mi preme affermare che la complessità della politica agricola comune non può essere trattata alla stregua di uno stallo o di un fallimento degli organi istituzionali in ragione, signora Commissario, della dimensione culturale del prodotto, che va rispettata nell’ambito delle nostre proposte.
Jorgo Chatzimarkakis, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, in vino veritas, oppure, per citare Goethe: “La vita è troppo breve per bere vino mediocre”. Questi proverbi sintetizzano il punto essenziale della riforma del mercato vitivinicolo comunitario. La nostra relazione infatti verte sulla qualità del vino europeo, che certamente è in grado di reggere il confronto con quello importato dal nuovo mondo. Allora vediamo in che situazione ci troviamo. Nel 2006 la produzione vinicola rappresentava il 5 per cento del valore complessivo della produzione agricola comunitaria. Con il 45 per cento della superficie viticola del mondo, il 65 per cento della produzione, il 57 per cento del consumo e il 70 per cento del volume delle esportazioni, il vino europeo gode di una posizione di supremazia nel mercato mondiale. Sulla scena del vino siamo una superpotenza!
E’ quindi necessario intervenire per consolidare il nostro status di superpotenza e, in particolare, per innalzare la qualità dei nostri vini. Le riforme che ha proposto, signora Commissario, prevedevano la fine immediata alla distillazione di crisi. Credo che molte degli aspetti cui ha accennato, come l’immagazzinamento privato e la fine dei sussidi alle esportazioni, l’addizionamento di mosto e, naturalmente, l’arricchimento del vino tramite l’aggiunta di zucchero sono punti centrali delle sue proposte. Dobbiamo dire, però, che essi rispecchiano una prospettiva assai tecnocrate sin dall’inizio, in quanto affrontano questioni come l’eventualità di introdurre un collegamento tra l’aggiunta di zucchero e gli aiuti per il mosto.
A mio avviso, il Parlamento ha negoziato un compromesso assai valido tra il nord e il sud, viste le preoccupazioni delle due parti che hanno dominato la materia. In seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale abbiamo realizzato un ottimo equilibrio rispetto ai compromessi. In questo contesto devo rivolgere un ringraziamento particolare al relatore, l’onorevole Castiglione, che ha compiuto grandi sforzi per giungere ai compromessi e siamo quindi riusciti a tenere conto delle preoccupazioni di tutti.
Mi pare che abbiamo modulato la soluzione tecnocratica iniziale conferendole una nuova forma elegante. Abbiamo raggiunto un equilibrio tra il nord e il sud. La ringrazio, signora Commissario, per aver affermato nel suo discorso che lei essenzialmente intende seguire questa linea.
Quali sono i punti salienti? Oltre al compromesso che consente di continuare ad aggiungere zucchero, un altro aspetto chiave della relazione è la tutela dei prodotti regionali.
Alla luce di questo incentivo alla qualità per il vino europeo, continua a sussistere la necessità di misure nazionali di sostegno che sono state fissate a 1,3 miliardi di euro. Crediamo che questi temi debbano rimanere nell’ambito del primo pilastro in modo che i pagamenti vadano direttamente ai viticoltori. Inoltre c’era bisogno di inserire il riferimento – e credo che questo sia una delle nostre principali conquiste – alla necessità di dedicare un’attenzione particolare alle designazioni d’origine e alle indicazioni geografiche sulle etichette. Si tratta di un argomento di estrema importanza a nostro parere, poiché le indicazioni dell’origine geografica dei vini sono ovviamente una questione di proprietà intellettuale che va protetta e, secondo me, abbiamo raggiunto un ottimo compromesso su questo punto.
Il gruppo ALDE sosterrà i compromessi, ossia l’intero pacchetto di compromessi, in quanto riteniamo costituiscano una soluzione valida. Speriamo che il Consiglio ora adotti le nostre proposte. La voce del Parlamento è la voce dei popoli oltre ad essere la voce dei produttori vitivinicoli e dei consumatori. Signora Commissario, le chiediamo di lottare anche per questo nei suoi negoziati con il Consiglio e in generale sulla scena pubblica.
Sergio Berlato, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Commissaria, il testo che ci apprestiamo a votare costituisce un buon compromesso e migliora sensibilmente la proposta iniziale della Commissione.
Il nostro obiettivo resta quello di varare una riforma volta al rilancio dello sviluppo del settore sia sul mercato interno che su quello internazionale: la domanda globale non è in ribasso, ma in crescita, ed allora l’ottica giusta non è produrre meno, ma investire sulla qualità e sulla caratterizzazione dei vini europei, sulla riduzione dei costi, sulla promozione del vino per allargarne il mercato e sull’accesso dei giovani all’impianto dei vigneti.
Occorre altresì limitare la riduzione della produzione viticola europea, proposta dalla Commissione, aumentando l’autonomia degli Stati membri nel regolare il regime di estirpazione. Bisogna evitare di sopprimere dei vigneti che pur non essendo estremamente forti sul mercato costituiscono produzioni regionali di qualità, con tradizioni storiche fortemente radicate, che costituiscono a tutt’oggi il tessuto sociale di intere aree regionali.
Questa riforma, pur creando condizioni di maggior competitività, deve mantenere coerenza con il passato e favorire la permanenza della viticoltura a presidio del territorio e dell’ambiente. Anche per questo siamo favorevoli al fatto che le risorse previste siano distribuite in tre anni anziché in cinque e che siano ripartite principalmente in base al criterio storico seguendo in linea generale lo stesso criterio utilizzato per tutte le altre riforme finora adottate.
Siamo contrari, signora Commissaria alla liberalizzazione di nuove pratiche enologiche ed all’utilizzo di mosti importati per arricchire i nostri vini o tagliarli con vini di paesi terzi, poiché riteniamo che ciò possa produrre il deterioramento dell’immagine del vino e compromettere il rapporto di fiducia tra consumatore e prodotto, con conseguenze gravissime sul consumo. Viceversa, riteniamo indispensabile prevedere l’aiuto di mosti concentrati e dei mosti concentrati rettificati, utilizzati per l’arricchimento al fine di tutelare una pratica enologica comune in molte regioni comunitarie.
Riteniamo doveroso tener conto degli investimenti dei produttori ed evitare la possibile interruzione di flussi commerciali che determinerebbero una maggiore offerta di prodotto. Questa riforma deve favorire la tutela delle indicazioni geografiche e di origine controllata, quale strumento per meglio garantire e proteggere i prodotti europei nell’ambito di negoziati multilaterali e di accordi commerciali bilaterali.
Infine, signora Commissaria, siamo contrari alla liberalizzazione totale dei diritti di impianto dal 2014 per i vini a denominazione di origine ed indicazione geografica e riteniamo condivisibile la proposta del relatore, di prevedere l’entrata in vigore della nuova riforma a partire dal 1° agosto 2009.
Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, vogliano che il vino sia una bevanda unica sia in termini di produzione che di consumo. In altre parole, non vogliamo metodi enologici che ci portino a produrre vino come se fosse Coca-Cola; vogliamo che sia garantito il futuro delle designazioni d’origine e delle indicazioni geografiche. Vogliamo sia accordato un sostegno per i metodi di produzione biologica, ed è nostro desiderio – infatti abbiamo presentato un emendamento in tal senso – che le regioni possano decidere a maggioranza se i propri vini possono essere commerciati unicamente in bottiglia. Conveniamo che la distillazione permanente del vino sia inappropriata e dobbiamo scongiurarne la reintroduzione mediante la porta di servizio della distillazione di crisi. Su questo punto siamo d’accordo con lei.
In merito alla questione dei diritti di impianto, crediamo ci debba essere la possibilità di estirpare. In realtà, se non vengono date indicazioni sulla prossima autorizzazione di un nuovo impianto entro un certo periodo in una determinata zona, la decisione di estirpare non si basa sulla quantità di vino che può essere venduta. Questo collegamento, in sintesi, è imperativo e lo sosteniamo.
Quando lei parla di arricchimento con il mosto d’uva o lo zucchero e dice che ci deve essere uno spostamento nell’equilibrio tra questi due metodi, ne conveniamo, poiché in effetti significa che lo zuccheraggio rimarrà lecito. Se fosse raggiunto un compromesso sulla base di questa premessa, per noi l’esito sarebbe accettabile. Lo zuccheraggio è un processo enologico antico. Dovremmo pertanto preservarlo e respingere molte richieste irragionevoli che avanzano gli americani sui nostri metodi di vinificazione.
Sosterremo interamente la proposta del relatore, purché i nostri emendamenti siano approvati.
Vincenzo Aita, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che così come è stata anche valutata – dico all’onorevole Castiglione – dal ministro De Castro, su questa che arriva in Parlamento e che è passata per la commissione specifica, il giudizio del ministro è che è peggiorativa rispetto alla proposta che faceva la Commissaria. Io credo che noi stiamo discutendo di milioni di persone che sono dedicate a questo prodotto, che così ha fatto grande l’Europa sulle questioni che riguardano la qualità, il legame al territorio.
