Presidente . − L’ordine del giorno reca le dichiarazioni del Consiglio e della Commissione sulla situazione in Ciad.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Come già sapete, la situazione in Ciad nelle ultime settimane è peggiorata. All’inizio di febbraio i ribelli del paese sono avanzati nella capitale N’Djamena e l’hanno in gran parte occupata. Pochi giorni dopo si sono ritirati, ovvero si sono spinti a est verso i confini tra Ciad e Sudan. Gli attacchi al governo del paese da parte dei gruppi ribelli all’inizio di febbraio non solo hanno avviato una graduale crisi interna, ma hanno anche rivelato la sua dimensione regionale. In altre parole, i ribelli, sostenuti dal Sudan, sono giunti dal Darfur. Motivo per cui, quando si discute la situazione in Ciad, occorre tenere conto di due aspetti interconnessi: l’aspetto politico interno e quello regionale.
Quando in febbraio il Consiglio europeo ha condannato gli attacchi dei ribelli del Ciad al governo del paese, da un lato ha chiesto un dialogo politico tra il governo, l’opposizione e i ribelli, e dall’altro ha evidenziato l’urgente necessità di un dialogo simile tra i governi di Ciad e Sudan. Riteniamo che questi due governi dovrebbero essere esortati con insistenza a rispettare gli obblighi garantiti in molti accordi. Il Consiglio ha fatto appello a entrambi affinché interrompessero immediatamente il sostegno e l’approvvigionamento dei gruppi armati e migliorassero le relazioni reciproche.
Per quanto riguarda la situazione politica interna in Ciad, una soluzione a livello politico alla questione è l’unica opzione possibile per ottenere pace e stabilità nel paese. Il processo politico inclusivo, indicato nell’accordo raggiunto nell’agosto 2007 tra il partito al governo e i partiti della legittima opposizione, deve proseguire. In questo quadro, l’Unione europea sostiene gli sforzi dell’Unione africana e delle Nazioni Unite nella loro chiara condanna degli attacchi ribelli. Condividiamo la loro preoccupazione relativa ai rischi di un ulteriore proseguimento del conflitto.
Siamo inoltre preoccupati per il peggioramento della situazione umanitaria. Le crescenti ostilità hanno accentuato la tragedia umanitaria e incrementato il già notevole numero di rifugiati e profughi. Oltre 160 persone sono morte nei combattimenti e circa 1 000 sono rimaste ferite. Decine di migliaia di rifugiati hanno cercato scampo nei paesi vicini, Camerun e Nigeria. Allo stesso tempo, considerato che in Ciad sono presenti circa 250 000 rifugiati del Darfur, le condizioni umanitarie sono molto gravi e chiedono l’urgente pieno spiegamento della missione europea EUFOR CIAD/RCA.
Al momento la situazione della sicurezza nella capitale N’Djamena e nella maggior parte del paese, eccetto la zona orientale, si è distesa e sta tornando alla normalità a seguito degli ultimi combattimenti. Tuttavia lo stato di emergenza che è stato dichiarato il 15 febbraio e che era destinato a durare due settimane, è stato prolungato fino alla metà di questo mese. Ciò ha fatto sì che l’UE rendesse nota la sua preoccupazione a riguardo della restrizione della libertà civile e dei mezzi di comunicazione in Ciad.
Le attività relative allo spiegamento della missione EUFOR sono riprese dopo un’interruzione temporanea. Il capo dell’operazione, il generale Nash, ha deciso che avrebbe momentaneamente bloccato le attività a seguito degli attacchi ribelli, per consentire una valutazione della nuova situazione politica e di sicurezza. Lo spiegamento è proseguito senza influire sul periodo complessivo dell’operazione, e l’iniziale capacità operativa dovrebbe ancora essere raggiunta per metà marzo.
L’allarmante situazione nella regione ha reso ancora più evidente l’importanza dei mandati dell’EUFOR e delle Nazioni Unite. La missione EUFOR dimostra l’impegno dell’Unione europea volto a contribuire alla stabilizzazione della zona. Per ottenere questi obiettivi sono necessari due elementi: occorre con urgenza una sicurezza garantita dalle forze militari e, secondo, le parti in conflitto dovrebbero essere pronte ad avviare un dialogo e negoziati.
Louis Michel, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, al mio ritorno dalla missione in Ciad dal 20 al 22 gennaio 2008, ho già dichiarato che il Ciad dovrebbe essere una priorità europea. Il tentativo di colpo di Stato all’inizio di febbraio da parte dei movimenti ribelli armati e gli eventi susseguitisi sono serviti a rafforzare tale convinzione.
Sono tuttora convinto che una stabilità duratura in Ciad dipenda da un’apertura politica a tutti i suoi componenti interni. Si tratta del compito della Commissione europea assunto lo scorso anno facilitando e sostenendo il dialogo politico che, come sapete, ha prodotto l’accordo interciadiano del 13 agosto 2007. Credo fermamente che soltanto questo dialogo possa creare la prospettiva politica necessaria a garantire stabilità nel paese e consolidare la democrazia. Deve risultare in un censimento attendibile e in una revisione del sistema elettorale che conduca a elezioni legislative libere e trasparenti nel 2009.
Ho trasmesso con forza questo messaggio al Presidente Déby; questo processo è già iniziato tramite il comitato di sorveglianza. I recenti episodi di N’Djamena hanno provocato una battuta d’arresto al processo. Anche se si è verificato un tentativo di colpo di Stato contro il governo, l’arresto extragiudiziale di numerosi leader dell’opposizione, di civili e di persone che operano con i mezzi di comunicazione è del tutto deplorevole e inaccettabile. In quanto intermediatore e osservatore dell’attuazione dell’accordo politico interciadiano del 13 agosto, sono stato il primo a esprimere le mie preoccupazioni in merito al Presidente Déby durante la mia ultima visita in Ciad il 27 febbraio.
