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Resoconto integrale delle discussioni
Mercoledì 20 febbraio 2008 - Strasburgo Edizione GU

9. Kosovo (discussione)
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca una questione senza dubbio di enorme importanza, oltre che di attualità: le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sul Kosovo.

 
  
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  Dimitrij Rupel, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Signor Presidente, onorevoli deputati, se rifletto in generale e non mi soffermo su alcuni dettagli, devo dire che la mia generazione e i nostri colleghi più giovani sono stati piuttosto fortunati. Abbiamo vissuto gran parte delle nostre vite, probabilmente i periodi migliori, in un momento in cui le porte e le finestre delle opportunità sono state spalancate. Tale periodo iniziò nel 1975 con l’Atto finale di Helsinki, le cui conseguenze furono più evidenti in Europa centrale e orientale, dove nel 1989 crollò il muro di Berlino e cadde il regime comunista. Una nuova prospettiva irruppe sulla scena attraverso il muro crollato e le porte e le finestre aperte della facciata occidentale della comunità euroatlantica. Osservammo il grande e soleggiato paesaggio dinamico di un’Europa libera e unita, rappresentata meravigliosamente da questo immenso edificio del Parlamento europeo. Non avrei mai immaginato quand’ero giovane che un giorno avrei parlato in quel luogo.

In Slovenia chiamiamo gli anni ’80 e ’90 la primavera slovena. Purtroppo, appena all’inizio del risveglio democratico, fummo colpiti dalla crisi jugoslava, che tentò di interrompere lo sviluppo democratico e fece sì che il popolo dei Balcani occidentali restasse indietro.

La maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e occidentale, e in questo caso mi riferisco ai dieci nuovi Stati membri dell’Unione europea, ha raccolto la sfida storica, ma nei Balcani il tempo si è fermato. Il Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” (GAERC), del quale sono Presidente, ha, tra gli altri difficili compiti, quello di realizzare la prospettiva europea dei Balcani occidentali. Questo implica il coinvolgimento di paesi, quali la Croazia, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Serbia, il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina, il Kosovo e l’Albania, nel sistema di adesioni, candidature e accordi europei.

La crisi jugoslava finirà. Le porte e le finestre sono aperte. Il muro non esiste più. L’Unione europea ha annunciato nell’Agenda di Salonicco che i paesi dei Balcani occidentali diverranno o prima o dopo membri dell’Unione europea. È giunto il momento per noi di ricordare i nostri impegni. Dobbiamo cercare di avviare i negoziati con la Macedonia, ossia l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, per l’adesione all’Unione europea. La Serbia deve liberarsi dal fardello del suo passato, in particolare gli orrori e gli spettri del regime di Milošević. Milošević è stato uno dei responsabili dell’impasse dei Balcani occidentali. E non dobbiamo dimenticare l’Albania, la Bosnia-Erzegovina, il Montenegro e il Kosovo.

Il forum UE-Balcani occidentali, che si svolgerà in Slovenia alla fine di marzo, sarà molto importante in tale contesto. In collaborazione con la Presidenza slovena, la Commissione sta preparando una comunicazione speciale sui Balcani occidentali. Il forum terrà inoltre conto del rafforzamento della cooperazione regionale in diversi settori, quali i trasporti, la protezione civile, la ricerca e sviluppo e così via.

Conformemente alle decisioni del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” di gennaio, la Commissione sta discutendo la liberalizzazione dei visti con tutti i paesi della regione. Non dobbiamo sottovalutare l’eccezionale importanza che la graduale eliminazione dei visti avrebbe per la regione. Al contempo, signor Presidente, desideriamo evidenziare un particolare paradosso. Prima del 1990, i cittadini dell’ex Jugoslavia viaggiavano in molti paesi europei senza un visto. Adesso, però, un’intera generazione di giovani, cresciuta dopo quell’anno di svolta per l’Europa, per viaggiare ha bisogno di un visto.

Onorevoli deputati, nel corso del nostro vertice di gennaio del Consiglio dei ministri degli Esteri, abbiamo invitato unanimemente la Serbia a firmare l’accordo politico che costituisce un nuovo passo verso l’adesione all’Unione europea. Dopo la vittoria alle elezioni di Boris Tadić, che è a favore dell’Europa, abbiamo auspicato che, dopo molti anni di lento sviluppo e isolamento, la Serbia potesse unirsi a noi quanto prima.

L’Unione europea ha già inviato in Kosovo una missione nell’ambito della politica europea in materia di sicurezza e di difesa. Tuttavia, è un problema per tutti gli Stati membri instaurare relazioni con il Kosovo. Probabilmente non ci discosteremo dalle valutazioni di base cui si è fatto riferimento alla sessione di dicembre del Consiglio europeo. L’aspetto più importante è considerare e avere rispetto della Serbia; l’Unione europea ha bisogno della Serbia come quest’ultima ha bisogno dell’Unione. A mio avviso, il dialogo interculturale non è solo retorica; anche se i negoziati si sono interrotti, le possibilità per un dialogo non sono esaurite. Adesso è il momento del reale dialogo tra serbi e albanesi in Kosovo, tra Serbia e Kosovo, e tra Serbia e Unione europea.

Il destino del Kosovo è gravato su di noi per molti anni. In passato, il Kosovo faceva parte del sistema federale jugoslavo e nel 1974 gli fu conferito praticamente lo stesso status delle repubbliche jugoslave. Verso la fine degli anni ’80, Slobodan Milošević privò il paese della sua autonomia e nel 1999 lo occupò con l’esercito, provocando pertanto una tragedia di proporzioni globali.

Il caso del Kosovo è veramente unico in quanto, per motivi umanitari, la comunità internazionale lo ha dovuto assumere sotto la sua protezione e governarlo per circa nove anni. Tuttavia, la decisione di lunedì del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” non è stata semplice. La decisione e la dichiarazione di indipendenza a Priština non è giunta inaspettata. Ci siamo arrivati attraverso i seguenti fatti. In primo luogo, è stato compreso che ritornare alla situazione precedente non era accettabile, come non lo era lasciare l’attuale status quo. Nessuna delle parti interessate ha trovato una nuova formula per risolvere lo status del Kosovo, ed era ovvio che altri negoziati non avrebbero prodotto risultati. Dal 1999 il Kosovo è stato amministrato dalle Nazioni Unite e, nel corso di quel periodo, in conformità della risoluzione 1244, la Serbia non ha potuto esercitare alcuna effettiva autorità. Per alcuni anni antecedenti il 1999, la maggioranza della popolazione kosovara ha subito una repressione sistematica, compresa la pulizia etnica e la tragedia umanitaria.

Onorevoli deputati, tutti questi avvenimenti, che in principio sono stati riconosciuti da tutti i membri del gruppo di contatto, tra cui la Federazione russa, sono prove del fatto che il Kosovo presenta una situazione sui generis, realmente speciale, motivo per cui non è in dubbio la validità del principio di sovranità e di integrità territoriale.

Per un certo periodo il Consiglio è stato convinto che l’Unione europea dovesse assumersi la sua responsabilità nei confronti del Kosovo. Tale convinzione è stata confermata alla sessione di febbraio del GAERC nella decisione che già conosciamo. Nonostante tutti avessero previsto la disunione, abbiamo ugualmente agito uniti. Dopo lunghi processi di negoziato e armonizzazione, la decisione è stata raggiunta all’unanimità.

L’Unione europea è una comunità interessante e unica nel suo genere. Siamo certamente legati da interessi e valori comuni, tra i quali figurano il rispetto e la tolleranza delle diversità; potremmo dire che siamo legati dalle nostre differenze. Alla fine della sessione di febbraio del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” abbiamo adottato una posizione comune. L’importante conclusione del vertice è stata che, riguardo al riconoscimento del Kosovo, ci saremmo aspettati che ciascuno Stato membro agisse in conformità delle proprie pratiche nazionali. Alcuni si sarebbero aspettati che l’intera Unione europea riconoscesse il Kosovo, ma non è possibile perché l’UE non è uno Stato.

L’Unione europea ha adottato la posizione comune sugli avvenimenti in Kosovo e nei Balcani occidentali. Primo, ha constatato che il Kosovo ha adottato una risoluzione di indipendenza. Secondo, l’Unione europea ha appreso che la risoluzione impegnava il paese al rispetto dei principi democratici, tra cui la tutela della minoranza serba e del patrimonio culturale. Terzo, l’UE ha ribadito il suo impegno nella missione internazionale nel paese e la sua disponibilità a svolgere un ruolo di guida nella regione. Quarto, ha affermato nuovamente la promessa di una prospettiva europea per i Balcani occidentali. Quinto, l’Unione elaborerebbe misure economiche specifiche per l’intera regione. Sesto, l’UE è ben consapevole dei principi della comunità internazionale, ma ritiene che, a causa della sua situazione sui generis, il caso del Kosovo non chiama in causa tali principi.

Ovviamente, il paese comprende anche i serbi e il loro patrimonio e la loro cultura, e desidero sottolineare che è una componente particolarmente preziosa per la cultura europea.

Molti popoli europei, tra cui gli sloveni che rappresento, hanno importanti monumenti della propria cultura e patrimonio etnico che ora si trovano fuori degli attuali confini dello Stato. Questo fatto non crea ostacoli all’Europa contemporanea ma ci unisce, e lo stesso vale per i gruppi di minoranza etnica.

A nostro avviso, è fondamentale che, quale reazione alla dichiarazione e riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, la Serbia non chiuda le porte all’Unione europea. Ripeto che la questione del Kosovo è separata da quella dell’integrazione Serba in Europa, e la Serbia non deve legare queste due tematiche. In tal senso troviamo particolarmente difficile comprendere l’opposizione della Serbia all’Unione europea, ossia alla sua missione in Kosovo, in quanto tale missione è nel primario interesse della popolazione serba nel paese.

Per concludere, l’Unione europea è una delle più riuscite organizzazioni di pace nel mondo. I popoli e i paesi d’Europa sono uniti e praticano la solidarietà a beneficio della pace e di una vita migliore. Tale condotta comprende anche tolleranza e solidarietà e, soprattutto, la comprensione e la compassione quando gli altri sono in difficoltà.

Onorevoli deputati, con la decisione che ho citato, l’Unione europea ha aperto le sue porte e le sue finestre non solo alla Serbia, ma anche al Kosovo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO
Vicepresidente

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, ricordando la nostra eccellente cooperazione sui Balcani occidentali, desidero ringraziarla dell’opportunità di informare il Parlamento in merito alla posizione della Commissione riguardo al processo sullo status del Kosovo.

Domenica scorsa, il parlamento del Kosovo ha dichiarato l’indipendenza in un clima dignitoso. Nella sua dichiarazione, il Kosovo si è impegnato a rispettare in toto i molti diritti dei serbi del paese, in particolare per quanto riguarda i governi autonomi locali nei settori dell’istruzione, la cultura e la salute, in conformità della proposta completa presentata dall’inviato speciale dell’ONU Martti Ahtisaari.

Le celebrazioni nel paese hanno avuto luogo in modo gioioso ma responsabile. Si sono tuttavia verificati episodi di violenza a Belgrado e nel Kosovo settentrionale. Condanniamo il ricorso alla violenza e chiediamo a tutti i leader e ai popoli della regione di restare calmi e mantenere pace e stabilità.

Come ha spiegato il ministro degli Esteri Rupel, lunedì i ministri degli Esteri dell’Unione europea hanno risposto in modo unanime agli sviluppi. L’unità europea è pertanto fondamentale al fine di consentire all’Unione europea di gestire con successo la stabilizzazione in corso nei Balcani occidentali e di contribuire a portare a termine il processo sullo status del Kosovo.

A seguito del fallimento delle consultazioni prolungatesi in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU, l’Unione europea è stata costretta a condurre il processo a una conclusione. L’Unione ha già preso le decisioni importanti al fine di inviare in Kosovo una missione PESD sullo Stato di diritto.

Lunedì, il Consiglio ha inoltre fornito una piattaforma che si occupi della questione del riconoscimento. Spetterà a ogni singolo Stato membro dell’Unione europea instaurare relazioni con il Kosovo conformemente con le sue procedure nazionali. Molti Stati membri hanno già riconosciuto il Kosovo, mi aspetto che molti altri seguano l’esempio in base ai propri ritmi.

Il Consiglio ha giustamente ribadito il rispetto da parte dell’UE dei principi della Carta dell’ONU, dell’Atto finale di Helsinki della CSCE nonché di tutte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Sottolinea che “considerato il conflitto degli anni ’90 e il lungo periodo di amministrazione internazionale, il Kosovo è un caso sui generis che non rimette in discussione tali principi”. La Commissione condivide appieno questa posizione.

Il linea con le conclusioni del Consiglio di lunedì, la Commissione è disposta ad appoggiare totalmente gli sforzi comunitari in Kosovo. Questo deve essere il momento dell’unità europea anche tra le istituzioni.

Impiegando gli strumenti comunitari, la Commissione contribuirà alla costruzione delle istituzioni nel paese e a favorire lo sviluppo politico ed economico. Il 5 marzo, proporremo misure concrete per la più vasta regione al fine di far progredire le sue aspirazioni europee.

In Kosovo, molte zone necessitano di sviluppo, e dobbiamo prodigarci insieme al fine di aiutare il Kosovo a riuscire a stare in piedi da solo quanto prima. In questo contesto, la Commissione è impegnata nell’organizzazione di una conferenza dei donatori che potrebbe contribuire ad alleviare le sfide finanziarie più urgenti relative al Kosovo. Tale conferenza dovrebbe avere luogo prima dell’estate.

