Ryszard Czarnecki (UEN) . – (PL) Signor Presidente, le condizioni per prendere la parola non erano molto favorevoli.
Vorrei fare riferimento alla votazione relativa all’aumento del 2% delle quote latte all’inizio del prossimo mese. Ritengo che la decisione del Parlamento a tale proposito favorirà lo sviluppo dell’agricoltura, soprattutto in quei paesi che purtroppo finora hanno subito danni dalle riduzioni delle quote. Questo è stato il caso del mio paese, la Polonia.
Dovrei anche cogliere questa opportunità per affermare che durante la votazione di ieri sull’Istituto europeo della tecnologia, intendevo esprimermi a favore dell’adozione di tale relazione, e non come ho fatto sbagliandomi.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM) . – (PL) Signor Presidente, gli emendamenti contenuti nella proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli con riguardo alle quote nazionali per il latte sembrano del tutto giustificati. Il progetto di aumentare del 2% gli attuali limiti delle quote latte è particolarmente gradito.
In quest’Aula rappresento la Polonia, e il mio paese è il quarto maggior produttore di latte nell’Unione europea. Attualmente, la Polonia produce 12 miliardi di litri di latte l’anno. In tale contesto, il suddetto emendamento è di estrema importanza per gli agricoltori e i produttori di latte polacchi.
Inoltre, vorrei aggiungere che appoggio il parere contenuto nel testo dell’emendamento 13, vale a dire che la produzione di latte riveste un’importanza fondamentale nelle zone dotate di infrastrutture agricole scarsamente sviluppate, in cui molto spesso non esistono alternative equivalenti sul piano della produzione agricola.
Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Di recente abbiamo assistito a un continuo incremento di richieste di latte sul mercato. Tale situazione limita la concorrenza e provoca un aumento dei prezzi.
Nel mio paese, la Lituania, il prezzo di acquisto del latte è cresciuto del 40% nel 2007. Quindi, le quote nazionali per il latte dovrebbero essere aumentate per consentire di ottenere prezzi più contenuti nel mercato interno, nonché di avere la possibilità di esportare più latte nei paesi terzi. Nel periodo 2006-2007 nove Stati membri dell’UE hanno raggiunto le quote nazionali assegnate per il latte. Per accrescere la fornitura europea di latte, a questi paesi, come ad altri Stati membri, dovrebbe essere permesso di produrne di più.
In Lituania, le quote nazionali per il latte per il periodo 2006/07 sono quasi state raggiunte. La produzione lattiera è tuttora in crescita. Accolgo con favore la decisione della Commissione di aumentare del 2% le quote nazionali per il latte dal 1° aprile 2008. Tuttavia, guardando al futuro, desidero incoraggiare la Commissione a esaminare la possibilità di alzare tali quote del 5%, e di abbassare gradualmente le sanzioni per la sovrapproduzione.
Milan Horáček (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, come il gruppo dei Verdi, ho votato contro la relazione sulle quote nazionali per il latte. Sono contrario all’aumento del 2% delle quote poiché tali misure conducono a un’erosione del prezzo del latte e minacciano il sostentamento degli agricoltori.
Sono a favore di controlli quantitativi sulla produzione del latte dopo il 2015, dal momento che, altrimenti, l’allevamento di bestiame in zone montuose e in regioni svantaggiate, in cui tale allevamento di mucche da latte contribuisce a preservare la campagna, sarebbe messo a repentaglio. Una liberalizzazione farebbe sì che la produzione lattiera si concentri in poche regioni e negli allevamenti intensivi. Chi subisce è il piccolo produttore, che non è più in grado di colmare i costi dell’attività a causa dei prezzi bassi.
Albert Deß (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, vorrei formulare una dichiarazione di voto in merito alla relazione Jeggle. Ho votato contro tale testo poiché, come i miei colleghi bavaresi del CSU, mi oppongo all’aumento delle quote latte. Ci troviamo già in una situazione in cui i prezzi del latte stanno nettamente calando.
I prezzi di alcuni prodotti sono scesi di oltre il 30%. I guadagni dei nostri allevatori sono stati inadeguati per anni, e ora nei sei mesi trascorsi hanno ottenuto prezzi ragionevolmente dignitosi. Se si aumentano le quote, significa che i prezzi del latte saranno sotto pressione e gli operatori del settore dovranno nuovamente attendersi di essere sottopagati per il proprio lavoro.
In Baviera ci sono 48 000 imprese agricole che impiegano 90 000 persone nell’allevamento delle mucche da latte, e altri 50 000 posti di lavoro nei settori a monte e a valle, con un totale di 140 000 posti di lavoro. Non riesco a capire per quale motivo le quote dovrebbero essere aumentate in questo importante ambito, considerato che è a svantaggio degli agricoltori interessati. Avrei potuto essere d’accordo per un aumento nei nuovi Stati membri, dove le quote disponibili sono effettivamente inappropriate.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, non appena sono entrato in Aula oggi, ho sentito il presidente della Commissione parlare della necessità di migliorare la competitività dell’UE. Eppure stiamo discutendo delle quote latte, un’espressione che rende l’Unione europea simile alla “EUSSR”.
E’ stato spiegato che conservare le quote fa sì che i prezzi rimangano elevati in modo da mantenere in attività gli agricoltori. Ma a quale prezzo? Allo stesso tempo, hanno condotto al calo della quota europea del mercato lattiero mondiale. Per quale motivo? Perché in realtà le quote bloccano lo sviluppo degli agricoltori efficienti, mentre altrove le quote restano inutilizzate.
Le quote possono garantire la produzione, ma a un costo troppo elevato per i consumatori, per gli agricoltori con un buon rendimento e per le economie dell’UE. E’ ora di eliminarle e affidarsi al libero mercato.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, appoggio tale relazione, che propone un aumento di solo il 2% delle quote per il periodo 2008-2009, poiché è stato richiesto al fine di ottenere un compromesso. In realtà avevo domandato un aumento del 4%, visto che ritengo ci consentirebbe di verificare in che modo mantenere il mercato, che a propria volta ci permetterebbe di elaborare conclusioni in base alle quali potremmo prendere una decisione in merito alla possibile abolizione del sistema di quote nella sua forma presente o modificata. In alternativa, potremmo decidere di abbandonarlo del tutto. Mi riferisco alla variazione del sistema dopo il 31 marzo 2015.
Un aumento delle quote è essenziale, soprattutto nel mio paese, la Polonia, in cui le quote di produzione pro capite della popolazione sono alquanto inferiori rispetto ai vecchi Stati membri. Inoltre, il consumo di prodotti derivati dal latte in Polonia è contenuto. Dovremmo essere in grado di rispondere al crescente consumo con la nostra produzione, poiché disponiamo di condizioni favorevoli per quest’ultima, ma agli agricoltori sono stati assegnati bassi limiti di produzione. Tale informazione indica la necessità di quote latte più elevate in futuro.
Michl Ebner (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, ho entusiasticamente votato a favore della relazione Goepel. Il lavoro del relatore è stato molto esauriente e positivo. Naturalmente non abbiamo potuto includere tutto ciò che avremmo voluto, ma l’aspetto più importante è che le precondizioni sono state create per introdurre le deroghe pertinenti nelle regioni montuose. In queste aree la situazione non è paragonabile ad altre e da qui richiede una protezione, una considerazione e un sostegno speciali.
Potrei inoltre cogliere questa opportunità per fare brevemente riferimento alla votazione di ieri sulla relazione Albertini? Dall’elenco della votazione pare che mi sia espresso contro l’emendamento n. 5. In realtà era mia intenzione votare a favore, dal momento che nei precedenti termini parlamentari sono stato molto attivo in merito alla questione della Convenzione alpina e della firma da parte della Commissione del protocollo sui trasporti.
Jan Březina (PPE-DE) . – (CS) Ho sostenuto la relazione dell’onorevole Goepel sulla politica agricola comune poiché ritengo sia un documento migliore dell’attuale proposta della Commissione.
Apprezzo il metodo più realistico e accurato di stabilire un tasso di degressività dei pagamenti diretti, anche se per principio sono contrario a elaborare parametri artificiali per le dimensioni delle imprese nel processo di riduzione dei pagamenti diretti, poiché una tale politica porrebbe in posizione svantaggiata le grandi imprese agricole nei nuovi Stati membri.
Non è giusto ridurre i pagamenti diretti alle grandi aziende agricole più che alle altre. L’idea che queste aziende siano nelle mani di un proprietario che è il destinatario di generose sovvenzioni è sbagliata. Al contrario, le loro quote di proprietà spesso sono diversificate; nella maggior parte dei casi si tratta di cooperative costituite da numerosi membri: i piccoli proprietari terrieri. Sono proprio questi i beneficiari finali dei pagamenti diretti e sarebbero i più colpiti.
Desidero anche mettervi in guardia dalla spesso discussa modulazione, in altre parole il trasferimento di fondi dal pilastro dei pagamenti diretti a quello dello sviluppo rurale. Manterrà i fondi nella dotazione nazionale, ma con il risultato che le aziende agricole saranno discriminate direttamente dallo Stato membro.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, il ruolo dell’Unione europea è promulgare leggi e ideare soluzioni che garantiscano, primo, stabilità e sviluppo per le imprese agricole, secondo, un livello di reddito adeguato per gli agricoltori, confrontabile con i livelli di altre occupazioni, terzo sicurezza alimentare per la società, e quarto la disponibilità di generi alimentari accessibili per i cittadini a basso reddito.
Ritengo che la relazione dell’onorevole Goepel sia in linea con il ruolo che ho appena evidenziato. E’ importante ricordare che, tuttavia, gli agricoltori sono impegnati in un’attività molto specifica, ovvero la produzione all’aperto che dipende dalle condizioni climatiche. Tale produzione non può essere incrementata all’improvviso, ad esempio introducendo un secondo turno. I prodotti agricoli rappresentano un’area vitale del commercio. Le condizioni e i principi del settore sul mercato globale hanno quindi effetti importanti sull’agricoltura europea. Mi riferisco ai negoziati dell’OMC.
Agricoltura non significa solo produzione, contribuisce anche a preservare il paesaggio e gli impatti sull’ambiente: da qui la complessa natura degli incarichi previsti e la necessità di introdurre strumenti appropriati che forniscano sostegno, nel quadro della politica agricola comune.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, vorrei esprimere una dichiarazione di voto poiché sono sempre stato coerentemente contrario alla politica agricola comune. Il primo discorso politico che ho compiuto seguiva tali linee. Eppure devo riconoscere che, nel processo di quest’ultimo periodo per la PAC, sono avvenuti alcuni miglioramenti di minore entità.