Nel corso della missione ho esortato il Presidente Déby e i rappresentanti politici della maggioranza presidenziale e dell’opposizione democratica, ovvero tutti i politici responsabili in Ciad, a riavviare le dinamiche del dialogo politico ripristinando la fiducia tra le varie parti. Questa azione richiede l’impegno da parte di tutti gli attori politici coinvolti, incluso certamente il Presidente Déby, che ha confermato il suo desiderio di continuare come garante dell’applicazione dell’accordo politico. Sono stato tranquillizzato sul fatto che lo stato di emergenza dichiarato a metà febbraio si sarebbe concluso nei termini stabiliti nella Costituzione, a metà marzo.
Nella stessa occasione, abbiamo chiesto e ottenuto dal Presidente Déby il rilascio di Lol Mahamat Choua, presidente del coordinamento dei partiti politici per la difesa della costituzione. Io e Bernard Kouchner abbiamo preteso un colloquio con lui. Lo abbiamo incontrato di persona ed è quindi stato rilasciato il giorno seguente. Sono anche particolarmente soddisfatto di apprendere che Ngarlejy Yorongar al momento è a Strasburgo e potrebbe incontrare alcuni di voi, ma sono ovviamente sono tuttora preoccupato per il destino di Ibni Oumar Mahamat Saleh, che ancora manca all’appello. Questa è la ragione per cui abbiamo domandato con successo che il Presidente Déby stabilisca una vasta commissione di inchiesta dotata di una presenza internazionale sostanziale, compresi i rappresentanti dell’Unione europea, dell’OIF e dell’Unione africana. Questa commissione deve far luce sugli arresti e le sparizioni. Si tratta di un importante passo iniziale per ripristinare fiducia e garantire un ritorno alla normalità in Ciad.
Lo stesso messaggio è stato inviato anche ai membri dell’opposizione. La soluzione è rappresentata dalla responsabilità congiunta da parte del governo, della maggioranza presidenziale e dell’opposizione. Desidero concludere con una breve spiegazione del contesto regionale: il colpo di Stato tentato in Ciad è stato la diretta conseguenza di un peggioramento delle relazioni tra Ciad e Sudan. E’ estremamente difficile non percepire l’influenza delle autorità di Khartoum sul tentativo di colpo di Stato.
Pertanto è essenziale porre fine alla contaminazione incrociata delle situazioni in Darfur e Ciad. Accolgo con ottimismo le iniziative regionali per la mediazione tra Ciad e Sudan, che ora i capi di Stato e di governo della regione stanno applicando, in particolare il Presidente Wade. L’attuale condizione dimostra che, se fosse ancora necessaria qualche prova, le forze militari e civili europee devono essere spiegate con urgenza e rapidità.
Adesso vorrei menzionare la missione MINURCAT in conformità della risoluzione 1778 delle Nazioni Unite del 2007. La ragione principale di questa operazione militare è stata accertata come mai in precedenza. Centinaia di migliaia di civili sono costretti a vivere in condizioni estremamente vulnerabili nel Ciad orientale, che aspetta con impazienza lo spiegamento dell’EUFOR. La Commissione continuerà a mobilitare tutti gli strumenti politici finalizzati all’assistenza umanitaria e alla cooperazione in risposta alla situazione in Ciad. Sono in attesa dei risultati della mediazione condotta dal Presidente Wade al fine di determinare o almeno definire il mio ritorno, non soltanto in Ciad, ma anche a Khartoum. E’ fondamentale proseguire il nostro lavoro di mediazione e riconciliazione tra N’Djamena e Khartoum, siccome la difficile interazione di una totale interruzione delle relazioni tra Ciad e Sudan è evidentemente palpabile.
Colm Burke, a nome del gruppo PPE-DE. – (EN) Signor Presidente, sono lieto che questa discussione sia rimasta sull’agenda della seduta plenaria di questa settimana. La situazione in Ciad richiede urgente attenzione, non solo da parte dell’Unione europea ma anche della comunità internazionale. Verso fine settimana si dovrebbe svolgere a Dakar un vertice tra il Ciad e il Sudan, in cui il Presidente senegalese cercherà di fare il massimo per raggiungere un punto d’incontro su un accordo di pace tra il Presidente Déby e il Presidente al-Bashir. Anche il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha intenzione di partecipare a questi colloqui a Dakar, essendo la crisi umanitaria in questa regione una delle sue principali priorità.
Gli attuali eventi sottolineano l’importanza della tempestiva discussione del Parlamento di questo pomeriggio e chiedo a tutti i leader in questione di compiere il massimo sforzo per riprendere un completo processo politico di riconciliazione.
L’Unione europea deve inoltre compiere grandi mosse diplomatiche al fine di sostenere questi ultimi sviluppi. Appena prima di questa discussione, io e molti colleghi del Parlamento europeo abbiamo incontrato il leader ciadiano dell’opposizione, Yorongar, che risultava disperso dopo l’offensiva dei ribelli ai primi di febbraio. Era stato sequestrato da forze di sicurezza dello Stato il 3 febbraio in Ciad, ma è riuscito a fuggire in Camerun prima che gli fosse offerto asilo in Francia. Il suo collega e politico dell’opposizione Mahamat Saleh resta disperso. In Ciad devono finire le attuali azioni repressive sugli oppositori politici e sui difensori dei diritti umani.
La missione di pace dell’UE ha purtroppo subito il suo primo incidente, dopo che un operatore francese delle forze di pace ha per errore deviato in territorio sudanese. Il suo funerale si svolge oggi e vi parteciperà l’onorevole von Wogau del nostro gruppo in quanto presidente della commissione per la sicurezza e la difesa del Parlamento europeo. Porgo le mie condoglianze da parte del gruppo PPE-DE alla famiglia e agli amici.
