(Breve esecuzione dell’Orchestra dei giovani dell’Unione europea, diretta da Pavel Kotla)
Presidente . − Abbiamo assistito a una magnifica interpretazione dell’Orchestra dei giovani dell’Unione europea diretta da Pavel Kotla. Vi ringrazio.
Onorevoli colleghi, desidero porgervi un caloroso benvenuto in quest’Aula per celebrare il 50° anniversario della seduta costituente dell’Assemblea del Parlamento europeo. Prima di tutto, suggerisco di accogliere con un applauso tutti gli ex Presidenti che sono presenti in Aula: Emilio Colombo, Lord Henry Plumb, Enrique Barón Crespo, Egon Klepsch, Klaus Hänsch, José Maria Gil Robles, Nicole Fontaine e Josep Borrell Fontelles. Benvenuti, stimati ex Presidenti del Parlamento europeo.
(Applausi prolungati)
Desidero estendere un cordiale benvenuto a Janez Janša, Presidente in carica del Consiglio europeo, e a José Manuel Durão Barroso, Presidente della Commissione europea. Naturalmente, Presidente Barroso, lei è un volto familiare in quest’Aula, ma oggi è particolarmente il benvenuto.
(Applausi)
E’ un particolare piacere accogliere nell’Aula del Parlamento europeo Lluís Maria de Puig, Presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Un caloroso benvenuto a lei.
(Applausi)
E’ una gioia accogliere il Presidente della Camera del parlamento belga, Herman van Rompuy, il Presidente della Camera del parlamento italiano, Fausto Bertinotti, e il Presidente del Senato olandese, Yvonne Timmerman-Buck, che, insieme ad altri rappresentanti dei parlamenti di Bulgaria, Repubblica ceca, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Regno Unito, oggi si sono uniti a noi nel Parlamento europeo e a cui porgo il benvenuto.
(Applausi)
Accolgo i presidenti delle altre istituzioni europee: per la Corte europea di giustizia, Peter Jann, Presidente della Prima sezione; per la Corte dei conti europea, il Presidente Vítor Caldeira; per il Comitato economico e sociale europeo, il Presidente Dimitris Dimitriadis; per il Comitato delle regioni, Luc Van den Brande e il Mediatore europeo, Nikoforos Diamandouros. Benvenuti al Parlamento europeo.
(Applausi)
E’ un piacere accogliere i rappresentanti locali e regionali: il sindaco di Strasburgo, Fabienne Keller, il presidente del Consiglio regionale d’Alsazia, Adrien Zeller, il presidente del Conseil Général du Bas-Rhin, Philippe Richert, e il prefetto della regione dell’Alsazia e del Basso Reno, Jean-Marc Rebière. Benvenuti al Parlamento europeo.
(Applausi)
Onorevoli colleghi, il seggio n. 146 è occupato dalla collega Astrid Lulling, l’unica di noi a essere diventata deputato del Parlamento europeo prima che fosse a elezione diretta.
(Applausi prolungati)
Quasi esattamente 50 anni fa, il 19 marzo 1958, l’Assemblea comune delle tre istituzioni europee, la Comunità economica europea, la Comunità europea dell’energia atomica e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, si è riunita per la prima volta a Strasburgo in ciò che allora era la “Maison de l’Europe”. L’Assemblea era costituita da “rappresentanti dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità”, come stabilito nel Trattato di Roma, che era entrato in vigore poche settimane prima.
Oggi stiamo celebrando questo anniversario poiché siamo i diretti successori di quell’Assemblea parlamentare e dei suoi 142 deputati originali, in linea di continuità.
Il primo Presidente di quest’Assemblea comune è stato il grande Robert Schuman. Nel suo discorso inaugurale, annunciò che l’Assemblea avrebbe rivestito un ruolo primario nello sviluppare lo spirito europeo, “per cui”, disse “l’Assemblea era e rimane il nucleo”. Ritengo che ciò sia vero oggi come lo era allora. Allo stesso tempo, Robert Schuman avvertiva i propri colleghi, durante quella seduta costituente, che il lavoro parlamentare con 142 deputati, di sei paesi in quel periodo, avrebbe richiesto disciplina da parte di tutti e ovviamente questa considerazione è ancora più pertinente oggi, con 785 deputati di 27 paesi, come tutti sappiamo!
