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RC-B6-0111/2008

Discussioni :

PV 13/03/2008 - 9.3
CRE 13/03/2008 - 9.3

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PV 13/03/2008 - 11.3
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Testi approvati :


Resoconto integrale delle discussioni
Giovedì 13 marzo 2008 - Strasburgo Edizione GU

9.3. Il caso del giornalista afghano Perwez Kambakhsh – Il caso del cittadino iraniano Seyed Mehdi Kazemi
Processo verbale
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la discussione su sei proposte di risoluzione sul caso del giornalista Perwiz Kambakhsh e la discussione di quattro proposte di risoluzione sul caso del cittadino iraniano Seyed Mehdi Kazemi(1).

 
  
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  Nickolay Mladenov, autore. (EN) Signor Presidente, vorrei collegare questa discussione al dibattito precedente sulla Russia perché ritengo che, se crediamo in una serie fondamentale di valori, non possiamo difenderli solo in paesi che sono deboli, e dare esenzioni ai paesi che sono forti.

Sono orgoglioso che quest’Assemblea abbia discusso la relazione sulla Russia, e dovremmo tutti esserne orgogliosi. Dobbiamo temere il giorno in cui il Parlamento europeo cesserà di discutere queste risoluzioni e di sostenere fermamente i valori in cui crediamo.

Perché, oggi, la democrazia non è il diritto di tutti a essere uguali, ma è il diritto uguale per tutti di essere diversi. Questo è un messaggio fondamentale che dobbiamo trasmettere ai nostri partner in Russia e ai nostri partner in Afghanistan.

Il presidente Karzai e il governo afgano si sono impegnati a costruire uno Stato democratico, moderno. In uno Stato democratico e moderno, la pena di morte è inaccettabile. Questo non è discutibile. Non è accettabile nessuna forma di condanna a morte in uno Stato democratico e moderno. Questa è la base del nostro valore europeo.

Il caso del giornalista afgano Kambakhsh è ancora più imbarazzante perché è stato condannato a morte per avere esercitato il suo diritto di libero accesso all’informazione.

Dovremmo incoraggiare fortemente le autorità afghane, governo e presidente, a intervenire a suo favore e usare i loro poteri per difendere la sua vita e garantire che sia perdonato alla fine del processo al quale deve essere sottoposto adesso, ovvero il processo di appello.

Dovremmo, tuttavia, continuare ad aiutare le autorità a costruire le istituzioni che devono funzionare come in uno Stato moderno e democratico, sostenere la società civile e, cosa più importante di tutte, mantenere il nostro impegno per la sicurezza dell’Afghanistan.

Infine, non dovremmo dimenticare che l’istruzione è il valore di base che dobbiamo dare ad un paese come l’Afghanistan. Le ragazze hanno avuto la possibilità di andare a scuola solo negli ultimi cinque anni. Ci aspetta molto lavoro da fare. Non dovremmo evitare il lavoro e dovremmo inculcare con decisione alla Commissione, al Consiglio e a tutti gli Stati membri, l’idea di investire nell’istruzione in Afghanistan.

 
  
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  Marcin Libicki, autore. (PL) Signor Presidente, il giornalista afgano Perwiz Kambakhsh è stato condannato a morte. Come sempre, i governi autoritari attaccano coloro che parlano dei diritti umani, e quindi giornalisti e attivisti religiosi.

Concordo con gli oratori precedenti che non dovremmo essere indulgenti verso paesi potenti come Russia e Cina. Come ha giustamente detto l’onorevole Mladenov, lo standard dovrebbe essere lo stesso per tutti. Vorrei anche sottolineare che quelli che dicono che dovremmo essere più indulgenti verso Cina e Russia perché sono paesi potenti hanno torto su due punti. Il primo, perché lo standard deve essere lo stesso. Il secondo, perché il fatto che i governi debbano fare certi compromessi è una questione diversa. Nella storia dell’Europa, i parlamenti sono sempre stati la coscienza della nazione. E i parlamenti non possono fare questi compromessi che, purtroppo, a volte, dobbiamo accertare da parte dei governi.

Chiedo quindi all’Assemblea di non applicare standard diversi per i potenti e i deboli.

