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Procedura : 2006/0290(COD)
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Testi presentati :

A6-0488/2007

Discussioni :

PV 18/02/2008 - 23
CRE 18/02/2008 - 23

Votazioni :

PV 19/02/2008 - 6.15
Dichiarazioni di voto
Dichiarazioni di voto

Testi approvati :

P6_TA(2008)0050

Resoconto integrale delle discussioni
Martedì 19 febbraio 2008 - Strasburgo Edizione GU

7. Dichiarazioni di voto
Processo verbale
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

– Relazione Bill Newton Dunn (A6-0488/2007)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Signor Presidente, i confini terrestri e marittimi sono stati estesi, aumentando il lavoro dei funzionari doganali dai semplici controlli sui dazi doganali alla lotta alla contraffazione, al riciclaggio di denaro, alla droga, all’evasione dei dazi antidumping e delle misure sanitarie finalizzate alla tutela dei consumatori. Per questo motivo ho accolto positivamente e offerto il mio appoggio alla proposta della Commissione, che consente un maggiore livello di coordinamento degli organismi degli Stati membri, inclusa una stretta collaborazione con Europol, Frontex, Interpol e con l’Organizzazione mondiale delle dogane. Vorremmo inoltre chiedere che alle autorità dei paesi terzi che ottengono i dati commerciali e personali dagli Stati membri sia richiesto di garantire norme sulla protezione dei dati equivalenti a quelle dell’UE. Ringrazio i deputati per aver sostenuto appieno le proposte del nostro gruppo. Sono anche grata ai relatori per il loro scrupoloso lavoro.

 
  
  

– Relazione Francesco Musotto (A6-0009/2008)

 
  
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  Philip Claeys (NI) . – (NL) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Musotto poiché non teme di trattare apertamente numerosi aspetti della frode e le misure per combatterla. Quando la relazione cita i milioni di finanziamenti impropriamente erogati, nonché le spese non ammissibili rivendicate, ho la sensazione di un déja vu. Pensiamo, ad esempio, alle centinaia di milioni di euro di stanziamenti europei che sono già scomparsi nell’abisso della regione della Vallonia, dominata dai socialisti corrotti. Un territorio in cui molti funzionari sono stati coinvolti in scandali, in alcuni casi per appropriazione indebita di finanziamenti. Laddove la relazione parla della fragilità dei controlli della Commissione, automaticamente rammento le parole del mio collega vallone, l’onorevole Deprez, che all’inizio del mese ha preso in esame i pessimi progetti imputabili non solo alla Vallonia, ma anche alla Commissione che li approva.

 
  
  

– Relazione Gérard Deprez (A6-0015/2008)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, la relazione presentata in origine era valida, poiché forniva misure chiaramente definite volte a sostenere la lotta al terrorismo, nonché le azioni necessarie a migliorare la prevenzione, una più stretta collaborazione di polizia, maggiori scambi di dati e assistenza alle vittime del terrorismo.

Le votazioni di oggi, tuttavia, hanno del tutto modificato la relazione. Gli elementi principali della relazione sono stati cancellati. I terroristi della jihad, ad esempio, all’improvviso non sono più considerati pericolosi. Nella relazione sono state inserite altre posizioni (inaccettabili) , con il risultato che sono stato costretto a votare contro, come ha fatto la maggior parte dell’Assemblea. È un peccato per la stesura originale, dal momento che sarebbe stato positivo disporre di un migliore insieme di strumenti politici e tecnici con cui combattere il terrorismo e rafforzare la sicurezza.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Signor Presidente, inutile dire che ho votato contro la relazione Deprez, poiché fondamentalmente non condivido il concetto che il terrorismo della jihad sia in effetti soltanto una conseguenza della discriminazione e dell’isolamento sociale presumibilmente subiti dai musulmani in Europa. A essere onesti, conosco vari concittadini, diversi autoctoni, che sono davvero soggetti a isolamento sociale nei quartieri musulmani delle nostre grandi città, ma che non scelgono il crimine del terrorismo, nel modo più assoluto. Per questa ragione, non intendo pronunciare un mea culpa in merito. Forse può essere politicamente corretto incolpare la perfida Europa, ma non è “corretto” nel vero senso della parola, tutt’altro. Quando, in nome di Dio, il Parlamento capirà che il terrore islamico non ha nulla a che fare con la discriminazione o l’esclusione sociale, ma deriva direttamente dalla visione del mondo dello stesso Islam?

 
  
  

– Relazione Ignasi Guardans Cambó (A6-0002/2008)

 
  
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  Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, ritengo occorra ammettere, quando si tratta di regioni che commerciano tra loro, che non sono i paesi a intrattenere rapporti commerciali reciproci, ma le persone e le imprese. Uno degli errori di questa particolare relazione è di non essere riuscita a riconoscere i sostanziali ostacoli al commercio presenti sulla strada degli operatori del settore, che desiderano commerciare con l’UE da paesi terzi.

Questo è il motivo per cui sono lieto di annunciare una campagna fra le parti, che coinvolge le ONG e le organizzazioni della società civile, nonché semplici sostenitori, denominata Real Trade Campaign, che si pone cinque obiettivi principali: eliminare le tariffe agricole sulle importazioni; abolire le sovvenzioni agricole; liberalizzare le disposizioni del paese di origine; porre maggiore attenzione agli aiuti al commercio e incoraggiare i paesi a basso reddito a ridurre progressivamente gli ostacoli al commercio per altri paesi, nella speranza che facciano parte della comunità mondiale per quanto riguarda questo settore, e, infine, aumentino gli scambi con noi. La presente relazione era squilibrata per non aver riconosciuto che tali ostacoli esistono dalla prospettiva europea, ed è per questo che ho votato contro.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

− Relazione Jan Andersson (A6-0012/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Per prima cosa devo dire che tutti i nostri voti contrari rappresentano una protesta per il rinvio dell’entrata in vigore di una direttiva sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori, una direttiva, in questo caso, adottata nel 2004, che stabilisce i valori limite dell’esposizione dei lavoratori a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, nonché prevenzione, informazioni e iniziative di formazione. La Commissione europea ora propone una nuova direttiva al solo scopo di rimandare di quattro anni il recepimento di tale direttiva.