E vorrei partire da una prima considerazione: l’estirpazione. Si dice che si passa a 175.000-200.000 ettari; una prima domanda: ci chiediamo chi sarà ad estirpare e chi occuperà lo spazio di questi terreni estirpati e perché nella proposta che noi potevamo avanzare usando e non aumentando la spesa, forse anche diminuendola, dare la possibilità di ristrutturazione di questi vigneti per fare migliore qualità? E’ un interrogativo che pongo al Parlamento: perché dobbiamo espellere decine e centinaia di lavoratori e di imprenditori per lasciare spazio alle grandi multinazionali, così caro Castiglione, come sta avvenendo in Sicilia?
Allora il punto è questo: perché usare i Fondi europei per l’estirpazione e non usare i Fondi europei per migliorare la qualità e la ristrutturazione aziendale? Abbiamo fatto tanti provvedimenti in questo Parlamento europeo e nelle politiche comunitarie che si sono svolte in questi anni!
Secondo punto: libero mercato dei diritti degli ettari vitati. Perché deve essere un mercato liberato all’intera Europa? Che senso ha comprare un ettaro vitato in Sicilia, in Campania o in Grecia, o in un altro posto e portarlo in un’altra realtà? Quell’ettaro vitato è legato a una qualità, ad una produzione, a un prodotto tipico, a un ecotipo che si è consolidato in quelle aree! Perché questo tipo di proposta?
Vogliamo favorire anche qui i grandi accaparramenti che stanno già avvenendo, in alcune aree del Mezzogiorno? Allora qui, è il punto fondamentale; per questo noi diciamo che la proposta migliore era quella della Commissaria e quella che esce dal Parlamento è una proposta peggiore rispetto a quella che viene rivendicato dalla Commissione, se vogliamo fare una riforma che aiuta la qualità e faccia rimanere sui territori gli imprenditori, i lavoratori di queste aree. Per questo, noi voteremo contro questo tipo di riforma.
Vladimír Železný, a nome del gruppo IND/DEM. – (CS) Signor presidente, la proposta di riforma del settore del vino pone la Repubblica ceca in una posizione di svantaggio e la discrimina. L’Unione europea, che non ha sollevato obiezioni alla diluizione dei vini statunitensi – vini che ora accedono legalmente al mercato comunitario con un contenuto di acqua che può arrivare fino al 30% – e in cui si tollera l’aggiunta di acido per i vini eccessivamente dolci dell’Europa meridionale, quella stessa Unione europea adesso propone un divieto sull’impiego di saccarosio nei paesi europei più settentrionali. Nel mio paese da oltre due secoli esiste la tradizione di aggiungere saccarosio. L’Unione europea vuole sostituirlo con il concentrato di mosto, che sarebbe prontamente fornito a prezzi gonfiati dai paesi dell’Europa meridionale. La sovvenzione per la Repubblica ceca è di 85 euro per ettaro di vigneto, mentre alcuni paesi favoriti ricevono fino a 245 euro per ettaro. Tutto ciò perché l’Unione europea sta cercando di affermare il cosiddetto principio storico, che creerà discriminazioni contro i nuovi paesi membri. Però, viene consumato anche il vino prodotto da uve coltivate nella Repubblica ceca, il quale non concorre in alcun modo a formare la produzione europea eccedente. Inoltre la stessa Unione ora richiede che la Repubblica ceca contribuisca finanziariamente a pubblicizzare il vino europeo eccedentario nei paesi terzi. Chiediamo pertanto che le risorse per la riforma del settore vitivinicolo siano inserite nelle dotazioni nazionali in modo che gli Stati membri possano assegnarle a seconda delle proprie necessità.
L’Unione ha due modi per affrontare l’eccedenza nella produzione vinicola. Una è la distillazione insensata e barbarica del vino in alcol industriale e l’altra è l’estirpazione dei vigneti. Che si estirpi ovunque, ma dove deve essere fatto. In realtà, sarebbe sufficiente estirpare tutti i vigneti piantati illegalmente in quei paesi meridionali tradizionali, uno in particolare, e la riforma sarebbe compiuta. L’area complessiva dei quei vigneti illegali in effetti è pari al numero di ettari che l’UE deve estirpare. Non è che l’UE non conosca la posizione esatta e non abbia fotografie satellitari dei vigneti piantati segretamente in Italia e che sono al di sopra della quota, ad esempio. Per concludere, ritorna nella riforma un altro argomento preferito dai burocrati: il passaggio della competenza in questo ambito dal Consiglio alla Commissione, ossia a funzionari non eletti. In questo modo, i paesi più piccoli saranno privati del loro diritto di decidere e il vino che tradizionalmente viene prodotto nella Repubblica ceca dall’epoca delle legioni romane diventerà un altro dei prodotti che ci sono stati portati via a favore della produzione spesso illegale dei paesi meridionali dell’UE. Noi però non abbiamo alcuna intenzione di lasciarci privare di questa nostra meravigliosa tradizione.
Peter Baco (NI) . – (SK) Mi chiedo se questa riforma verte davvero sul buon vino. Il buon vino, come sappiamo, è il vino che si vende. In altri termini i consumatori acquistano la qualità al prezzo richiesto. Tuttavia, alcuni Stati membri producono vini invendibili al costo di 500 milioni di euro l’anno.
La Repubblica slovacca e altri Stati membri hanno operato una riduzione rigorosa nel settore vitivinicolo, motivo per cui non producono più vini invendibili. Creare le dotazioni nazionali di aiuti finanziari sulla base del cosiddetto “principio storico” è contro le norme di mercato. Ci discrimina, penalizzandoci in via permanente per non aver sostenuto la produzione di vini invendibili.
Stando alla riforma proposta, dovremmo ricevere sempre e solo una frazione degli aiuti stanziati ai produttori di vini invendibili. E’ questo il motivo per cui chiediamo che gli aiuti si basino esclusivamente sulle zone a vigneto ed è per gli stessi motivi discriminatori che non siamo d’accordo sulle modifiche all’etichettatura dei vini, ma vogliamo sia mantenuto il sistema esistente.
Esther Herranz García (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, il prossimo fine settimana il Consiglio dei ministri dell’Agricoltura probabilmente prenderà una decisione politica su questa riforma dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo.
Il vino non è solamente una bevanda, costituisce parimenti una gemma economica nel settore agricolo, che è stato pesantemente penalizzato dalle decisioni della Commissione negli ultimi anni. Per la prima volta da molto tempo a questa parte siamo ancora in tempo: il Parlamento approverà una relazione che il Consiglio userà per determinare la propria decisione politica definitiva il prossimo fine settimana. Devo dire che ne sono veramente soddisfatta e desidero congratularmi con il relatore per il lavoro svolto, in quanto il Parlamento europeo per la prima volta ha deciso di concentrarsi sulla qualità, sulla cultura, sulla tradizione, su un prodotto mediterraneo che si è diffuso anche in altre parti d’Europa, un prodotto che rafforza la nostra levatura non solo nel nostro continente ma in tutto il mondo.
Il nostro vino – e sgombriamo il campo da ogni dubbio in proposto, onorevoli colleghi – è il migliore del mondo; il vino d’Europa è il migliore al mondo. Per tale ragione dobbiamo proteggerlo e concentrarci sulla sua promozione: bisogna promuoverlo non solo al di fuori dell’UE, ma anche al nostro interno, poiché i giovani in Europa negli ultimi anni hanno smesso di bere vino. Per quale motivo hanno smesso? Perché non ci siamo più curati di promuoverlo o di incoraggiarli a berlo.
Dobbiamo fornire gli strumenti della competitività al settore vitivinicolo per mantenerlo competitivo all’interno e al di fuori dell’Unione europea. Dobbiamo promuovere il consumo del vino e coinvolgere i giovani e tutta la società europea in una cultura, la cultura del turismo enologico, la cultura del consumo del vino, la cultura della conoscenza del vino e la cultura della discussione e della partecipazione all’interno della società.
Onorevoli colleghi, mancano i fondi per lo sviluppo rurale perché, in virtù di una decisione assunta nel dicembre 2005, non sono state stanziate abbastanza risorse per il secondo pilastro. Tuttavia, i finanziamenti non devono essere garantiti a scapito delle organizzazioni comuni del mercato, ma bisogna incoraggiare gli Stati membri a destinare una frazione in più del proprio bilancio nazionale al bilancio comunitario. Non è prelevando il denaro dai coltivatori che riusciremo a colmare un buco così grande come quello che si è creato nel bilancio europeo per lo sviluppo rurale nell’attuale prospettiva finanziaria.
In merito ai diritti di impianto, onorevoli colleghi, non sussistono dubbi sul fatto che il settore debba essere dotato di strumenti atti a consentire un’autoregolamentazione. Tali strumenti devono avere natura giuridica e devono essere emessi in questa sede in modo da continuare a proteggere i diritti di impianto per poter controllare la produzione. Vi sono già indicazioni secondo cui potrebbe essere proficuo controllare tale produzione, proprio come le designazioni d’origine che sono strettamente controllate.
Gli impegni devono essere mantenuti e quindi voteremo contro gli emendamenti presentati, soprattutto quelli che non rispettano gli impegni già presi, e questo mio commento è rivolto al gruppo socialista.
