Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Gérard Deprez, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, contenente una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sui fattori che incoraggiano il terrorismo e favoriscono il reclutamento di terroristi [2006/2092(INI)] (A6-0015/2008).
Gérard Deprez, relatore. – (FR) Signor Presidente, la relazione che ho l’onore di presentarvi oggi a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, affonda le sue radici in una proposta avanzata alla fine del 2005 da un nostro collega, l’onorevole Duquesne, a cui rendo omaggio.
Mi preme anche segnalare che il grosso del lavoro relativo alla relazione è stato realizzatp dall’onorevole Mayor Oreja, che per motivi sui quali non spetta a me commentare, ha deciso di rititare il suo nome a seguito della votazione svoltasi in commissione.
Per quanto riguarda il contenuto della relazione presentata a quest’Assemblea, credo che lo si possa sintetizzare articolando i numerosi elementi che contiene attorno a quattro assi principali.
Il primo asse è la gravità e la permanenza della minaccia. È innegabile che il terrorismo in generale, e il terrorismo jihadista in particolare, sia oggi una delle minacce più gravi per la sicurezza dei cittadini dell’Unione europea. I sanguinosi attentati di Madrid del 2004 e di Londra del 2005, e non dimentichiamo tutti gli altri tentativi che sono stati sventati da allora, testimoniamo la permanenza e la gravità di questa minaccia. Ne discende – e la relazione lo ricorda con forza – che la lotta contro il terrorismo è una delle priorità dell’Unione europea e dei suoi Stati membri.
Tuttavia, ed ecco il secondo asse della relazione, questa determinata lotta contro il terrorismo deve essere portata avanti in un certo modo. Deve rispettare principi fondamentali, altrimenti snatureremmo i valori di base che governano le nostre società. La lotta contro il terrorismo deve essere condotta nel pieno e totale rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in particolare libertà di religione e diritto a un processo equo.
Parallelamente, e in particolare per quanto riguarda il terrorismo jihadista, è importante fare una distinzione fra culture e religioni da un lato e terrorismo dall’altro. La schiacciante maggioranza dei musulmani che sono del resto, non va dimenticato, le prime vittime del terrorismo in Iraq, in Afghanistan e in Pakistan, non ha niente a che vedere con i gruppi estrermisti che dobbiamo combattere e che distorcono la religione che pretendono di seguire.
Infine, partendo dal principio che l’odio e la fuustrazione sono due dei fattori che generano un terreno fertile per la radicalizzazione, la relazione rammenta agli Stati membri che la lotta contro ogni forma di discriminazione, e in particolare quelle misure che tendono a integrare le minoranze, sono politiche prioritarie da attuare per promuovere la calma, la tolleranza e le buone relazioni nella nostra società.
Il terzo asse riguarda le misure specifiche di prevenzione. Nel lungo elenco di raccomandazioni per gli Stati membri, la relazione insiste in particolare sulla necessità di rafforzare la sorveglianza contro i siti di propaganda, in particolare su Internet, nei luoghi di predicazione e nei media audiovisivi in generale.
Il quarto asse riguarda le misure repressive. Fra le altre, un’azione merita di essere messa in evidenza perché suscita polemiche. È presentata nel paragrafo 10 della relazione e propone l’estensione del campo di applicazione della definizione di atti terroristici alla giustificazione del terrorismo. Pur non essendo sicuro che il termine “giustificazione” sia adeguato in questo contesto – e personalmente penso che in francese sarebbe stato preferibile il termine “elogio” o “apologia” del terrorismo – e se non sia auspicabile modificarlo, attendo con interesse di vedere il modo in cui quest’Aula si pronuncerà domani su tale punto delicato, che riguarda l’essenza stessa del dibattito, fra la sicurezza e il rispetto dei diritti fondamentali e della libertà di espressione.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. − (EN) Signor Presidente, la radicalizzazione violenta è alla base della politica della Commissione contro il terrorismo. Accolgo quindi con favore la relazione che viene discussa oggi e le questioni importantissime di cui si occupa. Sostengo anche i progressi compiuti a livello di cooperazione interistituzionale verso il riconoscimento dell’enorme sfida che affrontiamo nell’elaborazione di una politica comunitaria coerente che prevenga, interrompa o ribalti i processi di radicalizzazione.
Dopo una serie di iniziative intraprese negli ultimi anni, dalla mia prima comunicazione in materia nel settembre 2005, a luglio di quest’anno sarà presentata al Consiglio e al Parlamento una comunicazione che individua le buone pratiche negli Stati membri e formula raccomandazioni concrete per il futuro. Noto che la relazione contiene una raccomandazione per la Commissione al riguardo.
Negli ultimi tre anni abbiamo dedicato tempo e risorse per comprendere meglio il fenomeno, le sue tendenze, le sue manifestazioni e la sua dinamica. Abbiamo commissionato quattro distinti studi comparativi che adesso sono in fase di completamento. Abbiamo inviato un questionario a tutti gli Stati membri e attualmente stiamo analizzando le risposte pervenute. Abbiamo organizzato una conferenza sul ruolo dell’istruzione nel prevenire la radicalizzazione, alla quale hanno partecipato educatori, capi religiosi e responsabili delle decisioni politiche, per discutere nuove idee.
Attualmente stiamo lavorando alla stesura della comunicazione. I primi tre studi – sui fattori scatenanti, la forza comunicativa e le tattiche di mobilitazione – saranno approvati il mese prossimo. Un quarto studio sull’impegno della società civile (le migliori pratiche) dovrebbe essere pubblicato al momento dell’adozione della comuncazione in luglio. Per allora, i risultati principali saranno già stati integrati nella comunicazione. L’analisi del questionario inviato agli Stati membri è in corso e sarà inserita nella riflessione sulla comunicazione.
Possiamo quindi elaborare la nostra politica con una conoscenza più approfondita del problema. La nostra comunicazione tratterà questioni importanti quali la forza comunicativa dei radicali violenti e la radicalizzazione nelle carceri e in altri luoghi di vulnerabilità. Parleremo anche del ruolo dell’istruzione e dell’impegno della società civile per contrastare la radicalizzazione.
I deputati sapranno che, per quanto riguarda l’incitamento, abbiamo presentato una proposta di modifica della decisione quadro sulla lotta contro il terrorismo che fa parte del “pacchetto terrorismo” introdotto lo scorso novembre. Quello strumento mira a introdurre nella decisione quadro reati paralleli a quelli coperti dalla convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione del terrorismo: provocazione pubblica, reclutamento e formazione a fini terroristici – anche su Internet – e in particolare le istruzioni su Internet su come produrre bombe fatte in casa.
