2. Illustrazione del programma della Presidenza slovena (discussione)
Presidente . – Onorevoli colleghi, questo è un giorno molto speciale, in quanto per la prima volta nella storia dell’Unione europea il rappresentante, il Primo Ministro di questo paese, la Slovenia, detiene la Presidenza dell’Unione europea. La Slovenia è uno Stato che, assieme ad altri nove, ha aderito all’Unione europea il 1° maggio 2004. È anche la prima volta che uno degli ex paesi comunisti, che ora vive secondo i principi fondamentali di libertà, democrazia e parlamentarismo, ossia la Slovenia, è alla Presidenza dell’Unione europea. Pertanto, porgo un caloroso benvenuto al signor Presidente in carica del Consiglio, nonché Primo Ministro sloveno, Janez Janša. Benvenuto al Parlamento europeo!
(Applausi)
Tuttavia, questo è un giorno speciale anche per un altro motivo, per il quale porgo un benvenuto particolarmente caloroso al Presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, poiché esattamente 50 anni fa Walter Hallstein, il primo Presidente della Commissione europea, riunì il suo primo Esecutivo. Il 50esimo anniversario della Commissione europea è per noi un altro avvenimento da celebrare, pertanto rivolgo alla Commissione, in via eccezionale dato il contesto alquanto solenne, i miei migliori auguri per questo compleanno speciale.
(Applausi)
Onorevoli colleghi, è un piacere ascoltare la relazione del Presidente in carica del Consiglio.
Janez Janša , Presidente del Consiglio. – (SL) È un onore e una soddisfazione per me essere in quest’Aula con voi oggi, nonché motivo di orgoglio. Sono orgoglioso in quanto sloveno il cui paese è il primo dei nuovi Stati membri dell’Unione europea a cui è stata affidata la Presidenza del Consiglio dell’Unione, nonché in qualità di europeo la cui Unione ha inaugurato il 2008 con la firma del Trattato di Lisbona, l’eurozona e lo spazio Schengen allargati.
Vi assicuro che sarei lieto se, nei prossimi mesi fino all’estate, mi invitaste più spesso a essere presente in quest’Aula, e certamente a seguito di ogni vertice del Consiglio europeo. Nel corso di questo semestre, mi impegnerò ai fini di una stretta e costruttiva cooperazione con il Parlamento europeo.
Questo è un giorno storico per molti aspetti. La Slovenia presenta al Parlamento europeo le sue priorità per la Presidenza quale primo dei nuovi Stati membri, il primo Stato membro dell’ex cortina di ferro, nonché il primo paese slavo alla guida del Consiglio dell’Unione europea.
Ciò non sarebbe stato possibile senza i profondi cambiamenti avvenuti nel continente europeo nell’ultimo quarto di secolo. Tali cambiamenti hanno consentito di unificare gran parte dell’Europa, unita cioè in un’unione di pace, libertà, solidarietà e progresso. Solo vent’anni fa era impossibile da immaginare per milioni di europei.
A maggio di quest’anno saranno trascorsi esattamente 20 anni da una mia particolare e personale esperienza. Vorrei condividerla con voi in quanto è davvero simbolica dei cambiamenti cui ho appena fatto riferimento.
Nel 1988, io, altri due giornalisti e un sottoufficiale fummo arrestati, imprigionati, processati e condannati dinanzi a un tribunale militare perché avevamo criticato l’allora regime totalitario comunista in Jugoslavia, e in particolare le aspirazioni militaristiche dell’esercito jugoslavo di quel periodo. Non esistevano diritti fondamentali di difesa, nessun diritto ad un patrocinio, e nessuna udienza pubblica. Fummo processati nel centro di Lubiana, la capitale della Slovenia, all’epoca ancora una repubblica della Jugoslavia, in una lingua che per noi era straniera.
Nonostante il processo si fosse svolto in segreto e le minacce di intervento dell’esercito jugoslavo, decine di migliaia di persone si riversarono nelle strade e nelle piazze in una protesta pacifica. Chiedevano rispetto dei diritti umani e della democrazia e provocarono l’inizio dei cambiamenti.
Quasi a vent’anni esatti di distanza, mi trovo davanti a voi oggi in questa importante Aula, il Parlamento europeo, al centro di Strasburgo, che posso raggiungere senza essere fermato alle frontiere. In qualità di Primo Ministro della Repubblica slovena e di Presidente dell’Unione europea, posso rivolgermi a voi nella mia lingua madre.
Se qualcuno mi avesse detto vent’anni fa, nella mia cella del carcere militare, che questo sarebbe stato possibile, ovviamente non avrei creduto a una sola parola. Ma è accaduto, e dopo soli vent’anni nella vita di una stessa generazione.
In questi anni la Slovenia ha istituito un sistema parlamentare democratico e un mercato economico, ed è diventata uno Stato indipendente, riconosciuto a livello internazionale, adesso membro dell’Unione europea e della NATO nonché parte della zona euro e dello spazio Schengen. Nel 1988, vent’anni fa, avevamo un reddito di 4 000 euro pro capite in potere d’acquisto, mentre nel 2007 era pari a 22 000 euro. Abbiamo raggiunto il 91% della media dell’Unione europea, lo scorso anno la nostra crescita economica ha superato il 6%, e abbiamo il minore tasso di disoccupazione della storia e uno dei più bassi dell’Unione europea. Il livello di povertà è il secondo più basso nella zona euro, in cui siamo anche i terzi membri tra i meno indebitati, e siamo tra i primi sei Stati membri nel barometro sulle riforme dell’Unione europea.
A seguito del crollo del muro di Berlino e dei cambiamenti democratici, sono stati compiuti grandi progressi di questo genere anche dagli altri paesi ex comunisti dell’Europa orientale e centrale, ora membri dell’Unione europea.
A dicembre dello scorso anno, dopo l’abolizione delle frontiere Schengen tra Italia, Austria, Ungheria e Slovenia, decine di migliaia di persone in Slovenia e dalla parte opposta di quello che fino ad allora era il confine, hanno celebrato spontaneamente questo evento simbolico. Chi di voi era con noi in quei giorni (era presente il Presidente della Commissione europea e, nonostante la temperatura rigida, ci sono stati grandi festeggiamenti anche altrove), ha potuto assistere alla commovente reazione della gente. La situazione era la stessa ovunque ai confini dell’ex cortina di ferro, dal Baltico all’Adriatico.
In quell’occasione ho incontrato una coppia di anziani sloveni tra la folla in festa all’ex valico di frontiera. Entrambi avevano le lacrime agli occhi. Mi hanno raccontato dei sacrifici affrontati per decenni, vivendo nella difficile zona di confine nonché delle umiliazioni subite ogniqualvolta attraversavano la frontiera. La donna ha riferito che stentava a credere che tutto ciò stesse accadendo, che la frontiera non sarebbe praticamente più esistita e che stesse per nascere qualcosa che lei stessa non aveva neanche osato sognare 20 o anche 15 anni fa.
Mi auguro che i deputati del Parlamento europeo che hanno sostenuto l’allargamento dell’Unione europea e dello spazio Schengen abbiano avuto l’opportunità di essere lì in quel pomeriggio di dicembre, in quanto per loro sarebbe stata una grande soddisfazione. Tuttavia, non essendo stato possibile per tutti voi essere presenti, colgo l’occasione per ringraziarvi in quest’Aula.
Vi ringrazio a nome dell’anziana coppia sul confine svanito all’ex valico di frontiera, a nome di migliaia, di decine di migliaia e di milioni, a nome degli oltre 100 milioni di europei dell’Europa centrale e orientale che vent’anni fa si trovavano ancora dalla parte opposta della cortina di ferro, alcuni di essi in carcere pivati dei diritti umani e politici che adesso sono insieme in un’Europa unita, con reali opportunità di vivere esistenze migliori, opportunità che per i nostri predecessori non erano possibili. (Applausi)
Forse non vi rendete conto quale peso enorme abbiano avuto le conseguenze della vostra decisione di sostenere la nostra aspirazione di libertà e di mostrarci la vostra solidarietà. Decisione, questa, probabilmente senza precedenti nell’intera storia dell’uomo, che potrebbe condurre a molto di positivo per tante persone. Vi ringrazio a nome di coloro che si trovano in quest’Aula perché ci avete sostenuto in passato. Non siete stati in alcun modo costretti a prendere una decisione così altruista; la libertà e la solidarietà hanno trionfato grazie al vostro interesse.
Chi di noi appartiene alle generazioni che non sono nate nell’Unione europea ha, con tutta probabilità, un’opinione più sensibile riguardo a quanto accaduto negli ultimi anni e decenni. Dal nostro punto di vista, l’Unione europea non è qualcosa da dare per scontato. Siamo consapevoli che esiste un’alternativa, di gran lunga peggiore, che è un altro motivo per cui siamo disposti a fare tutto il possibile al fine di garantire che l’Unione europea venga preservata, sviluppata e rafforzata.
Il nostro obiettivo principale è che nei prossimi sei mesi l’Europa compia progressi in quanti più settori possibili. Abbiamo definito queste aree prioritarie tempo fa, quando abbiamo elaborato il programma della Presidenza della durata di 18 mesi assieme alla Germania e al Portogallo. È stata un’esperienza unica e il lavoro scaturito da tale trio è stato eccellente, al pari del contributo delle istituzioni europee. Quest’Assemblea è stata informata in merito al programma e ai progressi significativi che i nostri partner del trio hanno messo in pratica lo scorso anno nell’ambito dell’attuazione del programma congiunto.
La Slovenia compirà ogni sforzo al fine di portare a termine tutto ciò che rimane da fare. Pertanto, il nostro punto di partenza resta il summenzionato programma, in quanto è nostra intenzione mantenere la continuità delle politiche dell’Unione europea. Al contempo, ci impegneremo a fondo in tutte le nuove sfide. Quale ultimo paese del trio, garantiremo un’agevole transizione verso il prossimo trio.
Il principale obiettivo nell’attuazione del programma è stato, sino a poco tempo fa, l’accordo su un nuovo Trattato dell’Unione europea, siglato a Lisbona a dicembre dello scorso anno. Vorrei congratularmi per l’impegno personale del Cancelliere Angela Merkel e del Primo Ministro José Sócrates che ha condotto a tale risultato. Ricordiamo tutti le circostanze incerte e complesse in cui la Presidenza tedesca ha avviato questo progetto un anno fa. La dichiarazione di Berlino e l’accordo sul principio, in essa contenuto, secondo cui si sarebbe dovuta fornire all’Unione europea una nuova base di Trattato, è stato il primo passo in direzione di Lisbona. A seguito del positivo accordo sul programma per una Conferenza intergovernativa nel corso del Consiglio europeo di giugno, l’operato della Presidenza tedesca è stato proseguito con successo dai nostri colleghi portoghesi. Sotto la loro guida, la Conferenza intergovernativa è stata conclusa con esiti positivi e abbiamo ottenuto il nuovo Trattato di Lisbona.
In quest’occasione vorrei sottolineare il ruolo fondamentale e il contributo del Parlamento europeo, in particolare dei vostri rappresentanti alla Conferenza intergovernativa, nell’elaborare il nuovo Trattato. Desidero inoltre evidenziare il contributo essenziale della Commissione europea nel raggiungimento di un accordo sul nuovo Trattato. Ho seguito questo percorso da vicino e, conoscendolo bene, posso parlarne come di un’esperienza vissuta in prima persona. Il Presidente del Parlamento, Hans-Gert Pöttering, e il Presidente della Commissione José Manuel Barroso, hanno dimostrato un grande impegno personale nell’offrire assistenza strategica ai due paesi alla Presidenza lo scorso anno. La sinergia degli sforzi compiuti dalle tre istituzioni chiave dell’Unione europea ha reso possibile il successo e la firma del Trattato di Lisbona.
Tale Trattato garantirà una maggiore efficacia e democrazia nel funzionamento di un’Unione europea allargata, semplificherà il processo decisionale in molti nuovi settori e rafforzerà il ruolo dei parlamenti nazionali nonché del Parlamento europeo.
Tuttavia, il nostro compito non è terminato con la firma del Trattato. Siamo entrati nella fase di ratifica che, come sappiamo dall’esperienza del 2005, è il periodo più delicato dell’emanazione di un Trattato. Dovrei sottolineare che la ratifica è un ambito esclusivo di competenza e responsabilità di ciascuno Stato membro. A questo proposito, vorrei congratularmi in modo particolare con l’Ungheria che ha già ultimato questo processo. Auspichiamo che la maggior parte degli Stati membri segua questo esempio entro la fine della nostra Presidenza. Il parlamento sloveno deciderà in merito alla ratifica entro la fine di questo mese.
L’obiettivo è varare il Trattato il 1° gennaio 2009. Ciò significa, tra l’altro, che avremo molto lavoro da fare relativamente ai preparativi necessari. Stiamo collaborando a stretto contatto con il paese del prossimo turno di Presidenza, la Francia, al fine di garantire che tutto sia pronto in tempo per varare il Trattato. A tale scopo collaboreremo a stretto contatto anche con il Parlamento europeo.
Onorevoli deputati, i progressi dell’Unione europea nell’ambito delle riforme economiche negli Stati membri e della creazione del mercato interno sono stati incoraggianti negli ultimi anni, nel corso dei quali l’economia dell’Unione europea si è rafforzata e la produttività e l’occupazione sono aumentate in modo significativo.
Nel prossimo ciclo triennale di attuazione della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione dobbiamo, prima di tutto, proseguire sullo stesso modello, e concentrarci sull’investimento sulle persone, sulla modernizzazione del mercato del lavoro, sull’aumento del potenziale imprenditoriale, sull’offerta di fonti energetiche affidabili e accessibili, e sulla tutela dell’ambiente. Al fine di lanciare efficacemente il nuovo ciclo triennale in sede di Consiglio europeo di primavera, occorre adottare per tempo orientamenti integrati di cui saranno responsabili le istituzioni dell’Unione europea. Onorevoli deputati del Parlamento europeo, a questo punto desidero ribadire l’importanza della cooperazione interistituzionale costruttiva.
L’attuazione di riforme ben programmate negli Stati membri con il contributo delle istituzioni a livello comunitario, in cui l’attuazione di politiche comuni costituisce un valore aggiunto, è fondamentale al fine di sostenere la crescita economica. Esistono molti problemi che potrebbero minacciare tale crescita ed è in questo ambito che riforme costanti e adeguamento sono necessari. Attualmente, stiamo affrontando varie sfide complesse, tra cui le principali sono l’aumento dei prezzi di petrolio e generi alimentari e la turbativa prevalente nei mercati finanziari causata dagli avvenimenti occorsi nel mercato ipotecario statunitense. La Presidenza slovena presterà tutta l’attenzione necessaria al fine di ridurne le conseguenze. A tale scopo, nella prima metà dell’anno verrà elaborato un programma completo delle attività dell’Unione europea intese a rafforzare la stabilità dei mercati finanziari. C’è bisogno di una maggiore trasparenza del mercato, di meccanismi di controllo potenziati, e di una più stretta collaborazione a livello internazionale.
Investire nelle persone, nella conoscenza, nella ricerca e nelle nuove tecnologie, resta uno dei punti fondamentali della strategia di Lisbona. Una società basata sulla creatività e la conoscenza diventa sempre più una necessità per l’Europa moderna. Tuttavia, investire solo nella conoscenza non è sufficiente. Quest’anno abbiamo l’opportunità di un dibattito approfondito sul tipo di mercato unico comunitario che desideriamo. Dobbiamo garantire che non vi saranno ostacoli alla circolazione di idee e di conoscenza. Pertanto ci auguriamo che, in sede di Consiglio europeo di primavera, venga aggiunta una quinta libertà (la libera circolazione della conoscenza) alle quattro libertà dell’Unione europea in cui sinora sono stati compiuti progressi eccezionali. Una maggiore mobilità degli studenti, dei ricercatori e dei docenti contribuirà a tale scopo. I vantaggi del mercato interno dell’Unione europea devono diventare più accessibili per i consumatori e per le piccole e medie imprese. Compiere altri rapidi progressi nella creazione di un reale mercato interno dei servizi e dell’innovazione è un passo fondamentale ai fini dell’attuazione della strategia delle riforme dell’Unione europea. Abbiamo intenzione di fare del nostro meglio per registrare sviluppi anche nella liberalizzazione del mercato interno dell’energia. Al termine della nostra Presidenza sarei lieto di poter annunciare che è stato raggiunto un accordo su questo aspetto. Auspichiamo di riuscire a intraprendere le iniziative necessarie volte a un approvvigionamento energetico migliore, economico e affidabile per i nostri cittadini e le nostre imprese.
Onorevoli deputati del Parlamento europeo, per quanto riguarda il futuro dell’Unione europea dobbiamo fare riferimento al processo di allargamento che non è ancora completato. L’allargamento è una delle politiche di maggiore successo dell’Unione europea. Nel 2006 la Commissione europea ha dimostrato in modo decisivo nella sua comunicazione, “L’allargamento due anni dopo”, che il maggiore ampliamento compiuto fino ad allora, quello del 2004, aveva prodotto benefici sia per i vecchi che per i nuovi Stati membri dell’Unione europea.
Se si guarda la cartina geografica dell’Europa, si ha la conferma della nostra idea che l’allargamento sia una storia infinita. È fondamentale che tale processo prosegua in conformità delle imprese comuni avviate e sulla base dei principi fondamentali, in primo luogo il principio che i criteri di adesione debbano essere soddisfatti. La Presidenza slovena si impegnerà nel proseguire su queste basi i negoziati di adesione con la Croazia e la Turchia.
I paesi dei Balcani occidentali sono un caso a sé stante. L’ultima volta che alla Presidenza dell’Unione europea sedeva un paese confinante con questa regione, ossia la Grecia, sono state poste le basi per l’integrazione dei paesi dei Balcani occidentali nell’agenda di Salonicco. Riteniamo che adesso, a distanza di cinque anni, sia giunto il momento per confermare e consolidare le prospettive di questi Stati di aderire all’Unione europea. La Presidenza ha intenzione di promuovere i progressi in tale direzione. Dovrei sottolineare che non stiamo proponendo di abbassare i criteri o di ridurne il numero. Assolutamente. Desideriamo che l’Unione europea intervenga in modo più attivo in questo campo e che si faccia coinvolgere maggiormente nell’assistenza a questi paesi nei loro processi di riforma.
Non dovremmo dimenticare che una ferma e tangibile prospettiva di adesione all’Unione europea è uno stimolo essenziale per portare avanti i cambiamenti e le riforme necessari in questi paesi. Pertanto, ci auguriamo che tale prospettiva venga rafforzata, anche attraverso iniziative specifiche in una serie di ambiti.
Nel cuore dei Balcani occidentali si trova il Kosovo. Negli anni ’70 questo paese ha ottenuto l’autonomia ed è diventato parte del sistema federale dell’ex Jugoslavia e il suo status era virtualmente lo stesso delle repubbliche federali. 15 anni dopo Milošević lo ha privato arbitrariamente di tale status e in seguito ha tentato di procedere a una pulizia etnica, fermata solo dalla comunità internazionale. A seguito di questo intervento, è stata ristabilita la pace, ma la questione dello status permanente del Kosovo è rimasta irrisolta.
Oggi è una delle questioni più complesse cui l’Unione europea deve far fronte. Sarebbe, ovviamente, auspicabile per la questione dello status del Kosovo che venisse risolta in modo tale da poter essere accettata da entrambe le parti direttamente coinvolte. Purtroppo, il lungo processo di negoziato dimostra che le possibilità di un simile risultato sono inesistenti. Inoltre, sembra improbabile raggiungere nel prossimo futuro un accordo su tale tematica in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
D’altra parte, tutti sappiamo che un ulteriore rinvio nella risoluzione della questione potrebbe destabilizzare drasticamente larga parte della regione dei Balcani occidentali, e sarebbe il peggior risultato possibile. La questione del Kosovo è innanzi tutto un problema europeo. La Presidenza slovena svilupperà le decisioni del Consiglio europeo di dicembre. Disponiamo delle basi su cui costruire il consenso nonché dell’accordo politico dell’Unione europea per inviare inizialmente una missione civile in Kosovo, e siamo concordi sul fatto che sia insostenibile mantenere lo stasus quo e che il particolare problema di questo paese non può trovare riferimento con nessun’altra situazione al mondo. In questo contesto, la Presidenza coordinerà le soluzioni che godano del più ampio sostegno possibile all’interno dell’Unione europea e che al contempo garantiscano una stabilità a lungo termine nella regione.
Tuttavia, il Kosovo di certo non è un caso isolato nella sua regione. Per l’Europa, e per l’Unione europea, sono importanti tutti i paesi dei Balcani occidentali. Ed è ancora più importante per la Slovenia rispetto a molti altri Stati membri dell’Unione europea, in quanto si trova nelle nostre immediate vicinanze e la situazione attuale nei Balcani è una storia infinita nella trasformazione geopolitica successiva alla fine della guerra fredda. Vorremmo che ci fosse un lieto fine. Noi, come Unione europea, abbiamo la responsabilità di quanto accade e siamo in debito con gli Stati e le culture di questa regione. La stabilità di quest’ultima è di estrema importanza per l’intera Unione europea e raggiungibile unicamente nel quadro di una prospettiva europea.
La Serbia svolge storicamente un ruolo importante nei Balcani occidentali. È per noi fondamentale incoraggiarla in direzione dell’Europa attraverso un approccio adeguato e nonostante le turbolenze e i tentennamenti a breve termine.
L’ex Repubblica jugoslava di Macedonia ha ottenuto nel 2005 lo status di paese candidato, ma non le è stata ancora comunicata una data per l’avvio dei negoziati. Il paese ha proceduto con numerose riforme di successo ma deve ancora attuarne altre, aspetto nel quale dobbiamo aiutarlo. Non deve rimanere ostaggio dell’estesa condizione della regione e anche per la sua stabilità interna è fondamentale risolvere quanto prima la questione dello status del Kosovo.
È doveroso citare inoltre il ruolo dell’Albania che ha avuto una storia differente dopo la seconda guerra mondiale, ma che ora consideriamo per il suo contributo alla stabilità nella regione e per il suo approccio costruttivo nella risoluzione della questione del futuro status del Kosovo. Riteniamo sia sullo stesso piano il Montenegro, in quanto anch’esso ha seriamente adottato riforme nella prospettiva di un’inclusione nell’agenda di Salonicco.
La struttura post-Dayton della Bosnia-Erzegovina, con una presenza internazionale e un’instabilità politica interna, ci ha dimostrato negli ultimi mesi che questo paese necessita di un’attenzione particolare. È stato già fatto molto e il sostegno per la sua adesione all’Unione europea si è rafforzato, ma è necessaria ulteriore assistenza. Non dovremmo dimenticare i profughi che ancora non hanno fatto ritorno alle loro case nonché i gravi crimini commessi e tuttora impuniti. La condanna di tali crimini contro l’umanità, la pace e la riconciliazione è di fondamentale importanza per il futuro europeo della Bosnia-Erzegovina.
Vi sono numerose ragioni per rafforzare ulteriormente la nostra cooperazione con i paesi vicini, i partner strategici e altri. Ho già citato quest’oggi le frontiere esterne dell’Unione europea, al di là delle quali abbiamo partner importanti e validi che dovremmo coinvolgere maggiormente nelle nostre diverse attività.
La politica europea di vicinato è un valido strumento per rafforzare lo spazio di stabilità e prosperità oltre le nostre frontiere. La dimensione orientale e quella mediterranea rivestono pari importanza. Non dobbiamo dimenticare l’Ucraina, la Moldavia, il Caucaso meridionale e l’Africa settentrionale. Ci occorrono un dialogo intenso e nuove condizioni chieste ripetutamente per nuove tipologie di cooperazione specifica, che sono valutate in modo molto positivo.
Vorremmo assistere a un rafforzamento delle istituzioni e dei processi come il processo di Barcellona e Euro-Med. Ciò di cui non abbiamo bisogno è un raddoppiamento delle istituzioni o che queste ultime competano con quelle dell’Unione europea, e che coprano al tempo stesso parte dell’Unione europea e parte dell’area di vicinato. L’UE nel complesso, e solo quale insieme, può essere sufficientemente efficace nell’instaurare la pace, la stabilità e lo sviluppo nell’area di vicinato e non solo.
Potenzieremo altresì la cooperazione con i nostri partner strategici nel mondo. Nel corso della nostra Presidenza organizzeremo quattro incontri al vertice: con gli Stati Uniti, la Federazione russa, il Giappone, i paesi dell’America latina e i Caraibi. Con questi ultimi due istituiremo collaborazioni intese al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile e alla lotta ai cambiamenti climatici e alla povertà. Durante la Presidenza slovena desideriamo consolidare e, se possibile, formalizzare il nostro partenariato e la cooperazione con la Federazione russa.
Nel turno di Presidenza slovena, l’Unione europea fornirà un valido contributo per il processo di pace in Medio Oriente. L’UE coopererà affinché vengano soddisfatti gli obblighi stabiliti ad Annapolis e Parigi. Desideriamo che israeliani e palestinesi vivano esistenze sicure, libere e di successo e ci impegneremo per la coesistenza pacifica dei due Stati.
Onorevoli deputati, si avvicina per l’Unione europea il momento di assumere un ruolo rafforzato nel mondo. L’Europa sta iniziando il 2008 con un Trattato di Lisbona firmato, la zona euro e lo spazio Schengen allargati, una solida crescita economica, una moneta stabile e oltre tre milioni e mezzo di posti di lavoro in più rispetto all’inizio dello scorso anno. Pertanto, abbiano molte ragioni per dirigere il Consiglio dell’Unione europea con ambizione, ottimismo e, spero che i miei amici francesi non lo dimentichino, con prospettiva. Tale prospettiva è sempre necessaria, poiché se non si sa come aggiustare il tiro, qualsiasi vento sarà quello sbagliato. C’è molto vento, in particolare il vento di cambiamento. Gli ultimi vent’anni di cambiamento non hanno riguardato solo l’Europa, tutto il mondo si è trasformato. Inoltre, negli ultimi anni tale trasformazione è stata più rapida che in precedenza.
Sono già avvenuti alcuni cambiamenti ma non sono stati ancora pienamente valutati. Abbiamo molto da dire riguardo alla crescita economica dell’India e della Cina. Nel 2005, all’inizio della Presidenza del Regno Unito, ho ascoltato un discorso del Primo Ministro britannico Tony Blair pronunciato in quest’Aula. Blair sottolineava tali cambiamenti e la forza crescente delle due nuove superpotenze economiche, l’India e la Cina. Tra l’altro, questa settimana i due paesi hanno firmato diversi accordi bilaterali economici e commerciali. Questi nuovi attori stanno investendo rapidamente nella conoscenza, in ricerca e sviluppo e stanno accrescendo la loro competitività. È stato affermato correttamente che l’Unione europea è costretta a rivalutare e intraprendere iniziative al fine di garantire che la propria competitività non si riduca. Negli ultimi anni, abbiamo elencato tutte le nostre mancanze e parlato delle misure intese a ovviarvi. Molte di esse sono state attuate, ma purtroppo altre no. Tuttavia, non desidero parlare nuovamente degli obiettivi e degli obblighi derivanti dalla strategia di Lisbona.
Infine, vorrei dire che non è sufficiente affrontare i cambiamenti, cui l’Unione europea deve far fronte in un mondo globalizzato, unicamente in termini di competitività e di lotta al terrorismo. Entrambe le risposte sono corrette, ma non bastano.
A livello globale, l’Unione europea si trova di fronte le seguenti sfide fondamentali, oltre a quelle ascoltate sinora, cui prima o poi dovrà rispondere.
La prima è la questione della riforma delle Nazioni Unite e l’istituzione di un nuovo ordine mondiale. Riguardo a tale aspetto l’Unione europea può svolgere un ruolo fondamentale.
La seconda è la lotta alla povertà, una delle priorità assolute. I programmi internazionali di aiuti allo sviluppo offerti dall’Unione europea sono importanti, ma non sempre utilizzati in modo efficace. Affinché questo accada, dobbiamo innanzi tutto agire in due direzioni: uno, concentrarci sull’istruzione, ossia potenziare i livelli di istruzione nelle società povere; due, acquisire generi alimentari e altri beni da donare come aiuti allo sviluppo ai paesi e alle regioni cui tale assistenza è destinata. Questo è l’unico modo in cui possiamo realmente aiutare a potenziare i loro settori agricolo ed economico nonché eradicare le cause della povertà a lungo termine. Per quanto riguarda gli aiuti allo sviluppo internazionali, la parola “competitività” deve essere sostituita con la parola “cooperazione”. Dovremmo essere incoraggiati dal fatto che i paesi meno sviluppati stiano diventando più sviluppati e i poveri più ricchi. Maggiore sarà il grado di sviluppo di tali paesi, maggiore sarà la loro possibilità di contribuire alla lotta alla povertà.
La terza sfida è la lotta ai cambiamenti climatici. Grazie alle conclusioni del Consiglio europeo dello scorso anno, l’Unione europea è diventata un leader globale che gode di maggiore credibilità e di un’influenza più forte. Dobbiamo mantenere questo ruolo, e lo faremo anche garantendo, nel corso dei negoziati con i nostri partner globali, l’applicazione dei medesimi criteri relativi alla ripartizione dell’onere amministrativo nella lotta ai cambiamenti climatici, all’interno e all’esterno del nostro territorio.
La quarta sfida è, ovviamente, il dialogo interculturale, necessario adesso più che mai. In mancanza di esso, non si possono creare le condizioni nel lungo periodo per la pace nel mondo e per una risposta alla più grande minaccia alla sicurezza del mondo moderno. Pertanto, siamo lieti che il 2008 sia anche un anno in cui l’Unione europea presterà maggiore attenzione al dialogo interculturale. Siamo inoltre lieti che il Presidente del Parlamento europeo abbia potuto essere presente all’inizio del mese alla cerimonia inaugurale svoltasi a Lubiana e che quest’Assemblea sia in procinto di organizzare un gran numero di importanti manifestazioni su questa tematica. State apportando un contributo molto significativo, in primo luogo, al rafforzamento della consapevolezza del bisogno di tale dialogo e poi a far sì che noi possiamo compiere progressi tangibili in tale direzione.
A volte sentiamo dire che le questioni sopracitate non sono vere priorità dell’Unione europea e che dovremmo occuparci di problemi interni, ma sono convinto che sia un punto di vista troppo limitato, in quanto il raggiungimento di pace e sicurezza per i nostri cittadini, l’approvvigionamento energetico stabile e sicuro per l’Unione europea, nonché la gestione delle pressioni migratorie sull’Unione europea, dipendono in larga misura dal modo in cui risolveremo in futuro queste quattro problematiche fondamentali e da come l’Unione eserciterà in un mondo globalizzato il ruolo e l’influenza maggiori acquisiti.
Più l’Unione europea è in grado di agire quale attore globale su queste basi, maggiori garanzie di vivere in pace e sicurezza e di uno sviluppo sociale ed economico stabile avranno i suoi cittadini.
Onorevoli deputati, consentitemi di concludere garantendovi che la Slovenia si assumerà, e si è assunta, questo incarico con totale responsabilità e dopo tre anni di intensi preparativi. La nostra Presidenza non può essere su ampia scala al pari di quella francese, né di alto profilo come quella tedesca, e forse i nostri funzionari pubblici non hanno le stesse eccellenti e secolari tradizioni dei britannici. Possiamo commettere errori, dire qualcosa in modo troppo diretto o piuttosto ingenuo. Tuttavia, ci impegniamo a lavorare con responsabilità e ad applicarci sulle questioni essenziali. Non competeremo per i riflettori, non sono importanti per noi. Siamo consapevoli del modo in cui abbiamo iniziato vent’anni fa, quando la Slovenia era sottovalutata da molti e di ciò che abbiamo fatto per essere stimati ed essere oggi qui.
Il nostro più grande desiderio è che il nostro contributo renda, ogni mese, gli europei più soddisfatti, affinché un giorno chiunque cammini per strada in qualsiasi città d’Europa possa rispondere, alla domanda se sia preoccupato del futuro dell’Unione europea, “mi preoccupo del futuro dell’Europa poiché so che l’Europa si preoccupa di me”.
Onorevoli deputati, non siamo ancora a questo punto, ma non ne siamo così lontani e di certo sulla buona strada. Vi ringrazio. (Applausi)
Presidente . − Molte grazie al signor Presidente in carica del Consiglio, il Primo Ministro Janša. È magnifico che alla Presidenza ci sia la Slovenia. I presidenti dei gruppi politici rilasceranno tra breve le loro dichiarazioni, ma adesso desidero dire, a nome dell’intero Parlamento, che il Parlamento europeo sostiene la Slovenia nella creazione di un’Unione europea di successo e siamo pertanto sicuri che la Presidenza slovena sarà un’esperienza molto positiva.
Ora chiederei al Presidente della Commissione di prendere la parola.
José Manuel Barroso , Presidente della Commissione. – (EN) Signor Presidente, signor Primo Ministro, onorevoli deputati, il mio primo pensiero è rivolto alla Presidenza slovena. Questa è, infatti, la prima volta che uno Stato membro dell’ultimo allargamento assume un incarico così importante. La Slovenia è un esempio positivo del buon esito dell’allargamento ed è il primo paese ad aver adottato l’euro.
L’esempio della Slovenia dimostra che gli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea nel 2004 e nel 2007 sono ora il fulcro dell’integrazione europea, ed è inoltre la dimostrazione delle credenziali europee molto significative della Slovenia. Desidero esprimere al Primo Ministro il mio pieno sostegno per l’importante ruolo di Presidente del Consiglio europeo che si appresta a rivestire per i prossimi sei mesi. Signor Primo Ministro, caro amico, lei assieme al suo paese, è simbolo della lotta per la libertà, un valore fondamentale per l’Europa. La ringrazio inoltre per averci ricordato la grande celebrazione dell’ingresso nell’area Schengen. Ero molto commosso per essere lì con lei e altri al confine tra Slovenia e Italia, e non dimenticherò le parole da lei pronunciate in quel momento, ricordandoci che, circa vent’anni fa, in quello stesso luogo, l’Armata jugoslava uccideva chi tentava di raggiungere la libertà, di raggiungere l’Italia, di raggiungere l’Unione europea.
È stato davvero una viaggio emozionante, quello che ho intrapreso assieme al Primo Ministro Socrates e al Presidente del Consiglio europeo: alla fine di dicembre abbiamo visitato la Germania, la Polonia e la Repubblica ceca; siamo stati anche alle frontiere tra l’Estonia, la Finlandia, la Slovacchia, l’Ungheria e l’Austria, e abbiamo potuto osservare l’emozione che gli occhi di tutti quei popoli trasmettevano.
Ritengo importante ricordare a noi stessi quanto accaduto, da dove proveniamo. Ascoltarla oggi, Primo Ministro Janša, potrebbe solo rafforzare la mia ferma convinzione che l’allargamento del 2004-2007, che ha unificato l’Europa in modo pacifico e democratico, è davvero uno dei maggiori successi della storia europea, di cui noi tutti dovremmo essere orgogliosi.
La Commissione collaborerà a stretto contatto con la Presidenza slovena sulle questioni principali del suo programma, quali la stabilità nei Balcani occidentali, in Kosovo e in Bosnia in particolare, nonché l’allargamento, la politica di vicinato europea, l’asilo e l’immigrazione, la cooperazione con i partner strategici e il dialogo interculturale.
Vorrei soffermarmi su tre questioni strettamente connesse ai nostri ruoli. Desidero porre l’accento su tre priorità: il Trattato di Lisbona, il pacchetto in materia di energia e cambiamenti climatici, la rinnovata strategia di Lisbona.
Il 2007 ha consegnato l’Unione europea in buone condizioni. I progressi verso la conclusione di un nuovo Trattato hanno soddisfatto le nostre aspettative. L’Unione ha rispettato il piano d’azione presentato dalla Commissione a maggio del 2006: in primo luogo la dichiarazione di Berlino, che ha celebrato il cinquantesimo anniversario del Trattato di Roma e delineato una visione del futuro dell’Unione; quindi, il Consiglio europeo di giugno, durante la Presidenza tedesca, in cui abbiamo approvato un preciso programma per la CIG; infine, la firma del Trattato di Lisbona a dicembre.
L’iter per il raggiungimento di un accordo ha dimostrato un grado elevato di convergenza tra gli Stati membri e le istituzioni europee per il futuro.
Disponiamo di un Trattato credibile ed equilibrato, e ritengo che ci fornisca basi solide per il futuro. Abbiamo evitato gran parte della disomogeneità e dei disaccordi dei precedenti dibattiti istituzionali. Questo lascia l’Unione nella condizione ottimale affinché si possa garantire che porteremo a compimento la nostra priorità politica di quest’anno, ossia la positiva ratifica del Trattato di Lisbona. Ho chiesto a tutti gli Stati membri di procedere con rapidità e decisione al fine di garantire la ratifica di questo Trattato europeo.
La prossima settimana, la Commissione adotterà il pacchetto in materia di energie rinnovabili e cambiamenti climatici. Le nostre proposte coincidono con l’ambizione avanzata da tutti i capi di Stato e di governo nel Consiglio europeo di primavera dello scorso anno, i quali chiedevano obiettivi chiari e vincolanti dal punto di vista giuridico.
La Commissione è ora impegnata su tale punto. Noto con grande soddisfazione che questa è una priorità anche per la Presidenza del Consiglio slovena e per il Parlamento. Dovremo lavorare duramente se vogliamo che il pacchetto venga adottato entro la fine del 2008. Il nostro pacchetto integrerà le proposte presentate lo scorso anno riguardo al mercato energetico interno. Un mercato energetico europeo offrirà ai cittadini europei maggiori opportunità e prezzi migliori, ed è fondamentale per rispondere alle tre sfide principali che l’Unione europea deve affrontare in campo energetico: competitività, sostenibilità e sicurezza dell’approvvigionamento.
Sapevamo sin dal principio che trasformare l’Europa in un’economia a basse emissioni di carbonio non è un compito semplice, ma questo è il momento di essere seri, responsabili e coerenti con il nostro impegno. La Commissione adotterà un approccio equilibrato riguardo agli sforzi richiesti agli Stati membri. Questi ultimi hanno infatti punti di partenza diversi, sono caratterizzati da condizioni differenti e alcuni hanno maggiore capacità di altri nel finanziare gli investimenti. Abbiamo inoltre bisogno di ridurre al minimo i costi di adattamento dell’industria europea e di affrontare le sfide imposte dalle industrie ad elevato consumo energetico. La Commissione è ben consapevole di queste realtà, come mostreranno le nostre proposte.
Non aspettiamoci di raggiungere un compromesso riguardo agli interessi dell’Europa, ovvero guidare gli sforzi globali nella lotta ai cambiamenti climatici, garantire la sicurezza energetica e fornire alle nostre economie un vantaggio competitivo. La nostra credibilità dinanzi alla comunità internazionale e ai cittadini europei dipende dal raggiungimento degli obiettivi fissati a marzo 2007.
La conferenza di Bali è stata un grande successo nell’elaborazione di una tabella di marcia finalizzata alla conclusione di un accordo, ma il nostro pacchetto della prossima settimana è una chiara dimostrazione della nostra volontà di investire in ciò che conta veramente.
Il pacchetto sull’energia e i cambiamenti climatici dovrebbe essere ritenuto un’opportunità per l’Europa in termini economici. Incoraggerà l’innovazione e rafforzerà la competitività. Sarebbe un errore se la lotta ai cambiamenti climatici si trasformasse in una lotta contro la competitività delle industrie europee. L’Unione dovrebbe guidare gli sforzi globali al fine di affrontare i cambiamenti climatici, e le industrie europee dovrebbero continuare a essere leader mondiali. Al contempo, creeremo anche nuovi mercati e nuovi posti di lavoro e ci avvarremo dei vantaggi di essere i primi ad arrivare in molti di questi settori.
È vero che il nostro pacchetto mira a un’Europa a sostegno dell’ambiente, ma contribuirà anche a un’Europa che sostenga maggiormente l’industria, l’occupazione e il consumatore. Sarà un’iniziativa di cui beneficeranno tutti.
A tre anni dal suo rilancio nel 2005, la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione sta procedendo bene. Ha contribuito a una migliore prestazione dell’economia europea, in particolar modo alla creazione di 6,5 milioni di nuovi posti di lavoro negli ultimi due anni.
Entro il 2009 prevediamo la creazione di cinque milioni di posti di lavoro. Anche le riforme strutturali sostengono la crescita economica e ampliano le prospettive di una prosperità europea a lungo termine. Queste sono conquiste molto incoraggianti.
Dal momento che lanceremo il prossimo ciclo di Lisbona, sarà necessario adottare decisioni ambiziose nel corso del Consiglio di primavera in settori quali la ricerca, l’innovazione, il contesto imprenditoriale, le competenze e le qualifiche professionali.
La Commissione sta formulando proposte intese a portare la quinta libertà (la libera circolazione della conoscenza) nella realtà europea al fine di rendere l’innovazione più rapida e disponibile per un maggior numero di cittadini europei.
Abbiamo inoltre bisogno della normativa sulle piccole imprese (“Small Business Act”) affinché l’Europa promuova la crescita delle piccole e medie imprese. Queste ultime creano nove su dieci dei nuovi posti di lavoro e anche questa è una priorità per la Commissione nel 2008.
Infine, ma non per questo meno importante, l’Europa necessita di politiche del lavoro attive: politiche che forniscano agli individui le competenze per realizzare il loro potenziale, e che consentano ai nostri cittadini di garantire la propria occupabilità. Investire nelle persone è il modo più sicuro di garantire ai nostri cittadini che rimarranno occupati nonostante cambino lavoro frequentemente. Dobbiamo offrire prosperità, non solo per alcuni, né per la maggioranza, ma per tutti. Questo è il motivo per cui investire nelle persone e modernizzare il mercato del lavoro resta uno dei quattro settori prioritari per il nuovo ciclo di Lisbona.
Dobbiamo promuovere lo spirito imprenditoriale degli europei: la creazione di posti di lavoro, l’innovazione e la concorrenza sono le soluzioni per il successo dell’Europa. Le previsioni economiche per il 2008 e il 2009 sono già leggermente meno ottimiste, e noi dovremmo prendere seriamente in considerazione questi segnali. Sappiamo che la causa di una parte di questa instabilità finanziaria proviene da oltreoceano.
Dovremmo già lottare contro affermazioni negative. Le nostre basi economiche sono solide e sicure. Inoltre, siamo consapevoli che la flessione economica potrebbe compromettere la disponibilità nel perseguire le riforme economiche e sociali. Potrebbe essere una reazione naturale, ma significherebbe aver appreso dal passato la lezione sbagliata.
La concorrenza globale e la prosperità dei nostri cittadini necessitano che l’Europa continui il suo percorso di riforme al fine di diventare un’economia più competitiva. Questo è l’unico modo per mantenere il nostro modello europeo di coesione sociale.
Una delle chiavi del successo nel 2007 è stata la capacità della Commissione di collaborare efficacemente con il Parlamento e con il Consiglio. Senza un simile approccio di partenariato, non ci sarebbe mai stato nessun accordo sul Trattato di Lisbona o soluzione alle questioni complicate come l’Istituto europeo di tecnologia e Galileo.
Il partenariato triangolare istituzionale tra Parlamento, Presidenza del Consiglio slovena e Commissione sarà fondamentale per il nostro successo nel 2008. Nel 2009 ci sarà certamente un’Europa più sicura e meglio preparata ad affrontare il futuro, con un Trattato ratificato, un pacchetto sull’energia e i cambiamenti climatici approvato nonché la strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione attuata.
Per concludere, consentitemi di ringraziare il Presidente Pöttering per essersi congratulato nel corso del cinquantesimo anniversario della prima seduta della Commissione europea. Questa istituzione ha davvero percorso una lunga strada dal 1958. La Commissione europea è stata al centro del processo di integrazione europea quale fonte di dinamismo e ambizione nonché punto di riferimento per coloro che credono nel progetto europeo. Oggi, all’inizio del XXI secolo, sono orgoglioso di presiedere questa istituzione, poiché affrontiamo nuove sfide e chiediamo nuove soluzioni.
La Commissione europea resterà fedele a Walter Hallstein e a tutti i padri fondatori che, cinquant’anni fa, hanno avviato questa grande istituzione con un ruolo centrale nel nostro progetto comune. Collaborando a stretto contatto con il Parlamento e il Consiglio, continueremo a promuovere i nostri obiettivi comuni: un’Europa forte e aperta, un’Europa di libertà, prosperità e solidarietà. E siamo sicuri che, collaborando anche con la Presidenza slovena e il Primo Ministro Janša, raggiungeremo risultati concreti per i nostri cittadini.
Presidente . − Molte grazie, signor Presidente della Commissione. Il 16 gennaio 1958, Walter Hallstein dichiarò (cito in quanto si tratta di una frase breve rivolta ai membri della Commissione): “il vostro lavoro produrrà risultati, ma solo quando ci sarà una stretta cooperazione con gli altri organi, in particolare il Consiglio dei ministri e l’Assemblea parlamentare”. Fine della citazione.
Oggi siamo il Parlamento europeo e il discorso del 1958 vale anche per oggi, per il 2008, e non ho alcun dubbio che, se le istituzioni europee collaborano, avranno successo.
Joseph Daul , a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio europeo, signor Presidente della Commissione, onorevoli colleghi, è positivo che le aspettative del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei per un’Europa nel 2008 competitiva e in grado di far fronte alle inquietudini dei propri cittadini, coincidano con quelle della Presidenza slovena dell’Unione europea.
La Slovenia, il suo amato paese, signor Primo Ministro Janez Janša, è di certo un paese che lavora. Ne sono la prova gli indicatori macroeconomici e la natura del dibattito politico. Gli sloveni si trovano all’avanguardia tra coloro che trasmettono alla gente il senso di appartenenza all’Unione europea.
Il popolo sloveno è inoltre tra i più competitivi per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona. Nel suo percorso verso l’adesione e dopo il 2004, la Slovenia ha collezionato vari successi.
Noi abbiamo compiuto in cinquant’anni, o ancora non completato del tutto, ciò che la Slovenia è riuscita a realizzare in dieci anni, portando al tempo stesso a compimento la difficile transizione dal socialismo a un’economia di mercato, e mantenendo l’organizzazione della propria società.
Vantate una solida economia privatizzata, un’inflazione stabile, salari in ascesa, un tasso di disoccupazione relativamente basso e soprattutto una moneta forte che vi ha consentito di passare all’euro nel 2007. Siete inoltre entrati nello spazio Schengen e ora siete il primo dei nuovi Stati membri a prendere le redini dell’Unione europea.
Senza dubbio, la Presidenza slovena segna l’integrazione dei nuovi Stati membri nell’Unione europea. Assumendosi la responsabilità di guidare il processo di ratifica del Trattato di Lisbona, dirigendo gli sforzi dei 27 Stati membri al fine di rispondere alle sfide cui l’Europa deve far fronte in materia energetica e di cambiamenti climatici nonché di crescita e occupazione, proseguendo con il processo di integrazione dei Balcani occidentali, contribuendo spontaneamente all’Anno europeo del dialogo interculturale, che offrirà l’opportunità di confermare i valori di apertura, tolleranza e dialogo che formano il fulcro del progetto europeo, la Presidenza slovena dimostra che i paesi che hanno aderito all’Unione europea dal 2004 non solo sono pratici degli affari istituzionali dell’Unione, ma anche del suo funzionamento interno e del modo in cui l’Europa rivendica i propri interessi a livello internazionale.
Signor Presidente del Consiglio, il gruppo PPE-DE rimarrà al suo fianco al fine di sostenere la realizzazione degli obiettivi prioritari. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la posta in gioco è il futuro dell’Europa. L’efficienza sarà quindi necessaria al fine di raggiungere la ratifica e allo scopo di disporre di nuovi strumenti entro le elezioni del Parlamento europeo del 2009. Il nostro gruppo sosterrà allo stesso modo i vostri sforzi intesi al lancio efficace del nuovo ciclo di Lisbona e a garantire all’Europa un futuro prospero, equo e rispettoso dell’ambiente, nonché che la nostra economia si trovi in buona posizione per potersi avvalere delle opportunità offerte dalla globalizzazione.
Inoltre, l’Europa deve assumere un ruolo dominante nell’ambito dei negoziati con i propri partner mondiali per un sistema post-Kyoto, al fine di creare le condizioni favorevoli per una crescita sociale, e di rendere la conoscenza e l’innovazione i motori di tale crescita, nonché trovare le risposte alle sfide demografiche, all’approvvigionamento energetico e ai cambiamenti climatici.
Signor Presidente in carica del Consiglio, per quanto riguarda la questione balcanica e le prospettive di aderire all’Europa per i Balcani occidentali, sosterremo i suoi sforzi intesi a favorire la stabilità e la cooperazione nella regione, in quanto da questi dipendono la sicurezza e la prosperità dell’intera Unione europea.
L’Unione e la sua Presidenza devono apportare il proprio contributo nella risoluzione dello status del Kosovo. Il ruolo di ponte tra Oriente e Occidente che spesso la Slovenia ha svolto nel corso della storia e nella geografia europee, è una risorsa per l’Unione europea e i suoi Stati membri. Al crocevia di tutte le influenze che hanno segnato la storia del nostro continente, la Slovenia è un luogo di passaggio permanente di persone, beni, e di tutte le correnti culturali. Questo paese sarà il promotore ideale del dialogo tra le diverse culture, confessioni e tradizioni religiose e spirituali nell’ambito dell’Anno europeo del dialogo interculturale.
Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, questa dichiarazione è a nome del gruppo PPE-DE; per il 2008 auspico un’Europa efficiente e di successo, e la Presidenza dell’Unione europea costituisce senza dubbio una sfida significativa per un paese come la Slovenia, in particolare per quanto riguarda le sue risorse umane e la dimensione della sua amministrazione governativa, come lei ha ricordato. Tuttavia, signor Presidente in carica del Consiglio, altri Stati membri della nostra Unione, come il Lussemburgo e l’Austria, hanno spesso dato prova che la convinzione, la tradizione e le prestazioni europee non si misurano dalle dimensioni di un paese.
I migliori auguri alla Presidenza slovena!
(Applausi)
Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero sottolineare ancora una volta a nome del mio gruppo quanto le ho detto, signor Primo Ministro, in due occasioni a Lubiana: in qualità di gruppo socialista del Parlamento europeo, siamo disposti a sostenere la sua Presidenza in tutti i modi possibili. È una Presidenza storica, come lei ha correttamente affermato: la Presidenza di uno Stato sorto da una dittatura comunista, e questo non dovrebbe essere sottovalutato, con un Primo Ministro che è stato egli stesso vittima di tale dittatura; è quindi una Presidenza che non solo merita il pieno sostegno di tutti i democratici, ma ha anche una grande occasione per riconquistare i cuori delle persone in quanto ci offre, in quest’Aula come in Europa, una nuova opportunità di dimostrare che cambiare è possibile e che alla fine prevale sempre la libertà e trionfa sempre la democrazia!
Il suo paese è inoltre la dimostrazione che nessuna dittatura al mondo sopravvivrà nel lungo periodo. Potrebbe sopravvivere per 10, 30 o 100 anni, ma alla fine la democrazia trionfa sempre, ed è un segnale positivo.
La sua introduzione, confortante per la sua obiettività, dovrebbe segnare il passo per l’intero 2008. Non so cosa ci aspetta nella seconda metà dell’anno, ma almeno oggi abbiamo discusso di politica, cosa che apprezziamo molto.
Il fatto di aver discusso di politica oggi, anziché di problemi personali, è probabilmente la prima differenza rispetto alla seconda metà di quest’anno. Tuttavia, è singolare che abbiamo già stabilito alcune differenze. Tra queste, vorrei approfondire la questione relativa al fatto che l’allargamento dell’Unione europea non è ancora giunto al termine. Ebbene si, è ancora in fase negoziale con la Macedonia, è in fase negoziale con la Croazia ed è in fase in negoziale con la Turchia.
Lei ha dichiarato che seguirà le consultazioni con la Turchia ai fini dell’adesione. La Presidenza del Consiglio per la seconda metà del 2008 non approva ciò. Tuttavia, quello che noi desideriamo è chiarezza da parte del Consiglio. Attualmente sono o non sono in corso tali negoziati con la Turchia ai fini dell’adesione? Questo è uno dei punti fondamentali che dovrà chiarire per primo e meglio che può nel quadro della troika durante la sua Presidenza del Consiglio.
La seconda differenza, e abbiamo ascoltato molto attentamente, è che lei ritiene che le istituzioni europee siano sufficientemente forti da organizzare da sole la politica di vicinato con i propri sforzi. Ben detto! Questo è un netto rifiuto alla proposta di separazione delle istituzioni dell’Unione mediterranea formulata dal suo presunto erede alla carica di Presidente del Consiglio. Molto bene, noi la sosteniamo anche riguardo a questo aspetto!
(Applausi)
Pertanto, possiamo vedere alcune spaccature latenti nel Consiglio, ma può essere certo che almeno il gruppo dei socialisti è dalla sua parte, Presidente Janša.
Il Presidente in carica del Consiglio ha parlato dell’apertura dei confini di Schengen. Anche questo è un punto fondamentale e la ringrazio per questo impegno riguardo alla grande opportunità che la libertà di circolazione associata offre ai nostri cittadini. La ringrazio anche per aver dichiarato con fermezza, – una dichiarazione di un paese quale la Slovenia, con la storia che ha alle spalle –, che la considera un’opportunità di libertà per la sua gente, poiché attraverso di essa invia un segnale contro l’estrema destra in Europa, che oltraggia ognuna di tali libertà con la sua retorica di paura contro l’Europa e rende i cittadini timorosi di eventuali sviluppi anziché rassicurarli delle opportunità che questa libertà comporta.
(Applausi)
Ho una richiesta da rivolgerle, signor Presidente della Commissione. In Germania il trasferimento della Nokia è al momento oggetto di accesi dibattiti. Lei ha affermato poc’anzi che la forza dell’economia europea risiede nelle sue piccole e medie imprese. Tale affermazione è corretta, ma anche l’occupazione nel settore industriale detiene una quota enorme. Nel mio paese, il ministro dell’Economia della Renania settentrionale-Westfalia sostiene adesso che la delocalizzazione della Nokia da Bochum, in Germania, alla Romania dovrebbe essere finanziata dall’Unione europea. Non credo che sia vero, ma la prego di verificare e chiarire che questo non sia la realtà, in quanto una simile affermazione, grave e penosa se non vera, è solo acqua al mulino di coloro che sono contrari alla costruzione di un’Europa unita. Un chiarimento su questo punto è pertanto molto importante.
(Applausi)
Un’ultima osservazione al Presidente del Parlamento europeo e al Presidente della Commissione. È vero, Walter Hallstein era un grande uomo. È stato uno dei padri fondatori dell’Unione europea e uno dei Presidenti della Commissione e ha apportato un enorme contributo, ma fino a che punto coloro che vorrebbero imitarlo si sono già allontanati dal suo lavoro fondamentale, si può riscontrare in lei, signor Presidente, a distanza di 50 anni. Walter Hallstein era un acceso sostenitore dell’adesione della Turchia all’Unione europea. Lei è scettico a questo proposito, al pari di tutti i suoi colleghi. Riguardo a questo aspetto sì, Walter Hallstein era un grande europeo!
(Applausi)
Presidente. − Molte grazie al collega, onorevole Martin Schulz. Le convenzioni in quest’Aula non consentono, o per lo meno non è consuetudine, che il Presidente fornisca una risposta adeguata agli ironici interventi dei presidenti dei gruppi politici. Se avessi rivestito un altro ruolo, le avrei risposto volentieri, ma sono grato per le osservazioni positive a favore di Walter Hallstein.
Graham Watson , a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, desidero fare alcune osservazioni al Primo Ministro Janša. Signor Presidente in carica del Consiglio, il mio gruppo si rivolge a lei con un semplice messaggio: “l’Europa aspetta”. Si aspetta che il 2008 sia un anno di progressi. Ci aspettiamo che questi progressi comincino adesso. E ci aspettiamo che la sua Presidenza si mostri all’altezza di questa sfida.
Non ho alcun dubbio che lo sarà. Non era forse una Slovenia decisa quella che, opponendosi ad un potente impero, dichiarò per prima: “Non tutte le strade portano a Roma!”? Ebbene, non portano neanche a Parigi, e questo non è l’inizio della Presidenza francese. È una prima volta storica per i paesi che hanno aderito alla nostra Unione nel 2004.
Signor Presidente in carica del Consiglio, il suo paese può anche essere di piccole dimensioni ma noi sappiamo che è grande nello spirito, e che spesso i turni di presidenza dei Davide d’Europa sono migliori di quelli dei Golia. Come previsto, il programma della sua Presidenza combina una buona ambizione a uno stile consensuale, che ha il potenziale per unificare il nostro continente. Tale unità sarà fondamentale per una rapida ratifica del Trattato di Lisbona e al fine di raccogliere consensi per un accordo interistituzionale sul modo in cui governare l’Europa in virtù del nuovo Trattato.
Per quanto riguarda la cooperazione interistituzionale, gradiremmo un maggiore dialogo con lei nonché una maggiore presenza del suo governo in quest’Aula. Ci dispiace che la sua sedia fosse vuota ieri mentre ascoltavamo il primo ospite del nostro Anno del dialogo interculturale.
Nel suo programma si parla dell’importanza del dinamismo interno, ed è questo, onorevole Schulz, il modo di creare posti di lavoro e di mantenerli in questo continente: dinamismo interno. Signor Presidente in carica del Consiglio, siamo fiduciosi che lei porterà avanti il mercato unico nei campi dell’energia, delle telecomunicazioni e dei servizi di tutela della salute. L’Unione europea ha qualche difficoltà nel convincere i propri cittadini che aggiunge valore alle loro vite ogni giorno, quindi, in un chiaro caso di assistenza sanitaria più rapida, di diminuzione dei costi, di maggiore scelta per i consumatori, saremmo folli se scartassimo proposte per i diritti dei pazienti, solo perché sono controverse.
In altri settori, dovrà dimostrare ancor di più il proprio valore, in particolare con i suoi omologhi che hanno interessi personali nel promuovere l’energia nucleare quale panacea per i cambiamenti climatici. La solidarietà e la ripartizione dell’onere amministrativo sono elementi chiave per ridurre con successo le emissioni e raggiungere gli obiettivi in materia di energia rinnovabile. Nel 2008, la nostra Unione deve dimostrare, come ha affermato il Presidente Barroso, che può trasformare i bei discorsi sulla lotta ai cambiamenti climatici in azione.
Il progresso nei Balcani occidentali è giustamente una delle sue priorità e la sua esperienza, nonché comprensione, della regione costituirà un vantaggio per la nostra Unione. Tuttavia, dubito che dichiarare, come lei ha fatto, che la situazione in Bosnia-Erzegovina è più grave rispetto a quella in Kosovo non corrisponda all’opinione maggioritaria nell’Unione. Tantomeno sono sicuro questo sia il modo corretto di motivare la popolazione della Bosnia-Erzegovina. Se ha pensato che questa è la maniera per placare la Serbia, non funzionerà. Addolcire la pillola dell’indipendenza del Kosovo con un accordo di stabilizzazione e di associazione può essere un primo passo. Ciononostante, mentre Božidar Đelić si prepara per venire a Bruxelles, il mio gruppo ribadisce quanto più fermamente possibile, che non può esserci alcun accordo di stabilizzazione e di associazione se la Serbia non collabora pienamente con il tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia.
(Applausi)
Serge Brammertz, il nuovo procuratore capo, deve ancora ricevere una dimostrazione chiara di cooperazione. Nessuno di noi, signor Presidente in carica del Consiglio, desidera che la Serbia resti ai margini dell’Europa, e la sua cortese e costruttiva posizione presidenziale può far sì che questo paese si liberi dall’isolamento e che consegni Ratko Mladić.
Nel frattempo, come dite in Slovenia, “preghi per un buon raccolto, ma continui a zappare”.
(Applausi)
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (GA) Signor Presidente, il governo sloveno si assume la responsabilità della Presidenza dell’Unione europea in un momento ricco di sfide: i paesi europei devono affrontare la ratifica del Trattato; i riflettori sono puntati sulla regione dei Balcani; si deve raggiungere un accordo a livello comunitario sul pacchetto in materia di energia e si devono trovare nuovi stimoli al fine di risolvere il conflitto tra Palestina e Israele.
a nome del gruppo UEN. – (EN) Come già correttamente affermato dai miei colleghi, l’elenco di ciò che si dovrebbe fare per l’Europa è infinito. La serie di tematiche e decisioni nonché i settori di interesse e di scontro che devono essere affrontati sono vastissimi.
Non le farò lezioni su quanto ha sbagliato o su ciò che altri possono sbagliare in futuro, ma mi concentrerò brevemente su tre punti.
Primo, il Trattato di riforma, il Trattato di Lisbona: la sua ratifica è essenziale affinché l’Unione europea continui a svilupparsi.
Secondo, il prossimo allargamento: dobbiamo garantire che i paesi candidati sentano di avere un’opportunità nonché una possibilità di diventare presto membri dell’Unione europea.
Terzo e, a parer mio, il più importante: il Kosovo e quello che sta accadendo in quella regione, e una transizione pacifica dal suo status attuale e qualunque status possa assumere in futuro. Abbiamo già assistito a terribili avvenimenti in Kosovo, dove le forze di polizia unite di entrambi i gruppi etnici pattugliano insieme le rispettive aree, in cui non c’è più l’idea di un unico corpo di polizia per singolo popolo, ma di un corpo di polizia comune a tutta la popolazione del Kosovo.
La sua esperienza, signor Primo Ministro, come ribelle in un certo senso, come intellettuale, ma soprattutto come democratico e voce della ragione che potrebbe condurre il suo paese dall’età buia del comunismo verso la luce (a volte offuscata a causa delle crisi energetiche) e il futuro dell’Unione europea, è immagine ed esempio di quello che conta maggiormente per i popoli di Bosnia, Serbia, Kosovo e, certamente, Turchia.
Sono impaziente di collaborare con lei e il suo governo. Anche se siete un paese di piccole dimensioni, non solo siete grandi di spirito, ma anche un paese di grande qualità. Come ha già dimostrato con il suo discorso di apertura di seduta, lei non teme di affrontare i “bulli” più grandi di lei quando cercano di costringerla a fare qualcosa. Ma, cosa più importante di tutte, lei porta con sé la certezza morale della sua provenienza.
L’Unione europea oggi ha bisogno di nuovi eroi che sappiano che cosa vuol dire non essere liberi, eroi che sappiano che cosa significa non avere libertà di parola, indipendenza e democrazia. Questa è la luce più luminosa che possiamo far risplendere oggi negli angoli bui del continente europeo.
Monica Frassoni, a nome del gruppo Verts/ALE. – Signor presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, noi siamo abbastanza sentimentali per quanto riguarda l’Europa e al valore che questa ha avuto come elemento di pace e democrazia e per quello che potrebbe avere nel rafforzamento della libertà e del benessere delle persone e nel rappresentare un polo di innovazione e coerenza nel governo delle sfide ambientali globali.
Quindi siamo sinceramente contenti di accoglierla qui oggi e ci dispiace un po’ che questa esperienza potrebbe rimanere in qualche modo unica, perché fra le riforme del Trattato di Lisbona come lei sa c’è anche l’elezione del Presidente del Consiglio europeo e questa cosa ci preoccupa, anche perché tra i candidati che sono stati nominati ce ne sono alcuni che non mi pare porterebbero molto avanti la causa dell’Europa.
Comunque detto questo, io vorrei toccare alcuni punti specifici che sono particolarmente rilevanti per i Verdi/Alleanza libera europea. Durante la sua Presidenza, e questo fatto l’ha anche citato il Presidente della Commissione, verrà presentato il cosiddetto pacchetto energia: la concretizzazione degli impegni presi da tutti l’anno scorso e sui quali sappiamo esistere un fuggi fuggi generale ed essere già in atto manovre e pressioni per diminuirne il valore e l'impatto. Noi crediamo che la sua Presidenza avrà come ruolo fondamentale quella di resistere a queste pressioni dei grandi e dei piccoli per limitare e indebolire l’impatto di queste normative.
Noi continueremo anche la nostra battaglia sul merito, sul quale credo che saremo in disaccordo. Secondo noi una low carbon economy – anche al Presidente della Commissione mi sto rivolgendo – non è un’economia nucleare; finanziare e perdere tempo per un nuovo nucleare che ancora non esiste o per delle tecniche costose di incerta applicazione come il sequestro e lo stoccaggio di carbonio sono in realtà in diretta competizione con le vere energie rinnovabili che devono essere spinte e finanziate: il sole e il vento e con il più promettente cantiere per l’innovazione e l’occupazione che è rappresentato dal risparmio energetico.
Un’altra importante questione durante la sua Presidenza sarà quella del coordinamento fra lo sviluppo territoriale ed urbano, che avranno veramente un valore importante in vista del vertice di primavera e che fanno riferimento al follow-up della carta di Leipzig: la difesa della qualità delle nostre città e il rafforzamento della coesione territoriale sono forse degli elementi meno di moda che altri, ma noi li riteniamo assolutamente cruciali per la battaglia contro i cambiamenti climatici.
Nella sua Presidenza si concluderà probabilmente anche la legislazione sulla questione dei rifiuti. Noi siamo molto preoccupati, non soltanto da quello che succede nel mio paese, a Napoli, ma anche perché ci sembra che il lip service prestato alla gerarchia, che fa della prevenzione, del riuso e del riutilizzo la priorità, è in realtà smentita dal testo di questa normativa che mette ancora una volta sugli altari gli inceneritori, che secondo noi non sono sicuramente l’unico modo per risolvere il problema dei rifiuti.