Luis Manuel Capoulas Santos (PSE). – (PT) Signor Presidente, anch’io voglio innanzitutto porgere le mie congratulazioni al relatore per il lavoro che ha svolto e mi congratulo altresì con la relatrice ombra del gruppo PSE, non solo per il ruolo che ha svolto in questa relazione, ma anche per la relazione d’iniziativa che ha preceduto il presente dibattito.
Il suo lavoro costituisce l’esempio dello spirito di compromesso e di atteggiamento costruttivo che i socialisti hanno assunto per raggiungere una soluzione calibrata. I lunghi mesi di dibattito hanno confermato tre fattori: la grande importanza del settore sul piano sociale ed economico, nonostante tale comparto sia stato duramente maltrattato in passato nell’ambito della politica agricola comune; il fatto che le norme vigenti non sono in linea con la situazione attuale del mercato e con i cambiamenti verificatesi nei modelli di consumo; e la necessità di introdurre delle riforme per risolvere questi problemi.
Il dibattito ha altresì messo in luce l’elevato grado di consenso sull’elenco dei problemi che affliggono il settore. Tuttavia, non tutti abbiamo condiviso le soluzioni proposte dalla Commissione, e proprio per questo risulta chiaro l’atteggiamento costruttivo del Parlamento europeo, come dimostra l’ampio compromesso raggiunto in seno alla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale e le proposte particolareggiate del gruppo PSE. Siffatte proposte mirano ad arricchire il compromesso sui temi più delicati come la liberalizzazione dei diritti di impianto, l’estirpazione dei vigneti, l’aggiunta di zucchero e di mosto, il mantenimento dell’alcol potabile, che riveste grande importanza per alcuni vini prestigiosi quali il Porto la cui competitività va garantita, la prevenzione delle crisi, la promozione e via dicendo.
La posizione dell’Assemblea pertanto conferisce un vero e proprio impeto e rappresenta un’indicazione valida per il Consiglio e per la Commissione circa il percorso da seguire. Le linee generali della posizione del Parlamento mostrano che alla fine è possibile trovare una soluzione in grado di rispondere ai problemi generali del settore e anche alle questioni specifiche delle regioni di produzione.
Signor Commissario, in un momento in cui ci accingiamo ad avviare la discussione sull’Health Check e su un argomento che per noi è di particolare interesse, ossia lo scenario per l’agricoltura dopo il 2013, è fondamentale che questa riforma sia portata rapidamente a termine. Spero pertanto che il Parlamento ispirerà il Consiglio nelle decisioni che saranno prese, poiché l’atteggiamento dell’Assemblea e la linea generale delle sue raccomandazioni rappresentano un buon segno per le vigne e per i vini europei.
Donato Tommaso Veraldi (ALDE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie alla signora Commissaria, ma consentitemi un grazie particolare al relatore Castiglione per l’ottimo e intenso e proficuo lavoro svolto.
La necessità di vincere le sfide della competizione internazionale, con programmi di riconversione qualitativa e di tutela della tipicità sono obiettivi fondamentali che devono essere tutelati dalla riforma del regime europeo del vino. Tuttavia, è importante assicurare il mantenimento dell’aiuto ai mosti di uve concentrate e ai mosti di uve concentrati rettificati prodotti dalla Comunità europea, poiché si tratta di una pratica enologica comune in molte regioni comunitarie. Per quanto riguarda lo zuccheraggio, ai fini di una maggiore trasparenza e di informazione del consumatore, si deve prevedere che l’eventuale uso di saccarosio per l’arricchimento sia indicato in etichetta.
I programmi di aiuto nazionali devono essere utilizzati per finalizzare le misure di promozione all’interno dell’Unione europea, la prevenzione della crisi, la ricerca, lo sviluppo e soprattutto il miglioramento della qualità del vino.
Per quanto riguarda la liberalizzazione degli impianti, la proroga fino al 2013 potrebbe essere accettata per i vini protetti da denominazione d’origine e da indicazioni geografiche; al fine di portare una situazione di equilibrio per gli altri vini, la liberalizzazione di impianti deve essere solo in seguito al programma di valutazione d’impatto della Commissione, da realizzare entro la fine del 2012.
Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, uno dei problemi fondamentali del mercato vinicolo è la crescente importazione da paesi terzi. Potremmo anche chiederci se i vini di questi paesi sono migliori. La risposta è “no”. La qualità del vino dei paesi terzi non è migliore della nostra, ma il vino costa molto meno.
Il mio paese è principalmente un paese consumatore di vino. I miei concittadini guardano a due criteri: il prezzo e la qualità. L’etichetta identificativa è meno importante per loro, però è normale pagare di più per il marchio che per la qualità del vino. Ad ogni modo, la promozione da sola non può approdare a nulla. Non sarà nemmeno in grado di attirare clienti che guardano al prezzo nei vecchi 15 paesi membri. L’ho potuto osservare io stesso nei negozi di Bruxelles.
Sono molto lieto del fatto che sia possibile continuare ad usare il termine vino per il vino prodotto con la frutta. Si tratta di un segmento specifico del mercato tradizionale e non è in conflitto con il mercato del vino prodotto da uva. Come per la definizione di vodka, non è ammissibile agire a scapito delle tradizioni di determinati paesi, marchi o qualità semplicemente perché il settore vinicolo si trova ad affrontare dei problemi.
Marie-Hélène Aubert (Verts/ALE). – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, certamente condividiamo il suo desiderio di mettere fine alle sovvenzioni che favoriscono una produzione eccessiva e che innescano effetti nefasti inammissibili, ma non possiamo accettare il fatto che siate voi a produrre il vino – il quale è prima di tutto legato ad un terroir ed è altresì un prodotto standardizzato venduto in tutto il mondo – a seconda dei capricci della moda e del marketing. In proposito mi preme enfatizzare due aspetti.
Il primo riguarda la necessità imprescindibile di proteggere le indicazioni geografiche e le designazioni d’origine, che spesso sono messe in discussione, ma che in ogni caso stabiliscono il collegamento con la terra, ossia la caratteristica del modello agricolo europeo. Vogliamo che lei enfatizzi siffatto modello, e non che lo immoli sull’altare dell’espansione dei mercati a solo vantaggio degli speculatori. Chiediamo inoltre che sia dedicata una maggiore attenzione ai metodi di produzione ecologici, che ancora richiedono l’uso di diversi e significativi prodotti chimici e additivi. In proposito le chiediamo di prevedere un sostegno specifico al vino biologico, le cui specifiche sono in corso di stesura.
La biodiversità dei terroirs, delle culture e dei gusti, lo sviluppo e la promozione della qualità nonché la straordinaria ricchezza dei vini europei: è questo il futuro e sono questi i principi che devono costituire le fondamenta di questa riforma.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL). – (PT) Signor Presidente, siamo fortemente critici nei confronti della proposta della Commissione europea sulla riforma dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. A parte l’estirpazione dei vigneti, ci preoccupa in particolar modo la proposta sulla liberalizzazione dei diritti di impianto. Riteniamo che la relazione approvata dalla commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale non offra alcuna tutela in tale ambito. E’ a rischio il retaggio vitivinicolo europeo e il futuro di vaste regioni che oltre ad essere zone di produzione vinicola con designazioni d’origine e indicazioni geografiche, sono altresì zone di produzione di buoni vini da tavola. Di conseguenza, per difendere la cultura tradizionale del vino e delle viti, l’occupazione e la biodiversità, insistiamo per difendere i diritti di impianto e per il mantenimento del sostegno per la ristrutturazione dei vigneti, per il monitoraggio della produzione e per il mantenimento della qualità, dedicando particolare attenzione alle aziende agricole a conduzione familiare e alle cooperative di produzione, al sostegno per la distillazione di alcool potabile e all’impiego di mosti d’uva prodotti a livello regionale. Però non siano a favore dell’aggiunta di zucchero.
Jean-Claude Martinez (NI). – (FR) Signora Commissario, al di là della tecnica sulle dotazioni, i premi o gli impianti, questo progetto – il terzo in 15 anni – si reduce a tre idee volte a centrare un unico obiettivo. La prima idea è maltusiana. I vinificatori non piacciono alla Commissione che quindi vuole procedere all’estirpazione, gettando via le uve, vuole vietare lo zuccheraggio e limitare la produzione, come era stato fatto per provocare una carenza di latte o di grano.
La seconda idea è improntata al capitalismo liberista che punta al profitto, al laissez-faire per gli impianti, alle importazioni, alla diluizione, all’aggiunta di pezzi di legno, al vino finto, al mosto importato e usato per raffazzonare una pappa di vino globale.
La terza idea punta al globalismo. Dopo il mercato unico e la moneta unica è la volta del vino unico: un vino aromatico, dal gusto legnoso, che sembra Coca cola e che non necessita nemmeno più dei vinificatori, poiché il vero obiettivo è quello di liberare le zone mediterranee a vigneto, soprattutto i 250 000 ettari del Languedoc-Roussilon, 2,5 miliardi di metri quadri di terreni in cui saranno estirpati i vigneti per costruire case: un mercato che vale miliardi di euro. L’organizzazione comune del mercato del vino alla fine si trasformerà in un’organizzazione comune del mercato immobiliare.
