Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione, presentata dall’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sulla particolare situazione delle donne detenute e l’impatto dell’incarcerazione dei genitori sulla vita sociale e familiare (A6-0033/2008).
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, relatrice. − (EL) Signor Presidente, la commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, che sta presentando la relazione di propria iniziativa, ha investito sforzi e spesa materiale sulla questione: i membri della nostra commissione non solo hanno lavorato su questo documento, ma hanno anche proposto una voluminosa relazione sulla situazione delle donne detenute in Europa. In un’audizione abbiamo ascoltato eminenti scienziati e rappresentanti della società civile trattare quest’argomento. Gli uffici del Parlamento europeo finora ci hanno fatto pervenire alcune interessanti presentazioni in merito. Tali testi evidenziano il lavoro del Parlamento sulla tutela dei diritti umani e la salvaguardia dei particolari diritti delle donne che devono vivere nelle difficili condizioni della detenzione. Le donne in carcere appartengono a una speciale categoria; probabilmente rappresentano una minoranza del totale della popolazione delle carceri in Europa, in media soltanto il 5%. Naturalmente i dati oscillano tra il 7% e lo 0%.
Mi pare che la relazione analizzi la situazione delle donne in carcere in maniera piuttosto accurata, poiché si affronta ogni caso possibile. Il documento considera esigenze speciali e di assistenza sanitaria generale, inclusi problemi specifici relativi all’igiene e richieste particolari di natura psicologica; la gestione di disturbi derivanti dal passato delle donne detenute; la situazione particolare delle madri, in effetti le statistiche mostrano che metà delle detenute delle carceri europee ha figli minorenni; le condizioni speciali delle donne in gravidanza; la nascita dei figli in carcere e la protezione dei bambini durante i primi anni di vita laddove siano costretti a vivere con le proprie madri in prigione. Perciò, ci sentiamo autorizzati a chiedere agli Stati membri, con il contributo dell’UE, di organizzare appropriate condizioni materiali volte a garantire che gli istituti provvedano a strutture dignitose di detenzione, come stabilito da norme e trattati internazionali ed europei. Si dovrebbe poter modernizzare la legislazione al fine di emettere condanne adeguate alle speciali circostanze delle madri; il personale abituale dovrebbe essere regolarmente controllato e sottoposto a una formazione speciale in modo da essere sensibile ai problemi delle donne. Le condizioni di detenzione per le donne dovrebbero essere incluse nella relazione annuale della Commissione europea sui diritti umani nell’UE.
La relazione odierna produrrà una discussione che mi auguro sia proficua.
Louis Michel, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il mio collega, il Commissario Špidla, è estremamente soddisfatto che il Parlamento europeo abbia deciso di analizzare la situazione delle donne in carcere e il suo impatto sulla vita sociale e familiare, e quindi intende congratularsi con la relatrice, l’onorevole Panayotopoulos, per il suo eccellente lavoro.
Anche se le donne costituiscono solo una piccola percentuale, il 5% circa, della popolazione carceraria d’Europa, è evidente che la loro permanenza in prigione influisce gravemente sull’intera famiglia. Inoltre, un numero relativamente elevato di detenute è madre.
La Commissione promuove politiche finalizzate a combattere l’esclusione dei gruppi vulnerabili, che comprendono quindi, in particolare, le persone in detenzione. Tuttavia, occorre sottolineare che l’inclusione sociale spetta soprattutto agli Stati membri. Il ruolo della Commissione in termini di inclusione sociale è fondamentalmente aiutare gli Stati membri nella lotta contro l’esclusione sociale, nel quadro del metodo di coordinamento aperto e di altri Ciononostante, il nuovo Trattato di Lisbona (questo è un punto interessante) offre nuove iniziative connesse a giustizia, libertà e sicurezza. In questo settore specifico, di crescente importanza, la procedura di codecisione sarà applicata a più numerosi settori e ciò ovviamente estenderà le competenze del Parlamento europeo al fine di analizzare alcune delle proposte presentate nel vostro testo. La relazione dell’onorevole Panayotopoulos adotta un approccio equilibrato. Rispetta del tutto il principio di sussidiarietà e riconosce il ruolo di sostegno della Commissione, e concordiamo appieno con il suo approccio metodologico. Siamo coscienti che per sostenere le sfide cui fanno fronte le detenute, gli Stati membri e la Commissione devono concentrarsi sulle condizioni di vita nelle carceri, sull’essenziale mantenimento dei legami familiari e delle relazioni sociali e, naturalmente, sull’importanza della reintegrazione sociale e professionale. Tale metodo adatta la strategia di inclusione sociale della Commissione, che riguarda tre vasti settori: incoraggiare l’accesso ai servizi di base e alle diverse possibilità e opportunità, verificare l’osservanza della legislazione nella lotta contro la discriminazione e, ove necessario, elaborare sistemi specifici volti a soddisfare le esigenze particolari dei vari gruppi.
