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Resoconto integrale delle discussioni
Lunedì 18 febbraio 2008 - Strasburgo Edizione GU

27. Riforma degli strumenti di protezione del commercio (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla riforma degli strumenti di protezione del commercio.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, è una fortuna poter rispondere favorevolmente a due argomenti nell’Aula questa sera. Sono lieto di essere riuscito a tornare in tempo da Kiev per farlo.

Vorrei iniziare rigraziando quest’Assemblea per l’invito e l’opportunità di fare questa dichiarazione sulla protezione del commercio. Desidero ringraziare l’Assemblea per l’attento interesse a questa materia, dimostrato dalle discussioni sia in plenaria che in sede di commissione per il commercio internazionale.

Nel 2006, la Commissione e il Consiglio hanno concordato sull’esigenza di un riesame degli strumenti di protezione del commercio dell’Europa. L’intenzione era garantire che strumenti vitali per l’Europa difendessero i lavoratori e le imprese dal commercio sleale e continuassero a funzionare nel modo più efficace possibile, tenuto conto in particolare dei drammatici cambiamenti dell’economia globale, dove le imprese europee detengono catene di fornitura globale e dove il mix di interessi economici delle imprese europee sta diventando inevitabilmente sempre più complesso e difficile da giudicare e definire.

A seguito della nostra revisione e della consultazione pubblica, e con il sostegno della Commissione, ho lavorato con i miei funzionari su una serie di proposte di modifica delle regole di protezione del commercio dell’UE che offrirebbero reali miglioramenti a livello di accessibilità, trasparenza e rapidità e chiarezza per le imprese. Includerebbero, ad esenmpio, un maggiore accesso ai documenti, maggiore assistenza alle piccole imprese che ricorrono al sistema di protezione del commercio e l’adozione più rapida di misure provvisorie.

Vorremmo anche proporre di chiarire, attarverso l’elaborazione di linee guida, l’applicazione delle norme comunitarie in due importanti settori. Il primo riguarda le considerazioni per stabilire quale livello di produzione al di fuori dell’Europa impedisce a un’impresa di essere trattata come europea ai fini delle nostre indagini e delle valutazioni della protezione commerciale.

Il secondoluogo attiene alle considerazioni da applicare nella verifica degli interessi comunitari, che ci consente di stabilire quale azione di protezione tuteli il più ampio interesse economico dell’Unione eruopea – qualcosa che, come ho detto, sta diventando sempre più complesso e difficile da analizzare – dove le situazioni non sono così chiare e definite come forse potrebbero sembrare in apparenza, o come è stato il caso in passato nel classico funzionamento del meccanismo di protezione del commercio.

L’intenzione in entrambi i settori è per lo più di codificare la pratica consolidata, che favorirebbe la chiarezza e la prevedibilità per le imprese e il processo decisionale in casi controversi, cui abbiamo assistito negli ultimi anni e che, suggerisco, aumenteranno, non diminuiranno, nei prossimi anni.

Qualsiasi sia la vostra posizione sui meriti o demeriti dell’antidumping, credo che siano elementi utili da migliorare e da chiarire e sui quali elaborare linee guida, al fine di offrire maggiore certezza e prevedibilità a coloro che sono interessati all’uso di questi strumenti.

Potrebbe essere ponderata una serie di proposte di questo tipo. Rifletterebbe una posizione moderata del dibattito fra tutte le parti interessate e gli Stati membri. Non ha senso né è vantaggioso cercare di spostare il centro di gravità, nella progettazione e nel funzionamento dei nostri strumenti di protezione del commercio, da una parte o dall’altra nel ventaglio di pareri dell’Unione europa che riguardano la protezione del commercio. È necessario ideare e individuare un percorso che ci porti, in linea di massima, verso il centro.

Sebbene i nostri sforzi siano stati spesso dipinti da alcune persone come un tentativo di passare a una parte o all’altra, queste impressioni hanno potuto formarsi solo in soggetti che non possono avere visto le nostre conclusioni preliminari e le nostre proposte, perché non vi è nulla in questo pacchetto che indebolisca la nostra capacità di affrontare il commercio sleale, e nulla che alteri sostanzialmente la base del funzionamento dei nostri strumenti di protezione del commercio.

Tuttavia, è emerso chiaramente dalla consultazione che la questione è politicamente delicata e continua a suscitare accese discussioni e, devo ammettere, un certo dissenso.

Un pacchetto che bilanci le diverse preoccupazioni espresse nel dibattito non attrarrà al momento, a mio avviso, il sostegno necessario ed è meglio basarsi sul consenso che cercare di riconciliare posizioni attualmente inconciliabili sul contenuto dei chiarimenti e della riforma.

L’ambiente politico in cui è stato discusso l’argomento non è facile. Alcuni sostengono che, in un momento in cui esercitiamo pressione su partner come la Cina a commerciare su basi eque, non dobbiamo rischiare di far credere che l’UE abbasserà la guardia sulla protezione del commercio. Non sono presenti né una siffatta motivazione, né una siffatta intenzione, tuttavia alcuni hanno affermato che anche mettere a rischio quell’impressione non sarebbe ragionevole al momento.