La Commissione è fortemente impegnata a sostenere le vittime del terrorismo. Sin dal 2004 abbiamo dimostrato il nostro appoggio attraverso l’assistenza finanziaria a numerosi progetti destinati ad aiutare le associazioni delle vittime del terrorismo e a promuovere la solidarierà fra i cittadini europei. Prevediamo di creare nel 2008 una rete europea di associazioni delle vittime del terrorismo, al fine di rappresentare gli interessi delle vittime a livello europeo e rafforzare la solidarietà dei cittadini europei nei confronti delle vittime del terrorismo.
In conclusione, per affrontare la minaccia terroristica a livello europeo, è assolutamente necessario attuare una politica di prevenzione globale sui fattori che portano alla radicalizzazione e al reclutamento, al fine di esplorarne le radici profonde, senza mai giustificare il comportamento terroristico. Il terrorismo jihadista rimane la più grande minaccia per le società democratiche, fra cui i milioni di onesti musulmani che vivono nell’UE e in molte altre parti del mondo.
Manfred Weber, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Vicepresidente, onorevoli colleghi, è triste che dobbiamo procedere all’ennesima discussione sul terrorismo. La radicalizzazione e il terrorismo non si addicono all’Europa. L’Europa che stiamo costruendo è un’Europa di tolleranza, motivo per cui è sempre triste tornare a discutere della questione.
Sono molte le cose che ci uniscono. Il terrorismo è riconosciuto come un’importante minaccia. Si deve mettere fine al reclutamento. Dobbiamo rispettare i diritti fondamentali. Il dialogo è la chiave della tolleranza. Dobbiamo prestare particolare attenzione a Internet, soprattutto per la sua importanza nella comunicazione.
Nella nostra politica estera, l’antiterrorismo riveste particolare importanza. In Europa abbiamo bisogno di una rete migliore di servizi per potere combattere la radicalizzazione e il terrorismo. Vorrei ringraziare in particolare il Vicepresidente della Commissione per i suoi suggerimenti e per la sua sintesi.
Per il mio gruppo, pertanto, è davvero un peccato che la mano porta dal nostro relatore, l’onorevole Mayor Oreja, non sia stata afferrata e che non sia stato possibile raggiungere un compromesso alla fine del processo. Nel gruppo PPE-DE abbiamo quindi definito una serie di punti chiave per il voto di domani. Ad esempio quando vi sono proposte di annullamento che dichiarano che la violazione dei diritti individuali e dello Stato di diritto portano al terrorismo; quando vi sono proposte di annullamento che mettono sotto stretta vigilanza centri educativi e centri religiosi; e quando vi sono proposte per annullare i riferimenti al terrorismo jihadista.
Se vogliamo combattere una minaccia, dobbiamo sapere da dove proviene. Ecco perché dobbiamo identificare il terrorismo jihadista come sfida principale e dichiararlo nella relazione. Se viene cancellato, non potremo votare in favore della relazione. Non sosterremo ogni ulteriore affievolimento della relazione. Mi auguro pertanto che possiamo raggiungere un buon risultato nella votazione di domani.
Claudio Fava, a nome del gruppo PSE. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, ringrazio i colleghi e vorrei dire subito con franchezza che siamo stati costretti a lavorare su un rapporto che era partito male, confuso nelle premesse e fragile nelle proposte. Credo che sia stato egregio il lavoro che ha fatto la commissione per le libertà civili restituendo a questo rapporto un profilo politico utile e concreto.
Naturalmente partiamo da una premessa condivisa. Negli ultimi anni, l’aumento e la radicalizzazione violenta di individui e di gruppi hanno rappresentato uno dei punti di maggiore debolezza nella nostra legalità e di maggiore aggressione alle nostre istituzioni democratiche. La lotta contro questo fenomeno è necessaria. In questo senso l’azione dell’Unione europea è un valore aggiunto, perché rappresenta un contributo di armonizzazione, perché se noi mettiamo in comune strumenti avremo una somma di strumenti, ciascuno dei quali sarà portatore di una sua intrinseca debolezza.
Ma è una sfida nuova che richiede uno sforzo di grande equilibrio senza cedere alla tentazione, che è anche umanamente inevitabile, di fronte alle aggressioni subite in questi anni dopo l’11settembre, di una generalizzazione o di costruire una Europa fortezza o di mettere in secondo piano una priorità che è al centro del processo di integrazione dell’Unione europea e che è la salvaguardia dei diritti fondamentali.
Ecco perché noi riteniamo che ci si debba muovere su tre direttrici che questa relazione assume. Intanto riaffermare i diritti fondamentali e lo Stato di diritto, in particolare, come ricordava il vicepresidente Frattini, libertà religiosa e libertà di espressione, senza la cui garanzia viene meno l’idea stessa di Europa e un processo di integrazione fondata anzitutto sui diritti fondamentali dei cittadini europei.
Abbiamo bisogno di rafforzare la cooperazione giudiziaria per colpire le frange radicali, violente, organizzate. Abbiamo bisogno di un’armonizzazione piena dei reati di terrorismo a livello di Unione europea, includendo fra questi nella proposta della commissione delle libertà pubbliche anche quello di apologia. E abbiamo bisogno naturalmente di un attento lavoro di prevenzione: occorre aggredire le cause e i fattori – che sono molti, è inutile fingere che così non sia – che portano ad una radicalizzazione all’interno delle nostre società di diversi strati della popolazione. Questo passa attraverso un ampliamento dei diritti di cittadinanza, cittadinanza attiva, cioè una cittadinanza che sia portatrice di responsabilità, la partecipazione alla vita politica, il dialogo anche con i movimenti religiosi.
Come ricordava il Vicepresidente, dobbiamo batterci anche nell’interesse e per la tutela di milioni, decine di milioni di cittadini europei che professano una religione diversa dalla nostra, o di cittadini extraeuropei di religione islamica che hanno sempre professato un’attenzione alle regole della nostra democrazia, un rispetto delle nostre leggi che merita il massimo di considerazione da parte nostra.
E infine abbiamo bisogno di costruire un dialogo che sappia davvero rappresentare un’alleanza di civiltà e non uno scontro di civiltà. Alleanza di civiltà, signor Presidente concludo, non è un’espressione che abbiamo mutuato da una polemica politica, è l’espressione che ci propone il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E’ un’espressione di grande responsabilità e di grande impegno per questo Parlamento e per le nostre comunità. Mi sembra fondamentale conservarne presenza nella nostra risoluzione domani.