Mi presento quindi in veste deputato dei pellerossa della vinificazione. Non voglio farle lo scalpo, signora Commissario, voglio solo che i produttori di vino, che da oltre 2000 anni rendono la gente felice, siano lasciati in pace.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto consentitemi di ringraziare il relatore per aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per giungere a questo compromesso. Da quando la Commissione ha presentato il primo documento sulla riforma dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo e anche nella discussione di oggi, abbiamo visto che il vino è uno dei prodotti agricoli più sensibili; è uno tra i prodotti più sofisticati, ma è anche un prodotto che accende anche gli animi come pochi altri. Credo che il Parlamento europeo, in particolare la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, siano riusciti ad assemblare e a presentare un compromesso che rispecchia una scelta saggia dell’approccio da seguire, garantendo, ad esempio, che i metodi enologici tradizionali impiegati negli Stati membri siano chiaramente spiegati sulla base delle differenze nella viticoltura europea e – aspetto che ritengo molto importante, che i vini di qualità si distinguano dai vini da tavola. Le designazioni d’origine devono assolutamente rimanere in vigore, in quanto apportano benefici ai produttori vinicoli, ma soprattutto ai consumatori.
La preservazione dei limiti sull’arricchimento rafforza la produzione vinicola tradizionale in Europa. Devono inoltre essere prese in considerazione anche le diverse condizioni climatiche, geografiche e strutturali in cui crescono i vitigni in Europa. Essendo austriaca, so quanto siano necessarie determinate misure, ma mi oppongo all’estirpazione obbligatoria, poiché bisogna rispettare le scelte vinicole dei consumatori e identificare gli ambiti in cui esistono prospettive per incrementare ulteriormente il consumo. Il risparmio realizzato mediante queste riforme – e anch’io tengo molto a che sia conseguito un risparmio – deve rimanere nel primo pilastro e continuare a sostenere la viticoltura e i produttori vinicoli in un modo o nell’altro.
Per concludere, credo che la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale sia riuscita a presentare un pacchetto coeso e prudente, e spero che il voto parlamentare di domani invii un segnale chiaro al Consiglio e alla Commissione nel senso che vogliamo un futuro anche per la viticoltura in Europa.
Rosa Miguélez Ramos (PSE). – (ES) Signor Presidente, prima di tutto desidero porgere le mie congratulazioni al relatore del Parlamento, l’onorevole Castiglione, per lo splendido lavoro che ha svolto. La virtù della relazione risiede nel fatto che essa affronta molte delle preoccupazioni espresse non solo da noi in quanto deputati al Parlamento europeo, ma anche dall’industria vitivinicola europea.
Signora Commissario, sono intervenuti dei cambiamenti da quando lei ha presentato la proposta su una nuova organizzazione del mercato vitivinicolo. Alcuni aspetti sono cambiati di poco, mentre altri hanno subito grandi cambiamenti, ma ritengo che molte delle modifiche siano state positive. Ad esempio, l’estirpazione non è più il punto focale della riforma e prima mi ha fatto piacere sentirle dire che la Commissione ora lavora su una prospettiva di tre anni, come chiede il Parlamento, e non cinque come aveva indicato.
Si tratta di una riforma di un’organizzazione di mercato che riveste grande importanza per l’agricoltura europea, come è stato affermato sin dall’inizio, tale riforma ha aspetti estremamente positivi e di questo sono grata. Ad esempio, le norme sono state semplificate e sono state rese più flessibili: in questo modo si favorirà la competitività. Questo punto è già stato illustrato dalla onorevole Herranz in relazione alla promozione dei vini europei all’interno e al di fuori dell’Europa.
Sono stati presentati moltissimi emendamenti alla sua proposta di eliminare gli attuali accordi di mercato, sostituendoli con una serie di dotazioni nazionali. Ovviamente le misure di mercato hanno già contribuito al mantenimento del reddito dei coltivatori e dell’attività economica nelle zone rurali e continueranno a farlo. Pertanto, senza mettere a repentaglio il compromesso dell’onorevole Castiglione, desidero presentare un nuovo emendamento atto a garantire un aiuto diretto alla diversificazione, che gli Stati membri potranno includere nelle proprie dotazioni nazionali per aiutare i coltivatori nella transizione verso la nuova organizzazione di mercato. La durata del provvedimento e i metodi impiegati saranno indicati dal comitato di gestione.
Signora Commissario, ritengo che per le parti interessate, avvezze a lavorare con questa organizzazione di mercato, con il sostegno delle misure di mercato correnti, riceveranno un aiuto nella transizione verso la diversificazione che le guiderà nella nuova organizzazione di mercato che – spero – l’Assemblea approverà domani.
Anne Laperrouze (ALDE). – (FR) Signora Commissario, spero che accoglierà il messaggio della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la quale ha apportato significativi emendamenti alla sua proposta di riforma. Siamo contro la liberalizzazione automatica dei diritti di impianto nel 2014, soprattutto per i vini protetti dalle designazioni d’origine e dalle indicazioni geografiche. Per gli altri vini la decisione di liberalizzare i diritti d’impianto dovrebbe essere presa solo dopo aver sondato gli effetti della riforma dell’organizzazione comune del mercato.
Per quanto riguarda lo zuccheraggio, ritengo che non dovremmo sprecare le nostre energie su questo argomento. Ciò che conta è il mantenimento delle pratiche enologiche che conferiscono una qualità e un’identità specifiche ai vini europei.
In particolare, desidero parlare dei vini da tavola. La proposta della Commissione prevede la possibilità di fare riferimento ad uno specifico luogo d’origine: ad esempio, il vino della Provenza, dell’Andalusia, della Toscana, ecc. In questo modo, si creerà certamente confusione tra i consumatori e si innescherà una concorrenza sleale tra le designazioni d’origine di qualità, che ottemperano a specifiche rigorose, e i vini da tavola, che seguono criteri di produzione molto più liberi. Invito quindi a mantenere le norme vigenti, poiché l’unico riferimento dovrebbe essere il paese in cui viene prodotto il vino: vino spagnolo, vino italiano, vino francese, ecc.
In merito alle informazioni da inserire sull’etichetta, credo sia importante indicare il tipo di imbottigliatore: si deve sapere se si tratta di un vinificatore autonomo, di un gruppo di produttori o di qualche altro organismo. La professione della vinificazione, come viene praticata in Francia, ha un’immagine estremamente positiva, ma non è necessariamente lo stesso per i vini prodotti in altre parti del mondo. Pertanto reputo importante fornire informazioni in proposito.
Infine, desidero congratularmi con il relatore, che è ampiamente riuscito ad riunire i colleghi su un testo di compromesso in un dibattito che ha spesso acceso gli animi, inviando un chiaro messaggio, ossia che l’UE rimane il primo produttore vinicolo mondiale, che garantire un futuro per oltre un milione e mezzo di aziende vitivinicole e mantiene la sua posizione di esportatore.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE). – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, desidero parlare dei diritti di impianto, poiché, come tutti sappiamo, la riforma mira a liberalizzare il mercato entro il 2013, abolendo tali diritti e congelando i fondi, senza prevedere alcuna alternativa reale per i 2,4 milioni di viticoltori europei. In questo modo verranno falciate le strutture di vinificazione medio-piccole, e per l’ennesima volta si lascerà un mercato così culturalmente nostro nelle mani di una mezza dozzina di multinazionali.
Lo ritengo inaccettabile. La Commissione non capisce forse che i più strenui difensori dei diritti di impianto sono le designazioni d’origine – Rioja, nel mio caso, ad esempio – e che sono loro che producono, vendono ed esportano la maggior parte del vino e il vino di qualità migliore? Io provengo da Navarra, terra in cui la liberalizzazione è già stata realizzata: i diritti di impianto quindi sono inutili, ma, se a Navarrra un chilo di uva costa 15 centesimi, lo stesso chilo di uva vale oltre 1 euro una decina di chilometri più in là, a La Rioja.
Mentre La Rioja vende tutta la produzione, a Navarra dobbiamo ricorre alla distillazione di crisi. Di conseguenza, pur non negando che l’eliminazione graduale del protezionismo sia buona cosa, non deve diventare un dogma. La Commissione non ha presentato una sola relazione seria atta a dimostrare che la liberalizzazione, l’abolizione di tali diritti, nel 2013 o in qualsiasi altra data, apporterà benefici al mercato vitivinicolo.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, la proposta della Commissione punta a ridurre i finanziamenti e a concentrare questo settore nelle mani dei grandi cartelli. Noi sappiamo molto bene quale sarà il risultato: lo abbiamo visto con altre colture. Quando migliaia di ettari vengono estirpati, migliaia di piccoli e medi viticoltori saranno spazzati via e i territori – soprattutto le zone montagnose e meno favorite – saranno abbandonati e di spopoleranno, producendo un impatto sulla biodiversità. Le ripercussioni saranno drammatiche: aumenteranno la disoccupazione e i problemi ambientali. Saliranno le importazioni, anche di vini di qualità opinabile a discapito della salute pubblica.