Sono preoccupato dei numerosi aspetti di tale relazione, il rifiuto della riduzione nel bilancio totale per il primo pilastro per il periodo fino al 2013, e in un recente incontro con gli agricoltori nella cittadina di Pitsford nel mio collegio elettorale, anche il più piccolo degli agricoltori comprende i problemi globali che la politica agricola comune di cui disponiamo in Europa sta creando per i più poveri nei paesi in via di sviluppo, i cui prodotti non possono competere con i nostri sovvenzionati. Pertanto, ho votato a favore, ma a malincuore.
Albert Deß (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, per le medesime ragioni espresse nel caso della relazione Jeggle, io e miei colleghi del CSU abbiamo votato contro la relazione di Lutz Goepel. Sia l’onorevole Elisabeth Jeggle che l’onorevole Lutz Goepel hanno elaborato eccellenti relazioni, e potremmo di certo concordare con il 98% delle osservazioni formulate nella relazione Goepel.
Tuttavia, la questione fondamentale è che nel documento si legge che le quote latte dovrebbero essere aumentate del 2% su base volontaria, e non posso concordare in merito. Inoltre, devo contraddire fermamente coloro che hanno affermato che i prodotti derivati dal latte sono troppo costosi. Ho alcune statistiche che indicano che nel 1970 un operaio tedesco doveva lavorare 22 minuti per acquistare 250 grammi di burro; oggi occorrono solo quattro minuti. All’epoca, l’operaio doveva lavorare nove minuti per un litro di latte; ora soltanto tre. Il cibo è a prezzo contenuto, e il pericolo di aumentare le quote è che i prezzi del latte calino nuovamente.
Syed Kamall (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, come continuazione dall’ultima dichiarazione di voto, l’oratore ha dichiarato quanto tempo in meno occorre ai lavoratori per procurarsi alimenti quali burro, latte e altri prodotti agricoli. So che per molti dei miei elettori costituisce un aspetto apprezzato, soprattutto per i cittadini a basso reddito, poiché è conveniente spendere meno per i generi alimentari.
Ma abbiamo sentito il Presidente della Commissione parlare della necessità di un’Europa competitiva appena sono entrato nell’Aula oggi. Eppure in che modo possiamo veramente realizzare tale obiettivo quando continuiamo ad avere una politica agricola comune? Come diventeremo davvero un’economia competitiva se seguitiamo a spendere più del 40% del bilancio dell’UE nell’agricoltura, un settore che genera meno del 5% della ricchezza?
Come possiamo continuare a offrire, con una mano, assistenza a ogni governo ai paesi in via di sviluppo, mentre con l’altra ostacoliamo gli agricoltori di tali paesi tramite le nostre sovvenzioni e le nostre tariffe di importazione?
Come possiamo seguitare a mantenere negoziati con l’Organizzazione mondiale del commercio dal momento che non progrediamo a sufficienza, a causa della politica agricola comune?
E’ giunto il momento di abolire le sovvenzioni; è giunto il momento di abolire le tariffe; è giunto il momento di abolire la politica agricola comune.
Edward McMillan-Scott (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, ho votato a favore della relazione Goepel, non perché appoggio la politica agricola comune, ma poiché sostengo una sua riforma: in particolare, il suo interesse per le imprese agricole montane. Provengo da una famiglia di allevatori di pecore da lunga data e ora rappresento lo Yorkshire e Humber in Parlamento, e in questi ultimi mesi sono concetrato sui problemi dei nostri allevatori delle zone di collina.
Solo pochi giorni fa, il 28 febbraio, lo Yorkshire Post intitolava: “Gli allevatori delle colline sono esortati a escogitare idee per la sopravvivenza”. Il giornale proseguiva: “Numerosi piccoli allevatori delle colline e della brughiera stanno soccombendo alle pressioni dei cambiamenti delle concessioni, dei costi burocratici e dei prezzi bassi provocati dalla concorrenza di altri paesi. Le restrizioni agli spostamenti stabilite in risposta all’allarme afta epizootica dello scorso autunno e alla comparsa della febbre catarrale stanno peggiorando la situazione.”
Ieri ho incontrato il Commissario Fischer Boel. L’ho sollecitata in merito all’importanza di incoraggiare il governo inglese, nella misura in cui sia disponibile un aiuto agli allevatori della zona collinare in Inghilterra, ad aumentare le sovvenzioni, dal momento che sono i secondi più bassi dell’Unione europea. E’ scandaloso.
Seán Ó Neachtain (UEN) . – (GA) Signor Presidente, per quanto riguarda la valutazione dello stato di salute della politica agricola comune, vorrei annunciare di essere contrario alla clausola ivi contenuta concernente i pagamenti riscossi dagli agricoltori al fine di incrementare i progetti di sviluppo rurale e ambientale dal 5% al 13%. Ritengo sia scorretto. Penso che la decisione dovrebbe essere presa da ogni Stato membro.
Stiamo discutendo della produzione di alimenti, in Europa stiamo dibattendo della sicurezza alimentare. Questa è la ragione per cui la politica agricola comune europea è estremamente importante per noi. E’ più che evidente che i cittadini europei non comprendono quanto sia essenziale. Sono notevolmente dispiaciuto che i negoziati con l’OMC minaccino la politica europea in campo alimentare e ho ribadito il concetto al Commissario Mandelson nell’incontro di ieri.
Oldřich Vlasák (PPE-DE) . – (CS) Signor Presidente, vorrei commentare la relazione dell’onorevole Tabajdi sull’agricoltura sostenibile e il biogas. Anche se non ho appoggiato tale relazione, desidero sottolineare la parte positiva che riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti, in particolare negli agglomerati urbani, e l’utilizzo di biocomponenti nel processo di produzione del biogas. Tuttavia, tale sistema implica costi economici elevati, più elevati del semplice trasferimento dei rifiuti nelle discariche o dell’incenerimento, perciò dovremmo prestarvi attenzione.
Pertanto ritengo sia importante incoraggiare le autorità locali ad aumentare soprattutto la raccolta di rifiuti solidi urbani, a effettuare la differenziata, usare ulteriormente biocomponenti, e creare strumenti finanziari speciali o forse semplificare l’impiego dei Fondi strutturali dell’UE.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Ho votato a favore della relazione sulla situazione delle donne nelle zone rurali dell’Unione europea in quanto si tratta di un argomento molto importante e interessante. Nell’affrontare tale questione, l’Unione europea si è mostrata in una luce diversa. Questa tematica mi sta molto a cuore, a causa delle mie origini, del mio interesse professionale e anche della mia attività in quanto deputato del Parlamento.
Nonostante siano avvenuti cambiamenti positivi, le donne tuttora svolgono più mansioni degli uomini, soprattutto in relazione alla casa e alla famiglia. Le donne sono particolarmente oberate nelle zone rurali.
Dall’adesione della Polonia all’Unione europea, si è osservato un miglioramento nelle condizioni di vita nel paese e un amumento dei redditi. Tale situazione contribuisce a migliorare la vita quotidiana delle donne nelle zone rurali. E’ vero che è soltanto l’inizio dei cambiamenti, ma almeno succede qualcosa.
Agnes Schierhuber (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, la situazione delle donne nelle zone rurali merita la nostra assoluta attenzione. Migliorando la loro condizione, è possibile sfruttare il pieno potenziale per lo sviluppo di tali aree. Si devono realizzare nuove tecnologie della comunicazione e di conseguenza nuovi posti di lavoro. Occorrono le infrastrutture pertinenti, vale a dire arterie di trasporto volte ad aprire le zone rurali, ma sono soprattutto necessarie valide opportunità formative. Tutto ciò e molto altro possono arrestare l’esodo della popolazione da queste zone.
Attualmente oltre metà della popolazione europea vive nelle zone rurali; il 45% del valore aggiunto lordo è prodotto in queste aree e vi si colloca il 53% dei posti di lavoro disponibili. Le donne nelle zone rurali si assumono maggiori responsabilità di quanto riconosciuto finora, specialmente per quanto riguarda il loro naturale impegno sociale.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, è sempre un piacere alzarsi per una posizione assunta dalla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere in quest’Aula.
Per tanto tempo mi sono chiesto per quale motivo esista ancora tale gruppo, la commissione per le donne, in Parlamento. Esiste una commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, ed evidentemente le donne sono meno numerose rispetto a tutti gli altri, e quindi, abbiamo curiosamente bisogno di una commissione separata.
Se si considerano alcune raccomandazioni in tale relazione, la cui relatrice, dal mio particolare punto di vista, ha svolto un pessimo lavoro per avere senso, invitiamo gli Stati membri “ad apportare un sostegno (…) finanziario al lavoro volontario”. Chiediamo “la registrazione obbligatoria delle coniugi assistenti”. Applicheremo un marchio auricolare alle persone che come me vivono in una zona rurale e sono sposate con una donna in una zona rurale?
In realtà, in questa relazione ci sono alcune raccomandazioni veramente positive, che meritano un’analisi scrupolosa e maggiore pubblicità, ma il fatto che provengano da tale commissione significa in effetti che affonderanno più rapidamente.
Riconosco il valore del martelletto, signor Presidente, ma spero che lei comprenda per quale motivo molti di noi non prendono seriamente le raccomandazioni della commissione per le donne in quest’Aula.
Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Il mio nome non è Martin Schulz, è semplicemente Frank Vanhecke, e certamente non sono un deputato di prim’ordine e di conseguenza non dispongo di alcun diritto in nessun momento, in nessuna discussione, non importa quando e per quanto a lungo, di esprimere la mia opinione, e quindi ogni tanto devo rimettermi agli elettori come un comune mortale e non da distante come il più santo dei santi, l’onorevole Schulz.
Detto ciò, ora intendo parlare della relazione dell’onorevole Klaß. Non nego che le donne nelle aree remote e altrove senza dubbio talvolta incontrino difficoltà, e naturalmente, come tutte le persone di buonsenso, sono a favore di misure volte a migliorare la posizione degli abitanti in zone svantaggiate, inclusa l’istruzione. Ciò va da sé, è come sfondare una porta aperta. La prima domanda la pongo a me stesso: tali iniziative rientrano nelle competenze europee? E’ un incarico che deve essere compreso a livello europeo oppure questa relazione rappresenta l’ennesimo esempio dell’ossessione dell’Europa per l’assicurazione contro le malattie, la sicurezza sociale e così via. Penso si tratti del secondo caso. Ritengo che la complementarietà di tale relazione in particolare abbia calpestato qualcuno. Credo che, come tutti possiamo notare, l’Europa stia diventando una sorta di Grande Fratello, cosa che onestamente mi spaventa.
Astrid Lulling (PPE-DE) . – (FR) Signor Presidente, per prima cosa desidero congratularmi con l’onorevole Klaβ per la sua relazione sulla situazione delle donne nelle zone rurali dell’UE. In realtà, dal momento che sono stata autrice di una relazione negli anni novanta sullo stato delle coniugi assistenti, in particolare nel settore agricolo, come l’onorevole Klaβ deploro il fatto che la Commissione europea non abbia dato un seguito a tale relazione, a cui è stato nuovamente fatto riferimento in una risoluzione del 2003, quando avevamo chiesto una revisione della direttiva del 1986 sul pari trattamento per gli uomini e le donne che svolgono attività indipendenti, incluse le mansioni agricole.