Ignasi Guardans Cambó, a nome del gruppo ALDE. – (ES) Signor Presidente, ritengo che la relazione, al di là della sua stesura, sia ben equilibrata, estremamente importante e di grande attualità.
Il terrorismo è, senza dubbio, un fenomeno di polizia e ha, lo sappiamo tutti, una dimensione di polizia. Tuttavia, le cause del terrorismo, o piuttosto i motivi che portano determinate persone a diventare terroristi, vanno ben oltre. L’onorevole Jaime Mayor Oreja l’ha indicato nella sua prima relazione, all’inizio in modo molto discutibile ma, dopo numerose riunioni e diversi emendamenti, ha prodotto un risultato perfettamente accettabile, anche per il suo stesso gruppo.
Desidero testimoniare dinnanzi a quest’Assemblea, come si testimonia in tribunale, che non è vero che la mano tesa dall’onorevole Jaime Mayor Oreja è stata respinta. Lo testimonierei sotto giuramento se fosse questa la prassi del Parlamento. Non è vero. Il Partito popolare europeo e il gruppo conoscono bensisimo i motivi per i quali stanno ponendo ostacoli alla relazione. Posso testimoniare di riunioni svolte nell’ufficio dell’onorevole Mayor Oreja nelle quali abbiano accettato il 99% di quello che sarà sottoposto al voto di domani. Non possono dirci che certi temi sono stati respinti o che l’offerta è stata respinta, dato che questo è, semplicemente, una mancanza di verità da parte di chi lo dice.
La posizione che sarà adottata domani dal Partito popolare rimane quindi un mistero e che può indebolire il messaggio politico comune che desideriamo trasmettere. Esprimo quindi il mio rammarico per questo atteggiamento. Dire che il problema è che la parola jihad scompaia in una sezione, quando appare successivamente in tre sezioni, e ancora nel considerando H secondo cui il jihadismo è senza dubbio l’asse principale del tipo di terrorismo di cui stiamo parlando significa cercare scuse che non reggono.
In ogni caso, la relazione parla di libertà, libertà di religione, libertà di pensiero e anche libertà di respingere un modello sociale, ma dice chiaramente che l’Europa non può accettare l’incitamento alla violenza, l’incitamento all’odio o la distruzione dei pilastri della società sotto il mantello della religione.
Lo Stato ha il diritto di disporre di strumenti di difesa propria, strumenti di difesa dei suoi cittadini. Può, infatti, attuare questo diritto in termini di polizia e di potere giudiziario, mantenendo nel contempo il dialogo, la partecipazione, e gli sforzi per la piena integrazione di individui che possono un giorno diventare talmente fanatici da attaccare la loro stessa società, la società in cui si sono integrati, o semplicemente la loro società, perché in molti casi questi individui sono nati fra noi.
È discutibile, e il mio gruppo l’ha discusso, fino a che punto le leggi attuali siano sufficienti o meno. Concetti quali apologia e giustificazione di atti terroristici sono necessari per alcuni, mentre sono respinti da altri come potenziali limiti eccessivi alla libertà di espressione. Questa è, in definitiva, la posizione del mio gruppo, ovvero non andare oltre nella modifica delle leggi e respingere il concetto di apologia.
In ogni caso, e concludo signor Presidente, accolgo positivamente questa relazione. Mi auguro che il Partito popolare europeo riconsideri e rifletta sul sostegno che potrebbe dare al suo contenuto. E come linea guida verso una politica globale, accolgo la politica della Commissione nell’ambito della quale le forze di polizia agiscano in stretta cooperazione in Europa e siano adottate misure che, oltre all’eleganza, producano un risultato che rispetti i diritti di tutti.
Ryszard Czarnecki, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, parafrasando Ernest Hemingway direi: “Non chiedere per chi suona la campana del terrirismo, suona per te”. A seguito degli attacchi in Spagna di quattro anni fa e a quelli in Inghilterra di tre anni fa, questo è un messaggio molto pertinente. Se Oriana Fallaci, connazionale del Commissario Frattini, potesse leggere il documento che stiamo discutendo, molto probabilmente ne rimarrebbe scioccata. La signora Fallaci era una distinta intellettuale italiana, famosa per la sua intransigenza e polemicità. Riteneva che i terroristi islamici rappresentassero essenzialmente l’Islam, che fossero la quintessenza dell’Islam.
Chiaramente, quest’Assemblra può avere una visione diversa della questione. Vale la pena di riflettere, tuttavia, sul perché i terroristi islamici siano in grado di raccogliere così tanto consenso fra i giovani di origine araba nati negli Stati membri e dell’Unione europea.
Sostengo appieno le dichiarazioni secondo cui la guerra contro il terrorismo rimarrà una priorità per l’Unione europea. È molto importante per noi concentrarci sulla propaganda terrorista condotta su Internet. Aggiungerei che anche le trasmissioni televisive satellitari in lingua araba possono essere usate per promuovere un Islam radicale.
Georgios Georgiou, a nome del gruppo IND/DEM. – (EL) Signor Presidente, il tempo è essenziale. Tuttavia, voglio dirle che ho accolto la relazione con favore, perché mi sono reso conto che si limitava principalmente all’individuazione da un lato e alla soppressione dall’altro.
Vorrei sottolineare che avremmo dovuto preoccuparci in primo luogo del reclutamento di terroristi.
Vicini a noi, nel Medio Oriente, vi è un’“accademia” che produce terroristi. Perché? Per 60 anni qui in Europa non abbiamo cercato di risolvere il loro problema, né avevamo motivo per farlo.
Oggi sta emergendo una situazione simile, e sono lieto di potere parlare adesso, un giorno dopo la dichiarazione d’indipendenza del Kosovo.
Sapete che lì può accadere di nuovo qualcosa di imprevisto. Cosa succede se domani i serbi di Mitrovica cominciano a mostrare resistenza o, se preferite, disaffezione? Li chiameremo terroristi?
Dobbiamo esaminare i motivi che portano all’emergere dei terroristi che vogliono attaccare il nostro sistema europeo che non li sopporta.
Jim Allister (NI). – (EN) Signor Presidente, rappresento l’Irlanda del Nord in quest’Aula, una regione che, come tutti sapranno, ha sopportato decenni di violento terrorismo. E dall’alto di quell’esperienza, vorrei parlare di due punti in questo dibattito.