Respingiamo la proposta della Commissione e anche la relazione della commissione per l’agricoltura, in quanto introduce misure che sono addirittura peggiori: consente l’aggiunta di zucchero al fine ai aumentare il tasso alcolico mediante una materia estranea, quando potremmo arrivare allo stesso risultato con il mosto. Si accetta inoltre l’uso del termine “vino” per i prodotti che non sono prodotti dall’uva, degradando quindi la qualità del vino europeo, che è ai primi posti al mondo nelle esportazioni.
Questa politica insidiosa e retrograda è nefasta per i vini europei e per i viticoltori di piccole e medie dimensioni, ma rafforza le grandi imprese. Siffatte proposte vanno quindi respinte e condannate.
Dimitar Stoyanov (NI). – (BG) Signora Commissario, nel suo discorso lei ha ripetutamente enfatizzato che il mercato del vino necessita di una riforma. Per favore, ci spieghi, signora Commissario, a quale mercato del vino si riferisce, perché le varie misure contenute nella proposta della Commissione non implicano una protezione del mercato in Bulgaria. Infatti la proposta della Commissione contiene una flagrante discriminazione, un metodo fatto di due pesi e di due misure contro i paesi dell’Europa orientale in cui le condizioni di produzione vinicola sono meno favorevoli.
Quando ha aderito all’Unione europea, il mio paese si aspettava un mercato libero e una crescita economica, ma in cambio ha avuto solo un’impennata dei prezzi, un tasso di inflazione elevato e norme che la mia gente non aveva mai conosciuto, nemmeno ai tempi del comunismo e dell’economia pianificata.
Ioannis Gklavakis (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, porgo le mie congratulazioni all’onorevole Castiglione per la relazione. E’ già stato detto molto sulla riforma del mercato del vino e, benché sia sempre stato un sostenitore del fatto che i vini comunitari debbano mantenere la loro qualità, le proprie tradizioni e l’autenticità per progredire e conquistare una posizione competitiva, riconosco tuttavia che il vantaggio di cui gode l’Europa meridionale in termini di luce solare non deve costituire un ostacolo per la produzione dell’Europa settentrionale.
Sono certo che tutti in quest’Aula vogliono una decisione equilibrata. Pertanto, visto che il Consiglio si appresta a consentire l’addizionamento di zucchero, credo sia giusto inserire un provvedimento teso a mantenere lo status quo, ossia sostenere il mosto per l’arricchimento dei vini, in modo che la sostanziale differenza di prezzo tra zucchero e mosto non infligga un grave colpo ai produttori che tradizionalmente usano mosti concentrati per incrementare il tasso alcolico dei vini, soprattutto tenendo conto del fatto che stiamo parlando di un prodotto vinicolo autentico.
Infine, desidero aggiungere che la misura dell’estirpazione dei vigneti può essere vista come un modo per limitare la produzione comunitaria, ma dobbiamo tenere conto delle piccole isole, in cui gli Stati membri devono essere in grado di limitare l’esportazione per ragioni sociali, economiche e soprattutto ambientali. Inoltre quei vigneti non sono gli unici responsabili della sovrapproduzione comunitaria; anzi, nella maggior parte dei casi essi producono vini di qualità eccellente.
Per concludere, devo dire che il vino europeo è il migliore del mondo. E’ vino con una tradizione alle spalle. Il vino è nato qui! Dobbiamo pertanto preservarne la qualità e le tradizioni oltre ad adottare una politica più aggressiva: dobbiamo pubblicizzarlo, perché è solo qui in Europa che il consumo di alcool aumenta tra i giovani – un fatto del tutto deprecabile – mentre il consumo di vino diminuisce, mostrando una mancanza di informazione.
Vincenzo Lavarra (PSE). - Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Commissaria, questa riforma certamente ridisegna gli aspetti fondamentali del settore vitivinicolo per renderlo competitivo sui mercati mondiali e, con la relazione Castiglione, abbiamo accentuato il concetto che la forza competitiva del vino europeo, quella che consente di vincere la concorrenza del nuovo mondo, è la qualità.
Ed è in nome della qualità che abbiamo migliorato su alcuni punti la proposta della Commissione, come sull’estirpazione relativamente al periodo e ai vincoli ecologici, come sulla liberalizzazione dei diritti di impianto con le cautele che sono state anche qui ricordate nel dibattito. Abbiamo sostenuto che non si facilitasse troppo l’approvazione di pratiche enologiche per un controllo più attento e che sia aumentato il cofinanziamento comunitario per le azioni di promozione.
La nostra azione di sostegno alla qualità, tuttavia, non si concilia con la pratica dello zuccheraggio. Comprendiamo, onorevoli colleghi, che in alcuni paesi per ragioni economiche si sia a favore di questa pratica, ma allora chiediamo, per l’aiuto ai mosti, lo stesso standard, lo stesso regime della legislazione precedente e soprattutto riteniamo indispensabile che, in nome del principio di una trasparente e corretta informazione ai consumatori, si debba rendere obbligatoria l’indicazione in etichetta del ricorso al saccarosio.
Si tratta di rispettare, onorevoli colleghi, a voi che mi rivolgo in modo particolare, i principi di tracciabilità per i quali in questo Parlamento ci siamo battuti come una missione propria verso i consumatori.
Presidente. − Qualità e salute, lo zucchero a me fa male, quindi ricordiamoci anche di questo nel binomio.
Olle Schmidt (ALDE). – (SV) Il vino è una bevanda di tradizioni millenarie, una bevanda che appartiene alla cultura europea. In vino veritas, dicevano gli antichi romani. Ma il vino è anche una bevanda alcolica che nuoce alla salute pubblica, in particolare se consumato in quantità copiose. La viticoltura è un’industria importante in molti degli Stati membri dell’Unione europea ed assicura occupazione e vitalità alle zone rurali. Credo che il vino sia un prodotto che in larga misura si vende da solo, se è di buona qualità. Pertanto è difficile comprendere le proposte contenute nella relazione che puntano ad un sostanziale ed accresciuto sostegno per la commercializzazione. Non può essere responsabilità del contribuente europeo coprire i costi dei viticoltori europei affinché possano vendere prodotti che non sono in grado di competere in condizioni di libero mercato.
Da un lato, l’Unione europea parla dell’abitudine di bere quantità moderate, ma, dall’altro, vuole vendere più vino. Le due cose non collimano. Naturalmente il mercato vinicolo comunitario deve essere riformato, ma bisogna procedere in maniera intelligente. I mercati vinicoli sono diversi e in virtù delle varie tradizioni funzionano in maniera diversa, pertanto sono diversi anche i desideri e le richieste della gente nell’Unione europea
Adamos Adamou (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, le due misure proposte che spiccano sono l’estirpazione delle vigne e l’aggiunta di zucchero al vino.
La prima è una pratica controproducente e anti-ecologica, che essenzialmente costringe migliaia di viticoltori di piccole e medie dimensioni a lasciare la propria attività; invece di ricevere assistenza per mantenere la propria attività, questi viticoltori vengono mandati via per diventare manodopera a basso costo.
Per quanto concerne l’aggiunta di zucchero, il nostro diniego si basa sul fatto che un aumento consentito di 4,5 per cento vol. e l’impiego del termine “vino” per le bevande non prodotte da uva degradano la qualità e le caratteristiche specifiche del vino. Inoltre la cosiddetta “semplificazione dell’etichettatura” contribuisce ulteriormente ad abbassare la qualità, poiché non prevede l’obbligo di indicare la zona di produzione del vino.
In questa sede mi preme enfatizzare che, giusto o sbagliato che sia, ad esempio, nel mio paese in passato sono state effettuate operazioni di estirpazione su vasta scala per le quali però adesso non è prevista alcuna assistenza finanziaria a livello europeo. Con la coscienza a posto voteremo contro la proposta e sosterremo la proposta di minoranza che affronta le preoccupazione di natura sociale ed economica del mio paese, Cipro, e di quelli degli altri produttori europei.
Ora dovrebbe essere il momento di assistere i produttori, invece di spingerli in una spirale di disoccupazione e di riduzione dei redditi.
Struan Stevenson (PPE-DE). - (EN) Signora Presidente, provengo da una circoscrizione in Scozia in cui non si produce vino. Il mutamento climatico dovrà cambiare notevolmente le cose prima di poter produrre vino in Scozia! Tuttavia, produciamo un ottimo whisky, che raccomando.
Parlo a nome del mio collega, onorevole Parish, che deve partecipare a una riunione con l’onorevole Michel Barnier a Parigi, e a nome del settore vitivinicolo del Regno Unito, che come i deputati sanno è molto piccolo, rappresentando lo 0,01 per cento di tutta la produzione vinicola dell’UE, ma che non chiede sovvenzioni o aiuti finanziari all’Europa. Tuttavia, a meno che non vi sia un innalzamento del livello de minimis di produzione a 50 000 hl, il Regno Unito dovrebbe imporre un divieto di impianto fino al 2014. In un settore così minuscolo, che ha un certo bisogno di espandersi, saremmo profondamente sleali se lo facessimo. Anche se il settore del Regno Unito crescesse di quattro volte entro la fine del sistema dei diritti di impianto, un’evenienza altamente improbabile, rappresenterebbe comunque appena lo 0,05 per cento della produzione totale dell’Unione europea, ovvero un duemillesimo dell’intera produzione di vino dell’UE.