Due importanti temi in materia di commercio e la questione della protezione dei dati, presidente, sulla quale vorrei veramente vedere se la sua Presidenza sarà veramente amica di questa istituzione oppure no. Lei dovrà scontrarsi duramente con alcuni dei suoi colleghi sulla questione del parere conforme del Parlamento europeo sugli accordi di partenariato economico con i paesi ACP, che dopo i forti contrasti con i paesi africani emersi a Lisbona ci sembra più che mai indispensabile. Poi la libertà di accesso ai documenti di negoziato per gli accordi di partenariato e cooperazione con paesi come la Cina. Pensi un po’, il Parlamento europeo non ha ancora ricevuto assolutamente niente che ci dica come stanno andando questi negoziati. Tutto si fa nel massimo segreto! Noi crediamo che invece su questo ci debba essere un dibattito aperto e questo Parlamento debba almeno essere informato su quello che succede.
Infine, Presidente, sulla questione della protezione dai dati. Noi sappiamo che il Consiglio pensa di prendere una decisione ancora nel suo semestre di Presidenza, ma noi le chiediamo un atto di coraggio, e cioè quello di chiedere di posporre l’applicazione di questa decisione quadro a dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, perché questo permetterebbe al Parlamento di entrare direttamente nella riforma e la mia collega gliene parlerà più tardi ancora una volta, Presidente faccia durante la sua Presidenza la prima conferenza nazionale sui Rom. Questo sarebbe un contributo importante per il dialogo interculturale.
Francis Wurtz , a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, per questa prima Presidenza di un nuovo Stato membro, la Slovenia eredita dai suoi predecessori alcuni compiti piuttosto ingrati. Pertanto, per quanto riguarda la ratifica del Trattato di Lisbona, lei è tenuto ad accertarsi che nessuno Stato membro, eccetto l’Irlanda, dia il cattivo esempio e indica un referendum, compresi quei paesi che avevano assunto impegni seri in questo senso. In qualche modo, è come fare un salto indietro nell’epoca dell’avvicinamento tra i cittadini e le istituzioni dell’Unione europea. Francamente, lei merita di inseguire ambizioni più nobili.
Sul piano sociale, la Presidenza avrà da subito il difficile compito di sbloccare due progetti di direttiva emblematici, uno relativo all’orario di lavoro e al tristemente noto opt-out, l’altro concernente il lavoro interinale e il pari trattamento dei lavoratori. Non si potrà più evitare una discussione approfondita riguardo alle iniziative da intraprendere rispetto alle recenti sentenze della Corte di giustizia europea nelle cause Laval/Vaxholm e Viking Line, che legittimano il dumping sociale. Il mio gruppo ha inoltre chiesto di introdurre un dibattito nell’ordine del giorno di una delle prossime sedute del Parlamento. In effetti, viene rilanciata l’intera problematica relativa alla direttiva Bolkestein e alle disposizioni del Trattato sulle quali si basa. Tutto questo crea una certa confusione in piena ratifica di un nuovo testo che riprende integralmente tali disposizioni.
Infine, sempre per quanto riguarda il piano sociale, l’Europa deve confrontarsi con l’esigenza sempre più forte di un aumento delle retribuzioni. Sono decenni, infatti, che la loro quota di valore aggiunto diminuisce. Persino la stampa economica sottolinea che non è mai stata così debole. Dunque, la Banca centrale europea ha appena annunciato che alzerà i tassi di interesse se questa domanda, per quanto legittima, verrà soddisfatta e, ammettono gli esperti, nonostante i profitti non siano mai stati così alti. Se non inseriamo tale questione in agenda, s’imporrà da sola a breve. Ricordo che il documento comune delle Presidenze tedesca, portoghese e slovena sottolinea al punto 68 che, cito, “gli obiettivi complessivi delle tre Presidenze riguarderanno il rafforzamento del modello sociale europeo quale parte integrante della strategia di Lisbona”. Come dice il proverbio: la prova del pudding è mangiarlo!
Un accenno anche riguardo a un altro tema sensibile, quello degli immigrati illegali. La versione attuale del progetto di direttiva sul loro rimpatrio merita l’appellativo di “direttiva della vergogna” attribuitole dalle organizzazioni di difesa dei diritti umani. La sua adozione in tale versione getta in cattiva luce le buone intenzioni espresse dall’Unione nell’ambito del dialogo interculturale.
In conclusione del mio intervento, vorrei citare il problema del Kosovo. Prima di prendere qualsiasi decisione, non sarebbe giusto avere qualche chiarimento su una tripla questione? Innanzi tutto, come spiegare che due miliardi di euro di aiuti da parte della comunità internazionale si siano, nel giro di sette anni, tradotti in uno sviluppo economico inesistente, in una povertà endemica, in una disoccupazione che riguarda un abitante su due, nella proliferazione della corruzione e delle reti mafiose? In secondo luogo, come spiegare che 17 000 soldati NATO non si sono dimostrati in grado di impedire la distruzione di decine di edifici ortodossi, la deportazione o l’uccisione di centinaia di cittadini kosovari delle comunità minoritarie e l’esilio forzato di altre migliaia di persone? Infine, in quale modo la proclamazione unilaterale di indipendenza del Kosovo e la sostituzione della MINUK con l’Unione europea risolveranno questi fondamentali problemi, garantendo al contempo la stabilità nei Balcani? Sarei curioso di sentire la sua risposta.
Jens-Peter Bonde , a nome del gruppo IND/DEM Group. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il Presidente in carica del Consiglio per la nostra piacevole visita in Slovenia prima di Natale. Signor Presidente in carica del Consiglio, auspico che lei guidi il Consiglio europeo meglio di come ha condotto l’incontro che i capi gruppo hanno avuto con lei: ha occupato quasi tutta la durata degli interventi senza dire niente che noi non sapessimo prima; non ha consentito ai suoi ministri, dei quali avrei dovuto conoscere l’argomento, di rispondere alla gran parte delle nostre domande, e non ha neanche inviato le risposte scritte. In un parlamento anche l’opposizione ha dei diritti.
Ieri ho ricevuto una petizione di 571 giornalisti sloveni che la criticano perché non rispetta la loro libertà di stampa. Darà il consenso per un’indagine indipendente?
La scorsa settimana è stato riferito che ha domandato al Portogallo di annullare il possibile referendum sostenuto da molti elettori portoghesi. Posso ricordarle l’esistenza del Trattato di Nizza, che richiede che lei prenda ogni decisione in modo che si avvicini il più possibile ai cittadini? Annullare una consultazione referendaria è una violazione di questo articolo. Gli Stati membri possono essere criticati ma non sanzionati, in quanto la ratifica è ancora di competenza nazionale. La condotta di una Presidenza e della Commissione europea è interesse della Comunità. Lei ha il dovere di rispettare le procedure di ratifica nazionali. Se deve dire qualcosa, dovrebbe ricordare agli Stati membri del vincolo normativo comune di legiferare quanto più possibile vicino ai cittadini.
Lei viola il Trattato, e lo stesso vale per la Commissione europea quando non vigila su questo articolo del Trattato. Lei è parte di un accordo politico tra i primi ministri inteso a evitare un referendum. Questo accordo infrange il Trattato. La Commissione avrebbe dovuto protestare anziché sostenere il tentativo di aggirare il popolo europeo. Legga l’articolo 1 ancora una volta: “Le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini”. Che meravigliosa frase sarebbe se venisse applicata!
Il Trattato di Lisbona è stato istituito nel modo meno trasparente e più lontano possibile dai cittadini. Ora sembra che solo l’Irlanda possa salvare la nostra democrazia europea. Ma il Consiglio potrebbe alla fine pubblicare una versione consolidata del Trattato di Lisbona, affinché possiate leggere quello che avete firmato. Il 17 dicembre 2007, l’Ungheria ha sottoscritto un testo che non aveva neanche ricevuto! Non è questo il modo di prendere le decisioni vicino ai cittadini o ai membri del Parlamento.
Presidente. − Onorevole Bonde, la consideriamo un presidente di un gruppo politico al fine di garantire che lei e i suoi colleghi diate prova in quest’Aula di essere buoni parlamentari. Affronti le sfide, come è nel suo pieno diritto, anziché puntare il dito contro gli altri!
(Applausi)
Andreas Mölzer (NI). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, in quanto deputato della Carinzia, uno Stato molto vicino alla Slovenia, è per me motivo di stupore e di soddisfazione vedere un paese che solo vent’anni fa era costretto sotto il giogo del comunismo assumere oggi per sei mesi la guida dell’Unione europea. Questa è la prova, secondo me, che la strada dell’integrazione europea, lontana dalle catastrofi del XX secolo, è quella giusta al fine di raggiungere la libertà e l’unità.
Quando sento che l’obiettivo della Slovenia nel corso dell’attuale Presidenza del Consiglio è, prima di tutto, l’adesione all’Unione europea di tutti gli Stati dell’ex Jugoslavia, allora credo che sia giusto e fondamentale, al fine di portare a compimento a livello territoriale tale processo di integrazione europea, così come è stato ideato. Ritengo sia notevolmente più importante rispetto, per esempio, ai negoziati di adesione con un paese come la Turchia, il cui territorio principale si trova in Anatolia, Asia.
Ritengo che questo processo di adesione degli Stati dell’ex Jugoslavia all’Unione europea debba avere inizio quanto prima in modo tale da consentire agli europei di agire senza l’influenza delle potenze al di fuori dell’Europa, quali gli Stati Uniti d’America e la Russia. Auspico che la Slovenia sia in grado di tenere in considerazione in primo luogo e soprattutto il desiderio della Croazia di aderire all’Unione europea e che i conflitti tra Croazia e Slovenia, come quelli presenti nelle zone di pesca circostanti, per esempio, non costituiscano un ostacolo a tale processo, in quanto dei paesi dell’ex Jugoslavia, nonché dell’Europa centrale, la Croazia, dopo la Slovenia, è senza dubbio il più preparato e democraticamente maturo per entrare in Europa.
Per quanto attiene alla questione del Kosovo, che certamente metterà a dura prova la Presidenza slovena del Consiglio, la situazione è tale che, da una parte, occorre prendere in considerazione i diritti di ciascun gruppo all’autodeterminazione, il diritto della maggioranza dei kosovari di Albania, ma dall’altra è necessario considerare i diritti storici dei serbi. Non si dovrebbe permettere la creazione di uno Stato satellite degli Stati Uniti al fine di risolvere la questione del Kosovo, tantomeno si dovrebbe gettare la Serbia nelle grinfie di Mosca, nelle grinfie del Cremlino. L’autonomia del Kosovo non dovrebbe diventare un precedente per la Repubblica turca di Cipro del Nord. L’obiettivo dovrebbe essere la stabilità nei Balcani e il completamento dell’integrazione europea in termini territoriali.
Vorrei proseguire brevemente con la discussione di un problema bilaterale tra Slovenia e Austria: la questione dei segnali topografici in Carinzia. Mi auguro che il governo federale austriaco trovi presto una soluzione adeguata che soddisfi la minoranza molto ben protetta di sloveni in Austria. Al contempo, auspico che anche la Slovenia trovi una soluzione sensata riguardo all’esigua minoranza di austriaci di lingua tedesca presente in Slovenia e che riconosca queste persone come una minoranza indigena, nonché che la convezione culturale tra Austria e Slovenia possa essere molto significativa in questo senso.
Mihael Brejc (PPE-DE). – (SL) Onorevoli colleghi, il programma della Presidenza slovena contiene tutti i temi importanti del nostro tempo e costituisce una valida base di lavoro per i prossimi sei mesi. Con a disposizione solo due minuti, mi limiterò a un unico punto, ossia la libertà dei cittadini, l’amministrazione della giustizia e gli affari interni. Mi aspetto che la Presidenza slovena presti la dovuta attenzione al proseguimento degli effetti del sistema d’informazione “SIS I for all” e che acceleri l’attuazione di “SIS II”.
La politica comune in materia di asilo e d’immigrazione deve essere basata su una stretta cooperazione con i paesi di transito e di origine. Attualmente, esistono 27 sistemi e approcci diversi per risolvere questo problema e, di certo, non ci illudiamo che una questione così complessa possa essere risolta nel breve tempo a disposizione. Tuttavia, abbiamo il dovere di svolgere questo arduo compito.
La terza area attiene alla cooperazione con Frontex, in cui la Presidenza slovena elaborerà gli orientamenti per le future attività dell’agenzia, sulla base delle valutazioni di una relazione della Commissione. Il quarto settore riguarda l’urgente armonizzazione della politica europea sui visti e la definizione della base giuridica che permetta di avviare le operazioni del sistema d’informazione europeo sui visti.
Il fil rouge che ha sinora collegato tutte le Presidenze è la lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo. Sono a favore delle misure proposte e suggerisco che dovremmo finalmente iniziare ad affrontare anche le cause del terrorismo.
La Slovenia è uno dei membri dell’Unione europea di maggior successo per quanto riguarda l’amministrazione per via elettronica e l’eliminazione degli ostacoli amministrativi. Pertanto, ritengo che la Slovenia, nel corso della sua Presidenza, dovrebbe offrire agli altri Stati membri la sua buona pratica in ogni settore. Auspico inoltre che ci sia una valida cooperazione tra la Presidenza slovena e il Parlamento e la Commissione, e sono convinto che, dopo la Presidenza slovena, sarà possibile affermare che l’Unione europea avrà compiuto un ulteriore passo avanti.
Borut Pahor (PSE). – (SL) Sono orgoglioso che il Primo Ministro della Slovenia si rivolga oggi al Parlamento europeo in qualità di Presidente del Consiglio europeo. Come affermato dal Primo Ministro, questa è anche una dimostrazione dei drastici cambiamenti cui abbiamo assistito in Slovenia negli ultimi vent’anni, nonché dei pressoché insospettabili cambiamenti avvenuti nella stessa Europa in un periodo storico così breve.
Il Vicepresidente della Commissione europea ha dichiarato a Lubiana che l’inizio della Presidenza slovena del Consiglio europeo avrebbe segnato la fine della divisione tra i nuovi e i vecchi Stati membri dell’Unione europea.
Desidero aggiungere una riflessione positiva, affermando che fino a poco tempo fa potevamo solo ascoltare quanto i candidati e i nuovi Stati membri dell’Unione europea si aspettavano da essa. Oggi l’Europa ha il diritto di chiedere al Primo Ministro della Slovenia, e alla Slovenia quale paese alla Presidenza, cosa si aspetta da questo paese. Ritengo ci troviamo di fronte a un evento storico eccezionale con i suoi reali e simbolici effetti.
È mia convinzione personale che ci si possa aspettare il massimo che la Slovenia possa dare. A mio avviso, questo paese è ben preparato e totalmente concentrato sul suo ruolo internazionale e di Presidenza del Consiglio europeo.
Desidero ringraziare il collega, onorevole Martin Schulz, per il sostegno che il nostro gruppo ha fornito alla Presidenza slovena e, in qualità di presidente del maggiore partito di opposizione sloveno, i socialdemocratici, vorrei anche garantire a questa illustre Assemblea che, in vista delle elezioni parlamentari che seguiranno la fine della Presidenza slovena dell’Unione europea, non utilizzerà la politica europea della Presidenza dell’UE quale obiettivo o vittima dei nostri sforzi comuni per il successo sloveno in questo importante compito internazionale. Il successo del Primo Ministro sarà il successo del Primo Ministro sloveno, e quello dell’intera Slovenia sarà anche un mio personale successo.
Sono certo che, al termine della Presidenza slovena, saremo in grado di stabilire, come ha affermato qualcuno, che non esistono membri dell’Unione europea più o meno importanti, e che esistono solo quelli che detengono una Presidenza un po’ più o un po’ meno riuscita. Il mio auspicio è che, con un briciolo di fortuna, il Primo Ministro e il governo sloveno riescano a essere annoverati tra i migliori.
Jelko Kacin (ALDE). – (SL) Signor Primo Ministro, il suo arrivo e il suo discorso odierni rappresentano l’inizio dell’ultima fase di una completa integrazione della Slovenia nell’Unione europea. La Slovenia è il primo paese degli undici nuovi Stati ad aver potuto assumere la Presidenza. È un enorme privilegio per la Slovenia e per l’Europa e le auguro un grande successo per il suo mandato.
Tuttavia, la Presidenza è un incarico arduo, ragion per cui desidero sollevare un interrogativo a proposito delle ingiustizie che si verificano all’interno dell’Unione europea. La domanda è rivolta non solo a lei, ma anche al Presidente del Parlamento e al Presidente della Commissione europea. Nel 2004 hanno aderito all’Unione europea dieci paesi. In realtà erano solo nove e mezzo, poiché solo una parte di Cipro è stata annessa. Due anni dopo, abbiamo annunciato l’ingresso di Romania e Bulgaria e abbiamo tralasciato nuovamente la parte settentrionale di Cipro, esattamente come abbiamo fatto anche a seguito dell’adesione di Romania e Bulgaria.
Signor Primo Ministro, oggi lei ha parlato di Balcani occidentali, Ucraina, Moldavia, Caucaso e Africa settentrionale senza dedicare una sola parola alla questione di Cipro del Nord. È come se fosse stata superata, cancellata, e non è un bene. È giusto che lei a Lubiana abbia avviato un dialogo tra culture e religioni, e la regione in cui potremmo realmente raggiungere un grande successo è proprio Cipro. Questa regione ha bisogno di un dialogo tra culture e religioni affinché 200 000 persone innocenti possano avere l’opportunità di diventare membri dell’Unione europea. Inoltre, Cipro ha appena adottato l’euro quale sua nuova valuta, ma nella parte settentrionale usano ancora la lira.
Infine, signor Primo Ministro, quando ha parlato della sua colpevolezza, a proposito di quando è stato processato in una lingua straniera, avrei preferito che lei avesse detto serbo-croato o serbo. Alcuni in quest’Aula potrebbero pensare che forse è stato processato in russo. Le auguro nuovamente una Presidenza di totale successo.
Adam Bielan (UEN). – (PL) Signor Presidente, vorrei iniziare congratulandomi con il Primo Ministro Janša che assume la Presidenza dell’Unione. Questo è un momento epocale nella storia dell’integrazione europea, essendo la prima volta che un nuovo Stato membro detiene la Presidenza.
La Slovenia è un paese che ha subìto in varie occasioni le variazioni di confini verificatesi nel nostro continente. È pertanto un ottimo esempio dell’unificazione europea, non solo da un punto di vista economico, ma anche geopolitico.
Per questo motivo ritengo che i prossimi sei mesi saranno proficui al fine della stabilizzazione della situazione nella regione dei Balcani occidentali. Desidero esprimere l’auspicio che in questo periodo venga data priorità alla politica di vicinato e in materia di allargamento dell’Unione. Conto sulle aspirazioni del nostro vicino della parte orientale, l’Ucraina, che viene sostenuto con maggiore accordo.
Sono lieto che anche la politica in materia di energia sarà una delle priorità della Slovenia. Sappiamo fin troppo bene che non può esistere un’Europa sicura se non garantiamo la sicurezza energetica. Non dovranno più esserci ricatti da parte di chiunque nei confronti dell’Unione europea sull’energia, e sono certo che la Slovenia, un paese che ha sopportato il peso del comunismo per oltre 40 anni, ha un’ottima opinione in merito.
Elly de Groen-Kouwenhoven (Verts/ALE) . – (EN) Signor Presidente, le mie congratulazioni alla Slovenia e un benvenuto al Primo Ministro Janša: membro dell’UE da soli quattro anni e già alla Presidenza europea. Questo significa lavoro e responsabilità, ma è anche una prova di fiducia nel suo giovane paese, signor Presidente in carica del Consiglio.
Quello che mi preoccupa e mi delude (ci delude, dovrei dire) è che un numero impressionante di europarlamentari di molti paesi e gruppi diversi non ha ancora ricevuto una risposta chiara alla ripetuta richiesta se la Slovenia ospiterà la sua prima conferenza annuale europea sulla popolazione Rom. Un evento importante, ma anche una sfida enorme, ma non siete soli. La Commissione europea ha offerto sostegno finanziario. Riceverete sostegno morale dal Consiglio europeo il quale, nelle conclusioni al punto 50, sottolinea che l’UE deve presentarsi con proposte concrete sulle problematiche Rom.
Il supporto logistico proviene dalla comunità Rom europea, che ha espresso la propria volontà di collaborare in qualsiasi settore sia in grado di farlo. Gli europarlamentari di gruppi diversi in quest’Aula vi offrono il loro appoggio politico, in quanto sono consapevoli della nazione europea dimenticata, quella Rom, e molti di loro sono ancora vittime dell’ultimo conflitto nei Balcani, vivendo da profughi in diversi luoghi d’Europa.
La Slovenia si è salvata per poco, tuttavia è stata segnata da una profonda esperienza della mancanza di libertà e sicurezza. Mi auguro che il suo paese consideri un onore ospitare la prima conferenza annuale sulla popolazione Rom. Sa di avere molti sostenitori, o forse dovrei dire tifosi.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL) . – (EN) Signor Presidente, anch’io desidero porgere i miei migliori auguri alla Presidenza slovena. Oggi è certamente una giornata storica. Non ho dubbi sull’attuale competenza della Slovenia, quale piccolo Stato membro, di governare con successo alla Presidenza.
Auspico, signor Presidente in carica del Consiglio, che fosse serio quando ha dichiarato di desiderare un’Europa che si occupi realmente dei cittadini e che li ponga al centro delle proprie attività. Devo dirle che, se si parlava seriamente e non era solo retorica, se vogliamo che diventi realtà, sarebbe necessario di fatto un cambiamento radicale concreto nel nostro approccio e nei contenuti della nostra politica in questa istituzione e in tutte le istituzioni dell’Unione europea.
Condivido le preoccupazioni di chi mi ha preceduto riguardo al fatto che negli Stati membri non saranno indette consultazioni referendarie sul Trattato di Lisbona. Nella mia giurisdizione il referendum ci sarà e le persone avranno un’opportunità per valutare, in modo concreto, se ritengono che questo progetto sia all’avanguardia e contribuisca allo sviluppo.
Signor Presidente in carica, in Irlanda lei ha provocato qualche tumulto: i mezzi di comunicazione hanno riportato che ha affermato che è importante non intraprendere alcuni discorsi che potrebbero essere causa di problemi nel nostro paese. Questo indica che propone di rinviare le questioni controverse o complicate. Vorremmo sapere quali sono queste questioni.
Se parliamo seriamente di democrazia nell’Unione, di un’Unione interessata ai propri cittadini, dobbiamo sicuramente garantire che alle persone vengano fornite tutte le informazioni sulle iniziative e gli orientamenti politici.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Primo Ministro, non molto tempo fa ha affermato che l’Unione europea non è unita solo da una politica e un’economia comuni, ma anche dai valori di una memoria, cultura e creatività comuni. Concordo.
Auguri a lei, signor Primo Ministro, dalla Polonia, la terra di Adam Mickiewicz. Questo profeta, come lo chiamano i francesi, chiese: slavi, che cosa potete offrire di nuovo? Che cosa portate con voi sulla scena mondiale? Il suo messaggio era che lo spirito cristiano ha penetrato in particolar modo alcuni popoli europei, e che in tutti i progressi dei cristiani sono insiti anche i progressi dei paesi. L’Europa, la madre delle nazioni, è unita da una cultura cristiana a est e a ovest. In quest’Aula, il Presidente francese Valéry Giscard D’Estaing mi ha detto di recente di continuare a essere a favore dell’inclusione di un riferimento al dio cristiano nella Costituzione europea.
Signor Primo Ministro, lei ha ragione nell’affermare che l’Anno europeo del dialogo interculturale è un’opportunità per l’Europa di rendersi più forte attraverso la cultura. Jean Monnet, i cui resti giacciono nel laico Panteon parigino, era solito dire che se avesse dovuto ricominciare daccapo, avrebbe cominciato con la cultura. La cultura cristiana e la religione, come diceva il professor Tadeusz Zieliński, seppellito a Schöndorf vicino Monaco, è innata nel desiderio umano. Pertanto, consentiamo alla Slovenia, quel piccolo paese dell’Unione europea, di esprimere questo desiderio attraverso le proprie azioni per il bene della cultura cristiana in Europa. È in questo che risiede la grandezza del vostro paese nell’Unione europea; è qui che risiede la grandezza dei nostri paesi slavi dell’Unione.
(Il Presidente toglie la parola all’oratore)
Jana Bobošíková (NI). – (CS) Onorevoli colleghi, sono lieta che la Presidenza slovena voglia affrontare la questione della minaccia dei cambiamenti climatici e la politica in materia di energia sicura e sostenibile. Ritengo sia giunto il momento per noi di abbandonare i populisti spettacoli ecologici e liberarci del timore ingiustificato nei confronti dei reattori nucleari. Abbiamo l’opportunità di smettere di sottrarre denaro dalle tasche dei cittadini a causa di un immorale commercio dei permessi sulle emissioni, che non sono altro che indulgenze per i maggiori responsabili dell’inquinamento. Abbiamo l’occasione di abbandonare le ridicole imposte sul particolato dei combustibili nonché le pseudosoluzioni tecniche, spese che superano di gran lunga i vantaggi apportati.
Onorevoli colleghi, secondo risultati scientifici documentati, l’energia nucleare è il tipo di energia che non produce CO2 e che riduce al minimo l’aggravarsi dei cambiamenti climatici. È anche l’energia a basse emissioni di carbonio meno costosa, è affidabile ed è sicura. Inoltre, l’energia nucleare riduce la dipendenza di un paese dall’approvvigionamento di combustibile da territori instabili. Sono certa che se desideriamo agire nell’interesse dei cittadini dell’Unione e affrontare i cambiamenti climatici, dovremmo investire in ricerca, sviluppo e istruzione nel campo dell’energia nucleare.
Werner Langen (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, desidero congratularmi con la Presidenza slovena del Consiglio per il suo programma esaustivo, la fase finale del programma delle tre Presidenze del Consiglio, e per lo sviluppo positivo del suo paese.
Fate parte dello spazio Schengen, e della zona euro, ed è effettivamente una Presidenza del Consiglio storica, alla quale rivolgo la richiesta di non agire come i suoi predecessori, presentando un programma che persino un paese più grande non sarebbe in grado di realizzare in sei mesi. In quanto paese più piccolo godete della solidarietà dei paesi più grandi e del Parlamento europeo. Tuttavia, la mia richiesta è che non esageriate. La riforma delle Nazioni Unite non sarà certamente possibile in sei mesi e nel corso della Presidenza del Consiglio slovena.
Vi sono problemi molto urgenti in sospeso, di cui ne avete elencati alcuni. Il più complesso sarà la questione del Kosovo. Anche su questo punto vi trovate in una situazione particolarmente difficile. Un’altra problematica è quella dello sviluppo costante del mercato energetico interno e l’accordo con la Russia, e queste sono le priorità che dovrete realmente essere in grado di affrontare. E se riuscirete a portare avanti la ratifica del Trattato di Lisbona, allora potrete dire alla fine di questi sei mesi di Presidenza: sì, quale primo paese dell’ex blocco comunista, abbiamo gestito con successo questa Presidenza del Consiglio come un modello di un ruolo positivo per la prosperità, la libertà e la pace.
Infine, un’osservazione minore per il nostro collega, onorevole Schulz, che non è più presente in Aula. In questa sede ha parlato di gruppo socialista, in Germania è più cauto a tale proposito, ma noi sappiamo che l’ha fatto. Alla fine ha messo in guardia sui radicalismi di destra, come se il comunismo possa essere stato un sistema estremista di destra! Se non erro, vi ha anche assegnato il compito di perseguire l’adesione della Turchia. La Commissione ha già confermato che si sta occupando allo stesso modo di Croazia e Turchia. Non fatevi coinvolgere! Lasciate questo compito agli Stati più grandi, che non sono stati in grado di svolgerlo in tempo. Se vi concentrate sui Balcani occidentali, porterete molti benefici all’Europa e avrete potenzialmente molto più successo in questo settore che non cercando di risolvere i problemi della Turchia!
Hannes Swoboda (PSE). – (DE) Signor Presidente, signor Primo Ministro, non si faccia ridurre il ruolo ai soli Balcani. Continui a essere alla guida di una Presidenza europea! Tuttavia, vorrei iniziare con questioni minori, e auspico che il mio paese, l’Austria, contribuisca concretamente alla sua Presidenza attraverso la soluzione dei rilevanti problemi relativi alla minoranza slovena in Austria, e che quest’ultima venga finalmente considerata come tale.
Quale relatore per la Croazia, mi auguro vivamente che questo paese possa compiere grandi progressi nel corso della sua Presidenza. Dovete contribuire in qualche modo affinché questo accada, al pari della Croazia. Da lei mi aspetto, durante il suo mandato, che attui il Trattato che lei stesso ha concluso con il Primo Ministro Sanader, e che si arrivi quindi a una soluzione per quanto riguarda i confini contesi attraverso una valutazione da parte di terzi. La Croazia dovrebbe compiere sforzi maggiori e, per quanto attiene alla zona di pesca ecologica, dovrebbe mantenere la promessa di non estendere e applicare tale zona alla Croazia e all’Italia.
Il problema maggiore è indubbiamente quello del Kosovo e sono dell’opinione che abbiate imboccato la strada giusta. State agendo con cautela, con calma ma con risolutezza al tempo stesso. Questa è la soluzione cui aspiriamo per il Kosovo in quanto, siamo onesti, non è possibile, nonché irragionevole sia per il Kosovo che per la Serbia, una coesistenza delle due identità all’interno della Serbia. Tuttavia, ciò non significa che non condividiamo le preoccupazioni di quest’ultima e che non comprendiamo il motivo per cui su tale punto si trovi in grande difficoltà. Dovrebbe comunque essere chiaro alla Serbia, in particolar modo al Primo Ministro Koštunica: riteniamo che il futuro della Serbia, di una Serbia democratica, che cooperi anche con il tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, sia in Europa! Se Vojislav Koštunica crede che il futuro del paese sia in Russia, è un problema suo, ma non penso che il popolo serbo concordi con lui.
Nel corso della sua Presidenza, pertanto, dovrebbe essere inviato un chiaro segnale alla Serbia: dovete scegliere tra Russia e Unione europea su questa questione. Stiamo avanzando una semplice proposta all’intera regione, in particolare alla Serbia, ossia quella di proseguire il cammino verso l’Unione europea in un ragionevole lasso di tempo. È un compito enorme da svolgere e sono certo che lo farete al meglio!
(Applausi)
Lena Ek (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, vorrei associare due delle principali questioni per il vertice di primavera. In primo luogo i cambiamenti climatici e quindi il pacchetto sull’energia e il clima. È sicuramente molto complicato quando si deve passare dagli obiettivi agli strumenti. Questo genera costi che gravano su tutti i nostri Stati membri, ma bisogna comunque farlo. Desidero porre in rilievo due tematiche in merito alle quali dobbiamo essere molto cauti quando entreremo in fase di negoziato su questo pacchetto ecologico.
La prima è la questione sociale. In quest’Aula abbiamo discusso molto sulla strategia di Lisbona e sul combinare lo sviluppo economico con uno sviluppo sociale sostenibile e le questioni ambientali. È molto importante che lo sviluppo economico sostenibile compaia nel pacchetto economico quando verrà presentato la prossima settimana.
Il secondo punto è la neutralità tecnologica. La Slovenia è un paese che si basa sulla silvicoltura, come il mio, la Svezia, e ritengo fondamentale che si abbia la possibilità di provare e scegliere tra tutti i diversi carburanti alternativi e lasciare che l’innovazione tragga pieno vantaggio dal potenziale complessivo. Non dimentichiamo il metanolo e la cellulosa!
Per concludere, la strategia di Lisbona deve essere una combinazione di sviluppo economico e climatico. Se si presta attenzione al settore dei trasporti, è un esempio perfetto di come treni e automobili possano contribuire non solo allo sviluppo economico e a un migliore mercato interno, ma anche agli obiettivi del pacchetto energetico. Cominciare è l’unico modo in cui l’irrealizzabile può diventare realizzabile. Le auguro tutta la fortuna del mondo, signor Presidente in carica.
Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). – (PL) Signor Presidente, la Slovenia è il primo dei nuovi Stati membri ad assumere la Presidenza dell’Unione europea. Tale Presidenza coincide con il 2008, proclamato Anno del dialogo interculturale, che costituisce pertanto una delle principali basi del suo programma. Sarebbe d’uopo ricordare, dunque, che un simile dialogo è possibile solo quando le parti possiedono un forte senso di identità culturale e desiderano condividere simile ricchezza con gli altri.
La base culturale dell’Europa è la cristianità, pertanto i valori cristiani dovrebbero essere promossi e rafforzati, non minacciati. Non è semplice distinguere un simile approccio positivo nei documenti comunitari di maggiore importanza che sono stati adottati, quali la Carta dei diritti fondamentali e il Trattato di riforma. Tali documenti non contengono alcun riferimento alle radici cristiane dell’Europa. Tantomeno si è tenuta una seria discussione al riguardo in seno al Parlamento europeo.
Date queste premesse, si deve dubitare se l’Unione europea, ignorando e danneggiando le sue stesse radici, sia sufficientemente preparata per un dialogo interculturale con i forti partner di altre regioni del mondo.
Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, come diceva il Presidente Barroso, la Presidenza slovena rappresenta in sé un fatto storico e ciò ci consente di riflettere sul rapporto tra l’Europa e l’area dei Balcani. Non c’è dubbio che esso non sia immune da critiche anche per gli elementi di disgregazione che ha comportato, ora l’Europa deve avere una funzione opposta favorendo processi di pacificazione e riavvicinamento, favoriti proprio dal rapporto con l’Europa.
Per questo bisogna evitare atti unilaterali sul Kovoso, su cui ci deve essere una politica comune europea, come dice del resto anche il nuovo Trattato. Bisogna affrontare i problemi posti dalle nuove frontiere che l’ingresso in Europa di alcuni ha determinato verso altri. Occorre una politica attiva all'integrazione sociale, economica e ambientale che guardi a tutta l’area e francamente non vedo nel nucleare una soluzione ai problemi energetici.
Da ultimo, voglio ricordare alla Presidenza slovena il problema dei cosiddetti cancellati, cioè di coloro che ex cittadini jugoslavi hanno ora problemi di cittadinanza in Slovenia, affinché venga risolta definitivamente.
Hans-Peter Martin (NI). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, da bambini ci è stato raccontato con molta crudezza, come Tito sfrecciasse per le strade di Belgrado, la gente che si faceva da parte con un balzo, tutto era bloccato, assente qualsiasi regola del codice della strada. Secondo il nostro modo di pensare ingenuo e fanciullesco, questo era un esempio dell’arbitrarietà e della crudeltà di un particolare sistema.
In seguito, abbiamo appreso del modo arbitrario in cui venivano avviati procedimenti giudiziari contro i dissidenti, contro i critici nel paese dal quale potevano fuggire. Oggi lei si trova in quest’Aula, e la sua gioia è comprensibile, ma stia attento! Il nostro Tito in Parlamento, come atteggiamento, è per esempio il Segretario generale Harald Rømer, che sfreccia per le strade di Strasburgo e non teme le conseguenze, anche se la sua velocità è di 100 chilometri orari e la gente si deve fare da parte in fretta. Purtroppo, esistono procedimenti arbitrari persino nell’Unione europea contro i critici non graditi.
Presidente. − Respingo con fermezza assoluta questi attacchi contro il Segretario generale del Parlamento europeo.
Giles Chichester (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, mi consenta di dare un caloroso benvenuto al Primo Ministro in Parlamento e di augurargli ogni bene per il suo periodo in qualità di Presidente in carica del Consiglio. Sono certo che la Slovenia svolgerà il suo compito con grande competenza.
Ho apprezzato l’accento posto sulla prossima fase della strategia di Lisbona. In questo settore resta ancora molto da fare al fine di convincere gli Stati membri a riformare le loro economie e spero che la Presidenza vorrà sostenere una maggiore liberalizzazione, le riforme al mercato del lavoro e garantire che le imprese europee traggano beneficio dalla globalizzazione. L’Europa deve essere più competitiva, più concentrata sulla creazione di nuovi posti di lavoro e meno preoccupata di proteggere un modello sociale che ostacola la crescita occupazionale.
Desidero assistere ad un’azione intesa al completamento del mercato interno e, in particolare, del settore delle telecomunicazioni. Ho accolto con favore l’annuncio del Commissario lo scorso anno riguardo a un’ulteriore liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni. Adesso abbiamo l’opportunità di rivedere il quadro normativo esistente al fine di liberarci degli impedimenti e delineare un futuro più competitivo per questo settore industriale fondamentale.
Attendo con ansia di ascoltare in sede di commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, nel cui ambito sono anche il portavoce del gruppo PPE-DE, il modo in cui la Presidenza ha intenzione di affrontare le problematiche. Valuto inoltre positivamente l’impegno di procedere con risolutezza con l’agenda sui cambiamenti climatici e l’energia. L’Unione europea ha fissato rigidi obiettivi in materia di emissioni di carbonio e ora spetta agli Stati membri perseguirli con azioni concrete, e non solo con parole, al fine di garantire che la ripartizione dell’onere amministrativo non finisca con l’essere solo una diminuzione delle responsabilità.
Ho letto con preoccupazione sui giornali questa settimana che alcuni Stati membri stanno tentando di compromettere l’accordo comunitario dello scorso anno sui cambiamenti climatici, e presteremo particolare attenzione nel controllare se il governo britannico rispetterà gli impegni presi.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, desidero riprendere il discorso riguardo alla situazione in Serbia. Valuto positivamente l’iniziativa di istituire una task force simile a quella esistente per la Croazia, come proposto dalla Presidenza slovena, al fine di una totale ed efficace cooeprazione appieno con il tribunale penale internazionale dell’Aia per la ex Jugoslavia. Questo potrebbe inoltre chiarire, secondo me, il modo per pervenire alla firma un accordo di stabilizzazione e di associazione. Desidero inoltre invitare il governo del mio paese, i Paesi Bassi, a collaborare e a sostenere la proposta della Presidenza slovena, nonché a considerare il positivo lavoro da essa svolto in passato con la Croazia.
La mia seconda osservazione riguarda la nostra politica di vicinato. Attualmente in Ucraina si è instaurato un nuovo governo, e stanno per essere avviati i negoziati intesi al proseguimento dell’accordo di partenariato e cooperazione con questo paese. Vorremmo sapere quali sono le idee e le proposte del governo sloveno in merito, l’approccio che i negoziati dovrebbero adottare e i risultati attesi. Non siamo dell’idea di proporre in questo momento all’Ucraina di aderire, eventualità che non viene affatto presa in considerazione, ma è tuttavia fondamentale offrire al paese qualcosa di più concreto in termini di legami con l’Unione europea.
Vorrei adesso aggiungere brevemente qualche riflessione sulla situazione in Georgia, un altro paese contemplato dalla politica europea di vicinato. Personalmente, considero la reazione dell’Unione europea ai risultati delle elezioni, nonché allo stesso processo elettorale, sin troppo positiva e avventata. Successivamente se ne è avuta un’ampia dimostrazione. È tuttora in corso un dibattito sulle irregolarità che hanno avuto luogo nel corso delle elezioni. Adesso ritengo fondamentale che l’Unione europea e la Presidenza intraprendano iniziative almeno per incoraggiare un rapporto tra l’opposizione del paese e il presidente Saakashvili.
Infine, vorrei commentare la questione della Russia, in cui si terranno a breve le elezioni presidenziali. Sembra essere chiara la strada per l’apertura di un nuovo accordo di partenariato con il paese. A nostro avviso, l’intera questione della trasparenza energetica ha un’importanza di particolare rilievo nei negoziati preparatori per il nuovo accordo.
Tuttavia, desideriamo anche impegnarci in un dialogo con la Russia incentrato sulla qualità della democrazia nel paese, in particolar modo riguardo ai problemi cui abbiamo assistito di recente con l’osservazione elettorale, e per confrontarci su come ognuno di noi vede la controparte. Mi auguro che anche questa questione sia presente nell’agenda della Presidenza slovena.
Bronisław Geremek (ALDE). – (PL) Signor Presidente, penso che ci aspettiamo che nel 2008 la Presidenza slovena consenta all’Unione europea di concludere la questione del Trattato costituzionale e che definisca i lavori preparatori per la sua ratifica, nonché faccia sì che si prevenga a una soluzione per uno dei più complessi problemi cui l’Europa deve far fronte, la questione del Kosovo. Tuttavia, ritengo sia importante sottolineare che, oltre a tali priorità, vi sono alcuni compiti che potrebbero favorirle, tra cui chiederei venisse considerato il dialogo interculturale. Penso che quest’ultimo sia tra i valori alla base dell’unità europea, e che sia sotteso a un certo valore geopolitico che dovrebbe caratterizzare la politica comunitaria.
Dal mio punto di vista, in questo specifico contesto, l’Europa deve svolgere il ruolo di portatore di pace in una situazione in cui il mondo sembra trovarsi in uno stato di confusione internazionale. Vorrei inoltre aggiungere che, per quanto riguarda il Kosovo, è di straordinaria importanza chiamare in causa il dialogo interculturale. Sarà questo il problema del futuro per il Kosovo.
Signor Primo Ministro, auguro successo alla Presidenza slovena.
Jan Tadeusz Masiel (UEN). – (PL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, mi congratulo con la Slovenia per la sua Presidenza dell’Unione e le auguro successo, in particolar modo per quanto riguarda la ratifica del nuovo Trattato.
La piccola Slovenia ha superato la grande Polonia, e questo dovrebbe dare da pensare a noi polacchi. Grazie all’esempio sloveno, forse, vedremo diminuire il nostro timore nei confronti dell’Unione e rafforzare la nostra convinzione che tutto questo abbia un significato. Dopo tutto, lei signor Presidente, è il secondo slavo, dopo Giovanni Paolo II, ad assumere il comando della cultura dell’intera Europa, compresa la parte occidentale. A seguito del suo allargamento nel 2004, l’Unione ha assistito a una ventata di novità, nuovi cervelli nonché una nuova prospettiva e, attraverso la vostra proposta di una quinta libertà per l’Unione, la libera circolazione della conoscenza, state soddisfacendo le aspettative.
Il vostro paese, una volta parte della ex Jugoslavia, con la propria consapevolezza dei problemi dei mondi cristiano e islamico, incoraggerà senza dubbio una soluzione equa per il Kosovo, anche per quanto riguarda i diritti dei serbi.
Alojz Peterle (PPE-DE). – (SL) È con gioia e con orgoglio che condivido con voi questi sentimenti festosi, unitamente, com’è ovvio, a un forte senso di responsabilità e alla sensazione di avere una grande opportunità. Sono inoltre sicuro che la Slovenia dimostrerà, grazie alla Presidenza, che la sua indipendenza, anni fa, non è stata solo una decisione geopolitica, ma anche la manifestazione della nostra volontà di cooperare in modo responsabile alla creazione di un’Europa libera, democratica e unita con successo.
Sono fermamente a favore dell’ambizione di attuare la strategia di Lisbona, fondamentale per il nostro futuro. A questo proposito vorrei che la Slovenia facesse tutto il possibile al fine di avanzare nella politica comune in materia di telecomunicazioni e tecnologia dell’informazione. È fondamentale per l’attuazione della strategia di Lisbona, in quanto contribuisce a un essenziale rafforzamento della competitività e a un ulteriore avvicinamento ai cittadini europei. Questi ultimi desiderano sentire che la politica comune li riguarda da vicino, e abbiamo agito positivamente con la direttiva relativa al roaming, che rende le telefonate all’interno dell’Europa meno onerose; certamente, la politica comune in questo ambito farà il possibile affinché possiamo più spesso verificare i vantaggi di tali piani programmatici.
Desidero ora soffermarmi sul settore della sanità. Sono lieto, e non sono il solo in quest’Aula, che tra le priorità della Presidenza slovena figuri anche la lotta contro il cancro. Dovrebbe diventare una questione permanente nell’agenda del Consiglio europeo.
Il cancro non è un problema che riguarda solo i ministri della Salute. Un terzo dei cittadini europei potrebbe essere colpito da tale malattia e le tendenze non sono incoraggianti. È un’ampia questione sociale e politica legata anche all’attuazione della strategia di Lisbona. Se si ammala un numero sempre maggiore di persone, non saremo in grado di aumentare la produttività nonché di rafforzare la competitività. La salute è una prospettiva, una dimensione, e non solo un settore di attività. Sarei lieto se riuscissimo a realizzare due punti nel corso della Presidenza slovena. Primo, si dovrebbe prestare maggiore attenzione alla lotta contro il cancro; secondo, dovrebbero essere istituiti gruppi di lavoro interistituzionali per la lotta contro il cancro, la quale richiede un ottimo coordinamento congiunto tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea.
Signor Presidente del Consiglio, le auguro una Presidenza di successo.
Magda Kósáné Kovács (PSE). – (HU) La ringrazio, signor Presidente. Signor Primo Ministro, con la sua Presidenza i nuovi Stati membri hanno compiuto un nuovo passo avanti sulla strada verso la maturità. È probabile che la sua Presidenza contribuisca a sciogliere le riserve che non sono mai esistite tra le istituzioni europee, ma che sono presenti nella vita quotidiana dell’Unione europea.
Lei detiene la prima Presidenza dell’Anno europeo del dialogo interculturale. La nostra regione è consapevole che, accanto alla grande macchia rossa sul nostro mappamondo, l’Europa centro-orientale è diventata una macchia rosa, ma questa regione non è mai stata tutta dello stesso colore. Tale area ha sempre preservato la propria diversità e policromia, particolare ben noto nei Balcani occidentali, da quando la Jugoslavia ha cancellato le linee di demarcazione, ma non ha potuto superarle.
Pertanto, non è un caso che lottiamo al massimo delle nostre forze al fine di riconsiderare e rafforzare la nostra identità nazionale, linguistica e culturale, e ci aspettiamo il vostro aiuto su questo punto, dato che la vostra Presidenza può contribuire alla ricostruzione di un’identità ora inscindibile dalla coscienza dei cittadini europei.
La possibilità e il dovere della Presidenza slovena consistono nel compiere ulteriori progressi al fine di portare in una nuova fase la missione e l’allargamento europei della regione. La Slovenia è la porta sui Balcani occidentali, e il percorso dell’Europa conduce all’attraversamento di tale porta. L’impegno dell’allargamento degli Stati membri non può diventare un lavoro profondo di riforma della regione, poiché ne comprometterebbe la stabilità.
Infine, per quanto riguarda il Trattato di riforma, sono orgogliosa che l’Ungheria l’abbia ratificato per prima. Anche se siano davvero solo pochissime le questioni su cui attualmente si possa raggiungere un accordo politico in Ungheria, l’Europa è una di queste. La nostra regione necessita di un’Europa che lavori di più e meglio, e siamo sicuri della cooperazione e del contributo della Presidenza slovena.
(SL) Le auguro un grande successo per la sua Presidenza.
Alexander Lambsdorff (ALDE). – (DE) Signor Presidente, quest’anno le Alpi sono importanti per l’Europa: la Slovenia è alla Presidenza dell’Unione europea, la Svizzera e l’Austria ospitano i Campionati europei di calcio e tutti gli sguardi sono rivolti alle montagne. Mi congratulo con la Presidenza per la conduzione delle cerimonie ufficiali.
È una Presidenza importante. Il processo di ratifica del Trattato di Lisbona è più che giustamente la vostra prima priorità. La politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD) è stata messa alla prova in Kosovo. In Parlamento attendiamo che ci spieghiate, se non riusciamo a raggiungere una risoluzione in sede di Consiglio di Sicurezza, che la risoluzione 1244 è una base giuridica perfetta per tutte le misure della PESD. Il presidente del mio gruppo ha dichiarato: “non può esserci alcun accordo di stabilizzazione e di associazione accelerato se la Serbia non collabora con il tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia”.
Celebriamo il fatto che la Slovenia sia il primo Stato membro dei paesi dell’adesione ad aver assunto la Presidenza. Noi liberali abbiamo sempre lottato strenuamente a favore di questo allargamento, difendendolo ogniqualvolta abbiamo incontrato opinioni contrarie al nostro interno.
Tuttavia, attualmente non ci sentiamo in vena di festeggiamenti. Sono della Renania del Nord -Westfalia e ieri, a Bochum, ho appreso da 2 300 persone che la Nokia sta chiudendo gli stabilimenti di produzione per trasferirli in Romania. Si è pensato quindi a che cosa sarebbe accaduto dei fondi dell’Unione europea. Voglio spiegare e che sia assolutamente chiaro al partito Liberale Democratico tedesco che la delocalizzazione dei posti di lavoro all’interno dell’Unione europea non verrà agevolata grazie a finanziamenti comunitari! Dovremo fare tutto il possibile al fine di garantire che non verranno impiegate risorse dell’Unione europea in questo caso. Vedo che il Presidente della Commissione annuisce. Mi auguro che riceveremo una chiara risposta al riguardo da parte della Commissione. È una questione molto importante, che spaventa i cittadini e li rende timorosi nei confronti dell’Europa. Non dovrebbe accadere! Dovremo inoltre garantire la verifica dell’ammissibilità al sostegno finanziario, se le sovvenzioni nazionali sono destinate alla Romania. Questo è un problema e auspichiamo che la gente competente e motivata di Bochum possa trovare lavoro al più presto.
Ryszard Czarnecki (UEN). – (PL) Signor Primo Ministro, a lei vanno la mia solidarietà e la mia commiserazione. A seguito dell’ingresso nella zona euro, l’inflazione nel suo paese è maggiore del 100% rispetto a un anno fa. Ciononostante, come ha affermato il Commissario Almunia due mesi or sono, signor Presidente della Commissione, lei ha ammesso che tale aumento dell’inflazione è una delle conseguenze dell’adesione alla zona euro.
Una delle sue priorità stabilite è la questione del Kosovo. Vorrei tenesse presente che la sua indipendenza sarebbe la prima modifica unilaterale dei confini in Europa dalla seconda guerra mondiale. Questo è esattamente ciò che cercano l’Ossezia e l’Abkhazia in Georgia; tuttavia, Mosca ha anche interesse a destabilizzare la situazione nel Caucaso meridionale. Ciò potrebbe realmente costituire una minaccia di guerra nella regione, nonché provocare il più grande conflitto militare in Europa dallo scoppio di quello nei Balcani dei primi anni ’90. È chiaro che dobbiamo rispettare il diritto del popolo kosovaro all’autodeterminazione.
Francisco José Millán Mon (PPE-DE) . – (ES) Signor Presidente, auguro molta fortuna alla Presidenza slovena, simbolo eccellente della trasformazione dell’Unione europea. Nei prossimi sei mesi verranno affrontate alcune questioni molto importanti. Ne citerò alcune.
In primo luogo, il Consiglio europeo di primavera, che si incentrerà sulla strategia di Lisbona. La realtà è che ci troviamo in una situazione economica complessa: le previsioni di crescita sono in flessione a causa della crisi finanziaria, di un’inflazione crescente, della forza dell’euro rispetto a un dollaro molto debole, e del prezzo del petrolio particolarmente elevato. Anche i prezzi dei prodotti alimentari sono in aumento.
I cittadini attendono decisioni efficaci volte a riacquistare la fiducia in un’epoca di incertezza.
Sul versante estero emerge la questione del Kosovo che interessa principi importanti, tra cui la stabilità delle frontiere. Non abbia fretta. Mi sembra che il Consiglio europeo di dicembre abbia agito con una certa fretta. Ha preso decisioni come quella di inviare una missione civile, ma senza raggiungere accordi su base giuridica. È paradossale che ciò accada all’interno dell’Unione europea, una comunità fondata sullo Stato di diritto.
La questione del Kosovo è delicata e necessita prudenza. Compia ogni sforzo affinché si raggiunga una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza.
A maggio, come lei ha accennato, si terrà il vertice di Lima con i paesi dell’America latina, molto vicini in termini di principi e valori all’Europa. Anche Lima dovrebbe essere impiegata al fine di riavviare i negoziati con il Mercosur e di procedere con le trattative con i paesi andini e dell’America centrale riguardo ai rispettivi accordi di associazione.
A marzo l’ampliamento dello spazio Schengen sarà una realtà negli aeroporti. Questi sono momenti decisivi per le frontiere esterne dell’Unione, il che mi porta a parlare della lotta contro l’immigrazione clandestina. È prevista una riunione dei ministri responsabili del controllo delle frontiere, che ritengo molto opportuna. È inoltre necessario accrescere la cooperazione tra questi ministri e far sì che gli agenti impegnati alle frontiere esterne siano pienamente consapevoli di svolgere un compito nazionale ed europeo, e che sono corresponsabili di ciò che accade nello spazio Schengen.
Infine, le chiedo di impegnarsi anche nella lotta al terrorismo. I cittadini si aspettano che l’Unione europea produca risultati in questo settore così significativo e fondamentale per le loro vite.
Kristian Vigenin (PSE). – (BG) Signor Presidente, signor Presidente Barroso, signor Presidente del Consiglio Janša, non posso fare a meno di notare che la Presidenza slovena costituisce un segnale molto importante per i cittadini europei, in particolare per coloro che vivono nell’Europa centrale e orientale.
La Slovenia ha l’opportunità di renderli tutti sicuri di svolgere realmente un ruolo pari a quello delle altre parti interessate nel processo europeo. Sappiamo che la Slovenia è un paese che ha affrontato, senza troppo clamore, con ostinazione e coerenza, i grandi problemi posti dalla sua transizione, e oggi vi sono tutte le ragioni per definirla “il paese dell’Europa orientale dai risultati migliori”. Ciò è stato possibile grazie al consenso politico al suo interno ed è esattamente quello che ci aspettiamo dalla Presidenza Slovena: che prosegua, senza squilli di tromba o grandi promesse, ad affrontare le questioni fondamentali per il futuro dell’Unione europea, come evidenziato nel programma presentato. Avete tutte le possibilità di attuarlo poiché la discussione odierna ha dimostrato l’intesa politica e istituzionale a vostro favore.
Ritengo che la Presidenza slovena sia giunta nel momento più adatto, in particolar modo in considerazione delle sfide riguardanti i Balcani occidentali. L’esperienza storica e politica della Slovenia consentirà all’Unione europea di essere più efficiente nella propria politica dedicata a tali paesi. Essi necessitano di un nuovo slancio al fine di continuare le riforme e accelerare i loro progressi verso l’Unione europea. Un obiettivo alla completa portata della Slovenia, una volta parte della Repubblica di Jugoslavia, come dimostrato dai fatti.
Sono certo che grazie a questo paese, l’Unione europea parlerà una lingua più comprensibile per molte delle nazioni dei Balcani occidentali. Sento di dover affermare che per la prima volta il Consiglio si esprimerà con una lingua slava. Mi sembra che nessun altro potrebbe affrontare con maggiore successo della Slovenia la “questione del Kosovo”. I rischi fronteggiati dall’intera regione sono enormi, ed è questo il motivo per cui le aspettative riposte in lei, signor Presidente Janša, sono molte. Vorremmo che lei riuscisse a preservare la coesione dell’Unione europea, sia per quanto riguarda la risoluzione sullo status della provincia che per quanto attiene all’impegno dell’Unione nel complesso periodo immediatamente successivo.
Signor Presidente Janša, per noi socialisti è importante che la Presidenza slovena abbia successo, e non staremo seduti in un angolo a guardare, ma apporteremo il nostro concreto sostegno per i suoi sforzi, nel miglior modo possibile e per quanto nelle nostre competenze, affinché possa attuare il suo programma. Le auguro un mandato di successo, che riesca a dimostrare come un piccolo paese possa essere grande in Europa.
Marco Pannella (ALDE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente Janez, benvenuto a nome di quel partito radicale e di quei compagni che accorsero per la sua liberazione, con i compagni e gli amici della rivista Mladina alla fine del 1988. Lei era in carcere per due nomi: democrazia ed Europa. Oggi lei si trova a presiedere un’Unione europea che cassa e abolisce l’inno e la bandiera, falsifica – stia attento Presidente – con l’eurogruppo perfino i confini geopolitici tradizionali sulle nostre monete dell’Europa. Lei è per l’allargamento, questa è la stessa Europa che era insensibile rispetto al dramma jugoslavo, oggi lo è per la Turchia e tutti gli allargamenti che auspichiamo.
Eravamo ed ero a Lubiana anche quando ci sono state le incursioni aeree della Serbia. In quel periodo ci vedevamo con tale Skolk, con i giovani della AZMSS, con il presidente Kučer e perfino con l’amico Kačin Allora lottavate per un’Europa diversa da quella che vi tradiva, che voleva un’Jugoslavia neutrale perché gli faceva comodo.
Benvenuto, se lei sarà quello che è stato, a nome della sua Slovenia, ebbene lei sarà qui l’Europa di Spinelli, non noi che ne rappresentiamo l’Europa, non noi che spesso ne rappresentiamo il rottame.
(Il Presidente toglie la parola all’oratore)
Othmar Karas (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella notte tra il 20 e il 21 dicembre 2007 abbiamo ampliato le frontiere di Schengen. Abbiamo ottenuto di nuovo un po’ più di libertà e compiuto un altro passo nell’avvicinarci gli uni agli altri. Il filo spinato è stato finalmente rimosso e il 1° gennaio la Slovenia ha assunto la Presidenza del Consiglio di un’Europa riunificata. In quanto europeo, ma in particolare come austriaco, amico, vicino e alleato, sono molto lieto di questo.
Signor Presidente in carica del Consiglio, questa discussione è imperniata attorno a sei argomenti. In primo luogo, il fatto che lei sia alla Presidenza assume un valore più che puramente simbolico. Ci rende consapevoli degli sviluppi storici che per molti sono già diventati evidenti e per altri purtroppo costituiscono una minaccia.
In secondo luogo, il processo di ratifica iniziato in Ungheria. Lei deve strutturare e galvanizzare tale processo, nonché fornire sufficienti informazioni coordinate ai cittadini europei.
Terzo, la prego di impiegare gli obiettivi relativi ai cambiamenti climatici e a una maggiore indipendenza energetica dell’Europa nella prospettiva di fornire un ulteriore slancio alla crescita, all’occupazione e alla coesione sociale nell’attuazione della strategia di Lisbona.
Quarto, la posizione geografica, l’esperienza storica nonché la tempestività della sua Presidenza le conferiscono una particolare responsabilità riguardo all’adesione della Croazia, alla libertà del Kosovo e all’accordo con la Serbia.
Quinto, stiamo iniziando insieme a lei l’Anno europeo del dialogo interculturale. Faccia in modo che questa Presidenza si distingua per la cooperazione, il rispetto, la serietà e la comprensione reciproci.
Sesto e ultimo punto: non confonda la sua responsabilità con le questioni bilaterali da risolvere o con la responsabilità dell’Austria nei confronti della minoranza slovena presente sul suo territorio. I trattati bilaterali tra due Stati membri non sono di competenza dell’Unione europea.
Bernard Poignant (PSE) . – (FR) Signor Presidente in carica del Consiglio, lei si presenta dinanzi a noi con modestia. Ha persino citato potenziali errori e ammesso una possibile ingenuità. Nel contesto della troika, le suggerisco di trasmettere questo senso di umiltà al Presidente francese che le succederà.
Ho un solo messaggio da dare: insegnate all’Europa alcune delle migliori lezioni della vostra storia. Siete celti, come me! Siete stati dominati dalla Baviera, agognati dalla Repubblica di Venezia, annessi all’impero austro-ungarico, occupati da Napoleone (vogliate accettare le mie scuse), divisi tra Germania, Italia e Ungheria, annessi alla Federazione Jugoslava e, dal vostro referendum del 1990, siete diventati indipendenti.
Che storia! Chi meglio di voi è in grado di parlare di dialogo interculturale? Chi meglio di voi ha maggiore credito per poterlo fare? Pertanto, fatene una priorità più alta; ora si trova in quarta posizione, vi suggerisco di farlo salire di uno o due gradini!
Detto questo, non limitate il dialogo interculturale al dialogo interreligioso. Pensate anche al contributo dell’Europa di coloro che ritengono che religione e politica non debbano essere mescolate, in quanto la storia ci ha insegnato che quando l’una si occupa dell’altra, si finisce sempre con una serie di problemi.
Per concludere, vorrei, se mi è permesso, e con lo stesso spirito di quanto ho appena affermato, leggere un piccolo passo del vostro inno nazionale ai miei colleghi, perché è splendido! “La benedizione di Dio su tutte le nazioni che sperano e lottano per il giorno luminoso in cui su tutte le abitazioni della terra le guerre e le contese non avranno più potere; che sperano di vedere tutti gli uomini liberi, non più nemici ma solo vicini!” È questo lo spirito della sua Presidenza, è questo lo spirito dell’Europa. Quindi, io sono francese, non abbandonerò la mia “Marsigliese”, ma per sei mesi sono lieto di essere sloveno!
(Applausi)
Presidente. − Onorevole Poignant, sarebbe di certo un enorme piacere sentirla cantare la “Marsigliese” o anche l’inno europeo.
Zbigniew Zaleski (PPE-DE). – (PL) Signor Primo Ministro, tra gli obiettivi da lei elencati per la sua Presidenza figurano il Trattato, la strategia, il clima, l’energia, i Balcani occidentali e, se vi aggiungiamo anche il dialogo interculturale, sarà un bel po’ per questo piccolo paese dal grande successo, per il quale mi congratulo con lei e tutto il popolo sloveno.
Nel corso dell’ultima riunione della commissione per gli affari esteri, il ministro degli Esteri Luís Amado non ha fatto alcun riferimento alla dimensione orientale, e lei l’ha affrontata solo nei termini più generici; tuttavia ritengo, in particolar modo in qualità di rappresentante dei paesi slavi, che tenere in maggiore considerazione la dimensione orientale dei paesi slavi rispetto a quanto non abbia fatto il Portogallo sia uno degli obiettivi da tenere in maggiore considerazione, benché non abbia nessuna lamentela in merito. La questione è nel determinare se l’allargamento riguarderà, come nelle previsioni formulate dai francesi prima della loro Presidenza, in modo particolare i Balcani occidentali, o si estenderà ulteriormente. Gradirei che lei chiarisse il suo punto di vista al riguardo.
Un secondo punto è che la Presidenza del suo paese coincide con il periodo che precede le elezioni del Parlamento europeo e, come sappiamo, un’affluenza di poco superiore al 20% dei cittadini europei non è un grande risultato e tende inoltre a ridursi. Avete eventuali proposte in questo senso? In quale modo convincerete gli europei che questa istituzione è positiva e che varrebbe la pena parteciparvi?
Infine, l’ultimo punto che desidero sollevare, correlato al primo, è che l’ambasciatore sloveno in Ucraina ha dichiarato che tale paese dovrebbe entrare o entrerà nello spazio di libero mercato nel corso dell’attuale Presidenza. Senza dubbio, questo sarebbe positivo; esistono solo alcuni requisiti da soddisfare, quali l’approvazione della Duma e l’adeguato funzionamento delle frontiere. In quale modo la Presidenza assisterà l’Ucraina in tale processo?
E, signor Presidente, desidero concludere dicendo:
(EN) Lei ha la facoltà e la responsabilità di controllare il tempo di parola e io le chiedo pertanto di farlo in futuro.
Véronique De Keyser (PSE) . – (FR) Signor Presidente in carica del Consiglio, nel corso di una presidenza ci sono alcune tematiche che si possono scegliere e altre che si autoinvitano al tavolo di discussione, come la sicurezza in Medio Oriente o l’Iran. A questo proposito, la questione nucleare iraniana fa parte di un processo complicato che riguarda la sicurezza in Medio Oriente e nel mondo musulmano. Per ristabilire la fiducia è necessario parlare dell’Iraq, della Palestina, del Libano, degli estremisti, dei diritti umani e della povertà.
Molti abitanti della regione vivono con meno di due dollari al giorno. È accettabile? Non parlo da un punto di vista morale, ma della sicurezza. Queste persone finiscono col diventare estremiste perché non hanno niente da perdere e si sentono umiliate. Nessuno nasce kamikaze, nessuno nasce terrorista. Dobbiamo creare un contesto che consenta a ciascuno di vivere con dignità, in pace e libertà. Non sono parole mie, ma di Mohamed El Baradei, il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica nonché Premio Nobel per la Pace, e implicano che si dovrebbe cominciare a instaurare una relazione di fiducia con il mondo arabo, in particolare con l’Iran, che non escluda alcun argomento scomodo, tantomeno lo scioccante negazionismo di questo paese nei confronti dell’olocausto o la sicurezza di Israele, e che sia condotta nel rispetto e nella dignità reciproci.
La Presidenza slovena intende tener conto di queste parole? Ma soprattutto, pensa realmente che un giorno sarà possibile denuclearizzare la regione se si evita di parlare di un argomento complicato, quale il programma nucleare israeliano?
Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE). – (RO) Signor Primo Ministro, vorrei congratularmi con lei per il modo in cui si è rivolto a noi oggi nelle vesti di Presidente del Consiglio.
Dal 1990, la Slovenia ha l’ammirazione degli altri paesi europei per il suo notevole sviluppo e per aver soddisfatto i requisiti di adesione, quali i capitoli negoziali, l’adozione della moneta unica, e la Presidenza del Consiglio.
Desidero inoltre congratularmi con lei per aver individuato le priorità dell’Unione europea per i prossimi sei mesi, in collaborazione con i governi tedesco e portoghese.
