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Resoconto integrale delle discussioni
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Lunedì 21 aprile 2008 - Strasburgo Edizione GU
1. Ripresa della sessione
 2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 3. Seguito dato a una richiesta di difesa dell’immunità: vedasi processo verbale
 4. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale
 5. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale
 6. Rettifica (articolo 204 bis del regolamento): vedasi processo verbale
 7. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 8. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale
 9. Dichiarazioni scritte decadute: vedasi processo verbale
 10. Petizioni: vedasi processo verbale
 11. Seguito dato alle posizioni e risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale
 12. Ordine dei lavori
 13. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
 14. Quadro di bilancio e priorità per la procedura di bilancio 2009 (discussione)
 15. Audizione sui “crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi dai regimi totalitari” (8 aprile 2008) (discussione)
 16. Cooperazione transfrontaliera nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera (discussione)
 17. Ottenimento di visti da parte di cittadini bielorussi e ucraini (discussione)
 18. Donazione e trapianto di organi: azioni politiche a livello dell’Unione europea (discussione)
 19. Contributo del volontariato alla coesione economica e sociale (discussione)
 20. Statuto del Mediatore europeo (discussione)
 21. Naufragio della New Flame e impatto ambientale sulla baia di Algeciras (discussione)
 22. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 23. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING
Presidente

(La seduta apre alle 17.00.)

 
1. Ripresa della sessione
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  Presidente. − Dichiaro ripresa la sessione del Parlamento europeo, interrotta giovedì 10 aprile 2008.

 

2. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

3. Seguito dato a una richiesta di difesa dell’immunità: vedasi processo verbale

4. Composizione delle commissioni e delle delegazioni: vedasi processo verbale

5. Firma di atti adottati in codecisione: vedasi processo verbale

6. Rettifica (articolo 204 bis del regolamento): vedasi processo verbale

7. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

8. Interrogazioni orali e dichiarazioni scritte (presentazione): vedasi processo verbale

9. Dichiarazioni scritte decadute: vedasi processo verbale

10. Petizioni: vedasi processo verbale

11. Seguito dato alle posizioni e risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale

12. Ordine dei lavori
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  Presidente. − Il progetto definitivo di ordine del giorno, fissato dalla Conferenza dei presidenti, in conformità degli articoli 130 e 131 del regolamento, nella riunione di giovedì 17 aprile 2008, è stato distribuito.

Sono state proposte le seguenti modifiche.

Per quanto riguarda lunedì, martedì e mercoledì

Non sono state presentate modifiche.

Per quanto riguarda giovedì

Il gruppo UEN ha chiesto che, nella discussione sui casi di violazione dei diritti umani, il punto all’ordine del giorno sull’Iran sia sostituito da un nuovo punto sulla Georgia.

 
  
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  Hanna Foltyn-Kubicka, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, propongo di discutere della situazione in Georgia anziché in Iran o Ciad. La situazione in Georgia presenta un carattere d’urgenza da quando la Duma russa ha adottato una risoluzione, chiedendo al Presidente di trattare la questione del riconoscimento di Transdniestria, Abkhazia e Ossezia del sud, nonché di incrementare il numero delle forze russe presenti nella regione. L’integrità territoriale della Georgia è garantita da 36 risoluzioni ONU approvate nel 1993. Esiste, inoltre, il piano di pace del Presidente Saakashvili per l’Abkhazia. Credo che sia una questione prioritaria e questo è il motivo per cui propongo questa variazione.

(Applausi)

 
  
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  Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, credo che dovremmo attendere che la delegazione del Parlamento si rechi in visita in Georgia fra una settimana, quando esaminerà in particolare la questione dell’Abkhazia. Dopotutto, diversi membri della delegazione sono presenti qui. Possiamo inserire la questione all’ordine del giorno dopo la visita della delegazione fra una settimana, probabilmente non come argomento urgente, ma di certo come questione che merita una seria discussione. Prima, però, dovremmo aspettare la relazione della delegazione parlamentare.

 
  
  

(Il Parlamento respinge la richiesta)

(L’ordine dei lavori è approvato)

 

13. Interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca gli interventi di un minuto su questioni di rilevanza politica.

 
  
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  Carmen Fraga Estévez (PPE-DE). (ES) Signor Presidente, come alcuni di voi saranno venuti a conoscenza attraverso i mezzi di comunicazione, ieri è stata sequestrata una nave tonniera congelatrice spagnola, la Playa de Bakio, con sede a Bermeo e sulla quale erano presenti a bordo 26 membri di equipaggio, 13 spagnoli e 13 uomini di origine africana, mentre pescava in acque internazionali a 250 miglia dalla costa della Somalia.

Da qualche tempo ormai, il settore della pesca manifesta una grande preoccupazione per la mancanza di sicurezza in questa zona dell’Oceano Indiano, dove dilaga la pirateria e dove lo scorso 11 aprile è stata sequestrata anche un’imbarcazione francese.

Data la situazione, signor Presidente, chiedo all’Assemblea e a tutte le istituzioni comunitarie di adottare le misure necessarie per contribuire all’immediato rilascio dell’equipaggio e della nave, nonché per proteggere la flotta comunitaria che pesca in queste acque, considerate ormai le più pericolose del mondo.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE). (EN) Signor Presidente, alcune settimane fa, insieme all’onorevole von Wogau, presidente della sottocommissione per la sicurezza e la difesa, ho visitato la missione EUBAM a Odessa, in Ucraina, il cui mandato è aiutare l’Ucraina e la Moldavia a gestire in modo più adeguato il loro confine comune, offrendo sia esperienza che assistenza.

Una volta sul posto, abbiamo constatato che la missione, grazie alla qualità e alla professionalità delle persone che ne fanno parte, è riuscita a costruirsi una solida reputazione di autorità professionale, utile non solo per trasmettere esperienza alle controparti, ma anche per mediare fra esse su questioni importanti di interesse reciproco. Inoltre, facendo sventolare la bandiera dell’UE quale unica espressione della nostra Unione in quella zona vasta e importante, la missione EUBAM è un ambasciatore molto efficiente per le nostre istituzioni, contribuendo all’attuazione concreta sia della nostra strategia di sicurezza sia della nostra politica di vicinato in quella zona. Ha di certo stabilito un esempio degno di essere applicato ad altre zone di interesse per noi.

 
  
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  Graham Watson (ALDE). (EN) Signor Presidente, il suo discorso alla recente tornata di Bruxelles sugli eventi verificatisi in Tibet è stato accolto molto positivamente dall’Aula, e io ritengo che abbia ottenuto il sostegno di tutti i membri presenti. Ha rispecchiato perfettamente l’opinione pubblica dell’Unione europea sulla recente repressione in Tibet.

E’ stata espressa una certa preoccupazione anche dalla Commissione e da alcuni Stati membri nel Consiglio. È una sorpresa, quindi –e una delusione per il mio gruppo – che il Presidente in carica del Consiglio abbia deciso di non invitare il Dalai Lama a incontrare i ministri a Bruxelles. Me sembra, quindi, ancora più importante che quest’Assemblea porti avanti la sua proposta che il Dalai Lama dovrebbe venire, e mi chiedo se posso invitarla a prendere contatto con l’ufficio del Dalai Lama per vedere se potrebbe anticipare la visita ad una data anteriore rispetto a quella programmata in dicembre, dato che chiaramente l’interesse di quest’Aula e dell’Europa a discutere degli eventi del Tibet prima di dicembre è molto forte.

(Applausi)

 
  
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  Bogusław Rogalski (UEN). (PL) Signor Presidente, desidero intervenire sulla medesima questione. La fiamma olimpica è stata spenta con il sangue dei tibetani, sangue versato in Tibet ogni giorno. Quanto più ci avviciniamo all’apertura dei Giochi olimpici, tanto maggiori sono le rappresaglie cinesi contro i propri cittadini e gli abitanti del Tibet.

Nell’ultima tornata di Bruxelles, abbiamo adottato una risoluzione che criticava le violazioni dei diritti umani da parte delle autorità cinesi. Abbiamo anche chiesto ai cinesi di riprendere i negoziati con il Dalai Lama. Purtroppo, questi inviti sono stati ignorati dalla Presidenza slovena. Ritengo che il Parlamento dovrebbe reagire con fermezza al fatto che il Dalai Lama non sia stato invitato a nessun incontro ufficiale con l’Unione europea da parte del ministro degli Esteri sloveno, Dimitrij Rupel.

Il Parlamento è la coscienza dell’Europa e questa coscienza non deve essere messa a tacere da dichiarazioni di ministri che detengono la Presidenza dell’Unione europea.

 
  
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  Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE). (ES) Signor Presidente, la pirateria è diventata ormai una delle minacce globali alla sicurezza marittima.

In base alle statistiche elaborate dall’Ufficio marittimo internazionale, negli ultimi dieci anni gli attacchi di pirateria sono aumentati del 500 per cento. Mentre nel 1995 si sono registrati 90 casi, nel 2007 la cifra è salita a 263.

In questo momento, 26 membri dell’equipaggio del peschereccio Playa de Bakio sono sequestrati in Somalia. Chiederei, come è già stato sostenuto prima in quest’Aula, che non solo dimostrassimo la nostra solidarietà alle loro famiglie, ma che sollecitassimo l’Unione europea a prendere provvedimenti al riguardo e a compiere tutti gli sforzi necessari per liberare i pescatori.

Non è sufficiente per noi firmare accordi di pesca con diversi Stati africani, dobbiamo anche garantire la sicurezza delle nostre navi.

Il problema ha una dimensione europea e deve essere affrontato come tale.

 
  
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  Mary Lou McDonald (GUE/NGL). (EN) Signor Presidente, come lei saprà, il 12 giugno si terrà in Irlanda un referendum sul Trattato di Lisbona.

Vorrei sollevare una questione che suscita grandissima preoccupazione in Irlanda. È emerso dai media che la Commissione e le commissioni del Parlamento stanno collaborando attivamente per non fare circolare le informazioni. Citerei il Vicepresidente della Commissione Margot Wallström, secondo la quale la Commissione intende attenuare o ritardare i messaggi che potrebbero creare ostacoli prima del referendum sul Trattato di Lisbona, Nella stampa si è parlato di una lettera inviata alle commissioni parlamentari, invitandole a non trattare questioni politiche delicate che potrebbero discendere dal Trattato di Lisbona fino a quando non sarà stato ratificato.

Vorrei dirvi che questi tipi di tattica sono inaccettabili. La popolazione irlandese dovrebbe svolgere un dibattito proprio con informazioni complete. Meritano di conoscere nella loro realtà, senza fronzoli, che si tratti delle imposte societarie o degli sviluppi normativi in materia di difesa e di sicurezza del Trattato. Come minimo – sono sicura che sarete d’accordo – le persone meritano di conoscere i fatti nei dettagli.

Vi esorto quindi oggi a chiarire pubblicamente che le commissioni non posticiperanno o elimineranno il dibattito su queste questioni delicate e chiederei alla Commissione di fare altrettanto.

 
  
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  Georgios Georgiou (IND/DEM). (EL) Signor Presidente, mi scuso per il ritardo, ma sono appena arrivato in Aula.

Credo che sarebbe irrealistico per chiunque parlare della cooperazione transfrontaliera nel caso della Grecia, paese che riceve il più alto numero di immigranti clandestini dopo Spagna, Francia e Svezia.

Che tipo di discussione possiamo svolgere sulla cooperazione transfrontaliera quando, dall’altro lato – e non è forse questo il caso, signor Presidente? – abbiamo a che fare con un paese impegnato proprio in quell’attività: la Turchia, che sta proprio svolgendo quell’attività? In altre parole, esistono in Turchia uomini professionalmente impegnati a trasportare immigranti clandestini dall’Asia all’Europa.

Inoltre, l’assistenza finanziaria che riceve la Grecia è minima - mi dispiace di non avere abbastanza tempo per andare nei dettagli. Ma voglio dirvi che se l’Europa non aiuta, sarà proprio l’Europa che dovrà pagare il conto per le persone che oggi si riversano in Europa attraverso la Grecia e il Mare Egeo, con le sue 2 000 isole.

 
  
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  Slavi Binev (NI). (BG) Intervengo per richiamare la vostra attenzione su un cancro che colpisce i diritti di oltre un milione di cittadini nella capitale della Bulgaria. E’ un problema che illustra chiaramente la corruzione che, purtroppo, ha invaso tutti i settori della vita in Bulgaria negli ultimi anni. Da otto anni ormai, con l’ovvia benedizione sia del comune che del governo, la società Sofiyska Voda accumula enormi profitti a spese dei cittadini comuni, senza fornire alcun servizio neppure ad un livello minimo, nel rispetto degli obblighi assunti nell’ambito dell’accordo di concessione. Invece della rescissione dell’accordo, tuttavia, il titolare della concessione riceve ulteriori crediti che ammontano a milioni di euro. Le autorità del governo bulgaro, sia centrali sia comunali, continuano a chiudere un occhio sulle numerose proteste avanzate da gruppi di cittadini che, alla fine, hanno dovuto rivolgersi al Presidente Barroso, rappresentante della Commissione europea, attraverso canali ufficiali e non ufficiali, nel corso della sua recente visita nel nostro paese. Dato che la Bulgaria e le sue istituzioni non hanno la volontà di proteggere i diritti della società civile, confido al riguardo sulla volontà dell’Unione.

 
  
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  Nicolae Vlad Popa (PPE-DE). (RO) In aprile, per la prima volta, Bucarest è stata presente in tutti i canali mediatici solamente sotto una luce favorevole, in occasione del Vertice NATO che si è tenuto in Romania.

In molti non avrebbero mai pensato che il nostro paese potesse organizzare un vertice di questa dimensione: 3 000 funzionari di 49 paesi e 3 500 giornalisti: il Vertice di Bucarest ha avuto, infatti, la massima partecipazione e l’agenda più complessa della storia della NATO.

Vorrei sottolineare tre importanti conclusioni del vertice: Croazia e Albania sono state invitate ad aderire alla NATO; la NATO installerà uno scudo antimissili complementare a quello americano, e questo scudo proteggerà i paesi della NATO che non sono coperti dallo scudo americano; i capi della NATO si sono impegnati ad aumentare le loro truppe in Afghanistan per combattere i talebani, condividere le difficoltà delle operazioni militari e limitare le restrizioni all’uso delle loro truppe.

 
  
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  Maria Matsouka (PSE). (EL) Signor Presidente, rendiamo omaggio alla memoria di Nikos Aslamazidis, dell’arsenale San Nazzaro, deceduto a seguito dello sciopero della fame. Dobbiamo sollevare ancora una volta la questione della protezione dei lavoratori nell’odierno commercio di schiavi.

Parliamo di disoccupazione, di sottooccupazione e di insicurezza del lavoro, e anche delle agenzie che prendono a nolo i lavoratori o, forse dovrei dire, li sfruttano. Queste agenzie di collocamento trattano i lavoratori come schiavi moderni: li usano finché non sono sfiniti, pagano loro cifre irrisorie, li spostano a loro piacimento e si liberano di loro arbitrariamente. Come stiamo proteggendo i lavoratori? La direttiva Bolkestein fa dell’ambiguità una forma d’arte e permette di trattarli come reietti della società. La politica di flessicurezza sempre più popolare è un nuovo modo per deregolamentare i rapporti di lavoro che comporta un’occupazione meno stabile e maggiore insicurezza del lavoro. Di conseguenza, adesso abbiamo lavoratori sfruttabili che combattono ogni giorno per sopravvivere con dignità.

La creazione di un diverso tipo di Europa le cui priorità sono la piena occupazione, il miglioramento delle condizioni di lavoro e una più equa ridistribuzione della ricchezza non è solo fattibile ma imperativa. I sacrifici dei lavoratori sono essenzialmente una lotta contro la nuova imposizione di condizioni di lavoro medioevali contro le quali tutte le forze progressive devono combattere unite.

 
  
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  Magor Imre Csibi (ALDE). (RO) La deforestazione ha raggiunto un tasso allarmante a livello globale, ovvero 13 milioni di ettari l’anno. Il fenomeno è strettamente legato all’abbattimento illegale di alberi e al commercio illecito dei prodotti di legname.

Potremmo continuare a chiudere gli occhi sul massacro delle foreste, credendo che noi europei abbiamo sistemi avanzati di protezione della biodiversità e dei consumatori.

Nell’UE, circa il 50 per cento delle importazioni di legname dai paesi tropicali e il 20 per cento delle importazioni di legname dall’Europa e dalla Federazione russa provengono da fonti illegali.

Pertanto, stiamo contribuendo in tutto e per tutto alla deforestazione illegale in Amazzonia. Inoltre, il fenomeno è diffuso anche negli Stati membri dell’UE quali Estonia, Romania e Bulgaria.

Dobbiamo seguire un approccio coerente e onesto per la questione della deforestazione illegale e del commercio illecito nei paesi terzi, ma in particolare sul territorio europeo.

Chiedo, pertanto, alla Commissione europea di presentare, quanto prima, una proposta legislativa in base alla quale solo i prodotti di legname provenienti da fonti legali possano essere commercializzati sul mercato europeo.

A tal fine, ho lanciato nel PE una dichiarazione scritta e incoraggio i miei colleghi ad aderire alla lotta contro la deforestazione illegale.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, l’aumento dei prezzi e l’incombente carenza di cibo stanno assumendo dimensioni preoccupanti. Attiro la vostra attenzione sui timori giustificati circa i recenti sviluppi dei negoziati agricoli nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

La Commissione europea sta concludendo i negoziati. Deve agire nel rigoroso rispetto del mandato negoziale del Consiglio e nel quadro della politica comune agricola (PAC) rivista. La Commissione deve garantire la redditività, la competitività e la multifunzionalità dell’agricoltura europea. La necessità di un approvvigionamento di alimenti di qualità per l’Europa risulta ormai pressante: la Commissione deve guidare la posizione negoziale dell’UE.

 
  
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  Maria Badia i Cutchet (PSE). (ES) Signor Presidente, mercoledì prossimo, 23 aprile, l’UNESCO celebrerà la Giornata internazionale del libro. E’ anche il giorno che coincide con la morte di Miguel de Cervantes e con la nascita di William Shakespeare.

Miguel de Cervantes, massima figura della letteratura spagnola, è universalmente conosciuto per il suo Don Chisciotte; si è concordi, in generale, che questo libro sia il primo romanzo moderno e una delle migliori opere della letteratura mondiale.

Il drammaturgo, poeta e attore inglese William Shakespeare nasceva in un altro 23 aprile, secondo il calendario giuliano, ed è considerato lo scrittore più importante di lingua inglese nonché uno dei giganti della letteratura universale.

Questo è il giorno scelto da molti paesi dell’Unione europea come festa del loro santo patrono. E’ così per la Catalogna, dove tradizionalmente si festeggia San Jordi, ed è una giornata di rivendicazione della cultura e della lingua catalane. E credo che sarebbe un riconoscimento per le culture e le letterature europee se l’Assemblea accettasse di unirsi a queste celebrazioni in un giorno culturale e letterario celebrato così ampliamente nell’Unione europea.

 
  
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  Jaroslav Zvěřina (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, consentitemi di sottolineare che le nostre decisioni, talvolta, portano a risultati alquanto inattesi. Oggi, l’entusiasmo per i biocombustibili e il loro uso nella miscela di combustibili va in qualche modo attenuandosi. I biocombustibili, infatti, non solo stanno facendo aumentare il prezzo dei prodotti agricoli, ma stanno anche contribuendo ad accelerare la devastazione delle foreste pluviali. Dovremmo imparare la lezione da questa situazione ai fini dell’elaborazione della normativa futura. Anche altre nostre leggi possono avere effetti negativi analoghi, ad esempio la recente tendenza verso la regolamentazione volontaria dell’industria automobilistica. Pertanto, non dobbiamo essere ansiosi di legiferare, ma dobbiamo agire senza fretta per ponderare le leggi e adottare un approccio più responsabile. Faremmo bene a ricordare il vecchio motto “guarda prima di saltare”.

 
  
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  Hanna Foltyn-Kubicka (UEN). – (PL) Signor Presidente, vorrei dire ancora qualcosa sulla libertà di espressione in Russia. Il quotidiano Moskovsky Korrespondent è scomparso dalle edicole perché aveva mostrato interesse nel presunto divorzio di Vladimir Putin. Ciò che viene reso noto con la massima pubblicità in Francia è invece coperto dal segreto in Russia. Chiaramente, qualsiasi informazione concernente lo stato civile del capo di Stato dovrebbe essere di dominio pubblico. Inoltre, le persone non hanno nemmeno il permesso di porre domande su tali questioni, come dimostra il recente attacco di Vladimir Putin contro una giornalista del Niezavisima Gazieta, ridotta in lacrime.

Le norme che governano gli standard di comportamento nei rapporti fra le autorità e i media, riconosciute in tutto il mondo civile, non trovano tuttora applicazione in Russia. In quel paese, i media sono uno strumento controllato dalle autorità e sono chiusi se non agiscono in conformità dei desideri delle autorità. I giornalisti vengono intimiditi e in caso estremi liquidati fisicamente, come è stato il caso di Anna Politkovskaja.

La libertà di espressione è il fondamento della democrazia. Ancora una volta possiamo constatare come le basi della democrazia russa siano molto deboli.

 
  
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  László Tőkés (Verts/ALE). (HU) Signor Presidente, negli ultimi anni gli ungheresi sono stati picchiati nelle strade di Slovacchia, Serbia e Romania solo perché parlavano nella loro lingua madre - l’ungherese. In quest’ultimo fine settimana, le aggressioni si sono ripetute e il sangue è stato versato a Kolozsvár, in Transilvania. Le vittime erano giornalisti, Tibor Zágy, István Ambrus e János Fancsali, che di notte, per strada, sono stati aggrediti alle spalle da tre giovani rumeni e brutalmente picchiati. Sono stati beffeggiati e insultati, definiti sporchi stranieri e invitati a tornarsene da dove venivano. In un incidente simile avvenuto sabato, un altro ungherese, Attila, è stato accoltellato nella piazza principale di Szabadka/Subotica, nella Vojvodina in Serbia. Questo è il luogo in cui il 15 marzo 2008 – giorno della rivoluzione ungherese – si è tenuta una dimostrazione antiungherese, organizzata da un gruppo neofascista rumeno, la Nuova destra, a Kolozsvár, dove, lo stesso giorno, è stato assalito un giovane ungherese. E’ impellente unire le nostre forze con i nostri cugini rumeni per sopprimere il nazionalismo aggressivo. Ci attendiamo che le autorità rumene adottino una legislazione pertinente e che i colpevoli siano puniti in modo esemplare.

 
  
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  Daniel Strož (GUE/NGL). (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei cogliere l’occasione per parlare di una questione seria: i continui tentativi di rivedere la storia della Seconda guerra mondiale. Sono tentativi ripetuti, che assumono diverse forme e che talvolta si manifestano in quest’Aula. Molto spesso, infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, si manifestano come attacchi contro i cechi, o piuttosto contro la Cecoslovacchia, i cosiddetti decreti presidenziali. Nell’ex Cecoslovacchia questi decreti, basati sul diritto internazionale, regolavano questioni legali concernenti la sconfitta della Germania nazista. So con certezza che alcuni membri tedeschi e ungheresi di quest’Assemblea stanno pianificando un’ulteriore azione quest’anno di opposizione a questi decreti presidenziali. Pertanto, chiederei ai membri del Parlamento europeo di non sostenere tali attività, ma di condannarle fermamente. Sono sicuro che concordiamo sul fatto che la revisione della storia della Seconda guerra mondiale è del tutto inaccettabile.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, consentitemi di attirare la vostra attenzione sul fatto che da oggi la dichiarazione scritta n. 33 è aperta alla firma. Riguarda la posizione dei giovani nelle politiche dell’UE. Tutti sanno che i giovani sono colpiti dalla disoccupazione. Ed è su questo problema che dobbiamo incentrarci sia per il presente che per il futuro dell’UE.

Invitiamo quindi gli Stati membri a tenere conto dei giovani in tutti i settori politici rilevanti. Devono avviare con loro un dialogo strutturato. Devono pianificare politiche in materia di istruzione e apprendimento per tutta la vita, nonché di occupazione, inserimento sociale, salute, indipendenza dei giovani, mobilità, diritti fondamentali e non discriminazione. Questo ci darà la speranza di migliorare le prospettive per i giovani, difficili da trovare a causa del problema demografico.

 
  
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  Riitta Myller (PSE). (FI) Signor Presidente, in Europa uno su tre incidenti stradali mortali è causato dalla guida in stato d’ebbrezza. Sulle coste assolate della Spagna, lo scorso sabato sera almeno 9 turisti finlandesi hanno perso la vita e 19 sono stati gravemente feriti quando un conducente ubriaco con un tasso alcolemico dell’uno per mille si è scontrato, a bordo della sua utilitaria sportiva con l’autobus che li stava trasportando. L’incidente è stato aggravato ulteriormente dal fatto che diversi passeggeri non indossavano la cintura di sicurezza in dotazione all’autobus.

Si dovrebbe riflettere in modo più serio a livello di Unione europea su come evitare in futuro questo tipo di incidenti terrificanti e perdite di vite del tutto inutili. Attualmente, nell’UE i limiti per mille variano fra 0 e 0,8. Dovrebbero essere uniformati e portati quanto più vicino possibile a 0 in tutti i paesi dell’UE. Inoltre, si dovrebbero rispettare le norme sulle cinture di sicurezza e i conducenti dovrebbero essere resi sufficientemente edotti al riguardo. Dobbiamo anche tenere in debito conto le conseguenze per le persone che le ignorano.

 
  
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  Presidente. − Grazie, onorevole Myller. Porgiamo le nostre sentite condoglianze alle famiglie delle vittime.

 
  
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  Filiz Hakaeva Hyusmenova (ALDE). (BG) I cittadini europei sono preoccupati per l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. L’aumento generale dei prezzi avvertito nell’Europa occidentale è più doloroso nell’Europa orientale a causa dei bassi livelli di reddito. E’ atteso un nuovo rialzo dei prezzi, in conseguenza dell’instabilità dei mercati finanziari e della previsione di una crisi economica globale. Il Fondo monetario internazionale ha chiesto un’azione decisiva per controllare i prezzi degli alimenti. L’aumento generale dei prezzi è collegato ai costi energetici, e l’Unione europea dipende dall’energia. Quindi, le discussioni sui prezzi dei generi alimentari non dovrebbero limitarsi all’uso razionale del terreno agricolo e all’esplorazione di fonti energetiche alternative. Inoltre, l’impennata dei prezzi degli alimenti può essere controllata regolamentando i prezzi delle fonti energetiche tradizionali. Ciò impone, ancora una volta, una riconsiderazione dell’uso dell’energia nucleare nell’ambito del mix energetico dell’UE. Se gli impianti nucleari presenti negli Stati membri fossero avviati alla massima capacità, la mancanza di energia potrebbe essere superata e questo, a sua volta, inciderebbe sui prezzi dei prodotti inseriti nel paniere di consumo.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). (PL) Signor Presidente, il parlamento polacco è stato uno dei primi parlamenti a prendere in considerazione la ratifica del Trattato di Lisbona ed ha approvato una legge che autorizza il Presidente della Repubblica polacca a firmare lo strumento di ratifica.

Molti Stati membri dell’UE non hanno ancora preso una decisione sulla questione. Il Trattato costituzionale è stato bloccato a seguito del voto espresso dai cittadini in Francia e nei Paesi Bassi. Non voglio fare riferimento alla sostanza dei due trattati. Tutti abbiamo il diritto di avere una propria opinione al riguardo.

Voglio attirare l’attenzione sul fatto che in quest’Aula, e altrove, sono state formulate osservazioni critiche sulla Polonia e sul processo di ratifica da parte di rappresentanti di paesi che finora non hanno compiuto alcun progresso. Considero quelle osservazioni ingiustificate e ostili.

 
  
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  Milan Horáček (Verts/ALE). (DE) Signor Presidente, secondo la relazione annuale di Amnesty International, più di un terzo di tutte le condanne a morte nel mondo sono eseguite in Cina. Il numero esatto probabilmente è più elevato e quindi un segreto di Stato. Sessantadue Stati applicano la pena di morte, a volte per reati non violenti come l’adulterio, l’evasione fiscale, la prostituzione o l’omosessualità. Iran, Arabia Saudita e Yemen condannano a morte anche i minori di 18 anni.

L’Unione europea deve quindi fare tutto quanto è in suo potere per difendere il diritto umano elementare alla vita e chiedere una moratoria mondiale sulla pena di morte. Dovrebbe rivolgersi alla Cina in particolare, che è in cima a quelle tristi statistiche, in uno sforzo per avvicinarla all’applicazione di questi diritti umani universali, conformemente al motto olimpico “un mondo, un sogno”.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL). (PT) Signor Presidente, Pedro Jorge, lavoratore e dirigente sindacale presso la società portoghese Cerâmica Torriense è stato colpito da un provvedimento disciplinare aziendale finalizzato al suo licenziamento, a seguito della sua partecipazione a un programma radiotelevisivo portoghese in cui aveva solo detto la verità.

In questo programma televisivo, ha usato se stesso come esempio della situazione in cui si trovano i lavoratori di molte società, ovvero il fatto di non avere un aumento della paga dal 2003. Manifestando la nostra solidarietà ai lavoratori e ai sindacalisti che sono oggetto di repressione, riteniamo che il comportamento di questa società sia inaccettabile e che la persecuzione e intimidazione di questo lavoratore e attivo sindacalista, contrarie alla democrazia e alla libertà, meritino la nostra più decisa condanna.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, lunedì scorso la Commissione ha pubblicato la relazione sulla task force per l’Irlanda del Nord del Commissario Hübner Sono molto lieto di vederla in Aula questa sera, potrà così sentire alla fine ciò che ho da dire sull’argomento. Purtroppo, pur contenendo alcuni punti validi, la relazione non è sufficientemente approfondita da coprire il deficit di strutture che abbiamo avuto nell’Irlanda del Nord per essere rimasti in ritardo rispetto al resto dell’Europa dopo oltre 30 anni di violenza terrorista. E’ un peccato, inoltre, che i membri di quest’Assemblea non siano stati adeguatamente consultati o tenuti informati; non era mai accaduto prima d’ora –un’importante opportunità persa dalla Commissione e dal Primo Ministro e dal vice Primo ministro dell’Irlanda del Nord –, e non è stato concesso nessun euro in più. Purtroppo, tutto è visto adesso come un lungo esercizio che alla fine non ha portato ad alcun reale risultato positivo.

Signor Presidente, la pace nell’Irlanda del Nord è ancora fragile. Ha percorso una lunga strada e ha impiegato molto tempo. Ma è ancora fragile, e le difficoltà che continuano a sussistere non dovrebbero essere sottovalutate. Credo che si possa fare di più, si sarebbe potuto fare di più e si dovrebbe fare di più per garantire la creazione di una base molto forte per questo processo di pace al quale molti di noi hanno lavorato così duramente per un lungo periodo di tempo.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE). (HU) Signor Presidente, l’11 maggio la Serbia si recherà alle urne. Sappiamo tutti che i Balcani occidentali non saranno stabili fin quando non vi sarà stabilità in Serbia. Tuttavia, tutte le proiezioni sono eccezionalmente negative. Vi è il Kosovo, con la perdita del 16per cento del territorio nazionale. Il nazionalismo getta ombra su tutto ed è ipotizzabile che i nazionalisti, il partito radicale, Koštunica e il partito socialista, e il partito di Milošević formeranno una coalizione. La Serbia non si sta spostando verso l’Europa. Nello stesso tempo, l’Unione europea sta commettendo tutti gli errori possibili. Mi auguro che Javier Solana non pronunci una dichiarazione dello stesso tenore delle sue precedenti. Javier Solana danneggia le prospettive per il partito pro-europeo di Tadić. E’ stato un grave errore consentire a Haradinaj, della guerriglia albanese, di lasciare l’Aia. E’ stato un grave errore annunciare un accordo commerciale con il Kosovo in questo momento. E’ stato un grande errore continuare a discutere degli accordi di stabilizzazione e di associazione (SAA) (che i Paesi Bassi hanno avversato in gennaio) e dire che l’Unione europea sta agendo bene, che sta aiutando, che sta facilitando il rilascio dei visti. E cercando di recuperare l’irrecuperabile, alla fine l’Unione sta tentando di aiutare i democratici, i partiti pro-europei. Grazie.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE). (EN) Signor Presidente, le proteste che hanno ostacolato il passaggio della torcia olimpica in Europa si sono ritorte contro noi stessi, dato che in Cina si sono avute diverse dimostrazioni anti-occidentali.

In linea di principio, tutti hanno il diritto di sentirsi traditi per il fatto che le autorità cinesi non hanno onorato il loro impegno di migliorare la situazione dei diritti umani nel loro paese, e l’attuale violenza nel Tibet continua a gettare un’ombra sulle Olimpiadi di Pechino.

Tuttavia, non posso sostenere l’idea che proteste aggressive, come quelle che si sono avute a Londra e a Parigi, affrontino la questione in modo appropriato. Il nostro desiderio di approfittare dalle Olimpiadi per introdurre alcuni valori democratici in favore della popolazione cinese incontrerà un’estrema riluttanza, dal momento che i cinesi si sentono insultati da quelle proteste.

E’ necessario un cambiamento interno, ispirato dalla volontà della popolazione cinese, per favorire la caduta del regime comunista in Cina. Le dimostrazioni anti-occidentali sono una prova evidente che i nostri recenti atti hanno portato all’esatto contrario di quello che avevamo sperato.

 
  
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  Ioannis Gklavakis (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, in base ai dati della Commissione europea, per proteggere gli stock ittici stiamo riducendo annualmente la flotta comunitaria del 2 per cento. Dal 2003 al 2006, quindi, la riduzione è stata dell’ordine del 10 per cento. Ciononostante, la riduzione della flotta non corrisponde ad una diminuzione delle catture, a causa del miglioramento delle tecnologie di pesca.

D’altro canto, mentre l’UE riduce la propria flotta di pesca, paesi dell’Africa e del Pacifico, fra cui Australia, Nuova Zelanda e Cina, costruiscono un numero sempre maggiore di navi e incrementano le loro flotte di pesca. La flotta comunitaria si sta quindi contraendo, mentre nel contempo le flotte dei paesi terzi si stanno ingrandendo. Ciò significa che non stiamo conseguendo alcun risultato!

Sebbene importi il 40 per cento del pesce che consuma, l’UE sa perfettamente che sta compiendo uno sforzo. E’ quindi vitale per noi inserire questo argomento nei colloqui internazionali. Dobbiamo far sì che anche altri riducano le loro flotte di pesca.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE). (RO) Per sfruttare al meglio le opportunità fornite dalla globalizzazione, l’Unione europea dovrebbe ammodernare le sue politiche sociali e investire principalmente nelle risorse umane.

Iniziando negli anni ‘90, le spese per la protezione sociale sono rimaste attestate attorno al 28 per cento del prodotto interno lordo.

Nel periodo 2000-2007, il numero di posti di lavoro è aumentato di 13 milioni, mentre il tasso di disoccupazione è sceso dal 9 per cento al 7per cento.

Nello stesso tempo, circa 80 milioni di cittadini europei vivono al di sotto della soglia di povertà. Il rischio di povertà fra i bambini è del 19per cento nell’Unione europea.

Il Trattato di Lisbona sottolinea l’importanza per l’Unione europea di avere un’economia di mercato sociale.

I cambiamenti sociali che si verificano nel contesto della globalizzazione riguardano la disoccupazione, la riforma del sistema pensionistico, la riforma del sistema fiscale, la lotta contro la povertà e gli investimenti nell’istruzione e nel sistema di assistenza ai minori.

L’istruzione potrebbe svolgere un ruolo fondamentale per compensare lo svantaggio socioeconomico e aprire la strada allo sviluppo di successo dei bambini.

Nel contempo, gli Stati membri dovrebbero migliorare i propri sistemi sanitari e lottare contro la povertà anche fra gli anziani.

 
  
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  Thierry Cornillet (ALDE). (FR) Signor Presidente, vorrei solo ricordare ai colleghi che mercoledì, per la prima volta, sarà celebrata la giornata mondiale della malaria. Fino ad oggi era chiamata l’African Malaria Day. Per il primo anno, sarà la giornata mondiale della malaria.

Vorrei ricordare che questo flagello mondiale, legato per natura alla povertà, colpisce 107 paesi nel mondo e che in 90 di questi rappresenta un importante problema di salute pubblica, dato che il 40per cento della popolazione mondiale vive in regioni colpite dalla malaria. Il numero di casi di malaria riscontrati nel mondo oscilla fra 350 e 500 milioni l’anno, di cui oltre il 60per cento dei casi in Africa, che provocano il 90per cento dei decessi. Ogni trenta secondi, in Africa, un bambino muore di malaria- ovvero entro la fine del mio intervento, signor Presidente, due bambini saranno morti di malaria.

Si ritiene inoltre che la malaria costituisca un freno alla crescita perché costa al PIL dodici miliardi di dollari l’anno. Mercoledì è prevista una colazione di lavoro nella sala C 2.1, alle 13,00, sull’argomento.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE). (RO) In merito alla relazione sul volontariato, vorrei sottolineare l’importanza di queste azioni nei paesi che hanno aderito di recente all’Unione europea, in particolare il ruolo del volontariato per migliorare la situazione economica e la coesione sociale.

La Romania, al pari di altri paesi dello spazio europeo, ha intrapreso timide azioni per la promozione del volontariato, sebbene le politiche europee sul riciclaggio dei rifiuti, sulla riduzione delle emissioni di carbonio e sulla protezione dell’ambiente potrebbero essere attuate e motivate dalla partecipazione di politici, insieme ai giovani, ad azioni di volontariato.

L’impatto è così forte che potrebbe scatenare una reazione favorevole sulle istituzioni statali e contribuire a cambiare la mentalità di una generazione.

Propongo l’inserimento del volontariato nel sistema educativo e nei programmi interregionali basati su progetti volti a creare collegamenti fra i cittadini degli Stati membri.

Propongo criteri di stimolo simbolico per le persone che partecipano ad azioni di volontariato e chiedo l’aiuto della Commissione europea e del Parlamento europeo.

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE). (SK) La scorsa settimana è stata istituita a Bruxelles la Fondazione europea per la democrazia . Accolgo positivamente il lancio di quest’iniziativa paneuropea, il cui compito fondamentale è promuovere la libertà e la democrazia oltre i confini dell’Unione europea e sostenere l’opposizione nei paesi che non sono liberi.

Molti di noi hanno trascorso parte delle loro vite sotto regimi totalitari. Credo che, oggi che abbiamo raggiunto la libertà, dobbiamo aiutare quelle donne e quegli uomini coraggiosi che lottano per la libertà e la democrazia nei loro paesi. Ho un’esperienza personale di concessione di aiuti finanziari alle famiglie di dissidenti cubani.

Credo, inoltre, che dobbiamo trovare un modo per sostenere le attività della Fondazione europea per la democrazia con il bilancio dell’Unione europea. Possiamo così unirci alla lotta per promuovere la libertà e sostenere personaggi quali Václav Havel, Richard von Weizsäcker, Jacques Delors e altri politici che hanno accettato di diventare sostenitori di questa Fondazione.

 
  
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  Kyriacos Triantaphyllides (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente, il Consiglio ha deciso di intraprendere una guerra di nervi con l’ONU affrontando la situazione in Kosovo con iniziative unilaterali, non rispettose dello Stato di diritto o del diritto internazionale. Così, la decisione di inviare la forza di mantenimento della pace EULEX in Kosovo per assumere il ruolo che fino a qualche tempo fa è stato svolto da UNMIK è un errore tattico. L’articolo 5 della decisione del Consiglio prevede che vi sarà un trasferimento della missione dalle forze ONU alle forze UE una volta terminata la missione delle prime.

Fortunatamente, vi sono paesi quali la Spagna che si oppongono a tali iniziative. Secondo Moratinos, ministro spagnolo degli Affari esteri, tali iniziative violano il diritto internazionale.

Infine, Slovenia e Francia hanno ammonito la Serbia ad accettare EULEX, o altrimenti rischierebbe di non essere accolta nell’UE. Ritengo, a dir poco, che tutto ciò sia inaccettabile.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). (SK) Le prime pagine apparse in bianco sui quotidiani slovacchi – per protesta contro l’approvazione della legge sui media che introdurrà in Slovacchia norme sulla stampa non democratiche a partire da giugno 2008 – mi ricordano la situazione della Bielorussia, dove il governo non rispetta l’opposizione e dove la stampa non ha libertà di parola.

Credo che uno Stato membro, che il 1° maggio 2008 celebra il quarto anniversario dell’adesione all’Unione europea, non dovrebbe adottare leggi che contrastano con i principi democratici di base dell’Unione europea.

Onorevole Pöttering, apprezzo molto le sue parole e la sua netta posizione a favore della libertà della stampa in Slovacchia. Vorrei ringraziare anche gli onorevoli Joseph Daul e Michael Gahler per il loro sostegno. Sono convinta che nemmeno i rappresentanti del gruppo socialista al Parlamento europeo adotteranno un approccio passivo al riguardo.

Invito anche tutti i politici europei di ispirazione democratica a compiere ogni sforzo per garantire che il premio Sacharov per la libertà di pensiero non sia assegnato alla Slovacchia.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE). (EN) Signor Presidente, vorrei dire qualcosa sulla posizione dell’agricoltura negli attuali negoziati dell’OMC. Sono profondamente preoccupata della direzione presa dal Commissario Mandelson nei negoziati con riguardo alle concessioni nel settore agricolo. In una serie di occasioni, ho posto la questione al Commissario Fischer Boel in quest’Aula che mi ha rassicurato ogni volta che il Commissario Mandelson rimaneva nell’ambito del suo mandato.