A mio parere, e a causa dell’attuale situazione umanitaria e di sicurezza, lo spiegamento della missione di pace europea è diventato indispensabile. Le Nazioni Unite e l’Unione europea hanno la responsabilità di proteggere i civili vulnerabili e il dovere di fornire assistenza umanitaria, nonché sicurezza per il personale umanitario. Siccome proseguono con il loro rispettivo spiegamento, sono orgoglioso che le truppe irlandesi facciano parte della missione.
Infine, accolgo con favore l’impegno della Russia di mettere elicotteri a disposizione della missione. Tale dotazione offrirà un essenziale rafforzamento di questa importante iniziativa dell’UE.
Alain Hutchinson, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor rappresentante del Presidente in carica, signor Commissario, per molti mesi abbiamo chiesto e seguito con estrema attenzione le iniziative dell’UE al fine di spiegare con urgenza l’EUFOR in Ciad e nella Repubblica centrafricana, per quanto sia certamente essenziale che questa forza di transizione europea diventi operativa. Perché è fondamentale? Ritengo che sia una buona idea ripeterlo: è fondamentale in modo che sia nella posizione di proteggere i rifugiati e i profughi civili, di consentire l’arrivo dell’assistenza umanitaria, e di garantire uno spazio umanitario che è stato sistematicamente disprezzato dalle parti in conflitto.
I socialisti europei intendono chiarire che, tuttavia, la soluzione per una pace duratura in Ciad non sarà esclusivamente di tipo militare, ma anche politico. Sul terreno politico, la società civile in Ciad ha offerto numerose opzioni specifiche per risolvere la crisi, basate su un dialogo esauriente con tutti gli attori, inclusi i leader dei gruppi armati, senza la cui cooperazione non si può ottenere alcun risultato.
Ora possiamo chiederci se l’UE abbia tenuto conto delle proposte, e il discorso del Commissario ci fa ben sperare. Talvolta abbiamo l’impressione, tuttavia, come la società civile di cui ho parlato, che l’UE continui a fidarsi ciecamente nella supposta abilità del Presidente Déby di appianare la crisi. Ma ogni giorno diventa più chiaro che il Presidente Déby da solo non riuscirà mai a portare la pace che ci attendiamo in Ciad.
Pertanto accogliamo con favore le dichiarazioni compiute a nome della Commissione europea. Speriamo che continui a dimostrare la propria audacia e il proprio coraggio politici in merito.
Philippe Morillon, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, oggi, come ha appena affermato l’onorevole Burke, sono stati resi gli onori militari al sergente maggiore Polin, dopo che è rimasto ucciso in Sudan nel corso della lodevole ed estremamente difficile missione EUFOR in Ciad e Repubblica centrafricana. Consentitemi di unirmi all’omaggio nei suoi confronti da parte dei compagni d’armi alla presenza delle principali autorità nazionali ed europee, in special modo del nostro Alto Rappresentante, Javier Solana, e il nostro collega Karl von Wogau.
Per anni quest’Aula ha inesorabilmente invitato l’UE ad assumersi la propria responsabilità di proteggere le vittime dei sanguinosi scontri in Darfur e nelle regioni circostanti. Ha quindi deplorato i costanti ostacoli politici che impediscono lo spiegamento di una forza internazionale a questo scopo. L’Assemblea ha inoltre accolto l’adozione, come ha rilevato il Commissario, della risoluzione 1778 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per lo spiegamento di un’operazione militare in Ciad e nella Repubblica centrafricana, in ausilio alla missione dell’ONU, MINURCAT e alle forze di polizia ciadiane.
Non c’è motivo di trattare ora le numerose difficoltà incontrate per attuare la forza internazionale, che è stata programmata per lo spiegamento nel novembre 2007, ed è stata finalmente avviata solo alla fine di gennaio, e non si concluderà fino a maggio di quest’anno secondo il piano attuale. Signor Presidente in carica del Consiglio, lei ha citato la misura in cui le azioni delle forze ribelli a N’Djamena hanno rinviato la missione, ma occorre menzionare anche la carenza di mezzi a disposizione dell’Unione europea per affrontare questo tipo di operazione, in particolare relativi alla logistica e agli elicotteri. A tale proposito accolgo positivamente l’annuncio di ieri sul fatto che la Russia abbia intenzione di fornire all’UE strumenti essenziali per aiutare le truppe sul campo su questo tipo di terreno.
Forse, signor Presidente in carica del Consiglio, potrebbe chiarirci la situazione con le ultime novità?
Brian Crowley, a nome del gruppo UEN. – (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare il Presidente in carica del Consiglio e il Commissario per il loro aggiornamento in merito all’attuale situazione in Ciad, e come i miei colleghi, gli onorevoli Burke e Morillon, vorrei porgere il mio tributo ed estendere la mia comprensione ai familiari dell’operatore di pace francese recentemente deceduto in azione.
Uno dei rischi che tutti dobbiamo affrontare nel discutere e considerare la situazione in Ciad, e in effetti in quella zona dell’Africa in generale, è la continua instabilità, non solo nello stesso Ciad, ma anche in Sudan, nella regione del Darfur, nella Repubblica centrafricana, e in altri aspetti, e, in particolare, le influenze esterne che giungono attraverso i differenti confini presenti. Perciò diventa molto complicato cercare di individuare un punto d’incontro volto a ottenere soluzioni. E’ tutto molto positivo affermare di includere la società civile, ma a essa non è data l’opportunità di reagire e mostrare ciò che davvero vuole vedere che accada, poiché sono presenti varie forze ribelli o di opposizione.