Nella primavera del 2006 la Commissione ha organizzato una consultazione pubblica relativa alla necessità di intraprendere ulteriori misure a livello UE finalizzate a incoraggiare il coinvolgimento attivo delle persone più lontane dal mercato del lavoro. I risultati sono stati presentati in una comunicazione nell’ottobre 2007, che ha inoltre avviato la seconda fase della consultazione. E’ stata chiesta alle parti sociali la loro opinione in merito alla possibilità di migliorare il metodo di coordinamento aperto adottando principi comuni, in particolare riguardo al sostegno al reddito, a politiche attive per il mercato del lavoro e all’accesso a servizi di qualità, sulla portata di tali principi e, infine, su come sostenerne l’attuazione e con controllo e valutazione a livello UE. La consultazione è terminata il 28 febbraio 2008 e ora la Commissione analizzerà le proposte presentate dalle parti sociali e dagli altri soggetti interessati.
Adesso permettetemi di formulare qualche breve osservazione riguardo alla relazione. Il testo discute la reintegrazione delle donne detenute nella società e sul mercato di lavoro. Condividiamo l’opinione che le misure mirate di attuazione dovrebbero essere associate alle reti di sicurezza atte a prevenire l’esclusione sociale. La reintegrazione di persone in detenzione dovrebbe iniziare nell’ambiente carcerario in collaborazione con i servizi sociali specializzati.
Siamo ben consapevoli che offrire condizioni di vita accettabili e ragionevoli aumenta in maniera sostanziale le possibilità di reintegrazione nella società. Le autorità, incluse quelle carcerarie, devono essere incoraggiate a fornire formazione professionale di qualità per le persone detenute. La cooperazione tra le carceri e le imprese specializzate in impieghi per i detenuti deve senza dubbio essere stimolata come parte del processo di reintegrazione.
A tale proposito, intendiamo sottolineare il ruolo del Fondo sociale europeo nell’incoraggiare l’inclusione e l’integrazione dei detenuti di sesso maschile e femminile nel mercato del lavoro e nella società in generale. Il Fondo, come penso sappiate, cofinanzia attività volte a programmi educativi e professionali per i detenuti, mentre le iniziative direttamente interessate al miglioramento delle condizioni di vita per chi è in regime detentivo, come la costruzione di nuovi edifici e l’installazione di nuove strutture possono essere coperti a titolo di altri Fondi strutturali.
Ho puntualmente notato che la richiesta del Parlamento europeo alla Commissione e al Consiglio di adottare una decisione quadro sugli standard minimi per la tutela dei diritti dei detenuti e di elaborare una carta penitenziaria europea. Ritengo di dover nuovamente ricordare all’Aula che numerosi elementi della relazione sono di esclusiva competenza degli Stati membri, anche se, come abbiamo menzionato, il Trattato di Lisbona applicherà la procedura di codecisione a molti settori connessi a giustizia, libertà e sicurezza, e in questo caso esiste la reale possibilità di ampliare la portata del ruolo del Parlamento europeo e migliorare la situazione e il trattamento di tale questione estremamente seria.
Anna Záborská, a nome del gruppo PPE-DE. – (SK) La relazione di propria iniziativa sulle donne in carcere è altamente simbolica. Da un lato conferma la posizione molto pragmatica della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, e dall’altro l’ammirevole impegno della nostra collega, l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou.
Devo sottolineare che l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou è molto attiva nella mia commissione e mi congratulo con lei per il suo approccio lavorativo che è sempre responsabile. Lavorando su questa relazione, ci siamo recate personalmente al carcere femminile di Bruges. In seguito alla visita, posso affermare che la relazione non è puramente teorica. Mi fa piacere che il documento affronti la situazione delle donne in detenzione in tutta la sua complessità. Vorrei, in particolare, evidenziare l’importanza di proteggere i minori da danni psicologici mentre i genitori si trovano in carcere.