Inoltre, i negoziati sulle norme del Doha Round, in particolare il testo dei presidenti, hanno creato una certa instabilità nell’ambiente internazionale sull’indice di commercio e sviluppo, a causa del contenuto soprendente e, francamente, inaccettabile del testo. Non credo che nella storia dei documenti dei presidenti del Doha Round ce ne sia stato uno che abbia goduto meno consensi da parte dei membri dell’OMC dell’attuale testo dei presidenti sulle norme.

Ma, soprattutto, il nostro obiettivo è stato rafforzare l’unità sul funzionamento degli strumenti di protezione del commercio al fine di renderli più praticabili, e non è compito mio, quale Commissariio, indebolire quell’unità.

La realtà è che oggi quell’unità che vorrei vedere non è sufficientemente voluta dai nostri Stati membri. Ciò non significa che una parte di questo dialogo sia giusta e l’altra sbagliata, ma solo che entrambe le parti devono continuare a lavorrare per ottenere maggiore consenso e, francamente, un più alto senso di solidarietà nel funzionamento di questi strumenti.

Ecco cosa propongo di incoraggiare. Continueremo a chiedere consigli sulle idee che abbiamo suggerito e a favorire l’accordo basandoci sulla nostra esperienza.

Concluderei con un’osservazione. Le pressioni che il cambiamento economico globale sta esercitando sul nostro sistema di protezione del commercio sono un dato di fatto. Non andranno via, anzi stanno aumentando. Diventeranno più forti. La nostra capacità di gestire il tradizionale consenso e la solidarietà troverà sempre maggiori difficoltà, non facilitazioni, il che conferisce importanza ancora maggiore al fatto che il ruolo della Commissione cresca per farsi strada fra gli interessi e i pareri diversi e contrastanti che le imprese e gli Stati membri hanno al riguardo.

Ritengo che casi futuri dimostreranno la necessutà di chiarezza e l’esigenza di eleborate il tipo di linee guida che avevamo inizialmente redatto. Le questioni con le quali avevamo avviato la revisione si concretizzeranno fra sei mesi, uno o due anni, e io credo fermamente che, a tempo debito, dovremo affrontarle.

La nostra sfida è trovare insieme risposte economicamente e politicamente credibili e la Commissione continuerà a lavorare con quest’idea in mente.

 
  
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  Christofer Fjellner, a nome del gruppo PPE-DE. – (SV) Grazie, Commissario Mandelson. Quando lei è stato qui l’ultima volta, ha parlato della necessità di una riforma degli strumenti di protezione del commercio. Ha parlato con convinzione di come la globalizzazione e le catene di fornitura globale abbiano cambiato le condizioni di funzionamento degli strumenti di protezione del commercio, e della necessità che tali strumenti fossero aggiornati per rimanere efficaci e tenere conto degli interessi comunitari. Ogni cosa che lei ha detto continua a essere vera. Abbiamo bisogno di una riforma degli strumenti.

Da allora, tuttavia, è stato tremendamente difficile realizzare una riforma. I confltiti fra le imprese europee e fra gli Stati membri sono notevoli. Ma ciò non diminuisce la necessità di una riforma, al contrario. Il fatto che ogni cosa sia così contaminata e che, di esempio in esempio, vediamo le stesse formazioni accostarsi sempre alle stesse prevedibili linee, a mio avviso dimostra che abbiamo bisogno di cambiare. Dobbiamo prestare una rinnovata attenzione allo strumento e al consenso che ci unisce.

Adesso la riforma viene posticipata e sembra molto remota. Certo lo deploro, al pari di altri. Ma non ha senso dire di chi sia la colpa, se degli Stati membri o della Commussione o quale Stato membro abbia messo i bastoni fra le ruote. Sapere di chi è la colpa non gioverà a nessuno.

Perché, sebbene la proposta sia stata sospesa per il momento, le idee non devono essere sepolte. Non dobbiamo dimenticare la questione. Dobbiamo continuare a discuterla e incentrarci su cosa ci stiamo effettivamente accordando. Penso sia parecchio. Si tratta della trasparenza e dell’apertura. Probabilmente si tratta anche di avere norme più chiare su come tutelare gli interessi comunitari. Forse persino di come modernizzare la definizione dell’industria comunitaria.

Ma ciò presuppone che noi manteniamo aperto il dibattito e che continuamo a discutere e a pervenire a compromessi. Mi auguro che lo faremo qui, in quest’Aula. Auspico anche che gli Stati membri e la Commsisione manterrano aperto il dibattito.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, vorrei esordire ringraziando il Commissario per le sue spiegazioni e per la sua onestà nel definire i dilemmi che deve affrontare quando parla ai suoi colleghi e con gli Stati membri sulla riforma del meccanismo di protezione del commercio dell’Unione europea. E questo è un punto. Anch’io solo lieto che lei sia franco nello spiegare il motivo per cui non può presentare proposte proprio adesso, perché è semplicemente molto difficile raggiungere un accordo nell’Unione europea riguardo a quale sia il modo migliore per procedere in questo momento.