Pertanto spero che i deputati siano solidali con gli emendamenti dell’onorevole Parish. Non sto cercando in alcun modo di indebolire il compromesso. L’onorevole Castiglione ha fatto uno splendido lavoro (c’erano 795 emendamenti) e, cercando di arrivare a un compromesso, ha fatto scendere gli emendamenti a livelli gestibili. Non voglio fare nulla che possa sconvolgerlo, ma spero che mostriate solidarietà per la posizione del Regno Unito.
Gilles Savary (PSE). – (FR) Signora Presidente, prima di tutto mi congratulo con il relatore, onorevole Castiglione, per aver dato una svolta considerevole alle posizioni della Commissione. Ci troviamo senz’altro dinanzi ad un paradosso: da un lato non si è mai bevuto così tanto vino al mondo e, dall’altro, anche se tra 10-15 anni assisteremo a progressi senza precedenti nel consumo vinicolo, ci viene detto che l’Europa produce troppo. Di conseguenza, ho la sensazione che, più che di sovrapproduzione, ci troviamo alle prese con un problema di vendita, principalmente dovuto al marketing, ed ecco perché non voglio che con la riforma oggi proposta vi sia la tentazione di abbassare gli standard del settore, anche lievemente, per allinearci con i nuovi paesi produttori.
Dobbiamo ricordarci cosa è accaduto all’industria europea. Oggi il principale produttore industriale europeo è la Germania. Questo paese è rimasto il primo della classe, si è rifiutato di tagliare la produzione e adesso è il primo esportatore mondiale nonostante l’avvento di India e Cina sulla scena mondiale.
Non possiamo operare tagli sulla qualità dei nostri vigneti e sulla loro immagine di marchio. Non dobbiamo quindi cedere ad un’industrializzazione bruta del comparto vinicolo, che in futuro ci fornirà vino Heineken, Danone, Coca-Cola e Pepsi Cola. Non ritengo però che la Commissione sia tentata di sbarazzarsi del piccolo a favore del grande. In questo modo, finiremo per perdere la nostra anima!
Le chiedo quindi, signora Commissario, di garantire che tutti gli elementi tesi a contribuire alla qualità del vino e che sono suscettibili di migliorarla – la riduzione delle rese, il sostegno al marketing, l’attenta tutela delle indicazioni geografiche e delle designazioni d’origine – siano preservati, non solo all’interno dell’UE, ma anche al suo esterno, nell’ambito dei grandi negoziati multilaterali. Reputo sia estremamente importante: altrimenti perderemo uno dei nostri elementi indubbiamente più importanti del comparto agricolo e della nostra civiltà europea: il vino è il prodotto della cultura e della civiltà. Non possiamo pertanto cedere dinanzi ai miraggi del mercato e dell’industrializzazione.
Astrid Lulling (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, la politica è la sottile arte del possibile. Questa massima dovrebbe applicarsi anche all’ultima riforma dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. Va detto, però, che nel 2006 la Commissione si muoveva dal presupposto che si sarebbero create eccedenze invendibili nell’UE, presupposto che non si è verificato, e bisogna dire che la proposta legislativa disattendeva ampiamente l’opinione resa dal Parlamento in febbraio.
Come era accaduto nel 1999, siamo riusciti, procedendo con tenacia e abilità, di stretto concerto con l’industria, soprattutto nel gruppo di lavoro transpartitico sul vino, ad elaborare un compromesso che potrà essere accettato dal comparto vinicolo sia nel sud che nel nord dell’Europa, purché i viticoltori coltivino buoni vitigni ed i vinificatori siano in grado di commercializzarli efficacemente all’interno e al di fuori dell’UE. E’ nostra intenzione creare il set necessario di strumenti e conferirne la responsabilità dell’uso alle regioni all’interno di un appropriato quadro finanziario.
Nell’incresciosa disputa sui processi di vinificazione, che la Commissione non aveva bisogno di alimentare, per l’ennesima volta abbiamo raggiunto un accordo in larga misura sulla base del compromesso del 1999, anche se la signora Commissario non ne è ancora soddisfatta. Hanno prevalso il buon senso e la consapevolezza che i problemi delle vendite nel sud non potranno essere risolti impedendo la produzione di vino commerciabile nel nord, e spero che tali fattori garantiranno altresì un’ampia maggioranza in questa sede.
Come sempre, però, il diavolo si nasconde nei dettagli. Rispetto il compromesso per cui anche il relatore ed io abbiamo fatto concessioni e rendo atto al collega. Per questa ragione non intendo presentare nuovi emendamenti, anche se non mi asterrò dall’esprimere la mia opinione in merito al voto sulle disastrose proposte specifiche che non hanno nulla a che vedere con il compromesso.
E’ assolutamente controproducente, ad esempio, insistere sul fatto che le etichette dei vini debbano recare l’indicazione dell’origine comunitaria del mosto d’uva usato per arricchire il vino, se l’obiettivo è quello di incoraggiare quella forma di arricchimento. La cosa importante è che la riforma contribuisca ad assicurare un potenziale di produzione sufficiente in termini di quantità e di qualità per mantenere la nostra posizione di supremazia nel mercato globale e garantire che nell’UE e in altri posti si beva molto più vino per il bene della nostra salute!
(Applausi)
Bogdan Golik (PSE). – (PL) Signora Presidente, innanzi tutto vorrei ringraziare il relatore. Inoltre desidero esprimere la mia gratitudine a tutti i membri della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale per il duro lavoro che hanno svolto al fine di giungere al consenso su questo tema essenziale e al contempo molto complesso della riforma del mercato del vino.
Credo conveniamo tutti sul fatto che è necessario apportare cambiamenti nel settore per rispondere ai processi di globalizzazione e di liberalizzazione degli scambi. Non sempre però siamo d’accordo sulle modalità per introdurre tali cambiamenti. Proprio per questo abbiamo un motivo in più per considerare un successo congiunto l’accordo realizzato su temi chiave per i produttori vinicoli. Esso infatti tiene conto delle necessità e delle condizioni delle varie regioni della comunità, che sono diverse in termini di ambiente naturale e di clima e quindi anche i metodi enologici sono diversi.
In particolare, desidero mettere in luce l’emendamento che consente agli Stati membri di utilizzare il termine “vino” per gli altri vini non prodotti da uva. In alcune parti d’Europa la tradizione del vino prodotto a partire dalla frutta risale addirittura al XXII secolo. E’ tutto parte de nostro retaggio culturale comune. Di conseguenza è importante non introdurre modifiche che potenzialmente potrebbero creare confusione in merito all’etichettatura dei vini di frutta. I vino prodotti usando frutta come mele e bacche viene commercializzato con il nome di vini di frutta oppure il vino viene chiamato a seconda del frutto da cui è ricavato. Questi vini si sono affermati da molti anni ormai sul mercato europeo e sono lieto che sia stato mantenuto il provvedimento su questo argomento.
Béla Glattfelder (PPE-DE). – (HU) Grazie molte. Desidero parlare di tre temi, in quanto il settore del vino è troppo ampio per poter affrontare tutti i suoi aspetti. Il primo tema riguarda gli aiuti per l’estirpazione, il secondo la gli aiuti per la ristrutturazione nell’ambito dell’ammodernamento dei vigneti e il terzo verte sulla distillazione obbligatoria dei sottoprodotti.
Convengo sulle basi della riforma. Le norme vigenti sul comparto vitivinicolo sono insostenibili. Gli aiuti per la distillazione devono finire, perché sono uno spreco. Vengono invece create delle eccedenze e per mettere fine a siffatta situazione dobbiamo estirpare una porzione significativa di vigneti. Finora è andata bene. I guai cominciano adesso, poiché tale operazione può essere condotta debitamente solo se si estirpano i vigneti e si concentrano gli aiuti nelle regioni che hanno prodotto le eccedenze. Ma questo non sta accadendo. In realtà, gli Stati membri e le regioni che non producono eccedenze dovranno sostenere un fardello ingiustamente oneroso nell’ambito della presente riforma. E’ inaccettabile soprattutto per i nuovi paesi membri, dal momento che, prima dell’adesione, quando non facevamo ancora parte dell’UE, non ricevevano aiuti per la distillazione e non producevano alcuna eccedenza. Da allora circa il 10% dei nostri vigneti in Ungheria è stato estirpato. Questo fatto non è stato tenuto in conto nella riforma, che oltretutto viene messa in atto adesso, quando, oltre a non aver prodotto eccedenze, siamo diventati importatori netti. La presente riforma appesantisce tutti i paesi che avevano una produzione vinicola calibrata e infatti noi producevamo una quantità pressoché pari al consumo.
La seconda questione che voglio affrontare riguarda gli aiuti per l’ammodernamento dei vigneti. E’ particolarmente inaccettabile che questa forma di aiuti non arrivi in Ungheria. La signora Commissario non deve avere paura di aprire il vaso di Pandora! E’ molto meglio avere un dibattito piuttosto che prendere una decisione ingiusta. La decisione del Parlamento reca una soluzione appropriata e prevede che gli aiuti per l’ammodernamento negli Stati membri non debbano essere inferiori ai livelli del 2007-2008, e questa sarebbe una soluzione valida.