Tuttavia sono molto preoccupata, in considerazione dell’incontro ministeriale previsto per il 20 maggio a Ginevra e della volontà del Commissario Mandelson di sacrificare l’agricoltura per ottenere un accordo – e, potrei aggiungere, con nessuna contropartita per quanto riguarda l’accesso al mercato e ai servizi non agricoli.

Nell’ultima tornata di Strasburgo abbiamo discusso della PAC e molti deputati hanno accennano alla necessità di garantire la sicurezza alimentare e alla questione delle miglia aeree sui prodotti agricoli e della coltivazione di colture per farne combustibile. Tutto ciò avrà serie ripercussioni per l’approvvigionamento alimentare europeo.

Se il Commissario Mandelson farà a modo suo e ridurrà le tariffe di importazione oltre quanto previsto dal suo mandato, sommergerà i mercati europei di alimenti importati. Le sue azioni finiranno per danneggiare gravemente e, in alcuni casi, distruggere la produzione alimentare europea. Se lo facciano anche per una sola volta, sarà fatto per sempre. Quali parlamentari, abbiamo la responsabilità di garantire non solo alimenti dalla qualità e dalla tracciabilità sostenibile, ma anche la sicurezza alimentare.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE). (SK) Vorrei sottolineare che ieri a Roma all’età di 72 anni è deceduto il Cardinale Alfonso López Trujillo, Presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia.

Per tutta la sua vita ha promosso i valori della famiglia tradizionale e si è opposto all’aborto. Quale capo dell’influente Conferenza episcopale latinoamericana, era considerato un possibile candidato al papato dopo la morte di Giovanni Paolo II nel 2005. Nel 2006 ha criticato gli scienziati impegnati nella ricerca sulle cellule staminali embrionali. A suo avviso, la distruzione degli embrioni era paragonabile all’aborto.

Il Cardinale Trujillo ha sempre risposto agli odierni eventi mondiali in modo chiaro e tempestivo. L’ho incontrato diverse volte, il che ha dimostrato che noi, quali politici cristiani, potremmo beneficiare delle sue opinioni. Ci mancherà la sua voce. Possa riposare in pace.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE). (EN) Signor Presidente, la libertà di stampa è un principio fondamentale della democrazia e a ragione chiediamo che il codice penale turco sia modificato in modo da rispettare questo principio. Tuttavia, per essere persuasivi, dobbiamo far sì che questo principio sia applicato adeguatamente anche negli Stati membri dell’UE. Vorrei chiedere ai colleghi di valutare, obiettivamente, se la stampa in Europa sia davvero democratica e libera. La risposta è “non esattamente”. La stampa nell’UE è manipolata e diretta, in larga misura, da interessi economici e politici non giornalistici. I media, in molti casi, presentano la verità non come è realmente, ma come alcuni baroni dei media desiderano che il pubblico la percepisca. E’ giunto il momento per noi di guardare criticamente al funzionamento della stampa nell’UE e di intraprendere un’urgente azione correttiva. Dovremmo mostrare fermezza con la Turchia per quanto riguarda la libertà di stampa, ma allo stesso tempo agire nei nostri paesi contro la corruzione della stampa.

 
  
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  Oldřich Vlasák (PPE-DE). (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il commercio e la cooperazione contribuiscono ad avvicinare reciprocamente i paesi e i cittadini, così come fa lo sport. Nel 2008 celebriamo un anniversario che è particolarmente importante per i paesi europei: il 100° anniversario della fondazione della Federazione internazionale dell’hockey sul ghiaccio. Per commemorare questo evento, un gruppo di membri dei paesi europei giocatori di hockey, capitanato dall’eurodeputato slovacco Peter Šťastný, ha organizzato un’esibizione al Parlamento europeo a Bruxelles, ricordando sia i successi sia i tempi difficili, quando gli atleti erano oppressi in alcuni paesi sotto il regime comunista. Grazie ai contatti di Šťastný, la coppa Stanley è stata portata dal Canada appositamente per questa occasione ed è stata esposta, per la prima volta, in Belgio e nel Parlamento europeo.

In conclusione, vorrei esprimere i miei ringraziamenti a lei, signor Presidente, e al Commissario Ján Figeľ, per avere lanciato e sponsorizzato la mostra, il cui motto è “unire le persone attraverso la passione per uno sport”, e di certo tutti quelli che hanno visitato questa mostra e che trasmetteranno il messaggio agli altri.

 
  
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  Presidente. − Grazie. E’ stato un evento impressionante. Gradirei sapere se siete a conoscenza di relazioni da parte dei media.

Siamo giunti alla fine dell’elenco degli oratori. Tutti quelli che hanno chiesto di parlare, per iscritto o alzando la mano, sono intervenuti.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente, è la terza volta che prendo parte alla procedura di intervento di un minuto. Sto chiedendo alla Presidenza il permesso di parlare, ma lei non me lo sta concedendo. Perché non mi lascia intervenire?

 
  
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  Presidente. − Onorevole Toussas, ho appena sentito che lei avrebbe chiesto di parlare. Di norma, i deputati presentano le richieste di parlare per iscritto, per assicurarsi di figurare sull’elenco. Lei non è presente nel mio elenco, ma le darò la parola come ultimo oratore, Le chiederei di presentare la sua richiesta per iscritto la prossima volta. In questo modo non sarò trascurato se rimane del tempo per intervenire.

 
  
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  Georgios Toussas (GUE/NGL). (EL) Signor Presidente, da alcuni giorni ormai, alcuni migranti economici impiegati in aziende agricole sono soggetti a condizioni di lavoro e di vita terribili. Occupati nei campi di fragole di Nea Manolada, nella prefettura di Ilia, in Grecia, sono in sciopero, chiedendo che il loro salario quotidiano sia aumentato dall’umiliante somma di 23 euro a 30.

I coltivatori di fragole su vasta scala e le loro gang assoldate hanno cercato di intimidire i lavoratori stranieri. Nel tentativo di impedire un vasto raduno pianificato per ieri dai lavoratori nella piazza di Pyrgos, prefettura di Ilia, i campi dei lavoratori sono stati attaccati, sono stati sparati colpi in aria e molti lavoratori sono stati selvaggiamente picchiati. Condanniamo questo barbaro attacco sul quale la polizia e le autorità legali hanno chiuso un occhio. Chiediamo che siano adottate misure immediate per proteggere i migranti economici.

 
  
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  Presidente. − Con questo si conclude il punto all’ordine del giorno.

 

14. Quadro di bilancio e priorità per la procedura di bilancio 2009 (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione, presentata dall’onorevole Jutta Haug a nome della commissione per i bilanci, sul quadro di bilancio e le priorità per il 2009 Procedura di bilancio 2009: Sezione III – Commissione [2008/2024(BUD)] (A6-0084/2008).

 
  
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  Jutta Haug, relatrice. (DE) Signor Presidente, Commissario Hübner, onorevoli colleghi, la procedura di bilancio di quest’anno è speciale perché è l’ultima ad obbedire alle norme che sono state applicate in passato. Dal prossimo anno, stabiliremo il nostro bilancio secondo la procedura di cui al Trattato di Lisbona.

Ciò comporta per la nostra Assemblea una più attenta concentrazione perché dovremo esprimere in una sola lettura la nostra volontà politica in linee e cifre di bilancio. Non potremo più rettificare o modificare il compromesso che abbiamo raggiunto, né correggere errori in seconda lettura.

La prima e quindi unica lettura deve continuare a sussistere e deve servire da base sostenibile per i negoziati con il Consiglio fino alla fine dell’anno. E’ importante, quindi, sottolineare che, parallelamente alla procedura di bilancio per il 2009, prevediamo di impegnarci nelle preparazioni insieme al Consiglio e alla Commissione al fine di garantire una procedura conforme al Trattato di Lisbona.

La nostra attuale procedura di bilancio è, tuttavia, in qualche modo già diversa. Su proposta del gruppo di lavoro sulla riforma parlamentare, la commissione per i bilanci ha deciso che non presenterà più i nostri orientamenti abituali in risposta alla strategia politica annuale della Commissione sotto forma di proposta iniziale di risoluzione in plenaria, ma presenterà invece la nostra proposta sul quadro e sulle priorità di bilancio per il 2009. I gruppi sono responsabili della risoluzione sulla strategia politica annuale, che riguarderà tutti i settori politici. Noi, in sede di commissione per i bilanci, ci siamo incentrati sulle preoccupazioni di bilancio più importanti che consideriamo particolarmente rilevanti e le abbiamo definite in 11 paragrafi.

Vorrei attirare l’attenzione, in particolare, su tre aspetti. Il primo: è evidente che la nostra copertura di bilancio è stata confezionata con molti limiti, è, per così dire, un abito molto stretto. I margini per le singole categorie sono molto ridotti. Non possiamo finanziare nuove priorità politiche che necessitano di urgenti misure di sostegno finanziario, ad esempio l’assolvimento di un ruolo concreto nella politica sul clima, senza mettere a rischio le priorità precedenti. Lo stesso vale per il finanziamento della crescita e dell’occupazione o di un’Europa sostenibile.

Se prendiamo, ad esempio, la rubrica 1A, osserviamo che, con i fondi disponibili, non possiamo finanziare in nessuna circostanza nuove agenzie. Dovremo rimanere saldi al nostro vecchio, ma semplice e alquanto ragionevole principio: “nuovi compiti, nuovi fondi”.

Il secondo: è chiaro che la rubrica 4 è cronicamente sottofinanziata. Il quadro rimane lo stesso anno dopo anno. Aspettiamo che la Commissione ci presenti un progetto di bilancio preliminare che abbia analizzato i requisiti con precisione e che sia realistico. Vogliamo usare, alla fine, lo strumento della flessibilità per lo scopo per il quale è stato introdotto, ovvero per esigenze impreviste. Non vogliamo che sia già consumato, in parte o anche interamente, prima della fine dell’anno.

Il terzo: siamo fermamente decisi a informare la Commissione, prima della pausa estiva, delle nostre intenzioni relative ai progetti pilota e alle azioni preparatorie. Aspettiamo che la Commissione ci lasci un margine adeguato di manovra per questo strumento parlamentare nel progetto di bilancio preliminare, e per tutte le rubriche.

Abbiamo notato, ovviamente, che la Commissione non ha incluso i progetti pilota e le azioni preparatorie nelle tabelle allegate alla strategia politica annuale per il 2009.

In conclusione, siamo decisi a non superare il quadro finanziario, ma siamo perfettamente consapevoli delle restrizioni e dei problemi, Confidiamo quindi in una buona cooperazione con il Consiglio e la Commissione.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ANTÓNIO DOS SANTOS
Vicepresidente

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, desidero iniziare informando l’onorevole Haug e gli altri membri di quest’Assemblea che la Commissione non solo ha esaminato questa risoluzione, ma può anche concordare su numerosi punti, non da ultimo il rispetto dei principi della disciplina di bilancio e di una sana gestione finanziaria.

Siamo lieti di questa opportunità, che ci consente di procedere a uno scambio di vedute in una fase iniziale della procedura annuale di bilancio 2009. In quel senso, anch’io condivido appieno l’opinione espressa nella sua proposta di risoluzione, ovvero che dovremmo iniziare a riflettere sulle conseguenze del Trattato di Lisbona sulla procedura di bilancio.

La Commissione ha anche preso nota del sostegno continuo del Parlamento a favore di un bilancio basato sulle attività e la proposta di presentare idee per progetti pilota e azioni preparatorie prima dell’estate. Ciò favorirà senz’altro la possibilità di un’attuazione adeguata e tempestiva.

La Commissione apprezza anche l’esame dettagliato del Parlamento della strategia politica annuale 2009, che è stato oggetto di un intenso dibattito lo scorso marzo. La strategia politica annuale serve come quadro di riferimento coerente per la preparazione del progetto di bilancio preliminare e del programma legislativo e di lavoro della Commissione, sebbene non predetermini il risultato finale, che terrà conto delle priorità del Parlamento europeo e del Consiglio.

E’ su questa base che la Commissione adotterà il progetto di bilancio preliminare per il 2009. In termini di sviluppo politico e di attuazione della programmazione, il 2009 è il terzo anno dell’attuale periodo di programmazione e dovrebbe essere un anno di consolidamento. Di conseguenza, la Commissione non ha proposto, nella strategia politica annuale, significative modifiche della programmazione finanziaria. Ha, tuttavia, proposto tre importanti iniziative con un impatto limitato sulla ripartizione delle risorse finanziarie nel 2009.

In primo luogo, nell’ambito della nostra politica in materia di gestione integrata dei confini esterni, nel bilancio è previsto un rafforzamento di Frontex, come giù deciso nel 2008 dall’autorità di bilancio. In secondo luogo, per seguire la nuova strategia dell’UE sull’Asia centrale adottata dal Consiglio nel giugno 2007, la Commissione sta proponendo di concentrare l’assistenza in quell’area per il 2009, mantenendo inalterata la dotazione complessiva per il periodo. In terzo luogo, in linea con la tabella di marcia di Bali, ha proposto di rafforzare gli aiuti per l’ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali nei paesi in via di sviluppo. Nel presentare queste proposte, la Commissione ha provveduto a limitare attentamente l’impatto sui margini disponibili, e continuerà a farlo quando presenterà il suo progetto preliminare di bilancio.

Concluderò sottolineando un punto importante. Nel corso della procedura di bilancio 2008, è stata concordata una serie di dichiarazioni comuni in relazione alle agenzie, sia esecutive che centrali, e alle informazioni dettagliate che dovrebbero essere messe a disposizione dell’autorità di bilancio. La Commissione attuerà quelle disposizioni nella procedura di bilancio 2009 e sono fiduciosa che fornirà al Parlamento un’immagine più chiara delle risorse disponibili.

 
  
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  László Surján, a nome del gruppo PPE-DE. – (HU) Grazie per avermi dato la parola, signor Presidente. Sono certo che la relazione dell’onorevole Jutta Haug riceverà il sostegno dell’Assemblea e mi congratulo con lei per il suo lavoro. Adesso vorrei esprimere alcune considerazioni.

La prima è che il Parlamento sta cercando di elaborare, con le mani legate, un bilancio che sia all’altezza delle nuove sfide. Ne abbiamo sentito parlare appena adesso. Sosteniamo il rafforzamento del ruolo della crescita e della creazione di posti di lavoro, dato che sarà uno degli elementi chiave ai fini dello sviluppo delle regioni sottosviluppate, o dovrebbe esserlo. Sono lieto che la Commissione possa fare così tanto affidamento sul suo rappresentante responsabile per lo sviluppo regionale.

Un punto molto importante della relazione è che i cittadini europei devono essere informati sul modo in cui viene speso il loro denaro e sul nostro impegno a spendere quel denaro per realizzare il massimo valore possibile.

Siamo in attesa della ratifica del Trattato di Lisbona. Non possiamo quindi comportarci come spereremmo di fare alla fine dell’anno quando, all’improvviso, per coniare una frase, proprio come il coniglio estratto dal cappello, apparirà per magia l’accordo che regolerà il nostro lavoro. Dobbiamo adoperarci per ottenerlo. Il Partito popolare europeo sta votando a favore di questa relazione e si augura che le proposte emendate saranno sostenute, specialmente quelle concernenti le piccole e medie imprese.

Tuttavia, non concordo appieno con l’onorevole Haug sul fatto che stiamo negoziando in tempo. Il precedente bilancio dovrà essere già elaborato e possiamo approvarlo solo se, per una fortunata coincidenza, abbiamo richiesto in anticipo le rubriche che anche la Commissione sostiene. Dovremo pensare adeguatamente a come agire in futuro di modo che il Parlamento possa inviare il suo messaggio prima alla Commissione. Grazie per la vostra cortese attenzione.

 
  
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  Göran Färm, a nome del gruppo PSE. – (SV) Signor Presidente, come ha detto l’onorevole Haug, questo è l’ultimo bilancio che seguirà il vecchio modello, almeno se il nuovo trattato sarà ratificato, ma è anche un bilancio che costituisce un preludio alla riforma di bilancio a più lungo termine. Nello stesso tempo, ci stiamo dirigendo, ovviamente, verso la revisione intermedia. E’ quindi naturale per noi osservare le questioni di bilancio da una prospettiva a più lungo termine.

Riteniamo, ed è importante che sia indicato nella risoluzione, che nel bilancio devono essere sostenute anche nuove importanti priorità politiche. Ad esempio, al momento abbiamo fondi insufficienti nella rubrica 1, crescita sostenibile, ecc., e nella rubrica 4. Attendiamo pertanto una proposta coraggiosa da parte della Commissione per la revisione intermedia, ma dobbiamo anche iniziare, non appena possibile, a lavorare sul bilancio del nuovo anno.

Desideriamo sollevare alcuni punti che sono particolarmente importanti. In primo luogo, sto pensando alla politica sul clima e l’energia. Sono il relatore per i bilanci della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia; abbiamo, ad esempio, l’importante piano strategico per le tecnologie energetiche, il piano SET, le misure per l’efficienza energetica e così via, e tutte queste voci hanno risorse di bilancio insufficienti.

Il secondo punto che sto considerando è la rubrica 4, in particolare quello che sta accadendo nei Balcani. L’anno scorso abbiamo svolto un importante dibattito sugli investimenti in Kosovo. Questi investimenti devono essere mantenuti e devono essere a lungo termine. Inoltre, devono essere realizzati nello stesso tempo in cui stanziamo importi aggiuntivi per aiutare Serbia e Bosnia ad avvicinarsi all’UE.

Il terzo punto sul quale vorrei soffermarmi è la qualità del bilancio. Talvolta, ad esempio, era previsto un numero eccessivo di progetti pilota e di azioni preparatorie. Adesso, dovremmo adoperarci di più per garantire che questi tipi di misure siano realmente attuate con successo. Una delle cose a cui sto pensando è quanto ho proposto io stesso per preservare il patrimonio culturale dei Balcani distrutti dalla guerra. Adesso dobbiamo garantire che diventi realmente un investimento permanente.

Il quarto settore cui sto pensando è la crisi alimentare. Ci troviamo adesso in una situazione in cui l’aumento del prezzo degli alimenti può avere un impatto effettivo sul bilancio dell’UE. Non dobbiamo ignorarlo.

La mia conclusione è che, in una società che cambia, dobbiamo essere preparati a modificare anche il bilancio dell’UE.

 
  
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  Anne E. Jensen, a nome del gruppo ALDE. (DA) Signor Presidente, come molti hanno menzionato, il 2009 sarà un anno entusiasmante per l’UE sotto diversi aspetti. Le elezioni del Parlamento europeo e la nuova nomina della Commissione, insieme all’entrata in vigore anticipata del Trattato di Lisbona, renderanno alquanto difficile il lavoro concreto sul bilancio 2009. Ecco perché abbiamo deciso di fare in modo che il bilancio di quest’anno sia un test generale delle nuove regole, al fine di acquisire esperienza. In futuro, dovremmo iniziare il processo di bilancio prima durante l’anno e coinvolgere meglio le commissioni tecniche. Inoltre, vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Haug, per l’eccellente iniziativa in materia.

Oggi stiamo discutendo delle prime comunicazioni relative al bilancio dell’UE per il 2009. E’ ovviamente importante l’esistenza di un legame chiaro fra le priorità politiche, sia prima che dopo la loro attuazione nel programma legislativo annuale della Commissione, così che il bilancio del’UE possa essere visto come uno strumento politico integrato. Abbiamo un problema, dato che il quadro finanziario pluriennale è troppo limitato su molti punti. L’UE, attualmente, ha una politica comune in materia di energia e di clima, eppure non è previsto un finanziamento comune per sostenere questa politica. La componente del bilancio che finanzia la ricerca, l’innovazione, l’educazione e i trasporti è chiaramente inadeguata. Similmente, il quadro per la politica giuridica e di asilo e per la politica in materia di cultura e sanità è troppo limitato. Inoltre, la politica estera dell’UE è cronicamente sottofinanziata – priorità quali il Kosovo e la Palestina sono esempi delle sfide che affrontiamo. E’ importante, quindi, discutere adesso della futura revisione intermedia del bilancio per garantire che l’UE possa continuare a finanziare importanti priorità politiche dopo il 2009. Abbiamo bisogno di flessibilità e di migliori opportunità per creare nuove priorità nell’ambito del quadro.

 
  
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  Zbigniew Krzysztof Kuźmiuk, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, signora Commissario, a nome del gruppo UEN, nel dibattito sulle priorità di bilancio per il 2009 desidero attirare la vostra attenzione sulle questioni seguenti.

In primo luogo, se il Trattato di Lisbona sarà ratificato da tutti gli Stati membri, nel 2009 i poteri saranno trasferiti dagli Stati membri all’UE, con nuovi settori di responsabilità per l’Unione europea. Ciò, a mio avviso, avrà un impatto significativo sulle spese finanziate a titolo del bilancio dell’Unione.

In secondo luogo, secondo le previsioni degli esperti, il 2009 sarà con tutta probabilità il quinto anno successivo in cui si registrerà un aumento costante dei prezzi degli alimenti. Ciò causerà l’acuirsi dei problemi sociali negli Stati membri più poveri e anche nei paesi ai quali l’Unione europea fornisce aiuti alimentari. Il bilancio dell’Unione per il 2009 dovrebbe consentire un maggiore sostegno per la crescita della produzione agricola in Europa, e per le esportazioni dei prodotti agricoli dall’Unione.

Infine, il mio terzo punto riguarda la prevenzione del cambiamento climatico, che è una delle priorità del bilancio per il 2009. Ciò graverà ulteriormente sulle economie degli Stati membri, purtroppo senza alcun abbuono per i ritardi nel loro sviluppo. I nuovi Stati si troveranno in una situazione particolarmente difficile e in quei paesi si potrebbero verificare gravi e pregiudizievoli conseguenze economiche e sociali.

 
  
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  Esko Seppänen, a nome del gruppo GUE/NGL. (FI) Signor Presidente, signora Commissario, la relatrice, l’onorevole Haug, mostra un’enorme capacità tecnica e professionalità nel suo lavoro. Il nostro gruppo sostiene la richiesta, contenuta nella relazione, di solidarietà nell’Unione e di equilibrio nello sviluppo regionale, nonché di maggiore trasparenza e chiarezza nel bilancio.

E’ importante, nel 2009, prestare attenzione alla revisione intermedia del quadro di bilancio per gli anni futuri, anche se il risultato dei nuovi negoziati non avrà ancora un impatto sul bilancio dell’anno prossimo. Il nostro gruppo ha sempre affermato che il bilancio dell’Unione è privo degli strumenti necessari per la costruzione della dimensione sociale dell’UE. Questo è uno dei motivi per cui non abbiamo potuto accettare le proposte di progetto definitivo di bilancio a dicembre.

Il nostro gruppo ritiene inoltre che la tendenza dell’Unione verso la militarizzazione continuerà se il Trattato di Lisbona sarà adottato. Aggiungerà nuovi elementi al lavoro dell’Unione: una politica di sicurezza e di difesa e la cooperazione strutturale permanente. Notiamo come il Consiglio stia continuamente proponendo nuovi stanziamenti per il bilancio dell’Unione e come il Parlamento sia pronto ad accettarli. Un tentativo di includere il meccanismo di finanziamento di Atene nel bilancio comune è la conclusione che si raggiunge dalla determinazione con cui il Consiglio procede verso la militarizzazione dell’Unione e dalle sue conseguenti richieste di maggiori stanziamenti a fini militari.

Notiamo altresì che il bilancio dell’anno prossimo non contiene una chiara politica di bilancio sulle spese che l’Unione sosterrà per il Kosovo né su come saranno pagate. Vi sono spese impreviste che si profilano per l’impegno di alcuni Stati membri. E questo per la promozione dell’indipendenza nazionale di una comunità basata sulle etnie che è unica nel contesto europeo.

 
  
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  Margaritis Schinas (PPE-DE). – (EL) Signor Presidente, stiamo inaugurando oggi il bilancio per il 2009, con le sue molteplici caratteristiche speciali. E’ l’ultimo bilancio dell’attuale legislatura e della Commissione Barroso. Con tutta probabilità, sarà il primo bilancio a rientrare fra l’attuale e il nuovo quadro legislativo. Questo bilancio sarà introdotto dal Trattato di Lisbona e, come sapete, coinvolge il Parlamento europeo in numerosi e importanti settori di competenza.

Quando vi sono molti settori di competenza, vi sono anche di solito molte responsabilità. In questo contesto, vorrei sottolineare quattro punti sul bilancio 2009. Il primo punto è che il bilancio deve avere un valore comunitario aggiunto, non limitarsi a dare l’impressione della fine di un’era. Approvo quello che ha detto il Commissario. Il rafforzamento di Frontex, ad esempio, è un elemento quantitativo che dimostra che, anche nell’ultimo anno del ciclo quinquennale della Commissione e del Parlamento, possiamo affrontare nuove sfide.

Il mio secondo punto è che deve essere un bilancio di sviluppo, non limitato a finanziar microprogrammi e proprietà modeste. Nell’atmosfera prevalente della crisi economica che ci circonda, dobbiamo sottolineare i problemi che necessitano di risposte di sviluppo.

Il terzo punto è che, per ogni nuova priorità politica, dobbiamo anche avere nuove possibilità di finanziamento. Per essere chiari, nuovi obiettivi significano nuovi soldi.

Infine, dato che il 2009 sarà un anno di elezioni, faccio appello alla Commissione. Quando presenterete il progetto preliminare di bilancio, fatelo in modo semplice e globale. E’ tempo ormai che i cittadini dell’Europa possano comprendere facilmente il bilancio che li riguarda.

 
  
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  Costas Botopoulos (PSE). (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi la discussione sulla relazione Haug, credo, rappresenta un primo passo essenziale verso la politicizzazione della procedura di bilancio. In un modo o in un altro, il 2009 sarà un anno sostanzialmente politico per l’Europa e per la nostra Assemblea: si terranno infatti le elezioni parlamentari. Mi auguro che il nuovo Trattato di Lisbona sarà attuato e che entreranno in vigore numerosi cambiamenti nel Parlamento stesso. Sulla scia di questi sviluppi, il bilancio subirà modifiche radicali. Questo è quanto viene preparato in termini politici in questa relazione.

Incentriamoci su quattro punti importanti della procedura e della relazione. In primo luogo, è essenziale reagire in tempo per prepararci alla nuova situazione. Il prossimo bilancio, che come abbiamo detto tutti sarà il primo della nuova procedura, deve essere basato su fondamenti già consolidati di modo che possa funzionare correttamente.

Vorrei sottolineare il secondo punto perché il gruppo socialista al Parlamento europeo lo chiede da molti anni: l’apertura della procedura alle altre commissioni. Al riguardo, l’iniziativa della relatrice è molto importante. Abbiamo discusso delle priorità politiche non solo con la commissione per i bilanci, ma anche con altre commissioni.

Terzo: dobbiamo lottare ora e ogni anno per riflettere le priorità politiche di quest’Assemblea secondo quando esprime il bilancio. Al riguardo, credo che le questioni primarie siano povertà, agricoltura, sviluppo e tecnologia.

Il quarto e ultimo punto, e sto per concludere, signor Presidente, è l’importanza dei programmi pilota. Ci offrono una visione fondamentale di cosa accadrà nei prossimi anni nell’UE.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL). (PT) Signor Presidente, fra gli aspetti importanti del bilancio 2009 vi è la prevista revisione del bilancio comunitario. L’esatta forma di questa revisione deve essere ancora definita, ma siamo preoccupati su alcuni degli obiettivi già indicati a tal fine.

Inoltre, con riguardo agli orientamenti adottati dalla Commissione e dal Consiglio, è chiaro che vi sarà una replica di quanto è accaduto nel 2007 e nel 2008, ovvero la spesa sarà ancora una volta inferiore ai limiti stabiliti nel quadro finanziario pluriennale, già insufficiente per soddisfare le esigenze della reale coesione sociale nell’Unione europea. Inoltre, vi sono sempre maggiori segnali che lo stanziamento della “spesa” sulla coesione sociale non sarà usato. Nello stesso tempo, vi è un aumento dello stanziamento per le azioni esterne dell’UE, ovvero interventi in teatri di guerra che noi rigettiamo.

In breve, fondi insufficienti per le priorità sulle quali concordiamo e maggiori fondi per le priorità che rigettiamo.

 
  
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  Reimer Böge (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei iniziare sostenendo fortemente le parole della relatrice e invitando le commissioni specializzate del Parlamento a incentrarsi realmente sui progetti con valore aggiunto europeo quando arriveranno alla fase che, mi auguro, sarà un’attenta valutazione dei progetti pilota e delle azioni preparatorie.

Rivolgendomi alla Commissione e al Consiglio, vorrei aggiungere che alla fine del dibattito vogliamo una risposta alla domanda su come possiamo rafforzare la nostra politica estera e di sicurezza che soffre da molti anni di cronico sottofinanziamento per porre fine alle annose dispute in questo settore che non vanno a vantaggio di nessuno, ma che sono dannose anche per la Commissione e il Consiglio.

Il Commissario ha detto che reagirà al risultato di Bali nel progetto preliminare di bilancio e nella formulazione di una nuova strategia per l’Asia. Ma vorrei sapere quando la Commissione intende presentare proposte sulle implicazioni di bilancio del Trattato di riforma per il periodo fino al 2013. O dovremmo aspettare il prossimo periodo di programmazione finanziaria? Dopotutto, siamo preoccupati per nuovi aspetti della politica dell’immigrazione, del cambiamento climatico, della politica energetica, della cooperazione giudiziaria e della politica estera e di sicurezza. Non abbiamo sentito parlare di nessuno di questi argomenti.

Vorrei aggiungere che, nell’ambito della procedura di bilancio, dobbiamo creare il quadro per l’attuazione del nuovo Trattato dopo che sarà ratificato, il che significa che – procedendo con dovuta attenzione e sensibilità – dobbiamo tenere conto della necessità di adeguare gli accordi, in relazione sia al processo di ratifica sia al fondamento giuridico. Questa è la cosa più importante. Vi sono tre aspetti. In quale settore abbiamo bisogno di accordi preliminari per garantire la transizione adeguata dal vecchio al nuovo trattato? In quale settore abbiamo bisogno di accordi transitori per garantire la certezza del diritto? E in quale settore abbiamo bisogno di un po’ più di tempo per ottenere ulteriori accordi sulla base delle necessarie procedure legislative?

Vorrei chiarire – anche alla futura Presidenza francese – che qualsiasi accordo che possiamo raggiungere in relazione a quei tre aspetti dipenderà dai risultati, e noi dobbiamo mantenere un certo grado di flessibilità e non scolpire ogni cosa nel cemento sin dall’inizio per doverla poi cancellare di nuovo con il martello.

 
  
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  Jan Mulder (ALDE). (NL) Signor Presidente, vorrei augurare innanzi tutto forza e coraggio all’onorevole Haug per l’importante compito che ha intrapreso per la seconda volta. Il 2008 è infatti un anno molto importante, non solo perché deve essere redatto il bilancio ordinario per il 2009 – lo hanno già detto molti –, ma anche perché dobbiamo elaborare una procedura per la definizione del bilancio per il 2010 sotto il nuovo Trattato. Quest’anno va dimostrare esattamente ciò che il Parlamento può e non può fare.

Permangono tuttora grandi incertezze per quanto riguarda l’agricoltura. Da un’attenta lettura del Trattato, sembra che il Consiglio questa volta possa stabilire i prezzi e le quote unilateralmente. Come si rapporta questo con la nostra nuova competenza di bilancio sull’agricoltura nella categoria II? Dovremmo avere infatti poteri equivalenti. Chiarire la faccenda deve essere una priorità. La politica alimentare ed energetica rimane importante e forse possiamo risolvere il problema entro il margine del 5per cento che ci offre l’accordo interistituzionale. Invito la Commissione a riflettere al riguardo.

 
  
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  Ville Itälä (PPE-DE). (FI) Signor Presidente, signora Commissario, vorrei ringraziare la relatrice, l’onorevole Haug, per l’eccellente lavoro e la collaborazione. Dimostra infatti professionalità e, in questa fase cruciale, se questa collaborazione sarà mantenuta, il bilancio avrà di sicuro un felice esito alla fine dell’anno.

Il nostro bilancio è sufficientemente trasparente per consentirci di acquisire la fiducia del pubblico quando si terranno le elezioni nel 2009? Nello stesso tempo, però, ci stiamo preparando per il periodo post-Lisbona, in particolare per la politica estera, ad esempio. Dobbiamo prepararci per un periodo in cui anche il Parlamento mostri di avere la volontà di contribuire a questo nuovo approccio alla politica estera.

Vorrei sottolineare un aspetto importante proprio mentre questo bilancio è ancora in fase di progetto. Mi auguro che la Commissione proporrà un’iniziativa sulla quale la relatrice potrà poi lavorare. Riguarda la strategia per il Mar Baltico. Ho sentito che la Commissione è impegnata su tale strategia e ho anche sentito che la Svezia, quando terrà la Presidenza, intende fare della strategia per il Mar Baltico una priorità fondamentale.

Questa strategia non avrà rilevanza se non avrà a disposizione fondi sufficienti. Attualmente, abbiamo numerosi progetti pilota sparsi qua e là. L’intera politica baltica è come un mosaico, sia in termini di finanziamenti che dal punto di vista politico. Ecco perché abbiamo bisogno di una rubrica separata, dedicata alla strategia per il Mar Baltico, così che possiamo attuare il giusto tipo di politica ambientale, il giusto tipo di politica dei trasporti e anche il giusto tipo di politica energetica. Sappiamo infatti che un gasdotto passerò attraverso il Mar Baltico, dalla Russia alla Germania. Ecco perché ci occorre questa iniziativa e mi auguro che la Commissione dimostrerà di averne in questa occasione.

 
  
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  Valdis Dombrovskis (PPE-DE). (LV) Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal punto di vista procedurale il bilancio dell’UE per il 2009 può essere visto come una preparazione per due importanti questioni. Prima questione: con la ratifica del Trattato di Lisbona, la procedura di bilancio dell’UE è cambiata significativamente e abbiamo bisogno di sbrigare il necessario lavoro di preparazione per garantire chiarezza e successo per il bilancio dell’Unione europea per il 2010. Seconda questione: dobbiamo accelerare la revisione del bilancio dell’UE, comprese le questioni concernenti la riforma della politica agricola comune e lo sconto per il Regno Unito, al fine di garantire una valida revisione intermedia sulle prospettive finanziare. Le priorità politiche stabilite dalla Commissione europea per il 2009 – promozione della crescita economica e dell’occupazione, lotta contro il cambiamento climatico e promozione dello sviluppo sostenibile – devono essere accettate, ma devono essere attuate con i necessari stanziamenti a titolo del bilancio dell’UE. Purtroppo, il ristretto importo di bilancio all’interno del massimale stabilito nel quadro finanziario significa che le risorse indispensabili per finanziare le nuove priorità devono essere cercate entro i limiti del bilancio esistente, e occorre ridistribuire le risorse. E’ possibile che dovremo modificare i limiti per ottenere risorse di bilancio UE individuali. Ad esempio, il limite attualmente in vigore per i Fondi strutturali, ovvero che solo il 3per cento delle risorse dal rilevante programma operativo può essere destinato alle misure per l’efficienza energetica, impedisce ai nuovi Stati membri di rivedere le loro priorità di ottenere stanziamenti dai Fondi strutturali conformemente alle nuove priorità sulla strategia energetica per l’Europa e il cambiamento climatico. Grazie per la vostra attenzione.

 
  
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  Ingeborg Gräßle (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei esprimere il mio punto di vista su due punti prioritari della critica della nostra relatrice, ovvero la mancanza di trasparenza del bilancio dell’UE e la politica del personale della Commissione.

Quale relatore per il bilancio, chiedo alla Commissione di affrontare la questione della trasparenza del bilancio e di presentare proposte per la prevista prossima riforma del sistema di bilancio. Le informazioni contenute nel bilancio reale sono assolutamente inadeguate e questi elenchi di numeri in realtà non sono per nulla utili. Finora, la Commissione ha prodotto numerosi documenti di accompagnamento, che alla fine privano di valore lo stesso bilancio. Perché non includere maggiori informazioni nel bilancio sin dall’inizio, eliminando così la necessità di elaborare alcune delle relazioni richieste e che tanto piacciono sia alla Commissione sia al Parlamento. Lavorerò su quelle basi per la prossima riforma del bilancio e chiederei ai colleghi, anche in questa fase, di sostenere le attività preliminari, perché vorrei che nella materia fossero realizzati diversi studi.

Il mio secondo punto è questo: nella risoluzione di dicembre sul bilancio 2007, il Parlamento ha chiesto una relazione sui progressi compiuti in materia di valutazione del personale per il 30 aprile 2008. Presumo che la riceveremo fra pochi giorni. Questa valutazione che il Parlamento ha chiesto è diventata adesso uno dei maggiori successi della Commissione Barroso. Il Presidente della Commissione si presenta quale riformista, ma può continuare a essere considerato riformista solo se trarrà conclusioni dalla valutazione prima della scadenza della Commissione. Ciò significa che deve intraprendere una revisione critica del decentramento e compiere i primi passi in quella direzione.

Nel è debitore non solo nei confronti del contribuente e di quest’Assemblea, ma anche del suo personale, che attualmente sta sprecando tempo e capacità per un’eccessiva amministrazione e burocrazia interne. La Commissione lo deve anche a se stessa, perché, in considerazione delle sfide che affronta l’UE e i suoi importanti compiti di gestione, noi crediamo che – anche in vista del bilancio 2009, che come sapete non contiene nuovi elementi – può soddisfare quei compiti con successo solo se adotterà le misure e le variazioni opportune in seno all’amministrazione.

 
  
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  Péter Olajos (PPE-DE). (HU) Grazie, signor Presidente. In qualità di uno degli estensori del bilancio 2009, vorrei ringraziare gli onorevoli Jutta Haug e László Surján per il valido lavoro di preparazione. Per potere arrivare a un buon risultato finale, abbiamo dovuto essere disciplinati e in armonia nel nostro lavoro in quanto, spesso, abbiamo dovuto esplorare nuove strade. E possiamo essere abbastanza fiduciosi per quanto riguarda le preoccupazioni relative alla protezione dell’ambiente nelle parti della strategia politica annuale che sono conosciute. Accolgo con favore tutte e tre le iniziative della Commissione. Quale membro della delegazione per l’Asia centrale, apprezzo in particolare la nuova strategia dell’Unione europea per l’Asia centrale e l’aumento degli aiuti. Apprezzo anche l’intenzione di promuovere pratiche di sviluppo sostenibile nei paesi in via di sviluppo, specialmente a livello di biodiversità e di energia. E non è solo un nostro dovere morale, è anche nel nostro interesse. Sono sicuro che, insieme ai colleghi, saremo in grado di presentare molti progetti di ricerca di sostegno, ed è proprio questo ciò che i nostri cittadini si aspettano. Grazie.

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare ancora una volta l’onorevole Haug per la relazione e gli oratori per le loro osservazioni: non soltanto quelle inerenti direttamente al bilancio 2009, ma anche quelle che sono andate oltre il 2009, che risultano molto utili nel contesto della nostra riflessione sull’agenda politica e sulla futura riforma del bilancio.

Per quanto riguarda la strategia per il Mar Baltico, vorrei rispondere a due punti concreti che sono stati sollevati. Il primo riguarda la strategia per il Mar Baltico: la Commissione sta lavorando su questa strategia e io ho il piacere di presiedere i lavori interservizi nella materia. Si prevede che figurerà nell’agenda della Presidenza svedese, il che significa nel secondo semestre del 2009. Tuttavia, siamo nella fase della consultazione e dell’analisi della situazione nella regione e stiamo anche valutando idee per la strategia. Per quanto riguarda le implicazioni di bilancio, oggi è ancora troppo presto per parlarne.

In merito al nuovo Trattato e alle conseguenze per l’agenda politica, una questione sono le conseguenze del Trattato di Lisbona per i cambiamento istituzionale e i nuovi quadri giuridici.

L’altra questione è l’agenda politica e, come sapete, sia il Consiglio sia la Commissione sono attualmente impegnati nella riflessione e in lavori molto concreti, soprattutto sui quadri giuridici e le nuove sfide istituzionali. Tuttavia, si sta svolgendo anche la riflessione sull’agenda politica, come sapete, come conseguenza del requisito della revisione del bilancio. Credo che verso la fine di quest’anno – o all’inizio del 2009 – la Commissione presenterà la nuova agenda politica e solo allora le implicazioni di bilancio potranno essere considerate e valutate in modo ragionevole e con la dovuta responsabilità.

Per quanto riguarda la trasparenza, ho preso nota di tutti i vostri commenti sui risultati della valutazione e li trasmetterò, in particolare, al Commissario Grybauskaitė, ma anche all’intera Commissione, e vorrei confermare ciò che avete appena detto.

Per quanto riguarda il 2009, adesso siamo al corrente degli orientamenti espressi da entrambi i rami dell’autorità di bilancio. Il progetto preliminare di bilancio sarà basato su solide stime della necessità di soddisfare tutte quelle priorità già concordate e che dobbiamo affrontare. Non vi è dubbio che la Commissione avrà bisogno di una buona cooperazione con il Parlamento per raggiungere quei risultati. Vorrei anche dire che una buona cooperazione sarà essenziale anche nel contesto delle sfide a lungo termine, sia quelle istituzionale che quelle relative all’agenda politica. Vi ringrazio molto per il dibattito.