Senza dubbio, è auspicabile che il Trattato di Lisbona, che pone fine a una prolungata crisi di identità all’interno dell’Unione europea, venga quanto prima ratificato e riconosciuto da tutti i cittadini europei quale autentico atto democratico.
Al contempo, è altresì auspicabile che gli obiettivi della strategia di Lisbona vengano messi in pratica il prima possibile, perché ci troviamo di fronte a un’ondata di pessimismo dei cittadini per quanto riguarda tale politica. L’ultimo Eurobarometro della Commissione europea di dicembre 2007 indica un relativo calo della fiducia dei cittadini nelle due componenti della strategia, ossia la crescita economica e l’occupazione.
La disoccupazione resta un importante motivo di ansia per i cittadini europei, nonostante la situazione sia notevolmente migliorata rispetto al 2006. Con il nuovo ciclo della strategia di Lisbona, che inizia nel 2008, il Parlamento europeo adotterà un piano d’azione relativo alla mobilità della forza lavoro inteso a rafforzare l’occupazione a livello europeo.
Tuttavia, esiste ancora il problema di un accesso limitato al mercato del lavoro europeo, che riguarda oltre 100 milioni di cittadini d’Europa.
La invito pertanto, signor Primo Ministro, a sostenere le iniziative del Parlamento e della Commissione europea riguardanti il libero accesso al mercato del lavoro.
È mia ferma convinzione che in questo modo l’Europa si assicurerà il proprio futuro economico tutelando le libertà fondamentali sancite nel Trattato.
Claudio Fava (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, come italiano voglio salutare con particolare piacere il fatto che la Slovenia abbia la Presidenza del Consiglio, che sia la Slovenia cui spetta il compito di inaugurare le presidenze dei paesi appena entrati nell’Unione europea e che la Slovenia sia adesso nello spazio comune di Schengen insieme ad altri paesi europei.
Voi avete come Presidenza un compito fondamentale che è quello di dare un impulso forte al processo di ratifica del Trattato di Lisbona. È un Trattato che permetterà a questo Parlamento di avere maggiori poteri di codecisione, che permetterà di poter decidere a maggioranza qualificata alcuni temi assolutamente strategici e tutto questo in settori in cui i diritti fondamentali dei cittadini avranno maggiore attenzione e maggiore tutela: penso alla cooperazione giudiziaria, penso all’immigrazione legale.
In questo senso è il nostro suggerimento e dovremo sforzarci di trovare nei prossimi mesi lo spazio per un accordo interistituzionale che possa governare la fase di transizione su alcuni dossier: penso, ad esempio, al dossier su Europol che si voterà domani e domani questo Parlamento le chiederà di impegnarsi a riconsultare come Consiglio il Parlamento europeo entro sei mesi dall’entrata in vigore dei trattati alla luce delle nuove norme giuridiche che questi trattati ci offriranno.
E ancora sulla politica comune di immigrazione vorrei chiederle l’impegno ad un quadro certo, la lotta all’immigrazione illegale si può fare soltanto dentro il rispetto tenace, convinto e puntuale dei diritti fondamentali, anche per evitare che accada ciò che è accaduto pochi mesi fa e cioè che centinaia di esseri umani restino appesi alle reti dei tonni tentando vanamente di attraversare il Mediterraneo per arrivare in Europa.
Valdis Dombrovskis (PPE-DE). – (LV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto congratularmi con la Slovenia per essere il primo dei nuovi Stati membri a detenere la Presidenza dell’Unione europea. Credo che altri nuovi Stati membri, nel prepararsi ad assumere i loro mandati, potranno imparare molto dall’esperienza slovena.
Di certo, uno dei compiti più importanti della Presidenza slovena è promuovere un positivo processo di ratifica del Trattato di Lisbona. Dal canto mio, posso affermare che la Lettonia intende ratificare tale Trattato a maggio, nel corso dell’attuale Presidenza. Valuto positivamente l’impegno della Presidenza slovena di rafforzare il ruolo dell’Unione europea quale leader globale nella lotta ai cambiamenti climatici e nell’impiego di energie rinnovabili. Da molti anni i cambiamenti climatici e i problemi in materia di energia sono al centro dell’attenzione del pubblico e dei politici. Tuttavia, è fondamentale che questa priorità non venga solo annunciata quale buona iniziativa, ma che possa ritrovarsi quale priorità anche nel bilancio comunitario. In previsione del fatto che dovrebbe iniziare il lavoro sul riesame di medio periodo delle prospettive finanziarie di quest’anno, sarebbe importante ascoltare l’opinione della Presidenza slovena relativamente alle possibili priorità del bilancio dell’UE nel contesto dello stesso riesame. Ritengo che i cambiamenti climatici e le questioni energetiche debbano figurare tra tali priorità, tra cui lo stanziamento di una quota maggiore dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione europei destinata all’efficienza energetica e alla promozione dell’utilizzo di energie rinnovabili.
È comprensibile l’impegno della Presidenza slovena di prestare maggiore attenzione ai Balcani occidentali, compresa la questione del Kosovo. Tuttavia, l’opinione espressa dal Primo Ministro sloveno, ossia che la situazione della sicurezza in Bosnia-Erzegovina sarebbe peggiore di quella in Kosovo, ha provocato una reazione equivoca. Pertanto, sarebbe importante comprendere con esattezza la posizione della Presidenza slovena riguardo all’attuale situazione nei Balcani, nonché le proposte per la sua stabilizzazione. Vi ringrazio per l’attenzione e auguro alla Presidenza slovena ogni successo nel proprio lavoro.
Anne Van Lancker (PSE). – (NL) Sulle spalle del Presidente in carica del Consiglio grava l’importante responsabilità del lancio di un nuovo ciclo del processo di Lisbona al prossimo vertice di primavera. Francamente, il mio gruppo, i socialisti al Parlamento europeo, ritiene che le proposte presentate a dicembre dal Presidente della Commissione manchino di ambizione.
È certamente vero che il precedente ciclo della strategia di Lisbona ha creato crescita e posti di lavoro, ma è altrettanto vero che l’Europa debba ora funzionare correttamente nel contesto della globalizzazione accelerata e dei nuovi attori mondiali. Il gruppo socialista è pertanto dell’avviso che l’Europa sarà in grado di svolgere il suo ruolo solo se si concentra al massimo sullo sviluppo sostenibile, sulle attività di ricerca e innovazione, sull’investimento nelle persone; in breve, sulla qualità anziché su costi bassi o requisiti bassi.
Ci è inoltre chiaro che, affinché questo accada, è necessario il coinvolgimento di tutti in Europa. Lisbona non ha evitato una situazione in cui 78 milioni di persone rischiano di piombare nella povertà e in cui gran parte dei posti di lavoro creati è precaria e non offre un reddito adeguato. Pertanto, l’esito di Lisbona non può essere positivo in mancanza di un autentico rafforzamento della dimensione sociale.
Ciò richiede qualcosa di più che semplici osservazioni, signor Presidente della Commissione; è necessario che occupi una posizione visibile e preminente tra gli orientamenti nonché in un’ambiziosa agenda sociale. Signor Presidente in carica del Consiglio, contiamo sul fatto che la Presidenza slovena chiarisca questo punto al vertice di primavera.
Elmar Brok (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Presidente della Commissione, anch’io sono lieto che la Slovenia assuma la Presidenza del Consiglio. Sono stato relatore generale di questo Parlamento per il ciclo di allargamento dei 12 paesi, e vedere adesso che uno di questi è alla Presidenza per la prima volta, mi procura una grande soddisfazione a livello personale.
La Slovenia è inoltre lo Stato membro di maggiore successo tra quelli di recente adesione, in quanto fa parte anche dello spazio Schengen e della zona euro, e ha dimostrato prova che questi nuovi paesi procedono molto bene in Europa. È da dire che i piccoli Stati sono spesso anche i migliori per quanto riguarda la Presidenza del Consiglio, poiché ne sono coinvolti completamente. Vi auguro pertanto tutto il successo possibile.
Di fronte a voi si delinea un’ampia gamma di compiti. Dovete affrontare e portare a compimento la ratifica dell’importante Trattato di Lisbona e preparare già la sua attuazione, altrettanto importante. Dinanzi a voi si profila anche il problema del Kosovo, e avete l’eccezionale opportunità di risolverlo, data la vostra profonda conoscenza della regione. Tuttavia, questa è anche la dimostrazione che l’Unione europea spesso procede con determinazione nelle questioni di politica estera in modo tale da inimicarsi gli americani e i russi.
Quando apprendo che, mentre noi discutiamo strategie per l’Asia centrale, e la Gazprom conclude contratti di fornitura di gas con il Kazakistan, mi sembra doveroso dire che non stiamo realmente intraprendendo alcuna azione strategica riguardo a questioni che sono fondamentali per il nostro futuro e ritengo che in questo caso dobbiamo forse migliorare qualcosa.
Consentitemi un commento finale. Anch’io, essendo della Renania settentrionale -Westfalia, sarei grato al Presidente della Commissione se potesse fornirci chiarimenti sulla questione della Nokia. Com’è ovvio, i trasferimenti possono avvenire. Per essere chiari, la Germania, più di quasi ogni altro paese, ottiene notevoli vantaggi dal mercato interno europeo o da un mercato interno europeo allargato, ma è molto difficile farlo comprendere ai diretti interessati se la perdita del loro posto di lavoro è stata facilitata grazie a fondi europei o a sovvenzioni nazionali illecite usate a tal fine. Chiediamo pertanto chiarimenti in quanto se tali voci dovessero circolare nuovamente, lo stesso concetto europeo verrebbe gravemente compromesso.
Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, la Presidenza slovena è molto fortunata a succedere ad altre due presidenze di successo. È il primo dei 12 nuovi Stati membri ad assumere la Presidenza, e questo rende le sue responsabilità maggiori.
Il programma della Presidenza slovena contiene senza dubbio elementi positivi. Tuttavia, per quanto mi riguarda, ritengo che dovrebbe essere attribuito maggior peso al tentativo di creare una più ampia comprensione e accettazione da parte del pubblico riguardo al Trattato di riforma e alla Carta dei diritti fondamentali.
La Presidenza slovena sostiene il programma relativo all’adesione degli Stati dei Balcani occidentali. Questa è anche la posizione della mia delegazione ma, come l’esperienza ci ha insegnato, si dovrebbe tener presente che stabilire con eccessivo anticipo la data di inizio dei negoziati di adesione può condurre a un’impasse. Dovremmo inoltre considerare molto seriamente che l’opinione pubblica europea, che riveste un peso enorme, sembra essere particolarmente prudente riguardo a un qualsiasi ulteriore allargamento, aspetto, questo, che non possiamo ignorare.
Dobbiamo tutti essere particolarmente cauti con la questione del Kosovo. Dovremmo capire che nella regione è in atto un gioco di potere. Da un lato, la politica statunitense mira ad assumere il controllo completo della regione, dall’altro, la Russia vuole mantenere i contatti con una regione con cui tradizionalmente e per secoli ha intrattenuto relazioni speciali. In questo gioco il Kosovo è come una pallina da ping-pong.
Nel corso della recente riunione al vertice, i leader europei non hanno preso una decisione su un eventuale riconoscimento di una dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte del Kosovo. Ci auguriamo che tutti noi valuteremo i pericoli di un riconoscimento unilaterale e agiremo con particolare cautela, poiché iniziative errate potrebbero provocare una reazione a catena nell’intera regione, con conseguenze impreviste.
John Bowis (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, si dice che quando la Slovenia ha recentemente aperto le sue frontiere, la folla presente si scambiasse aneddoti su quello che aveva introdotto di nascosto durante il periodo comunista, al punto da avere lì una specie di confessionale per chiunque volesse ammettere i propri peccati, il quale era poi ricompensato con caffé e brandy; capisco quindi il motivo per cui il Presidente Barroso sia corso a prendere parte alle celebrazioni!
Tuttavia, signor Primo Ministro, lei ci ha fornito all’inizio una toccante descrizione del suo paese nonché della sua storia. Ha parlato della Slovenia con orgoglio e con una certa emozione della sua esperienza da prigioniero. Mi auguro che siano questi i sentimenti che porterà alla Presidenza: la fede nei diritti umani e la convinzione che anche l’Europa dovrà avere lo stesso orgoglio.
Ci sono due questioni che desidero sollevare con lei. Una riguarda il nostro ambiente poiché, accanto ai diritti umani e all’agenda di Lisbona, occorre pensare anche a un ambiente pulito e sano, quindi, alla salute delle persone. Su questo punto è necessario fare un passo avanti rispetto a Bali, che è stato un bel luogo di conversazione ma adesso dobbiamo agire. Abbiamo bisogno di azioni concrete e realistiche e che inizino la prossima settimana con il nostro pacchetto sul cambiamento climatico.
Per quanto riguarda la salute, è necessaria la certezza del diritto in materia di sanità transfrontaliera. I cittadini d’Europa, i suoi pazienti, hanno una nuova grande opportunità se la mettiamo in pratica correttamente. Abbiamo aspettato e ritardato, e non si può più aspettare. Dobbiamo essere sicuri, la prego, che adesso si andrà avanti. Se non accadrà, non sarà una scusa per non agire. L’alternativa è che i giuristi continuino a elaborare politiche al nostro posto.
Inoltre, su questo punto, le chiedo di prestare particolare attenzione all’ambito della salute mentale. Se ho critiche da muovere alla Slovenia, è a causa della lentezza con cui ha emanato le sue leggi in materia di salute mentale. Adesso ha l’opportunità di portare avanti il discorso della salute mentale seguendo il Libro verde, e spero che lei colga quest’occasione.
Siete un paese piccolo, un paese con orgoglio, e i piccoli paesi d’Europa offrono di solito i migliori Presidenti dell’Unione europea. Le auguro di riuscirci. Ho fiducia che la Slovenia, sotto la sua guida, farà onore a questo orgoglio con il successo e il raggiungimento degli obiettivi prima che finisca il mandato semestrale.
Presidente. – Abbiamo ancora un’altra procedura “catch the eye” di 10 minuti, con al massimo un minuto a disposizione per ogni intervento.
Romana Jordan Cizelj (PPE-DE). – (SL) Porgo i miei migliori auguri alla Slovenia, in quanto essere il primo dei nuovi Stati membri ad assumere la Presidenza del Consiglio è indice che i suoi lavori attireranno un’attenzione particolare. Le aspettative sono enormi e così la responsabilità.
Le persone al di fuori delle istituzioni politiche dei nuovi Stati membri spesso pensano che l’Unione sia guidata solo da pochi grandi paesi. Su questo punto la Slovenia ha l’eccezionale opportunità di dimostrare che l’Unione è formata da 27 Stati corresponsabili dell’elaborazione della politica comune. Nell’attuare le priorità e la relativa agenda, ritengo che la Slovenia dovrebbe prestare la massima attenzione alla coesione e alla riduzione delle disparità in Europa.
In questo breve minuto desidero citare i cambiamenti climatici e la politica energetica, in quanto l’Europa ha fissato obiettivi estremamente ambiziosi affinché possa svilupparsi in una società a basse emissioni di carbonio, ed è questo ciò che conta. Vorrei che la Slovenia elaborasse proposte e progetti concreti e che ottenesse risultati in questo ambito.
Genowefa Grabowska (PSE). – (PL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, la Presidenza slovena deve affrontare molti compiti ambiziosi, tra cui il primo è la ratifica del Trattato. Il suo compito sarà quello di vigilare, lei avrà l’intera procedura nelle sue mani. Pertanto, le chiedo di riservare un pensiero a quei paesi che non hanno adottato la Carta dei diritti fondamentali, che hanno preferito la clausola opt-out.
È un dato di fatto che la Polonia e la Gran Bretagna abbiano operato tale scelta, ma sono sicura che questi due paesi capiranno di aver commesso uno sbaglio e vorranno adottare la Carta e offrirla ai loro cittadini. Occorre fornire loro un aiuto al riguardo, per questo motivo le chiedo di formulare disposizioni per una procedura semplificata di rinuncia all’opt-out, rapida e non complessa, che sarebbe “opt-in” e non richiederebbe ulteriori ratifiche.
Il successo della Presidenza, signor Primo Ministro, è di solito inversamente proporzionale alle dimensioni di un paese. Sono sicura che voi rispetterete questo principio.
Mojca Drčar Murko (ALDE). – (SL) Signor Primo Ministro, valuto positivamente i punti da lei dedicati ai diritti umani. In qualità di europarlamentare liberale della Slovenia, nonché ex giornalista, ritengo che la libertà di espressione e la libertà di stampa siano due dei più importanti diritti fondamentali. Per questo motivo desidero approfittare di questa occasione solenne per sottolineare l’estrema serietà della petizione attraverso cui un quarto dei giornalisti sloveni protesta contro le esplicite e implicite pressioni di cui è stato oggetto.
Gettare pubblico discredito sui firmatari impiegando alcune loro dichiarazioni fuori contesto, con l’intenzione di ritrarli come persone poco attendibili, è un gesto inopportuno. Ritengo sia un dovere della Presidenza dell’Unione europea garantire che i propri rappresentanti affrontino le dichiarazioni e le prove contenute nella petizione.
Adamos Adamou (GUE/NGL). – (EL) Signor Presidente, la nostra maggiore preoccupazione suscitata dalle proposte intese a trovare una soluzione per il Kosovo riguarda il tentativo di rendere effettiva una dichiarazione unilaterale di indipendenza su base giuridica, cosa che avrebbe gravi conseguenze per il diritto internazionale.
Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo al di fuori del quadro delle Nazioni Unite, attraverso una dichiarazione unilaterale, costituirebbe un pericoloso sviluppo; forse porterebbe ad altri versamenti di sangue e a ridisegnare le frontiere. Riteniamo inoltre che, in quanto palese violazione del diritto internazionale, verrebbe impiegata in altre situazioni di conflitto quale metodo per risolvere le controversie. Potrebbe accadere anche nel caso di Stati membri dell’Unione europea come Cipro.
La situazione in Kosovo è la continuazione nonché il risultato di politiche interventiste ed è un problema che può essere risolto solo nel quadro delle Nazioni Unite e nel rispetto del diritto internazionale, senza interventi esterni e violazione dei principi della Carta.
L’effetto delle misure prese in modo unilaterale può attualmente essere visto in Iraq. La pace può essere garantita unicamente attraverso soluzioni politiche giuridiche e concordate.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, mi associo ai miei colleghi nel dare il benvenuto al Primo Ministro oggi in quest’Aula. Signor Presidente in carica, quanta strada ha percorso in 20 anni: dalla sofferenza in carcere all’incarico di Primo Ministro della Repubblica slovena, poi Presidente in carica del Consiglio europeo, e ora membro, come ci ha riferito, dell’UE, della NATO, della zona euro e dello spazio Schengen.
Concordo sul fatto che l’attuale situazione balcanica sia una questione incompiuta; la pace nella regione è molto importante per tutti noi. La ringrazio in particolare per aver parlato con sensibilità del prossimo referendum irlandese necessario alla ratifica del Trattato di Lisbona.
Potrei, forse, aggiungere al nostro slogan per il referendum le sue parole conclusive, quando ha affermato: “Mi preoccupo dell’Europa poiché l’Europa si preoccupa di me”. Non c’è uno slogan migliore per la consultazione referendaria irlandese! Non si può dar niente per scontato, sarà difficile farcela, ma mi creda, il partito Fine Gael, di cui faccio parte, il nostro leader e tutti i membri del Parlamento europeo non lasceranno nulla di intentato al fine di garantire che in Irlanda vinca il “si” al referendum sul Trattato di Lisbona. La ringraziamo, e cercheremo di portarle questo risultato prima del termine della sua Presidenza.
Alexander Stubb (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, in quanto finlandese amo molto lo ski jumping e, per usare una similitudine, vorrei dire al Primo Ministro che il suo compito è come il trampolino di Planica, gli strumenti a sua disposizione sono gli sci Elan e spero che abbia la grinta di Primož Peterka.
Ritengo che sarà una Presidenza positiva per tre ragioni: primo, lei si è preparato molto bene; secondo, è estremamente umile, e ne abbiamo avuto prova nel suo discorso di oggi; terzo, è un uomo molto pratico. Questa è la chiave del successo.
La attendono tre grandi compiti. Se riesce a portarli a termini alla fine della sua Presidenza, ce l’avrà fatta. Il primo è il Trattato: se ci saranno molti Stati membri che lo ratificheranno senza problemi, avrà svolto un buon lavoro; il secondo è il pacchetto in materia di energia: se riuscisse a realizzarne anche solo una parte, avrebbe fatto un ottimo lavoro; e terzo, se riuscirà a risolvere anche la questione del Kosovo, lei ce l’avrà fatta.
Ritengo che la Presidenza slovena sarà una delle migliori a cui abbiamo assistito da lungo tempo. Buona fortuna!
Tunne Kelam (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, la Slovenia è il primo Stato membro che, dopo aver sofferto durante il regime totalitario comunista, può ora guidare l’intera Europa. Pertanto è la sua sfida e opportunità epocale, signor Primo Ministro, per assumere la guida anche nel promuovere l’integrazione di esperienze storiche diverse, al fine di creare un’unica ed equilibrata percezione della nostra storia come storia comune europea.
Ritengo che lei, come tutti noi, abbia bisogno di credere che le uccisioni di massa avvenute sotto il regime comunista non si ripeteranno più. Questo è possibile solo se l’intera Europa ha lo stesso giudizio morale e politico sul totalitarismo comunista, come lo abbiamo avuto per il nazismo.
Presidente. − Si sono proposti altri due oratori, entrambi del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, che si è opposto in modo più deciso alla procedura “catch-the-eye”. È interessante, a questo proposito, che siano tra coloro che ne fanno il maggior utilizzo.
Anna Ibrisagic (PPE-DE). – (SV) Signor Presidente, desidero innanzi tutto porgere le mie sincere congratulazioni alla Slovenia e augurarle tutto il meglio per la Presidenza. Signor Presidente Janez Janša, un collega ha già posto una domanda riguardo alla sua dichiarazione secondo cui la situazione in Bosnia è peggiore di quella del Kosovo. Vorrei essere sicura che lei risponda davvero. Pertanto, le chiedo nuovamente: su cosa basa questa affermazione? Perché semplicemente non è il caso in questione.
Con questa dichiarazione lei non solo ha dimostrato una mancanza di informazione, ma anche una scarsa diplomazia. Se la situazione fosse stata così complessa in Bosnia e peggiore del Kosovo, la sua affermazione sarebbe stata di certo pericolosa. Attendo dunque una risposta.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Primo Ministro, esistono vari progetti per noi molto importanti, tra cui il progetto “Ricerca sulle piccole e medie imprese”. Vorrei chiedere che le conclusioni del Consiglio ribadiscano che siamo in grado di completarlo in sede di prima lettura, in quanto ritengo sia una preoccupazione pressante per le nostre piccole e medie imprese.
Il secondo punto è che l’efficienza energetica sotto il profilo della produzione e del consumo dovrebbe costituire per noi il fulcro della discussione. In questo campo si può creare un elevato numero di posti di lavoro. L’agenda di Lisbona relativa ai nuovi posti di lavoro e all’occupazione è fondamentale per tutti noi.
Janez Janša, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Onorevoli deputati, vi ringrazio per la discussione, le domande, le proposte e i suggerimenti dai contenuti molto interessanti e vivaci. Gran parte di quanto affermato verrà preso volentieri in considerazione nei prossimi sei mesi. Sono stato molto soddisfatto del vostro sostegno per le nostre priorità e mi sono particolarmente emozionato quando ho sentito citare l’inno nazionale sloveno non da uno dei miei colleghi sloveni, ma da un collega francese, e anche quando sono stati citati alcuni prodotti sloveni, quali gli sci Elan, e così via. In breve, ho ascoltato la discussione con piacere e sarò lieto di rispondere ad alcune domande. Purtroppo, il tempo a disposizione non mi consentirà di rispondere a tutte.
La ratifica del Trattato di Lisbona è senza dubbio una delle priorità politiche fondamentali dell’Unione europea nel 2008. Nel periodo antecedente la sua firma eravamo particolarmente consapevoli dell’importanza del Trattato. All’epoca, tutti parlavano di crisi. Adesso che il Trattato è stato firmato, riveste sempre la stessa importanza, sebbene non sia stato ancora ratificato, responsabilità che ci compete. Nello specifico, è una concreta responsabilità di ciascuno Stato membro portare a compimento la ratifica in conformità delle procedure sancite nelle rispettive costituzioni o legislazioni nazionali. Se possibile, questo dovrebbe essere fatto entro un termine concordato. Non desideriamo interferire negli affari interni di nessun paese, sia esso uno Stato membro o lo Stato che detiene la Presidenza per i prossimi sei mesi. Alcuni paesi in particolare hanno frainteso certe dichiarazioni. Non abbiamo mai affermato il contrario e sempre fatto appello alla solidarietà nelle discussioni di questioni sensibili che possono incidere sul processo di ratifica in quegli Stati membri in cui l’argomento potrebbe a volte essere controverso.
Il progresso dell’Unione europea non inizia con la Presidenza slovena e siamo convinti che continuerà in tutti i settori. Le priorità rese note non sono state citate in nessun ordine particolare, nel senso che ne affronteremo una quando avremo completato la precedente. Ci sforzeremo di realizzare quanto più possibile in tutti i settori elencati quali prioritari, e anche in altri.
Sono lieto che il Presidente della Commissione europea sia stato in un certo senso più specifico riguardo a punti per i quali non avevo più tempo a disposizione per affrontarli. Sicuramente, il pacchetto su ambiente ed energia sarà tra le sfide principali dei prossimi sei mesi e fino alla fine di quest’anno. Dobbiamo dimostrare nella pratica che i nostri obiettivi, delineati a marzo dello scorso anno, sono stati elaborati con serietà.
Desidero sottolineare ancora una volta che non ho alcun dubbio che una sana crescita economica sia l’unica base della prosperità e deve di certo essere una priorità. La strategia di Lisbona è chiara su questo aspetto, e vorrei sottolineare inoltre che la storia non termina qui. Questo è il punto in cui inizia la storia della giustizia sociale e sono entrambe importanti. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che, prima di poterla condividere equamente, occorre crearla.
Per quanto riguarda le domande più frequenti relative alla situazione nei Balcani occidentali, desidero rispondere ad alcune di esse particolarmente specifiche e in primo luogo quelle riguardanti le basi giuridiche della soluzione a questo problema. Non è nelle nostre intenzioni che l’Unione europea inizi una lunga discussione sulle basi giuridiche, alcune delle quali sono più solide e altre meno, dopo aver raggiunto la fine di una lunga ricerca di soluzioni concordate.
L’Europa non ha assolutamente bisogno di essere divisa su tale questione solo perché lo sono altri organismi. L’unità dell’Unione europea nella risoluzione di questo problema sarà una delle nostre priorità.
Desidero ricordarvi che, alla metà degli anni ’90 del secolo scorso, una questione analoga e discussioni riguardo alle basi giuridiche si sono tradotte in otlre 100 000 morti in Bosnia-Erzegovina e in un milione di sfollati. Non è semplice recuperare il tempo perduto, ma possiamo imparare molto da questo.
Non è stato mai affermato che il problema della sicurezza è maggiore in Bosnia-Erzegovina rispetto al Kosovo. Tuttavia, quello che invece è stato detto è che per taluni aspetti è un problema molto grave, per esempio, il rimpatrio dei profughi. In Bosnia-Erzegovina esistono ancora molti profughi che non hanno potuto fare ritorno nelle proprie abitazioni. Sono state programmate molte iniziative da intraprendere in questo paese, ma non possono essere attuate finché i profughi non torneranno nelle loro case. Questa è una delle sfide che ci attendono e temo che siano state equivocate alcune delle affermazioni pronunciate in merito.
Pertanto, onorevoli deputati, signor Presidente del Parlamento, signor Presidente della Commissione, le priorità presentate sono la nostra sfida comune. Sono soddisfatto del vostro sostegno al fine di realizzarle insieme. Desidero nuovamente sottolineare l’importanza della cooperazione e della sinergia che possiamo raggiungere con la partecipazione congiunta delle tre principali istituzioni dell’Unione europea: il Parlamento europeo, la Commissione europea e, ovviamente, il Consiglio.
Faremo quanto in nostro potere al fine di sfruttare al massimo tale sinergia. Sono impaziente di essere qui con voi in numerose occasioni nel corso della Presidenza slovena e per confronti proficui e, come abbiamo già avuto modo di vedere, estremamente vivaci.
(Applausi)
Presidente. − Signor Presidente in carica del Consiglio, le porgo i miei sinceri ringraziamenti per la convincente presentazione del suo programma per la Presidenza slovena. Tutti gli interventi nella discussione dei presidenti di gruppo responsabili e di altri membri hanno creato la percezione che lei può contare sull’enorme e incondizionato sostegno del Parlamento europeo. A nome di noi tutti le auguro ogni successo nel suo lavoro.
José Manuel Barroso , Presidente della Commissione – (EN) Signor Presidente, la ringrazio per questo dibattito estremamente interessante, in cui credo sia emerso un consenso molto ampio a favore delle priorità presentate dalla Presidenza slovena. Non potendo entrare nel dettaglio su tutti gli aspetti, nel mio primo discorso ho sottolineato alcune delle priorità per i nostri prossimi sei mesi di lavoro: la ratifica del Trattato di Lisbona, il nuovo ciclo della strategia di Lisbona e il nostro pacchetto sul clima e l’energia. Su quest’ultimo punto in particolare, mi ha molto incoraggiato il sostegno che diversi di voi hanno dato al nostro lavoro su questa materia. È fondamentale ora che noi rispettiamo gli impegni assunti.
I capi di Stato e di governo hanno approvato obiettivi ambiziosi, una riduzione del 20% delle emissioni di gas serra e il 20% delle energie rinnovabili. Non possiamo fissarci obiettivi senza impiegare gli strumenti che ci consentano di raggiungerli. È una questione di coerenza e credibilità, e anche il sostegno dimostratomi su questo punto nel dibattito odierno mi ha molto incoraggiato.
Desidero solo rispondere a una domanda sollevata nel corso del dibattito dagli onorevoli Schulz, Lambsdorff e Brok riguardo a un problema specifico attualmente oggetto di discussione in Germania, ossia la questione dei possibili finanziamenti per la delocalizzazione di un’impresa in Europa. Posso dirvi che il programma operativo sulla competitività per la Romania continua una clausola specifica che vieta l’impiego di Fondi strutturali per il cofinanziamento del trasferimento. La Commissione europea non ha ricevuto alcun progetto pertinente in materia, pertanto può confermarvi che in tale delocalizzazione non è coinvolto alcun finanziamento europeo per lo sviluppo regionale. Ovviamente riteniamo sarebbe inaccettabile l’impiego di finanziamenti dei fondi dell’Unione europea per un trasferimento all’interno della stessa Unione europea.
(Applausi)
È altresì vero che l’Unione europea, attraverso il programma PHARE, ha finanziato un parco industriale in Romania in cui ora stanno investendo numerose aziende. Questo è importante e porterò all’attenzione dei miei colleghi qui presenti, in particolare dei nostri amici tedeschi, questa questione nonché l’importanza di avere una responsabilità nella discussione.
Dobbiamo distinguere tra la delocalizzazione al di fuori dell’Unione europea e la delocalizzazione in Europa. Se dalla Finlandia si investe in Germania, anche dalla Germania si può investire in Romania. Siamo onesti a questo proposito. Dobbiamo rendere chiaro che in questo caso non si tratta di delocalizzazione al di fuori dell’Unione europea. Come certamente ricordate, io stesso e la Commissione abbiamo proposto un Fondo di adeguamento alla globalizzazione che viene già applicato esattamente nei casi in cui la delocalizzazione all’esterno dell’Unione potrebbe compromettere alcuni posti di lavoro. È di fondamentale importanza che anche i leader europei a tutti i livelli dell’Unione europea, in Commissione, nel Parlamento europeo, nonché a livello nazionale, abbiano il coraggio di spiegare i benefici dell’allargamento.
(Applausi)
La Germania è il paese che attualmente esporta maggiormente verso i nuovi Stati membri. L’allargamento dell’Unione europea sta creando occupazione anche in Germania. Le imprese tedesche investono inoltre molto nei nuovi Stati membri. È pertanto essenziale, da una prospettiva europea, spiegare che l’allargamento dell’Unione europea non è positivo solo per i nuovi Stati membri, ma rappresenta un’opportunità per l’intera Unione europea.
(Applausi)
Al contempo, concordo sul fatto che abbiamo il dovere di controllare che non vengano impiegate risorse dei Fondi strutturali per finanziare una specifica delocalizzazione di un’azienda. Sarebbe concorrenza sleale. Ma chiedo a tutti coloro che sono a favore dell’Europa di reagire e difendere quest’Europa unita allargata, nonché di avvalersi dei vantaggi che noi tutti, in tutti i nuovi Stati membri, trarremo da questa Europa più dinamica che oggi abbiamo la possibilità di realizzare.
(Applausi)
Presidente. − Molte grazie, signor Presidente della Commissione per questa dichiarazione. Auguriamo grande successo alla Presidenza slovena. Adesso andremo insieme alla conferenza stampa. Le votazioni si svolgeranno dopo in quest’Aula. Vi ringrazio per la discussione positiva e molto intensa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142 del Regolamento)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Complimenti, Primo Ministro Janša, per il suo intervento al nostro Parlamento europeo. Lei è il primo leader di uno dei paesi liberatisi dal giogo comunista che ha aderito all’Unione europea nel 2004, a essere nominato Presidente del Consiglio europeo.
È una sfida per lei, il suo popolo e il suo governo. Non esistono paesi grandi e paesi piccoli: esistono quelli buoni e quelli cattivi. I vostri risultati economici, il vostro recente ingresso nella zona euro e il benessere del vostro popolo, fanno di voi un esempio cui dovrebbero ispirarsi quei paesi che impartiscono lezioni agli altri.
Siete l’ultima parte della “troika” iniziata con la Germania e proseguita con il Portogallo, e spianerete la strada alle Presidenze della prossima “troika”: la Francia, la Repubblica ceca e la Svezia. Nello scrivere queste righe, penso al Kosovo, ai vostri fratelli dei Balcani occidentali e al loro futuro in Europa.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Grazie Presidente, questo semestre di Presidenza slovena si apre in una fase in cui, sull’Europa, torna a spirare un vento di moderato ottimismo sul futuro dell’Unione. È giunto davvero il momento, dopo qualche anno di imbarazzi ed incertezze, di far decollare il progetto dell’Europa a 27. Su un punto torno a chiedere una riflessione alla Presidenza di turno: la doppia sede del Parlamento europeo.
In questo momento, in cui stiamo di continuo chiedendo sacrifici ai cittadini dei nostri rispettivi Paesi, daremmo davvero un segnale forte decidendo di concentrare tutti i nostri lavori a Bruxelles. La spesa, in termini di risorse economiche ed incombenze organizzative, che l’Europa sostiene per questo “trasloco mensile” sta diventando davvero insopportabile agli occhi dei cittadini, i quali non si spiegano le ragioni di tale assurda situazione. La sede di Strasburgo, che pure è una splendida cittadina, potrebbe essere utilizzata per altri prestigiosi scopi in seno alle attività dell’UE. Diamo il buon esempio e, su questo tema, passiamo dalle parole ai fatti.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Come emerge chiaramente dalla discussione e come espressamente dichiarato nel suo programma, la Presidenza slovena proseguirà, attenendosi in modo preciso, l’agenda della Presidenza tedesca, dando priorità alla ratifica del Trattato di Lisbona. Siamo consapevoli che le élite politiche dell’Unione europea desiderano che il Trattato venga ratificato da tutti gli Stati membri prima delle elezioni del 2009. Pertanto, continuano a esercitare una forte pressione al fine di evitare che si indicano consultazioni referendarie, ad eccezione dell’Irlanda in cui tale procedura è prevista dalla costituzione, e rendendo così chiara la loro propensione alla democrazia e all’avvicinarsi ai cittadini, che esiste solo quando non vi sono rischi che questi ultimi votino contro le loro opinioni e i loro interessi.
Inoltre, la loro principale priorità sembra essere quella che chiamano il “secondo ciclo della strategia di Lisbona”, inteso ad aumentare la liberalizzazione e gli attacchi ai servizi pubblici nonché ai diritti sociali e del lavoro. Abbiamo altresì il timore che quanto sta accadendo in Kosovo sia più che una minaccia per la pace e lo sviluppo in Europa qualora l’indipendenza venga dichiarata unilateralmente.
Al contempo, restano insoluti i gravi problemi sociali quali la disoccupazione, il precariato, la povertà e la crescente disuguaglianza sociale e territoriale.
Continueremo a lottare affinché si abbandonino tali politiche neoliberali e si prosegua in direzione di un’Europa di giustizia e progressi sul piano sociale, e di pace.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Con la Presidenza slovena del Consiglio inizia il terzo atto della farsa diretta dalle forze promotrici dell’integrazione federalista, neoliberale e militarista in Europa, in cui l’Unione europea, sotto la guida della Germania, impone un trattato precedentemente rifiutato, evitando che si indicano consultazioni referendarie a livello nazionale.
Sostengono che i referendum non sono necessari:
– in quanto vi è un “ampio consenso” sui punti proposti dal Trattato in tutti i paesi, in particolare nei parlamenti nazionali. Tuttavia, una delle principali lezioni apprese dai referendum di Francia e Paesi Bassi, è sicuramente che hanno rivelato una profonda discrepanza tra la volontà dei cittadini e quella delle “maggioranze parlamentari”;
– perché la ratifica da parte dei parlamenti è legittima e democratica al pari di quella che avviene attraverso un referendum. In quale modo dovremmo dunque interpretare l’affermazione secondo cui indire un referendum in Portogallo accrescerebbe il rischio che il Trattato non entri in vigore? Hanno il timore che il risultato della consultazione sia diverso da ciò che vogliono, ed è per questo che non se ne terrà alcuno;
– perché la proposta del Trattato è diversa da quella respinta in precedenza e contempla un “cambiamento sostanziale”. Ancora non ci dicono in che cosa consiste. Tuttavia, gli stessi promotori non asseriscono che i contenuti principali sono gli stessi? Leggete le dichiarazioni di Giscard d’Estaing.
Sono motivate dalla paura…
Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Il programma della Presidenza slovena soddisfa tutte le necessità di chi è interessato all’economia ed è convinto che una buona condizione economica sia una delle chiavi per il successo dell’Unione.
Nel programma della Presidenza ho trovato molti riferimenti importanti alla strategia di Lisbona e al ruolo del mercato interno nel processo di rafforzamento dell’Unione europea sulla scena internazionale.
L’Unione del XXI secolo dovrebbe concentrarsi sull’istruzione e la formazione. Una società colta ha un’enorme potenziale, e questo dovrebbe quindi trovare un’applicazione in economia, basata principalmente sulle fiorenti piccole e medie imprese, e semplici da avviare, prive di formalità e spese inutili. Tali aziende devono poter avere accesso a lavoratori con una formazione adeguata e a risorse di ricerca, nuove tecnologie e così via. La Presidenza presta molta attenzione a questo aspetto.
La dichiarazione con cui la Presidenza si impegna a eliminare gli ostacoli e a concentrarsi su come legiferare meglio invia alle imprese un segnale significativo. Sappiamo che non esiste nulla di peggiore di una normativa scadente.
Ritengo sia particolarmente importante collegare l’iniziativa sull’eliminazione degli ostacoli amministrativi alle imprese all’apertura di percorsi alternativi per le nuove tecnologie.
La Presidenza terrà conto anche dei consumatori; i loro interessi sono importanti come quelli delle imprese, e dovrebbero essere rappresentati e tutelati allo stesso modo.
Il programma della Presidenza è molto ambizioso, ma delinea con chiarezza le sue priorità, sulle quali concordo.
Non mi resta che congratularmi e augurarvi tutto il successo possibile.
Gábor Harangozó (PSE), per iscritto. – (HU) Prima di iniziare, desidero dare il benvenuto all’ambizioso programma della Presidenza slovena, che sta affrontando l’importante coesione dei Balcani occidentali quale questione primaria per l’intera Unione europea.
Secondo la relazione annuale della Commissione per il 2006, l’adesione del 2004 è stata un grande risultato per i vecchi e i nuovi Stati membri, ma il fattore principale di tale riuscita è stata la gestione equilibrata di tale processo.
Attualmente, l’Unione europea deve affrontare nuove sfide che richiedono sforzi maggiori. Al fine di far fronte adeguatamente a questi problemi, tra cui la creazione dei prerequisiti per l’adesione di Croazia e Turchia, è essenziale il massimo contributo della Presidenza slovena nel portare a termine tutte le priorità del suo programma.
L’interesse principale dell’Unione europea è sostenere i processi di riforma nei Balcani occidentali, nonché risolvere la situazione del Kosovo, nel quadro della prospettiva europea, con un risultato accettabile per tutte le parti. L’allargamento è un interesse strategico e di politica della sicurezza per l’Unione europea, e necessita di un’efficace politica di sviluppo nonché della cooperazione in partenariato.
Occorre inoltre continuare a porre l’accento sulla creazione di programmi per i Balcani occidentali intesi a ridurre le differenze nel grado di sviluppo e a rafforzare la coesione regionale, economica e sociale. È tuttavia fondamentale stimolare l’investimento nelle risorse umane e sostenere i progressi di una società creativa e basata sulla conoscenza al fine di garantire l’equilibrio tra la crescente competitività e la coesione, nonché per incoraggiare la crescita dei Balcani occidentali. Conformemente al principio di solidarietà europea, occorre compiere sforzi volti a ridurre la povertà e a garantire un “aiuto diretto” anche ai paesi dei Balcani occidentali. È inoltre nostra responsabilità comune appoggiare il programma della Presidenza slovena affinché i principali obiettivi dell’Unione vengano raggiunti.
Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Tutti i paesi che nel 2004 hanno aderito all’Unione europea sono orgogliosi che uno di loro, la Slovenia, abbia assunto la Presidenza. Accogliamo con favore le dichiarazioni della nuova Presidenza e i primi passi da essa compiuti. Le priorità per la prima metà del 2008 riguardano molto chiaramente la prosecuzione del lavoro dei predecessori della Slovenia, in primo luogo nell’ambito del rinnovamento dell’agenda di Lisbona, la ratifica di un nuovo Trattato e le iniziative intese a contrastare il riscaldamento globale. La continuità nel lavoro è un elemento auspicabile nell’Unione europea, tenendo conto della rotazione semestrale della Presidenza.
A prescindere dalle priorità annunciate, la Slovenia, a causa della sua storia e della posizione geografica, è considerata un paese legato ai Balcani. Questo implica la possibilità di un ulteriore all’allargamento dell’Unione ma, soprattutto, gravi problemi concernenti la questione dell’indipendenza del Kosovo. Comprendere questa regione problematica è un chiaro vantaggio della nuova Presidenza.
Auspichiamo inoltre che un paese che è riuscito nel lavoro di trasformazione e adeguamento ai requisiti dell’Unione europea, terrà in considerazione i problemi che affrontano i nuovi Stati membri in termini di obblighi irragionevoli riguardanti l’energia rinnovabile e le emissioni dei gas a effetto serra. Occorre trovare un equilibrio tra l’impegno nel tutelare l’ambiente naturale e la necessità di mantenere competitiva l’economia europea a livello globale. Vi auguro successo e vi ringrazio per l’attenzione.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) L’inizio del 2008, ossia di “Insieme nella diversità: l’Anno europeo del dialogo interculturale”, è un momento importante per l’Unione europea, in particolare perché la Presidenza dell’Unione nella prima metà dell’anno spetterà per la prima volta a un nuovo Stato membro, la Slovenia.
Alla sinergia in Europa possono contribuire quattro aree prioritarie, che pongono in rilievo l’attuazione della nuova strategia di Lisbona per la crescita e lo sviluppo, l’energia e i cambiamenti climatici, nonché le relazioni con i Balcani occidentali. La Slovenia ha l’opportunità di diventare l’architetto della leadership mondiale dell’Unione europea nella lotta al riscaldamento globale.
Al momento, l’adesione all’euro è un tema di grande attualità in Slovacchia, sulla cui ammissione alla zona euro si deciderà nel corso della Presidenza slovena. La Slovenia è un esempio per la Slovacchia: è stato il primo paese dei 10 e il tredicesimo tra tutti gli Stati membri a introdurre l’euro, nel 2007. La Slovacchia può apprendere da molte delle esperienze slovene e impiegarle per prepararsi all’introduzione della moneta unica. Mi aspetto che la Slovenia faccia quanto possibile al fine di garantire un esito positivo della decisione sull’introduzione dell’euro in Slovacchia entro il termine fissato del 1° gennaio 2009.
Auspico che la Presidenza slovena, grazie alle sue iniziative e nei sei mesi di mandato, possa convincere i 500 milioni di cittadini europei che anche un piccolo paese di soli 2 milioni di abitanti è capace di una leadership dell’Unione europea di successo, e credo fermamente che ci riuscirà.
Margie Sudre (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Desidero rivolgere i miei più calorosi auguri di successo alla Presidenza slovena, che rappresenta un modo di consacrare la riunificazione di un’Europa divisa dalla guerra fredda.
La Slovenia, che ha collaborato con la Germania e il Portogallo nell’elaborazione di un programma della durata di diciotto mesi, termina un ciclo di presidenze contrassegnate dal positivo rilancio delle istituzioni e dalla grande responsabilità di seguire il processo di ratifica del Trattato di Lisbona.
Questa è un’importante sfida cui tutti noi dobbiamo contribuire, ognuno nel rispettivo Stato membro, affinché la prossima Presidenza francese possa definitivamente porre queste nuove basi comuni prima delle elezioni europee del 2009.
Al contempo, la Presidenza slovena deve proseguire e completare la strategia di Lisbona, al fine di rispondere alle sfide cui l’Europa deve far fronte sul fronte dell’energia e dei cambiamenti climatici, della crescita e dell’occupazione.
Auspico sinceramente che la Presidenza slovena riesca a garantire la pace e la stabilità nei Balcani occidentali e a creare un approccio comunitario unico alla questione dello status definitivo del Kosovo, in modo tale che il 2008, Anno europeo del dialogo interculturale, possa essere realmente l’occasione per tutti gli europei di riaffermare i loro valori di tolleranza e di comprensione reciproca.
Csaba Sándor Tabajdi (PSE), per iscritto. – (HU) Il fatto che un nuovo Stato membro, che ha aderito all’Unione nel 2004, ne assuma la guida nella prima metà del 2008 è di significato storico. È un importante passo affinché i paesi che hanno di recente aderito occupino il posto che meritano al tavolo dell’Unione.
Per la prima Presidenza di uno dei nuovi Stati membri la posta in gioco è molto alta e la Slovenia è a capo dell’Unione in un momento fondamentale. I principali compiti della Presidenza slovena consistono nel contribuire al processo di ratifica del Trattato di Lisbona, nell’avviare in modo dinamico il nuovo ciclo triennale di Lisbona e nel proseguire lo sviluppo della politica integrata in materia di energia e di protezione del clima.
La Presidenza slovena si sta occupando dell’integrazione dei Balcani occidentali, e in particolare della questione del futuro status del Kosovo, quale priorità. La sensibilità e la conoscenza slovene della regione possono rendere un po’ più semplice il complicato processo organizzativo e promuovere la salvaguardia dell’unità raggiunta dal Consiglio europeo di dicembre 2007, riguardo alle missioni da inviare in Kosovo.
A marzo, nel corso della Presidenza slovena, la Commissione europea proporrà norme per una revisione adeguata della politica agricola comune, che ne costituirà l’apertura verso riforme complete relative ai finanziamenti e a livello concettuale. Nel 2008, la Presidenza porrà inoltre in rilievo i programmi per l’Anno europeo del dialogo interculturale.
Incoraggiamo i nostri amici sloveni affinché la loro sia una Presidenza di successo. Sono sicuro che le politiche e la diplomazia slovene porteranno a termine con esiti positivi i compiti difficili e che, in quanto nuovo Stato membro, possiamo essere orgogliosi del nostro vicino.
PRESIDENZA DELL’ON. DIANA WALLIS Vicepresidente
3. Ordine del giorno
Presidente . – Prima di iniziare ho un annuncio da fare riguardo alla discussione di questo pomeriggio. Desidero proporre di continuare la discussione sulla relazione dell’onorevole Díaz de Mera García Consuegra su EUROPOL, che diventerebbe il secondo punto prima delle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Pakistan.
Pertanto, l’ordine del giorno di questo pomeriggio verrebbe modificato come segue: dalle 15.00 alle 18.00, prima di tutto, le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Kenya, in seguito la relazione dell’onorevole Díaz de Mera García Consuegra su EUROPOL, successivamente si svolgeranno le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Pakistan; alle 18.00, come di consueto, si proseguirà con il Tempo delle interrogazioni al Consiglio.
Vi sono osservazioni?
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, per questa volta siamo d’accordo, ma desidero far notare alla Commissione che è il Parlamento a definire l’ordine del giorno e solo in circostanze eccezionali possiamo soddisfare le volontà di singoli Commissari. Possiamo acconsentire oggi, ma in via eccezionale.
Presidente . – La ringrazio per l’osservazione, onorevole Swoboda; questa è chiaramente un’eccezione. Ringrazio quest’Assemblea per la sua approvazione.
(Il Parlamento accoglie la richiesta)
4. Tempo delle votazioni
Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle votazioni.
(Per i risultati dettagliati della votazione: vedasi processo verbale)
4.1. (A6-0508/2007, Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf) Azioni da attuare tramite le applicazioni di telerilevamento introdotte nel quadro della PAC (votazione)
4.2. (A6-0504/2007, Kurt Lechner) Credito ai consumatori (votazione)
– Prima della votazione
Meglena Kuneva , Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, vorrei cogliere l’occasione per chiarire una questione sollevata nella discussione di ieri riguardo alla proposta di una direttiva in materia di credito ai consumatori. La questione riguardava la nuova versione dell’articolo 8 relativo all’obbligo di verifica del merito creditizio dei consumatori. Gli emendamenti nn. 46 e 45 stabiliscono che gli Stati membri, la cui normativa prevede già che i creditori valutino il merito creditizio dei consumatori consultando una banca dati pertinente, possono mantenere tale obbligo. Da questo ho inoltre inteso che possono essere mantenute anche le sanzioni previste nella normativa nazionale nel caso in cui il creditore non rispetti tali obblighi.
Kurt Lechner, relatore. − (DE) Signora Presidente, poiché adesso sono sei anni che discutiamo di questi orientamenti, desidero fare alcune osservazioni. In primo luogo, vorrei dire che questa non dovrebbe essere vista come una critica, ma tale lungo periodo dimostra quanto i legislatori europei si siano impegnati nell’affrontare questa complessa tematica, e in quale modo la tutela dei consumatori ci stia a cuore in Europa. Sono sicuro che l’iter legislativo si concluderà con il voto odierno, che è inoltre il mio obiettivo, nonostante tutte le divergenze su questo argomento in numerosi punti. Desidero sottolineare espressamente che dal mio punto di vista, ciascuno degli emendamenti congiunti ora disponibili, senza eccezione, migliora il testo del Consiglio, la posizione comune. Di certo, essi fanno riferimento anche a gran parte delle mie stesse proposte.
Al fine di chiarire alcune questioni, desidero dire che abbiamo voluto raggiungere un accordo, anche sull’articolo 16, paragrafo 2, sul quale si è discusso animatamente fino a poco tempo fa semplicemente per le parole da impiegare, motivo per cui abbiamo deciso di approvare la proposta dei socialisti e dei liberali affinché tale questione si risolvesse in modo amichevole, e abbiamo anche eliminato alcuni altri emendamenti a beneficio dell’armonia.
Desidero inoltre ringraziare la Commissione, il Consiglio e i deputati in particolare (abbiamo avuto discussioni intense, persino accese) per il lavoro di squadra collaborativo e piacevole. Per quanto riguarda le restanti proposte, vorrei sottolineare che dal mio punto di vista esiste solo un ulteriore miglioramento alla posizione comune che non comprometterebbe in alcun modo la tutela dei consumatori, beneficio che si trarrebbe dalla direttiva, in quanto per noi è un’altra elevata priorità.
Vorrei concludere esprimendo la speranza che vengano soddisfatte anche le aspettative positive suscitate dalla direttiva.
(Applausi)
Marios Matsakis (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, ieri il gruppo IND/DEM ha chiesto che tutte le votazioni fossero nominali. Vedo che, anche oggi, le votazioni sono nuovamente tutte nominali. Il Presidente ha dichiarato ieri che avrebbe verificato se fosse di fatto possibile che il gruppo IND/DEM formulasse tale richiesta. Mi sembra di capire che fosse possibile, quindi d’ora in poi saranno nominali tutte le nostre votazioni?
Presidente . – Onorevole Matsakis, della questione si discuterà domani alla Conferenza dei presidenti, tuttavia direi che questa è una votazione importante, ragion per cui è probabilmente nel nostro pieno interesse che sia nominale.
L’onorevole Bonde ha chiesto la parola.
Jens-Peter Bonde , a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, ho già chiesto prima la parola.
La nostra votazione di ieri si è svolta molto bene. È stata più rapida del solito, tranquilla, calma e nessuno ha richiesto un irritante controllo che comporta anche un notevole dispendio di tempo. Pertanto, il mio gruppo propone di proseguire con il voto elettronico.
Circa sei mesi fa, mi era stato accordato un esercizio in cui i numeri delle relazioni e degli emendamenti sarebbero comparsi accanto ai voti espressi. I nuovi schermi, che sono molto più grandi, sono in grado di mostrare l’intero elenco dei voti e farci risparmiare molto più tempo, in quanto possiamo votare non appena vediamo i numeri sullo schermo in colori diversi. Non è più necessario aspettare l’interpretazione. Eviteremo la situazione di passaggio in cui coloro che aspettano la traduzione votano per una questione mentre gli altri stanno già votando per quella successiva. Risparmieremmo un sacco di tempo.
(Applausi)
Presidente . – La ringrazio, onorevole Bonde, anche noi l’avevamo notato. Su questo progetto si continua a lavorare, tuttavia ritengo che l’Aula desideri procedere con la votazione odierna.
4.3. (A6-0520/2007, Roberta Angelilli) Verso una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori (votazione)
- Prima della votazione
Francesco Enrico Speroni (UEN). – Signor presidente, onorevoli colleghi, è per un richiamo al regolamento: non vorrei interferire con la procedura, ma volevo sapere se esiste una regola che obbliga ogni volta a dire, oltre al risultato, a specificare anche il numero dei votanti, il numero degli astenuti e così via, oppure se è una scelta sua.
Presidente . – Se non desiderate che lo faccia, non lo farò, ma è ovviamente per essere più sicuri.
– Dopo la votazione sul paragrafo 60
Thomas Wise (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, potrebbe almeno esporre i risultati sugli schermi che si trovano davanti a noi se non li ripeterà ad alta voce?
Presidente . – Se volete vedere i risultati vi basta alzare gli occhi.
– Dopo la votazione
Robert Evans (PSE) . – (EN) Signora Presidente, i servizi mi hanno informato del fatto che ogni votazione nominale aggiuntiva costa 400 euro, il che significa che quanto accaduto ieri costerà 25 000 euro in più.
Desidero pertanto domandare a coloro che hanno richiesto che venga sempre impiegata la votazione nominale, se pensano che sia un buon modo di utilizzare il denaro dei contribuenti.
Daniel Hannan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, se il costo di ogni votazione nominale è realmente di 400 euro, suggerisco che quest’Assemblea si amministri con tutta la competenza che riserva anche alla politica agricola comune, agli aiuti strutturali, allo sviluppo internazionale e alle restanti tematiche dell’Unione europea. Possiamo certamente riuscire in un modo meno costoso di questo!
Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, le fornisco un suggerimento pratico. Una delle spese è la traduzione dei voti, ma sono solo numeri, quindi abbiamo bisogno di una sola versione delle votazioni. Non è necessario tradurli in tutte le lingue in quanto si tratta di numeri, e anche i nomi sono gli stessi in tutte le lingue. Possiamo quindi tagliare le spese nella traduzione. Penso inoltre alla gran quantità di carta che produciamo in questo Parlamento. Per i cittadini, l’importante è sapere come abbiamo votato.
(Applausi)
4.4. (A6-0502/2007, Doris Pack) Istruzione e formazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere (votazione)
– Dopo la votazione
Arlene McCarthy , presidente della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori – (EN) Signora Presidente, desideravo intervenire dopo la votazione sulla relazione Lechner per non interrompere la votazione. Desideravo infatti semplicemente ringraziare il gruppo PPE-DE per aver sostenuto la posizione comune, quindi ora abbiamo una maggioranza davvero ampia, che sarà un segnale molto positivo per i consumatori e per le imprese cui intendiamo aprire il mercato nonché per la tutela dei consumatori.
Signora Presidente, so che ha contribuito molto attivamente a questa relazione e ritengo che, in fondo, sia un vantaggio per tutti i partiti avere una schiacciante maggioranza, dopo tanti dubbi e tante perplessità.
5. Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto orali
– Relazione Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (A6-0508/2007)
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, avendo seguito, attraverso la commissione per il controllo dei bilanci, un certo numero di relazioni della Corte dei conti riguardanti appropriazioni indebite e impieghi fraudolenti delle risorse del bilancio per l’agricoltura, esprimo tutta la mia soddisfazione nel vedere che quest’Assemblea riserva un’accoglienza favorevole alla nuova tecnologia in molti modi diversi, in particolare in questo settore dell’agricoltura.
Auspico che nei prossimi anni tali informazioni, come suggerisce un emendamento della relazione, possano essere diffuse via Internet per tutti coloro che nell’Unione europea vorranno prenderne visione, in particolar modo le autorità nazionali di audit di ciascuno Stato membro, affinché possano verificare, per esempio, se in Grecia necessitano di più ettari di terreno per la produzione di olive di quanti non ne dispongano.
Mi alzo in piedi in quanto desidero parlare del Trattato costituzionale. Voglio assicurarmi che quest’Aula si pronunci e che i cittadini possano esprimersi in futuro con un referendum, questo è il motivo per cui fornirò le dichiarazioni di voto per tutte le relazioni.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, può non essere ovvia la ragione per cui, in qualità di rappresentante di Londra, fornisco una dichiarazione di voto su una questione riguardante l’agricoltura e la politica agricola comune. Dobbiamo tuttavia riconoscere che quest’ultima interessa anche i consumatori di tutta l’UE relativamente all’aumento dei prezzi.
Pertanto, tutti noi abbiamo il dovere di assicurarci che stiamo controllando da vicino il modo in cui viene speso il denaro dei contribuenti in numerosi settori, tra cui la politica agricola comune.
Comprendo che, a fronte delle necessità gestionali di tale politica, esista un gran bisogno di informazioni sull’impiego dei terreni, e ritengo sia per questo che tutti noi abbiamo accolto positivamente l’utilizzo di una tecnologia migliore. Mi auguro che molti dei miei elettori trarranno vantaggio dall’impiego di tale tecnologia.
Concordo inoltre con il mio collega sul fatto che, una delle ragioni per cui fornisco una dichiarazione di voto, è che il popolo europeo e il popolo britannico dovrebbero potersi pronunciare sul Trattato costituzionale attraverso un referendum.
Presidente . – Ricordo ai colleghi che stiamo esprimendo dichiarazioni di voto sulla relazione in questione. Se qualcuno tenterà di parlare di qualcos’altro temo che, come stabilito dal Regolamento, dovrò interrompere il suo discorso.
Daniel Hannan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, parlerò con piacere della relazione. La relazione Graefe zu Baringdorf, che spiega come i nuovi metodi affrontano la frode e la politica agraria nell’ambito della politica agricola comune (PAC), riguarda uno dei più inefficienti, costosi, inutili, burocratici e amorali sistemi di sostegno all’agricoltura che l’uomo abbia mai conosciuto, e nessun congegno agrometeorologico può modificarlo. Apprendete dall’esperienza della PAC; rifletteteci su.
Prima di conferire nuovi poteri a un’organizzazione, dovremmo osservare come quest’ultima esercita i poteri che già detiene. Dal 1960, l’agricoltura è di competenza dell’Unione europea. Pensate a quello che ha provocato: la distruzione ecologica, la distruzione delle eccedenze, il flagello della povertà in Africa. È questa l’istituzione che ora vogliamo si faccia carico della politica estera, della giustizia penale, e della difesa? Se è così, non dovremmo consultare i cittadini nei referendum che avevamo promesso?
Si pensa che Catone il Censore terminasse ogni suo discorso con la frase “Carthago delenda est”. Io terminerò la mia con la richiesta di rimettere ai cittadini il Trattato di Lisbona: Pactio Olisipio censenda est!
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, non credo che qualcuno di noi si dovrebbe preoccupare eccessivamente della nuova tecnologia, ma è importante che venga impiegata in modo adeguato e che non se ne faccia un uso improprio.
Tuttavia, questo accade in particolare nell’Europa meridionale per quanto riguarda la politica agricola comune, e ritengo che questa tecnologia può contribuire in qualche modo all’eliminazione degli illeciti. Se ciò accadesse, potremmo risparmiare molto più dei 400 euro di cui qualcuno si lamentava parlando della trasparenza della votazione.
Vedo che questa relazione parla di telerilevamento. Ebbene, direi che se l’Europa potesse avere il senso del telerilevamento democratico, allora sentirebbe un forte risentimento in tutto il continente per aver escluso i cittadini e aver loro negato il diritto di esprimere la propria opinione sulla questione più importante, ovvero su come dovrebbero essere governati.
Roger Helmer (NI) . – (EN) Signora Presidente, la politica agricola comune è un retaggio del XX secolo. Stiamo assistendo alla crescente domanda di prodotti agricoli da parte dei settori demografico e dei biocarburanti. L’idea che noi, in qualità di Unione europea, dovremmo impiegare gran parte delle nostre risorse per sostenere la produzione agricola è semplicemente superata, pertanto non vi è alcuna ragione di aver bisogno della migliore tecnologia per agire in modo errato. Non dovremmo più sbagliare.
Confesso di aver votato a favore di questa misura come un leale conservatore che segue il proprio partito, ma l’ho fatto con grande riluttanza.
Inoltre, devo mettere in discussione il diritto di quest’Assemblea, la legittimità democratica di quest’Assemblea, di adottare questa e altre misure, avendo rifiutato il verdetto dei cittadini sul Trattato di Lisbona.
Nirj Deva (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, ritengo che questa misura di telerilevamento sarebbe realmente molto efficace nello snellimento di una burocrazia, cui attualmente alcuni dei miei allevatori del sud-est dell’Inghilterra devono far fronte per quanto riguarda la marchiatura. Se questo meccanismo funzionerà in modo corretto, ammetto che sarebbe più efficiente nelle operazioni rispetto all’estremamente inefficiente sistema burocratico che noi conosciamo sotto il nome di PAC. A questo proposito, quindi, quale leale conservatore, ho seguito il partito e sostenuto questa misura. Tuttavia, riconosco che una revisione dell’intero sistema PAC è attesa da troppo tempo e chiedo ai miei colleghi in questo Parlamento che la pensano come me di accelerare tale processo. Cionondimeno, credo e sento che se possiamo usare il telerilevamento per i bovini, perché non utilizzarlo per conoscere l’opinione della gente sul referendum?
Derek Roland Clark (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, sono lieto di annunciarle il mio voto sulla relazione Graefe zu Baringdorf: ho votato contro. L’ho fatto in quanto qualsiasi tipo di dispositivo per il telerilevamento è destinato per forza di cose alla sorveglianza sulla lunga distanza. Dove ci porterà? Non vorremmo che i cittadini europei venissero sorvegliati da qualche tipo di dispositivo di telerilevamento, come le telecamere nel cielo, ed è quello a cui la relazione Graefe zu Baringdorf condurrà in prospettiva.
Abbiamo il dovere di domandarci se questo non sia un pretesto per fornire lavoro al progetto Galileo, il cui costo esorbitante, se non venisse usato in questo caso, coprirebbe la spesa di tutte le votazioni nominali di quest’Assemblea per i prossimi dieci anni.
Se l’UE desidera controllare qualcosa, controlli la volontà dei suoi cittadini e indica immediatamente un referendum sulla nuova Costituzione firmata a Lisbona.
Godfrey Bloom (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, sono consapevole che lei in realtà condivide il nostro punto di vista riguardo a questo referendum poiché so che lei stessa ne vorrebbe uno per conferire legittimità a questo luogo. Tuttavia, tralasciando questa differenza politica, io fortunatamente, non sono un conservatore, pertanto non ho dovuto votare alla cieca a favore di una totale assurdità. Posso votare con buonsenso, e ho votato contro la relazione Baringdorf perché ritengo che l’intera idea della spia nel cielo e dei satelliti sia pessima e terrificante. Credo che sul lungo periodo potrebbe portare solo all’abuso. È certo che accadrà, e so che la nostra amica qui presente, così ovvia e scontata, pensa che sia assolutamente meraviglioso, ma è logico che dobbiamo pensare alla prossima generazione. Temo di nutrire molta sfiducia nei politici. Se possono approfittare di un potere, lo fanno sempre, e ritengo che questo caso non sia diverso, per questo motivo ho votato contro.
Graham Booth (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, desidero spiegare la ragione per cui non ho votato a favore della relazione dell’onorevole Graefe zu Baringdorf. Da oltre 30 anni la PAC non fa nient’altro che danneggiare l’industria dell’allevamento nel Regno Unito; non desideriamo intrusioni da parte dell’Unione europea; questa relazione le aumenterà nuovamente. Pertanto, il motivo del mio voto contrario è che desidereremmo avere il potere di gestire la nostra agricoltura in Gran Bretagna. Tuttavia, esiste una remota possibilità a questo riguardo se ignoriamo i voti dei cittadini di Francia e Paesi Bassi che dovrebbero essere stati espressi nelle consultazioni referendarie sulla Costituzione.