Non molto tempo dopo la seduta costituente, i nostri predecessori hanno iniziato a definire la loro istituzione “Parlamento europeo”, sebbene in maniera informale da principio, considerato che il termine non compariva nei Trattati che istituivano le Comunità europee. Solo quattro anni dopo, nel marzo 1962, l’Assemblea parlamentare prese la decisione di chiamarsi “Parlamento europeo”.
Anche se i Trattati costitutivi delle Comunità europee stabilivano che l’Assemblea “elaborerà progetti intesi a permettere l’elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri” e che “il Consiglio, con deliberazione unanime, (…) stabilirà le disposizioni di cui raccomanderà l’adozione da parte degli Stati membri, conformemente alle loro rispettive norme costituzionali”, solo nel 1976 il Consiglio, sulla base di una raccomandazione del Parlamento europeo del 20 settembre 1976, adottò un atto legislativo relativo all’esecuzione di elezioni universali dirette per il Parlamento europeo.
Onorevoli colleghi, all’inizio l’Assemblea parlamentare virtualmente non aveva competenze proprie. I nostri predecessori sapevano che sviluppare la dimensione parlamentare europea sarebbe stato un lungo processo e avrebbe richiesto un chiaro orientamento, impegno, pazienza e tenacia da parte loro e delle generazioni successive. Passo dopo passo, il Parlamento europeo ha ottenuto sempre più competenze, diventando più conscio delle proprie responsabilità e del proprio margine di azione, e penso di poter dire a nome di tutti coloro che sono presenti che sia degno del suo nome.
(Applausi)
Oggi siamo i rappresentanti di quasi 500 milioni di cittadini europei e riflettiamo tutti i differenti colori dello spettro politico nell’Unione europea. Siamo il Parlamento liberamente eletto dell’Unione europea, uniti nei nostri sforzi volti a ottenere le soluzioni migliori e più convincenti. Siamo diventati sicuri di noi stessi, nonché attori principali nella politica europea.
Onorevoli colleghi, abbiamo ragione di esserne del tutto soddisfatti.
Questo processo è cominciato nel 1958 e sono accaduti eventi fondamentali lungo il cammino, sul nostro percorso condiviso verso l’integrazione europea. Nel 1971 alla Comunità europea è stato assegnato un proprio bilancio, e da allora il Parlamento europeo ha rivestito un ruolo primario nell’adozione dei bilanci successivi. Nel 1979 sono state indette le prime elezioni dirette del Parlamento europeo. Nel 1986, con l’Atto unico europeo, il nome “Parlamento europeo” ha infine conseguito effetto giuridico. 15 anni fa, con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, al Parlamento europeo sono state finalmente concesse piene competenze codecisionali nei settori iniziali della politica comunitaria, consentendo di fornire un contributo effettivo all’elaborazione della legislazione, e di mettere i freni, ove necessario, alla volontà del Consiglio. Il Trattato di Amsterdam ha ulteriormente consolidato tali diritti di codecisione, mentre il Trattato di Lisbona fisserà la codecisione come la norma nel costruire la legislazione europea, e quindi si riferisce, in maniera appropriata, alla “procedura legislativa ordinaria”.
Attualmente, siamo 785 deputati di 27 nazioni europee. Rappresentiamo oltre 150 partiti politici nazionali, la maggior parte dei quali si è unita a formare i sette gruppi parlamentari. Siamo un’autorità legislativa e di bilancio, con una posizione pari a quella del Consiglio. Esercitiamo una funzione di sorveglianza sulla Commissione europea ed eleggiamo il suo Presidente, e la Commissione non può insediarsi senza la nostra approvazione. Costituiamo una difesa per il primato del diritto comunitario, e siamo la camera dei cittadini dell’Unione europea.