 
  
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  Jutta Haug, relatore. (DE) Signor Presidente, ringrazio tutti gli oratori che sono intervenuti a questo dibattito. Sono anche grata, ovviamente, per gli auguri e le lodi che ho ricevuto. Vorrei ringraziare anche il Commissario.

Se ho ben capito, la Commissione ci sostiene in tutto e per tutto e promette la presentazione di un progetto preliminare di bilancio che tenga conto di tutti i nostri desideri. Abbiamo chiarito ancora una volta le nostre priorità. Non sono poche, né piccole: lotta contro il cambiamento climatico, creazione di crescita e occupazione, un’Europa sociale, ricerca, formazione, istruzione, aiuti ai paesi più poveri del mondo, assolvimento dei nostri compiti nel mondo. Non è facile effettivamente finanziare tutto.

Vorrei che il Consiglio ci avesse ascoltato perché allora avrebbe anche compreso che – grazie a Dio! – tutti, o almeno quasi tutti i gruppi parlamentari sono uniti al riguardo. Per questo ringrazio di cuore tutte le persone coinvolte.

 
  
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  Reimer Böge (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, il Commissario Hübner ha appena affermato che la Commissione e il Consiglio stanno già lavorando sulle materie inerenti alla trasposizione del Trattato di Lisbona. E’ meraviglioso! Tuttavia, quale presidente della commissione per i bilanci, vorrei insistere, e credo a nome di tutti i colleghi, che il Parlamento sia trattato in modo paritario, anche in relazione alla trasmissione di documenti ufficiali e non ufficiali sugli argomenti sui quali dovremo discutere e negoziare insieme nei prossimi mesi, piuttosto che come un’istituzione di secondo rango. Finché ciò non sarà riconosciuto, affronteremo seri problemi alla fine della procedura, alla fine dell’anno.

E’ nell’interesse della Commissione e del Consiglio garantire parità di trattamento anche nella politica informativa, in relazione ai documenti e alle materie in esame.

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, vorrei solo dire molto chiaramente che non posso nemmeno immaginare che queste due istituzioni non lavorino insieme. Lo stesso vale, credo, per quanto riguarda i rapporti del Parlamento con la Commissione e con il Consiglio.

Questo è il nostro Trattato comune, il nostro successo comune e il nostro compito comune. Posso solo inoltrare le vostre parole al Presidente Barroso, ma sono sicura che tutti siano pienamente coscienti di questa responsabilità.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, 22 aprile 2008.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Nathalie Griesbeck (ALDE), per iscritto. (FR) Il Trattato di Lisbona, che dovrebbe entrare in vigore il prossimo 1° gennaio, favorirà un rafforzamento senza precedenti delle prerogative della nostra Assemblea. Prima della fine di quest’anno, sarà necessario firmare un accordo interistituzionale che tenga conto dell’estensione della codecisione e della fine del distinguo fra spese obbligatorie e non obbligatorie.

In questo contesto, è opportuno sottolineare la nostra determinazione a fare sentire il nostro peso nella rinegoziazione intermedia del quadro finanziario 2007-2013 e nel riorientamento delle politiche che desideriamo attuare attraverso un bilancio che sia realmente adeguato alle nostre ambizioni e che non rimetta in discussione i principi di solidarietà che ci sono cari. Dobbiamo sempre preoccuparci di ottimizzare l’efficacia delle nostre politiche e vigilare su ogni possibile tentativo di rinazionalizzazione della PAC e delle politiche regionali.

E’ anche importante avere la possibilità di facilitare l’elaborazione di nuove politiche utili ai nostri concittadini attraverso gli strumenti di bilancio di cui disponiamo a tutolo dello strumento di flessibilità, dei progetti pilota e delle azioni preparatorie.

Inoltre, la Commissione europea deve rafforzare la trasparenza di bilancio affinché possiamo controllare la buona utilizzazione del denaro pubblico.

 
  
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  Gábor Harangozó (PSE), per iscritto. (EN) Dovremmo prepararci ai cambiamenti previsti per il 2009 con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e le elezioni del Parlamento europeo perché avranno un impatto rilevante sul bilancio. Il nuovo Parlamento eletto e la nuova Commissione designata dovranno infatti lavorare secondo le nuove procedure di bilancio.

E’ necessario, quindi, presentare per il 2009 un quadro di bilancio e priorità trasparenti e realizzabili. Fra gli altri aspetti, è essenziale garantire che il bilancio sia all’altezza delle priorità con risorse sufficienti. Al riguardo, sono lieto che la nostra relatrice, l’onorevole Haug, sottolinei l’importanza del principio della solidarietà come uno degli elementi chiave delle politiche europee, in particolate per quanto riguarda le politiche di coesione e strutturale.

Con le nuove sfide che ci attendono e il nuovo equilibrio interistituzionale nel triangolo istituzionale è sempre più necessario garantire coerenza fra le priorità politiche e le risorse finanziarie messe a disposizione. Vi sono crescenti preoccupazioni che lo spostamento dell’interesse verso la competitività, il cambiamento climatico o lo sviluppo sostenibile andrebbe a scapito di altre priorità. L’aggiunta di nuove priorità in futuro non dovrebbe in nessun caso ostacolare il raggiungimento di altre priorità politiche, quali la solidarietà.

 
  
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  Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE), per iscritto. (RO) Vorrei sottolineare taluni aspetti relativi all’articolo che riafferma l’importanza del principio di solidarietà in questa relazione.

La politica di coesione continua ad assorbire un terzo del bilancio annuale dell’Unione europea. Ciononostante, non possiamo ignorare il fatto che il settore è diventato sempre meno importante rispetto agli aumenti registrati nella politica della competitività per la crescita economica e l’occupazione. Ad esempio, rispetto al bilancio 2007, la linea di bilancio 1a – per la competitività – ha registrato un aumento del 18,4 per cento, mentre la linea 1b – che copre il settore della coesione – solo un aumento del 3,1 per cento.

Inoltre, dovremmo tenere conto degli effetti dell’attuazione del Trattato di Lisbona sulla politica di coesione. I Fondi strutturali – che costituiscono attualmente spese non obbligatorie e sui quali il Parlamento ha l’ultima parola nella procedura di bilancio – diventeranno oggetto di una decisione comune del Consiglio dei ministri e del Parlamento. Tuttavia, sappiamo che ogni anno il Consiglio procede a significative riduzioni degli importi europei destinati alla politica di coesione.

Per questo motivo, credo sia molto importante raggiungere gli obiettivi della strategia di Lisbona, senza trascurare le disparità che continuano a esistere fra le regioni europee.

 

15. Audizione sui “crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi dai regimi totalitari” (8 aprile 2008) (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sui crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi dai regimi totalitari.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, vorrei riferirvi in merito all’audizione sui crimini commessi dai regimi totalitari per rispondere ai legittimi timori espressi dal Parlamento.

Lo scorso 8 aprile, la Commissione e la Presidenza slovena hanno organizzato un’audizione sui crimini commessi dai regimi totalitari. L’audizione era stata richiesta dal Consiglio nell’aprile 2007 al momento dei negoziati sulla decisione quadro contro il razzismo e la xenofobia. L’audizione mirava a comprendere meglio come gli Stati membri hanno gestito l’eredità dei crimini dei regimi totalitari e quali sono i metodi e le pratiche cui sono ricorsi per farvi fronte.

L’audizione è stata strutturata intorno a due temi principali: il riconoscimento dei crimini totalitari e la riconciliazione. Tenuto conto della delicatezza della questione e per evitare qualsiasi strumentalizzazione, la Commissione ha auspicato che il dibattito fosse condotto innanzi tutto da esperti indipendenti e da universitari, provenienti da orizzonti diversi e impegnati a seguire un approccio scientifico. Sono stati invitati sia gli Stati membri come anche il Parlamento europeo, e io sono lieto che numerosi eurodeputati abbiano avuto l’opportunità di partecipare al dibattito. L’audizione ha permesso lo svolgimento di un dibattito costruttivo e sereno. In generale, dalla discussione sono emerse quattro questioni di specifico interesse per la Commissione,.

In primo luogo, vi è la sensazione che i vecchi Stati membri dovrebbero acquisire maggiore conoscenza della storia tragica dei nuovi paesi membri. Tale mancanza di riconoscimento deve essere esaminata con attenzione per evitare che si crei in Europa una spaccatura su una questione talmente seria, che dovrebbe invece riunirci.

In secondo luogo, è emerso dal dibattito che l’accertamento della verità è essenziale per procedere alla riconciliazione. La riconciliazione che anima la costruzione europea resta più che mai un principio di grande modernità. Le diverse esperienze di riconciliazione illustrate nell’audizione hanno mostrato la complessità del compito, ma hanno anche offerto validi motivi per sperare in una soluzione. Mostrano che il rispetto dei diritti fondamentali è un elemento essenziale per arrivare a una riconciliazione reale.

Poi, sembra che vi sia grande diversità di metodi sulla trattazione delle questioni del riconoscimento e della riconciliazione. Non vi è un modello unico e spetta a ciascuno Stato membro trovare la via più adatta a questo contesto.

Infine, le discussioni hanno rivelato che le istituzioni europee sono invitate a trattare di più tali questioni. Durante l’audizione, un gruppo di partecipanti ha presentato un documento contenente numerose proposte d’azione. La Commissione ha preso nota di questa richiesta di maggiore partecipazione dell’Europa, ma, occorre sottolinearlo, spetta a ciascuno Stato membro trovare la propria strada per gestire la memoria dei crimini e trattare tali questioni. L’Unione europea non può sostituirsi ai processi nazionali. L’Unione europea ha scarsa competenza per agire in questo settore. Il suo ruolo deve essere di facilitare i processi, incoraggiando la discussione, favorendo gli scambi naturali di esperienze e le buone pratiche, e riunendo gli attori.

Adesso, occorre analizzare tutti i contributi ricevuti durante l’audizione, ma ribadisco qui la volontà della Commissione di proseguire il processo avviato dalla dichiarazione del Consiglio dell’aprile 2007. La Commissione deve riferire al Consiglio due anni dopo l’entrata in vigore della decisione quadro contro il razzismo e la xenofobia e allora potrà avere luogo un dibattito politico.

Nel frattempo, la Presidenza slovena intende pubblicare i contributi ricevuti nell’audizione. La Commissione, da parte sua, ha intenzione di avviare uno studio per avere una visione d’insieme reale dei metodi, delle normative e delle pratiche cui sono ricorsi gli Stati membri per trattare la questione della memoria dei crimini totalitari.

Tenuto conto dell’importanza degli aspetti istruzione e cittadinanza, la Commissione esaminerà altresì come i programmi comunitari potrebbero essere utilizzati anche per favorire una migliore sensibilizzazione in Europa.

Concludo affermando che è essenziale promuovere una discussione obiettiva e serena su tali questioni, e progredire gradualmente nel rispetto delle competenze dell’Unione. La Commissione, ovviamente, è pronta a svolgere appieno il suo ruolo in questo processo.

 
  
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  Vytautas Landsbergis, a nome del gruppo PPE-DE. (EN) Signor Presidente, mentre si parla, si discute e ci si avvicina ad una posizione comune essenziale sulla valutazione dei crimini commessi da regimi totalitari in Europa, al conseguimento di un successo morale e legislativo più rapido si frappone un ostacolo evidentissimo.

Quell’ostacolo è la posizione difficilmente comprensibile dell’odierno governo russo. Per quanto riguarda i crimini commessi durante il periodo stalinista dell’URSS, invece di dissociarsi con un’adeguata condanna dei gravi crimini commessi contro l’umanità, dei crimini di guerra e di altri illeciti, l’élite di governo della Russia non sta seguendo il buon esempio della Germania denazificata.

No, il Führer sovietico, Stalin, viene lodato, i suoi crimini e quelli del suo seguito negati o minimizzati, e le vittime umiliate e derise. Questo strano comportamento politico, così dannoso per la Russia stessa, non può cancellare la verità sui fatti, ma continua a incidere scorrettamente sugli standard europei e sull’equità delle valutazioni.

Dovremmo renderci conto che questa ipocrisia e questi duplici standard sono utili ai vari gruppi di neonazisti, e così via. Se qualcuno dice: bene, prima che la Russia ufficiale cambi idea, dobbiamo bloccare le nostre e seguire le idee del Cremlino o posticipare le nostre valutazioni e decisioni. Ed è una posizione totalmente e profondamente sbagliata.

Non importa con quanta veemenza gli storici politici assoldati dallo Stato russo si sforzino di riscrivere la storia europea dei fatti, le due tirannie internazionali più sanguinose del XX secolo, insieme alle dittature nazionali più piccole, dovrebbero essere e saranno valutate opportunamente. Questo deve essere il modo migliore con cui l’Europa può assistere la Russia del futuro.

 
  
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  Jan Marinus Wiersma, a nome del gruppo PSE. – (NL) Signor Presidente, il nostro gruppo ha contribuito alla realizzazione di questo dibattito perché siamo preoccupati dal crescente numero di interpretazioni del passato da parte dei partiti politici. Parlo qui non solo da politico, da social-democratico, ma anche da storico. Interpretazioni di questo tipo spesso promuovono miti che possono costituire terreno fertile, ad esempio, per l’odio contro gli stranieri perché presentano un solo aspetto della storia. Questo, ovvio, è estremamente pericoloso in un’Europa caratterizzata dalla diversità, anche etica.

Non esistono risposte semplici a domande storiche difficili. Quell’impressione è suscitata talvolta da coloro che fanno un uso populista dell’interpretazione della storia. La falsificazione della storia è usata anche per promuovere l’oblio, ad esempio negando l’olocausto o coprendo i crimini di altri regimi totalitari. E vi è anche il pericolo della selettività. I criteri storici talvolta sono applicati ad una situazione, ma non a un’altra. Talvolta non viene operata alcuna distinzione e una situazione è giudicata allo stesso modo dell’altra. Il risultato è che le persone sono confuse e non sanno come guardare al passato: i politici hanno infatti deviato la verità storica perché è facilissimo operare confronti.

Riteniamo, come gruppo, che questo sia particolarmente importante quest’anno dato che è anche l’anno in cui commemoriamo la sommossa di Praga, la primavera di Praga, ma anche la Kristallnacht. Riteniamo che sia importante che la Commissione e il Consiglio prendano l’iniziativa per incoraggiare un dibattito basato sui fatti e sulla ricerca scientifica. Non per stabilire una certa posizione comune, ma per far sì che le persone sappiano che la nostra discussione è basata su informazioni corrette. E anche per far sì che il dibattito possa proseguire in modo adeguato.

Al riguardo vorrei sottolineare ancora una volta che l’obiettivo non è, ovviamente, dimenticare episodi importanti e terribili della nostra storia. Certo che no, si tratta soprattutto di imparare da questi fatti. Ma ciò che dobbiamo evitare è che si abusi della storia. Si tratta di un’importante questione morale. Ritengo che sia essenziale sottolineare ancora una volta che nei nostri contributi di stamattina e di stasera dovremmo lasciare la parola ad alcuni colleghi che hanno un’esperienza personale dalle conseguenze dei regimi totalitari. Per noi questo è un dibattito importante, che di sicuro proseguiremo anche quest’anno.

 
  
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  Sarah Ludford, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, ritengo che tutte le atrocità commesse dai regimi totalitari – fasciati, comunisti o stalinisti – debbano essere illustrate integralmente. Ma non sono favorevole a rendere punibili in sé la negazione o la difesa di tali crimini, che si tratti dell’Olocausto, della Shoah, dei crimini di genocidio o dei crimini contro l’umanità commessi da qualsiasi regime totalitario o autoritario, più di quanto sia favorevole a rendere punibile la cosiddetta provocazione pubblica o apologia – o esaltazione – del terrorismo. In tutti questi casi, ritengo che la libertà di parola dovrebbe essere importantissima e che il diritto penale dovrebbe essere applicato solo in presenza di un chiaro incitamento all’odio, alla violenza o al terrorismo. Qualsiasi libertà di espressione è essenziale per accertare la verità.

Un tema dell’audizione era il risarcimento per l’ingiustizia commessa e non è possibile avere giustizia senza verità. L’esempio più eclatante al riguardo è la Commissione per la verità e la riconciliazione nel Sudafrica. E io credo che uno dei risultati più soddisfacenti dell’Unione europea e dei suoi Stati membri degli ultimi dieci anni sia la creazione del Tribunale penale internazionale. Ma vi sono tuttora molte persone che vivono sul pianeta impunite e credo che noi, in Europa, non stiamo facendo abbastanza per consegnarle alla giustizia. Non so cosa sia accaduto allo spirito che ha portato l’UE a sostenere il Tribunale penale internazionale, quando si è trattato di parlare con onestà della collusione nei voli di tortura e nelle prigioni segrete. Non abbiamo ricevuto una risposta soddisfacente dagli Stati membri alla nostra relazione di un anno fa su tale collusione.

Sappiamo, per quanto riguarda gli Stati Uniti, che le torture alla Baia di Guantanamo e altrove sono state comandata dai più alti livelli dell’amministrazione Bush. Questo ha portato ad una tragica perdita di autorità morale e di reputazione per gli Stati Uniti. Sì, dobbiamo dire la verità su questi crimini – ma non criminalizzare ciò che deve essere discusso in maniera approfondita.

 
  
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  Wojciech Roszkowski, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, i due regimi totalitari più crudeli del XX secolo, il nazismo tedesco e il comunismo di stile sovietico e cinese, hanno commesso crimini efferati. Il numero totale di vittime supera probabilmente i 100 milioni di morti e di martiri nell’Olocausto e attraverso esecuzioni di massa e deportazioni, inedia provocata artificialmente, e nei campi di morte e di concentramento.

Il regime nazista uccideva le persone per motivi razziali; quello comunista per motivi di classe sociale. Le ideologie che hanno fornito le basi a questi sistemi escludevano interi gruppi di cittadini dallo Stato di diritto e li hanno condannati a morte o al degrado fisico e sociale al fine di costruire una nuova società, che si presumeva migliore. Uno speciale tipo di odio è stato nutrito verso le religioni. In questi regimi, non solo vi era un monopolio dei poteri, ma anche un monopolio del linguaggio, che si è trasformato in strumento di propaganda e di terrore.

Oggi, più di 60 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale e oltre dodici anni dopo la caduta del comunismo sovietico, è sorprendente che nell’Unione europea vi siano ancora persone che rifiutano di riconoscere che il comunismo sia stato un sistema criminale. Sono usati numerosi espedienti per relativizzare il passato del comunismo. Quale argomento morale esiste per sostenere l’idea che le vittime del nazismo sono più importanti di quelle del comunismo? Perché non siamo in grado di elaborare una risoluzione comune in merito?

Signora Commissario, non si tratta di una questione che riguarda solo i singoli Stati membri. Se l’Unione ritiene di essere responsabile e competente a trattare il razzismo e la xenofobia, dovrebbe avere il coraggio sufficiente per deplorare anche i crimini comunisti. Io lo dico non solo da politico, ma da storico. Le similitudini fra questi regimi non portano necessariamente ad argomenti sulla loro compatibilità. Sottolineare l’unicità dei crimini comunisti non sminuisce per niente i crimini nazisti e vice versa. In parole povere, la dignità comune e il ricordo delle innumerevoli vittime di questi regimi impongono la condanna di entrambi. Il gruppo di lavoro che abbiamo istituito nel Parlamento, chiamato United Europe United History, composto già da 50 membri, solleciterà a breve tale condanna.

 
  
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  Daniel Cohn-Bendit, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che il nostro compito nella materia di cui stiamo discutendo sia triplice. Primo, dobbiamo riuscire a formulare un’interpretazione europea uniforme della guerra e dei motivi della guerra, ovvero esprimere una memoria europea comune.

Non ha senso continuare questa discussione infinita e comparare i crimini di Stalin ai crimini nazisti. Sono due esempi diversi di totalitarismo, due sistemi criminali diversi, sebbene talvolta presentino similitudini strutturali. Di certo possiamo considerare l’intero dibattito sull’apertura, sulla democrazia, ecc., come espressione di un’interpretazione comune. La risposta comune è, ad esempio, l’Unione europea o la Carta dei diritti fondamentali, che sostanzialmente riflette le lezioni tratte da quei due sistemi totalitari che hanno provocato così tanta distruzione sul nostro continente.

Secondo, se guardiamo attorno a noi nel mondo, vediamo il Ruanda, la Bosnia, il Darfur, eccetera. Questo significa che la distruzione di esseri umani prosegue. Ciò di cui abbiamo bisogno – come ha sottolineato giustamente l’onorevole Ludford – è il Tribunale penale internazionale, e regole comuni. Oggi dobbiamo cercare di fare in modo che tutti gli Stati civilizzati riconoscano il Tribunale penale internazionale affinché siffatti crimini, che son diversi, che non sono tutti uguali, ma che in qualche modo sono tutti crimini, possano realmente essere portati alla giustizia.

Saremo in grado di contrastare tali crimini solo se riusciremo a portare i responsabili alla giustizia, ovunque si trovino, Guantanamo, Darfur, o Bosnia, fra i serbi bosniaci. La giustizia prevarrà solo se i responsabili potranno essere portati nei tribunali. Quelle sono le lezioni della storia ed è il motivo per cui io ritengo che queste iniziative della Commissione siano interessanti se, alla fine, ci portano a formulare una posizione antitotalitaria comune.

 
  
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  Francis Wurtz, a nome del gruppo GUE/NGL. (FR) Signor Presidente, ogni iniziativa che contribuisce all’eradicazione del razzismo e della xenofobia, alla promozione dei diritti fondamentali e, a fortiori, alla condanna senza appello dei crimini di guerra, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di genocidio, avrà il nostro sostegno, indipendentemente dal periodo o dal luogo di cui trattasi. Questa lotta non può avere alcun tabù, né per quanto riguarda i drammi del passato, né le odierne tragedie in tutto il mondo.

Per limitarci alla storia dell’Europa, questo vale naturalmente per il nazismo, e anche per i regimi fascisti di Mussolini, di Pétin, di Franco, di Salazar, così come per quello dei colonnelli greci. Noi siano pronti anche a ribadire una condanna radicale dei crimini abominevoli dello stalinismo. Né dobbiamo dimenticare il colonialismo.

La nostra intransigenza deve valere alla fine, e ancor più, anche per le manifestazioni razziste, xenofobe, se non apertamente neofasciste, tollerate tuttora ai nostri giorni ad un altissimo livello in alcuni Stati membri, nuovi o vecchi, dell’Unione europea. Vi è solo una cosa giudicata inaccettabile, non dal nostro gruppo in particolare, ma da coloro che hanno pagato di persona la lotta contro il peggior genocidio della storia contemporanea, ed è il tentativo di minimizzare furtivamente il nazismo, classificandolo in una categoria generica che include, in particolare, lo stalinismo e anche i regimi in vigore nell’Europa centrale e orientale fino alla caduta del muro di Berlino.

Vi invito ad ascoltare a questo proposito tre recenti citazioni, fra le altre, che parlano da sole. Innanzi tutto un estratto da una dichiarazione dell’Unione dei sopravvissuti tedeschi del campo di concentramento di Neuengamme. Cito:

(DE)“L’Associazione Neuengamme si è sempre opposta ad equiparare il nazionalsocialismo allo stalinismo.”.

(FR) Poi, questo commento del Beirat degli ex detenuti di Buchenwald. Cito: “Quelli che vogliono generalizzare distorcono il significato che la barbarie nazista riveste nella storia della Germania.”.

Infine, queste parole del Segretario generale del Consiglio centrale degli ebrei di Germania, che denuncia coloro che osano stabilire un paragone fra l’ex RDT e il regime nazista. Cito: “Qualsiasi tentativo di metterli in parallelo è una relativizzazione inaudita della negazione dei diritti, della deportazione e dello sterminio di massa di milioni di uomini, donne e bambini innocenti durante la dittatura nazista.”.

Vi ringrazio per la meditazione su queste testimonianze.

 
  
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  Bernard Wojciechowski, a nome del gruppo IND/DEM. (PL) Signor Presidente, la guerra è una cosa, la distruzione di nazioni e i crimini contro l’umanità un’altra. Nessuna guerra mira a sterminare la parte sconfitta, e una nazione può essere distrutta anche senza guerra. Spesso un odio irresistibile contro i conquistatori e gli oppressori ha colmato gli animi di coloro che sono trattati ingiustamente – ecco come Annibale e Mitridate vedevano i Romani. Ma questo non è paragonabile ai sentimenti di inimicizia generati negli animi dei criminali del XX secolo.

La storia di quel secolo è molto più di una semplice somma di torti subiti da alcune nazioni, Si è aggiunta alla storia dell’umanità e della disumanità. Kant, il filosofo, aveva formulato il seguente imperativo: agisci come se l’umanità, in qualsiasi forma, sia per te un fine, e non un mero strumento per un fine.

L’origine del crimine di genocidio è stata spesso discussa con accanimento. Sarebbe più opportuno chiedersi perché nessuno ha impedito tali crimini al momento giusto. Nelle politiche totalitarie, ogni cosa era pianificata e calcolata. La prima regola era non rivelare nulla prima del tempo, fingere di essere amici fino all’ultimo momento. Lo dico perché oggi gruppi apertamente parafascisti e paracomunisti esistono in molti paesi. Ecco perché le prime due sessioni dell’audizione europea, sulla storia dei crimini totalitaristi, erano così importanti. Dobbiamo parlare con franchezza per definire chiaramente cosa non può essere, in nessuna circostanza, oggetto del cosiddetto revisionismo storico.

Il genocidio non è un fenomeno che può essere combattuto da una sola nazione. Deve essere combattuto dalla società di tutto il mondo civilizzato. E’ uno dei motivi per cui è un compito comune per l’Unione europea.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO
Vicepresidente

 
  
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  Slavi Binev (NI). (BG) Il XX secolo, oltre che dai regimi totalitari del comunismo e del nazismo, è stato caratterizzato da un altro fatto: gli atroci attacchi contro i diritti umani delle popolazioni bulgara e armena da parte dell’impero ottomano. Per quasi cinque secoli, sotto il governo dello Stato ottomano, la violenza contro i bulgari ha assunto le caratteristiche del genocidio. Una parte considerevole della popolazione bulgara è stata ridotta in schiavitù, sterminata o forzosamente convertita all’Islam, il che equivale sostanzialmente a una pulizia etnica intenzionale. Un altro fatto innegabile è la deportazione forzata e l’uccisione di oltre un milione e mezzo di armeni da parte delle autorità turche fra il 1915 e il 1917. Tutti questi atti commessi contro i bulgari e gli armeni soddisfano pienamente gli elementi dei crimini definiti negli strumenti dell’ONU sulla prevenzione e la punizione del genocidio. Il riconoscimento del genocidio contro armeni e bulgari manderebbe un chiaro segnale alla Repubblica turca perché questa si assuma la sua responsabilità e porga le proprie scuse per i cinque secoli di oppressione contro i bulgari e per i crimini e gli omicidi di massa commessi, e per compensare gli eredi dei rifugiati per le sofferenze subite e per le proprietà private loro confiscate che rimangono in territorio turco.

 
  
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  Christopher Beazley (PPE-DE). (FR) Signor Commissario, mi scusi, ma sono stato profondamente scioccato dalla sua introduzione a questo dibattito. Lei ci ha spiegato che la Commissione aveva avuto un dibattito sereno sui crimini contro l’umanità. Ha parlato della complessità del compito e, alla fine, ci ha detto che l’Unione europea non aveva molta competenza in questa materia.

La moglie del suo collega estone, Sim Kallas, che lei conosce molto bene, all’età di due mesi è stata deportata da Stalin, insieme alla madre e alla nonna. Un altro suo collega, Frattini, che presto ci lascerà, ha detto in risposta al Presidente Landsbergis: “La vostra storia, riferendosi alla sofferenza della Lituania sotto Stalin, la vostra storia è la nostra storia.”

Signor Commissario, nella sua risposta forse potrebbe spiegare le cose più in profondità, perché probabilmente sono io ad avere capito male. Credo che sia qui, nel Parlamento e nel Consiglio che si è fatto molto per ricordare i morti dimenticati. Perché noi non parliamo da politici, ci rivolgiamo al pubblico Vi sono ancora persone, oggi, in Polonia e nei paesi baltici, che hanno perduto i loro genitori, i loro nonni, ma nessuno se ne ricorda. Non credo che un dibattito sulle sofferenze di sei milioni di ebrei possa essere sereno. Allora, la durata e lo stile del dibattito sono molto importanti. E come direbbe il suo collega, la storia dell’Europa orientale e dell’Europa centrale è la nostra storia. Il problema per noi britannici, e per noi francesi, è che eravamo alleati di Stalin alla fine della guerra. Ci sono voluti trent’anni agli inglesi per ammettere che Katyn era un crimine staliniano. Non era stato Hitler ad averlo commesso.

 
  
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  Helmut Kuhne (PSE).(DE) Signor Presidente, noi socialdemocratici siamo stati perseguitati da ogni regime totalitario e autoritario del XX secolo, che fosse da parte dei nazisti o dagli scagnozzi di Stalin, Franco o Mussolini – l’elenco è lungo. Questo è il motivo per cui noi non abbiamo problemi, ma accogliamo positivamente una revisione dei crimini commessi sotto lo stalinismo. Possiamo solo compiacercene.

Questa revisione, tuttavia, dovrebbe seguire le regole della metodologia storica e non essere confusa con le norme che regolano i processi nei tribunali penali. Dobbiamo stare attenti a non confondere questi aspetti. Non si tratta di contare le vittime o di celebrare nuovamente processi di Norimberga; questa volta stiamo processando un’ideologia piuttosto che criminali individuati.

Vi sono, comunque, anche punti ai quali dobbiamo opporre un chiaro “no” e noi socialdemocratici abbiano ne abbiamo individuati alcuni. Diciamo “no” al tentativo di stabilire un nuovo quadro di interpretazione della storia europea, come è emerso dai discorsi fatti da alcuni membri di quest’Aula alla conferenza tenutasi il 22 gennaio di quest’anno. Ci opponiamo con forza alla visione che lo sterminio degli ebrei europei da parte dei nazisti è derivato da un concetto di storia sviluppato dal regime sovietico. Rigettiamo quel punto di vista.

E lo rigettiamo ancora più fermamente perché nel 2006 abbiamo scoperto che un altro collega dello stesso spettro ideologico aveva inviato un messaggio di posta circolare a tutti i membri di quest’Assemblea nel quale aveva descritto le due divisioni lettoni delle Waffen-SS, e cito, come “parte delle forze tedesche”, sminuendo così il loro ruolo. Ci opponiamo anche a quell’interpretazione, specialmente in relazione alla prima frase. Rigettiamo altresì l’asserzione che l’occidente non ha fatto nulla per portare cambiamenti in quella che allora era la parte dell’Europa comandata dai sovietici.

E’ stata la CSCE a Helsinki che per la prima volta ha dato ai movimenti per i diritti civili in quei paesi lo spazio per respirare, che ha favorito il risultato positivo e felice che noi vediamo oggi, accogliendo i rappresentanti di quei paesi nel nostro Emiciclo. Questi sono punti sui quali insistiamo e continueremo a sostenere.

 
  
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  Ģirts Valdis Kristovskis (UEN). (LV) Signor Presidente, in quest’Aula siamo abituati a parlare di valori comuni, di una storia comune e veritiera, ma talvolta sorgono malintesi. Commissario Barrot, penso che lei abbia affermato a ragione che in Europa è ancora necessario stabilire la verità. Ciò di cui parliamo è la riconciliazione, ma forse non nella misura proposta dall’onorevole Cohn-Bendit. Ringrazio, comunque, il Commissario Frattini per avere organizzato l’audizione. Ho potuto parteciparvi e anche parlare in varie occasioni. Penso che la discussione sia stata significativa. Purtroppo, è mancata una dichiarazione chiara, risoluta e mirata per ulteriori azioni. Purtroppo, i rappresentanti russi hanno continuato senza sosta a giustificare i crimini commessi dal comunismo totalitario nei territori occupati dall’URSS. La reazione della Russia non sorprende, ma cosa farà l’Unione europea? Continuerà ad applicare un duplice standard? Chiederà il riconoscimento dei crimini nazisti nella negazione degli eventi o la loro grossolana minimizzazione negli Stati membri? Chiederà l’imposizione di condanne detentive fino a tre anni? Chiuderà un occhio, nello stesso tempo, sui crimini del regime totalitario dell’URSS? Alcune delle vittime del regime totalitario sovietico sono ancora vive, ma la posizione dell’Unione europea non offre loro alcuna soddisfazione – anzi , ancora peggio, continua a umiliarle. Stiamo parlando di cittadini dell’UE. Il Parlamento europeo dovrebbe schierarsi contro tale ingiustizia. Purtroppo, vediamo ripetutamente come i presidenti dei gruppi politici decidano di non presentare una risoluzione sulla questione. Non possiamo, quindi, avere un resoconto scritto dei pensieri che stiamo esprimendo oggi. Commissario Barrot, le chiedo di non abbandonare questo obiettivo importante, ma di lottare a favore di una comprensione uniforme e di una storia veritiera in nome della riconciliazione. Grazie.

 
  
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  László Tőkés (Verts/ALE). (HU) Signor Presidente, la rivolta contro Ceausescu in Romania è iniziata nella mia chiesa. Ho avuto una dolorosa esperienza di cosa sia realmente il comunismo ed è quindi con soddisfazione che noto come l’attenzione dell’Unione europea sia incentrata, ancora una volta, sulle azioni criminali dei regimi totalitari. Per i casi di crimini contro l’umanità commessi nei periodi del nazionalsocialismo e del comunismo, il mondo applica ancora un duplice standard. Contrariamente a quanto è accaduto per il fascismo, non vi è ancora stato un processo del comunismo. Entrambi i regimi dittatoriali hanno oppresso la libertà, i diritti umani e le chiese. Hanno mutilato le vite delle loro minoranze nazionali. L’enorme portata della tragedia umana e sociale è comune al fascismo e al comunismo. La restituzione politica, storica, umana e morale è appena iniziata e deve essere continuata. Prendiamo l’esempio della Romania e della relazione Tismăneanu. Sono convinto che, per completare il cambiamento di regime iniziato lì nel 1989, devono essere affrontati gli eventi del passato. Una reale integrazione europea dei paesi ex comunisti richiede non solo verità e restituzione, ma anche la condanna della dittatura.

 
  
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  Tunne Kelam (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, proprio come il Mar Baltico è diventato un mare interno dell’UE nel 2004, così le esperienze storiche dei 10 nuovi Stati membri che hanno sofferto sotto il governo totalitario del comunismo sono diventate un problema paneuropeo.

Concordo appieno con l’onorevole Cohn-Bendit: abbiamo bisogno di un’interpretazione uniforme o comune della nostra storia comune. Non si tratta di condannare; è una questione di valutazione morale e politica di tutti i crimini. Dobbiamo garantire che tutti i crimini contro l’umanità, tutti gli atti di genocidio e di “classicidio” e tutti i crimini di guerra siano trattati allo stesso modo. La giustizia appartiene a tutti i cittadini dell’Europa senza eccezione alcuna.

Al riguardo, sono alquanto deluso della dichiarazione della Commissione, il cui tema principale è che la valutazione del totalitarismo comunista sarà una questione interna per ogni paesi interessato. Temo che ciò provocherà un’intensificazione dei doppi standard, perché chiaramente il nazismo e il fascismo non sono considerati questioni interne in nessuno degli Stati membri dell’UE. Ogni comparsa di neonazismo e di razzismo è vista come una minaccia diretta ai valori comuni dell’Europa.

Cosa dobbiamo fare, allora? Vi sono ancora decine di milioni di vittime viventi dei regimi comunisti e di loro discendenti. Al giorno d’oggi, sono destinati a sentirsi vittime di seconda o terza classe. Il famoso “mai più” non è ancora garantito per loro.

Infine, non si tratta di un problema del passato. L’assenza di una valutazione politica e morale forgia di continuo il nostro presente e distorce il nostro futuro comune. Si potrebbe immaginare il ritorno al potere in Russia del KGB sovietico o una riviviscenza delle forze politiche comuniste in Germania se vi fosse stata una valutazione del regime comunista alla fine della guerra fredda?

 
  
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  Józef Pinior (PSE). (PL) Signor Presidente, signor Commissario, vorrei aprire il dibattito di oggi ricordando il leader del partito socialista polacco Kazimierz Pużak - che può essere considerato un simbolo di questo dibattito. Arrestato per la prima volta agli inizi del XX secolo, nel 1911, Pużak, leader del partito socialista polacco, leader del partito socialista clandestino durante la Seconda guerra mondiale nella lotta contro il nazismo, e arrestato di nuoco dal NKVD nel 1945, è morto tragicamente in una prigione stalinista in Polonia il 30 aprile 1950.

Per noi socialisti, la democrazia, la lotta per i diritti umani e per lo Stato di diritto e i principi della democrazia liberale sono sempre stati le basi della politica. Questa è la nostra eredità nell’Europa di oggi. Nello stesso tempo, signor Commissario, e mi rivolgo a lei in particolare, purtroppo la storia è oggi oggetto di manipolazione, di una forma di crociata, di colonizzazione intrapresa dal diritto populista, da movimenti nazionalisti. Questo crea situazioni paradossali: abbiamo il diritto nazionalista che esige la ricerca storica, nuovi tribunali, ma che osteggia nel contempo la Carta dei diritti fondamentali come parte del diritto europeo. Un paradosso incredibile.

La democrazia, lo Stato di diritto, la democrazia liberale, ecco le basi dell’Europa contemporanea. L’unità dell’Europa, la Carta dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto prevalente in tutto il mondo, la non accettazione della tortura – questa è la nostra risposta, che deriva dall’eredità del XX secolo: la lotta per la democrazia, la lotta contro tute le forme di dittatura e contro i regimi totalitari.

(Applausi)

 
  
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  Dariusz Maciej Grabowski (UEN). (PL) Signor Presidente, il diritto internazionale prevede la definizione di genocidio, basata sulla Convenzione ONU. Da polacco – cittadino di un paese che ha subito il genocidio – credo che questa definizione dovrebbe essere ampliata con due elementi.

Dovrebbe sottolineare che, in genere, lo scopo del genocidio è l’eliminazione del sentimento di identità nazionale attraverso lo sterminio delle élite intellettuali e culturali. La Polonia può servire da esempio. Durante la Seconda guerra mondiale, i tedeschi e i russi hanno assassinato in Polonia, prima di tutto, l’intellighenzia, i professori, il clero. Poi, dovrebbe valutare come punire, nell’ambito del diritto internazionale, le menzogne storiche, la falsa propaganda, e il rifiuto di riconoscere la colpa sul genocidio. Un esempio è l’atteggiamento della Russia in relazione ai crimini staliniani e anche al massacro di Katyń.

La Polonia sostiene l’adesione dell’Ucraina all’Unione europea. Tuttavia, poiché la storia non dovrebbe dividere, ma unire, riteniamo che l’Ucraina dovrebbe riconoscere i crimini commessi contro i polacchi e gli ebrei durante la Seconda guerra mondiale – quando hanno perso la vita oltre 150 mila persone.

L’Unione europea dovrebbe essere un’organizzazione che dia un esempio di lotta senza compromessi contro il genocidio in tutto il mondo. Questo è il motivo per cui, quali politici eletti da nazioni, dovremmo condannare il comunismo come ideologia criminale e sistema criminale.

 
  
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  Miguel Angel Martínez Martínez (PSE). (ES) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la memoria storica è essenziale per il processo di costruzione europea Per portare felicemente a termine questo processo, è essenziale comprendere che esso rappresenta il superamento del nazionalismo, del totalitarismo, dell’intolleranza, dell’autocrazia e della guerra, ed è la consacrazione dell’europeismo, della libertà, del rispetto, della democrazia e della pace come valori per la convivenza in Europa.

Questo è l’insegnamento che dobbiamo trasmettere ai nostri giovani: gli eventi del nostro passato e il progresso che comporta il nostro presente, senza nascondere i crimini e gli errori che abbiamo dovuto superare e sottolineando il sacrificio che è costato superarli.

La conoscenza della nostra storia sarà l’antidoto per non cadere di nuovo nella stessa trappola.

Perché solo con la verità, tutta la verità, possiamo andare avanti. Dovremo denunciare con rigore le barbarie del nostro passato e senza cadere in semplificazioni e, ancora meno, in falsificazioni; senza cadere nella logica manichea della guerra fredda, identificando i buoni con l’occidente e i cattivi con l’Europa orientale. Spiegheremo che abbiamo avuto democratici e totalitaristi, ma senza nascondere che sia l’Europa orientale sia quella occidentale hanno avuto i loro totalitaristi, gli uni e gli altri altrettanto odiosi e criminali.

Quale democratico spagnolo, sono solidale con i democratici che sono stati vittime dello stalinismo nei loro paesi, ma chiedo loro solidarietà per quelli che in Spagna hanno subito l’oppressione e le sofferenze imposte dalla dittatura del Generale Franco.

Comprendiamo la tragedia dei nostri eurocompatrioti dell’Est, che sono passati da un totalitarismo all’altro, ma anche loro devono comprendere la nostra tragedia, che ha comportato il mantenimento della stessa forma criminale di dittatura e di oppressione del nostro popolo.