Jan Březina (PPE-DE). – (CS) Desidero sottolineare che ho votato a favore della relazione sul credito ai consumatori, in quanto considero il testo in oggetto un passo nella giusta direzione. Sono lieto che siamo riusciti a mitigare l’entusiasmo regolatore della Commissione e del Consiglio per una normativa più dettagliata che, a mio parere, non è auspicabile. Esistono differenze tra gli Stati membri quale risultato delle loro diverse tradizioni giuridiche e culture di finanziamento, e un tentativo di eliminare tali diversità con la forza non condurrebbe al successo, dal mio punto di vista. Pertanto, è positivo che il Parlamento europeo si sia concentrato sugli elementi fondamentali: i principi di armonizzazione del credito ai consumatori (su questo punto vorrei sottolineare il diritto di recesso e di rimborso anticipato senza alcuna sanzione pecuniaria per il consumatore). Ritengo che il termine di due settimane per entrambe le parti per recedere dal contratto sia necessario ai fini della certezza del diritto di tutte le parti coinvolte. Al contempo, è fondamentale garantire che nel caso di un contratto di credito collegato tale termine può essere ridotto a tre giorni, su richiesta del consumatore. Questo consentirà ai consumatori di prendere anticipatamente possesso del prodotto acquistato. Credo che una disposizione che garantisce che il rimborso anticipato del credito non possa danneggiare i consumatori sia più che sufficiente. Gli Stati membri saranno obbligati a recepire tale disposizione nei rispettivi ordinamenti nazionali e gli interessi del consumatore saranno pertanto tutelati.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Onorevoli colleghi, sono lieta che quest’oggi, dopo sei anni di discussioni, abbiamo dotato l’Europa di norme armonizzate sul credito. La tutela dei consumatori verrà potenziata anche a livello transfrontaliero. È possibile che si contribuisca in parte a ridurre i debiti indesiderati delle famiglie. Il termine di 14 giorni per recedere da un contratto senza incorrere in sanzioni dovrebbe aiutare, come lo farà l’obbligo di fornire in anticipo al cliente informazioni armonizzate sugli addebiti relativi al prestito. Il nuovo elemento è il diritto di restituire in anticipo il prestito. Quello che ci ha più diviso è stato il modo in cui garantire che le banche non addebitassero penali esagerate per il rimborso anticipato. Il livello delle penali dovrebbe ora corrispondere alla spesa reale. Tuttavia, ritengo sarebbe appropriato limitare anche il livello degli addebiti, per quanto riguarda il valore residuo del credito, che è ciò per cui abbiamo votato oggi.
Zita Pleštinská (PPE-DE). – (SK) Signora Presidente, ho votato a favore della posizione comune del Consiglio, emendata dalla relazione dell’onorevole Kurt Lechner.
Dopo oltre sei anni lavoro legislativo, la direttiva sui contratti di credito ai consumatori è un passo significativo verso la tutela della libertà contrattuale che incoraggia una decisione responsabile da parte dei consumatori stessi. È necessario ricordare che un gran numero di norme non significa automaticamente maggiore tutela dei consumatori. Un eccesso di informazioni può causare una maggiore confusione in particolare nel caso di un consumatore inesperto, e l’obiettivo di semplicità e trasparenza verrebbe a mancare. Inoltre, esso implica costi elevati, che alla fine gravano sul consumatore.
Nonostante l’interesse continuo nell’acquisto a credito e l’impiego di prodotti di credito ai consumatori, sono pochi i consumatori consapevoli dei rischi connessi a tale pratica, per esempio che in caso di malattia o perdita del lavoro potrebbero non essere in grado di pagare. Ritengo che questa direttiva aiuterà i consumatori a prendere la giusta decisione sulla base di un processo semplice e veloce che li mette in condizione di confrontare più offerte di fornitori o prestatori locali e stranieri.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, in sede di commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che ha curato la presente relazione per un lungo periodo di tempo in entrambe le letture, è ben noto che sono stato molto critico sin dalle primissime fasi, in cui sono stati confusi nuovi prodotti disponibili in un mercato, come il mercato britannico, quali le ipoteche, in cui si può compensare con la propria ipoteca il saldo attivo con la stessa banca, operazione che la relazione, secondo le proposte iniziali, avrebbe dovuto vietare; un testo nei confronti del quale nutriamo adesso, dopo sei anni, nuovi dubbi riguardo al rimborso anticipato dei costi del credito, anche se in questi sei anni abbiamo discusso della relazione in questione.
È un testo legislativo di notevole importanza. Interesserà un’enorme quantità di soggetti, tra cui chiunque possieda un’abitazione nella mia circoscrizione. Mentre parlavo di questo in un’assemblea dei conservatori, tenutasi nel villaggio di Harpole a casa di un signore che si chiama Michael Orton-Jones, quest’ultimo ha sollevato con me la questione della direttiva sul credito ai consumatori e delle direttive sul riciclaggio del denaro proveniente da attività illecite approvate da questo Parlamento.
Dobbiamo prestare maggiore attenzione quando ci troviamo ad affrontare questo tipo di normativa molto importante.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, io rappresento Londra, la migliore città del mondo, che è sede dei due più vasti distretti finanziari d’Europa: in primo luogo, la City che, come tutti sappiamo, è la più importante potenza economica del mondo, in secondo luogo, le Docklands, il Canary Wharf, che gestisce tutti i tipi di beni del mondo, e ora anche i servizi finanziari di tutto il pianeta.
Credo fosse quell’eminente gruppo di filosofi svedesi che affermava: “Soldi, soldi, soldi, lavoro giorno e notte per pagare le tasse che devo pagare, non è triste? Ma nei miei sogni ho un piano. Sposerò un uomo ricco”.
Nel mio caso non avverrà perché non ho esattamente quel tipo di gusti. Tuttavia, quello che intendo dire è che è importante per il diritto dei consumatori di tutta Europa che proseguiamo nella ricerca del modo più semplice di accedere al credito al consumo, non solo per i miei elettori londinesi, ma anche per l’industria dei servizi finanziari.
Presidente . – Onorevole Kamall, sto cercando di affrontare l’argomento seriamente, ma spero che non stia per degenerare nel programma radiofonico Just a Minute che noi del Regno Unito conosciamo molto bene.
(Si ride)
Daniel Hannan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, un minuto senza ripetizioni, deviazioni o, qual era l’altra? Esitazioni! Più o meno.
Cominciamo dunque dal principio. Per quale motivo l’Unione europea deve avere una politica sull’armonizzazione delle normative in materia di credito ai consumatori? Mi sembra che ci sia stata in questa relazione un’incomprensione contestuale. Il libero scambio e il mercato aperto non hanno bisogno di normative comuni su ogni aspetto dell’attività commerciale. Infatti, in questo settore è vero tutto e il contrario di tutto. I mercati liberi si basano sulla diversità, la varietà, il pluralismo e, nonostante a livello nazionale esista a volte un certo grado di regolamentazione, questa non equivale all’armonizzazione di tutti gli aspetti dell’attività di mercato dell’Unione europea.
Questo è fondamentale in quanto ritengo che lo stesso errore concettuale sia alla base dell’ampliamento della giurisdizione comunitaria nei diversi ambiti proposto nel Trattato di Lisbona. Nel campo della tutela dei consumatori, come in quello della giustizia e degli affari interni, degli affari esteri, della difesa e di tutti gli altri.
Se questi settori si trasferiranno in gran parte o completamente a Bruxelles, dobbiamo almeno prima usare la cortesia di consultare i nostri elettori. Il Trattato di Lisbona dovrebbe essere sottoposto al voto dei cittadini: Pactio Olisipio censenda est!
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, l’armonizzazione, come tutti sappiamo, è stato uno strumento primario dell’Unione europea sin dal principio. Ha raggiunto ogni aspetto delle nostre vite ed è abbastanza chiaro che è una strategia; una strategia, certamente, intesa a ridurre l’importanza e il valore delle decisioni nazionali, nonché la capacità di prendere decisioni a livello nazionale e quindi sminuire le istituzioni nazionali.
Questo è stato il modus operandi dell’intensificazione dell’integrazione europea, contro la quale ho un atteggiamento piuttosto ostile, in quanto credo fondamentalmente nel diritto degli Stati membri di governare all’interno delle loro frontiere in cui vivono i loro cittadini.
C’è un aspetto dell’armonizzazione che potremmo sostenere. Potremmo armonizzare il diritto dei cittadini europei a esprimere la loro opinione sul Trattato di Lisbona.
Roger Helmer (NI) . – (EN) Signora Presidente, ritengo sia corretto, nel corso di una dichiarazione di voto, comunicare come si è votato realmente. Per quanto mi riguarda ho votato a favore di questa misura, sempre come un leale conservatore, sempre seguendo il partito e sempre, se avessi deciso da solo, avrei votato contro, per le ragioni espresse molto chiaramente da alcuni dei miei colleghi, in particolare il fatto che, come ha sottolineato l’onorevole Hannan, i liberi mercati richiedono diversità.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, vorrei rivolgere una domanda all’onorevole se mi lascia la parola. Mi domandavo se potesse rivedere i suoi commenti in quanto questa è una seconda versione della relazione, ed era…
(Il Presidente toglie la parola all’oratore)
Presidente . – Mi spiace, ma ascolteremo la dichiarazione di voto dell’onorevole Helmer. Ogni oratore ha un minuto di tempo per esprimere la propria dichiarazione di voto. La prego di proseguire, onorevole Helmer.
Roger Helmer (NI) . – (EN) Signora Presidente, concordo sul fatto che il credito dovrebbe essere una questione in merito alla quale dovrebbero decidere i governi nazionali, soggetta agli usi e costumi locali. La quantità di credito tra le frontiere non è tale da giustificare l’armonizzazione, tuttavia posso far notare che l’Unione europea sta perdendo credito tra i suoi cittadini poiché si rifiuta di prendere le iniziative necessarie, attraverso i referendum, per legittimarsi?
Nirj Deva (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questo mi ricorda il mio periodo alla Camera dei comuni. Se la presente relazione avesse aiutato Gordon Brown e il suo incapace governo laburista a non provocare la crisi della Northern Rock nel proprio paese, e se fosse stata utile affinché questo governo laburista apprendesse il modo in cui far funzionare un’economia, ebbene, avrei detto che questa è un’ottima relazione.
Tuttavia, da leale conservatore ho dovuto approvarla; ho seguito il partito. Ma se parliamo di credito, credito vuol dire anche fiducia, e se l’Unione europea non può fidarsi dei propri cittadini, i cittadini europei non possono fidarsi delle istituzioni comunitarie, è questo il motivo per cui non ci sarà un referendum? Perché non crediamo che i nostri cittadini possano decidere nel modo corretto?
Derek Roland Clark (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore di questa relazione al fine di sostenere gli Stati membri, pertanto sottolineo i seguenti punti: emendamento n. 46, voto a maggioranza, gli Stati membri non possono rinunciare alle proprie leggi. Ho votato a favore di questo e sono lieto di essere stato sostenuto. Ho votato l’emendamento n. 9, la prima parte, che amplia i campi in cui un obbligo non è da applicarsi. Sono spiacente che non sia stato accolto. Ho votato a favore dell’emendamento n. 29, in cui si dichiara che l’indennizzo deve avvenire in conformità della normativa nazionale. Neanche questo è stato accolto.
Ho votato, quindi, al fine di sostenere i governi degli Stati membri, ma non significa che io desideri che il governo di uno Stato membro interferisca nelle questioni delle società finanziarie e delle banche. Come sottolineato dal mio collega, onorevole Deva, non sono competenti per poterlo fare. Nel caso della Northern Rock, hanno speso la metà delle risorse del Tesoro nel tentativo di salvarla, e nessuno sa se ci sarà una fine. Quello che sappiamo è che invece una conclusione ci sarà per i referendum sul Trattato di Lisbona, e questo non dovrebbe accadere.
Graham Booth (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, ho una confessione da fare. Non ho alcuna qualifica per svolgere questo compito e invece mi trovo qui seduto a contribuire alla creazione di una normativa che riguarda 400 milioni di persone. Quando mi guardo attorno in Aula, ho il timore che molti dei parlamentari siano incompetenti almeno quanto lo sono io, pensando al livello della discussione che si sta svolgendo. La gente, i cittadini degli Stati membri possiedono collettivamente un’enorme intelligenza, e noi neghiamo loro il diritto di prendere decisioni che li riguardano. Dal mio punto di vista, siamo in un ambito nel quale i politici farebbero bene a farsi da parte e consentire alle persone di decidere per se stesse; in particolare, consentire loro un referendum sulla Costituzione dell’Unione europea.
John Attard-Montalto (PSE). – (MT) Desidero spiegare brevemente il modo in cui ho votato al fine di richiamare l’attenzione delle autorità maltesi. Vorrei porre in rilievo due casi in particolare. Primo, il caso del ragazzo di Gozo, figlio del signor Attard, che negli ultimi due anni ha ricevuto l’attenzione dei media a causa del modo in cui il padre ha subito un pregiudizio, in quanto gli sono stati negati i suoi diritti di genitore, quale figura paterna e di portare il figlio a vivere nel suo paese, Gozo appunto. Secondo, il recente caso penale di una tredicenne che le autorità non sapevano in quale istituto dovesse scontare la pena; è stata prima mandata in carcere e poi trasferita in un istituto psichiatrico. Questa è una grave mancanza. Grazie.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, parlo a nome del ÖVP-Europa-Club [l’associazione europea del partito popolare austriaco]. Abbiamo votato contro ogni articolo che contemplasse il diritto alla salute riproduttiva e sessuale, poiché l’interpretazione di questo testo può essere, di sicuro, impiegata al fine di interrompere gravidanze in ogni momento e siamo contro tale pratica.
Abbiamo votato a favore dell’articolo 127 riguardante il divieto a indossare il velo, in quanto i giovani non devono essere incoraggiati a indossare simboli politici e perché vogliamo garantire che per loro le libertà di voto e di scelta continuino a essere tutelate.
Abbiamo inoltre votato a favore dell’articolo 116, ma ciò non significa che da questo discenderebbero conseguenze giuridiche vincolanti.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, mi sono avvicinato a questa relazione con una certa trepidazione, poiché sono consapevole che molti dei testi di questo tipo e in questa sede chiedono spesso un ampliamento dei poteri di cui ancora realmente non disponiamo.
Nella mia circoscrizione rappresento la città di Rothley, nel Leicestershire, in cui vive la famiglia McCann. Quest’ultima si è impegnata molto attivamente nel chiedere al Parlamento di aumentare le proprie iniziative intese all’elaborazione di registri dei bambini scomparsi e su diverse altre problematiche.
Rappresento inoltre, nella città di Northampton, una nuova organizzazione benefica dal nome “KidsAid”, fondata da un signore rispettabile che si chiama David Mackintosh, il quale ha a propria volta la ferma opinione che gran parte di questa relazione sia realmente molto, molto positiva.
Tuttavia, come accade sempre in quest’Aula, subentra la correttezza politica, e si esaminano gli emendamenti nn. 162, 163 e 164 al fine di verificare il modo in cui si intende ampliare le proprie competenze.
Esiste una frase che ricorre spesso in questo Emiciclo: se non hai successo, modifica il concetto di successo. Questo è quanto avete fatto con il Trattato di Lisbona, e auspico realmente che i cittadini della mia circoscrizione possano pronunciarsi al riguardo.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, mi trovo qui per esprimere la mia dichiarazione di voto sulla relazione Angelilli “Verso una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori”. Ho letto nelle motivazioni che “la relatrice intende sottolineare che lo scopo della relazione non è quello di formulare un elenco di problemi da risolvere o di diritti da considerare in via prioritaria”.
Rappresento una circoscrizione, la città di Londra, la città più grande del mondo, capitale del paese più grande del mondo, in cui vivono molti minori. Sono padre di due bambini e, come una volta disse il grande filosofo, credo che i bambini siano il nostro futuro. Pertanto, è fondamentale che prendiamo in considerazione i diritti dei minori. Tuttavia, devo domandarmi il motivo per cui questo debba essere fatto a livello europeo.
Pensiamo, per esempio, se desideriamo che i nostri giovani adolescenti vengano informati e istruiti su parole sconce quali “diritti sessuali e riproduttivi”. Ritengo che dobbiamo prestare molta attenzione alla ricerca di soluzioni locali, nonché dare la possibilità al popolo britannico di pronunciarsi sul referendum per la Costituzione.
Daniel Hannan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, in un’occasione Disraeli rispose a una delegazione con la frase: “al liberalismo che professano, preferisco le libertà di cui godiamo, ai diritti dell’uomo, i diritti degli inglesi”.
La nostra tradizione nazionale dei diritti non è diversa dalla concezione europea dei diritti universali; è semplicemente incompatibile. Miriamo a specifiche libertà, garantite in momenti specifici da documenti specifici, quali la Magna Charta, il Bill of Rights o semplici atti costitutivi; non abbiamo fiducia nei codici dei diritti umani universali interpretati da giudici secondo i quali non possiamo votare.
Devo dire che la nostra tradizione ha avuto molto più successo rispetto a quella inseguita da alcuni paesi continentali che hanno intrapreso il percorso universalistico. Non abbiamo subito, come altri paesi, la rivoluzione o la dittatura. Noi crediamo che tutti i diritti siano insiti nell’individuo.
Come disse una volta Aldous Huxley “le libertà non si concedono, si prendono”. Questo è il motivo per cui mi oppongo fermamente all’integrazione della Carta europea nel Trattato di Lisbona in mancanza di un referendum. I cittadini devono essere ascoltati: Pactio Olisipio censenda est!
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, stiamo discutendo di questioni molto serie che implicano altrettanto serie problematiche morali. Sicuramente, il mio voto è stato determinato in larga misura dall’averle prese in considerazione. Ritengo che alcune parti della relazione siano offensive. Trovo offensivo affermare di poter imporre a un minore quelli che si crede siano, secondo gli adolescenti, i loro diritti riproduttivi, come riportato alla lettera L nonché nei paragrafi 162, 163, 164, e così via.
Mi sembra non corretto e inappropriato aver imposto a una società valori ideologici e morali pregiudizievoli che potrebbero variare a seconda dei punti di vista etici fissati in una particolare regione. È questo ciò a cui mi oppongo e, come dichiarato dall’onorevole Hannan, è questo e altro ancora quello che ci porterà la Carta. Ecco il motivo per cui desidero che i miei cittadini possano esprimere il proprio accordo o disaccordo.
Roger Helmer (NI) . – (EN) Signora Presidente, ho votato contro questa misura. Per la prima volta abbiamo trattato un tema in cui il partito conservatore ha votato liberamente e ho apprezzato tale libertà.
Concordo pienamente con quanto affermato in precedenza dai colleghi. Il presente documento contiene molti punti ai quali sono favorevole: contiene molto di ovvio e scontato, su cui non si può non essere d’accordo.
Tuttavia, propone anche di impartire ai minori un’educazione sessuale al fine di ridurre la gravidanza tra le giovani donne nonché la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili. Per esperienza personale, se si parla di qualcosa con i bambini insegnando loro come farla, la prima reazione è che vogliono provare a farla, e non dovremmo poi meravigliarci se lo facessero veramente! Sentiamo troppo spesso parlare dei diritti riproduttivi degli adolescenti, e non di responsabilità riproduttive. Dovremmo essere maggiormente responsabili nel nostro atteggiamento nei confronti dei minori, e dovrebbero esserlo i genitori e le autorità locali.
Per concludere, ritengo che, prima di procedere con questo argomento, dovremmo indire un referendum sul Trattato di Lisbona.
Nirj Deva (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, sono molto insoddisfatto di questa relazione e devo dire che, approfittando della libertà di voto, ho votato contro la maggior parte di essa. La relazione non riguarda i diritti dei minori, bensì il loro diritto di avere rapporti sessuali e di abortire, cosa che trovo francamente inaccettabile.
Ma dove sono i diritti dei minori e dei loro genitori di decidere del futuro dell’Europa, del Trattato di Lisbona e degli orientamenti delle nostre politiche? Dopotutto, nessuna istituzione è stata creata per noi, ma per i nostri figli. Domanderemo loro e ai rispettivi genitori cosa pensano e desiderano dire riguardo al futuro sviluppo dell’Europa? No, decideremo noi, senza aver accordato loro alcun diritto di pronunciarsi e riferirci come dovrebbe essere il loro destino. Tutto questo è sbagliato.
(Applausi)
Frank Vanhecke (NI). – (NL) Signora Presidente, per informazione, ho votato contro la relazione dell’onorevole Angelilli. Ovviamente, il motivo non è che io mi opponga ai diritti dei minori, assolutamente. Infatti, valuto positivamente che due dei tabù di quest’Assemblea siano stati infranti dalla relazione, come la sistematica violenza nei confronti delle giovani donne nella comunità musulmana. Nella relazione si dichiara persino, giustamente dal mio punto di vista, che l’obbligo di indossare il velo per le giovani donne della comunità musulmana è dannoso per lo sviluppo delle loro personalità.
Benché concordi su tali punti, non ho votato a favore della relazione, in quanto costituisce un ulteriore esempio di una gigantesca interferenza europea. Ritengo che di tutte queste problematiche ci si possa occupare meglio a livello nazionale e che l’Europa abbia veramente poco a che vedere con tutto ciò.
Vorrei fare un unico esempio. Il testo in questione è chiaramente contro le condanne di detenzione nei confronti dei minori, mentre nel mio paese vi è un ampio consenso popolare perché anche quei pericolosi criminali minorenni vadano in carcere affinché questo possa incoraggiarli a migliorarsi.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE). – (SK) Signora Presidente, abbiamo bisogno di mantenere aggiornata la nostra conoscenza nel corso dell’intera vita lavorativa, e non solo negli anni della scuola.
L’istruzione è importante per la crescita personale e per migliori opportunità di lavoro. Dato che le imprese valutano la necessità di nuove qualifiche e requisiti per il mercato del lavoro, l’educazione degli adulti si adatterà a tali caratteristiche, contribuendo pertanto a superare le differenze nel mercato del lavoro. Tutto questo viene preso in considerazione nella proposta della Commissione relativa a un piano d’azione per l’educazione degli adulti, e ho quindi votato a favore del documento. Concordo sul fatto che gli Stati membri dell’Unione europea debbano sostenere l’educazione degli adulti adottando misure attive, motivando i cittadini a istruirsi e i datori di lavoro a fornire condizioni adeguate per l’istruzione. Dovrebbero essere previsti incentivi economici sotto forma di sovvenzioni, sgravi fiscali, contributi o cofinanziamento.
A tale scopo occorre anche impiegare in modo più attivo i Fondi strutturali, in particolare il Fondo sociale europeo. Ritengo sia realmente fondamentale che gli anziani vengano coinvolti nell’apprendimento permanente e che quindi trovino una collocazione nel mercato del lavoro.
Toomas Savi (ALDE) . – (EN) Signora Presidente, ho votato a favore dell’intera relazione, in quanto una delle proposte per l’apprendimento permanente è aumentare la flessibilità del mercato del lavoro. Per coloro che hanno superato i 50 anni di età, tra cui figuro anch’io, una simile politica crea una vasta gamma di opportunità per rispondere ai cambiamenti del mercato del lavoro nonché adattarsi al contesto senza ripercussioni significative. La relazione sottolinea l’effetto positivo dell’apprendimento lungo tutto l’arco della vita sull’integrazione sociale e sulla capacità occupazionale, che in nessun caso dovrebbe essere trascurata in una società che invecchia, per esempio nel mio paese, l’Estonia.
Agnes Schierhuber (PPE-DE). – (DE) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole Pack “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere” è, secondo me, uno dei programmi più importanti per un’azione nell’Unione europea intesa a: motivare a partecipare a programmi di educazione per adulti e ad apprendere lingue straniere, incoraggiare a terminare l’istruzione terziaria e con essa la possibilità di potersi avvalere di migliori opportunità lavorative e pertanto di una retribuzione più elevata, nonché la possibilità di una migliore integrazione per gli immigrati. Tuttavia, è di particolare importanza per le donne che in questo ambito siano disponibili programmi quadro pertinenti di assistenza all’infanzia.
Nello specifico, dobbiamo prestare grande attenzione anche alla possibilità di scambiare conoscenza tra le generazioni. Per questo motivo l’ÖVP-Europa-Club ha approvato con gioia la relazione.
Nina Škottová (PPE-DE). – (CS) (Inizio dell’intervento non udibile) … l’introduzione alla presente relazione sull’educazione degli adulti sottolinea chiaramente l’attenzione prestata all’apprendimento permanente in tutte le istituzioni dell’Unione europea. Tuttavia, la raccolta di informazioni, le belle parole, le richieste e i voti a favore, tra cui il mio, non sono sufficienti. Incoraggiamo gli istituti di insegnamento a lasciarsi coinvolgere del tutto nello stesso concetto di apprendimento permanente. Tale processo non deve essere considerato come una specie di appendice della tradizionale istruzione, ma dovrebbe diventare parte integrante del sistema didattico. Affinché questo accada sono necessari cambiamenti sostanziali. Pertanto, il processo costituisce un onere finanziario significativo per ciascun paese, fattore che potrebbe risultare limitante nello sviluppo dell’istruzione. Nel valutare la destinazione dei finanziamenti quando si stabilisce la loro ripartizione per le singole politiche comunitarie, questo settore non dovrebbe essere dimenticato, in particolare le università e i centri di apprendimento naturale.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questa relazione si intitola “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere”. Mi auguro che la Commissione europea e coloro che vogliono portare a termine il Trattato di Lisbona apprendano anch’essi da questa frase.
L’educazione degli adulti è uno degli aspetti più importanti del sistema d’istruzione. Ritengo che l’apprendimento permanente verrà sostenuto da gran parte di quest’Assemblea come un’iniziativa molto positiva.
Tutti abbiamo avuto meravigliosi insegnanti quando andavamo a scuola e tutti noi li ricordiamo. Avevo un brillante insegnante di matematica che mi disse che esistono tre tipi di persone: coloro che sanno contare e coloro che non lo sanno fare.
Avevo inoltre un geniale insegnante di scienze che mi disse che i gatti radioattivi avevano 18 mezze vite. Tuttavia, ritengo che la frase più importante sia una che di certo riconoscerete, una frase che i giovani d’oggi utilizzano sempre di più: “We don’t need no education; we don’t need no thought control”.
Quello che stiamo facendo con il Trattato di Lisbona è di mettere un altro “mattone nel muro”, un altro “brick in the wall” tra gli elettori che ci hanno permesso di essere qui e le élite europee che li sfruttano.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, desidero solo apprezzare la sua pazienza dimostrata nel corso di queste dichiarazioni di voto. La ringrazio molto anche per aver sorriso a qualche battuta.
Lei sarà a conoscenza che io rappresento Londra, la migliore città del mondo, capitale del miglior paese del mondo. A Londra ci sono numerosi istituti scolastici. Io stesso ho frequentato la scuola a Londra; ho frequentato un master presso la London School of Economics.
Tuttavia, quello che desideravo dire rispetto a questa particolare dichiarazione di voto è che non dovremmo sottovalutare il ruolo di un’ulteriore branca dell’istruzione nell’apprendimento permanente. A questo proposito, esistono alcuni istituti di eccellenza: il Bromley College, con il suo eccellente direttore, Peter Jones, desideravo comunicarlo, e il Westminster College. Tutti noi meritiamo di esprimere la nostra opinione sul referendum costituzionale.
Presidente . – Potrei contraccambiare il complimento e affermare che sinora pensavo che stessimo procedendo bene, ma comincia a diventare un po’ ripetitivo.
Daniel Hannan (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, mi consenta di aggiungere ai miei ringraziamenti nei suoi confronti, quelli che rivolgo al suo personale e agli interpreti, per la pazienza e il buon senso dell’umorismo.
Mi consenta inoltre di domandare cos’ha a che vedere tutto questo con Bruxelles? Sulle basi di quale articolo del Trattato, nonché di un’eventuale considerazione dettata dal buon senso, l’educazione degli adulti sarebbe di competenza dell’Unione europea?
Molti tra noi ritengono che ci sia un caso di iniziative tra più paesi, che coinvolge senza dubbio questioni transfrontaliere; posso accettare questa tesi, o che almeno si tratti di una strategia europea coordinata relativa, per esempio, all’inquinamento o alla riduzione tariffaria, o a settori dell’aviazione, e così via. Sebbene, anche in questo caso, il coordinamento europeo non equivalga alla giurisdizione dell’Unione europea.
Ma, l’istruzione degli adulti? Di certo questo, tra tutti i settori, è uno di quelli sul quale devono decidere gli elettorati nazionali attraverso i rispettivi e specifici meccanismi e procedure.
Per quale motivo supponiamo sempre che il politico di Bruxelles sia più capace del semplice elettore? La stessa presunzione ha condotto alla Costituzione dell’Unione europea, ora chiamata Trattato di Lisbona, ed è questo il motivo per cui dovremmo sottoporlo al giudizio dei cittadini: Pactio Olisipio censenda est!
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, in questa relazione c’è molto di ovvio e scontato. Ma la sua importanza consiste nel fatto che esprime e rappresenta la convinzione che Bruxelles ha il diritto di definire agende e imporre agli Stati membri il modo in cui dovrebbero stabilire l’ordine di priorità di questioni e spese che sono piuttosto palesemente di loro competenza, una competenza che dovrebbe peraltro essere esclusiva, in quanto ogni regione detiene il diritto di decidere quali sono le proprie priorità nel limite del suo bilancio. Spetta alle regioni o agli Stati stabilire se l’educazione degli adulti e l’aumento della spesa siano priorità, non a Bruxelles e tantomeno perché quest’ultima sia l’istituzione competente in questi casi.
Tutti noi impariamo, e io stesso ho appreso molto da quando sono arrivato qui nel 2004, in modo particolare riguardo alla noncuranza con cui l’élite europea tratta i propri cittadini ed è per questo che nega loro il diritto fondamentale del voto.
Roger Helmer (NI) . – (EN) Signora Presidente, la informo che, in questa occasione, non ho votato a favore della relazione, ma anche in linea con il partito conservatore, e stavolta con buone intenzioni in quanto avrei deciso di votare contro questo documento in ogni caso per le ragioni espresse molto chiaramente dai miei amici e colleghi, in particolar modo gli onorevoli Hannan e Allister.
Questo non ha nulla a che vedere con l’Unione europea. Sono favorevole all’istruzione e all’educazione degli adulti. Sono assolutamente contrario al fatto che Bruxelles decida il modo in cui debba essere impartita. Al pari dell’onorevole Hannan, non sono in grado di trovare basi giuridiche all’interno del Trattato sulle quali tale relazione si fonderebbe. Il Trattato non legittima l’approvazione di una simile misura.
Al contempo, non vi è legittimità sul rifiuto della Costituzione in Francia e nei Paesi Bassi per l’approvazione della stessa misura. Adesso dobbiamo indire referendum in tutta l’Unione europea su tale questione.
Thomas Wise (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, potrei con una mozione di procedura, in quanto adulto e avendo ricevuto un’educazione, domandare all’onorevole Hannan che, certamente, è molto più istruito di me, cosa vuol dire la sua frase in latino?
Presidente . - Sono certa che glielo dirà dopo che la seduta sarà terminata!
Nirj Deva (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, questa è stata una delle discussioni più animate che hanno avuto luogo in quest’Aula sin dal principio. Se l’avessimo fatto prima, avremmo avuto le telecamere televisive e i nostri elettori avrebbero scoperto quello che facciamo oltre alle solite noiose e pompose discussioni che si tengono ogni giorno.
Parliamo adesso dell’educazione per gli adulti. Si dice che non sia mai troppo tardi per imparare. È certamente un problema di sussidiarietà: spetta agli Stati nazionali stabilire le loro priorità. E sicuramente non è competenza della Commissione di Bruxelles, tantomeno del Parlamento europeo, decidere se l’educazione degli adulti sia un’urgenza o meno!
Tuttavia, se è vero che non è mai troppo tardi per imparare, una delle cose che di certo dobbiamo imparare in fretta è che non possiamo separare il popolo europeo dai suoi politici. Dobbiamo coinvolgerlo sul modo in cui gestire l’Unione europea e, quindi, dobbiamo indire un referendum.
Derek Roland Clark (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, ho votato contro questa misura innanzi tutto perché sono un insegnante. Questa relazione conduce senza dubbio direttamente, per associazione, al quadro europeo per le qualifiche, che è una rapina. Quest’ultimo farà sì che le persone studino nelle loro università tradizionali, in cui conseguiranno le qualifiche, e poi le sovrastamperanno con un nuovo documento con il logo, il marchio e il motto dell’Unione europea, senza alcun riferimento alle grandi accademie o università in cui hanno seguito i corsi. Questo è un chiaro e tremendo modo di rinnegare il luogo di apprendimento, e non sottolineo tutto questo solo per le famose accademie britanniche, bensì per le università di tutta Europa.
Per tornare alla questione dell’educazione per gli adulti, avrei un suggerimento. Incoraggiamo l’educazione degli adulti con ogni mezzo. Date ad ogni adulto dell’Unione europea una copia del Trattato di Lisbona e poi chiedete loro di votare su di esso.
Graham Booth (IND/DEM) . – (EN) Signora Presidente, ebbene sì, ho votato contro questa relazione. Il motivo è che il partito indipendente britannico sostiene per il Regno Unito il ritorno del sistema di borse di studio, e desidero precisare che la nostra appartenenza all’Unione europea ne ha causato l’abolizione in primo luogo in Inghilterra e in Galles. Tuttavia, spetta agli Stati membri, e non all’UE, prendere decisioni su tagli o incentivi fiscali per i lavoratori che collaborano all’educazione per gli adulti. Come per la maggior parte dei settori, abbiamo bisogno che l’Unione europea interferisca meno e non il contrario.
Dato che ho più che rispettato il mio tempo a disposizione, posso aggiungere che la futura ratifica della Costituzione europea, nonostante il voto contrario in due referendum, non è democratica, è vile nonché illegittima.
Presidente . - Ha rispettato i tempi ma non l’argomento.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signora Presidente, non ho votato a favore della relazione Pack, ovviamente non perché io sia contrario all’apprendimento permanente. Anzi, nessuno, ragionevolmente, dubiterà della grande importanza dell’educazione degli adulti nel nostro mondo in costante trasformazione.
Ritengo, tuttavia, che l’Europa, e soprattutto la Commissione europea, non debbano interferire troppo in ciò che è di competenza degli Stati membri. Non è solo questione di buon senso; riguarda anche il principio di sussidiarietà che in quest’Aula viene sempre lodato, ma nella pratica si dimostra sempre più lettera morta.
Milan Horáček (Verts/ALE). – (DE) Signora Presidente, desidero formulare una dichiarazione riguardo all’eccellente relazione Angelilli relativa a una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori. È di fondamentale importanza affrontare in modo radicale le questioni della prostituzione minorile e del turismo sessuale. Le vittime di tali reati si possono trovare anche nel cortile di casa nostra. Nella zona di frontiera tra Germania, Repubblica ceca e Austria, per esempio, la prostituzione che coinvolge le donne e i bambini in misura crescente, è aumentata in modo vertiginoso dopo l’apertura delle frontiere. Tuttavia, questo problema per lungo tempo non è stato affatto preso in considerazione a livello comunitario.
Le questioni alla base della prostituzione minorile, quali l’organizzazione in rete di criminali attraverso Internet e la mancanza di cooperazione sul controllo transfrontaliero e l’attuazione della normativa, possono essere combattute solo a livello europeo. La relazione si occupa di tali ambiti e li integra in una strategia complessiva. Nonostante ci sia ancora molto da fare nella lotta all’abuso contro i minori, questo è un segnale incoraggiante.
Dichiarazioni di voto scritte
– Relazione Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (A6-0508/2007)
Jean-Pierre Audy (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della risoluzione sulla relazione del collega tedesco Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf e riguardante la proposta di regolamento relativa alle misure che la Commissione dovrà intraprendere per il periodo 2008-2013 mediante l’impiego di applicazioni di telerilevamento messe a punto nel quadro della politica agricola comune.
Appoggio la proposta secondo cui le attività di telerilevamento dovrebbero essere finanziate da un bilancio proprio anziché dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA). Nonostante i miei colleghi ritengano che sia meglio impegnarsi nel miglioramento del sito web esistente dell’unità Agricoltura del Centro comune di ricerca affinché tutti i dati di ricerca pertinenti siano messi gratuitamente a disposizione del pubblico, sono ampiamente favorevole alla creazione di un’infrastruttura di dati spaziali e di un sito Internet come proposto negli obiettivi della Commissione europea.
Sostengo le proposte che prevedono la creazione di un inventario di tutti i dati spaziali, agro-meteorologici e del telerilevamento e consolidamento dell’infrastruttura e dei siti web esistenti sui dati spaziali.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La Commissione europea ritiene che, ai fini di fornire una risposta alle esigenze di gestione della politica agricola comune, siano ampiamente necessarie le informazioni sull’utilizzo del territorio e le condizioni delle terre e delle colture. Ha pertanto presentato il telerilevamento quale metodo di indagine che consente un più facile accesso alle informazioni contenute nei sistemi classici di statistiche e previsioni agricole.
La proposta ha tenuto conto di un progetto pilota sulle tecniche di telerilevamento, nel quadro della decisione 1445/2000/CE del Consiglio, avviato nello stesso periodo. Secondo la Commissione, tale progetto ha permesso al sistema agro-meteorologico di previsione delle rese e di controllo sulle condizioni delle terre e delle colture (MARS) di pervenire a una fase avanzata.
La Commissione propone adesso il proseguimento dell’applicazione delle tecniche di telerilevamento nel settore agricolo, segnatamente nell’ambito del controllo dei mercati agricoli, per il periodo 2008-2013. L’avvio del progetto partirebbe dal 1° gennaio 2008 per una durata di sei anni. Le applicazioni di telerilevamento fornirebbero così alla Commissione uno strumento per migliorare e controllare la politica agricola comune, anche se le informazioni potrebbero essere utili agli Stati membri.
Il problema è adesso il modo in cui impiegare il sistema e chi lo utilizzerà; questo è il motivo della nostra astensione.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Concordo ampiamente riguardo alla proposta della Commissione europea e ho votato a favore della relazione Graefe zu Baringdorf, che fa alcune importanti precisazioni.
Per esempio, comprendo la preoccupazione del relatore riguardo all’impossibilità di confrontare i dati dei vari Stati membri a causa della diversa frequenza delle indagini.
Continuo a sostenere la creazione di un inventario e il consolidamento dell’infrastruttura e dei siti web di dati spaziali pertinenti, nonché il miglioramento del sito Internet dell’unità Agricoltura al fine di rendere pubblici tali dati.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Abbiamo votato contro la presente relazione in quanto, come spesso accade, la commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo cerca di introdurre emendamenti intesi a trasferire maggiori risorse dal bilancio comunitario alla politica agricola. L’emendamento n. 4 della commissione per l’agricoltura propone di stanziare 9,2 milioni di euro in un bilancio separato anziché convogliarli attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia. Non possiamo che interpretarlo come un modo per assicurarsi aumenti di bilancio.
David Martin (PSE) , per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione. Ritengo che la prosecuzione di ogni proposta intesa a contribuire a rendere la politica agricola comune più precisa nella sua diffusione, possa solo essere un positivo passo avanti al fine di garantire un approccio equo per gli allevatori scozzesi. La capacità di valutare con maggior esattezza la produzione e rendere le relative informazioni accessibili più liberamente, consentirà di migliorare una politica che ora ha bisogno di un’immagine di onestà, trasparenza e sensibilità ambientale.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Sulla base dell’eccellente relazione del mio collega tedesco Kurt Lechner, approvo l’adozione da parte del Parlamento europeo, in seconda lettura della procedura di codecisione, di una risoluzione legislativa sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della direttiva sull’armonizzazione delle disposizioni legislative, normative e amministrative degli Stati membri in materia di credito ai consumatori e che sostituiscono il quadro comunitario del 1987, modificato in due tempi. Accolgo positivamente la volontà della Commissione di creare le condizioni necessarie ad un reale mercato interno del credito ai consumatori, di garantire un livello elevato di tutela dei consumatori nonché di rendere più chiara la normativa comunitaria rielaborando le tre direttive esistenti del 1987, 1990 e 1998 relative a questo tipo di credito.
Accolgo con favore anche l’importante lavoro svolto dal mio collega francese Jean-Paul Gauzès il quale, grazie alla saggezza e alla forza delle sue convinzioni, ha contribuito in modo significativo a questo fondamentale compromesso, valido anche ai fini della crescita economica, della tutela dei consumatori e degli istituti di credito.
Gérard Deprez (ALDE) , per iscritto. – (FR) Dopo cinque anni di discussioni, i consumatori europei disporranno presto di identiche informazioni sul credito al consumo, che consentiranno loro di confrontare meglio le offerte straniere al momento di acquistare un’automobile, una lavastoviglie o un divano letto.
Anche se gli europei hanno già la possibilità di richiedere un prestito bancario all’estero per acquistare beni di consumo, pochissimi ne approfittano: meno dell’1% del totale di questo tipo di credito viene attualmente richiesto oltre frontiera. Pertanto, al momento, i tassi possono variare fino al 100% (per esempio in Portogallo è del 12% e in Finlandia del 6%)! I principali ostacoli individuati sono le difficoltà linguistiche, la distanza e la sfiducia dei consumatori.
La direttiva, che appoggio, dovrebbe contribuire a rafforzare tale fiducia, a fornire migliori informazioni ai consumatori, nonché a rendere più semplici le loro scelte, grazie al beneficio che potranno trarre dalle norme uniformi intese alla loro tutela (rimborsi anticipati, diritto di recesso, e così via).
Due domande per concludere:
non si rischia in questo modo di favorire l’eccessivo indebitamento delle persone se non si rafforzano maggiormente le condizioni di verifica della solvibilità dei clienti da parte dell’ente erogante il prestito? Non sarebbe urgente, per quanto riguarda i finanziamenti immobiliari, aprire la strada alla concorrenza transfrontaliera?
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Questo voto si riferisce alla seconda lettura della proposta inizialmente elaborata dalla Commissione europea nel 2002. Tali compromessi hanno l’obiettivo di raggiungere un accordo con il Consiglio su un testo che abrogherebbe l’attuale direttiva 87/102/CEE e introdurrebbe un quadro giuridico comune per i contratti di credito ai consumatori.
L’intenzione è quella di facilitare l’apertura dei mercati nazionali e di promuovere le operazioni di credito al consumo a livello transfrontaliero, allo scopo di rafforzare la concorrenza e di “migliorare” il mercato interno.
Tra le altre cose, il testo definisce la formula per calcolare il tasso annuo effettivo globale (APR), le condizioni in caso di rimborso anticipato e le informazioni da fornire ai consumatori riguardo ai contratti di credito.
Abbiamo votato a favore delle proposte intese a offrire ai consumatori una maggiore tutela, particolarmente importante in Portogallo, dove l’indebitamento delle famiglie è in costante crescita, superiore del 124% rispetto al reddito disponibile, e in cui gli importanti gruppi finanziari stanno accumulando profitti scandalosi.
Abbiamo votato contro tutte le proposte di facilitazione dell’apertura dei mercati finanziari e del credito transfrontaliero, che mirano a eliminare gli ostacoli all’ingresso dei grandi gruppi finanziari anziché a tutelare i consumatori.
Françoise Grossetête (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione che propone di armonizzare le normative degli Stati membri in materia di credito ai consumatori.
Anche se le famiglie europee possono già richiedere prestiti bancari all’estero per l’acquisto di beni di consumo, pochi ricorrono a questa opportunità. Il problema linguistico, la distanza o la mancanza di fiducia costituiscono i maggiori ostacoli.
La nuova direttiva accrescerà la trasparenza del mercato a beneficio dei consumatori per crediti compresi tra i 200 e i 75 000 euro. I consumatori disporranno delle informazioni di cui avranno bisogno al fine di scegliere con cognizione di causa se effettuare l’acquisto all’estero.
Per quanto riguarda le offerte di credito, le informazioni fornite ai consumatori saranno contenute in un nuovo modulo europeo relativo alle informazioni sul credito. I consumatori potranno inoltre beneficiare di un tasso annuo effettivo globale unico e confrontabile su tutto il territorio comunitario.
La direttiva fornirà ai consumatori informazioni di base di buona qualità e facili da confrontare. Il diritto di recesso e di rimborso anticipato senza dover pagare penali eccessive, nonché una spiegazione chiara dei loro diritti e doveri, darà loro la fiducia necessaria per confrontare i prezzi.
Astrid Lulling (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) Il compromesso su cui deve pronunciarsi il Parlamento è di certo un miglioramento rispetto alla posizione del Consiglio, tuttavia resta lacunoso su un gran numero di punti fondamentali in materia di contratti di credito ai consumatori.
Ritengo che la base di 200 euro, l’importo di credito a partire dal quale viene applicata la direttiva, sia eccessivamente ridotta, considerato il tenore di vita nella maggior parte degli Stati membri.
Analogamente, non è necessario armonizzare le disposizioni che disciplinano le indennità in caso di rimborso anticipato. Le differenze tra gli Stati membri sono enormi. Il “compromesso” negoziato dal Consiglio non è altro che l’insieme di varie norme nazionali e introduce più complicazioni che armonizzazione.
Dal mio punto di vista, la direttiva è troppo burocratica per le imprese, gli istituti di credito e i consumatori. La quantità di informazioni minime che prevede è eccessivamente elevata e complessa. Tutto questo potrebbe creare confusione tra i consumatori bene informati.
Toine Manders (ALDE), per iscritto. − (NL) Il risultato del voto odierno nel Parlamento europeo indica che, dopo ben cinque anni, è stato raggiunto un accordo sulla direttiva relativa al credito ai consumatori. Il dialogo tra la Commissione europea, il Consiglio e il Parlamento alla fine della settimana scorsa non aveva ancora prodotto risultati, in quanto il relatore sollevava obiezioni proibitive a una proposta di compromesso relativa al rimborso anticipato che tutte le altre parti erano disposte ad accettare. Di conseguenza, tale compromesso, raggiunto tra i negoziatori del gruppo socialista al Parlamento europeo e del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, è risultato accettabile anche per la Commissione europea e per il Consiglio, e ha ricevuto quest’oggi un ampio sostegno da parte del Parlamento. Sono lieto che il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei abbia ora deciso di sostenere il compromesso, poiché sono convinto che rappresenti il risultato migliore che si potesse ottenere a favore dei consumatori e dell’industria. Desidero ringraziare tutte le parti coinvolte, in particolare il relatore, per l’impegno dimostrato in tutte le fasi del processo.
Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) In Grecia, il prestito al consumo e il mutuo edilizio hanno raggiunto i 95 miliardi di euro: il credito ai consumatori sta registrando il tasso di crescita più elevato di qualsiasi paese nella zona euro, e si avvicina al totale del bilancio annuale dell’Unione europea. Questo è un segnale della crescente povertà.
Due milioni di famiglie hanno acceso prestiti, e il 3-4% di esse non è in grado di saldarli. In molti casi il debito supera il 40% del reddito, e ne consegue una frequente riacquisizione delle proprietà da parte degli ufficiali giudiziari. Lo stesso vale per le piccole e medie imprese, che sono costrette a ricorrere ai prestiti.
Le banche ricavano decisamente enormi profitti dagli elevati tassi di interesse sui prestiti, che sono invece bassi per i conti bancari, da detrazioni e addebiti illegittimi e irregolari, da pubblicità ingannevoli, e così via, con il risultato che i conti dei lavoratori finiscono in rosso con sempre maggiore frequenza.
L’Unione europea sostiene gli istituti finanziari garantendo loro guadagni e attenuando le conseguenze della propria impopolare politica, che riduce il potere di acquisto dei lavoratori nonché la loro qualità della vita.
La direttiva proposta tutela il principio della libertà contrattuale, nonostante le capacità negoziali non siano uguali, e rafforza il capitale finanziario trasferendo la responsabilità al consumatore. Essa preserva inoltre dall’indennizzo per il rimborso anticipato, promuove l’armonizzazione delle disposizioni normative nonché l’apertura dei mercati nazionali nel settore del credito ai consumatori, ed è anche deliberatamente complessa e poco comprensibile per coloro che sono ricorsi a un prestito.
I membri del KKE (il partito comunista greco) votano contro il rafforzamento del credito finanziario e chiedono una reale economia popolare a beneficio dei lavoratori.
David Martin (PSE) , per iscritto. – (EN) Concordo con la richiesta di un’armonizzazione in tutta Europa della normativa relativa al credito ai consumatori. La relazione non crea solamente un mercato interno del credito ai consumatori, ma pone altresì in rilievo una serie di criteri intesi a garantire ai consumatori e ai creditori un trattamento equo. La normativa in materia deve essere vicina al consumatore, in particolare per quanto riguarda il rimborso anticipato e l’indennizzo, e ritengo che la relazione si occupi in maniera adeguata di tali questioni. L’armonizzazione della pubblicità contribuirà inoltre a garantire che i consumatori vengano informati in modo corretto ed equo in tutta Europa, al momento di prendere decisioni relative al credito al consumo.
Béatrice Patrie (PSE) , per iscritto. – (FR) Ho votato a favore del compromesso raggiunto dal gruppo PSE con il Consiglio (emendamento n. 46), in quanto consente di mantenere gli equilibri conseguiti nel corso della Presidenza tedesca la scorsa primavera.
Sono lieta che per il credito ai consumatori indicato in questo progetto di direttiva sia stato previsto un importo minimo di 200 euro e un massimo di 75 000 euro. Tuttavia, avrei preferito che il limite fosse fissato a 50 000.
Sono inoltre particolarmente soddisfatta della maggioranza qualificata ottenuta in plenaria al fine di garantire la precisa tutela degli interessi dei consumatori in caso di rimborso anticipato del credito. Gli indennizzi che la banca avrà facoltà di chiedere saranno severamente controllati e potranno essere vietati per crediti inferiori ai 10 000.
In ogni caso, sarebbe opportuno che la lotta all’indebitamento eccessivo rimanga una priorità e che il ricorso al credito avvenga in modo ragionevole. È un’illusione pensare di poter rilanciare il consumo attraverso il credito alle famiglie: un simile approccio non fa altro che impoverire i consumatori più deboli.
Il rilancio della crescita attraverso il consumo si raggiunge attraverso l’aumento delle retribuzioni e non del credito disponibile!
Pierre Pribetich (PSE) , per iscritto. – (FR) Oggi è stata adottata la relazione di Kurt Lechner sull’apertura del mercato europeo dei crediti ai consumatori.
Ritengo che cambiare un mercato sinora prettamente nazionale in un mercato europeo, pur mantenendo un’elevata tutela dei consumatori, sia un primo passo verso l’armonizzazione delle norme in materia di credito ai consumatori.
Il rischio di indebitamento per i consumatori resta tuttavia fin troppo elevato. Risultano indispensabili il controllo e la trasparenza attraverso la creazione di banche dati relative alla solvibilità di ciascun cliente.
Tuttavia, ho votato contro l’emendamento n. 29 dell’articolo 16, come la maggioranza dei colleghi, e sono soddisfatto che sia stato respinto. A mio parere, questo punto avrebbe penalizzato concretamente i consumatori che decidono di restituire in anticipo il loro prestito.
La possibilità offerta ai consumatori di risolvere un prestito prima della scadenza è un’ottima iniziativa, che non dovrebbe essere compromessa da un’opzione che permetta al creditore di richiedere un indennizzo per gli eventuali costi, in assenza di motivazioni giustificate e valide.
È stato pertanto necessario fissare una serie di limiti. Il creditore non potrà quindi richiedere un indennizzo superiore all’1% dell’importo totale del prestito.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Un quadro giuridico comune per il credito ai consumatori deve definire norme chiare, semplici e concise, che offrano agli europei un valore aggiunto allo scopo di promuovere il mercato interno.
Pertanto, oggi desidero congratularmi con il Parlamento per l’accordo positivo raggiunto su tale normativa. Ritengo che l’apertura dei mercati nazionali al credito ai consumatori sia fondamentale poiché rafforzerà la concorrenza, con effetti molto favorevoli per i consumatori.
Con questa nuova proposta l’Unione europea favorisce chiaramente la concorrenza tra gli istituti finanziari e introduce la trasparenza necessaria alla diffusione di informazioni precontrattuali e contrattuali sulla concessione del credito, dati che ritengo fondamentali per la tutela dei consumatori, e che possono inoltre consentire la riduzione dei tassi di interesse a favore di un maggiore rifornimento, in particolare sui mercati di dimensioni minori.
I tetti di credito stabiliti in virtù di tale accordo costituiscono un aspetto molto positivo anche per il mercato portoghese. Sono convinto che il nuovo quadro semplificherà maggiori possibilità di credito, in quanto attualmente esiste la necessità di garantire ai consumatori un’adeguata tutela e la loro solvibilità, evitando l’eccessiva esposizione al debito, nel contesto di una sana politica sociale. I vantaggi devono andare a beneficio e non servire per la risoluzione dei problemi, creandone di nuovi.
Frédérique Ries (ALDE) , per iscritto. – (FR) La direttiva che oggi il Parlamento ha votato, dopo averla “ibernata” per circa sei anni, è altamente controversa. Tuttavia, è un testo molto vicino ai cuori degli europei perché prevede l’armonizzazione del mercato del credito ai consumatori.
Nel mercato del valore di 800 miliardi di euro (due europei su tre fanno ricorso al credito per l’acquisto di mobili, del televisore o dell’automobile), i tassi di interesse attualmente variano dal 6% della Finlandia a oltre il 12% del Portogallo, e le transazioni sinora sono state prevalentemente nazionali, essendo inferiori all’1% i prestiti attualmente richiesti all’estero.
La direttiva apre le frontiere europee ai consumatori che cercano il miglior credito: possono scegliere l’offerta più conveniente, e al contempo avere la garanzia degli stessi diritti e delle stesse norme in materia di informazione, confronto e, soprattutto, di tutela contro l’indebitamento eccessivo. La valutazione della solvibilità del soggetto che richiede il prestito, le informazioni rapide e gratuite in caso di rifiuto e il diritto di recesso inizialmente di 14 giorni, sono alcuni degli obiettivi principali della direttiva.
Tuttavia, c’è un elemento spiacevole, di notevole peso, ossia la mancanza di chiarezza delle modalità di rimborso anticipato. Penalizzare gravemente i consumatori che vi facciano ricorso renderebbe gli altri vantaggi dell’armonizzazione perfettamente inutili!
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole alla relazione Lechner sul credito al consumo. Ritengo fondamentale, infatti, che l’Unione Europea si doti di un quadro generale di riferimento volto alla tutela dei cittadini in un settore che negli ultimi anni ha registrato un notevole sviluppo.
In Italia, in particolare, il ricorso allo strumento del credito al consumo ha registrato un aumento esponenziale del giro di affari. E molto spesso i consumatori, anche sulla scia di seducenti campagne pubblicitarie, vi hanno fatto ricorso senza conoscere pienamente i loro diritti e le condizioni contrattuali, ritrovandosi poi vincolati da tutta una serie di clausole e obblighi. In tale contesto sottolineo pertanto l’opportunità di aumentare il livello di tutela dei consumatori, anche attraverso lo strumento della direttiva.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Voterò a favore della relazione dell’onorevole Kurt Lechner relativa alla raccomandazione per la seconda lettura sulla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE.
Ritengo soddisfacente il compromesso raggiunto nel corso di successivi negoziati. La soluzione proposta mira a semplificare la procedura di concessione del credito rendendo più facile per i consumatori ottenere l’accesso al credito in tutta l’Unione europea. L’armonizzazione e l’unificazione delle norme accrescerà la competitività tra gli istituti di credito, ridurrà i costi e creerà un reale mercato interno nell’ambito del credito ai consumatori.
Jacques Toubon (PPE-DE) , per iscritto. – (FR) La votazione sul progetto di direttiva relativa al credito ai consumatori segna un significativo progresso agli occhi dei deputati francesi dell’UMP [Union pour un Mouvement Populaire/Unione per un movimento popolare].
In effetti, grazie al contributo del Parlamento europeo, e in modo particolare del relatore, onorevole Kurt Lechner, il testo definitivo incoraggia l’apertura delle frontiere in un settore importante della vita quotidiana, tutelando al contempo i diritti esistenti dei consumatori, in particolare dei consumatori francesi.
Il recepimento della direttiva consentirà pertanto di offrire in futuro migliori condizioni di credito nonché di limitare il rischio di indebitamento eccessivo.
Bernadette Vergnaud (PSE) , per iscritto. – (FR) A distanza di sei anni dall’arrivo dell’euro, l’Europa non dispone ancora, a livello bancario, di un mercato unico a vantaggio dei consumatori, che dia loro una prova più concreta dei vantaggi della moneta unica.
Le informazioni relative ai tassi di interesse e alle condizioni e ai termini di concessione del credito saranno uniformate al fine di semplificare il confronto tra le offerte. Inoltre, i consumatori potranno operare una scelta con piena cognizione di causa e ottenere le migliori condizioni di prestito.
Le società di credito dovranno altresì informare chiaramente i consumatori dei vantaggi e degli svantaggi delle loro offerte di prestito. La questione del diritto di recesso in caso di contratti di credito collegati (consegna immediata dei beni) e quella dell’importo degli indennizzi imposti in caso di rimborso anticipato del prestito sono definite in modo chiaro. L’indennizzo dovrà essere “corretto e oggettivamente giustificato”. Non potrà superare l’1% dell’importo totale del prestito rimborsato in anticipo e non sarà consentito in caso di prestiti a tasso variabile. Sono particolarmente soddisfatta in quanto gli Stati membri potranno prevedere, come accade attualmente in Francia, che non venga richiesto alcun indennizzo per prestiti inferiori ai 10 000 euro, e per questo motivo ho votato a favore.
Charlotte Cederschiöld, Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) I moderati hanno votato a favore della proposta per una strategia europea sui diritti dei minori. Riteniamo che i diritti dei minori debbano essere rispettati al pari dei diritti umani e, com’è ovvio, sosteniamo l’iniziativa di combattere la pornografia infantile e lo sfruttamento sessuale dei bambini. Tuttavia, abbiamo il dovere di sottolineare che molti punti nella relazione si riferiscono ad ambiti che dovrebbero essere regolamentati a livello intergovernativo, per esempio l’adozione. Inoltre, vengono trattati argomenti già disciplinati dalla normativa comunitaria vigente, quali la pubblicità in televisione e l’etichettatura dei prodotti.
Proinsias De Rossa (PSE) , per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione poiché ritengo che contribuisca positivamente alla lotta contro ogni forma di violenza e abuso nei confronti dei minori, tra cui la povertà, la discriminazione e l’accesso all’istruzione.
Ho accolto con particolare favore l’iniziativa del Parlamento europeo relativa a un meccanismo secondo cui in Europa i fornitori di prodotti fabbricati sfruttando il lavoro minorile possono essere processati. Esorto inoltre la Commissione a istituire altri meccanismi che individuino il principale responsabile di una catena di fornitura rea di aver violato le convenzioni dell’ONU riguardanti il lavoro minorile.
Tuttavia, disapprovo i tentativi di eliminare dalla relazione i riferimenti al diritto degli adolescenti a una formazione e a servizi in materia di salute riproduttiva e di pianificazione familiare.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Roberta Angelilli su “Una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori” poiché è importante rivolgere l’attenzione al fatto che molti strumenti adottati a livello comunitario influiscono in modo diretto o indiretto sui diritti dei minori. Ritengo, pertanto, fondamentale istituire un quadro normativo che riconosca i diritti dei minori affinché possano essere codificati giuridicamente.
In questo contesto, tale relazione contribuisce in modo significativo a garantire il rispetto dei diritti dei minori, in quanto chiede una legislazione comunitaria che vieti qualsiasi forma di violenza contro i bambini, e sottolinea l’importanza di settori quali l’istruzione, la salute, l’adozione e la lotta alla povertà e alla discriminazione. Desidero inoltre precisare che il nuovo Trattato di Lisbona fornisce una base giuridica per i diritti dei minori, che ora figurano tra gli obiettivi dell’Unione europea.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) I diritti dei minori sono senza dubbio universali e inviolabili e i deputati del partito Junilistan constatano con piacere che tutti gli Stati membri dell’Unione europea hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia. Ciò significa che siamo già vincolati dalla normativa internazionale alla tutela dei bambini contro il lavoro minorile, il traffico, la violenza e molte altre forme di ingerenza nella vita dei minori. Inoltre, nell’ordinamento svedese, i diritti dei minori si collocano in un ambito che pone il migliore interesse del minore quale considerazione di assoluta preminenza.
Abbiamo scelto di astenerci dal voto sulla relazione per la semplice ragione che la relatrice sembra non aver concentrato l’attenzione sul migliore interesse del minore. Il testo si focalizza quasi esclusivamente su quale specifico modello sociale dovrebbero adottare gli Stati membri sui rispettivi territori al fine di rendere effettiva quella che il Parlamento ritiene essere la soluzione migliore. La presente relazione considera tutti gli aspetti, dal divieto della violenza in televisione e della vendita di videogiochi violenti sino ai matrimoni forzati, alle adozioni e al lavoro illegali.
Ovviamente, abbiamo votato a favore dell’emendamento che sottolinea l’importanza di conformarsi pienamente alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia quale garanzia di tutela giuridica e dei diritti umani universali dei minori.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La presente relazione contiene quasi 200 articoli e comprende alcuni aspetti cui siamo favorevoli e altri che non sosteniamo. Il nostro voto dovrebbe essere compreso alla luce di questa dichiarazione.
Tuttavia, dovremmo precisare che la relazione non affronta le cause delle situazioni che a tratti rileva.
Il documento non si assume le proprie responsabilità non criticando le politiche neoliberali dell’Unione europea, che sono la prima causa della povertà di milioni di persone, soprattutto bambini. Tali politiche conducono a profonde e inaccettabili disparità sociali, provocate dallo sfruttamento e dalla concentrazione del capitalismo; politiche che favoriscono il conflitto sociale, con la perdita del valore dei salari dei lavoratori, licenziamenti facili e aumento degli accordi contrattuali poco sicuri, un orario di lavoro più lungo e flessibile nonché la liberalizzazione e la privatizzazione dei servizi pubblici. Politiche, infine, che hanno conseguenze profondamente negative sull’efficienza e sulle condizioni di vita dei lavoratori e delle loro famiglie, e pertanto dei loro figli.
Il rispetto e il pieno esercizio dei diritti dei minori necessitano, tra l’altro, di un’equa distribuzione della ricchezza, di posti di lavoro che prevedano diritti, di retribuzioni dignitose, di orari di lavoro più brevi, dello sviluppo di forti sistemi pubblici di sicurezza sociale, di salute e di istruzione universali e liberi.
Marian Harkin (ALDE) , per iscritto. – (EN) Nel dichiarare il mio voto favorevole alla relazione, desidero chiarire la mia posizione in merito al paragrafo 2 della stessa. In quest’ultimo si dichiara che la decisione della Conferenza intergovernativa del 19 ottobre 2007 di inserire i diritti dei bambini tra gli obiettivi dell’UE nel Trattato di Lisbona, fornisce una nuova base giuridica per i diritti dei bambini. Conformemente a quanto rispostomi dal Commissario Frattini nel corso del dibattito in sessione plenaria, il Trattato di Lisbona non introduce basi giuridiche specifiche ed è importante che ciò venga chiarito. Per quanto riguarda il paragrafo 127, non l’ho appoggiato in quanto sono contraria al divieto di indossare il velo e l’hijab.
Milan Horáček (Verts/ALE), per iscritto. − (DE) Vorrei commentare la relazione Angelilli su una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori. È un testo eccellente che si occupa in modo radicale delle questioni della prostituzione minorile e del turismo sessuale, fenomeno particolarmente importante.
Le vittime di tali reati si possono trovare anche nel cortile di casa nostra. Nella zona di frontiera tra Germania, Repubblica ceca e Austria, per esempio, la prostituzione che coinvolge le donne e i bambini in misura crescente, è aumentata in modo vertiginoso dopo l’apertura delle frontiere. Tuttavia, questo problema per lungo tempo non è stato considerato una priorità a livello comunitario.
Le questioni alla base della prostituzione minorile, quali l’organizzazione in rete di criminali attraverso Internet e la mancanza di cooperazione riguardo al controllo transfrontaliero e l’attuazione della normativa, possono essere contrastate solo a livello europeo.
La relazione si occupa di tali ambiti e li integra in una strategia complessiva. Anche se c’è ancora molto da fare nella lotta all’abuso contro i minori, questo è un segnale incoraggiante.
Jean Lambert (Verts/ALE) , per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione in quanto ritengo sia un documento completo, pieno di buone proposte. Ho accolto in modo particolarmente positivo il riconoscimento del diritto dei minori di essere coinvolti in decisioni che li riguardano direttamente, nonché quello di essere rappresentati in modo adeguato in questioni legali o amministrative. Questa relazione è determinata riguardo alla necessità di un contesto familiare sano e del diritto al gioco. Riconosce inoltre che i minori che esercitano legalmente il diritto al lavoro, dovrebbero essere remunerati sulla base di pari salario per pari lavoro: un numero eccessivo di giovani viene sfruttato per ottenere un’alternativa meno costosa ad altri lavoratori, pur lavorando e impegnandosi nella stessa misura in molti settori. Ho votato per eliminare il paragrafo che incoraggia gli Stati membri a vietare per legge alle giovani donne di indossare l’hijab. Ritengo che questa sia una proposta mal formulata della commissione per i diritti della donna, che sostiene che l’hijab sia automaticamente segnale di sottomissione della donna, il che non è vero. Personalmente, mi sento offesa nel vedere ragazzine in età preadolescenziale che indossano abiti con sopra scritte proposte sessuali, ma non cercherei di vietarle attraverso una relazione parlamentare. Sarei lieta che la relazione venisse approvata senza tale paragrafo.