È davvero singolare per la Commissione europea presentare questa proposta di rinvio. Adduce quale giustificazione che la comunità medica ha espresso le proprie preoccupazioni riguardanti l’applicazione della direttiva e che ora sono stati richiesti vari studi. È un peccato che un simile interesse sugli effetti della presente direttiva non sia dimostrato in riferimento a quelli previsti da altri strumenti giuridici e disposizioni politiche che cercano di liberalizzare i beni e i servizi pubblici, e di deregolamentare i contratti di lavoro e i diritti dei lavoratori. Solo quando si tutelano la salute e la sicurezza dei lavoratori, la Commissione europea richiede ulteriori studi per rinviare l’attuazione. È inaccettabile.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo positivamente la relazione sull’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici. Le possibili conseguenze che il recepimento della direttiva del 2004, che definisce minimi standard di sicurezza per coloro che sono a contatto con agenti fisici, potrebbe avere sullo sviluppo e l’impiego della risonanza magnetica per immagini (RMI) nel campo medico rendono efficaci e logiche le raccomandazioni della relazione. Con la diffusione dei nuovi studi che mettono in dubbio la base su cui poggiano le raccomandazioni della direttiva, dobbiamo concedere tempo per acquisire queste nuove informazioni e per esaminare la direttiva. Pertanto appoggio la richiesta di rinviare di quattro anni la scadenza del 30 aprile 2008, e ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Desidero sottolineare che la richiesta di miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro è basata, prima di tutto, sulla valutazione dei rischi. In casi in cui i lavoratori operano in un ambiente in cui sono esposti ad agenti che mettono a rischio la salute, uno dei doveri fondamentali del datore di lavoro è valutare i rischi.

Se da una valutazione dei rischi emerge che potrebbe esserci un pericolo, è necessario attuare misure che eliminano il rischio o lo riducono al minimo. A mio avviso, è importante applicare tali provvedimenti all’origine. Altri interventi possibili sono, ad esempio, una scelta di metodi di lavoro diversi, misure tecniche volte a ridurre le emissioni, la modifica del progetto dei luoghi di lavoro, la limitazione della durata e dell’intensità dell’esposizione, la disponibilità di adeguati mezzi protettivi individuali, eccetera.

Condivido il fatto che se l’esame medico di un lavoratore rivela che esiste un rischio specifico per la salute, spetta al datore di lavoro fornire assistenza sanitaria a questi lavoratori. Controlli medici preventivi rientrano nel pacchetto dell’assistenza sanitaria: il loro scopo è individuare in fase iniziale modifiche dello stato di salute e prevenirne le ripercussioni causate dall’esposizione a campi elettromagnetici. A seconda dei risultati, la valutazione dei rischi può essere riesaminata e possono essere attuate misure supplementari.

In conclusione, vorrei affermare che, in quanto medico, sono lieto che la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio definisca i requisiti riguardanti l’istituzione di valori di azione e valori limite all’esposizione a singoli campi elettromagnetici, nonché parametri per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori esposti a tali campi nell’ambito dell’attività svolta.

 
  
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  Frédérique Ries (ALDE), per iscritto. – (FR) Le onde elettromagnetiche artificiali hanno un impatto significativo sulla salute dei cittadini europei, e soprattutto sulla salute dei lavoratori, che necessitano di essere protetti dai campi elettromagnetici allo stesso modo in cui sono già tutelati da due direttive dell’UE che fissano i valori limite per l’esposizione a rumori e vibrazioni.

I campi elettromagnetici emessi da apparecchi radio ed elettronici e da vari dispositivi telefonici –trasmittenti e telefoni portatili, telefonia mobile a base fissa e wi-fi – non sono assolutamente innocui!

È questo il risultato del recente rapporto BioInitiative, e le sue conclusioni sono incontestabili: i rischi comprendono forme tumorali, morbo di Alzheimer e disturbi al sistema nervoso provocati dall’esposizione continua o eccessiva alle onde elettromagnetiche. Si tratta di un pericolo per la salute che è stato di recente evidenziato dall’Agenzia europea per l’ambiente.

È il motivo per cui ho votato a favore della relazione del presidente della commissione, l’onorevole Jan Andersson, che è finalizzata a proteggere la salute dei lavoratori, considerando le preoccupazioni della comunità medica riguardanti la compatibilità del diritto comunitario con la tecnologia della risonanza magnetica per immagini (RMI). Questa è una procedura fondamentale dal punto di vista medico per alcuni pazienti, e, a mio parere, avrebbe dovuto essere oggetto di una deroga, anziché rinviare di quattro anni l’applicazione dell’intera direttiva!

 
  
  

− Relazione Hans-Peter Mayer (A6-0016/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Benché si tratti di una procedura di codificazione che non modifica in alcun modo la normativa esistente, la questione fondamentale sollevata è l’esigenza di disporre di un gruppo di direttive comunitarie in merito a una serie di problemi riguardanti i trattori e altri veicoli a motore e i loro rimorchi, come si nota dalla versione codificata di numerose relazioni messe oggi al voto in Parlamento.

È un settore in cui ritengo che la normativa comunitaria sia eccessiva. L’esistenza di norme generiche sui veicoli a motore, in cui rientrano aspetti generali, probabilmente sarebbe sufficiente, senza la necessità di riprodurre direttive per ciascuna di queste aree, come sta accadendo ora, quali: l’eliminazione dei disturbi radioelettrici (compatibilità elettromagnetica) provocati dai trattori agricoli o forestali a motore; il livello sonoro all’orecchio dei conducenti dei trattori agricoli o forestali a ruote; i dispositivi d’illuminazione della targa d’immatricolazione posteriore dei veicoli a motore e dei loro rimorchi.

Il voto a favore della codificazione non cambia in alcun modo tale parere.