Sono consapevole che questo è un momento difficile per la Serbia, nonché dell’importanza storica che il Kosovo ha per il popolo serbo. Tuttavia, ritengo sia giunto il momento di voltare la pagina del passato e guardare al futuro. Il futuro della Serbia è nell’Europa e questo paese, con l’intera regione dei Balcani occidentali, hanno una prospettiva europea, il cui obiettivo finale è l’adesione all’Unione europea. Tale prospettiva comunitaria funge da collante che mantiene uniti i paesi della regione in un percorso pacifico e di riforme, estremamente importante in questi tempi sensibili e difficili.

Infine, desidero ribadire la mia opinione positiva riguardo al sostegno deciso del Parlamento europeo per la prospettiva comunitaria dei Balcani occidentali. Contiamo sul vostro costante appoggio, affinché i cittadini della regione possano soddisfare la loro aspirazione di diventare un giorno parte dell’Unione europea.

(Applausi)

 
  
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  Doris Pack, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, il Kosovo ha dichiarato la sua indipendenza, il Kosovo è uno Stato. Chiunque abbia vissuto la situazione nel paese tra il 1989 e il 1999 avrebbe dovuto sapere che l’indipendenza era inevitabile. Colui che è stato per lungo tempo il presidente pacifista nonché vincitore del nostro Premio Sakharov, il defunto Ibrahim Rugosa, sarebbe stato molto lieto di sentire quanto è accaduto. Purtroppo, non è stato possibile negoziare una soluzione. Sono certa che ciascuno di noi avrebbe tanto voluto prendere parte a un negoziato. La soluzione attuale richiama una versione modificata dell’aforisma di Churchill: è la scelta peggiore, eccezion fatta per tutte le altre.

Domenica ho assistito allo svolgersi degli eventi a Priština, per metà felici e per metà tristi. Felici in quanto questa era l’unica via d’uscita dall’impasse; tristi poiché sono sicura che ci siamo creati alcuni problemi che non sarà facile risolvere.

Tuttavia, l’Unione europea è stata risoluta, nonostante la stampa abbia spesso dipinto un quadro di mancata coesione. La missione EULEX è stata lanciata all’unanimità, ma non si tratta di un attacco alla Serbia; anzi, è necessaria anche per i serbi del Kosovo, in quanto controllerà con attenzione l’attuazione del piano Ahtisaari, che quest’Assemblea ha approvato a maggioranza dei due terzi nella primavera del 2007. Il piano garantisce ai serbi diritti delle minoranze molto ampi, il rispetto delle frontiere e dello Stato di diritto, e quindi anche la protezione di altre minoranze.

I politici in Kosovo devono creare adesso il loro Stato con grande discernimento e determinazione. La lotta alla disoccupazione può essere vinta solo da uno Stato costituzionale funzionante. Anche le misure radicali intese ad affrontare la criminalità costituiscono una priorità elevata. La missione dell’Unione europea li sosterrà in questo, ove possibile. Il Kosovo dispone di moltissimi giovani con un’ottima istruzione che saranno lieti di contribuire alla realizzazione del nuovo Stato.

Il Kosovo non è una cavia, è un caso unico. Il suo sviluppo in Stato è la fase finale del crollo della Jugoslavia, iniziato da Milošević nel Kosovo nel 1989. Mi dispiace pertanto che Milošević non sia vivo per poter assistere, ma i suoi successori democratici devono assumersi la sua pesante eredità. Confidiamo nella calma dei politici serbi, e auspichiamo che adesso dedichino tutte le loro energie a portare la Serbia sul percorso che conduce all’adesione all’Unione europea.

(Applausi a destra)

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. (NL) Signor Presidente, l’Assemblea comprenderà che anche il nostro gruppo ha condotto una discussione dettagliata sulla situazione cha sta attualmente emergendo rispetto al Kosovo. A dire il vero, la conclusione più importante è stata che dobbiamo accettare la realtà, ma che non vi è alcun motivo di festeggiare, in quanto adesso ci troviamo di fronte a una situazione estremamente complessa, anche considerando le reazioni da parte serba. A seguito di quanto accaduto con Milošević, tuttavia, nonché dopo anni di negoziati intesi a trovare una soluzione, ciò che sta avvenendo adesso era inevitabile.

Desideriamo concentrarci in modo particolare sul ruolo dell’Unione europea. Il riconoscimento del Kosovo è un problema per gli Stati membri, come hanno sottolineato anche il ministro Rupel e il Commissario Rehn. Dobbiamo tuttavia intervenire. Abbiamo la comune responsabilità della stabilità nella regione e nel Kosovo, e quindi il nostro gruppo offre il suo appoggio politico alla missione PESD, per la quale l’Unione ha dato adesso il via libera. Senza dubbio, chiediamo anche alle autorità del Kosovo di attuare le proposte di Ahtisaari, di investire seriamente in uno Stato multietnico e di introdurre garanzie sufficienti per i serbi che vivono in Kosovo.

Infine, per quanto riguarda la stessa Serbia, tutti sono ovviamente a disagio per la situazione nel paese. Abbiamo appena avuto l’opportunità di ascoltare il ministro serbo degli Esteri in sede di commissione per gli affari esteri. Ha avuto una reazione durissima rispetto a quanto accaduto, attaccando l’Europa, in particolare quei paesi che adesso hanno riconosciuto il Kosovo. Ho un’altra domanda: che cosa possiamo fare per evitare che la Serbia venga isolata dagli altri e da se stessa in questa situazione? Sono stato scoraggiato dalla sua risposta, in quanto tutta la sua riflessione era concentrata sul problema del Kosovo. Tuttavia, ritengo che dobbiamo proseguire nel compiere duri sforzi intesi a offrire alla Serbia una prospettiva europea, anche negli interessi del suo popolo, assieme a una proposta specifica riguardo, per esempio, alla semplificazione dei visti e a una maggiore liberalizzazione di questi ultimi. Dobbiamo inoltre prestare particolare attenzione alle generazioni più giovani, che di recente si sono dimostrate a favore di un cambiamento in direzione dell’Unione europea, del futuro europeo. Lodo il governo serbo per il suo ripetuto impegno ad astenersi dall’uso della violenza, e presumo inoltre che si asterrà anche dall’imporre sanzioni economiche al Kosovo. Ciò che possiamo fare, e ciò che il Parlamento europeo ha la responsabilità di fare, è continuare a investire nella prospettiva europea per l’intera regione, anche per la Serbia.

 
  
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  Annemie Neyts-Uyttebroeck, a nome del gruppo ALDE. (NL) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, ogni Stato creato attraverso la dichiarazione di indipendenza di un paese esistente compromette l’integrità territoriale del paese di origine e modifica unilateralmente l’ordine giuridico internazionale. Il mio paese ne è un esempio: è stato creato nel 1830 dall’indipendenza degli Stati istituiti nel 1815 con il Congresso di Vienna. L’esistenza del Belgio è stata riconosciuta molto rapidamente dalla Conferenza di Londra, cui partecipavano il Regno Unito, la Prussia, la Russia, l’Austria e la Francia, ma i Paesi Bassi, dai quali discendiamo, hanno aspettato nove anni prima di riconoscere il Belgio.

Avrei davvero voluto riferire questo al ministro degli Esteri serbo, se avesse voluto ascoltare. Ma non è stato così, in quanto ha ripetuto ad nauseam la nota posizione serba senza valutare minimamente che esistono punti di vista divergenti. L’unico spiraglio di luce è stata la sua chiara dichiarazione che la Serbia non avrebbe usato alcuna forma di violenza, ricatto o intimidazione che sia.

Dobbiamo tutti preoccuparci per il futuro; il futuro della Serbia, del Kosovo e dell’intera regione. Finora, l’Unione europea ha speso 3 miliardi di euro per il Kosovo e altri 200 milioni di euro si aggiungeranno a questi nei prossimi 16 mesi, ma non saranno sufficienti.

Per quanto riguarda la Serbia e tutti gli altri paesi dei Balcani occidentali, dobbiamo affrontare quale priorità la semplificazione dei visti, affinché le relazioni tra i cittadini di questi paesi e dei nostri paesi possano normalizzarsi.

 
  
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  Konrad Szymański, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, nel riconoscere l’indipendenza del Kosovo, ci siamo assunti un’enorme responsabilità, quella per il mantenimento della pace e la costruzione di istituzioni pubbliche solide in Kosovo. Non esiste alcuno scenario che consentirebbe alle forze internazionali di ritirarsi rapidamente. Qualsiasi soluzione, lasciare il Kosovo in Serbia o mostrarsi favorevoli alla sua indipendenza, comporta un rischio di conflitto e di tensioni etniche.

Tuttavia, i serbi devono comprendere che non c’è modo di tornare alla situazione antecedente al 1999. I tentativi di destabilizzazione hanno semplicemente portato loro una serie di perdite. Esiste solo un modo per la Serbia di ottenere sostegno alle sue richieste relative ai diritti culturali e sociali, ed è attraverso la cooperazione costruttiva nella regione. Il fallimento dell’indipendenza del Kosovo significherà un ritorno del concetto di Grande Albania e l’inevitabile conflitto armato. Tale guerra condurrà alle sconfitte politiche che riguarderanno innanzi tutto la Serbia. Questo è il motivo per cui quel paese ha la responsabilità di evitare che ciò accada nonché di stabilizzare la regione.

 
  
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  Joost Lagendijk, a nome del gruppo Verts/ALE. (NL) Signor Presidente, sono lieto di essere stato presente a Priština la scorsa domenica quando, in un modo realmente dignitoso, è stata proclamata l’indipendenza. Quanto accaduto quel giorno è stata l’inevitabile conseguenza degli avvenimenti del 1998-99, quando vennero assassinati 10 000 kosovari e centinaia di migliaia furono costretti a fuggire. Avrebbe potuto Priština tornare sotto l’amministrazione di Belgrado? No. Era un’opzione continuare ad adattarsi dopo nove anni di amministrazione ONU sempre più illegittima e inefficiente? No. Un compromesso di negoziato tra Priština e Belgrado sarebbe stato meglio? Sì. Sarebbe stato meglio se ci fosse stata l’approvazione del Consiglio di Sicurezza? Sì. È stato fatto un tentativo? Sì. Vi erano possibilità di successo? No, in particolare quale risultato dell’ostruzionismo russo.

Auspico realmente che, a seguito dell’euforia degli ultimi giorni, i kosovari si assumano rapidamente le proprie responsabilità, in quanto adesso al timone ci sono loro. L’ONU se n’è andata, è arrivata la missione dell’Unione europea, e sono i kosovari a dover dimostrare che le buone relazioni con le minoranze non esistono solo sulla carta, e che sono in grado di salvare l’economia. È vero che adesso l’Unione europea è divisa sulla questione del riconoscimento. Questo durerà per qualche mese e poi sarà superato e concluso. Quello su cui gli Stati membri sono unanimemente concordi è che il futuro del Kosovo è nelle mani dell’Unione europea. Tuttavia, il ritmo dell’avvicinamento del Kosovo all’UE dipenderà anche dalla posizione della Serbia.

Abbiamo appena assistito in sede di commissione per gli affari esteri alla rabbia della Serbia, e a quanto sia adirato il ministro degli Esteri, e quanto era aggressivo il suo comportamento. Questo cambierà in breve tempo. Ad essere sincero, posso apprezzarlo, a patto che una simile opposizione rimanga non violenta. Quando la rabbia si placherà, auspico davvero che prevalga il buon senso. È vero che la secessione del Kosovo era inevitabile. È vero che il futuro della Serbia è in modo altrettanto inevitabile nell’Unione europea. Affinché ciò si realizzi, a volte è necessario superare se stessi. Auguro ai kosovari e ai serbi grande coraggio in questo.

 
  
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  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. (FR) Signor Presidente, è difficile non sentirsi a disagio di fronte alle responsabilità assunte dall’Unione europea e dai suoi Stati membri nella questione del Kosovo.

Prima di tutto, in linea di principio l’Unione europea mira a contribuire a una migliore governance mondiale. Sotto la sua spinta, molti Stati membri hanno indebolito, o stanno per indebolire pericolosamente la futura credibilità del diritto internazionale attraverso il loro sostegno alla dichiarazione unilaterale di indipendenza di una provincia di uno Stato sovrano, un membro dell’ONU. Qualsiasi cosa venga detta sul “sui generis”, poiché non decretato, le principali potenze dell’Unione europea instaureranno pertanto relazioni di potere al di sopra del diritto legge, e così facendo apriranno un vaso di Pandora. Questo è grave.

Inoltre, tale riconoscimento unilaterale corre il serio pericolo di andare contro i dichiarati obiettivi dell’Unione europea nei Balcani. Alimenterà il nazionalismo anziché contenerne le fonti. Per di più, l’UE ha appena escluso profondamente il popolo serbo, senza il quale ogni politica regionale in quell’area dell’Europa è impossibile. Non sto esattamente parlando di coloro che vorrebbero che Milošević tornasse, ma di coloro che si sono opposti a lui e che adesso sono la maggioranza. Per quanto riguarda gli albanesi del Kosovo, l’Unione europea sarà in grado di soddisfare le loro aspettative dopo averle alimentate? È una domanda da porre, nonché la terza ragione del disagio accusato a seguito di questo giorno di esultanza in Kosovo.