Tre settimane fa abbiamo adottato il Trattato di Lisbona, che rafforzerà ulteriormente le nostre competenze. In futuro, le decisioni relative a importanti questioni di interesse attuale per i cittadini dell’Unione europea possono essere prese solo se la maggioranza fornisce il proprio consenso. Questa iniziativa si applica anche alle principali questioni in materia di giustizia e affari interni. Tuttavia, non c’è ragione di essere compiaciuti e di certo non si tratta del risultato di un processo inevitabile. Dobbiamo combattere allo stremo.
Desidero ringraziare tutti coloro che, negli ultimi cinque decenni e nelle abili mani dei nostri Presidenti, hanno lavorato al fine di consolidare la dimensione parlamentare dell’integrazione europea e hanno offerto un prezioso contributo a tale processo. Un grazie ai deputati del Parlamento europeo, passati e presenti!
(Applausi)
Jean Monnet una volta affermò: “Nulla è possibile senza le persone, nulla può durare senza le istituzioni”. Vorrei inoltre cogliere questa opportunità per ricordare Paul-Henri Spaak, il primo presidente dell’Assemblea comune della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), l’istituzione che ha preceduto il Parlamento europeo, che, con la sua relazione a seguito della Conferenza di Messina del giugno 1955, ha fornito un contributo essenziale alla preparazione del Trattato di Roma.
Il percorso verso una democrazia parlamentare nell’Unione europea ha seguito una logica che ci è familiare dalla storia delle nazioni europee. Ciò che abbiamo realizzato è un equilibrio istituzionale tra il livello nazionale ed europeo, che costituisce un successo di prim’ordine e riflette l’interazione tra i vari livelli di governo condiviso in Europa. Un elemento importante di questo equilibrio è la valida cooperazione del Parlamento europeo con i parlamenti nazionali, che è di particolare interesse. Sono molto lieto di notare che quasi tutti i parlamenti nazionali degli Stati membri dell’Unione europea hanno inviato rappresentanti di alto livello per partecipare oggi.
(Applausi)
Vorrei chiedere a tutti voi, eurodeputati e deputati dei parlamenti nazionali, di svolgere il vostro compito nel tentativo di mantenere tale cooperazione in futuro.
Il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali forniranno un contributo decisivo al fine di concretizzare democrazia e parlamentarismo nell’Unione europea a tutti i livelli. Possiamo essere orgogliosi, onorevoli colleghi, del nostro sostegno fermo e assoluto al Trattato di riforma e alla Carta dei diritti fondamentali.
(Applausi)
Abbiamo bisogno di un pubblico e di un controllo critico del nostro lavoro. Tuttavia, abbiamo anche diritto all’imparzialità. L’Unione europea, in tutta la sua diversità, è più complessa di qualsiasi altra comunità al mondo. Vorrei chiedere ai mezzi di comunicazione, che rivestono un ruolo fondamentale nella nostra comunicazione con i cittadini, di ricordarlo. L’Unione europea non dovrebbe essere usata come capro espiatorio di fallimenti nazionali.
(Applausi)
Uno dei maggiori successi della nostra visione europea negli ultimi 50 anni è l’affermazione della democrazia e della libertà in tutta Europa. Oggi, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Bulgaria, Romania e Germania riunificata sono membri dell’Unione europea, un risultato che avremmo potuto solo immaginare e che è diventato una realtà della nostra vita. Attualmente, come afferma la Dichiarazione di Berlino del 25 marzo 2007, noi, cittadini dell’Unione europea, siamo “per nostra felicità, uniti”. Ciò è motivo di grande gioia.
Nel valutare attentamente i 50 anni trascorsi, è importante che consideriamo il futuro. Dovremmo ricordare a noi stessi in modo autocritico quali aspetti della dimensione parlamentare dell’Europa sono tuttora insoddisfacenti.
A differenza dei parlamenti nazionali, non abbiamo ancora la possibilità, nella procedura di bilancio, di decidere sull’aumento delle nostre risorse finanziarie.