 
  
  

− Relazione Francesco Speroni (A6-0020/2008)

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. − (PL) Sostengo appieno la relazione in esame, che rivestirà un compito fondamentale nella semplificazione e nella disposizione regolata del diritto comunitario. Questo aspetto è particolarmente importante per lo sviluppo della società civile, siccome la trasparenza e l’accessibilità della normativa europea offre al singolo cittadino nuove opportunità al fine di avvalersi di specifici diritti.

Non è possibile ottenere tale obiettivo finché numerosi regolamenti ripetutamente emendati restano sparsi e devono essere consultati in parte nell’atto legislativo originale e in parte nei successivi atti di modifica, un lavoro che richiede un laborioso confronto di molti strumenti giuridici differenti volti a determinare le norme in vigore. I regolamenti modificati con frequenza necessitano di essere codificati al fine di rendere chiaro e comprensibile il diritto comunitario.

Pertanto appoggio pienamente la codificazione del Regolamento (CEE) n. 1210/90 del Consiglio, del 7 maggio 1990, sull’istituzione dell’Agenzia europea dell’ambiente e della rete europea d’informazione e di osservazione in materia ambientale.

 
  
  

− Relazione Francesco Speroni (A6-0021/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato a favore di tale relazione sulla codificazione, che rappresenta una parte importante del lavoro volto ad accrescere la chiarezza e la trasparenza del diritto comunitario. La relazione non prevede alcuna modifica della sostanza, ma unisce alcune direttive diverse in un testo uniforme. Naturalmente appoggiamo tale semplificazione. Tuttavia, occorre sottolineare che il nostro voto a favore non significa che siamo soddisfatti della formulazione dell’attuale normativa. In futuro vogliamo vedere una tassazione minima aumentata sul tabacco e un’effettiva semplificazione del sistema di regolamentazione. Inoltre, è importante garantire che i livelli di tassazione per i diversi tipi di tabacco abbiano conseguenze prive di complicazioni per la concorrenza.

 
  
  

− Relazione Janelly Fourtou (A6-0011/2008)

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Il presente regolamento sostituisce il regolamento (CEE) n. 2913/92 che istituiva un codice doganale comunitario. Le giustificazioni presentate sono gli emendamenti introdotti nel frattempo.

Il codice doganale comunitario è stato istituito dal regolamento (CEE) n. 2913/92. Allora, esisteva già un documento lungo e complesso a livello tecnico che disciplinava le questioni doganali comunitarie.

Ogni specifico aspetto del codice doganale comunitario è stato preso in esame da specialisti del settore pertinente, e le questioni ad esso relative erano affrontate dalla commissione competente.

In un mondo in cui il commercio è dominato dalle grandi multinazionali, questo progetto di codice dovrebbe riflettere e favorire gli interessi di tali multinazionali, riducendo la durata del trasporto delle merci e semplificando le procedure doganali.

Se con tale semplificazione saranno anche adottate misure volte a combattere le frodi doganali è un’altra questione.

Sembra che sia stata favorita la semplificazione a discapito della lotta alla frode. Inoltre, non è un caso che i documenti comunitari e/o le loro traduzioni si riferiscono spesso ad “agevolazione” anziché a semplificazione. È un lapsus significativo.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE), per iscritto. − (SK) Le operazioni di contraffazione e contrabbando di merci oggi applicano metodi che per essere individuati richiedono un approccio integrato al fine di accertare i nuovi incarichi che attendono le autorità doganali; analogamente i funzionari doganali hanno bisogno di essere formati professionalmente.

L’UE è un’unione doganale, ragione per cui il codice doganale comunitario è uno dei suoi strumenti più importanti. Modernizzare tale codice implica una revisione completa del documento originale entrato in vigore nel 1992, in conformità delle richieste dell’ambiente relativo all’informatizzazione doganale e commerciale.

Che cosa produrrà la modernizzazione del codice doganale comunitario? Innoverà soprattutto i metodi di controllo e risulterà in uno scambio di dati elettronici e in sistemi doganali interoperabili. Tale iniziativa semplificherà le norme doganali e le procedure amministrative sia per le autorità doganali che per gli operatori economici. Un nuovo elemento è lo sdoganamento centralizzato: rafforza la cooperazione tra gli Stati membri e l’Unione europea. Lo sdoganamento più semplice, rapido e soprattutto centralizzato in un’unica sede ha il grande potenziale di ridurre la burocrazia.

Dopo tre anni di intensa attività istituzionale possiamo con orgoglio attribuire al Parlamento europeo un successo importante nella modernizzazione delle dogane. Desidero cogliere questa opportunità per elogiare il difficile lavoro svolto dai funzionari doganali, senza il quale la protezione delle frontiere esterne dell’Unione sarebbe impensabile.

Ritengo che oggi abbiamo preparato un regalo concreto per il quarantesimo anniversario della nostra unione doganale, che sarà celebrata il 1° luglio 2008. Sono soddisfatta di aver potuto contribuire con il mio voto alla modernizzazione del codice doganale comunitario.

 
  
  

− Relazione Bill Newton Dunn (A6-0488/2007)

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio sostegno a favore della relazione Dunn. L’obiettivo della proposta è di conformare l’attuale regolamento (CE) n. 515/97 ai nuovi poteri della Comunità nel settore della cooperazione doganale, rafforzando la cooperazione e gli scambi di dati tra gli Stati membri e tra questi e la Commissione. Lo stesso costituisce la base giuridica delle richieste di assistenza che si scambiano le autorità competenti per combattere le irregolarità e le frodi.

Nonostante i buoni risultati raggiunti finora, infatti, vari motivi inducono ad una modifica del testo, legati soprattutto al cambiamento del contesto e dell'equilibrio istituzionale. Pertanto, si cerca di assicurare un più incisivo coordinamento a livello comunitario, alla luce dei nuovi strumenti previsti dal diritto europeo, tenuto conto che al momento dell’adozione del regolamento (CE) n. 515/97 non c’era ancora nel trattato un articolo relativo alla cooperazione doganale (artt. 135 e 280).