E’ solo con la verità, tutta la verità, che possiamo andare avanti. Ricorderemo infine che a Teheran, Yalta e Potsdam, Stalin non era solo; hanno condiviso le sue decisioni i leader delle potenze occidentali. Ecco perché tutti hanno la loro parte di responsabilità nella divisione dell’Europa e nell’oppressione, repressione e sofferenza che molti milioni di europei, vittime di questo e di quel totalitarismo, hanno subito per decenni.

E’ certo che nell’Europa centrale e orientale la responsabilità dello stalinismo è stata molto maggiore, ma è anche vero che, per il mio paese, questa responsabilità è, soprattutto, dei democratici occidentali che hanno accettato, come parte del loro mondo libero, la tirannia franchista stabilita grazie a Hitler e Mussolini e complice dei loro misfatti.

Signor Presidente, abbiamo fatto molto insieme come Europa unita, che sarà tanto più forte e offrirà garanzie di libertà e di democrazia quanto più la sua costruzione si basa sulla conoscenza del progresso rappresentato dalla condivisione di un progetto che identifica e rigetta il buio del nostro passato per costruire un futuro dedicato ai valori che ci uniscono.

 
  
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  Mirosław Mariusz Piotrowski (UEN). (PL) Vorrei esprimere la mia soddisfazione per lo svolgimento del dibattito di oggi sulle questioni relative ai sanguinosi sistemi totalitari. E’ deplorevole che la discussione sia così breve e frettolosa. La rinuncia al consueto principio di adottare una risoluzione adeguata spinge alla riflessione.

E’ anche strano che, a vari livelli nell’Unione europea, il nazionalsocialismo tedesco, comunemente definito nazismo, sia considerato e menzionato prima di qualsiasi altra cosa. Il socialismo internazionale, che è comunismo, rimane nel silenzio. Questi sistemi erano legati, non solo da radici ideologiche comuni, ma anche dalla cooperazione pratica. Il comunismo affonda le sue origini in Rosa Luxemburg, Liebknecht, Marx, Lenin e Stalin, e ha portato alle morti pianificate di decine di milioni di abitanti dell’Europa centro-orientale. Molti crimini sanguinosi, ad esempio il massacro di Katyń, sono argomenti tabù ai nostri giorni, e potrebbero non chiamati con il loro vero nome, ovvero genocidio.

La costruzione di un’Europa democratica è possibile solo sulla base della verità, compresa la verità sul totalitarismo comunista antiumano. Dobbiamo garantire la memoria e la giustizia non solo per le vittime di sistemi inumani, ma innanzi tutto per la generazione presente e a quella futura in modo che questa situazione non accada di nuovo.

 
  
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  Libor Rouček (PSE). (CS) Signor Presidente, il XX secolo in Europa è stato il secolo dei regimi totalitari e autoritari, del nazismo e del fascismo, del comunismo e della sua più terribile diramazione, lo stalinismo, di diverse dittature di destra in Spagna, Portogallo, Grecia e altri paesi. L’orrore e i crimini che sono l’eredità di questi regimi non devono essere mai dimenticati. Accolgo quindi positivamente questa discussione sul passato. Tuttavia, essa dovrebbe avere luogo sulla base di criteri rigorosamente imparziali, obiettivi e scientifici. In nessuna circostanza si dovrebbe abusarne per scopi politici. Ma purtroppo, questo spesso accade.

Ad esempio, se consideriamo molti dei nuovi Stati membri dell’Unione europea, compreso il mio paese – la Repubblica ceca – vediamo che sono perpetrati continui attacchi su ogni cosa di centro-sinistra, su ogni cosa di sinistra. Politici, giornalisti e cosiddetti storici di destra, molti dei quali sono stati appartenenti all’ex regime comunista e hanno conseguito il titolo di dottore o ingegnere da istituti d’istruzione del regime comunista, attaccano costantemente i partiti socialdemocratici come se fossero una forma di partiti comunisti o post-comunisti, nonostante il fatto che sono stati proprio i socialdemocratici, sia in patria che in esilio, ad avere combattuto contro il comunismo per 40 anni. I socialdemocratici cechi sono morti nelle prigioni comuniste; hanno organizzato la prima rivolta anticomunista di tutto l’ex blocco sovietico, a Plzeň, il 1° giugno 1953; son ostati in prima linea nella primavera di Praga; hanno costituito l’opposizione negli anni ‘70 e ‘80. Anch’io sarei dovuto andare in esilio, quando sono stato, fra l’altro, editore della Voce d’America. Eppure, il partito socialdemocratico è costantemente denunciato come partito post-comunista.

Signor Commissario, vorrei sapere quindi cosa intende fare la Commissione per garantire che non si approfitti della discussione sul passato per obiettivi politici e ideologici del presente.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE). (LT) Signor Presidente, è essenziale parlare dei crimini dei regimi totalitari di Hitler, Stalin e di altri dittatori con franchezza e onestà – iniziando dall’ex Unione sovietica e finendo con la Spagna. Anche i paesi vicini, specialmente la Russia, l’Ucraina e la Bielorussia dovrebbero offrirsi seriamente di partecipare.

L’occupazione e l’annessione degli Stati baltici nel 1949 non erano normali, dato che si è cercato di coprirle con la parvenza della liberazione sociale. Questo è stato facilitato dal fatto che – diciamolo – per 14 anni la Lituania era stata sotto un regime autoritario, che aveva annullato la democrazia e abolito le libere elezioni.

Un anno fa il Parlamento europeo ha inaugurato una mostra in cui il Centro lituano di ricerca sul genocidio e la resistenza ha presentato dati terribili. Nei tre anni di occupazione nazista in Lituania, sono state uccise 240 000 persone, fra cui 200 000 ebrei. Nei 47 anni di occupazione sovietica, quasi 80 000 lituani sono stati uccisi dagli enti di repressione, in esilio o nei campi dei lavori forzati. Il dolore incalcolabile e le tragedie dietro questi numeri devono essere rivelati all’Europa.

Le azioni e i principi di Stalin e di altri leader comunisti che hanno incoraggiato lo sterminio di milioni di persone nel nome della lotta di classe erano criminali. Il movimento comunista è sopravvissuto per 160 anni e ha diverse facce nei diversi paesi; tuttavia, tutti i regimi comunisti sono stati antidemocratici. Nello stesso tempo, con l’acquisizione di forza da parte dell’eurocomunismo, anche la resistenza alla dittatura di Mosca è diventata più forte. Ricordiamoci di nomi quali Imre Nagy e Alexander Dubček, dei tentativi di comunisti di sfuggire al circolo vizioso dei dogmi e dei crimini che altri membri del partito comunista cercavano spietatamente di soffocare. Possiamo condannare allo stesso modo tutti i leader del partito comunista dell’Unione sovietica, quali Stalin, Krusciov, Breznev e Gorbaciov? Il sistema dittatoriale monopartitico è stato distrutto non solo dagli sforzi dei dissidenti, e nemmeno dalla pressione dell’occidente, ma soprattutto grazie alle attività dei membri del partito comunista che lottavano per il cambiamento, la democrazia e l’attuazione dei diritti umani.

Dubito che l’UE avrà mai una politica storica comune. Tuttavia, è importante acquisire maggiore conoscenza del passato di ciascun paese in modo da potere apprezzare la democrazia e adottare una visione futura più radiosa.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). (CS) Oggi è un giorno importante, un giorno di soddisfazione morale per tutte le vittime di regimi totalitari. Mio padre, Štefan Kányai, ha passato nove anni e mezzo in un gulag russo. Nel suo libro descrive la triste realtà che accompagnava la crudeltà dello stalinismo. E’ qualcosa che dobbiamo ricordare! Vi ringrazio a suo nome.

Vi ringrazio anche a nome del vescovo Ján Vojtaššák, Monsignor Viktor Trstenský, Štefan Putanko, Štefan Janík e di migliaia di altri figli coraggiosi della nazione slovacca che sono stati vittime del comunismo.

Il prete slovacco František Dlugoš scrive quanto segue in uno dei suoi libri: “Indagare sugli eventi che si sono verificati nei 40 anni di regime comunista, scoprire i destini del nostro popolo, significa rivelare l’anima della nazione”. Seguendo il dibattito di oggi, posso aggiungere “l’anima dell’Europa”.

Apprezzo il dibattito che stiamo svolgendo perché l’esame di questo periodo di tempo particolare, e degli eventi che hanno avuto luogo in quel periodo, può rivelarsi molto utile per noi adesso e in futuro.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE).(LT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, per la prima volta nella storia dell’UE, grazie ai dibattiti sulla valutazione dei regimi totalitari a livello di UE, si sta cercando di spingere le persone a ritenere che i crimini commessi dal comunismo e dal nazismo siano il terrore dei regimi totalitari che hanno provocato danni ai paesi e ai loro popoli. La condanna pubblica dei crimini del comunismo, dopo averli equiparati a quelli commessi dai nazisti, avrebbe un impatto positivo sul diritto, sull’istruzione e sulla cultura dell’UE.

I crimini commessi dai regini nazisti europei hanno ricevuto una condanna globale, i partiti nazisti sono stati banditi e la propaganda nazista è stata resa punibile per legge. Nello stesso tempo, i danni causati dai regimi comunisti non sono stati ancora adeguatamente valutati. In alcuni paesi europei, i partiti comunisti sono tuttora legali.

La Lituania chiede agli Stati membri dell’UE di preparare relazioni ufficiali sui danni causati dai crimini commessi dai regimi totalitari, in particolare dallo stalinismo, e chiede all’erede degli obblighi dell’Unione sovietica – la Federazione russa – di risarcire quei danni. La Lituania ha stimato il valore dei danni provocati durante mezzo secolo di occupazione sovietica a 80 miliardi di LTL. L’Europa dovrebbe mostrare la sua solidarietà chiedendo che i responsabili dei danni risarciscano gli Stati membri dell’UE, così come è stato imposto ai criminali nazisti.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti i parlamentari intervenuti al dibattito in quello che è, chiaramente, un momento critico. Abbiamo ascoltato delle testimonianze particolarmente commoventi su eventi passati che alcuni di voi hanno vissuto in prima persona.

Vorrei dissipare qualsiasi equivoco. Per quanto riguarda l’onorevole Beazley in particolare, credo che vi sia stato un malinteso. Ho pronunciato un discorso che mi era stato preparato, ma devo dire che senza dubbio sono stato frainteso. Ciascuno Stato membro ha le sue responsabilità, va detto. Ma anche l’Unione intende assumersi le sue responsabilità. Noi vogliamo la verità, tutta la verità, e se la Commissione ha aperto il dibattito – è stato il mio collega Franco Frattini ad aprile il dibattito –, èproprio perché vogliamo andare fino in fondo nella ricerca della verità. Dobbiamo essere molto chiari al riguardo. Vogliamo non solo che ciascuno Stato membro possa organizzare individualmente questo compito della memoria, ma anche che tutti i cittadini del’Unione si sentano solidali e coinvolti dai drammi che hanno colpito alcuni dei nostri Stati membri. E vorrei dire al riguardo, e l’ho detto del resto nella mia dichiarazione di apertura, che ero consapevole che, in particolare in Occidente, non sempre abbiamo compreso la portata dei drammi atroci che hanno vissuto i nostri amici degli Stati membri che hanno subito diverse forme di occupazione e anche l’occupazione stalinista.

Vorrei, quindi, dirvi che, personalmente, sono qui per assicurarvi che la Commissione proseguirà questo dibattito e farà in modo che offra le basi, in particolare, per lo studio che avvieremo per vedere come, in ciascuno degli Stati membri, le legislazioni, le pratiche sono state applicate proprio per ricordare i crimini totalitari.

Ovviamente, la dichiarazione del Consiglio non si riferisce in modo specifico ai crimini staliniani, ma parla in generale dei regimi totalitari. Tuttavia, risulta esplicitamente dal contesto nel quale questa dichiarazione è stata adottata, in particolare negli Stati membri che ne sono all’origine, che la questione della memoria dei crimini staliniani è proprio il cuore di questo processo. Credo che questo debba essere detto e io stesso, quando ho aperto il dibattito, ho insistito sul carattere assolutamente inaccettabile di tutte le forme di totalitarismo, dei totalitarismi che in realtà hanno negato la persona umana e i diritti fondamentali della persona umana. Al riguardo, e alcuni di voi l’hanno sottolineato, la conoscenza delle esperienze di altri tipi di regimi totalitari può essere utile per individuare quali metodi hanno permesso, esattamente, il verificarsi di questi eccessi e di queste barbarie che voi avete condannato.

Credo che questo studio debba essere molto ampio e che non debba escludere nessuna forma di totalitarismo. Né questo dibattito deve dare luogo a una strumentalizzazione politica. Certo, la Commissione è consapevole di questo rischio, ma il silenzio dell’Unione europea sul tragico passato di alcuni dei nostri Stati membri non farebbe che aumentare tale rischio e creare una profonda spaccatura fra i nuovi e i vecchi Stati membri. Ecco perché bisogna avanzare insieme.

Pertanto, signor Presidente, vorrei solo chiedere: in fondo, perché tutto questo? Per evitare, in effetti, ogni forma di revisionismo, ogni menzogna storica.

In secondo luogo, mantenendo la memoria, dobbiamo anche evitare, impedire il ritorno di questi totalitarismi. E infine, abbiamo un dovere di riconciliazione che è chiaramente associato a questa azione. Ma, insisto, dobbiamo guardare al futuro e alcuni hanno sottolineato la necessità di muoverci verso l’introduzione di un diritto europeo direttamente applicabile per evitare qualsiasi ritorno a questi totalitarismi.

Vorrei anche riassicurarvi, onorevoli deputati, che al di là delle poche parole di risposta, sono totalmente convinto che noi europei, tutti insieme, abbiamo un dovere di solidarietà per stabilire la verità, la nostra verità di europei, senza trascurare, beninteso, né minimizzare i crimini che sono stati commessi dai diversi totalitarismi. E a questo proposito, credo che i nostri amici dell’Est debbano apprezzare, in particolare, il nostro impegno in uno sforzo teso alla ricerca della verità, che non si fermerà finché non sarà trovata.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Lasse Lehtinen (PSE), per iscritto. – (FI) Signor Presidente, il dono più prezioso che riceviamo dal nostro esame della storia sono gli eventi che noi conosciamo – i fatti. Più fatti conosciamo, meglio è. L’interpretazione è sempre un processo separato. Tutti dovrebbero potere esaminare e interpretare gli eventi che si sono verificati; è un elemento della libertà di parola. Raramente la storia politica può essere simmetrica in termini di contenuto, ma lo sforzo deve essere compiuto. Molti settori della storia recente sono rimasti inesplorati, grazie in parte alla correttezza politica. La dittatura e i dittatori ottengono un trattamento molto speciale. I crimini dei nazisti non meritano comprensione, ma nemmeno il comunismo dovrebbe ricevere alcuno sconto.

 
  
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  Marianne Mikko (PSE), per iscritto. (ET) L’8 aprile, nell’audizione pubblica tenuta dalla Presidenza slovena e dalla Commissione europea, è stato trattato un argomento estremamente importante per l’Unione europea.

Nel XX secolo, l’Europa ha perso milioni di intellettuali e di cittadini intraprendenti a causa dei regimi totalitari. Le ferite inflitte alla nostra storia non sono ancora guarite a nostri giorni.

Il dittatore dell’Unione sovietica, Joseph Stalin, ha cancellato la mia patria e gli altri paesi baltici dalla carta geografica. Per mezzo secolo noi non abbiamo avuto il diritto di avere un inno o una bandiera nazionale e la nostra capitale era Mosca.

Lo stalinismo e il nazismo si sono evoluti insieme e hanno diviso l’Europa con una cortina di ferro. La brutalità di Hitler e di Stalin non conosceva confini nazionali.

Quale socialdemocratico, condanno la dittatura sotto qualunque aspetto. Sottolineo anche che lo stalinismo e il nazismo sono serviti come esempi diretti per altre ideologie totalitarie.

Metaxas, Franco, Mussolini, Salazar e una serie di dittatori minori hanno commesso crimini propri seguendo la brutalità di Hitler e di Stalin. Le loro azioni sono rimaste nell’ambito dei confini nazionali, e, per tale motivo, i paesi interessati dovrebbero avere la responsabilità di stabilirne il costo reale.

La conoscenza e lo studio della storia degli altri è essenziale per permettere ai cittadini dei paesi dell’Europa di iniziare a sviluppare una consapevolezza del fatto che sono anche cittadini europei. Abbiamo bisogno di una valutazione, basata su valori condivisi, dei crimini commessi dal partito comunista dell’Unione sovietica e dal KGB.

Fra poco tempo, saranno passati settant’anni dalla conclusione del patto Molotov-Ribbentrop. Le atrocità dell’apparato coercitivo di Stalin non sono considerate tuttora alla stregua della macchina da guerra di Hitler.

Come primo passo, a nome di un approccio comune alla storia, inviterei i nostri governi a proclamare il 23 agosto Giornata europea della memoria per le vittime dello stalinismo e del nazismo.

 
  
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  Katrin Saks (PSE), per iscritto. (ET) Purtroppo è un dato di fatto che, sebbene quasi tutti gli occidentali siano a conoscenza dell’esistenza dei campi di concentramento della Germania nazista, la maggior parte di loro non ha sentito nulla dei gulag. Un sondaggio condotto di recente in Svezia fra giovani di 15-20 anni ha mostrato che la loro conoscenza di base del comunismo è molto scarsa, quasi inesistente. Uno studio ha mostrato che il 90 per cento degli svedesi non ha mai sentito parlare dei gulag, mentre il 95 per cento sapeva cosa fosse Auschwitz.

Mio padre, suo malgrado, ha conosciuto entrambi i tipi di campi e quindi non posso accettare l’idea che la sofferenza sotto il regime sovietico possa essere considerata di seconda classe, come se si temesse che parlarne potesse sminuire l’importanza dei crimini del nazismo. Quell’atteggiamento va cambiato. Non è sempre il più facile dei compiti per il gruppo socialista al Parlamento europeo perché molti dei partiti che lo compongono ha un passato comunista. La sensibilizzazione nel gruppo socialista è quindi di importanza ancora maggiore.

Ricordo lo svolgimento di dibattiti sulla stessa questione, quando l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, del quale ero membro, ha condannato i crimini del comunismo alcuni anni fa. In quel momento ero uno di coloro che sono intervenuti e, grazie ovviamente al fatto che vi sono numerosi paesi in quell’organizzazione con esperienza del regime sovietico, la condanna è stata raggiunta più rapidamente che nel Parlamento europeo.

Sono del tutto convinta che se l’Unione europea sposa davvero i suoi valori dichiarati, deve esprimere molto chiaramente il suo atteggiamento verso il passato in termini di quei valori. Non significa riscrivere il passato, come molti critichi hanno sostenuto. Si tratta di stabilire la verità storica.

 
  
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  Andrzej Tomasz Zapałowski (UEN), per iscritto. – (PL) Nel XX secolo l’Europa ha subito numerosi atti di genocidio. Di alcuni di essi si parla molto e spesso, mentre altri sono coperti dal silenzio. Nella stampa, leggiamo per lo più dei genocidi nazisti e di quelli comunisti.

Un atto di genocidio sul quale sovrasta un silenzio permanente è l’uccisione di centinaia di migliaia di ebrei, polacchi e ucraini nel territorio polacco sotto l’occupazione tedesca durante la Seconda guerra mondiale, perpetrata da cittadini ucraini appartenenti al cosiddetto esercito insurrezionale ucraino. Parecchi dei quadri di questo esercito erano stati in precedenza alle dipendenze di unità delle SS naziste. Questo genocidio ha avuto il carattere di genocidum atrox, assassinio atroce, commesso con estrema crudeltà. L’intera popolazione che abitava in un territorio specifico è stata annullata. Le vittime sono state uccise e parti dei loro corpi tagliate e depredate. Attualmente, le persone che hanno partecipato a questi omicidi stanno cercando lo status di ex combattente in Ucraina.

Desidero sottolineare che niente può giustificare il genocidio, nemmeno il tentativo di ottenere la libertà e la sovranità per la propria nazione.

 

16. Cooperazione transfrontaliera nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione di Bárbara Dührkop Dührkop, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sull’iniziativa della Repubblica federale di Germania in vista dell’adozione della decisione del Consiglio relativa all’attuazione della decisione 2007/…/GAI sul rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, soprattutto nella lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera [11563/2007 – C6-0409/2007 – 2007/0821(CNS)] (A6-0099/2008).

 
  
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  Bárbara Dührkop Dührkop, relatrice. (ES) Signor Presidente, la relazione che oggi proponiamo al dibattito e all’approvazione contiene un’iniziativa del 2005, nella quale i sette Stati membri hanno deciso di intensificare la cooperazione transfrontaliera in tutti i settori relativi al terrorismo, alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina.

La Presidenza tedesca ha proposto di incorporare parte di quest’accordo nell’acquis comunitario attraverso una decisione quadro, vale a dire nel terzo pilastro, così come era stato fatto per l’accordo di Schengen, lasciando da parte, tuttavia, la questione dell’immigrazione clandestina che, in base al mandato di Tampere, dovrebbe rientrare nel terzo pilastro.

E’ quindi deplorevole che non siano stati inclusi poteri chiaramente comunitari nel trattato internazionale, dato che questo non solo crea confusione giuridica, ma comporta l’esistenza di due quadri giuridici di riferimento.

Il primo è stato negoziato in modo poco trasparente. Né i parlamenti nazionali, né il Parlamento europeo sono stati consultati. Siamo stati consultati solo all’ultimo minuto, in fretta e in modo non vincolante, quando lo strumento stava per essere incorporato nell’acquis comunitario.

La relazione del nostro sfortunato collega Fausto Correia contiene la posizione del Parlamento europeo al riguardo.

Oggi, siamo lieti che la consultazione del Consiglio viene presentata sulla base della procedura di codecisione. Consultazione che non si limita all’accordo in sé, ma include il manuale e l’allegato, che apprezziamo, dato che, seppur tecnici, contengono disposizioni di grande importanza politica. Molte di esse devono garantire specificamente la protezione dei dati personali e sensibili.

Deploriamo, tuttavia, che il Consiglio non abbia approvato ancora la decisione quadro sulla definizione di protezione dei dati per stabilire alcune norme minime. E’ incongruente che il Consiglio si prepari ad adottare questa decisione, piuttosto che la propria legge generale. Né è stato consultato in nessun momento il Garante europeo della protezione dei dati.

In sintesi, la relazione prevede la cooperazione mediante lo scambio di informazioni di dati sul DNA, impronte digitali, targhe di veicoli e dati personali e non personali. Lo scopo è potere paragonare un profilo di DNA di una persona con le future banche dati dei 27 punti di contatto nazionali.

La relazione stabilisce chiaramente che devono essere fissate garanzie per la protezione dei dati e il diritto di difesa dei sospettati e dei colpevoli. Solo la parte non codificante del DNA, ossia le zone che non contengono espressione genetica, possono essere trasmesse.

Qualsiasi informazione condivisa deve indicare esplicitamente la situazione processuale della persona interessata, nonché la banca dati da cui si è acquisita l’informazione.

Si dovrà consultare nuovamente il Parlamento europeo per qualsiasi modifica che il Consiglio volesse apportare all’iniziativa della Repubblica federale tedesca e in relazione, soprattutto, al numero di loci necessari per realizzare confronti accurati.

Vorrei ricordare altresì al Consiglio l’invito esteso all’epoca dalla Conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati sulla possibilità di integrare questa decisione quadro nel nuovo sistema del Trattato di Lisbona, per consentire il ricorso dinanzi la Corte di giustizia.

Desidero inoltre segnalare che, nel paragrafo relativo agli agenti e alla possibilità di cooperazione transfrontaliera, non sono d’accordo con la parte approvata in commissione, che dà competenze agli agenti a prendere e tenere dichiarazioni in un altro Stato membro diverso dal proprio.

Onorevoli colleghi, e concludo, la cooperazione transfrontaliera bilaterale esiste da sempre, ma su scala europea questa decisione sarà pioniera. E’ certo che ci preoccupa, e non poco, la proliferazione di reti che, nonostante le buone intenzioni, possono portare ad un abuso e a possibili gravi errori.

Proteggere gli innocenti è senza dubbio la prima preoccupazione di tutti e di quest’Assemblea in modo particolare, dato che rappresenta tutti i cittadini.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, a seguito dell’accordo politico raggiunto in Consiglio il 13 giugno 2007 sulla prima parte del pacchetto legislativo teso a trasporre il Trattato di Prüm nell’ordinamento europeo, la Germania ha presentato l’iniziativa che noi ci apprestiamo a discutere, ovvero l’attuazione della decisione che è l’argomento della prima parte e del suo allegato.

La Commissione, onorevole Dührkop, ha sempre sostenuto l’integrazione del Trattato di Prüm nell’Unione. Si tratta di uno strumento importante, che rafforzerà in misura significativa la cooperazione in materia di polizia fra gli Stati membri, consentendo loro di agire con maggiore efficacia nella lotta contro il terrorismo e la criminalità transfrontaliera, ad esempio facilitando gli scambi di profili di DNA e di dati dattiloscopici delle persone ricercate.

L’abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere interne dell’Unione, fra i paesi Schengen, è un importante passo avanti nell’integrazione europea. Ma abbiamo il dovere di garantire che lo spazio di libera circolazione sia anche, ovviamente, uno spazio di sicurezza e di giustizia.

Il miglioramento della cooperazione di polizia fra le autorità degli Stati membri, nel pieno rispetto dei diritti fondamentali, e in particolare della protezione dei dati, è una misura essenziale per garantire maggiore sicurezza all’interno dell’Unione europea, a vantaggio dei nostri cittadini.

Il progetto di decisione che stiamo discutendo oggi costituisce, in effetti, il seguito necessario per permettere la piena applicazione tecnica ed operativa della decisione su cui il Consiglio ha raggiunto un accordo politico nel giugno 2007. Questo accordo mira a recepire gli elementi fondamentali del Trattato di Prüm nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea.

La Commissione ha sempre sostenuto la necessità di coinvolgere il Parlamento anche nella procedura di modifica dell’allegato a questo trattato. Per la Commissione, le disposizioni sulla protezione dei dati che figurano nella decisione del giugno 2007, nonché nel progetto attualmente in discussione, saranno completate dalle disposizioni della decisione quadro sulla protezione dei dati nel terzo pilastro. Ovviamente, è necessario un complemento, come avete affermato.

Da parte sua, la Commissione accetta in generale gli emendamenti che lei propone, onorevole Dührkop. Ma, trattandosi di un’iniziativa degli Stati membri, la Commissione, signor Presidente, presenterà la sua posizione dettagliata sugli emendamenti nel quadro delle discussioni al Consiglio.

Questa è la mia risposta e vorrei ringraziare ancora una volta la relatrice per avere voluto sottolineare i mezzi e le condizioni per un’adeguata attuazione di questa decisione.

 
  
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  Herbert Reul, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, sono pochi i temi sui quali i cittadini europei concordano che l’Europa si sta adoperando con serietà nel loro interesse. Oggi, stiamo discutendo di un’importante questione di quel tipo: la cooperazione fra gli Stati membri per combattere con successo la criminalità transfrontaliera e il terrorismo. Sono molto lieto per il fatto che siamo riusciti a raggiungere un consenso anche in commissione, grazie al lavoro preparatorio e alla leale cooperazione con la relatrice. Ciò significa che possiamo non concordare su ogni singolo punto, ma che concordiamo sulle linee generali e intendiamo proseguire offrendo il nostro contributo nella materia.

Il processo che ha portato all’accordo Prüm è stato particolarmente laborioso e lungo. Siamo andati avanti passo dopo passo. Eppure è positivo il fatto che vi siano adesso accordi europei sullo scambio di dati, che le banche dati nazionali siano collegate e che possiamo usare quelle banche dati nazionali per reprimere e prevenire i reati.

Avrei voluto più progressi in alcuni settori dell’intero progetto. Ecco perché colgo l’occasione non solo per parlare di cosa abbiamo raggiunto fino ad oggi, ma anche per dire anche che, ovviamente, questa decisione include anche alcuni punti che forse possono valere per domani e dopodomani. Ad esempio, vogliamo avvalerci delle forze di polizia unite con maggiore efficienza e rapidità e vogliamo che le forze di polizia di uno Stato membro con capacità specifiche siano in grado di operare in un altro Stato membro. L’onorevole Dührkop Dührkop ha appena sottolineato che non è facile. Eppure è importante portare avanti questo processo per garantire più responsabilità europee e più azioni comuni. Alla fine, potremmo scoprire che un ottimo modo per promuovere l’idea europea è dimostrare alle persone che stiamo cercando di risolvere questioni importanti secondo modalità che anche loro posano considerare positive.

 
  
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  Alexander Alvaro, a nome del gruppo ALDE. – (DE) Signor Presidente, credo di parlare anche a nome del mio gruppo quando affermo che la cooperazione con la relatrice è stata eccellente. Ha funzionato bene, come ha appena detto l’onorevole Reul. Tuttavia, dobbiamo chiederci perché sia così urgente prendere una decisione, adesso e, in particolare, prima della fine dell’anno. Saremmo stati molto lieti se fossero state applicate vedere le norme del Trattato di Lisbona, fra cui la revisione giudiziaria, come anche l’adeguata partecipazione sotto forma di codecisione con il Parlamento europeo.

Per quanto riguarda l’aspetto della protezione dei dati che è stato affrontato in questa sede, l’accordo Prüm contiene proprie regole sulla protezione dei dati, le norme attuative e le norme del Trattato. Infatti, l’onorevole Dührkop Dührkop ha anche indicato la necessità di una decisione quadro nel terzo pilastro. Se guardiamo attentamente alle categorie di dati regolate dall’accordo Prüm, risulta evidente l’assoluta necessità di avere una normativa quadro in materia, Dobbiamo anche chiederci perché sono incluse categorie di dati cosiddette speciali, quali dati concernenti informazioni sull’orientamento sessuale, la salute, le attività politiche e sindacali e il credo religioso. Ciò va ben oltre i dati di base necessari per lottare contro la criminalità organizzata. Sono previste sull’uso di quei dati, eppure è incredibile che possano comunque essere usati.

Nel caso dei dati relativi al DNA, sosteniamo fortemente il punto di vista della relatrice secondo cui quando quei dati sono necessari e possono essere scambiati, devono essere chiaramente delimitati e usati solo per i fini per i quali erano intesi. Inoltre, deve risultare chiaramente che gli Stati membri che non hanno banche dati nazionali sul DNA non sono obbligati a crearle.

Vorrei concludere dicendo che sarebbe sensato – come hanno fatto emergere gli scambi personali di pareri con le autorità di polizia – se, invece di concentrarci sulle misure legislative, finanziassimo programmi per favorire lo scambio di personale fra le forze di polizia. Questo migliorerebbe di sicuro la cooperazione nell’Unione.

E’ sorprendente che non sia stato ancora definito con chiarezza il finanziamento dato che la decisione dovrà essere presa a breve. Prima di spendere denaro, si dovrebbe sapere quanto spendere, prima di prendere una decisione se ne dovrebbe conoscere il relativo costo.

 
  
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  Athanasios Pafilis, a nome del gruppo GUE/NGL. – (EL) Signor Presidente, l’iniziativa del governo tedesco e la relazione che stiamo discutendo non sono tecniche per puro caso, vogliono esserlo. Riguardano condizioni tecniche e amministrative necessarie per l’applicazione rapida e di successo della raccolta preventiva di dati resa possibile dal Trattato di Prüm, incorporato nel diritto dell’UE alcuni mesi fa. Dati relativi al DNA, impronte digitali, dati personali e informazioni di tutti i tipi sono raccolti, trattati e scambiati automaticamente in ogni possibile dettaglio, 24 ore su 24, sette giorni su sette, fra i meccanismi repressivi degli Stati membri e l’UE. Ogni cittadino e lavoratore dell’UE può trovarsi sotto sorveglianza preventiva ed essere registrato come dato. Le forze di sicurezza agiscono sulla base del minimo sospetto che qualcuno, a un certo momento della sua vita futura, possa commettere un reato o mettere in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica. In altre parole, tutti sono colpevoli fino a prova contraria.

La relazione di cui stiamo discutendo approfondisce la legislazione sulla raccolta dei dati, aprendo la strada alla raccolta e allo scambio di dati relativi all’opinione politica, al credo religioso o filosofico e all’appartenenza a partiti politici o sindacati. A che cosa occorrono tutti questi dati? Per combattere la criminalità organizzata? E’ una menzogna! Voi volete raccogliere dati su ogni persona del mondo! Volete bandire e intimidire chiunque metta in discussione le vostre politiche! Per quel motivo, noi eurodeputati del partito comunista greco votiamo contro la relazione.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI).(DE) Signor Presidente, signor Commissario, fin dagli attacchi dell’11 settembre, se non prima, l’UE ha concentrato le sue misure tecniche in materia di sicurezza quasi interamente sulla lotta al terrorismo. Adesso, di certo è giusto non consentire ai potenziali assassini di scaricare da Internet le istruzioni sulla costruzione di una bomba e ovviamente una più stretta cooperazione fra Stati membri è ben accetta. Eppure, nella lotta contro il terrorismo, non possiamo consentire che cittadini innocenti diventino il bersaglio o che critici non graditi siano messi a tacere.

Credo che vi sia una tendenza pericolosa nel mondo a erodere costantemente le libertà di base per le quali i nostri progenitori hanno lottato così duramente. Stiamo correndo il rischio di diventare una società profondamente illiberale, trasmettendo dati sui passeggeri, e sorvegliando Internet. Mi auguro che non accada che ogni non conformista che partecipa a una dimostrazione o che sostenga un referendum, o anche osi criticare l’UE, sia marchiato come potenziale terrorista.

Certo è importante essere vigilanti – ma non a scapito delle libertà civili. E non dobbiamo nemmeno permettere che altri settori, come la lotta alla criminalità organizzata, ne soffrano di conseguenza. Non dobbiamo sottovalutare i pericoli delle società parallele in continua espansione, la violenza basata sull’immigrazione e i conflitti etnici e culturali.

 
  
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  Urszula Gacek (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, quando si parla di incitamento al terrorismo nell’era di Internet e nell’era delle nuove tecnologie, si parla di sfide e di minacce del tutto nuove e, come ha detto il collega, dobbiamo trovare un prezioso equilibrio fra la violazione delle libertà civili di varie organizzazioni politiche e la lotta contro le minacce alla nostra sicurezza e alla sicurezza dei nostri cittadini.

Nelle ultime settimane, alcuni oratori del Consiglio d’Europa, ad esempio, hanno sollevato diversi timori e ci hanno chiesto di adottare tutta una serie di raccomandazioni presentate dal Consiglio d’Europa. Dobbiamo essere selettivi su quali aspetti del prezioso lavoro del Consiglio d’Europa trasferire al Parlamento europeo, perché il Parlamento ha un proprio ruolo specifico da svolgere nella materia.

Nella gestione delle nuove minacce poste dal terrorismo, il problema più difficile da affrontare sarà la definizione di cosa sia l’incitamento, e se la critica giustificata dei governi potrebbe mai essere considerata come incitamento al terrorismo. E’ stato uno degli argomenti presentati di recente in una riunione della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, da Dick Marty del Consiglio d’Europa. Mostrava scarsa fiducia nelle nostre strutture democratiche, suggerendo che vari articoli potrebbero essere usati in modo sbagliato dai governi. Ho più fiducia di lui nelle nostre procedure democratiche, e credo che saremo in grado di trattare la questione con delicatezza, ma anche con la prudenza che si richiede a questa istituzione.

 
  
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  Sarah Ludford (ALDE). (EN) Signor Presidente, sono 4,3 milioni le persone il cui DNA figura nelle banche dati britanniche del DNA ed è a disposizione della polizia. E’ il 7 per cento della popolazione britannica – almeno il quintuplo rispetto ad altri paesi. Quella cifra include 150 000 bambini sotto i 16 anni, 25 000 dei quali non sono mai stati denunciati. L’esperto forense britannico più importante ha perfino suggerito di inserire nella banca dati del DNA i bambini di cinque anni nel caso in cui abbiano un comportamento che indica che potrebbero essere potenziali criminali nella vita futura. Questo è fare politica preventiva in modo ridicolo.

Il mio partito ritiene che siamo di fronte alla concretizzazione della Gran Bretagna del “Grande fratello” di Orwell. Il DNA di persone innocenti non dovrebbe essere oggetto di scambio e, quanto meno, conformemente al parere del Garante europeo della protezione dei dati, dovrebbero essere previste precise limitazioni su quali dati possono essere scambiati e un’indicazione sanitaria in quello scambio se la persona non ha la fedina penale compromessa.

 
  
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  Carlos Coelho (PPE-DE). (PT) Signor Presidente, signor Vicepresidente Barrot, onorevoli colleghi, oggi stiamo discutendo su una seconda decisione per stabilire norme necessarie per l’attuazione di un’altra iniziativa che ha già ottenuto l’accordo politico del Consiglio, ma non è stata ancora adottata.

Sono a conoscenza di una serie di iniziative per combattere il terrorismo e la criminalità transfrontaliera per rafforzare la sicurezza e la vigilanza, ma deploro che la stessa attenzione non sia stata prestata anche al miglioramento della protezione dei diritti fondamentali. L’Unione europea non ha ancora stabilito norme di salvaguardia procedurale, né uno strumento giuridico adeguato nell’ambito del terzo pilastro per la protezione dei dati, come il Vicepresidente Barrot ha appena riconosciuto nel suo discorso.

Le chiedo, signor Commissario, di aiutarci a spiegare al Consiglio che questa situazione, specialmente se teniamo conto che la maggior parte delle misure di lotta al terrorismo e di promozione della cooperazione in materia di polizia prevedono la raccolta e lo scambio di dati personali. Quest’ultima iniziativa ne è un ulteriore esempio ed è ancora più importante, dato che coinvolge la raccolta, la tenuta e la condivisione di dati relativi al DNA, le impronte digitali, ecc. Le norme sulla protezione dei dati stabilite nel capitolo VI dell’iniziativa Prüm, che offrono garanzie più specifiche, non sono autosufficienti e, per funzionare correttamente, necessitano di un quadro completo e generale che può essere garantito concretamente solo attraverso la decisione quadro sulla protezione dei dati nell’ambito del terzo pilastro.

E’ con grande soddisfazione che abbiamo approvato questa iniziativa, nell’ambito della quale gli aspetti essenziali della cooperazione dell’iniziativa Prüm saranno trasposti nell’ordinamento dell’Unione. Tuttavia, non possiamo abbandonare il lavoro svolto. E’ essenziale garantire anche l’esistenza di un quadro giuridico chiaro ed efficace per la protezione dei dati.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, l’onorevole Coelho ci ha appena offerto un’immagine, credo, del tutto oggettiva e chiara della situazione.

La proposta iniziale della Commissione era certamente più ambiziosa e deploriamo, in particolare, che il campo di applicazione sia più limitato. Ma la decisione vuole gettare le basi necessarie per garantire un livello minimo di protezione nel terzo pilastro. In mancanza di qualsiasi decisione, non avremmo nessuna regola generale applicabile nel terzo pilastro; il che sarebbe ancora peggio. Ci auguriamo che questa decisione sarà adottata entro breve tempo, dopo che il Parlamento avrà espresso il suo parere sul nuovo testo che il Consiglio gli ha sottoposto per la seconda volta.

Come ho detto poc’anzi, ringraziando, ancora una volta, la relatrice, l’onorevole Dürkopf, ovviamente, ad avviso della Commissione, le disposizioni sulla protezione dei dati saranno completate da quelle della decisione quadro sulla protezione dei dati nel terzo pilastro.

Concludo con queste brevi osservazioni, signor Presidente, ringraziando tutti coloro che sono intervenuti per il loro contributo a questo dibattito.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MAREK SIWIEC
Vicepresidente

 
  
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  Bárbara Dührkop Dührkop, relatore. (ES) Signor Presidente, grazie a tutti i colleghi con i quali è stato un piacere lavorare su questa relazione. Non risponderò a tutti individualmente, ma solo in generale.

Tutti siamo particolarmente preoccupati del necessario equilibrio fra la lotta contro il terrorismo e contro la criminalità e, allo stesso tempo, la protezione rigorosa dei diritti privati e pubblici, perché nessuno può essere privato dei suoi diritti civici per la lotta contro il terrorismo.

Questo equilibrio è a volte difficile, ma spetta a noi democratici saper essere sempre vigili di fronte a ogni abuso in questo campo.

Secondo, si è menzionata la cooperazione in materia di polizia: è essenziale. Io vivo in Spagna, in una regione dove esiste il terrorismo. Io stessa fruisco della protezione di polizia, e, quando devo recarmi in Francia, devo chiedere alla polizia locale di inviare dapprima un modulo a Madrid, che chiederà a sua volta alla Francia il permesso di attraversare la frontiera con la pistola, e questo richiede una settimana. Riconosco che dovremmo avere un metodo meno burocratico, più rapido, e si potrebbe pensare a un permesso di polizia europeo. Perché ritengo che le polizie europee più o meno abbiano tutte la stessa formazione.

Inoltre, onorevole Alvaro, come hanno indicato anche gli onorevoli Coelho e Sarah Ludford, abbiamo bisogno con urgenza della decisione quadro, ed è questo il messaggio che vogliamo trasmettere al Consiglio. Abbiamo bisogno di norme minime di protezione dei dati. Questa è una richiesta giusta da parte di tutti i cittadini.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, 22 aprile 2008.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. (EN) Oggi siamo fortunati che le autorità incaricate dell’applicazione della legge abbiano a disposizione strumenti come i dati sul DNA, le impronte digitali automatizzate, i numeri di identificazione e registrazione di veicoli. Sono del tutto favorevole alla creazione di una banca dati comune di tutti gli strumenti necessari a lottare contro il terrorismo e la criminalità transfrontaliera. La protezione dei dati è, sì, essenziale, ma nella lotta contro il terrorismo e la criminalità internazionale è un aspetto secondario.