Un governo parlamentare implica generalmente un controllo del Parlamento sulle forze armate; tuttavia, la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea è tuttora incompleta e non fornisce un sistema di collegamento adeguato tra le responsabilità a livello nazionale ed europeo.
Non disponiamo ancora di una legge elettorale uniforme, il che significa che siamo privi di un importante prerequisito per partiti politici europei validi che possano presentarsi alle elezioni del Parlamento europeo con singole liste di candidati.
Con pazienza, tenacia e un buon orientamento, il Parlamento europeo ha lottato per far valere la propria posizione in Europa sin dalla prima seduta dell’Assemblea parlamentare europea, e deve e continuerà a farlo in futuro. In quanto assemblea sopranazionale d’Europa, eletta in modo diretto, il Parlamento europeo è considerato un modello per sforzi simili in altre regioni del mondo. Ne sono testimone, come voi, quando ci visitiamo altre parti del mondo.
Quando Robert Schuman è entrato in carica come primo Presidente dell’Assemblea parlamentare europea il 19 marzo 1958, questo sviluppo positivo della dimensione parlamentare europea sarebbe stata pressoché impossibile da prevedere. Tuttavia, Robert Schuman ha avuto una visione. Ha parlato del fatto che l’idea europea, affermò, dovesse essere ridestata, descrivendo ciò come “la relance de l’idee européenne”. Oggi, dopo le crisi che circondano il fallito Trattato costituzionale, quale potrebbe essere un leitmotiv migliore per l’incarico previsto?
Il 19 marzo 1958 Robert Schuman, nel suo breve discorso, espresse la propria preoccupazione che una visione tecnocratica delle questioni avrebbe potuto far sì che l’integrazione europea sfiorisse. Tale considerazione è vera oggi come lo era in quel periodo. Robert Schuman era stato realistico, semplice e chiaro nella propria descrizione delle opportunità disponibili per l’Assemblea parlamentare, che ha presieduto fino al 1960: “Nous désirons contribuer”, affermava con la sua voce intensa e risonante, “à créer un noyau de la structure européenne”.
Robert Schuman terminò il suo primo discorso come presidente dell’Assemblea parlamentare europea impegnandosi a lavorare per unificare il nostro continente, per unire l’Europa, che egli credeva dovesse considerarsi una comunità di valori che riunisce le libere nazioni del nostro continente: “Ainsi seulement l’Europe réussira à mettre en valeur le patrimoine total qui est commun à tous les pays libres”.
Vorrei basarmi su questo aspetto. L’Unione europea è una comunità di valori. Le nostre istituzioni non sono fini a se stesse, ma atte a favorire i nostri valori: la dignità dell’individuo, i diritti umani, la democrazia, il diritto e il benessere economico e sociale. Tali valori promuovono i principi di solidarietà e sussidiarietà. Europa significa rispetto reciproco, rispetto per la nostra diversità, rispetto per la dignità di tutti i nostri Stati membri, piccoli e grandi. Questo rispetto non può essere imposto, ma è un prerequisito essenziale per la nostra mutua comprensione e azione comune. L’osservanza del diritto europeo, che ci consente di risolvere i nostri conflitti in maniera amichevole e di ottenere un equilibrio di interessi in modo pacifico, deve essere costantemente rinnovata tramite le regole non scritte alla base delle nostre relazioni in Europa: considerazione e rispetto reciproci.
(Applausi)
Desidero incoraggiare e invitare tutti, indipendentemente dal colore politico, a continuare a mostrare tale rispetto reciproco.
Se questo mutuo rispetto, caratterizzato dalla tolleranza per le rispettive convinzioni, ma rimanendo fedele a se stesso, mentre è preparato a scendere a compromessi, avesse successo, l’Unione europea e il Parlamento europeo potranno rappresentare un modello per la pace nel mondo.