Il Commissario ha anche sottolineato l’importanza di creare un ponte fra i paesi che si guadagnano da vivere principalmente grazie al commercio e quelli che ottengono di più dalla produzione. Io personalmente provengo da un paese commerciale, i Paesi Bassi, ma comprendo molto bene i timori che Stati quali Francia e Germania, che hanno una vasta base produttiva, nutrono sullo sviluppo del commercio globale e sulla protezione. Per loro sussiste anche la necessità di proteggere la loro industria. È quindi molto importante creare quel ponte e che la Commissione intenda compiere uno sforzo particolare a tal fine.

Penso che sia una discuussione che dobbiamo avere. Non dobbiamo temere di parlare della necessità di una riforma di quegli strumenti di protezione del commercio perché sttamo affrontando rapidi cambiamenti nell’economia internazionale. Di cosa dobbiamo discutere allora? Dico in modo specifico “discutere” perché neppure io ho ancora tutte le risposte. Dobbiamo discutere della trasparenza del sistema, della maggiore flessibilità che è necessaria, di una migliore definizione di cosa sia un’impresa comunitaria. E degli aspetti sociali e ambientali per determinare gli interessi della Comunità europea. Vi è una serie di punti che noi, in quanto Assemblea, dovremmo discutere e sui quali dovremmo cercare di giungere a conclusioni che possiamo poi scambiare con il Commissario.

Ritengo che sia troppo presto, anche per il gruppo, presentare proposte molto concrete al riguardo. Sono disposto a iniziare le discussioni sulla necessiotà della riforma e poi riflettere su come possiamo definire una serie di aree sulle quali soffermarci maggiormente. Sarà necessario al riguarda ridiscutere molto, anche nel mio gruppo, proprio come nel Consiglio e nella Commisione. Proviamoci. Io concordo con il Commissario. Che ci vogliano sei mesi, dodici mesi o due anni, diamo almeno inizio al dibattito. Non possiamo ignorare il fatto che i cambiamenti sono ormai radicati nel mondo, anche nell’economia globale, e il nostro sistema di protezione del commercio deve essere adeguato per fare fronte a questi cambiamenti. Mi sembra un importante punto di partenza per un confronto e sono lieto che il Commissario sia stato così franco sui problemi che personalmente si trova ad affontare

 
  
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  Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) La ringrazio, signor Commissario. Le discussioni con lei sono sempre divertenti! Anch’io sono convinto che il commercio equio sia migliore del libero scambio, e ovviamente che il commercio solidale con un partner più debole sia più importante del commercio formalmente equo e reciproco.

Ma passiamo al TDI, l’indice di commercio e sviluppo.

Per il resto, forse dovremmo esaminare le rispettive librerie e comprendere i precedenti mentre gustiamo una tazza di tè rooibos qualche volta? Altrimenti, può venire con me sulla montagna di rifiuti dove sono diventato politicamente attivo e ho incontrato i bambini di strada in Brasile.

Ma torniamo al TDI. Che cos’è un’impresa europea? È difficile definire adesso il concetto e quindi può essere difficile anche applicarlo. Quale interesse è un genuino interesse comunitario? I consumatori? Le organizzazioni volontarie? Le piccole imprese? Le grandi imprese? Non è per niente facile trovare definizioni, il che significa che è attualmente difficile applicare lo strumento, tranne in certi casi ovvi.

Manca del tutto una dimensione in questo e ritengo che sarebbe immensamente interessante se lei potesse ritornare sull’argomento quando presenterà le nuove proposte. Il dumping ecologico e sociale non dovrebbe essere equiparato al dumping diretto? Qual è la differenza fra una società che viola le norme ambientali e le disposizioni sociali per un valore di un miliardo di euro, oppure ottiene un miliardo di euro in aiuti di Stato? Sarebbe interessante se lei potesse discutere nell’ambito dell’OMC per vedere se possiamo portare avanti quella questione.

 
  
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  Helmuth Markov, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, signor Commissarrio, sarò franco. Sono lieto che la riforma degli strumenti di protezione del commercio da lei proposta sia fallita. Lei ha cercato di portare avanti la riforma in questione inserendola nella strategia per l’Europa globale. Anche se ritieniamo che questa riforma sarebbe stata utile, è abbastanza chiaro che dobbiamo rafforzare gli strumenti nei settori in cui saranno vantaggiosi, piuttosto che abolirli nel complesso. Tuttavia, quest’ultimo obiettivo era lo scopo della sua comunicazione del novembre 2007. Lei ha scavalcato la grande maggioranza che voleva mantenere il sistema esistente, dato che solo una piccola minoranza era contraria al mantenimento e a favore di una sua progressiva revisione. Il modo in cui il progetto di riforma è stato sospeso a livello di Commissione mostra che la grande maggioranza degli Stati membri e molti dei suoi colleghi consideravano queste proposte inaccettabili e realmente adattate a favore di una piccola ma forte lobby.