Questi milioni di lavoratori invisibili, coniugi assistenti che lavorano in imprese a livello familiare, industrie artigianali, attività commerciali e agricoltura sono soprattutto donne. Dieci anni fa abbiamo raccomandato una legge quadro europea per fornire, tra gli altri vantaggi, diritti sociali e pensionistici indipendenti per le coniugi assistenti che operano nel settore agricolo. Il fallimento della Commissione di agire in quest’ambito, nonostante le molte richieste da parte di quest’Aula, è del tutto inaccettabile. Spero pertanto che finalmente prenda in modo serio la nostra richiesta di presentare un emendamento alla direttiva entro la fine dell’anno.
Signor Presidente, vorrei inoltre trattare una questione personale e affermare che non concordo riguardo ai commenti del mio collega inglese. Sarei estremamente soddisfatta non fosse necessaria una commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, ma se certi uomini, che costituiscono la maggioranza, avessero un po’ più di considerazione per la situazione delle donne, per un pari trattamento e pari opportunità, non ci sarebbe affatto bisogno di questo tipo di commissione.
Albert Deß (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, all’inizio avevo intenzione di votare contro questa relazione. Tuttavia, dopo che l’onorevole Tabajdi ha formulato una dichiarazione orale relativa al paragrafo 41, alla fine mi sono espresso a favore. Ho votato contro il paragrafo 18, in cui si afferma che il biogas ha portato alla concorrenza nel settore dei mangimi. Non posso essere d’accordo: 4 000 stabilimenti per il biogas in Europa di certo non provocano una distorsione della concorrenza. Inoltre, il biogas ci consente di usare in maniera vantaggiosa il terreno agricolo in eccedenza. Un nostro collega ha suggerito di abolire la politica agricola comune; il biogas rappresenta anche un modo per aiutare i paesi in via di sviluppo. Oltre a ciò, l’Europa riceve l’80% delle esportazioni agricole dell’Africa e il 45% dell’America centrale e meridionale. Non siamo gli unici a impedire le esportazioni da questi paesi quindi; altri Stati ne sono esclusivamente responsabili.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Nel suo pacchetto sull’energia del gennaio 2007, la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche dell’energia. Tuttavia, il Parlamento europeo ha considerato che tale proposta contenesse numerose lacune, che ha cercato di colmare con una serie di emendamenti.
Sebbene in una certa misura critichiamo alcuni emendamenti, concordiamo sul fatto che, allo stato attuale, le statistiche elaborate dalle grandi organizzazioni internazionali, tra cui Eurostat, sono strutturate in funzione di strumenti contabili concepiti, in un periodo totalmente dominato dai combustibili fossili, per definire il funzionamento del settore energetico dal solo punto di vista dell’offerta.
Gli sviluppi degli ultimi 30 anni hanno gradualmente portato a un crescente divario tra le iniziali ambizioni di tali strumenti e la loro capacità di rappresentare la realtà del settore energetico.
Di conseguenza, esiste un crescente rischio, di anno in anno, che errori sistematici nella conoscenza e nella valutazione della realtà del settore energetico portino a decisioni prive di fondamento. Si è notato che la proposta della Commissione nasce dall’attività svolta nel 2003, 2004 e all’inizio del 2005 e ignora in gran parte i documenti chiave sulle questioni energetiche pubblicati dalla Commissione stessa nel marzo 2006 (Libro verde sull’energia) e nel gennaio 2007 (pacchetto sull’energia).
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questo documento, che chiede agli Stati membri di partecipare alla raccolta dei dati necessari per elaborare statistiche dell’energia valide. Si tratta di una conditio sine qua non per consentire all’UE di realizzare il proprio obiettivo stabilito: introdurre una politica energetica europea corrispondente ed esprimersi a una sola voce sulla scena internazionale.
La Commissione dovrà garantire che tali statistiche siano confrontabili, trasparenti, dettagliate e flessibili.
L’UE si è assunta l’impegno di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% entro il 2020 e di far sì che le energie rinnovabili costituiscano il 20% del totale del consumo energetico dell’UE entro il 2020, con l’obiettivo fissato al 10% per i biocarburanti.
Il sistema statistico relativo all’energia deve adattarsi a tali iniziative e tenere in considerazione la crescente importanza dell’efficienza energetica, delle energie rinnovabili, dei gas a effetto serra, dello sviluppo dell’energia nucleare e della comparsa dei biocarburanti.
Si deve inoltre prestare maggiore attenzione alla sicurezza dell’approvvigionamento dei principali carburanti. Occorrono dati più tempestivi e accurati a livello dell’UE al fine di anticipare e coordinare le soluzioni europee a possibili crisi nella fornitura.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La raccolta di statistiche indipendenti e accurate aiuta i consumatori, le imprese nonché il settore pubblico a prendere una serie di decisioni.
Appoggio il regolamento del Consiglio sulle statistiche dell’energia, ma respingo del tutto la motivazione sottesa al contributo della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. Non penso che il grande merito di raccogliere informazioni necessarie risieda nel fatto che sia d’aiuto per le istituzioni europee nello sviluppare una politica energetica europea corrispondente o consenta all’UE di esprimersi a una sola voce sulla scena internazionale.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) L’obiettivo della relazione dell’onorevole Turmes relativa alle statistiche dell’energia è elaborare un quadro comune a livello europeo che favorisca la reperibilità di informazioni complete, accurate e aggiornate sull’energia. Diventando cittadini e politici più sensibili all’importanza e alla complessità della situazione energetica, richiediamo tali misure. Ho votato a favore della relazione.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del mio collega Bart Staes relativa alle statistiche sui pesticidi.
Accolgo positivamente l’intervento della Commissione europea che, dal sesto programma di azione in materia di ambiente del 2002, ha ammesso che l’uso di pesticidi ha un impatto significativo sulla salute umana e sull’ambiente. Di conseguenza, il loro utilizzo dovrebbe essere sviluppato dal punto di vista dello sviluppo sostenibile e dovrebbe essere il soggetto di statistiche armonizzate confrontabili a livello comunitario sulla produzione, l’importazione, l’esportazione e la vendita, nell’ottica dell’elaborazione e della verifica di una normativa comunitaria in merito. E’ importante notare che non soltanto le attività agricole si servono di pesticidi; anche imprese incaricate delle aree verdi e della manutenzione stradale e ferroviaria ne fanno uso.
Infine, appoggio l’idea di chiarire l’espressione “prodotti fitosanitari”, sostituendola nel regolamento con il termine “pesticidi” e illustrando decisamente cosa s’intende.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Concordo riguardo alla proposta della Commissione poiché è fondamentale per ottenere statistiche dettagliate, armonizzate e aggiornate sulla vendita e l’utilizzo di prodotti fitosanitari a livello comunitario, al fine di verificare in maniera adeguata i rischi connessi all’uso di tali prodotti.
La proposta di istituire un quadro giuridico che indichi norme armonizzate per la raccolta e la diffusione di dati relativi alla vendita e all’uso dei prodotti fitosanitari è essenziale, poiché il calcolo degli indicatori di rischio esige dati appropriati, ma, secondo gli esperti, le informazioni esistenti su tali prodotti mancano di accessibilità, trasparenza e affidabilità.
Sebbene non condivida alcuni dettagli della relazione, come l’inclusione dei biocidi, essi non sminuiscono le idee basilari della Commissione. La relazione in effetti presenta alcune proposte molto positive, quali l’inserimento di ambiti non agricoli nella normativa futura, nonché l’adeguata protezione dei dati commerciali. Di conseguenza, mi sono espresso a favore della relazione Staes.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione. Ora stiamo intravedendo i primi preoccupanti effetti a lungo termine degli onnipresenti residui dei pesticidi: tumori, malattie endocrine, fertilità maschile ridotta, sistemi immunitari indeboliti, problemi comportamentali. L’esposizioni a pesticidi può inoltre accrescere il rischio di asma nei bambini.
Controllare i rischi connessi all’impiego di prodotti fitosanitari significa quindi che occorrono indicatori appropriati. Gli indicatori devono fornire dati disponibili, trasparenti, pertinenti e affidabili al fine di ridurre i danni e i pericoli per l’ambiente e la salute umana.
I principi attivi dei biocidi sono anche utilizzati come prodotti fitosanitari, e hanno all’incirca i medesimi effetti sulla salute e sull’ambiente. Questa categoria deve essere definita in modo chiaro e presa in considerazione nelle statistiche.
Per far sì che i dati siano il più possibile realistici, le statistiche devono includere l’uso dei prodotti fitosanitari non solo nelle attività agricole, ma anche in quelle non agricole quali la manutenzione di aree verdi, i servizi stradali e di trasporto ferroviario. Nel lungo termine si deve attuare in maniera autentica una riduzione quantificabile nell’impiego di tali prodotti.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) L’esigenza di una raccolta obbligatoria di dati relativi alla vendita, all’utilizzo e alla distribuzione dei prodotti fitosanitari è un’azione che sostengo. Consentirà l’adeguata valutazione dei rischi alla salute umana e all’ambiente che tali prodotti potrebbero generare. I biocidi dovrebbero costituire parte del regolamento proposto al fine di garantire la coerenza delle definizioni con il pacchetto sui pesticidi. Il regolamento deve inoltre includere l’uso non agricolo dei prodotti fitosanitari. Sono soddisfatto che la relazione tenti di soddisfare tali requisiti e ho votato di conseguenza.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione consultiva della mia collega tedesca, l’onorevole Elisabeth Jeggle, sull’aumento delle quote latte dal 1° aprile 2008. Tale documento mira a fornire una risposta alla domanda crescente di latte nell’Unione europea e sui mercati mondiali.
Accolgo positivamente il compromesso che consente agli Stati membri di incrementare del 2% le proprie quote di produzione dal 1° aprile 2008. Tale iniziativa dovrebbe contribuire a ripristinare un equilibrio tra i paesi che superano le quote e quelli che le sottoutilizzano al fine di limitare le multe per le eccedenze a livello europeo.