La nuova sfida che l’Unione europea si è data da sola è straordinaria. Eccoci in prima linea, diretti verso un nuovo protettorato, nonostante non sia stata condotta alcuna valutazione soddisfacente delle ragioni del fallimento del precedente protettorato: il prodotto interno lordo del Kosovo è pari a quello del Ruanda, metà della sua popolazione è disoccupata, ci sono più di 200 000 rifugiati e sfollati, e la violenza contro le minoranze è in aumento, malgrado i 2 miliardi di euro di aiuti internazionali e la presenza di 17 000 uomini NATO. Non ci sarà EULEX che risolva tutti questi problemi.

Quale prospettiva globale e duratura l’Unione europea è in grado di offrire ai kosovari e agli altri popoli dei Balcani, una prospettiva che possa stabilizzare la situazione in loco senza il rischio di destabilizzarla altrove? L’adesione? Entro quali scadenze? A quali condizioni? Con quale grado di probabilità verrà garantito il necessario accordo unanime dei 27 Stati membri? Nessuno lo sa.

Ovviamente, il mio gruppo non può associarsi all’autocompiacimento a breve termine dei principali leader europei.

(Applausi)

 
  
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  Bastiaan Belder, a nome del gruppo IND/DEM. (NL) Signor Presidente, il Rappresentante speciale dell’Unione europea in Kosovo e il Rappresentante civile internazionale designato, il mio connazionale Pieter Feith, hanno rilasciato un’intervista illuminata alla stampa olandese sul difficile compito che si trova dinanzi a loro nel Kosovo Polje.

Tuttavia, ho trovato sconcertante un passaggio di questa intervista. Alla domanda diretta su quale degli attori esterni erano responsabili in Kosovo, se l’ex generale francese Yves de Kermabon, che è in procinto di guidare la missione europea per lo Stato di diritto in Kosovo o lui stesso, Pieter Feith ha risposto, “Nelle questioni politiche, informo il comandante francese”. Poiché il Consiglio, a propria volta, è il diretto superiore di Pieter Feith, desidero domandare al ministro Rupel, che appartiene a tale istituzione, in quale modo si sta svolgendo esattamente il processo decisionale in Kosovo. Qual è la situazione riguardo ai rapporti di forza internazionale? È tutto molto importante per il futuro.

Per concludere, desidero riportare un’allarmante citazione di un ufficiale di polizia kosovaro: “I serbi e gli albanesi sono riusciti a risolvere le questioni tra loro a livello criminale. Le organizzazioni mafiose serbe e albanesi cooperano in modo eccellente, e lo fanno da anni.” Auspico sinceramente che, grazie alla missione europea in Kosovo, questa immorale cooperazione serbo-albanese dovrà far spazio a una dignitosa coesistenza interetnica, in quanto l’unica possibilità di apertura di un futuro europeo che siamo felici di augurare al Kosovo.

 
  
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  Slavi Binev (NI).(BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi eurodeputati del partito Ataka, Dimitar Stoyanov, Desislav Chukolov e io, Slavi Binev, dichiariamo il nostro fermo disaccordo rispetto all’indipendenza del Kosovo annunciata il 17 febbraio 2008. Tale atto secessionista unilaterale è un precedente inammissibile nelle relazioni internazionali. Nella nostra qualità di europarlamentari, riteniamo l’Assemblea regionale del Kosovo non abbia poteri per adottare un atto di indipendenza e crediamo inoltre che il governo separatista, composto da notori narcotrafficanti e criminali di guerra, sia illegittimo.

Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte dei singoli Stati membri dell’intera Unione europea equivarrebbe a un’amnistia per i leader dei terroristi albanesi che negli ultimi anni hanno compiuto una pulizia etnica contro le comunità non albanesi della regione. Esprimiamo il nostro grande disprezzo e la nostra indignazione per il fatto che la pulizia etnica e la distruzione di centinaia di chiese ortodosse medievali in Metochia, Kosovo, abbiano avuto luogo sotto gli occhi delle forze di sicurezza internazionali della NATO e delle Nazioni Unite. Ricordando i crimini commessi, ripudiamo in modo risoluto l’istituzione fittizia di un nuovo Stato musulmano il cui unico obiettivo è di fungere da ponte per il traffico di armi, stupefacenti ed esseri umani verso l’Europa occidentale.

In quanto rappresentanti del popolo bulgaro nell’Unione europea, chiediamo alle sue istituzioni di non riconoscere il Kosovo quale Stato indipendente e di rispettare, invece, le risoluzioni esistenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Inoltre, chiediamo al Consiglio di sicurezza di intraprendere azioni decisive al fine di salvaguardare la situazione attuale e di superare le tendenze secessioniste in nome della stabilità politica della penisola balcanica.

 
  
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  José Ignacio Salafranca Sánchez-Neyra (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, il vertice del Consiglio dei ministri del 18 febbraio non rimarrà alla storia dell’Unione europea come un giorno particolarmente felice. Anziché trovare una soluzione tra i 27 Stati membri, la patata bollente della decisione sul riconoscimento del Kosovo è stata passata agli Stati membri.

È sempre frustrante che, ogni volta che dobbiamo prendere una decisione su un problema sensibile nel cuore del nostro continente, che riguarda importanti principi quali l’inviolabilità delle frontiere, non siamo in grado di parlare con una voce sola. Per complicare le questioni, le conclusioni del Consiglio si riferiscono alla legalità internazionale.

È vero che il Parlamento, al pari di altre istituzioni comunitarie, ha adottato il piano Ahtisaari, ma non come un assegno in bianco, ma in base all’accordo che il piano avrebbe ottenuto l’approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ovviamente, non è stato così, e da questo bisogna trarre le diverse conclusioni. La prima è che è stato detto che questa situazione non creerà un precedente, che è un caso sui generis, come affermato dall’onorevole Wurtz nel suo intervento.

Occorre domandarci se siamo una comunità basata sul diritto o meno. Non possiamo continuare a cambiare in base agli eventi. È chiaro che questa situazione creerà un precedente; quando si beffa il diritto internazionale è un atto che comporta il pagamento di un prezzo e purtroppo ci saranno conseguenze.

In secondo luogo, signor Presidente, per quanto tempo vivremo con un Consiglio di sicurezza dell’ONU in cui esiste un diritto di veto anacronistico per i vincitori della seconda guerra mondiale, contenuto nella Carta di San Francisco del 1945? Non è questo il modo di costruire un ordine internazionale o di attuare un reale multilateralismo equo.

Inoltre, signor Presidente, o l’Unione europea apprende una volta per tutte che l’unità è la nostra forza e la frammentazione la nostra debolezza, o dovremo rinunciare alla nostra vocazione di una leadership internazionale in questo mondo globalizzato e relegarci a essere come ci ha descritto The Economist: la regione del terzo mondo più prospera del XXI secolo.

 
  
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  Hannes Swoboda (PSE).(DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, signor Commissario, onorevoli colleghi, comprendo la gioia e la soddisfazione degli albanesi del Kosovo per la libertà e l’indipendenza che hanno ottenuto. Tuttavia, al contempo, capisco la costernazione e l’angoscia di molti serbi in Kosovo, nonché nella stessa Serbia. Purtroppo, non è stata trovata nessun’altra soluzione concordata da entrambe le parti. Il regime di Milošević non ha fatto altro che raggiungere l’integrazione della popolazione e la promozione del rispetto dei cittadini albanesi del Kosovo.

Pertanto, accolgo con favore la decisione dell’Unione europea di istituire EULEX. Desidero cogliere questa opportunità per porgere i miei sentiti ringraziamenti al ministro degli Esteri Rupel per il modo in cui ha tentato di raggiungere un accordo in sede di Consiglio in questa difficile situazione. Questo è molto positivo e deve essere chiaramente sottolineato. Tuttavia, tutta l’assistenza che adesso proverrà dall’Europa non è di alcuna utilità a meno che lo stesso Kosovo non ottenga l’impegno della maggioranza di creare una società multietnica in senso europeo.

Gran parte di quello a cui ho assistito negli ultimi giorni, tra cui il comportamento del Primo Ministro Hashim Thaçi, mi incoraggia e sprona a sperare che questa società multietnica sia già una realtà nelle intenzioni di coloro che sono responsabili del paese.

Nei prossimi giorni ne vedremo alcune dimostrazioni, in particolare in Serbia. Dovremo pazientare e tendere la mano alla Serbia. È necessario comprendere che esiste una sorta di senso collettivo di sconfitta e, soprattutto, dovremmo sottolineare quello che oggi ha dichiarato Vuk Jeremić in sede di commissione parlamentare per quanto riguarda la rinuncia alla violenza e ai boicottaggi. Questo è un elemento fondamentale nonché la base di un ulteriore dialogo con la Serbia. Desideriamo accompagnare questo paese sulla strada dell’adesione all’Unione europea, ma è una decisione che deve essere presa a Belgrado, non spetta a noi decidere per la Serbia.

Sono ben consapevole della situazione in Kosovo. Nel paese coesistono molte persone che forse adesso sono l’una contro l’altra, ma ritengo che sia possibile per loro convivere e collaborare. Tale reciprocità deve essere l’obiettivo delle nostre politiche, anche qui nell’Unione europea e nel Parlamento europeo.

(Applausi)

 
  
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  Jelko Kacin (ALDE). – (SL) Signor Presidente, signor Commissario, signor Ministro, la situazione in Kosovo è abbastanza pacifica, in un certo senso persino esemplare e promettente, tranne per il nord dove vivono i serbi, e dove singoli appiccano incendi; questo non è giusto. La dichiarazione di indipendenza nell’Assemblea del Kosovo ha conferito dignità e rispetto a tutte le persone che vivono nella regione, e nello spirito che dovrebbe prevalere in futuro. I cittadini kosovari meritano la nostra fiducia; dobbiamo credere in loro poiché stanno prendendo decisioni sul loro futuro e auspicano di cuore che diventi rapidamente un avvenire in Europa.

Quale relatore per la Serbia accolgo positivamente la saggia condotta di quest’ultima, che non ha introdotto sanzioni economiche contro il Kosovo. In questa circostanza problematica per il paese, comprendo in qualche modo la severità e la retorica minacciosa di alcuni politici. Tuttavia, le loro azioni dovrebbero essere razionali e rispecchiare i valori europei. Lo status indipendente consentirebbe al Kosovo di ottenere accesso alle risorse del Fondo monetario internazionale e agli investimenti esteri per un ulteriore sviluppo.

È importante rafforzare i legami commerciali tra Kosovo e Serbia al fine di stimolare la crescita economica e contribuire all’integrazione europea. Solo gli Stati possono essere membri dell’Unione europea e il Kosovo è diventato uno Stato.

Ora anche i serbi in Kosovo hanno una prospettiva europea. Anche la Serbia dovrebbe procedere quanto prima e compiere nuovi e più intensi sforzi per quanto riguarda la sua prospettiva europea. I gruppi di lavoro del governo adesso devono lavorare persino più duramente. Devono preparare le prossime iniziative per la Serbia, la sua economia e i suoi cittadini affinché si avvicinino all’Unione europea, che è ciò che i cittadini desiderano con forza. Attaccare le ambasciate degli Stati membri dell’Unione europea a Belgrado non può essere il modo in cui entrare nell’Unione europea, tantomeno quello che la maggioranza dei serbi desiderava.

Adesso che gli ambasciatori serbi dei paesi che hanno riconosciuto il Kosovo sono temporaneamente tornati nel loro paese, il loro rappresentanti dovrebbero tentare in modo più incisivo di spiegare i progressi compiuti dalla Serbia verso l’Unione europea. Non c’è possibilità di fare marcia indietro; l’unica strada per il futuro è quella che conduce verso l’Unione europea.

Le mie parole conclusive sono rivolte al ministro Samardžić. Provocare incendi è un reato ovunque. Troppi villaggi sono stati incendiati nei Balcani nei decenni passati. I serbi in Kosovo dovrebbero essere coinvolti e ammessi a partecipare al processo decisionale del nuovo paese indipendente. Auspico che Belgrado faccia esplicita richiesta di partecipazione. Questo è quanto i serbi è gli albanesi meritano. Questo è ciò di cui i Balcani occidentali e l’Unione europea necessitano e che hanno meritato.

 
  
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  Hanna Foltyn-Kubicka (UEN).(PL) Signor Presidente, la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo ha posto la comunità internazionale, in particolare l’Unione europea, di fronte a un compito difficile e di responsabilità. Tale avvenimento ha complicato in modo significativo la situazione negli Stati membri e in quei paesi con cui l’Unione coopera e sta rafforzando i propri legami, quali l’Ucraina e la Georgia. L’ostentato vertice tenutosi di recente tra il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, e i leader di Abkhazia e Ossezia meridionale, due repubbliche ribelli in territorio georgiano, è un avvertimento sul possibile comportamento del governo russo. Anche prima della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, il Cremlino aveva reso noto che avrebbe considerato il suo riconoscimento come un precedente che avrebbe di conseguenza applicato riguardo ai regimi separatisti fedeli alla Russia. Ci sono ottimi motivi per ritenere i Balcani uno dei luoghi più esplosivi del pianeta.