 
  
  

− Relazione José Javier Pomés Ruiz (A6-0010/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, saluto con soddisfazione la relazione presentata del collega Pomés Ruiz che rappresenta un ulteriore atto di responsabilità e trasparenza da parte delle istituzioni europee, volto a permettere a tutti i cittadini di esaminare e verificare più da vicino il processo decisionale nell'ambito dell’utilizzo dei fondi UE, rafforzando di fatto i principi base del nostro sistema democratico.

L’iniziativa parlamentare richiede espressamente la pubblicazione dei beneficiari dei fondi UE, indipendentemente dal fatto che si tratti di sovvenzioni, appalti, spese agricole o strutturali o altri tipi di finanziamento. Alla CE viene inoltre richiesto di effettuare una valutazione di fattibilità di un “sistema di informazione” destinato al grande pubblico, in grado di indicare tutti i dati sugli importi e sui singoli beneficiari della complessa attività di finanziamento attuata dall’UE.

Prevedendo altresì delle norme etiche per i titolari di cariche pubbliche, una lista nera dei frodatori, la divulgazione dei nomi dei lobbisti e di tutti gli esperti che assistono la Commissione, il rapporto Ruiz consentirebbe la creazione di un efficiente e trasparente sistema di controllo sulla gestione e sull’efficacia dell’utilizzo dei fondi UE.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) Appoggio la presente iniziativa volta a ottenere trasparenza per quanto riguarda la spesa di bilancio dell’UE. Le fonti di informazione relative alla spesa devono essere trasparenti e, soprattutto, essere organizzate in modo pratico. Spesso sento commenti da parte degli imprenditori polacchi che l’accesso alle fonti pertinenti di informazioni è molto frammentario, rendendo più difficile per gli utenti eseguire confronti e valutazioni, e trarre le conclusioni corrette relative ai propri progetti.

La mancanza di trasparenza riguardo alla spesa del bilancio europeo conduce a numerose ingiustizie. Nei nuovi Stati membri, inclusa la Polonia, in cui i potenziali beneficiari hanno relativamente poca esperienza nell’ottenere finanziamenti europei, informazioni presentate con chiarezza possono essere molto utili.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) A parte uno o due aspetti che suscitano un po’ di preoccupazione, riteniamo che nel complesso la relazione sollevi una serie di questioni molto importanti e decisive.

In base alla cosiddetta iniziativa europea per la trasparenza, avviata dalla Commissione nel novembre 2005, la relazione afferma nuovamente la necessità di introdurre un sistema di informazioni pienamente operativo per il pubblico, in merito, ad esempio, ai beneficiari finali dei vari fondi strutturali.

La relazione suggerisce che i diversi beneficiari possano ricevere finanziamenti europei a titolo di vari programmi o settori dell’attività dell’UE, e riconosce quindi che potrebbe essere istruttivo poter individuare le somme erogate a un singolo destinatario in tutti i settori, essendo tali informazioni preziose, ad esempio, secondo i lavoratori, nel caso di delocalizzazione delle imprese.

La relazione affronta inoltre altri aspetti rilevanti, quali la dichiarazione sugli interessi finanziari dei titolari di cariche pubbliche in seno alle istituzioni dell’UE, raccomandando di adottare disposizioni comuni, e di rendere noti i componenti dei “gruppi di esperti” (formali o informali) che la Commissione decide di costituire, al fine di assisterla nelle proprie iniziative, in particolare di tipo legislativo.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore degli emendamenti alla relazione Pomés Ruiz proposti dal mio gruppo, che sono stati tutti adottati. È importante che l’appartenenza ai gruppi di esperti della Commissione sia correttamente equilibrata e che il processo di selezione per tali gruppi sia del tutto aperto e trasparente. È auspicabile che la Commissione tenga in considerazione la richiesta odierna da parte di questa istituzione.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) L’onorevole Pomés Ruiz sostiene giustamente che la trasparenza dipende dal fatto che le informazioni sui beneficiari siano facilmente accessibili e attendibili, e si prestino a ulteriori studi, confronti e valutazioni.

Concordo riguardo alla richiesta secondo cui la Commissione dovrebbe indicare in modo esplicito gli indirizzi dei siti Internet contenenti informazioni sui beneficiari dei fondi europei, gestiti direttamente e principalmente dall’istituzione, in tutti i documenti relativi al bilancio dell’UE e/o nei progetti e programmi sotto la sua responsabilità.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo positivamente la relazione sulla trasparenza nelle questioni finanziarie. Ogni iniziativa volta a migliorare la qualità e l’accessibilità delle informazioni, soprattutto sulla politica agricola e i Fondi strutturali (che le persone hanno faticato a ottenere), è un positivo passo avanti affinché l’UE assuma i propri obblighi democratici.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Si tratta di un passo nella giusta direzione, concepito per fare un po’ di luce nella giungla degli aiuti e facilitarne l’accesso alle persone normali o, almeno, fornire loro una spiegazione di procedure in gran parte poco chiare. Tuttavia, occorre prestare attenzione nel garantire che, in questo caso, gli unici beneficiari di tali basi di dati non siano esclusivamente i lobbisti, ma che anche le PMI e le persone comuni, tramite semplici processi logici, ottengano sovvenzioni e altre forme di sostegno a cui sono interessati.

Un codice etico rivolto alle istituzioni va di certo accolto con favore. Un organismo autorizzato a erogare finanziamenti pubblici deve essere al di sopra di ogni sospetto nella maniera più assoluta in considerazione della fiducia che le persone devono nutrire nei confronti delle autorità pubbliche amministrative. Occorre tuttavia essere cauti, poiché non è possibile estendere la sorveglianza per mettere completamente a nudo un’istituzione e i suoi membri, e creare individui trasparenti. Ma entro i limiti della tutela dei dati, una tale iniziativa, vale a dire la definizione di una sorte di codice etico, è senza dubbio gradita.