Avremmo tratto vantaggio da qusta riforma? Non la forza lavoro europea, che rischia di perdere i suoi posti di lavoro dato che le imprese più importanti hanno potuto ricorrere ai vantaggi comparativi da lei tanto decantati nelle economie emergenti. Non i lavoratori in questi paesi, che devono tollerare condizioni di lavoro inaccettabili, e di sicuro non le imprese europee – e parlo da imprenditore – che conducono le loro attività di produzione nel rispetto della legislazione europea applicabile e non hanno intenzione di aumentare i propri profitti sfruttando le inefficaci norme ambientali e sociali di alcuni paesi terzi.

Queste proposte non avevano nulla a che vedere con la lealtà e la giustizia nelle relazioni commerciali globali e fra imprese. Infatti, i principali beneficiari sarebbero stati i principali importatori , che sono ovviamente irritati da qualsiasi tentativo di controllo delle loro pratiche abusive. I beneficiari sarebbero stati i più importanti grossisti e distributori che calpestano gli interessi dei consumatori e che preferiscono stendere un velo sul fatto che i consumatori sono anche lavoratori, cittadini e contribuenti. I beneficiari sarebbero quelli nell’UE la cui preoccupazione principale è il profitto, dimenticando che l’Unione europea dovrebbe basarsi, soprattutto, sulla solidarietà e il sostegno reciproci.

Il sistema degli strumenti di protezione del commercio di cui disponiamo non è perfetto, ma funziona meglio di altri sistemi vigenti nel mondo. Per inciso, non è solo la mia opinione; lei – la Commissione – ha avviato uno studio nel 2006 che arriva alla stessa conclusione. Dovremmo aspettare e vedere cosa accadrà in termini di sviluppi nell’Organizzazione mondiale del commercio prima di introdurrre nuove riforme in questo settore. Una tale riforma dovrebbe tenere conto di come si muovono i nostri partner commerciali, anziché rinunciare unilateralmente a qualsiasi meccanismo giuridico per proteggerci dal dumping: dispositivi giuridici, per inciso, che sono basati su norme concordate a livello internazionale.

Putroppo, devo aggiungere che non posso accettare il comportamento della Commissione nell’applicazione degli strumenti di protezione del commercio nel 2007. Molti Stati membri e altre parti interessate hanno protestato che i cambiamenti proposti dalla Commissione erano stati attuati prima che il Consiglio e il Parlamento avessero avuto la possibilità di esprimersi in merito. Negli ultimi mesi, la DG Commercio, di propria iniziativa, ha semplicemente sospeso alcuni dei principi consolidati della cooperaziopne interistituzionale. Ne è conseguito che non è stato avviato alcun caso. Posso solo sperare, e vorrei chiedere di farsi garante, che questo stile di cooperazione fra Commissione e Parlamento non prosegua in futuro. Vorrei anche chiederle di presentare alla commissione per il commercio internazionale le principali proposte sul quadro relativo agli strumenti per la protezione del commercio e di discuterle seriamente con quest’Assemblea prima di metterle in pratica.

 
  
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  Daniel Caspary (PPE-DE). (DE) Signor Presidente, signor Commissario, la questione è stata talmente discussa in questi ultimi giorni e nelle ultime settimane che, nella commissione, alcuni hanno quasi avuto un attacco cardiaco quando hanno letto il primo progetto di proposta.

La Commissione ha sospeso l’iniziativa perché lei, signor Commissario, a quanto pare è stato sopraffatto dal compito di elaborare una proposta di riforma che potesse garantire una maggioranza. La nostra amministrazione parlamentare è stata sopraffatta e ha messo la discussione di oggi all’ordine del giorno con il titolo insensato: “Dichiarazione della Commissione – Riforma degli strumenti di protezione del commercio”, mentre l’elenco degli oratori dice “Riforma degli strumenti di protezione dei consumatori”, che non è poi tanto meglio. Guardando alla galleria del pubblico, sembra che il pubblico sia stato anch’esso sopraffatto e abbia deciso di andare al ristorante o a casa. Forse qualcuno sta almeno guardando su Internet, e speriamo che dia uno sguardo all’Aula.

Trovo deplorevole che la Commissione non sia riuscita a elaborare una proposta di riforma che potesse garantire una maggioranza nel Consiglio e in quest’Assemblea. Non è di certo il momento giusto per questo tipo di riforma, ma nessuno qui avrebbe pensato che la riforma sarebbe fallita così miseramente.

Cos’è importante adesso? Innanzi tutto, la Commissione informerà quest’Assemblea a tempo debito delle sue intenzioni di riprendere la riforma e di convolgerci in ogni fase? Vorrei attirare la vostra attenzione in modo specifico sui diritti di codecisione ai sensi del Trattato di Lisbona.

In secondo luogo, ci sarà adesso una riforma segreta, senza una decisione del Consiglio e del Parlamento? O lei, signor Commissario, davvero – com’è stato appena detto – tenterà di ripristinare la fiducia? Gli strumenti di protezione commerciale devono essere applicati secondo le norme e la pratica in vigore.