Questa è la ragione per cui la questione su cui ci stiamo concentrando tramite il sistema Eurofor non è solo la stabilità e la protezione dei rifugiati che dal Sudan sono giunti in Ciad, circa 250 000, di cui 10 000 soltanto nell’ultimo mese, e anche di quelli provenienti dalla Repubblica centrafricana, ma di provare a garantire che democrazia e democratizzazione in merito costituiscono una priorità. Perciò mi congratulo con il Commissario Michel per il lavoro intrapreso, e uso il termine con cautela, con il “legittimo” governo ciadiano e di altre zone per incoraggiarli a operare adeguatamente. Purtroppo non ho la stessa fiducia nell’indipendenza dell’inchiesta sulle persone disperse, che avrà luogo con le autorità ciadiane, ma spero che con il coinvolgimento dell’Unione europea, possa essere incoraggiata.
La mia ultima considerazione è che le nostre truppe ora sono state dispiegate, grazie al contributo di Russia e altri paesi. La scorsa settimana ho parlato con il tenente generale Pat Nash, il comandante operativo, che mi ha informato del fatto che al momento sono presenti 700 truppe, 56 delle quali irlandesi, e che saranno al completo prima della stagione delle piogge, se tutto va bene all’inizio di maggio.
In Parlamento ora è impellente fornire sostegno alla costante forza di mantenimento di pace mediante le nostre iniziative politiche, le nostre parole, ma, soprattutto, garantendo che disponga delle risorse adeguate per proseguire il proprio incarico.
Marie-Hélène Aubert, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signor Presidente, la situazione dei diritti umani e della popolazione civile in Ciad è tuttora critica, e nessuna iniziativa verso un dialogo politico ha qualche possibilità di riuscire se prima non abbiamo una risposta chiara relativa al destino dei membri dell’opposizione arrestati il 3 febbraio, e se non si pone fine alla violenza che avviene continuamente, anche mentre stiamo parlando, contro coloro che Idriss Déby considera brutalmente oppositori da eliminare.
Perciò, signor Commissario, è fondamentale mantenere elevata la pressione come in passato al fine di costringere Idriss Déby a rivelare dov’è Ibni Mahamat Saleh in particolare, e che cosa ne è stato di lui, e a rilasciarlo qualora fosse ancora vivo. Desidero cogliere questa opportunità per accogliere ed esprimere la mia solidarietà a suo figlio, oggi presente nei corridoi, e al rappresentante del parlamento Yorongar, che è giunto per parlarci della situazione e del futuro del paese.
Signor Commissario, signor Presidente in carica del Consiglio, onorevoli colleghi, la diaspora ciadiana, che oggi è a Strasburgo, vi ascolta attentamente e fa affidamento su di voi per realizzare un dialogo inclusivo che non escluda alcuna parte politica interessata in Ciad. E’ secondo tali condizioni che sono possibili prospettive di pace e processo democratico, in associazione con tutte le parti, e in base a queste condizioni l’EUFOR potrebbe finalmente impiegarsi al meglio, emergendo quindi dall’ambiguità e dall’incertezza provocare dai recenti episodi. Il ruolo dell’UE deve essere pienamente chiarito in relazione a quello della Francia nella regione, che ha evidentemente autorizzato Idriss Déby a rimanere al potere, anche se il discorso usato dal Presidente francese ora è diventato più aperto e chiede cambiamenti alle precedenti politiche.
Signor Commissario, signor Presidente, dovete approfittare di tutto il vostro potenziale per esercitare pressioni al fine di ottenere garanzie e protezione autentiche per tutti i democratici ciadiani, e quindi assumere un atteggiamento più esigente con il Presidente Déby, che al momento sta semplicemente tentando di guadagnare tempo e salvare la faccia.
Tobias Pflüger, a nome del gruppo GUE/NGL. – (DE) Signor Presidente, l’UE ha spiegato una missione EUFOR in Ciad e un operatore di questa missione è già stato ucciso. Si tratta esattamente di ciò che temevamo accadesse. E’ stato asserito che le truppe speciali francesi hanno accidentalmente oltrepassato il confine in Sudan.
C’è un valido motivo per questa missione EUFOR? Noi diciamo di no! Queste truppe non possono essere assolutamente neutrali. La maggior parte delle forze dell’EUFOR proviene dalla Francia, e questo paese ha un accordo militare con Déby, che è salito al potere con un colpo di Stato militare, e lo ha aiutato procurandogli le armi e difendendo l’aeroporto dagli attacchi ribelli. Questi attacchi sono cominciati poco prima dell’avvio dello spiegamento dell’EUFOR. In altre parole, la missione ha intensificato il conflitto e pertanto è stata controproducente.
Idriss Déby ha sfruttato la situazione dopo gli attacchi ribelli per reprimere l’opposizione democratica. L’UE è rimasta immischiata in questa confusione. Vi esortiamo a ritirare le truppe EUFOR! La Francia, e quindi, indirettamente, l’UE, sta lavorando in stretta collaborazione con il capo militare del Ciad, Déby. L’opposizione democratica in Ciad chiede maggiore pressione della società civile sul governo, e che quella dovrebbe essere la nostra posizione, non un’ulteriore militarizzazione del conflitto.
Maria Martens (PPE-DE) . – (NL) Desidero ringraziare la Commissione e il Consiglio per queste dichiarazioni. Ritengo siano molto utili. L’Africa centrale è dominata dalla maggiore tragedia dei diritti umani del mondo, e sta continuando a crescere.
Come è già stato affermato, migliaia di rifugiati sono fuggiti dal Darfur in Ciad, ma continuando le violenze nel paese, ora le persone stanno scappando in Camerun, Nigeria e nella Repubblica centrafricana. Gli agenti militari e di pace sudanesi in gran parte sostengono i ribelli ciadiani ben armati nella zona di confine tra il Darfur e il Ciad, e oltre al governo sudanese ottengono un appoggio anche dalle milizie arabe del Darfur. Questa situazione provoca l’imponente flusso di rifugiati.