Sostengo inoltre l’abrogazione delle norme sulla distillazione obbligatoria dei sottoprodotti, visto che è una misura superflua che provoca sprechi e che non è sostenibile sul piano della tutela ambientale. Grazie molte.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE). – (HU) Signore e signori, convengo sul fatto che la normativa in materia di vino sinora sia stata negativa, ma al contempo è opinabile che questa riforma sia positiva. Vi sono infinite questioni, poiché ovviamente la riforma è essenziale, ma non deve andare a discapito delle regioni vitivinicole più povere. Il sistema di distribuzione delle dotazioni nazionali – di cui ha parlato la signora Commissario – è estremamente dannoso per i nuovi paesi membri. Questa riforma del comparto vitivinicolo è discriminatoria e ricompensa chi sinora ha prodotto vino scadente per la distillazione, cui andranno comunque tutti i fondi.
Il Parlamento si è mosso nella giusta direzione e il compromesso finale potrebbe vertere sui due terzi per l’area e la qualità e un terzo per il principio storico. Sarà comunque molto utile avere ancora la possibilità di incrementare il tasso alcolico mediante lo zuccheraggio. Il marketing è un fattore estremamente importante, ma deve essere garantito anche all’interno dell’Unione. Convengo completamente sull’abrogazione della distillazione, è l’elemento più positivo della riforma, ma ribadisco che questi fondi andranno a chi sinora ha prodotto per la distillazione. Il concetto di estirpazione è viziato, perché è molto allettante per gli Stati membri più poveri. Noi dei nuovi paesi membri dovremo estirpare anche vitigni che producono vini di buona qualità. Grazie per l’attenzione.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signora Presidente, lo scopo principale di questa riforma dovrebbe essere quello di realizzare la sostenibilità e migliorare la competitività per il comparto vitivinicolo nell’Unione. E’ altresì importante rafforzare la posizione dei rinomati vini europei che vantano tradizioni secolari in modo che non perdano terreno rispetto ai vini del cosiddetto nuovo mondo. Il bilancio stanziato a tale mercato dovrebbe essere usato più oculatamente. Non dovremmo promuovere la distillazione. Dobbiamo invece promuovere i vini europei al fine di riprenderci i mercati perduti e conquistarne di nuovi.
Desidero parlare di tre importanti questioni. In primo luogo, per quanto concerne l’opzione di aggiungere zucchero, lo status quo va mantenuto. In secondo luogo, bisogna mantenere la situazione attuale anche per i vini di frutta. In altre parole, deve continuare ad essere possibile usare il termine “vino” per designare tali vini. In terzo luogo, il livello de minimis va innalzato a 50 000 ettolitri, ad esempio. In questo modo, si stimolerebbe la produzione e si contribuirebbe allo sviluppo della vinificazione nei paesi che non producono grandi quantità di vino. Questo cambiamento non inciderebbe affatto sul mercato comunitario del vino.
Christa Prets (PSE). – (DE) Signora Presidente, signora Commissario, come abbiamo già sentito oggi, la tradizione della viticoltura è plurisecolare. Da decenni cerchiamo di migliorare la qualità dei nostri vini e questi sforzi sono stati coronati da un grande successo; io, essendo austriaca, posso certo affermarlo per il mio paese, soprattutto per la provincia di Burgenland da cui provengo.
Parte di questo successo, tuttavia, è dovuto all’uso del saccarosio laddove necessario. Se si dovesse rabboccare il contenuto di zuccheri del vino mediante il concentrato di mosto proveniente da altre regioni, si influenzerebbe il vino fino ad alterare il carattere dei vini della nostra regione. Certamente non possiamo permetterlo, e non avrebbe nemmeno senso per i nostri viticoltori che da molti anni lavorano per ottenere standard qualitativi elevati.
E’ impensabile che il saccarosio venga abolito come additivo e che venga sostituito con il concentrato di mosto per compensare la dismissione della costosissima prassi della distillazione di crisi. Per questa ragione dobbiamo sostenere il vecchio pacchetto di compromesso, che ci consentirà fra l’altro di preservare la cultura e le tradizioni enologiche regionali.
Oldřich Vlasák (PPE-DE). – (CS) Signora Presidente, signora Commissario, senz’altro sono necessarie nuove regole del gioco nel settore vitivinicolo. La viticoltura europea è l’ultima parte della nostra politica agricola che non è ancora stata riformata e che si basa ancora sul principio della resa più elevata e dello stanziamento crescente di fondi da Bruxelles. In questo modo, i produttori vinicoli prestano più attenzione alla quantità che alla qualità, fatto che non è sfuggito ai consumatori europei. Essi infatti scelgono sempre più vini californiani, cileni, sudafricani, preferendoli ai nostri vini moravi, cechi, francesi o italiani. Dobbiamo quindi sostenere la qualità e la competitività. Tuttavia, non bisogna discriminare alcuni paesi membri, favorendone altri. Se vogliamo veramente elaborare una riforma del comparto vitivinicolo, non è possibile inserire il divieto proposto sull’uso dello zucchero di barbabietola per l’arricchimento del vino.
Tutti i nostri paesi hanno diverse condizioni climatiche e diverse tradizioni. L’ambiente geografico dei paesi situati nelle parti più settentrionali d’Europa è diversissimo rispetto a quello meridionale. Il nostro clima più freddo spesso rende necessario arricchire i nostri vini con lo zucchero. Nel mio paese si usa lo zucchero per arricchire il vino da oltre 200 anni; è un metodo tradizionale. La Commissione europea propone di vietare l’arricchimento mediante zucchero, sostituendolo con il concentrato di mosto di vino. Tale concentrato, se non sovvenzionato, costa perlomeno il doppio rispetto al prezzo dello zucchero, oltre al fatto che viene prodotto solo da pochi paesi. Se dovessimo usare il concentrato di mosto di vino o il concentrato di mosto rettificato per arricchire i nostri vini, dovremmo importarli da altri paesi, contravvenendo ad uno dei principi basilari della viticoltura europea, ossia la definizione dell’origine del vino mediante l’origine delle uve. Oltretutto aumenterebbe il prezzo del vino e di conseguenza scenderebbe la competitività sul mercato. Secondo me, questa è discriminazione. Mentre la Commissione obietta alla dolcificazione dei vini, nessuno sembra preoccuparsi dell’acidità, ossia l’aggiunta di acido tartarico, soprattutto nei paesi europei meridionali. Vorrei levare un calice di vino vero per brindare ad una riforma onesta priva di discriminazioni e di favoritismi.
Presidente. − Temo che il vino dovrebbe essere fatto con l’uva!
Gábor Harangozó (PSE). – (HU) Grazie per avermi dato facoltà di parola, signora Presidente. Signora Commissario, onorevoli colleghi, l’obiettivo della riforma del mercato del vino consiste nell’incoraggiare la produzione di vini accettabili di buona qualità. Accogliamo con favore il fatto che la raccomandazione continuerà a permettere di innalzare la gradazione alcolica mediante l’aggiunta di zucchero nelle zone in cui tale pratica costituisce un metodo tradizionale. Vi sono buoni vini nei nuovi paesi membri, compresa l’Ungheria, e di solito non produciamo eccedenze. Se il vino è di buona qualità, non importa se è stato prodotto utilizzando o meno lo zucchero.
Tuttavia, la modernizzazione e la ristrutturazione sono necessarie per rendere i vini più commerciabili. Il ruolo del marketing e dell’istituzione di un quadro nazionale di bilancio più ampio rivestono particolare importanza al fine di investire per promuovere il cambiamento di struttura, soprattutto nei nuovi paesi membri. E’ precisamente per tale ragione che non possiamo accettare la raccomandazione per cui la distribuzione secondo il principio storico abbia un ruolo prominente nella formazione delle dotazioni nazionali; così si verrebbero a creare discriminazioni e i vantaggi andrebbero principalmente ai paesi che sono responsabili della sovrapproduzione. Grazie per la gentile attenzione.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) L’Unione europea è un produttore di vino di importanza globale. Producendo vini di qualità elevata, si è garantita una posizione dominante nel mercato mondiale. Tuttavia, a seguito della globalizzazione, la produzione vinicola europea si trova minacciata da importazioni di vino a basso prezzo da Stati Uniti, Sud America, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda.
I vini più convenienti dei paesi terzi possono far gioire i consumatori europei, ma rappresentano un grattacapo per i produttori europei. A causa dei costi di produzione più elevati, i produttori vinicoli europei dovranno lottare in un mercato completamente aperto, motivo per cui è necessario riformare il comparto del vino.
Sono stati stanziati 1, 3 miliardi di euro al settore del vino nel bilancio comunitario. Dobbiamo utilizzare queste risorse per prendere provvedimenti positivi affinché si accresca la qualità e l’attrattiva dei nostri vini oltre che per lo sviluppo e la ricerca nel settore.
La viticoltura in Slovacchia ha una lunga storia ed è sempre stata, come lo è oggi, un’attività difficile. Visto che i distributori mettono pressioni ai produttori affinché abbassino i prezzi, essi a loro volta non riescono a pagare prezzi adeguati ai viticoltori per le uve. Sussiste un timore legittimo che nella lotta per la sopravvivenza i viticoltori cedano alle sovvenzioni e decidano di distruggere i propri vigneti. Il pericolo è che vengano distrutti vigneti nelle zone in cui non viene prodotta alcuna eccedenza di vino.