L’elaborazione di una “lista nera” necessita sicuramente di ulteriori discussioni relative agli strumenti di attuazione, per questo è un altro settore in cui la tutela dei dati riveste un ruolo fondamentale.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Dai soggetti che gestiscono i finanziamenti pubblici ci si attende ed è richiesto che applichino la massima razionalità in questo incarico, un estremo rigore nel presentare i risultati dell’attività svolta, nonché una totale trasparenza. I contribuenti, che in definitiva sono i finanziatori di tutti i fondi pubblici, hanno il diritto (che devono esercitare) di sapere chi e in quale modo utilizza i finanziamenti resi disponibili agli interessi dell’UE. Ho pertanto votato a favore di questa relazione, sostenuta da una comunicazione della Commissione europea che presenta una serie di proposte, che condivido nella quasi totalità. Mi preme aggiungere che ritengo che i principi e le disposizioni applicabili ai finanziamenti comunitari, in particolare a quelli gestiti direttamente dalle istituzioni europee, debbano esserlo anche, mutatis mutandis, agli altri fondi pubblici, vale a dire a quelli della Comunità, amministrati dagli Stati membri.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Voto a favore della relazione dell’onorevole Pomés Ruiz sulla trasparenza nelle questioni finanziarie.

Il relatore affronta alcuni problemi di estrema importanza relativi all’amministrazione delle finanze dell’UE, quali la divulgazione delle informazioni relative ai beneficiari dei finanziamenti europei, la dichiarazione degli interessi finanziari dei titolari di cariche pubbliche in seno alle istituzioni dell’UE, e la gestione delle stesse e delle loro relazioni annuali di attività.

Dobbiamo impegnarci al fine di ottenere un miglioramento costante delle procedure per l’amministrazione del denaro europeo e il controllo delle spese, con particolare attenzione al ruolo del Parlamento europeo come l’istituzione che concede un discarico per quanto riguarda l’attuazione del bilancio. Occorre applicare trasparenza al nostro denaro e alla contabilità precisa delle risorse finanziarie.

 
  
  

− Relazione Francesco Musotto (A6-0009/2008)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La lotta alla frode e all’appropriazione indebita di fondi pubblici, in questo caso fondi comunitari, deve essere una priorità in ogni Stato membro. È quindi fondamentale che ciascun paese sia dotato delle risorse umane e materiali necessarie per poter svolgere correttamente questo incarico.

È opportuno sottolineare che, allo stesso tempo, siccome si conferma di nuovo la responsabilità dello Stato membro per quanto riguarda la tutela degli interessi pubblici (come è specificato nella relazione), parallelamente si promuovono politiche che diminuiscono e revocano agli Stati membri funzioni che dovrebbero rientrare nei loro incarichi, in particolare rendendo inefficienti i servizi del governo, tramite la dequalificazione e il licenziamento dei loro dipendenti, e l’utilizzo di imprese private per svolgere alcune di queste funzioni. Secondo noi, la relazione dovrebbe anche analizzare le conseguenze sulla gestione dei fondi pubblici dovute al trasferimento degli incarichi del servizio pubblico a imprese private.

Occorre inoltre valutare in quale misura l’eccessiva complessità e l’inadeguatezza delle norme e il ritardo nell’assegnazione dei fondi contribuiscono alle irregolarità.

Per contro, tuttavia, la relazione si concentra essenzialmente sulla pena, ovvero suggerendo procedure d’infrazione e la sospensione dei pagamenti in acconto agli Stati membri.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho appoggiato la relazione Musotto sulla lotta contro la frode. Lo spreco e la gestione impropria del denaro comunitario è un problema che si verifica regolarmente a livello di stampa e mezzi di comunicazione dell’UE. È fondamentale che la frode sia affrontata in modo efficace e a questo proposito gli Stati membri devono svolgere un ruolo immenso a fianco dei vari organismi europei.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, voto a favore della relazione dello stimatissimo collega Musotto. Le due relazioni richiamano la necessità di una maggiore attenzione verso alcuni Paesi ritrosi a trasmettere informazioni in formato elettronico, ovvero ad adeguarsi ai sistemi di gestione e controllo. Mi compiaccio con il relatore, il quale ha richiamato l’importanza di porre particolare attenzione all’andamento dell’attività di contrasto alle frodi comunitarie condotta dai paesi che danno prova di una non adeguata efficienza dei sistemi di controllo e, in alcuni casi, di un basso livello di conformità con gli standard europei. Ritengo fondamentale, infatti, un controllo attento delle spese della Comunità. Ancora più importante è la lotta contro le malversazioni, visto che il denaro dei contribuenti europei va utilizzato per aumentare ulteriormente la qualità della vita.

 
  
  

− Relazione Gérard Deprez (A6-0015/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato a favore della relazione Deprez su come l’Unione e gli Stati membri dovrebbero procedere al fine di ridurre il sostegno al terrorismo e la crescita nell’arruolamento di terroristi. Occorre che l’UE consideri questi aspetti nella sua azione volta a combattere il terrorismo e migliorare la conoscenza, ancora scarsa, delle ragioni degli atti terroristici e della radicalizzazione. Ma tale questione va affrontata nel massimo rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, e nel modo che si addice a una società aperta, democratica e giusta. I diritti costituzionali, quali la libertà di stampa, di espressione e di associazione, non devono assolutamente essere limitati.

 
  
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  Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Appoggerò la relazione dell’onorevole Deprez sui fattori che favoriscono un contributo al terrorismo e al reclutamento di terroristi. Ciononostante desidero soffermarmi su due punti. Primo, vorrei sollevare la questione “Nelson Mandela”. Dobbiamo distinguere tra coloro che lottano contro l’oppressione e i regimi autoritari violenti come l’apartheid in Sudafrica, e il nichilismo degli attentatori dell’11 settembre. Non avrei appoggiato il bombardamento di Rivonia, ma, se Nelson Mandela fosse fuggito in Europa, nemmeno la sua estradizione in Sudafrica, di fronte alla pena di morte.