In terzo luogo, perché in questo momento particolare lei sta procedendo a spostamenti di personale nel dipartimento che si occupa della questione? Controlleremo la condotta della Commisisone e della DG Commercio molto attentamente nelle prossime settimane.

 
  
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  Erika Mann (PSE). (DE) Signor Presidente, signor Commissario, lei certamente non ha un compito facile. Ha uno dei portafogli più difficili. Il settore del commercio/commercio estero deve fare i conti con sfide del tutto nuove. Parliamo da anni della globalizzazione, ma ritengo che stiamo iniziando solo ora a comprendere di cosa si tratti.

Nel suo famoso discorso a Berlino, la Churchill Lecture, lei ha affermato che l’Europa è esposta a nuove sfide e che dalla fine della guerra le sfide sono cambiate dato che il quadro di riferimento non è più Berlino o Parigi, ma Bombay, Shanghai e le altre principali città delle economie emergenti. Non abbiamo le sue stesse idee. Guardiamo alle sfide che l’Unione europea deve affrontare in un nuovo contesto internazionale e globale. La Cina è reale. La Cina non è soltanto un mito o un’immagine, la Cina è diventata una realtà per tutti noi ed è un simbolo di cambiamento. La questione è: quali conclusioni dobbiamo trarre? Lei conclude che dobbiamo modificare gli strumenti. Lei conclude che dobbiamo affrontare le sfide adeguando gli strumenti di protezione commerciale o altri settori.

Il mio gruppo non ha trovato una risposta conclusiva, ma di certo abbiamo molti più dubbi. Come può sentire, tali dubbi sono condivisi in quest’Aula. Abbiamo dubbi perchè gli strumenti di protezione hanno mostrato il loro valore. Gli strumenti di protezione hanno una certa flessibilità. Possono essere interpretati in diversi modi. Possono tenere conto dei diversi interessi industriali e possono interpretare l’interesse comunitario in molti modi. Il test può essere applicato in modo diverso, eppure non è sempre perfetto.

Per inciso, so che lei non ha commesso molti errori. Io stessa posso individuare due punti in cui la valutazione era errata, ma credo che ciò accadrà anche con i nuovi strumenti. Dove stiamo andando, quindi? Lei afferma che vorrebbe continuare a percorrere la strada e continuare le consultazioni. Non ha ancora chiuso la porta. Dove dovrebbe portare questa strada? Dove dovrebbero portarci le consultazioni? Come vorrebbe proseguire le consultazioni con l’Assemblea e la commissione responsabile? Vi sono tre questioni che discendono da quanto i miei collegh hanno chiesto. Le sarei molto grata se potesse darmi informazioni dato che ricevo e-mail tutti i giorni. I cambiamenti in atto nella sua DG sono sintomatici del fatto che lei sta perseguendo la ristrutturazione ai fini della sua futura comunicazione? I cambiamenti tecnici che a quanto pare sono in corso nella sua DG sono un indicatore di questo? Può la mancata applicazione degli strumenti di protezione del commercio nel 2007 essere interpretata anch’essa come un indicatore, o è solo una coincidenza e sono in gioco altri fattori?

 
  
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  Tokia Saïfi (PPE-DE).(FR) Signor Presidente, la Commissione ha deciso di posticipare il progetto di riforma degli strumenti di protezione commerciale. Signor Commissario, accolgo con favore questa saggia decisione perché continuerà a mantenere la lotta contro la concorrenza sleale. Questi strumenti sono infatti una parte essenziale del sistema degli scambi internazionali, perché garantiscono che le imprese, e in partciolare le PMI, che sono le prime vittime del dumping, possano operare in un ambiente concorrenziale leale e stabile, che garantisca a sua volta una solida economia.

Vorrei quindi ripetere quanto ha affermato il Commissario Verheugen alla conferenza sulle materie tessili svoltasi a Milano alla fine della scorsa settimana: “Gli strumenti di protezione commerciale sono vantaggiosi per la competitività delle nostre industrie e non possono mai essere considerati strumenti di protezionismo”. Credo che ciò dica tutto. Questi strumenti non sono un sotterfugio per proteggere l’industria comunitaria dal libero gioco degli scambi internazionali, ma sono intesi piuttosto a migliorare la competitività, ristabilendo normali condizioni concorrenziali, se e dove necessario.

Non è quindi indebolendo l’attuazione di questi strumenti che avremo maggiore capacità di adeguare la politica commerciale dell’Unione europea all’economia globale in mutamento. Anzi, è proprio il contrario, perché gli interessi dei produtori sarebbero diluiti e le misure prese potrebbero incoraggiare indirettamente il trasferimento industriale e la migrazione dei nostri centri di ricerca e innovazione.

L’Europa deve svolgere un ruolo di difensore nel mondo globalizzato di oggi. Se vogliamo rimanere competitivi, non dobbiamo abbassare la guardia nei nostri rapporti con i partner, ma dobbiamo rispettare le regole del commercio internazionale equo.