L’eredità europea è preservata nella pace e nell’unità delle nostre nazioni, che abbiamo ottenuto insieme al fine di costituire l’Unione europea. Rispettiamo Robert Schuman e tutti i deputati della prima Assemblea parlamentare europea tentando di essere fedeli alla loro eredità, operando per un Parlamento europeo responsabile e aperto che sia vicino ai cittadini, ma che ha la determinazione, ove necessario, di fornire leadership politica. Se continuiamo a lavorare con determinazione a tal fine, non abbiamo ragione di temere il giudizio di coloro che verranno dopo di noi e che, nel 2058, valuteranno il nostro lavoro odierno nel momento in cui celebreranno il centenario del Parlamento europeo.
Onorevoli colleghi, gioiamo insieme per la libertà, la pace e l’unità del nostro continente europeo, che abbiamo il privilegio di servire.
(Vivi e prolungati applausi)
Janez Janša, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) “Il mio discorso non può essere privo di emozione”. E’ questo il modo in cui il primo Presidente dell’Assemblea parlamentare europea, Robert Schuman, si è rivolto per la prima volta, il 19 marzo 1958, a questa rispettabile Aula. Cinquant’anni dopo, per il vostro anniversario di festa, proviamo esattamente la stessa cosa.
In quest’Aula, non mi rivolgo solo a 142 cittadini, ma anche a 785 deputati eletti del Parlamento europeo. Ripensando alla strada percorsa e allo sviluppo della democrazia europea negli ultimi 50 anni, dovremmo essere orgogliosi e molto riconoscenti ai padri dell’idea europea. Allo stesso tempo, abbiamo la responsabilità di proseguire la storia europea di pace, cooperazione e prosperità al meglio delle nostre capacità.
Ricordiamo il 1958: la società affrontava le conseguenze di due guerre distruttive, il mondo dell’atteggiamento bipolare dei poteri occidentali e orientali, la guerra fredda, la rivoluzione cubana, il primo chip, gli esperimenti nucleari e il lancio del primo satellite spaziale. 168 milioni di europei erano uniti nei sei membri dell’Unione europea, che guarivano dalle ferite di guerra, prosperavano economicamente e, insieme all’alleanza euroatlantica, garantivano pace e democrazia nell’area. Tristemente, la maggior parte del resto d’Europa viveva in un contesto totalitario di stagnazione o addirittura di regressione civile ed economica.
Nel 2008 ci troviamo di fronte a una situazione del tutto diversa: il mondo multipolare è coinvolto non solo nella concorrenza economica e politica, ma anche in maniera crescente nella cooperazione alla ricerca di soluzioni alle sfide attuali. L’eliminazione dei confini che dividevano l’Europa dal muro di Berlino, l’eliminazione della cortina di ferro e del controllo dei confini interni continueranno alla fine del mese con la soppressione dei confini aerei nello spazio allargato di Schengen.
Il territorio dell’Unione europea è tre volte più vasto di 50 anni fa e ha il triplo di abitanti, 23 lingue ufficiali, un mercato interno più forte e una valuta comune. In media, l’aspettativa di vita dei suoi cittadini è maggiore di otto anni. Ventisette leader di governi e nazioni (un terzo di noi 20 anni fa viveva in regimi totalitari) prenderanno decisioni intorno allo stesso tavolo domani. Attualmente, quasi tutta l’Europa vive in libertà e democrazia. Dovremmo essere consapevoli di questo risultato e festeggiarlo.
La vita e il lavoro del Parlamento europeo dal 1958 riflettono chiaramente i progressi conseguiti mediante l’integrazione negli ultimi 50 anni. Dopo l’iniziale ruolo consultivo, nei primi anni settanta avete ottenuto le prime competenze effettive per quanto riguarda il bilancio europeo, e alla fine le prime elezioni dirette. Con nuovi accordi avete acquisito competenze più solide nell’adottare la legislazione e nel nominare i principali rappresentanti politici europei. La nuova Commissione europea non è in grado di esistere senza la vostra fiducia.