Il primo: il terrorismo non dovrebbe mai essere rabbonito, deve essere sconfitto. Si inizia a trattare con il terrorismo, conferendo ai prigionieri uno status speciale e, infine, scarcerazioni precoci, e presto si finirà come nell’Irlanda del Nord, dove terroristi impenitenti appartengono al nostro governo. L’arrendevolezza risveglia solo l’appetito – l’insaziabile appetito – dei terroristi.
Il secondo punto è il seguente: posto che l’abuso di potere è sbagliato, l’ingenua convinzione, che io trovo in questa relazione, che riconoscere i cosiddetti “diritti umani” ai terroristi li neutralizzarà, ne rafforzerà invece la causa poiché essi, da esperti, sfruttano e fanno cattivo uso di ogni diritto per loro esclusivo vantaggio, mentre continuano a negare alle vittime il diritto più elementare di tutti: il diritto alla vita.
A causa degli eccessi della loro strategia omicida, la difesa della società richiede una scelta fra i diritti senza inibizioni dei terroristi e i diritti degli innocenti. In tali corcostanze, non ho difficoltà a scegliere il diritto della società di difendersi sui presunti diritti umani dei terrotirsti. La lotta contro il terrorismo è la battaglia del bene contro il male e, se necessario, il diritto dei terroristi è secondario a quello della società.
Carlos Coelho (PPE-DE). – (PT) Signor Presidente, signor Vicepresidente della Commissione, onorevoli colleghi, vorrei iniziare ribadendo che la lotta senza quartiere contro il terrorismo deve rimanere nell’ambito della legalità, nel rispetto dello Stato di diritto e senza violazione dei diritti fondamentali. Non sono sicuro che il terrorismo, come sostiene la relazione, sia la principale minaccia alla sicurezza dei cittadini dell’Unione, ma concordo con l’onorevole Deprez che è decisamente una delle minacce più gravi. Ritengo che sottovalutare questa minaccia ci impedirà di lottare con efficacia e di rafforzare la sicurezza dei nostri cittadini. Voterò quindi contro gli emendamenti proposti.
Il terrorismo non colpisce solo i cittadini dei paesi che hanno subito gli attentati, ma minaccia anche la sicurezza di tutti. Diffonde timore e minaccia di terrore. Il terrorismo è una manifestazione irrazionale di fanatismo che disprezza il valore della vità e la dignità degli esseri umani. L’Unione e anche il Commissario Frattini hanno collocato la lotta al terrorismo in cima alle loro priorità. Ci occorre una strategia globale che possa smantellare le reti di terroristi. Questa strategia deve riconoscere il valore della prevenzione, compresa la lotta contro il reclutamento di terroristi e tutti i fattori che favoriscono la radicalizzazione violenta.
È importante analizzare e comprendere le ragioni, i motivi e i processi che portano alla radicalizzazione e al terrorismo, in particolare fra i goivani che vivono nei nostri Stati membri. È certo che i processi di integrazione sono falliti. Concordo che, nell’ambito della legge e nel rispetto della libertà di espressione, deve essere impedita la propaganda terrorista tesa a incoraggiare il terrorismo.
Per concludere, concordo con l’onorevole Mayor che un’iniziativa europea, in particolare in questo settore, non può e non deve essere usata come piattaforma per la promozione di strategie elettorali nazionali.
Inger Segelström (PSE). – (SV) Signor Presidente, vorrei iniziare ringraziando l’onorevole Deprez per la relazione e questa discussione così necessaria sul terrorismo. Anch’io penso che si stia tenendo al momento opportuno, visto che ci troviamo adesso nell’Anno europeo del dialogo interculturale.
Non credo che la relazione comunichi in modo sufficientemente adeguato il motivo per cui le persone, principalmente i giovani, diventano o sono propensi a diventare terroristi e si collocano al di fuori della società democratica. Se guardiamo attorno a noi, non possiamo ignorare la povertà esistente e le ingiustizie manifeste. Sono molti i giovani ai quali non possiamo offrire formazione, occupazione, alloggi o speranza per il futuro. Esiste un terreno fertile per il fanatismo e il condizionamento di giovani ad agire per garantire più diritti per il loro gruppo o per la popolazione. Manca nella relazione un’analisi di questo aspetto.
Vi esorto in particolare a votare per l’emendamento n. 12, dal momento che la propaganda terrorista oggi è diffusa di solito su Internet, cosa che pochi di noi qui vedono o possono controllare. È una questione di generazione e noi dobbiamo aumentare e rafforzare la nostra conoscenza del reclutamento e creare misure migliori per prevenirlo. Altrimenti sostengo gli emendamenti del gruppo PSE.
Alexander Alvaro (ALDE). – (DE) Signor Presidente, ringrazio profondamente l’onorevole Deprez e l’onorevole Guardans Cambó per i loro commenti. Credo che siano in linea con la posizione del nostro gruppo.
La relazione è intitolata “Fattori che propiziano l’appoggio al terrorismo e attirano nuove reclute tra i terroristi”. Altri oratori hanno accolto favorevolmente il fatto che stiamo parlando di questo problema e hanno ragione. Tuttavia, non stiamo discutendo per la prima volta. Quest’Assemblea e l’Unione nel suo insieme hanno parlato dei predicatori dell’odio e hanno adottato misure preventive per tagliare il flusso di fondi alle organizzazioni terroristiche. Sono di certo misure utili.
Al riguardo, credo che la relazione colpisca ampiamente nel segno. Credo che sopravvaluteremmo la situazione se vedessimo Internet come la radice di tutti i mali o come un porto sicuro. È indubbiamente uno spazio che riflette le tendenze sociali, proprio come fa la vita reale, e non credo che dovremmo concentrare tutti i nostri sforzi per reprimerla una volta per tutte. Semplicemente non ci riusciremo.
La qeustione, allora, è: cosa possiamo fare invece? Abbiamo parlato di servizi audiovisivi e quindi: perché l’Unione europea non agisce se certi canali trasmettono sul territorio dell’UE programmi di odio destinati direttamente ai bambini?
In uno dei programmi di Hezbollah, ad eempio, un personaggio travestito da Topolino – in qualsiasi forma – attacca i coloni ebrei. L’intenzione è insegnare ai piccoli palestinesi la loro storia. Non è il caso che uno Stato membro intervenga per fare cessare il problema. Invece, la Walt Disney ha rivendicato i suoi diritti su Topolino e alla fine della serie Topolino veniva fatto fuori da un colono ebreo.
