Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signora Presidente, qualsiasi cosa si pensi sull’attuale dibattito in materia di cambiamento climatico – avverto che fa molto caldo qui intorno –, penso che possiamo tutti concordare sulla necessità di una maggiore efficienza energetica.
Ma se dobbiamo parlare di efficienza energetica, facciamo in modo da avere un pensiero comune al riguardo. Vi darò un esempio: la nostra intera politica sulle lampadine a risparmio energetico. Sì, vogliamo eliminare gradualmente le lampadine esistenti, eppure imponiamo tariffe sull’importazione di quelle a risparmio energetico. Sì, parliamo di vietare il mercurio nei barometri (anche se in realtà costituisce un rischio molto piccolo), eppure nello stesso tempo stiamo incoraggiando le lampadine a risparmio energetico che contengono, sì, avete indovinato, più mercurio. E non soltanto, parliamo di efficienza energetica; eppure continuiamo a venire a Strasburgo, che emette tonnellate e tonnellate di ulteriore CO2 inutile.
Pertanto, se vogliamo davvero l’efficienza energetica, dovremmo chiudere l’emiciclo di Strasburgo.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, ho votato a favore della partecipazione della Comunità a un programma di ricerca e sviluppo teso a migliorare la qualità della vita degli anziani attraverso l’uso delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il progetto offre opportunità di sviluppo non solo per le persone anziane, ma anche per i disabili, per le donne che allevano figli e per le persone che vivono in zone rurali. A mio avviso, questa iniziativa servirà a impedire la stratificazione sociale in Europa in materia di accesso ai servizi digitali, nonché la marginalizzazione di gruppi sociali minacciati di non avere un accesso adeguato alla tecnologia moderna. Tuttavia, è molto importante tenere presente che il costo di queste tecnologie deve essere contenuto al massimo.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Ho votato a favore della relazione sul “miglioramento della qualità della vita degli anziani” che tratta di questioni di grande importanza per molti cittadini europei, specialmente la vecchia generazione. Le persone anziane dipendono dalle pensioni, che hanno per lo più un livello molto basso. Il problema cresce con l’aumento del numero di anziani beneficiari di questi fondi che sono limitati, dato che il numero di contribuenti sta diminuendo. Ci stiamo quindi dirigendo verso una situazione in cui un gran numero di anziani chiederà di beneficiare di diversi vantaggi sociali. Molti di loro, tuttavia, sono ancora capaci di svolgere vari tipi di lavoro e possono rimanere attivi sul mercato del lavoro. Il crescente numero di anziani e la necessità di una più ampia gamma di servizi e prodotti fanno aumentare la domanda del settore.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, ho votato contro perché la relazione dà adito ad una serie di dubbi. Non sostengo le disposizioni della direttiva sull’armonizzazione delle aliquote di accisa sul gasolio e sulla benzina. La diversità delle aliquote di accisa crea concorrenza fra le imprese di trasporto di diversi paesi dell’UE, cosa che indubbiamente va a vantaggio del consumatore. Mi oppongo anche alle disposizioni relative all’aumento delle aliquote di accisa sul carburante in tutta l’Unione europea. Gli elevati prezzi del petrolio sui mercati nazionali e l’armonizzazione delle aliquote di accisa in tutti i 27 paesi dell’UE metteranno un freno alla crescita economica in paesi in cui si registra un basso PNL. Un aumento dei prezzi dei carburanti comporta un aumento del prezzo di beni e servizi. Ho quindi votato per gli emendamenti tesi a consentire ai nuovi Stati membri, compresa la Polonia, di mantenere aliquote di accisa differenti.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, ho votato contro perché l’aumento significativo delle accise sul gasolio provocherà un rialzo dei dazi doganali su beni e servizi in paesi che dovrebbero applicare un’aliquota di accisa inferiore al minimo proposto dalla Comunità, ma che è in ogni caso elevato tenuto conto delle condizioni di questi paesi.
Poiché il reddito medio degli Stati membri che hanno aderito all’Unione europea nel 2004 e nel 2007 è relativamente basso, l’aumento proposto delle accise è eccessivo. I suoi effetti si ripercuoteranno soprattutto sulle famiglie più povere, dato che l’attuale aumento dei prezzi del carburante già grava pesantemente sui loro bilanci domestici. I paesi meno sviluppati, con bassi livelli di reddito, dovrebbero quindi ricevere periodi di transizione molto più lunghi di quelli proposti dalla Commissione europea, per dare loro il tempo di adeguarsi. Ritengo che l’aumento proposto sia ingiustificato ed eccessivo.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, è piacevole rivederla nel suo scranno ad ascoltare queste spiegazioni di voto, che so che lei apprezza molto. Vorrei aggiungere che gradisco la gentilezza e la comprensione del suo personale, dei servizi e degli interpreti questa settimana, durante le spiegazioni di voto.
Ho votato contro questa particolare relazione per tutta una serie di motivi. In primo luogo, credo nella concorrenza fiscale. Non credo che l’armonizzazione fiscale o le tasse dovrebbero rientrare nella competenza di queste istituzioni.
In secondo luogo, questa settimana, nel mio paese, il ministro delle Finanze ha innalzato le tasse sul carburante gravanti sulle automobili e sui camion in Gran Bretagna senza comprendere le conseguenze delle sue azioni. Vorrei sollevare un altro problema. Sto portando avanti una campagna con la Northampton Chronicle and Echo per le persone che vivono in quella zona nella mia regione, dove siamo tassati per il nostro carburante più che in tutte le altre grandi città. Desidero sottolineare che vi sono altri problemi nel mercato dei carburanti, non solo problemi fiscali.
Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, vorrei fare eco ai commenti del mio collega ringraziando lei, il suo personale e gli interpreti per la cortese pazienza dimostrata durante le spiegazioni di voto, che possono certamente essere a volte divertenti e a volte noiose per lei. Lo comprendo. Ma questo è il grande paradosso di quest’Aula.
Passiamo adesso alla concorrenza fiscale. Parliamo di creare il mercato unico più grande del mondo e di fare dell’UE l’economia più competitiva del mondo, ma cosa facciamo quando si tratta della concorrenza fiscale? Come si legge invero nella motivazione, il modo migliore per affrontare il problema della concorrenza è quello della piena armonizzazione.
Ed eccoci qui: vediamo la concorrenza come un problema, ma allo stesso tempo parliamo della necessità di un’economia più competitiva. Non dovrebbe essere una competenza dell’UE. E’ competenza degli Stati membri e noi dovremmo lasciarla tale, perché il modo migliore per garantire un’economia competitiva è assicurare la concorrenza fiscale, non l’armonizzazione fiscale.
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, ho votato contro la relazione. L’Unione europea non ha interesse a finanziare l’Iraq. Altri paesi della stessa Europa beneficerebbero molto di più di tali aiuti. La relazione della Caritas Europa mostra che in 14 paesi europei – fra cui Polonia, Austria, Germania e Gran Bretagna – i genitori soli, soprattutto le donne, sono particolarmente colpiti dalla povertà.
Secondo una relazione dell’UE, la Polonia, con il 26%, ha la più alta percentuale di bambini che vivono in povertà di tutti i paesi dell’UE. Un polacco su cinque (19%) vive sotto la soglia di povertà. E il 22% dei bambini polacchi con almeno un genitore che lavora è minacciato da povertà. Si tratta della cifra più alta in Europa. Il 13% dei polacchi occupati è minacciato dalla povertà. In Austria, il 47% dei genitori soli disoccupati vive in povertà cronica. Concentriamo i nostri sforzi sull’Europa.
− Relazione Marie Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0033/2008)
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ieri, durante la sua Presidenza, ho sottolineato quanto mi piaccia sempre leggere le relazioni della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere in questa sede e mi chieda poi perché esiste. Infatti, oggi ci troviamo di fronte ad una relazione i cui risultati sono più coerenti con qualcuno che da bambino guardava troppo Prisoner: Cell Block H piuttosto che con la realtà della situazione delle donne detenute – e mi chiedo in ogni caso se questa dovrebbe essere una competenza di quest’Assemblea.
Ad esempio, nel considerando Q si legge: “considerando che l’aumento del numero di donne detenute può essere attribuito in parte al degrado delle condizioni economiche delle donne”. Penso, e ho controllato con le statistiche di una serie di paesi nell’Unione europea, che il numero stia aumentando solo perché la popolazione sta aumentando. Invero, la proporzione di donne detenute in Europa sta calando.