Esattamente come il Trattato di Roma ha assegnato nuove responsabilità al Parlamento nel 1958, il Trattato di Lisbona, 50 anni dopo, rappresenta un grande passo avanti per il Parlamento europeo. La procedura di codecisione si applicherà a quasi tutte le politiche europee, e saranno rafforzati il ruolo del Parlamento nella sorveglianza democratica, la creazione di accordi internazionali e la nomina dei principali rappresentanti europei.
Sono rimasto soddisfatto quando nel corso della seduta plenaria dello scorso mese avete adottato ad ampia maggioranza la relazione sul Trattato di riforma di Lisbona. Desidero inoltre congratularmi con tutti gli Stati membri che hanno già concluso con successo le procedure di ratifica, e spero che presto saranno imitati da tutti gli altri Stati membri.
Se i primi 50 anni dell’Unione europea sono dedicati all’agenda europea, al nostro sviluppo politico ed economico e alle riforme, di certo i prossimi 50 anni saranno indirizzati anche all’agenda globale. Questo aspetto è chiaramente indicato nell’elenco di argomenti per la seduta del Consiglio europeo di domani.
E’ del tutto evidente che possiamo individuare soluzioni appropriate alle sfide di Lisbona, alle questioni relative all’ecologia e all’energia e al subbuglio dei mercati finanziari solo se teniamo conto delle tendenze e degli attori globali e li includiamo nelle nostre attività.
Ciò si applica anche ai diritti umani e al dialogo interculturale, in cui voi del Parlamento europeo, rivestite certamente un ruolo primario. Vorrei cogliere questa opportunità, a nome del Consiglio europeo, per riconoscere il vostro ruolo nell’indicare le violazioni dei diritti umani e nel controllare le elezioni e il lavoro delle vostre delegazioni nelle istituzioni internazionali quali il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Anche la vostra posizione nel quadro delle assemblee parlamentari paritetiche è importante e fornisce valore aggiunto alle politiche dell’Unione europea in materia di paesi terzi e regioni.
Attraverso le vostre attività e i vostri incontri con ospiti di prim’ordine nel corso dell’Anno del dialogo interculturale, state consolidando una delle tradizioni europee basilari, vale a dire il fatto che la comprensione e il rispetto reciproci siano il fondamento della coesistenza in Europa, nonché nel mondo intero.
La gamma di attività dell’Unione europea si amplia costantemente, ma sono tutte determinate da una singola regola: il successo è proporzionale al grado di unità tra gli Stati membri, i settori, i gruppi e le generazioni con interessi comuni e nell’ambito di fattori regionali, nazionali, europei e globali. In questo caso le istituzioni dell’Unione europea devono rappresentare un modello.
“Ciascun individuo è un mondo nuovo. Solo le istituzioni che preservano l’esperienza comune possono maturare”. Con questo pensiero Jean Monnet ci avvicina alla spiegazione del motivo per cui la visione dell’Unione europea è ancora spesso diversa dalla realtà e del perché molti europei, malgrado gli evidenti successi degli ultimi 50 anni, tuttora dubitino dei vantaggi dell’integrazione europea. Per comprendere e apprezzare libertà, pace e diversità, l’assenza di confini, i benefici e le prospettive future di un’Europa unita, dobbiamo sempre essere consapevoli che esistono alternative peggiori.
Perciò il nostro obiettivo comune è mantenere viva l’esperienza europea comune, tramite la quale possiamo unire gli sforzi per affrontare le sfide attuali. Le riflessioni del passato devono essere congiunte a quelle per l’avvenire. Se non avessimo combinato le forze 50 anni fa, probabilmente oggi non vivremmo in pace e prosperità. Si può affermare lo stesso dei prossimi 50 anni. Se non cerchiamo soluzioni a basse emissioni di carbonio e per il risparmio energetico, falliremo nel rallentare i cambiamenti climatici. Dovremo affrontare più inondazioni, uragani, siccità, nuove malattie, ecosistemi in pericolo e rifugiati a causa del clima. E’ essenziale che i risultati delle decisioni e delle azioni europee siano sufficientemente concreti e tangibili per i cittadini, affinché comprendano l’importanza fondamentale dell’Unione europea nella protezione e nel miglioramento della loro qualità di vita.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ringraziarvi per il contributo allo sviluppo dell’Unione europea negli ultimi 50 anni. So che cosa abbia significato tutto ciò per le nostre generazioni. In effetti, sono nato lo stesso anno del Parlamento europeo.