E questo programma è stato trasmesso sul territorio europeo! Perché Hezbollah non si trova ancora sull’elenco dell’UE delle organizzazioni terroristiche? Abbiamo appena avuto un’interessante discussione con Dick Marty sulla questione. Ritengo che, in generale, siano necessari più elementi portanti per frenare il terrorismo nel suo complesso. Si devono di certo affrontare le radici del terrorismo nei paesi interessati, ad esempio creando sistemi sanitari, infrastrutture e sistemi scolastici. Non dovremmo consentire che a diffondere questi servizi siano le organizzazioni terroriste quali Hamas nella striscia di Gaza o Hezbollah, perché questi rifugi in seno alla società sono proprio i luoghi in cui le organizzazioni reclutano i loro sostenitori.
PRESIDENZA DELL’ON. PAN ADAM BIELAN BIELAN Vicepresidente
Bárbara Dührkop Dührkop (PSE). – (ES) Signor Presidente, la nostra proposta di raccomandazione al Consiglio e alla Commissione intende apportare un contributo agli sforzi delle istituzioni e della società civile di eliminare i fattori che favoriscono il sostegno al terrorismo e il reclutamento di terroristi.
Commissario Frattini, la gestazione è stata lunga e laboriosa, ma non vi sono dubbi che varrà la pena votare domani per il risultato finale. La proposta si incentra sulla lotta contro l’estremismo islamico, un nuovo fenomeno in seno all’UE che richiede riflessione e mezzi per combatterlo.
Tuttavia, è facilmente estrapolabile per qualsisi altra causa terroristica che possa esse invocata, fra patriottismo e bandiere. Vorremo pertanto chiedere al Consiglio di considerare l’apologia come un reato nella decisione quadro contro il terrorismo. Sarebbe auspicabile estendere l’armonizzazione di questo reato ai 27 Stati membri, sebbene sempre, sottolineo sempre, nel massimo rispetto per la libertà di espressione.
La repressione e la prevenzione della radicalizzazione devono andare in parallelo. Se vogliamo prevenire la radicalizzazione, dobbiamo offrire istruzione e integrazione ai 13 milioni di musulmani che vivono nell’UE ed evitare di stigmatizzare questo 3,5% della popolazione. Per quanto riguarda le relazioni esterne dell’UE, chiediamo il dialogo e non lo scontro fra civiltà. Per questo motivo facciamo riferimento all’“Alleanza di civiltà” propugnata dall’ONU, e non riusciamo a comprendere il rigetto viscerale da parte di alcuni Stati membri.
Questo è l’Anno europeo del dialogo interculturale. Non vogliamo assistere al travisamento della religione: dobbiamo incoraggiare la partecipazione sociale e il dialogo. Questi sono alcuni dei successi della raccomandazione. Sono le proposte in essa contenute talmente distruttive da non potere essere accettate dal relatore precedente?
Onorevole Weber, devo dire che l’onorevole Mayor Oreja ha mostrato mancanza di cortesia parlamentare non spiegando alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni il perché abbia votato contro e successivamente respinto la relazione. La sua ossessione di portare al Parlamento l’opposizione sistematica che si applica a livello nazionale dice molto sull’orientamento democratico del precedente relatore. Con questo tipo di atteggiamento non progrediremo in termini di democrazia e quest’Aula è caratterizzata dal consenso, non da atteggiamenti scortesi.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, ritengo che si tratti di una buona relazione e sottoscrivo quasi interamente le osservazioni del mio presidente e collega politico, l’onorevole Deprez. Ma dissento da lui e dagli altri per quanto riguarda il corretto campo di applicazione delle leggi antiterrorismo.
Non credo sia utile criminalizzare la glorificazione o l’apologia del terrorismo. Penso che anche il termine “giustificazione” sia problematico. Come molti di noi stavano discutendo prima con Dick Marty in merito alle liste nere dei terroristi e al congelamento delle loro attività, la legge deve essere giusta ed efficace se vuole rimanere credibile e sostenibile e godere del consenso dell’opinione pubblica. Si corre il grave rischio che l’estensione della legge penale, così come proposto, al di là delle azioni e delle intenzioni e comprendendo ilregno delle opinioni, dei commenti, e persino della fantasia, possa comportare il pericolo di configurare reati di pensiero.
Ciò avrebbe un effetto potenzialmente spaventoso sulla libertà di parola. Se dico che comprendo perché i curdi in Turchia provano rabbia e disaffezione per la soppressione della loro cultura, lingua e identità e per la negazione delle loro aspirazioni politiche, sto forse giustificando le bombe PKK?
Non c’è quasi nessuno in quest’Aula –putroppo forse qualcuno – che non glorificherebbe Nelson Mandela. Ma l’ANC ha commesso atti di terrorismo nella lotta contro l’apartheid totalmente repressivo. Vi sono persone, adesso statisti, che sono stati ospiti graditi in quest’Aula, che hanno un passato di combattenti per la libertà.
Forse sono una liberale confusa, interessata solo alla libertà di parola? No, perché la legge deve essere efficace. Consideriamo già reato l’incitamento a commettere atti di terrorismo. E questo ci offre la possibilità di puntare sui comportamenti e sui discorsi che hanno, come scopo, l’istigazione di un reato terroristico.
La scorsa settimana, la seconda corte suprema del Regno Unito, la corte d’appello, ha annullato le condanne di cinque uomini per possesso di materiale jihadista, esattamente perché non vi era la prova dell’intenzione di incoraggiare il terrorismo. Le condanne iniziali in questo caso hanno suscitato il risentimento di quanti – soprattutto giovami musulmani – volevano discutere, dibattere e criticare le politiche estere dell’Europa e degli Stati Uniti. Questo non aiuta a comdattere il radicalismo. Ma questi casi, inoltre, con il loro annullamento, hanno portato confusione e scompiglio a livello legislativo e questo è positivo per il terrorismo.
Rimaniamo fermi sulla condanna per l’incitamento. Non sconfiniamo nella glorificazione e nell’apologia.
Jan Marinus Wiersma (PSE). – (NL) Signor Presidente, vorrei esprimere il mio apprezzamento per la relazione che stiamo discutendo e anche per le parole del Commissario e per ciò che ha intenzione di fare. Anche nel mio paese, i Paesi Bassi, viene dedicata molta attenzione alla radicalizzazione e alle sue tragiche conseguenze. Noi stessi, nei Paesi Bassi, abbiamo dovuto far fronte al terribile omicidio di un produttore televisivo olandese, commesso da giovani provenienti da ambienti radicalizzati. Stiamo parlando di un gruppo piccolo, ma ciò che i suoi componenti fanno può avere grandi conseguenze. È molto importante collaborare e compiere ogni sforzo per snidare e isolare gruppi e giovani che potrebbero compiere attacchi terroristici.