La seguente considerazione deriva dalla mia esperienza personale. Durante il regime comunista, quando avevo cinque anni, mio padre è stato arrestato e condannato a una lunga permanenza in carcere per falsi motivi politici. Gli insegnanti a scuola spesso mi chiedevano dove fosse e perché non partecipasse mai agli incontri con i docenti, benché tutti fossero a conoscenza che fosse in prigione. E’ stato doloroso. I bambini non dovrebbero subire il trauma loro inflitto dal comportamento insensibile di chi li circonda, che si aggiunge al marchio dell’incarcerazione dei loro genitori. Avere contatti personali regolari con le madri detenute è essenziale per le loro vite e e le loro relazioni interpersonali future.
In conclusione, intendo richiamare la vostra attenzione in particolare sul paragrafo 22 della relazione e sottolineare l’importanza che l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou attribuisce al mantenimento dei legami familiari.
Teresa Riera Madurell, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con la relatrice per il suo eccellente lavoro e il suo carattere aperto, che ha consentito fossero raggiunti importanti accordi sugli emendamenti presentati dal mio gruppo.
Si tratta di una relazione molto esauriente, che non trascura alcuna delle questioni previste nella difficile situazione che ha origine a livello di vita sociale e familiare in seguito all’incarcerazione dei padri o delle madri. Introduce numerosi nuovi aspetti, compreso il trattamento dei genitori detenuti che sono responsabili di minori.
L’obiettivo era trovare una soluzione che avrebbe garantito il rispetto dei diritti dei bambini mantenendo le misure di sicurezza che si devono applicare alle persone private della propria libertà. Si propone la creazione di unità indipendenti trasferite dall’ambiente carcerario ordinario, con condizioni di vita che siano adattate alle esigenze dei bambini e che tengano conto della loro integrazione nella comunità.
Lo stesso è valido per i detenuti che hanno persone a carico, una situazione che interessa in gran parte le donne. In questo caso, si raccomanda ancora una volta di scegliere soprattutto condanne alternative per quanto riguarda l’incarcerazione. A tale proposito, la relazione chiarisce che, nel caso di uomini in carcere con bambini piccoli o altre responsabilità familiari, le misure dovrebbero essere identiche a quelle per le donne.
Inoltre, tali misure devono garantire il totale rispetto per l’orientamento sessuale e qualsiasi forma di organizzazione familiare conforme al diritto. Alle donne in detenzione deve essere concesso l’accesso a campagne di prevenzione e, in condizioni paritarie, a programmi di pianificazione familiare.
La relazione chiede inoltre programmi volti a ridurre la vulnerabilità dei detenuti a situazioni violente, con assistenza psicologica per le donne che sono state vittime di violenza legata alla differenza di genere. Raccomanda altresì che il personale carcerario dovrebbe partecipare a una formazione ed essere più sensibile alla questione.
Il nostro gruppo ha collaborato strettamente con la relatrice, presentando questi e altri emendamenti, e ritengo che nel complesso abbiamo ottenuto un testo di cui il Parlamento può essere orgoglioso. Mi congratulo nuovamente con la relatrice!
Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. – (EN) Signor Presidente, tratterò tale questione a titolo personale. L’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou, con il suo consueto buon senso e forte impegno, ha svolto un eccellente lavoro e ha elaborato una relazione che affronta i problemi delle donne in carcere nella maniera più efficace.
La maggior parte di ciò che l’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou afferma nella sua relazione è, naturalmente, opportuno. Ma non si collega probabilmente, mi chiedo, a un mondo in cui le carceri in effetti dovrebbero funzionare non solo per punire individui condannati, ma soprattutto per riabilitarli? La dura realtà della questione è che la maggioranza degli istituti penitenziari in Europa e il mondo in generale non funzionano in modo adeguato sia per le donne che per gli uomini. Ciò, ovviamente, non significa che non dobbiamo esercitare pressioni affinché avvengano cambiamenti, né che le speciali esigenze delle donne detenute non dovrebbero interessarci. Al contrario, è nostro dovere stimolare sempre miglioramenti, ma non ci dobbiamo mai dimenticare i semplici fatti seguenti.
Primo, occorrono modifiche al nostro sistema penitenziario in generale.
Secondo, non dovrebbe esserci alcuna incresciosa discriminazione tra uomini e donne, a parte per quanto si rende inevitabile in forza di differenze strettamente biologiche, inclusa la maternità o gli aspetti speciali legati a essa.