 
  
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  Thijs Berman, autore. (NL) La pena capitale è una barbarie e la libertà di espressione è scolpita nella costituzione dell’Afghanistan. Eppure, il giornalista Perwiz Kambakhsh è stato condannato a morte per blasfemia, lontano dalla capitale Kabul, a causa di un articolo sui diritti delle donne nell’Islam che non ha nemmeno scritto di suo pugno. Il fratello scrive in modo critico sui leader locali, così chiaramente non è stato di aiuto per la causa di Perwiz.

Questa condanna a morte è arrivata come un fulmine a ciel sereno, anche in paesi con una larga maggioranza di musulmani. Giornalisti in Pakistan, Iran, Qatar, tutti sono dolorosamente consapevoli dell’importanza di salvaguardare la libertà di espressione ovunque nel mondo, contro la massiccia opposizione, nonostante i club ultraconservatori che non sono a favore delle libertà, dei diritti delle donne o di un dibattito aperto. Eppure, anche questi conservatori hanno bisogno della libertà di espressione.

Cosa dovrebbe fare l’Europa?

1. Offrire più aiuto di quanto era stato promesso nel 2007 per la riforma del sistema giudiziario in Afghanistan.

2. Chiedere con forza al Presidente Karzai di agire e sostenerlo al riguardo.

3. L’Unione europea deve fare del rispetto per i diritti umani e per la costituzione afgana un pilastro centrale della politica della Commissione europea.

Non ha assolutamente senso forzare questa questione più di quanto gli ultraconservatori non intendano tollerare. Ciò significherebbe abbandonarsi alle loro mani. Ma Perwiz Kambakhsh deve essere liberato immediatamente.

 
  
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  Marios Matsakis, autore. (EN) Signor Presidente, alcuni credono che l’Afghanistan sia un paese in cui negli ultimi anni ci sia stata una condizione di sommossa continua e di tensione caotica. Povertà, analfabetismo, rivalità tribali violente, baroni della droga, signori della guerra, occupazione russa, terrorismo talebano, seguiti dal formidabile intervento USA-Regno Unito, e in aggiunta a tutto questo, la severa legge islamica, la sharia. Se mai ci fosse l’inferno sulla terra, l’Afghanistan sarebbe un candidato perfetto. Eppure, di fonte a questa estrema avversità, si fanno strada deboli atti di resistenza e di speranza di libertà di parola e democrazia.

Questo è il caso relativo ad un giovane giornalista, Perwez Kambakhsh, che ha osato diffondere un articolo sui diritti delle donne nell’islam, scaricato da Internet. Questo atto di coraggio è stato ritenuto blasfemo secondo quella legge paleolitica che è la sharia, ed è stato condannato a morte da cosiddetti giudici semiencefalitici, accecati dal fanatismo, in un tribunale cosiddetto religioso nell’Afghanistan del nord. Come sappiamo tutti, le donne nell’Islam fanatico sono viste come poco più che pezzi di mobilio e qualsiasi tentativo di mettere in discussione questo assioma è affrontato con azioni estreme, come quella che stiamo esaminando in questa risoluzione.

Ma le cose devono cambiare per il meglio e noi nell’Ovest abbiamo il dovere di provvedere affinché i cambiamenti avvengano prima piuttosto che dopo. Poiché l’Ovest, compresa l’UE, ha una formidabile presenza militare in Afghanistan e poiché l’Ovest, compresa l’UE, versa miliardi di euro in aiuti finanziari in quel paese, io penso che abbiamo perfettamente ragione a chiedere che non solo il giovane uomo in questione sia rilasciato immediatamente e senza condizioni, ma che simili situazioni in relazione alla retrograda legge islamica sharia non si verifichino più – mai più! Altrimenti dovremmo seriamente considerare l’opzione di portare sia le nostre truppe sia il nostro denaro via dall’Afghanistan e lasciare che il paese segua il corso infernale che gli sarà assegnato dal suo fanatico destino religioso.

 
  
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  Jean Lambert, autore. (EN) Signor Presidente, il mio gruppo sostiene con fermezza la proposta di risoluzione relativa a Kambakhsh, sebbene non credo di essere d’accordo su tutto quello che è stato detto dal precedente oratore.