Fino al termine di questo mandato e oltre, vi auguro ogni successo nel vostro lavoro, denso di nuove idee e di costante tenacia nello sviluppo di valori, democrazia e stile di vita europei.
Sono certo che quando festeggeremo il prossimo anniversario di quest’Aula europea di democrazia, saremo nuovamente in grado di celebrare progressi visibili in Europa.
(Applausi)
Presidente . − Ringrazio il Presidente del Consiglio europeo. Ora vorrei chiedere al Presidente della Commissione europea, José Manuel Durão Barroso, di prendere la parola.
José Manuel Barroso, Presidente della Commissione. – (FR) Signor Presidente del Parlamento europeo, signor Presidente in carica, signori Presidenti delle varie istituzioni europee, ex Presidenti di quest’Aula, onorevoli colleghi, rappresentanti dei parlamenti, ospiti, sono molto lieto di celebrare i primi cinquant’anni del Parlamento europeo con voi oggi. Questo anniversario ha un considerevole significato simbolico e politico per la nostra Europa. Cinquant’anni fa, Robert Schuman ha presieduto una nuova Assemblea unica. Le tre Comunità europee avevano appena creato la prima versione di una democrazia europea. Da quel momento, questa fondamentale scelta politica è stata inesorabilmente riaffermata a ogni fase dell’integrazione europea.
Prima di chiunque altro, i padri fondatori ebbero l’intuizione che l’Europa emergente richiedesse robuste istituzioni democratiche europee al fine di rappresentare i legami sempre più forti tra i sei paesi membri. Secondo l’ispirata visione di Jean Monnet, tali istituzioni dovevano inoltre riuscire a evolversi per accompagnare ciò che percepivano i due eventi del futuro: integrazione più profonda e allargamento geografico. Devo dirvi che è ancora estremamente commovente vedervi tutti in questa casa della democrazia europea, rappresentanti direttamente eletti da Stati che fino a poco tempo fa erano divisi da dittature che impedivano all’Europa di prendere un respiro di libertà.
(Applausi)
Il triangolo istituzionale che i padri fondatori ci hanno lasciato è un modello unico al mondo, che ha certamente dimostrato la propria vitalità e solidità dopo 50 anni. Si è adeguato alla sostanziale estensione dell’ambito degli incarichi affidati alla Comunità, e ora all’UE. Ha inoltre fronteggiato un significativo allargamento dinamico della nostra Unione.
Dobbiamo tale successo all’ingegnosità e all’equilibrio del nostro modello politico, che non segue una classica distribuzione delle competenze. Inoltre, questo risultato è dovuto al nostro metodo operativo, che rispetta il sistema comunitario e il principio di sussidiarietà.
Le istituzioni, tuttavia, non sono fini a se stesse. Restano al servizio di un ideale e degli obiettivi, dei nostri cittadini. Più solide sono le istituzioni, meglio possono servire questo ideale e i cittadini.
I padri fondatori desideravano soprattutto costruire un’Europa per il bene della pace. Volevano realizzare questa nuova Europa tramite la solidarietà e scelsero l’economia quale motore della loro visione politica e dei loro obiettivi.
Cinquant’anni dopo, l’Europa in pace, allargata a dimensioni continentali, necessita di istituzioni forti per fronteggiare la sfida attuale: la globalizzazione. Nessuno Stato membro è in grado di affrontare questa sfida da solo. Tramite la sua esperienza nell’aprire i mercati con norme che rappresentano i suoi valori di libertà, solidarietà e sviluppo sostenibile, soltanto l’Europa dispone contemporaneamente di dimensioni, istituzioni e strumenti necessari per gestire e regolare la globalizzazione.