Terzo, le carceri non sono alberghi, né reparti maternità o asili infantili.
Quarto, la maggior parte dei detenuti, uomini e donne, è costituita da criminali condannati, e molti hanno commesso atti atroci contro altri esseri umani.
Quinto, per quanto difficile possa sembrare, molte donne condannate non sono adeguate a rivestire il ruolo di madre e occorre trovare alternative volte a occuparsi dell’educazione dei loro figli.
Sesto, siccome alle detenute dovrebbe essere concesso di portare avanti una gravidanza in carcere, in nessun modo si tratta di una questione non controversa.
Detto tutto ciò, concludo tuttavia dichiarando il mio sostegno alla relazione.
Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, desidero richiamare l’attenzione su due questioni menzionate nella relazione.
La prima riguarda le condizioni in cui si sconta una pena detentiva. L’accesso a dotazioni appropriate per l’igiene personale e a servizi medici specifici che le donne richiedono è particolarmente importante. In quanto prigioniera politica nella Polonia comunista, mi era stato fornito un quarto di tavoletta di sapone grezzo che doveva durare sei mesi. Era impossibile esercitare un diritto per legge di un bagno per settimane di seguito. E’ insufficiente. Si dovrebbero garantire l’accesso ad acqua corrente e all’acqua calda per il bagno, l’opportunità di consultare un ginecologo e di effettuare mammografie, a prescindere dal tipo e dalla durata della condanna.
La seconda questione riguarda l’impatto dell’incarcerazione delle madri e delle donne incinte sulla vita e sulla salute dei loro figli. In particolare, le donne spesso sono private della facoltà di partecipare alle controversie concernenti i diritti parentali. Alle persone in arresto non è possibile prendere parte alle udienze. I minori le cui madri sono detenute godono solo di diritti limitati ad avere contatto con loro. I bambini appena nati spesso sono sottratti alle loro madri poco dopo la nascita, cosa che rende impossibile l’allattamento al seno. Bisognerebbe ricordare che ogni volta che si infligge una pena detentiva a una donna, la si infligge indirettamente anche a un bambino e a un’intera famiglia. Tale condanna dovrebbe quindi essere applicata soltanto in circostanze eccezionali. Vorrei concludere congratulandomi con la relatrice.
Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, questa relazione di iniziativa è importante poiché la condizione delle donne in carcere necessita di essere finalmente messa in risalto e i problemi di essere individuati. Fortunatamente, nell’Unione europea, non esiste una situazione simile a quella degli Stati Uniti, in cui le carceri e i detenuti sono diventati un’attività lucrativa, ma il numero delle donne in detenzione in Europa sta aumentando e pertanto occorre tenere conto della loro specifica situazione.
Primo, c’è la questione dell’assistenza sanitaria, di cui si è appena parlato. Le detenute hanno subito violenze, talvolta di natura sessuale, in carcere o in precedenza, e necessitano di adeguato sostegno psicologico e di terapie, spesso perché sono anche tossicodipendenti. Esiste inoltre il rischio che le donne siano sfruttate sessualmente in prigione. La condizione delle madri merita la nostra particolare attenzione. Non possiamo permettere che avvenga nuovamente ciò che è accaduto in Germania, ad esempio, laddove bambini di soli pochi mesi sono stati sottratti alle loro madri poiché negli istituti di detenzione non c’erano spazi disponibili per madri e figli, cosa che ha condotto a mesi di separazione. Occorre inoltre maggior denaro per il reinserimento delle donne dopo il loro rilascio.
Un problema di particolare interesse per me è evidenziare la situazione specifica delle ragazze e delle donne con un passato di immigrazione. E’ essenziale considerare lo stato delle donne che sono arrivate in Europa e sono trattenute nei centri di permanenza temporanea. Molte di queste donne sono rifugiate, in cerca di asilo o migranti irregolari tenute in condizioni simili a quelle carcerarie, e attualmente non è prevista alcuna normativa europea che stabilisca la durata massima del tempo di detenzione in questi centri.
Infine, e il Parlamento europeo ha elaborato uno studio in merito, chiediamo con urgenza miglioramenti della protezione dei gruppi particolarmente a rischio, soprattutto le donne che sono state vittime di violenza sessuale.