Sono a favore non soltanto della condivisione delle banche dati, ma anche della coercizione di avere banche dati nazionali obbligatorie. La maggioranza dei cittadini e dei residenti europei rispetta le leggi e non dovrebbe temere che i propri dati, che sia il DNA o le impronte digitali, figurino su una banca dati europea comune.

Malta è uno Stato neutrale, ma quando si tratta di terrorismo non siamo neutrali. Prendere di mira civili innocenti non può mai essere giustificato. Il terrorismo è uno dei crimini più odiosi, alla pari con il genocidio e i crimini di guerra.

Attualmente, la norma è che i terroristi sono processati nei tribunali nazionali. E’ giunto il momento di prendere in considerazione la creazione di una struttura internazionale specifica per giudicare i terroristi.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE), per iscritto. – (FI) E’ necessaria una maggiore cooperazione fra le autorità di controllo delle frontiere, le dogane, la polizia e le autorità preposte alla sicurezza per migliorare la sicurezza degli europei.

Lo scopo dell’accordo Prüm è approfondire la cooperazione fra i paesi dell’UE per contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e l’immigrazione clandestina.

L’accordo Prüm rafforzerà la sicurezza in Europa. Lo scambio lineare di informazioni fra le autorità responsabili della sicurezza, in particolare le autorità di controllo delle frontiere, sarà una priorità importante.

Lo scambio di informazioni fra i paesi dell’UE deve basarsi su motivazioni ponderate. Chiaramente, la violazione della legge è una buona motivazione perché è una prova sufficiente dell’intenzione fraudolenta.

Lo scambio di informazioni deve garantire la protezione dei cittadini europei rispettosi della legge per evitare abusi dei diritti umani come risultato di violazioni della privacy.

Lo scopo della cooperazione in materia di sicurezza è mantenere l’Europa un luogo sicuro in cui vivere e proteggere i cittadini onesti.

La cooperazione in materia di sicurezza deve proteggere gli europei contro i criminali per rendere le nostre vite quotidiane quanto più sicure possibile e consentire ai nostri figli di vivere senza paura.

 

17. Ottenimento di visti da parte di cittadini bielorussi e ucraini (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sull’ottenimento di visti da parte di cittadini bielorussi e ucraini.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per le domande che mi avete posto in relazione al regime europeo dei visti applicabile nei confronti dell’Ucraina e della Bielorussia.

Innanzi tutto, l’Ucraina: l’accordo sulla riammissione e l’accordo di facilitazione del rilascio di visti, entrambi entrati in vigore all’inizio di quest’anno 2008, rappresentano un passo importante nelle relazioni fra l’Unione europea e l’Ucraina. Da un lato, favoriranno i contatti fra i popoli, che a loro volta permetteranno di migliorare la comprensione reciproca e di rafforzare le relazioni in tutti i settori, e, dall’altro, impegneranno le due parti, l’Unione europea e l’Ucraina, a una stretta cooperazione contro l’immigrazione clandestina.

La prima priorità è garantire un’attuazione rapida, operativa e armonizzata dell’accordo di facilitazione del rilascio di visti a favore dei cittadini ucraini. Per garantire un’applicazione corretta e armonizzata dell’accordo, è stato elaborato e approvato un progetto di linee guida da parte degli Stati membri e delle autorità ucraine. Queste linee guida dovrebbero essere completate e adottate a breve termine dal comitato misto istituito dall’accordo.

Come dichiarato nel preambolo dell’accordo Commissione europea-Ucraina di facilitazione del rilascio dei visti, l’introduzione di un regime di spostamenti senza obbligo di visto per i cittadini dell’Ucraina è riconosciuta solo come prospettiva a lungo termine. Il processo che porterà a siffatto regime si basa, in particolare, su un’attuazione soddisfacente dell’accordo di riammissione e dell’accordo di facilitazione del rilascio dei visti.

Vorrei sottolineare che l’allargamento dello spazio di Schengen non ha avuto ripercussioni sulle modalità di controllo alle frontiere fra l’Ucraina e gli Stati membri che sono entrati nello spazio Schengen il 21 dicembre 2007. Questi Stati membri applicano alle loro frontiere le norme Schengen in materia di verifiche alle frontiere esterne a partire dalla data della loro adesione e, dal settembre 2007, controllano anche le persone nel quadro del sistema di informazione Schengen “SIS”.

Ma, per facilitare gli spostamenti dei cittadini ucraini che vivono nella zona frontaliera, sono stati firmati accordi relativi al piccolo traffico frontaliero fra Ungheria e Ucraina e fra Ucraina e Polonia. La Commissione ha inoltre chiesto di apportare modifiche all’accordo fra Ucraina e Ungheria in relazione con la delimitazione della zona frontaliera affinché quest’accordo sia conforme alle regole comunitarie. Lo stesso vale per l’accordo fra Ucraina e Polonia. Questa è la situazione degli spostamenti di cittadini ucraini che vivono nella zona frontaliera.

Per contro, per quanto riguarda i visti, la situazione è diversa. Prima del 21 dicembre 2007, gli Stati membri che non applicavano in toto l’acquis di Schengen non erano vincolati dalle disposizioni di Schengen relative al diritto di visto. Questi Stati membri potevano, quindi, esonerare tutti i cittadini ucraini da questo diritto. Ma oggi non è più possibile. Il diritto di visto generale di 60 euro non si applica tuttavia ai richiedenti ucraini. Come ha confermato l’accordo fra la Comunità europea e l’Ucraina, entrato in vigore il 1° gennaio 2008, il diritto prelevato per la trattazione delle richieste di visto dei cittadini ucraini è sempre di 35 euro. Inoltre, l’accordo esonera ampie categorie di richiedenti, il che significa che più del 50 per cento, ripeto, più del 50 per cento dei cittadini ucraini che viaggiano verso i paesi Schengen beneficia della gratuità del visto.

Passo adesso alla Bielorussia. Nella sua comunicazione sul rafforzamento della politica europea di vicinato del 4 dicembre 2006, la Commissione ha sottolineato l’importanza della facilitazione in materia di rilascio dei visti per le relazioni con i paesi interessati dalla politica di vicinato. La Commissione ha riaffermato la volontà dell’Unione europea di impegnarsi a sviluppare piani d’azione con i paesi vicini e di avviare con essi negoziati per facilitare il rilascio dei visti e le autorizzazioni di riammissione.

La Bielorussia è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato ma, va detto, non è stato ancora elaborato alcun piano d’azione con questo paese a causa della situazione politica generale. Ed è anche il motivo per cui l’apertura delle discussioni con la Bielorussia su una possibile facilitazione del rilascio dei visti e sulla riammissione non è prevista a questo stadio.

Tuttavia, sottolineo che l’acquis in vigore in materia di rilascio dei visti a breve termine prevede l’esenzione dei diritti di visto per alcune categorie: i minori di 6 anni, gli studenti e i ricercatori. Inoltre, nel quadro delle norme esistenti, gli Stati membri possono sempre eliminare i diritti di visto o ridurli in casi individuali, giustificati, ad esempio, da motivi umanitari, per proteggere interessi culturali o per motivi di politica estera.

Inoltre, gli Stati membri vicini, Polonia, Lettonia, Lituania in particolare, possono sempre negoziare accordi di piccolo traffico frontaliero con la Bielorussia. Sarebbe un modo per facilitare il passaggio della frontiera e la circolazione fra la Bielorussa e i paesi vicini, favorendo i contatti fra le comunità locali. I residenti frontalieri in possesso di un permesso speciale, rilasciato a titolo di piccolo traffico frontaliero, sarebbero esenti dall’obbligo del visto. Sono già iniziati i negoziati fra Polonia e Bielorussia in questo senso.

E’ tutto quello che volevo dire, sottolineando la rilevanza delle domande che avete posto e aggiornandovi sugli sviluppi più recenti della situazione.

 
  
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  Urszula Gacek, a nome del gruppo PPE-DE. Signor Presidente, ringrazio il Commissario per la sua presenza e per avere illustrato l’ultima posizione della Commissione sulla questione dei visti per l’Ucraina e la Bielorussia. Un mese fa, una delegazione composta da membri dell’opposizione in Bielorussia ha visitato Strasburgo su invito del gruppo PPE-DE per discutere gli sviluppi della situazione politica in quel paese. Anche durante quella visita i colleghi hanno avuto modo di ascoltare le loro richieste alla nostra Assemblea di sostenere i loro sforzi per ridurre i diritti di visto che attualmente sono tenuti a pagare e che sono proibitivi per la maggior parte dei cittadini bielorussi.

Se vogliamo davvero incoraggiare la Bielorussia a intraprendere un cammino pro europeo in futuro –cosa che noi sinceramente auspichiamo –, gli argomenti più validi a nostra disposizione sono quelli che i cittadini bielorussi potrebbero vedere con i loro stessi occhi. E’ molto difficile, per loro, nel regime in cui vivono, avere una visione reale di cosa significhino realmente libertà e democrazia, diritti umani e Stato di diritto. E’ difficile promuovere una società civile. E’ difficile mostrare loro che l’Europa è aperta e amichevole e che sostiene i loro passi verso la piena democrazia. Il modo migliore è consentire a quei cittadini di accedere in Europa non con spese che spaventerebbero o impedirebbero l’entrata della maggior parte dei cittadini.

Signor Commissario, lei ha detto, a ragione, che sono esclusi gruppi specifici, fra cui i bambini e le persone con contatti familiari; e ancora le persone che visitano l’Unione europea per motivi culturali o scientifici o istruttivi. E io incoraggerei i singoli paesi membri a servirsi di quella disposizione giuridica per consentire a quelle persone di avvalersi effettivamente di tali facilitazioni. Ma è molto triste che Serbia e Russia siano trattate in modo migliore della Bielorussia.

 
  
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  Hannes Swoboda, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signor Presidente, vorrei dapprima ringraziare il Commissario per le informazioni, come sempre, molto puntuali che ci ha fornito sulla questione.

Ho un’esperienza personale dei problemi dei visti e delle restrizioni in materia di visti nei Balcani, ed è così ancora oggi, sebbene le cose siano migliorate. Prendiamo, ad esempio, la Serbia, che è già stata menzionata. Nonostante le attuali semplificazioni, questo paese, nel contesto della Jugoslavia – vale a dire di un regime comunista –, aveva molti più contatti con l’occidente e con i paesi europei in passato rispetto ad ora, il che significa che vi è qualcosa di sbagliato nell’intero sistema. Abbiamo realmente bisogno di cambiamenti fondamentali.

Il Commissario ha sottolineto a ragione che in Ucraina più della metà dei richiedenti gode di esenzioni a vario titolo. Mi chiedo allora che razza di sistema sia se esonera il 50 per cento o più dei richiedenti. Ammetto, tuttavia, che non è colpa sua.

Passiamo adesso alla Bielorussia. Ho sostenuto con favore la proposta degli onorevoli Grabowska e Paleckis perché ritengo sia molto difficile accettare che i cittadini di quel paese debbano soffrire due volte a causa di un cattivo regime: non solo sotto il loro regime, ma anche perché noi non elaboriamo alcun piano d’azione per affrontare quel cattivo regime.

Talvolta, dobbiamo scegliere di agire unilateralmente e di intraprendere di nostra iniziativa qualcosa di specifico per aiutare quelli che non ricevono aiuti dal loro regime o governo. Il Commissario ha indicato che in qualche misura ciò sta accadendo. Ma non basta, dobbiamo condurre una politica più aggressiva nei confronti della Bielorussia. Ad esempio, mi interesserebbe sapere – e forse il Commissario può rispondermi più tardi – quali paesi concedono quali esenzioni, quali paesi europei sono particolarmente disponibili e quali forse meno. Di sicuro è importante adottare una posizione a livello di Unione europea e se alcuni paesi seguono un approccio liberale, sarebbe un disastro se altri fossero particolarmente restrittivi.

Chiedo alla Commissione e al Consiglio – che hanno le principali responsabilità, come sappiamo – di lavorare insieme con noi per potere offrire ai cittadini e a tutte le persone interessate in Bielorussia più vantaggi di quanto abbiamo fatto – laboriosamente – in passato.

 
  
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  István Szent-Iványi, a nome del gruppo ALDE. – (HU) Signor Presidente, l’Ucraina e la Bielorussia hanno un ruolo importante da svolgere nella dimensione orientale della nostra politica di vicinato.

Per quanto riguarda l’Ucraina, l’obiettivo è la democrazia, un’economia di mercato e il consolidamento dell’orientamento verso l’Europa, mentre, per quanto riguarda la Bielorussia, l’obiettivo è la democratizzazione del paese. L’attenuazione dei requisiti per viaggiare è uno strumento flessibile e valido in questo senso. Dal 1° gennaio i cittadini del’Ucraina beneficiano di un regime di visti semplificato, sebbene la maggior parte di loro ritenga che la posizione oggi sia più difficile di prima, poiché entrare nei loro principali paesi di destinazione, Polonia, Ungheria e Lituania è adesso più difficile che in precedenza. Ciò è visto come un passo indietro, dato che il diritto di 35 euro per il visto è un’enorme somma di denaro per loro e le procedure e gli oneri amministrativi sono estremamente complicati. Dobbiamo quindi mostrare che, per l’Ucraina, l’obiettivo immediato, ovvero l’esenzione dal visto, sarà realizzato molto presto e, fino a quel momento, la concessione di visti senza pagamento di diritti avrà un impatto su un numero sempre più grande di persone, al pari dell’attenuazione degli oneri amministrativi.

Per quanto riguarda la Bielorussia, dobbiamo chiarire che l’Europa non ha problemi con i bielorussi, ma con il regime oppressivo. Vorremmo che i cittadini bielorussi potessero viaggiare più facilmente; a tal fine, dobbiamo ridurre il diritto del visto di 60 euro, che è una somma enorme in quanto in Bielorussia corrisponde alla metà dello stipendio medio mensile. E dobbiamo ridurre anche gli oneri amministrativi, dato che i regolamenti complicati sono difficili da rispettare. In questo modo possiamo raggiungere una situazione nella quale i cittadini di Ucraina e Bielorussia sentano di essere vicini all’Europa. Grazie.

 
  
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  Adam Bielan, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, l’Unione europea non garantirà la sicurezza della sua frontiera orientale ignorando gli interessi dei bielorussi e degli ucraini. Dovremmo favorire le visite nell’Unione da parte di vastissimi gruppi di persone, provenienti in particolare dall’Ucraina e dalla Bielorussia, isolando nello stesso tempo il regime di Lukashenko. I processi democratici e i cambiamenti nella mentalità dei nostri vicini orientali, ad esempio per quanto riguarda le loro percezioni della NATO in Ucraina, saranno più rapidi grazie alle esperienze personali delle visite nei paesi dell’Unione europea.

Al momento, i bielorussi devono pagare 60 euro per un visto. Ciò equivale ad un terzo di uno stipendio medio e impedisce alla maggior parte della società di viaggiare. Questa situazione soddisfa il regime di Lukashenko, dato che quanto più ridotti sono i contatti con l’Europa occidentale, tanto più facile sarà controllare la società bielorussa. Il requisito del visto isola i giovani bielorussi e quelli che simpatizzano per l’opposizione. L’occidente dovrebbe volere mantenere contatti con questi gruppi sociali. I costosi diritti dei visti favoriscono solo un aumento dell’attività della mafia dei visti e ad altri problemi lungo le frontiere. Tali barriere provocano anche perdite tangibili al turismo in Polonia. Gli sciatori dell’Ucraina e della Bielorussia hanno visitato in massa le montagne polacche negli ultimi anni. Tendevano ad arrivare all’inizio di gennaio, quando inizia il Natale ortodosso, ma adesso i centri sciistici polacchi sono vuoti.

Onorevoli colleghi, proprio adesso che al Vertice della NATO di Bucarest Vladimir Putin ha minacciato di provocare il crollo del’Ucraina e ha dichiarato che, e cito, “L’Ucraina non è nemmeno uno Stato, e una parte del suo territorio è l’Europa orientale e un’altra – una grande parte – le è stata regalata dalla Russia”, è necessario inviare un chiaro segnale che l’Unione europea non tollererà tali minacce contro i suoi vicini nella politica internazionale.

Chiedo di avviare quanto prima un dialogo su azioni specifiche di modo che gli ucraini non abbiamo bisogno di visti per l’UE. Desidero dire chiaramente che una reale visione di Europa contemporanea e sicura non è possibile senza l’Ucraina.

 
  
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  Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE.(DE) Signor Presidente, signor Commissario, la politica ufficiale dell’UE verso la Bielorussia è nota come politica di “differenziazione”: da un lato è critica nei confronti del dittatore Lukashenko mentre, dall’altro, cerca di incoraggiare e di facilitare il dialogo con la popolazione. Ma il pagamento di 60 euro per un visto – un terzo di uno stipendio mensile in Bielorussia –è in contrasto con quella politica. Di conseguenza, le persone comuni in Bielorussia considerano la politica dell’UE nei loro confronti una politica di parole vuote!

Questo problema ha completamente oscurato la nostra politica di Schengen e, in realtà, danneggia la credibilità della politica estera dell’UE. Non possiamo permetterlo. La costruzione della democrazia che vogliamo per la Bielorussia è possibile solo se consentiamo ai cittadini bielorussi di vedere di persona come funziona la democrazia nei nostri paesi. Qualsiasi altro approccio andrebbe a favore di Lukashenko. Dobbiamo quindi operare un cambiamento e il Consiglio ci ha detto, nella sua risposta, che non è stato fatto ancora alcun cambiamento perché la Commissione non ha presentato la proposta necessaria.

Quindi, mettetevi al lavoro! Presentate al Consiglio una proposta che faciliti alle persone l’ottenimento di visti, nell’interesse della promozione della democrazia in Bielorussia.

 
  
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  Laima Liucija Andrikienė (PPE-DE).(LT) Signor Presidente, qualsiasi cosa sia stata detta sul costo dei visti per i bielorussi e gli ucraini, non vi è dubbio che è opportuno prendere decisioni urgenti in materia e che sia l’Unione europea a prenderle.

In materia di visti, l’Unione europea ha firmato un accordo di facilitazione per il rilascio dei visti con l’Ucraina, la Russia, la Moldavia e gli Stati dei Balcani occidentali. Tuttavia, i negoziati per l’accordo con la Bielorussia non sono ancora iniziati perché Alexander Lukashenko non è interessato a offrire ai cittadini bielorussi la possibilità di vedere il tenore di vita nel mondo libero, specialmente se scoprono che è molto più elevato che in Bielorussia.

La questione del costo dei visti rimane importante, non solo per la Bielorussia, ma anche per l’Ucraina. Il fatto che i cittadini ucraini debbano pagare 35 euro per un visto Schengen non risolve il problema, perché solo alcuni piccoli gruppi di ucraini hanno il diritto a fruire del regime di facilitazione. Il caso della Bielorussia è ancora più eloquente: i bielorussi devono pagare di più per un visto Schengen, ovvero devono pagare il prezzo della dittatura di Lukashenko.

Il regime dei visti è adeguato alla situazione della frontiera orientale dell’UE? Non lo credo. Secondo le statistiche, la Polonia da sola rilascia circa 600 000 visti a cittadini ucraini ogni anno; in paragone, il numero di visti rilasciati da tutti i paesi Schengen nello stesso periodo è solo di 300 000. Prima di aderire allo spazio Schengen, Lituania, Lettonia e Polonia mantenevano molto bassi i costi per i visti dei cittadini bielorussi. Lituania e Polonia imponevano solo 5 euro, mentre la Lettonia rilasciava visti gratuitamente. Polonia, Lituania e Lettonia rilasciavano 400 000 visti ai bielorussi, ovvero tre volte il numero rilasciato dai vecchi paesi Schengen.

Direste che è un bene che solo il 26 per cento dei cittadini bielorussi abbia mai visitato un paese dell’UE, e che il 60 per cento dei bielorussi non abbia mai visto una persona straniera negli ultimi tre anni? Di certo no. Noi, l’Unione europea, dobbiamo trovare un modo efficace per risolvere il problema, dato che sappiamo per esperienza che è meglio vedere l’UE una volta che sentirne parlare centinaia di volte.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE). (PL) Signor Presidente, signor Commissario, quale coautrice per la questione del costo dei visti per la Bielorussia, desidero ringraziarla per le spiegazioni che ci ha fornito oggi e vorrei attirare la sua attenzione su altre questioni aggiuntive. Il punto è che la Bielorussia non è solo un vicino dell’UE, ma è anche quello più prossimo al mio paese, la Polonia. Ecco quindi la mia preoccupazione e il mio intervento a favore degli interessi di coloro che vivono in quel paese.

Lei ha detto che, dopo l’allargamento dello spazio Schengen, il costo dei visti per la Bielorussia è aumentato. In realtà, il costo è aumentato di 12 volte, passando da 5 a 60 euro. In Bielorussia, 60 euro corrispondono allo stipendio mensile di un medico specializzando. 60 euro per molti bielorussi sono un reale ostacolo che impedisce loro di ottenere un visto e di visitare i vicini dell’UE. E’ già evidente che, dopo l’aumento del costo del visto, vi è stata una contrazione netta e drastica del numero di cittadini bielorussi che viaggiano nell’UE. Questo accade in un periodo in cui l’UE desidera stabilire contatti diretti con i suoi cittadini e quando la politica di buon vicinato è stata inserita nel Trattato di Lisbona. E’ quindi un doloroso paradosso per questo paese, anche se è governato senza democrazia.

Vi prego di credermi quando affermo che la decisione di aumentare i diritti di visto è un eccellente regalo per il regime di Lukashenka che se ne avvale politicamente. Il regime dice ai bielorussi: vedete? Hanno introdotto diritti elevati, proibitivi. Nessuno vi aspetta in Europa, nessuno vi vuole lì.

E’ necessario un cambiamento. Apprezzo il fatto che il Commissario ha menzionato la Polonia come paese che intende fare pressioni per ridurre i diritti di visto in favore della Bielorussia. Tuttavia, non è compito della Polonia, della Lituania e dei singoli paesi. E’ compito dell’intera UE. Se non siamo in grado di risolvere questo problema, come possiamo costruire una politica estera comune nell’UE? Invito quindi la Commissione a compiere tutti i passi necessari per ridurre i diritti di visto per la Bielorussia.

 
  
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  Grażyna Staniszewska (ALDE). (PL) Già nel maggio 2005 l’Ucraina ha abolito l’obbligo del visto per i cittadini dell’Unione europea. Tuttavia, ci sono voluti tre anni all’UE per prendere una qualsiasi posizione in materia. Direi che la reazione finale dell’UE era ben lungi dall’essere chiara.

Da un lato, dall’inizio di quest’anno è diventato più facile ottenere i visti, alcune procedure sono state semplificate e i diritti di visto sono stati soppressi, ma solo per taluni gruppi di persone. Per la maggior parte degli ucraini, l’Unione europea appare una fortezza impenetrabile, che apre le sue porte solo a coloro che riescono a sopportare la lunga e costosa battaglia presso i consolati dei paesi Schengen.

Per molti ucraini, i visti sono troppo costosi. Le istituzioni che partecipano al processo di rilascio dei visti in genere fanno pagare un costo superiore di due o anche tre volte al diritto massimo stabilito. In secondo luogo, il tempo necessario per il rilascio di un visto in molti consolati è imprevedibile e molto lungo. In terzo luogo, molti consolati richiedono ulteriori documenti, non menzionati nell’accordo. Anche i titolari di passaporto diplomatico hanno problemi ad attraversare le frontiere.

Il necessario obiettivo finale per l’Ucraina è una chiara tabella di marcia per introdurre l’esenzione del visto bilateralmente, sebbene con difficili precondizioni, come è accaduto con la Serbia.

 
  
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  Józef Pinior (PSE). (PL) Signor Presidente, signor Commissario, l’Europa senza frontiere, l’Unione europea di Schengen non può comportare la creazione di un nuovo muro fra l’UE e l’Europa orientale.

I sogni europei di un’unica Europa senza frontiere si sono avverati nell’UE. Tuttavia, quello che sta accadendo attualmente al confine fra l’UE e l’Ucraina e la Bielorussia è uno scandalo politico per la mia generazione – la generazione di Solidarnośc in Polonia, che ha lottato per l’unità dell’Europa.

Oggi, i problemi che gli ucraini e i bielorussi incontrano per raggiungere l’Unione europea devono essere risolti il più presto possibile. Signor Commissario, mi rivolgo a lei! Noi, europei dei paesi ricchi, democratici, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere oggi affinché l’UE sia aperta alle società civili di Bielorussia e Ucraina.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE). (SK) Signor Presidente, il fatto che lei presieda il dibattito di oggi è altamente simbolico e la ringrazio per questo.

Nei miei discorsi, menziono ad ogni occasione la richiesta rivolta dai capi della società civile in Ucraina e nell’UE agli Stati membri e alle istituzioni dell’UE, e al governo ucraino e al Consiglio supremo, affinché l’Europa dia maggiore considerazione alla questione dei visti Ucraina-UE.

Dato che l’Ucraina è uno dei partner strategici dell’Unione europea, apprezzo il dibattito di oggi e le informazioni che il Commissario ci ha fornite. Riconosco che è un processo difficile, ma penso anche che sia importante trovare una soluzione.

La questione dei visti che riguarda i cittadini bielorussi è stata esaminata anche durante la settimana bielorussa nel Parlamento europeo negli incontri con Alexander Milinkevich, vincitore del Premio Sacharov. E’ nostro dovere aiutare coloro che sono vittime sfortunate del regime di Lukashenko.

Onorevoli colleghi, dobbiamo adottare quanto prima una soluzione per semplificare il regime dei visti. Invieremo così un segnale positivo e costruttivo alle forze pro-europee e pro-democratiche in Ucraina e Bielorussia.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). (PL) Signor Presidente, spesso i giovani bielorussi sono puniti con la negazione del diritto all’istruzione per avere opinioni non gradite dalle autorità. La Polonia offre opportunità di seguire un’istruzione superiore a molti di questi giovani. Non dobbiamo sprecarle imponendo un peso economico su tali giovani che vogliono entrare nel nostro paese per studiare. Questo peso economico dovrebbe essere eliminato e i diritti sui visti dovrebbero essere ridotti.

 
  
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  Presidente. − Prima di concedere la parola al Commissario – abbiamo un po’ di tempo –, desidero aggiungere qualcosa. Quale assiduo viaggiatore in Ucraina, desidero sottolineare che una questione cruciale nel problema dei visti, nell’intero regime dei visti, è spiegare alle società ucraina e bielorussa se la situazione odierna è transitoria. Questo riguarda i costi e le procedure. I costi sono proibitivi e le procedure umilianti. Queste persone fanno la fila per ore, per moltissime ore. E’ una situazione transitoria o permanente? Gli ucraini spesso dicono che è stato eretto un muro Schengen, che quello è stato introdotto e salutato con gioia da tutti, da noi polacchi, dai francesi, da lungo tempo ormai dai tedeschi, è in realtà solo un processo di isolamento naturale, che la fila dinanzi a un consolato, il rifiuto, il costo – tutto questo è solo un segnale per le loro società, segnale ricevuto molto negativamente nel contesto di tutte le aspirazioni di cui parliamo così tanto in quest’Aula e altrove.

La discussione è chiusa. Vi prego di scusarmi per avere infranto la regola d’oro che il Presidente non interferisce in tali questioni, ma proprio non potevo tacere su questa materia.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione quello che lei ha appena detto, e sosteneva numerosi oratori che hanno sottolineato la necessità di facilitare l’accesso all’Unione europea per i cittadini dei nostri paesi vicini.

Credo che molte delle proposte abbiano colpito per il loro buon senso! Quanto maggiori sono le opportunità di scambi fra i cittadini, tanto più possono influenzare l’evoluzione del loro paese verso la democrazia e verso i valori europei.

Tuttavia, sono obbligato a rispondere innanzi tutto per quanto riguarda la Bielorussia. Ho spiegato i motivi per i quali, finora, i negoziati di un accordo in materia di facilitazione dei visti non erano stati previsti. La situazione politica può senza dubbio evolversi, e aggiungo che l’Unione europea sta compiendo sforzi per essere presente in Bielorussia. Infatti, alcuni giorni fa è stato insediato in Bielorussia un ufficio della Commissione.

In ogni caso, come ho già sottolineato, i cittadini bielorussi hanno già la possibilità di spostarsi all’interno dell’Unione europea, nel quadro dell’acquis già in vigore. Ma ho ascoltato gli appelli degli uni e degli altri e non posso dirvi di più di quanto ho già detto oggi per la Bielorussia.

Per quanto riguarda l’Ucraina, vorrei ricordare che la situazione è più favorevole. L’accordo sui diritti di visto applicati ai cittadini ucraini prevede che gli Stati membri dello spazio Schengen chiedano 35 euro per la trattazione delle richieste di visto dei cittadini ucraini e non 60 euro, il che è considerato come il costo medio di un visto. Quindi, si è già compiuto uno sforzo. Ho poi detto che sono previste categorie di ucraini che potevano ottenere la gratuità.

Tuttavia, signor Presidente, sono molto sensibile a quanto lei ha appena affermato. Vi è la questione del costo, ma talvolta è il modo in cui le formalità devono essere soddisfatte: procedure molto lunghe, che danno a questi cittadini la sensazione che l’Unione europea è, in effetti, molto lontana da loro. Voglio dirvi che, per il momento, la mia attenzione è rivolta ai problemi che incontrano in particolare i cittadini degli Stati dei Balcani occidentali. Cerco di stabilire in che modo si possano facilitare anche le procedure. Penso che, se ci riusciamo, potremo probabilmente farlo anche per paesi come l’Ucraina.

Ecco, signor Presidente, ciò che volevo dire all’Assemblea, e sono ben consapevole che le osservazioni dei diversi deputati sono abbastanza giustificate, ma che, allo stato attuale, sono già stati compiuti dei progressi. Sono insufficienti, certo, ma credo anche che ogni Stato membro debba cercare di avvalersi delle possibilità che sono già offerte. Io, personalmente, mi impegnerò in tal senso.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

 

18. Donazione e trapianto di organi: azioni politiche a livello dell’Unione europea (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione, presentata dall’onorevole Adamos Adamou a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza, sulla donazione e il trapianto di organi: azioni politiche a livello UE [2007/2210(INI)] (A6-0090/2008).

 
  
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  Adamos Adamou, relatore. − (EL) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, vorrei dapprima ringraziare la Commissione europea per la sua comunicazione e l’eccellente cooperazione. Vorrei inoltre ringraziare tutti i colleghi, in particolare i relatori ombra, per il lavoro difficilissimo che abbiamo realizzato insieme al fine di raggiungere gli emendamenti di compromesso che sono stati adottati all’unanimità.

Le questioni principali che la Commissione tratta nella sua comunicazione e di cui mi sono occupato quale relatore sono: rischi e sicurezza dei trapianti, ad esempio la trasmissione di patologie, la penuria di organi e il traffico illegale di organi. Consentitemi di parlare di ciascuno di questi temi uno alla volta.

In relazione alla qualità e alla sicurezza, l’impiego di organi a fini terapeutici comporta il rischio di trasmissione di malattie al ricevente. La valutazione del donatore è quindi importante per minimizzare il rischio per il ricevente. I donatori devono essere valutati per stabilire se esista o meno un rischio di trasmissione di qualsiasi malattia. Per stabilire uno standard di sicurezza del donatore, andrebbe realizzata una serie minima di analisi. Va sottolineato, tuttavia, che oggi non vi è consenso fra gli Stati membri in merito a tali analisi.

La grave penuria di donatori di organi rimane la sfida principale che devono affrontare gli Stati membri per quanto riguarda il trapianto di organi. Le liste d’attesa sempre più lunghe costituiscono un serio problema. Un elemento chiave per lottare contro la carenza di organi è la creazione di un sistema efficiente per identificare le persone decedute passibili di diventare donatori di organi, una volta soddisfatti i requisiti obbligatori per l’ottenimento del consenso negli Stati membri.

Un’altra opzione importante per allargare il numero di donatori è la possibile promozione di donazioni altruistiche da donatori viventi. E’ necessaria un’attenta valutazione anche di questi potenziali donatori, che in generale non sarebbero considerati candidati ideali, conosciuti ovviamente come “pool esteso di donatori”. Ad esempio, potrebbe essere autorizzato un trapianto da un paziente sieropositivo ad un altro paziente sieropositivo.

Passando al traffico di organi, signor Commissario, tutti sappiamo che il traffico di organi esiste. Tutti sappiamo che i turisti ricchi dell’occidente sfruttano le necessità economiche degli abitanti dei paesi più poveri. Abbiamo tutti sentito dire che vi sono elenchi di prezzi di organi, che esiste un mercato nero di organi,, in particolare nei paesi dell’Estremo oriente, quali India, Pakistan e Cina, e che queste cose stanno accadendo anche nell’Europa allargata. Accetto quindi l’emendamento n. 7 al paragrafo 57 dei colleghi Brepoels, Liese e Bowis, a nome del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei. E’ importante migliorare il monitoraggio dei casi di traffico di organi per potere trarre, alla fine, le necessarie conclusioni.

Nello stesso tempo, vorrei sottolineare che l’altruismo deve costituire l’elemento principale della donazione di organi e dei trapianti. La terminologia economica utilizzata nella comunicazione della Commissione non è pertanto appropriata, soprattutto alla luce del principio di non commercializzazione del corpo umano. Questo è anche il motivo per cui non ho potuto sostenere l’emendamento n. 2 al paragrafo 38 degli onorevoli Martin e Matsakis. Certo, a seguito dei miei colloqui dettagliati con l’onorevole Matsakis, egli – e sarà lui stesso a spiegarlo – intende ritirarlo e proporrà un altro emendamento orale, domani, che io sostengo.

Ritengo, tuttavia, come ho detto prima, che gli organi non dovrebbero essere trattati alla stregua di una merce del mercato interno e, di conseguenza, non accetterei l’eliminazione della parte aggiunta. Inoltre, il principio della non commercializzazione del corpo umano è sancito espressamente nell’articolo 3, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Onorevoli colleghi, non ho più tempo a disposizione perché i quattro minuti sono finiti. Intendo continuare nelle mie conclusioni, quanto parlerò di nuovo a seguito delle vostre osservazioni.

 
  
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  Androulla Vassiliou, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, consentitemi innanzi tutto di congratularmi con l’onorevole Adamou per l’eccellente relazione che ha preparato sulla donazione e il trapianto di organi. Sono particolarmente lieta che la relazione sostenga il punto di vista della Commissione che l’azione per la donazione e il trapianto di organi debba incentrarsi: in primo luogo sulla qualità e la sicurezza degli organi, in secondo luogo sull’aumento della disponibilità di organi e in terzo luogo sulla sicurezza dei trapianti.

(EN) Garantire elevati standard di qualità e di sicurezza degli organi umani è un vantaggio per tutti, Sappiamo che fra gli Stati membri dell’UE avviene lo scambio di una serie di organi. Attualmente, mancano standard comuni di qualità e di sicurezza per l’acquisizione di organi umani e, pertanto, soddisfare quest’esigenza è molto importante.

Offre non solo uno standard di sicurezza paragonabile da applicare in tutta l’UE, ma favorisce anche a un senso di sicurezza e di solidarietà nel sistema dei trapianti.

La Commissione prevede di proporre un quadro legislativo sui principi fondamentali per la sicurezza e la qualità della donazione e dell’acquisizione di organi umani.

Questi requisiti saranno ampi e flessibili, per massimizzare il numero di trapianti effettuati. Dopotutto, si tratta di salvare vite umane. Dobbiamo tenere assolutamente in mente il fatto che in questo momento ci sono 50 000 persone in liste di attesa di organi in tutta l’Europa.

L’aumento della disponibilità di organi richiede la sensibilizzazione dell’opinione pubblica alla questione. I cittadini devono sapere che i sistemi di trapianti sono sicuri e affidabili. Altrimenti non acconsentiranno alla donazione.

Abbiamo già alcuni buoni esempi negli Stati membri in cui l’aumento del numero di coordinatori dei trapianti, ad esempio, ha avuto un impatto positivo sui tassi di donazione. La Commissione intende proporre un piano d’azione con 10 azioni prioritarie al fine di affrontare la sfida della donazione e del trapianto di organi nell’UE. La Commissione riconosce l’importanza della lotta contro il traffico di organi, come indicato nella comunicazione sulla donazione e il trapianto di organi.

Ho preso nota anche delle osservazioni del dottor Adamou e le prenderò seriamente in considerazione. La sua relazione mette in chiaro che dovremmo guardare con molta attenzione alla risposta che vogliamo dare alla minaccia del traffico di organi nell’UE.

La Commissione monitorerà la situazione in collaborazione con i nostri partner internazionali, il Consiglio d’Europa e l’Organizzazione mondiale per la salute. Sosterremo anche l’Interpol per continuare a monitorare questo problema.

Inoltre, credo che, aumentando la disponibilità di organi nell’Unione europea, combatteremo indirettamente il turismo dei trapianti e il traffico di organi.

Infine, il traffico di organi sarà inserito nella relazione della Commissione di quest’anno sul piano d’azione dell’UE sul traffico di esseri umani.

 
  
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  Edit Bauer, relatore per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. (EN) Signor Presidente, la donazione e il trapianto di organi sono una questione delicata e importante. Una buona legislazione insieme alla buona pratica potrebbero salvare migliaia di vite umane ogni anno. Le questioni che riguardano la fragile linea fra la vita e la morte sono davvero delicate. E’ difficile aiutare con la legislazione, ma è facile arrecare danno. Ecco perché è importantissimo rispettare le buone pratiche degli Stati membri.

D’altro lato, è necessario individuare tutte quelle pratiche che compostano una mancanza di fiducia e di trasparenza nella gestione delle liste d’attesa o portano a casi scandalosi di abusi di lacune legislative.

Vorrei sottolineare tre argomenti contenuti nel parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. In primo luogo, i donatori viventi sono soprattutto non consanguinei. Al riguardo, le procedure giuridiche dovrebbero minimizzare la possibilità di vendita illecita di organi. La questione del rimborso dei costi sociali dei donatori sta ancora attendendo una soluzione idonea.

In secondo luogo, nei casi in cui la cooperazione internazionale è inserita nel processo di trapianto, la legislazione dovrebbe garantire norme chiare come quelle degli Stati membri. Il turismo dei trapianti solleva nuove questioni, che il Commissario ha menzionato. Come dovremmo trattare casi del genere?

In terzo luogo, la cooperazione internazionale nell’individuazione di casi di traffico di organi dovrebbe essere più organizzata e più seria, perché il traffico nascosto e le sue conseguenze possono distruggere le speranze di migliaia di pazienti in attesa di organi salvavita. D’altro canto, la legislazione europea sul traffico di esseri umani dovrebbe includere anche la vendita e il traffico di organi, che è ancora occulto, ma sta diventando un problema globale sempre più grave.

Vorrei congratularmi con il relatore e con i relatori ombra e ringraziarli per la buona cooperazione.

 
  
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  Frieda Brepoels, a nome del gruppo PPE-DE. – (NL) Signor Presidente, signora Commissario, realmente ogni giorno i trapianti di organi salvano vite umane in Europa. Purtroppo, a causa della carenza di donatori, ogni anno muoiono migliaia di europei inseriti nelle liste d’attesa. Adesso la sfida è aumentare in modo sicuro il numero dei doratori. In veste di relatrice ombra del gruppo PPE-DE, sono molto lieta oggi che il Parlamento sostenga incondizionatamente l’iniziativa della Commissione e riconosca che l’Europa può svolgere un ruolo essenziale al riguardo.

La donazione e il trapianto di organi, come hanno detto i colleghi, sono un tema molto complesso e delicato, sul quale esistono diverse opinioni negli Stati membri. Durante la preparazione della relazione, ho incontrato personalmente numerosi medici, e parlato con pazienti e organizzazioni. Anche l’audizione che abbiamo organizzato e la visita studio in Spagna ci hanno fornito visioni interessanti, e oggi voglio ringraziare di cuore il relatore per avere inserito nella sua relazione tutti i nostri contributi.

In primo luogo, dobbiamo garantire soprattutto che la direttiva sulla qualità e la sicurezza nella forma proposta dalla Commissione offra una flessibilità sufficiente e non crei ulteriori oneri amministrativi o addirittura provochi una riduzione del numero di organi a disposizione. A nostro avviso, spetta al medico decidere alla fine sulla qualità e la sicurezza. Per garantire quella qualità e sicurezza, chiediamo che gli Stati membri controllino e valutino i risultati post-trapianto e post-donazione. Poiché la comparabilità dei dati fra gli Stati membri è di grande importanza, forse potremmo cercare una metodologia comune per l’analisi dei dati.

In secondo luogo, riteniamo che l’organizzazione del sistema di donazione per aumentare il numero di donatori sia un fattore ancora più importante della stessa normativa in materia. Per questo chiediamo che gli ospedali assumano più personale per identificare potenziali donatori, ma anche per assistere i parenti più stretti. Nei paesi che hanno già previsto tali coordinatori di trapianti si registra un aumento del numero di donatori.