Signor Presidente, non possiamo restare in disparte. Dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per interrompere l’impasse in Sudan e Ciad e per stabilizzare questa zona di conflitto, tramite dialogo politico e fornendo sostegno e protezione per i cittadini e le organizzazioni di assistenza. E’ positivo che l’Unione europea abbia deciso una missione di pace comune in Ciad con lo scopo di proteggere i suoi cittadini e garantire aiuti umanitari.
Signor Presidente, il generale Henri Bentegat, presidente della commissione militare dell’UE, ha riferito che le attrezzature sono un problema. Il Consiglio può indicare con quali paesi si sta ancora negoziando in merito a possibili contributi?
Milioni di persone per anni hanno vissuto in questa pericolosa situazione senza alcun cambiamento sostanziale. Non possiamo fallire. La mia domanda alla Commissione e al Consiglio è se c’è ancora qualcosa da aggiungere sul rendere operativa questa missione innovativa.
Thijs Berman (PSE) . – (NL) Per la sicurezza dei rifugiati e degli abitanti e la stabilità della regione è necessaria la rapida disponibilità delle truppe neutrali EUFOR e delle attrezzature in Ciad. Qualora l’UE volesse contribuire efficacemente a tale azione, gli Stati membri, inclusi i Paesi Bassi, dovranno mantenere le loro promesse in modo che l’EUFOR possa essere del tutto dispiegata il più velocemente possibile. Gli Stati membri non devono, con una risposta tardiva, far sì che siano inutilmente ritardati l’arrivo di truppe e di attrezzature e l’impegno dell’EUFOR. Occorrono inoltre gli elicotteri della Russia, cosicché almeno non possano continuare a provocare danni in Cecenia.
Tuttavia, non è a rischio solo la situazione umanitaria, ma anche la stabilità dell’intera regione. Il conflitto al confine tra Ciad e Sudan sta peggiorando il quadro globale. I negoziati di pace tra i Presidenti di Ciad e Sudan, tramite il Presidente del Senegal, Abdoelaye Wade, forse rappresentano un passo nella giusta direzione. L’UE deve sostenere questa iniziativa, nello stesso modo in cui rimane in Kenya nell’ombra, ma fortemente appoggiata da Kofi Annan.
Louis Michel ha giustamente notato che un dialogo politico tra tutte le parti non può non avvenire. L’UE deve lottare più energicamente, tuttavia, per il rilascio dei leader dell’opposizione e degli attivisti per i diritti umani che sono scomparsi. Altrimenti il dialogo è impossibile. Come in Kenya a gennaio, uno status quo non è applicabile in questo caso. Libertà e dialogo devono diventare le condizioni per dare un seguito agli aiuti al Ciad.
Jens Holm (GUE/NGL) . – (SV) Signor Presidente, il conflitto in Ciad non può essere distinto da quello nel Darfur, in Sudan. E’ abbastanza evidente che il governo del Ciad stia sostenendo i ribelli in Darfur. L’opposizione ciadiana indica che i ribelli del Darfur stanno combattendo a fianco delle forze armate del governo del Ciad contro i ribelli ciadiani.
Il mio paese, la Svezia, sta contribuendo alla missione EUFOR con poche centinaia di soldati. L’obiettivo della missione è garantire la sicurezza della popolazione civile, ma purtroppo è stato dimostrato che le forze sono usate come una copertura del gioco interno in Ciad. Il Presidente del Ciad, Idriss Déby, ha chiesto all’EUFOR di raggiungere al più presto il Ciad orientale. Déby evidentemente vuole approfittare dell’EUFOR per assicurare la sopravvivenza del proprio regime.
Vorrei porre una domanda alla Commissione e al Consiglio: come potete garantire che l’EUFOR agirà in modo del tutto indipendente da simili pressioni? Che cosa pensate della cooperazione del governo Déby con i ribelli del Darfur? Mi sbaglio? In questo caso convincetemi! Per quanto riguarda i prigionieri dell’opposizione civile ciadiana, è positivo che siano avvenuti alcuni rilasci, ma occorre adoperarsi ancora molto. Che cosa sta facendo l’UE per garantire che tutti i prigionieri politici siano immediatamente rilasciati?
Geoffrey Van Orden (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, ho espresso sin dall’inizio le mie serie riserve in merito all’operazione in Ciad. L’UE non dovrebbe intromettersi in questioni militari. In ogni caso, la situazione in Darfur e delle zone vicine del Ciad e della Repubblica centrafricana richiedono un indirizzo adeguato e coerente, guidato politicamente, che comprenderebbe l’imposizione di una no-fly zone, un incarico che soltanto un’organizzazione come la NATO ha le competenze per realizzare. Ciò che stiamo vedendo ora è un’operazione incompleta, influenzata dal punto di vista politico, che persegue in gran parte gli obiettivi francesi, con l’UE che tenta di recuperare.
E’ spaventoso che una tale operazione precaria sia stata avviata senza un’appropriata valutazione del rischio e senza mettere a disposizione le capacità fondamentali di equipaggiamento prima dello spiegamento. In particolare sto pensando alla mancanza di elicotteri. Nessun alleato europeo intendeva offrirli. Ora, dopo un ripensamento, ci è stato detto che i russi provvederanno agli elicotteri, non solo, ma la Russia desidera partecipare alla missione. Che cosa ci fa capire dei motivi dell’UE? Talmente disperati da creare qualsiasi alleanza improvvisata e azzardata a condizione che non coinvolga gli americani. Tale situazione svela la realtà di queste attività. Non sono in grado di pensare a una condanna maggiore della politica europea di sicurezza e difesa.