Tuttavia, voglio spostare l’attenzione su un altro giovane uomo la cui vita è anche in pericolo attualmente, ovvero Mehdi Kazemi, iraniano. In questo caso il governo britannico potrebbe fare la differenza, Molti di noi sperano che il ministro dell’Interno, Jacqui Smith, interverrà adesso sulla base di nuove prove.

Quest’Assemblea ha approvato proposte di risoluzione che hanno condannato la violazione dei diritti umani in Iran. Riteniamo che sia un paese pericoloso per gli omosessuali. Infatti, abbiamo visto corpi pendere da crani, così sappiamo, e molti di noi sono convinti che il paese sia pericoloso per questo giovane uomo in particolare.

Alcuni hanno sostenuto che è sicuro per lui ritornare se il suo comportamento è discreto. Suggerirei che ciò che costituisce un comportamento “discreto” in Iran è piuttosto diverso da quello che potrebbe essere nei nostri Stati membri. Ma la questione è che per molti, in alcuni paesi come Iran, Giamaica o altrove, essere omosessuale è un reato e quindi queste persone sono a rischio.

Il mio gruppo è stato molto critico sul regolamento di Dublino applicabile in questo caso, perché sappiamo che gli Stati membri continuano a trattare in modo diverso le richieste di asilo politico e anche che l’accesso alla procedura può essere estremamente difficile. E’ una situazione in cui i numeri sono stati considerati più importanti della vita.

L’essenza di una procedura di protezione è la seguente: si tratta di salvare la vita di qualcuno quando è a rischio. Non si tratta delle amenità delle procedure corrette, si tratta dell’effetto.

Vogliamo una politica in materia di asilo politico funzionante che sia in grado di correggere errori e di tenere conto di nuove informazioni, e che offra lo stesso standard elevato in tutti gli Stati membri. Ci auguriamo che in questo caso il governo britannico dimostrerà che ciò è possibile.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, relatrice. − (SV) Signor Presidente, vorrei dapprima formulare due brevi osservazioni. Per iniziare, non possiamo mai stare in silenzio quando viene applicata la pena di morte, indipendentemente da dove accada nel mondo. In secondo luogo, è profondamente deplorevole che, ogni volta che ci riuniamo qui a Strasburgo, dobbiamo discutere una serie di reati contro i diritti umani. Talvolta sembra che non debba mai finire.

Per quanto riguarda questa risoluzione, osserviamo che l’articolo 34 della costituzione afgana enuncia molto chiaramente il diritto alla libertà d’espressione, stabilendo che la libertà di espressione non deve essere limitata e che ogni afgano deve avere il diritto di esprimere le sue idee, in parole, immagini e con scritti e attraverso qualsiasi mezzo di comunicazione. Ciononostante, il giornalista ventitreenne Perwiz Kambakhsh è stato condannato a morte in un processo illegale e i suoi diritti giuridici gli sono stati negati. Il processo è chiuso per i giornalisti e le organizzazioni che lavorano per i diritti umani. Il cosiddetto reato riguardava il fatto che avesse diffuso un articolo sulla situazione delle donne nell’islam.

Quindi l’antefatto è ben conosciuto. Dobbiamo chiedere con forza che Perwiz Kambakhsh sia rilasciato immediatamente. Non ha commesso alcun crimine, ha agito in piena conformità della legge e della costituzione. L’UE e il mondo intero devono adesso unirsi dietro questa richiesta: liberate Perwiz Kambakhsh.

 
  
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  Marco Cappato, autore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sul caso di Mehdi Kazemi siamo costretti a discutere di qualcosa che forse non avrebbe bisogno di un solo secondo di dibattito.

A chiunque fosse chiesto se ritiene possibile che un paese europeo finisca per consegnare una persona nelle mani del boia e di una dittatura come l’Iran, la risposta sarebbe certamente che non è nemmeno immaginabile. E invece l’immaginabile rischia di accadere, sta per accadere, nonostante le rassicurazioni che arrivano. Allora vuol dire che c’è qualcosa di davvero grave, una sorta di impazzimento che prende questa Europa.