Per far fronte a questa sfida, l’Europa del XXI secolo deve unirsi al fine di ottenere successo nell’economia della conoscenza, fornire posti di lavoro per donne e uomini europei, e rendere più dinamica la propria economia. Deve occupare il posto appropriato sulla scena mondiale: una potenza europea, priva di arroganza, un’Europa che sarà nella posizione di proporre, non imporre, ma proporre, i valori di libertà e solidarietà al mondo.
(EN) Avremo successo se manterremo un partenariato costruttivo tra le nostre istituzioni.
Nell’ambito di questo partenariato desidero congratularmi con il Parlamento per il suo contributo al progetto europeo in tutti gli aspetti della vita quotidiana dei nostri cittadini. In 50 anni quest’Aula ha ottenuto numerose competenze e un potere considerevole. Intendo un potere che si traduce come legittimità derivante direttamente dai voti delle donne e degli uomini europei, ma anche un potere nel senso convenzionale: codecisione, potere di bilancio e controllo democratico sulle istituzioni europee. Ciò che voglio dire veramente è influenza politica. Il Parlamento europeo si è imposto contemporaneamente come colegislatore che condivide la responsabilità in seno al triangolo istituzionale e nella vita pubblica europea, ma anche creando legami più profondi con i parlamenti nazionali, molti dei quali sono rappresentati in Aula oggi.
Il potere acquisito dal Parlamento negli anni è servito unicamente a rafforzare l’Europa nel complesso. Un Parlamento europeo più forte rappresenta un partner essenziale per le altre istituzioni e, devo sottolinearlo, per la Commissione europea. Ritengo di poter affermare che i rapporti tra i nostri due organi siano sempre più stretti, solidi e maturi, e ciò in effetti mi fa molto piacere.
Una volta ratificato il Trattato di Lisbona, si consolideranno ulteriormente le istituzioni europee. Si estenderanno le competenze del Parlamento europeo. Si rafforzerà la duplice legittimità democratica della Commissione tramite legami più solidi con il Parlamento e il Consiglio europei. Il Consiglio otterrà una presidenza stabile, che garantirà che la preparazione e il controllo degli incontri del Consiglio siano più costanti. Si svilupperà il ruolo dell’Alto Rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che sarà anche Vicepresidente della Commissione europea.
Consolidando la legittimità e l’efficienza delle nostre istituzioni, il Trattato di Lisbona costituisce un fondamentale passo avanti per l’Unione europea.
Oggi, e domani, dobbiamo comprendere che non può esistere un gioco a somma zero tra le istituzioni. Nessuna di esse dovrebbe essere rafforzata a discapito delle altre. Al contrario, tutti vogliamo istituzioni europee più forti se l’Europa deve essere più forte e democratica. Tutte le nostre istituzioni trarranno vantaggio dal consolidamento dell’architettura istituzionale europea.
Onorevoli colleghi, per quanto riguarda la data che stiamo celebrando oggi, mi viene in mente una citazione di una grande autrice portoghese, Agustina Bessa Luis. Dice: “A 15 anni si ha un futuro, a 25 un problema, a 40 un’esperienza, ma prima dei cinquanta non si ha una storia”.
Oggi il Parlamento europeo, questa casa della democrazia, può orgogliosamente affermare di avere una storia eccellente nel proprio passato, sono sicuro, ma anche nel proprio avvenire. Perciò vorrei sinceramente congratularmi, a nome mio e della Commissione europea, e augurarvi il meglio per il vostro lavoro per un’Europa unita.
(Applausi)
Presidente . − Ringrazio il Presidente della Commissione. Ora desidero porgere il benvenuto a Hans Joachim Opitz, che è anche presente in Aula oggi e che rappresenta tutti gli ex segretari generali.
Adesso abbiamo il piacere di ascoltare nuovamente l’Orchestra dei giovani dell’Unione europea.
(Breve esecuzione dell’Orchestra dei giovani dell’Unione europea)
(Vivi applausi)
(L’Assemblea, in piedi, ascolta l’inno europeo)
(La seduta, sospesa alle 16.15, è ripresa alle 16.20)