Colm Burke, Avril Doyle, Jim Higgins, Mairead McGuinness e Gay Mitchell (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Appoggiamo la relazione Jeggle sulle quote nazionali per il latte, che prevede un aumento del 2% delle quote. Nella commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale ho presentato emendamenti che chiedevano un aumento maggiore delle quote latte pari al 3%. Tale richiesta non è passata in sede di commissione, né oggi nella seduta plenaria. Il nostro gruppo ha sostenuto la teoria, che raccoglie consensi, di permettere un’estensione volontaria del 2% delle quote latte, e invitiamo il Consiglio a guidare il Parlamento e autorizzare gli operatori del settore a incrementare del 2% la loro produzione da aprile. Appoggiamo l’idea di offrire un sistema equilibrato in materia, che permetterebbe ai paesi che sovraproducono a usare le quote sottoutilizzate di altri Stati membri. Sembra scorretto penalizzare gli allevatori che possono e intendono aumentare la produzione in certi Stati membri in un momento in cui il totale dell’UE non sta sfruttando al massimo le proprie quote. Detto ciò, la votazione odierna è un segnale per i produttori, relativo al fatto che il regime di quote si sta gradualmente allentando con l’approssimarsi dell’abolizione delle quote nel 2015.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Sebbene la relazione della commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale si distacchi dalla proposta della Commissione trattando un aumento volontario del 2% delle quote latte per gli Stati membri e ignori la conclusione di tale regime, il fatto è che non prende posizione contro l’abolizione dell’attuale sistema di quote o la liberalizzazione del settore dopo il 2015, come programmato dal Commissario, ma che noi respingiamo. Da qui la ragione della nostra astensione.
Temiamo che questo aumento del 2% delle quote per gli Stati membri, benché facoltativo, consentirà ai paesi più grandi e alle loro maggiori aziende del settore di incrementare la produzione, conducendo a un calo dei prezzi per i produttori e pertanto a una situazione di dumping, che potrebbe servire come pretesto per una più semplice giustificazione della successiva abolizione del regime.
Qualsiasi aumento delle quote dovrebbe essere collegato a un’analisi a livello comunitario. Partendo dagli attuali livelli di consumo in ciascun paese, tale analisi dovrebbe essere accompagnata da politiche nazionali ed europee volte a sostenere un incremento della produzione nei paesi con disavanzo. In questo modo, è possibile promuovere l’aumento “regionalizzato” delle quote latte, in particolare nelle regioni più remote e montane, che può essere integrato dalla creazione di un “premio” finalizzato a sostenere la raccolta organizzata del latte dei produttori di tali regioni, quindi garantendo loro un reddito dignitoso.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Nel settore lattiero, stabilità e prevedibilità a lungo termine sono essenziali per i produttori e occorre prestare assoluta attenzione a qualsiasi problema nel sistema, che dovrebbe essere operativo fino al 2015.
Le modifiche ora proposte in termini di aumento delle quote, insieme a una riduzione delle sanzioni, indicate nella relazione Goepel, segnano l’inizio dell’abolizione di tale sistema ben prima del 2015.
Malgrado le recenti variazioni sul mercato lattiero, Portogallo e UE producono quantità inferiori di latte rispetto alle proprie quote, ragione per cui, anziché aumentarle, si dovrebbero applicare adattamenti che ripristinino un equilibrio tra i paesi, dal momento che 18 Stati membri su 27 producono al di sotto delle proprie possibilità.
Questo aumento del 2%, facoltativo o meno, rappresenta quindi una prova iniziale per il mercato che le regioni dotate di maggiore capacità competitiva ne trarranno beneficio, a discapito delle regioni più svantaggiate.
Nonostante la relazione Jeggle perfezioni la proposta della Commissione, mi sono astenuto dalla votazione per esprimere il mio disaccordo con ciò che, in pratica, è l’inizio dell’abolizione del sistema delle quote latte.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Il compromesso raggiunto in sede di commissione per l’agricoltura, in merito alla relazione Jeggle relativa alle quote latte, è soddisfacente. Occorre un aumento del 2% delle quote al fine di consentire all’Europa di reagire all’accresciuta domanda del mercato. Tuttavia, ritengo che nell’UE dovrebbe essere attuata questa iniziativa, concedere agli Stati membri la scelta di applicare le quote rappresenta un compromesso migliore di altre alternative. Al contrario non appoggio alcun emendamento, e ho votato in linea con queste opinioni.
Jean-Claude Martinez (NI), per iscritto. – (FR) Si diceva esistessero laghi di latte, montagne di burro e frigoriferi pieni zeppi di carne. Allora Bruxelles ha ideato alcuni rimedi maltusiani per calcolare la produzione. C’erano QMG, giacenze, premi per la macellazione e quote… per il latte. Migliaia di allevatori di mucche da latte svanirono. La Nuova Zelanda dominava il mercato lattiero.
Poi la situazione cambiò. Ci fu carenza di latte. I prezzi salirono alle stelle. Finalmente Bruxelles si rese conto dell’assurdità della propria politica che soffocava la produzione. Pertanto, decidiamo di aumentare le quote del 2%. Si intraprende questa iniziativa, andrebbe detto, anche per un “atterraggio morbido”, poiché nel 2015 le quote saranno abolite e il mercato consegnato al liberalismo totale, con i conseguenti rischi per i nostri allevatori delle zone di montagna.
Perciò, abbiamo rovinato gli allevatori negli anni ottanta e impedito ai giovani di immettersi sul mercato, dal momento che non era possibile “acquistare” la “licenza” dell’operatore, ovvero la quota. Ora, propendiamo per una maggiore desertificazione delle zone agricole montane, qualora non ci fossero più quote da srotolare come una rete di sicurezza.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Siccità e scarsità di foraggio, ad esempio in Australia, hanno condotto a un rialzo dei prezzi del latte. Alcuni Stati membri non hanno consumato nemmeno ora le proprie quote latte originali, mentre altri stanno raggiungendo il limite o addirittura lottando per rispettarlo. Per questa ragione le quote latte sono in ogni caso aumentate dello 0,5% in certi paesi. Qualora adesso si procedesse contemporaneamente a un ulteriore rialzo del 2% delle quote, si infrangerebbe seriamente il delicato equilibrio tra offerta e domanda e i prezzi del latte di conseguenza calerebbero.
Ci rimetterebbero maggiormente i piccoli allevatori nelle zone rurali, che rivestono il ruolo di guardiani dell’eredità culturale e dipendono dalla produzione del latte, ma non hanno la possibilità di operare all’ingrosso. Gli allevatori, giustamente, sentono di essere sfruttati, mentre ci si aspetta che i consumatori si accollino i prezzi aumentati di latte e generi alimentari, che non raggiungono i piccoli produttori. E’ giunto il momento di intervenire in merito.
Una situazione temporanea del mercato non deve risultare in queste misure programmate con i propri effetti a lungo termine. Di conseguenza, ho votato contro la relazione Jeggle su un ulteriore aumento delle quote latte.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) L’organizzazione del mercato lattiero è soggetta alle iniziative monopolistiche del settore, che controllano la maggior parte del mercato e hanno iniziato a difendere la sua piena liberalizzazione al fine di massimizzare i profitti.
La proposta della Commissione per una politica di “atterraggio morbido” e un aumento del 2% delle quote ogni anno fino al 2014, quando l’attuale regolamento terminerà, equivale a un’intensificazione delle diversa distribuzione delle quote tra gli Stati membri. La proposta farà gradualmente scomparire i piccoli e medi allevamenti di bestiame, che stanno lottando per sopravvivere, in particolare dopo gli esorbitanti aumenti dei prezzi del foraggio.
Siamo radicalmente contrari alla liberalizzazione del mercato nel comparto lattiero-caseario. Riteniamo che un incremento non lineare delle quote nazionali sia essenziale, in modo che sia possibile applicare aumenti supplementari negli Stati membri in cui le quote di produzione sono sempre state insufficienti. Ciò vale per la Grecia, in cui la produzione soddisfa a malapena il 50% del consumo interno.
Sosteniamo gli allevatori di bestiame che protestano per misure dirette di assistenza per le piccole e medie imprese, soprattutto nelle regioni montane e insulari, e in altre zone particolarmente problematiche, soprattutto laddove l’attuale situazione sta conducendo all’abbandono dell’attività agricola e dell’allevamento.
Ole Christensen, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (PSE), per iscritto. − (DA) I membri danesi del gruppo socialista al Parlamento europeo hanno votato contro la relazione sullo “stato di salute” della PAC, poiché si oppone al miglioramento del sistema di condizionalità e di trasferimento di denaro dal sostegno diretto allo sviluppo rurale, come ha proposto la Commissione.
Nel parere della commissione, questo elemento si rivela necessario per motivi ambientali, tra gli altri, al fine di introdurre una modulazione obbligatoria del 20% e rafforzare il sistema di condizionalità.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Voto contro la relazione poiché ritengo che ai produttori di latte biologico dovrebbe essere riconosciuto un aumento delle quote. L’incremento ora proposto avvantaggerà soprattutto i produttori su vasta scala a discapito dei piccoli operatori.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) A nome dei deputati laburisti britannici desidero illustrare le ragioni per come abbiamo votato su questa relazione.
Appoggiamo fermamente l’aumento del 2% delle quote latte per l’anno 2008/2009 proposto dalla Commissione, consentendo agli allevatori europei di reagire all’accresciuta domanda del mercato. Nell’UE disponiamo di allevatori più che in grado di rispondere alla domanda globale moltiplicata di latte e sarebbe inaccettabile negare loro l’opportunità di trarre beneficio dalla favorevole situazione del mercato.
Tuttavia, siamo dispiaciuti che il Parlamento sostenga un aumento facoltativo, anziché obbligatorio, del 2% delle quote latte. A mio parere, tale incremento costituisce un’azione volta a fornire ai produttori di latte la possibilità di operare maggiormente e contribuire quindi alla transizione verso un maggiore orientamento al mercato. Tale aspetto è in linea con l’atterraggio morbido prima dell’abolizione del regime nel 2015, come previsto nella valutazione dello stato di salute della PAC.
Capisco che molti paesi non raggiungono le attuali quote assegnate, Regno Unito compreso, ma ritengo fermamente che, in linea con l’abolizione delle quote latte nel 2015, occorra che gli allevatori mettano in pratica l’idea di avere la possibilità di produrre di più.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Marek Siwiec (PSE), per iscritto. − (EN) Ero a favore della posizione che il mercato lattiero dell’UE dovrebbe essere aperto più rapidamente di quanto programmato in un progetto di proposta già elaborato e ho votato per un aumento delle quote latte, anche se un incremento del 5%, come domandato dalla Polonia, non è stato presentato nella seduta plenaria. Non si è potuta raggiungere alcuna maggioranza nel Parlamento europeo per tale proposta.
La quota latte restrittiva della Polonia minaccia di trasformare il paese da un esportatore finale di prodotti lattiero-caseari in un importatore nell’arco di cinque-sette anni.
L’UE ha assegnato alla Polonia di gran lunga la quota maggiore offerta a uno dei 10 paesi dell’adesione, che riflette la posizione della Polonia in quanto quarto maggior produttore di latte dell’UE a 25 quando è entrata nell’UE nel maggio 2004. Ciononostante, la quota polacca è da considerarsi ridotta rispetto alle quote maggiori dei tre principali produttori di latte d’Europa, Germania, Francia e Gran Bretagna.