David Martin (PSE) , per iscritto. – (EN) Ho sostenuto con forza l’iniziativa di una strategia europea completa e coerente sui diritti dei minori. La lotta contro ogni forma di violenza, povertà e discriminazione subita dai bambini è qualcosa di cui non ci si dovrebbe occupare unicamente a livello nazionale. La tutela dei diritti dei minori all’educazione, alla salute, all’adozione, dovrebbe continuare a essere riconosciuta e garantita dall’intera Europa.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Nelle società parallele la violenza si diffonde assieme a un’antica tradizione islamica. I minori danno sfogo all’odio instillato in loro nei confronti della decadente cultura occidentale in atti violenti nel cortile della scuola e per la strada o si trasformano in potenziali terroristi. Abbiamo ignorato i primi avvertimenti che segnalavano una tolleranza mal concepita, e abbiamo rifiutato di accettare ciò che era uno slancio esplosivo.
L’aumento del traffico dei minori e della pedopornografia è anch’esso allarmante; gli autori dei reati sessuali, come è risaputo, mostrano un’elevata probabilità di recidiva. A questo proposito, sono state inoltre scoperte dubbie procedure di adozione per bambini dei paesi in via di sviluppo, procedure che coinvolgono il traffico minorile, il commercio di organi umani o la prostituzione.
In considerazione di un numero enorme di orfani in attesa di un’adozione, in primo luogo in Europa orientale, e di milioni di bambini mai nati in Europa, un severo divieto di adozione di bambini non europei sarebbe un duro colpo contro il traffico minorile, come lo sarebbe l’introduzione di un registro degli autori di reati sessuali di tutta Europa nonché l’inasprimento delle pene per i rapporti sessuali con i minori e la detenzione di materiale pedopornografico. Infine, ma ugualmente importante, è necessario combattere anche la violenza domestica nelle famiglie di immigrati nonché limitare il numero di stranieri nelle scuole al fine di disinnescare la spirale di violenza.
Baroness Nicholson of Winterbourne (ALDE) , per iscritto. – (EN) Se da una parte il Trattato di Lisbona definisce la promozione dei diritti dei minori un obiettivo fondamentale dell’Unione europea, dall’altra non istituisce nuovi poteri legislativi al riguardo. Ritengo che, in questo contesto, ogni iniziativa dovrebbe essere presa in conformità del quadro normativo esistente. In questa relazione vi sono numerosi punti che oltrepassano tali limiti. Tantomeno questo documento offre soluzioni concrete ai problemi dei minori. Un esempio ne è l’assistenza istituzionalizzata. Abbiamo votato affinché questa venga limitata a una misura temporanea. Centinaia di migliaia di bambini in Europa sono nati già con significative disabilità fisiche o mentali o le sviluppano successivamente; pertanto è per loro una necessità sociale o medica usufruire dell’assistenza istituzionale a lungo termine. Un bambino quadriplegico, con spina bifida o idrocefalo può avere una vita felice e dignitosa con un personale esperto che lo assiste e le visite della sua famiglia. Rafforzare il sistema è la priorità, non la sua abolizione.
Noi europei siamo vincolati al rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. Questa relazione modifica molti degli importanti messaggi contenuti nella Convenzione. Pertanto, con rammarico, mi trovo costretta a non sostenere questa relazione, nonostante condivida le preoccupazioni espresse dai suoi fautori.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Questa lunga relazione, piena di retorica, tenta di celare la responsabilità dell’Unione europea e degli Stati membri per le loro barbare politiche, che si riflettono nelle condizioni disumane in cui vivono i minori e i genitori di famiglie comuni. Quanto ipocrita può essere l’Unione europea che dovrebbe mostrare interesse nei diritti dei minori mentre la propria politica tormenta i lavoratori con la disoccupazione, il lavoro a tempo parziale, la riduzione della qualità della vita, la privatizzazione del settore sanitario e dell’istruzione, e la commercializzazione di sport e cultura. I riferimenti edificanti alla lotta contro la violenza nei confronti dei minori, la pornografia infantile, e così via, non possono nascondere il fatto che il sistema, il cui valore primario è il profitto, considera gli stessi bambini una fonte di profitto. Commercializza le adozioni, conduce le persone al lavoro minorile, la prostituzione e il commercio di organi. Con quale sfrontatezza l’Unione europea dichiara di essere a favore dei diritti dei minori, mentre un aereo dell’UE/NATO ha in realtà bombardato una clinica di maternità a Belgrado! Non dimentichiamo che le forze armate europee e della NATO stanno assassinando migliaia di bambini in Afghanistan, Iraq e altrove. Non dimentichiamo che stanno condannando a morire di fame e di malattia centinaia di migliaia di bambini in Africa, Asia, e in tutto il pianeta, reati sui quali la relazione non si è affatto pronunciata.
Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) I minori sono persone con i loro diritti, sin dal momento del concepimento. Ogni bambino ha il diritto a una famiglia, che è la base della sua educazione. Non dobbiamo dimenticare i bambini di strada e i figli degli immigrati, esposti anche alla violenza. I diritti dei minori devono essere la principale priorità dell’Unione europea. Accolgo positivamente l’iniziativa di creare una linea telefonica di assistenza riservata.
Attraverso il mio voto, ho espresso il mio accordo nei confronti della strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori. Tale strategia è contenuta in un’eccellente relazione elaborata dalla collega, l’onorevole Angelilli, che fornisce una grande quantità di informazioni utili.
Dobbiamo capire che ci mancano ancora le basi giuridiche. Pertanto, quale strategia a lungo termine, è necessario adottare misure concrete nell’ambito dei diritti dei minori e metterle in pratica il prima possibile. La ratifica del Trattato di Lisbona renderà giuridicamente vincolante la Carta europea dei diritti fondamentali, il cui articolo 24 si occupa espressamente dei diritti dei minori.
Nei prossimi giorni affronteremo numerose sfide: ridurre la cibercriminalità quanto prima, porre fine alla pedofilia e agli abusi sessuali nei confronti di bambini e minori, definire norme internazionali in materia di adozione, in cui dovrebbe prevalere l’interesse del minore e non degli adulti. Tutte le forme di violenza devono essere vietate.
Ora è il momento di passare dalle parole ai fatti. L’Unione europea deve ascoltare i bambini: essi sono la base della società del futuro. La casa europea deve essere una casa sicura per i nostri bambini; se loro sono felici, avremo una società felice.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Nel contesto della discussione sull’elaborazione di una strategia europea per i diritti dei minori, ritengo dovremmo dare priorità al concetto di “interesse del minore”, non in contrasto con l’idea dei diritti, bensì per integrarli, nonché quale principio guida della strategia.
Le minacce ai diritti dei minori, in Europa e nel resto del mondo, si diversificano per natura e grado. Mentre in alcune regioni la priorità è la lotta alla povertà e alle sue cause, o intraprendere azioni contro il reclutamento dei bambini soldato e contro lo sfruttamento sessuale, in altri casi è necessario tutelare il diritto di accesso ai servizi sanitari, la protezione contro l’abuso sessuale o il traffico di minori, o il diritto all’adozione in modo puntuale e conforme a norme trasparenti, nonché rafforzare il ruolo della famiglia. In tutti i casi, tuttavia, il criterio dovrebbe essere quello del “migliore interesse del minore”.
Questa è la regola, il criterio che si dovrebbe impiegare al fine di valutare l’utilità, la necessità e il valore di ogni decisione, normativa o iniziativa. Pertanto, ritengo che il passo più importante nell’elaborare questa strategia sia quello di fissare tale concetto, cui subordinare i cataloghi dei diritti, in quanto non sempre sono ragionevoli, attuabili o adeguati.
Lydia Schenardi (NI) , per iscritto. – (FR) La presente relazione ha il grande merito di definire con chiarezza i diritti dei minori, ma soprattutto di denunciare in modo pressoché esaustivo i pericoli ai quali sono sottoposti: dall’assistere, sin dalla più tenera età, ad immagini di terrore, pornografia e violenza diffuse dai mezzi di comunicazione, ai delitti d’onore, ai matrimoni forzati e alle mutilazioni genitali per motivi di ordine culturale o religioso.
Senza mai citare formalmente le parole “Islam” o “islamismo”, termini decisamente tabù in quanto il politicamente corretto e il timore di rappresaglie vietano nel modo più assoluto di fare qualsiasi commento riguardo a tale religione e ancor meno di criticarla, la relatrice riesce tuttavia, sotto la copertura di osservazioni più generali, a condannare nel rispetto della legge tutte le discriminazioni che riguardano la pratica dell’Islam. Vengono inoltre condannati i divieti imposti alle ragazze di beneficiare della scolarizzazione, di praticare sport, quale il nuoto, oltre a tutte le pratiche tradizionali barbare e deleterie per le giovani donne di religione musulmana.
Noi tutti ne siamo lieti. La presente relazione è un primo passo verso un inizio di libertà di espressione e di lungimiranza. Voteremo a favore.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Un paragrafo è stato motivo di preoccupazione per tutti i gruppi. Nel paragrafo 127 della relazione originale era contenuta la proposta che chiedeva agli Stati membri dell’Unione europea di introdurre il divieto di indossare il velo e l’hijab a scuola. Come singoli cittadini possiamo sostenere l’idea di fondo, ossia quella di tutelare il diritto dei minori a giocare liberamente, partecipare alle lezioni di ginnastica e, in quanto minori, di godere di un certo grado di protezione contro il potere coercitivo dei genitori. Tuttavia, una questione sensibile e complicata come questa è difficile che possa essere risolta a livello comunitario. I paesi europei bilanciano i diritti e le responsabilità di minori, genitori e Stato a seconda delle rispettive storie e situazioni politiche. Noi ci troviamo in completo accordo riguardo all’idea che l’Unione europea debba creare un ottimo quadro normativo. Da un punto di vista razionale, il paragrafo 127 non rientra in un quadro di tale genere.
Kathy Sinnott (IND/DEM) , per iscritto – (EN) Sono stata positivamente colpita dal fatto che la commissione e rispettiva relazione abbiano posto un forte accento sulla famiglia e riconosciuto la sua posizione rispetto ai minori. Ho inoltre accolto con favore la difesa vigorosa dei minori riguardo al traffico, l’istituzionalizzazione, la pornografia e la disabilità.
Tuttavia, la relazione confonde la politica comunitaria con la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo che trasferisce la responsabilità dei minori dai genitori allo Stato. Benché non vi sia alcuno specifico riferimento, è una brusca modifica di grande rilevanza.
Nonostante gli elementi positivi della relazione, come quelli sopramenzionati, il documento è stato purtroppo utilizzato al fine di promuovere l’agenda sui diritti sessuali e riproduttivi (tra cui, secondo la Convenzione dell’ONU, figura l’aborto), particolare piuttosto inadeguato dato che si tratta di minori e della loro tutela. Sebbene sostenga strenuamente tutti i tipi di tutela nei confronti dei minori, non posso approvare questa relazione.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Nonostante la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia, sottoscritta da molti Stati membri, vi sono ancora troppe violazioni dei diritti fondamentali di giovani e bambini.
Pertanto, l’iniziativa della Commissione di presentare una strategia europea è accolta molto positivamente. Sebbene i diritti dei minori restino di competenza degli Stati nazione, la Commissione e la relatrice del Parlamento europeo, l’onorevole Angelilli, hanno posto in rilievo numerosi punti urgenti, quali la lotta a ogni forma di violenza, di povertà e discriminazione subita dai minori, nonché il rispetto dei diritti dei bambini immigrati. Il gruppo Verde/Alleanza libera europea è riuscito ad aggiungere alla relazione i seguenti punti: prestare maggiore attenzione al diritto dei minori di partecipare a decisioni che li riguardano direttamente, riconoscere un rappresentante dei minori, vietare il lavoro minorile, retribuire i giovani di età inferiore ai 18 anni sulla base di pari salario per pari lavoro, riconoscere i diritti dei bambini profughi, nonché il diritto a un ambiente sano e protetto.
Sono lieto che il Parlamento abbia riservato un momento di discussione a questa tematica, e approvo pienamente la relazione.
Konrad Szymański (UEN), per iscritto. − (PL) Non ho potuto approvare la relazione relativa alla strategia sui diritti dei minori, in quanto la sinistra è riuscita a inserire almeno cinque riferimenti tra cui i cosiddetti diritti alla salute riproduttiva che, tra le altre cose, implica la possibilità di abortire.
Jeffrey Titford (IND/DEM) , per iscritto. – (EN) Sono favorevole alla promozione dei diritti dei minori da parte dell’UE. Un esempio recente che desidero riportare all’attenzione della Commissione è la discriminazione nei confronti del diritto dei minori di viaggiare con compagnie aeree che non dispongono di infrastrutture per i bambini non accompagnati. Se agissero allo stesso modo con le persone disabili o altri gruppi simili, ci sarebbero (giustamente) grandi proteste, ma probabilmente l’Unione europea ritiene che sia del tutto normale negare in modo arbitrario i diritti ai minori.
Al contempo, c’è stata qualche controversia riguardo al paragrafo 127 che raccomanda “agli Stati membri di introdurre il divieto di indossare il velo e l’hijab quantomeno nella scuola primaria”. Non ho votato a favore di questo paragrafo a causa delle parole ambigue impiegate e in quanto ritengo che sia una questione troppo importante perché venga affrontata in un punto marginale di tale relazione. Nondimeno sarei sconcertato se una simile pratica diventasse comune nelle scuole primarie europee.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE) , per iscritto – (EN) Sono tra i più tenaci sostenitori della necessità di offrire ai minori una buona educazione nell’ambito di un contesto familiare solido, amorevole e sicuro, al fine di proteggerli da abusi e sofferenze, di fornire loro una guida morale e un’istruzione di alto livello, e tutte le migliori opportunità della loro vita. Ritengo che il ruolo dello Stato in questo settore sia limitato, non dovrebbe cercare di cancellare diritti e doveri dei genitori, delle chiese e delle scuole. Pertanto, non vedo la ragione di coinvolgere l’Unione europea. Mi spiace che si sia proceduto alla cancellazione della richiesta di vietare velo e hijab quantomeno nella scuola primaria. Quale speranza esiste di un’adeguata integrazione nelle nostre attuali società occidentali se si consente di indossare tali indumenti? Sono perplesso anche dell’inserimento di parole riguardanti i “diritti” sessuali degli adolescenti, un’altra violazione dello stesso concetto di infanzia. Per queste e molte altre ragioni ho votato contro la relazione.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE) , per iscritto. – (EN) Sulla base dell’eccellente relazione della mia collega tedesca Doris Pack, ho votato a favore della risoluzione del Parlamento europeo sull’istruzione degli adulti che risponde alla comunicazione della Commissione dal titolo “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere”.
L’istruzione e la formazione, in particolare l’apprendimento degli adulti lungo tutto il corso della vita, sono fattori essenziali per la realizzazione degli obiettivi fissati nel quadro della strategia di Lisbona, che consistono nel rafforzare la crescita economica, la competitività e il progresso sociale. Che si parli in termini di competitività, di inclusione sociale degli adulti o di sfide associate ai cambiamenti demografici, questa iniziativa, datata 2001, è una buona notizia per l’Unione europea e i suoi cittadini.
Per quanto riguarda l’apprendimento e, in termini più generali, le questioni relative alle imprese, suggerisco di affidare la questione alle parti sociali le quali, occorre sempre ricordarlo, dispongono degli strumenti giuridici per la creazione di un diritto sociale europeo nel quadro dei trattati attuali con agli articoli 137 e seguenti del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), e come confermato dal Trattato di Lisbona in corso di ratifica.
Proinsias De Rossa (PSE) , per iscritto. – (EN) Ho votato a favore di questa relazione in quanto la portata del cambiamento attuale in campo sociale ed economico, la rapida transizione verso una società basata sulla conoscenza, nonché i cambiamenti demografici provocati dall’invecchiamento della popolazione in Europa sono tutte sfide che necessitano di un nuovo approccio all’istruzione nel quadro dell’apprendimento permanente.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Doris Pack su “Educazione degli adulti: non è mai troppo tardi per apprendere”, in quanto ritengo che l’apprendimento degli adulti, attraverso l’acquisizione di competenze fondamentali, sia essenziale al fine di raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona relativi a maggiore crescita economica, competitività e inclusione sociale.
Inoltre, e a completamento di quanto su esposto, concordo anche riguardo al punto di vista secondo cui l’apprendimento permanente è fondamentale per affrontare le attuali sfide dei cambiamenti economici e sociali, la rapida transizione a una società basata sulla conoscenza e i cambiamenti demografici imputabili all’invecchiamento della popolazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) È importante prestare maggiore attenzione all’educazione degli adulti, la cui agenda deve essere portata avanti. La partecipazione degli adulti all’istruzione e alla formazione non è sufficiente se l’Unione europea ha intenzione di raggiungere l’obiettivo di riferimento del 12,5% di partecipazione ai programmi di apprendimento degli adulti entro il 2010.
Tuttavia, occorre garantire la qualità dell’educazione degli adulti, rivolgendo un’attenzione particolare alle varie dimensioni della qualità, segnatamente allo sviluppo dei formatori, ai meccanismi di assicurazione di qualità e ai metodi e materiali di insegnamento.
Come si afferma nella relazione, l’educazione degli adulti è un elemento fondamentale dell’apprendimento permanente, oltre che un settore molto complesso. Gli adulti devono collegare quanto apprendono alle loro conoscenze, alle loro esperienze e al loro background culturale.
Infine, è necessario sottolineare l’importanza della parità di genere nei programmi di formazione lungo tutto l’arco della vita, che consentano a uomini e donne di usufruire allo stesso modo delle possibilità offerte da tale tipo di formazione, nonché di impiegare tutti gli strumenti disponibili al fine di garantire la parità tra uomini e donne nelle misure intese a elaborare politiche di formazione destinate agli adulti, in cooperazione con l’Istituto europeo per la parità di genere.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Abbiamo molta fiducia nella capacità degli Stati membri di affrontare questioni relative all’importante tematica dell’educazione degli adulti. È essenziale che i ministeri degli Stati membri preposti all’istruzione dispongano di fondi sufficienti allo sviluppo dell’educazione per gli adulti. Un modo per reperire risorse finanziarie è ridurre i contributi degli stessi Stati membri al bilancio comunitario affinché dispongano di più denaro per investimenti nell’assistenza, nell’istruzione e nella previdenza sociale.
Constatiamo ancora una volta il fallimento della maggioranza federalista nel Parlamento europeo riguardo alla competenza esclusiva degli Stati membri nell’organizzazione dell’istruzione e dei contenuti dei sistemi formativi.
La presente relazione d’iniziativa del Parlamento europeo non avrebbe mai dovuto essere scritta, né può essere considerata qualcosa di più di un modello di creazione di posti di lavoro per la commissione per la cultura e l’istruzione del Parlamento europeo.
Janusz Lewandowski (PPE-DE), per iscritto. − (PL) La relazione sulla quale ci apprestiamo a votare riguarda l’educazione degli adulti, ossia una questione che sta acquisendo un’enorme importanza in tutta l’Unione europea, ma che è diventata qualcosa di più nel mio paese, in cui è una tendenza positiva nonché una passione per migliaia di persone. Non è sempre la conseguenza di considerazioni puramente commerciali. Desidero attirare l’attenzione su uno degli aspetti dell’apprendimento permanente degli adulti connesso alle sfide moderne demografiche e della civilizzazione nonché all’eredità del vecchio ordinamento. Il sistema socialista ha imposto uno specifico modello formativo che, per quanto riguarda le materie umanistiche era pieno di propaganda e ideologia, e in altri campi rifletteva una distanza dalle tendenze del resto del mondo. Per questi motivi, l’educazione degli adulti nei nuovi Stati membri non è solo un’opportunità di riconoscere le lacune del summenzionato modello di istruzione socialista, ma è al contempo una reale apertura al mondo.
Per quanto riguarda la conoscenza delle lingue straniere, la disponibilità ad assumere il rischio del perfezionamento professionale e del cambiare occupazione, nonché la promozione di norme europee sull’istruzione, costituiscono ovvi prerequisiti per la mobilità e la possibilità di trovare lavoro, il che spiega l’ampio interesse nell’istruzione permanente tra i miei omologhi dell’Europa centrale e orientale.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Nella sua relazione, l’onorevole Pack chiede che l’istruzione prosegua lungo tutto l’arco della vita lavorativa di un individuo, e che non si limiti solo agli studi nel periodo scolare.
Concordo riguardo all’affermazione secondo cui l’attuale tasso di cambiamento economico e sociale impone la necessità di uno sviluppo personale costante e a lungo termine. È inoltre un dato di fatto che l’educazione degli adulti ha un impatto positivo sulla consapevolezza di questi ultimi del loro stesso valore, contribuisce a una migliore integrazione sociale e rafforza il dialogo interculturale.
David Martin (PSE) , per iscritto. – (EN) Ritengo che l’intento della relazione di garantire che gli Stati membri raggiungano l’obiettivo di riferimento di una partecipazione da parte degli adulti dell’ordine del 12,5% entro il 2010, rafforzerà non solo la competitività dell’Unione europea, ma consentirà anche una maggiore inclusione sociale e consapevolezza interculturale: esattamente ciò di cui abbiamo bisogno per l’Anno del dialogo interculturale. Il maggiore impiego della tecnologia e le proposte di aumentare le strutture per l’infanzia potenzieranno le opportunità per tutti di beneficiare realmente dell’istruzione. Ho quindi votato a favore della presente relazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Da un lato è controproducente che uno Stato interrompa l’apprendimento della propria popolazione, e dall’altro che presenti programmi di blue card, poiché l’aumento di contratti atipici e le maggiori pressioni della concorrenza hanno fatto sì che una buona formazione di base permanente adesso non sia diversa da qualsiasi tipo di tutela contro la disoccupazione. Persone con una preparazione abbastanza soddisfacente sono state rifiutate dalle aziende solo perché queste ultime cercano i laureati più economici disposti a lavorare con scarse garanzie e prospettive (un Mcjob) o vogliono proporre contratti di lavoro tra i più inconsueti.
Per una questione di principio, non dovrebbe essere consentito usare quale pretesto la mancanza di lavoratori qualificati. Se non è possibile, si dovrebbe preferire il modello stagionale. In questo caso si può evitare un’ulteriore migrazione di massa.
Nonostante le divergenze mostrate negli obiettivi dell’Unione europea, gli sforzi e i programmi nel settore dell’apprendimento lungo tutto il corso della vita meritano ancora il nostro sostegno.
6. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
Presidente . – Ciò conclude il turno di votazioni.
Desidero ringraziare il personale di servizio, in particolare gli interpreti, per aver resistito con noi oltre l’ora di pranzo.
(La seduta, sospesa alle 13.30, è ripresa alle 15.00)
PRESIDENZA DELL’ON. ADAM BIELAN Vicepresidente
7. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
8. Situazione in Kenya (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Kenya.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Mi fa molto piacere che oggi il Parlamento europeo discuta la situazione in Kenya e la relativa risoluzione proposta sull’attuale situazione nel paese.
Il semplice fatto che il Parlamento europeo abbia inviato la missione di osservazione elettorale sotto la guida dell’onorevole Lambsdorff, e la sua delegazione diretta dall’onorevole Mulder, ha lanciato un segnale molto importante sull’interesse del Parlamento europeo per la situazione in Kenya.
Le elezioni in Kenya, come sappiamo, si sono svolte il 27 dicembre. L’elevata affluenza degli elettori kenioti è la dimostrazione dell’impegno e della fiducia del popolo di questo paese nel processo democratico.
La missione di osservazione elettorale dell’Unione europea, guidata dall’onorevole Lambsdorff, era presente in loco. Ha ravvisato numerose irregolarità nel conteggio e nella registrazione dei voti nel corso di queste consultazioni, il che suscita seri dubbi sull’effettivo risultato elettorale. Come sappiamo, a seguito della pubblicazione degli esiti elettorali, Nairobi, la capitale, e altre parti del Kenya sono state teatro di violenza.
I sostenitori del leader dell’opposizione, Raila Odinga, si sono scontrati più volte con le forze di sicurezza e hanno attaccato i sostenitori del Presidente Kibaki. Secondo Louise Arbour, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, le forze di sicurezza hanno reagito “con eccessiva violenza”.
Almeno 600 persone hanno perso la vita e quasi 250 000 sono sfollate; tutto questo in Kenya, paese verso cui finora fuggivano i profughi dei paesi vicini, la Somalia e il Sudan meridionale.
Tali avvenimenti hanno danneggiato non solo l’economia del Kenya, ma anche dei paesi confinanti, in particolare quelli che non hanno accesso al mare. È una tragedia e, al contempo, un duro colpo inferto al processo di democratizzazione e all’intero continente africano, in cui il Kenya era guardato come un esempio.
L’Unione europea ha condannato la violenza in Kenya. Abbiamo chiesto ai leader del paese di tentare di rispondere ai dubbi sullo svolgimento regolare delle elezioni, ma prima di tutto di instaurare un dialogo e trovare una soluzione politica. Ovviamente, abbiamo provveduto alle necessità umanitarie della popolazione keniota. L’Unione europea ha accolto con favore la mediazione del Presidente del Ghana Kufuor, a capo dell’Unione africana.
Abbiamo inoltre dichiarato il nostro sostengo a un gruppo di importanti personalità africane guidate dall’ex Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, che dovrebbe arrivare a Nairobi a breve. Nel frattempo, il Presidente Kibaki ha nominato il suo governo senza una consultazione con Odinga, leader dell’opposizione. Quest’ultimo ha invitato a manifestare in massa nel paese tra tre giorni.
Un aspetto più positivo è che ieri il parlamento keniota ha tenuto la sua prima seduta. Il candidato dell’opposizione è stato eletto presidente del parlamento, una mossa incoraggiante che indica che in Kenya alcune norme democratiche vengono ancora rispettate e che l’opposizione ha ancora diritti.
L’Unione europea sa con assoluta chiarezza che non saranno possibili relazioni normali con il Kenya finché non verrà raggiunto un compromesso politico, che deve condurre a una soluzione permanente che rispetti la volontà del popolo keniota, ne conquisti la fiducia, e riporti la stabilità nel paese.
A nome dell’Unione europea, posso affermare che gli avvenimenti successivi alle elezioni in Kenya hanno rappresentato una grande delusione e che la situazione continua a essere preoccupante. Tuttavia, questa non può essere paragonata alla delusione dello stesso popolo keniota, che ha partecipato in massa alle elezioni con la speranza di un futuro migliore.
Louis Michel , Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, ovviamente la Commissione europea è profondamente preoccupata per la grave crisi in cui versa il Kenya. Inoltre, il giorno dopo le elezioni, quando abbiamo assistito ai segnali allarmanti dei disordini successivi a quanto accaduto, in particolare dopo il conteggio dei voti, ci siamo mobilitati e messi in contatto con le autorità di entrambe le parti, la maggioranza uscente e l’opposizione. Ho il dovere di comunicarvi inoltre che, a questo proposito, non ho avuto difficoltà a contattare direttamente e personalmente Raila Odinga. Per contro, malgrado reiterati tentativi, non sono mai stato in grado di prendere gli stessi contatti con Mwai Kibaki, cosa sorprendente, considerando quanto fosse semplice rintracciarlo in passato. È pertanto molto significativo del malessere dilagante.
La spirale di violenza seguita alle elezioni, che ha causato la morte di più di 600 persone e la fuga di oltre 250 000 persone, ha naturalmente messo in luce la frustrazione e la collera della popolazione keniota nei confronti dei profondi problemi di disuguaglianza socioeconomica e di corruzione che minacciano la società del Kenya, con il rischio di sfociare in uno scontro di carattere etnico. Tuttavia, queste elezioni hanno evidenziato anche le aspirazioni democratiche di questo popolo, aspirazioni che sono state beffate dalle irregolarità commesse il giorno delle elezioni, che mettono in serio dubbio la validità dei risultati ufficiali. Condividiamo pienamente le conclusioni e le dichiarazioni della missione di osservazione elettorale dell’Unione europea condotta dal vostro collega, l’onorevole Alexander Lambsdorff, cui voglio davvero porgere le mie congratulazioni per l’eccellente lavoro svolto, tanto che le autorità internazionali, esterne all’Unione europea, che avevano iniziato con una posizione leggermente meno categorica, in qualche misura meno obiettiva, alla fine hanno appoggiato le osservazioni e le conclusioni dell’onorevole Lambsdorff e le hanno adottate.
La posizione della Commissione riguardo alla situazione politica in Kenya non potrebbe essere più chiara. È urgente che i dirigenti politici del paese si assumano le loro responsabilità e si impegnino immediatamente e seriamente nella ricerca di un accordo politico. In mancanza di tale impegno, l’Unione europea non potrà far altro che rivedere le proprie relazioni con il Kenya che, va detto, sinora sono state eccellenti. Il Kenya è un paese che è stato considerato sulla buona strada in termini di governance, di diritti dell’uomo e democrazia e per di più svolgeva un ruolo fondamentale ai fini della stabilità regionale. Tuttti questi aspetti devono essere tenuti ben presenti.
La ricerca di un accordo politico è quindi in primo luogo responsabilità dei leader kenioti. Essa implica una sospensione immediata delle provocazioni e delle violenze nelle strade, ma anche nei mezzi di informazione e tra le prese di posizione pubbliche. È essenziale che il presidente Mwai Kibaki e il capo dell’opposizione Raila Odinga accettino di giungere a un compromesso, riconoscendo che il risultato delle votazioni non si è tradotto correttamente nell’esercizio del potere e della responsabilità, nonché che devono inevitabilmente condividere il potere al fine di evitare il proseguimento della crisi politica. Tale condivisione potrebbe essere una soluzione temporanea nell’attesa, per esempio, dello svolgimento di eventuali nuove elezioni.
Infine, è importante che la classe politica keniota riconosca l’urgente necessità di risolvere i problemi principali che sono all’origine di questa esplosione di violenza, che si tratti dell’organizzazione costituzionale dei poteri, della governance politica del paese o delle gravi discriminazioni e disparità socioeconomiche.
La Commissione e l’intera Unione europea sostengono pienamente la mediazione africana lanciata dal presidente Kufuor e proseguita da Kofi Annan, grazie a Graça Machel e Benjamin Mkapa. Chiedono al presidente Kibaki e a Raila Odinga di cooperare completamente al fine di raggiungere un accordo politico. Ho conversato a lungo con Desmond Tutu all’inizio della crisi, nel corso della sua missione di mediazione. Ho avuto inoltre un lungo colloquio con Kofi Annan, che ha segnalato che una mediazione africana che accompagni un processo di riavvicinamento è la soluzione migliore. Ho promesso il sostegno della Commissione a tale mediazione, sul piano politico e su quello finanziario.
Tuttavia, bisogna rallegrarsi oggi dell’elezione legittima del presidente del parlamento keniota avvenuta ieri sera, in cui si potrebbe intravedere un segnale di rispetto dell’ordinamento costituzionale, almeno da questo punto di vista. I prossimi giorni saranno tuttavia cruciali. Noi seguiremo da vicino la situazione e resteremo in costante contatto con i mediatori africani. Adatteremo le nostre relazioni con il Kenya, ivi comprese le questioni in materia di cooperazione, in funzione dello sviluppo della situazione e delle azioni concrete di entrambe le parti.
Tutte le opzioni sono oggi sul tavolo. È necessario un dialogo a livello europeo e internazionale al fine di ottenere il massimo risultato. Attualmente, sembra che la comunità internazionale sia sulla stessa lunghezza d’onda, che non ci siano più divergenze di approccio, di orientamento politico o di strategia, e questo è molto importante. Non era così all’inizio, immediatamente dopo le elezioni. Ritengo che adesso sia un risultato raggiunto ed è un aspetto positivo.
Per quanto riguarda la situazione umanitaria, la Commissione ha reagito molto rapidamente. A seguito delle valutazioni degli esperti ECHO e dei nostri partner sul posto, l’Esecutivo ha inviato un primo aiuto d’emergenza di 5,5 milioni di euro al fine di rispondere alle necessità degli sfollati rimasti senza acqua, cibo, rifugio e assistenza sanitaria.
Maria Martens, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, come è già stato detto, dal 2002 il Kenya è un esempio importante della democrazia e della stabilità nella regione. Negli ultimi anni, il paese ha compiuto grandi progressi a livello politico ed economico. Le elezioni in Kenya hanno dimostrato come la grande maggioranza dei kenioti preferisca la democrazia alla dittatura, e che la popolazione ha più fiducia nei rappresentanti politici che non nei militari. Tuttavia, si sono verificate allarmanti esplosioni di violenza, ed è in corso una crisi umanitaria che ha già causato la morte di centinaia di persone e la fuga di più di 250 000 profughi. Questo si ripercuoterà sulla situazione economica del paese.
Che cosa è necessario fare? È importante che l’Unione europea offra il suo completo sostegno al gruppo di “eminenti personalità africane” nominato dall’Unione africana e guidato da Kofi Annan. Se il passato può insegnarci qualcosa, è che non dobbiamo pensare che noi, in quanto Europa, siamo in grado di risolvere i problemi dell’Africa. Questi ultimi necessitano di soluzioni africane, e valuto positivamente il sostegno della Commissione europea su questo punto.
Signor Presidente, il nostro gruppo è totalmente a favore della risoluzione. Tuttavia, ho ancora un’osservazione da fare, qualcosa che il nostro gruppo ritiene estremamente spiacevole: il giorno successivo alle elezioni, ossia quando il risultato era stato deciso e, come affermato dal Commissario, si erano verificate numerose irregolarità, la Commissione europea ha trasferito più di 40 milioni di euro al governo in aiuti finanziari. Non ha neanche aspettato le conclusioni del nostro gruppo di osservazione che, fra l’altro, sono state pubblicate solo tre giorni dopo.
Tale decisione politica non può essere giustificata sul piano tecnico, ossia che il finanziamento era già stato rinviato una volta, fino a dopo le elezioni, e che era solo il terzo di una serie di pagamenti. Tale finanziamento avrebbe potuto e dovuto essere rinviato ulteriormente. È stata una decisione estremamente negativa, soprattutto perché gli stessi Stati membri hanno sospeso il loro aiuto. Non deve accadere di nuovo.
Emilio Menéndez del Valle , a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, un’ulteriore prova del fatto che la maggior parte del popolo keniota non ha sostenuto il Presidente Kibaki è che, nelle elezioni politiche, tenutesi congiuntamente a quelle presidenziali, il partito dell’opposizione di Odinga ha ottenuto più del doppio dei voti del partito di Kibaki.
Come sappiamo, questo ha consentito al partito di Odinga di ottenere la presidenza del parlamento, inaugurato ieri a Nairobi. Inoltre, 22 ministri del Presidente Kibaki, che aspiravano a essere eletti deputati, sono stati sconfitti alle elezioni.
A mio parere, la responsabilità del Presidente Kibaki è enorme, non solo riguardo alla frode elettorale. I suoi cinque anni di governo sono sfociati nella frustrazione, nella sfiducia e nell’inganno. L’economia, è vero, è cresciuta di circa il 6%, tuttavia più della metà della popolazione vive ancora sotto la soglia di povertà. Molti ministri del governo che, in un chiaro atto provocatorio, Kibaki ha nominato, sono stati coinvolti in casi di corruzione.
Questo Presidente, che ha la pretesa di rimanere al potere in modo illegittimo, ha un’altra grave responsabilità: il suo comportamento ha provocato la rinascita del conflitto interetnico, una spirale che può essere difficile da contenere.
E se tutto questo non bastasse, come sapete, due settimane fa, il presidente della commissione elettorale del Kenya ha dichiarato di non sapere ancora chi avesse vinto le elezioni presidenziali.
In considerazione di tutto questo, dal mio punto di vista e come afferma il paragrafo 11 della proposta di risoluzione comune di questo Parlamento, ha più senso esigere che vengano indette nuove elezioni qualora non sia possibile che un’istituzione indipendente organizzi un nuovo conteggio chiaro, trasparente e credibile dei voti delle elezioni dello scorso 27 dicembre.
Alexander Lambsdorff, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, vorrei iniziare esprimendo la mia gratitudine al Consiglio, alla Commissione e ai miei colleghi del Parlamento europeo. Vi è una forte unità tra le istituzioni. Questo mi fa molto piacere, e vale anche a nome del mio staff composto da oltre 150 osservatori, di cui almeno 50 sono rimasti in Kenya per più di un mese. La nostra unità in questo caso è un segnale positivo.
Alcuni di questi osservatori, desidero annunciarlo in quest’Aula, sono diretti adesso in Pakistan, o sono già lì, dove sono imminenti le difficili prossime elezioni. L’osservazione elettorale è a volte un lavoro complesso e pericoloso. Desidero ringraziare con tutta sincerità queste persone per il loro impegno.
Di qualunque schieramento voi siate, l’Europa è il valore comune. Possiamo essere orgogliosi, come ha appena dichiarato il Commissario Michel, che altre missioni di osservazione siano state sottoposte al nostro giudizio, per esempio dalla delegazione del Commonwealth e dall’International Republican Institute degli Stati Uniti. Ritengo che il lavoro di missione di osservazione abbia pertanto posto le basi per uno sforzo congiunto, nel cui ambito Unione europea, Africa e Stati Uniti cercheranno insieme una soluzione alla crisi del Kenya.
Nella sua risoluzione, il Parlamento europeo sottolineerà i percorsi che riterrà appropriati. In qualità di osservatore responsabile, non ho preso parte personalmente a tali consultazioni. La neutralità della nostra missione deve essere, dal mio punto di vista, preservata in modo inequivocabile sino al termine. E il termine corrisponde alla presentazione della nostra relazione finale, che stiamo attualmente elaborando.
Assieme al lavoro professionale dei nostri osservatori sul campo, la conseguente neutralità è stata la nostra risorsa principale. Neutralità e professionalità implicano anche che lavoriamo solo sulla base degli elementi e di prova. Nelle nostre conclusioni abbiamo scoperto l’esistenza di un certo scetticismo sui risultati delle elezioni presidenziali. Come missione di osservazione, non abbiamo mai dichiarato la vittoria di un candidato in particolare. Quello che abbiamo affermato è che non è possibile stabilire un vincitore.
Desidero fare una citazione dall’inglese di quanto scritto dagli osservatori delle elezioni kenioti:
(EN) “Dal nostro punto di vista, considerando l’intera procedura elettorale, le elezioni generali del 2007 sono state credibili per quanto riguarda il processo di votazione e conteggio. La procedura elettorale ha perso credibilità verso la fine, nel calcolo e nell’annuncio dei risultati presidenziali”.
Questa è una dichiarazione degli osservatori nazionali del Kenya, che hanno inviato nel paese tra le 16 000 e le 20 000 persone, e rispecchia completamente le nostre conclusioni.
Desidero ora dire qualcosa che riguarda me, lo staff e tutti noi: auspichiamo una rapida soluzione alla crisi, ci auguriamo la fine della violenza e il ritorno dei profughi nel loro paese di origine il prima possibile.
Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, signor Primo Ministro, signor Commissario, la questione del Kenya è più del solo problema degli abusi elettorali del presidente Kibaki. Ci troviamo di fronte a una crisi umanitaria che colpisce la popolazione civile.
La situazione più drammatica sembra essere quella di Eldoret, nella chiesa cattolica del Santo Spirito di Langas, in cui si registrano numerose uccisioni a sfondo politico ed etnico. Molti kenioti sono stati allontanati dalle loro case che sono in seguito state bruciate. Il 1° gennaio 2008, più di 3 000 persone si sono rifugiate nella parrocchia di Langas. I profughi non hanno cibo, acqua pulita e misure igieniche. Il 2 gennaio di quest’anno l’agenzia missionaria cattolica di informazione MISNA ha reso noto che nella cattedrale di Langas si erano rifugiate tra le 7 000 e le 10 000 persone. Non occorre solo la mediazione politica, ma anche un intervento inteso a garantire che non verrà permessa alcuna manifestazione di odio etnico e religioso.
Marie-Hélène Aubert , a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, ritengo che, data la situazione attuale, l’Unione europea debba tentare di consolidare la propria credibilità per quanto riguarda le missioni di osservazione che invia in questi paesi. Se si verifica, come in questo caso, con pesante gravità, che il risultato delle elezioni è chiaramente fraudolento, che il presidente non è da considerarsi legittimamente eletto, l’Unione europea dovrebbe allora essere coerente con la sua politica, iniziando, ed è veramente il minimo, con il non riconoscere il presidente, in questo caso Kibaki. In secondo luogo, l’Unione europea deve proporre e garantire che si tengano nuove elezioni presidenziali quanto possibile che consentano di eleggere il presidente in modo legittimo e questa volta con onestà.
Purtroppo, abbiamo alcuni precedenti, in particolare in Etiopia, in cui il presidente si è ugualmente imposto al potere con la forza, nonostante la comprovata frode, seguita da una terribile azione di violenza repressiva. L’accettazione del fatto compiuto da parte dell’Unione europea contribuisce a compromettere il valore dell’invio di missioni di osservazione.
A cosa serve inviare missioni di osservazione europee con la serietà e l’impegno di tutti i nostri colleghi in questo campo, con conclusioni che vengono riconosciute da tutti, se alla fine si accetta, a qualche mese di distanza, l’azione di forza di un presidente che non vuole neanche prestare ascolto? Accetteremmo una simile situazione in uno dei nostri paesi? Evidentemente no.
Pertanto, non si possono avere doppi criteri, in termini di democrazia e di processi elettorali che sosteniamo, uno per l’Unione europea e l’altro variabile, in funzione degli interessi degli uni e degli altri in queste regioni.
Credo che il popolo keniota auspichi che si faccia luce su questa situazione e reclami nuove elezioni, al fine di rendere la situazione perfettamente chiara.
Gabriele Zimmer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sicuramente siamo tutti concordi sulla tragicità degli avvenimenti in Kenya e sulla necessità di una fine categorica della continua violenza di oggi. La crisi in Kenya è una questione fondamentale e, secondo me, non solo di natura politica. Questa si ripercuoterà, a tutti gli effetti, sulla situazione nei vicini paesi africani.
È vero che in Kenya ci sono provocatori che tentano di istigare l’odio tra i gruppi etnici al fine di ottenere il potere. Tuttavia, se si legge la stampa libera keniota di questi giorni, per esempio, è incoraggiante vedere quanti giornalisti stiano lottando strenuamente per l’unità nel paese e tra la popolazione keniota, e si stiano ribellando alla frammentazione della società. Il problema è innanzi tutto che non è stato possibile consentire a una vasta parte della popolazione di beneficiare del boom economico del Kenya, e questa può essere una base da cui si diffonde la violenza. Nel contesto della nostra cooperazione allo sviluppo, dovremmo sottolineare maggiormente il fatto che si sta facendo un reale tentativo di realizzare cambiamenti e, in particolare, di portare avanti una campagna concreta contro la povertà in Kenya.
Ritengo inoltre che sia un problema discutere sulla cancellazione del sostegno finanziario al Kenya, in quanto alimenta le ansie sul futuro del paese. Accolgo con particolare favore il fatto che, Commissario Michel, l’Unione europea appoggi chiaramente Kofi Annan e gli altri mediatori dell’Unione africana nel contribuire alla risoluzione di tali processi in Kenya e con i politici africani.
Valdis Dombrovskis (PPE-DE). – (LV) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, desidero innanzi tutto evidenziare l’elevato livello di mobilitazione tra i cittadini del Kenya il giorno delle elezioni, che si sono caratterizzate per gli alti tassi di partecipazione e di pazienza da parte dei cittadini, nonostante le lunghe code e i problemi tecnici verificatisi in alcuni distretti. Purtroppo, la situazione relativa alla produzione dei risultati elettorali presidenziali è stata completamente diversa: non è stata raggiunta la trasparenza necessaria e le molte mancanze e differenze tra le informazioni hanno gettato l’ombra del dubbio sui risultati elettorali annunciati. Pertanto, l’impressione suscitata è che i risultati siano stati prodotti secondo il principio che non è importante il modo in cui si vota, bensì il modo in cui si contano i voti. Se non è possibile svolgere un riconteggio dei voti onesto e trasparente, in Kenya si dovrebbe procedere a nuove elezioni presidenziali. A seguito dell’annuncio dei risultati elettorali, la già tesa atmosfera è purtroppo diventata violenta. La maggiore priorità adesso è fermare tale violenza ed evitare la crisi umanitaria. L’Unione europea deve sostenere la missione condotta dall’Unione africana e da Kofi Annan intesa a mediare tra il presidente e l’opposizione per fermare la violenza e trovare una soluzione alla crisi politica. Se necessario, l’Unione europea deve trovarsi pronta a proseguire questa mediazione e, di certo, deve garantire al Kenya l’aiuto umanitario necessario per alleviare la condizione delle migliaia di profughi che, a causa della violenza, sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni. Gli aiuti umanitari dovrebbero tuttavia essere distribuiti in modo che raggiungano realmente i profughi e che vi sia un adeguato controllo sull’impiego dei finanziamenti. Da questo punto di vista, è discutibile la decisione della Commissione europea, il giorno successivo alle elezioni, di trasferire 40 milioni di euro di sostegno di bilancio al governo keniota, senza tener conto delle critiche degli osservatori dell’Unione europea riguardo al modo in cui tali elezioni sono state condotte. Il sostegno di bilancio, purtroppo, non garantisce un controllo rigoroso dell’impiego dei finanziamenti, e l’invio di una simile assistenza a un presidente e a un governo che hanno ottenuto il potere in elezioni discutibili deve essere valutata con attenzione. Chiedo alla Commissione europea di prendere in considerazione questa eventualità e di informare il Parlamento sulle misure adottate al fine di evitare il ripetersi di una simile situazione.
Glenys Kinnock (PSE) . – (EN) Signor Presidente, dobbiamo innanzitutto chiarire che la realtà del Kenya è quella di un paese in cui la maggior parte della popolazione vive con due dollari al giorno.
Il malcontento e la privazione sono massicci; la situazione nel paese ha determinato, come abbiamo visto, la nascita di un intero esercito di persone insoddisfatte, in quanto ciò che percepiscono è che in Kenya è cresciuto il divario tra gli abbienti e i non abbienti, e tutto questo nel contesto, da altri già citato, del 6% di crescita del PIL.
L’economia keniota è un’economia caratterizzata da redditi modesti e scarse risorse. Il Kenya è inoltre un paese che, tragicamente, è sommerso dal mecenatismo e dalla corruzione. E quello che osserviamo è che, mentre parliamo in quest’Aula oggi, la popolazione si rifornisce di prodotti alimentari ed esce nuovamente per le strade a Nairobi e in altre parti del paese.
Desidero pertanto associarmi a coloro che hanno affermato che l’Unione europea dovrebbe interrompere il sostegno finanziario al Kenya, fino a che non venga raggiunta una risoluzione politica alla crisi attuale. È, naturalmente, inaccettabile che siano stati inviati 40,6 milioni di euro il giorno dopo aver criticato le elezioni.
Sono molto lieta del fatto che lunedì il Commissario Michel abbia annunciato alla nostra commissione di voler rivedere immediatamente il sostegno finanziario. Desidererei informazioni più dettagliate in merito. Invece di incanalare risorse in Kenya attraverso le istituzioni, dobbiamo cercare un modo di farlo attraverso un progetto di sostegno, che garantisca inoltre che la popolazione povera del paese non venga danneggiata da una simile iniziativa.
Dal mio punto di vista, ci occorre essere molto più chiari riguardo alla necessità di subordinare l’invio di aiuti di Stato a una buona governance, come viene affermato chiaramente nell’accordo di partenariato di Cotonou, cosa che non abbiamo fatto. Temo che abbiamo chiuso gli occhi su molte delle gravi accuse di corruzione in quel paese.
Infine, bisogna ricordarsi di coloro che sono personalmente coinvolti nei risultati irregolari delle elezioni, di cui gli osservatori ci hanno riferito, e non consentire loro di farla franca.
Ritengo inoltre che l’Unione europea debba svolgere il proprio ruolo nel controllare il processo di mediazione. Siamo stati all’avanguardia nel chiedere che venissero fatte tali considerazioni, e vorrei che il Consiglio e l’Unione europea fossero più decisi e concreti in questo approccio, e che si assicurino che dall’Europa venga fornito a Kofi Annan tutto il sostegno di cui ha bisogno, nonché che possa essere istituita quanto prima una nuova commissione elettorale.
Anna Záborská (PPE-DE). – (SK) Consentitemi di porre qualche domanda e formulare qualche osservazione.
Che cosa è accaduto da novembre ai finanziamenti dell’Unione europea per la missione a Nairobi? Come mai il trasferimento è stato rinviato sino alle elezioni e il denaro è stato erogato il giorno successivo a queste ultime? All’epoca erano disponibili solo i risultati preliminari ed esistevano già i primi dubbi riguardo all’affidabilità della procedura. Chi ha la responsabilità di controllare l’impiego dei finanziamenti ottenuti grazie ai contribuenti dell’Unione europea e destinati all’assistenza allo sviluppo? Se si nutrivano dubbi in merito allo svolgimento delle elezioni, avrebbero dovute esserci norme chiare, definite precedentemente, intese a evitare che i finanziamenti non venissero trasferiti sino all’annuncio ufficiale dei risultati elettorali.
Quando sono stata in Kenya un mese prima delle elezioni, molte persone, tra cui il signor Commissario, mi hanno fatto notare che la situazione avrebbe potuto sfociare nella violenza. Dato che l’aiuto finanziario è destinato alle persone, la condizione per fornirlo non deve essere la stabilità della situazione, poiché in questo modo dovremmo sospendere il sostegno in molti paesi, non solo in Africa.
Non approvo l’impiego dell’assistenza allo sviluppo quale strumento di manipolazione. Sospendere i finanziamenti è una forma di pressione politica, di cui pagheranno le conseguenze coloro ai quali l’aiuto è destinato. I contribuenti europei pagano insieme la loro parte e le persone che aiutiamo non possono diventare ostaggi dei leader politici. Gli accordi non dovrebbero essere condizionati dall’assistenza allo sviluppo: spesso non sono subordinati al rispetto dei diritti umani. La popolazione keniota ha bisogno del nostro aiuto, che sostenga Kibaki oppure Odinga. Le persone vivono una accanta all’altra in case misere e in estrema povertà.
Sappiamo che si sono tenute le elezioni in Africa. Secondo il popolo keniota, anche se il conteggio dei risultati forse non è stato del tutto preciso, gli esiti non avrebbero cambiato nulla. Pertanto, non dovremmo punire la gente che dipende dal nostro aiuto, e penso agli europei e agli slovacchi, che nonostante la grave situazione non si sono tirati indietro e hanno proseguito i lavori per completare gli accordi bilaterali. Posso garantire che i finanziamenti per tali progetti sono stati impiegati efficacemente e non sono stati macchiati da episodi di corruzione.
Josep Borrell Fontelles (PSE) . – (ES) Signor Presidente, noi europei non possiamo limitarci ad affermare di essere molto preoccupati, ma di nutrire molta speranza che la situazione torni alla normalità, poiché un ritorno alla normalità pagato con l’accettazione della vittoria sleale di Kibaki, non è una soluzione che possiamo tollerare.
In troppi paesi africani le elezioni truccate hanno privato i cittadini della fede e della speranza nel sistema democratico. Un nuovo caso, questa volta in Kenya, sarebbe letale per la speranza democratica dell’Africa.
Solo una forte pressione esterna può condurre a una soluzione. Senza di essa, i due leader non giungeranno ad alcun tipo di accordo, e dobbiamo dire chiaramente a Kibaki che il suo è un governo illegittimo e agire di conseguenza. Se così non fosse, le nostre missioni di osservazione elettorale perderebbero totalmente di significato.
Abbiamo parlato di responsabilità degli africani, ma ricordiamoci anche delle nostre responsabilità. Per troppo tempo abbiamo fatto finta di non vedere ciò che accadeva in Kenya e tessuto le lodi di un paese quale esempio di democrazia, dimenticando le disuguaglianze sociali e la corruzione che regnava in tutto il paese: dall’indipendenza questo paese ha ricevuto 16 miliardi di dollari e ci sono stati solo quattro presidenti.
Il Kenya sta pagando a caro prezzo la protezione e il sostegno che abbiamo fornito ai suoi governi scadenti, senza denunciarli. Adesso non possiamo più chiudere gli occhi.
Thijs Berman (PSE). – (NL) Signor Presidente, oggi abbiamo assistito a ulteriori gravi atti di violenza della polizia contro i manifestanti. Ci sono stati altri morti in Kenya. Può esserci una fine a questa tensione in mancanza di nuove elezioni presidenziali? Ne dubito. In ogni caso, è necessaria un’indagine indipendente su questa truffa elettorale, il cui esito deve essere rispettato da tutte le parti coinvolte, anche se dovesse prevedere nuove elezioni.
Il Kenya sta correndo rischi tremendi. È nell’interesse di tutti i kenioti, della regione nonché della stessa Unione europea, fermare i disordini. Rifiutare il dialogo in questo momento sarebbe irresponsabile. È inoltre chiaro che è fuori questione fornire altro aiuto finanziario a un governo antidemocratico come questo.
Kofi Annan si è ammalato e mai influenza arrivò in un momento peggiore. Tuttavia, l’Unione europea non deve perdere tempo nel sostenere pienamente la sua missione e nell’offrire assistenza tecnica e finanziaria se necessaria. È ovvio che in prima istanza spetta ai leader africani mediare ma, se la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente prima dell’arrivo di Kofi Annan, la stessa Unione europea dovrà essere pronta a unirsi all’Unione africana nell’inviare quanto prima a Nairobi una delegazione di alto livello. Il Kenya non deve diventare un’altra Somalia e non è ancora troppo tardi.
David Martin (PSE) . – (EN) Signor Presidente, concordo con l’onorevole Borrell Fontelles sul fatto che, se qualcosa di positivo si può trarre dalla situazione post-elettorale in Kenya, è scoprire che la cosiddetta storia di successo del paese si fondava su basi labili. Se è vero che è forte il desiderio di democrazia tra la gente comune e che il Kenya sta registrando un grande boom economico, è altrettanto vero che un governo che per anni ha gestito questo boom economico non è stato in grado di garantire che l’intera popolazione ne traesse benefici economici e sociali.
Adesso siamo consapevoli che nel paese esiste una radicata disparità sociale ed economica e che da anni il governo opera su una base di corruzione e di cattiva gestione economica. I concetti, come giustamente afferma l’onorevole Kinnock, di buona governance e di rispetto della democrazia sono prerequisiti per ottenere il sostegno dell’Unione europea. Tuttavia, al contrario di quanto affermato da altri oratori, questo non significa che dobbiamo abbandonare il paese, bensì che dobbiamo reincanalare i nostri aiuti attraverso agenzie e organizzazioni in grado di consegnare il denaro ai poveri, ai più bisognosi e ai più deboli del Kenya. È chiaro che, se i risultati delle elezioni non vengono adeguatamente controllati e rispettati, non possiamo continuare a inviare denaro attraverso il governo keniota. Dobbiamo lanciare un messaggio chiaro: la buona governance è un prerequisito per ricevere assistenza dall’Unione europea.
Anders Wijkman (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, questa situazione, come tutti gli altri deputati hanno affermato, è molto tragica: assomiglia in modo impressionante a quello che accadde pochi anni fa ad Addis Abeba.
Dubito che si possa trovare una soluzione in mancanza di nuove elezioni. Tuttavia, teoricamente, adesso una soluzione si dovrebbe trovare in Kenya attraverso il dialogo, possibilmente sostenuto dall’Unione africana. Sinora, però, abbiamo assistito a pochissimi progressi, e il tempo a disposizione è scarso: la struttura del paese si sta disintegrando mentre noi parliamo.
Non possiamo restare in attesa se la situazione non si è risolta. Sospendere gli aiuti è un dovere nelle circostanze attuali. Inoltre, se l’accordo fallisce, l’Unione europea deve intervenire al fine di prestare assistenza nella mediazione. La Commissione e il Consiglio sono pronti per questo? Nella prospettiva a lungo termine, proporrei che dovremmo seriamente rivalutare non solo la nostra cooperazione allo sviluppo, ma in particolar modo il nostro programma di governance, nello specifico aiutare i partiti politici a diventare realmente partiti, nonché rafforzare l’istituzione del parlamento del Kenya, in quanto questo è attualmente un problema fondamentale.
Colm Burke (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, dato che in passato ho visitato il Kenya e, in particolare, i quartieri poveri di Nairobi, conosco la corruzione, imperante già prima di queste elezioni. Condanno la tragica perdita di circa 600 vite, e la critica situazione umanitaria instauratasi dopo le elezioni del 27 dicembre in Kenya. Ho richiesto alle autorità competenti e alle parti interessate di fare quanto in loro potere al fine di portare la pace in Kenya e garantire il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto.
Il fatto che il Kenya, uno dei paesi più stabili ed economicamente sviluppati dell’Africa orientale, sia caduto in un simile caos, è ancora più spiacevole in quanto, molto probabilmente, questo si ripercuoterà, con dannosi effetti a catena, sui paesi vicini. La missione di osservazione elettorale dell’Unione europea ha concluso che la mancanza di trasparenza e di adeguate procedure di sicurezza ha compromesso in modo significativo la credibilità dei risultati delle elezioni presidenziali.
Oggi, il partito di opposizione di Odinga ha nuovamente chiamato a protestare tutto il paese contro i risultati delle elezioni presidenziali del mese scorso. Tale manifestazione dell’opposizione dovrebbe durare tre giorni, nonostante il governo l’abbia vietata. Queste proteste potrebbero quindi condurre a un ulteriore spargimento di sangue. Molte delle uccisioni sembrano essere causate unicamente dalle differenze etniche, il peggiore dei quali è stato il brutale attacco a una chiesa vicino alla città di Eldoret, che si pensa abbia provocato più di 30 morti di etnia Kikuyu.
Sollecito il Presidente Kibaki a rispettare gli impegni democratici del proprio paese, come sancito dalla Costituzione nazionale del Kenya e dalle linee guida della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli. Ho richiesto alla Presidenza dell’Unione europea e alla Commissione europea di controllare da vicino la missione di mediazione che sarà condotta da Kofi Annan al più tardi questa settimana e, se necessario, garantire una prosecuzione immediata di tali sforzi di mediazione attraverso una delegazione dell’UE di alto livello, possibilmente un’iniziativa congiunta tra Unione europea e Unione africana.
Karin Scheele (PSE). – (DE) Signor Presidente, desidero completare la domanda rivolta al Commissario Michel dal collega, onorevole Glenys Kinnock. Quali sono i punti principali? In quale modo possiamo prenderne visione? In quale direzione verrà modificato il sostegno di bilancio?
Un’altra domanda: suppongo siano già previste, nell’attuale sistema di sostegno di bilancio, disposizioni intese alla sospensione di tali aiuti nei casi in cui si verifichi una situazione come quella post-elettorale del Kenya, vero?
Jan Mulder (ALDE). – (NL) Signor Presidente, tutti concordiamo che la procedura delle elezioni presidenziali non chiaramente funzionato in Kenya. Tuttavia, le elezioni politiche, le elezioni dei deputati del parlamento nazionale, si sono svolte in modo relativamente positivo.
Concordo con il Commissario Michel sull’aspetto incoraggiante degli sviluppi di ieri nel parlamento keniota: è stato nominato il nuovo presidente e i partiti e l’opposizione sono stati sufficientemente forti da determinarne l’elezione. Ritengo pertanto che il Parlamento europeo debba fare quanto possibile al fine di sostenere la democrazia parlamentare in Kenya e rafforzarla ove possibile. Il sostegno di bilancio accordato esattamente il giorno dopo la consultazione elettorale ha suscitato critiche da più parti di quest’Assemblea.
Desidero domandare al signor Commissario quanto segue, nonostante probabilmente non sia ufficialmente consentito. È favorevole a rendere le future decisioni relative all’assegnazione del sostegno di bilancio subordinate al parere del Parlamento europeo? A mio avviso, prendere simili decisioni non spetta a un gruppo ristretto di funzionari della commissione per il Fondo europeo di sviluppo; al contrario, il Commissario dovrebbe prima chiedere il parere del Parlamento europeo. Vorrei avere una risposta chiara al riguardo.
Filip Kaczmarek (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, l’esempio del Kenya dimostra a cosa conduce il fallimento delle norme democratiche, e quanto sia importante che le elezioni si svolgano in modo libero, trasparente, onesto e leale.
Coloro che hanno perso le elezioni, a prescindere dal fatto che le abbiano perse con una concorrenza leale o che siano stati ingannati da chi ha organizzato il processo elettorale, non dovrebbero in nessun caso continuare con la violenza e la distruzione. Ferire le persone in modo casuale, comprese le donne e i bambini, non ha niente in comune con le forme accettabili di lotta per i propri diritti. L’unica speranza di una reale soluzione a problemi di questo tipo è convincere chi governa e l’opposizione che l’obiettivo primario della politica non è l’acquisizione o la presa di potere, bensì il bene delle persone.
Un ritorno alla normalità per il Kenya deve quindi iniziare con la cessazione della violenza e della distruzione. Sono lieto che sia lo scopo dei mediatori dell’Unione africana, e l’Unione europea dovrebbe sostenere tale processo. Desidero ringraziare il Commissario Michel per la sua dichiarazione.
Michael Gahler (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, la corruzione dilagante in Kenya non è diventata evidente solo di recente. Infatti, negli ultimi anni molti Stati membri, in realtà tutti, hanno sospeso il sostegno di bilancio e persino modificato gli aiuti ai progetti. Questo è in effetti uno dei punti critici che vorrei sottoporre alla Commissione, dato che l’Esecutivo sembra non aver reso partecipi gli Stati membri di tali preoccupazioni e ha continuato a fornire sostegno di bilancio. Io stesso sono ora favorevole a proseguire tale sostegno in una forma adeguata, che non consenta alle precedenti strutture di amministrare le risorse attraverso il sostegno di bilancio.
Sono inoltre estremamente favorevole a sostenere in futuro l’istituzione che è stato adesso autorizzata, in altre parole il parlamento keniota. Non possiamo pensare automaticamente che tutti i membri del parlamento si comportino in modo appropriato e che la corruzione non sia diffusa. Non mi illudo su questo. Nondimeno, dovremmo destinare una vasta parte del sostegno alle istituzioni politiche del Kenya, alla promozione del suo parlamento e al rafforzamento della capacità dei nostri omologhi nel loro lavoro. Allora avremo l’opportunità di consentire a questi colleghi insediati di recente di governare in futuro il Kenya in modo più efficace di quanto non sia riuscito a fare l’attuale governo.
Eoin Ryan (UEN) . – (EN) Signor Presidente, ritengo sia opinione generale che le recenti elezioni presidenziali in Kenya non fossero valide. Ritengo inoltre che sia un gran peccato in quanto il Kenya è un paese che per molti decenni è stato politicamente stabile. Purtroppo, tutto questo è cambiato nelle ultime due settimane e abbiamo assistito all’assassinio di oltre 600 persone, nonché alla fuga di altre 250 000. Questa violenza è disgraziatamente ancora di natura etnica.
Adesso la domanda è: che cosa possiamo fare noi e la comunità internazionale per riportare la stabilità politica in Kenya, prima che la situazione si aggravi ulteriormente? Una delle soluzioni prioritarie deve essere un dialogo politico costruttivo tra le due parti, e vorrei trovarmi d’accordo con altri oratori sul fatto che ieri è stata una giornata positiva per il parlamento keniota. Tuttavia, in mancanza di un impegno politico, non ci sarà alcun accordo, e l’Unione europea sta sollecitando il dialogo politico. Sono lieto di vedere che Kofi Annan e i presidenti di Tanzania e Uganda saranno in Kenya tra breve al fine di cercare e raggiungere qualche risultato.
Molte delle persone sfollate si sono spostate in Uganda, il che significa che ci sono già state ripercussioni nelle regioni circostanti il Kenya. Per quanto riguarda gli aiuti e il fatto che l’Unione europea aumenti il proprio livello di sostegno finanziario per i programmi umanitari in Kenya, sarei interessato ad ascoltare la risposta del commissario Michel sul modo in cui verrà speso esattamente questo denaro e su come assicurarsi che venga impiegato correttamente, come chiesto dai precedenti oratori.
Ritengo che tutti dovremmo ricordare, e in particolare dovrebbero farlo il popolo e i politici del Kenya, che la storia ha dimostrato, in più di una circostanza, che quando vi è un vuoto politico, quest’ultimo può essere spesso colmato dagli estremisti, ma il popolo keniota merita di meglio.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) L’onorevole Borrell ci ha suggerito di non limitarci a esprimere la nostra preoccupazione. Concordo e su queste basi vorrei rispondere alla domanda dell’onorevole Wijkman: l’Unione europea è pronta a contribuire alla ricerca di una soluzione? Il punto di vista della Presidenza è che deve essere pronta a contribuire attivamente alla ricerca di una soluzione. Ma quale soluzione?