La relazione dice che nelle carceri dovrebbe essere garantito un accesso alle cure sanitarie di qualsiasi tipo di elevata qualità. Sì, è giustissimo. Ma vi sono molte donne anziane nella mia circoscrizione che vorrebbero avere gli stessi vantaggi delle cure mediche prestate alle donne detenute nel Regno Unito. Ecco perché mi sono astenuto dal votare sulla relazione.
Philip Claeys (NI). – (NL) Ho già segnalato ieri l’inattaccabile posizione della Turchia quale aspirante Stato membro e questa relazione conferma semplicemente quello status speciale. Da settimane la Turchia sta bombardando il nord dell’Iraq e diecimila truppe turche hanno invaso il paese. E invece di condannare con fermezza questa aggressione, cosa fa il Parlamento? Chiede educatamente alla Turchia di rispettare l’integrità territoriale dell’Iraq.
Tutte le regole, tutti i principi, tutti gli orientamenti e i criteri devono essere messi da parte per l’adesione turca, dai criteri di Copenaghen al diritto internazionale e al divieto di ricorrere all’aggressione. La Turchia si considera al di sopra della legge, di qualsiasi legge, ed è rafforzata costantemente in quella convinzione dall’Europa. Un giorno l’Unione europea avrà motivo di rammaricarsi di/rimpiangere questo atteggiamento.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, sono stato un critico e un oppositore forte e chiaro della guerra in Iraq e lo sono tuttora. Ma credo che dobbiamo anche correggere gli errori che abbiamo commesso in relazione alla questione. Noi, nel mondo occidentale – sia Europa che USA – abbiamo il dovere di fare del nostro meglio per garantire pace e stabilità, e sarà abbastanza difficile. Ecco perché la relazione Gomes è eccezionale.
Dovremmo avvalerci di quest’occasione per sostenere l’iniziativa dell’onorevole Záborská per il rilascio dell’arcivescovo rapito. Mi rincresce che, in conseguenza di un errore di gestione da parte di quest’Aula, quella risoluzione non sia all’ordine del giorno questo pomeriggio. Dobbiamo fare del nostro meglio per aiutare questo rappresentante di una minoranza la cui esistenza è minacciata, che ha vissuto in pace insieme ai vicini musulmani per secoli, e che è minacciata di genocidio proprio in un momento in cui noi siamo responsabili in Iraq. Non è accettabile ed è il motivo per cui dobbiamo agire con forza.
− Relazione Marie Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0033/2008)
Bernard Wojciechowski (IND/DEM). – (PL) Signor Presidente, concordo su diversi punti della relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou sulla situazione delle donne detenute. L’amministrazione carceraria deve garantire condizioni decenti per le persone che scontano pene detentive o altre forme di arresto temporaneo.
Vorrei attirare l’attenzione sulla situazione delle donne impiegate nei servizi carcerari. In Polonia, 5 000 dei 30 000 agenti penitenziari sono donne. La retribuzione degli agenti penitenziari non supera 500 euro al mese. Dato il ruolo svolto dal personale carcerario affinché le condanne siano effettivamente scontate, è importante che la maggior parte degli agenti che hanno a che fare con donne detenute siano dello stesso sesso. Ciò riduce il disagio delle donne detenute e garantisce una migliore protezione dei loro diritti. Senza un considerevole aumento della retribuzione e il miglioramento delle condizioni di lavoro negli istituti carcerari, non raggiungeremo gli obiettivi della relazione.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ho votato secondo l’ordine del mio partito su questa particolare relazione e contro molti emendamenti. Tuttavia, ho un problema con i considerando. Dice: “considerando la necessità di istituire una forza nazionale di mantenimento dell’ordine che raggruppi tutte le comunità e possa ottenere della loro fiducia”. E’ la popolazione dell’Iraq la forza nazionale creata, credo, dalla popolazione dello stesso Iraq.
Ci si chiede in realtà quanto determinati siano stati i singoli Stati membri che compongono quest’Assemblea negli sforzi compiuti fino ad ora. Tutto ciò che si deve fare è guardare a quante persone hanno sostenuto gli sforzi in Iraq, credere in loro oppure no. Così come stiamo facendo, dovremmo cercare di risolvere i problemi che abbiamo provocato.
Penso davvero che questa risoluzione indichi che cercare di avere una politica estera e di sicurezza comunitaria armonizzata nel futuro ci causerà molti problemi, sia in quest’Aula sia nelle capitali dei nostri Stati membri.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, come la maggioranza del mio gruppo, ho votato contro questa relazione, non a causa dell’argomento, ma perché questo tema importante continua ad essere sfruttato per lotte ideologiche su questioni inerenti alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi diritti.
Voglio fare appello a tutti i gruppi in quest’Aula per mettere fine a questa disputa ideologica, che va a detrimento dell’argomento in questione. Dobbiamo chiarire che la salute riproduttiva è importante, ma che non ha niente a che vedere con l’aborto, perché non rientra nella competenza dell’Unione europea e ciascuno Stato ha il diritto di decidere la propria normativa nel settore. Ciò è in linea con il principio di sussidiarietà, che è il motivo per cui il denaro dei cittadini europei non può essere usato per scopi che alcuni Stati membri non trovano accettabili per motivi etici, morali e legali.
Dovremmo quindi lasciare questo argomento fuori dalle nostre decisioni e concentrarci su concetti neutri che riguardino realmente la questione della salute e non la questione dell’aborto, in merito al quale le opinioni in quest’Aula differiscono e dove io sono fortemente a favore della protezione del nascituro.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Turmes sul Fondo globale per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili (GEEREF) trova la mia approvazione. Il GEEREF userà fondi pubblici limitati per incoraggiare investimenti privati per progetti in materia di efficienza energetica ed energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo e nelle economie in transizione. Un fondo che aiuta tutti a raggiungere un certo livello di efficienza energetica e che abbraccia le energie rinnovabili ha il mio sostegno e per questo ho votato a favore.
Rovana Plumb (PSE), per iscritto. − (RO) La risoluzione riguarda la creazione di uno strumento finanziario innovativo per sostenere l’attuazione di alcuni progetti finanziati da questo fondo in vista del passaggio a un’economia caratterizzata da ridotte emissioni di biossido di carbonio e dell’adeguamento agli effetti del cambiamento climatico.
Lo sviluppo di questo tipo di economia attraverso progetti finanziati dal fondo comporta la creazione di nuovi posti di lavoro, condizioni eque per lo sviluppo sociale e l’eliminazione delle divergenze. In questo senso, è utile il sostegno speciale concesso alle PMI nell’accesso ai finanziamenti dei loro progetti GEEREF.
Ho votato a favore della risoluzione perché credo che queste due forme di azione, ovvero l’abbattimento delle emissioni dei gas a effetto serra e l’adeguamento agli effetti del cambiamento climatico, debbano essere sviluppate in parallelo, attraverso politiche coerenti e convergenti con un impatto positivo sullo sviluppo del mercato del lavoro/creazione di nuovi posti di lavoro e sull’aumento del PIL.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) In generale, si può dire che lo scopo di questa relazione sia incoraggiare l’integrazione dei “nuovi” Stati membri nella politica estera dell’UE, in particolare la “politica di cooperazione allo sviluppo” e la “politica europea di vicinato”.
La relazione, inoltre, considera che i “nuovi” Stati membri rappresentino un’opportunità per l’UE “per rafforzare la sua presenza strategica nell’Europa orientale, in Asia centrale e nel Caucaso”, regioni con cui i “nuovi” Stati membri hanno relazioni prioritarie e che finora hanno ricevuto meno “aiuti” dall’UE.
Ciò significa cercare usare la relazione privilegiata dei paesi dell’Europa orientale che hanno aderito all’UE nel 2004 come strumento di intervento comunitario (tenendo conto degli interessi delle maggiori potenze e dei loro grandi gruppi economici e finanziari, in particolare nel settore energetico) nei paesi della Comunità di Stati indipendenti, nei Balcani occidentali e nel Caucaso.
Ciò significa cercare di fare uso dell’“esperienza” di transizione di questi paesi verso il capitalismo e l’inserimento nella NATO e nell’UE come modello da seguire in queste regioni. In definitiva, si tratta di questo: una politica che mascheri gli interessi del capitalismo con lo “sviluppo”.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la relazione dell’onorevole Danutė Budreikaitė sulla sfida che costituisce per i nuovi Stati membri la politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE. Mentre i nuovi Stati membri dell’UE, esclusi Malta e Cipro, offrono una competenza esclusiva ai fini dell’applicazione e della definizione della politica di sviluppo nei nostri paesi vicini dell’Est, dobbiamo incoraggiare attivamente la loro partecipazione nell’Africa sub-sahariana e in altri paesi meno sviluppati. I nostri nuovi Stati membri rafforzano il ruolo dell’UE quale partner mondiale e dovrebbero essere pienamente incoraggiati in quel ruolo. La relazione e le sue raccomandazioni hanno il mio sostegno.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Il solo fatto che stiamo discutendo del ruolo dei nuovi Stati membri nelle politiche dell’Unione europea in materia di cooperazione e di sviluppo, in particolare con i paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, è la prova lampante del successo del processo di allargamento e dell’integrazione dei paesi che hanno aderito all’UE negli ultimi anni.