 
  
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  Kader Arif (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, quanto è stato appena detto dimostra che la vostra proposta era perlomeno discutibile. All’inizio, tuttavia, non ci è stato alcun dibattito. La Commissione aveva avviato uno studio indipendente e una consultazione pubblica. Ed entrambi indicavano che vi era un ampio consenso sull’efficienza e sulla stabilità del sistema in vigore. Gli unici miglioramenti voluti dalle diverse parti interessate erano maggiore trasparenza, maggiore rapidità e un migliore accesso per le PMI.

Tuttavia, mascherando questa realtà, la Commissione ha introdotto una riforma che passerà alla storia per l’opposizione generale che ha suscitato. Sia i sindacati che le imprese, nonché la maggior parte dei membri del Consiglio hanno protestato contro un piano che minacciava la capacità dell’Unione di proteggersi contro pratiche commerciali sleali.

La Commissione ha ritirato la sua proposta e sono molto lieta per questo. L’approccio che privilegiava era infatti pericoloso e aveva seminato discordia – vale la pena sottolineare che il ruolo della Commissione è garantire la soliderietà fra gli Stati membri e rispettare i vari interessi in gioco, non dividere mettendo consumatori contro lavoratori, o importatori contro esportatori. Signor Commissario, mi permetto di ricordarle che qualsiasi progetto di riforma richiede due cose: deve tenere conto delle raccomandazioni e dei risultati delle indagini proprie e deve informare i membri di quest’Aula dell’esatto orientamento della proposta, in particolare quanto si tratta degli aspetti più controversi.

 
  
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  Elisa Ferreira (PSE).(PT) Signor Presidente, signor Commissario, in un minuto posso solo congratularmi con il Commissario Mandelson per la decisione di non procedere al riesame degli strumenti di protezione del commercio.

Immagino che, in un sistema di fiumi in tumulto, si costruisca una serie di dighe. Le chiuse sono gestite in base a regole comuni. È accettabile desiderare di modificare una diga senza che nessun altro faccia la stessa cosa, solo perché alcuni credono che l’acqua quest’inverno non raggiungerà le loro case? Modificare unilateralmente le norme che regolano gli strumenti di proteizone del commercio significherebbe indebolire la diga per evitare di gestire le chiuse. Non è ciò che serve all’Europa e la Commissione ha fatto bene a raccogliere il messaggio chiarissimo che le hanno inviato quest’Aula e i sindacati, l’industria europea e la maggior parte degli Stati membri.

Il libero scambio non sopravviverà se sono violate le regole che lo disciplinano. Tuttavia, queste regole devono essere modernizzate e contenere valori universali, quali la protezione di posti di lavoro decenti, dell’ambiente e del clima e della salute pubblica. Al riguardo, e per nessun altro motivo, l’Europa deve usare il suo peso politico e la forza commerciale nell’ambito degli accordi bilaterali con i principali produttori del mondo. È solo attraverso un’azione reciproca e regole moderne e universali che il commercio può contribuire a migliorare le condizioni di vita dei cittadini al di fuori del’Europa, e anche le condizioni di vita e la sopravvivenza dei lavoratori e degli imprenditori europei che vogliono continuare a produrre e a vivere in Europa nonché a esportare da tale continente.

Ecco cosa ci si aspetta dal Commissario che rappresenta l’Europa sulla scena mondiale. Congratulazioni Commissario Mandelson.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, il Commissario Mandelson ha espresso compiacimento per il fatto di essere presente a due dibattiti, e anch’io ne sono contenta perché vorrei chiedere alcuni chiarimenti sulla sua risposta molto utile sull’OMC. Lo ringrazio per i dettagli.

Sostiene che le voci su un eccessivo avanzamento nel settroe agricolo provengono da una piccolissima comunità di interessi. Suggerirei (presumo che stiamo parlando degli agricoltori e delle imprese agricole irlandesi) che sono di solito ben informati e ammetto che quello che voglio sia chiarito prima di mezzanotte è che hanno torto – mi auguro che abbiano torto – e che ciò che lei ci sta dicendo stasera sia la realtà. Mi soffermerei anche sul suo commento in relazione all’aspetto non agricolo dell’OMC. Anche lei può esprimere disappunto per il testo sul quale si discute.

Daii i suoi commenti sull’OMC e sugli accordi in materia di libero scambio, la mia domanda iniziale è se lei ha meno fiducia adesso di concludere un accordo nell’ambito dell’OMC rispetto a qualsiasi altro momento in passato. È una domanda alquanto diretta, ma una risposta sarebbe utile.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, ci troviamo di fronte a un dilemma fra il libero scambio in cui crediamo e l’equo commercio che viene violato. Se l’equità non è soddisfatta, dobbiamo proteggere, almeno temporaneamente, quelli che agiscono in modo corretto.