Le quote sono un retaggio della scorsa era, quando le fattorie producevano ignobili laghi di latte e l’UE doveva intervenire per evitare che i prezzi crollassero.
L’aumento delle quote latte può essere considerato l’inizio della loro abolizione, visto che tale sistema scadrà nel 2015.
Ewa Tomaszewska (UEN), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore dell’adozione degli emendamenti 18-21, vale a dire il blocco 1. Ho agito in questo modo nell’ottica della mancanza di latte per il consumo domestico e per l’esportazione nei paesi europei, poiché tale scarsità implica che i bambini nelle famiglie più disagiate siano malnutriti e le opportunità di esportazione per gli Stati membri ridotte. In effetti gli emendamenti sono stati respinti, ma ciononostante mi sono espressa a favore dell’adozione del documento nel suo complesso, poiché aumentare le quote latte del 2% costituisce almeno un passo nella direzione giusta, benché sia piccolo. Accrescere le quote del 3% e quindi abolirle del tutto in futuro, come il Parlamento ha già chiesto durante le discussioni, sarebbe una soluzione ancora più vantaggiosa. E’ tuttavia preferibile aumentare le quote, anche soltanto del 2%, anziché non effettuare alcuna modifica.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho votato a favore della relazione Goepel sulla “valutazione dello stato di salute” della PAC per onorare il lavoro fatto in commissione per l’agricoltura dalla delegazione socialista, che ha ottenuto dei risultati accettabili su temi da sempre molto importanti per lo sviluppo dell’agricoltura nell’Unione europea.
I risultati non sono ancora i migliori possibili, ma ci aspettiamo che, grazie allo sforzo e allo spirito di compromesso dimostrato dal collega Capoulas e dagli altri colleghi della commissione AGRI, che sono andati in alcuni casi oltre i propri interessi nazionali, sarà possibile nella prossima tappa, con il pacchetto legislativo che sarà presentato a maggio ed elaborato sotto la Presidenza francese, ottenere risultati molto più ambiziosi, soprattutto per quanto riguarda una ridistribuzione più equa degli aiuti, una maggiore trasparenza, migliori politiche di sviluppo rurale, un’efficace rete di sicurezza per quanto riguarda la gestione dei rischi in caso di catastrofi naturali, il ruolo dell’agricoltura e il suo contributo nella lotta al cambiamento climatico e nel quadro dei biocombustibili.
Il risultato di oggi permette al Parlamento europeo di condurre un dibattito allargato sul futuro della PAC, che deve adattarsi ai cambiamenti sociali ed economici pur continuando ad essere uno dei pilastri su cui si basa l’Europa.
Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Per quest’Aula è stato importante esprimere il proprio parere in merito agli orientamenti generali per la futura “valutazione dello stato di salute”.
Il gruppo socialista al Parlamento europeo ha ottenuto molte vittorie importanti, quali la critica al disaccoppiamento degli aiuti (allevamento di bestiame e piccole coltivazioni), gli obiettivi della PAC in termini di sicurezza alimentare, salvaguardia degli ecosistemi, ottimizzazione del suolo, effetti ridistributivi della digressiva soglia di riduzione, della modulazione, reti di sicurezza, riconoscimento del ruolo delle associazioni interprofessionali, il contributo dell’agricoltura ai cambiamenti climatici, e così via.
Tuttavia, a differenza del gruppo PSE, sono stata entusiasta di presentare alcuni punti:
– deve essere mantenuto un parziale disaccoppiamento degli aiuti diretti per i premi per animale, ma occorre prestare attenzione a non comprendere esclusivamente allevamento intensivo o su vasta scala (paragrafi 26 e 32);
– riferimenti storici non possono valutare la conformità di certi agricoltori a elevate norme ambientali (paragrafo 16);
– mantenimento di una progressiva riduzione della soglia degli aiuti diretti, poiché ciò consentirebbe una distribuzione più equa delle risorse della PAC (paragrafo 67)
– critica ai controlli sugli OGM, che ricorda che è impossibile applicare una coesistenza, sostegno per il principio di precauzione (emendamento n. 30)
– rifiuto dell’abolizione delle quote latte nel 2015 (paragrafo 76)
Colm Burke, Avril Doyle, Jim Higgins, Mairead McGuinness e Gay Mitchell (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Sosteniamo la fiducia generale della relazione sulla valutazione dello stato di salute della PAC. Tuttavia, è importante sottolineare che la particolare situazione dell’Irlanda, che ha disaccoppiato completamente tutti gli aiuti diretti dalla produzione, necessita di essere presa in considerazione. In particolare, gli impegni presi con tutti gli agricoltori nell’Agenda 2000 prevedevano una riduzione della burocrazia. Finora, l’esperienza non è stata del tutto positiva.
Per quanto riguarda la questione specifica di mantenere i pagamenti per i produttori, non possiamo accettare uno spostamento verso un contributo forfettario per ettaro. Gli agricoltori organizzano il bilancio sull’attuale sistema che durerà fino al 2013. Inoltre, sembrano inopportune azioni volte a incrementare la modulazione e ottenere di più dei pagamenti diretti dai produttori. Avremmo accolto positivamente un aumento elevato delle quote latte, ma in linea con la nostra opinione sulla relazione Jeggle abbiamo accettato il parere ad ampio consenso di un incremento del 2% per il prossimo anno di commercializzazione.
Sul lungo termine, tuttavia, esiste la minaccia posta da un accordo svantaggioso in seno all’OMC, che icnombe sull’agricoltura dell’UE. Occorre opporvisi.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione Goepel sulla “valutazione dello stato di salute” della PAC poiché chiede misure essenziali volte a sostenere lo sviluppo dell’agricoltura, uno dei maggiori settori dell’Unione europea.
A tal proposito, vorrei evidenziare un argomento della relazione secondo cui occorre stanziare fondi per conservare l’industria lattiero-casearia in regioni quali le Azzorre. Desidero inoltre sottolineare l’impegno significativo dell’onorevole Capoulas Santos e l’importante contributo fornito dai suoi emendamenti.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La critica della risoluzione della proposta della Commissione è inappropriata, anche se include due delle proposte principali da noi presentate. Tuttavia, il suo approccio generale è negativo, in particolare perché insiste sul disaccoppiamento degli aiuti alla produzione chiedendo alla Commissione di far approvare più rapidamente la politica in materia di disaccoppiamento. Eppure, l’esperienza ha dimostrato che disaccoppiare gli aiuti diretti dalla produzione agricola ha effetti dannosi: da qui il nostro voto contro la proposta di risoluzione.
Tuttavia, riteniamo che il rifiuto della relazione di qualsiasi rinazionalizzazione della politica agricola comune (PAC) sia positivo, come lo è anche la richiesta di misure finalizzate alla ristrutturazione e al rafforzamento dei settori agricoli chiave (ad esempio i settori lattiero-caseario e dell’allevamento bovino e ovino). Siamo lieti che siano state adottate le proposte presentate sulla necessità per la Commissione europea di prendere in considerazione, nei negoziati dell’OMC, le caratteristiche specifiche della produzione agricola come un settore di produzione di generi alimentari e un elemento strutturale per l’equilibrio territoriale, la preservazione dell’ambiente e la tutela di livelli adeguati di sicurezza alimentare.
Inoltre consideriamo positivo l’inserimento della nostra richiesta alla Commissione e agli Stati membri di prendere i provvedimenti necessari al fine di prevenire le attività speculative, accaparrandosi il mercato dei prodotti alimentari, e l’istituzione di cartelli da parte delle aziende del settore.
Christofer Fjellner (PPE-DE), per iscritto. − (SV) L’attuale valutazione dello stato di salute della politica agricola comune ha offerto alla Commissione e al Parlamento europeo una possibilità di compiere azioni ambiziose e determinate al fine di ottenere lo sviluppo costante della politica al vaglio. E’ fondamentale che la riforma della PAC prosegua su linee orientate al mercato, che comportano che la scelta del consumatore sia il fattore essenziale nelle decisioni degli agricoltori sulla produzione, mentre, allo stesso tempo, riduciamo il costo complessivo della politica agricola. L’attuale crescita sostenuta nella domanda globale di prodotti agricoli fornisce un ambiente favorevole in cui accelerare la deregolamentazione della politica in materia.
La delegazione moderata deplora il fatto che né la Commissione né il Parlamento europeo abbiano colto l’opportunità di farlo. Abbiamo quindi votato contro la relazione.
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Mi sono astenuto dalla votazione finale su questa relazione. Se contiene molti elementi positivi, non si spinge abbastanza lontano. Ogni riforma alla PAC deve, primo, diminuire gli aiuti e accrescere il ruolo del mercato nell’agricoltura. Secondo, deve considerare la promozione di un’economia rurale più ampia, anziché concentrarsi solo sull’agricoltura. Terzo, deve favorire il “buon” cibo, anziché preferire la quantità alla qualità. Solo su questa base è possibile stabilire una PAC conforme alle necessità e alle esigenze del nuovo millennio.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Ad eccezione della questione delle quote latte, ritengo che la proposta della Commissione sia decisamente adeguata. La relazione Goepel la perfeziona in molti aspetti, sebbene presenti alcuni emendamenti che non posso accogliere.
Da un lato, appoggio l’idea riguardo alla riduzione della soglia degli aiuti, come proposto dalla Commissione, poiché, ricordandoci il peso sempre maggiore dell’opinione pubblica sulle sovvenzioni agli agricoltori e seguendo l’attuazione della revisione della protezione del suolo, che ha reso il sistema più chiaro e trasparente, certi squilibri sono diventati evidenti. E’ pertanto essenziale individuare un metodo equo per limitare il livello di aiuti erogati ai grandi agricoltori.
Dall’altro lato, ritengo che mantenere i fondi che provengono dalla modulazione nelle rispettive regioni non contribuisca a risolvere le importanti differenze regionali che esistono nell’agricoltura europea.
Infine, per quanto riguarda le quote latte, sono contrario all’aumento del 2% nel 2008, nonché alla riduzione delle multe, in quanto ritengo che tali misure risulteranno nel regime delle quote latte che sarà abolito prima del 2015, con dannose conseguenze per le regioni più vulnerabili che dipendono dalla produzione del latte e per tutti gli allevatori che hanno investito nel settore e che quindi renderanno vane le loro aspettative.
Per tutte queste ragioni, mi sono astenuto dal voto.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La “valutazione dello stato di salute” della PAC elaborata dalla Commissione non è del tutto una valutazione: si tratta di nuova riforma non ammessa. Costituisce inoltre un altro passo verso la riorganizzazione economica del mondo su cui l’Europa di Bruxelles ha lavorato per anni sulle orme di Washington: nel sud e negli Stati Uniti, l’agricoltura, mentre nel nord i servizi e l’industria, con la crudele concorrenza delle nazioni emergenti.