L’onorevole Martens ha sottolineato la necessità di una soluzione africana ai problemi africani. Concordo anche su questo punto. In altre parole, non spetta solo all’Unione europea adattare le proprie soluzioni a problemi di questo tipo, al contrario. Tuttavia, è essenziale che fornisca un sostegno attivo nell’esplorazione di una soluzione appropriata con altre parti della comunità internazionale, in particolare con coloro che condividono i nostri stessi valori, cui ha fatto riferimento l’onorevole Lambsdorff. In questo senso, la Presidenza farà tutto il possibile per fornire un valido sostegno al gruppo di eminenti personalità africane guidate dall’ex Segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. A nostro avviso, occorrerà anche continuare a inviare aiuti umanitari, ovviamente nel modo opportuno.
Signor Presidente, mi consenta di ringraziare tutti gli onorevoli deputati per il loro contributo. Certamente riferiremo fedelmente le loro parole ai nostri colleghi in seno al Consiglio. Siamo molto lieti che il punto di vista generale delle istituzioni sia molto simile. Seguiremo con estrema attenzione gli sviluppi degli eventi in Kenya.
Louis Michel , Membro della Commissione. – (FR) Signor Presidente, innanzi tutto vorrei ricordare rapidamente non i 30 milioni, ma i 40,6 milioni di euro che sono stati il pagamento, diversi mesi fa, della seconda quota del programma da 120 milioni di euro noto come Poverty reduction budget support (Sostegno di bilancio alla riduzione della povertà).
La decisione di pagamento era stata rinviata nell’attesa dei risultati e delle raccomandazioni del terzo riesame del programma PRBS da parte del Fondo monetario internazionale.
I risultati sono stati resi noti all’inizio di novembre e, sulla base del parere favorevole del Fondo monetario internazionale, la Commissione ha approvato, sempre a novembre, l’inizio del pagamento per un importo di 40,6 milioni di euro a mezzo lettera al ministro dell’Economia keniota.
Tuttavia, tenuto conto del contesto elettorale e del rischio di un impiego, da parte del governo, a fini elettorali di tale pagamento, la Commissione ha deciso, di concerto con gli Stati membri, di non effettuare il pagamento prima delle elezioni, ma solo dopo il loro svolgimento e prima del termine ultimo per gli impegni finanziari del 31 dicembre 2007, conformemente a quanto stabiliscono le procedure in questi casi. È per questa ragione che, tecnicamente, il pagamento è stato effettuato il 28 dicembre.
Comprendo la perplessità che ciò suscita ma, solo per ricordarlo, le irregolarità hanno iniziato a emergere non prima della sera del venerdì 28 e del sabato 29 dicembre, quando la comunicazione dei risultati delle ultime 49 circoscrizioni elettorali, su un totale di 210, è stata oggetto di un ritardo anormale e, come ben sapete, solo il lunedì 1° gennaio, in base a quanto accaduto nel fine settimana, la missione di osservazione elettorale dell’Unione europea ha riferito nella sua analisi preliminare che le elezioni non erano avvenute in conformità delle norme internazionali. Era, pertanto, troppi tardi per impedire o bloccare il versamento dell’importo di 40,6 milioni di euro.
In secondo luogo, desidero ricordare, in quanto importante sul piano dell’argomentazione, che sono d’accordo su molte delle affermazioni fatte, ma che ce ne sono altre che non mi vedono del tutto favorevole, per esempio quando qualcuno suggerisce che la tecnica o il metodo del sostegno di bilancio non hanno condizioni o controlli, il che è decisamente una falsità. Vorrei semplicemente richiamare l’attenzione sul fatto che prima dell’improvvisa interruzione del sostegno, finanziario dovremmo verificare che la proposta dell’onorevole Kinnock e di altri di trasformare il sostegno di bilancio in aiuto ai progetti, sia fattibile in un breve lasso di tempo o almeno nel tempo consentito dal sostegno di bilancio, in modo tale da non lasciare le popolazioni in una situazione di privazione ancora più catastrofica. In effetti, è semplice affermare i principi, ma è ancora necessario garantire che i risultati e le conseguenze della loro attuazione non contribuiscano ad aggravare ulteriormente la situazione.
Questo mi conduce a due riflessioni sul sostegno di bilancio: esso è controllato, si devono fornire motivazioni, e non è meno trasparente del sistema di aiuto attraverso i progetti.
Resta inteso, onorevole Kinnock e altri onorevoli deputati, che ovviamente se un accordo tra le parti non viene raggiunto rapidamente al fine di ritornare alla tranquillità e, lo spero, per accordarsi sull’eventuale organizzazione delle nuove elezioni, come auspica l’onorevole Wijkman, il sostegno di bilancio, che in qualche misura qualifica i paesi con cui si attua questa pratica, non potrà certamente essere più impiegato e bisognerà cercare altri mezzi di sostegno di bilancio. Tuttavia, non sono d’accordo con la semplice sospensione degli aiuti allo sviluppo nei confronti del Kenya. È comunque necessario ricordare che dietro a questo tipo di aiuto, ci sono persone che ne beneficiano. Volevo fare questa puntualizzazione in quanto ritengo sia importante.
Infine, un’ultima risposta su due punti. È necessario organizzare subito nuove elezioni? Ritengo sia auspicabile che le parti raggiungano un accordo. Possiamo esprimere tutte le speranze del mondo, ma credere che si possano indire immediatamente nuove elezioni in mancanza di un accordo tra le parti non è realistico. Occorre inoltre prestare attenzione a non favorire la creazione di situazioni che amplifichino la difficoltà e il malessere della popolazione. Questo è un elemento che non deve essere perso di vista e ritengo che dobbiamo agire con grande prudenza. Sono favorevole alle elezioni, a patto che discendano da un accordo.
Noi daremo il nostro appoggio incondizionato alla mediazione africana e certamente, come dichiarato dal Consiglio, la Commissione è disponibile per una missione di mediazione. Mi sono messo in contatto con Kofi Annan con cui ho avuto una lunga conversazione. Gli ho confermato la nostra disponibilità, e quella dell’Alto rappresentante, per il lavoro di mediazione. Com’è ovvio, ciò che è maggiormente auspicabile adesso, è che si tratti in primo luogo di una mediazione africana. Anche questo è, secondo me, un elemento che non possiamo trascurare.
Infine, l’ultima osservazione riguardo alla domanda dell’onorevole Mulder, se il Fondo europeo di sviluppo rientrasse nel bilancio, come chiediamo sia io che il Parlamento, il sostegno finanziario, e relativi importo, tecnica, controllo, verifica, monitoraggio, si svolgerebbero automaticamente, la qual cosa semplificherebbe di gran lunga la procedura.
Non potete immaginare fino a che punto sarebbe più comoda ed efficiente la mia vita se dipendessi in modo molto più diretto dalle scelte, dalle opzioni e dal controllo del Parlamento sull’utilizzo del mio bilancio.
Allo stato attuale, temo fortemente che purtroppo ciò non sia possibile, ma è evidente che vorrei discutere a questo proposito. La domanda posta dimostra ancora una volta che la registrazione in bilancio del Fondo europeo di sviluppo sarebbe un notevole progresso a livello di efficacia del nostro sostegno.
Presidente. − Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1)ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.
La discussione è chiusa
La votazione si svolgerà giovedì 17 gennaio 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Glyn Ford (PSE) . – (EN) Contribuisco a questo dibattito con una nota di amarezza. Cinque anni fa, nel dicembre 2002, ho preso parte alla missione di osservazione elettorale in Kenya del Parlamento europeo guidata dall’onorevole Baroness Nicholson. Quelle elezioni furono condotte nel quadro degli orientamenti internazionali, che fornirono al risultato l’integrità per poterlo convalidare e consegnare la vittoria all’opposizione. Avendo avuto l’opportunità di incontrare Mwai Kibaki, l’attuale Presidente, eravamo convinti, oltre alla legittimità della sua elezione, che il futuro del Kenya fosse più luminoso, con un nuovo periodo di più efficienza e meno corruzione.
Adesso, come nel finale de “La fattoria degli animali” di George Orwell, i maiali sono diventati uomini e gli uomini maiali. Il governo che prometteva così tanto, è diventato corrotto e incapace quanto i suoi predecessori, distruggendo al contempo le speranze e il futuro di milioni di kenioti. Valuto positivamente la decisa dichiarazione dell’osservatore responsabile delle elezioni dell’Unione europea, e auspico che la Commissione incoraggi la riconciliazione tra le opposte fazioni e minacci duri provvedimenti se non si dovesse giungere a un accordo.
James Nicholson (PPE-DE) , per iscritto. – (EN) In qualità di ex osservatore del Parlamento europeo per le elezioni in Kenya, sono profondamente preoccupato dal corso degli eventi a seguito delle elezioni di dicembre. Il fatto che il Kenya sia considerato da anni come il paese più stabile in quella parte del continente africano, rende gli sviluppi doppiamente preoccupanti. Il Kenya, al pari del mio paese, è membro del Commonwealth. Sono a favore della proposta avanzata dal gruppo di osservatori del Commonwealth di incaricare i loro giudici indipendenti di verificare i risultati delle elezioni. I nostri osservatori dell’Unione europea hanno suggerito un controllo indipendente dei risultati. Io sono convinto che il popolo keniota avrebbe fiducia in un controllo svolto da giudici del Commonwealth.
La nostra immediata priorità è veder ritornare il Kenya a uno stato di normalità, e con questo intendo una società pacifica in cui il processo democratico non sia in discussione. La notizia di oggi che le forze di sicurezza hanno vietato ai politici dell’opposizione di svolgere una manifestazione di protesta non è di buon auspicio. Sollecito l’Unione europea a fare quanto è in suo potere al fine di collaborare con altre organizzazioni internazionali per garantire che il Kenya possa ricostituire la sua normalità e la sua democrazia.
9. Istituzione dell’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL) (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione, presentata dall’onorevole Agustín Díaz de Mera García Consuegra a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni sulla proposta di decisione del Consiglio che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL) [COM(2006)0817 – C6-0055/2007 – 2006/0310(CNS)], (A6-0447/2007)
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Díaz de Mera García Consuegra per la relazione che ha elaborato sulla decisione del Consiglio a favore dell’istituzione dell’Ufficio europeo di polizia, Europol, sulla base della proposta presentata dalla Commissione.
In questo momento preciso, il Consiglio sta ancora discutendo il progetto di tale decisione e, nell’ambito di questi dibattiti, la Presidenza riferirà o prenderà in considerazione la summenzionata relazione dell’onorevole. In particolare nel quadro della tutela dei dati personali e del controllo democratico, la Presidenza terrà conto, o tenterà di farlo, dei dubbi espressi dal relatore.
La versione definitiva della decisione del Consiglio entro giugno 2008 è uno dei compiti prioritari della nostra Presidenza. L’obiettivo della decisione, che sostituirà la convenzione Europol, è innanzi tutto quella di migliorare la funzione operativa e amministrativa di Europol, consentendo pertanto di rispondere in modo più rapido ed efficace alle nuove sfide.
Devo sottolineare che le Presidenze tedesca e portoghese hanno già raggiunto importanti risultati in merito, su cui, nella versione definitiva, si basano le sezioni uno, due, tre, sei, sette e nove. Si tratta delle parti relative ai fondamenti giuridici e ai compiti, ai sistemi di trattamento dei dati, alle disposizioni comuni sul’elaborazione delle informazioni, all’organizzazione, ai problemi di riservatezza e altre disposizioni.
Pertanto, la Presidenza da ora in poi si concentrerà in primo luogo sulle restanti parti riguardanti le relazioni con i partner, la sicurezza e la sicurezza dei dati, le disposizioni di bilancio, ossia il controllo e la valutazione, nonché le misure provvisorie e definitive.
Nelle decisioni sulle sezioni aperte, conformi alle decisioni del Consiglio di giugno dello scorso anno, la Presidenza riserverà particolare attenzione alla ricerca delle soluzioni adeguate alle seguenti questioni: prima di tutto la revoca dell’immunità per i funzionari di Europol che lavorano per squadre investigative comuni; secondo, il principio di rotazione e la possibilità per coloro che vengono assunti da Europol, che partecipano alle squadre investigative comuni, di ricevere istruzioni dal caposquadra; infine, la questione della neutralità di bilancio.
I gruppi di esperti hanno gia iniziato a deliberare sulle questioni citate, e il gruppo di lavoro di Europol assieme alla commissione continuano le deliberazioni in conformità dell’articolo 36. I due elementi fondamentali di tutte le deliberazioni saranno il miglioramento della capacità operativa di Europol e la considerazione del principio di neutralità di bilancio.
La Presidenza mira a raggiungere un accordo su tali questioni già nel primo trimestre del 2008, e seguirà inoltre da vicino il corso degli eventi relativi al piano di attuazione. Quest’ultimo definisce tutti i punti principali da risolvere se la decisione sull’Europol deve entrare in vigore dal 1° gennaio 2010. I confronti iniziali sulle misure di attuazione sono in programma per la prima metà di quest’anno.
IN PRESIDENZA DELL’ON. MARTINE ROURE Vicepresidente
Franco Frattini , Vicepresidente della Commissione. – (FR) Signora Presidente, onorevoli deputati, la Presidenza slovena, che ringrazio, ha appena dichiarato che la proposta della Commissione, del dicembre 2006, intesa a sostituire con una decisione del Consiglio la Convenzione Europol, è una delle sue priorità e che si augura di raggiungere a breve tempo un accordo politico. Ovviamente, offro tutto il mio sostegno in quanto ritengo che il funzionamento operativo e amministrativo di Europol migliorerebbe nettamente e che, come già sottolineato dal Consiglio dei ministri “Giustizia e affari interni” di giugno, la capacità di lavorare in modo efficace è un obiettivo fondamentale della riforma di Europol.
Ringrazio altrettanto calorosamente il relatore, onorevole Díaz de Mera, per la qualità della sua relazione e sottolineo la qualità degli emendamenti presentati sulla base della sua proposta, che da allora è stata, tuttavia, oggetto di numerose modifiche, che la Presidenza ha menzionato, a seguito di discussioni nel corso delle Presidenze tedesca e portoghese. La Commissione valuterà il modo in cui sarà possibile tener conto di questi emendamenti.
Tra gli emendamenti, la Commissione rileva la proposta dell’onorevole Díaz de Mera, che lo scrutinio democratico del Parlamento su Europol potrebbe essere esercitato finanziando Europol dal bilancio generale dell’Unione europea. Condivido altresì l’idea di un finanziamento comunitario, citato nell’emendamento n. 6, che riporta al considerando 5. Sono inoltre a favore del fatto che Europol abbia uno statuto comunitario, richiesto all’emendamento n. 5. In linea generale, guardo con molto interesse agli emendamenti che sono stati presentati sul ruolo del delegato alla protezione dei dati, come l’emendamento n. 9, oltre a quelli riguardanti la protezione dei dati. Ce ne sono molti, ma desidero citare in particolare gli emendamenti nn. 13, 16, 17, 18, 23, 24 e 25, e ne condivido gli obiettivi.
Riguardo al ruolo dei funzionari di Europol nel coordinamento delle squadre investigative comuni, faccio presente che tale ruolo di coordinamento non è stato appoggiato dal Consiglio. Si è discusso a lungo al riguardo e, in virtù della normativa attualmente in vigore in materia di squadre investigative comuni, gli Stati membri possono sempre, nelle modalità che stabiliscono tra gli Stati membri partecipanti, istituire una squadra investigativa comune, precisare e limitare il ruolo dei funzionari di Europol. Pertanto, su questo punto è necessario continuare la discussione al fine di giungere a un buon compromesso. Di conseguenza, in questa fase, prevedere una simile disposizione all’interno della proposta di decisione su Europol non sarebbe purtroppo sufficiente ad accordare, giuridicamente e in modo sistematico, un ruolo più ampio di coordinamento delle investigazioni ai funzionari di Europol, ruolo, onorevoli deputati, che io personalmente di certo gradirei. Sono a favore dell’emendamento n. 15, che propone di stabilire le relazioni tra l’unità nazionale e le autorità competenti designate dall’ordinamento nazionale.
Ecco, dunque, le osservazioni che desideravo formulare su questa relazione per la quale ringrazio il relatore ancora una volta. Mi auguro che il voto del Parlamento si possa svolgere questa settimana affinché tutti noi possiamo offrire a Europol una prospettiva eccellente per il prossimo futuro, nonché la possibilità di disporre molto rapidamente di un nuovo statuto che consenta alla struttura di funzionare meglio.
Agustín Díaz de Mera García Consuegra , relatore – (ES) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Vicepresidente della Commissione, vi ringrazio per le vostre parole e per il vostro sostegno.
Desidero iniziare il mio intervento ricordando l’impegno del Consiglio con questa Assemblea affinché la decisione sulla quale discuteremo venga riesaminata dal Parlamento europeo entro e non oltre sei mesi dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
In qualità di deputato europeo, difendo fermamente l’ampliamento delle competenze del Parlamento, in particolare di quelle che, nel prossimo futuro, concederanno a questa Assemblea la capacità necessaria di colegislatore in questioni tanto importanti quanto quelle relative allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Tuttavia, ritengo anche che il Parlamento non possa condizionare il suo lavoro in funzione dell’anticipata entrata in vigore del Trattato di Lisbona, tantomeno sospenderlo. Il nostro lavoro, pertanto, deve proseguire. Dobbiamo continuare con il processo in corso e impiegarlo in una doppia direzione: essere più efficaci nella lotta contro la criminalità e rivendicare con determinazione le competenze del Parlamento europeo.
La criminalità è dinamica e si evolve costantemente, per questo motivo Europol e gli altri strumenti dell’Unione europea intesi a tutelare la sicurezza dei propri cittadini devono adattarsi con maggiore rapidità ai tempi che cambiano. La Convenzione di luglio del 1995 è ormai obsoleta. Pertanto, è fondamentale che la decisione Europol, con i suoi numerosi miglioramenti, entri rapidamente in vigore, al fine di proteggere in modo migliore i cittadini europei.
Mantenere il sistema dei protocolli al fine di modificare la Convenzione è un processo assolutamente anacronistico. La nuova proposta che presento oggi alla discussione introduce cambiamenti sostanziali. Da una parte offre, attraverso una decisione del Consiglio sulla base dell’articolo 34, paragrafo 2, del Trattato UE, uno strumento molto più flessibile. Dall’altra, la proposta presenta cambiamenti di base fondamentali, quali la trasformazione dall’Ufficio in agenzia europea, cosa che presupporrà l’applicazione dello status di funzionari dell’Unione europea ai propri dipendenti e, come auspicabile, che il suo finanziamento sia a carico del bilancio comunitario.
Un’altra modifica di rilievo è l’ampliamento della portata delle competenze di Europol nella cui sfera rientra la criminalità non organizzata. La figura del responsabile indipendente per la protezione dei dati è un altro importante passo avanti in termini di controllo e garanzie.
Il lavoro svolto dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni ha raggiunto un duplice obiettivo. In primo luogo, modificare la proposta del Consiglio al fine di dotare Europol di un quadro specifico per la protezione dei dati personali e, in questo senso, vorrei sottolineare la necessità che il Consiglio approvi, quanto prima, la proposta di decisione quadro in materia. In secondo luogo, dotare il Parlamento di una maggiore capacità di controllo sulle attività di Europol; per questa ragione, abbiamo proposto la creazione di una commissione ad hoc composta da deputati di quest’Assemblea e dei parlamenti nazionali, coinvolgendo il Parlamento europeo nel processo di nomina e destituzione del direttore, nonché altre misure intese a garantire il controllo del bilancio della nuova agenzia e del suo programma di lavoro.
Ritengo sinceramente che le proposte adottate dalla nostra commissione parlamentare migliorino il documento originale del Consiglio, che invece contiene molti cambiamenti. Ragion per cui chiedo, signor Presidente in carica del Consiglio, il suo sostegno alla nostra relazione.
Desidero terminare ringraziando di cuore i colleghi di tutti i gruppi politici per il loro valido contributo, e in particolare desidero citare gli sforzi negoziali degli onorevoli Moraes, Alvaro e Fava, nonché l’apporto degli onorevoli Buitenweg e Catania.
Jutta Haug, relatrice per parere della commissione per i bilanci. − (DE) Signora Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, la commissione per i bilanci è positiva circa la proposta della Commissione di fare uscire Europol fuori dalla sua posizione interstatale e portarlo verso la comunitarizzazione. Se, dunque, Europol sta per essere finanziato interamente dal bilancio comunitario, le strutture devono anche tutelare i diritti di bilancio del Parlamento. La commissione responsabile ha gentilmente adottato tutti i rispettivi emendamenti.
Auspico inoltre che l’elenco appena letto dal Commissario Frattini non sia esaustivo, poiché ho notato che alcuni emendamenti non vi erano compresi.
Tuttavia, per tutti noi è chiaro che questa parte di amministrazione sarebbe nuovamente finanziata da risorse operative. Chiediamo ora al Consiglio di sedersi subito al tavolo con noi e di giungere a un accordo comune sul finanziamento di Europol, in quanto è certo che tutto ciò che decideremo domani si applicherà solo in base al risultato dei negoziati del Consiglio, conformemente all’articolo 47 dell’accordo interistituzionale di maggio 2006.
Hubert Pirker, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei sostengo esplicitamente la proposta presentata dal Consiglio per integrare Europol nel quadro delle istituzioni europee, per diversi aspetti.
In primo luogo, perché disporremo di nuove basi giuridiche che ci eviteranno le lente procedure di ratifica e pertanto consentiranno all’Europol di adattarsi in modo veloce e flessibile alle nuove situazioni; in secondo luogo, poiché non solo verranno adottati i protocolli, ma la giurisdizione verrà estesa al fine di includere tutti i dati preliminari e i dati sul reperimento dei finanziamenti, in quanto gli stanziamenti operativi sono in aumento e i fondi provengono dal bilancio comunitario, creando in questo modo maggiore indipendenza per l’Europol. Ci verranno inoltre fornite, come Parlamento, migliori opportunità di controllo. Infine, ma non meno importante, la protezione dei dati continuerà a essere garantita a un livello molto elevato.
Desidero ringraziare il relatore per i suoi emendamenti molto realistici, in particolare per quanto riguarda i compiti della commissione mista, l’immunità dei funzionari Europol nei loro impegni operativi, il ruolo del Parlamento nella nomina del direttore e nello specifico per quanto riguarda la protezione dei dati. Ha svolto un lavoro eccellente a nome del Parlamento europeo.
Se tutte queste proposte verranno approvate, l’Europol diventerà più efficace, flessibile e gestibile.
Non sono molto favorevole alla proposta dei liberali di rinviare tutte le misure intese a rafforzare Europol al fine di fornire maggiore sicurezza nell’interesse dei cittadini, fino all’entrata in vigore del Trattato. Abbiamo bisogno di sicurezza adesso, quindi abbiamo bisogno di Europol adesso. Ora occorre svolgere il lavoro e poi di sicuro dovremo affrontare l’argomento nuovamente, dovesse essere necessario, dopo l’entrata in vigore del Trattato.
Pertanto, desidero domandare ai liberali di riconsiderare la loro proposta e, se possibile, ritirare l’emendamento.
Claudio Fava, a nome del gruppo PSE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo socialista saluta positivamente l’approvazione sulla relazione di Europol e la proposta di convertire Europol in un’agenzia dell’Unione europea, dopo una lunga, lunghissima, vigilia siamo finalmente in condizione di trasformare Europol in uno strumento concreto ed efficace nell’attività di contrasto nei confronti della criminalità organizzata, ma anche contro molte altre pericolose tipologie di reato che si manifestano ormai in una dimensione europea, penso, ad esempio, alle azioni che Europol potrà intraprendere in materia di riciclaggio.
Il nostro gruppo ha voluto rafforzare i poteri di controllo previsti dalla proposta in direzione di un autentico controllo parlamentare, non soltanto limitato ai poteri di bilancio naturalmente, e abbiamo voluto rafforzare disposizioni in materia di protezione dei dati personali e di sicurezza dei dati, in particolare in assenza di una buona decisione quadro sulla protezione dei dati nel terzo pilastro, che ancora tarda a venire.
Ma non possiamo ignorare, com’è stato ricordato dal collega Díaz de Mera García, che nel frattempo il quadro è cambiato: la firma del Trattato di Lisbona crea un orizzonte prossimo nel quale la cooperazione di polizia sarà sottoposta a codecisione del Parlamento europeo e quindi a una nostra piena responsabilità, alla maggioranza qualificata in Consiglio e alla giurisdizione della Corte di giustizia. Ed è questa la ragione per cui chiediamo alla Presidenza slovena un impegno formale a sottoporre al Parlamento europeo una revisione del dossier entro sei mesi dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Infine, il gruppo socialista continua a ritenere che sarebbe stato più opportuno, su un dossier così delicato, un passo indietro del relatore per le vicende che l’hanno visto coinvolto sul piano politico nel suo paese. Il nostro gruppo ha deciso comunque di non far mancare il proprio contributo su un dossier che consideriamo strategico per il processo di integrazione europea.
Alexander Alvaro, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signora Presidente, signor Vicepresidente, signor Primo Ministro, prima di iniziare desidero ringraziare l’onorevole Díaz de Mera García Consuegra per la sua eccellente e costruttiva cooperazione. Il nostro lavoro di squadra, anche con i colleghi del gruppo socialista al Parlamento europeo, è stato molto positivo nonostante il caso isolato dei socialisti che hanno criticato il relatore.
Non abbiamo alcun timore riguardo all’espansione di Europol, struttura istituita nel 1994 con il nome di Unità droga europea e convertita in Europol, come la conosciamo oggi, nel 1999. È necessario al fine di proteggere la nostra popolazione nella lotta alla criminalità organizzata, che non si ferma alle frontiere, siano esse mare, terra o aria. Al contempo, i funzionari europei devono essere in grado di agire e affrontarla. Tuttavia, deve essere altresì chiaro che esistono determinate regole di base nel lavoro di polizia.
L’immunità dei funzionari Europol, così come prevista nel codicillo, non ha senso, deve essere detto. Non ha senso che i funzionari di polizia europei abbiano più poteri rispetto ad altri in quanto funzionari Europol, né che non vi siano controlli parlamentari sulla cooperazione di polizia. Dopo tutto, vogliamo creare un’autorità efficiente, che possa rispondere di qualsiasi errore eventualmente commesso, e non uno sceriffo di Nottingham!
Lo stesso vale per il controllo giudiziario di Europol. Non è concepibile che in Europa un’autorità di polizia possa operare senza che le sue azioni siano soggette a controllo giudiziario. Di conseguenza noi liberali (probabilmente il collega, onorevole Pirker, ha frainteso) abbiamo proposto un emendamento secondo cui deve essere adottata una clausola di controllo, come ha già affermato l’onorevole Fava, affinché il Parlamento europeo possa effettuare nuovamente verifiche a distanza di sei mesi dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Infine, noi, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, ci aspettiamo almeno una precisa dichiarazione da parte del Consiglio che indichi che tale clausola di controllo verrà presa in considerazione e inclusa nei negoziati. A fronte di una maggioranza strutturale, non vorremmo impiegare l’articolo 53 o l’articolo 168 del Regolamento, ossia rimetterci alla commissione, poiché anche noi riteniamo che abbiamo bisogno di Europol adesso e che la sua espansione non dovrebbe essere rinviata. Tuttavia, se costretti, agiremo in tal senso.
Seán Ó Neachtain, a nome del gruppo UEN. – (GA) Signora Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con il relatore, l’onorevole Díaz de Mera García Consuegra, per la sua relazione. Come sappiamo, viviamo in un’Unione in cui i cittadini possono viaggiare liberamente, tuttavia è necessario che il coordinamento a livello comunitario nel settore della giustizia e degli affari interni assuma un ruolo più centrale.
La criminalità organizzata tende a diventare maggiormente internazionalizzata, ed è responsabilità dell’Unione europea consentire a Europol di svolgere un ruolo attivo nell’arrestare il flusso illegale di droga dai paesi non facenti parte dell’Unione europea. Europol deve cercare di fermare il traffico illecito attraverso cui molte persone vengono introdotte clandestinamente nell’UE, il più delle volte contro la loro volontà, affinché lavorino per l’industria del sesso, per esempio.
In Irlanda si terrà a breve un referendum sul Trattato europeo, e desidero ricordare che in futuro dobbiamo continuare ad apportare il nostro pieno contributo nell’ambito della giustizia europea e degli affari interni, come abbiamo fatto finora, e che non dobbiamo scegliere di schierarci contro un’iniziativa, a meno che non emerga un problema che riguardi l’ordinamento nazionale.
Kathalijne Maria Buitenweg, a nome del gruppo Verts/ALE. – (NL) Signora Presidente, desidero sinceramente ringraziare il relatore, l’onorevole Díaz de Mera García Consuegra, per il suo lavoro. Ha già elaborato un documento veramente valido, nonché molto costruttivo per quanto riguarda la fase in cui ha esaminato gli emendamenti proposti dai deputati. Pertanto, il mio gruppo può approvare tale relazione.
Tuttavia, desidero chiarire al Consiglio che il sostegno alla relazione Díaz de Mera García Consuegra non è sinonimo di sostegno alla decisione del Consiglio, poiché vi sono ancora alcune differenze tra le due, in particolare per quanto riguarda la protezione dei dati. La relazione vieta il libero utilizzo di banche dati, in quanto tali dati possono essere impiegati unicamente a fini specifici e caso per caso, e devono essere soggetti a controllo giudiziario negli Stati membri.
Mi chiedo se il Consiglio accetti tali emendamenti. Il Commissario Frattini ha appena dato un buon esempio, entrando nello specifico della relazione e consentendoci di sapere esattamente la posizione della Commissione in merito. Lo ringrazio sinceramente per questo. Auspico ora che il signor Presidente in carica del Consiglio possa chiarire la posizione del Consiglio su quanto aggiunto dal Parlamento.
Non tutti nel mio gruppo sono decisamente a favore di una forza di polizia forte, tuttavia ogni miglioramento nel controllo giudiziario e democratico può contare sul nostro fermo sostegno. Pertanto, approviamo la conversione di Europol in un’agenzia e il relativo aumento del controllo di bilancio. Siamo inoltre favorevoli a un maggiore controllo giudiziario, pertanto ritengo che la proposta del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa sia estremamente sensata, e voterò a favore.
Come ha appena affermato l’onorevole Alvaro, forse in modo piuttosto prudente, possiamo tornare sull’argomento fra sei mesi. Per quanto mi riguarda, non dovremo controllare solo la proposta, ma modificarla. La mia domanda al Consiglio è la seguente: pensa di accettare tale proposta? In caso affermativo, in che modo ritiene possa cambiare la situazione riguardo al controllo da parte della Corte di giustizia anche sull’Europol?
Giusto Catania, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, anch’io penso che noi abbiamo la necessità di avere una polizia transnazionale che possa occuparsi concretamente della lotta alla criminalità internazionale, che ormai ha perso la sua caratteristica di essere limitata in confini nazionali.
È solo di qualche giorno fa la visita della commissione parlamentare antimafia italiana che si è recata in Germania e ha potuto constatare come moltissime delle risorse economiche che sono state investite in Germania sono ricavate attraverso un meccanismo che coinvolge direttamente la criminalità siciliana e calabrese. Allora, io credo che questo sia emblematico di come ci sia una necessità reale di contrastare il fenomeno criminale su base internazionale, anche attivando strumenti di polizia europea.
Io credo che Europol possa svolgere questo lavoro, ma ho qualche dubbio sul fatto che la trasformazione di Europol in agenzia possa assumere immediatamente un valore salvifico. Noi abbiamo l’obbligo di fare un bilancio sulle attività di Europol dal 1994 ad oggi e credo anche che probabilmente ci sia la necessità di rivedere concretamente la mission di Europol, perché credo che debba prioritariamente occuparsi della lotta al narcotraffico, della lotta del riciclaggio di denaro sporco e del contrasto alle mafie transnazionali.
Io credo che ci sia qualche problema anche sulla necessità di riconoscere pienamente i poteri del Parlamento. Il Parlamento deve avere il potere di controllo – avviene così per tutti i parlamenti nazionali che hanno potere di controllo sulle polizie nazionali – e credo che il Parlamento europeo debba avere il controllo su un’agenzia europea che ha prioritariamente compiti di polizia e di contrasto alla criminalità internazionale; credo anche che noi abbiamo la necessità di avere degli elementi chiarificatori sulla protezione dei dati.
Io sono molto preoccupato perché la proposta, così come è stata e probabilmente sarà votata dal Consiglio, presenta delle gravi lacune che rischiano seriamente di fare danno ai dati individuali dei cittadini europei.
Roger Knapman , a nome del gruppo IND/DEM. – (EN) Signora Presidente, apprendo che il relatore è stato il comandante generale della polizia di Spagna tra il 2002 e il 2004. Questo vuol dire, credo, che uno dei suoi ultimi compiti prima di lasciare l’incarico è stato quello di affrontare le conseguenze immediatamente successive al terribile attentato di Madrid. Pertanto, accetto la sincerità con la quale propone di estendere le competenze dell’Europol al fine di fronteggiare le nuove minacce terroristiche.
Tuttavia, non avrò bisogno di ricordargli che anche il mio paese ha avuto una lunga storia nella lotta al terrorismo e, come nel suo paese, questo è consistito per molti anni in una minaccia proveniente dai separatisti che, negli ultimi anni, è coincisa con la nuova minaccia dell’estremismo islamico. Quello che intendo dire è che il mio paese è molto grato dell’aiuto e della cooperazione da parte dei suoi vicini, ove necessari, ma, in ultima analisi, deve essere in grado di agire esattamente secondo i propri metodi e le proprie procedure nonché di propria iniziativa.
Ma quello che viene proposto qui non è soltanto un’ulteriore interferenza dell’Europol in ambiti che dovrebbero essere lasciati al controllo degli Stati membri. Ciò che è peggio è che la Commissione ha intenzione di modificare il quadro normativo che regolamenta l’Europol affinché nessun ampliamento delle sue competenze debba essere ratificato dagli Stati membri. Il relatore conclude la sua dichiarazione affermando che dobbiamo garantire che l’Europol raggiunga la massima legittimità democratica. Ancora una volta, vediamo che l’Unione europea, quando cerca di appropriarsi delle competenze degli Stati membri, anche nell’ambito della polizia, ha un’idea molto singolare di legittimità democratica.
Jim Allister (NI) . – (EN) Signora Presidente, nonostante il mio desiderio di combattere il terrorismo e la criminalità organizzata, il che è auspicabile, mi è chiaro che questo ampliamento del ruolo dell’Europol e il cambiamento delle sue basi giuridiche e titolarità è qualcosa di diverso. È, infatti, come conferire all’Unione europea il ruolo dello Stato.
Gli Stati membri hanno giustamente e naturalmente le proprie forze di polizia. Adesso l’Unione europea sta per ottenere il diritto di disporre di funzionari di polizia europei, finanziati dal bilancio comunitario e reclutati da personale dell’Unione europea. In realtà e di fatto, saranno poliziotti comunitari che eseguiranno gli ordini dell’UE e viaggeranno per l’Europa, interferendo nel lavoro delle forze di polizia nazionali, in particolare dato che la loro competenza di avviare e condurre indagini sarà estesa dalla criminalità organizzata in tutti i sempre più numerosi settori del codice penale.
Infine, per coronare ciò che per me è un’assurdità, questi poliziotti dell’UE saranno esenti dagli obblighi nazionali e le loro azioni saranno fuori dalla portata della revisione giuridica. Per questo ho votato contro queste proposte. Esse non sono nient’altro che l’ultima manifestazione del superstato dell’Unione europea, tutte nel quadro della Costituzione e nessuna con il consenso dei cittadini europei, a causa del complotto dei leader europei di sovvertire la democrazia e rifiutare le consultazioni referendarie.
Carlos Coelho (PPE-DE). – (PT) Signor Vicepresidente Frattini, onorevoli colleghi, nel 1998 il Parlamento europeo ha respinto tutte le iniziative che gli sono state presentate quando veniva consultato su questioni in stretta relazione con Europol. Lo ha fatto senza coerenza dato che Europol ha continuato a esistere, nel contesto intergovernativo, senza essere soggetto al controllo democratico e giurisdizionale. Ora tale iniziativa è giunta quale risposta a quanto abbiamo costantemente chiesto in questa plenaria, allo scopo di convertire Europol in un’agenzia dell’Unione europea, finanziata dal bilancio comunitario, e di rafforzare il nostro ruolo di controllo democratico.
Nonostante in sede di Consiglio tale proposta sia stata oggetto di una profonda controversia, ritengo che non dovremmo ammettere ulteriori rinvii. Il Parlamento europeo ha l’obbligo di dimostrare il suo sostegno all’iniziativa della Commissione di rendere Europol un’agenzia dell’Unione europea. L’attuale quadro giuridico di Europol, una convenzione internazionale, impedisce inoltre qualsiasi processo di aggiornamento o modifica delle competenze, con ritardi di anni. Per di più, l’aumento delle minacce alla sicurezza, come il terrorismo, che impone nuove sfide a Europol, necessita di un nuovo approccio.
Ne consegue l’importanza della presente decisione, che non dovrebbe solo riconoscere a Europol la medesima importanza di Eurojust e dell’Accademia europea di polizia, ma rendere la struttura anche più efficiente nelle operazioni, estendendone le competenze ai reati non strettamente connessi alla criminalità organizzata e introducendo una maggiore flessibilità nel suo funzionamento. Al contempo, dovrebbero essere garantiti una maggiore trasparenza e un controllo democratico e giurisdizionale.
Pertanto sono a favore dell’eccellente relazione elaborata dall’onorevole Díaz de Mera, e degli importanti emendamenti presentati, in particolare riguardo alla protezione dei dati. Desidero congratularmi con l’onorevole Díaz de Mera ed esprimergli la mia solidarietà per l’ottimo testo da lui redatto e per la persona che è, soprattutto perché alcuni deputati hanno ingiustamente tentato di sminuire il suo lavoro, sollevando questioni nazionali che peraltro hanno già ottenuto una sentenza definitiva della Corte Suprema di giustizia spagnola.
Marek Aleksander Czarnecki (UEN). – (PL) Il compito principale che deve affrontare l’Ufficio europeo di polizia è migliorare l’efficienza delle operazioni e intensificare la cooperazione tra le autorità degli Stati membri per la prevenzione e la lotta alle forme di criminalità organizzata. La missione dell’agenzia è di contribuire nell’ambito dell’applicazione del diritto nell’Unione europea riguardo a questo tipo di criminalità, il che diventa sempre più importante a fronte delle nuove forme di criminalità, che emergono costantemente, e della minaccia posta dal terrorismo.
La vita ci costringe ad ampliare le competenze di Europol nonché ad adattare i principi sui quali si basa attraverso l’introduzione di meccanismi più flessibili. Tuttavia, assieme all’agenzia che ha proposto il relatore, vi è un urgente bisogno di introdurre principi chiari per il controllo democratico di Europol e la protezione dei dati personali.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL). – (EL) Signora Presidente, nella sua proposta di istituire una forza europea di polizia, la Commissione cerca di trasformare Europol da un ente basato su un accordo interstatale in un organo istituzionale dell’Unione europea. Questo, dal mio punto di vista, mostra quale portata abbiano le operazioni di contrasto condotte da Europol ed è la prova del rafforzamento complessivo del quadro e dei meccanismi di applicazione della normativa dell’Unione europea.
Due aspetti sono in rapida crescita nell’Unione europea: i profitti delle imprese e del capitale, e i meccanismi di contrasto aggressivi. Abbiamo sommerso i nostri rispettivi paesi con forze di polizia e strumenti intesi all’applicazione della legge e ora questo avviene anche a livello comunitario.
Tale sviluppo espande anche il raggio d’azione di Europol e comprende tutti i reati punibili nella sua sfera di competenza. Europol acquisisce il diritto di intervento persino negli Stati membri per quanto riguarda gli avvenimenti internazionali di importanza significativa con ripercussioni sull’ordine pubblico, come le manifestazioni internazionali. Oltre ai vasti sistemi di controllo SIS II, VIS, e così via, il sistema informativo di Europol verrà impiegato per archiviare i dati personali dei lavoratori in tutta l’Unione europea, nonché i dati relativi alle attività politiche, sindacali e sociali e alle convinzioni personali. Tali informazioni non verranno scambiate solo tra i servizi segreti degli Stati membri dell’Unione europea, ma verranno trasmesse anche ai singoli privati, come gli assassini indipendenti che operano in Iraq.
Le affermazioni che la trasformazione di Europol dovrebbe essere uno sviluppo democratico, sono ingannevoli o, al massimo, ingenue. Perché? Perché non vi sono reali possibilità di controllo della cittadella inaccessibile quale Europol è, o di limitazione delle sue attività di contrasto. Inoltre, molti si sono pronunciati sull’immunità dei funzionari di polizia Europol e sull’inadeguatezza di qualsiasi controllo nazionale. Per questi motivi ci opponiamo con fermezza alla proposta.
Nils Lundgren (IND/DEM). – (SV) Signora Presidente, abbiamo creato un mercato unico in cui beni, servizi, capitali e persone possono circolare liberamente. Quasi tutti hanno acconsentito a entrare nello spazio Schengen. Tutti i controlli alle frontiere dell’Unione europea sono praticamente stati aboliti. Da un punto di vista liberale, questo è un enorme passo avanti. Non abbiamo più bisogno di umiliarci di fronte a dei funzionari se desideriamo studiare, lavorare, viaggiare o usufruire di assistenza sanitaria in un altro paese dell’Unione europea.
Tuttavia, la libertà ha un rovescio della medaglia. Quando sono stati eliminati i controlli alle frontiere, il campo di attività della criminalità organizzata si è enormemente ampliato; l’abbattimento delle frontiere ha semplificato il passaggio del commercio di stupefacenti, lo scambio di beni rubati e la tratta di esseri umani. Spesso tale espansione della criminalità organizzata viene usata quale prova della necessità dell’Unione europea. È ridicolo: è l’Unione europea ad agevolare l’espansione, prezzo che siamo costretti a pagare per una maggiore libertà e prosperità. Ma quanto è alto questo prezzo? Dunque, probabilmente le risorse per la polizia devono essere aumentate dell’1-2% del PIL a livello nazionale al fine di ridurre il fenomeno. Un simile aumento delle risorse nazionali è il modo più importante, e forse l’unico, di ristabilire un’Europa onesta e dignitosa.
Il relatore vuole trasferire le competenze alla polizia di Bruxelles ed Europol dovrebbe diventare un organo dell’UE finanziato dal bilancio comunitario. Sottovaluta gli aspetti di integrità e legittimità democratica. Pertanto, dobbiamo respingere tale relazione, incentrata sull’espansione delle risorse nazionali di polizia e far sì che Europol resti un organo di cooperazione soggetto a procedure intergovernative.
Fernand Le Rachinel (NI) . – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, questa relazione ci propone né più né meno che dotare l’Ufficio europeo di polizia, Europol, di un nuovo status modificandone le basi giuridiche esistenti.
In effetti, l’intenzione è quella di sostituire la Convenzione Europol, conclusa nel 1995 tra gli Stati membri, con una decisione del Consiglio che trasforma questa agenzia da organo intergovernativo in agenzia dell’Unione europea, finanziata dal bilancio comunitario, cui applicare lo statuto dei funzionari delle Comunità europee. Le motivazioni avanzate a favore di questo cambiamento radicale di status sono l’estensione del mandato delle attività Europol oltre la sola criminalità organizzata, nonché l’impossibilità per gli Stati membri di soddisfare in modo adeguato questi nuovi obiettivi molto estesi. Tali obiettivi saranno ovviamente meglio garantiti a livello dell’Unione europea, ci assicura il Consiglio.
Dunque, tutto questo non è che ipocrita e ingannevole. La verità è che ci troviamo già impegnati con i requisiti e l’applicazione del Trattato di Lisbona, che trasferisce la quasi totalità della politica in materia di giustizia e affari interni alla maggioranza qualificata del Consiglio dei ministri. Finora, questi ambiti relativi alla cooperazione giudiziaria e di polizia dipendevano dall’unanimità. La realtà è che i nostri dirigenti europei e nazionali ci stanno imponendo riforme istituzionali che si dirigono tutte verso un modello sopranazionale e burocratico più radicato.
Sono queste stesse riforme, contenute nel Trattato di Lisbona ad essere state rifiutate dai francesi e dagli olandesi nelle consultazioni referendarie di maggio e giugno del 2005. I cittadini sono stati circuiti, ingannati e trattati con disprezzo. L’Europa non può essere costruita contro il proprio popolo e contro le realtà nazionali ed è giunto il momento che la nostra classe politica europeista se ne renda conto e consenta finalmente all’Europa di realizzarsi a partire dai diritti all’identità, alla sovranità, alla libertà e alla sicurezza delle nazioni e dei popoli.
Margaritis Schinas (PPE-DE). – (EL) Signora Presidente, in qualità di membro della commissione per i bilanci nonché di europarlamentare di una regione alle frontiere esterne dell’Unione europea, desidero formulare tre osservazioni:
In primo luogo, trasformare Europol in un’agenzia comunitaria implica che dal suo lavoro otterremo una migliore qualità. Desideriamo che questa Europol comunitaria sia maggiormente presente dove per noi è necessario, ossia nei Balcani e nella lotta alla criminalità organizzata, e non nelle sale del personale e negli uffici.
In secondo luogo, nel quadro dell’Europol comunitaria, le forze di polizia nazionali devono superare gradualmente la sfiducia che nutrono le une verso le altre. Le autorità di polizia degli Stati membri devono imparare a cooperare a prescindere dalle frontiere e dalle priorità nazionali. La trasformazione di Europol in un’agenzia comunitaria lo richiede.
Terza e ultima osservazione, nonché la più importante: abbiamo dedicato molto tempo alla dimensione istituzionale di questo fascicolo. Desidero offrire il mio pieno sostegno al relatore, l’onorevole Díaz de Mera García Consuegra, che ha optato per una soluzione pratica e realistica. Non possiamo paralizzare l’intera procedura fino al 2009 aspettando la soluzione istituzionale perfetta, né possiamo proseguire le discussioni teologiche, se le questioni sono urgenti. È questo il momento di agire e dobbiamo farlo. Pertanto, in questo contesto, esprimo il mio pieno sostegno all’approccio delineato dal relatore, e auspico che questa discussione sia la prima fase nella realizzazione di un vero servizio di polizia comunitario in grado di affrontare i problemi.
Georgios Georgiou (IND/DEM). – (EL) Signora Presidente, ancora una volta diamo il benvenuto allo sviluppo di questo grande organo di polizia noto come Europol. Lo facciamo dal 1992. Le sue prestazioni registrate non sono state negative. Ritengo che il nuovo aspetto che stiamo cercando di dargli creerà problemi, se penso che la polizia britannica lavorerà a Parigi e i funzionari greci a Berlino. Vedremo come ci riusciremo, ma c’è sempre il problema della sfiducia tra le autorità di polizia.
Mi congratulo con l’onorevole Díaz de Mera García Consuegra per l’attento lavoro svolto. Se abbiamo bisogno di limitare le attività di Europol alle questioni terroristiche, deve trovare quindi tra le altre forme di criminalità il vero terrorismo, anziché sviluppare un meccanismo che, invece di dare la caccia ai terroristi, soffoca come un cappio i diritti umani e politici dei cittadini europei.
Hynek Fajmon (PPE-DE). – (CS) Signora Presidente, onorevoli colleghi, sono convinto che il cambiamento dell’assetto giuridico di Europol, che stiamo discutendo, non sia un passo nella giusta direzione. Europol funziona bene attualmente e non necessita di cambiamenti del suo status. Il lavoro della polizia è di competenza degli Stati membri e la principale responsabilità di tale lavoro è, come giusto e logico che sia, dei governi nazionali, controllati dai parlamenti nazionali. Tale approccio è già implicitamente rispettato anche nella cooperazione nello spazio Schengen, in cui la Repubblica ceca è stata pienamente coinvolta dalla fine dello scorso anno. La cooperazione di polizia a livello comunitario è pertanto, ovviamente, soggetta a un approccio intergovernativo. Ora la Commissione desidera abbandonare questo approccio corretto e logico, e trasformare Europol in una nuova agenzia subordinata alle istituzioni europee. Tuttavia, la struttura di un’agenzia non è adatta a Europol e non apporterà alcun beneficio. I ministri nazionali dell’Interno controlleranno sempre meno Europol e non vi saranno vantaggi per quanto riguarda la lotta alla criminalità. A mio parere, per cominciare si dovrebbe procedere a un’adeguata e democratica ratifica del Trattato di Lisbona, che contiene un riferimento anche alle basi giuridiche di Europol: solo in seguito a ciò, si potranno avviare i negoziati su un’eventuale modifica delle basi giuridiche. Per questo motivo voto contro la presente relazione.
Alexander Stubb (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, per dimostrare quanto sia eterogeneo il gruppo PPE-DE, mi trovo in completo disaccordo con l’oratore che mi ha preceduto e vorrei cominciare congratulandomi con il relatore per l’eccellente relazione.
Ritengo che sia un’ottima relazione per tre motivi. Il primo è l’ampliamento delle competenze dell’Europol. Introduce l’Ufficio nel bilancio comunitario, crea un’agenzia, ed estende la sua competenza oltre la criminalità organizzata. Ritengo che questo sia un passo avanti molto importante.
La seconda ragione per cui valuto positivamente il testo in questione è perché richiede maggiore flessibilità. Non occorre essere Sherlock Holmes per capire che, se un’organizzazione viene istituita nel 1995 e le sue convenzioni vengono emendate per ben tre volte dal 2000 al 2003, e queste modifiche entrano in vigore solo nel 2007, questa organizzazione non funziona. Non è sufficientemente flessibile. Ci occorre maggiore flessibilità e ritengo che la relazione proponga proprio questo. Non vi è nulla di più conservatore al mondo di un ministero interno o un istituto di polizia e credo che sia questo che abbiamo visto nell’Europol.
Il terzo motivo è il seguente: ritengo sia una buona relazione in quanto aumenta gli elementi sopranazionali e comunitari e riduce gli elementi intergovernativi. Rafforza il controllo giurisdizionale e la democrazia, e se esiste un settore in cui collaborare, è proprio questo. Più libera circolazione si ha, più area Schengen si ha a disposizione, maggiore sarà la criminalità internazionale, e maggiore sarà la cooperazione di cui avremo bisogno a livello europeo, e credo che questa relazione sia un buon passo in tale direzione.
Javier Moreno Sánchez (PSE) . – (ES) Signora Presidente, un piccolo chiarimento. Come affermato dal nostro coordinatore socialista, continuiamo a pensare che il relatore non sia la persona più adatta a elaborare relazioni in materia di cooperazione giudiziaria e di polizia.
È vero, come ha dichiarato l’onorevole Coelho, che la Corte Suprema ha archiviato il caso, tuttavia rimane pur sempre una questione etica e di dignità politica.
Mi spiego: vorrei fosse chiaro che il relatore si è rifiutato di collaborare con la giustizia spagnola e per questo è stato sanzionato. E non si tratta di una questione banale: parliamo del processo ai terroristi del peggior attentato che sia stato perpetrato sul territorio dell’Unione europea.
Pertanto riteniamo che, per coerenza, non ci si possa rifiutare di collaborare con il sistema giuridicospagnolo e poi dare lezioni a livello europeo sul modo in cui gli Stati debbano collaborare tra loro in materia di polizia e di questioni giudiziarie.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, quello che abbiamo sentito nel corso di questa discussione è l’abituale confusione tra cooperazione e integrazione. Sostengo in modo energico coloro che hanno espresso preoccupazione riguardo agli sforzi dell’Unione europea di ampliare i poteri e le competenze dell’Europol. Certamente, è necessaria una buona cooperazione tra le forze di polizia e i servizi di sicurezza. Ho sempre ritenuto che noi avessimo una buona cooperazione a livello operativo, ma che potesse essere migliorata in qualsiasi momento. Infatti, durante la mia esperienza all’Europol, e sono probabilmente uno dei pochi membri di quest’Assemblea a essere stato nella sede di tale struttura in numerose occasioni, ho verificato che gran parte della sua attività è bilaterale, il che riporta all’idea che abbia qualche altro grande compito.
Il bisogno di cooperazione è molto diverso dal coinvolgimento delle istituzioni dell’Unione europea, che è semplicemente parte di una più ampia agenda comunitaria relativa all’integrazione politica.
Charles Tannock (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, vorrei associarmi all’intervento del mio collega, l’onorevole Geoffrey Van Orden, e del collega precedente della Repubblica ceca del partito ODS. Non sono d’accordo con l’onorevole Stubb. Mi rende alquanto nervoso l’idea di trasformare l’Europol in una sorta di inesperta organizzazione sopranazionale dell’Unione europea sulla falsa riga dell’FBI, e non credo che verrebbe approvata da molti dei miei elettori nel Regno Unito.
Al pari di tutti i miei colleghi, sono ovviamente a favore della cooperazione intergovernativa in materia di polizia, intelligence e sicurezza, in particolare quando dobbiamo affrontare i crescenti problemi riguardanti la criminalità organizzata e il terrorismo internazionali, e così via. L’Europol dispone già di una competenza piuttosto ampia in ambiti quali il traffico di persone, ma non è necessario estendere ulteriormente queste competenze. Dovrebbe essere un’agenzia incaricata di intervenire in qualità di custode in termini di scambio di informazioni e di consolidare la fiducia tra le nostre forze di polizia nazionali e i nostri servizi di intelligence e di sicurezza. Vi è molta sfiducia tra le agenzie convenzionali di esecuzione della legge degli Stati membri. L’Europol dovrebbe agire come una sorta di coordinatore, senza che gli vengano attribuiti diritti specifici. Desidero oppormi in modo particolare all’idea che i poliziotti dell’Unione europea possano entrare nei nostri Stati membri con il potere di arrestare qualcuno.
Alexander Stubb (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, non posso resistere alla tentazione di rispondere ai miei due colleghi, gli onorevoli Van Orden e Tannock. In questo momento non stiamo cercando di creare un’organizzazione come l’FBI statunitense, ma stiamo semplicemente tentando di ottenere una cooperazione tra le forze di polizia che funzioni meglio, che sia più efficace, più trasparente, flessibile e che semplicemente funzioni. Questo è quello di cui oggi non disponiamo e che stiamo cercando di ottenere.
Non voglio inoltrarmi nel dibattito interno al Regno Unito in allarme per il fatto che stiamo creando un FBI dotato di superpoteri, con la polizia europea che entra nelle vostre case per arrestarvi. Il nostro è un tentativo di rendere più funzionante il terzo pilastro in materia di cooperazione tra le forze di polizia. È tutto.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Desidero fare un paio di osservazioni su questa discussione estremamente interessante, cui ho l’onore di partecipare.
La mia prima considerazione si riferisce alla posizione del Consiglio sugli emendamenti, che sono molti, nonostante io non possa ancora rappresentare in questa sede l’opinione del Consiglio. Come è stato detto nel corso della presentazione, il Consiglio sta ancora discutendo riguardo a questa decisione e riavvierà le deliberazioni in questo contesto dopo gli emendamenti. Tuttavia, posso affermare che noi, in quanto Presidenza, ci batteremo per una discussione attenta e dettagliata di tutti gli emendamenti da approvare, e affinché nel testo della decisione ne venga incluso il maggior numero possibile. Non posso garantire più di questo. Come sappiamo, al momento l’approvazione di una decisione richiede ancora il consenso di tutti gli Stati membri.
Questo mi porta alla seconda osservazione relativa alla clausola di revisione. Neanche a questo proposito esiste un parere del Consiglio ma, a nome di quest’ultimo, ritengo di poter esprimere un certo scetticismo sull’integrazione nel testo di un simile atto con i meccanismi che dovrebbero automaticamente essere attivati nel periodo successivo all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, cosa che non è ancora avvenuta. La sua ratifica è nelle mani dei parlamenti nazionali e, in almeno un caso, nelle mani degli elettori.
È mia opinione che integrando un simile meccanismo in documenti di questo genere, non ne semplificheremo l’approvazione; inoltre, non semplificheremo neanche le procedure di ratifica attualmente in corso. Ritengo infine che questa questione abbia ricevuto una soluzione soddisfacente nella dichiarazione n. 50 allegata al Trattato di Lisbona.
Alexander Alvaro (ALDE). – (DE) Signora Presidente, dato che ho avuto l’impressione che il ministro avesse frainteso, volevo solo prendermi la libertà di precisare molto brevemente il fatto che la clausola di revisione non compromette o influenza in alcun modo la ratifica del Trattato, ma garantisce semplicemente che dopo di essa il Parlamento possa di nuovo affrontare la relazione su Europol. A seguito di una consultazione con altri rappresentanti permanenti, non mi pare che questa venga considerata in generale una minaccia.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. − Signor presidente, onorevoli parlamentari, grazie per tutti i contributi che sono stati offerti, sarò molto breve.
In primo luogo darò una risposta generale a tutti coloro che hanno espresso dubbi sulla necessità di rafforzare Europol, a quelli che hanno parlato di una volontà popolare, delle preoccupazioni dei cittadini. Mi permetto di dire che se c’è una materia per la quale la stragrande maggioranza dei cittadini europei esprime paure per la libera circolazione dei criminali e chiede più sicurezza, è proprio quella della cooperazione di polizia. Se c’è una materia in cui si dice tanto più, come ha detto onorevole Stubb, tanto più si liberalizza la circolazione delle persone, tanto più occorre un coordinamento e un’azione europea per la criminalità transnazionale e quindi l’idea di un’agenzia europea non è certo l’idea di un corpo burocratico, è l’idea di uno strumento operativo rapido ed efficace.
Questa è la ragione per cui io sono convinto – e non solo perché ho presentato io la proposta – a favore della necessità di approvare in fretta, come la Presidenza slovena desidera, questa decisione. Sugli emendamenti ho già detto, l’emendamento presentato dall’onorevole Alvaro. Io voglio ricordare che l’idea di sottoporre ad una revisione periodica il buon funzionamento delle iniziative attuali “terzo pilastro” è un qualcosa che già la dichiarazione 50 appena ricordata consente. Lì cosa si dice? Si dice che la Commissione, caso per caso, quando la situazione è appropriata dopo l’entrata in vigore, propone la revisione di strumenti attualmente terzo pilastro per cambiarli in strumenti che abbiano la piena codecisione con il Parlamento e le procedure che questo Parlamento a mio avviso giustamente auspica. Quindi lo strumento già c'è.
È forse il vincolare necessariamente questo strumento ad un momento temporale così ristretto che pone a me personalmente qualche problema, ma in più mi chiedo e non ho pregiudizi su questo: è opportuno pensare ad una revisione di uno strumento quale la decisione Europol non ancora entrato in vigore? Faccio la domanda perché voi sapete che se noi adottassimo entro la Presidenza slovena – giugno 2008 – questa decisione, l’entrata in vigore sarebbe a gennaio 2010. Allora possiamo pensare già ora di impegnarci a rivedere uno strumento quando il suo funzionamento inizierà a gennaio 2010?
Io non sarei contrario a ragionare, quando il funzionamento ci sarà, se emergeranno problemi connessi ad un controllo democratico insufficiente, quella sarà un’ottima ragione per indurre la Commissione europea ad applicare la dichiarazione 50 e a cambiare lo strumento da terzo pilastro al nuovo sistema. Ho fatto l’esempio anche per dire che non possiamo oggi chiudere la porta ad un’esigenza del Parlamento di avere un controllo democratico, è forse la modalità e i tempi di questa stretta obbligatorietà di revisione che ci pongono un problema.
Agustín Díaz de Mera García Consuegra , relatore. – (ES) Signora Presidente, prima che cominci a calcolare il tempo, desidero chiederle di prendere in considerazione quanto segue: mi dia per favore i due minuti che mi spettano al fine di rispondere a tutti i miei colleghi, al Consiglio e alla Commissione, ma anche, signora Presidente, le domando gentilmente che mi dia del tempo ulteriore per rispondere alle gravissime nonché ingiustificate allusioni delle quali sono stato oggetto. Posso contare sulla sua comprensione? La ringrazio molto.
Sono molto soddisfatto dei contributi di quasi tutti i miei colleghi, e sottolineo il “quasi”, e li terrò in particolare considerazione. Desidero dire che le preoccupazioni che sono emerse in quest’Aula non sono le preoccupazioni del relatore, ma dell’intera Assemblea. È stato inoltre molto gratificante per me ascoltare quanto il Consiglio sia ben disposto e le sagge parole di compromesso e anche di chiarimento del Vicepresidente Frattini.
Pertanto, desidero ringraziare tutti i colleghi, coloro che mi hanno onorato del loro sostegno, e coloro che mi hanno manifestato le loro critiche. Non dovete dimenticare, infatti, che sono un europarlamentare da diciassette anni, e per due anni sono stato Comandante generale della polizia del Regno di Spagna, ecco il motivo per cui ho la capacità di vedere entrambe le facce della medaglia.
Signor Presidente in carica del Consiglio, desidero evidenziare nuovamente i problemi che ci preoccupano: non possiamo lottare da soli contro la criminalità. Quest’ultima è transnazionale e supera le frontiere; la nostra polizia, che è nazionale, ha bisogno di Europol quale strumento di sostegno e rinforzo, non di interferenza e tantomeno di falsità.
Per noi sono molto importanti le garanzie, nonché sostenere e rafforzare Europol, ma sulla base di tre criteri: la fiducia, il controllo e le garanzie. Ed è ciò che naturalmente emerge dalla nostra relazione e negli interventi dei nostri colleghi.
Un altro fattore fondamentale per noi è la protezione dei dati nella decisione quadro del terzo pilastro, quanto prima. Riteniamo estremamente importante il controllo di questo Parlamento e la comune lotta decisa e determinata alla criminalità organizzata.
Adesso, signora Presidente, desidero, rispondere alla seconda domanda, che è molto più sgradevole, a causa delle supposizioni espresse nei miei riguardi. L’onorevole Moreno non rispetta le sentenze dei giudici. La Corte Suprema del Regno di Spagna, nonché il Pubblico Ministero della Corte Suprema del Regno di Spagna, hanno dichiarato letteralmente rispetto al mio caso, non so se possa essere tradotto correttamente, “non sussistenza di reato”.
Tuttavia, alcuni soggetti, tra cui l’onorevole Moreno, non hanno avuto e non hanno tuttora l’integrità intellettuale e morale di scusarsi per aver esternato quello che non avrebbero dovuto. Ciò che ha fatto l’onorevole Moreno qui è stato contaminare, come sua abitudine, il Parlamento con argomenti che non hanno niente a che vedere con la relazione o con l’argomento in questione.
Egli parla di moralità e di mancanza di dignità. È immorale e indegno non rispettare le sentenze giudiziarie e, soprattutto, gettarle in faccia a un collega con la sua dignità e la sua moralità. Non dirò che l’onorevole Moreno è indegno e immorale, ma che il suo comportamento è stato indegno e immorale.
Aggiungo, in sua difesa, che voglio pensare che non siano sue convinzioni, ma che si sia comportato non come un messaggero, ma che abbia avuto la sfacciataggine di agire quale messaggero. Per quale motivo? Per disprezzare in maniera ingiustificata e forse anche per ottenere un piccolo spazio nella stampa spagnola.
Presidente. – La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 17 gennaio 2008.
10. Situazione in Pakistan in seguito all’assassinio di Benazir Bhutto (discussione)
Presidente . – (FR) L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Pakistan in seguito all’assassinio di Benazir Bhutto.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) L’assassinio dell’ex Primo Ministro e principale leader dell’opposizione, Benazir Bhutto, ha aggravato la già complessa situazione che precede le elezioni in Pakistan. Inoltre, ha avuto ripercussioni negative sul processo di graduale transizione verso un sistema più democratico nel paese. Benazir Bhutto era di certo tra coloro che avrebbero contribuito al progresso nei settori dello sviluppo economico, della riduzione della corruzione e della maggiore libertà dei mezzi di informazione.
Sin dalla proclamazione dello stato di emergenza il 3 novembre dello scorso anno, l’Unione europea e il Parlamento europeo hanno sottolineato la necessità di stabilità e chiesto la riconciliazione e la reintroduzione della democrazia. La stabilità in Pakistan è sicuramente nel nostro interesse strategico, ciò significa che sosteniamo la lotta della maggioranza moderata dei pakistani contro la minoranza violenta degli estremisti.
I nostri interessi, gli interessi dell’Unione europea in Pakistan, sono inoltre strettamente correlati alle nostre missioni prioritarie in Afghanistan e nella regione nel complesso, nonché alla nostra lotta contro il terrorismo e alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, e a favore del rispetto dei diritti umani; tutto questo è stato più volte evidenziato nei nostri messaggi rivolti alle autorità pakistane.
Probabilmente il Presidente Musharraf verrà a Bruxelles la prossima settimana e sarà un’opportunità per comunicargli il nostro messaggio. Assieme ai nostri partner internazionali, abbiamo stabilito contatti anche con altre importanti parti pakistane.
Il messaggio principale del Consiglio dell’Unione europea è che è di fondamentale importanza in Pakistan condurre il prossimo mese elezioni libere, oneste e aperte a tutti. Il governo pakistano deve cercare di offrire le adeguate condizioni politiche e di sicurezza utili allo svolgimento delle elezioni. Inoltre, tutti i partiti devono accettare la decisione della commissione elettorale affinché le elezioni del 18 febbraio si svolgano con dignità e moderazione.
Invitiamo anche le autorità pakistane a impiegare il lungo tempo che precede le elezioni al fine di migliorare le condizioni per il loro svolgimento, conformemente alle norme internazionali. Le autorità devono garantire, in primo luogo, che faranno quanto in loro potere per evitare brogli elettorali e intimidazioni, nonché la trasparenza per una libera attività dei mezzi di informazione e il rilascio dei prigionieri politici. Tutto questo contribuirebbe a un processo elettorale democratico e trasparente in condizioni di sicurezza adeguate. Come sappiamo, l’Unione europea invierà una missione di osservazione elettorale completa. Auspichiamo che queste elezioni vengano seguite nella loro completezza a livello internazionale.