Secondo, l’Occidente deve ammettere che talvolta le nostre azioni o l’inerzia nel Medio Oriente, in Palestina e in qualche altro paese contribuiscono ad accrescere l’ostilità e il terrorismo nei nostri confronti. A volte possiamo essere i nostri peggiori nemici.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Due fattori nella relazione Deprez sul terrorismo mi hanno fatto preoccupare. Il primo è stata l’assenza di qualsiasi riferimento a ciò che rappresenta la causa principale della minaccia terroristica in Europa, ovvero l’incontrollato flusso di gruppi di migranti che non hanno intenzione di integrarsi o assimilarsi, ma che, al contrario, tentano di vivere secondo le proprie leggi, in seno alle loro cosiddette società di accoglienza, e in effetti di imporre tali leggi su di esse.

Il secondo elemento allarmante è la ripartizione delle responsabilità: secondo lei, l’Europa non può mai fare abbastanza per quanto riguarda rinunciare alla propria intima natura, le proprie identità nazionali e la cultura condivisa, nonché mettere a repentaglio i propri valori in nome della tolleranza e del cosiddetto “diritto alla diversità”. L’Europa non può mai discriminare abbastanza i propri cittadini e a favore delle nazionalità, culture o civiltà straniere che vivono sul suo territorio. Infine, si incolpa l’Europa per ciò che le accade. Nondimeno i responsabili degli attacchi terroristici di Londra erano cittadini britannici, nati in Gran Bretagna, con occupazioni che molte persone sarebbero state felici di avere! Non erano esclusi, né vittime. Eppure sono stati chiamati alle armi!

Il fatto è che le società multiculturali e frammentate a cui si aspira seriamente, sono, per natura, inclini a molteplici conflitti. Negando la realtà, alimentiamo soltanto odio e disprezzo.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Benché la relazione contenga aspetti che apprezziamo e consideriamo positivi alla luce del peggioramento della situazione globale, tra le altre cose, non individua o biasima i reali intenti e le conseguenze della “lotta contro il terrorismo”, in particolare come un fattore che promuove e incoraggia il fenomeno in sé.

La relazione fa riferimento, sebbene condizionatamente, alla fondamentale esigenza di una risoluzione diplomatica e pacifica dei conflitti nel mondo, anche se non rivela che i principali fattori che favoriscono il terrorismo includono la spirale di violenza alimentata dalla militarizzazione delle relazioni internazionali, dagli attacchi all’indipendenza degli Stati e alla sovranità delle nazioni, dal terrorismo di Stato, la violazione delle libertà fondamentali, dei diritti e delle garanzie, dallo sfruttamento capitalistico incontrollato, dal disumano allargamento dell’ineguaglianza e dell’ingiustizia, e dall’esistenza di milioni di esseri umani che vivono in condizioni disperate, come in Afghanistan, Iraq o Palestina.

Riteniamo che una seria analisi del terrorismo (in tutte le sue forme, incluso il terrorismo di Stato) richieda di essere condotta nel proprio contesto politico, rivelando quindi le cause basilari e le politiche che lo provocano, quali la “lotta contro il terrorismo” intrapresa dagli USA e dai suoi alleati.

Da qui la nostra astensione.

 
  
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  Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho appoggiato gli emendamenti odierni che specificano che la radicalizzazione dovrebbe essere considerata solo in termini di un chiaro legame con la violenza e che le libertà civili dovrebbero essere della massima importanza. L’ultimo aspetto non ha bisogno di essere ribadito, poiché noi ci definiamo un’Unione basata sui diritti umani e le libertà civili. In effetti, la maggior parte delle proposte in questa relazione appartengono già alla politica dell’UE, per cui mi domando per quale ragione abbiamo bisogno di un’altra relazione.

Ho votato contro la relazione finale, non perché condivido la posizione del PPE o il mediocre confronto nazionale spagnolo, che così spesso contagia le discussioni in quest’Aula su come affrontare il terrorismo, ma dato che abbiamo deciso di considerare l’inclusione della giustificazione del terrorismo nel nostro pacchetto antiterrorismo. Può sembrare un piccolo passo avanti, ma sappiamo già che la libertà accademica, il dibattito politico e l’attività di antiradicalizzazione sono limitati da paure generate da tale normativa. Giovani musulmani mi hanno raccontato di aver paura di discutere questioni come la Palestina o l’Iraq poiché le loro critiche e la spiegazione delle loro sensazioni sono interpretate come una giustificazione o una glorificazione, e finiscono in tribunale. Il Parlamento avrebbe potuto cancellare questo paragrafo, ma ha preferito non farlo.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) La presente relazione sull’eliminazione del terrorismo trova il proprio posto in un’infinita serie di testi che celebrano i diritti umani e la lotta contro la discriminazione. Eppure il fatto è che l’eccessiva cautela relativa a possibili violazioni delle libertà fondamentali (soprattutto le libertà di espressione e di religione) in realtà consuma le risorse necessarie alla lotta contro il terrorismo.

Deve essere chiaro ormai che il Parlamento europeo è più interessato a proteggere diritti di ogni tipo, e a fare ciò che è politicamente corretto, anziché preoccuparsi della sicurezza dei cittadini dell’Unione europea.

Pertanto, la presente relazione, che riguarda gli elementi che favoriscono il terrorismo, non contiene un solo riferimento alle moschee, benché, come sappiamo, non sono altro che centri di reclutamento di futuri terroristi islamici, né agli imam di Francia, Belgio, Paesi Bassi o Danimarca, che stanno effettivamente reclutando rappresentanti per la gioventù islamica favorevole alla jihad.

Non sconvolgiamo nessuno, non turbiamo la sensibilità religiosa, non siamo discriminatori: si tratta difficilmente di un rimedio efficace per affrontare la sempre più crescente minaccia del terrorismo islamico! In realtà sembra piuttosto il contrario.

 
  
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  Roselyne Lefrançois (PSE), per iscritto. – (FR) La presente relazione riflette il considerevole lavoro di modifica svolto dai membri dei gruppi PSE, Verts/ALE, GUE/NGL e ALDE in sede di commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Da un testo che inizialmente stigmatizzava l’Islam e i musulmani in maniera piuttosto ignobile, la maggioranza progressista di centro-sinistra è riuscita a creare un documento equilibrato, che evidenzia l’intera serie di fattori (economici, sociali e così via) che favoriscono il terrorismo, affermando la necessità di rispettare i diritti fondamentali, sottolineando l’importanza di combattere la discriminazione e promuovendo l’uguaglianza di opportunità, soprattutto nell’istruzione, nella formazione e nell’occupazione.