Qualcuno dice che ci sono alcuni cavilli giuridici che possono portare Mehdi Kazemi alla deportazione e alla morte. Questo semplicemente non deve essere possibile. I principi fondanti dell’Unione europea, di rispetto dei diritti umani e della vita, non sono ancora stati aboliti. Se Kazemi finirà assassinato, nessuno potrà dare la colpa a procedure burocratiche, a meno di rassegnarsi a ritenere che l’Europa debba essere fatta solo di questo: di procedure burocratiche, di Stati nazione che sono così potenti da non riuscire nemmeno a salvare una vita.

Io ringrazio i 140 deputati europei che si sono mobilitati su questo e spero che ci sarà un voto unanime di questo Parlamento alla risoluzione presentata.

 
  
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  Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, il 22 gennaio 2008 il tribunale di primo grado della provincia di Balkh nell’Afghanistan settentrionale ha condannato a morte Perwiz Kambakhsh, uno studente di giornalismo ventitreenne, per avere scritto nel giornale locale, per avere scaricato da Internet un articolo sui diritti delle donne e averlo diffuso per via elettronica. Il processo si è svolto senza alcun diritto di difesa. L’accusato è stato pestato e gli è stata estorta una confessione attraverso trattamenti brutali.

Chiediamo che le autorità afghane rilascino Perwiz Kambakhsh e che il governo afgano ripristini il rispetto per i diritti umani, specialmente il diritto alla vita. Voglio essere così temeraria da sperare che l’Afghanistan introdurrà rapidamente una moratoria della pena di morte.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. (ES) Signor Presidente, qualche mese fa il Presidente iraniano, Mahmud Ahmadinejad, ha dichiarato solennemente alle Nazioni Unite che non vi era un problema di omosessualità in Iran perché, molto semplicemente, lì non vi erano omosessuali. Ha omesso però di dire che nel paese giustiziano tutti gli omosessuali.

Il caso di Mehdi Kazemi sottolinea ancora una volta le enormi falle del sistema di asilo politico dell’Unione europea: che qualcuno in questi giorni debba chiedere asilo politico per essere perseguitato e minacciato di morte a causa dell’omosessualità è una questione di estrema preoccupazione e mostra che la promozione dei diritti LGBT deve essere presente nell’agenda internazionale.

Ancora più grave è il fatto che l’Unione europea, il difensore dei diritti e delle libertà, non considera la persecuzione per motivi di orientamento sessuale un fattore sufficientemente importante per concedere automaticamente l’asilo politico in casi come quello di Mehdi Kazemi. Purtroppo, non è il primo caso di questo tipo, e di sicuro non sarà l’ultimo. Il fatto è che vi sono ancora molti paesi in cui la popolazione LGBT continua a subire persecuzioni di ogni tipo ed è anche condannata a morte, come in Iran.

Mi auguro quindi che quest’Aula e tutti i gruppi politici si rendano conto delle circostanze e si uniscano alle giuste richieste avanzate nella risoluzione che presentiamo oggi, specialmente in relazione alla piena attuazione della direttiva sulla qualificazione, che riconosce nella persecuzione per motivi di orientamento sessuale un fattore determinante per la concessione dell’asilo politico. Similmente, prevede che gli Stati membri analizzino i casi su base individuale, tenendo conto delle circostanze del paese di origine, comprese le sue leggi e regolamenti e le modalità di applicazione.

E’ inoltre necessario che gli Stati membri trovino una soluzione comune che garantisca a Mehdi Kazemi di ottenere lo status di rifugiato e la protezione di cui ha bisogno nell’Unione europea e che non sarà restituito all’Iran dove molto probabilmente sarà giustiziato come è accaduto al suo partner.

A tal fine, tutto quello che bisogna fare è rispettare l’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo in base al quale sono vietate l’espulsione e l’estradizione di persone verso paesi in cui esiste un elevato rischio di essere soggette a persecuzione, tortura o anche alla pena di morte.

 
  
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  Ioannis Varvitsiotis (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, sostengo certamente la risoluzione perché l’attuale situazione in Afghanistan è inaccettabile e insoddisfacente. Il diritto talebano ha fatto indietreggiare il paese di molti anni.

Cerchiamo però di essere onesti. Chi ha dato forza ai talebani? Non sono stati forse gli americani, con le loro armi e le loro risorse economiche, a rafforzare i talebani nella lotta contro i sovietici? Non è anche un dato di fatto che oggi la produzione di oppio in quel paese sia aumentata di cinque volte? Perché? Ognuno di noi tragga le sue conclusioni.