Věra Flasarová, a nome del gruppo GUE/NGL. – (CS) Onorevoli colleghi, nel suo classico “Sorvegliare e punire”, il filosofo francese Michel Foucault cita, tra gli altri, tre aspetti dell’incarcerazione. Tali aspetti sono sopravvissuti nella lunga storia della pena fino a oggi.
Primo, esiste l’obiettivo originale di isolare un criminale dalla società; secondo, la pena fornisce l’opportunità di confrontarsi con la colpa (catarsi); terzo, è presente il fattore moderno di offrire la possibilità di riabilitazione e reinserimento nella società. L’ultimo aspetto è considerato il più importante nei paesi civilizzati.
La società non si vendica di un criminale e non intende disonorare la sua dignità. Si sforza invece, talvolta contro gravi difficoltà, di mutare il modello di comportamento del detenuto condannato che ha condotto alla controversia giudiziaria. L’incarcerazione non è finalizzata a nuocere ai condannati, a lasciare soli i membri delle loro famiglie.
La relatrice ha definito in maniera molto chiara un problema dell’incarcerazione: l’attenzione è sulla colpa e sulla pena di un individuo, mentre il fatto che la pena abbia anche un impatto su chi è a carico del soggetto condannato è ignorato. In genere, questi ultimi sono i figli delle detenute.
Le madri con un figlio costituiscono oltre la metà di tutta la popolazione carceraria femminile d’Europa. I numeri precisi variano da paese a paese, come le condizioni dei penitenziari. Ad esempio, nel mio paese, la Repubblica ceca, il problema più grave è il sovraffollamento delle carceri. D’altro canto, le autorità responsabili stanno compiendo sforzi volti ad alleviare l’impatto negativo della pena sulle donne e sui membri delle loro famiglie, nonché a rendere più semplice il loro ritorno alla vita normale. Detto ciò, gli sforzi finalizzati ad aiutare i detenuti a integrarsi nella società sono ostacolati dalla carenza dei finanziamenti necessari, ad esempio, per gli operatori in campo sociale.
Concordo con la relatrice sul fatto che sia importante migliorare le condizioni atte a mantenere i legami familiari, poiché la separazione dalla famiglia, associata alla colpa e alla pena, sfocia nell’alienazione, che rende il ritorno dal carcere ancora più complicato. Naturalmente non mi riferisco ai casi in cui i legami familiari sono già stati interrotti prima dell’incarcerazione.
Concludo con una considerazione maggiormente rilevante: studi psicologici mostrano che per le detenute è difficile adattarsi a vivere a stretto contatto l’una con l’altra. Gli uomini riescono più facilmente a sopportare la vicinanza forzata e a risolvere le controversie.
Zita Pleštinská (PPE-DE) . – (SK) La relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou è giunta proprio nel momento in cui in numerosi Stati membri sono in corso modifiche alle infrastrutture carcerarie, inclusa la realizzazione di istituti penitenziari esclusivamente femminili. La collocazione geografica è un fattore rilevante: può, ad esempio, facilitare le detenute a mantenere i legami familiari e le amicizie, nonché a partecipare ai servizi religiosi.
L’impatto dell’isolamento e della sofferenza sulle detenute, in particolare sulle madri e sulle donne incinte, può avere conseguenze dannose per la madre stessa, ma anche, soprattutto, per i suoi figli e la loro crescita. Perciò prendere parte alle cerimonie religiose può determinare cambiamenti positivi nelle vite di queste donne.
La dignità umana e il rispetto per i diritti fondamentali sono valori che devono essere rigorosamente applicati nelle politiche penali degli Stati membri. Mantenere ordine nelle carceri richiede personale qualificato in grado di stroncare sul nascere violenza e abusi delle donne. Non dobbiamo neppure dimenticarci che il personale dovrebbe anche riuscire a offrire sostegno psicologico, poiché in passato molte donne spesso sono state traumatizzate.
Le mie congratulazioni alla relatrice per aver fornito un’analisi attuale che contiene numerosi risultati significativi. La relazione introduce inoltre una serie di proposte e suggerimenti per migliorare le condizioni delle detenute, in particolare delle madri single e delle giovani donne in detenzione. Sono lieta che la relatrice rivolga particolare attenzione alle donne incinte.
Le donne in carcere spesso sono state vittime di violenza. Occorre accostarsi a tale tematica in maniera molto sensibile, con il coraggio di introdurre nuove misure innovative riguardanti la politica penale. Dopo il loro rilascio dal carcere, alle donne deve essere offerta tutta l’assistenza possibile al fine di facilitare il reinserimento senza complicazioni nella società.