La proclamazione di indipendenza può, quindi, destabilizzare la Bosnia-Erzegovina, per esempio, dalla quale le province insediate dalla Serbia potrebbero volersi rendere indipendenti. La situazione emersa di conseguenza richiede che la comunità internazionale prenda una decisione particolarmente ben ponderata e responsabile, il cui risultato sarà pertanto di libertà e di pace.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE). (NL) Signor Presidente, la proclamazione di indipendenza di domenica scorsa da parte del parlamento del Kosovo era inevitabile, nonché una delle ultime fasi del crollo della ex Jugoslavia. Chiunque conosca la situazione della regione sa che dopo nove anni di supervisione dell’ONU e, prima di questa, 20 anni di discriminazione, il Kosovo non potrebbe tornare a far parte della Serbia. Considerato ciò, la proclamazione di indipendenza è un processo assolutamente normale. Inoltre è stata compiuta in modo tranquillo, sereno e privo di emozioni, nel pieno rispetto del piano Ahtisaari nel parlamento del paese. Il Primo Ministro del Kosovo ha garantito alla comunità internazionale in modo molto specifico che avrebbe tutelato e rispettato pienamente i gruppi minoritari. A tale proposito, posso ricordare ai colleghi che tutti i gruppi di minoranza in Kosovo sostengono attivamente l’indipendenza? Solo i serbi, con la loro intransigenza e l’orgoglio ferito, non sono d’accordo. In questo senso, il discorso del ministro degli Esteri serbo è stato piuttosto inopportuno.

Tuttavia, nessuno di questi elementi sminuisce il fatto che il futuro di Serbia e Kosovo continua a essere nell’Unione europea. Aspetterò che questo accada con grande entusiasmo.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL).(EL) Signor Presidente, gli appelli del Consiglio e della Commissione alla normativa internazionale, ai principi dell’ONU e all’Atto finale di Helsinki sono davvero ironici e provocatori. Oggi, con il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo, il Consiglio e la Commissione li hanno violati tutti, e hanno anche violato la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 1999, in base alla quale il Kosovo fa parte del territorio serbo.

Si stanno evidentemente ridisegnando del tutto i confini, con il sostegno e la guida degli Stati Uniti e la cooperazione della stessa Unione europea. Smettiamola con questa ipocrisia! Da due anni a questa parte discutete sul modo in cui il Kosovo diventerà indipendente e l’Unione europea potrà inviare contingenti per tutelare i propri interessi nella regione.

Riteniamo che la situazione sia estremamente grave. Nel breve termine darà luogo a nuovi punti di tensione e destabilizzazione per i Balcani, e nel lungo periodo in tutto il mondo, in quanto costituirà un nuovo precedente. Il vostro dogma imperialista del dividi et impera è ben noto. Esistono piani intesi a dividere un gran numero di paesi in tutto il mondo affinché voi possiate controllarli.

Riteniamo che i popoli dei Balcani e gli abitanti del Kosovo di origine albanese si troveranno di fronte a una nuova bufera derivante dallo scontro tra Stati Uniti, Unione europea e Russia.

Questo spiega la nostra opposizione. Pensiamo che i governi non debbano riconoscere questo “Stato”, che in futuro sarà un protettorato, e che i cittadini dei Balcani e d’Europa non dovrebbero consentirlo.

 
  
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  Georgios Georgiou (IND/DEM).(EL) Signor Presidente, ogni volta che la forza della legge produce la legge dei forti, il risultato è la sofferenza.

Solo in Kosovo abbiamo visto accadere le cose alla velocità della luce. In 40 anni di attività diplomatica, non ho mai assistito a una simile fretta non solo nel processo di proclamazione di indipendenza, ma anche in quello di riconoscimento da parte di alcuni paesi europei.

Ciò che hanno riconosciuto non è il Kosovo, ma un vaso di Pandora. Per quanto mi riguarda, non mi sono mai imbattuto in una situazione così tipica di se stessa. Lo stesso Kosovo non è sui generis, ma lo è la realizzazione di una base militare nel paese.

In ogni caso, ritengo che abbiamo deviato. In quest’Aula, di fronte agli europarlamentari che oggi rappresentano i governi democratici d’Europa, i partiti democratici e i sentimenti democratici, ho ascoltato alcuni affermare: “Sai, siamo intervenuti per risolvere il problema in cui Ahtisaari aveva fallito.” Che cosa siamo, un organo di ricorso? Questo Parlamento è una corte d’appello?

Anziché preoccuparci di quello che accadrà domani in Kosovo, sarebbe meglio per noi, signor Presidente, che pensassimo a quello che accadrà quando verrà violato lo status dell’ONU in questo modo oltraggioso e presuntuoso.

 
  
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  Jana Bobošíková (NI).(CS) Sono convinta che la domanda da porci oggi non sia più se riconoscere o meno il Kosovo, ma come mantenere la stabilità politica e la sicurezza in una regione dominata dall’odio etnico e dalla paura, nonché dal 40% di disoccupati.

Paradossalmente, l’indipendenza del Kosovo giunge in un momento in cui i paesi dell’Unione europea si dirigono verso la federalizzazione politica. La situazione nei Balcani, tuttavia, dimostra chiaramente che la politica comunitaria non offre alcuna soluzione che eviti la divisione dello Stato mentre prevede una coesistenza pacifica di tutte le entità etniche e religiose al suo interno.

A questo proposito, intitolare quest’anno l’Anno del dialogo interculturale sembra quasi una presa in giro.

Onorevoli colleghi, alcuni anni fa gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno entrambi dichiarato che non avrebbero riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. Adesso, non solo gli Stati Uniti ma anche molti paesi dell’Unione europea l’hanno fatto. È piuttosto chiaro, quindi, che esiste la procedura di ridefinizione delle entità nazionali e continuerà a esistere, che non c’è una soluzione globale a questa situazione e che danneggia o distrugge le relazioni con i paesi preesistenti. In tale situazione possiamo avere un solo obiettivo: evitare lo spargimento di sangue.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signor Presidente in carica del Consiglio, i miei pensieri tornano inevitabilmente a 17 anni fa, quando la Slovenia ha dichiarato la sua indipendenza; il ministro degli Esteri era Dimitrij Rupel. All’epoca, la maggior parte dei grandi paesi dell’ONU e dell’UE, nonché la maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea, si rifiutarono di riconoscere la Slovenia. Il ministro degli Esteri di un grande paese dell’UE dichiarò che se la Slovenia fosse diventata indipendente, altri paesi l’avrebbero isolata per 50 anni. Oggi, la Slovenia è uno Stato riconosciuto, rispettato e di successo, nonché un buon Presidente del Consiglio dell’Unione europea. Qualcosa di quanto dichiarato oggi in quest’Aula dovrebbe essere posto in prospettiva guardandolo alla luce della storia.

Sono lieto che il Kosovo adesso sia indipendente in quanto, dopo decenni di oppressione, i kosovari avranno finalmente il loro Stato libero e democratico, essendo stati per decenni oppressi e più di recente vittime di un genocidio fermatosi solo grazie all’assistenza internazionale. Chiedo alla Serbia di comprendere che questa è anche un’opportunità per il suo popolo di muoversi verso il proprio avvenire europeo, lasciandosi alle spalle il fardello del passato. Ma deve allora rinunciare alla violenza! Il ministro serbo per il Kosovo non può quindi accogliere con favore il fatto che vengano attaccati i caschi blu al confine con il Kosovo. Non è corretto dunque accusare i leader del Kosovo, democraticamente eletti, di alto tradimento anziché iniziare un dialogo amichevole con queste vittime del genocidio.

Non potrei dichiararlo più chiaramente: è inammissibile che il vescovo Artemije della chiesa ortodossa serba chieda la guerra. Non è accettabile! Deve essere molto chiaro, noi come Unione europea dobbiamo aiutare la Serbia nel suo percorso verso l’Europa, ma anche la Serbia deve svolgere il proprio ruolo nel creare un’atmosfera pacifica, positiva e cordiale. Tre quarti dei deputati di questo Parlamento erano e sono a favore della sovranità del Kosovo, pertanto non è possibile affermare che l’Unione europea è divisa, e sono lieto che stiamo entrando adesso in un futuro europeo positivo per l’intera regione.

(Applausi)

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE).(HU) Signor Presidente, era sempre più chiaro che la dichiarazione di un’indipendenza controllata per il Kosovo sarebbe diventata inevitabile. Adesso, il nostro primo compito è quello di garantire una risoluzione di successo della situazione in Kosovo, al fine di assicurare la stabilità nella regione, di istituire un ruolo appropriato per l’Unione europea, creare un protettorato comunitario, ma senza assumere il ruolo di reggente.

Da un lato, posso comprendere la sofferenza della Serbia: il mio paese ha perso il 60% del suo territorio dopo la prima guerra mondiale. La Serbia sta perdendo circa un quinto del suo territorio, ed è una grande tragedia per qualsiasi nazione lasciare la culla della propria storia, appartenenza e religione. Dall’altro lato, è pur vero che molto tempo fa la Serbia ha perso qualsiasi diritto morale che aveva nei confronti del Kosovo in quanto il governo serbo non ha fornito una patria adeguata alla comunità albanese stabilita lì.

Siamo sicuri che la risposta diplomatica serba non comprometterà l’integrazione del paese nell’Unione europea. Dobbiamo aiutare la Serbia ad affrontare la sua sconfitta aumentando la convergenza con l’Unione europea. È importante tendere la mano, inviare messaggi positivi ed è quindi essenziale per l’Unione europea adottare un chiaro piano d’azione volto a eliminare l’obbligo dei visti per la Serbia e gli altri paesi dei Balcani occidentali. Acceleriamo l’integrazione serba ma senza ridurre i criteri in alcun modo.

È comprensibile che gli Stati membri dell’Unione europea abbiano le loro riserve. So che le preoccupazioni di Cipro e Spagna sono legittime, ma sono sconcertato dalle preoccupazioni sollevate dalle élite politiche rumene e slovacche. Nessuno sta minacciando l’integrazione di questi paesi. La divisione e la dichiarazione unilaterale di indipendenza non devono costituire un precedente per l’Unione europea in futuro. L’attuazione del piano Ahtisaari, al contrario, che prevede un sistema sicuro per le minoranze, può creare un precedente positivo per l’Europa da seguire in futuro per quanto riguarda la tutela delle minoranze. Grazie per la vostra attenzione.

 
  
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  István Szent-Iványi (ALDE).(HU) Signor Presidente, signor Commissario, signor ministro degli Esteri, la dichiarazione di indipendenza del Kosovo e il nostro relativo riconoscimento non equivale a scegliere il male minore; è l’unico passo adeguato che possiamo compiere nell’attuale situazione.

Purtroppo, i negoziati non hanno prodotto risultati; il continuo fallimento nel giungere a un accordo sullo status del Kosovo ha destabilizzato costantemente la regione. Non vi era altro modo di risolvere la questione che quello della scorsa settimana, l’accordo definitivo sullo status del Kosovo e l’accettazione della sua indipendenza.

Accogliamo positivamente il fatto che nel parlamento kosovaro una larga maggioranza abbia votato a favore del piano Ahtisaari. Attendiamo che il Kosovo traduca le disposizioni in esso contenute in azioni, prestando particolare attenzione a quelle relative alla tutela delle minoranze. Il piano Ahtisaari rappresenta il più chiaro sistema di tutela delle minoranze d’Europa, e può costituire un modello e un esempio di buona prassi per l’intera regione, è molto importante, quindi, che facciamo sì che il Kosovo tenga conto di tale questione.

Il futuro del Kosovo e della Serbia è nell’integrazione europea, che adesso è diventata più semplice per entrambi i paesi. Si sono liberati da un problema serio e disastroso che finora ha consumato tutta la loro energia creativa. Dipende da loro sfruttare questa opportunità; se lo fanno, è necessario che l’Unione europea sostenga quanto più possibile sia il Kosovo che la Serbia, in particolare per quanto riguarda l’immediata eliminazione dai requisiti per i visti e le misure di sostegno al bilancio.

È meraviglioso che l’Unione europea abbia approvato all’unanimità il mandato della missione civile in Kosovo. Tuttavia, l’aspetto più preoccupante è che gli Stati membri non siano riusciti a raggiungere l’unanimità per quanto riguarda il riconoscimento del paese. Se l’Unione europea intende essere presa sul serio sulla scena politica internazionale, non può consentire che non si giunga a un consenso sugli avvenimenti importanti che avvengono in un paese vicino. È pertanto fondamentale che l’Unione europea parli e agisca all’unisono.

Per concludere, auguro al Kosovo e a tutti i suoi cittadini tutto il successo e il meglio per il futuro.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Presidente Pöttering, dicendo che la dichiarazione d’indipendenza traduce la volontà dei cittadini del Kosovo di prendere nelle proprie mani il loro destino, fa un’affermazione di importanza storica.

L’indipendenza del Kosovo, infatti, è una concreta applicazione in Europa del principio di autodeterminazione dei popoli sancito dalla Carta dell'ONU. Certo destano in molti di noi molta preoccupazione sia la creazione del primo Stato islamico in Europa, salutato già da tutta la stampa jiadista, per esempio dall’editoriale entusiasta della TV satellitare islamica Al-Arabia, e la sorte della minoranza cristiana ortodossa serba, alla quale ci richiama la parola saggia della Santa Sede.

Tuttavia – lo sottolineo – resta innegabilmente un importante precedente giuridico e politico. Inutile negarlo: è importante per i popoli che in Europa, dalla Corsica alle Fiandre, dalla Sardegna all’Euscadia, dalla Bretagna all’Occitania, alla nostra Padania, ora ancora purtroppo nazioni senza Stato, aspirano al sogno dell’autodeterminazione e della libertà. Viva l’Europa dei popoli! Viva la Padania libera!

 
  
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  Roberto Musacchio (GUE/NGL). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, come sempre quando si agisce fuori dalle regole internazionali l’Europa si divide ed è sconfitta.