Bogusław Sonik (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, un importante elemento della nostra missione in Ciad dovrebbe essere un’azione politica diversificata finalizzata a un’efficace mediazione tra entrambe le parti in lotta. A meno che non si raggiunga una comprensione tra i governi di Khartoum e N’Djamena, la missione potrebbe rivelarsi inutile e qualsiasi risultato rapidamente capovolto. Quindi per noi è importante partecipare a una mediazione varia che coinvolga istituzioni internazionali in modo da incoraggiare i leader di entrambi i paesi a risolvere le controversie.
L’operazione dell’Unione europea è finalizzata a migliorare la sicurezza per le missioni umanitarie nel Ciad orientale. Gli esperti di politica internazionale hanno rilevato che ciò potrebbe condurre a un flusso incrementato di rifugiati dalla zona del Darfur, alla ricerca di un luogo sicuro in cui sentirsi protetti dai gruppi di ribelli armati. Qualora accadesse, potremmo ritrovarci in una situazione complicata se ricordiamo le dichiarazioni del Primo ministro del Ciad, che di recente ha chiesto alla comunità internazionale di spostare i rifugiati. Inoltre, il Primo ministro ha minacciato che se non si interverrà, le autorità ciadiane trasferiranno da sole i rifugiati dal Ciad. Sono certo che tali affermazioni ci facciano ripensare ai conflitti nei Balcani, in cui le varie parti si erano occupate allo stesso modo delle minoranze nazionali e dei rifugiati.
Urszula Gacek (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, il nome Darfur è diventato sinonimo di miseria e sofferenza umane. La dispersione dovuta alla guerra in Sudan si è riversata sul confine con il Ciad, con quasi 300 000 rifugiati sudanesi che hanno provocato grande tensione all’economia e alla stabilità politica ciadiane. Senza una soluzione politica ai problemi della regione, non ci saranno prospettive di pace. Adesso, tuttavia, dobbiamo anche occuparci della situazione immediata, e con questo obiettivo in mente l’UE sta inviando 3 700 militari per proteggere i risultati.
La Polonia sta inviando un contingente di 400 persone, tra cui ingegneri e medici. Le nostre forze militari affrontano condizioni pericolose e dure e assisteranno a scene strazianti. Meritano la nostra gratitudine e il nostro rispetto per l’incarico intrapreso. Non meritano le critiche dell’estrema sinistra e degli euroscettici di quest’Aula.
Eija-Riitta Korhola (PPE-DE) . – (FI) Signor Presidente, tutti coloro che hanno preso la parola oggi hanno affermato che esiste la pressante necessità di aiuti umanitari. Numerosi operatori, tuttavia, hanno dovuto ritirarsi dalla regione poiché non è sicura. L’agenzia per i rifugiati dell’ONU ha riferito che la situazione relativa alla sicurezza e all’assistenza nei campi rifugiati è particolarmente negativa ed è diffusa la violenza sessuale.
La dichiarazione del governo ciadiano dello stato di emergenza il 15 febbraio ha accelerato il crollo del paese nel caos. La dichiarazione è un sistema particolarmente preoccupante di affrontare la crisi e la confusione. In pratica, autorizza il governo a reprimere e detenere i rappresentanti dell’opposizione attuali e sospettati. Lo stato di emergenza fornisce inoltre al governo il diritto di stabilire restrizioni alla libertà di movimento e assemblea dei cittadini, nonché di controllare i mezzi di informazione privati e statali.
L’UE dovrebbe chiedere al governo ciadiano di interrompere lo stato di emergenza e incoraggiare il Ciad a partecipare a una cooperazione più stretta al fine di garantire accesso alle organizzazioni che distribuiscono gli aiuti umanitari alle zone di crisi e far sì che riescano a lavorarvi. Ciò dovrebbe accadere il prima possibile.
Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . – (SK) Attualmente in Ciad oltre 250 000 rifugiati sudanesi vivono in 12 campi rifugiati nella parte orientale del paese. Allo stesso tempo (anche se tale condizione è menzionata più raramente), il Ciad è un luogo di rifugio per 57 000 profughi della Repubblica centrafricana, che vivono in quattro campi nel sud del paese.
Non dimentichiamoci che le donne costituiscono oltre il 56% dei rifugiati. Più del 60% dei profughi è di età inferiore ai 18 anni e perciò vogliamo che sia prestata maggiore attenzione a istruzione e assistenza sanitaria, in aggiunta alle condizioni basilari di sopravvivenza umana. A parte ciò, esiste un vasto gruppo ciadiano, pari a 180 000 persone, che è sfollato all’interno del paese a causa delle condizioni interne di sicurezza. La maggior parte di queste persone si trova nella zona orientale del paese e non dispone delle condizioni di base per la sopravvivenza, compresi cibo, oggetti quotidiani, abiti, acqua potabile, medicinali e vaccini.
Invito la Commissione a trovare sistemi efficaci affinché la nostra missione in Ciad sia dotata di maggiore autorità e migliori attrezzature tecniche, incluse le dotazioni mediche.
Gay Mitchell (PPE-DE) . – (EN) Signor Presidente, il mio collega ha presentato i dati e non li ripeterò, tranne che per dire che, dei 57 000 di cui ha parlato, 12 000 sono andati nella Repubblica centrafricana all’inizio del 2008. Ora in Ciad c’è un vasto contingente di truppe irlandesi. Auguro loro ogni successo. Fanno parte di un ampio gruppo dell’UE, 14 Stati in totale, mentre 21 Stati membri partecipano al comando operativo.