Zita Gurmai (PSE) . – (HU) La ringrazio signor Presidente. Signor Commissario, onorevoli colleghi, le pari opportunità devono essere altresì estese ai detenuti. Anche alle donne in carcere si devono fornire dotazioni sanitarie e igieniche adeguate, diverse da quelle degli uomini. Essere in grado di mantenere rapporti familiari è specialmente importante per le detenute, in quanto questo aspetto faciliterà il loro reinserimento nella società, come alcuni dei miei colleghi deputati hanno già evidenziato. In casi di tossicodipendenza e in alcune altre occasioni, è essenziale il sostegno psicologico, e molti Stati membri hanno ideato programmi multilaterali e basati sul genere volti ad affrontare la questione. I nuovi Stati membri devono seguire il loro esempio. Le ex detenute faticano a ottenere un lavoro. Avviare programmi formativi nelle carceri può alleviare il problema, riducendo quindi il rischio di recidiva. La relazione è eccellente e ne raccomando l’adozione.
Bairbre de Brún (GUE/NGL) . – (GA) Signor Presidente, accolgo con favore la relazione di propria iniziativa dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou concernente l’analisi della situazione delle donne detenute. Ritengo che il testo potrebbe essere rafforzato mediante due emendamenti.
Occorre rivolgere l’attenzione al concetto di trasferimento come una descrizione più precisa del processo di preparazione man mano che le donne si avvicinano alla data di rilascio. Al fine di favorire questo elemento, dovrebbero esserci “centri di riabilitazione” dotati di ambienti appropriati e di assistenza.
Invito ad appoggiare agli emendamenti che tentano di porre fine alla reclusione delle giovani donne in penitenziari per adulti. Il personale delle carceri femminili dovrebbe essere costituito per la maggior parte da donne, compreso il personale medico.
Nel 2004 è stata pubblicata una relazione, e un’altra lo scorso anno, in cui si illustravano nel dettaglio le spaventose condizioni della detenuta media nel mio collegio elettorale nell’Irlanda del Nord. Vorrei consigliare la Commissione a leggere le raccomandazioni espresse in quella relazione, nonché quelle contenute in questo documento.
Kathy Sinnott (IND/DEM) . – (EN) Signor Presidente, molte donne in carcere hanno un passato di violenza e di abusi, che può rendere difficile per loro creare rapporti stabili, che alla fine è veramente ciò di cui hanno bisogno.
Il nostro obiettivo non dovrebbe essere solo l’integrazione sociale dei detenuti, ma il loro sviluppo personale. E, al proposito, naturalmente, sorge la questione dei bambini. La separazione di una madre dal proprio figlio in carcere spesso avviene solo poche ore dopo la nascita. Ciò ha un impatto immediato su qualsiasi possibilità di un sano rapporto tra i due. Per creare infine un legame madre-figlio, è necessario per entrambi crescere insieme. L’unico modo in cui possono crescere insieme in maniera sana e normale è mantenerli uniti in qualsiasi luogo possibile e realizzare un ambiente confortevole e sicuro in cui vivere.
Separare una madre e un figlio significa preparare il fallimento del loro rapporto. Per quale ragione agire in questo modo, quando la maggior parte di queste donne necessita di un rapporto stabile e affettuoso nella vita?
Corina Creţu (PSE) . – (RO) La relazione in discussione rivela una serie di problemi incontrati in questo settore dagli Stati membri.
Di fronte a un aumentato tasso di criminalità in certi ambienti, soprattutto in quelli svantaggiati, segnati da assoluta povertà, analfabetismo, abbandono familiare, considerando il deterioramento del sistema di sicurezza, i governi degli Stati membri hanno scelto, a mio parere, una risposta inadeguata: pene più severe.
L’opinione pubblica in Romania di recente è stata scossa dal caso di tre donne appartenenti alla stessa famiglia, figlia, madre e nonna, che sono state imprigionate contemporaneamente per scontare una condanna per un reato non grave. Non si tratta dell’unico esempio di questo tipo. Perciò ritengo che una delle raccomandazioni più importanti della relazione sia l’applicazione di pene alternative all’incarcerazione, necessarie a maggior ragione quando è coinvolta la vita di un minore. Una situazione particolare è quella dei minori con entrambi i genitori detenuti.