 
  
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  Sophia in ‘t Veld (ALDE). – (NL) Sono alquanto sconcertata per il caso di Mehdi Kazemi e per il fatto che non siamo tutti d’accordo nell’affermare senza esitazione che egli ha diritto all’asilo. Sollecito i rappresentanti dei governi olandese e britannico e i membri di quest’Aula che prevedono di votare contro questa risoluzione, di fermarsi e pensare: qual è esattamente lo scopo dello Stato di diritto? E’ applicare regole e procedure in modo corretto e alla lettera, o è vedere fatta giustizia? Per cui, riflettete seriamente prima di votare.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, il mio gruppo è decisamente favorevole a proteggere Kazemi e ovviamente contrario alla sua deportazione in Iran. Eppure siamo contrari a questa risoluzione perché non riguarda, come si vuole fare intendere, un caso urgente, ma il diritto d’asilo nell’Unione europea in generale e il rapporto fra gli Stati membri dell’UE, i Paesi Bassi e il Regno Unito, in relazione a quella difficile questione.

Non è questa l’essenza delle relazioni urgenti. Qui sono usate come strumento per sollevare questioni di politica interna. Vogliamo che Kazemi sia protetto e sosterremo ogni iniziativa a questo fine, ma non questa risoluzione, il cui titolo porta il nome di Kazemi, ma il cui contenuto riguarda qualcosa di totalmente differente.

 
  
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  John Bowis (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, sostengo entrambe le risoluzioni. Ma è il mio paese che sta proponendo di rinviare un giovane adolescente verso la morte, in Iran. Una morte già subita dal suo amico. Non per un reato, ma per la sua sessualità. E’ il mio paese che nel passato ha avuto il fiero vanto di proclamare lo standard assoluto che noi non rimandiamo mai le persone verso una pena peggiore di quella cui andrebbero incontro in Gran Bretagna.

Qui non esiste un reato, ma una pena che in Gran Bretagna abbiamo abolito molti anni fa. E’ il mio paese che, se non cede in questo caso, dovrebbe abbassare gli occhi per la vergogna. Mi auguro che quest’Aula non debba abbassare gli occhi a sua volta per la vergogna. Mi auguro che sosterranno la risoluzione.

Per amor del cielo, è di un diciannovenne che stiamo parlando!

(Vivi applausi)

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, uno dei valori dell’Unione europea è coordinare l’azione e adottare posizioni in difesa dei diritti umani. Questo si applica al caso del giornalista afgano condannato a morte da un tribunale nella provincia settentrionale afgana per avere diffuso un articolo sui diritti delle donne nell’Islam. Durante il processo, ha rifiutato il diritto al consiglio di difesa ed è stato sottoposto a varie forme di violenza fisica. Eppure la costituzione afgana contiene una clausola sulla libertà di parola.

E’ evidente che la legge e la realtà non coincidono. Molti governi garantiscono il rispetto per la Dichiarazione dei diritti dell’uomo, ma chiudono gli occhi sul modo in cui è applicata nei loro stessi paesi. Questo dovrebbe renderci ancora più determinati a difendere i diritti umani, la libertà e la democrazia.

 
  
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  Mario Mauro (PPE-DE). – Signor Presidente, onorevoli colleghi, solo per sottolineare che, nonostante le preoccupazioni per alcuni versi fondate del mio gruppo sul rischio di una generalizzazione di alcuni contenuti della risoluzione, rimane oggettivo il fatto che le informazioni che ci vengono dalle fonti e autorità iraniane sono inequivocabili. Il destino di Mehdi Kazemi se farà ritorno in Iran sarà la morte ed è per questa ragione che, contrariamente al solito, voterò in modo difforme dal mio gruppo.

 
  
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  Louis Michel, Membro della Commissione. (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per questa occasione di parlare con voi del caso di Kambakhsh nell’Afghanistan e del caso di Kazemi, cittadino iraniano.

Per quanto riguarda Kambakhsh, condividiamo, beninteso, tutte le vostre preoccupazioni e seguiamo questo affare da vicino attraverso la nostra delegazione, in collaborazione con il capo missione e il rappresentante speciale dell’Unione europea, Abbiamo parlato di questo caso regolarmente con le autorità afgane, da ultimo con il ministro degli Affari esteri, Spanta, in occasione della troika a Lubiana il 21 febbraio.