Con gli atti unilaterali si crea un precedente gravissimo ed abbiamo ascoltato adesso le parole dell’on. Borghezio. Si acuisce la tensione nell’aria tutt’altro che pacificata e piena di contrasti geopolitici. L’Europa ha mancato di unità, di autorevolezza e di trasparenza. Addirittura si è letto di incontri tra il governo che esprime l’attuale Presidenza dell’Europa e l’amministrazione statunitense che avrebbe suggerito le linee da seguire. Non a caso oggi questo Parlamento è politicamente impotente, nonostante le celebrazioni del nuovo Trattato. L’unico modo per cambiare pagina è ripartire dal diritto internazionale e da una visione autonoma che costruisca la presenza di tutti i Balcani in Europa, riconoscendo il diritto di tutta l’area. Speriamo che non sia purtroppo troppo tardi.

 
  
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  Vladimír Železný (IND/DEM). – (CS) Il tentativo dell’Unione europea di presentare il Kosovo come un caso unico non è altro che un esempio imbarazzante di una pia illusione. Non solo il Kosovo crea un pericoloso precedente, ha anche uno storico predecessore: è l’immagine riflessa della situazione in Cecoslovacchia degli anni ’30 e della sua minoranza tedesca.

Che bizzarro che la storia si ripeta! I primi quattro paesi dell’Unione europea che hanno annunciato all’unisono che avrebbero riconosciuto la repubblica separatista erano anche i quattro firmatari dell’accordo di Monaco. Allora, 80 anni fa, Chamberlain, Daladier, Mussolini e Hitler divisero la Cecoslovacchia; oggi, sono di nuovo la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia e la Germania a dividere la Serbia. Stanno strappando alla Serbia lo storico territorio della piana di Kosovo Polje, in cui nel 1389 la nobiltà serba combatté un’eroica battaglia per fermare l’avanzata dei turchi ottomani in Europa. È il luogo in cui ha avuto origine l’identità serba e adesso noi, l’Unione europea, stiamo trapiantando altrove questo cuore storico del paese. Vergogniamoci, noi monachisti!

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI).(PL) Signor Presidente, nel dibattito odierno sulla provincia serba del Kosovo, desidero innanzi tutto protestare contro le azioni illegali delle autorità albanesi, ispirate dagli Stati Uniti. Di fronte allo smantellamento dello Stato serbo, la reazione dell’Unione europea e di alcuni Stati membri è oltraggiosa. L’Unione europea sostiene i separatisti albanesi, decidendo al contempo di inviare una missione in Kosovo ambigua dal punto di vista del diritto internazionale, nonché in conflitto con la posizione dell’ONU. Mi sento offeso dal fatto che le autorità comunitarie desiderino far parte di questo conflitto balcanico senza averne il diritto o un mandato per farlo. In base a quale diritto Bruxelles interferisce ancora una volta nelle questioni di uno Stato sovrano, violando per di più gli accordi internazionali?

Quanto accaduto lunedì a Bruxelles mi ricorda la Conferenza di Monaco del 1938. Di nuovo, in questo caso, la comunità internazionale rimane in silenzio e consente a Berlino e Washington di vedere realizzati i loro interessi. Per la prima volta dal 1945, in violazione del diritto internazionale, i confini in Europa vengono modificati per ragioni etniche. Sono inevitabili un effetto domino e i conseguenti conflitti legati alle azioni dei separatisti albanesi. Non è necessaria molta immaginazione per vedere in quale modo l’indipendenza di questa provincia serba potrebbe incidere sui conflitti etnici altrove in Europa e nel mondo.

 
  
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  Sorin Frunzăverde (PPE-DE).(RO) Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo 20 anni di confronti politici e militari, dopo 20 anni di grandi errori nei Balcani, ci chiediamo se la soluzione del Kosovo, in particolare la dichiarazione unilaterale di indipendenza della provincia kosovara, sia lecita e opportuna.

La soluzione del Kosovo non è né lecita né opportuna. È illegale in quanto nessun principio di diritto internazionale giustifica la dichiarazione unilaterale di indipendenza della provincia kosovara. Inoltre, di recente, il Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite non ha trovato risposta alla domanda sulla legittimità della soluzione, rilasciando una conferenza stampa indetta presso la sede dell’ONU. Non è opportuna, inoltre, in quanto crea un precedente pericoloso. Non per gli Stati membri dell’Unione europea, non per la Slovacchia o la Romania, paesi che dispongono di una normativa emancipata e moderna per quanto riguarda le minoranze, bensì crea un precedente pericoloso per l’Abkhazia, l’Ossezia meridionale e, in particolar modo, per la Transnistria, in cui i conflitti sono congelati sin dai tempi del conflitto del Kosovo. Nondimeno, crea un precedente altrettanto pericoloso per i Balcani, la Repubblica serba per esempio, nonché per altre regioni dei Balcani dove sono insediate minoranze, oltre che per l’Unione europea.

Spesso si afferma che i Balcani producono più storia di quanta non ne possano consumare. Sembra che, questa volta, abbiano prodotto più storia di quanta la stessa Unione europea non ne possa consumare. Ne è la prova il fatto che ci troviamo qui divisi per quanto riguarda il riconoscimento dell’indipendenza della provincia del Kosovo.

Posso dirvi che la Romania non riconoscerà l’indipendenza della provincia del Kosovo e l’iniziativa nazionale è sostenuta dalla delegazione rumena nel Partito popolare europeo. Sappiamo molto bene, onorevoli colleghi, l’abbiamo visto in quest’Aula, che cosa dovremmo fare per quanto riguarda la Serbia; il suo futuro è ovviamente europeo, ma ancora non sappiamo che cosa fare per il Kosovo. Devo confessarvi, e vi prego di comprendermi, che il solo sistema dei visti, la liberalizzazione del sistema dei visti, non sarà sufficiente alla crescita di questa regione della nostra Europa.

 
  
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  Kristian Vigenin (PSE).(BG) Signor Presidente, signor ministro Rupel, signor Commissario Rehn, probabilmente è giunto il momento di esprimere ancora una volta il nostro sconcerto riguardo al fatto che non sia stato raggiunto alcun accordo tra Serbia e Kosovo sullo status di quest’ultimo, ma non c’era modo di proseguire con i negoziati finché entrambe le parti rimanevano sulle loro rispettive e incompatibili posizioni.

Potremmo inoltre esprimere il nostro disappunto per il fatto che, oggi, la Serbia e il suo popolo devono pagare il conto del grande nazionalismo serbo, al quale il paese sta dicendo addio, seppure con qualche difficoltà. Tuttavia, dobbiamo essere realistici e sottolineare che l’indipendenza del Kosovo, benché non un’indipendenza nel vero senso della parola, è un fatto, una realtà che, di certo, attribuisce un nuovo valore al processo in corso. Dobbiamo tenere in considerazione tutto questo, e le discussioni sul riconoscerlo o meno adesso cambiano la sua esistenza.

Non possiamo che pensare alle possibili conseguenze che questo evento produrrà sulla stabilità dell’Europa meridionale e orientale, si spera solo di natura a breve termine. Occorre che l’Unione europea intraprenda ancora molte iniziative importanti: primo, assistere l’istituzione di un’adeguata struttura amministrativa e di governo in Kosovo; quindi, accelerare l’integrazione della Serbia firmando in tempi rapidi un accordo di associazione e stabilizzazione, nonché riservare particolare attenzione alla Macedonia, alla Bosnia-Erzegovina e al Montenegro in quanto esiste il rischio di perdere l’intera foresta dell’Europa meridionale e orientale per un solo albero.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). – (EN) Signor Presidente, concordo con coloro che affermano che non vi era davvero altra scelta se non quella dell’indipendenza del Kosovo. L’Unione europea sta avviando la sua più grande missione civile di sempre, il cui successo sarà molto importante. È una situazione molto singolare. È alquanto difficile spiegare a chi è al di fuori che, nonostante non tutti gli Stati membri concordino sul riconoscimento del Kosovo, tutti sostengono la missione EULEX. Difatti, un paese come la Spagna fornisce personale alla missione, questo è molto da Unione europea, da Bruxelles, ma deve accadere.

Concordo con il signor Commissario Rehn sul fatto che il messaggio da inviare alla Serbia debba essere che è giunto il momento di voltare pagina e, come altri hanno osservato, in tale contesto è stato alquanto spiacevole ascoltare oggi pomeriggio il ministro degli Esteri serbo, Vuk Jeremić. Comprendo il senso di afflizione e di aver subito un’ingiustizia, ma le cose devono cambiare rapidamente.

Auspico che il Primo Ministro Thaci chiarirà perfettamente ai suoi compatrioti che la tutela della minoranza serba e di altre minoranze in Kosovo è una priorità assoluta, poiché la violenza non sarà tollerata. In questo quadro, sono rimasta perplessa per il fatto che il ministro degli Esteri serbo non abbia condannato la violenza perpetrata dai serbi negli ultimi anni. Ha dichiarato che il suo paese non l’ha incoraggiata o fomentata, ma in realtà non ha utilizzato la parola “condanna”, il che è spiacevole.

Infine, l’aspetto importante, come altri hanno affermato, sarà lo sviluppo economico. In Kosovo la disoccupazione è al 40%, e anche in Serbia è di grandi proporzioni. Muoviamoci verso la rapida integrazione nell’Unione europea, attraverso la liberalizzazione dei visti, che spero si raggiunga molto presto.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ADAM BIELAN
Vicepresidente

 
  
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  Seán Ó Neachtain (UEN). (GA) Signor Presidente, accolgo calorosamente la proclamazione di indipendenza del Kosovo di domenica scorsa.

Sono trascorsi nove anni dal terribile bombardamento del Kosovo per ordine del regime di Milošević. Il popolo kosovaro ha il diritto all’indipendenza e in qualche modo gli avvenimenti degli ultimi nove anni hanno contribuito al suo verificarsi. È estremamente importante che i diritti civili e politici della minoranza serba che vive tuttora in Kosovo vengano rispettati appieno.

L’Unione europea dovrà sostenere il governo kosovaro al fine di promuovere l’economia del paese, in quanto il tasso di disoccupazione in Kosovo è al 40% e deve essere corretto.

Mi auguro che questo sia un nuovo inizio per il Kosovo e che l’Unione europea sarà lieta di sostenere la ricostruzione di questo nuovo Stato nei prossimi anni. Auspico inoltre che diventi un esempio dei desideri dell’Unione europea che i popoli e le comunità possano vivere in armonia.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE).(EL) Signor Presidente, l’Unione europea non crea Stati, li incorpora. Le opinioni europee divergenti sul problema del Kosovo costituiscono un’ammissione di sconfitta della PESC. L’Unione europea ha sacrificato la sua consultazione interna alla forza politica dei suoi Stati membri.

L’articolo 11 del Trattato sull’Unione europea sancisce quale prerequisito che l’Unione europea deve agire in conformità dei principi della Carta delle Nazioni Unite, dell’Atto finale di Helsinki e degli obiettivi della Carta di Parigi, compresi quelli relativi alle frontiere esterne.

Essendo l’Unione europea un’unione di diritto, come affermato dall’onorevole Salafranca, qual è la base della responsabilità giuridica europea? Più precisamente, su quali basi giuridiche alcuni Stati membri hanno esercitato pressioni per il riconoscimento in conformità del diritto internazionale?

La risoluzione 1244 del 1999 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU non fornisce alcuna motivazione o legittimazione sufficiente per questo. Il punto delle conclusioni del Consiglio “Affari generali e relazioni esterne” sulla natura sui generis della situazione in Kosovo è che il caso in questione non ha precedenti. Mi auguro che non costituisca un precedente. È una situazione unica; vi è uno specifico riferimento di adesione ai principi fondamentali della sovranità e integrità territoriale degli Stati, che non sono in dubbio, come dichiarato esplicitamente.

Infine, desidero ricordarvi che tali principi costituiscono il fulcro del diritto internazionale sull’interesse acquisito.

 
  
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  Manuel Medina Ortega (PSE).(ES) Signor Presidente, la discussione è già in fase avanzata; non credo di potervi contribuire molto, nemmeno in termini di passione; tuttavia, credo fermamente che dobbiamo concentrarci sull’importanza del diritto internazionale e degli impegni internazionali.

Il 16 dicembre 1991, i ministri dell’Unione europea hanno adottato le linee direttrici sul riconoscimento di nuovi Stati in Europa orientale e in Unione Sovietica, nonché affermato il rispetto dell’inviolabilità delle frontiere e che queste ultime potrebbero essere modificate solo con mezzi pacifici e di comune accordo.

In secondo luogo, la risoluzione in base alla quale l’Europa è attualmente presente in Kosovo (la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell’ONU) sancisce in modo specifico che devono essere rispettati i principi di sovranità e integrità territoriale della Repubblica federale jugoslava e degli altri paesi della regione.

È stata commessa una violazione del diritto internazionale, degli impegni dei paesi europei e delle risoluzioni dell’ONU. Le conseguenze saranno pesanti per tutti noi.

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN).(PL) Signor Presidente, il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo equivale all’apertura del vaso di Pandora in Europa. È un pericoloso precedente, in violazione del diritto internazionale, in particolare delle risoluzioni dell’ONU, che ha dichiarato senza alcuna ambiguità che il Kosovo è parte integrante della Serbia.

Oggi, con l’approvazione internazionale, sono stati compiuti passi intesi a smantellare gli Stati europei. Affermo questo in qualità di eurodeputato di un paese che ha già subito un simile smantellamento nella sua storia. Non può esserci accordo su questo. È un pericoloso precedente, poiché le orme del Kosovo sono state seguite, tra gli altri, da Ossezia meridionale e Abkhazia, che hanno già annunciato il loro desiderio di separazione e di dichiarare l’indipendenza. Che cosa dovremmo dire di Cipro, che si sta battendo per l’unità a tutti i costi? Con un simile esempio, e fornendo tale esempio ai ciprioti, li mettiamo in una situazione ambigua e poco chiara in cui non saranno in grado di lottare per l’unità della loro isola.