Esistono, tuttavia, due o tre aspetti della relazione che penso siano discutibili, in particolare i riferimenti a un “Islam moderato” e a un “monitoraggio su tutti i luoghi in cui viene divulgata la propaganda volta a persuadere le persone a commettere atti terroristici”.

Ciononostante, se non sono in grado di offrire alla relazione il mio pieno appoggio, non accettarla significherebbe cedere alla destra e gettare al vento mesi di sforzi.

Questo è il motivo per cui la scelta migliore, a mio avviso, è astenersi e illustrarne le ragioni.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Questa relazione mira a elaborare una serie di norme e principi nella lotta contro il terrorismo. L’opposizione da parte della destra alla relazione implica che l’assistenza alle vittime, facendo sì che il sostegno ad attività terroristiche diventi un crimine in tutti gli Stati membri e incoraggiando la necessità di dialogo politico, non rientrerà in una strategia europea coerente contro il terrorismo. Ho votato a favore della relazione e mi spiace che non sia stato raggiunto un accordo in merito a quanto si ritiene questioni che normalmente godono di ampio consenso.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) La lotta al terrorismo è la sfida di questo secolo. Un intervento deciso contro l’apparato propagandistico è quindi il primo piccolo passo nel tentativo di frenare la diffusione del terrorismo tra le sottoculture islamiche autonome presenti in Europa.

Dobbiamo affrontare il fatto che il terrorismo in Europa è di natura esclusivamente islamica, e che i musulmani radicalizzati sono del tutto immuni alle misure di integrazione. La radicalizzazione in Europa avanza, e spesso le classi politiche sembrano rifiutare di ammetterlo quando si tratta di tali questioni.

Per questa ragione, un approccio strategico alla lotta contro il terrorismo è necessario e, in effetti, fondamentale per garantire la sopravvivenza dell’Europa, della sua popolazione e della sua cultura. Gli sforzi dovrebbero cominciare dai giovani, ma questi ultimi devono anche mostrare un grado di buona volontà per svolgere la loro parte.

La soppressione di tutti i diritti umani, che, come sappiamo, è già praticato in alcuni casi negli Stati Uniti, naturalmente non deve accadere in Europa. Ciononostante è essenziale essere risoluti in materia di terrorismo.

Tutti i contenuti illegali riscontrati nei nuovi mezzi di informazione devono, ovviamente, essere trattati alla stregua di qualsiasi altra espressione illecita, e gli autori devono essere perseguiti legalmente e puniti.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. (PT) Uno dei maggiori pericoli nella discussione sul terrorismo e sulle sue cause è cedere a uno dei due estremi: da un lato, cercando di comprendere ogni cosa, la percezione che tutto diventi accettabile e giustificabile; dall’altro, il rifiuto di riconoscere realtà differenti che rendono tutto confuso e che classificano ogni cosa in base ai medesimi concetti e criteri. Entrambi gli estremi sono pericolosi in base a un’analisi poiché, siccome non sono precisi, non consentono conclusioni valide, inducendo la polizia, i legislatori e l’opinione pubblica a compiere errori. Inoltre, rappresentano una minaccia alla valutazione della situazione reale, che è inclusiva e decisa con il terrorismo. Questa è la sfida che stiamo affrontando: essere in grado di comprendere la realtà esattamente com’è, anziché come la temiamo o come vorremmo che fosse, agendo di conseguenza sulle cause remote e immediate, senza mai dimenticare che il terrorismo non può essere accettato o giustificato in nessuna circostanza. Non sono le vittime (effettive o potenziali) che devono capire e giustificare i crimini degli aggressori. Per tutte queste ragioni, ho votato contro la relazione.

 
  
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  Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) Il migliore strumento atto a combattere il terrorismo è la prevenzione, non la sorveglianza completa sui cittadini europei. Perciò l’aspetto importante è affrontare le cause basilari del terrorismo.

Il fenomeno della violenta radicalizzazione finirà nel momento in cui ci occuperemo delle disparità e delle ingiustizie a livello nazionale e mondiale.

Mi sono astenuta dal voto su questa relazione, poiché non penso che, nel processo di lotta al terrorismo, possiamo puntare il dito contro una religione in particolare. Il terrorismo non riguarda la religione, anche se alcune persone potrebbero considerare ciò che chiamano la loro fede un modo per legittimare le uccisioni. L’unico metodo volto a combattere la radicalizzazione violenta è rafforzare la morale laica nelle nostre società e avviare apertamente un dialogo interculturale con tutte le parti interessate, soprattutto con i rappresentanti della società civile.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Il terrorismo è un fenomeno transfrontaliero e deve essere combattuto in maniera efficiente grazie a un’azione comune. Tuttavia, la lotta contro il terrorismo deve essere sempre condotta tramite mezzi legittimi e adeguati. I viaggi della CIA in Europa, l’uso della tortura, esecuzioni e annegamenti simulati, che la CIA ora ammette siano avvenuti, e l’istituzione di speciali prigioni segrete devono essere condannati in modo deciso. In questo caso l’UE avrebbe dovuto agire più fermamente di quanto ha fatto.

Secondo me, una cosa è ovvia: sono i nostri valori a dover costituire la base della nostra legislazione comune. Occorre inoltre garantire che la normativa comunitaria non metta a repentaglio o accantoni principi importanti, inclusa la libertà di espressione.

La relazione dichiara di introdurre un nuovo concetto nella decisione quadro: “la giustificazione del terrorismo”. Ritengo sarebbe un’iniziativa inopportuna. Non perché non si tratta di buona idea garantire che tutti gli Stati membri dispongano di norme efficaci contro l’istigazione, ma perché è difficile, se non impossibile, giungere a una definizione da applicare uniformemente e che non conduca a spinosi problemi d’interpretazione. Da un lato, esiste l’importante compito di elaborare sistemi volti a combattere il terrorismo e salvare vite. Dall’altro, c’è il principio di libertà di espressione e il concetto di mantenere un elevato livello di certezza del diritto in Europa. Si tratta di trovare il giusto equilibrio.