Ciò dimostra anche l’importanza dello scambio delle buone pratiche fra gli Stati membri. L’Unione europea deve facilitare questo scambio. E’ anche importante che gli ospedali portino all’attenzione dei cittadini i risultati positivi di trapianti e che abbiano un atteggiamento proattivo con i mezzi di comunicazione.

In quarto luogo, riteniamo sia importantissimo che la donazione fra viventi possa essere considerata come un’integrazione alla donazione post-mortem. Chiediamo che i donatori viventi non vengano discriminati, ad esempio da parte delle compagnie assicurative.

Infine, la donazione di organi deve rimanere rigorosamente non commerciale, altruistica e volontaria. Un possibile rimborso, secondo noi, può essere concesso solo per i costi e i disagi legati alla donazione. Per contrastare la vendita e il commercio di organi e il turismo dei trapianti, la Commissione, insieme agli Stati membri, deve agire in modo più proattivo. La tracciabilità in questo contesto è molto importante e anche Europol deve monitorare meglio e individuare casi di vendita e/o commercio di organi.

Sono convinta che il Parlamento, con questa relazione, stia trasmettendo un segnale molto equilibrato e deciso, e io vorrei chiedere ai collegi di votare in suo favore domani.

 
  
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  María Sornosa Martínez, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, signora Commissario, attendo con grande interesse la proposta di direttiva che la Commissione presenterà per stabilire i requisiti di qualità e di sicurezza in materia di donazione e acquisizione di organi in tutta l’Unione europea.

Ai fini della trasparenza di questo processo, desidero segnalare che noi socialisti sosteniamo le misure intese a proteggere i donatori e a garantire che la donazione di organi sia altruista e volontaria, escludendo ogni pagamento che non sia circoscritto unicamente al rimborso per le spese e i disagi della donazione.

Il futuro quadro legislativo non dovrebbe creare un eccessivo onere amministrativo per gli Stati membri, né mettere in pericolo l’applicazione delle buone pratiche esistenti.

Quanto al processo pratico in sé, desidero segnalare che alcuni standard di qualità molto rigidi non dovrebbero fare aumentare i costi né, soprattutto, ridurre il numero di organi disponibili a fini di trapianto. Chiaramente non si devono adottare misure che portano a impedire il trapianto di organi che oggi sono considerati accettabili, visto che si tratta di salvare vite umane e di fare in modo che la vita umana sia la più comoda possibile per il malato.

Sfortunatamente, gli eccellenti risultati dei trapianti, in termini di aumento degli anni di vita e di miglioramento della qualità della vita, hanno moltiplicato le richieste per questa forma terapica.

Provengo da un paese, la Spagna, che è leader mondiale nella donazione e nei trapianti di organi. Se siamo riusciti a raggiungere questo decoroso ranking è, senza dubbio, grazie all’esistenza di un’organizzazione nazionale dei trapianti che coordina tutte le équipe di professionisti degli ospedali di riferimento, e in ciascuno di essi esiste la figura di un coordinatore ospedaliero dei trapianti, medico professionista, che coordina tutta l’équipe e il processo che porta alla donazione.

Mi auguro che la proposta legislativa della Commissione europea tenga conto di questo tipo di modello che sta dando buoni frutti.

Desidero infine dire che sarebbe auspicabile inserire un riferimento alla necessità di coinvolgere i cittadini dei paesi terzi, con diverse culture e religioni, nella cultura della donazione, attraverso misure specifiche di sensibilizzazione, campagne nella loro madrelingua, mediatori culturali, ecc., e spingere gli Stati membri a adottare misure di responsabilità penale contro i cittadini europei che fanno turismo sanitario al fine di ottenere organi in paesi terzi, lottando energicamente contro il traffico.

Non mi resta che ringraziare il relatore e tutti i relatori ombra perché è stato facile lavorare e raggiungere accordi.

 
  
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  Jules Maaten, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Signor Presidente, cerco di mettermi nei panni dei genitori di una bambina di tre anni alla quale è stato diagnosticato un problema cardiaco e per la quale, nel suo paese, non è disponibile un cuore di tre anni, non facile da trovare. Questo cuore è invece disponibile in un altro paese europeo, che però non è interessato alla collaborazione con il resto dell’Europa. In quel caso, chiederei un’azione a livello europeo. Ed è il motivo per cui quest’azione europea è necessaria. In Europa attualmente vi sono 400 000 persone in lista d’attesa per un organo e ogni giorno ne muoiono circa dieci a causa della mancanza di organi.

Per quanto riguarda i criteri di sicurezza e di qualità, l’eccellente relazione Adamou ammonisce, a ragione, contro un eventuale inasprimento causato dalla normativa di Bruxelles. Ma la proposta legislativa – e sono lieto che il Commissario l’abbia appena promessa - non deve comportare alcun inasprimento degli oneri burocratici. Perché se vi è un settore sensibile alla burocrazia è proprio questo. Sono anche molto lieto che lei abbia appena detto che vuote aprire la strada per quanti più trapianti possibili e non vuole limitarli. Penso che sia un principio importante.

Ci occorrono garanzie per una stretta collaborazione fra gli Stati membri. La cooperazione transfrontaliera significa infatti che il processo di trapianto è curato dagli ospedali e dai medici di diversi ordinamenti giuridici. L’anno scorso, l’allora Commissario per la Salute Kyprianou ha chiesto di creare una carta europea di donatore. E la saggezza, onorevole Adamou e Commissario Vassiliou, la saggezza viene infatti da Cipro. Questa carta, integrata o meno nella tessera sanitaria europea, può garantire che gli organi che diventano disponibili siano trattati nel modo più efficiente possibile. Da uno studio di Eurobarometro risulta che l’81 per cento dei cittadini sostiene l’uso di una carta di donatore di organi, ma solo il 12 per cento degli europei ne possiede una. La relazione Adamou chiede la creazione di una carta europea di donatore volontaria e io vorrei quindi cogliere quest’opportunità, signora Commissario, per invitarla a presentare entro la fine del’anno una normativa su questa carta, a integrazione delle tessere nazionali.

 
  
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  Margrete Auken, a nome del gruppo Verts/ALE. (DA) Signor Presidente, vorrei ringraziare l’onorevole Adamou per l’ottima relazione e l’eccellente cooperazione durante la preparazione della relazione fino ad ora. Abbiamo bisogno di più organi, su questo siamo certamente d’accordo . Tuttavia, è importante che l’aumento degli organi avvenga in modo adeguato. La cooperazione è un bene e io personalmente credo che siano necessarie informazioni adeguate, informazioni migliori, affinché le persone possano sentirsi a proprio agio nell’essere donatori di organi. Di conseguenza, le persone sapranno che ogni cosa sarà fatta con rispetto, e questo vale anche per i parenti prossimi, che affrontano ovviamente la situazione più disperata delle loro vite, e potranno anche essere sicure sapendo che i loro parenti saranno trattati con le dovute cautele. Se sarà possibile discutere la questione reciprocamente, allora ne uscirà fuori qualcosa di buono.

Tuttavia, in nessuna circostanza la necessità di organi dovrebbe portare alla commercializzazione del processo. Credo che ognuno apprezzi e concordi che la questione debba essere affrontata adesso e noi affronteremo il traffico esistente. E’ inaccettabile che non abbiamo sufficientemente coinvolto Europol, perché si tratta di un vero e proprio reato. Anche in luoghi dove non è illegale, è di certo criminale che persone povere siano persuase a vendere i loro reni per sostenere le loro famiglie.

Infine, consentitemi di sottolineare quante assicurazioni saremo tenuti a fornire, dobbiamo esserne consapevoli, dato che saremo sottoposti a un’enorme pressione. Ad esempio, ritengo che una formulazione secondo cui le persone muoiono “per la cronica penuria di organi” sia infida. La gente muore perché è malata. Inoltre, non avremo mai abbastanza organi. Vi sono persone abbastanza fortunate da ricevere un organo e le cui vite sono quindi salvate. Il raggiungimento di situazioni come questa è il motivo per cui dobbiamo adottare questa relazione. Tuttavia, non ci troveremo mai in una situazione in cui avremo abbastanza organi. Nemmeno se abolissimo tutti i limiti di velocità in Europa sarebbero sufficienti.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. ADAM BIELAN
Vicepresidente

 
  
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  Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzi tutto vorrei congratularmi, da medico e membro di quest’Assemblea, con il collega Adamos Adamou per l’eccellente lavoro svolto nella relazione. Le questioni del trapianto e della donazione di organi possono talvolta dare adito a controversie e i motivi sono evidenti. Da un lato, dobbiamo tenere conto di questioni etiche, mentre dall’altro non dovremmo permettere che il progresso medico si fermi, limitando o ostacolando così la nostra capacità di aiutare le persone.

Accolgo positivamente il fatto che la relazione è basata sui pilastri che io apprezzo. Il primo di questi è costituito dagli strumenti giuridici: devono garantire che la donazione di organi continuerà a essere volontaria, piuttosto che un’attività commerciale. L’elaborazione di standard sarà utile, ma questi standard non devono incidere sull’attuazione e sulle opzioni previste nei singoli Stati membri. Il secondo pilastro riguarda la cooperazione fra gli Stati membri, che è essenziale, così come in numerosi altri settori. Il terzo pilastro riguarda il fatto che nessuna misura può essere adottata senza la cooperazione dei cittadini. Approvo quindi le misure che garantiscono una maggiore sensibilizzazione del pubblico e la trasparenza. L’obiettivo comune, che emerge in modo evidente dalla relazione, è eliminare il traffico illegale ad ogni costo. La relazione dell’onorevole Adamou apre di sicuro la strada in tal senso.

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, i nobili obiettivi della comunicazione della Commissione sulla donazione e il trapianto di organi e le azioni politiche a livello di UE, nonché la relazione dell’onorevole Adamou, che sottolinea che la donazione di organi è un dono e che è importante rispettare e proteggere la libertà di donare o di non donare organi per il trapianto, sono insufficienti.

E anche i regolamenti che prevedono l’introduzione di una carta europea di donatore saranno insufficienti se verranno respinti tutti gli emendamenti concernenti i consigli ispirati a principi etici o morali contenuti nei documenti del Parlamento europeo. La mancanza di principi morali e il loro impiego nella legislazione porta a una perdita della salute morale delle nostre società e a vari abusi in tutti i settori della vita sociale, comprese la scienza e la medicina.

Oltre alla diffusione del liberalismo e dell’affarismo, profonde differenze sociali sono alla base del commercio di organi e di altri abusi. Vi sono persone ricchissime che possono comprare qualsiasi cosa, persino organi per trapianti. Ma vi sono persone indigenti. Queste possono donare i loro organi come ultima risorsa o sotto costrizione, riducendo e le loro possibilità di avere una buona salute e di sopravvivenza.

Questo stato di cose non sarà modificato dalle assicurazioni sulle pari opportunità e l’accesso eguale ai servizi sanitari. E’ necessaria una reale protezione sociale e la tutela obbligatoria della salute e della vita umana.

 
  
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  Irena Belohorská (NI). (SK) Onorevoli colleghi, anch’io vorrei congratularmi con il dottor Adamos Adamou per la sua relazione, che è stata adottata all’unanimità dalla commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare. Nessun deputato ha votato contro la relazione, né nessuno si è opposto ad essa in nessuna commissione invitata a esprimere un parere. Il raggiungimento di questo particolare livello di consenso è anche il frutto dei frequenti e lunghi dibattiti sulla relazione organizzati dal relatore e vorrei ringraziarlo al riguardo.

Il nostro compito in materia di trapianti di organi è duplice. Da un lato vogliamo aiutare le persone per le quali il trapianto offre la sola possibilità di sopravvivenza e dall’altro è nostro dovere impedire il traffico di organi che è uno dei reati più gravi. Sappiamo che il commercio di organi è al momento particolarmente attivo nelle parti più povere del mondo, dove la donazione di organi fornisce ai poveri l’unica possibilità di sopravvivenza.

Trovo quindi riprovevole che nell’Unione europea di oggi, basata su valori morali e etici, alcune persone chiedano che questo commercio sia legalizzato. Poiché vi è un enorme gap fra l’offerta di organi – sia da persone viventi che da donatori deceduti – e la domanda di organi, è importante aumentare il numero di donatori.

Nel programma sanitario 2008-2013 la Commissione include la valutazione dei risultati post-trapianto fra le priorità della sicurezza sanitaria, il che significa che possono essere concesse borse di studio a tal fine. Sebbene accetti la possibilità di finanziare progetti con borse di studio, ho alcune riserve.

So che questo dibattito non riguarda il programma sanitario 2008-2013, ma voglio sottolineare l’aspetto seguente. Per quanto riguarda i progetti, sono stata sorpresa dalla discrepanza matematica fra il numero di progetti approvati e il numero di progetti completati: nel 2004, sono stati approvati 72 progetti e 9 completati; nel 2005, sono stati approvati 61 e 7 completati; nel 2006, sono stati approvati 87 progetti, ma nessun progetto è stato completato; e nel 2007, sono stati approvati 6 progetti e nessuno è stato completato. Sono disponibili meccanismi per verificare l’efficacia dei progetti cofinanziati dall’Unione europea?

 
  
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  Glenis Willmott (PSE). (EN) Signor Presidente, l’uso di organi umani a fini di trapianto è aumentato costantemente negli ultimi decenni. Il trapianto di organi è adesso il trattamento più efficace in termini di costi per l’insufficienza renale all’ultimo stadio. Per l’insufficienza all’ultimo stadio di organi come il fegato, i polmoni e il cuore, è l’unico trattamento valido.

I trapianti sono uno dei progressi più miracolosi della medicina moderna, ma meno del 25 per cento della popolazione britannica è registrata come donatore di organi. L’anno scorso, circa 2 400 persone nel Regno Unito hanno beneficiato di un trapianto d’organo, ma più di mille muoiono ogni giorno in attesa di un trapianto.

La carenza di organi è un dilemma comune in tutti i paesi europei e si avverte l’evidente necessità di migliorare il sistema che sostiene i donatori di organi nell’UE. Pertanto, accolgo positivamente la relazione e in modo particolare la sezione approfondita sul traffico di organi.

La mancanza di donatori ha provocato una crescita esponenziale del turismo dei trapianti nei paesi in via di sviluppo. Il mercato nero internazionale degli organi attira persone in cerca di un rene o di altri organi, e le persone che vivono nella massima povertà o altre circostanze di vulnerabilità vengono sfruttate. Sono diventati un inventario di pezzi di ricambio per i malati. Tuttavia, sono praticati trapianti di organi illegali, la sicurezza è spesso ignorata e le vite sia del donatore che del ricevente sono messe a rischio. I giornali britannici hanno già denunciato macabri siti web destinati ai cosiddetti “turisti dei trapianti”, fra cui l’offerta di reni da prigionieri giustiziati in Cina.

Non si tratta di un reato lontano. Anche diverse nazioni europee sono rimaste coinvolti nel commercio a fini di trapianto, fra cui Moldavia, Serbia, Turchia e Russia. I governi europei devono fare di più per impedire questo vergognoso reato. Vorrei quindi congratularmi con l’onorevole Amadou per quella che è una relazione di ampio respiro e ben ponderata.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE). (EN) Signor Presidente, vorrei congratularmi con il relatore per l’eccellente relazione.

Consentitemi di cogliere l’occasione per sollevare una questione importante, ma molto controversa che, sebbene non sia attualmente oggetto di decisione, deve comunque essere affrontata in una certa misura: si tratta del concetto di consenso presunto. La maggior parte degli organi di potenziali donatori non diventano mai disponibili perché il sistema di acquisizione del consenso del donatore in vita, o dei suoi parenti, non può mai funzionare ad un livello talmente efficiente da superare gli stretti limiti di tempo, le sensibili manifestazioni psicologiche per la perdita e le complesse tecnicità della raccolta e del trasporto dell’organo.

La risposta al problema della disponibilità di organi è presumere senz’altro che tutte le persone decedute siano donatori, a meno che non sia opposta un’obiezione in tempo da parte di un parente stretto o il donatore abbia negato la sua approvazione quando era in vita. So che per i legislatori questa soluzione non è facile da accettare, ma mi auguro che provocherà una riflessione seria e matura in futuro, sulla base del realismo e tenendo a mente l’enorme numero di vite che potrebbero essere salvate se tale sistema fosse attuato.

 
  
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  Hiltrud Breyer (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Adamou, sappiamo che la domanda di organi supera l’offerta, sappiamo anche, tuttavia, che l’unico modo per aumentare l’offerta è garantire il principio della non commercializzazione. Non può esserci commercio di organi e noi non possiamo permettere che gli indennizzi di spesa e i rimborsi si trasformino in forme celate di pagamento.

Il problema del traffico di organi non è gestito seriamente nell’Unione europea. Sono lieta di sentire dal Commissario che alla fine il traffico di organi sarà inserito nella relazione sul traffico di esseri umani. Tuttavia, cosa accade se il cittadino europeo ritorna da un paese terzo come le Filippine con un organo? Nessun dottore o ospedale gli chiederà l’origine dell’organo. Il cittadino europeo non sarà obbligato a provare che non proviene dal traffico di organi. Ecco perché abbiamo bisogno della tracciabilità se vogliamo effettivamente eliminare il traffico. E’ qui che l’Unione europea ha una grande responsabilità perché non possiamo permettere il verificarsi di una situazione in cui le persone in Cina, Ucraina o altri paesi devono vivere nel timore della mafia degli organi.

E’ tragico che la povertà e la disperazione spingano le persone a vendere i propri organi. E’ altrettanto tragico, ovviamente, che le persone debbano morire perché vi sono troppi pochi organi a disposizione per i trapianti, ma dobbiamo considerare entrambe le facce della medaglia.

 
  
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  Kathy Sinnott (IND/DEM). (EN) Signor Presidente, essere sollevati dalla morte e dalla malattia grazie al dono di un organo è una cosa meravigliosa, ma abbiano carenza di organi. Le cellule staminali adulte sono uno sviluppo promettente, degno di nota. Molte persone che altrimenti avrebbero avuto bisogno di un trapianto sono eliminate dalle liste d’attesa, dato che le loro stesse cellule staminali sono usate per riparare i loro organi danneggiati. Inoltre, in uno studio, sono stati creati nuovi organi per gli animali, usando le loro cellule staminali. Tali organi sostituivi non presentano problemi di rigetto per il ricevente.

Vorrei ringraziare il relatore per avere sostenuto gli emendamenti sulla parità nella donazione di organi per le persone con disabilità. La ricerca della commissione per i diritti dei disabili suggerisce che le persone con disabilità hanno quattro probabilità in più di morire a causa di una patologia trattabile, e la mancanza di organi è una di queste condizioni. Dobbiamo lottare contro tale discriminazione istituzionalizzata e garantire un accesso paritario, libero ed equo alla donazione di organi per tutti.

Vorrei anche congratularmi con Derek Rowe e tutti quelli che lavorano all’Irish Air Ambulance i quali, pur non avendo ricevuto alcun sostegno dal governo irlandese, alla fine avranno la prima eliambulanza operativa in Irlanda entro la fine dell’anno. La sede è presso la Cornwall Air Ambulance. La prima missione della Cornwall Air Ambulance ha coinvolto una persona che era annegata e ha donato quattro organi – organi che sarebbero andati perduti senza un’eliambulanza.

 
  
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  Maciej Marian Giertych (NI). (PL) Signor Presidente, la trapiantologia soffre per la penuria di organi. La domanda è elevata e quindi sono in ballo forti somme di denaro. E dove vi sono grandi somme di denaro, vi sono abusi. Di conseguenza, emerge un nuovo tipo di criminalità. Vi sono esempi di acquisti da donatori poveri – per pochi centesimi si possono acquistare reni da trapiantare. Sentiamo di organi espiantati da persone giustiziate, alle quali non è stato chiesto il consenso. Sentiamo di potenziali donatori rapiti e uccisi in modo da ottenerne gli organi. Vi sono casi di morti accelerate per espiantare organi. Questo è ciò di cui vorrei parlare.

Da quando è nata la trapiantologia, la definizione di morte è cambiata. E’ emerso un criterio per la morte cerebrale – definito per la prima volta nel 1968 a Boston. E’ noto come criterio Harvard e da allora sono emersi nuovi criteri di morte cerebrale, ognuno di essi meno restrittivo del precedente. La cessazione dell’attività cerebrale non corrisponde a un’osservazione. E’ una prognosi. Per verificarla, la macchina di sostentamento viene scollegata e questo in sé può provocare il decesso. Talvolta è prevista l’assistenza di anestesisti per ottenere gli organi del presunto morto, di modo che l’espianto da un corpo morto sia indolore.

Occorre una definizione di morte più rigida, non più liberale. Prendere una vita per salvarne un’altra non è accettabile.

 
  
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  Harald Ettl (PSE) . – (DE) Signor Presidente, se vogliamo una politica sanitaria comune, allora la richiesta rivolta alla Commissione di presentare una proposta di direttiva sulla donazione e il trapianto di organi è tempestiva. L’offerta estremamente esigua di organi, che persiste in alcuni Stati membri, fa sì che molti pazienti rimangano sulle liste d’attesa per anni e molti di loro muoiano. Se avessimo già 20-30 donatori morti e vivi per milione di abitanti, l’Unione europea disporrebbe di un adeguato approvvigionamento di organi.

Questo risultato dipende, tuttavia, dalle leggi sui trapianti che prevedono, in linea di principio, l’espianto di organi dopo la morte, a meno che la persona interessata abbia lasciato istruzioni del contrario. Solo gli Stati membri con questo tipo di legislazione – e ve ne sono attualmente 11 – possono sperare di risolvere il problema a livello europeo. L’articolo 38, o piuttosto l’emendamento proposto a detto articolo, contrasta con questa soluzione. In Austria, sebbene il principio dell’espianto degli organi sia inserito nella legge, uno specialista di terapia intensiva con formazione psicologica discuterà la procedura anche con la famiglia del donatore deceduto, e questo sistema ha avuto molto successo. Se i parenti si oppongono all’espianto dell’organo, allora sarà rispettato il loro volere.

Altri approcci – come quello seguito nel paese più grande vicino all’Austria – portano a serie difficoltà per quanto riguarda l’offerta di organi e, quindi, trasformano la questione in un problema europeo. Un sistema funzionale per l’ottenimento degli organi dipende dall’avere le stesse norme in Europa e da accordi per la distribuzione di organi che siano trasparenti ed equi e possano essere supervisionati a livello nazionale. Qualsiasi approccio privo di questi elementi sarà un capriccioso spreco di tempo e, al peggio, genererà un’ambigua forma di commercio per i paesi poveri e principalmente non europei.

So di cosa sto parlando perché, quale ministro della salute in Austria, ero responsabile della questione e la nostra esperienza oggi è positiva. La proposta dinanzi a quest’Aula non fa abbastanza per risolvere il problema a livello europeo. Attendo e spero molto di più da lei, signora Commissario!

 
  
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  Johannes Blokland (IND/DEM). (NL) Signor Presidente, i precedenti oratori hanno già detto tutto: la donazione di organi è un argomento delicato. E’ anche un argomento che, a mio avviso, deve essere trattato in larga misura a livello di Stati membri. Tuttavia, un approccio europeo può essere sensato, soprattutto in materia di requisiti di qualità e scambio di informazioni. Dobbiamo affrontare il commercio illegale di organi con tenacia. La relazione di propria iniziativa dell’onorevole Adamou dà a quell’idea un importante contributo e vorrei ringraziarlo per questo.

Alcuni deputati hanno invocato l’introduzione di un sistema “senza obiezione”, ma al riguardo nutro forti dubbi. Non possiamo costringere nessuno ad una scelta sulla donazione di organi se il potenziale donatore non ha ancora soppesato la situazione in modo chiaro e responsabile. Sono lieto che questo punto, nella risoluzione, sia stato lasciato alla responsabilità degli Stati membri.

Infine, vorrei esprimere il mio sostegno agli emendamenti presentati, fra l’altro, dagli onorevoli Sinnot, Lies e Bowis in relazione ai benefici dimostrati dell’uso di cellule staminali adulte.

 
  
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  Anne Ferreira (PSE). (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, vorrei innanzitutto congratularmi con l’onorevole Adamou per il suo lavoro.

Se uno degli obiettivi della relazione è abbattere gli ostacoli alla donazione d’organi e garantire la sicurezza dei trapianti, il primo problema è chiaramente quello dell’autosufficienza in seno a ciascuno Stato membro e all’Unione europea. La penuria di organi riguarda tutti gli Stati membri a diversi livelli. Questa situazione, dalle conseguenze drammatiche per le persone in attesa di un trapianto, può essere una delle cause del traffico di organi, non è la sola. Sembra che la prima origine del traffico di organi sia il loro valore commerciale.

Per rimediare a questa situazione, almeno nell’Unione europea, tre principi devono guidare la nostra azione: gratuità, volontariato, anonimato. Se la commercializzazione non è possibile, allora il traffico sarà più difficile. E per tentare di risolvere la questione fondamentale della penuria, come sottolinea la relazione, dobbiamo non solo condurre vere e proprie campagne di mobilitazione, ma anche sensibilizzare di più i potenziali donatori. Alcuni Stati membri ci hanno già mostrato la strada da seguire al riguardo.

Ricordiamoci che in materia di donazione di sangue, che registra la stessa penuria in Europa, diversi anni fa avevamo chiesto che ciascuno Stato membro conducesse campagne di incitamento alla donazione di sangue. Che ne è stato di questa richiesta? Possiamo appoggiarci su questa esperienza ed estenderla, ovvero migliorarla, per coprire anche gli organi?

Vorrei quindi sottolineare due punti che ritengo problematici. Il primo è la carta di donatore, non adatta allo scopo, e l’altra la questione del donatore in vita che, a mio avviso, dovrebbe essere strutturata meglio. Questi due punti sottolineano il ruolo e il posto essenziale che devono occupare i medici e i chirurghi.

Infine, la relazione fa riferimento alle possibilità terapeutiche offerte dall’impiego delle cellule staminali adulte. Vorrei anche menzionate le prospettive offerte dal sangue del cordone ombelicale nel trattamento dei tumori del sangue, in situazioni del trapianto del midollo. Non trascuriamo questa strada. L’avevo già menzionata durante la sua audizione, signora Commissario.

 
  
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  Hélène Goudin (IND/DEM). (SV) Signor Presidente, la donazione di organi è una questione delicata dal punto di vista etico e deve essere diretta da valori nazionali. La cooperazione transfrontaliera può essere utile per garantire la qualità e la sicurezza, ma la scelta se donare o ricevere organi deve essere una scelta dell’individuo o della sua famiglia. Questa scelta spesso affonda le proprie radici in un contesto culturale.

La carta europea del donatore proposta è inadeguata, dato che le norme sul consenso, la distribuzione e la struttura organizzativa differiscono fra i vari Stati membri. La sanità è e dovrebbe rimanere una questione nazionale. Tuttavia, la Junilistan svedese è favorevole allo scambio volontario di organi e di esperienze fra le organizzazioni esistenti negli Stati membri.

Le misure proposte dal Parlamento per incoraggiare il dibattito sulla donazione di organi, ad esempio linee telefoniche nazionali dedicate ai trapianti, una positiva esposizione mediatica della donazione di organi e le sponsorizzazioni delle stelle dello sport possono essere giustificate, ma queste iniziative devono essere decise dagli Stati membri stessi sulla base del contesto sociale prevalente nel rispettivo paese.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE). (SK) Vorrei porgere le mie più vive congratulazioni all’onorevole Adamou. A causa della penuria di organi, alcune persone sono pronte a ricorrere a metodi criminali. Hanno trasformato il timore degli esseri umani in un commercio lucrativo di organi umani, e i bambini sono il gruppo più a rischio.

Due settimane fa ho fatto un appello in Slovacchia e adesso faccio un appello a quest’Assemblea e alla Commissione europea ai fini di un’ampia campagna di sensibilizzazione dei genitori sui pericoli che minacciano i loro figli. Dobbiamo lanciare una campagna paneuropea intitolata “Sai dov’è tuo figlio adesso?.

Questa campagna dovrebbe aumentare il senso di responsabilità dei genitori per i loro figli. Dobbiamo affrontare la questione molto seriamente e l’Unione europea deve adottare misure per trattare la natura transazionale del commercio illegale di organi umani.

 
  
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  Gyula Hegyi (PSE). (HU) Un numero irragionevolmente elevato di persone muore o soffre per l’indisponibilità, in tempo utile, di organi ai fini di un trapianto. Molte persone non ritengono che l’uso dei loro organi dopo la morte sia un problema etico, se sanno che la donazione è possibile, ma a causa di inadeguate informazioni non donano i loro organi. Ovviamente, tutti hanno il diritto di fare la propria scelta, e nessuno può respingerla o forzarli a scegliere. E’ importante, tuttavia, che i cittadini dei nostri paesi comprendano che, in base a regole diverse nei vari Stati membri, se non dispongono per la donazione dei loro organi, alcuni paesi consentiranno il trapianto, mentre altri no. Approvo la proposta del Parlamento europeo di nominare un rappresentante legale che possa decidere in merito all’uso degli organi dopo la morte se la persona deceduta non ha lasciato disposizioni. Il commercio illegale di organi è un crimine ripugnante legato ai trapianti di organi. Dobbiamo agire con fermezza al riguardo, sopratutto quando coloro che sono amici dichiarati dell’occidente praticano quest’attività. Coprire questi crimini sarebbe una vergogna collettiva.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE). (ET) I trapianti di organi devono essere effettuati con rapidità. Non deve trascorrere più di un paio d’ore fra l’espianto e il trapianto. Pertanto, la sensibilizzazione e l’opinione pubblica svolgono un ruolo importante ai fini dell’incremento della donazione di organi.

La donazione e il trapianto di organi sono procedure mediche e per svilupparle ulteriormente è necessaria la piena partecipazione del pubblico e una maggiore sensibilizzazione. I mezzi più efficaci per aumentare la disponibilità pubblica sembrano essere il miglioramento della conoscenza delle questioni inerenti ai trapianti fra il pubblico e i mezzi di comunicazione. Questo deve essere il primo passo.

In secondo luogo, vorrei sottolineare che, non essendoci attualmente un coordinamento europeo per lo scambio di organi, è molto importante procedere a un miglioramento in quel settore, specialmente per quanto riguarda il coordinamento del sistema per lo scambio di organi che esiste attualmente fra gli Stati membri, ad esempio attraverso una carta europea del donatore o una linea telefonica europea dedicata alla questione.

 
  
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  Sylwester Chruszcz (NI). (PL) Signor Presidente, moto che, in generale, concordiamo tutti sul fatto che i trapianti di organi non debbano essere un’attività commerciale. Qualsiasi uso commerciale degli organi è di per sé contrario all’etica e ai valori umani fondamentali. L’elevata richiesta di organi a fini di trapianto può portare alla patologia o, appunto, alla criminalità. Tutta l’Europa di recente è rimasta sconcertata dalle parti del libro di Carla Del Ponte in cui si parla di terroristi albanesi che usavano i cittadini serbi del Kosovo per trapianti commerciali. Questa è la questione che l’Assemblea e gli Stati membri dovrebbero affrontare. Credo che il consenso informato del donatore debba sempre essere la base per la donazione e il trapianto di organi. E’ necessario garantire una tale soluzione, che deve diventare la norma in Europa.

 
  
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  Péter Olajos (PPE-DE). – (HU) La ringrazio signor Presidente. Onorevoli colleghi, forse non tutti sanno che il primo trapianto di organo del mondo è stato eseguito a Vienna nel 1902 da una persona di origine ungherese, Imre Ulmann. Questo particolare legame con la capitale austriaca è esistito sin da allora ed è talmente forte che, seppure il personale e le risorse tecniche siano pressoché le stesse, i trapianti di polmoni ungheresi sono ancora eseguiti a Vienna. E perché no? Costa tre volte tanto e anche il numero di pazienti è ancora limitato. Non vi è dubbio che i coordinatori dei trapianti devono essere nominati nelle unità di terapia intensiva degli ospedali europei. Il numero di questi coordinatori in Ungheria è attualmente uguale a zero, mentre in Spagna è di 156. Per quanto riguarda il trapianto di cuore, il mio paese registra risultati eccellenti, posizionandosi a un buon livello in ambito internazionale, ma siamo alla base dell’elenco in Europa. La ragione è la mancanza di donatori, mancanza di attrezzature, viaggi aerei, e delle risorse umane necessarie. Ci auguriamo che questa relazione contribuirà ad affrontare queste anomalie dal momento che il problema non è nei nostri cuori, ma nelle nostre menti. Vi ringrazio e propongo di adottare la relazione.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE). (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare il relatore per la sua relazione.

Stasera vi sono 700 persone in Scozia in attesa di un trapianto di organo: vale a dire 700 famiglie in attesa di una chiamata che potrebbe garantire la sopravvivenza dei loro cari.

La necessità del consenso su questa questione delicata è essenziale ed è un giorno triste se gli Stati membri non riescono ad accordarsi in materia. Vorrei che il sistema di donazione di organi fosse, come ha detto l’onorevole Matsakis, un sistema nel quale tutti hanno deciso di donare, a meno che non abbiano chiesto di essere esclusi. Ciò aiuterebbe l’offerta, in particolare per i giovani e le minoranze etniche, dove la carenza è acuta. Tale sistema aiuterebbe a salvare vite di molti europei. Accetto il piano d’azione della Commissione, facciamo sì che non sia troppo poco, troppo tardi.

 
  
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  Androula Vassiliou, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, è stato un dibattito molto interessante e vivace e non sorprende, data la gravità e l’importanza del problema.

Sono state sollevate numerose questioni. Cercherò di commentarne alcune. La non commercializzazione degli organi è una questione molto importante e io credo, concordo, che la donazione di organi dovrebbe essere altruistica e volontaria. Ecco perché, ovviamente, le carte di donatore dovrebbero essere volontario e lo stesso vale per la carta europea di donatore, che intendiamo introdurre nel nostro piano d’azione.

In alcuni Stati membri esistono buone pratiche e dovrebbero essere condivise con gli altri Stati membri a vantaggio di tutti. La direttiva della Commissione sulla qualità e la sicurezza, vi garantisco, sarà abbastanza flessibile da non incidere sulla donazione, garantendo l’applicazione di requisiti di base in tutta l’Unione europea. Voglio confermare che anche la tracciabilità sarà inserita nella direttiva.

Il consenso per la donazione è una questione particolarmente delicata, che deve tenere conto degli atteggiamenti locali e culturali sulla donazione e sul trapianto. Desidero sottolineare che le autorità nazionali sono responsabili di stabilire i requisiti giuridici e le pratiche relative al consenso alla donazione nel loro Stato membro e di garantire che i loro cittadini siano a conoscenza dei loro diritti in questo settore.

Direi che l’uso delle cellule staminali tratte dal cordone ombelico ha dimostrato la sua utilità nel trattamento di alcune malattie maligne, quali il cancro. La Commissione sostiene lo sviluppo delle banche del sangue del cordone ombelicale e l’uso di questa tecnologia.

Ritengo altresì che sia molto importante la sensibilizzazione dei cittadini europei e l’armento delle donazioni fra vivi e donatori post-mortem, perché in questo modo – come ho detto all’inizio – combatteremo indirettamente il traffico. Per impedire il turismo dei trapianti, credo sia molto importante che i cittadini siano resi edotti sia dei pericoli relativi alla sicurezza degli organi sia delle questioni etiche che possono sollevarsi. Come sappiamo, in molti paesi terzi, persone molto povere e vulnerabili sono sfruttate per l’estrazione di organi.

Infine, onorevoli deputati, vorrei ringraziarvi ancora una volta per averci elaborato una relazione talmente costruttiva. In particolare, vorrei sottolineare l’obiettivo fondamentale di salvare vite umane, riconoscendo gli importanti progressi scientifici nella donazione di organi.

Non vedo l’ora di continuare la nostra stretta e costruttiva collaborazione e di presentare la proposta della Commissione a quest’Assemblea alla fine di quest’anno.

 
  
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  Adamos Adamou, relatore. − (EL) Signor Presidente, vorrei ringraziare tutti coloro che sono intervenuti su questo argomento particolarmente delicato. Vorrei adesso formulare alcune osservazioni.

L’onorevole Maaten e altri oratori hanno parlato della carta europea di donatore, che noi abbiamo adottato ad integrazione di ciò che è previsto negli Stati membri. L’onorevole Maaten ha citato alcune cifre corrette: l’80 per cento dei cittadini intervistati era favorevole, ma solo il 12 per cento possiede una carta di donatore. Tuttavia, un’altra statistica dovrebbe darci motivo di preoccupazione: di coloro che possedevano una carta di donatore al momento del loro decesso, il 50 per cento non ha donato gli organi perché le famiglie si sono opposte. Vi sono quindi problemi per i quali non abbiamo nessuna certezza che saranno risolti con la carta europea di donatore.

Per quanto riguarda il punto sollevato dall’onorevole Matsakis sul “consenso presunto”, è una questione che riguarda gli Stati membri. Secondo il collega che ha parlato della Scozia, il consenso presunto risolve il problema. Spetta agli Stati membri decidere se adottare tale misura. Non dovremmo dimenticare il principio di sussidiarietà. In questo caso, dobbiamo verificare quali sistemi hanno avuto successo, in modo da scambiare esperienze e procedure, come nel caso della Spagna, cui ha fatto riferimento l’onorevole Sornosa Martínez. Perché non abbiamo nei vari ospedali coordinatori, dottori e infermieri specializzati, in grado di riconoscere potenziali donatori così che i trapianti possano essere effettuati e noi possiamo aumentare la disponibilità di organi? L’onorevole Auken, che non è qui al momento, ha detto che noi non saremo mai in grado di colmare la carenza di organi. Da dottore e scienziato, la mia risposta è che forse non vivrò fino a vedere quel giorno, o lo vedrà la generazione futura, ma nei prossimi anni arriverà il giorno un cui saremo in grado di creare l’organo che vogliamo dalle cellule dell’individuo che ne ha bisogno, forse dalla sua pelle o da altre parti.

Signora Commissario, lei ha parlato delle cellule sanguigne del cordone ombelicale e della loro conservazione. Adesso vorrei sottolineare che realmente non dobbiamo cadere nelle mani di imprese private che operano per il profitto. Nel mio paese, Cipro, la Fondazione Karaiskakio fornisce questo servizio gratuitamente. Vi sono tre imprese private che fanno pagare ai genitori la conservazione delle cellule sanguigne del cordone ombelicale. Queste cellule sono anche cellule precursori e staminali e sono molto preziose, come lei sa.

Cosa dire al riferimento fatto sul commercio? Il collega ha accennato alla relazione di Carla Del Ponte. Ad essere sinceri, mi aspettavo questa relazione prima. Certo, contiene un’ulteriore prova che il traffico ha luogo anche nell’Europa allargata.

Vi ringrazio tutti ancora una volta. Penso che sia giunto il momento per noi di agire quali cittadini europei. Dobbiamo mobilitarci, coordinarci, sensibilizzare quanti ci stanno intorno e dare il buon esempio: dobbiamo diventare noi stessi donatori di organi.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, 22 aprile 2008.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Slavi Binev (NI), per iscritto. (BG) Esprimo la mia profonda soddisfazione per la relazione dell’onorevole Adamou. Sostengo l’idea che ridurre la penuria di organi sia la sfida principale che gli Stati membri dell’UE affrontano per quanto riguarda i trapianti di organi.

Il 9/04/2008 i miei colleghi del partito ATAKA, Dimitar Stoyanov, Desislav Chukolov e io abbiamo presentato una dichiarazione scritta a sostegno del consenso informato per la donazione di organi, tessuto e cellule in Bulgaria nella quale abbiamo chiesto alla Commissione europea di presentare una proposta sulla qualità e la sicurezza della donazione di organi. L’introduzione di una carta europea di donatore ad integrazione dei sistemi nazionali esistenti contribuirà alla rapida identificazione dei donatori e quindi aumenterà la disponibilità del materiale da trapianto necessario. La sensibilizzazione del pubblico sulla donazione e sul trapianto e l’introduzione di una normativa comunitaria uniforme e severe misure di persecuzione dei criminali impegnati nel traffico di organi, compreso il personale medico, serviranno da garanzie per le procedure di donazione e il consenso informato.

Ancora una volta, congratulazioni per la sua relazione.

 
  
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  Titus Corlăţean (PSE), per iscritto. (RO) Sostengo la proposta di risoluzione del Parlamento europeo sulle azioni politiche a livello di Unione europea in materia di donazione e di trapianto di organi.

Chiedo che la Commissione europea proponga una direttiva più globale che fissi requisiti di qualità e di sicurezza per la donazione e il trasporto di organi nell’Unione europea. Questa direttiva dovrebbe prevedere metodi per prevenire potenziali abusi.

Il nuovo atto legislativo dovrebbe integrare e rafforzare gli sforzi degli Stati membri di migliorare la situazione attuale, imponendo linee di condotta a livello europeo, tenendo conto dei progressi in medicina.

Insisto sul coinvolgimento degli Stati membri, compreso lo Stato membro da cui provengo, la Romania, nell’educazione dei cittadini, presentando i vantaggi della donazione di organi e riconoscendo il fatto che la donazione e il trapianto di organi significano vite salvate.

Sono anche a favore del coinvolgimento della Commissione europea nell’organizzazione di dibattiti pubblici insieme alle organizzazioni non governative europee interessate, al fine di individuare le soluzioni migliori, sia per la campagna di comunicazione sia per trarre profitto dall’esperienza e dalle buone pratiche degli Stati membri.