Vorrei presentare la posizione del governo polacco che, attualmente, è contrario alla riforma, sostenendo che, nella relazione Caspary, si sia detto ciò che avevamo era già abbastanza. Perché è così? Si presuppone che alcuni paesi abbiano imprese stabilite in Cina, ad esempio. E la protezione comporterebbe che tali imprese sarebbero favorite più di altre imprese srabilite nei paesi europei, quindi non è giusto. Credo che nel 2005 il libero scambio nel settore tessile ci abbia insegnato una lezione, e ritengo che adesso dovremmo impostare la nuova riforma in modo molto saggio. Mi auguro che il Commissario compirà ogni sforzi per portarla a buon fine.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, l’ampiezza degli scambi è indicativa del livello di sviluppo economico. Elevate esportazioni sono una caratteristica delle economie sviluppate, ma il sistema dovrebbe essere basato su una strada a doppio senso e le importazioni dovrebbero circolare anche nel senso opposto. Se la circolazione è per lo più a senso unico, porta a squilibri, alla mancanza di collaborazione e all’aumento del divario nel livello di sviluppo. È necessario, quindi, stabilire una serie di principi per aiutare a definire le norme e le regole di qualità pertinenti, creando così stabilità e collaborazione nel commercio.

Troppo spesso accade che parliamo di solidarietà reciproca e di uguaglianza, quando in effetti siamo intenti a proteggere i nostri interessi nazionali a scapito di quelli comuni. Accade anche troppo spesso che promuoviamo lo sviluppo delle esportazioni e la possibilità di investire in certi paesi senza vegliare sul rispetto dei principi democratici e dei diritti umani, per non parlare dei requisiti ambientali, dei livelli salariali e della protezione sociale. Gli strumenti di protezione del commercio devono garantire giustizia e pari opportunità.

 
  
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  Corien Wortmann-Kool (PPE-DE). (NL) Signor Presidente, Commissario Mandelson, grazie per la sua franca spiegazione del motivo per cui la sua riforma sia fallita. Quando ascolto alcuni dei miei colleghi, sento che sono lieti del fatto che lei non abbia avuto successo nella riforma degli strumenti di protezione del commercio e ritengo che sia così perché temono che lei li abolirà. Non è quello che le ho sentito dire, ma non sarebbe molto più onesto dire che lei forse è stato troppo ambizioso, che voleva spingersi troppo in là con la riforma? Mi riferisco, in particolare, alla riforma dell’equilibrio fra i paesi industriali e gli interessi commerciali.

A causa del suo insuccesso, noi non riusciremo ad attuare una serie di cambiamenti, che godono di un diffuso sostegno, necessari in materia di accesso per le piccole e medie imprese. Inoltre, putroppo, neppure i cambiamenti necessari in termini di trasparenza, rapidità, accessibilità ai documenti, anch’essi ampiamente sostenuti, saranno realizzati nei prossimi due anni. Non esiste un modo per attuare questi cambiamenti e per consentirci di discutere ancora una volta su proposte più lungimiranti?

 
  
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  Kader Arif (PSE).(FR) Signor Presidente, signor Commsisario, se lei ha in mente un nuovo progetto di riforma vicino alla versione originale, come può immaginare di difendere dinanzi all’OMC una politica che penalizza il dumping praticato dalle imprese estere, ma lo accetta quando va a vantaggio delle imprese europee? Il problema è sapere non chi produce beni che arrivano in Europa, ma se sono stati esportati in condizioni commerciali eque. Non possiamo accettare che un’impresa che si dichiara europea e che pratica il dumping diventi inattaccabile solo perché è europea in base alla sua nuova definizione.

Inoltre, dato che questo dibattito sarà tenuto a livello multilaterale, perché non essere ancora più visionari e includere il dumping sociale e ambientale nell’ambito di applicazione degli strumenti di protezione del commercio? Sarebbe utile per l’Europa, le farebbe onore, se fossimo all’avanguardia in questa campagna.

 
  
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  Elisa Ferreira (PSE).(PT) Signor Commissario, a integrazione della domanda che le ho posto prima e del commento che lei ha formulato in precedenza, vorrei dire che, in termini di Europa, i casi svolti nel settore tessile e delle calzature hanno comportato, in particolare nel mio paese, cambiamenti che hanno impedito la disoccupazione. Tuttavia, non si è trattato in alcun modo di un movimento di tipo protezionista e le imprese interessate si sono spostate e trasferite al di fuori dell’Europa e adesso creiamo posti di lavoro al di fuori e all’interno dell’Europa. È stato quindi un movimento interessante.

Tutavia, nonostante ciò, a quanto pare nel corso del 2007 la Commissione non ha avviato alcun caso nuovo.

Pertanto, vorrei chiederle questo: la Commissione aveva l’intenzione di non avviare alcun caso (non per il Portogallo, ma per altri paesi), di non avviare indagini antidumping o antisovvenzioni, in attesa di una decisione sul processo di riforma in corso o aveva intenzione di archiviare quegli episodi su cui aveva già iniziato a indagare? Ecco la domanda che le rivolgo.