I cosiddetti “ex paesi dell’Est” di certo hanno avuto una lunga tradizione di “cooperazione” con l’Africa, ed è possibile che questi legami rimangano, sebbene in termini completamente differenti. La questione più rilevante, tuttavia, è che questi paesi, che stanno ancora lottando con forza con i costi delle loro riforme, adesso sono in grado di contribuire alla cooperazione e allo sviluppo con il consenso attivo delle loro popolazioni. Questo percorso è esemplare e potrebbe essere seguito – e ci auguriamo che lo sia – da altri paesi in circostanze sostanzialmente uguali in altre parti del mondo.
Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Voto a favore della relazione dell’onorevole Budreikaitė sulla sfida che costituisce per i nuovi Stati membri la politica di cooperazione allo sviluppo dell’UE.
La relazione è di altissima qualità, propone un’analisi dettagliata dell’attuale situazione della cooperazione allo sviluppo nei nuovi Stati membri, delle istituzioni e dei programmi interessati, dei paesi beneficiari e dei contributi finanziari rilevanti.
Le questioni trattate nella relazione mettono l’accento sui rapporti fra gli Stati membri dell’UE e i loro nuovi vicini orientali. I nuovi Stati membri sono collegamenti importanti fra l’UE e i suoi nuovi vicini.
Io, personalmente, chiedo la messa a punto di forme efficaci di cooperazione fra i vecchi e i nuovi donatori a favore dei paesi meno sviluppati, approfittando dell’influenza predominante dei nuovi Stati membri in regioni o paesi specifici.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Gill sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla partecipazione della Comunità a un programma di ricerca e sviluppo. Questo programma mira al miglioramento della qualità della vita degli anziani attraverso l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). La partecipazione dell’Unione europea a questo programma ne rafforzerà la capacità di raccogliere le sfide demografiche.
L’uso delle TIC può aiutare gli anziani a diventare più indipendenti e a rimanere in salute e può migliorare la loro qualità di vita.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Abbiamo votato a favore della relazione che tratta della proposta della Commissione europea sulla partecipazione dell’UE a un programma di ricerca e sviluppo avviato da vari Stati membri dell’UE nel settore delle nuove tecnologie dell’informazione (TIC) per invecchiare bene e portare avanti un’azione efficace. Il programma è intitolato “Domotica per categorie deboli” (Ambient Assisted Living, ALL), e cerca di creare sinergie in termini amministrativi e finanziari. Anche il Portogallo vi partecipa.
La relazione, approvata adesso da quest’Assemblea, attira l’attenzione e avanza proposte concrete sulla promozione del ruolo delle donne nella scienza e ricerca e mette l’accento sulla partecipazione delle PMI e sull’accesso equo per tutti gli Stati membri a soluzioni efficaci sotto il profilo dei costi, onde evitare di ampliare il divario digitale e di creare così un’Europa a due velocità.
Si propone anche che la Commissione realizzi una valutazione intermedia entro il 2010 per analizzare la qualità e l’efficienza dell’attuazione del programma.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Solo due osservazioni sulla relazione dell’onorevole Gill, che riguarda in sostanza l’organizzazione di un programma di ricerca teso al miglioramento dell’autonomia delle persone anziane grazie alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
La prima osservazione è sul merito: è difficile vedere il valore aggiunto dell’Unione europea in un progetto avviato, avendone il diritto, da alcuni Stati membri, se non la burocratizzazione del processo e la creazione di un nuovo organismo comunitario. La generosità finanziaria dell’Unione, con 150 milioni di euro suddivisi in diversi anni, al lordo delle spese di funzionamento dell’organismo summenzionato, non sembra un argomento decisivo.
La seconda osservazione è sulla forma: sempre più di frequente quest’Assemblea presenta relazioni legislative sotto forma di compromesso fra Parlamento e Consiglio, che dovrebbe consentire l’adozione rapida già in prima lettura. Ma improvvisamente, il legislatore rimane ostaggio di una manciata di esperti negoziatori. L’estensione di questa pratica mi sembra pericolosa per la democrazia.
Françoise Grossetête (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione che propone la partecipazione dell’Unione europea al programma di ricerca e sviluppo sulla domotica per categorie deboli, avviato in comune da diversi Stati membri e paesi terzi.
L’invecchiamento della popolazione costituisce una sfida per la società e l’economia europea. Oggi, l’aspettativa di vita media è di 80 anni e il numero di persone anziane tra i 65 e gli 80 anni aumenterà del 40% circa fra il 2010 e il 2030.
Emergono soluzioni innovative, che aiutano a mitigare problemi quali perdita di memoria, di vista, di udito, di mobilità o di autonomia che intervengono frequentemente con l’età.
La partecipazione dell’Unione europea a questo programma è prevista nell’ambito del Settimo programma quadro di ricerca e sviluppo della Commissione europea. I progetti saranno cofinanziati dall’Unione europea con 150 milioni di euro e avranno un effetto leva raggiungendo almeno 600 milioni di euro fra il 2008 e il 2013.
Anche i paesi partecipanti al programma dovrebbero contribuire al finanziamento, stanziando fondi equivalenti o superiori, per ciascun paese dovrebbe destinare almeno il 20% dei fondi assegnati alla ricerca nazionale nel settore.
Mieczysław Edmund Janowski (UEN), per iscritto. − (PL) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Gill (A6-0027/2008) “Miglioramento della qualità di vita degli anziani” che mira a promuovere l’uso della moderna tecnologia dell’informazione e della comunicazione come forma di sostegno per la terza età.
Come sappiamo, le nostre società sono caratterizzate da un’aspettativa di vita sempre più lunga. E’ una tendenza molto positiva. La media dell’UE è adesso di 80 anni, e la quota di persone nella fascia degli ultrasessantacinquenni raggiungerà a breve il 40%. Le tecnologie in questione possono aiutare significativamente queste persone in diverse situazioni, fra cui il prolungamento dell’attività professionale e sociale e il miglioramento della qualità della vita. E’ ovvio che le esigenze specifiche dei disabili devono essere prese in considerazione e l’accesso a questi servizi e alle tecnologie deve essere garantito principalmente attraverso la fornitura della connessione a Internet a banda larga sia nelle aree urbane che rurali in modo da evitare discriminazioni geografiche.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Sono favorevole al cofinanziamento da parte dell’Unione europea del programma “Domotica per categorie deboli” dato che avvantaggerebbe non solo gli anziani, ma anche altri gruppi di popolazione, quali i disabili. E’ proprio a motivo dell’importante cambiamento demografico nella popolazione europea e dell’aumento dell’aspettativa degli ultimi decenni che dobbiamo sostenere le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che faciliterebbero considerevolmente la possibilità degli anziani di affrontare le difficoltà quotidiane. Riguardo alla generale riduzione dei costi nel settore sanitario come risultato dell’uso di queste nuove tecnologie, attirerei la vostra attenzione anche sulla ricerca nei sistemi di “monitoraggio sanitario mobile”, il cui uso ridurrebbe i costi sanitari annuali di 1 500 milioni di euro solo in Germania.
Vorrei sottolineare che uno dei benefici del cofinanziamento è l’impatto positivo anche sul settore privato, perché aiuterebbe indirettamente le piccole e medie imprese.
Sostengo fortemente il programma comune AAL perché l’uso delle nuove tecnologie comporta il rispetto costante della vita privata degli anziani e consente loro di invecchiare con dignità.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sostengo la relazione dell’onorevole Nina Gill “Miglioramento della qualità di vita degli anziani”. Raccogliendo risorse e coordinando la ricerca e lo sviluppo a livello europeo, saremo in grado di valutare in modo più adeguato come migliorare le vite dei nostri cittadini più anziani. Stabilendo un contributo minimo, garantiremo la partecipazione di tutti gli Stati membri a questa causa. Vorrei lodare la relatrice per la sua relazione e sostengo le raccomandazioni che contiene.
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Abbiamo deciso di sostenere la relazione nella sua interezza perché, a nostro avviso, l’UE deve rendere prioritaria l’azione sulla pericolosa concorrenza fiscale nel settore dei carburanti, in particolare per consentire di raggiungere i suoi obiettivi climatici.