L’agricoltura europea è semplicemente sacrificata, e sarà presto consegnata esclusivamente alle forze di mercato; un mercato ingannevole, per di più, dal momento che è stato lasciato senza difese contro le importazioni e a cui è stato negato l’accesso alle esportazioni.
L’agricoltura non è un settore come gli altri. Visto che nutre gli esseri umani, è una questione di indipendenza e sovranità nazionale. La qualità dei generi alimentari incide sulla salute pubblica. Lavorare la terra influisce sulla pianificazione dell’utilizzazione del suolo, la tutela dell’ambiente, la biodiversità, la gestione delle risorse idriche, l’organizzazione e la popolazione delle zone rurali…, ma è ancora un’attività produttiva.
Rinunciare a tutte le politiche agricole proattive è peggio che commettere un crimine: è un terribile errore. E’ un gran peccato che, a parte pochi elementi positivi, il relatore non abbia messo in dubbio questa logica.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) In Svezia sia il precedente che l’attuale governo hanno espresso dichiarazioni positive sull’imminente “valutazione dello stato di salute” del bilancio a lungo termine dell’UE e della politica agricola comune nei prossimi anni, ai fini di condurre a modifiche e riforme considerevoli.
Ora notiamo che la maggioranza federalista nel Parlamento europeo ritiene che i capi di Stato e di governo nel 2002 si siano impegnati a mantenere i fondi agricoli del primo pilastro del tutto allo stesso livello fino al 2013 e che tale iniziativa dovrebbe essere rispettata.
Come può l’accordo del 2002 essere interpretato in modi diversi? La maggioranza dei gruppi PPE-DE e PSE nel Parlamento europeo pensa che le riforme devono essere attuate solo dopo il 2013. Il partito socialdemocratico svedese e Alleanza per la Svezia hanno annunciato agli elettori svedesi che le riforme saranno introdotte direttamente nel bilancio a lungo termine in base alla “valutazione dello stato di salute” nel periodo 2008-2009.
Qual è l’interpretazione corretta dell’accordo del 2002?
Il Junilistan ritiene che senz’altro le riforme alla politica agricola comune e una riduzione dei suoi costi nel bilancio europeo debbano avvenire direttamente dopo la conclusione della valutazione dello stato di salute. Tutte le altre soluzioni costituirebbero un inganno per gli elettori nei sei Stati membri che, nel 2005, non hanno voluto espandere il bilancio a lungo termine dell’UE.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questa relazione, che, in particolare, suggerisce di prendere in considerazione le speciali caratteristiche delle regioni in difficoltà e i settori sensibili quale l’allevamento di bestiame, nonché di semplificare le norme per gli agricoltori.
L’obiettivo è migliorare il funzionamento della politica agricola comune in base all’esperienza maturata dal 2003, e adattare tale azione alle nuove sfide e alle possibilità presentate nel 2008 in un’Unione europea con 27 Stati membri.
La relazione sostiene che gli aiuti diretti saranno ancora necessari dopo il 2013, non solo in caso di problemi sui mercati, ma anche per compensare i servizi offerti dagli agricoltori alla società nonché gli standard molto elevati in termini di ambiente, salute e benessere degli animali.
Per quanto riguarda la gestione dei rischi, la Commissione dovrebbe ricevere un messaggio dall’Assemblea in questa relazione, nella prospettiva della futura riforma della PAC.
Si devono sviluppare con urgenza progetti privati o misti di assicurazione con la copertura finanziaria pubblica, garantendo una parità fra gli Stati membri. La Commissione dovrebbe considerare l’introduzione di un sistema europeo di riassicurazione per i futuri disastri ambientali o connessi al clima, e dovrebbero essere finanziate misure di prevenzione dei rischi in conformità con il primo pilastro (sostegno ai mercati agricoli).
Marian Harkin (ALDE), per iscritto. − (EN) Sostengo fermamente l’opinione che occorra garantire finanziamenti appropriati per lo sviluppo rurale, molti abitanti delle zone rurali non sono direttamente coinvolti nell’agricoltura o solo parzialmente, al fine di assicurare uno sviluppo regionale equilibrato, dobbiamo prevedere una proporzione nello sviluppo tra la zona urbana e rurale. Tuttavia, questa iniziativa non deve essere ottenuta a spese del primo pilastro. La crescita delle zone rurali rappresenta un obiettivo apprezzabile nel proprio diritto e non deve essere costretto dipendendo dai fondi modulati.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore del valido emendamento n. 29, che chiede alla Commissione e agli Stati membri di prendere misure volte a prevenire il controllo del mercato dei prodotti alimentari e la creazione di cartelli da parte delle aziende del settore, e spero che si intervenga al fine di evitare che i supermercati costringano i produttori ad accettare prezzi economicamente insostenibili per la loro attività. Ho inoltre appoggiato l’emendamento n. 30, che richiede più restrizioni alle colture OGM, osservando che è impossibile per tali coltivazioni coesistere con quelle convenzionali e/o biologiche, e il ritiro di specie OGM già introdotte da alcuni Stati membri. Tale azione ottiene chiaramente il sostegno pubblico, come dimostrato dalle inchieste condotte finora.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. − (DE) Al fine di impedire che gli alimenti di alta qualità in Europa scarseggino e diventino molto costosi, molte persone ora devono capire che l’agricoltura dell’UE necessita di essere competitiva, sostenibile, multifunzionale ed esauriente, nonché concorrenziale a livello internazionale.
Occorre ancora la PAC, e deve garantire che nel futuro l’agricoltura sia affidabile, prevedibile e stabile.
Il compromesso che stiamo votando oggi costituisce un lavoro lodevole da parte del nostro relatore, l’onorevole Lutz Goepel. Tale compromesso non mi soddisfa del tutto, tuttavia, in particolare poiché la modulazione proposta di oltre 10 000 euro, benché in apparenza sia soltanto l’1%, non può ragionevolmente essere prevista da parte degli agricoltori del mio paese. Il fatto che queste risorse debbano tornare alle rispettive regioni è una piccola consolazione per i singoli agricoltori. Provate a immaginare dovessimo imporre tagli alle retribuzioni dei dipendenti, per esempio, del settore pubblico.
Sono accolte positivamente le proposte in merito a una rete di sicurezza di base e a un sistema di gestione delle crisi.
Deve inoltre essere chiaro che l’articolo 69 non rappresenta una panacea, anche se è soddisfacente per usare maggiormente tali strumenti atti a finanziare le misure per aiutare, ad esempio, i giovani agricoltori, il rimboschimento e i raccolti precoci.
Sebbene non abbiamo tuttora diritto di codecisione sulla politica agricola, ciononostante raccomanderei alla Commissione di non essere eccessivamente ostinata.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La valutazione dello stato di salute della PAC avvierà le future riforme del settore e trovo difficile sostenere del tutto la relazione dell’onorevole Lutz Goepel in materia. La valutazione dello stato di salute dovrebbe veramente cercare di creare un settore per il mercato, impegnato per la sostenibilità rurale e ambientale. Occorre prendere le distanze dalla cultura del protezionismo e dagli aiuti che distorcono il mercato che l’attuale PAC favorisce. La politica dovrebbe inoltre incoraggiare i paesi terzi, soprattutto i paesi in via di sviluppo, a commerciare con noi. Il mio voto rispecchia tali preoccupazioni.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Se deve essere efficace, la revisione della politica agricola comune esige priorità differenti e, ovviamente, maggiori risorse. L’abbandono dei terreni agricoli e una produzione ridotta stanno conducendo al declino delle campagne e alla svalutazione del ruolo del settore primario nel quadro sociale ed economico. Chiediamo una trasformazione radicale della PAC. Occorrono misure volte ad aiutare i piccoli e medi agricoltori a continuare la loro attività. Si devono mantenere popolazione rurale, diversità, tutela ambientale e salute pubblica. Cerchiamo una politica comune di assicurazione a livello agricolo contro tutte le eventualità legate non solo alle condizioni atmosferiche, ma anche al cibo e all’instabilità del mercato. Siamo contrari alla priorità di armonizzare le politiche agricole con gli obiettivi e i negoziati dell’OMC. Desideriamo una politica agricola che offra cibo di elevata qualità e a prezzi contenuti per tutti, e perciò voto contro tale relazione.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Tutte le politiche chiaramente devono adattarsi a una necessità, nonché soddisfarla. Considerata l’attuale situazione in termini di mercati agricoli, abitudini di consumo, requisiti ambientali e tendenze future, i presupposti, i concetti e le norme della politica agricola comune devono essere riconsiderati e riformati. Il nucleo di tale riforma deve includere certe idee fondamentali, quali l’importanza della vitalità del mondo rurale, l’esigenza di prevenire la scomparsa dell’agricoltura europea, i redditi degli agricoltori, la necessità di immettere in questo mercato i giovani imprenditori e modelli creativi di produzione e gestione, e gli interessi dei consumatori, che, sebbene tutti apparteniamo a tale categoria, molto spesso non sono rappresentati in maniera rigorosa.
Malgrado gli immediati svantaggi che un calo generalizzato dei prezzi potrebbe provocare per certi settori della società, nelle economie sviluppate e in via di sviluppo, tale riforma presenta una serie di pregi (ci sarà subito un consumo più elevato tra le persone nei paesi che stanno affrontando una crescita accelerata) e di potenziali benefici, che bisognerebbe considerare. Questo è l’approccio che spero venga adottato, sia dalle istituzioni europee che dai governi nazionali.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. − (SV) Esistono due aspetti che un sostenitore dell’UE deve spiegare (se non difendere) quando torna a casa e parla del proprio lavoro nell’UE. Il primo è il circo viaggiante del Parlamento che fa la spola avanti e indietro da Strasburgo. Il secondo è la questione delle sovvenzioni all’agricoltura. In entrambi i casi il sistema attuale è egualmente impossibile da difendere, e spiegare. Non ci sono buone ragioni per andare a Strasburgo, e nemmeno perché i contribuenti europei dovrebbero finanziare la famiglia reale britannica, che al momento è una dei principali beneficiari di tale metodo, mentre allo stesso tempo sono esclusi i produttori africani.
La relazione Goepel ha pienamente adottato l’approccio sbagliato; quindi ho espresso voto contrario, soprattutto perché ritengo che le sue intenzioni indichino l’errata direzione: sostengo più diretto, minori riforme, meno orientamento al mercato. La Commissione ha compiuto notevoli progressi nell’indirizzarsi verso un sistema più aggiornato di sostegno all’agricoltura. E’ spiacevole che il Parlamento paia voler tornare indietro.
Brian Simpson (PSE), per iscritto. − (EN) A nome dei deputati laburisti inglesi, intendo spiegare le ragioni del nostro voto su questa importante relazione.