Tuttavia, come hanno già detto altri in questa sede, anche la prevenzione della radicalizzazione è di vitale importanza. Il punto è mantenere il più piccolo possibile il gruppo che può votarsi alla violenza. Né la radicalizzazione sfocia sempre in violenza. È un male in ogni caso se i giovani si sentono totalmente isolati dalla società e non vogliono avere più niente a che fare con essa. La nostra esperienza ci riporta al fatto che la politica per affrontare la radicalizzazione è rivolta alle autorità locali. Certo, è importante guardare a ciò che si può fare nelle carceri e, più in generale, nel settore dell’istruzione per vedere come intervenire per impedire l’abuso di Internet. Tuttavia, per lo più sono sempre le autorità locali a potersi attivare nelle comunità per affrontare le cause della radicalizazione e individuare i giovani che ne sono sensibili. Penso che l’Unione europea, e il Commissario in particolare, possa svolgere un ruolo importante per riunire l’esperienza che abbiamo acquisito in varie città. La scorsa settimana il nostro gruppo è stato in visita di lavoro a Rotterdam, città in cui si sta facendo molto per affrontare e prevenire la radicalizzazione e per raggiungere i gruppi che ne sono sensibili.
È anche importante impegnarsi in un dialogo più ampio con le comunità islamiche nei nostri paesi. Alcuni dei giovani coinvolti vengono dalle comunità più larghe e se isoliamo il gruppo grande non saremo mai in grado di raggiungere quel gruppo piccolo. È fondamentale, quindi, iniziare il dialogo con l’idea che la maggior parte delle comunità islamiche che vivono nella nostra società non vuole avere niente a che spartire con quella che è un’interpretazione errata della loro fede, e investire molto in quell’ampio dialogo del mio gruppo, anche quest’anno, l’Anno del dialogo interculturale.
Olle Schmidt (ALDE). – (SV) Grazie, signor Presidente, signor Commissario. L’UE deve indicare chiaramente che la lotta contro il terrorismo è, sia simbolicamente che praticamente, una dimostrazione di solidarietà. Sono necessarie maggiori risorse per consentire all’Europol di cooperare con i nostri servizi di sicurezza nazionali e conseguire risultati. Ciò discende, in particolare, dal recente malcontento seguito al riaccendersi dell’antagonismo per le vignette su Maometto.
Come è stato detto in questa sede, la lotta contro il terrorismo deve essere sostenuta sempre con mezzi legali e proporzionati. I voli CIA in Europa, l’uso della tortura, finte esecuzoni e waterboarding, che la CIA adesso ammette essere accaduti, e la creazione di speciali carceri segrete sono tutti fatti che devono essere condannati a gran voce. In questi casi, Commissario Frattini, l’UE avrebbe dovuto agire con molta più fermezza di quanto abbia fatto.
È un bene che la relazione segua un appoccio più ampio e tocchi i fattori che contribuiscono ad aumentare il sostegno per nuovi reclutamenti in gruppi che respingono i nostri modelli di società in favore della violenza e del settarismo.
Il fatto che gli autori dei terribili episodi di violenza di cui siamo stati testimoni negli ultimi anni siano nati o cresciuti in Europa è un insistente campanello d’allarme che ci invita a guardare anche alle nostre società con occhi più critici. Abbiamo bisogno di dialogare e di discutere con onestà sulla nostra politica in materia di integrazione e di rilascio di visti. Non possiamo e non dobbiamo evitare questioni difficili. Ma per me, una cosa è certa. È il nostro modo di pensare su quale dovrebbe essere la base della nostra normativa comune. L’attuale dibattito sulla legge sharia in Gran Bretagna mostra che le buone intenzioni spesso possono essere più di ostacolo che di aiuto.
Dobbiamo inoltre garantire che la normativa comunitaria non metta a repentaglio o accantoni importanti principi costituzionali, quali quelli che riguardano la libertà di espressione. La relazione parla di introdurre un nuovo concetto nella decisione quadro: “giustificazione del terrorismo”. Io credo che questa scelta sia deplorevole. Non perché non sia una buona idea garantire che tutti gli Stati membri abbiano leggi adeguate contro l’incitamento, ma perché è difficile, se non impossibile, arrivare a una definizione che possa essere applicata uniformemente e che non provochi problemi spinosi di interpretazione. Da un lato, vi è l’importante compito di individuare metodi per lottare contro il terrorismo e salvare vite umane. Dall’altro, vi è il principio della libertà di espressione e la preocupaizone di manterene un elevato livello di certezza giuridica in Europa. Si tratta di trovare il giusto equilibrio.
Hubert Pirker (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, nel momento in cui i fanatici hanno spezzato vite innocenti e attaccato con le bombe le società democratiche, è ormai troppo tardi. Per quel motivo, non deve essere risparmiato alcuno sforzo, in partciolare – come sostiene il Commissario Frattini – quando si tratta della prevenzione. Il dialogo, quale chiave per la tolleranza, va posto in cima alla nostra attenzione. Tuttavia, abbiamo bisogno di una migliore cooperazione di polizia e dello scambio di dati; infatti, tutti gli strumenti che possiamo usare sia all’interno che all’esterno dell’Unione europea dovrebbero essere rafforzati.
In particolare plaudo al fatto che il Commissario abbia attirato l’attenzione sull’importanza di aiutare le vittime. Non si tratta solo della tolleranza, ma anche di misure pratiche. Vorrei sottolineare che dovremmo vigilare sui predicatori dell’odio, è necessario. Le informazioni, comunque, devono poi essere elaborate. La glorificazione del terrorismo non è mai accettabile, quindi ci occorre una strategia della tolleranza zero per i reati commessi contro la nostra società.
Ritengo deplorevole che su una questione che è sempre stata un argomento molto serio di discussione in quest’Aula, la polemica nazionale si sia fatta strada nella presente relazione.
Manfred Weber (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, mi è stato chiesto dai membri del gruppo ALDE come intende votare il gruppo PPE-DE. Voglio dire ancora una volta che il gruppo PPE-DE sostiene il 95% del contenuto della relazione. Vorrei anche sottolineare che a mio avviso è molto triste che sia il rappresentante del gruppo ALDE che il rappresentante del gruppo PSE, colleghi spagnoli, abbiamo attaccato oggi il PPE-DE. Ritengo sia un peccato che questioni nazionali ci impediscano di trovare un accordo in quest’Aula.