La proposta di armonizzazione fiscale inoltre non impedirebbe ai singoli Stati membri di imporre proprie tasse sulle emissioni di CO2 sulla benzina e sul gasolio.
Questo è un ulteriore motivo importante per sostenere la relazione.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La proposta di direttiva mira a ridurre le differenze di prezzo sul carburante fra i vari Stati membri che portano a distorsioni in termini di concorrenza e di ambiente nell’attività del trasporto stradale. Le differenze nei prezzi del gasolio usato come carburante per motori e della benzina senza piombo sono infatti significative.
Di qui l’importanza per il Portogallo, uno dei paesi in cui questa situazione cominci a farsi sentire, di tenere a mente le differenze di prezzo fra Portogallo e Spagna. Le imprese portoghesi subiscono la concorrenza delle imprese spagnole perché queste ultime beneficiano di prezzi più bassi per il carburante – il carburante rappresenta circa il 30% dei costi – a causa di una tassazione dei carburanti (e anche dell’IVA) più bassa.
Le imprese portoghesi hanno giustificato la stagnazione dei salari fissi dei lavoratori con questa pressione sui costi, con gravi conseguenze per la forza lavoro.
La proposta del Parlamento europeo è più positiva perché elimina i periodi transitori di cui all’articolo 18, aspetto molto importante dell’attuale situazione, nella speranza che sia possibile ridurre la differenza fra Portogallo e Spagna nel 2010, dato che quest’ultima dovrà aumentare la propria tassazione sul carburante da 302 euro a 330 euro nel caso del gasolio. L’avvicinamento continuerà nel 2012 e nel 2015. Nel caso della benzina senza piombo, non vi saranno purtroppo modifiche in tal senso.
Robert Goebbels (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato contro la relazione Schmidt perché il Parlamento europeo, invece di sostenere l’iniziativa della Commissione, ha fatto un gioco di prestigio fra vecchi e nuovi paesi. Ad ogni modo, saranno i ministri a decidere da soli, e all’unanimità.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) Più imposte e più controlli: ecco l’Europa di Bruxelles! L’armonizzazione delle accise, proprio come è accaduto con l’IVA mediante l’imposizione di tassi minimi obbligatori, che esiste ormai da quindici anni, si è dimostrata inefficace, del tutto inutile e a volte pericolosa.
Occorre ricordare che misure di questo tipo impediscono agli Stati membri di ridurre, ad esempio, l’IVA sulla ristorazione, sebbene in questo settore la possibilità di un’eventuale distorsione di concorrenza transfrontaliera è poco credibile e una riduzione dell’IVA consentirebbe di creare migliaia di posti di lavoro! O ancora, che i nuovi Stati membri sono costretti ad aumentare le tasse a livello vergognosi per i loro cittadini per rispettare la normativa comunitaria, mentre un’altra normativa europea chiede loro di controllare l’inflazione!
Ci viene proposto oggi di aumentare la tassa sul gasolio al livello della benzina senza piombo, con il pretesto della protezione dell’ambiente e della lotta contro il “turismo fiscale”, vale a dire l’utilizzazione a proprio profitto della concorrenza da parte dei cittadini! Ed è ancora più scandaloso dal momento che, in Francia in particolare, si sono incitati gli automobilisti ad acquistare vetture diesel per maltrattarli più duramente adesso!
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Questa spiegazione di voto vuole far capire che ancora una volta stiamo sprecando un’opportunità a livello europeo – dato che il meccanismo esiste – di agire per proteggere la piccola pesca costiera, omettendo di applicare alla benzina almeno le stesse condizioni fiscale godute dagli utenti di gasolio per l’agricoltura e la pesca. Andrebbe ricordato che la benzina è il carburante usato dalle navi d quest’importante e grande segmento di flotta dei vari Stati membri, in particolare del Portogallo.
Nella sua risoluzione del 28 settembre 2006 sul miglioramento della situazione economica del settore della pesca, il Parlamento, considerando che un aumento dei prezzi del carburante ha un effetto particolarmente negativo sull’industria della pesca - che aggrava in misura significativa l’esistente crisi socioeconomica e riduce drasticamente i redditi dei pescatori - e sottolineando che esiste un grave rischio di scomparsa di migliaia di imprese di pesca e di perdita di migliaia di posti di lavoro, ha adottato una serie di proposte per sostenere il settore di modo che possa affrontare l’aumento dei prezzi del carburante. Un anno e mezzo dopo, oltre all’aumento degli aiuti de minimis, in pratica non è stato fatto nulla a livello di UE.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) L’obiettivo della relazione dell’onorevole Olle Schmidt “Tassazione della benzina senza piombo e del gasolio” è occuparsi della differenza delle accise sui carburanti nell’Unione. L’attuale squilibrio ha incoraggiato il turismo del pieno, che ha ramificazioni economiche e ambientali. E’ opportuno prendere misure per scoraggiare questa pratica. Tuttavia, riconosco le esigenze dei nuovi Stati membri, ancora impegnati nel processo di sviluppo economico, i quali avranno bisogno di tempo per adeguarsi alle misure proposte. Ho votato a favore della relazione.
Pierre Pribetich (PSE), per iscritto. – (FR) L’obiettivo della proposta della Commissione era introdurre misure di riduzione delle emissioni di CO2 in conformità delle ambizioni illustrate nel pacchetto “energia-clima”. Tuttavia, né la proposta della Commissione né la relazione adottata oggi rispondono all’urgenza di sviluppare un carburante efficace per lottare contro le emissioni di CO2. Infatti, le disparità degli adeguamenti proposti nonché la loro diluizione nel tempo e nello spazio geografico dell’Unione europea rendono inefficaci le misure proposte.
Per cambiare aria cambiando era, dovremmo mostrare più immaginazione sul piano ecologico e votare a favore di misure che consentano di combattere efficacemente le derive climatiche. Ora, la modifica della fiscalità proposta dalla Commissione e la relazione dell’onorevole Olle Schmidt non valorizzano né la ricerca né la sostituzione con un nuovo carburante che riduca le emissioni di CO2.
Oggi, tengo a precisare la mia chiara opposizione alla logica di questa relazione, rifiutando di votare questo compromesso che snatura l’obiettivo dichiarato.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − La relazione Gomes prende atto della drammatica e difficile situazione che l’Iraq sta vivendo. Le organizzazioni non governative e i vari enti preposti alla ricostruzione della regione non riescono, di fatto, ad arginare i problemi derivati da decenni di guerre, dittatura e sanzioni.
In questo contesto, le Istituzioni europee hanno l’obbligo di sostenere una strategia complessa per l’Iraq, che accresca il sostegno UE direttamente all’assistenza tecnica a favore dello Stato di diritto, della giustizia e della buona gestione finanziaria, al fine di salvaguardare i diritti umani fondamentali creando stabilità e sicurezza regionale.
Il Parlamento dunque esorta il Consiglio a incoraggiare gli investimenti delle imprese europee sul territorio iracheno, conducendo i negoziati sull’accordo commerciale fra UE e l’Iraq così da avvicinare il mercato iracheno alle regolamentazioni europee.
In sostanza la proposta del Parlamento europeo, che condivido pienamente, suggerisce una nuova strategia per l’Iraq che preveda un adeguato utilizzo dello Strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani (EIDHR) e il sostegno a un sistema d’informazione pluralistico e indipendente.
Come rapporteur per la commissione per lo sviluppo sulla relazione Erasmus Mundus 2009-2013 mi impegnerò fin d’ora ad aumentare la dotazione finanziaria allocata per l’Iraq: la diffusione della cultura è un passo fondamentale nella creazione di un reale Stato di diritto.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) La risoluzione adottata raggiunge il fatto “straordinario” di non contenere il benché minimo riferimento all’aggressione brutale e illegale e all’occupazione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti d’America e dei loro alleati.
La risoluzione illustra il tributo di morte di centinaia di migliaia di iracheni, la distruzione di un intero paese e il dispregio premeditato e massiccio dei diritti umani derivante dall’aggressione e dall’occupazione.
La risoluzione tace del tutto sulla prima e più importante causa dei gravissimi problemi che il popolo iracheno e il paese stanno affrontando adesso, e quindi sul modo di risolverli, ovvero il ritiro immediato di tutte le forze di occupazione.