La situazione è la seguente: abbiamo un problema umanitario molto grave. Non concordo con coloro che affermano che possa essere risolto soltanto dalla NATO, ma anche da Euroforza se sono organizzati, e adesso stanno provvedendo. Accolgo positivamente il fatto che, alla fine, stiano ottenendo gli strumenti con cui agire, ma lasciamo loro il tempo di predisporsi e in effetti considerare di rendere questo luogo sicuro per gli aiuti umanitari e sostenerli mentre si trovano sul posto, anziché colpendoli con quella sorta di commenti politici sgradevoli che oggi abbiamo ascoltato dall’estrema sinistra.
Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. − (SL) Vorrei replicare ad alcune delle domande più rilevanti di questa discussione, per prima cosa quelle concernenti le risorse e le attrezzature tecniche, vale a dire gli elicotteri. Non si tratta di un problema specifico dell’Unione europea. Le stesse questioni riguardano anche altri: la NATO, le Nazioni Unite, e così via, benché questa non sia una giustificazione.
Vorrei rassicurare gli onorevoli Morillon e Van Orden sul fatto che gli organismi europei sono attivi in merito. Al momento, l’Agenzia europea per la difesa si sta occupando del problema, ovvero di una soluzione a lungo termine alla questione degli elicotteri. Come è già stato citato, sono in corso negoziati con la Federazione russa al fine di assicurarsi gli elicotteri. Attualmente, non dispongo di informazioni relative alla fase raggiunta finora o se i negoziati sono terminati. Tuttavia, so che si stanno svolgendo.
Per quanto riguarda lo spiegamento di questa missione, e in risposta alla domanda di numerosi deputati, tra cui l’onorevole Martens, vorrei ribadire che c’è stata un’interruzione di 12 giorni nell’azione, che ora è conclusa. L’operazione prosegue e, come ho asserito nella mia introduzione, non prevediamo che ne sia influenzata la durata complessiva. Malgrado questo ritardo di 12 giorni, il quadro generale non subirà conseguenze. Come programmato, l’iniziale capacità operativa sarà raggiunta in pochi giorni, a metà di questo mese.
Per quanto riguarda la prima vittima della missione, un membro del contingente francese, devo dire che si sta tuttora svolgendo un’inchiesta. Al funerale di oggi hanno partecipato l’Alto Rappresentante, Solana, e il comandante dell’operazione, il generale Nash, che ha espresso la sua solidarietà a nome dell’Unione europea.
Vorrei concludere con le seguenti riflessioni. L’Unione europea è consapevole della gravità della crisi in Ciad e della sua dimensione regionale, che ho menzionato in precedenza. Perciò continueremo a incoraggiare il dialogo tra il governo e l’opposizione nello stesso Ciad, nonché tra i governi di Ciad e Sudan.
Consideriamo l’EUFOR un contributo significativo a questi sforzi e siamo coscienti dell’importanza di attrezzature valide. Desidero commentare l’affermazione dell’onorevole Holm e sottolineare che la missione EUFOR in Ciad fa parte di MINURCAT, la missione delle Nazioni Unite nella Repubblica centrafricana e in Ciad. Questa è la ragione per cui imparzialità e indipendenza rientrano tra i principi fondamentali di tale operazione, ovvero delle missioni delle Nazioni Unite e di EUFOR. Questi principi di neutralità e imparzialità sono gli stessi dell’operazione EUFOR in Ciad e Repubblica centrafricana.
Louis Michel, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, anch’io desidero iniziare porgendo un tributo al soldato francese deceduto in servizio attivo durante una pericolosa missione di mantenimento della pace. Intendiamo esprimere le nostre condoglianze alla famiglia di questo militare, vittima di una missione difficile.
Non ero al corrente del fatto che in tribuna fossero presenti Ngarlejy Yorongar e il figlio di Saleh. Pertanto vorrei accoglierli e dire loro, anche se non mi è stato chiesto in modo ufficiale, che naturalmente ho intenzione di incontrarli se lo desiderano al fine di informarmi di qualsiasi evento di cui non sono a conoscenza. Sono molto lieto di poterli incontrare.
Molti di voi sono intervenuti rifacendosi ai miei commenti iniziali, in altre parole, al fatto che stiamo esortando in maniera crescente un dialogo inclusivo al fine di unire tutte le parti interessate: il governo, ovviamente, la maggioranza di governo, i membri dell’opposizione, incluso, cosa che ho spiegato piuttosto chiaramente al Presidente Déby, il rappresentante dei ribelli armati, ma anche, e in questo caso vorrei avere l’appoggio di tutti, i componenti della società civile, siccome sono quasi del tutto assenti dal processo, e non noto alcuna volontà di includerli in nessuna delle altre parti. Nel mio incontro con i rappresentanti del comitato di sorveglianza presieduto da Lol, sono stato in grado di dichiarare loro che è ugualmente importante coinvolgere la società civile nel processo.
Secondo, ritengo che non esisterà soluzione duratura senza dialogo, ma non potrà esserci soluzione duratura in Ciad senza risoluzione o ripristino delle relazioni tra Ciad e Sudan. E’ stato chiaramente stabilito che ci sono varie influenze che incidono in merito, e pertanto mi sembra si tratti di un altro parametro della soluzione.
Onorevole Aubert, ovviamente condivido le sue preoccupazioni e la necessità di esercitare la massima pressione sul Presidente Déby, e in effetti su chiunque sia coinvolto, al fine di garantire che siano rispettati i diritti umani. Mi sono espresso in maniera molto netta e determinata contro gli arresti extragiudiziali arbitrari. E’ stata inoltre posta una domanda relativa all’interruzione dello stato di emergenza, senza ambiguità. Come ho affermato, abbiamo già chiesto alla commissione d’inchiesta di aprirsi ai rappresentanti della comunità internazionale per assicurare oggettività e risultati tangibili.