Per cercare di limitare l’estirpazione in Europa meridionale, dove vengono prodotte le eccedenze e dove vengono affrontate con la distillazione di crisi sovvenzionata, sarebbe politicamente impraticabile, come sarebbe impossibile vietare lo zuccheraggio in Europa settentrionale. In Slovacchia, come in Germania ma anche in Austria, esiste una lunga tradizione di arricchimento del vino mediante zucchero.
Desidero esprimere il mio apprezzamento al relatore, onorevole Castiglione, che ha assunto un approccio così equilibrato rispetto ad un argomento emotivamente carico come il vino. Egli è riuscito a negoziare un compromesso fattibile, che tiene conto di tutti i diversi aspetti del settore vitivinicolo. Soprattutto egli si sforza di riconciliare gli interessi di tutti i produttori, nel nord come al sud. Solo una valida riforma del settore vitivinicolo può contribuire a preservare le migliori tradizioni enologiche nell’UE, a rafforzare le strutture sociali e ad innalzare la qualità e l’attrattiva delle nostre campagne, proteggendo l’ambiente. Sono certa che i turisti che si recheranno nelle varie regioni vitivinicole d’Europa apprezzeranno e ameranno degustare i vini caratteristici prodotti da uve autoctone.
Christine De Veyrac (PPE-DE). – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, sì, la riforma dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo è opportuna, ma i mezzi proposti dalla Commissione sono i più adatti? Dal punto di vista di Bruxelles, possiamo capire l’equazione matematica tra la diminuzione della produzione e la diminuzione del numero di produttori, ma dal punto di vista della Francia sud-occidentale, delle pianure italiane o delle coste spagnole o portoghesi, signora Commissario, posso assicurarle che non è la stessa cosa, si tratta di una questione che non dovrebbe essere vista attraverso le lenti dell’economia. Dietro la viticoltura e la vinificazione vi sono uomini e donne che si guadagnano da vivere con i frutti del loro lavoro. Le vigne sono la loro fonte di sostentamento e non possiamo spingerli verso la porta d’uscita senza preoccuparci di cosa faranno dopo per vivere. Inoltre, su che logica si fonda l’estirpazione? E su cosa si fonda la totale liberalizzazione dei diritti di impianto dal 2013?
La mia seconda domanda è la seguente: perché eliminare questo strumento normativo quando non abbiamo assicurazioni sulla futura evoluzione del mercato? Se veramente vogliamo contrastare la sovrapproduzione, propongo di ordinare prima l’estirpazione degli impianti illegittimi. Infatti, sapete bene quanto me, che ve ne sono parecchi in Europa.
La relazione inoltre prevede una maggiore varietà di misure accessibili attraverso i programmi nazionali di sostegno. E’ buona cosa, in quanto la proposta della Commissione su questo punto è estremamente restrittiva. Pertanto mi rammarico per l’insufficienza della sezione sulla prevenzione delle crisi. Sappiamo quanto la produzione vinicola sia esposta a variazioni annuali a seconda delle condizioni atmosferiche, e le misure di prevenzione delle crisi servono solo a mitigare le fluttuazioni.
Per concludere, capisco la cautela del relatore sull’arricchimento, che è un tema sensibile, ma è deprecabile che non sia stata proposta un’autorizzazione per combinare i metodi di arricchimento additivo e sottrattivo, che consentirebbero ai produttori di ridurre l’impiego di saccarosio.
Per quanto concerne il resto della relazione, l’approccio generale sembra puntare nella giusta direzione e sosterrò l’eccellente lavoro del relatore.
Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. − (EN) Signora Presidente, ho saputo che, come il resto dei deputati al Parlamento europeo, ha molto a cuore il futuro del settore vitivinicolo europeo. Non ho tempo a sufficienza in questa sede per entrare nei dettagli, inoltre abbiamo già avuto discussioni approfondite nella commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, perciò vi lascerò un messaggio abbastanza semplice rispetto al futuro della nostra riforma del regime vitivinicolo.
E’ giunto il momento di raggiungere un accordo. Sono proprio sicura che una riforma farà una grande differenza per il nostro settore vitivinicolo ed è ora di raggiungere un accordo perché, come è stato ricordato qui oggi, registriamo una crescita delle importazioni, un aumento della produzione, ma assistiamo a un calo dei consumi interni. E’ venuto il momento arrivare a un accordo perché possiamo spendere il bilancio del settore vitivinicolo in modo molto più intelligente o migliore rispetto a oggi, in modi che consolideranno il settore e che saranno molto più ragionevoli per l’opinione pubblica e i contribuenti.
Penso che un accordo sia alla nostra portata ma, naturalmente, dico anche che deve essere l’accordo giusto. Viviamo nel mondo reale, e ho mostrato notevole flessibilità riguardo a molte delle mie proposte originarie, ma non permetterò che questa proposta sia così annacquata che il prodotto finale perda tutto il suo sapore e il suo valore. Il compromesso che otterremo dovrà darci una riforma degna di questo nome e una reale possibilità di conseguire gli obiettivi che ci siamo prefissati.
Possiamo rafforzare la competitività del nostro settore vitivinicolo, possiamo ottenere un migliore equilibrio tra domanda e offerta e possiamo ottenere un notevole miglioramento delle regole sull’etichettatura e su molti altri punti. Possiamo fare tutto questo in modo tale che la produzione vitivinicola resti il pezzo pregiato dell’agricoltura europea, come ha giustamente dichiarato oggi l’onorevole Herranz García.
Non è il momento di scusarci per l’inazione e di restare a guardare mentre le opportunità ci scivolano tra le dita. Ora è il momento di mettere il nostro settore vitivinicolo saldamente sulla strada giusta per conseguire nuovi successi. So che posso affidarmi a politici che hanno a cuore gli interessi del settore affinché facciano la cosa giusta, e so che posso contare sulla collaborazione del Parlamento europeo. Vorrei ringraziare voi e, ancora una volta, l’onorevole Castiglione per il difficilissimo risultato che ha ottenuto, ovvero quello di riunire tutte le diverse opinioni esistenti all’interno del Parlamento europeo.
Presidente. − Grazie signora Commissaria, oggi mi sono permessa una battuta perché abbiamo più tempo e agio. Mi ha colta nel segno, quand’ero piccola stavo per morire dalle esalazioni dell’uva che schiacciavo con i piedi in un tino, quindi c’è un legame profondo di vita e di morte.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà mercoledì alle 11.00.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – L’Italia, e i membri italiani di questa istituzione, hanno sempre difeso il progetto europeo, nell’interesse dei diritti sociali, della tutela dei consumatori, della qualità della vita dei nostri cittadini. La politica agricola europea nasce per sostenere i nostri agricoltori e per promuovere la qualità dei prodotti europei, per rafforzare la posizione dell’UE sul mercato globale.
Ma oggi, con il voto sulla riforma del mercato del vino, si sono fatti dei passi indietro in molti dei temi che riguardano il settore, in particolare nei paesi e regioni mediterranee, ai quali l’Europa deve la notorietà ed il successo che i vini europei si sono faticosamente guadagnati a livello mondiale. Sostenere l’arricchimento tramite saccarosio, senza neanche richiederne la segnalazione sulle etichette per informare i consumatori, preferire l’estirpazione alla riqualificazione dei terreni, permettere la circolazione dei diritti di impianto in tutta l’UE, sono tutte pratiche che, come europei e soprattutto come italiani, non possiamo accettare, in quanto vanno a ledere la qualità e l’immagine di uno dei prodotti che meglio rappresentano la qualità dell’agricoltura europea nel mondo. Mi auguro che i miei colleghi al Consiglio sappiamo meglio difendere il futuro del nostro vino, e di tutti i nostri viticoltori.
Robert Navarro (PSE), per iscritto. – (FR) Per la Commissione europea è certamente difficile abbandonare gli approcci stereotipati che applica indiscriminatamente a tutti i settori. Il vino non può essere trattato come i pezzi di ricambio delle automobili o come qualche altro prodotto fabbricato industrialmente. Qui si tratta di un prodotto che conferisce caratteristiche salienti a regioni, culture e stili di vita.
Per quanto riguarda la riforma dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, se è necessaria, deve preservare la produzione vinicola europea senza sbarazzarsene o deturparla. Deve sostenere l’adattamento dei produttori vinicoli – soprattutto la successiva ristrutturazione dei settori – e dare loro i mezzi per riconquistare il mercato interno. Non devono neanche essere abolite le restrizioni sui diritti di impianto, in quanto assicurano il controllo sulla produzione e la qualità continua. Per quanto concerne gli strumenti di gestione delle crisi, se il Parlamento migliora la situazione in relazione alla proposta iniziale della Commissione, posso solo rammaricarmi che la distillazione di crisi – che, se obbligatoria, non creerebbe gli eccessi cui stiamo assistendo ora – non è più possibile tra i vari strumenti previsti per la gestione delle crisi transitorie.