La velocità di risposta è essenziale in tali casi. Sono necessarie una migliore organizzazione del sistema medico a livello nazionale, nonché la sensibilizzazione dei paramedici a tali emergenze.

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. (EN) E’ una relazione cruciale e una reale opportunità per salvare vite. La penuria cronica di organi in Europa causa 60 000 morti non necessarie.

Per questo motivo è necessaria un’azione urgente.

1. Eliminazione delle restrizioni nella donazione di organi e rafforzamento della cooperazione fra gli Stati membri e aumento del numero di organi sicuri di qualità disponibili per i trapianti. Ciò che è necessario è una direttiva della Commissione che aggiunga valore e stabilisca standard di livello del’UE di qualità e di sicurezza che integrino i piani esistenti negli Stati membri.

2. Incitamento degli Stati membri a adottare un sistema “senza obiezione” piuttosto che di “consenso” per la donazione di organi. Questo consentirebbe una maggiore consapevolezza della penuria e permetterebbe a più persone di considerare attivamente la loro posizione sulla questione.

3. Sostengo pienamente l’accento posto nella relazione sul traffico illegale di organi. Sono particolarmente preoccupata per il fatto che spesso il più povero è visto come fonte di organi da donare. Dobbiamo porre fine e questo crudele sfruttamento della povertà e proteggere le vittime innocenti che sono raggirate con la perdita dei loro organi. Non è solo un problema dei paesi in via di sviluppo, ma anche dell’Europa orientale. Vorrei anche il coinvolgimento di Europol e Interpol per arginare questo commercio illegale.

 
  
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  Katalin Lévai (PSE), per iscritto. (HU) Accolgo positivamente la relazione dell’onorevole Adamos Adamou sulla donazione di organi e il commercio di organi. Sebbene l’esperienza tecnica in questo settore sia purtroppo spesso molto diversificata fra gli Stati membri, l’uso di organi umani a fini di trapianto è aumentato drasticamente negli ultimi decenni. Vi sono circa 40 000 persone in liste d’attesa nell’Europa occidentale e di conseguenza il commercio di organi, come forma di sostentamento, sta prosperando nelle zone più povere dei paesi dell’Europa orientale.

La carta europea di donatore rappresenta una buona soluzione per le questioni giuridiche della donazione, ma devono essere applicate misure più severe contro il traffico e il commercio di organi. Dato che, nonostante tentativi isolati, non vi è un sistema di registrazione di facile uso per gli organi disponibili per i trapianti, nemmeno a livello nazionale, è importante introdurre un certificato, simile al sistema Schengen, accessibile su Internet, valido in tutte l’Unione, sostenuto da pareri medici e da un’unica banca dati dei trapianti dell’Unione. Istituti certificati impegnati nel trapianto legale di organi umani avrebbero a disposizione istantaneamente queste informazioni vitali e potrebbero stringere accordi bilaterali, mentre i poveri e i vulnerabili sarebbero protetti, senza diventare vittime del traffico di organi.

La creazione di una banca dati è una necessità assoluta affinché gli organi disponibili in diversi paesi possano essere usati, ed è pertanto vitale che gli Stati membri abroghino la normativa che le vieta.

E’ altresì importante che la donazione di organi rimanga rigorosamente “non commerciale”, ma le condizioni alle quali può essere offerta una cooperazione finanziaria devono essere ben definite.

 
  
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  Joseph Muscat (PSE), per iscritto. – (MT) Qualsiasi inazione o ritardo nel settore della donazione di organi costano vite che potrebbero essere salvate.

Quali europei, abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri. Inoltre, i paesi che hanno esperienza e infrastrutture in questo settore possono aiutare gli altri, come Malta, che potrebbe non avere la massa critica, specialmente in caso di patologie rare.

Di recente, le popolazioni di Malta e di Gozo sono state commosse dal caso di Jamie Zammit. Jamie sta avendo problemi a trovare un donatore che lo salvi da una patologia nota come anemia di Fanconi perché a Malta attualmente non abbiamo un registro di donatori di midollo osseo.

Il governo maltese ha annunciato adesso la creazione di tale registro. E’ una buona notizia. Tuttavia, per istituire tale registro, abbiamo bisogno di una procedura specializzata di tipizzazione HLA, che ancora non esiste a Malta, e abbiamo anche bisogno di formazione a lungo termine in altri paesi che possano introdurci tale procedura.

Chiedo che, a titolo della solidarietà europea, Malta riceva tutto l’aiuto di cui necessita, in particolare fino al momento in cui questo sistema non sarà istituito nel nostro paese, affinché possiamo salvare il maggior numero di vite innocenti possibile.

 
  
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  Daciana Octavia Sârbu (PSE), per iscritto. (RO) La penuria di organi, che ha portato al rapido sviluppo della commercializzazione e al turismo di organi, rappresenta un problema sanitario essenziale che l’Unione europea deve affrontare. Il traffico di organi è causato da una combinazione di fattori quali povertà, corruzione e criminalità, motivo per cui i paesi dell’Europa orientale sono i più esposti a questo fenomeno. Per prevenire questo “turismo dei trapianti”, la relazione della commissione per l’ambiente chiede che la donazione di organi sia altruistica e volontaria, senza diventare una fonte di profitto per i donatori. Gli Stati membri dovrebbero agire per proteggere i donatori più poveri e più vulnerabili in modo che non diventino vittime del traffico di organi.

Tuttavia, esiste una considerevole differenza fra gli Stati membri dell’UE per quanto riguarda l’organizzazione delle attività di donazione e trapianto, la comunità di donatori e le fonti di ottenimento di organi. Ad esempio, il basso numero di donatori in Romania è dovuto alla mancanza di un sistema efficiente per individuare i donatori e di dottori adatti al coordinamento dell’organizzazione dei trapianti. Per questo motivo, la media europea per numero di donatori è di 20, mentre in Romania è solo di 0.5. Abbiamo bisogno di infrastrutture tecniche e logistiche adeguate nonché di sostegno psicologico e organizzativo per ridurre le differenze fra domanda e offerta.

 
  
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  Richard Seeber (PPE-DE), per iscritto. (DE) Oggi, in Austria, quasi un migliaio di pazienti è registrato per un trapianto. Purtroppo, non tutti questi pazienti otterranno il trapianto che potrebbe salvarli.

Ogni anno, circa 150 pazienti muoiono in attesa di un trapianto a causa del limitatissimo numero di organi disponibili. La penuria di organi è una sfida importante per l’Europa. Ecco perché è necessaria una direttiva sulla qualità e la sicurezza delle donazioni di organi. Tuttavia, sono altresì necessari la cooperazione fra Stati membri e lo scambio delle buone pratiche. Attualmente esistono considerevoli differenze in Europa in termini di numero di donazioni di organi e di quote dei trapianti. La cooperazione fra Stati membri dovrebbe incentrarsi sulla scoperta di sistemi più efficienti, lo scambio di esperienze e la promozione di procedure ben stabilite. Gli Stati membri devono imparare gli uni dagli altri.

Sono convinto che la donazione in vita dovrebbe sempre rimanere complementare alla donazione post-mortem. Inoltre, è importante che le donazioni rimangano volontarie e gratuite. I trasferimenti di denaro fra donatore e ricevente sono inaccettabili. La Commissione e gli Stati membri devono prendere misure per combattere il turismo dei trapianti e il commercio illegale di organi con maggiore efficacia.

 

19. Contributo del volontariato alla coesione economica e sociale (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione, presentata dall’onorevole Marian Harkin a nome della commissione per lo sviluppo regionale, sul contributo del volontariato alla coesione economica e sociale [2007/2149(INI)] (A6-0070/2008).

 
  
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  Marian Harkin, relatrice. (EN) Signor Presidente, grazie per l’opportunità di esprimere qualche commento sulla mia relazione sul volontariato e sul contributo del volontariato alla coesione economica e sociale.

Innanzi tutto, vorrei ringraziare i miei colleghi della commissione per lo sviluppo regionale per l’eccellente cooperazione in merito alla relazione e, in particolare, i relatori ombra. Vorrei anche porgere i miei ringraziamenti ai funzionari della Commissione, al personale de gruppo ALDE e al personale della commissione per lo sviluppo regionale del Parlamento per il loro interesse e la loro assistenza.

Oltre 100 milioni di europei svolgono attività di volontariato – una cifra incredibile! Secondo la Commissione, un numero fra un terzo e metà della popolazione europea è impegnato in qualche tipo di attività di volontariato. A mio avviso, noi, quale istituzione, abbiamo la responsabilità di riconoscere, di apprezzare e di sostenere il volontariato in ogni situazione possibile.

Il volontariato è un’attività particolare sotto diversi aspetti: è aperta a tutti ed è offerta gratuitamente; contribuisce alla coesione sociale ed economica; mette in pratica uno dei valori europei più importanti –quello della solidarietà. Che si tratti di un singolo che consegna un pasto sui pattini a rotelle ad un vicino anziano, o di migliaia di persone che si mobilitano in caso di disastro naturale, quali inondazioni o incendi di foreste, i volontari possono contribuire a costruire comunità e a ridurre l’alienazione.

Il volontariato come attività supera le generazioni. E’ una risorsa talvolta latente, che risiede all’interno di comunità, di organizzazioni e di reti. E’ un’energia all’interno di ciascuno di noi, ma è attivata solo quando ci impegniamo con gli altri. A mio avviso, è una forma preziosissima di energia rinnovabile.

Esiste un forte legame fra il volontariato e la cittadinanza attiva: la partecipazione ad attività di volontariato è un’espressione tangibile di democrazia partecipativa. In quest’Aula, noi rappresentiamo i nostri cittadini e quali politici siamo impegnati a favore di una democrazia rappresentativa, ma talvolta non prestiamo abbastanza attenzione all’altra parte dell’equazione: democrazia partecipativa. Questo è il modo in cui i cittadini, attraverso le loro attività, partecipano al processo democratico, e il volontariato facilita questo importante processo.

Passando alla mia relazione, essa contiene una serie di suggerimenti pratici su come possiamo aggiungere valore a livello europeo. La Commissione deve svolgere un ruolo per assicurare che gli Stati membri aderiscano al principio di partenariato contenuto negli orientamenti strategici della Comunità sulla coesione e per garantire che non manteniamo l’illusione dell’inclusione di ONG, gruppi di volontariato, ecc., come accade attualmente in numerosi Stati membri.

Credo anche che dovrebbe essere creato un sistema a titolo di tutti i fondi europei, nell’ambito del quale l’attività di volontariato sia riconosciuta come contributo a progetti di cofinanziamento. Se riusciamo a farlo, mostreremo con la nostra azione che sosteniamo i volontari.

Dovremmo ampliare le opportunità e i programmi già in fare di realizzazione per facilitare il volontariato fra i giovani e creare opportunità e programmi simili per facilitare il volontariato fra i più anziani. E, ad ogni occasione possibile, dovremmo promuovere il volontariato intergenerazionale.

Un altro settore in cui la Commissione può agire è la previsione di un regime di visti più liberale, perché i volontari dei paesi vicini siano coinvolti in programmi sponsorizzati dall’UE.

Gli Stati membri possono svolgere un ruolo importante producendo conti satellitari periodici, in modo da potere misurare il valore del volontariato e delle istituzioni no-profit. Le cifre per molti paesi, fra cui USA, Belgio, Repubblica ceca e Canada, indicano che le istituzioni no-profit rappresentano dal 5 per cento al 7 per cento del PIL. I responsabili delle politiche non possono ignorare queste cifre e devono tenerne conto in sede di elaborazione delle politiche. Inoltre, per ogni euro che le organizzazioni spendono per sostenere i volontari, hanno ricavato in media un rendimento compreso fra il 3 per cento e l’8 per cento. Nemmeno la BCE può uguagliare quel tasso di rendimento.

Gli Stati membri possono sostenere attività di volontariato attraverso la creazione di infrastrutture di volontariato per trattare questioni quali il finanziamento di base, la copertura assicurativa e le esenzioni IVA ove opportuno.

Infine, uno dei nostri compiti nell’UE è dare un impatto positivo sulle vite dei cittadini e aggiungere valore a livello europeo. Possiamo farlo sostenendo i volontari e le attività di volontariato in modo tangibile.

(Applausi)

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare di cuore l’onorevole Harkin per la sua relazione. La relazione fa riferimento a numerose politiche comunitarie e a molte iniziative, sottolineando il forte legame esistente fra il volontariato e la cittadinanza attiva.

Apprezzo in modo particolare le osservazioni sul programma PEACE, che ha registrato una massiccia partecipazione di volontari. Ci incontreremo di nuovo nel mese di maggio per discutere la relazione dell’onorevole de Brún, nella quale, sono convinta, saranno presenti esempi di emancipazione locale, in particolare attraverso il settore del volontariato e le organizzazioni non governative.

Per quanto riguarda le sue raccomandazioni sul contributo in natura, vorrei dire che, mente l’articolo 56 del regolamento regionale sul Fondo europeo di sviluppo, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione consente già un contributo in natura per i progetti cofinanziati dall’UE, la sfida reale è l’uso di questa disposizione. Ma vorrei dire che, in particolare nelle iniziative locali, che sono cofinanziate dal Fondo sociale, è abbastanza frequente che volontari forniscano un contributo prezioso, mentre vi sono state anche molte attività, specialmente nell’iniziativa URBAN in Germania, Italia, Regno Unito e Grecia, che hanno sostenuto una vasta gamma di organizzazioni di volontariato.

Il volontariato può essere visto come una forte componente di un principio di partenariato. Spesso in quest’Aula ho ribadito il pieno impegno della Commissione per l’effettiva attuazione del principio di partenariato, in particolare nella nuova generazione della politica di coesione. Abbiamo insistito sul partenariato durante i negoziati di nuovi programmi e adesso abbiamo a disposizione molti esempi positivi di forte impegno per il partenariato. Ma, ovviamente, come sapete, esiste una grande varietà di approcci verso il partenariato e il volontariato nei nostri Stati membri.

Noto anche il ruolo della sua relazione nella preparazione del terreno per la prossima relazione di propria iniziativa sulla governance e il partenariato a livello nazionale, regionale e locale, che sarà presentata dall’onorevole Beaupuy.

Vorrei dire qualcosa sulle politiche e le iniziative specifiche nel settore del volontariato in cui la Commissione è stata particolarmente attiva. E’ degno di menzione il servizio europeo di volontariato e cittadinanza attiva europea nel nuovo programma di apprendimento per tutto l’arco della vita dell’UE.

Il mio collega Ján Figeľ sta preparando attualmente una nuova iniziativa sulle attività di volontariato dei giovani, che incorporerà molte delle aspirazioni espresse nella sua relazione. Rafforzare e promuovere attività di volontariato transeuropee migliorerà ulteriormente la mobilità dei nostri cittadini giovani. Nella sua nuova iniziativa, la Commissione cercherà di garantire una maggiore interoperabilità dei regimi di volontariato nazionali esistenti.

Anche il Libro bianco sullo sport sottolinea che le attività di volontariato nel settore dello sport rafforzano la coesione sociale e l’inclusione e promuovono la democrazia locale e la cittadinanza attiva. Vi è anche il riferimento allo sport nel Trattato di Lisbona, che prevede “delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale e educativa la promozione dei profili europei dello sport, tenendo conto […] delle sue strutture fondate sul volontariato”.

Qui condividiamo l’idea che abbiamo bisogno di un approccio più olistico al contributo del volontariato alla coesione economia e sociale dell’Europa. Questo dovrebbe sicuramente tenere conto della sfida della popolazione europea in fase di invecchiamento. Al riguardo, la sua proposta di “volontariato intergenerazionale” merita di essere ulteriormente approfondita.

Date queste premesse, sono lieta di dirvi che la Direzione generale “Istruzione, Formazione, Cultura e Gioventù“ della Commissione europea sta avviando una valutazione della situazione del volontariato in Europa. Questa valutazione servirà come fonte per una migliore conoscenza e offrirà una solida base per ulteriori iniziative in questo campo, dato che non è stato sviluppato finora a livello di UE alcun approccio sistematico e integrato verso il volontariato.

Sono convinta che tutti coloro ai quali vi rivolgete nella proposta di risoluzione risponderanno alla vostra richiesta. Potete sicuramente contare sul sostegno della Commissione.

Vorrei anche assicurarvi che saranno esaminate tutte le altre richieste che avete rivolto più specificamente alla Commissione, in particolare dai commissari Figeľ e Špidla.

 
  
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  Tunne Kelam, a nome del gruppo PPE-DE. (EN) Signor Presidente, a nome del gruppo PPE-DE, vorrei innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Harkin per l’eccellente e tempestiva relazione. Il punto è avere una migliore comprensione sul potenziale e sul ruolo del volontariato, che potrebbe essere definito uno dei fondamenti della società civile. Infatti, il volontariato riguarda l’iniziativa di cittadini e, quindi, è direttamente collegato alla solidarietà, che è il valore di base dell’Europa unita. Come la relatrice ha appena affermato, è una delle forme più efficienti di energia rinnovabile.

Credo che lo scopo della relazione sia incoraggiare gli Stati membri a riconoscere il valore del volontariato nella promozione della coesione sociale ed economica. Lo Stato, ovviamente, non è tenuto a finanziare il volontariato, altrimenti perderebbe il suo significato, ma lo Stato è invitato a offrire incentivi al settore privato perché sostenga il volontariato.

Il Parlamento si è anche rivolto alla Commissione per i ritardi nella presentazione di una proposta di Carta europea del volontariato, che dovrebbe definire meglio il ruolo del volontariato. Una parte molto importante di questa relazione è la richiesta di promozione del volontariato attraverso l’istruzione a tutti i livelli, iniziando a creare opportunità di volontariato in una fase precoce del sistema scolastico e anche a promuovere il volontariato nell’ambito dell’apprendimento permanente.

Vorrei esprimere il mio ringraziamento, ancora una volta, per quest’eccellente collaborazione. Siamo stati in grado di discutere quasi tutti gli emendamenti in uno spirito positivo e costruttivo e a servirci della maggior parte delle iniziative.

 
  
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  Catherine Stihler, a nome del gruppo PSE. (EN) Signor Presidente, accolgo positivamente la relazione dell’onorevole Harkin sul volontariato e mi congratulo con lei per la sua collaborazione con i colleghi nella fase preparatoria. Oltre cento milioni di cittadini dell’UE svolgono attività di volontariato, e ogni euro speso a loro sostegno genera un rendimento compreso tre e otto euro. In Scozia, con 1,2 milioni di volontari – su una popolazione di 5 milioni di abitanti – e un settore del volontariato pari al 5 per cento della forza lavoro, dobbiamo riconoscere pubblicamente gli sforzi dei volontari in Scozia e nell’UE.

La relazione elogia i volontari e si incentra sui vantaggi del volontariato per l’economia e la coesione sociale. Chiede, a ragione, che questo contributo risulti in maniera evidente nei conti nazionali. Dichiara che il volontariato contribuisce al prodotto interno lordi in numerosi paesi quasi quanto il settore edile o quello dei servizi di pubblica utilità. Ciò significa che in alcuni paesi dell’UE il settore no-profit rappresenta dal 5 per cento al 7 per cento del PIL.

Il volontariato è positivo per voi, la vostra comunità, lo sviluppo economico della vostra regione e l’economia nazionale. Contribuisce anche a costruire il capitale sociale di cui le politiche pubbliche hanno bisogno per avere successo. Sollecito la Commissione europea a mettere in atto un Piano V per il riconoscimento del Valore e della Validità e per la garanzia della Visibilità dei Volontari in Scozia e nel resto dell’UE e invito i colleghi a sostenere la relazione Harkin.

 
  
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  Jean Marie Beaupuy, a nome del gruppo ALDE. (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, anch’io vorrei unirmi ai colleghi nel ringraziare e congratularmi con l’onorevole Harkin, per avere elaborato questa relazione. Ma non è un caso, perché la nostra collega ha una lunga esperienza nel settore del volontariato ed è quindi naturale per lei avere proposto questa relazione. Certo, abbiamo fatto di tutto affinché ottenesse questa relazione ed ella l’ha redatta in uno spirito di consenso perché, l’avete già affermato, abbiamo presentato solo un emendamento sul quale ella è d’accordo. Ciò dimostra la qualità della sua relazione e credo che meriti di essere sottolineato con fervore, con forza.

Signora Commissario, anticipandoci, direi, fin dall’inizio del suo intervento, lei ha già dato una serie di risposte positive alle richieste che sono formulate nella relazione. La ringrazio in anticipo e probabilmente alcuni degli altri interventi dei colleghi le consentiranno senz’altro, fra poco e nei giorni che seguiranno, di dare risposte complementari da parte della Commissione.

Vorrei sottolineare, a integrazione di ciò che è stato detto e di ciò che è scritto nella relazione, che se vi sono cento milioni di europei che si dedicano ogni giorno ad aiutare 500 milioni di europei, non dobbiamo dimenticare che questi cento milioni di europei volontari ne traggono un profitto personale, non in senso monetario, ma nel senso di appagamento personale. Voi tutti conoscete, noi tutti conosciamo di certo dei responsabili di squadre sportive, responsabili culturali, responsabili sociali, senza i quali le nostre associazioni e organizzazioni non governative non funzionerebbero. Ma queste persone hanno bisogno di questo impegno per la loro realizzazione personale.

In una società che invecchia, in una società in cui abbiamo sempre più giovani pensionati, abbiamo bisogno anche dell’equilibrio individuale procurato dal volontariato. Allora, per motivi economici, ma anche per la realizzazione dei valori umani dei nostri concittadini, più di cento milioni di loro, facciamo in modo che il volontariato sia valorizzato nelle nostre società e auguriamoci, negli anni futuri, che saranno molti di più di cento milioni i concittadini che saranno impegnati nel volontariato. Grazie all’onorevole Marian Harkin, grazie alla Commissione, grazie ai governi e alle autorità regionali e locali che vorranno sostenere con le loro azioni, già a partire da domani, i desideri espressi dal Parlamento europeo.

 
  
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  Mieczysław Edmund Janowski, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, signora Commissario, a nome del gruppo UEN desidero esprimere il mio forte apprezzamento all’onorevole Harkin per avere affrontato questo argomento. Il volontariato è un lavoro volontario, gratuito e intenzionale a favore di altri. Trascende i rapporti di famiglia o di amicizia. Sebbene sia un lavoro senza remunerazione materiale, un volontario riceve soddisfazioni di altro tipo: soddisfa la prioria motivazione, si realizza e mostra solidarietà ad altri. Il volontariato è altamente educativo per i giovani e molto rinvigorente per gli anziani.

In questo contesto, l’influenza delle organizzazioni di volontariato sul rafforzamento delle comunità locali e regionali dovrebbe essere vista in modo positivo. Credo che contribuisca a costruire una società civile nella quale una persona aiuta altruisticamente un’altra ed è comprensiva verso gli altri senza essere una minaccia. Il caso irlandese, che ho avuto il piacere di conoscere, ne è un buon esempio.

Tale comprensione del volontariato significa anche che il volontario, che spesso è anche un benefattore, non deve soffrire di penalizzazioni materiali quando aiuta gli altri e offre loro doni. Mi riferisco qui al caso ben noto della Polonia, di un panettiere il cui esercizio ha dovuto chiudere perché gli era stato chiesto di pagare le tasse sul pane donato ai poveri.

Vorrei anche sottolineare l’ottima idea di dichiarare il 2011 Anno europeo del volontariato.

 
  
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  Gisela Kallenbach, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, anch’io vorrei ringraziare l’onorevole Harkin per la sua relazione equilibrata e completa.

E’ il risultato di uno sforzo condiviso per dare maggiore visibilità a livello europeo agli obiettivi, al merito e al significato sociale del volontariato. Esistono innumerevoli iniziative di volontariato negli Stati membri che danno importanti contributi, non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini sociali e di integrazione. Tuttavia, spesso manca la dimensione europea, così necessaria per la messa in rete.

Abbiamo già dimestichezza con il servizio europeo di volontariato per giovani, e ci occorrono programmi simili per i gruppi di tutte le età, in particolare per il crescente numero di pensionati che sono attivi, sani e hanno esperienza. Anche loro potrebbero contribuire in larga misura a rendere la Comunità europea più valida, e le misure esistenti nell’ambito delle nostre politiche regionali e di coesione potrebbero essere usate a tal fine.

Abbiamo bisogno di condizioni quadro e di definizioni adeguate che siano quanto più chiare possibile, nell’interesse di uno sviluppo a breve e a lungo termine dell’intero settore del volontariato. La Commissione e anche il Consiglio hanno compiuto i primi passi. La mia speranza è che entrambe le istituzioni sostengano le proposte e i suggerimenti del Parlamento, così che l’Anno europeo del volontariato – proposto in comune per il 2011 – sia un vero successo.

 
  
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  Lambert van Nistelrooij (PPE-DE). (NL) Signor Presidente, i volontari fanno tantissimo, soprattutto a livello locale e regionale. La coesione sociale ed economica ne riceve un forte aspetto personale. Esiste una differenza fra città in talune zone dell’Europa. Nei cosiddetti nuovi Stati membri, il numero di volontari rimane ancora molto basso. Si stanno compiendo sforzi e la relazione dell’onorevole Harkin offre idee positive per sostenere i volontari e incoraggiarne l’azione a tutti i livelli. Secondo il PPE-DE, non vi sono volontari da un lato e professionisti dall’altro. Non esiste alcuna tensione fra di essi: gli uni non possono fare a meno dell’aiuto degli altri. Entrambi i gruppi, professionisti e volontari, fanno parte del modello sociale che l’Europa rappresenta, di società civile, dove anche l’influenza dei cittadini è forte. Questo è il famoso principio del partenariato.

Vorrei citare un punto dei risultati del dibattito nella commissione. Il nuovo articolo 17 riguarda la questione se il lavoro di volontariato debba essere incentivato dal punto di vista fiscale. La risposta è sì, ma la forma che può assumere è molto diversa. E’ una questione che rientra nella competenza degli Stati nazionali, in particolare se parliamo di IVA. Nei Paesi Bassi, il mio paese, esiste un regime specifico: ad esempio, le attività di associazioni sportive sono esenti; anche altre attività, quali la gestione di mense, sono in parte esentate, così come la sponsorizzazione di terzi. Per questo è bene che nel 2010, quando sarà discussa la revisione del regime IVA, questa relazione sia presa in considerazione e mostri i buoni esempi negli Stati membri che possono essere ripresi dagli altri.

Infine, per fare ancora una volta il punto della situazione, il volontariato merita il nostro ampio sostegno nella chiesa, nella politica e in altri settori della società.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE). (PL) Signor Presidente, promuovere un ruolo attivo e consapevole dei cittadini nella società è uno dei principi fondamentali accolti dalla famiglia socialista europea. Sosteniamo la partecipazione ad attività di volontariato quando è un’espressione concreta della democrazia partecipativa.

A livello europeo, il volontariato è un’espressione pratica di valori europei, quali la solidarietà, la coesione e l’integrazione sociale. Per molti, al di là della partecipazione alle elezioni a vari livelli, la partecipazione ad organizzazioni di questo tipo è l’unica esperienza legata al processo democratico. E’ quindi soddisfacente che più del 20 per cento degli abitanti dell’UE prenda parte a diverse attività di volontariato. Tali attività contribuiscono a ridurre le differenze economiche e sono un catalizzatore delle attività di varie associazioni, creando quindi capitale sociale.

Il concetto di capitale sociale è sempre più usato da organizzazioni quali l’OCSE o dalla Banca mondiale nel contesto dello sviluppo socioeconomico locale. L’Unione europea dovrebbe aumentare il suo sostegno per le varie forme di partecipazione, in particolare in relazione alla pianificazione regionale e allo sviluppo locale, avvalendosi delle strategie politiche dell’UE e dei Fondi europei.

 
  
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  Maria Petre (PPE-DE). (RO) Innanzi tutto, vorrei congratularmi con la relatrice per il suo lavoro e lo speciale impegno nella materia.

Ho seguito questa relazione da vicino, perché il volontariato ha una grande importanza nell’attuale società.

Gli effetti positivi possono essere misurati in termini di coesione sociale, protezione dei diritti umani, assistenza medico-sanitaria, promozione e organizzazione di attività culturali, artistiche e istruttive.

Gli effetti sono essenziali per la popolazione e l’economia. Eppure quest’attività è sottovalutata, a mio avviso, e troppo sconosciuta dal pubblico.

Le conseguenze sono negative per il volontariato, dato che il sostegno da parte dello Stato è insufficiente, anche se può rappresentare una parte importante dell’economia di un paese.

Quale eurodeputato, proveniente da un paese ex comunista, posso parlarvi della bassissima partecipazione al volontariato nel mio paese.

Poiché il regime comunista ha introdotto il lavoro non pagato obbligatorio per servire lo Stato, questa pratica, adesso, nell’inconscio delle persone, è associata a quel periodo.

Oggi, la percentuale di volontari in Romania è molto più bassa rispetto alla maggior parte degli Stati membri. L’attività è spesso sconosciuta dai cittadini, la politica statale non l’incoraggia e anche la mentalità delle persone non è a favore del volontariato.

I cittadini dovrebbero essere informati degli effetti positivi del volontariato. D’altro lato, dovremmo evitare situazioni di abuso che si sono verificate, ad esempio organizzazioni che hanno adottato questo status giuridico per trarne profitto.

Sostengo il volontariato quale importante attività e vorrei che fosse promosso e sostenuto nell’intera Unione europea, specialmente nei paesi ex comunisti, dove gli sforzi andrebbero rafforzati.

 
  
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  Stavros Arnaoutakis (PSE). (EL) Signor Presidente, signora Commissario, anch’io vorrei congratularmi con la relatrice per l’eccellente lavoro, e sottolineare che la partecipazione e il volontariato nella società sono impagabili. A livello nazionale e locale, sono i mezzi con i quali la democrazia partecipativa si esprime e consentono l’attiva partecipazione dei cittadini all’arena pubblica. A livello europeo, il volontariato può contribuire alla creazione di legami più stretti fra i cittadini dell’UE.

Inoltre, attraverso le ulteriori risorse umane che offre alla vita sociale ed economica, ed anche attraverso il suo contributo alla creazione di capitale sociale, il volontariato contribuisce significativamente a raggiungere gli obiettivi dell’UE per la coesione economica e sociale.

Il valore aggiunto del volontariato non dovrebbe essere sottovalutato. In particolare oggi, nel momento in cui l’UE affronta importanti sfide sociali, economiche e ambientali, il volontariato non solo dovrebbe essere incoraggiato, ma anche sostenuto dalle politiche europee, in particolare da quella di coesione. Gli Stati membri e le autorità regionali dovrebbero cercare di far sì che gruppi e progetti di volontariato possano avere un accesso trasparente e flessibile a finanziamenti adeguati e sostenibili a titolo dei Fondi strutturali.

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE). (EN) Signor Presidente, vorrei ringraziare, innanzi tutto, l’onorevole Harkin per il duro lavoro e questa relazione pregnante e tempestiva, che è stata accolta positivamente dalla commissione per lo sviluppo regionale.

Sostengo appieno il tema centrale della relazione - cioè che il volontariato, attraverso l’attenzione rivolta alla partecipazione e la solidarietà, rafforza la società civile e i legami fra le comunità. Accolgo positivamente la posizione della relazione sul ruolo che gli Stati membri dovrebbero svolgere con riguardo al volontariato. Concordo pienamente con la posizione che il volontariato dovrebbe integrare – e non sostituire – i servizi pubblici.

Al riguardo, viene in mente il ruolo che i badanti svolgono nelle nostre società, nei paesi di tutta l’Europa. Spesso queste persone dedicate sono dimenticate, anche se la loro attenzione verso gli anziani e i disabili sgrava da un enorme peso le risorse statali.

La relazione, inoltre, sottolinea saggiamente che il volontariato può avere enormi vantaggi per i giovani, promuovendo un senso di comunità e consentendo loro di sviluppare abilità pratiche che integrano la loro istruzione formale.

Un altro punto indicato dalla relazione è che dovrebbero essere compiuti sforzi speciali per promuovere il volontariato fra i cittadini più anziani. La partecipazione di questo gruppo offre alle comunità l’opportunità di trarre vantaggio dalla loro ricchezza di esperienza e rafforza il loro posto essenziale nella società.

Per me, tuttavia, questa relazione ha un valore aggiunto: nella mia circoscrizione, nell’Irlanda del Nord, stiamo ricostruendo una società che è stata profondamente colpita dalla violenza e dai conflitti. Sebbene adesso siamo entrati in un periodo caratterizzato dalla pace e da una maggiore prosperità, in alcune zone della provincia gli effetti dell’esclusione sociale, del sottosviluppo e della divisione sono ancora troppo evidenti.

La relazione dell’onorevole Harkin riconosce specificamente il ruolo positivo che il volontariato può svolgere in società divise e, se consideriamo il caso dell’Irlanda del Nord, l’intero concetto alla base del processo di pace è che le persone lavorano insieme a livello trans-comunitario per promuovere la comprensione e la riconciliazione. In larga misura, queste iniziative hanno avuto un impatto positivo.

Mi auguro, quindi, che l’adozione della relazione da parte dell’Assemblea farà sì che l’importanza del volontariato sia riconosciuta e che la Commissione e gli Stati membri faranno tutto ciò che è in loro potere per facilitare e incoraggiare questa pratica.

 
  
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  Emmanouil Angelakas (PPE-DE). (EL) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Harkin sul volontariato è un modo per il Parlamento europeo di dimostrare il suo aspetto sociale ai cittadini europei. La relazione promuove l’idea di contributo, che è trattata in modo completo e oggettivo sia a livello teorico che pratico. Il lavoro della nostra collega è importante. Lo accolgo positivamente e me ne congratulo di cuore.

Anche noi, ripetutamente, abbiamo cercato di contribuire all’attività della collega. Abbiamo sottolineato, fra l’altro, l’importanza del volontariato aziendale, il coordinamento delle iniziative di volontariato, riconciliando famiglia e vita professionale, nonché la creazione di sezioni di volontariato ad azione rapida in ogni regione per affrontare celermente disastri naturali e incidenti.

In generale, il volontariato contribuisce, fra l’altro, a fare aumentare il PIL. Come è stato detto, il volontariato favorisce l’acquisizione di abilità e migliore l’occupabilità di un volontario. Fornisce alle persone socialmente e scolasticamente escluse e ai disoccupati vere e proprie opportunità e incoraggia gli immigranti a partecipare alla comunità locale.

Le azioni e l’attività dei volontari parlano da sole. Nel mio paese, la Grecia, ad esempio, i volontari dei Giochi olimpici del 2004 ci hanno fatto vincere la medaglia più importante. I volontari, sia individuali che di gruppo, sono essenziali n termini sociali, economici, ambientali e culturali. Unificano tutte le differenze e particolarità, promuovendole e rivelandole in uno spirito di obiettivi concordi e comuni.

Mi congratulo con la relatrice ancora una volta. Vi chiedo di sostenere la relazione dell’onorevole Harkin e di unirvi a noi nel firmare la dichiarazione scritta comune che abbiamo redatto con altri deputati, chiedendo che il 2001 sia dichiarato Anno europeo del volontariato.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE).(EN) Signor Presidente, il volontariato, al di là dell’aspetto economico, ha grande valore educativo, soprattutto per i giovani volontari, nella loro patria o all’estero, in diversi settori della vita sociale, economica e educativa. Volontario significa “senza pagamento”, ma noi, istituzioni europee, posiamo contribuire a intensificarlo con vari mezzi.

Nella relazione, che reputo importante perché aumenta il nostro livello di consapevolezza, manca qualcosa. Un gruppo che non è stato menzionato sono i conventi maschili e femminili, i missionari che svolgono lavoro volontario nel mondo o organizzano e promuovono questo lavoro. Apprezzerei una stima monetaria del loro contribuito al benessere della popolazione.

Il volontariato è il prodotto di motivazioni intrinseche e di puro altruismo, che sono valori che non possono essere sopravvalutati. Questa è una relazione fondamentale per il nostro modo di pensare.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN). (PL) Signor Presidente, il lavoro dei volontari non è valutato tanto quanto dovrebbe. La formazione degli atteggiamenti civici attraverso il volontariato non sempre riceve la dovuta attenzione.

Le autorità locali sono responsabili dell’organizzazione e della’ assistenza sociale, compresa l’alimentazione dei poveri. Talvolta un’ONG locale che svolge gratuitamente attività di volontariato deve pagare elevati affitti al governo locale per i locali quali cucine e mense destinati ai poveri e ai senzatetto. Inoltre, talvolta non riceve alcuna risorsa per il cibo o per la copertura assicurativa dei volontari. Poiché i volontari non sono retribuiti, non sono in grado di sostenere le attività dell’ONG. In questo contesto, attirerei la vostra attenzione sul paragrafo 15 della relazione. La situazione demografica in Europa sottolinea il crescente ruolo del settore del volontariato, in primo luogo nel contribuire all’assistenza agli anziani. Ecco perché il documento presentatoci è così importante. Desidero congratularmi con la relatrice, l’onorevole Harkin.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). (PL) Signor Presidente, vorrei attirare la vostra attenzione su due forme specifiche di volontariato.

La prima è il trasferimento di know-how in un settore altamente specializzato. Persone con esperienza e istruite trasferiscono la loro conoscenza, le loro abilità o forse le conquiste del loro gruppo professionale ad altri. Quelli che beneficiano di tale know-how sono spesso alle prime fasi della loro istruzione, di assimilazione di conoscenza o abilità, di gestione di nuove sfide o della loro propria trasformazione.

L’altro settore del volontariato riguarda i giovani. Insegna la capacità di vivere e promuove la loro partecipazione nella vita civile. Viaggiare in altri paesi nell’ambito del volontariato promuove a sua volta il dialogo interculturale e insegna tolleranza e rispetto. Ecco perché le autorità locali e nazionali e le organizzazioni internazionali dovrebbero fare di più per sostenere e promuovere il volontariato.

 
  
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  Rumiana Jeleva (PPE-DE). (BG) Concordiamo tutti con la conclusione contenuta nell’eccellente relazione dell’onorevole Harkin che il volontariato può svolgere un ruolo importante per lo sviluppo delle comunità locali, della società civile e della democrazia. Questo è il motivo per cui il volontariato e le organizzazioni di volontariato hanno bisogno di incoraggiamento e di sostegno. Vorrei osservare, al riguardo, che la creazione di una banca dati europea per fornire informazioni di base sulle varie organizzazioni di volontari nell’Unione europea e i dettagli sulle migliori pratiche fornirà la guida necessaria su come migliorare il sistema del volontariato. La creazione di un’unica banca dati europea consentirà un partenariato e una cooperazione più efficaci e rafforzerà gli accordi internazionali per lo scambio di volontari. Questo è particolarmente importante per i giovani e i bambini in età scolare. Acquisendo esperienza nelle organizzazioni di volontariato in una fase precoce, percepiranno la partecipazione al volontariato come un contributo normale alla vita delle loro comunità locali e alla società europea.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN). (PL) Signor Presidente, oggi stiamo discutendo della relazione dell’onorevole Harkin sul volontariato nell’Unione europea. L’importanza del ruolo del volontariato in Europa nel futuro dipende in parte da noi. Desidero solo rammentare che ogni anno milioni di cittadini dell’UE svolgono attività di volontariato, sia direttamente che indirettamente. Le attività di volontariato sono svolte a livello locale, regionale e internazionale e ovunque generano profitti di gran lunga maggiori delle spese. Ecco perché credo che siano necessarie una cooperazione più stretta e più forte fra gli Stati membri e le organizzazioni senza scopo di lucro e la creazione di sistemi efficaci per facilitare la cooperazione fra tutte le organizzazioni di volontariato all’interno dei singoli paesi e al di là delle frontiere.

Le tasse imposte agli sponsor per i loro doni e il fatto che l’IVA debba essere pagata dalle organizzazioni di volontariato per gli acquisti realizzati per conseguire i loro obiettivi sono i problemi principali che trattengono e limitano l’attività di volontariato. Credo che tali problemi dovrebbero essere risolti quanto prima.

 
  
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  Petru Filip (PPE-DE). (RO) Vorrei esprimere il mio apprezzamento per l’importanza della relazione dell’onorevole Harkin, per le discussioni sul nuovo modello economico e sociale europeo e gli sforzi costanti tesi a migliorare la coesione economica e sociale a livello di Unione europea.

Tenendo a mente le soluzioni che propone, ritengo che la relazione offra una serie di principi generosi ed estremamente utili, in grado di favorire un miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei.

Ritengo, così come ho fatto al momento della presentazione di emendamenti, che probabilmente sarebbe stato meglio sottolineare con maggiore fermezza, nella relazione, il moderno concetto di volontariato, stabilendo esplicitamente le condizioni senza le quali ogni azione di volontariato potrebbe essere interpretata come atto unilaterale.

Vorrei anche mettere in evidenza il ruolo delle religioni ai fini del raggiungimento dei principi cristiani legati al volontariato.

 
  
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  Danuta Hübner, Membro della Commissione. − (EN) Signor Presidente, solo due brevi osservazioni. Vorrei dire che anche le migliori politiche non possono dare frutti senza il pieno coinvolgimento di tutti coloro che sentono una corresponsabilità e anche l’esigenza di impegnarsi e di contribuire. Il volontariato e il partenariato sono i modi migliori per assicurare questo coinvolgimento.

Desidero assicurarvi che condividerò le vostre conclusioni con i miei collegi nella Commissione. Sono convinta che le valutazioni future della situazione del volontariato in Europa, e il loro seguito, trarranno ispirazione dalla risoluzione che adotterete e anche dalla discussione che ho avuto il privilegio di condividere con voi questa sera.