Onorevoli colleghi, il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo è soprattutto un regalo per la progressiva islamizzazione dell’Europa, è non credo che qualcuno di noi desideri che ciò accada.

 
  
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  Francisco José Millán Mon (PPE-DE).(ES) Signor Presidente, ritengo deplorevole la dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo; non è una buona notizia per l’Europa. È l’ultimo anello di una catena di fallimenti: il fallimento alla coesistenza, sfociato nella crisi del 1999, il fallimento delle parti interessate e della stessa comunità internazionale nel raggiungimento di una soluzione concordata, e il fallimento da parte del Consiglio di sicurezza.

È diffuso il timore che l’entità che qualcuno si è precipitato a riconoscere sia un’altra sconfitta. Dovrebbe fornire un quadro per la coesistenza democratica e sicura, in cui i cittadini prosperino e i diritti vengano rispettati; dovrebbe inoltre evitare di essere un problema per la stabilità nella regione. Onorevoli colleghi, anche l’Unione europea ha fallito, in quanto non ha trovato una soluzione nel suo vicinato che fosse in linea con il diritto internazionale.

Europa dovrebbe significare unione, non separazione; accordo, non multilateralismo; de jure, non de facto; integrazione, non divisione etnica. In quanto europei abbiamo una responsabilità significativa in questa regione: eravamo la maggioranza nel gruppo di contatto, l’inviato speciale ONU e il suo personale erano europei, ed è stato il Consiglio europeo che, a dicembre, ha frettolosamente deciso di inviare una missione in Kosovo in assenza di una base giuridica.

Desidero precisare che il paragrafo 15 della risoluzione del Parlamento di marzo afferma quanto segue: “ritiene che l’adozione di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sia cruciale anche per il futuro impegno dell’Unione europea in Kosovo e che non debba essere previsto un maggiore coinvolgimento dell’Unione in assenza di una siffatta risoluzione.”

Le circostanze nel caso del Kosovo sono eccezionali. Tuttavia, ci sono persone irresponsabili che desiderano modificare i confini dei paesi europei e impiegare tale cambiamento quale precedente. Questo è il motivo per cui deve essere ribadita l’inviolabilità dei confini degli Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Richard Howitt (PSE).(EN) Signor Presidente, sono persuaso del fatto che il Kosovo fosse già un protettorato dell’ONU, che la soluzione sia sostenuta dal Segretario generale delle Nazioni Unite, e che i negoziati abbiano fallito; tutto ciò significa che il Kosovo è un caso unico nel nostro mondo. Sono contrario a coloro che asseriscono che è un atto illegale. Il paragrafo 11, lettera a), della risoluzione 1244 dell’ONU specifica che è “in attesa di una soluzione definitiva”. Il paragrafo 7 in particolare autorizza la sicurezza attraverso “le competenti organizzazioni internazionali…con tutti i mezzi necessari”.

Accetto che questo sia una prova di credibilità per l’Unione europea, che qualora non si riuscisse a rispettare i diritti della popolazione serba nel nuovo Kosovo, sarebbe una vittoria della pulizia etnica al contrario, e che si dovrebbe sottolineare che la Serbia, nonché il Kosovo, saranno partner a livello paritario quali futuri membri dell’Unione europea.

Non lasciamo che il fantasma di Slobodan Milošević perseguiti questa decisione o aleggi su quest’Assemblea. Lasciamo che l’indipendenza del Kosovo sia per l’ex Jugoslavia come fu la caduta del muro di Berlino per l’Europa orientale, ossia la trincea della pace, il precursore della riconciliazione, la piattaforma per un’intera regione.

 
  
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  Alojz Peterle (PPE-DE).(SL) A seguito dei cambiamenti che hanno avuto luogo, il nostro compito non è quello di spiegare la storia o diffondere allarmismi parlando di effetto domino, bensì di sostenere lo sviluppo che alla fine stabilizzerà la regione e la avvicinerà alle norme e alla prospettiva dell’Europa.

È un fatto importante che in questa storia estremamente complicata l’Unione europea si sia assunta una grande responsabilità. È stata unita nella sua decisione relativa alla missione EULEX intesa a contribuire nella costruzione delle istituzioni e nello sviluppo politico ed economico. La Commissione europea ha inoltre definito misure volte a sostenere lo sviluppo dell’intera regione. Tutto questo allo scopo di attenuare la pericolosa situazione che non offre prospettive, nonché di cancellare l’insolito paradosso che una parte dell’Europa, circondata dagli Stati membri, è un protettorato delle Nazioni Unite.

Non è solo il mio auspicio, ma anche di altri, che la riconciliazione, la pace e la cooperazione che adesso caratterizzano l’Unione europea possano diventare il principio fondamentale o la base della coesistenza in Kosovo, nonché nelle relazioni tra quest’ultimo e la Serbia.

In questi giorni complicati per Serbia e Kosovo, e nello spirito di ciò che ho affermato in precedenza, desidero accogliere positivamente le parole e le azioni di tutti coloro che hanno espresso il loro impegno a favore della pace, della moderazione, dell’apertura e del futuro.

 
  
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  Maria Eleni Koppa (PSE).(EL) Signor Presidente, ci troviamo dinanzi a uno stato di cose che può avere conseguenze di ampia portata, non solo per la regione dei Balcani, ma anche a livello internazionale. La dichiarazione che si tratta di un caso sui generis non ci dà garanzie.

Il raggiro del diritto internazionale e delle sue regole è altamente pericoloso. Per la prima volta, sono state modificate le frontiere persino in assenza dell’accordo delle parti interessate o dell’approvazione del Consiglio di sicurezza.

Ancora una volta, l’Europa appare divisa su una questione così essenziale e ha ripetuto gli errori del passato. È inoltre in dubbio il modo in cui i 2 000 soldati possano garantire la sicurezza e la stabilità nella regione.

La dichiarazione di indipendenza del Kosovo è adesso una realtà. Siamo a favore di un Kosovo pacifico e multietnico, integrato nel cuore dell’Europa. La soluzione alla crisi può solo garantire il percorso verso un’adesione rapida dei Balcani occidentali all’Unione europea.

È necessaria la firma immediata del patto di crescita e stabilità, in particolare per la Serbia, in quanto è l’unica via per fornire reale sostegno per le sue forze democratiche. Infine, il modo in cui la situazione verrà gestita sarà una prova cruciale per la politica estera europea.

 
  
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  Charles Tannock (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, non vedo la fretta di risolvere la questione del Kosovo, aggirando l’ONU e ignorando l’attuale diritto internazionale. Ritengo che la nuova condizione di nazione del Kosovo sarà complessa, senza alcuna strategia di uscita ovvia per l’Unione europea, la cui presenza sarà a lungo termine, data una vicina Serbia ostile e la diffusione della criminalità organizzata. È molto improbabile che la Russia e la Cina, che sono al Consiglio di sicurezza dell’ONU, riconoscano l’indipendenza del Kosovo nel prossimo futuro.

Adesso siamo riusciti con successo a compromettere una Serbia che sta cercando di dimenticare Milošević e costruire un futuro democratico. La sua sconfitta può ravvivare i sentimenti nazionalisti e guidare la Serbia verso la Russia che, in cambio, può impiegare il precedente della situazione del Kosovo per i conflitti congelati dalla Transnistria all’Abkhazia. È interessante notare che adesso la Russia rivendicherà l’elevata posizione morale del diritto internazionale, forse per la prima volta nella storia recente.

Sono molto solidale con Cipro, che ha rifiutato di unirsi alla maggioranza degli Stati membri nel riconoscimento del Kosovo. Mehmet Ali Talat, leader della cosiddetta “repubblica separatista di Cipro Nord” ha già fatto riferimento al Kosovo come a un precedente per il suo territorio. Una nota per l’onorevole Howitt: i negoziati ONU hanno fallito anche nell’unificazione di Cipro, quindi la questione non è unica nel suo genere.

Non c’è da sorprendersi che la Spagna sia preoccupata per i Paesi Baschi e la Catalogna, e la Slovacchia per la sua minoranza ungherese. Stranamente, nonostante l’Organizzazione per la conferenza islamica (OIC) abbia accolto con favore un Kosovo indipendente quale potenziale nuovo membro, l’Azerbaigian, malgrado l’OIC, è prudente sul Nagorno-Karabakh, che chiede l’indipendenza, e rifiuta di riconoscere il Kosovo.

Pertanto, qualsiasi dichiarazione l’UE e gli USA rilascino sul fatto che tale questione sarebbe sui generis, è chiaro che non tutti i paesi del mondo concordano.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, desidero fare due osservazioni. In primo luogo, l’aspetto più importante è che l’indipendenza del Kosovo è stata proclamata dopo un controllo di anni della situazione in loco da parte della comunità internazionale, la quale, a seguito di lunghe deliberazioni, non ha potuto trovare una soluzione migliore al problema che l’indipendenza del Kosovo.

Pertanto, a seguito dei tentativi della Russia di mettere in relazione la situazione in Kosovo a quella di altre regioni d’Europa, quali la Transnistria, l’Ossezia meridionale o l’Abkhazia, non è difficile rendere tale controargomentazione pericolosa o non adeguata per la stessa Mosca.

La Russia accetterebbe di ritirarsi da quei territori e lasciare il controllo delle aree dei “conflitti congelati” d’Europa alla comunità internazionale? In caso affermativo, allora noi, l’Unione europea, otterremmo una vera possibilità per una soluzione attesa a lungo, e saremmo interessati a tale prospettiva.

In secondo luogo, è ben noto che alcuni paesi tentano di approfittare di ogni segnale di instabilità internazionale. Questa volta, la Russia, con la pretesa di tutelare gli interessi della Serbia, ha deciso di fare il suo gioco geopolitico, con la presunzione che, in mancanza del suo consenso, nessun problema al mondo si risolverebbe; posizione, questa, né nuova né inaspettata.

Tuttavia la Russia questa volta non è l’attore principale, in quanto non ha il vero potere di modificare gli eventi in modo tale da renderli inaccettabili per l’Occidente. In futuro, per esempio, i tentativi del Kosovo di far parte delle Nazioni Unite potrebbero non essere semplici, ma la Russia non può comunque isolare lo Stato su scala internazionale poiché, nel momento in cui il Kosovo viene riconosciuto dalla maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea, gli Stati Uniti e altri paesi, tale isolamento non avrà più senso.

Saluto l’indipendenza del Kosovo e auguro al suo popolo la migliore fortuna nella realizzazione del suo Stato.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE).(EN) Signor Presidente, la differenza tra le azioni esterne dell’Unione europea e di altri attori internazionali è il rispetto per la legalità internazionale e le decisioni dell’ONU. Temo che, incoraggiando e riconoscendo l’indipendenza del Kosovo, al di fuori dall’attuale organo di diritto internazionale e dell’ONU, la caratteristica di definire le azioni esterne dell’Unione europea diventi discutibile, se non addirittura indifendibile. Auspico solo che non vivremo rammaricandoci della decisione che abbiamo preso riguardo al Kosovo.

 
  
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  Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE).(SK) Il Kosovo ha dichiarato l’indipendenza. Non è una sorpresa, c’era da aspettarselo e la comunità internazionale deve prenderne atto. Se questa regione deve essere pacifica e stabile, allora gli Stati membri dell’Unione europea devono agire uniti e fornire pieno sostegno allo sviluppo di questo paese, conformemente al piano di Martti Ahtisaari.

Gli Stati membri e i politici, anche slovacchi, che diffondono affermazioni prive di fondamento sulla pericolosità senza precedenti che questo atto costituirà per gli altri paesi, si sbagliano. Il Kosovo è un caso unico. Dovremmo pensare al passato e alle radici degli eventi macchiati di sangue di nove anni fa, quando le forze militari serbe hanno perpetrato il genocidio della comunità albanese. È piuttosto comprensibile che i membri di tale comunità si rifiutino di vivere nella Repubblica serba. Se fosse imposto loro, si sfocerebbe in una guerra.

L’Unione europea ha un ruolo molto importante da svolgere nella creazione di una società in cui tutti i cittadini sono uguali e le comunità minoritarie godono di pieni diritti al fine di mantenere e sviluppare le loro identità, nonché di un diritto di gestire le loro amministrazioni pubbliche: ciò significa un’ampia autonomia per la comunità serba.

 
  
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  Elmar Brok (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, desidero formulare tre osservazioni. Innanzi tutto, il fatto di trovarci in questa situazione dimostra che noi, in quanto Unione europea, siamo stati nuovamente in una posizione che non ci ha consentito di apportare il nostro contributo tra i due poli di Russia e Stati Uniti.

La mia seconda osservazione è la seguente: adesso dobbiamo fare tutto il possibile al fine di istituire i diritti delle minoranze e culturali in Kosovo. Il governo kosovaro sa bene di avere molto da fare nella pratica e su ampia scala. Desidero ringraziarla, signor Presidente in carica del Consiglio, per contribuire in modo significativo attraverso EULEX.

Terzo, per motivi storici e culturali, ho molto rispetto per gli attuali sentimenti della Serbia e ritengo che, per questa ragione, dobbiamo essere pazienti al fine di consentire a questo paese di trovare la sua strada verso l’Unione europea, e sostenere questo processo. Tuttavia, occorre anche precisare che la violenza non sarà tollerata. Dobbiamo continuare a erogare i nostri finanziamenti (187 milioni di euro nel 2007), ma a patto che gli eventi procedano in modo pacifico, al fine di spianare la strada a una regione stabile.