Prima di tutto riteniamo che sia necessaria un’accurata revisione della PAC, in modo da poterci allontanare dai pagamenti diretti agli agricoltori verso un sistema che incoraggi la sostenibilità rurale. A tale proposito, avremmo voluto assistere un totale disaccoppiamento dei pagamenti diretti, ma ci rendiamo conto che molti Stati membri abbiano difficoltà in merito.
Un punto essenziale per me è che la riforma della PAC non dovrebbe essere considerata una questione di grandi imprese agricole contro piccole imprese agricole. Dovrebbe essere una questione di efficienza contro inefficienza.
Pertanto, io e la delegazione del British Labour voteremo a favore degli emendamenti relativi a maggiori finanziamenti per lo sviluppo rurale, all’apertura del commercio con i paesi in via di sviluppo, e contro gli emendamenti che cercano di introdurre misure protezioniste per gli agricoltori dell’UE. Vorremmo che la Commissione proponesse l’abolizione della riduzione digressiva della soglia e affrontasse il problema dei pagamenti diretti in maniera più radicale.
Non esprimeremo voto contrario alla relazione, ma ci asterremo nella speranza che le proposte legislative presentate al Parlamento ammetteranno la necessità di una riforma radicale.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163, paragrafo 1, del Regolamento)
Catherine Stihler (PSE), per iscritto. − (EN) L’esigenza di riformare la PAC deve essere permanente. Purtroppo la relazione del Parlamento non è ambiziosa a sufficienza.
Daniel Strož (GUE/NGL), per iscritto. − (CS) Per quanto riguarda la relazione dell’onorevole Lutz Goepel sulla “valutazione dello stato di salute” della PAC, visto che sono uno dei rappresentanti della Repubblica ceca nel Parlamento europeo ritengo sia mio dovere prestare urgente attenzione ai fatti seguenti. La proposta della Commissione per il riesame della politica agricola comune dovrebbe risultare in testi legislativi che il Consiglio e il Parlamento europeo presenteranno al più tardi nel maggio 2008. La Repubblica ceca sostiene appieno che l’agricoltura europea sia dinamica e incentrata sullo sviluppo sostenibile delle industrie agricole e alimentari, la cui priorità è garantire sia la sicurezza alimentare che quella energetica. Per il mio paese, la modulazione e la degressività dei pagamenti diretti sono le misure più essenziali tra quelle discusse durante la revisione della PAC.
Provvedimenti quali la degressività, ovvero ridurre i pagamenti diretti secondo le dimensioni delle imprese agricole, avrebbero un impatto selettivo solo su certi Stati membri e un effetto negativo sulla competitività del settore agricolo in paesi come la Repubblica ceca. Allo stesso tempo, tali provvedimenti condurrebbero chiaramente al collasso organizzativo delle imprese agricole. Per queste ragioni in particolare è difficile per la Repubblica ceca accettare l’attuale proposta relativa a modulazione e degressività, e non solo per la Repubblica ceca, immagino.
Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. − (NL) Nel Trattato di Lisbona, i cinque obiettivi della PAC restano inalterati rispetto all’attuale Trattato. Tale documento stabilisce, tra le altre cose, che si devono garantire prezzi ragionevoli. L’obiettivo è ora più pertinente che mai per i consumatori.
Al momento un altro problema è l’efficienza della politica agricola europea. Tutto sommato, non dobbiamo essere ciechi di fronte al lato negativo della PAC attuale: gli agricoltori devono essere in grado di ottenere un reddito, ma anche lavorare in maniera efficiente, in modo che i giovani continuino a scegliere una carriera nel settore.
Spesso ho ripetuto le parole del Commissario per l’agricoltura e lo sviluppo rurale Fischer Boel, quando afferma che non occorre essere malati per valutare il proprio stato di salute. Dobbiamo avere il coraggio di chiedere se la politica agricola corrente sia adattata alla crescita del mercato (mondiale) e alle necessità dell’UE a 27. Inoltre, la discussione relativa alla “valutazione dello stato di salute” è un’opportunità per la politica agricola al fine di essere giustificabile di fronte all’opinione pubblica.
Onorevoli colleghi, i cittadini europei si attendono sicurezza e difesa a livello alimentare, e un interesse nella sovranità connessa al settore. Attraverso questa relazione di iniziativa, il Parlamento scopre le proprie carte e trasmette alla Commissione un testo valido.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Le proposte di una “valutazione dello stato di salute” della PAC costituiscono un nuovo attacco ai piccoli e medi agricoltori.
I piccoli e medi agricoltori stanno subendo i risultati della revisione della PAC del 2003: la disoccupazione è aumentata poiché sono scomparse migliaia di piccole e medie aziende.
In Grecia, la coltivazione del tabacco è calata del 70%, due stabilimenti di lavorazione dello zucchero su cinque hanno chiuso, il reddito di origine agricola si è ridotto, e il numero di vigneti è destinato a diminuire.
Le nuove proposte della Commissione stanno separando gli aiuti dalla produzione e trasferiscono le risorse di sostegno diretto per gli agricoltori al secondo pilastro, a vantaggio soprattutto delle attività commerciali. Le proposte aboliscono del tutto l’intervento e riducono le sovvenzioni agricole dal 2009. Tale situazione accelererà la scomparsa delle piccole e medie imprese agricole.
Tali misure sono finalizzate a ottenere maggiore sostegno dai proprietari terrieri e dalle multinazionali alimentari. Pertanto, il terreno sarà concentrato più rapidamente, la produzione e il commercio dei beni agricoli saranno nelle mani di pochi, e le disparità e le ingiustizie fondamentali della PAC si inaspriranno (il 20% delle imprese agricole riceverà l’80% delle sovvenzioni). I riferimenti all’agricoltura che contribuiscono alla tutela dell’ambiente sono ipocriti, dal momento che lo sradicamento di migliaia di piccole e medie imprese agricole si sta aggiungendo alla devastazione delle regioni, mentre l’uso delle colture per i biocarburanti favorirà l’aumento dei prezzi dei generi alimentari.
Votiamo contro le proposte dell’UE per una “valutazione dello stato di salute” della PAC.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Klaß sulla situazione delle donne nelle zone rurali dell’Unione europea poiché ritengo che le politiche in materia di sviluppo rurale debbano prendere in considerazione la dimensione di genere. In questo modo, possono contribuire a ottenere gli obiettivi della strategia di Lisbona in termini di crescita, istruzione, occupazione e coesione sociale.
Credo che le donne rivestano un ruolo essenziale nel promuovere la crescita locale e sociale. Questa è la ragione per cui le proposte volte a migliorare le condizioni di lavoro delle donne nelle zone rurali creando, ad esempio, infrastrutture educative e formative a tutti i livelli, favorendo pari accesso al mercato del lavoro, fornendo incentivi per incoraggiare l’imprenditorialità femminile e sviluppando servizi sociali e sanitari di elevata qualità, sono fondamentali per uno sviluppo rurale sostenibile.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Accogliamo positivamente il fatto che siano stati adottati i vari emendamenti che migliorano la relazione finale, tra cui una delle nostre proposte che sottolinea la necessità di assegnare il maggior valore possibile al lavoro delle donne, comprese le immigranti, che non appartengono a famiglie proprietarie di imprese agricole, ma forniscono lavoro nei campi e sono particolarmente colpite dalla discriminazione nel mondo dell’agricoltura. Abbiamo pertanto votato a favore di questa relazione.
Tuttavia, ci dispiace che le altre nostre proposte sulla situazione delle donne nelle zone rurali non siano state introdotte. Tale condizione è fortemente influenzata dalla situazione agricola generale e le donne subiscono le conseguenze di ingiuste misure della PAC (politica agricola comune), che hanno condotto al crescente abbandono delle piccole e medie imprese agricole e dell’agricoltura basata sull’attività familiare.
Quindi continuiamo a porre l’accento sulla necessità di un’accurata revisione della PAC con una priorità per la protezione dell’attività agricola a livello familiare e delle piccole e medie imprese agricole al fine di sostenere la produzione e garantire i redditi.
Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. − (PL) Pur non sottovalutando l’importanza delle città e dei grandi agglomerati urbani, è importante ricordare che la maggior parte della vita sociale ed economica europea avviene nelle zone rurali. Per questa ragione sono lieta di accogliere la relazione dell’onorevole Klaß sulla situazione delle donne nelle zone rurali. La nostra discussione in merito si collega in maniera appropriata con il dibattito generale legato alla celebrazione della giornata internazionale delle donne.
Appoggio l’idea principale contenuta in questa relazione, ovvero che lo sviluppo delle zone rurali non può essere basato esclusivamente sull’agricoltura. La politica agricola dell’UE mira a garantire un autentico sviluppo sostenibile per queste aree, fornendo pertanto alla popolazione locale, incluse le donne, opportunità aggiuntive per valorizzare al meglio il loro potenziale. Tale iniziativa interessa le donne che assumono un ruolo più importante nella vita delle comunità locali, che svolgono il loro compito nella creazione di nuove imprese e che sono coinvolte nello sviluppo del settore dei servizi.
Occorre sottolineare con forza che il principio basilare che deve prevalere quando si tratta di definire il funzionamento delle zone rurali è la parità di opportunità tra gli uomini e le donne. Uno dei metodi con cui questo aspetto può essere valutato è l’accesso delle donne al mercato del lavoro. Purtroppo, gli indicatori dell’occupazione femminile sono inferiori nelle zone rurali, poiché le donne che lavorano nelle imprese agricole non sono sempre annoverate nella forza lavoro. Queste donne hanno inoltre minori possibilità di posti di lavoro retribuiti rispetto alle donne nelle aree urbane.
E’ possibile trovare una soluzione a questa situazione sfavorevole soltanto cambiando la mentalità della popolazione locale e tramite nuovi incentivi economici l’UE si sta mettendo a disposizione delle zone rurali.
Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho appoggiato la relazione Klaß, che affronta numerose importanti questioni di fronte alle quali si trovano le donne nelle nostre zone rurali. Basse retribuzioni, carenza di servizi accessibili come l’assistenza all’infanzia, ed esclusione sociale costituiscono problemi che sono troppo comuni nelle comunità rurali. Gli Stati membri devono agire per garantire che siano risolti e che le condizioni di lavoro in queste aree siano eque per tutti i nostri cittadini.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Sono favorevole alle misure volte ad aiutare le donne nelle regioni rurali, poiché questa particolare categoria è seriamente colpita dalla disoccupazione e, di conseguenza, da povertà e possibile esclusione sociale.
Come citato dall’onorevole Klaß nella sua relazione, la politica regionale e lo sviluppo di queste zone spesso svantaggiate e della loro popolazione rientrano nelle priorità politiche dell’Unione europea. Considerato che il diritto delle donne alle pari opportunità è stato indebolito anche in regioni economicamente fiorenti, è essenziale offrire sostegno alle donne nelle zone rurali più povere e incrementare le loro possibilità di partecipare alla vita lavorativa.