 
  
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  Konrad Szymański (UEN), per iscritto. − (PL) Non posso appoggiare la relazione Deprez e la sua proposta di raccomandazione del Parlamento europeo al Consiglio relativa ai fattori che favoriscono il terrorismo e il reclutamento di terroristi.

La relazione sostiene le priorità sbagliate nella battaglia contro il terrorismo. La proposta si concentra soprattutto su misure di politica sociale. Tale approccio non facilita la lotta contro il terrorismo, che richiede anche migliori controlli alle frontiere e una collaborazione tra le autorità giudiziarie e di polizia.

 
  
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  Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La sinistra in Parlamento ha indebolito un messaggio fondamentale e innegabile del testo originale della relazione, che affermava: “il terrorismo (in particolare quello jihadista) costituisce attualmente la principale minaccia alla sicurezza dei cittadini dell’Unione,”. La relazione tralascia del tutto qualsiasi riferimento ai maggiori fattori che favoriscono il reclutamento di terroristi, vale a dire l’immigrazione incontrollata e, di certo per quanto riguarda il Regno Unito, la diffusa mancanza di rispetto per la religione cristiana e l’effettiva comprensione della nostra storia e della nostra cultura.

Naturalmente, i nuovi arrivati hanno dunque ben poco con cui identificarsi. La relazione non cita il modo in cui il terrorismo debba essere considerato per avere successo, né la legittimazione e la ricompensa dei terroristi, come i precedenti leader della Provisional IRA. Ho pertanto votato contro la relazione e contribuito al suo rigetto da parte del Parlamento.

 
  
  

− Relazione Ignasi Guardans Cambó (A6-0002/2008)

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La relazione di iniziativa del Parlamento europeo è un autentico contenitore di obiettivi e iniziative per la liberalizzazione del commercio mondiale (di merci, servizi o capitali), condotta dall’UE e dalla Commissione europea, organismo potenzialmente onnipotente nella politica commerciale comune con il nuovo progetto di Trattato, che rende il settore di esclusiva competenza europea.

L’apertura dei mercati costituisce il dogma. La fine di tutti i possibili ostacoli al commercio, soprattutto con le economie sviluppate ed emergenti, è la linea di azione. L’apertura dei mercati, condotta, se possibile, nell’ottica del mercato unico europeo, è l’obiettivo.

Siccome si ritiene che l’attuale sistema OMC disponga di un potere di regolamentazione e di imposizione inadeguato, la relazione sostiene il “modello di governance europeo” per il commercio, stipulando accordi di libero commercio o sottolineando la conclusione dell’attuale serie di trattative dell’OMC, per cui esige la creazione di sinergie con i principali partner commerciali dell’UE (quali USA, Canada e Giappone).

Un esempio: notate come la relazione sollecita i paesi terzi ad abrogare le restrizioni alla proprietà estera nei confronti delle imprese europee... Il dominio economico è l’obiettivo.

Da qui il nostro voto contrario.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo positivamente la relazione Guardans Cambó sulla strategia dell’Unione europea per assicurare alle imprese europee l’accesso ai mercati. I principi di migliore accesso reciproco, sostegno rafforzato alle PMI e accesso più vantaggioso al mercato interno dovrebbero contribuire a consolidare l’agenda di Lisbona. In particolare, appoggio gli emendamenti sulla distinzione tra l’accesso ai mercati sviluppati e alle economie emergenti da un lato, e i paesi meno avanzati e in via di sviluppo, dall’altro.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Benché il mercato interno europeo sia immenso, il mercato globale, aperto alla globalizzazione, è ancora più ampio e dinamico. L’accesso delle imprese europee a questo mercato, soprattutto alle economie emergenti con un elevato tasso di crescita, deve quindi essere una priorità a livello pubblico e privato. Se è vero che, tuttavia, nel settore dell’iniziativa privata non spetta a noi scegliere, né tanto meno imporre priorità, in quello pubblico vi sono molti sforzi da compiere. Da un lato, dobbiamo essere consapevoli della necessità di aprire i nostri mercati se intendiamo ottenere, cosa che in effetti vogliamo, un accesso sempre maggiore ai mercati internazionali. Dall’altro, è fondamentale porre l’attenzione sulla capacità delle imprese europee di sostenere la crescente efficienza e competitività economica delle aziende di tali paesi, il che significa che senza esitazioni dobbiamo concentrarci sulla competitività e l’innovazione delle nostre imprese, cosa che può avvenire soltanto in un ambiente libero, aperto e trasparente.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. − (RO) La relazione Guardans Cambó riguarda una strategia dell’Unione europea volta a facilitare alle imprese europee l’accesso ai mercati. All’inizio dello scorso anno, la Commissione europea ha presentato una comunicazione relativa a un partenariato più solido al fine di ottenere l’accesso ai mercati per gli esportatori europei.

Le misure proposte dalla Commissione riguardano la riorganizzazione del sistema informatico comunitario che fornisce le informazioni e i servizi per l’accesso ai mercati in circa 100 paesi, migliore trasparenza e una campagna d’informazione, soprattutto per le piccole e medie imprese, relativa ai servizi comunitari disponibili per gli esportatori europei.

Ciononostante, mi dispiace che alcuni emendamenti presentati dal gruppo dei socialisti europei, concernenti il settore degli appalti pubblici e della concorrenza, non siano stati accolti.

Ritengo sia necessario definire un partenariato tra la Commissione, gli Stati membri e le imprese europee al fine di agevolare l’accesso di queste ultime ai mercati di paesi terzi, ma, allo stesso tempo, occorre garantire che su questi mercati si osservino i principi e i valori europei: diritto del lavoro, tutela dell’ambiente, rispetto della proprietà intellettuale e diritti umani.

 
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