Tutti coloro che vogliono che l’intera Assemblea raggiunga domani una decisione importante, dovrebbero votare per gli emendamenti del PPE-DE. Non stiamo cambiando alcunché del merito della mozione, ma stiamo eliminando l’aspetto inerente alla politica nazionale. Chiunque intende afferrare la mano tesa del gruppo PPE-DE può farlo domani.
Alexander Alvaro (ALDE). – (DE) Signor Presidente, sono lieto che ci abbia dato la possibilità di parlare di nuovo, dato che la situazione era stata trattata in modo differente in un altro dibattito. Tuttavia, sebbene l’onorevole Pirker e io non sempre possiamo vedere le cose allo stesso modo – spesso discutiamo, e con grande gioia e fervore –, ritengo che abbia ragione a dire che tali discussioni non dovrebbero essere sfruttate per scopi nazionali. Crea soltanto disturbo e ci porta a falsi compromessi.
Sono sicuro che i colleghi spagnoli qui nell’Aula daranno una risposta diversa. So per esperienza che questo tipo di cose è inserito spessisssimo nel dibattito nazionale. Sono anche piuttosto stanco del fatto che – non per la prima volta – veniamo usati come una pallina di ping-pong fra il PPE-DE e il PSE in queste materie. Tuttavia, sono lieto che i liberali siano stati in grado di mediare e siano ancora in grado di raccogliere la sfida.
Il nostro collega dell’Irlanda del Nord purtroppo non è più presente. Questo mi irrita perché ha detto qualcosa che considero incredibile: ha detto che i terroristi non hanno gli stessi diritti umani fondamentali degli altri. Tuttavia, è proprio questo che ci distingue dai terroristi: il fatto che noi ritieniamo i diritti umani come universali. Non dovremmo mai dare l’impressione che quest’Assemblea potrebbe avere un’opinione diversa.
Ignasi Guardans Cambó (ALDE). – (EN) Signor Presidente, data l’importanza di questo dibattito, ho una domanda per il gruppo PPE-DE. È sorta la questione che se il gruppo PPE-DE avesse dovuto sostenere la relazione, avrebbe ritirato, e chiesto anche agli altri gruppi di ritirare, qualsiasi elemento relativo alla politica interna spagnola. Chiedo al rappresentante del gruppo PPE-DE quale emendamento presentato da quel gruppo è legato alla politica spagnola. Sarebbe molto interessante sapere, e poi potrebbe essere reso pubblico, quale degli emendamenti del gruppo PPE-DE riguarda la politica interna, È forse il riferimento alle Nazioni Unite nell’emendamento n. 1 che vogliono cancellare? Vogliono cancellare un riferimento alle Nazioni Unite? È quella la politica interna spagnola? Bisogna essere coerenti. Colui che sta cercando di introdurre la politica interna è l’onorevole Mayor Oreja, che non ha nemmeno avuto la correttezza di partecipare a questa tornata.
Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, sarei estremamente grata se chi sta sostenendo l’emendamento per criminalizzare l’apologia fosse così gentile da rispondere ai punti che ho sollevato, che sono, innanzi tutto, il mio timore per le spaventose conseguenze sulla libertà di parola e, in secondo luogo, il fatto che non so come potrebbero essere resi operativi.
Qual è il collegamento fra l’esaltazione di un atto di terrorismo e l’esecuzione di un altro atto di terrorismo? Mi sembra che vi siano problemi giuridici, come ha statuito la Corte d’appello britannica la settimana scorsa, perché non vi è un collegamento diretto fra l’esaltazione e un nuovo atto terroristico, che esiste invece quando vi è incitamento. Inoltre, qual è la connessione diretta fra quello e un altro atto che viene commesso?
Se non si è in grado di stabilire quel collegamento, si rischia di soccombere nei tribunali per poi finire in una posizione molto peggiore di quella da cui si è partiti. Sarei grata a chi effettivamente sostiene la criminalizzazione dell’esaltazione o dell’apologia se potesse rendermi edotta, perché è qualcosa che non comprendo affatto.
Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione. − Signor Presidente, onorevoli deputati, credo anch’io che questo dibattito di stasera abbia avuto una rilevanza politica notevole. E credo anch’io che si tratti di trovare insieme una soluzione politica largamente condivisa che formi oggetto di un rapporto che l’unanimità, se non la grande maggioranza dei gruppi, possano accettare.
Io credo che i terroristi oggi cerchino senza dubbio di realizzare una nuova forma di dittatura globale. Abbiamo vissuto nello scorso secolo le grandi dittature, ma questa è una dittatura che si basa sull’offesa al primo dei diritti fondamentali, cioè al diritto alla vita. Ed è chiaro che con la violenza e con l’odio questa strategia purtroppo è diventata una strategia globale.
Ecco perché la nostra reazione deve essere – vorrei dire – non soltanto di cooperazione di polizia, di servizi di informazione, ma deve essere una reazione politica in termini di prevenzione e di rimozione delle cause che conducono al terrorismo. Io credo che prevenzione voglia dire, e molti lo hanno sottolineato, sradicare l’odio, eliminare le ragioni dell’odio senza mai giustificare la violenza, perché il rischio gravissimo in cui non possiamo cadere è il giustificazionismo della violenza. Sradicare l’odio senza giustificare la violenza.
Qualcuno ha parlato di conflitto tra civiltà. Io credo che questa teoria lasci molto a desiderare. Io non sono personalmente convinto che sia in atto uno scontro tra civiltà. Io sono convinto che vi sia un conflitto interno al mondo islamico, cioè un conflitto tra una minoranza che abusa del messaggio religioso e una larga maggioranza di musulmani, direi assolutamente pacifici, che vogliono vivere in spirito di pace e di tolleranza. Se dobbiamo dare una risposta politica, onorevoli parlamentari, credo che l’unica possibilità sia rafforzare l’Islam riformista e pacifico contro quella minoranza che non è né riformista né pacifica.
Queste sono azioni tutte politiche, non sono azioni di polizia o di sicurezza. Ho parlato dei diritti delle vittime e credo che questo sia un tema da rafforzare. Io credo che i diritti delle vittime debbano essere più considerati rispetto a quanto si sia fatto in passato, per dare loro un aiuto concreto, che non è – credetemi, io ne sono convinto – soltanto un aiuto economico, ma è molto spesso un aiuto a loro o ai superstiti, ai parenti quando ci sono stati degli attentati e degli omicidi. Aiutarli a reinserirsi nella società dopo il trauma terribile che hanno subito. Anche questo è un diritto della vittima: non essere lasciato solo quando sopravvive ad un attentato e perde un parente o una persona cara.