Alla fine di questo mese, nel corso del primo vertice del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”, i ministri degli Esteri discuteranno in modo approfondito la situazione pakistana e le possibilità a disposizione dell’Unione europea per assistere la positiva prosecuzione e il rafforzamento dei processi democratici nel paese.
Benita Ferrero-Waldner , Membro della Commissione. – (EN) Signora Presidente, l’assassinio di Benazir Bhutto è una tragedia nazionale che ci ha sconvolto tutti. Benazir Bhutto era, credo per tutti noi, il simbolo di un Pakistan liberale e moderato. Aveva il sostegno del popolo nonché il coraggio di affrontare l’estremismo e il terrorismo. Molto probabilmente è stato a causa di questo coraggio che alla fine, purtroppo, ha pagato con la vita. La sua uccisione è una perdita per i milioni di pakistani che avevano riposto in lei la speranza della democrazia e di un futuro migliore. La sua morte è inoltre una perdita per l’Europa e l’intero pianeta.
Purtroppo, le notizie allarmanti provenienti dal Pakistan sono diventate troppo frequenti, quasi quotidiane. Difficilmente trascorre una settimana senza un grosso attacco terroristico, e circa 700 pakistani sono stati uccisi da kamikaze nel corso degli ultimi sei mesi. Credo che possiamo trarre una lezione dalla morte di Benazir Bhutto, ossia che al Pakistan occorre una democrazia che funzioni, lo Stato di diritto e una società civile forte cui affidare le crescenti sfide del paese.
Ricorderete che il 3 novembre il paese è stato dichiarato in stato di emergenza. Questo, senza dubbio, ha indebolito enormemente la fiducia nel processo democratico prima delle elezioni politiche. Lo stato di emergenza è stato poi ritirato il 15 dicembre, ma solo in seguito a nuove restrizioni imposte ai mezzi di informazione e alla sostituzione di gran parte della magistratura superiore. Alcuni giudici e avvocati sono rimasti in prigione fino ad oggi. Dovrebbero essere rilasciati immediatamente.
Lo sfogo della collera seguito all’assassinio di Benazir Bhutto ha condotto alla sollevazione civile e infine alla decisione di spostare le elezioni dall’8 gennaio al 18 febbraio. Tali consultazioni dovrebbero ora svolgersi come previsto, senza ulteriori ritardi. Ritengo che il Pakistan debba andare avanti, e il modo per farlo è organizzare elezioni democratiche e trasparenti che si traducano in un ampio e credibile mandato popolare per i nuovi governi, a livello federale e provinciale. Dovremmo trasmettere insieme questo messaggio al Presidente Musharraf quando verrà in visita in Europa la prossima settimana.
Alcuni attori cercano di trarre profitto politico dall’assassinio di Benazir Bhutto. Non dimentichiamo che, di fatto, sono le forze estremiste quelle interessate alla destabilizzazione del paese nonché le responsabili di questo atto spregevole, e non dovremmo consentirlo. Un’inchiesta credibile sull’omicidio può contribuire a calmare le acque, ma solo se ciascuno mantiene l’equilibrio. Consentitemi di aggiungere che Scotland Yard sta svolgendo un encomiabile lavoro nel tentativo di contribuire su questo aspetto.
Il 2 gennaio, il Presidente Musharraf ha parlato della necessità della riconciliazione nazionale quando si è rivolto al paese. Penso che sia esattamente quello che è necessario. L’opposizione deve essere presa in considerazione a fronte della situazione attuale. In particolare, tutti gli importanti partiti politici dell’opposizione parteciperanno alle prossime elezioni. Tuttavia, il Pakistan ha purtroppo un passato di mancanza di fiducia per quanto riguarda i risultati elettorali, cosa che potrebbe condurre ad un’ulteriore polarizzazione politica. Naturalmente, le possibilità di una riconciliazione nazionale aumenterebbero notevolmente se il Presidente Musharraf e le autorità competenti facessero tutto il necessario al fine di garantire che queste elezioni si svolgano in modo onesto e trasparente.
Data l’importanza di queste elezioni, non solo per il Pakistan ma per tutta la regione, ho deciso di inviare una missione di osservazione elettorale (EOM) intesa a contribuire alla democrazia e alla stabilità del paese. Se le elezioni si tenessero realmente l’8 gennaio come previsto in origine, la nostra sarebbe solo una missione di osservazione limitata. Tuttavia, in vista del tempo attualmente disponibile fino alle elezioni, in una consultazione con l’osservatore responsabile, onorevole Michael Gahler, deputato di quest’Assemblea, ho deciso di ampliare la missione in una missione di osservazione elettorale completa. Siamo tutti ben consapevoli dell’importante ruolo che tale missione probabilmente svolgerà nelle prossime settimane.
Resto molto preoccupata delle condizioni in cui si svolgono le elezioni e il loro potenziale di provocare una dichiarazione di crisi da parte dell’EOM, se non vengono presi urgentemente provvedimenti per affrontare queste questioni. In Pakistan esistono tutti i principali problemi, tra cui la mancanza di fiducia nella gestione delle elezioni, la mancanza di trasparenza nel conteggio dei risultati, nonché la mancanza di denunce e ricorsi sui quali le parti interessate possano fare affidamento.
Progressi concreti potrebbero essere compiuti dallo Stato e dalle autorità elettorali al fine di migliorare le condizioni delle elezioni. Comprendo che i responsabili della missione dell’Unione europea a Islamabad e la missione di osservazione elettorale sul posto hanno già sottolineato i miglioramenti fondamentali necessari. Ritengo che dovremmo fare ogni sforzo per evidenziare tali punti alle autorità pakistane, nonché al Presidente quando verrà in visita a Bruxelles.
Resto inoltre preoccupata della situazione della sicurezza in Pakistan, in particolare a seguito dell’assassinio di Benazir Bhutto, ma anche dei recenti attacchi terroristici a Lahore, Karachi e, com’è ovvio, nella provincia del territorio di frontiera nord-occidentale. Sollecitiamo le autorità pakistane a fare tutto il possibile al fine di fornire un ambiente più sicuro in cui svolgere le elezioni, e pertanto valuteremo con attenzione la situazione della sicurezza alla luce della spedizione degli osservatori dell’Unione europea.
Il Presidente Musharraf ha rinunciato alla propria uniforme come promesso. Mi auguro che questo si traduca in progresso verso più solide istituzioni civili e una democrazia sostenibile in Pakistan. È altresì importante che questo paese continui a lottare contro la povertà. La Commissione ha, quindi, aumentato in maniera significativa i suoi finanziamenti di cooperazione allo sviluppo a favore del Pakistan, per i prossimi anni, anche nel campo dell’istruzione. Confermo il mio impegno riguardo a questo approccio che ritengo inoltre un contributo alla lotta agli estremismi.
José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra , a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signora Presidente, discutiamo nuovamente della situazione in Pakistan nel nostro Parlamento, a seguito del dibattito e della risoluzione che abbiamo adottato a dicembre. Da allora sono accadute molte cose, come ci hanno ricordato la Commissione e il Consiglio.
In primo luogo, la revoca dello stato di emergenza, in seguito la conseguente liberazione, benché non completa come ci ha ricordato la signora Commissario, di numerosi avvocati, magistrati, giudici, giornalisti e rappresentanti della società civile. Tutto questo seguito dall’assassinio dell’ex Primo Ministro Benazir Bhutto, che ha causato un’enorme instabilità nel serio processo di disgregazione che sta vivendo la società di questo paese e il conseguente rinvio del processo elettorale ai prossimi giorni del mese di febbraio. Ovviamente, c’è anche la visita imminente e l’interventolunedì prossimo del Presidente del Pakistan dinanzi alla commissione per gli affari esteri del Parlamento.
La prima cosa che desideravo fare, signora Presidente, a nome del mio gruppo politico, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei, è quella di esprimere la nostra più energica condanna a questo selvaggio attacco terroristico, che in realtà non fa altro che confermare ciò che ci ha detto il precedente relatore, onorevole Díaz de Mera: il terrorismo è un fenomeno che ci riguarda tutti allo stesso modo.
Prima di concludere il mio intervento, signora Presidente, vorrei rivolgere due domande alla Commissione e al Consiglio.
Riconosco gli sforzi della signora Commissario Ferrero-Waldner, nel fornire una risposta positiva alla richiesta del Parlamento sul fatto che si potesse contare, a fronte di questa situazione, su una missione di osservazione elettorale. Tuttavia, ha espresso anche la sua preoccupazione per le condizioni in cui si svolgono le elezioni. Signora Commissario, ritiene che, visti i livelli di violenza, di terrore e di instabilità di questo paese, fondamentale per la stabilità dell’Asia centrale, tra l’altro quale unico paese musulmano in possesso di armi nucleari, pensa che ci siano le migliori condizioni per lo svolgimento di questo processo?
Infine, signora Presidente, la signora Commissario ha parlato di un’indagine credibile. La famiglia, il vedovo e il figlio, nonché il partito popolare pakistano e la stessa signora Bhutto prima di morire, in una comunicazione con il segretario del ministero degli Esteri del Regno Unito, hanno espresso il desiderio che tale indagine venga condotta dalle Nazioni Unite. La Commissione e il Consiglio condividono la necessità di un’indagine indipendente che chiarisca definitivamente questo terribile assassinio?
Robert Evans , a nome del gruppo PSE. – (EN) Signora Presidente, in qualità di presidente della delegazione per le relazioni con i paesi dell’Asia meridionale, mi unisco al Consiglio e alla Commissione nella condanna dell’omicidio di Benazir Bhutto. Quest’Assemblea ha sempre condannato il terrorismo ovunque si manifestasse e continueremo a lottare per il diritto dei politici di esprimere le loro opinioni e di manifestare in sicurezza.
Tornando al Pakistan, Benazir Bhutto conosceva i rischi e, che la si consideri coraggiosa o folle, bisogna rispettare il suo impegno per il suo partito e per il suo paese. In sua memoria, e in memoria di altri che sono morti in questo periodo di elezioni, credo che sia intenzione di tutti noi, europei e pakistani, finanche al Presidente Musharraf, fare tutto il possibile per assistere il Pakistan.
Come dichiarato dall’onorevole Lenarčič, la soluzione al problema deve essere una continua lotta al terrorismo. Abbiamo verificato che quest’ultimo è una minaccia in Pakistan, così come lo è in Europa e negli Stati Uniti. La signora Commissario Ferrero-Waldner ci ha ricordato che centinaia di civili innocenti sono stati uccisi in sparatorie e attacchi suicidi in Pakistan, pertanto l’Europa deve continuare a offrire piena assistenza e sostegno alle operazioni pakistane contro il terrorismo.
Alcuni colleghi qui presenti potrebbero suggerire che dovremmo lasciare che il Pakistan si occupi poco di questo, ma credo fermamente nel contrario. In quanto 27 paesi democratici forti, abbiamo bisogno di collaborare collettivamente per sostenere gli sviluppi economici, sociali e politici del Pakistan. Concordo, ancora una volta, con il Consiglio: il rilascio di tutti i rimanenti detenuti politici sarà fondamentale per questo processo, in quanto garantirà elezioni libere, oneste, trasparenti e sicure il 18 febbraio 2008, nonché una sicura e soddisfacente preparazione in vista di tale data.
Oltre a quanto affermato dalla signora Commissario, ritengo che un’elezione vorrà dire avere 90 milioni di elettori con adeguato accesso alla copertura di notizie provenienti da tutti i gruppi politici. Ciò significa creare un ambiente più sicuro per i mezzi di informazione. Il Pakistan è diventato il paese asiatico più pericoloso per il mondo dell’informazione: nel 2007 sono stati uccisi almeno sei giornalisti, circa trenta sono rimasti gravemente feriti, oltre cento sono stati arrestati e tantissimi perseguitati. È necessario fermare la censura della stampa e dei programmi radiotelevisivi, e dobbiamo eliminare le restrizioni su quanto possono dire senza interferenze delle autorità militari o civili. Il divieto sul canale di informazione televisivo GEO deve essere soppresso e il canale televisivo del governo PTV deve essere più equilibrato nelle notizie e informazioni che diffonde al pubblico.
Tutti gli accordi per la votazione attuale, il conteggio e la comunicazione dei risultati devono essere chiari e trasparenti per tutti, ma in particolare per gli elettori pakistani. Un segnale di democrazia si ottiene anche quando chi perde accetta la sconfitta e la transizione politica da un partito di governo all’altro, se necessario, può procedere tranquillamente. Tutti questi saranno fattori cruciali nel valutare se le elezioni potranno essere considerate un risultato reale della volontà popolare e se il Pakistan potrà cominciare a uscire dalla lunga ombra gettata dal proiettile dell’assassino il 27 dicembre 2007.
Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signora Presidente, signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, ovviamente anch’io desidero iniziare esprimendo il mio profondo cordoglio per la tragica morte di Benazir Bhutto, la quale era stata insignita del Premio liberale internazionale alla libertà, che le abbiamo conferito la prima volta che fu nominata Primo Ministro.
È vero che Benazir Bhutto è, era, un essere umano, e in quanto tale non era perfetta. Ci siamo chiesti successivamente se avessimo fatto la cosa giusta. In quel momento, posi questa domanda ad Asma Jahangir, un’attivista pakistana per i diritti umani, ora impegnata in una missione speciale a nome del Segretario Generale delle Nazioni Unite. Mi rispose che avevamo fatto assolutamente la cosa giusta, poiché Benazir Bhutto era un autentico esempio in Pakistan per molti aspetti, in particolare riguardo al ruolo delle donne nella società pakistana.
È un fatto noto che Benazir Bhutto sia stata assassinata da terroristi violenti, ma chi fossero i mandanti resta una questione aperta. Non credo che in Pakistan sia possibile la riconciliazione in mancanza di un chiarimento attraverso un’indagine indipendente. Non so se questo voglia dire assecondare la richiesta della famiglia di un’inchiesta delle Nazioni Unite, ma in tutti i casi ci deve essere la garanzia di imparzialità, in quanto il Presidente Musharraf non ha esattamente dato prova di un grande rispetto per le autorità giudiziarie del paese, anche di quelle di più alta istanza.
Desidero inoltre annunciarvi che ho ricevuto alcune relazioni dal Pakistan relative al raduno, all’arresto e all’accusa di poco tempo fa di migliaia di militanti del PPP. Anche questo deve cessare se vogliamo che le elezioni si svolgano in condizioni ragionevoli.
Jean Lambert , a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signora Presidente, desidero fortemente unirmi al coro dei miei colleghi nel ringraziare il Consiglio e, ovviamente, la Commissione in particolare, per i progressi concreti che sono stati sottolineati in termini di aiuto nel sostenere il processo di amministrazione elettorale e nel cercare di migliorare la qualità e, si spera con essa, anche i risultati delle elezioni che dovrebbero svolgersi.
Valutiamo inoltre positivamente l’impegno di ulteriori finanziamenti per lo sviluppo, non ultima l’istruzione, in quanto ci sono molti di noi in quest’Aula che ritengono che investire in questo settore dimostrerà almeno la stessa efficacia, se non maggiore, dell’investire nelle armi, che sembrano essere state una priorità per alcuni organismi esterni nel loro sostegno al Pakistan degli ultimi anni. Ci auguriamo che la comunità internazionale in generale sosterrà gli sforzi dell’Unione europea in questi settori.
Al pari di altri qui presenti, desideriamo esprimere il nostro cordoglio alla famiglia di Benazir Bhutto, ma anche alle altre famiglie di tutti coloro che sono stati assassinati in Pakistan in oltraggiosi attentati e attraverso azioni militari. Vorremmo concordare sul bisogno di stabilità, per la popolazione pakistana e, certamente, trattandosi di un paese che possiede armi nucleari, per la comunità internazionale.
Tuttavia, come già affermato da altri, ritengo che non sia sufficiente stimolare e sviluppare la fiducia delle persone nel sistema elettorale e relativi risultati. La magistratura è un’altra fondamentale istituzione democratica. È necessario che sia operativa e indipendente. La gente deve percepire che avrà un processo giusto, che la detenzione senza accusa non ci sarà più e con essa le prigioni segrete e che qualsiasi governo salga al potere dopo le elezioni si impegni davvero a continuare le indagini sulle sparizioni avvenute nel paese.
Riteniamo anche che la libertà di stampa sia essenziale, ma desideriamo chiedere che alcuni dei nostri Stati membri fermino le estradizioni verso il Pakistan finché non siamo sicuri che vi sia un sistema giudiziario onesto, indipendente e funzionante.
Philip Claeys (NI). – (NL) Signora Presidente, l’assassinio di Benazir Bhutto è una tragedia per il Pakistan e dimostra l’enormità dei problemi di questo paese. Con 165 milioni di abitanti, è un paese in possesso di armi nucleari ed è impegnato nella lotta contro le organizzazioni terroristiche quali Al Qaeda e i talebani. Ovviamente, è di notevole importanza che in Pakistan venga raggiunta la stabilità politica quanto prima e che adesso il Presidente Musharraf svolga un ruolo fondamentale a questo scopo.
Tuttavia, non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte alle numerose lacune della politica di Musharraf. Per esempio, l’approccio del suo governo al problema del terrorismo è stato sin troppo rilassato. Nella maggior parte della regione di confine afghana, i talebani e Al Qaeda hanno libero dominio, e per questo non si sta facendo molto. Con la proclamazione dello stato di emergenza del 3 novembre, Musharraf ha inoltre dimostrato un’attitudine alla democrazia piuttosto superficiale.
Inoltre, purtroppo, è già stato additato dopo il primo attentato a Benazir Bhutto del 18 ottobre e lo stesso è accaduto dopo il suo effettivo assassinio. Il suo eventuale coinvolgimento nella faccenda deve essere chiarito il prima possibile, perché altrimenti la fiducia del pubblico nel governo si estinguerà, e questo può solo favorire gli estremisti islamici.
Charles Tannock (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, The Economist ha recentemente dichiarato che il Pakistan è il paese più pericoloso al mondo in possesso di armi nucleari. Purtroppo, dal mio punto di vista, l’impegno del Presidente Musharraf di sradicare completamente il terrorismo islamico è stato sempre piuttosto debole, e il suo controllo sull’ISI o i servizi di intelligence, che presumibilmente sono in contatto con gli islamici, è altrettanto debole. A questo bisogna aggiungere le questioni del combustibile del Kashmir, il separatismo baluchi, l’attività di Al Qaeda e dei talebani alla frontiera dei territori nel nord-ovest e in zone tribali, che hanno causato problemi per la NATO in Afghanistan, e si ottiene un paese sul punto di implodere.
Come il ritorno di Benazir Bhutto in Pakistan ha offerto al paese un barlume di speranza, allo stesso modo il suo ignobile assassinio, i cui colpevoli devono essere individuati e puniti, ha riportato la regione sull’orlo della catastrofe. Un ritorno alla democrazia è più complesso che mai. La convinzione dell’Unione europea e degli Stati Uniti è che Musharraf, per tutte le sue tendenze autocratiche, rappresenti la migliore soluzione nella lotta al terrorismo.
L’esperienza pakistana di democrazia negli ultimi sessant’anni è stata travagliata. Probabilmente è arrivato il momento di abbandonare la speranza che la democrazia pluralista sul modello occidentale possa adattarsi con successo al Pakistan, che è sempre stato dominato da una ristretta élite. È più simile a una monarchia feudale ereditaria, fatto sottolineato dall’immediata nomina alla guida del partito popolare pakistano del figlio diciannovenne di Benazir Bhutto, che senza dubbio otterrà ottimi risultati alle imminenti elezioni del 18 febbraio.
Anche la scelta apparente per l’occidente tra Pakistan e India è una falsa dicotomia. È una conseguenza della guerra fredda. L’India, quale alleato strategico, è la migliore speranza per il progresso, la prosperità, la pace e la stabilità dell’Asia meridionale. I valori di questo paese sono gli stessi dell’Unione europea: democrazia laica, diritti umani e Stato di diritto. Cominciamo a sostenere coloro che condividono i nostri valori prima di tentare di persuadere coloro che non li condividono.
Marianne Mikko (PSE). – (ET) Onorevoli colleghi, già a novembre la delegazione del Parlamento europeo in Asia meridionale aveva avvertito il governo pakistano delle falle nelle misure di sicurezza per Benazir Bhutto. Purtroppo, i nostri timori di un attacco terroristico si sono dimostrati fondati. Benazir Bhutto continuerà a essere un’eroina per la popolazione pakistana e per la comunità internazionale. La sua assenza tra i candidati chiama in causa la legittimità delle prossime elezioni.
La crisi in Pakistan è anche un’opportunità di guidare il paese verso la strada della democrazia. Il popolo pakistano non ha eletto presidente il generale Musharraf. Tuttavia, quest’ultimo ha adesso l’opportunità di scegliere se passare alla storia quale dittatore militare o quale presidente democratico.
In qualità di statista, sicuramente Musharraf deve comprendere che la democrazia deve vincere le elezioni, anche se lui stesso perderà il potere. E noi desideriamo chiederglielo di persona la prossima settimana nel corso dell’incontro con la comunità internazionale che si terrà a Bruxelles.
Noi, come Unione europea, dobbiamo continuare il nostro dialogo con il Pakistan ed è per questo, come ha giustamente affermato la commissione, che occorre inviare i nostri osservatori alle elezioni del 18 febbraio. Gli avvenimenti in Pakistan non devono essere appannaggio esclusivo degli Stati Uniti.
Sono inoltre questioni fondamentali per l’Unione europea: un’indagine internazionale trasparente sull’assassinio di Benazir Bhutto, il completo ripristino della libertà di stampa ed elezioni libere e oneste. Non raggiungeremo i nostri obiettivi se non agiamo e non abbiamo alternative se non quella di proseguire in una politica attiva nei nostri rapporti con il Pakistan.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE) . – (EN) Signora Presidente, mi associo appieno alle dichiarazioni dei miei colleghi, ma desidero dire qualcosa in più sulla persona anziché sulla situazione. Esiste un proverbio in finlandese che dice che la guerra non dipende da un uomo solo. Dovrebbe essere così, ma la guerra tra democrazia ed estremismo potrebbe dipendere molto da una sola donna.
Penso a Benazir Bhutto, ex Primo Ministro del Pakistan, ora assassinata. Ho avuto il piacere di incontrarla e di collaborare con lei e sono rimasta molto colpita dalla sua cordialità, la sua intelligenza e il suo coraggio. Sono molto orgogliosa nel dire che per me era un’amica e un alleato politico. È stato detto e scritto molto finora su di lei, tanto da potersi domandare cos’altro si possa aggiungere. Credo di poter condividere con voi qualcosa che, forse, non sapete. Il suo ultimo grande progetto per la democrazia, i diritti umani e i diritti delle donne ha riguardato la creazione di un’organizzazione chiamata Muslim Women for Democracy and Human Rights. Assieme ad altre donne coraggiose, quali Asma Jehangir del Pakistan e la dottoressa Shrin Ebadi dell’Iran, ha creato una struttura intesa a incoraggiare le donne musulmane di tutto il mondo a lottare per i diritti che il Corano attribuisce loro, secondo Benazir Bhutto, ma che sono stati negati per secoli.
A maggio del 2007 è stata scelta dalle donne attiviste democratiche e musulmane leader nel mondo, per essere la prima presidente di questa nuova organizzazione. Benazir Bhutto ha voluto che l’organizzazione sostenesse le donne musulmane, che fornisse loro consulenza legale e aiuti concreti e, soprattutto, che le aiutasse a formare una rete di donne musulmane nel mondo al fine di costruire un mondo di pace, in cui le diverse religioni potessero convivere nella pace e nel rispetto. Ha dichiarato: “Voglio costruire un Pakistan in cui un ebreo possa andare in sinagoga, un cristiano in chiesa e un musulmano in moschea, tutti senza alcun timore”. Il suo desiderio era che questa nuova organizzazione contribuisse a far diventare il suo sogno realtà in tutto il mondo, sia in occidente che nel mondo musulmano. Ritengo che il miglior modo di onorare la memoria di questa coraggiosa sorella della democrazia sia sostenere l’organizzazione che ha creato come segno di speranza, anche dopo la sua scomparsa.
IN PRESIDENZA DELL’ON. Manuel António DOS SANTOS Vicepresidente
Jo Leinen (PSE). – (DE) Signor Presidente, si pensa che Benazir Bhutto avesse detto a suo figlio: la realizzazione della democrazia in Pakistan è la nostra rivincita sul potere militare. Onorevoli colleghi, abbiamo il dovere di garantire che l’eredità di Benazir Bhutto non sia solo un compito per suo figlio, ma per tutti noi e che la comunità internazionale si assicuri che in Pakistan vengano stabilite le condizioni per la democrazia, cui noi contribuiremo.
La situazione nel paese non è positiva, come hanno già dichiarato molti oratori, e il modo in cui è stato affrontato questo attentato a Benazir Bhutto è realmente preoccupante. Chiederei inoltre che da parte nostra vi sia la garanzia di un’indagine internazionale su questo assassinio. Scotland Yard può già occuparsi del lavoro preparatorio, ma ritengo sarebbe bene che le indagini si svolgessero su iniziativa dell’ONU.
Signora Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, avete affermato che la stabilità in Pakistan è nel nostro interesse. Molto bene, ma stiamo pensando, come sempre, alla minoranza terrorista. Se ci si trova in Pakistan, ci si rende conto che il sistema militare crea instabilità e che il Presidente Musharraf contribuisce in modo significativo all’aggravarsi della situazione.
Lo scorso anno era qui in Parlamento e gli abbiamo sottolineato tutte le nostre principali critiche. Non è migliorato niente e molto è invece peggiorato; pertanto, davvero non capisco come sia possibile che possa tornare nuovamente in quest’Aula la prossima settimana. La società civile in Pakistan la considera un’implicita complicità: quando si tratta di questo, l’Occidente accetta il sistema militare e lo stesso Musharraf. Ritengo che la prossima settimana dovremo chiarire questo punto.
Giulietto Chiesa (PSE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Pakistan di oggi è davvero il luogo più pericoloso, il groviglio centrale in cui si annodano tutti i fili del terrorismo. Questo paese è però nello stesso tempo il principale alleato dell’Occidente contro il terrorismo. A questa contraddizione non si può sfuggire, così come non sarà possibile la fine della guerra in Afghanistan senza averla risolta.
L’attuale politica europea è in grado di risolvere poco, almeno fino a che agirà a supporto di quella degli Stati Uniti. Possiamo e dobbiamo chiedere a Musharraf il ripristino della costituzione e regolari elezioni. Ma lo strano e tragico assassinio di Benazir Bhutto ci dice che siamo impotenti, e lo siamo perché il terrorismo in Pakistan è dentro le strutture dello Stato, anzi promana da esse, da quei servizi segreti che – non si dimentichi – costruirono i talebani e tuttora li sostengono e li aiutano.
Ma allora dovremmo chiedere a Musharraf di fare pulizia e agli Stati Uniti, che con quei servizi hanno rapporti molto stretti, di chiarirci quei rapporti, perché se Osama Bin Landen fosse ancora vivo, lo sarebbe grazie a quei servizi, a meno che non già sia stato ucciso. Del resto Benazir Bhutto – lo voglio ricordare – lo disse in un’intervista ad Al Jazeera il 2 novembre del 2007, disse anche il nome dell’assassino, Omar Sheikh, colui che Musharraf nel suo ultimo libro sospetta come ex collaboratore dell’MI6 britannico.
Alla luce di tutto questo credo che la richiesta di una commissione internazionale d’inchiesta sulla morte di Benazir Bhutto sarebbe una giusta decisione europea.
Neena Gill (PSE) . – (EN) Signor Presidente, desidero porgere le mie condoglianze alla famiglia e agli amici di Benazir Bhutto. La sua morte non è solo una perdita per il Pakistan, ma per tutto il mondo.
Sono molto orgogliosa di averla conosciuta di persona. Mi ha invitato a partecipare al suo ritorno in Pakistan, ed è stato un momento molto toccante per me quando ho ricevuto i suoi auguri di buon anno, alcuni giorni dopo il suo omicidio.
Ricordo Benazir come una donna molto forte e carismatica, che rivendicava il proprio diritto di governare quale primo leader di sesso femminile a essere stata eletta, all’età di trentacinque anni, in uno Stato musulmano. Credo che sarà ricordata come una delle maggiori personalità del nostro secolo, una leader che ha ispirato uomini e donne non solo dell’Asia meridionale, e che ha rappresentato, soprattutto, la speranza per un futuro migliore in Pakistan.
La morte di Benazir ha scatenato agitazioni nel suo paese, e ritengo che il solo modo di portare stabilità sarà rispondere alle domande sul suo assassinio. Molte persone, non solo in Pakistan ma anche quelle che rappresento della contea delle West Midlands, desiderano sapere chi sono i veri colpevoli. Pertanto, chiedo al Consiglio di sostenere con forza le richieste di un’indagine internazionale sull’omicidio da parte delle Nazioni Unite, e chiedo inoltre al Consiglio e alla Commissione di informare quest’Assemblea riguardo alla loro posizione in merito.
Benazir Bhutto ha lottato per un Pakistan democratico e una transizione pacifica verso un governo civile. La sua lotta le è costata la vita. Non lasciamo che la sua morte sia avvenuta invano. Dobbiamo portare avanti questa causa, e valuto positivamente il fatto che la signora Commissario stia inviando una missione di osservazione elettorale forte. Tuttavia, se tale missione di osservazione deve acquisire credibilità, è necessario che indichi adesso alle autorità pakistane i valori di riferimento che impiegherà al fine di valutare se le prossime elezioni saranno libere e oneste, e ciò implica una partecipazione di tutti i partiti nella revisione delle norme elettorali e delle procedure nonché un sistema imparziale di condurre le elezioni e di verifica dei risultati che sia totalmente trasparente. Ma, soprattutto, desidero realmente sottolineare la necessità di annullare tutte le restrizioni per la stampa e la libertà di riunirsi per le manifestazioni e campagne politiche che, nelle ultime settimane, sono state ostacolate.
Nickolay Mladenov (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, la tragica morte di Benazir Bhutto ci ha lasciato un’importante eredità: credere in ciò in cui lei credeva, ovvero il potere del popolo pakistano di essere governato in modo democratico.
Secondo un recente sondaggio che risale a novembre dello scorso anno, il 70% delle persone in Pakistan ha confermato di volere la soppressione di tutte le restrizioni sulle manifestazioni politiche, ha dichiarato inoltre di essere contro il divieto di eventi politici e di opporsi alla detenzione del presidente della Corte Suprema.
Questa è la maggioranza silenziosa di pakistani che vuole vivere in pace e democrazia, e se cerchiamo stabilità in un paese così mutevole, possiamo trovarla unicamente attraverso un processo politico di riconciliazione e democrazia.
Accolgo con favore l’appello della Commissione di inviare una missione di osservazione per queste elezioni ma ho due domande per la signora Commissario. La prima è la seguente: abbiamo sentito diverse notizie su liste elettorali distrutte nel paese, come possono svolgersi le elezioni in questo contesto?
La seconda è: il Presidente Musharraf ha vietato anche le proiezioni indipendenti sulle elezioni. Esorto la Commissione a farlo presente dinanzi alle autorità pakistane al fine di consentire la conferma indipendente dei risultati di queste consultazioni elettorali.
Richard Howitt (PSE) . – (EN) Signor Presidente, l’obiettivo degli assassini non era semplicemente Benazir Bhutto, ma tutti coloro che sono impegnati nel principio di democrazia. Dovremmo sostenere la maggioranza moderata in Pakistan che cerca di mantenere la democrazia, e l’onorevole Tannock sbaglia a dire che tutti in Pakistan rifiutano i valori europei, in quanto gli 800 000 britannici di origini pakistane potrebbero confermargli il contrario.
Guardo con favore all’iniziativa della signora Commissario Ferrero-Waldner di rafforzare la missione di osservazione elettorale dell’Unione europea e di riconoscere il nostro importante ruolo nel costruire la fiducia nel processo elettorale. Attraverso di lei e attraverso il dibattito odierno, chiedo al Pakistan di eliminare tutte le restrizioni sulla campagna politica, di rilasciare i restanti detenuti politici, di pubblicare in anticipo i luoghi dei seggi elettorali e garantire che tutti i risultati vengano immediatamente annunciati in pubblico.
Dovremmo valutare positivamente la revoca dello stato d’emergenza, le dimissioni del Presidente Musharraf da capo di Stato maggiore e l’invito al mio paese, il Regno Unito, ad assistere alle indagini sulla morte di Benazir Bhutto. I militanti estremisti non sono una minaccia solo in Pakistan: costituiscono una minaccia per tutti noi.
Sajjad Karim (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, il 14 novembre, in quest’Aula, ho dichiarato che la maggiore minaccia interna al Pakistan era la minaccia terroristica. L’orrendo assassinio di Benazir Bhutto ne è la prova, se mai questa fosse stata necessaria.
Gli estremisti hanno colpito quel giorno ma non bisogna consentirgli di aver vinto quel giorno. Nella stessa data abbiamo chiesto al Presidente Musharraf di revocare lo stato di emergenza, di ripristinare la Costituzione e la Corte Suprema e di agire a favore di elezioni libere e oneste.
Ha fatto tutto questo, anche se non perfettamente, e ha inoltre rinunciato al suo ruolo militare. Dobbiamo chiedere ai politici pakistani di unirsi e investire in questo processo. Il paese sta affrontando tempi difficili e dobbiamo sostenerlo.
Solo un’altra osservazione. Sono molto preoccupato riguardo al modo in cui ciò che accade in quest’Aula viene distorto da una parte dei mezzi di informazione pakistani nei loro notiziari, in particolare sul canale GEO. Quest’Assemblea si è sempre dimostrata a favore di media liberi e leali. Rimarremo su questa posizione e chiederemo loro di non abusare delle libertà che noi portiamo.
Véronique De Keyser (PSE) . – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, comprendo molto bene la preoccupazione di molti, la vostra e quella di Bernard Kouchner, di inviare una missione elettorale in Pakistan.
In effetti questo è uno dei pochi strumenti di cui ancora disponiamo per fare pressione su Musharraf, ma bisogna capire che questa missione di osservazione si svolgerebbe in condizioni molto particolari.
Abbiamo l’abitudine di studiare e di fare osservazioni prima, durante e dopo. Per quanto accaduto prima, noi sappiamo già quante cose siano state truccate. Benazir Bhutto aveva scritto, con Latif Khosa, una relazione di 160 pagine sui possibili brogli delle elezioni, in particolare per via informatica, un testo che era in procinto di consegnare a due membri del Congresso americani la stessa sera del giorno in cui l’hanno uccisa.
Abbiamo, oggi, la possibilità di controllare una truffa informatica in una missione di osservazione elettorale? In caso contrario, potremmo allora stabilire che anche se nel “prima” ci sono stati più che piccoli dubbi, il “mentre” si è svolto in modo regolare nonostante ci sia stata una frode. Pertanto, desidero chiedere una missione di osservazione del tutto speciale e che noi non dichiariamo democratiche queste elezioni se non abbiamo la possibilità di controllarle.
Sorin Frunzăverde (PPE-DE). – (RO) Benazir Bhutto conferma il tragico destino della sua famiglia, iniziato da suo padre, Zulfikar Ali Bhutto. L’assassinio di Benazir Bhutto aveva lo scopo di porre fine alla democratizzazione del Pakistan e di compromettere la stabilità del paese che, non dovremmo dimenticarlo, è il nostro principale alleato nella lotta al terrorismo in Afghanistan. Vi ricordo che attualmente 25 Stati membri dell’Unione europea hanno rappresentanti civili o militari in Afghanistan. L’esercito pakistano è impegnato in importanti operazioni intese al mantenimento dell’equilibrio militare sui confini afgani, in particolare nelle province di Zabol e Helmand, in cui ci rappresentano principalmente le truppe britanniche, lituane e rumene.
A questo proposito, è molto importante parlare delle responsabilità dell’assassinio di Benazir Bhutto, del processo di democratizzazione e della sua prosecuzione, ma è importante anche discutere della questione del mantenimento di un equilibrio militare sui confini afgani e di chi possa agire quale garante di tale equilibrio in quanto, signor Presidente, ogni fallimento in Afghanistan dovuto all’instabilità del Pakistan sarebbe un momento terribile per il mondo libero e democratico che sosteniamo.
Charles Tannock (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, in una mozione di procedura, desidero rispondere all’onorevole Howitt in base alla procedura “catch-the-eye”, in quanto ha fatto dichiarazioni non corrette. Mi riferivo all’India e al Pakistan in quanto Stati e ai loro rispettivi governi, non alle persone di quei paesi o provenienti da quei paesi che attualmente vivono in Stati membri dell’Unione europea. Mi riferivo ai sistemi e non alle persone, per questo motivo desidero che l’onorevole Howitt ritiri le proprie osservazioni.
Presidente . – Posso concederle trenta secondi per concludere.
Charles Tannock (PPE-DE) . – (EN) È molto gentile da parte sua, ma credo di aver già detto tutto. Stavo semplicemente spiegando che, nel mio discorso, mi riferivo al fatto che l’India è una democrazia laica, che rispetta i diritti umani, non ostacola i mezzi di informazione, non perseguita i cristiani o i musulmani ahmadiyya, e consente alle persone di esprimere il loro punto di vista e di praticare la loro religione. Purtroppo, negli ultimi cinquant’anni il Pakistan ha attraversato periodi difficili di dittatura militare e repressione delle minoranze religiose ed etniche. Questo riguarda lo Stato e il governo, e non il popolo di alcun paese. Allo stesso modo, non dubito minimamente che i pakistani e gli indiani che vivono a Londra, e che rappresento, condividano i valori dell’Unione europea.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Sarò breve. Sono state poste alcune domande riguardo all’indagine, molte richieste di un’indagine indipendente o internazionale e alcune altre sull’opinione del Consiglio in proposito. Desidero sottolineare che il Consiglio non ha discusso l’argomento, pertanto non possiamo parlare della sua posizione. Tuttavia, posso esprimere la ferma convinzione della Presidenza che l’indagine verrà condotta in conformità della normativa internazionale. A questo proposito, siamo lieti che almeno uno Stato membro, il Regno Unito, stia già cooperando attraverso l’invio alle autorità pakistane competenti di professionisti esperti.
Per quanto riguarda le elezioni, vorrei ricordarvi la dichiarazione pubblicata dalla Presidenza il 3 gennaio di quest’anno, in cui è stata posta particolare enfasi sulla necessità di fare quanto attualmente possibile al fine di mantenere, rafforzare e proseguire il processo di democratizzazione, la democrazia e il processo democratico in Pakistan.
A tale proposito, desidero nuovamente salutare con favore la decisione della Commissione europea di rafforzare la missione di osservazione elettorale in Pakistan, e ribadire il nostro invito alle autorità pakistane di impiegare il tempo disponibile fino alle elezioni al fine di migliorare la situazione e lo svolgimento di queste ultime.
Benita Ferrero-Waldner , Membro della Commissione. – (EN) Signor Presidente, desidero iniziare formulando osservazioni di carattere generale a seguito di questo dibattito molto interessante.
Sono consapevole che qualcuno sosterrà sempre che la stabilità e la democrazia sono concetti incompatibili con il Pakistan. Ma personalmente ritengo che, senza un ritorno alla governance democratica e al consolidamento delle istituzioni civili pienamente responsabili, non ci potrà essere una stabilità duratura nel paese e gli estremisti ne trarranno il maggiore vantaggio. Per questo motivo, è fondamentale la nostra presenza in Pakistan, e che accompagniamo questo paese verso un maggiore progresso. Nonostante la terribile e tragica morte di Benazir Bhutto e di molte altre vittime, continuo a credere che il Pakistan abbia una possibilità di compiere un reale passo avanti verso la stabilità e un modello di democrazia più ampio, attraverso l’elezione di un nuovo governo che godrà della più vasta legittimità popolare.
Affinché questo accada, le elezioni dovranno essere democratiche e trasparenti. È un momento cruciale per il Pakistan in cui il Presidente Musharraf dovrebbe dimostrare, al proprio paese e al mondo, il suo impegno nel garantire che queste elezioni si svolgeranno in modo democratico e trasparente, conformemente alla normativa internazionale.
Quali sono le migliori condizioni per lo svolgimento delle elezioni? Oltre alle condizioni politiche e di sicurezza, come ho già sottolineato nelle mie osservazioni di apertura, per un contesto elettorale adeguato è necessaria la presenza dei seguenti elementi fondamentali.
In primo luogo, l’amministrazione elettorale deve agire in modo trasparente e collaborativo al fine di promuovere la fiducia tra gli elettori; in seguito, tutti i risultati dei seggi elettorali e tutti i livelli di consolidamento dei risultati devono essere annunciati pubblicamente; inoltre, il processo di conteggio e classificazione deve essere completamente aperto allo scrutinio; infine, sono necessari la libertà dei mezzi di informazione e un quadro indipendente per le procedure di protesta e appello.
Per quanto riguarda la pubblicazione delle sedi dei seggi elettorali, è risaputo che saranno le stesse delle ultime elezioni. Quindi questo punto è chiaro.
In merito alla questione di alcune liste elettorali distrutte, sappiamo che si sono verificati singoli casi ma, fortunatamente, sono tutte catalogate in CD con la commissione elettorale e quelle distrutte saranno recuperate e pertanto disponibili.
Riguardo alle proiezioni indipendenti, non costituiscono elemento essenziale per le elezioni. Tuttavia, è pratica sempre più diffusa in molti paesi che anch’esse ci siano.
Ecco ora alcune problematiche nel dettaglio.
Innanzi tutto le indagini. Come ho menzionato nelle mie osservazioni di apertura, è in corso un’indagine nel paese, affiancata da Scotland Yard. Dovremmo attendere i risultati di questa indagine nonché avere fiducia che, con la sua esperienza, Scotland Yard sarà in grado di aiutare le autorità pakistane. Indubbiamente, sarà necessario fornire loro pieno accesso e sostegno nello svolgimento di questo lavoro.
Dopo le elezioni, potrebbe esserci un compito per un gruppo internazionale di persone autorevoli, ma prima di tutto dobbiamo verificare a quali conclusioni avrà portato l’inchiesta. Ritengo sia troppo presto per prendere adesso decisioni al riguardo. Si è tenuta solo una breve discussione nel gruppo di lavoro del Consiglio, che non ha portato a conclusioni.
Detto questo, mi si consenta dire che è notevolmente importante sostenere il Pakistan nella sua lotta al terrorismo, e che saranno fondamentali tutti gli altri requisiti cui si è fatto riferimento nel corso della discussione, come il rilascio di tutti i detenuti.
Ho inoltre affermato molto chiaramente che per un paese come il Pakistan è importante concentrarsi maggiormente sull’istruzione. Siamo già impegnati a questo proposito da tempo, e ne servirà dell’altro; siamo all’inizio di un lungo percorso. Ma se vogliamo la democrazia, esiste un settore in cui dobbiamo davvero cambiare la situazione e, quindi, desidero mantenere i miei progetti di cooperazione, in particolare nelle aree più problematiche, ossia la frontiera della provincia di nord-ovest, il Belucistan, il Waziristan, eccetera.
Desidero ripetere ancora una volta che il vostro collega, onorevole Gahler, nonché osservatore responsabile delle elezioni, credo sia una persona che ha già dimostrato, in quei giorni così difficili in Pakistan, il suo livello di responsabilità assumendosi l’incarico, con 52 osservatori a lungo termine e un nucleo centrale di 11 persone che esamineranno tutte le questioni dettagliate della missione di osservazione elettorale. Sarà una missione molto specifica nonché un’ottima opportunità per voi di dichiarare al Presidente Musharraf quello che pensate. È pertanto positivo che lo incontriate in sede di commissione per gli affari esteri.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, posso cortesemente domandarle in quale modo una donna con dignità possa attirare l’attenzione su se stessa attraverso la procedura di “catch-the-eye” se è seduta in un angolo remoto dell’Aula? Desidero sapere se sono stata inclusa nell’elenco, o in quale modo le donne possono esserlo in questo Parlamento.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, in una mozione di procedura, sono stato probabilmente la prima persona questo pomeriggio ad applicare la procedura “catch-the-eye”. Non capisco come mai lei mi abbia negato la possibilità di parlare, ma ha dato un’ulteriore opportunità a uno dei miei colleghi già intervenuto nella discussione. Gli ha concesso quindi più tempo!
Non sono in disaccordo su quanto ha affermato. È stata solo la procedura da lei seguita, e ritengo fosse alquanto scorretto negarmi la possibilità di parlare.
Volevo solo puntualizzare che abbiamo bisogno di un governo stabile e affidabile in Pakistan.
Presidente – Onorevole Van Orden, mi hanno riferito che lei oggi ha già preso la parola con la procedura “catch-the-eye” e pertanto, conformandomi alle norme stabilite al fine di garantire che gli interventi dei deputati coprano il più ampio raggio possibile, ho preso la mia decisione, che per questa volta l’ha ovviamente esclusa. Tuttavia, desidero ricordarle che ci saranno altre occasioni in cui avrà l’opportunità di parlare. In ogni caso, è stato aggiunto all’elenco che verrà senza dubbio rispettato. Dobbiamo proseguire, altrimenti non avremo il tempo per le interrogazioni. Sono spiacente, ma non possiamo continuare questo discorso. Pertanto, il prossimo punto sono le interrogazioni al Consiglio.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, ciò che è stato affermato poc’anzi non è corretto. La precedente procedura “catch-the-eye” è stata applicata perché nessun altro voleva prestarmi attenzione, per questo motivo sembrava un’opportunità.
Ho chiesto specificatamente di prendere la parola in questa discussione sul Pakistan. L’ho scritto e ho indicato il punto sul quale avrei voluto intervenire. Non c’erano scusanti, quindi, per negarmi l’opportunità di parlare, e avevo importanti osservazioni da fare.
Temo di essere molto deluso per il modo in cui lei ha condotto questo specifico confronto.
Presidente. – La sua protesta è annotata, onorevole Van Orden.
11. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni al Consiglio)
Presidente. − L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0001/2008).
Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte al Consiglio.
Annuncio l’
interrogazione n. 1 dell’onorevole Marian Harkin (H-0961/07)
Oggetto: Gruppo di lavoro Gioventù
Può spiegare il Consiglio come intende operare nel settore Gioventù per realizzare gli obiettivi presentati dal gruppo di lavoro Gioventù del Consiglio nel dicembre 2007, e indicare in particolare qual è il ruolo del volontariato in quest’ambito?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Con il vostro aiuto ci riusciremo di certo più facilmente. Per quanto riguarda la risposta alla domanda dell’onorevole Harkin, desidero innanzi tutto richiamare l’attenzione sull’ultima iniziativa del Consiglio connessa alla domanda. Riguarda la risoluzione per le attività di volontariato dei giovani adottata il 16 novembre 2007.
Questa recente iniziativa mira a confermare e consolidare la pertinenza e la validità degli obiettivi comuni per le attività di volontariato dei giovani, già definiti nel 2004. Inoltre, l’iniziativa sottolinea il carattere intersettoriale e trasversale delle attività di volontariato nonché l’importanza di incoraggiare le imprese a sostenere tali attività.
Inizialmente, il risultato ha confermato gli orientamenti per le iniziative che gli Stati membri dovrebbero seguire nel rafforzamento della realizzazione degli obiettivi comuni per le attività di volontariato dei giovani. La risoluzione invita inoltre gli Stati membri a individuare, entro settembre di quest’anno, le linee guida su cui essi intendono concentrarsi e a definire strategie nazionali e misure concrete per la loro attuazione.
Di conseguenza, la Presidenza è convinta che la questione del volontariato giovanile resterà tra i compiti politici prioritari del Consiglio e del Parlamento. Abbiamo inoltre fiducia che gli Stati membri completeranno le attività previste, conformemente alla risoluzione, entro la data prevista, ossia settembre di quest’anno.
Marian Harkin (ALDE) . – (EN) Signor Presidente, ringrazio la Presidenza slovena per la sua risposta. Signor Presidente in carica del Consiglio, anch’io le auguro il meglio per il suo inizio di mandato. Sono lieta di vedere che proseguite l’attività della Presidenza portoghese, e precedete quella francese, con particolare attenzione al volontariato, e soprattutto al volontariato giovanile.
Ho ascoltato quanto ha affermato riguardo agli Stati membri che devono rispondere entro settembre ma, nel frattempo, nel corso dei prossimi sei mesi della sua Presidenza, ritengo che lei si occuperà di questioni come l’integrazione e l’istruzione giovanile al fine di rafforzare l’occupabilità dei giovani attraverso il volontariato, con uno sguardo anche allo scambio interculturale. Desideravo solo domandarle in particolare se ha progetti per promuovere il volontariato intergenerazionale. Le persone anziane hanno a loro disposizione molto più tempo, infatti si vive più a lungo, e l’intero aspetto del volontariato intergenerazionale offre numerose opportunità positive. Ha qualche iniziativa in proposito?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Onorevole Harkin, al momento non posso offrirle iniziative più concrete o specifiche. Ci siamo concentrati sull’attuazione della risoluzione adottata. Sarebbe utile incoraggiare gli Stati membri al momento giusto, ricordare loro la scadenza stabilita. Lei ha ragione: una serie di attività in altri settori offrirà comunque un’opportunità per aggiungere argomenti e questioni da integrare alle attività relative al volontariato, tra cui l’aspetto intergenerazionale. Uno dei canali per tali attività è certamente il dialogo interculturale.
In ogni caso, prenderemo in considerazione la sua osservazione, in particolare al momento di delineare le nostre attività per i prossimi sei mesi.
Danutė Budreikaitė (ALDE). – (LT) Desidero chiedere se esistano altre misure intese alla tutela dei giovani dalla dipendenza. In Parlamento abbiamo discusso una strategia della Commissione europea sulla lotta ai danni provocati dall’alcol, che nuoce in particolare ai giovani. Quali misure, oltre alle attività di volontariato, potrebbero limitare i danni e tutelare i giovani dalla dipendenza? La Slovenia ha qualche esperienza al riguardo?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) La tutela dei giovani sarà senz’altro uno degli importanti compiti della Presidenza slovena, in particolare nel quadro della strategia di Lisbona a favore di una maggiore crescita e creazione di posti di lavoro.
La Presidenza slovena presterà particolare attenzione alle questioni giovanili, nello specifico nel contesto dell’istruzione e delle loro qualifiche ai fini di una più efficace inclusione nel mercato del lavoro. Questo è ciò di cui sono personalmente a conoscenza e in particolare per quanto riguarda le iniziative più specifiche che la Presidenza slovena prevede per il suo mandato.
Inoltre, esiste un intero settore di attività nell’ambito della salute e del problema della lotta all’alcolismo. Sono certo che, in questo quadro, verrà presa in adeguata considerazione la tutela dei giovani dall’abuso di alcol.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 2 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0963/07)
Oggetto: Multilateralismo e accordi bilaterali
Il Consiglio ritiene che la moltiplicazione di accordi bilaterali in materia commerciale da parte di Stati Uniti, Unione europea e altri protagonisti internazionali sia compatibile con i principi di multilateralismo che ispirano l’Organizzazione mondiale del commercio?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) L’Unione europea è impegnata sul versante del multilateralismo sotto diversi aspetti, tra cui l’Organizzazione mondiale del commercio, che secondo noi costituisce un esempio eccellente di organizzazione multilaterale. L’Europa propose la creazione di una simile organizzazione per il commercio molti decenni prima della fondazione dell’attuale Organizzazione mondiale del commercio. In seguito, l’Unione europea ha svolto un ruolo centrale nella creazione di quest’ultima nel quadro dei negoziati dell’Uruguay round. In realtà, se posso dirlo, tale contributo fondamentale è la ragione per cui non si può dubitare del sostegno che l’Unione europea fornisce al multilateralismo nel commercio.
Analogamente, l’Unione europea ha svolto un importante ruolo nel 2001, quando è stata adottata l’agenda per lo sviluppo nel corso della IV conferenza dei ministri dell’Organizzazione mondiale del commercio, tenutasi a Doha. Durante i negoziati successivi alla conferenza, l’Unione europea ha deciso volutamente di convogliare tutte le risorse e la volontà politica nel portare a termine quella fase di consultazione. Prima di questa fase o dei reali negoziati, non ci sono state trattative parallele riguardanti accordi di commercio bilaterali.
Nell’ottobre 2006 la Commissione europea ha proposto al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione dal titolo “Europa globale: competere nel mondo”. Tale relazione si occupa dei recenti cambiamenti conseguenti al processo di globalizzazione. Il documento offre suggerimenti per la reazione dell’Unione europea a questo processo sulla base della rinnovata strategia di Lisbona, in particolare per quanto riguarda le politiche commerciali. Sulla base della relazione, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione e il Consiglio ha formulato decisioni.
Le decisioni del Consiglio dimostrano con chiarezza che tutti i futuri accordi bilaterali sul libero scambio si baseranno sui prossimi negoziati multilaterali e, ancora più importante se possibile, saranno complementari alla piattaforma dell’Organizzazione mondiale del commercio. In conformità delle direttive sui negoziati adottate dal Consiglio nella primavera del 2007, i negoziati sugli accordi per il libero scambio sono iniziati con gli Stati membri dell’ASEAN, con l’India e la Corea. Tali consultazioni sono attualmente in corso e ogni singola decisione verrà definita a tempo debito.
Manuel Medina Ortega (PSE) . – (ES) Signor Presidente, ritengo che la Presidenza slovena abbia risposto correttamente alla domanda che le ho posto, con la chiarezza che la caratterizza, e apprezzo l’attenzione che ha dimostrato.
La mia domanda complementare si riferisce al relativo fallimento del Vertice di Lisbona con i paesi africani. A quanto pare, alcuni paesi africani erano concordi con le proposte dell’Unione europea e altri no.
A partire da questi disaccordi che si cominciarono a sentire a Lisbona, la Presidenza del Consiglio crede che sarà necessario proseguire con questa politica di diversificazione? In altre parole, continueremo con il multilateralismo o crede che il Vertice di Lisbona ci obbligherà a seguire ancora la strada degli accordi bilaterali con paesi diversi, per esempio, nel continente africano?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Il nostro impegno per il multilateralismo prosegue. Vorrei sottolineare due punti, dato che dovrebbero essere conclusi alcuni accordi bilaterali. In primo luogo, gli accordi in questione sono complementari alla piattaforma multilaterale; in secondo luogo, per loro stessa natura, tali accordi hanno carattere provvisorio fino a che non si risolvono queste questioni in un quadro multilaterale, l’Organizzazione mondiale del commercio, che è il quadro preferenziale dell’Unione europea per risolvere tali problemi.
Paul Rübig (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, la mia domanda è la seguente: in quale modo l’aumento dei prezzi di prodotti alimentari ed energia influirà sui negoziati dell’OMC? Siamo consapevoli che finora il maggiore ostacolo sono state le sovvenzioni e il Farm Bill negli Stati Uniti, e che l’Europa ha certamente subito la crescita dei prezzi del mercato globale. Esistono nuove opportunità per adattare in modo concordato quote e obbligazioni? La Presidenza slovena sta programmando un’iniziativa che porti a termine i negoziati dell’OMC?
Josu Ortuondo Larrea (ALDE) . – (ES) Signor Presidente, condivido il criterio della Presidenza di dare priorità e conferire maggiore importanza agli accordi multilaterali rispetto a quelli bilaterali, ma nel frattempo, sono passati molti anni ormai dall’inizio dell’Uruguay Round e quindi del ciclo di Doha, e l’Organizzazione mondiale del commercio non ha concluso niente di serio, o per lo meno sta rinviando troppo.
Nel frattempo, gli Stati Uniti, per esempio, hanno concluso accordi di libero scambio con diversi paesi dell’America latina. Desideravo domandarle riguardo a questo aspetto quale sia il punto di vista del Consiglio in merito all’accordo tra l’Unione europea e il Mercosur che è in attesa da lungo tempo.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Il costo sempre maggiore dell’energia, in particolare del carburante, nonché delle derrate alimentari, è un problema globale e pertanto riguarda anche l’Unione europea.
Indubbiamente condizionerà i rapporti tra i partecipanti ai negoziati nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio. In questo senso potrebbe influire sull’adeguamento, ossia l’adattamento, di alcune posizioni. Al momento, dal punto di vista della Presidenza slovena, non è semplice fare considerazioni sulla natura di tali conseguenze, ma sono molto probabili e ci si dovrebbe aspettare un loro aumento.
La Presidenza slovena non sta programmando iniziative proprie, tuttavia valuteremo e sosterremo le più appropriate tra quelle della Commissione, che di certo ha la responsabilità della gestione operativa di questo processo.
Per quanto riguarda il destino dei negoziati multilaterali sinora, la Presidenza slovena è tra coloro che non approvano che non vi sia ancora un accordo multilaterale nel quadro dell’Organizzazione mondiale del commercio. Continueremo a lottare perché questo si realizzi. In questo ambito, discuteremo l’accordo commerciale anche con i paesi Mercosur, che rappresentano anch’essi un’opportunità di dialogo ai margini del vertice tra Unione europea e i paesi dell’America latina e dei Caraibi (LAC). Stiamo programmando un incontro speciale tra la troika dell’Unione europea e i paesi del Mercosur, che si svolgerà a maggio subito dopo il vertice tra paesi UE e LAC a Lima, in Perù.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 3 dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou (H-0967/07)
Oggetto: Promozione di politiche favorevoli alla famiglia
Può il Consiglio indicare quali misure intende adottare per promuovere politiche favorevoli alla famiglia e come intende rafforzare l’Alleanza europea per la famiglia, decisa durante il Consiglio del marzo 2007?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) L’Unione europea dovrebbe beneficiare del contributo decisivo offerto dallo scambio della buona prassi a livello europeo, poiché sono gli stessi Stati membri i responsabili della creazione di politiche relative alla famiglia adeguate e sostenibili. Tali scambi, possono rafforzare la coesione sociale e in questo modo contribuire alla realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona, tra le altre cose.
Pertanto, la Presidenza ritiene che l’Alleanza europea per la famiglia sia una piattaforma molto utile per lo scambio di opinioni e buone prassi, come precedentemente affermato. La Presidenza è inoltre certa che l’Alleanza per la famiglia rispecchi il dovere dell’Unione europea e dei suoi Stati membri di discutere, alla luce dei cambiamenti demografici, le questioni relative alle politiche favorevoli alla famiglia.
L’Alleanza consente agli Stati membri di scambiarsi informazioni ed esperienze nonché di aiutarsi in questo modo reciprocamente nella ricerca di risposte politiche adeguate. Al contempo, la Presidenza non ritiene che siano necessarie nuove strutture a livello europeo, ma cercheremo di sostenere gli strumenti e le strutture esistenti.
Lo scorso maggio il Consiglio ha adottato ampie decisioni sulla funzione pratica dell’Alleanza per la famiglia, elaborate assieme agli Stati membri rispettandone il ruolo in questo ambito. Il Consiglio ha nuovamente sottolineato il suo impegno per l’Alleanza per la famiglia attraverso decisioni relative all’equilibrio dei ruoli tra uomini e donne, adottate di recente, il 5 dicembre 2007.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, desidero ringraziare la Presidenza slovena per la sua risposta, e domandare inoltre quali specifici scambi di esperienza tecnologica ha scoperto sinora e di chi è la responsabilità della gestione di tali misure di assistenza tecnica.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Questi scambi non vengono attuati dalla Presidenza ma attraverso l’Alleanza per la famiglia. Per questo motivo non conosco i dettagli da lei richiesti. Tuttavia, posso informarmi e riferirle successivamente.
Brian Crowley (UEN) . – (EN) Signor Presidente, desidero augurare buona fortuna alla Presidenza slovena per l’inizio del suo mandato e per il suo primo Tempo delle interrogazioni. Per quanto riguarda la questione sollevata dal collega, emergono tre considerazioni rispetto alle politiche a favore della famiglia.
Primo, i minori e i diritti dei minori troppo spesso vengono considerati separatamente da quella che dovrebbe essere la politica per la famiglia.
Secondo, l’intera questione relativa al modo in cui incoraggiamo realmente una maggiore partecipazione all’interno della vita familiare, e abbiamo tutti un’idea dell’equilibrio tra vita professionale e vita familiare.
Terzo, e più importante, le persone che sono costrette fuori dalle loro case a causa dell’emigrazione o perché sono profughe, nonché la questione delle riunificazioni familiari.
Vi sono proposte da parte della Presidenza slovena a questo proposito?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Vorrei ribadire che la Presidenza slovena pone un particolare accento sull’occupazione giovanile, e soprattutto per quanto riguarda i giovani genitori, e questa è parte della risposta alla domanda.
La Presidenza presterà particolare attenzione alla creazione di nuove opportunità per l’armonizzazione tra vita professionale e vita familiare: orari di lavoro ridotti, forme di impiego flessibile, il rispetto dei diritti dei padri, e così via.
Un altro settore specifico è l’incoraggiamento alla solidarietà intergenerazionale, un concetto particolarmente attuale, soprattutto in quelle regioni in cui le generazioni più anziane rappresentano già la maggioranza, che è il caso di gran parte dell’Europa. Sicuramente, un simile incentivo sarà efficace solo se sostenuto da politiche relative a diverse sfere di attività che stimolino gli aspetti positivi della vita sociale.
In breve, esiste una vasta gamma di misure in corso di pianificazione nei vari campi di attività dell’Unione europea, che sono importanti al fine di incentivare le politiche favorevoli alla famiglia. Sarebbe difficile per me elencare tutte queste attività, ma si possono trovare tra i tanti settori di attività programmati dalla Presidenza slovena e ne ho appena citati alcuni.
Marian Harkin (ALDE) . – (EN) La ringrazio per la risposta. Sono molto soddisfatta nel sentire che la Presidenza slovena è particolarmente interessata a proporre politiche vicine alla famiglia. Lei stesso ha citato i cambiamenti demografici. Sicuramente, a causa del fatto che si vive più a lungo, ci sarà maggiore bisogno di personale assistenziale. Nella maggior parte dei casi l’assistenza è prestata da un famigliare.
Lei ha parlato di scambio della migliore pratica. Abbiamo competenza nel settore dell’impiego, per esempio. Dato che molte delle persone che prestano l’assistenza non vengono pagate, in questo settore in particolare, la Presidenza slovena ha qualche iniziativa da proporre sulla questione del personale assistenziale e, in questo contesto, sulle politiche a favore della famiglia?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) No, non credo che attualmente stiamo pensando a un suggerimento concreto inteso a tutelare gli interessi della categoria di persone di cui lei parla. Tuttavia, la sua domanda offre un motivo per farne uno dei settori di attività. Ovviamente, in qualità di Presidenza, siamo disposti a occuparcene.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 4 dell’onorevole Georgios Papastamkos (H-0969/07)
Oggetto: Iniziative della Presidenza slovena per quanto riguarda la nuova concezione della politica di vicinato e l’energia
Tra le iniziative della Presidenza slovena rientrano la nuova concezione della politica di vicinato e l’energia. Considerato che questi due temi sono indissociabili, principalmente per quanto riguarda la strategia dell’Unione europea in materia di autonomia energetica e di indipendenza dai paesi vicini, può dire il Consiglio in che modo intende strutturare l’agenda programmatica delle iniziative della Presidenza? Più precisamente, come vede il futuro dei rapporti energetici nella vasta area dei Balcani?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Nel rispondere a questa domanda mi concentrerò sugli aspetti relativi all’energia, poiché è questo che abbiamo inteso della domanda.
Nel marzo 2006 il Consiglio europeo ha adottato la politica energetica per l’Europa. I tre principali obiettivi politici in essa contenuti sono: primo, aumentare l’affidabilità dell’approvvigionamento; secondo, garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità energetica a prezzi accessibili; terzo, incoraggiare la sostenibilità ambientale e cercare di risolvere il problema dei cambiamenti climatici. In conformità di questi tre obiettivi politici, nel campo di applicazione della politica energetica esterna, il Consiglio coopera a stretto contatto con i paesi terzi sull’attuazione e l’ulteriore sviluppo del suo programma sull’energia.
La politica energetica internazionale è anche una delle aree politiche prioritarie definite dal Consiglio europeo nella sua decisione di marzo 2007, in cui ha sottolineato all’epoca il pieno beneficio che si dovrebbe trarre dagli strumenti esistenti al fine di consolidare la cooperazione bilaterale dell’Unione europea con tutti i fornitori.
Per quanto riguarda i Balcani occidentali, il principale strumento a disposizione nel campo della cooperazione energetica è il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia. L’obiettivo di tale Trattato è l’espansione del mercato energetico esistente nella Comunità europea al fine di coinvolgere i paesi di questa regione, per esempio i Balcani occidentali.
Inoltre, ciascun accordo di stabilizzazione e di adesione concluso tra l’Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali prevede una stretta cooperazione in campo energetico. Il Consiglio intende inoltre beneficiare appieno degli strumenti esistenti della politica europea di vicinato.
In breve, nei casi in cui si sviluppano nuove iniziative nel settore dell’energia, nel quadro dei rapporti tra l’Unione europea e i paesi terzi, stiamo tentando di trarre pieno vantaggio dai meccanismi esistenti, come per i paesi dei Balcani occidentali. Ho già citato il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia, ma impiegheremo anche gli strumenti a disposizione nel contesto della politica europea di vicinato.