So che la delegazione afghana presso il Parlamento europeo ha anche affrontato la questione direttamente con il parlamento afgano. In quest’occasione, i parlamentari afgani hanno tenuto a darvi l’assicurazione che sarebbe stata trovata una soluzione soddisfacente.

Secondo me, è auspicabile mantenere la linea d’azione seguita ricorrendo, almeno nell’immediato, ad azioni diplomatiche discrete. A giudicare dal clima politico che regna attualmente in Afghanistan, sarà più difficile ottenere la liberazione in tutta sicurezza di Kambakhsh se si dà l’impressione che le autorità afgane cedono alle pressioni internazionali.

Desidero tuttavia assicurarvi che continueremo a seguire questo affare molto da vicino e che siamo pronti a adottare nuove misure nell’ipotesi in cui la pena di morte fosse confermata in appello. Il sistema giudiziario è completamente distrutto da quasi trent’anni di confitti armati. Abbiamo quindi fatto della riforma delle istituzioni giudiziarie afgane una priorità nel quadro del nostro programma di aiuto all’Afghanistan. I nostri esperti sono già sul campo e lavorano con la Corte suprema, l’ufficio del procuratore generale e il ministro della Giustizia, al fine di professionalizzare queste istituzioni a livello centrale e provinciale. Il programma della CE aiuterà anche le autorità a mettere in atto un nuovo sistema di assistenza giudiziaria, particolarmente necessario in Afghanistan, come lo testimonia la questione presente. Attualmente, non esiste un’avvocatura solida e indipendente, né accesso a un’assistenza giudiziaria pubblica. Ho la speranza che il programma di riforma giudiziaria della CE, attuato in stretta sinergia con la missione di polizia Eupol spiegata in Afghanistan nell’ambito della PESD, contribuirà a migliorare la situazione dei diritti dell’uomo a medio e lungo termine.

Inoltre, la Commissione condivide ovviamente la vostra viva preoccupazione su Kazemi e altri casi simili. Il caso di Kazemi è in fase di scupoloso esame da parte delle autorità olandesi e inglesi. Per quanto riguarda la protezione dei rifugiati, ricordiamo che, secondo il diritto internazionale, in particolare la convenzione di Ginevra relativa allo status di rifugiato, nessuno Stato contraente espellerà o respingerà in qualsiasi modo un rifugiato alle frontiere di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un certo gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.

In virtù del codice penale iraniano, l’atto denominato Lavat è passibile di pena capitale. Il termine Lavat non fa tuttavia distinzione fra rapporti sessuali consensuali o forzati. In quest’ultimo caso, sembra che quando la pena è pronunciata per fatti di Lavat in collegamento con altri capi d’accusa, il termine fa generalmente riferimento allo stupro. Va da sé che la Commissione si oppone categoricamente alla pena di morte in tutte le fattispecie, a maggior ragione, quindi, se non vi è reato. La situazione degli omosessuali in Iran è preoccupante. Le violazioni del diritto alla vita privata e le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale sono del tutto contrarie agli obblighi che incombono all’Iran in virtù del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici che ha ratificato.

L’Unione europea trasmette questi messaggi sui diritti dell’uomo all’Iran in modo globale e agendo su diversi fronti. Purtroppo, l’Iran non ha ancora accettato la nostra offerta di riprendere il dialogo bilaterale sui diritti dell’uomo. In ogni caso, insistiamo presso i nostri interlocutori iraniani sul fatto che speriamo di compiere progressi su ciascuno degli argomenti che interessano l’Unione europea nei settori politico, nucleare, commerciale e dei diritti dell’uomo. In mancanza di un miglioramento generale della situazione dei diritti dell’uomo in Iran, le nostre relazioni con questo paese non potranno evolversi in modo soddisfacente.

Per quanto mi riguarda, a titolo personale, vorrei ringraziare vivamente e congratularmi con l’onorevole Bowis, del quale condivido appieno il sentimento che ha espresso.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà alla fine della discussione.

 
  

(1) Vedasi processo verbale.

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