Qualcuno ha detto che dobbiamo capire le cause del terrorismo. Io sono d’accordo, lo avevo già accennato, ma credo che non si debbano legittimare gruppi, organizzazioni o metodi terroristici cercando di capirli. Una cosa è capire, una cosa è legittimare: sono due aspetti fondamentalmente diversi.
E c’è un ultimo tema che vorrei richiamare. Credo che l’Unione europea avrebbe un grande ruolo politico nel mondo se riuscisse ad ottenere un risultato che finora non c’è stato. Il risultato è quello di spingere le Nazioni Unite verso, finalmente, l’adozione della Convenzione internazionale sulla definizione di terrorismo. Noi questa definizione non ce l’abbiamo ancora e questo ci crea notevoli problemi fuori dall’Europa. L’Europa ha una sua definizione di terrorismo, ma come voi sapete vi sono paesi membri dell’Assemblea generale dell’ONU che ancora non condividono né la sostanza né la procedura di una Convenzione ONU sul terrorismo.
Credo che qui l’Europa, se davvero unita intorno a questo tema, potrebbe fare un po’ quello che abbiamo fatto sulla moratoria della pena di morte: far muovere le Nazioni Unite su una grande posizione europea consolidata e, in questo modo, dare quella legittimazione globale alla risposta al terrorismo. Se il terrorismo è globale, la nostra risposta deve essere assolutamente ferma ma altrettanto globale.
Gérard Deprez, relatore – (FR) Signor Presidente, al termine di questo dibattito vorrei fare tre riflessioni.
La prima è che, ad ascoltare il Commissario e la maggior parte dei partecipanti al dibattito, la cosa che più ci colpisce in realtà – per quanto riguarda l’analisi del fenomeno, la gravità della minaccia e l’equilibrio da raggiungere fra le misure di prevenzione e le misure di repressione – è una grande itnesa fra noi una volta che iniziamo a discutere dell’aspetto operativo delle cose: cosa dobbiamo analizzare, cosa dobbiamo prevenire e cosa dobbiamo reprimere.
In secondo luogo, purtroppo, ho la sensazione che per certi elementi per lo più simbolici, domani non saremo in grado di raggiungere il consenso che è necessario e ne sarei dispiaciuto perché, dopo avere esaminato l’elenco degli emendamenti, mi sembra che la maggior parte delle divergenze sia di natura simbolica più che sostanziale. Il problema è che questi conflitti di interesse simbolici potrebbero essere attenuati se i partiti decidessero di fare un gesto, il che non è che sempre una delle caratteristiche principali dei gruppi politici che costituiscono quest’Assemblea.
In terzo luogo, vorrei quanto meno rivolgere alcune riflessioni ad alcuni dei presenti in Aula, in particolare – e l’onorevole Alvaro la pensa allo stesso modo – nei confronti del collega irlandese il quale ritiene che nella lotta contro il terrorismo non sia necessario il rispetto dei diritti umani. A mio avviso, quest’atteggiamento è rischioso, molto rischioso, contro i valori sui quali si basa la nostra società. Vi è un capo di Stato, e l’ho sentito una volta parlare alla televisione, un capo di Stato europeo che vorrebbe andare con un coltello in mano contro i terroristi e ammazzarli tutti. Ebbene, in quel regime adesso si avvelenano gli oppositori, si lasciano assassinare i giornalisti e si tengono elezioni, senza sapere se sono libere o pilotate. Giocando con i diritti umani nella lotta contro il terrorismo si corre il rischio di una deriva inaccettabile delle nostre società democratiche.
Siamo anche stati interpellati direttamente dall’onorevole Ludford sul problema dell’apologia del terrorismo. Non possono risponderle sul merito, ma direi semplicemente che sono il relatore della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, alle condizioni che lei conosce, e che quando ho presentato le mie idee poc’azni, mi sono basato sul paragrafo 10 della relazione che è stata votata dalla commissione, che dichiara molto chiaramente, onorevole Ludford, che la commissione, e quindi il Parlamento, chiede discussioni aperte sulla modifica della decisione quadro al fine di inserire la giustificazione del terrorismo nell’ambito di applicazione, e così via.
Non ho quindi rivolto alcun invito, ho soltanto espresso ciò che era stato raggiungo dalla commissione per le libertà civili; tuttavia, le risponderò a titolo personale. Quando parlo di apologia del terrorismo, apologia significa incitamento e credo che l’incitamento sia penalmente perseguibile.
Presidente. − La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà martedì 19 febbraio 2008.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Lena Ek (ALDE), per iscritto. – (SV) La lotta contro il terrorismo può essere combattuta solo in modo confacente a una società aperta, democratica e giusta. È necessario che le minacce a una società aperta siano contrastate con i metodi di una società aperta.
Dobbiamo trovare un equilibrio fra la nostra azione e le misure che prendiamo, salvaguardando i diritti umani e lo Stato di diritto, e non dobbiamo ricorrere a misure che mettano in pericolo l’integrità personale.
Ho deciso, quindi, di votare contro la proposta dell’onorevole Deprez di raccomandazione al Consiglio dei fattori che favoriscono il sostegno al terrorismo e il reclutamento di terroristi.
Daciana Octavia Sârbu (PSE) , per iscritto. – (RO) La cooperazione fra le istituzioni dell’UE nella lotta contro il terrorismo dovrebbe essere perfezionata, tenendo conto dell’acuirsi del fenomeno.
Ritengo che il terrorismo sia diventato il nemico numero uno dei valori europei, della stabilità globale e della pace. Se ricordiamo gli eventi dell’11 settembre 2001 o quelli di Madrid di alcuni anni dopo, abbiamo un’immagine perfetta che esprime orrore, panico e sofferenza.
Le istituzioni europee avrebbero dovuto sviluppare una strategia per prendere dimestichezza, ridurre ed eliminare questo fenomeno fin da quei momenti. È necessario per noi iniziare uno studio quanto più approfondito possibile al riguardo: per mostrarne le cause, cosa rende i terroristi così audaci e capaci di rinunciare alle loro vite per diventare martiri, i martiri di chi, come avviene il reclutamento, chi lo finanzia e come possiamo intervenire per scoraggiare questo fenomeno.
Pertanto, per scoprire tutto questo e per controllarlo nell’interesse dell’UE, le istituzioni europee dovrebbero occuparsi dell’elaborazione di questa strategia.
In tal modo, l’UE darà un segnale di unità e di forza al mondo intero.