In sostanza, la risoluzione avalla lo status quo, presentandolo come un dato di fatto e cercando di promuovere una maggiore partecipazione dell’UE nell’intervento in Iraq, vedendo questo paese come un altro “Stato” supervisionato da USA/NATO/UE, come l’Afghanistan e il Kosovo. E’ strabiliante, in quanto allo stesso tempo ritiene che i paesi vicini debbano evitare qualsiasi interferenza in Iraq e rispettarne l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale nonché il desiderio degli iracheni di creare il sistema costituzionale e politico del paese con i loro sforzi.
Ecco il perché del nostro voto contrario.
Jean Lambert (Verts/ALE), per iscritto. − (EN) Ho votato per questa relazione, nonostante il parere espresso in uno dei considerando secondo cui tutti i problemi in Iraq deriverebbero dal precedente regime. Non vi è dubbio che Saddam Hussein sia stato un dittatore crudele e che abbia causato la morte di molti dei suoi cittadini, quanto meno nel tentativo sistematico di spazzare via i curdi. Tuttavia, anche la totale mancanza di qualsiasi strategia da parte delle forze di occupazione per affrontare la ricostruzione del paese ha provocato a sua volta un’indicibile miseria.
Sono lieto, tuttavia, che l’Assemblea abbia ritenuto che nessun paese dovrebbe forzare le persone a tornare in Iraq. Il paese non è sicuro, nemmeno il Kurdistan iracheno, dove di recente i carri armati turchi hanno attraversato le frontiere. Ci era stato detto dai membri di numerosi partiti del parlamento iracheno che il ritorno è pericoloso e potenzialmente destabilizzante per il paese stesso. Abbiamo anche sentito parlare, nella sottocommissione per i diritti umani, della difficoltà affrontate dai milioni di iracheni che vivono come rifugiati nei paesi vicini con poco sostegno da parte della comunità internazionale. Dovremmo sostenere i servizi pubblici in quegli Stati e almeno istruire i bambini.
Patrick Louis (IND/DEM), per iscritto. – (FR) La delegazione del movimento per la Francia presso il Parlamento europeo si è pronunciata sin dall’inizio dell’intervento americano in Iraq. L’esperienza del nostro paese, la sua vicinanza al popolo iracheno, ci facevano presagire il disastro umano, militare e morale che questo intervento avrebbe comportato.
Oggi, il male è stato fatto e conviene che gli Stati membri, da soli o collettivamente, agiscano per salvare e ristabilire ciò che può ancora essere salvato. Prima dell’intervento americano, l’Iraq era il solo paese musulmano ad avere sul proprio territorio un’importante e prospera comunità cristiana, presente in Iraq ancor prima della stessa apparizione dell’Islam.
Una delle conseguenze più drammatiche dell’intervento americano è stato l’esodo al quale parti della comunità sono state costrette a causa del terrore e delle intimidazioni. E’ un disastro per l’Iraq e per il suo futuro. In una prospettiva più ampia, la rapida erosione della mescolanza religiosa del Medio Oriente costituisce un impoverimento umano ed economico che mette in pericolo la stabilità e la prosperità dell’intera regione.
Per Fernand Braudel la storia cominciava a Sumer, ma oggi la lunga storia delle minoranze cristiane dell’Iraq sembra finita. Noi, nazioni dell’Europa, non possiamo perdonare questa grande ingiustizia con la nostra inazione.
Queste popolazioni hanno accolto l’Islam e sono stati ospitali e, insieme, hanno costruito questo paese che è stato prospero prima di essere devastato dal fanatismo e dalle guerre.
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163 del Regolamento)
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Sono lieto che la relazione di Ana Gomes sul ruolo dell’UE in Iraq guardi avanti e formuli una strategia per costruire un forte Stato iracheno democratico che rispetti i diritti umani e la ricca composizione etnica e confessionale del paese. L’Iraq ha bisogno dell’Europa per sfruttare i recenti miglioramenti in termini di sicurezza che contribuiranno a incoraggiare gli investimenti e una maggiore partecipazione delle ONG nella ricostruzione del paese. Tutta l’Europa ha interesse ad avere un Iraq stabile e sicuro e io ritengo che le raccomandazioni della relazione riconoscano questo aspetto.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione vuole garantire che l’UE si appropri di una quota rilevante del bottino imperialista della guerra contro l’Iraq e degli interventi nella regione più selvaggia del Medio Oriente. In questo contesto:
cerca modi e mezzi per stabilire una presenza a lungo termine dell’UE nel paese al fine di “aiutare le imprese europee a presentare offerte per gli appalti relativi alla ricostruzione in Iraq”, ovvero per aumentare la quota del bottino ricevuto dai monopoli dell’UE;
chiede un aiuto incondizionato per il “governo” collaborazionista dell’Iraq;
avanza strategie per una partecipazione attiva all’occupazione imperialista. Per consentire alle forze militari e di polizia di fare parte degli eserciti di occupazione, basta indossare berretti diversi e cambiare il nome in “forze ONU”.
Pertanto, pur riconoscendo cinicamente le conseguenze catastrofiche della guerra e del massacro della popolazione irachena, la relazione dichiara frettolosamente che gli eventi sono stati superati.
La relazione legittima non solo gli eserciti di occupazione, che definisce “forza multinazionale”, ma anche le società private di assassini attive in Iraq, purché siano fissate regole per le loro attività criminali!
Il partito comunista greco condanna la relazione. Esprime solidarietà per la resistenza degli iracheni e la lotta della popolazione della regione per la liberazione dal giogo imperialista dell’occupazione e per il loro diritto inalienabile di decidere del loro destino.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. − (PT) Trovo positivo il fatto che il Parlamento abbia deciso di discutere sul futuro del ruolo dell’Unione europea in Iraq, piuttosto che insistere su un dibattito senza senso sulle questioni passate. I cinque anni che ci interessano adesso sono i prossimi cinque anni, non quelli trascorsi.
Il punto di partenza per qualsiasi dibattito al riguardo deve essere riconoscere che la situazione sul campo è migliorata significativamente, sebbene sia ancora molto grave. Il miglioramento rivela in particolare che vi è un modo per avanzare verso l’obiettivo di costruire uno Stato democratico e sicuro. Il nostro obiettivo può essere raggiunto. L’esperienza degli ultimi anni, tuttavia, dimostra che sarà raggiunto solo grazie a un maggiore impegno, aumentando la sicurezza, investendo nella formazione delle autorità irachene e, cosa molto importante, contribuendo attivamente alla creazione di infrastrutture che renderanno redditizia l’economia del paese, al di là del petrolio. Nel caso specifico dell’Unione europea, ciò comporta di investire massicciamente nella ricostruzione economica dell’Iraq e costruire la democrazia nel paese. Un Iraq democratico e sicuro che rispetti i diritti umani è fondamentale per la regione e per il mondo.
Karin Scheele (PSE), per iscritto. − (DE) So, ovviamente, che in plenaria abbiamo votato sul progetto di relazione della collega Ana Gomes sul ruolo dell’Unione europea e non sulla sua motivazione. Eppure penso che sia importante che nella motivazione la relatrice ancora una volta sottolinei il fatto che l’invasione dell’Iraq sia stato un disastro strategico e umanitario e che la società irachena sia stata traumatizzata dalla guerra e dal caos e violenza che ne sono seguiti.
Approvo il fatto che oltre a tanti altri punti importanti, la relatrice fa esplicito riferimento alla necessità di assicurare alle donne un ruolo più importante e di promuovere il rispetto dei diritti delle donne, delle minoranze e dei bambini se si vuole svolgere un buon lavoro in Iraq.
Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) Trovo deplorevole che il Parlamento europeo finora non abbia elaborato alcuna analisi della guerra in Iraq. Negli ultimi anni quest’Assemblea ha mantenuto infatti un silenzio assordante e non ha nemmeno contestato le menzogne dell’amministrazione Bush. Per un organo democratico come il Parlamento è tutto dire! Sarebbe difficile per noi mantenere credibilità se non agiamo contro i membri dell’ONU che violano la carta delle Nazioni Unite.
L’onorevole Gomes ci propone una valutazione della situazione in Iraq. La sua relazione sul ruolo dell’Unione europea in Iraq include una serie di buone raccomandazioni per la ricostruzione del paese. Tratta una serie di argomenti e tutte le misure proposte mi sembrano fattibili. Apprezzo in particolare le proposte di compiere sforzi multilaterali, sotto la supervisione dell’ONU, e condurre intensi colloqui diplomatici fra gli USA e i vicini dell’Iraq. L’obiettivo deve essere stabilire la democrazia in Iraq, sulla base dei principi dello Stato di diritto, della buona governance e dei diritti umani. Per questo sostengo la relazione.
Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Nel contesto della quarta Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, si afferma che il personale umanitario, religioso e sanitari deve essere rispettato e protetto.