Appoggio la richiesta riportata nella relazione rivolta alla Commissione al fine di elaborare una carta penitenziaria europea per consentire l’armonizzazione delle condizioni detentive negli Stati membri e una più rapida integrazione nella società di chi ha scontato una condanna privandolo della libertà. Mi congratulo con la relatrice per il suo impegno.
Zuzana Roithová (PPE-DE) . – (CS) Signor Presidente, come abbiamo sentito, le donne costituiscono solo il 5% della popolazione carceraria europea. Metà delle detenute è costituita da madri con bambini piccoli e la maggior parte di loro nel passato ha subito violenza e abusi.
Accolgo con favore questa relazione e ringrazio le parti interessate. Il testo sottolinea che gli Stati membri devono incoraggiare lo sviluppo di specifiche condizioni per le donne nei centri di detenzione. A mio parere, concentrarsi sulla dignità umana è la questione principale per un futuro reinserimento sociale riuscito. Occorre creare un ambiente favorevole per le visite dei bambini e alle donne si deve insegnare a comprendere il significato di dignità umana.
Sono quindi sorpresa della richiesta dei liberali di una votazione separata sul paragrafo 19, che propone di fornire alle donne il diritto di partecipare a cerimonie religiose. Ritengo sia sconcertante che le donne nelle carceri potrebbero, a seconda dell’esito della votazione di domani, godere di diritti diversi rispetto alle donne al di fuori delle mura detentive.
Louis Michel, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, naturalmente desidero ringraziare tutti gli oratori per una discussione estremamente produttiva e interessante. Non sono il Commissario competente per tale questione. Tuttavia, non nego di essere stato alquanto stimolato e coinvolto nel dibattito. Sono nate numerose idee personali, ed è una prova inconfutabile che abbiate attirato il mio interesse su una tematica che senza dubbio è decisamente importante.
Al fine di superare gli ostacoli al reinserimento delle detenute nella società e sul mercato del lavoro, dobbiamo ovviamente sottolineare di nuovo la necessità di combinare misure di applicazione a un’idonea rete di sicurezza. Questa azione richiede il coinvolgimento di tutte le parti interessate, inclusi le parti sociali.
La Commissione ha intenzione di continuare ad analizzare i problemi dell’inclusione sociale con gli Stati membri conformemente al metodo del coordinamento aperto. In effetti, molte delle proposte presentate in Aula, che di sicuro trasmetterò al Commissario Špidla, hanno richiamato la mia attenzione. Ad esempio, in molti paesi si ha già l’idea di tentare, ove possibile, di individuare condanne alternative (quando la persona in carcere non rappresenta un pericolo per la società); un approccio, questo, molto interessante. Sto anche pensando, benché al proposito stia parlando liberamente, all’impiego di etichette elettroniche che consente alle persone di lasciare il carcere e vivere con le proprie famiglie. Esistono numerosi elementi da analizzare connessi alla questione, considerato che quanto ho ascoltato in Aula è anche giusto: l’incarcerazione è soprattutto un atto di riconciliazione sociale, ovviamente, e pertanto occorre compiere sforzi atti a rendere questo atto di reinserimento nella società un fattore positivo. Sono inoltre molto interessato ai commenti espressi dall’onorevole Záborská, che sono stati ripresi in diversi modi da alcuni deputati, relativi all’intera questione dei legami familiari e di quelli con i figli, che, naturalmente, richiede alcuni metodi estremamente specifici.
Igiene nelle carceri, assistenza sanitaria, preferenze sessuali, violenza e abusi sessuali sono altri temi a me ben noti considerato, evidentemente, il mio lavoro di Commissario per lo sviluppo, sebbene non sia competente per questa particolare questione. Naturalmente, mi reco con regolarità nelle carceri dei paesi in via di sviluppo. Posso assicurarvi, quindi, che di certo mi trovo nella posizione di riconoscere il valore di tali tematiche.
In ogni caso, non mancherò di riferire al Commissario Špidla in merito a questa eccellente discussione e alle ottime idee che ho sentito; so che è estremamente interessato in materia.
Marie Panayotopoulos-Cassiotou, relatrice. − (EL) Signor Presidente, la ringrazio per essere rimasto nonostante l’ora avanzata. Desidero anche porgere i miei ringraziamenti ai Commissari Michel e Špidla per la loro partecipazione estremamente positiva alla relazione che stiamo presentando; vorrei ringraziare voi, onorevoli colleghi, e l’onorevole Matsakis, l’unico deputato di sesso maschile ad aver partecipato alla discussione.