 
  
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  Vytautas Landsbergis (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, la Serbia di Milošević, e persino quella dopo di lui, hanno seguito il consiglio del loro grande fratello, perdendo ogni occasione, anziché assumere una posizione realistica e cercare di trovare modi per una separazione amichevole, con la prospettiva di reincontrarsi in Europa. Forse adesso accadrà.

Una riflessione in particolare rivolta a coloro che sono preoccupati delle interpretazioni unilaterali del diritto internazionale, l’integrità degli Stati o della sovranità dei territori e dei popoli: dovremmo comprendere e tenere in considerazione che uno Stato che cerca di sterminare o cacciare tutti i cittadini appartenenti a popolazioni di etnia diversa, non uccide solo loro, ma soprattutto il suo stesso diritto di sovranità, sovranità sulle fosse comuni. L’integrità dei cimiteri non è un’eventualità da accettare, né si dovrebbero accettare parallelismi con i Paesi Baschi, il Québec o l’Abkhazia. Madrid, Ottawa o Tbilisi non bombarderanno o uccideranno questi popoli.

La Russia è diversa. Anche la Russia è stata accusata per i suoi atti di genocidio reiterato e non ha più diritto di sovranità sui sopravvissuti in Cecenia, ma semplicemente la legge medievale del pugno di ferro.

 
  
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  Adrian Severin (PSE).(EN) Signor Presidente, alcuni ritengono che dovremmo mettere da parte la questione del riconoscimento dello Stato, quando discutiamo del Kosovo, e preoccuparci invece di riconoscere la realtà.

La realtà è che, a seguito della sua dichiarazione di autodeterminazione, il Kosovo non è indipendente, tantomeno in grado di essere a lungo uno Stato indipendente e sostenibile. Era un protettorato e resterà un protettorato. La realtà è che l’Unione europea è divisa tra i cosiddetti realisti e i cosiddetti giuristi. La realtà è che, chiamando il Kosovo un caso sui generis, ammettiamo che il diritto internazionale è insufficiente o inadeguato e che pertanto troviamo una soluzione al di fuori della legge. Questo ci indurrà a sostituire la forza del diritto con la forza del potere, che non credo sia né l’obiettivo né il valore di base di questa Unione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE).(PT) A seguito della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo, l’evento peggiore che possa adesso accadere è l’impasse politica che ci ponga nella situazione indesiderata di stare a guardare mentre le tensioni si acuiscono. Dobbiamo pertanto definire il minimo denominatore comune nel prendere le nostre future decisioni e azioni; da questo punto di vista, quanto dichiarato dal Presidente in carica del Consiglio non mi ha lasciati del tutto soddisfatti, ma speranzosi. Occorre ricordare al Kosovo che il percorso che sta ora intraprendendo influenzerà giocoforza le sue relazioni future con l’Unione europea e che, pertanto, siano disposti ad aiutarlo nonché obbligati, anche nel nostro interesse, a porgere non solo una ma entrambe le mani alla Serbia, dichiarando inoltre che restiamo della ferma convinzione che il futuro della Serbia è in Europa.

Vent’anni dopo il crollo dell’impero sovietico, non provochiamo ciò che i comunisti dell’epoca non sono riusciti a fare: includere la Serbia nella competenza esclusiva di Mosca. Non dobbiamo commettere questo errore.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL). (CS) Onorevoli colleghi, è finalmente giunto il momento: sì, mi rivolgo a coloro che desiderano che gli Stati Uniti riconoscano l’indipendenza del Texas, coloro che desiderano che la parte occidentale della Romania si separi da essa come semplice territorio ungherese, coloro che desiderano che siano indipendenti la Scozia, la Catalogna, i Paesi Baschi, e tutti gli altri Stati che senza dubbio nasceranno in America latina e in Africa.

È stato affermato che il Kosovo non crea un precedente. È un errore: si tratta di un territorio che ha subito la pulizia etnica di otto nazionalità con il contributo e l’accondiscendenza delle forze di occupazione; un territorio che pullula di droga, traffico di esseri umani, schiacciato da una disoccupazione al 50% e da costanti pressioni sui serbi rimasti. Adesso si sta dichiarando l’indipendenza di un secondo Stato albanese, il che costituisce un cattivo esempio. Continuerà a perseguitare tutti voi che in quest’Aula avete letteralmente massacrato il diritto internazionale. Vergognatevi: è una seconda Monaco e nessun vero democratico dovrebbe sostenerla.

 
  
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  Dimitrij Rupel, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Prima di tutto, desidero ringraziare di cuore il Parlamento e i suoi deputati che hanno sostenuto la posizione del Consiglio. Riconosco che ci sono opinioni diverse, il che è normale nei parlamenti. Tuttavia, mi sembra che nella sessione odierna l’Unione europea sia stata sostenuta.

Vorrei rispondere ad alcune domande. La prima riguarda il sistema che prevediamo per il governo, ossia per le responsabilità future, e mi riferisco naturalmente alle istituzioni in Kosovo. L’Unione europea ha inviato, ovviamente, un rappresentante speciale nel paese, il cui parlamento, nella sua dichiarazione di indipendenza, ha approvato dal principio le disposizioni del piano Ahtisaari. Il contenuto dell’intero piano verrà integrato nella costituzione del Kosovo e nel suo ordinamento.

Di conseguenza, il compito dell’inviato speciale dell’Unione europea sarà quello di controllare le autorità locali e garantire gli obblighi che il nuovo status richiede. Dopo l’istituzione dell’Ufficio civile internazionale, il rappresentante speciale dell’Unione europea diventerà l’Alto Rappresentante per gli affari civili per la comunità internazionale, che offrirà inoltre una guida politica a EULEX.

Desidero aggiungere che l’Unione europea ha fatto molto negli ultimi giorni, in primo luogo per calmare la situazione e garantire sostegno adeguato al Kosovo. Oltre alla missione riguardo cui il Consiglio ha deciso qualche giorno fa, vorrei ricordare la visita di ieri a Priština del Segretario generale e Alto rappresentante Javier Solana.

Vorrei solo citare una frase che ha pronunciato. Javier Solana ha dichiarato:

(EN) “Vorrei trasmettere quel sentimento, la gioia, che voi avete diffuso in modo così rispettoso per le strade nel corso degli ultimi giorni, che adesso deve essere trasformata in energia positiva e costruttiva al fine di far progredire la società.”

(SL) Questo significa, secondo me, che tutti noi desideriamo che i nostri amici in Kosovo siano pronti a trasformare l’energia che hanno dimostrato negli ultimi giorni in azione razionale che garantirà un rispettabile futuro europeo non solo per il Kosovo, ma certamente anche per la Serbia.

Ritengo sia stato detto molto nel corso degli interventi e dei contributi dei deputati sul fatto che la Serbia meriti di proseguire nel suo cammino verso l’integrazione con l’Unione europea, e avendo ascoltato gli interventi di diversi rappresentati di questo Parlamento, non sarei riuscito a immaginare che in quest’Aula si sarebbe parlato anche del futuro della Serbia, e auspico anche del popolo albanese. Ho fiducia che ascolteremo le lingue dei paesi che così ardentemente desiderano far parte di questo Parlamento e dell’Unione europea.

Tuttavia, considerate le osservazioni espresse da alcuni dei nostri amici spagnoli, non direi che l’armonizzazione del testo delle decisioni non sia stata complessa per il Consiglio “Affari generali e relazioni esterne”; ma alla fine siamo riusciti ad accordarci con i nostri colleghi spagnoli e ciprioti su un testo che rispecchia l’unanimità, il processo decisionale comune e il pensiero collettivo.

Infine, vorrei dire, signor Presidente, che naturalmente devo convenire riguardo alla dichiarazione del mio collega sloveno, l’onorevole Kacin, quando ha parlato della necessità dei serbi in Kosovo di accettare il Kosovo anche quale propria patria e prendere parte al suo governo. Di certo, il Kosovo è anche il loro paese e ogni rinvio da parte dei serbi kosovari nella cooperazione nel governo del paese può essere dannoso.

Posso dire che questa discussione mi ha incoraggiato e desidero ringraziarvi, signor Presidente, onorevoli deputati del Parlamento europeo, per tutti questi commenti costruttivi.

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare l’Assemblea per una discussione altamente responsabile. È stato ampiamente riconosciuto oggi che l’Unione europea non ha lasciato nulla di intentato nella ricerca di una soluzione negoziata, ma purtroppo è stato inutile. Di conseguenza, adesso siamo costretti a condurre il processo alla sua conclusione.

Molti di voi hanno anche sottolineato l’importanza di non isolare la Serbia, e in particolar modo di raggiungere le generazioni più giovani del paese. Concordo pienamente, e sono lieto di informarvi che già disponiamo di un accordo per facilitare i visti concluso con i paesi dei Balcani occidentali, tra cui la Serbia. Ciò significa procedure più semplici nell’assegnazione dei visti ed esenzione per alcuni gruppi quali gli studenti e gli imprenditori. Sono inoltre lieto di informarvi che abbiamo già avviato un dialogo specifico sull’esenzione dai visti per motivi di viaggio, che è molto importante per i cittadini comuni serbi e per altre popolazioni della regione.

Ciò risale a gennaio per quanto riguarda la Serbia, e infatti il mio collega Vicepresidente della Commissione Frattini oggi si trova a Skopje, e domani sarà a Podgorica, al fine di avviare i dialoghi con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e con il Montenegro.

Ma affinché questo accada, occorrono determinazione e unità tra le istituzioni, compreso il Consiglio, dal punto di vista dei ministri degli Interni che hanno forti competenze in questo ambito. Conto sul vostro appoggio al riguardo, affinché possiamo compiere veri progressi, uniti su questo problema.

(FR) Per quanto riguarda l’unità europea, il fatto che l’Unione europea sia stata in grado di mantenere la propria unità su un argomento così complesso e controverso, assume un significato realmente importante. Direi persino che la politica estera comune ha superato con responsabilità una delle sue prove più difficili dalla sua creazione. Desidero congratularmi con la Presidenza slovena per questo risultato, che riflette il vostro profondo impegno sul futuro europeo dei Balcani occidentali.

Rilevo inoltre, con molta soddisfazione, il desiderio della futura Presidenza francese di sostenere completamente la prospettiva europea dei Balcani occidentali. Pertanto, il 2008 sarà un anno particolarmente importante nel viaggio dei Balcani occidentali verso l’Europa.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Kinga Gál (PPE-DE), per iscritto.(HU) Nell’Europa centrale, orientale e sudorientale, chi tra noi è nato in questa regione meno fortunata del continente ha imparato dall’esperienza che le parole pronunciate e le promesse scritte hanno scarso credito. L’importante è il modo in cui queste vengono rispettate nella realtà. In Kosovo, il piano Ahtisaari è riuscito a diventare un’idea che può essere realizzata oltre le promesse, portando la quiete nella regione.

Alcuni affermano che non può costituire un precedente; ma perché no, verrebbe da chiedersi, se ha creato un sistema funzionante per la protezione delle minoranze? Se è adeguato alla realtà, dovrebbe allora di certo costituire un precedente. Chi tra noi è cresciuto quale parte di una minoranza e non è stato artefice del proprio destino, può solo accogliere positivamente qualsiasi innovazione che prometta una soluzione a lungo termine per le comunità etniche che vivono l’una accanto all’altra. Se il piano Ahtisaari è approvato e attuato, la storia del Kosovo che comincia adesso può appunto essere una soluzione a lungo termine.

Siamo preoccupati per le minoranze che vivono in altre aree della Serbia e seguono con apprensione questi avvenimenti. Ci sarà una soluzione che rassicuri tali minoranze, o per l’etnia ungherese in Vojvodina?

Chiedo al Consiglio e alla Commissione di garantire che l’inquietudine generale non conduca ad azioni irreversibili, al fine di ristabilire le misure in Vojvodina. Non consentiamo che le tensioni etniche vengano sfogate sulle minoranze che vivono ancora nel paese. Non si deve consentire che gli eventi in corso si traducano in più casi di privazione dei diritti delle persone, ma in un rafforzamento di tali diritti. Garantiamo che i precedenti positivi vengano realizzati finalmente nei Balcani, dando finalmente alle comunità etniche che vivono nella regione la speranza e le prospettive per il futuro.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. (PT) La dichiarazione unilaterale di indipendenza della provincia serba del Kosovo non è inevitabile.

È sicuramente uno sviluppo di estrema gravità nonché un precedente pericoloso nel diritto internazionale, con conseguenze imprevedibili per la stabilità dei confini, in particolare nel continente europeo.

È sicuramente un’evidente violazione della Carta delle Nazioni Unite e dell’Atto finale di Helsinki.

È sicuramente una decisione illegale alla luce dei principi fondamentali del diritto internazionale.

È sicuramente una creazione artificiosa di uno “pseudo-Stato” sotto una “sovranità controllata” – e qualsiasi cosa possa essere, avrà di sicuro meno sovranità –, o anche un protettorato creato e imposto dall’aggressione e dall’occupazione militare di USA, NATO e UE.

È sicuramente un tentativo di perpetuare, attraverso una politica del fatto compiuto, un dominio politico, economico e militare di questa regione molto importante d’Europa da parte degli Stati Uniti e delle grandi potenze dell’Unione europea.