E’ indispensabile difendere il caso di Monsignor Rahho, arcivescovo caldeo cattolico nato e vissuto a Mossoul, rapito venerdì 29 febbraio 2008.
Nel corso del violento sequestro, i suoi tre accompagnatori sono stati uccisi.
In un emendamento orale alla relazione Gomes, non è stato possibile menzionare personalmente Monsignor Rahho.
Ecco perché io chiedo espressamente al Presidente di inviare due lettere di sostegno e di incoraggiamento, a nome di quest’Assemblea:
– una al Primo Ministro iracheno sciita Nouri al-Maliki che ha condannato questi attacchi e ha offerto a nome del governo iracheno “protezione e giustizia” ai cristiani, e che ha garantito che gli autori di questi crimini sarebbero stati perseguiti e puniti;
– l’altra al vicepresidente iracheno Tareq al-Hashemi, sunnita; anch’egli ha denunciato severamente gli attacchi terroristici contro le comunità cristiane, esprimendo in quest’occasione la sua “vicinanza con i fratelli cristiani”.
E’indispensabile infatti incoraggiare le autorità nazionali a fare tutto ciò che è in loro potere per garantire il rilascio immediato e incondizionato di Monsignor Paulos Faraj Rahho.
− Proposta di risoluzione: Codice di condotta dell’Unione europea per le esportazioni di armi (RC-B6-0063/2008)
Glyn Ford (PSE), per iscritto. − (EN) Sosterrò questa risoluzione. Come ho detto nella mia relazione di più di dieci anni fa, è essenziale avere un fondamento giuridico vincolante per il nostro codice di condotta per le esportazioni di armi.
Eppure, l’imperativo di esportare è dettato da un’industria europea divisa, ansiosa di produrre nel lungo periodo in modo da concorrere contro gli armamenti prodotti in massa negli Stati Uniti solo con una domanda interna di produzione in lotti.
Abbiamo quindi bisogno di un mercato unico dei materiali militari che consentirà all’Europa in primo luogo di competere, in secondo luogo di cessare di alimentare le guerre regionali nel mondo e in terzo luogo spostare alcuni dei suoi scienziati e ingegneri più altamente qualificati verso le nuove industrie tecnologiche di punta di domani.
Hélène Goudin and Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Alcuni Stati membri hanno un forte interesse a promuovere l’esportazione di armi. Quindi, se viene redatto un codice comune di condotta per l’esportazione di armi, è probabile che alcuni Stati membri che seguono una politica meno restrittiva siano costretti al compromesso.
Noi riteniamo che si possa realizzare una migliore sorveglianza sulle esportazioni di armi nell’ambito della normativa nazionale di ciascuno Stato membro. La Svezia deve continuare ad avere il diritto di seguire una politica restrittiva in materia di esportazione di armi se lo desidera. E’ auspicabile la cooperazione per garantire ulteriori progressi nei lavori concernenti il disarmo globale, ma è meglio operare a livello internazionale, nel contesto delle Nazioni Unite, in considerazione dell’esperienza, della competenza e della copertura globale di quest’Organizzazione.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Senza dubbio, un efficace codice di condotta per le esportazioni di armi a livello di UE diventa sempre più importante nel contesto della sua rapida militarizzazione, che si riflette nel progetto di Trattato attualmente in via di ratifica in ciascuno Stato membro.
Non senza una certa ironia, la risoluzione fa riferimento specifico all’“evoluzione della politica europea di sicurezza e difesa (PESD), nel cui ambito si procede sempre più a missioni militari e civili esterne dell’UE il cui personale potrebbe essere minacciato da armi in precedenza fornite da Stati membri dell’UE”.
Il “mercato dei materiali militari” si sta espandendo nell’UE, sono incoraggiate “diverse iniziative in atto per armonizzare le politiche nazionali di approvvigionamento di armi e il trasferimento e il commercio intracomunitario di armi”, e vi è una “disponibilità ad aumentare le esportazioni di armi quale strumento per promuovere i propri interessi economici”.
La parola d’ordine è stata data: corsa alle armi e militarizzazione delle relazioni internazionali.
Sono quindi positive e necessarie le iniziative e le misure tese quanto meno a mitigare un tale aumento. Come abbiamo dichiarato in precedenza, tuttavia, la normativa sul commercio di armi sarà molto più pertinente se accompagnata da un processo di disarmo multilaterale e reciproco, iniziando in particolare dallo smantellamento dei grandi arsenali nucleari.
Geoffrey Van Orden (PPE-DE), per iscritto. − (EN) La delegazione conservatrice britannica ha votato contro la risoluzione per il fatto che non accetta i riferimenti al Trattato di Lisbona o all’evoluzione della PESD, contro cui si oppone. Inoltre, mentre è fortemente a favore di una politica responsabile in materia di trasferimento di armi, non è convinta dei meriti di un codice di condotta legalmente vincolante, imposto dall’UE, in anticipo rispetto al trattato sul commercio di armi vincolante a livello internazionale.
− Relazione Marie Panayotopoulos-Cassiotou (A6-0033/2008)
Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. − (SV) Noi socialdemocratici svedesi abbiamo votato a favore della relazione perché è importante che le condizioni detentive siano migliorate in alcuni centri di detenzione in Europa e che i diritti umani e fondamentali delle detenute siano rispettati. Inoltre, deve essere integrata una dimensione di parità nel trattamento dei detenuti e nelle situazioni carcerarie. Tuttavia, abbiamo alcune obiezioni su una parte del contenuto della relazione. Non vogliamo l’armonizzazione delle condizioni detentive in Europa e abbiamo forti dubbi sui riferimenti contenuti nella relazione a speciali sanzioni penali o pene alternative per le donne, le donne incinte e le donne che accudiscono a figli in tenera età. Per quanto riguarda i contatti dei bambini con i propri genitori nei periodi di detenzione e dopo, si dovrebbe tenere conto di entrambi i genitori e non solo della madre o di un solo genitore, con l’attenzione rivolta sempre al miglior interesse per il bambino.
Den Dover (PPE-DE), per iscritto. − (EN) I miei colleghi conservatori britannici ed io riteniamo che si debba sempre cercare di migliorare la condizione delle donne detenute. La relazione suggerisce una serie di possibilità che potrebbero essere ulteriormente esplorate, compresa la prestazione di servizi sanitari.
Tuttavia, la relazione avanza richieste eccessivamente rigorose agli Stati membri in questo campo. Spetta allo Stato membro decidere sui dettagli della politica di detenzione. In particolare, non possiamo accettare la premessa dei considerando C e Q che, riteniamo, distorcono altri aspetti della relazione che potrebbero avere valore. Per questi motivi abbiamo deciso di astenerci.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. − (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Panayotopoulos-Cassiotou sulla particolare situazione delle donne detenute e l’impatto dell’incarcerazione dei genitori sulla vita sociale e familiare, dato che vi è la prova che le carceri europee sono in larga misura orientate alle esigenze dei detenuti uomini, trascurando quelle specifiche delle donne.
Ritengo quindi che dovrebbero essere adottate misure per promuovere il miglioramento della situazione delle donne detenute, in particolare in termini della loro reintegrazione sociale e professionale, salute e igiene, sostegno psicologico e mantenimento dei legami familiari.
Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Sebbene le donne rappresentino dal 4,5 al 5% circa dei detenuti nell’Unione europea, le carceri continuano ad essere orientate sostanzialmente alle esigenze dei detenuti uomini e tendono a trascurare il problema specifico della piccola, ma crescente percentuale di detenute. I settori principali di preoccupazione sono la salute, la situazione delle donne detenute con figli e la reintegrazione professionale e sociale.
Un’attenzione specifica dovrebbe andare alla salute delle donne e all’igiene. Le detenute incinte in particolare necessitano di risorse specialistiche e di attenzione per quanto riguarda la dieta, l’esercizio, l’abbigliamento, le medicine e le cure mediche da parte di personale specializzato.
I bambini che rimangono con le loro madri detenute necessitano di una protezione adeguata e di cure e non dovrebbero subire alcuna forma di discriminazione. La detenzione di donne può avere implicazioni particolarmente gravi quando queste donne erano le uniche custodi dei loro figli prima della carcerazione.
L’inclusione sociale delle detenute deve essere preparata durante e dopo la detenzione con la cooperazione dei servizi sociali e delle organizzazioni competenti al fine di garantire una flessibile transizione dalla prigione alla libertà.