Georgios Papastamkos (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, desidero aggiungere alla Presidenza slovena, oltre a tutti quelli che sono già stati espressi, anche i miei auguri di un periodo di programmazione di successo.
Oggi dovremo discutere sul Caucaso meridionale e sul Mar Nero. Desidero domandare alla Presidenza se ha intenzione di dare priorità all’istituzionalizzazione della cooperazione interregionale tra l’Unione europea e l’Organizzazione per la cooperazione economica nel Mar Nero. Vorrei domandare nello specifico se è prevista un’intensa cooperazione nel settore dell’energia, di vitale importanza per l’Europa meridionale.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) La ringrazio per la domanda complementare e per il buon augurio.
Innanzi tutto, concordiamo pienamente riguardo alle valutazioni secondo cui il bacino del Mar Nero è una regione molto importante per quanto concerne la politica energetica dell’Unione europea, e soprattutto per quanto attiene alle dimensioni esterne di tale politica. Inoltre, per rispondere alla sua domanda se sia possibile istituzionalizzare in futuro i rapporti con questa regione, la risposta è “si, è possibile”. È probabile si debba procedere allo stesso modo in cui si è agito con i paesi dei Balcani occidentali, ossia con il Trattato che istituisce la Comunità dell’energia, o in qualche altro modo. In ogni caso, la Presidenza slovena ritiene che il bacino del Mar Nero, la regione del Mar Nero e la sinergia del Mar Nero siano tra le priorità fondamentali della politica europea di vicinato.
Alexander Stubb (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, desidero complimentarmi con il signor Presidente in carica del Consiglio per l’inizio della Presidenza slovena, e ovviamente per la sua cravatta, che è davvero molto di tendenza. I miei sinceri complimenti. Il mio interrogativo riguarda l’energia in senso più ampio: in primo luogo, qual è la posizione della Slovenia rispetto all’aumento del nucleare all’interno dei confini europei? In secondo luogo, qual è la posizione della Presidenza slovena rispetto all’aumento della potenza nucleare nei nostri paesi vicini?
Justas Vincas Paleckis (PSE) . – (EN) Signor Presidente, desidero anch’io congratularmi con la Slovenia in questo giorno e porre una domanda riguardo al cosiddetto gasdotto Nord Stream. Come lei sa, questo gasdotto collegherà la Russia con la Germania e alcuni altri paesi europei; e come di certo non ignora, ci sono alcuni problemi di natura ambientale, tra gli altri.
Come valuta questo progetto la Presidenza?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) La ringrazio per queste domande aggiuntive. Per quanto riguarda l’impiego dell’energia nucleare, la Presidenza è fermamente convinta che la decisione sull’introduzione, su un ulteriore utilizzo e possibile aumento dell’energia nucleare, spetti completamente agli Stati membri. La Presidenza aderirà a questa posizione.
La seconda parte della sua domanda, onorevole Stubb, si riferisce alla Slovenia. La Slovenia è nota per essere uno dei paesi che utilizzano energia nucleare ed esiste una possibilità, ma non è stata presa alcuna decisione in merito, che l’impiego di tale energia aumenti, ossia che la Slovenia vi faccia ricorso anche in futuro.
Per quanto riguarda il progetto Nord Stream, non si tratta di un progetto comunitario ma vi partecipano direttamente i paesi interessati. L’Unione europea, il Consiglio e la Presidenza non hanno assunto alcuna posizione riguardo a questo caso specifico. Tuttavia, l’Unione europea assume una posizione generale rispetto ai progetti che noi, in quanto Unione europea, desideriamo che si realizzino. A tale proposito vorrei citare in primo luogo il gasdotto Nabucco.
Ciò significa che abbiamo un’opinione positiva sul progetto, poiché si tratta di un progetto comunitario, un’opinione secondo cui l’Unione, che intende sviluppare la propria politica energetica a livello europeo, deve proseguire con tali progetti che, come Presidenza, sosteniamo.
Presidente. – Poiché vertono sullo stesso argomento, annuncio congiuntamente le seguenti interrogazioni:
l’
interrogazione n. 5 dell’onorevole Colm Burke (H-0971/07)
Oggetto: Missione UE di mantenimento della pace in Ciad e nella Repubblica centroafricana - mancanza di elicotteri e di attrezzature mediche
Può il Consiglio far sapere se gli Stati membri hanno messo a disposizione ulteriori attrezzature - fra cui elicotteri e forniture mediche - per la missione UE di mantenimento della pace in Ciad e nella Repubblica centroafricana, in modo tale da evitare inutili ritardi nel dispiegamento delle truppe irlandesi e di altri Stati membri nella regione? Secondo il generale Henri Bentegeat, presidente del Comitato militare dell’Unione europea, per la missione attuale devono ancora essere inviati elicotteri, supporto medico e risorse logistiche sul luogo delle operazioni. In seguito alla Conferenza di Generazione di Forze tenutasi a Bruxelles nel mese di novembre, gli Stati membri partecipanti e le altre parti hanno messo a disposizione ulteriori truppe e attrezzature?
Può il Consiglio incoraggiare gli Stati membri a garantire, a livello comunitario, un incremento degli aiuti umanitari per questa regione? Tenuto conto dei recenti scontri armati avvenuti il 26 novembre nel Ciad orientale - in cui l’esercito avrebbe ucciso centinaia di ribelli - quali misure sta adottando il Consiglio per far fronte all’instabilità interna del Ciad? In che maniera si sta attivando per far cessare le ostilità e ripristinare l’accordo di pace fra i gruppi ribelli e il governo del Presidente Idriss Deby?
e l’
interrogazione n. 6 dell’onorevole Liam Aylward (H-1016/07)
Oggetto: Missione UE di mantenimento della pace in Ciad
Può il Consiglio indicare con esattezza la tabella di marcia prevista per il dispiegamento del contingente UE di mantenimento della pace in Ciad e illustrarne la composizione?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Si sono già tenute cinque conferenze a Bruxelles sull’assetto delle forze: il 3 novembre e il 1° dicembre dello scorso anno e, più di recente, pochi giorni fa, l’11 gennaio.
Come in ogni operazione di questo tipo, è stata nuovamente dimostrata la difficoltà del dispiegamento delle forze. Tuttavia, sono lieto di informarvi che la quinta conferenza sull’argomento, ossia l’ultima, ha avuto esito positivo e l’Unione europea ha adesso a disposizione tutte le risorse necessarie.
Alla fine di questo mese, il 28 gennaio 2008, dovrebbe essere adottata la decisione sulla data di inizio della missione, nel corso della sessione del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” dell’Unione europea. La capacità operativa iniziale dovrebbe essere raggiunta alla fine di gennaio o all’inizio di febbraio, e comprenderà anche unità speciali, tra cui unità di fanteria, e una selezione di mezzi tecnici, logistici e medici intesi alla preparazione del territorio per lo spiegamento principale.
Lo spiegamento generale delle forze di pace è previsto per maggio, prima dell’inizio della stagione delle piogge. In questa fase, le unità dell’EUFOR in Ciad dovrebbero essere di 4 000 truppe. Per quanto riguarda il recente conflitto militare tra i ribelli e l’esercito del governo a ovest del paese, il Consiglio disapprova profondamente gli attacchi dei ribelli che hanno condotto allo scontro attuale.
Nella decisione del 10 dicembre, il Consiglio ha espresso la sua profonda preoccupazione e ha chiesto al governo del Ciad di cooperare con il Sudan e la Libia per crearele condizioni necessarie a raggiungere una soluzione politica duratura sulla base dell’accordo di pace di Sirta. Il Consiglio ha inoltre invitato i governi del Sudan e del Ciad a rispettare gli obblighi che hanno sottoscritto nel Trattato di Tripoli e, in particolare, di interrompere l’assistenza ai movimenti armati che causano l’instabilità nella regione.
Dato che le forze ribelli svolgono le loro operazioni anche dal Darfur, il Consiglio ricorda al governo sudanese le sue responsabilità nell’evitare che i gruppi armati attraversino il confine con il Ciad. Il Consiglio è consapevole che i risultati permanenti possono essere raggiunti solo attraverso una soluzione politica, e sottolinea pertanto l’importanza dell’accordo politico sul consolidamento del processo democratico in Ciad, firmato il 13 agosto dello scorso anno.
Colm Burke (PPE-DE) . – (EN) Desidero solo porgere gli auguri agli sloveni per un’ottima Presidenza per i prossimi sei mesi e ringraziarli per la risposta.
Riguardo alla decisione presa a metà settembre dal Consiglio dell’Unione europea di rendere disponibile un esercito dell’UE, sono piuttosto preoccupato che sia stato fatto trascorrere troppo tempo. Mi domando solo se non ci sia una lezione che dovremmo apprendere da questo: prima di assumere un impegno, dobbiamo essere pronti a far partire l’operazione, a causa di alcuni avvenimenti accaduti da allora.
La seconda parte della mia domanda riguarda gli aiuti umanitari. Nel 2007 abbiamo fornito aiuti umanitari in Ciad. Aumenteremo per il 2008 il livello di questi aiuti, dal momento che adesso siamo direttamente coinvolti nella questione per i prossimi 12 mesi?
Liam Aylward (UEN) . – (EN) Signor Presidente, desidero augurare tutto il successo possibile alla Presidenza slovena per il suo mandato dei prossimi sei mesi, e vorrei augurare inoltre alle forze dell’Unione europea dirette in Ciad il buon esito di una missione sicura e tesa al mantenimento della pace. Sono molto orgoglioso nell’affermare che questa missione è guidata da un uomo irlandese, il luogotenente generale Patrick Nash, e gli auguro tutto il bene.
Il Consiglio concorda sul fatto che le missioni di pace dell’Unione europea debbano continuare a collaborare pienamente con le Nazioni Unite e che lo spiegamento delle forze di pace dell’UE dovrebbe avvenire solo se una risoluzione delle Nazioni Unite approva tale missione?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Prima di tutto, la domanda dell’onorevole Burke. Di sicuro questa è un’altra tra le lezioni che si apprendono nella vita che probabilmente ci insegna, in particolare, che è più semplice all’inizio adottare una decisione che garantirne poi l’attuazione. Tuttavia, questo processo ha avuto per noi esito positivo. Ha richiesto tempo, ma ritengo che non solo un accordo, ma anche l’accordo sulla stessa attuazione sia stato raggiunto al momento giusto.
Per quanto riguarda il secondo interrogativo, direi che è sicuramente un principio da risolvere conformemente alla normativa internazionale e alla Carta delle Nazioni Unite. Ovviamente, è opportuno che le operazioni di mantenimento della pace e pacificazione si basino sulla cooperazione e sul mandato dell’ONU. Questo non vuol dire che l’Unione europea non sia in grado anche di adottare decisioni in modo indipendente sulle sue missioni di diversa natura.
Bogusław Sonik (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, penso che questa sarà più che un parere. La Polonia invia il 10% delle forze armate in Ciad, ossia circa 400 soldati; pertanto desidero chiedere alla Presidenza slovena di fare il possibile al fine di garantire che la missione abbia esito positivo. Deve essere una missione ben preparata, molto ben equipaggiata, e sappiamo che la Francia è stata il paese che l’ha avviata. Vorrei quindi domandare alla Slovenia, poiché siede alla Presidenza, di essere molto esigente con la Francia, il leader della missione. A livello logistico, deve essere…o meglio, vorrei ancora una volta sottolineare che l’Europa non deve scendere a compromessi.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Esprimo la mia gratitudine alla Polonia e, ovviamente, agli altri paesi che contribuiscono a questa importante operazione.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 7 dell’onorevole Gay Mitchell (H-0973/07)
Oggetto: Protezione dei cittadini dell’Unione europea nei paesi musulmani
Nel novembre 2007, in una scuola sudanese, un’insegnante britannica è stata accusata di vilipendio all’Islam per aver permesso ai propri alunni di 7 anni di chiamare Maometto un orsetto di peluche. Se giudicata colpevole, rischia 40 frustate, un’ingente ammenda o la detenzione.
In che modo l’UE potrebbe assicurare una migliore protezione a tutti i suoi cittadini che si trovano in paesi musulmani e, innocenti, sono coinvolti in terribili situazioni di questo tipo?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Il caso cui si riferisce l’interrogazione dell’onorevole Mitchell è quello di una donna di cittadinanza britannica che, in un paese terzo, è stata processata secondo la normativa nazionale di tale paese. Sulla base della sua cittadinanza, alla donna in questione veniva garantita la protezione consolare del paese del quale è cittadina. Come sappiamo, nel frattempo la donna britannica è stata rilasciata e ha fatto ritorno nel Regno Unito.
Ne consegue che casi come questo vengono risolti attraverso rapporti bilaterali tra lo Stato membro interessato e il paese terzo. Ovviamente, le possibilità possono aumentare quando vi sono appropriate misure politiche aggiuntive e i rappresentanti dell’Unione europea vengono coinvolti in problemi di questo tipo e nella risoluzione di questioni bilaterali. Nello specifico, ciò può condurre a dichiarazioni ufficiali e iniziative da parte dell’Unione europea.
Vorrei ribadire che, in linea di principio, come in questo caso particolare, è una questione che spesso viene risolta a livello di relazioni tra il paese terzo e lo Stato membro di cui la persona coinvolta è cittadina.
Gay Mitchell (PPE-DE) . – (EN) Ringrazio il signor Presidente in carica del Consiglio per la risposta e gli auguro il meglio per la sua Presidenza.
Il signor Presidente in carica del Consiglio sarà senza dubbio a conoscenza che ogni cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea è anche cittadino della stessa Unione. Mi aspetterei che, se un cittadino dell’Unione europea visita un paese in cui potrebbero amputargli una gamba o un braccio, l’Unione europea trovi questa situazione orribile. L’Unione europea non considera terribile anche che qualcuno venga trattato in tale maniera, con una potenziale sentenza di quaranta frustate e forse di carcere?
Il signor Presidente in carica del Consiglio adotterà iniziative volte a garantire che i cittadini dell’Unione europea che visitano queste regioni siano consapevoli di entrare in contatto con una sorta di cambiamento culturale, e la Presidenza assicurerà inoltre che i paesi con cui abbiamo rapporti economici si aspettino da noi, come noi da loro, un migliore trattamento per i nostri cittadini e che non subiscano più comportamenti simili?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) La ringrazio, onorevole Mitchell, per la sua domanda complementare. È una questione di protezione consolare dei cittadini. Tale protezione è ancora di competenza degli Stati membri che avvertono i loro cittadini in partenza verso paesi terzi dei pericoli e delle insidie di cui devono essere a conoscenza.
D’altro canto, in base al principio di solidarietà abbiamo già una garanzia di aiuto da parte di altri Stati membri che hanno rappresentanti diplomatici o consolari in paesi terzi, e che assicurano la protezione consolare anche ai cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea che non dispongono di un proprio consolato nel paese in questione. Ritengo che questo sia un importante vantaggio per la nostra Unione.
Ho già affermato che, se richiesto, è altamente probabile che anche l’Unione europea venga coinvolta in casi simili a quello citato. Per fortuna, in questa occasione non è stato necessario e la soluzione è stata trovata tra i due paesi, cosa di cui siamo felici.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha giustamente precisato che i rapporti bilaterali possono contribuire a risolvere casi problematici come questo. Tuttavia, il Consiglio ha firmato la Carta europea dei diritti fondamentali con il Presidente di questo Parlamento e il Presidente della Commissione. In essa ci sono riferimenti alla dignità umana e al divieto di metodi di punizione degradanti e crudeli. Pertanto, non sarebbe dovere del Consiglio annunciare tali dichiarazioni al mondo a nome dell’Unione europea?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Ripeto che è ancora competenza degli Stati membri che dispongono dello strumento di protezione consolare. Tuttavia, è chiaro che l’Unione europea offre un quadro in cui gli Stati membri, e sto per citare nuovamente il principio di solidarietà, si aiutano l’un l’altro in questo settore sulla base appunto di questo stesso principio.
Tuttavia, il Consiglio, e sono sicuro altre istituzioni, non esiterebbero a fare tutto il possibile al loro livello se dovesse essere necessario. In altre parole, questo non esclude il fatto che attualmente la protezione venga offerta dagli Stati membri né che vengano prese misure aggiuntive da ogni singola istituzione dell’Unione europea.
Dal caso presentato nell’interrogazione dell’onorevole Mitchell emerge solo che la questione è stata risolta tra i due paesi e ciò non vuol dire che non sarebbe stata affrontata a un livello più elevato, il livello europeo, in caso di necessità.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 8 dell’onorevole Avril Doyle (H-0975/07)
Oggetto: Biodiversità e cambiamento climatico
Secondo la quarta relazione di verifica del Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), è probabile che nel corso di questo secolo la capacità di recupero di numerosi ecosistemi sia superata da una combinazione senza precedenti di cambiamenti climatici e altri fattori globali (come la diffusione di malattie infettive). L’IPCC stima che circa il 60% degli ecosistemi presi in considerazione siano al momento sfruttati in modo non sostenibile e mostrino crescenti segni di degrado. Tale fatto probabilmente determinerà da solo un’estesa perdita di biodiversità.
A livello comunitario, il Libro verde della Commissione sull’adattamento ai cambiamenti climatici ci ricorda che “dal 20 al 30% delle specie animali e vegetali esaminate finora potrebbe vedere aumentare il rischio di estinzione se la temperatura media mondiale aumenta di più di 1,5 – 2,5° C”.
Quali azioni concrete intende adottare la Presidenza slovena affinché l’obiettivo di Göteborg di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 diventi una priorità? Quali misure intende inoltre adottare per la lotta contro la vasta perdita di biodiversità dovuta al cambiamento climatico e ad altri fattori globali?
Lenarčič Janez, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Sono convinto che l’onorevole Doyle sia a conoscenza dell’intenzione dell’Unione europea di contribuire all’ambizioso obiettivo della nona conferenza dei paesi firmatari della convenzione sulla biodiversità che si svolgerà a Bonn, in Germania, a maggio 2008, nel corso della Presidenza slovena.
La tutela della biodiversità è una delle più importanti priorità della nostra Presidenza. Il Consiglio ha già sottolineato l’urgenza di impegni e di sforzi permanenti a tutti i livelli, al fine di raggiungere l’obiettivo di un significativo rallentamento della diminuzione della biodiversità entro il 2010, e al contempo raggiungere l’obiettivo citato dall’onorevole Doyle nella sua interrogazione e fissato dall’Unione europea in sede di Consiglio europeo a Göteborg.
Inoltre, gli Stati membri stanno introducendo misure concrete al fine di attuare il piano d’azione inteso a ridurre la perdita di biodiversità entro il 2010 e oltre. Il piano formula disposizioni per misure correlate alla biodiversità e ai cambiamenti climatici a livello comunitario e globale.
Nei suoi sforzi per raggiungere l’obiettivo di riduzione della perdita di biodiversità entro il 2010, la Presidenza sottolinea la necessità di una sinergia tra le politiche e le attività nell’ambito dei cambiamenti climatici e della biodiversità, in particolare nel rispetto della biodiversità degli ambienti marino e di acqua dolce, nonché delle foreste.
Tali obiettivi, assieme ad altri intesi alla tutela della biodiversità, sono stati fissati nella dichiarazione dal titolo Countdown to 2010. Gli incontri dei gruppi di lavoro del Consiglio saranno organizzati nel corso della Presidenza slovena, di cui uno si svolgerà tra esperti di selvicoltura, cambiamenti climatici e biodiversità, e un altro tra esperti di politiche marittime internazionali, pesca e biodiversità.
Analogamente, alla riunione informale dei ministri dell’Ambiente di aprile, in Slovenia, la biodiversità delle foreste verrà presentata quale sfida e opportunità per delineare misure intese ad attenuare i cambiamenti climatici e per adattarle a livello europeo. La Presidenza slovena tenterà inoltre di potenziare la cooperazione nonché l’attuazione di decisioni adeguate nei diversi accordi in materia ambientale, a livello nazionale e regionale.
La Commissione europea ha modificato la sua comunicazione “Arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010 – e oltre”, con l’impegno di coinvolgere il settore privato nei partenariati per la tutela della biodiversità. Di recente, a novembre 2007, si è tenuta a Lisbona una conferenza di alto livello in cui si è discusso di economia e biodiversità in questo quadro. La conclusione di tale conferenza, che contiene la relazione di Lisbona sull’economia e la biodiversità, verrà discussa alla nona conferenza dei paesi firmatari della convenzione sulla biodiversità che ho citato poc’anzi, che si svolgerà in Germania nel corso della Presidenza slovena. Se ne parlerà anche al V congresso mondiale dell’alleanza internazionale per la tutela della natura e le risorse naturali, che si terrà a Barcellona nel corso della Presidenza francese.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) La ringrazio, signor Presidente in carica del Consiglio, e le porgo i miei migliori auguri per una Presidenza molto positiva.
Ciò che mi preoccupa è il conto alla rovescia fino al 2010. In questo campo si parla molto e si agisce poco, ed è uno dei maggiori difetti che abbiamo, e non siamo in procinto di alcun tipo di cambiamento reale o di impatto in questo settore entro il 2010. Voglio dire che concordo sulle sinergie tra le differenti politiche, ma la protezione della biodiversità può contribuire a limitare le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera in quanto le foreste, le torbiere e altri ecosistemi e habitat creati dall’uomo sono in grado di immagazzinare il carbonio.
Lei non crede che il controllo dei cambiamenti necessiti dei migliori dati disponibili? Abbiamo bisogno delle migliori informazioni sugli effetti complessivi dei cambiamenti climatici sulla biodiversità dell’Europa. Se compiamo qualche progresso in direzione del 2010 dobbiamo migliorare gli indicatori e le misurazioni che impieghiamo al fine di conoscere con esattezza la gravità della situazione.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Onorevole Doyle, la ringrazio per la sua ulteriore osservazione. Concordo appieno sul fatto che dobbiamo disporre dei migliori indicatori al fine di stabilire la condizione della biodiversità. La Presidenza terrà in considerazione quanto da lei affermato riguardo alla necessità di pensare al miglioramento di tali indicatori e vi rifletterà.
Il 2010 è molto vicino: abbiamo a nostra disposizione meno di due anni. Lei ha ragione nell’affermare che in un campo come la biodiversità non è facile immaginare, in particolare dopo un periodo che pare non sia stato impiegato al meglio delle sue potenzialità, che il breve tempo che resta sarà sufficiente a raggiungere gli obiettivi fissati, soprattutto la riduzione della perdita di biodiversità.
Tuttavia, non si deve dire che è impossibile, e noi faremo del nostro meglio. La Slovenia è uno dei paesi in cui la biodiversità assume una notevole importanza, in quanto il suo livello nel nostro paese è ancora elevato; questo è ben noto se non altro per i nostri orsi, che esportiamo in gran parte dell’Europa.
In breve, potete confidare nel fatto che la Presidenza slovena farà del suo meglio per raggiungere l’obiettivo, nonostante il tempo rimasto sia davvero molto risicato.
Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Potrei solo domandare al Consiglio di esprimersi sul fatto che la Commissione sta adesso rivalutando gli obiettivi relativi ai biocarburanti, poiché ciò che pensavamo essere positivo per i cambiamenti climatici, sta avendo ora conseguenze impreviste sulla sicurezza alimentare globale e quindi sulla biodiversità.
Non è una delle difficoltà per noi esseri umani che affrontiamo i cambiamenti climatici, ossia farlo in modo errato?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Questa è la dimostrazione che, probabilmente, alcune tematiche in passato non hanno ricevuto la dovuta attenzione da parte nostra. È chiaro che la produzione di biocarburanti totalmente libera e incontrollata deve avere effetti negativi sull’ambiente, la biodiversità, i prezzi dei prodotti alimentari, e così via.
Ritengo sia opportuno prendere in particolare considerazione anche tale aspetto. In altre parole, dovremmo incoraggiare la produzione e il consumo di biocarburanti al fine di ridurre e non di aumentare il carico sull’ambiente. Credo che potrebbe essere un importante principio per l’Unione nelle sue politiche intese a incentivare l’impiego di biocarburanti.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 9 dell’onorevole Jim Higgins (H-0977/07)
Oggetto: Superare il PIL
Può spiegare il Consiglio come intende trattare la proposta della Commissione di trovare un indicatore della coesione regionale alternativo al PIL? Può altresì precisare se ha formulato una misura definitiva da considerare in futuro per offrire una stima più precisa del rendimento di una regione?
L’onorevole McGuinness si incarica di questa interrogazione, inizialmente posta dall’onorevole Jim Higgins.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Vorrei scusarmi con gli onorevoli Higgins e McGuinness per la mia risposta, che non può che essere molto breve, in quanto il Consiglio può discutere di questi argomenti solo sulla base di una proposta della Commissione.
Tale proposta non è stata presentata, e lo stesso vale per una proposta di altri cambiamenti relativi agli indicatori di coesione regionale. Pertanto, finché non verrà formulata, il Consiglio non è in grado di discutere o di prendere una posizione su altri indicatori di coesione regionale.
Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, mi scuso a nome dell’onorevole Higgins, che sta poco bene questa sera e non può essere presente. La ringrazio per la sua breve risposta. Credo che si collegherà con i programmi intesi a ridefinire le aree svantaggiate anche negli Stati membri. Mi permetto di suggerire di trasmettere all’onorevole Higgins eventuali informazioni che possiate ricevere in merito ad alcuni degli indicatori.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Cercherò di farlo, la ringrazio. Ribadisco che dipende in primo luogo dalla Commissione e forse, forse, ma in realtà è solo probabile, ci sarà un’opportunità, non però necessariamente, di valutare gli indicatori e la revisione della politica di coesione che la Presidenza slovena sta al momento elaborando. Ciò dipende dalla Commissione e non dal Consiglio. Certamente, saremmo interessati a conoscere quale sarà il contributo della Commissione alla discussione sulla revisione della politica di coesione, che è uno degli importanti compiti della nostra Presidenza.
Reinhard Rack (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, anche il Parlamento europeo rispetta il diritto di iniziativa della Commissione europea, come ha appena affermato il Consiglio. Tuttavia, dovremo sempre informare la Commissione su quanto riteniamo particolarmente importante. I criteri quali la disoccupazione o la maggiore emigrazione sarebbero di certo argomenti da introdurre nel dibattito in quest’Aula. Dato che lei ha parlato degli orsi bruni sloveni nella precedente interrogazione, in qualità di stiriano desidero ringraziarla per questa esportazione, e auspico che l’apertura delle frontiere Schengen conduca a un’immigrazione persino maggiore.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) In termini di misurazioni più accurate delle prestazioni di una regione, bisognerebbe chiedersi seriamente se il PIL sia la misurazione corretta delle prestazioni. È stata già formulata qualche considerazione, o deve ancora farlo, (dato che lei è in carica da una sola settimana), per quanto riguarda la misurazione del PIL in rapporto al PNL, a sua volta confrontato con il RNL? La maggiore difficoltà al momento è che non stiamo misurando cose simili, ed è quindi molto complesso valutare le prestazioni in diverse regioni (nonché in paesi differenti, perché non si tratta di sole regioni), in quanto attualmente le basi o gli indicatori non sono uniformati.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Sarebbe difficile per me parlare a nome della Commissione e non ne ho l’ambizione, in quanto non ne sarei all’altezza. Tuttavia, sembra che, almeno al momento, la Commissione non abbia ancora trovato un indicatore migliore del PIL. Ritengo che se l’avesse trovato, l’avrebbe proposto. Vorrei ripetere il mio precedente commento sul fatto che la revisione della politica di coesione offre un’opportunità per prendere in considerazione anche la sua interrogazione. Tali opportunità saranno persino maggiori al momento di discutere la riforma integrale del bilancio dell’Unione europea che, già sappiamo, si farà sulla base dell’analisi completa che la stessa Commissione dovrà condurre nel 2008 e nel 2009.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 10 dell’onorevole Mairead McGuinness (H-0979/07)
Oggetto: Indagine sugli istituti di assistenza in Bulgaria
La BBC ha recentemente trasmesso un documentario intitolato “Bulgaria’s abandoned children” (I bambini abbandonati della Bulgaria) in cui vengono illustrate le condizioni scioccanti dei bambini che vivono in un istituto di assistenza a Mogilino, in Bulgaria. Il produttore del programma ha pubblicamente affermato che l’istituto in questione non rappresenta il caso peggiore in Bulgaria. Sebbene l’esistenza di un problema in relazione agli istituti di assistenza per bambini e giovani disabili risulti evidente, è diffusa l’impressione che tale problema non sia stato affrontato efficacemente.
Considerate l’aderenza dell’UE alla Carta dei diritti fondamentali e la recente conclusione dell’anno europeo per le pari opportunità per tutti, può il Consiglio esprimersi in merito a tale delicata questione?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Il Consiglio non ha adottato alcuna posizione riguardo al caso specifico citato dall’onorevole McGuinness. Tuttavia, sono lieto di poter affermare che il 5 dicembre del 2007 il Consiglio ha adottato una risoluzione intesa a proseguire l’anno europeo delle pari opportunità per tutti. Era il 2007, lo scorso anno, e secondo la decisione in oggetto, vale a dire la risoluzione, l’azione non avrebbe dovuto estendersi solo per quel lasso di tempo, ma proseguire.
Tale risoluzione chiede agli Stati membri e alla Commissione europea di intensificare i loro sforzi al fine di prevenire le discriminazioni basate sulla disabilità o dovute ad altre ragioni, di rafforzare la propria lotta alla discriminazione di questo tipo, nonché di integrare il problema della disabilità in tutte le politiche pertinenti e continuare il processo di conclusione, firma e ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. Tramite la risoluzione, il Consiglio invita inoltre gli Stati membri e la Commissione a cooperare nelle sfide comuni e a trovare una soluzione nel quadro di attuazione della convenzione ONU.
Consentitemi di sottolineare in quest’Aula che il Consiglio e il Parlamento europeo hanno da poco ricevuto una relazione della Commissione sulla condizione delle persone disabili nell’Unione europea, che contiene un piano d’azione europeo per il 2008 e il 2009. La Presidenza slovena ritiene che questo documento dovrebbe fornire orientamenti validi per ulteriori tentativi di attuazione dei diritti dei disabili, in particolare i minori. Il Consiglio sta ancora valutando la proposta della Commissione.
Mairead McGuinness (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, la ringrazio per la sua diplomazia. Spero che capirà se non sarò altrettanto diplomatica, in quanto non credo che abbiate compreso la quantità di rabbia e confusione, in particolare nel Regno Unito e in Irlanda, quando è stato mostrato questo documentario.
Ritengo, e mi dispiace dirlo, che se questa fosse stata una questione legata al benessere degli animali, il Consiglio avrebbe assunto una posizione. Stiamo parlando di bambini che non hanno voce in capitolo. Credo realmente che il fatto che l’Unione europea agisca così lentamente in casi come questo non venga considerato in modo positivo dagli Stati membri e dagli stessi cittadini dell’Unione europea.
Penso che sarebbe meraviglioso e che ci sarebbe un’ottima reazione da parte dei nostri cittadini se fossimo più rapidi nelle nostre iniziative, perché questa non è una storia che può essere dimenticata. Le immagini parlano da sole.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Non posso e non voglio entrare nel merito di questa questione, sulla quale, probabilmente giustamente, avete una solida opinione. Tuttavia, desidero evidenziare che il Consiglio ritiene importante rispettare e tenere in considerazione la divisione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri. In questo contesto, posso esprimermi solo in qualità di rappresentante del Consiglio, e non è una questione di diplomazia, ma parlo entro i limiti delle mie competenze e di quelle del Consiglio, e certamente con il dovuto rispetto delle azioni in questi ambiti.
Jim Allister (NI) . – (EN) Signor Presidente in carica del Consiglio, posso manifestare la mia perplessità all’inadeguatezza della sua risposta?
Quando la Bulgaria è stata valutata per l’adesione, il trattamento delle persone nelle istituzioni era un criterio essenziale. Tuttavia l’errore commesso è stato che, quando a dicembre 2006 abbiamo stabilito i parametri, con una particolare attenzione al modo in cui la Bulgaria avesse raggiunto i propri obiettivi, misteriosamente questo criterio era stato omesso.
Per quale motivo è accaduto? Può essere reinserito adesso? Se così non fosse, quali altre iniziative può realisticamente intraprendere affinché il Consiglio e la Comunità possano valutare in maniera più che appropriata gli evidenti abusi che affliggono questo settore?
Elizabeth Lynne (ALDE) . – (EN) L’oratore ha completamente ragione. Anch’io ho pensato che la risposta del Consiglio non fosse sufficiente. Prima dell’adesione, abbiamo chiesto a tutti gli Stati membri che desideravano far parte dell’Unione europea di conformarsi alla normativa comunitaria. So che la Bulgaria ha sottoscritto la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ma che non l’ha ratificata. Può esercitare pressione su quei paesi che non hanno ratificato tale convenzione affinché si conformino? Sono consapevole che le autorità bulgare stanno cercando di affrontare questo problema, ma dobbiamo continuare a sollecitarle.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Ribadisco con fermezza che non rientra nelle competenze del Consiglio, o non è sua consuetudine, adottare una posizione circa i singoli programmi televisivi e relative critiche. Ciò non sminuisce in alcun modo la gravità del problema di cui si sta discutendo.
Tuttavia, personalmente ritengo che la soluzione possa essere quella citata nella domanda, ossia la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone disabili. È esattamente questo il motivo per cui, nella mia prima risposta, ho fatto riferimento alla risoluzione adottata dal Consiglio a dicembre 2007, che invita gli Stati membri a ratificare il documento.
Presidente. − Annuncio l’
interrogazione n. 11 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0982/07)
Oggetto: Data di apertura dei negoziati con la Macedonia
Ravvisa il Consiglio l’opportunità di indicare entro quest’anno, cioè durante la Presidenza slovena o francese, una data per l’apertura dei negoziati di adesione con la Macedonia?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Non lo so ancora usare; a volte si accende e a volte no. Chiedo scusa per queste interruzioni.
Di certo il Consiglio non esclude, e non può escludere, la possibilità cui ha fatto riferimento l’onorevole Posselt nella sua interrogazione.
Come sappiamo, nel dicembre 2005 il Consiglio europeo ha deciso di concedere lo status di candidato all’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Conformemente alla decisione del Consiglio del 12 dicembre 2005, che ha preceduto di pochi giorni il vertice del Consiglio europeo, il paese deve applicare completamente l’accordo di associazione e stabilizzazione. Su queste basi, la Commissione elabora le relazioni sui progressi compiuti, e quelle relative al 2006 e al 2007 non contengono raccomandazioni per l’apertura dei negoziati di adesione, dato che non sono state ancora attuate le misure adeguate.
Nel 2008, la Presidenza si aspetta che il governo dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, in tutto il contesto politico, contribuisca a consolidre le azioni volte al conseguimento di risultati in tutti i diversi campi in cui il progresso è necessario; inoltre, in considerazione degli avvenimenti che hanno avuto luogo nel paese, in particolare i progressi compiuti lo scorso mese, ritengo che quest’anno dovrebbe essere possibile avvicinarsi alla decisione di una data per l’avvio dei negoziati di adesione.
La Presidenza slovena è molto soddisfatta di questo e di tali sviluppi, ma dipende dal paese stesso e dal suo successo nel mettere in pratica le misure e i progressi di riforme.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) La ringrazio per la sua ottima risposta. Mi permetta, eccezionalmente, di fare un’osservazione personale introduttiva. Nel 1991, quando la Slovenia ha ottenuto l’indipendenza, mi trovavo a Lubiana ai festeggiamenti per l’indipendenza, credo quale unico cittadino dell’Unione europea. Sono stato anche favorevole all’accordo di associazione nel corso della guerra a Lubiana che, per fortuna, è stata breve, e in seguito quale relatore del Parlamento europeo.
Desidero semplicemente dire che oggi è un giorno storico per me. Sono molto felice. Vi prego di dimenticare la mia personale osservazione introduttiva.
Ora una domanda persino più breve: ritiene che la questione del nome tra la Macedonia e la Grecia sia un problema bilaterale? E può una questione bilaterale avere conseguenze sui negoziati di adesione?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Desidero ringraziare l’onorevole Posselt per il suo sostengo sin dal periodo della nostra indipendenza. La Slovenia ha davvero percorso un lungo viaggio, come dichiarato questa mattina dal Presidente del Consiglio europeo.
Riguardo alla sua domanda, è di fatto un problema bilaterale sul nome. Tuttavia, noi tutti sappiamo che al fine di risolvere tale questione, esiste un meccanismo, sotto il patrocinio delle Nazioni Unite, che coinvolge un rappresentante speciale, Matthew Nimetz, impegnato nella mediazione tra le due parti per poter giungere a una soluzione.
La Slovenia, ossia la Presidenza slovena, sostiene tali sforzi e si aspetta da entrambi i paesi una cooperazione costruttiva in questo processo fino a che non si troverà la giusta soluzione. Nel frattempo, riteniamo che tale questione non debba influenzare, tantomeno ostacolare, l’integrazione dell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia nelle organizzazioni internazionali.
Avril Doyle (PPE-DE) . – (EN) Ho una domanda per la Presidenza slovena. So che sostiene che siano necessarie in via prioritaria pace e stabilità a lungo termine nell’Europa sudorientale e nei Balcani, e di certo lo sviluppo economico è una questione parallela a questa, ma parlando del raggiungimento da parte della Macedonia dei criteri necessari ad avviare i negoziati sull’adesione (tralasciando la questione del nome, benché importante), in quale modo la Presidenza slovena ritiene che la Macedonia si presenterà rispetto agli altri paesi in questo spazio prossimo al raggiungimento dei criteri di adesione? Noi vorremmo che tutti facessero parte dell’Unione europea, ma alcuni saranno più preparati di altri. Come valuta le possibilità per la Macedonia di un’adesione prioritaria?
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) La ringrazio molto, onorevole Doyle per la sua domanda complementare. La Presidenza slovena classifica i paesi della regione dei Balcani occidentali in base alla fase da essi raggiunta. Nello specifico, il paese più avanzato nella regione è l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, in quanto è l’unico a cui è stato concesso lo status di candidato. La Croazia è esclusa poiché dovrebbe essere comunque in un’altra categoria, quella di espansione, in quanto sta già negoziando la sua adesione.
Ripeto che, nel corso della nostra Presidenza, auspichiamo che ognuno di questi paesi, tra cui quello in questione, faccia progressi nel suo percorso verso l’adesione all’Unione europea, cosa che non accadrà a breve, in un anno o due, ma occorreranno più tempo e maggior impegno. La Presidenza slovena ha posto la questione tra le sue più alte priorità.
Tuttavia, è fondamentale mantenere la prospettiva europea per questi paesi e per il loro livello di progresso ai fini del raggiungimento dell’obiettivo. Ribadisco che, in qualità di Presidenza, saremmo molto lieti se tali sviluppi continuassero durante il nostro mandato. Vorrei affermare nuovamente che i progressi dipendono in larga misura anche dai paesi della regione.
Nikolaos Vakalis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, desidero congratularmi con il Presidente in carica del Consiglio per la sua risposta molto specifica e, in qualità di parlamentare greco, vorrei dichiarare che abbiamo un particolare interesse affinché tutti gli Stati dei Balcani occidentali diventino membri dell’Unione europea il prima possibile. Tuttavia, il problema deve essere risolto. Devo dire che la Grecia ha reso chiare tutte le proprie buone intenzioni e continua a farlo quotidianamente nei dibattiti sul compromesso del nome. In tal senso, quindi, desidero dire che è necessario tener conto della posizione di uno Stato membro che dimostra notevole buona volontà sulla questione.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) La ringrazio per la sua osservazione. Il Presidente del Consiglio questa mattina ha citato l’importante successo della Presidenza greca nel 2003, quando è stata adottata l’agenda di Salonicco per i Balcani occidentali. Quest’agenda resta la base delle azioni della Presidenza slovena nel tentativo di integrare i Balcani occidentali. È il motivo per cui contiamo in particolare sul sostegno della Grecia in tali sforzi riguardanti i paesi dei Balcani occidentali.
Presidente. – L’interrogazione n. 12 è stata ritirata.
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interrogazione n. 13 dell’onorevole Nikolaos Vakalis (H-0990/07)
Oggetto: Riduzione del coefficiente IVA per le tecniche e i prodotti energetici rispettosi dell’ambiente
Può il Consiglio dire se concorda con il parere che è necessario adattare la legislazione comunitaria relativa all’imposta sul valore aggiunto (IVA) in modo da permettere l’utilizzazione di un coefficiente IVA ridotto anche per le tecnologie e le applicazioni di fonti di energia rinnovabili e di efficacia energetica oltre a quanto è previsto attualmente per il consumo di corrente elettrica e di gas naturale? Esiste un calendario per l’adozione di misure in materia? Quali azioni, e per quando, possiamo attendere da parte del Consiglio relativamente alla questione?
Janez Lenarčič, Presidente in carica di Consiglio. − (SL) Come sappiamo, nella sua riunione del 4 dicembre 2007, il Consiglio ha adottato una decisione per organizzare un dibattito sugli effetti economici della riduzione del coefficiente IVA e per esaminare se quest’ultimo sia uno strumento adeguato per il raggiungimento degli obiettivi delle politiche settoriali. È stato deciso che la questione sarebbe stata discussa nuovamente nel 2008 in data da definirsi, non necessariamente nella prima metà dell’anno.
Al momento la Presidenza slovena è alla strenua ricerca dell’approccio più efficace al proseguimento della discussione sulle imposte sul valore aggiunto, che non sono uniformi. Come abbiamo appreso dalla relazione della Commissione, la discussione ha avuto inizio nel corso della Presidenza portoghese. In questo periodo di riflessione, che auspico sia il più breve possibile, non siamo in grado di rispondere più dettagliatamente, onorevole Vakalis. Tuttavia, vorrei sottolineare che questa è una questione importante, che la Presidenza affronterà con la debita attenzione.
Nikolaos Vakalis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, ritengo che la risposta sia stata soddisfacente, e vorrei semplicemente cogliere questa occasione per congratularmi con la Presidenza slovena per il suo inizio positivo. Le porgo i miei migliori auguri per il resto del mandato.
Presidente. – Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).
Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.
(La seduta, sospesa alle 19.30, è ripresa alle 21.00)
PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO Vicepresidente
12. Verifica dei poteri: vedasi processo verbale
13. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
14. Una strategia europea per i Rom (discussione)
Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione su:
– l’interrogazione orale alla Commissione di Jan Marinus Wiersma, Hannes Swoboda, Katalin Lévai, Adrian Severin, Jan Andersson, a nome del gruppo PSE, su una strategia europea per i Rom (O-0081/2007/Riv. 1 - B6-0389/2007),
– l’interrogazione orale alla Commissione di Viktória Mohácsi, a nome del gruppo ALDE, su una strategia europea per i Rom (O-0002/2008 - B6-0003/2008),
– l’interrogazione orale alla Commissione di Lívia Járóka, a nome del gruppo PPE-DE, su un piano d’azione comunitario europeo per le comunità Rom (O-0003/2008 - B6-0004/2008),
– l’interrogazione orale alla Commissione di Roberta Angelilli, a nome del gruppo UEN, su una strategia europea sulla comunità Rom (O-0004/2008 - B6-0005/2008).
Lívia Járóka, autore. − (HU) La ringrazio, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Presidente in carica del Consiglio, molti documenti, tra cui la decisione del Parlamento europeo sui Rom del 2005, lo studio della Commissione europea del 2004, la relazione della commissione del Parlamento europeo per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere sulle donne Rom e il piano d’azione EUROSTAT del 2003, sono stati redatti chiaramente al fine di risolvere la situazione insostenibile dei Rom europei.
Tuttavia, gli Stati membri e le istituzioni europee non si sono realmente impegnati nella promozione dell’inclusione dei Rom, nonostante la positiva integrazione della minoranza più popolosa e in più rapida crescita sia nell’interesse del mercato del lavoro europeo nonché delle società europee.
La raccomandazione della relazione, presentata lo scorso dicembre dal gruppo di esperti di alto livello istituito dal Commissario Špidla, verteva sulla necessità della creazione di un piano d’azione comunitario. Tale piano d’azione deve essere creato, nonostante sia necessario un impegno più autentico e incisivo da parte della Commissione al fine di elaborare misure efficaci e immediate. Questo riguarda anche il Parlamento europeo e la società civile in molti settori che coinvolgono i Rom.
La Commissione europea e gli Stati membri hanno il dovere di incoraggiare, finanziare, controllare e attuare l’assistenza direttamente dalle fonti dell’Unione per i gruppi svantaggiati. Se gli strumenti finanziari dell’Unione europea vengono ridotti, è necessario mostrare l’effetto sulle pari opportunità di tale investimento quale criterio concreto e affidabile, ossia, se lo sviluppo è finanziato da fonti comunitarie, dovrebbe essere obbligatorio per gli investitori effettuare o attuare un’analisi delle pari opportunità e un piano di misure.
Se il piano di misure diventasse un elemento vincolante della concorrenza nei diversi settori di sviluppo e in alcune regioni, contribuirebbe enormemente a garantire e incoraggiare le pari opportunità per i gruppi socialmente svantaggiati e coloro che vivono in stato di arretratezza.
È inoltre fondamentale creare una mappa paneuropea delle crisi, in base alla quale possano essere valutate le aree dell’Unione europea in cui la povertà degradante e l’emarginazione sociale colpiscono più gravemente le comunità Rom e non, e attraverso cui la Commissione europea, a sostegno degli Stati membri, possa iniziare il lavoro relativo alla segregazione, che i governi per decenni hanno rinviato quale risultato dei diversi impegni politici.
È importante che la Commissione, che è direttamente o indirettamente responsabile dell’integrazione e dell’inclusione delle minoranze, coordini le loro attività attraverso la loro istruzione, l’occupazione, le pari opportunità, i programmi regionali di sviluppo e, nel contesto di un gruppo di lavoro tecnico, prepari il piano d’azione del 2008 per le questioni Rom in cooperazione con il Parlamento e la società civile che, insieme, devono iniziare ad attuare il prima possibile.
Oltre al fatto che abbiamo adottato una risoluzione nel 2005, che oggi sappiamo aver avuto effetti trascurabili, ritengo inoltre importante che inizi il dialogo tra le parti quanto prima, con il coinvolgimento della Commissione e della società civile.
In ogni modo, credo anche che nel 2008 dovremmo assistere ad azioni e discussioni relative ai Rom, organizzate da tutte le parti interessate. Ritengo che questo sia importante e mi assumo l’impegno a nome del Partito popolare europeo di incoraggiarle nel corso del 2008. Grazie.
Roberta Angelilli, Autore. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, questa mattina è stata approvata la relazione sulla strategia europea per i diritti dei minori. Tra le priorità c’è anche la lotta alla povertà e alla discriminazione. A tale proposito abbiamo voluto dedicare un paragrafo specifico proprio ai bambini Rom che spesso vivono in condizioni di esclusione sanitaria, sociale e scolastica.
Come è noto, una percentuale altissima di minori Rom non va a scuola o la frequenta occasionalmente. Molti bambini Rom sono costretti addirittura a frequentare scuole differenziate, se non istituti per disabili. I dati a disposizione ci dicono che in alcuni Stati membri la dispersione scolastica dei minori Rom supera il 60%. È evidente che un bambino che non va a scuola, che è analfabeta o comunque con un insufficiente grado di istruzione o di formazione professionale, è un bambino che non ha futuro, magari è costretto a chiedere l’elemosina o al lavoro nero, comunque il suo destino è segnato, nel migliore dei casi sarà condannato alla povertà e all’esclusione sociale, nel peggiore dei casi sarà vittima della criminalità organizzata.
Vale la pena ricordare, tra l’altro, che la popolazione Rom è una popolazione molto giovane, infatti circa il 45% degli individui ha meno di 16 anni; proprio per questo sarebbe davvero utile ed importante che la Commissione preveda delle azioni specifiche e soprattutto concrete per i minori Rom, con particolare riguardo alla lotta alla dispersione scolastica e alla promozione di una scolarizzazione adeguata e di qualità. Senza diritto allo studio non c’è garanzia di parità di trattamento e soprattutto non c’è diritto al futuro.
Jan Marinus Wiersma, autore. − (NL) Signor Presidente, anche noi abbiamo posto domande alla Commissione, e ci aspettiamo che la signora Commissario risponda. Questo pomeriggio abbiamo principalmente dibattuto sugli sforzi dell’Unione europea, della Commissione europea, intesi ad affrontare i problemi dei Rom, di cui un numeroso gruppo è diventato cittadino europeo qualche anno fa, e un altro lo scorso anno. Questi cittadini vivono in condizioni che sono spesso inaccettabili. Siamo lieti che oggi in quest’Aula la Commissione europea ci fornirà una risposta al riguardo.
Siamo inoltre lieti che il Consiglio europeo abbia prestato attenzione alla situazione dei Rom nel corso del Vertice di Bruxelles, e che abbia chiesto alla Commissione di presentare proposte più specifiche su quanto la stessa Unione europea possa fare al fine di integrare la politica degli Stati membri in cui vivono grandi comunità Rom; su cosa possiamo fare relativamente al coordinamento e allo scambio delle migliori prassi; nonché sul modo in cui le risorse comunitarie disponibili possano essere impiegate meglio in tali paesi attraverso finanziamenti intesi a interventi per alleviare la situazione dei Rom.
Dico questo poiché, all’epoca dell’adesione di alcuni paesi, lo scorso anno e nel 2004, abbiamo dichiarato, “Perfetto, entrate; una delle cose che dobbiamo fare insieme è affrontare i problemi dei Rom.” Io stesso sono stato relatore per la Slovacchia, e ricordo il governo di questo paese fare ogni tipo di promessa, ma ho qualche dubbio sull’effettiva attuazione di tali promesse. Questo resta un punto fondamentale.
Vorremmo inoltre dire che i Rom non possono essere considerati una tipica minoranza nazionale, come gli ungheresi in Slovacchia o i russi nei paesi baltici. Essi sono una tipica minoranza europea, per la quale potrebbe essere elaborata una politica specifica europea, assieme agli Stati membri interessati, con una responsabilità separata dell’Unione europea, come riconosciuto nelle dichiarazioni del Consiglio europeo di Bruxelles.
Desideriamo chiedere alla Commissione di garantire, in particolar modo, un maggior coordinamento all’interno della Commissione stessa. In quale modo possiamo migliorare la cooperazione? In quale modo possiamo dare a qualcuno, se possibile delle fila dell’Esecutivo, una responsabilità centrale riguardo alla politica sui Rom? Probabilmente dovremmo valutare la possibilità di riconoscere i Rom come una specie di minoranza europea al fine di superare, in qualche modo, il principio di sussidiarietà attualmente applicabile alle politiche sulle minoranze degli Stati membri.
Per concludere, ritengo che le intenzioni di tutti siano positive, ma sono necessari un miglior coordinamento e maggiori iniziative.
Viktória Mohácsi, autore. − (HU) Molte grazie. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ricordarvi che questo Parlamento discute la mancata integrazione dei Rom sin dal 1983. In una risoluzione del 1994 ha anche chiesto alla Commissione, al Consiglio e ai governi degli Stati membri di fare il possibile negli interessi dell’integrazione sociale, economica e politica dei Rom.
Come ricorderete, nella risoluzione adottata dal Parlamento nell’aprile 2005, abbiamo chiesto alla Commissione di adottare un piano d’azione contenente raccomandazioni chiare per gli Stati membri e i paesi candidatiti circa l’integrazione economica, sociale e politica dei Rom.
Nel novembre 2007 il problema dell’integrazione sociale dei Rom è stato nuovamente incluso nel testo della risoluzione del Parlamento sulla libertà di circolazione quale strategia per i Rom a livello europeo, in base a una mia raccomandazione. Abbiamo ancora una volta chiesto alla Commissione di elaborare immediatamente una strategia europea per l’inclusione sociale dei Rom, impiegando il Fondo per l’integrazione e i Fondi strutturali.
Nonostante tutto, sappiamo con certezza che i bambini Rom vengono ancora costretti, in almeno dieci Stati membri dell’Unione europea, a studiare in classi e istituti separati; inoltre, noi Rom veniamo classificati senza motivo come disabili, assunti per una determinata occupazione ed etichettati a vita.
Purtroppo, sono ben note le terribili condizioni in cui vivono i Rom in tutti gli Stati membri. Mi duole affermare che anche noi siamo ben consapevoli che l’aspettativa di vita dei Rom in ogni Stato membro è in media di 15 anni inferiore a quella dei cittadini dell’Unione. Dovremmo ripetere che i Rom sono sovrarappresentati tra i disoccupati in ogni singolo Stato membro.
Tuttavia, non passa un solo mese, purtroppo, senza episodi di attacchi razzisti contro i Rom negli Stati membri. Abbiamo appreso dal notiziario, altrimenti non ne avremmo sentito molto parlare, che la notte del 4 gennaio 2008, è stato incendiato un accampamento nomadi nel quartiere Marconi di Roma, in cui vivevano circa 250 Rom, e tre giorni dopo, sempre in Italia, sono state lanciate bombe molotov nel locale campo di nomadi di Aprilia, una minaccia diretta per la vita di centinaia di persone. Entrambi gli attacchi erano di matrice razzista.
Non c’è spazio per i dubbi, la richiesta di una risposta è giustificata, deve esserci una proposta di risoluzione e una strategia a livello europeo, e ogni Stato membro deve elaborare un piano d’azione per l’integrazione dei Rom. Nessuno fa eccezione, nessuno può far finta che nel proprio paese non ci siano Rom, che li riconosca o meno, e così ciò che è stato detto non sarebbe più vero per qualsiasi Stato membro dell’Unione europea, senza eccezioni. Grazie.
Benita Ferrero-Waldner, Membro della Commissione. − (DE) Signor Presidente, onorevoli deputati, prima di tutto desidero ringraziare gli onorevoli Járóka, Angelilli, Wiersma e Mohácsi per aver sollevato queste questioni, di cui parlo a nome del mio collega, Vladimír Špidla, che attualmente si trova Cina, e che ci offrono l’opportunità di approfondire una tematica di estrema importanza come questa.
In realtà, lo scorso anno ha dimostrato che le istituzioni dell’Unione europea e gli stessi Stati membri stanno potenziando i loro sforzi intesi a migliorare la situazione dei Rom che vivono stabilmente nell’Unione europea. Abbiamo sentito che è necessario e io concordo. Su questo aspetto sono stati compiuti alcuni importanti passi avanti, a partire dalla decisione del Parlamento europeo del 2005 di introdurre l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti, al lavoro del gruppo di esperti di alto livello sull’integrazione delle minoranze etniche, sino al Comitato economico e sociale europeo e alle conclusioni approvate solo di recente dal Consiglio europeo di dicembre, cui si è appena fatto riferimento.
Dovrei dire che non possiamo sottovalutare la difficoltà della questione della discriminazione, cui sono oggetto i membri della comunità Rom, nonché la loro esclusione dalla società e dal mercato del lavoro. Pertanto, abbiamo preso la ferma decisione di impiegare ogni strumento a nostra disposizione, tra cui la normativa, i Fondi strutturali, le informazioni e le campagne di sensibilizzazione, al fine di migliorare la situazione attuale. È ovvio che i programmi e le misure di politica sociale e per l’impiego non sono stati utilizzati in modo appropriato al fine di promuovere l’integrazione sociale dei Rom. Abbiamo quindi la necessità di concentrare tutti i nostri sforzi in primo luogo nel migliorare l’accesso a queste misure attraverso un programma specifico. È naturale che un programma di questo tipo si debba basare su un autorevole impegno a lungo termine degli Stati membri, nonché sull’impiego efficace degli strumenti e delle politiche comunitari.
Consentitemi, pertanto, di affrontare brevemente e in modo pratico i vostri interrogativi e di evidenziare le nostre proposte per il 2008. In estate, la Commissione adotterà alcune linee guida sulla nuova strategia per la lotta alla discriminazione, oltre ad azioni come l’Anno europeo delle pari opportunità per tutti. Conformemente alle conclusioni del Consiglio di dicembre 2007, tali orientamenti riguarderanno principalmente il problema dei Rom e le raccomandazioni formulate dal gruppo di esperti di alto livello sull’integrazione delle minoranze etniche. Le linee guida verranno integrate con un documento di lavoro dei servizi della Commissione, che esamina i progressi e l’efficacia raggiunti dalle misure a favore dei Rom, a livello politico e normativo, nonché al momento di delineare programmi per i Fondi strutturali.
Al contempo, ci proponiamo di organizzare un forum di alto livello sulla questione Rom allo scopo di riunire i rappresentanti dei governi e dei parlamenti nazionali, il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni nonché personalità della società civile Rom e altri importanti parti interessate. Siamo della ferma opinione che i diritti dei Rom possano essere rafforzati attraverso un dibattito aperto ad alto livello e che le risorse possano essere impiegate in modo molto più specifico a loro vantaggio.
Gli esperti collaboratori del mio collega Vladimír Špidla prepareranno le iniziative di cui sopra e si concentreranno quindi nei settori della non discriminazione, il Fondo sociale europeo, l’occupazione e l’integrazione sociale. Dato che la situazione dei Rom è legata a numerosi campi di attività della Commissione europea, quali la politica regionale, l’istruzione, la salute pubblica e la giustizia, il gruppo interno all’agenzia di specialisti delle questioni Rom, istituito nel 2004, si occuperà dello scambio di informazioni. Infine, alcune settimane fa, la Commissione ha concluso un accordo quadro di partenariato con l’Ufficio europeo di informazione sui Rom (ERIO). Tale partenariato stabilirà contatti permanenti e diretti tra gli organi europei e la società civile Rom.
Come per altre questioni, si dovrebbe ricordare che numerose iniziative vengono attuate a livello nazionale ed europeo nel contesto dell’Anno europeo del dialogo interculturale, appena iniziato, con l’obiettivo di porre in rilievo, quindi di rendere le persone sempre più consapevoli dell’importanza del dialogo tra culture e soprattutto di tutti i vantaggi che la diversità culturale apporta alla nostra società.
Nella primavera del 2008, la Commissione pubblicherà un Libro verde sulle questioni relative all’istruzione di congiunto con studenti con un’esperienza di immigrazione o appartenenti a minoranze svantaggiate. Verranno inoltre affrontati gli aspetti importanti riguardanti i Rom, per esempio la segregazione nel campo dell’istruzione. Il Libro verde dovrebbe dare avvio a un dibattito su ampia scala sull’argomento e forse condurre a un piano d’azione a livello europeo.
Dovrei aggiungere, per rispondere in modo diretto a una domanda dell’onorevole Mohácsi, che nel 2008 la Commissione intende avanzare una proposta di direttiva sull’applicazione del principio del pari trattamento dei lavoratori, una direttiva orizzontale, come annunciato nel nostro programma di lavoro.
Sono queste al momento le questioni principali che stiamo elaborando e adesso assisterò con interesse alla discussione, al termine della quale probabilmente dovrò aggiungere qualche osservazione.
Roberta Alma Anastase, a nome del gruppo PPE-DE. – (RO) Ritengo che questo dibattito in seduta plenaria sia estremamente importante in quanto necessario al fine di trarre un bilancio delle azioni a livello europeo riguardanti la popolazione Rom e di valutare i metodi intesi ad accrescerne l’efficacia.
Numerosi avvenimenti recenti ci hanno dimostrato che ci sono ancora vuoti significativi a livello di politiche europee in questo settore, e che sarebbe quindi opportuno procedere ad aggiornarle e modificarle al fine di affrontare le sfide attuali.
La tolleranza reciproca e l’integrazione multietnica sono principi basilari dell’Unione europea, e la comunità Rom è importante a livello europeo, in quanto ha un notevole impatto sulla vita sociale, politica ed economica di numerosi Stati membri dell’UE. Pertanto, è nostro dovere sviluppare una prospettiva coerente per i Rom a livello europeo, concentrata sulla loro integrazione e che garantisca una base comune di diritti e responsabilità.
Nonostante io stessa a novembre abbia posto un’interrogazione alla Commissione riguardante l’integrazione dei Rom e la risposta sia stata che sarebbero state lanciate nuove proposte intese a tale integrazione, chiedo ora alla Commissione alcuni chiarimenti in merito. In primo luogo, sarei interessata al modo in cui la Commissione affronterà la questione dal punto di vista istituzionale al fine di garantire un coordinamento efficace nonché il controllo delle iniziative europee per la tutela e l’integrazione dei Rom.
Il ruolo dell’istruzione, e direi dell’educazione alla tolleranza, non è meno importante come sottolineato dai colleghi. Tutti i cittadini trarranno beneficio da questo tipo di educazione, che sarà incentrata sulla tolleranza quale fattore incoraggiante per l’integrazione, l’interazione e le relazioni sociali dei Rom nell’Unione europea. Il loro sviluppo semplificherebbe tale integrazione sociale e, dall’altro lato, limiterebbe la discriminazione e la stigmatizzazione nei confronti della comunità Rom. Pertanto, chiedo alla Commissione di informarci sull’esistenza di simili programmi e relativa attuazione, ma soprattutto se intende prendere in considerazione questa questione al momento di elaborare ulteriori politiche europee sui Rom.
Vi ringrazio e mi auguro che questa discussione si traduca in decisioni ferme e concrete intese a migliorare le politiche europee riguardanti i Rom.
Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, signora Commissario, vi ringrazio per le vostre risposte, che su alcuni punti ci fanno incontrare a metà strada. Occorre che comprendiate la nostra impazienza riguardo a queste questioni, poiché gli ultimi incidenti hanno ancora una volta dimostrato quanto il problema sia urgente.
Innanzi tutto, per quanto riguarda il forum sui Rom, avete la nostra approvazione. Ritengo sia una buona idea, in particolar modo con il coinvolgimento della stessa comunità Rom. Tuttavia, è importante agire in modo rapido in quanto ho il timore che, una volta avanzata la proposta, verrà semplicemente discussa all’infinito e resteranno molte incertezze. Credo che il forum sui Rom debba essere istituito quanto prima, entro l’anno in corso. Il Parlamento offrirà certamente il proprio aiuto.
In secondo luogo, è fondamentale, com’è ovvio, coinvolgere le autorità locali, poiché spesso i governi hanno buone intenzioni e fanno promesse, e poi il problema termina con i comuni o altrove nelle regioni, e non viene realmente affrontato.
Inoltre, ringrazio molto per l’impegno sulle proposte di trattamento equo sul posto di lavoro. Questo è in generale un argomento importante, ampiamente sostenuto dal mio gruppo.
Tuttavia, per tutte queste questioni, signora Commissario, desidero dire a nome del mio gruppo che questi gruppi interdisciplinari, che tutti conosciamo grazie alle nostre amministrazioni locali, sono complessi e utili. Dal nostro punto di vista sarebbe importante che vi fosse un commissario responsabile del coordinamento per il settore di intervento, o almeno un rappresentante autorizzato tra i commissari il cui compito sarebbe quello di contribuire alla realizzazione dello scopo.
Non conosco ancora il motivo per cui il Commissario romeno ha il compito che ha. Avrebbe potuto contribuire se avesse potuto partecipare, non so.
Desideriamo però che a tali questioni venga accordata un’alta priorità. Le cose si muovono nella giusta direzione. La ringrazio, signora Commissario, per la sua relazione, ma sarebbe di grande valore nell’interesse dei Rom maggiore impegno e maggiore rispetto.
Alfonso Andria, a nome del gruppo ALDE. – Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, questo dibattito, ancorché sollecitato da interrogazioni orali alla Commissione, in fondo rappresenta la naturale prosecuzione di un’iniziativa che il Parlamento ha già da tempo assunto e su cui si è anche recentemente soffermato. È certo che necessiti di un piano d’azione teso a migliorare la situazione dei Rom, stante la scarsa integrazione di quella minoranza nel contesto sociale e civile dei territori dell'Unione europea.
Il carattere transnazionale dei Rom, che è una delle loro peculiarità, postula l’esigenza, che personalmente condivido, di approntare una strategia europea in modo che possano uscire dalla preoccupante situazione di degrado in cui vivono, molto spesso prossimo ad una condizione di vita disumana, che certamente rappresenta l’effetto dell’esclusione sociale e la causa scatenante di conseguenti e varie fenomenologie: dal disamore per il paese ospitante sino alla degenerazione nella violenza esercitata o subita.
Accanto a delle linee guida che possano aiutare le autorità locali e nazionali nell’arginare il disagio sociale in cui versano le minoranze di un paese membro, occorrono fondi sufficienti a sostegno delle azioni da intraprendere. Ma non è soltanto un problema di finanziamenti. L’obiettivo vero è garantire uguale accesso al lavoro, all’educazione, all’alloggio, alla sanità, ai servizi sociali e il necessario quadro per esercitare i diritti civili a partire dai processi decisionali. Tutto questo comporta un approccio integrato alla problematica del concorso di azioni per il conseguimento di queste finalità. Ecco perché io sono personalmente contrario al conferimento della responsabilità della questione Rom in capo ad un unico Commissario europeo.
A due anni dall’avvio della decade dell’inclusione dei Rom (2005-2015) rimangono ancora tanti gli impegni che i governi che vi hanno aderito devono avviare e onorare. Chiedo quali iniziative la Commissione intende intraprendere in proposito e mi auguro che partano al più presto, subito dopo l’Anno europeo delle pari opportunità e nell’Anno del dialogo interculturale.
Elly de Groen-Kouwenhoven , a nome del gruppo Verts/ALE. – (EN) Signor Presidente, la situazione attuale dei Rom mi obbliga a iniziare con una critica, ovvero che la Commissione europea ha proceduto lentamente e con pigrizia rispetto alle questioni legate ai Rom in Europa.
Basti guardare al Consiglio d’Europa e all’OSCE, che negli ultimi d