Ritengo che mantenere legami familiari sia un comune denominatore, e tutti hanno sottolineato quanto sia importante. Inoltre è fondamentale proteggere i minori, soprattutto i bambini piccoli, e stabilire condizioni appropriate, adeguate alle speciali esigenze delle donne. La questione primaria, tuttavia, dovrebbe essere difendere i diritti umani, in particolare i diritti delle donne, senza considerare se siano in carcere o meno. Quindi, ciò che è applicabile alle donne non detenute, dovrebbe esserlo anche per quelle in detenzione.
Per quanto riguarda l’esclusione sociale, desidero porgere un ringraziamento particolare al Commissario Špidla, che attraverso di lei, Commissario Michel, ha sottolineato l’importanza di misure di sostegno sin dalla fase della detenzione: misure per la formazione professionale, per l’integrazione sul mercato e per la cooperazione con il settore privato. Possiamo pertanto mettere in pratica ciò che lei ha affermato, signor Commissario: dovremmo considerare il carcere come un’opportunità e non una forma di vendetta. In merito al punto di vista dell’onorevole Matsakis relativo al fatto che esistano anche tendenze pericolose, queste ultime sono presenti sia dentro che fuori le carceri, e dobbiamo offrire la possibilità e gli strumenti medici per trattarle, cosicché siamo in grado di prevenire l’emarginazione degli individui. Tale fenomeno è in conflitto con le nostre idee riguardanti la dignità delle persone e l’opportunità di sostenerle affinché dedichino il loro meglio alla società.
Spero, come ha affermato il Commissario, che il nuovo Trattato di Lisbona ci fornisca l’occasione di agire in maggior misura. Siccome la presentazione di questa relazione e la ratifica del Trattato non sono lontani, molti dei suggerimenti proposti nella relazione possono diventare una realtà. Ritornerò, tuttavia, a un argomento non menzionato, vale a dire che la relazione annuale della Commissione sui diritti umani dovrebbe altresì includere la condizione delle donne nelle carceri dell’UE.
Presidente . − Anche se l’onorevole Matsakis è stato l’unico deputato di sesso maschile a prendere la parola, il Commissario Michel si è espresso a nome della Commissione, e ho ascoltato con grande attenzione questa interessante discussione.
Come spesso avviene, le donne superano in numero gli uomini in questi dibattiti di tarda sera, ma ciò non sminuisce il loro contributo. Ringrazio la relatrice e chi è intervenuto per le sue parole, poiché, in fin dei conti, in una discussione come questa, vi siete espressi per donne che non possono farlo.
La discussione è chiusa.
La votazione si svolgerà giovedì 13 marzo.
Dichiarazioni scritte (articolo 142)
Katalin Lévai (PSE), per iscritto. – (HU) Vorrei richiamare la vostra attenzione al fatto che, mentre le donne costituiscono il 4-5% circa della popolazione carceraria in Europa, e che la proporzione di donne nelle carceri in numerosi paesi europei sta crescendo più rapidamente rispetto alla popolazione carceraria maschile, i penitenziari stessi continuano a essere progettati soprattutto per gli uomini e tendono a ignorare i particolari problemi del numero crescente di detenute.
I settori di maggior preoccupazione sono l’assistenza sanitaria, la situazione delle madri con figli, e il reinserimento professionale e sociale. Le statistiche relative alle donne in detenzione prospettano in generale un basso livello di istruzione e una mancanza di competenze professionali. In molte carceri europee, è possibile osservare una disparità tra la formazione professionale offerta alle donne e le richieste del mercato del lavoro. La maggior parte delle carceri fornisce una formazione professionale femminilizzata che è limitata a sviluppare le competenze e le abilità relative ai ruoli culturali e sociali tradizionalmente attribuiti alle donne. Il mercato del lavoro in genere non tiene conto di tali competenze di modesta retribuzione, e questo aspetto può favorire il perpetuarsi di ineguaglianze sociali e indebolire il reinserimento sociale e professionale. Le autorità carcerarie dovrebbero quindi essere incoraggiate a provvedere, magari in collaborazione con fornitori esterni, misure in materia di formazione professionale di elevata qualità e varie opportunità lavorative che siano in linea con i requisiti del mercato del lavoro e prive degli stereotipi di genere.