Tuttavia, desidero formulare un piccolo chiarimento in relazione alla richiesta all’UE di avere una politica che si differenzi da quella della Francia, poiché, altrimenti, non sarebbe corretto dal punto di vista intellettuale da parte mia. Ho assistito al messaggio estremamente chiaro del Presidente Sarkozy al Presidente Déby. Non ho avuto l’impressione che non ci fosse alcun tipo di unione di interessi tra il Presidente francese, vale a dire il più autorevole rappresentante di Francia, e il Presidente Déby. Il tono, il contenuto e la sostanza del messaggio erano del tutto inequivocabili. Devo dire che le sue parole hanno lasciato un’impronta molto positiva. In mia presenza, il Presidente Sarkozy di fronte a Déby si è dichiarato apertamente contrario agli arresti extragiudiziali arbitrari e al fatto che nessuno sappia dove si trovino le persone disperse, e ha evidenziato con veemenza l’esigenza di un dialogo inclusivo che coinvolga ogni singola parte.
Per quanto riguarda il dispiegamento di EUFOR MINURCAT, siamo lieti di comunicare lo spiegamento di EUFOR Ciad/RCA avvenuto martedì 12 febbraio. EUFOR, naturalmente, rappresenta un contributo essenziale da parte dell’UE alla protezione della popolazione civile nel Ciad orientale e alla stabilizzazione a livello regionale. Non concordo con coloro che vi si oppongono poiché ritengo che si sbaglino nel sottovalutare l’importanza di questa missione o persino nell’affermare che non abbiamo nulla a che fare in questa regione; non è affatto la mia opinione. La Commissione europea ha elaborato un piano d’azione per accompagnare il processo di stabilizzazione, per sostenere il ritorno volontario delle popolazioni sfollate ai loro villaggi e per riavviare lo sviluppo nelle zone del Ciad orientale colpito dal conflitto.
La missione EUFOR, che ora è costituita da 600 uomini, 380 dei quali sono stati inviati ad Abéché, è stata dispiegata il 12 febbraio 2008 ed è pronta a raggiungere entro metà marzo la sua capacità operativa iniziale ed entro giugno la piena capacità, ovvero 3 700 uomini, che dovrebbero garantire lo spiegamento di MINURCAT. Tale presenza è cruciale per quanto riguarda provvedere alla sicurezza e alla protezione dei civili nel Ciad orientale, e naturalmente contribuisce anche al controllo, alla promozione e alla difesa dei diritti umani. Si tratta di un osservatore impegnato estremamente importante. Il dispiegamento di MINURCAT è ancora più rilevante poiché la Commissione ha preso accordi per un programma volto a sorvegliare il sistema giuridico e penitenziario nel 2007 e riformare il sistema di sicurezza entro il periodo 2008-2011. Vorremmo ricordare all’Aula che le autorità ciadiane devono approvare le procedure operative di MINURCAT il più presto possibile, visto che ogni ulteriore ritardo potrebbe ovviamente influenzare il piano di dispiegamento della forza di polizia del Ciad per la protezione umanitaria, il cui bilancio è finanziato per oltre la metà dalla Commissione.
Vorrei trattare brevemente il sostegno comunitario al Ciad orientale. La Commissione ha fornito aiuti umanitari a questa zona dal 2004, e tali aiuti nel 2007 sono stati pari a 30 milioni di euro. La Commissione europea ha inoltre assegnato 10 milioni di euro allo spiegamento della forza di polizia MINURCAT. Mediante il 9° Fondo europeo di sviluppo, la Commissione ha stanziato 13 milioni di euro finalizzati ad attuare un programma di sostegno al risanamento per il Ciad e la Repubblica centrafricana. Ha anche concordato nel sostenere, nell’ambito dei propri mezzi, un processo di riconciliazione tra i gruppi etnici che sono entrati in conflitto nel 2006 e non hanno più avuto relazioni dall’ondata di imponenti migrazioni forzate della popolazione. L’applicazione di tali programmi, tuttavia, richiede una stabilizzazione duratura della subregione.
Signor Presidente, onorevoli deputati, ho pensato che fosse importante soffermarmi su tali puntualizzazioni. Vorrei che foste consapevoli in ogni caso, e desidero affermarlo pubblicamente, che mi assumo appieno l’impegno di controllare tale questione su base quotidiana. Ho intenzione di recarmi in loco laddove ritenga sia necessario e utile, e posso farlo a brevissima scadenza. Ho predisposto un incontro a breve con il Presidente Beshir, e di nuovo con il Presidente Déby, in particolare per la questione delle relazioni tra Sudan e Ciad. Inoltre, vorrei naturalmente continuare a mantenere i contatti necessari con i vari attori politici e la società civile nel tentativo di compiere progressi in merito a questo dialogo inclusivo, senza il quale non può sussistere alcuna soluzione duratura nella regione.
Presidente . − La discussione è chiusa.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Bairbre de Brún (GUE/NGL), per iscritto. – (GA) I soldati irlandesi sono noti per il loro coinvolgimento in operazioni di mantenimento della pace con le Nazioni Unite in luoghi di crisi o conflitto. Dovrebbero essere le Nazioni Unite a condurre questo tipo di operazioni, ma questo non è possibile con la partecipazione a gruppi europei di pronto intervento di questa sorta.
Sussiste un particolare problema con la partecipazione al gruppo EUFOR in Ciad. La Francia svolge un ruolo centrale in questa operazione. Eppure, altri militari francesi stanno appoggiando Idriss Déby, il Presidente del Ciad, che è stato pesantemente criticato da Amnesty International. In aggiunta, il Ciad è un’ex colonia francese.
Le forze irlandesi corrono il rischio di essere considerate truppe a sostegno di un governo il cui primato dei diritti umani è sospetto. C’è il pericolo che l’Irlanda non sia più vista come neutrale.
Occorre una forza internazionale al fine di sostenere chi si trova in difficoltà in Ciad, ma veramente dovrebbe essere una forza delle Nazioni Unite.