Desidero prestare particolare attenzione alle inappropriate disposizioni attuali relative alla copertura assicurativa per i coniugi assistenti, la maggior parte dei quali è formata da donne. In questo caso, occorre un emendamento rapido ed efficiente della normativa. Deve anche essere perfezionata l’assenza di uno status giuridico per quanto riguarda il diritto al congedo di maternità e per malattia, soprattutto per le donne lavoratrici indipendenti e le coniugi assistenti.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore la relazione dell’onorevole Christa Klaß sulla situazione delle donne nelle zone rurali dell’UE. L’obiettivo di cercare di ridurre la migrazione femminile da tali regioni gode del mio pieno appoggio. Introducendo misure volte a riconoscere, proteggere e promuovere il ruolo delle donne nel settore agricolo, non solo miglioreremo la parità tra uomini e donne in tali aree, ma stimoleremo anche la crescita economica e incoraggeremo lo sviluppo sostenibile in merito. Mi sono espresso a favore della relazione.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Occorre che la parità dei sessi nelle zone rurali desti maggiore interesse europeo. La situazione dei diritti delle donne, in effetti, e il loro posto nella società rurale richiedono sostanzialmente più determinazione da parte degli Stati membri e della Commissione.
Da un lato, le donne sono soggette a uno status giuridico particolarmente sfavorevole quando lavorano nel settore agricolo come coniugi assistenti. La Commissione europea deve interrompere in modo netto questa disparità di diritto, che priva certe donne europee dell’accesso alla sicurezza sociale, al congedo di maternità e per malattia, o l’acquisizione di diritti pensionistici in caso di divorzio.
Dall’altro lato, non esiste sostegno sufficiente per le iniziative economiche e l’imprenditorialità femminile. Gli Stati membri devono, ad esempio, offrire incentivi finanziari alle imprese che diversificano il lavoro delle donne, e in senso più generale appoggiano lo sviluppo di infrastrutture e nuove tecnologie in contesti rurali. Nel complesso, la Commissione deve condurre un’analisi più approfondita di programmi volti a incoraggiare lo sviluppo rurale dal punto di vista femminile.
Le zone rurali costituiscono il 56% della popolazione europea. Desidero offrire il mio pieno appoggio alle proposte della relazione dell’onorevole Klaβ, poiché le donne possono di certo contribuire con il loro dinamismo e la creatività.
Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) La situazione delle donne nelle zone rurali è stata discussa molte volte in numerose conferenze internazionali sulle donne (1975, 1980, 1985 e 1995), sulla riforma agricola e lo sviluppo rurale (1979) e sulla popolazione (1994), nonché dalla Commissione europea e dal Parlamento. L’accumulo di documenti, tuttavia, è piuttosto inutile dal momento che le osservazioni sono sempre le stesse: un aumento della “mascolinizzazione” della popolazione rurale e nessun miglioramento della condizione delle coniugi assistenti con attività agricole.
E’ ora che si sviluppino strategie volte a frenare l’esodo delle donne dalle zone rurali, in particolare delle donne dotate di qualifiche. Inoltre è giunto il momento di prendere in considerazione lo sviluppo di ampi orientamenti a livello mondiale, soprattutto l’abolizione dei controlli sull’attività commerciale e finanziaria, e la privatizzazione dell’agricoltura in un settore commerciale strettamente regolato e dominato da quote.
I tempi stanno cambiando, ma non le mentalità e le abitudini che troppo spesso preferiscono che il ruolo delle donne in agricoltura sia quello di semplici cooperatrici o dipendenti non retribuite, lavorando frequentemente in imprese strettamente familiari.
La relazione propone modifiche a tale situazione e pertanto voteremo a favore.
Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Desidero congratularmi con Csaba Tabajdi per la sua eccellente relazione, e per la ricerca e il riepilogo che ha elaborato in modo così efficace.
Tuttavia, vorrei specificare che ho espresso voto contrario sul paragrafo 27:
“27. Sottolinea in tale contesto l’importanza dell’ingegneria genetica verde e chiede l’intensificazione degli sforzi degli Stati membri e della Commissione nel settore della ricerca legata alle recenti tecnologie in materia di sementi e protezione fitosanitaria, affinché la produzione di biogas non entri in competizione con la produzione di alimenti di elevata qualità e la quantità di biomassa per unità di superficie possa essere nettamente aumentata”.
Ritengo che i biogas dovrebbero essere ottenuti soprattutto dai rifiuti agricoli. Non si tratta di sviluppare sementi OGM e pesticidi al fine di promuovere un tipo di agricoltura più intensiva. Questa azione danneggerebbe l’ambiente e annullerebbe i vantaggi dei biocarburanti. Come suggerisce il titolo della relazione, dobbiamo incoraggiare soprattutto un’agricoltura sostenibile.
Sarò responsabile del parere della commissione sull’agricoltura e lo sviluppo rurale relativo al progetto di direttiva sulla promozione di fonti di energia rinnovabile.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Questa relazione comprende numerose importanti questioni e presenta conclusioni che appoggiamo. In particolare concordiamo sul fatto che, prima di utilizzare biomassa “dedicata”, dovremmo per prima cosa utilizzare le varie fonti di rifiuti che sono dotate di un’energia e di un valore economico, quindi riducendo o risolvendo gravi problemi ambientali. Inoltre è positivo che la relazione confermi che il biogas abbia maggior potenziale rispetto ai biocarburanti liquidi, un fatto che è stato ignorato dalla Commissione europea.
Tuttavia, riteniamo che certe questioni avrebbero dovuto essere considerate con maggiore attenzione, in particolare la differenza tra biogas e l’estremamente importante biometano, una versione aggiornata del biogas. Occorre compiere una chiara distinzione tra biogas e biometano. Quest’ultimo può e deve essere prodotto da impianti per il trattamento delle acque reflue, discariche e rifiuti industriali, più, ovviamente, da effluenti di allevamento. Svizzera e Svezia stanno già producendo biometano e utilizzando le reti per il gas naturale per la sua distribuzione. Nella zona di Göteborg, nel sud della Svezia, ci sono già circa 4 500 veicoli alimentati esclusivamente a biometano. Negli Stati Uniti, esistono molti produttori di biometano, distribuito sotto forma di biometano liquefatto.
Sottolineiamo quindi la necessità per la Commissione europea di prestare piena attenzione e attribuire priorità ai finanziamenti dei progetti in materia di biometano in Europa.
Duarte Freitas (PPE-DE), per iscritto. − (PT) La relazione Tabajdi evidenzia il potenziale del biogas agricolo e suggerisce l’adozione di una direttiva sulla produzione di biogas.
Ho votato a favore della relazione Tabajdi poiché ritengo che utilizzare il biogas abbia due vantaggi: primo, può contribuire alla sicurezza e alla sostenibilità dell’approvvigionamento energetico dell’UE, e secondo, consente agli agricoltori di sviluppare nuove fonti di reddito.
Il contributo del biogas per ottenere gli obiettivi recentemente stabiliti dalla Commissione in termini di apporto alle energie rinnovabili entro il 2020, potrebbe essere particolarmente importante.
Bogusław Liberadzki (PSE), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione sull’agricoltura sostenibile e il biogas: la necessità di una revisione della legislazione dell’UE [2007/2107(INI)].
Il relatore, l’onorevole Tabajdi, ha giustamente sottolineato che è giunto il momento di iniziare a sfruttare il potenziale energetico del biogas. Come indica l’autore, il biogas potrebbe sostituire il gas naturale.
Condivido l’affermazione secondo cui occorrerebbe incoraggiare gli investimenti nella produzione di biogas da fonti differenti, impiegando fondi europei assegnati allo sviluppo regionale e rurale a tale scopo.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Come rilevato nella relazione dell’onorevole Tabajdi sull’agricoltura sostenibile e il biogas, esiste un grande potenziale per quanto riguarda il biogas che l’UE deve tuttora sfruttare. Appoggio la richiesta alla Commissione di elaborare una politica coerente in materia di biogas. Se vogliamo che l’Europa diversifichi in modo adeguato la propria produzione energetica, occorre incoraggiare nell’UE l’elaborazione di una politica in merito. Tramite il biogas abbiamo l’opportunità di incrementare la produzione di energia rinnovabile e contribuire allo sviluppo sostenibile a livello economico, agricolo e rurale. Appoggio le raccomandazioni della relazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Gli impianti per il biogas gestiti dai piccoli agricoltori rappresentano una soluzione razionale: liquami e altri rifiuti possono essere utilizzati per la produzione di biogas prima di essere trasformato in in un fertilizzante di prima scelta o unito alla disidratazione del foraggio, in entrambi i casi concludendo il ciclo ecologico.
Si deve tuttavia respingere un aumento nel sostegno a impianti per il biogas, al fine di escludere la possibilità che generi alimentari di elevata qualità siano sprecati nella produzione di carburante ed energia. In nessuna circostanza le aziende più grandi dovrebbero affittare terre coltivate dagli agricoltori per la produzione dei cosiddetti biocarburanti e bioenergia, con il risultato, pertanto, che questi terreni saranno sottratti alla produzione di derrate alimentari, conducendo a una situazione in cui siamo sommersi di monocolture, pesticidi e tecnologie genetiche, perdendo intanto la nostra capacità di autosufficienza nella produzione alimentare.
Ottimizzare i sistemi esistenti e introdurre processi per farne un uso più efficiente sono azioni gradite, ma altre questioni sono problematiche per le ragioni espresse, e ho quindi votato contro la relazione.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Tabajdi sull’agricoltura sostenibile e il biogas: la necessità di una revisione della legislazione dell’UE.
A mio parere, esistono significative ragioni economiche e ambientali per appoggiare la proposta di una risoluzione del Parlamento europeo sull’agricoltura sostenibile e il biogas, in particolare perché implica la necessità di condurre uno studio più dettagliato della legislazione europea in materia.
Questa iniziativa rappresenterebbe un considerevole progresso verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla Commissione europea nel Libro bianco in merito al fatto di estendere la quantità di energia ottenuta da fonti rinnovabili dal 6% nel 1995 al 12% nel 2010.
Il potenziale del biogas recuperato da materiali naturali, come il concime annuale, tuttora non è stato pienamente sfruttato. Qualora s’intensificasse la produzione di tale biogas, non solo ciò contribuirebbe a ridurre le emissioni di biossido di carbonio, ma anche a incrementare la competitività fornendo agli agricoltori possibili nuove fonti di reddito.
Si dovrebbe ricordare che si tratta di una delle più convenienti risorse di energia termica. Il biogas rappresenterebbe un aiuto notevole per gli Stati membri dell’Unione, visto che tentano di diventare meno dipendenti dalle forniture di gas naturale.
Sostengo la posizione del gruppo socialista al Parlamento europeo, che invita la Commissione europea a inserire alla prima occasione nel meccanismo di Kyoto la nuova strategia relativa alla produzione di biogas.