 
  
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  Peter Mandelson, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, temo di non avere compreso tutta l’interpretazione dell’ultima domanda che mi è stata rivolta. Ho capito solo l’ultima parte, che sembrava suggerire che avevamo sospeso l’attività sulla riforma degli strumenti di protezione commerciale e che non avevamo più avviato o proseguito casi.

Non riesco a comprendere appieno la premessa della domanda perché qualsiasi controllo del sito web della DG Commercio potrà fornire le informazioni che il deputato desidera avere sui casi che abbiamo attualmente avviato e sui quali investighiamo e sui quali saranno presentate proposte nel modo ordinario.

Non mi dolgo per essere stato accusato di essere indebitamente ambizioso – quella è la valutazione di quello che faccio e come organizzo il mio lavoro. Se un Commissario manca di ambizione, allora sarà giudicato, credo meschinamente. Io, tuttavia, non sono abbastanza ambizioso da abbracciare subito la proposta del mio amico Commissario Schlyter di spostarsi dalla mia incapacità di proporre riforme che ottengano il consenso degli strumenti di protezione commerciale contro i bassi costi del dumping della produzione per un nuovo concetto di dumping organico o ecologico. Credo che continueremo a concentrarci sul primo aspetto prima di passare al secondo, ma mi auguro che non lo prenda come un segnale di mancanza di ambizione da pare mia, è solo grande realismo.

L’onorevole Caspary ha fatto capire di essere deluso per il fatto che non erano state presentate proposte. Bene, posso capire il suo disappunto, ma non sono realmente sicuro che quest’Assemblea avrebbe mostrato maggiore capacità di arrivare a una semplice visione consensuale sul contenuto della riforma rispetto alla capacità stessa degli Stati membri.

L’onorevole Arif ha suggerito che la mia motivazione è mettere i consumatori contro i lavoratori e gli importatori contro i produttori. Non sto facendo questo, è solo che, nel mondo reale, le persone hanno interessi diversi, punti di vista diversi ed esigenze diverse. Non viviamo ancora, temo, in un’ideale società socialista in cui nessuno ha un’opinione diversa, nessuno ha un’esigenza diversa e nessuno ha un interesse diverso. Temo che dobbiamo operare nel mondo reale e dobbiamo farci strada fra questi interessi ed esigenze e arrivare a un risultato giusto, equo e accettabile nei nostri tentativi di portare avanti queste politiche.

Pensavo che la comprensione da parte dell’onorevole Mann dei dilemmi che affrontiamo in questo settore politico sia realista. Non stavo cercando maggiore flessibilità a tutti i costi. Cosa stavo cercando di fare, in questa riforma, era arrivare a una serie di strumenti commerciali che non fossero fondamentalmente diversi o cambiati rispetto a quelli di cui disponiamo al momento, ma che operassero in un quadro chiaramente comprensibile, che fossero chiaramente prevedibili e ragionevoli ed equilibrati nel loro impatto sulle diverse imprese, che operano in circostanze sempre più disparate nell’economia globale del XXI secolo. E non mi scuso per averlo fatto.

In conclusione direi soltanto, in risposta all’onorevole Markov: sì, probabilmente è una sintesi ben accurata che il sistema di protezione commerciale che noi abbiamo non è il migliore, ma è quello che abbiamo. Credo sia una giusta descrizione del nostro sistema.

Le questioni che avrei dovuto sollevare e che devono ancora trovare una risposta non riguardavano il fatto se il nostro sistema è il migliore – probabilmente non lo è, ma è quello che abbiamo e funziona ragionevolmente. Volevo chiedere, rimarrà funzionante nel modo in cui lo è adesso anche in futuro? Diventerà sempre più controverso e contestato dalle imprese europee in futuro? Si adeguerà ai diversi modelli di produzione e alle catene di fornitura di un numero crescente di imprese europee che stanno diventando sempre più internazionalizzate e che continueranno a farlo più che mai? Quelle erano le domande che ho posto. Non hanno ancora ottenuto una risposta soddisfacente, ma le risposte, penso, dovranno essere trovate e noi dobbiamo continuare a cercarle.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Sono trascorsi dieci anni dal riesame degli strumenti di protezione del commercio. Devono quindi essere ammodernati per rimanere di eprtinenza dell’ambiente commerciale generale in cui operano le imprese dell’UE.

I mercati aperti favoriscono tutti e dovrebbero essere il nostro obiettivo, ma è vero che l’azione a difesa del commercio rimane necessaria per proteggerci dal commercio sleale. Tuttavia, nel decidere cosa sia commercio sleale dobbiamo anche tenere conto di un interesse comunitario più ampio di quanto le attuali norme ci consentano e dobbiamo evitare di danneggiare i paesi europei che creano catene di fornitura globali. Dobbiamo anche garantire che gli interessi di milioni di consumatori sono considerati attentamente rispetto a interessi talvolta ristretti di pochi produttori.

Mi auguro che la Commissione troverà presto l’ambiente politico adatto per la riforma del nostro strumento di protezione commerciale.

 
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