Questa condizione di illegalità non deve essere riconosciuta, a livello formale o pratico, in particolare inviando e prendendo parte alla “missione comunitaria in Kosovo”. Tale missione non ha in effetti un mandato dell’ONU; è una missione dell’Unione europea che, oltre ad essere illegale di per sé, stringe un accordo con un entità illegale, rendendo pertanto l’intero processo doppiamente illegale.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE) , per iscritto. – (FI) Signor Presidente, il consigliere di Stato finlandese, Harri Holkeri, che ha agito quale negoziatore nella crisi del Kosovo qualche tempo fa, ha ritenuto che la richiesta di indipendenza del popolo albanese non avrebbe potuto essere ignorata per sempre, poiché sarebbe stato un ritorno non al punto di partenza, ma a molto più indietro.

Come molti colleghi hanno affermato, l’indipendenza del Kosovo era inevitabile. Analogamente, è stato precisato che il Kosovo è un caso sui generis, e che pertanto l’indipendenza non costituisce una minaccia ai principi internazionali della legge per la risoluzione del conflitto. L’Europa ha quindi un nuovo paese basato su criteri sostenibili.

È sicuramente spiacevole che non sia stata raggiunta alcuna riconciliazione tra le parti, neanche i minimi livelli di tolleranza. La comunità internazionale può essere duramente accusata di non aver tentato, in quanto i negoziati sono stati condotti dall’ottimo mediatore Martti Ahtisaari. Adesso dobbiamo rimanere irremovibili e il piano Ahtisaari deve continuare a essere il faro che guida il cammino della costruzione del nuovo paese. I suoi requisiti offrono un’opportunità per il modello occidentale dello Stato di diritto e la stabilità interna ed esterna nella regione.

La sicurezza del Kosovo e dei Balcani occidentali è soprattutto una questione europea. Pertanto, mentre è di nuovo palese che il Consiglio di sicurezza dell’ONU non è in grado di assumersi la responsabilità della situazione, l’Unione europea deve prepararsi a compiere uno sforzo. L’integrazione dei Balcani occidentali con il quadro generale europeo di stabilità è probabilmente la nostra più grande sfida dalla nascita dell’Unione. Le tensioni a livello regionale adesso rischiano di aumentare, la nazione è frustrata dalla disoccupazione, e la corruzione e la criminalità hanno preso piede.

La dichiarazione di indipendenza in Kosovo è stata attesa con impazienza, e ha condotto a una vera gioia tra la popolazione con la quale, come europea, posso relazionarmi facilmente. Ora l’euforia dovrebbe essere smorzata al fine di costruire la cosa più importante: la pace e la stabilità durature. Altrove in Europa ci sono riusciti 50 anni fa, perché non finalmente nei Balcani?

 
  
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  Erik Meijer (GUE/NGL), per iscritto. (NL) Il mio gruppo e la delegazione nazionale del mio partito al Parlamento europeo hanno deciso di recente di non approvare l’attuale percorso verso l’indipendenza del Kosovo. Posso comprenderlo, in quanto l’Unione europea agisce al momento come una superpotenza, imponendo unilateralmente la sua volontà alla Serbia, che è già stata umiliata in molte occasioni, e tratta il Kosovo come un suo protettorato.

Questo non significa che torni indietro su quanto ho dichiarato in passato sull’argomento. Secondo la costituzione jugoslava del 1974, che ha conferito al Kosovo quasi la stessa autonomia delle sei repubbliche federali dell’epoca, sarebbe stata possibile la coesistenza pacifica di serbi e albanesi in un singolo Stato federale. L’eliminazione unilaterale di tale autonomia nel 1980 ha fatto dello Stato serbo un’entità inutile e persino dannosa agli occhi di molti abitanti del Kosovo. Quest’ultimo si comporta da Stato indipendente sin dal settembre del 1991, con il suo presidente, il parlamento e il sistema di istruzione.

Se, da allora, il mondo esterno avesse agito in modo opportuno e avesse riconosciuto quello Stato, oltre agli altri paesi della Jugoslavia, non sarebbe sorto alcun violento UÇK, gli abitanti del Kosovo non sarebbero stati condannati a ricorrere alla criminalità quale fonte di reddito, e non vi sarebbe stato motivo di una guerra nel 1999.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Otto anni dopo la guerra della NATO in Jugoslavia, la questione del Kosovo non solo resta irrisolta, ma è diventata anche meno trattabile. Il criterio degli “standard prima dello status” (per esempio la democrazia, il ritorno dei profughi, le condizioni di coesistenza multiculturale, e così via, prima che venga definitivamente deciso il governo), stabilito dalla risoluzione 1244 dell’ONU, non è stato fondamentalmente soddisfatto. Nondimeno, l’amministrazione Bush ha spinto la leadership dei kosovari albanesi verso una dichiarazione unilaterale di indipendenza, con tutto ciò che questo implica per la pace e la stabilità nei Balcani, nonché per altre questioni internazionali. Approvando una nuova missione nella regione, l’Unione europea sostiene tale politica e contribuisce alla violazione della risoluzione 1244 del 1999 dell’ONU. La dichiarazione unilaterale dell’indipendenza del Kosovo provocherà una reazione a catena di destabilizzazione nei Balcani occidentali nonché un precedente negativo per molte questioni internazionali. Occorre basare una soluzione sul diritto internazionale, che non favorisca né la politica del divide et impera, né i nazionalisti locali e le idee espansionistiche, tanto meno che modifichi i confini. Riteniamo che sia ancora possibile trovare una soluzione accettabile per entrambe le parti nel quadro dell’ONU, sulla base del diritto internazionale. Siamo pertanto favorevoli alla continuazione dei negoziati.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. – (EN) È spiacevole che l’Unione europea sia divisa sulla questione del Kosovo. L’Unione europea ha assunto un impegno da tempo inteso a garantire la stabilità nei Balcani occidentali e, quale organizzazione sopranazionale più influente del continente, dobbiamo inviare un messaggio chiaro e parlare con una voce sola.

La pace e la sicurezza in Kosovo devono essere una priorità per l’Unione, poiché confina con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, un paese candidato all’adesione all’UE, e dovremmo svolgere un ruolo di guida quali mediatori tra Serbia e Kosovo. Non sarà un compito semplice, dal momento che non vi è accordo nell’Unione, riconoscere o meno l’indipendenza del Kosovo in corpore.

L’attuale comportamento indeciso dell’Unione crea solo maggiore confusione nel paese. Gli Stati membri devono trovare un modo, attraverso le loro differenze, per iniziare a mantenere il nostro impegno nei confronti della regione.

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Mi trovavo a Priština domenica. È per noi insolito essere presenti quando un paese dichiara la propria indipendenza. Desideravo che la mia presenza fosse un messaggio: nonostante questa decisione sia dolorosa per molti, è stata comunicata in circostanze in cui non eravamo impauriti.

L’indipendenza è stata annunciata nell’albergo in cui, anni fa, i clienti venivano accolti dal seguente cartello sulla porta: “Vietato l’ingresso ai cani e agli albanesi”.

Il processo che ha condotto all’indipendenza del Kosovo non è stato incoraggiato dall’Unione europea. Lo ha cominciato la Serbia non garantendo i diritti umani fondamentali, i diritti dei singoli e della comunità ai propri cittadini che vivono in quel territorio.

L’alleanza democratica degli ungheresi in Romania (RMDSZ) ritiene che la Romania dovrebbe riconoscere quanto prima l’indipendenza del Kosovo. Coloro che sono restii a riconoscere la situazione forse hanno questioni in sospeso con le minoranze nel proprio paese.

Dalla sua istituzione, la RMDSZ ha voluto e intende ancora lottare per i diritti degli ungheresi in Transilvania impiegando unicamente mezzi politici e parlamentari, e rifiutando i mezzi violenti.

Adesso può diventare chiaro a tutti che la questione dei diritti individuali e collettivi delle minoranze azionali tradizionali non può essere solo una questione interna di un dato paese. È il momento di elaborare un accordo standardizzato nell’Unione europea che si applichi obbligatoriamente a tutti e rassicuri le minoranze.

Il principale dovere dell’Unione europea è offrire aiuto per la stabilizzazione della regione nei settori dell’economia e dello sviluppo sociale, non solo al Kosovo e alla Serbia, ma all’intera regione dei Balcani occidentali.

 
  
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  Alexander Stubb (PPE-DE), per iscritto.(FI) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero porgere un caloroso benvenuto al Kosovo come uno dei paesi d’Europa. La dichiarazione di indipendenza è stata un atto coraggioso da parte del Kosovo, e adesso il paese e la sua popolazione devono dimostrare lo stesso coraggio e la medesima sicurezza al momento di iniziare a costruire la loro società multiculturale.

Per molto tempo è stato ovvio che la lotta per l’indipendenza del Kosovo era una strada obbligata e che era solo questione di tempo. Il termine ultimo per tale indipendenza sarebbe stata l’adesione della Serbia all’Unione europea. Fortunatamente, non hanno dovuto attendere così a lungo. Il Kosovo è stato amministrato per 10 anni dall’ONU e la situazione è completamente diversa da quella di altre regioni separatiste.

I prossimi anni richiederanno lungimiranza e saggezza ai leader del Kosovo, qualità che ritengo dimostreranno di avere. La guerra, l’odio etnico, e un’amministrazione gestita dalla comunità internazionale sono esperienze da cui dover apprendere alcune lezioni. Adesso l’importante è concentrarsi sulla costruzione di una società civile stabile. L’indipendenza cancella anche l’incertezza che ha caratterizzato gli investimenti nazionali ed esteri.

Il piano Ahtisaari dispone un quadro eccellente per le fasi iniziali dell’indipendenza del paese. Il successo sarà possibile solo se i leader e la popolazione concepiscono la costruzione del loro paese come un progetto proprio, e non come una serie di norme e disposizioni imposte dall’esterno. La comunità internazionale deve inoltre essere in grado di mantenere un distacco e consentire alle popolazioni kosovara e serba del paese di realizzare un loro modello di convivenza. Esistono tanti esempi di paesi multiculturali quanti sono gli Stati europei e il Kosovo non fa eccezione.

Ancora una volta porgo le mie congratulazioni ai kosovari e do loro il benvenuto quale nuovo Stato indipendente.

 
  
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  László Tőkés (NI), per iscritto.(HU) La dichiarazione di indipendenza del Kosovo sta provocando grandi agitazioni nella nostra regione. I partiti rumeni, che si stanno al momento preparando alle elezioni, usano l’occasione al fine di creare un isteria anti-ungherese. Si stanno schierando tutti contro gli ungheresi in Transilvania, che è di dimensioni simili al Kosovo e ha una popolazione analoga a quella della provincia albanese.

La “profonda preoccupazione” del parlamento rumeno è del tutto infondata e ingiustificata. La Romania non deve temere gli ungheresi, poiché la nostra comunità nazionale in Transilvania rispetta la costituzione rumena e l’integrità territoriale.

Al contempo, tuttavia, abbiamo ragione di aspettarci che, sulla base del principio dei “diritti territoriali”, la Romania affronti la situazione della nostra comunità nazionale in un modo europeo, e garantisca l’individuale autonomia degli ungheresi (1) e l’autonomia regionale della Transilvania e di altre regioni (2) sulla base del principio di entità indipendente che si applica nell’Unione europea.

Conformemente alla raccomandazione 1609/2003 del Consiglio d’Europa, basata sulla Relazione generale, riconosciamo che le regioni autonome favoriscono ampiamente la risoluzione dei conflitti e rafforzano la stabilità dell’Europa.

Al contempo, desideriamo richiamare la vostra attenzione sul fatto che la Romania stessa possa beneficiare della nuova situazione, poiché il modello di autonomia dei serbi del Kosovo può offrire una soluzione anche per le comunità rumene che vivono tra il confine di Serbia e Ucraina.

Considerato tutto ciò, sarebbe opportuno che la Romania non subordini la sua soluzione amichevole al pregiudizio di ordine etno-politico, ma riconosca il Kosovo indipendente quanto prima, come molti altri Stati membri dell’Unione europea.

 
  
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  Iuliu Winkler (PPE-DE), per iscritto. – (HU) Valuto positivamente la partecipazione attiva e l’assunzione di responsabilità da parte dell’Unione europea nel cercare una soluzione per il Kosovo. Ammetto la mia soddisfazione per il fatto che il parlamento kosovaro si sia assunto l’onere per il Kosovo di rispettare i principi di democrazia, parità dei cittadini e tutela delle minoranze. Auspico che si diffonda la solidarietà tra gli Stati membri dell’Unione, nell’interesse di svolgere un ruolo efficace in Kosovo. Tale solidarietà per il Kosovo deve manifestarsi negli Stati membri attraverso il riconoscimento dell’indipendenza del paese al più presto possibile.

L’Unione europea deve sostenere il Kosovo nei suoi sforzi di diventare uno Stato europeo democratico. Accolgo con favore il fatto che l’Unione continuerà a garantire la sua presenza incisiva, poiché in tal modo può contribuire direttamente alla stabilità della regione dei Balcani occidentali.

Sono certo che alla minoranza serba in Kosovo verranno pienamente garantiti i diritti individuali e collettivi necessari affinché possa vivere nella propria terra di origine.

L’assunzione di responsabilità dell’Unione europea in Kosovo è esemplare. Sappiamo che la situazione di ogni minoranza europea è unica, pertanto non esistono soluzioni generali, ma l’Unione deve contribuire a garantire i diritti individuali e collettivi delle comunità minoritarie, impiegando la sua influenza al fine di rafforzare l’efficacia del dialogo democratico e dell’accordo politico tra la maggioranza e la minoranza.

È fondamentale per le comunità minoritarie che vivono negli Stati membri che venga introdotta la disciplina giuridica della tutela delle minoranze nell’Unione europea.

 
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