Christofer Fjellner, Gunnar Hökmark e Anna Ibrisagic (PPE-DE),per iscritto. – (SV) Sosteniamo il lavoro di ammodernamento e adattamento della politica penale intrapreso dagli Stati membri, inteso a rispondere in maniera più adeguata alle esigenze dei detenuti nonché a prendere in considerazione gli specifici bisogni delle donne.
Poiché le condizioni detentive non rientrano nella sfera di competenze dell’UE, abbiamo deciso di non votare a favore della relazione. I provvedimenti che riguardano le condizioni di visita, la gestione delle strutture, la formazione del personale all’interno del sistema penale, le attività ricreative per i detenuti o l’assistenza sociale sono e dovrebbero rimanere responsabilità degli Stati membri, così da poter essere adattati e sviluppati in maniera conforme alle esigenze locali e nazionali.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) La Junilistan simpatizza per molte delle opinioni espresse nella relazione: rispetto per i diritti umani, migliori condizioni nelle carceri, rispetto per la parità fra donne e uomini e importanza della reintegrazione dei detenuti nella società. E’ anche estremamente importante che sia data la massima attenzione alle esigenze dei bambini in queste situazioni. Tuttavia, noi pensiamo che spetti agli Stati membri decidere come trattare queste materie. In particolare, sottolineiamo il diritto di ogni Stato membro a formulare il proprio diritto penale e quindi anche a pronunciare le opportune sentenze. Inoltre, l’Unione europea non dovrebbe impegnarsi in una regolamentazione dettagliata, ad esempio se un detenuto debba fare ginnastica o meno, sui regolamenti di visita o sul lavoro durante la detenzione. Questi aspetti dovrebbero essere di competenza degli Stati membri e dei loro elettori e essere determinate dal dibattito pubblico nella società.
Vorrei ricordare che tutti gli Stati membri dell’UE sono Stati democratici rispettosi dei criteri di Copenaghen.
Anna Ibrisagic (PPE-DE), per iscritto. − (SV) Sosteniamo il lavoro compiuto negli Stati membri per ammodernare e adeguare la politica in materia penale al fine di migliorare la presa in considerazione delle necessità dei detenuti e, in questo contesto, delle esigenze specifiche delle donne.
Dato che il trattamento dei detenuti non rientra nelle competenze dell’UE, abbiamo deciso di votare contro la relazione. Misure concernenti le visite, l’attività degli istituti di detenzione, la formazione del personale nel sistema penale, le attività ricreative dei detenuti o l’assistenza sociale sono e dovrebbero rimanere appannaggio degli Stati membri, in modo da potere essere adattate e sviluppate conformemente alle esigenze nazionali e locali.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Concordo con i risultati illustrati nella relazione dell’onorevole Marie Panayotopoulos-Cassiotou sulla situazione delle donne nelle carceri e sull’impatto dell’incarcerazione sulla vita sociale e familiare. Il carcere rimane orientato alle esigenze dei detenuti uomini e io apprezzo l’obiettivo della relazione di sottolineare le differenze vissute dalle donne. Appoggio la relazione.
Martine Roure (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione perché è urgente adeguare le condizioni detentive per tenere conto delle esigenze specifiche delle donne. Ad oggi, le condizioni carcerarie in numerosi Stati membri restano pessime e non consentono in alcun caso di garantire il sostegno specifico necessario per le donne.
Infatti, le donne detenute hanno specificità che necessitano di un’attenzione particolare, soprattutto per quanto riguarda l’accesso alle cure sanitarie.
Ecco perché ho sostenuto un emendamento del gruppo socialista che chiede che le donne detenute possano avere accesso alle stesse campagne di prevenzione in materia di diagnosi del cancro al seno e al collo dell’utero. Infatti, questo tipo di diagnosi precoce offre maggiori possibilità di guarigione. Non permettere l’accesso a questo tipo di cure alle donne detenute può costituire una forma di doppia pena.
Inoltre, le donne rimangono un attore centrale nella loro unità familiare. Conviene quindi facilitare quando possibile pene alternative all’incarcerazione per le madri se non costituiscono una minaccia per l’ordine pubblico.
Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. − (SV) Stiamo parlando di un settore per il quale non esistono poteri a livello di UE. Nonostante alcune proposte positive, la relazione si preoccupa troppo dei dettagli. Per questo motivo mi astengo.
Nirj Deva e Gay Mitchell (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Quando si vota per qualsiasi politica che contiene il termine “salute sessuale e riproduttiva”, comprendiamo che non di tratta della protezione e del miglioramento della vita e della salute della madre e del nascituro. Non accettiamo altre definizioni che facciano rientrare l’aborto in quei termini, e inoltre comprendiamo che qualsiasi cura, informazione, politica o altri servizi pertinenti alla salute sessuale e riproduttiva debbano escludere l’aborto. Lavoreremo perché questa definizione sia accettata in ogni forum e organismo in cui possiamo esercitare la nostra influenza.
Notiamo la risposta della Presidenza del Consiglio del 4 dicembre 2003 secondo cui il termine salute riproduttiva non comprende la promozione dell’aborto e, fra l’altro, che l’aborto non dovrebbe mai essere presentato come metodo di pianificazione familiare, contrariamente a quanto dichiara l’OMS sulla regolazione della fertilità. E’ chiaro, pertanto, che la definizione dell’OMS non è vincolante per le istituzioni governative e parlamentari, né accettata.
Continueremo a sostenere le politiche che promuovono pratiche sessuali responsabili, che proteggono e migliorano la vita e la salute della madre e del nascituro, fra cui lo stanziamento di risorse per il conseguimento di questi obiettivi.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. − (SV) Questa relazione di propria iniziativa mira a integrare la prospettiva dell’uguaglianza nella cooperazione allo sviluppo dell’UE. La Junilistan si oppone agli aiuti a livello di UE e quindi vota contro la relazione.
Tuttavia, diversi emendamenti presentati da alcuni membri sono meno graditi. Il diritto delle donne alla salute sessuale e riproduttiva è un elemento importante nella promozione dello sviluppo. In questo caso, abbiamo scelto di sostenere le proposte iniziali come contrappeso alle tendenze spiacevoli che caratterizzano quest’Aula. Tuttavia, in via di principio, i lavori su questi temi e sulla cooperazione allo sviluppo dovrebbero essere perseguiti a livello globale nell’ambito dell’ONU, non dell’UE.
Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. − (PT) Riteniamo che la relazione abbia diversi meriti, uno dei quali è attirare l’attenzione su un problema importante, sia nell’UE che nei paesi in via di sviluppo: la necessità di garantire l’accesso alle informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva per garantire libertà di decisione, e di promuovere servizi pubblici per proteggere e applicare i diritti di ogni persona, in particolare delle donne.
Riteniamo che si debba sottolineare, tuttavia, che il maggiore contributo per “l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne nella cooperazione allo sviluppo” non verrà da politiche che promuovono rapporti di dipendenza e dominazione, la liberalizzazione del mercato (cfr. gli accordi di partenariato economico dell’UE), lo sfruttamento dei lavoratori, disuguaglianze e ingiustizia sociale e il dispregio per i diritti umani, che affliggono milioni e milioni di bambini e di donne in particolare, ma da una politica di effettiva cooperazione basata sulla parità di diritti fra Stati, rispetto per la sovranità nazionale e diritto di ciascun paese di definire e attuare un modello di sviluppo che soddisfi le esigenze e le preoccupazioni della popolazione, ovvero una politica che interpreti genuinamente la parola “solidarietà”.
Tunne Kelam (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Ho votato a favore degli emendamenti perché ritengo che la lotta contro la violenza, in questo caso violenza sessuale contro donne in zone di crisi e conflitti, debba essere la massima priorità. L’UE non può tollerare alcuna forma di violenza e quindi ritengo che si debba mettere l’accento sulla lotta contro la violenza sessuale mirata contro le donne. Inoltre, penso che le tradizioni non debbano essere viste in senso negativo. La salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti sono questioni delicate, comprese le dimensioni tradizionali sociali e religiose, e quindi non si dovrebbe generalizzare e fare pressioni sulle società, specialmente le società fragili, dove drastici cambiamenti nei modi tradizionali di vita possono danneggiare la società fragile piuttosto che apportare benefici.
Jörg Leichtfried (PSE), per iscritto. − (DE) Voto per l’uguaglianza di genere e l’emancipazione delle donne nella cooperazione allo sviluppo.
La discriminazione che le donne subiscono nei paesi in via di sviluppo a causa delle regole religiose, di pratiche culturali e della povertà è ulteriormente peggiorata, di solito, dalla mancanza di istruzione. Al riguardo, vorrei attirare l’attenzione, in particolare, sull’enorme potenziale della pressione sociale che può essere esercitata dalla sensibilizzazione in materia dei diritti di base delle donne che, in ultima analisi, potrebbe migliorare la situazione delle donne nelle regioni interessate.
Sostengo poi l’idea di guardare alla “violenza contro le donne” non solo in termini di vittime femminili, ma di prendere in considerazione anche l’aspetto degli “abusi maschili” attraverso programmi pratici di sviluppo, come proposto nella relazione dell’onorevole Uca.
Sono anche molto critico contro il mancato inserimento, da parte della Commissione, nell’elenco delle misure di una strategia contro la violenza basata sulla cultura o sulla religione misogine.
Un accesso inadeguato all’istruzione porta a svantaggi in altre settori della vita semplicemente a causa della mancanza di informazioni. Essere scarsamente informati al riguardo può avere conseguenze fatali nei paesi in via di sviluppo dove il livello della sanità e gli standard di igiene sono spesso sconcertanti. Basti guardare alla percentuale elevata in maniera allarmante di donne infettate dall’HIV – a sud del Sahara la cifra è del 57%.
Un aspetto estremamente positivo è la richiesta di elaborare “indicatori di risultato che riflettano la problematica di genere”, che renderebbero meno aspro il controverso argomento delle quote.
Maria Martens (PPE-DE), per iscritto. − (EN) Quando si vota per qualsiasi politica che contiene il termine “salute sessuale e riproduttiva”, comprendo che non di tratta della protezione e del miglioramento della vita e della salute della madre e del nascituro. Non accetto altra definizione che faccia rientrare l’aborto in questo termine: e inoltre comprendo che qualsiasi cura, informazione, politica o altro servizio pertinenti alla salute sessuale e riproduttiva debbano escludere l’aborto. Lavoreremo perché questa definizione sia accettata in ogni forum e organismo in cui possiamo esercitare la nostra influenza.
Noto la risposta della Presidenza del Consiglio al Parlamento del 4 dicembre 2003 secondo cui il termine salute riproduttiva non comprende la promozione dell’aborto e, fra l’altro, l’aborto non dovrebbe mai essere presentato come metodo di pianificazione familiare, contrariamente a quanto dichiara l’OMS sulla regolazione della fertilità. E’ chiaro, quindi, che la definizione dell’OMS non è vincolante per le istituzioni governative e parlamentari, né accettata.
Continuerò a sostenere le politiche che promuovono pratiche sessuali responsabili, che proteggono e migliorano la vita e la salute della madre e del nascituro, fra cui lo stanziamento di risorse per il conseguimento di questi obiettivi.
David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione dell’onorevole Feleknas Uca “Parità di genere e emancipazione femminile nella cooperazione allo sviluppo” accoglie la strategia proposta dalla Commissione nel settore. Faccio mia l’approvazione di una strategia che mura a integrare la parità di genere nella cooperazione allo sviluppo. Ho votato in favore della relazione.
Véronique Mathieu (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Anche se l’Unione europea integra ormai da numerosi anni la parità di genere nei suoi programmi di cooperazione allo sviluppo, i progressi effettivi sono ancora troppo lenti. Pertanto, la Commissione europea deve darsi degli obiettivi in termini di cifre e di scadenze per fare dello sviluppo il principale fattore di miglioramento delle condizioni di vita delle donne.
A questo fine, nei suoi partenariati l’Unione europea dovrebbe incentrarsi su tre priorità: le libertà fondamentali, il posto delle donne nella vita pubblica e il loro accesso alle cure.
Da un lato, la Commissione deve vigilare più che mai sugli attacchi all’integrità fisica e alla dignità della donna (tortura, mutilazioni tradizionali, matrimoni forzati). Dall’altro, la cooperazione deve comportare il riconoscimento del posto delle donne nella società, dell’accesso alla conoscenza fino all’autonomia finanziaria. Infine, sarebbe opportuno assumere impegni per l’orizzonte 2010 ai fini di una reale prevenzione e di un efficace trattamento del virus dell’AIDS nei paesi in via di sviluppo. La politica europea di sviluppo rappresenterà una cocente sconfitta se non genera cambiamenti reali per la situazione delle donne.
Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) La relazione, nonostante gli accurati risultati sulla tragica condizione delle donne nei paesi invia di sviluppo, non menziona le vere colpe: metodi di produzione capitalisti e brutali interventi imperialisti da parte dell’UE, degli Stati Uniti e di altri Stati imperialisti e organizzazioni. Sfruttano questi paesi e depredano le loro fonti di produzione di ricchezza, provocando fame e impoverimento di milioni di persone.
Le soluzioni proposte operano entro i confini dello sviluppo capitalista e degli aiuti allo sviluppo dell’UE. Un altro aspetto tipico di questo approccio è la proposta di rafforzare l’imprenditorialità femminile per aumentare l’occupazione. In questo contesto, le proposte per creare società più eque e democratiche, per favorire l’accesso delle bambine e delle donne all’istruzione e a servizi sanitari, per eliminare la povertà, le malattie, ecc, sono aria fritta. Sono meri desideri che spostano l’attenzione dalla verità, perché soddisfare le esigenze delle persone è incompatibile con il principio supremo dello sviluppo capitalista e il perseguimento di profitto. Per ogni euro che l’UE dà a questi paesi, ne ruba migliaia.
La posizione delle donne e le condizioni di vita delle popolazioni di questi paesi potranno migliorare non attraverso furti legalizzati dagli “aiuti allo sviluppo dell’UE”, ma attraverso la resistenza all’intervento imperialista, la richiesta di relazioni internazionali paritarie e la lotta per un diverso approccio allo sviluppo, basato sulle esigenze delle persone.
Karin Scheele (PSE), per iscritto. − (DE) La relazione sulla parità e la partecipazione, sul ruolo delle donne nella cooperazione allo sviluppo, copre diversi aspetti e include importanti questioni pratiche.
Nel suo insieme, quindi, va decisamente sostenuta. Un tema presente in tutta la relazione è la salute sessuale e riproduttiva e la violenza contro le donne, insieme alla promozione del diritto delle donne all’autodeterminazione.
E’ importante estendere le reti di micro-finanziamento, perché i microcrediti possono contribuire a migliorare la situazione economica delle donne. Non riesco a capire perché le persone stiano cercando di presentare vari emendamenti che indeboliscono la relazione e che semplicemente rigettano i documenti dell’ONU che sono citati.
Kathy Sinnott (IND/DEM), per iscritto. − (EN) Signor Presidente, sono pienamente favorevole alla parità di genere e all’emancipazione delle donne e avrei voluto sostenere questa positiva relazione.
Purtroppo, la relazione, al pari di tante altre relazioni sulle donne e sui bambini, è stata usata per promuovere l’aborto nell’ambito dei diritti sessuali e di riproduzione. Dato che la maggior parte dei miei colleghi ha votato per includere una serie di emendamenti sui diritti sessuali e di riproduzione, non posso votare a favore della relazione.
Konrad Szymański (UEN), per iscritto. − (PL) La relazione dell’onorevole Uca sulla parità di genere nella politica di sviluppo è un’espressione di imperialismo morale europeo nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Esporta il modello sociale malato dei paesi europei ricchi verso i paesi dell’Africa e dell’Asia. I ripetuti riferimenti ai diritti in materia di riproduzione denotano il sostegno generalizzato per l’aborto. Non ho quindi potuto votare a favore della relazione.
Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La parità di genere è una priorità per i paesi in via di sviluppo. Apprezzo enormemente il lavoro estremamente preciso e approfondito realizzato dall’onorevole Uca su questo tema importante.
Tuttavia, ho votato contro la relazione perché, nella versione finale, il contenuto di alcuni paragrafi che fanno riferimento in modo indefinito alla salute sessuale e riproduttiva rimane ambiguo. Persistono interpretazioni contraddittorie, alcune delle quali comportano una minaccia per la vita dei nascituri.
In una prossima relazione, la salute delle donne non dovrebbe essere limitata alla salute riproduttiva perché tutte le donne hanno diritto ad un ambiente che permetta loro di restare in buona salute. Al riguardo occorre una vigilanza del tutto speciale sull’approvvigionamento salubre di acqua potabile, di proteine, di medicinali di base, accanto ai medicinali tradizionali.
A seguito della visita della signora Mongella, il 6 marzo 2008, per la giornata della donna, direi anche che avremmo molto da apprendere dalla saggezza africana per quanto riguarda la parità uomo-donna. Questa è vissuta e trasmessa nella tradizione orale fra donne e uomini con una buona salute psicologica e mentale. Tutti potremmo trarne ispirazione.