 
  
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  Marian Harkin, relatore. (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare ognuno di voi per le gradite osservazioni e il sostegno nell’elaborazione della relazione. Vorrei solo aggiungere qualche riflessione.

Apprezzo il riferimento del Commissario ai contributi in natura da parte dei gruppi di volontari e, mentre riconosco che i contributi in natura sono applicabili ad alcuni progetti finanziati dall’UE, credo che dobbiamo garantire che questo diventi lo status quo.

Attendo con ansia la comunicazione del Commissario Figeľ sul volontariato giovanile e l’impegno del Commissario Hübner a esaminare e, mi auguro, a promuovere il volontariato intergenerazionale.

Chiedo di nuovo alla Commissione di garantire che il principio del partenariato sia accettato in tutti i negoziati e nelle consultazioni per l’elaborazione dei programmi UE a livello nazionale. Questo è fondamentale, perché è un riconoscimento reale da parte dell’UE che i volontari, le ONG, e così via. fanno parte del processo, non solo una specie di aggiunta, non sono lì solo per l’apparenza, ma fanno parte integrante del processo.

Per quanto riguarda l’emendamento proposto su possibili esenzioni dall’IVA, è un buon compromesso e sono molto lieta di sostenerlo.

Vorrei anche cogliere l’occasione per chiedere che il 2011 sia proclamato Anno europeo del volontariato e chiedo il sostegno dell’Assemblea a firmare la dichiarazione scritta che è stata proposta dai parlamentari dei cinque gruppi politici più grandi.

In questa richiesta, sono appoggiata dal Comitato delle regioni, dal Forum economico e sociale, dalle conclusioni della Presidenza portoghese e da numerosi gruppi di volontari in tutta l’Europa.

Se la Commissione proclamasse il 2011 Anno europeo del volontariato, ciò consentirebbe alle istituzioni dell’UE, in collaborazione con organizzazioni di volontari, di lavorare verso obiettivi comuni, come ho detto prima, per aggiungere valore a livello europeo.

Infine, in questo contesto, dovremmo incoraggiare lo sviluppo della società civile e della democrazia partecipativa, dando reale significato all’obiettivo di avvicinare l’Europa ai suoi cittadini.

La promozione, il sostegno e la facilitazione del volontariato e di azioni di volontariato, accompagnate dalla crescita del capitale sociale, dimostreranno di essere un prezioso strumento per il conseguimento di quegli obiettivi.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, 22 aprile 2008.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Zita Gurmai (PSE) , per iscritto.(HU) In Europa, più di cento milioni di persone lavorano come volontari per bene pubblico e per gli altri. Nel Regno Unito, il 38 per cento dell’intera popolazione partecipa in attività di volontariato e in Polonia la cifra è del 18 per cento.

L’attività di volontariato non può essere separata dalla vita lavorativa europea ed è vista come un cardine della democrazia a livello sia locale che pubblico. Il volontariato dei nostri cittadini contribuisce a risolvere problemi sociali e promuove l’acquisizione di abilità e di sensibilità sociale. Il volontariato offre alle persone di diversi gruppi della popolazione opportunità di integrazione e di inclusione, gli anziani possono partecipare alla vita sociale, investire un periodo di vita di esperienza e sentire che possono svolgere un ruolo utile per un tempo più lungo.

Gli incentivi per il volontariato sono gli stessi dei valori di base europei: solidarietà e senso di responsabilità. Vi è un crescente riconoscimento nell’UE dell’utilità del volontariato e le organizzazioni di volontariato sono coinvolte più da vicino nei processi decisionali.

Negli ultimi anni, il settore del volontariato è diventato più ramificato. L’interesse nel volontariato è crescente, ma manca un debito riconoscimento, le ricompense materiali sono ristrette e le infrastrutture carenti. Questa situazione deve cambiare. Per dare sostegno al volontariato e migliorare il riconoscimento sociale, è importante che sia creata una comunità di intensi, con trasferimento delle migliori pratiche ed esperienze dagli attori attivi – governo, imprese, sindacati e organizzazioni di volontariato – lavorando insieme nel dialogo e nel partenariato.

 
  
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  Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto.(SK) Vorrei parlare in prima persona. Sebbene sia membro del comitato direttivo di una grande associazione nazionale slovacca, il Forum per la vita, so che i volontari che agiscono indipendentemente piuttosto che attraverso associazioni specializzate rappresentano anch’essi un raggio di speranza che penetra l’oscurità della solitudine e sostiene la lotta contro le tentazioni della violenza e dell’egoismo.

Cosa spinge un volontario a prendersi cura degli altri? Il primo elemento è il naturale entusiasmo sincero degli esseri umani ad aiutare quelli che li circondano. E’ un principio quasi esistenziale della creazione di capitale umano, così richiesto per il futuro della coesione sociale nelle regioni. I volontari provano una felicità che va oltre il loro lavoro perché hanno la volontà di fare del loro meglio per gli altri, senza aspettarsi alcuna ricompensa. Non basta solo incontrare persone in difficoltà finanziarie: è anche essenziale rispondere al loro desiderio di valori e ai loro desideri più profondi.

Il tipo di aiuto che noi offriamo è importante, ma è ancora più importante il cuore che offre questo aiuto. Che parliamo di un microprogetto o di un grande progetto, il volontariato dovrebbe essere una lezione pratica, specialmente per i giovani, poiché è un contributo educativo alla cultura della solidarietà e dell’unione, significa offrire il proprio tempo e le proprie energie. Per me, questo è un contributo importante sia per la generazione presente che per quella futura, e per la loro coesistenza.

 

20. Statuto del Mediatore europeo (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la relazione, presentata dall’onorevole Anneli Jäätteenmäki a nome della commissione per gli affari costituzionali, su una proposta di decisione del Parlamento europeo che modifica la sua decisione 94/262/CECA, CE, Euratom, del 9 marzo 1994, concernente lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del mediatore [2006/2223(INI)] (A6-0076/2008).

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki, relatrice. (FI) Signor Presidente, signora Commissario, signor Mediatore Diamandouros, onorevoli colleghi, vorrei ringraziare, innanzi tutto, tutte le parti per l’eccellente livello di cooperazione nella fase di elaborazione di questa relazione. Non è stato facile trovare una soluzione che soddisfacesse tutti e comprendo che alcuni sperano ancora in qualche modifica, ma abbiamo raggiunto un risultato unanime nella commissione. Mi sembra opportuno partire da questo risultato.

Erano quattro le questioni inerenti al ruolo del Mediatore: l’accesso ai documenti, le testimonianze dei funzionari, le informazioni su casi di reato e la cooperazione nel settore dei diritti umani. Vi era anche una quinta questione nella proposta originaria del Mediatore europeo, il suo potere di intervento, ma era controversa e proprio alla fine della discussione il Mediatore ha dichiarato l’intenzione di ritirarla.

L’emendamento più importante riguarda l’obbligo delle istituzioni e degli organi dell’UE di concedere al Mediatore l’accesso a informazioni classificate e a documenti delicati, se ritenuto necessario dal Mediatore per svolgere il proprio lavoro. Fino ad ora, le istituzioni hanno avuto il diritto di rifiutare di divulgare dette informazioni. Questo sarà adesso oggetto di considerazioni obiettive, e non più soggettive o discrezionali. E’ un passo importante, sebbene piccolo, verso la giusta direzione.

Le istituzioni che forniscono al Mediatore documenti contenenti informazioni classificate devono informare il Mediatore del loro stato di documenti classificati. Inoltre, per l’applicazione delle regole, il Mediatore può concordare con le istituzioni pertinenti le condizioni operative per l’accesso a informazioni classificate o alte informazioni coperte dal segreto professionale.

Il ruolo del Mediatore europeo è diventato più importante nel corso degli anni per le istituzioni dell’Unione europea e i cittadini europei. Con il Trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea diventerà giuridicamente vincolante, il che renderà il compito del Mediatore ancora più importante. In futuro, dovremo fare di più per garantire che il Mediatore abbia risorse sufficienti, che il suo statuto rifletta i tempi attuali, che ottenga le informazioni necessarie e che i funzionari gli diano le giuste informazioni.

A norma della Carta dei diritti fondamentali, tutto hanno il diritto a che le proprie questioni siano trattate con imparzialità, equità e entro un ragionevole tempo dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione. Devono quindi essere attribuite le risorse sufficienti affinché i cittadini non debbano attendere anni per le decisioni e possano quindi avere fiducia nel fatto che il Mediatore sarà in possesso di tutte le informazioni necessarie e che i funzionari gli riferiranno quello che sanno, e non quello che vogliono dire. Altrimenti non vi è Stato di diritto, qualcosa di cui a noi piace parlare, anche se l’UE non è uno Stato in sé. Anche noi dovremmo rispettare lo Stato di diritto; solo così potremo aspettarci che anche gli altri lo facciano.

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Signor Presidente, sono passati 14 anni da quando il Parlamento ha adottato lo statuto del Mediatore europeo. Da allora sono accadute molte cose. E’ quindi normale e opportuno che il Mediatore abbia preso l’iniziativa di modificare il proprio statuto, e la Commissione gradisce tale iniziativa.

La cosa importante è questa: i cittadini devono avere fiducia nella capacità del Mediatore di condurre indagini complete e imparziali in presunti casi di cattiva amministrazione. Il Mediatore ha quindi bisogno di regole chiare, precise ed efficienti per il suo importante lavoro.

Sin dall’inizio, la Commissione ha seguito questa iniziativa molto da vicino, e noi abbiamo avuto discussioni proficue con il Mediatore e il relatore del Parlamento, l’onorevole Jäätteenmäki. Anche i nostri rispettivi servizi hanno avuto molti contatti e hanno lavorato in cooperazione.

La Commissione accoglie la linea generale di questa relazione, e vorrei ringraziare il presidente, l’onorevole Leinen, e tutti i membri della commissione – in particolare l’onorevole Jäätteenmäki – per il lavoro svolto.

La Commissione emanerà il suo parere formale subito dopo che il Parlamento lo richiederà. Oggi vorrei sintetizzare brevemente le nostre principali riflessioni. Riguardano quattro questioni specifiche.

Prima: l’audizione di testimoni; seconda: l’accesso ai fascicoli; terza: OLAF e quarta: la cooperazione nel settore dei diritti umani. Dirò molto brevemente poche parole per ciascuno di questi punti.

Primo: l’audizione di testimoni. La Commissione concorda con l’emendamento del Parlamento sull’audizione di testimoni, e lo scopo della disposizione era ricordare che i funzionari danno testimonianza non su base personale, ma nella loro qualità di funzionari.

Siamo consapevoli che l’attuale formulazione potrebbe dare l’impressione che i funzionari potrebbero agire sotto istruzione e non dare prove autentiche e complete. Questo non è mai accaduto, ma concordo che sia importante modificare la formulazione per evitare malintesi.

Secondo, l’accesso ai fascicoli. La Commissione è favorevole a consentire al Mediatore la consultazione dei documenti di cui abbia bisogno nel corso delle sue indagini. Il Mediatore ha proposto di sopprimere l’eccezione del segreto per l’accesso a un fascicolo. La Commissione non si è mai avvalsa di questa eccezione, ma è importante essere molto chiari.

Il trattamento di informazioni classificate deve essere considerato con cautela. Lo stesso vale per la privacy degli individui, la protezione delle procedure e del segreto professionale. Ecco perché la Commissione accoglie l’emendamento del Parlamento in base al quale, laddove si tratta di questo tipo di documenti, il Mediatore dovrebbe applicare regole che siano rigorosamente equivalenti a quelle in vigore nell’istituzione interessata.

Per quanto riguarda le informazioni sensibili, quali la protezione dei dati e i segreti professionali, la Commissione condivide appieno il punto di vista del Parlamento. Questo vale anche per i documenti relativi a procedure in controversie giudiziarie.

Questo significa che il Mediatore dovrebbe applicare il diritto comunitario rilevante in sede di trattazione di richieste provenienti da terzi per l’accesso a documenti acquisiti dal Mediatore nel corso delle sue indagini.

Come sapete, il diritto comunitario rilevante – il regolamento (CE) n. 1049/2001 – è attualmente in fase di aggiornamento e la Commissione prenderà una decisione nelle prossime settimane.

Per questo motivo, la Commissione concorda con l’obiettivo degli emendamenti sull’accesso ai documenti, ma pensiamo che forse una formulazione più precisa migliorerebbe il testo ancora di più. Torneremo su questo quando presenteremo il parere formale.

Terzo punto: OLAF. Quando si tratta della trasmissione di informazioni su possibili attività illecite, la Commissione concorda appieno con il Parlamento che il Mediatore dovrebbe essere in grado di notificare all’Ufficio europeo antifrode qualsiasi informazione su questioni che rientrano nel suo mandato, e non è completamente chiaro se la nozione proposta di “organo competente” coprirebbe OLAF. Una lieve riformulazione migliorerebbe il testo ancora di più.

Infine, la cooperazione nel campo dei diritti umani. L’attuale statuto ha dimostrato di essere una buona base affinché il Mediatore europeo cooperi con i mediatori nazionali e organi simili negli Stati membri.

La Commissione incoraggia appieno questa pratica. Porta le istituzioni europee più vicine ai cittadini. Con un emendamento, il Parlamento vorrebbe ampliare la portata della cooperazione ad altre istituzioni per la promozione e la protezione dei diritti umani e fondamentali.

Secondo gli articoli 302 e 303 del Trattato, è la Commissione, quale rappresentante della Comunità, a stabilire tute le forme appropriate di cooperazione con organizzazioni internazionali in generale e con il Consiglio d’Europa in particolare. Questo è il motivo per cui la Commissione ritiene che questa proposta vada al di là del mandato concesso al Mediatore dal Trattato.

Detto questo, la Commissione sarebbe disponibile ad accettare una formulazione alternativa e mi auguro di trovare il giusto equilibrio fra gli importanti contatti di lavoro del Mediatore e i trattati che non incida sulle prerogative istituzionali della Commissione.

Queste sono le riflessioni della Commissione sulle questioni sollevate dagli emendamenti del Parlamento. Dopo le votazioni di domani prepareremo il nostro parere e avvieremo le discussioni con il Consiglio. Dovremmo procedere con celerità dato che vogliamo facilitare un accordo nella questione sotto la Presidenza slovena.

 
  
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  Maria Matsouka, relatore per parere della commissione per le petizioni. − (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’UE sta attraversando senza dubbio un periodo di crisi di credibilità particolarmente difficile. Mi chiedo: l’UE è democraticamente credibile? Per esserlo, ha bisogno di legittimazione da parte dei suoi cittadini, e questo sta diventando un problema sempre più complesso dato che l’Europa si è allargata. Vi è sempre il fondamento comune sul quale noi costruiamo l’Europa e sul quale fanno affidamento i nostri concittadini. E’ un sistema di valori che proteggono i loro diritti fondamentali.

La necessità di comunicare con i cittadini europei è più pressante che mai. Ha senso solo quando l’UE riceve i loro messaggi di preoccupazione e riesce a convincerli che le istituzioni stanno tentando di soddisfare le loro aspettative. I cittadini non hanno fiducia in noi perché non sentono che noi stiamo promuovendo o anche ampliando i loro diritti, Il nostro tentativo deve avere un effetto duraturo, onorevoli colleghi. Dobbiamo controllare gli sviluppi storici e i nuovi requisiti a cui danno adito. La principale preoccupazione del Mediatore europeo è garantire il corretto funzionamento degli organi istituzionali e l’organizzazione dell’UE, promuovendo la fiducia che i cittadini devono avere in essa.

Le modifiche proposte al regolamento di revisione dello statuto del Mediatore gli forniscono gli strumenti adatti a questo compito. A nome della commissione per le petizioni, le sosteniamo senza riserve.

Infine, vorrei congratularmi in particolare con la relatrice responsabile della questione, l’onorevole Jäätteenmäki, per gli sforzi instancabili volti a raggiungere una relazione universalmente accettabile.

 
  
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  Maria da Assunção Esteves, a nome del gruppo PPE-DE. – (PT) Il dibattito sulle modifiche dello statuto del Mediatore nella commissione per gli affari istituzionali non è stato facile. E’ stato un dibattito lungo e molto controverso e la questione principale era essenzialmente decidere se l’ampliamento dei poteri del Mediatore fosse un passo razionale. Siamo partiti da una premessa chiara, che il ruolo di ciascuna istituzione in una cultura democratica deve essere ben definito: non deve esserci confusione su questi ruoli. La definizione chiara e la distribuzione razionale dei ruoli è l’unico modo per promuovere la legittimità, l’efficacia e la responsabilità delle istituzioni.

E’ proprio per questo motivo che il Mediatore ha ritirato la proposta relativa all’accesso alla Corte di giustizia. Tuttavia, sono stati raggiunti compromessi sulla protezione dei dati, sull’accesso a documenti segreti e sulla cooperazione con altre istituzioni sui diritti fondamentali. Il Mediatore, adesso, avrà accesso a fascicoli segreti, ma non sarà autorizzato a divulgare a terzi tali informazioni. La protezione dei dati seguirà le norme sulla protezione dei dati dell’Unione europea.

E’ chiaro che il Mediatore può lavorare con altre istituzioni sulla questione dei diritti fondamentali, e mi sembra che non esistano altri modi di procedere. La cooperazione con le istituzioni sulla questione dei diritti fondamentali rende esplicito un principio non scritto, dato che i diritti fondamentali costituiscono la base e l’obiettivo dell’Unione europea. Tuttavia, il compromesso raggiunto in quello che non è stato un dibattito facile chiarisce che il mio pensiero deve essere l’inevitabile conclusione della questione: il Mediatore, quale istituzione, deve sempre avere chiaro che, nell’esercizio dei suoi poteri, deve agire nel rispetto dei criteri di necessità, opportunità e proporzionalità, perché questi sono i criteri della giustizia.

 
  
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  Costas Botopoulos, a nome del gruppo PSE. – (EL) Signor Presidente, signor Mediatore, onorevoli colleghi, – onorevoli colleghi notturni, forse ci siamo dilungati un po’ nel discutere il miglioramento dello statuto del Mediatore. Tuttavia, credo che alla fine lo stiamo facendo nel momento opportuno, perché adesso che il Parlamento europeo sta discutendo dei diritti dei cittadini, ha di fronte un nuovo Trattato sul funzionamento dell’UE e una Carta dei diritti fondamentali che contiene un articolo specifico sui diritti dei cittadini di presentare denunce al Procuratore europeo. Credo pertanto che sia il momento giusto per discutere l’argomento della fiducia dei cittadini negli organi dell’UE. Vorrei ricordarvi che il Mediatore europeo è al servizio del cittadini europei per aiutarli a combattere la cattiva amministrazione. Vorrei aggiungere che è giunto il momento per lo stesso Parlamento europeo di mostrare fiducia sia nelle istituzioni sia nel Mediatore europeo.

Penso che il nostro dibattito sulle modifiche avviate su iniziative dell’attuale Mediatore contenga due malintesi che siamo riusciti, credo, a risolvere nella commissione. Il primo riguardava le competenze. Alcuni hanno sostenuto che stiamo dando troppe competenze al Mediatore europeo, ma questo non è vero. La relazione cerca di integrare le competente istituzionali esistenti del Mediatore europeo in modo che possa usarle in modo appropriato in tutti i settori di cui ha parlato la relatrice.

Il secondo equivoco riguardava la riservatezza dei documenti. Questa relazione particolare non dichiara a quali documenti il pubblico ha accesso. Si riferisce ai documenti che il Mediatore può visionare e stabilisce due norme chiare; i documenti che sono sensibili, secondo il regolamento, non possono essere visionati da nessuno; i documenti oggetto del regime di riservatezza devono continuare ad esserlo. In conclusione, vorrei dire che nelle attuali circostanze è molto importante per noi promuovere la relazione.

 
  
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  Andrew Duff, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, questa iniziativa è un rafforzamento tempestivo dello statuto del Mediatore ed è un segnale di fiducia nel modo in cui il Mediatore Diamandouros e il suo predecessore, Söderman, hanno esercitato le loro funzioni. Riflette anche un cambiamento del clima politico sin dall’istituzione del Mediatore, soprattutto in termini di maggiore trasparenza.

Sarebbe palesemente assurdo per noi in quanto Parlamento rifiutare di consentire al Mediatore il pieno accesso a documenti per motivi di segretezza. L’opinione pubblica sarebbe obbligata a trattare tale opposizione con grande cinismo.

Concordo con il Commissario Wallström che sarebbe splendido se potessimo concludere questi lunghi negoziati sotto la Presidenza slovena, in modo a potere essere adeguatamente preparati ad affrontare gli elettori alle elezioni della primavera del 2009. Dovremmo essere orgogliosi di quelle riforme, che credo l’intero Parlamento si sentirà pronto a sostenere.

 
  
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  David Hammerstein, a nome del gruppo Verts/ALE. (ES) Signor Presidente, signor Diamandouros, noi Verdi vogliamo rafforzare l’istituzione del Mediatore al fine di aumentare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni europee. Come possiamo farlo? Accettando che il Mediatore abbia piano accesso a ogni tipo di documento, compresi i documenti riservati.

Inoltre, siamo lieti che il Mediatore possa interrogare i funzionari europei come testimoni, liberi dall’obbligo di parlare sempre secondo le istruzioni dei loro superiori della rispettiva amministrazione. E’ importante.

E’ importante, inoltre, come indicano il Trattato di Lisbona e questa relazione, che il Mediatore possa intervenire in casi dinanzi la Corte di giustizia. Difendiamo la richieste del Mediatore per una maggiore trasparenza generale, anche in quest’Aula, nelle nostre finanze, quelle dei deputati europei.

Questa è la seconda volta che il Parlamento europeo chiede di migliorare lo statuto del Mediatore. L’ultima volta, il Consiglio aveva bloccato tali richieste. Confido che, questa volta, ci sarà un chiarimento definitivo dei poteri reali del Mediatore, e che si creerà realmente uno strumento per aumentare la fiducia degli europei comuni verso le istituzioni europee.

 
  
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  Íñigo Méndez de Vigo (PPE-DE). (ES) Signor Presidente, di sicuro alcuni colleghi qui presenti si chiederanno che cosa stia succedendo questo lunedì. Che ci siamo persi oggi? Un argomento della commissione per gli affari costituzionali alle undici meno dieci di sera? E poi? Che è successo? L’onorevole Duff ha messo a segno un colpo e ha relegato l’onorevole Watson nella seconda file del gruppo liberale? E che abbiamo fatto qui, nel gruppo popolare? No, qui non abbiamo fatto altro che rispettare le raccomandazioni del gruppo di lavoro sulla riforma del Parlamento europeo che dice che, quando siamo in pochi, allora dovremmo cercare di riunirci insieme, anche se solo per il calore di non sentirci soli.

Signor Presidente, sarò più serio adesso. Credo che l’incontro di questa sera riguardi un tema importante. Sono molto lieto che sia presente il Mediatore europeo con noi. Ed è il motivo per cui – come ha spiegato molto bene il Commissario Wallström, Vicepresidente della Commissione – dopo più di dieci anni di funzionamento, è logico procedere a un resoconto e analizzare ciò che non funziona e ciò che può essere migliorato.

Ed è proprio l’obiettivo della relazione dell’onorevole Jäätteenmäki, che desidero ringraziare per il valido lavoro svolto con tutti noi e per la ricerca di questo consenso che dimostra che nelle istituzioni europee viviamo una democrazia consensuale e non conflittuale. Pertanto, congratulazioni, onorevole Jäätteenmäki.

Ciò che abbiamo chiesto, signor Presidente, è qualcosa di molto semplice. Quando il Mediatore è stato istituito con il Trattato di Maastricht, ci trovavamo di fronte ad un passaggio fondamentale, da un’Unione essenzialmente economica ad un’Unione che si sperava politica. Il Mediatore è stato un elemento chiave di questo passaggio.

Quello che chiediamo oggi è continuare a dare fiducia al Mediatore perché continui ad essere un elemento fondamentale di questo avvicinamento necessario fra istituzioni e cittadini europei.

Per questo motivo sono convinto che queste riforme introdotte – insisto, consensualmente – dalla commissione per gli affari costituzionali, andranno in quella direzione. Alla prossima mini tornata discuteremo la relazione dell’onorevole Stubb, che riguarda anch’essa un altro tema fondamentale, la trasparenza nelle istituzioni europee. Entrambe le relazioni vanno nella stessa direzione, signor Presidente, e dimostrano che qui, anche alle undici meno cinque di sera, ci occupiamo dei cittadini.

 
  
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  Richard Corbett (PSE).(EN) Signor Presidente, le istituzioni europee sono inevitabilmente più lontane dai cittadini rispetto alle istituzioni nazionali o locali. Ecco perché abbiamo il principio di sussidiarietà, secondo il quale non dovremmo agire a livello europeo se l’azione nazionale o locale è perfettamente adeguata.

Questo è anche il motivo per cui abbiamo un sistema istituzionale in base al quale, quando non agiamo a livello europeo, possiamo offrire ai cittadini la garanzia che le istituzioni operano al massimo grado di apertura, democrazia e convenienza. Ecco perché abbiamo un Parlamento europeo, affinché l’Europa non sia lasciata ai ministri e ai tecnocrati, ai diplomatici e ai burocrati dei governi. Ecco perché abbiamo la Corte di giustizia, per garantire lo Stato di diritto.

Ed ecco anche perché abbiamo il Mediatore, affinché anche quei cittadini che non seguono le nostre delibere ogni settimana – e ve ne sono moltissimi – possano avere la sicurezza che noi operiamo nel rispetto di quegli standard elevati e che se ci sono presunti casi di cattiva amministrazione, questi saranno investigati in modo adeguato e imparziale.

Tuttavia, come ha affermato il Commissario Wallström, i cittadini devono avere fiducia nella capacità del Mediatore di operare in tal senso. Anche se non vi sono stati ancora casi di funzionari che, interrogati dal Mediatore, abbiamo ricevuto istruzioni “dall’alto” equivalenti a censura, e anche se finora non vi sono stati problemi di accesso a documenti classificati, è importante che i nostri cittadini sappiano che queste cose non possono diventare ostacoli, e non possono essere usate come scusa per nascondere la verità al Mediatore.

Ecco perché accolgo positivamente l’iniziativa intrapresa dal Mediatore di proporre modifiche al proprio statuto. Il mio gruppo sosterrà le modifiche approvate dalla commissione per gli affari costituzionali e sono sicuro che anche l’intera Assemblea li accoglierà senza riserve.

 
  
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  Dushana Zdravkova (PPE-DE). (BG) Vorrei congratularmi con la relatrice, l’onorevole Jäätteenmäki per il fatto che, dalla firma del Trattato di Lisbona e della Carta dei diritti fondamentali, è stato proposto un nuovo quadro sul ruolo del Mediatore nelle moderne relazioni sociali. Sono fiduciosa che il documento contribuirà ad un esercizio più efficiente delle sue funzioni e lo renderà un vero e proprio garante di un’efficace protezione dei cittadini europei contro casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni europee.

Le nostre discussioni e la relazione si incentrano tutte su un argomento delicato, l’accesso del Mediatore alle informazioni, comprese le informazioni classificate. A mio avviso, se il lavoro del Mediatore deve essere esercitato con efficacia e, se vogliamo garantire il miglior risultato possibile nella ricerca della verità obiettiva, che va innanzi tutto nell’interesse pubblico, le istituzioni europee dovrebbero avere l’obbligo di concedere l’accesso a qualsiasi tipo di informazione. Nello stesso tempo, tuttavia, il Mediatore deve essere informato della natura di tali informazioni, in particolare in casi in cui siano classificate. Infatti, è molto importante rispettare la privacy dei cittadini quando si trattano informazioni classificate. Credo che la relatrice sia riuscita a trovare un equilibrio fra i diritti personali e l’interesse pubblico. Ciò garantisce al Mediatore l’accesso a informazioni in un dato caso, di modo che possa giudicare, rispettando tutte le norme che sono seguite anche da quelle istituzioni che forniscono tali informazioni, e ciò garantirà sia la protezione delle informazioni di cui trattasi sia la protezione dei diritti dei cittadini europei.

Il rafforzamento del Mediatore europeo quale arbitro fra le istituzioni europee e i cittadini contribuirà allo sviluppo della democrazia e rafforzerà i principi dello Stato di diritto. Ecco perché è molto importante che il Mediatore sia presente non solo a livello europeo, ma anche nazionale, specialmente in paesi in cui i principi democratici sono ancora in fase di costruzione e dove le strutture di governo non possono fornire un rimedio efficace ai loro cittadini a livello nazionale. Eppure quei cittadini sono anche cittadini dell’Unione europea. Questo è il motivo per cui vorrei sottolineare la necessità di migliorare la cooperazione fra le istituzioni dell’UE e il Mediatore. I contatti fra il Mediatore e la commissione per le petizioni del Parlamento europeo sono particolarmente importanti; essi devono cooperare nell’interesse dei cittadini europei. E’ anche importante sviluppare e attuare un sistema più efficace di meccanismi pratici di cooperazione.

 
  
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  Metin Kazak (ALDE). (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, la relazione dell’onorevole Jäätteenmäki giunge in un momento molto importante della costruzione europea: l’adozione del Trattato di Lisbona e della Carta europea dei diritti fondamentali. La consacrazione, per la prima volta, del diritto dei cittadini europei a una buona amministrazione costituisce un progresso significativo verso una maggiore trasparenza e risponde all’esigenza che gli atti e i comportamenti degli organi comunitari siano conformi, non solo alla normativa in vigore, ma anche alle aspettative del contribuente europeo di un’amministrazione responsabile, imparziale ed efficiente.

Le modifiche proposte consentiranno, in caso di indagine, di superare qualsiasi reticenza da parte delle istituzioni comunitarie a cooperare pienamente al chiarimento dei fatti. La volontà eventuale di far passare sotto silenzio una parte della verità non deve essere tollerata da testi vaghi e di dubbia interpretazione. Questo lascia all’amministrazione un margine di valutazione molto più ampio e ne aumenta il potere discrezionale in modo sproporzionato e inammissibile.

Il Mediatore deve godere della fiducia dei cittadini, che si aspettano da lui un intervento giudizioso in difesa dei loro diritti. Ma deve anche rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute. Ecco perché mi congratulo con la relatrice per avere trovato l’equilibrio necessario fra queste due esigenze e per averci proposto soluzioni equilibrate che rafforzano l’efficacia del ruolo del Mediatore quale autorità morale e migliorerà la trasparenza delle istituzioni comunitarie, confermando nello spirito della nuova Carta il diritto di ciascun cittadino europeo a una buona governance e a una buona amministrazione.

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare gli onorevoli deputati per la discussione e le loro osservazioni. Molti parlamentari hanno affermato che è una questione di competenze e anche di riservatezza. Le due questioni sono collegate e sono sicura che queste riforme elimineranno le ambiguità che le istituzioni potrebbero, a volte, avere usato per nascondersi. Le riforme ammoderneranno e apriranno le procedure e assicureranno maggiore chiarezza e trasparenza, necessaria in questi tempi per venire incontro alle aspettative dei cittadini.

Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare l’onorevole Jäätteenmäki ancora una volta per avere lavorato in modo aperto e costruttivo con noi e per averci informato sul suo lavoro. Vorrei ringraziare anche il Mediatore, perché ho avuto l’opportunità di seguire il suo lavoro e sono cosciente del livello di correttezza, serietà e impegno con cui esercita le sue funzioni. Mi ha davvero impressionato e ho grande fiducia in lui.

Con questa iniziativa, stiamo anche aiutando il Mediatore a uniformare il proprio statuto a quello che ci aspetteremmo dal Mediatore nell’esame di casi di cattiva amministrazione nelle nostre istituzioni.

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki, relatore. (FI) Signor Presidente, volevo solo ringraziare tutti per l’eccellente cooperazione. A questo stadio finale della revisione mi auguro che troveremo la giusta formulazione per avere maggiore fiducia come risultato delle azioni dell’UE, che saranno stanziate risorse adeguate e che il Mediatore potrà ottenere tutte le informazioni necessarie. In caso contrario, come ho detto, sarà un giorno funesto per lo Stato di diritto e per la trasparenza, anche se credo che sarà trovata una visione comune, perché adesso possono essere apportate solo modifiche di secondaria importanza.

 
  
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  Presidente. − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà martedì, 22 aprile 2008.

 

21. Naufragio della New Flame e impatto ambientale sulla baia di Algeciras (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sul naufragio della New Flame e sue conseguenze sulla Baia di Algeciras.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, sono lieto di essere presente oggi per informarvi della dichiarazione della Commissione in relazione alla risoluzione che adotterete sul naufragio della New Flame e le sue conseguenze sulla Baia di Algeciras.

La risoluzione riguarda due questioni di grande importanza per i cittadini europei: la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente marino, ovvero la protezione delle nostre coste, delle nostre baie e delle nostre spiagge. L’Europa ha dovuto affrontare disastri ecologici provocati da incidenti in mare, come i casi dell’Erika e della Prestige. Il naufragio della New Flame ha avuto gravi conseguenze, ma non ha causato un disastro di tale ampiezza.

Tuttavia, questo naufragio ci ricorda che il trasporto marittimo potrebbe essere pericoloso e che tali incidenti potrebbero ancora verificarsi, nonostante le numerose misure adottate dall’Unione europea negli ultimi decenni. La Commissione europea ha monitorato l’incidente con molta attenzione ed è rimasta vigilante sull’applicazione del diritto comunitario, e adesso desidera presentare una serie di proposte pratiche tese a migliorare ulteriormente la sicurezza marittima.

La Commissione ha monitorato molto da vicino questo incidente, che si è verificato nell’agosto 2007. I servizi della Commissione, in particolare il centro di monitoraggio e di informazione della Direzione generale “Ambiente”, responsabile della protezione civile, sono stati in contatto con le autorità spagnole, l’Asmar Sociedad Statal de Salvamento y Seguridad Maritima e le autorità britanniche.

In risposta alle richieste delle autorità spagnole, abbiamo fornito attraverso l’Agenzia europea per la sicurezza marittima, l’EMSA, varie immagini satellitari al fine di rilevare eventuali inquinamenti da idrocarburi nella Baia di Algeciras. Inoltre, la Spagna ha deciso di chiedere, attraverso il centro di monitoraggio e di informazione, la mobilitazione di una delle navi antinquinamento sotto contratto dell’EMSA. Questa nave antinquinamento, la Mistra Bay, è tuttora nella zona, pronta a intervenire sotto la responsabilità delle autorità spagnole.

Questi due servizi dell’EMSA, ovvero la fornitura di immagini satellitari del Clean Sea Net e le navi antinquinamento, son ostati creati da decisioni europee. E’ grazie al sostegno del Parlamento europeo che 154 milioni di euro sono stati destinati alla lotta antinquinamento per gli anni 2007-2013. Inoltre, l’EMSA ha stipulato di recente dei contratti con altre navi antinquinamento per proteggere ancora meglio le coste europee e molto presto altre due navi, Bahia Uno e Bahia Tres, saranno operative al largo delle coste di Algeciras.

In generale, la Commissione vigila sulla corretta applicazione dell’acquis comunitario nel settore della sicurezza marittima e della protezione dell’ambiente marittimo. L’EMSA è stata creata per assistere la Commissione nel controllo dell’attuazione dell’acquis comunitario. Le ispezioni effettuate dall’Agenzia consentono di valutare gli sforzi effettuati dagli Stati membri per conformarsi al diritto comunitario. Laddove necessario, la Commissione avvia procedure d’infrazione contro gli Stati membri che non recepiscono correttamente il diritto comunitario.

Nei settori summenzionati, diversi casi sono pendenti, fra cui la direttiva definita comunemente “Sanzioni penali” e la direttiva “Responsabilità civile nel settore dell’ambiente”. L’applicazione concreta delle disposizioni del codice penale e il perseguimento degli inquinatori restano comunque una competenza nazionale.

Ritorno al caso della New Flame. La Commissione sta esaminando attualmente una denuncia ricevuta dal governo regionale dell’Andalusia su un possibile non rispetto della normativa comunitaria. Va ricordato che il terzo pacchetto marittimo, in discussione oggi, mira a apportare alcuni miglioramenti in materia di monitoraggio del traffico marittimo e di responsabilità degli operatori.

In conclusione, la Commissione ricorda che l’Unione europea ha attuato politiche ambiziose per la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente marino. Così, lo Stato membro colpito da un incidente ha a sua disposizione, se lo desidera, strumenti validi per lottare contro gli inquinatori e l’inquinamento. La Commissione si augura che il relitto della New Flame sia rimosso rapidamente dalla Baia di Algeciras. L’arrivo della nave specializzata Big Foot 1, alla fine di marzo, indica che sono in preparazione nuovi tentativi.

Ecco le informazioni che volevo dare all’Assemblea.

Signor Presidente, ascolterò adesso con attenzione gli interventi dei deputati a questo proposito.

 
  
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  Gerardo Galeote, a nome del gruppo PPE-DE. – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, sono passati otto mesi dal naufragio della New Flame e tuttora persiste il rischio di ulteriori versamenti di carburante, soprattutto quello che deriva dal carico che contiene il relitto.

Siamo arrivati a questa situazione a causa di fattori che si ripetono tutti i giorni nella zona, il mancato controllo sulla gestione di un traffico ad alta densità e massicce operazioni di trasbordo di combustibili fra navi nel mare. Ma in questo caso concreto, si è avuta inoltre una catena di errori e di rinuncia alla responsabilità in materia di monitoraggio della nave sia prima che dopo la collisione.

Per questo motivo, signor Commissario, l’Assemblea le sarebbe grata se volesse rispondere alle quattro domande che sto per porgerle:

Prima: è in possesso di informazioni sull’origine e sul grado di tossicità delle 42 500 tonnellate di rottami metallici che non sono stati recuperati?

Seconda: può dirci se, dopo la collisione e durante questi otto mesi, sia stata richiesta, e in quante occasioni, l’applicazione del meccanismo comunitario di aiuto in materia di protezione civile?

Terza: conosce i piani e il calendario per disincagliare la nave – come lei ha menzionato – e per vegliare sul rischio di inquinamento provocato dal suo carico?

Quarta: la Commissione europea ha aperto un’indagine. Le chiedo, è per accertare se le autorità competenti hanno violato le norme comunitarie vigenti? E, in questo caso, signor Commissario, la prego di impegnarsi di fronte a quest’Assemblea, qualora sia stato violato il diritto comunitario, di denunciare tali infrazioni alla Corte di giustizia delle Comunità europee perché, alla fine, sono sempre i cittadini e l’ambiente a pagare.

 
  
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  Luis Yañez-Barnuevo García, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, mi piacerebbe pensare che tutti siamo preoccupati per la protezione dell’ambiente e la sicurezza marittima e che questo sia l’unico motivo alla base della discussione sull’incidente della New Flame. Non posso credere, quindi, che qualcuno sostenga che questo caso sia lontanamente paragonabile alla catastrofe della Prestige.

I versamenti dalla New Flame ammontano solo a 24 tonnellate, finora, contro le oltre 70 000 tonnellate fuoriuscite dalla Prestige. Sarebbe come paragonare un graffio a un cancro terminale. Tuttavia, un incidente di questo tipo non è mai una questione di minore importanza. Dobbiamo rafforzare i meccanismi di prevenzione e di gestione di alcuni rischi nei nostri mari, soprattutto nel Mediterraneo.

Non vi è dubbio che le autorità spagnole hanno agito con serenità, efficacia e competenza, forse perché hanno imparato dalla grave catena di errori e di sciocchezze compiuti dal governo dell’epoca al momento della catastrofe della Prestige. Tali azioni del governo spagnolo e della giunta dell’Andalusia sono state facilitate dall’intervento dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima e dai servizi della Clean Sea Net, che ha fornito alle autorità spagnole undici immagini satellitari e due relazioni di valutazione del’incidente, e la reazione della Commissione europea al riguardo è già stata illustrata dal Commissario e non la ripeterò.

Nove mesi dopo l’incidente, la questione è sotto controllo e le autorità britanniche e spagnole, insieme alla Commissione, stanno agendo con rigore nel quadro del Forum di dialogo su Gibilterra.

 
  
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  Graham Watson, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, l’interrogazione orale che sta alla base della discussione ha il sapore, a mio avviso, di un risentimento atavico di natura costituzionale. Quest’Aula esprime la sua parte peggiore se consentiamo a tale sentimento di infangare il nostro approccio alla politica dell’Unione europea.

Vorrei chiedere al Commissario di chiarire tre punti e mi auguro che tornerà sull’argomento alla fine del dibattito e risponderà.

In primo luogo, che la collisione e l’affondamento della New Flame non hanno avuto luogo nella Baia di Gibilterra, che gli spagnoli chiama Baia di Algeciras, ma sul lato sudorientale della rocca di Gibilterra, al largo della punta europea nel Mare Mediterraneo.

In secondo luogo, che l’incidente della New Flame non ha niente a che vedere con il bunkeraggio di petrolio, dato che la nave trasportava rifiuti metallici.

In terzo luogo, che non vi sono state sette fuoriuscite di petrolio, come sostenuto nell’interrogazione orale, ma una fuoriuscita di minore importanza durante una tempesta il 9-10 febbraio. Nel mese successivo all’incidente, sono stati pompati fuori dalla nave settecentottanta metri cubi di carburante, nessuno dei quali si è riversato in mare. Sarei grato se il Commissario lo confermasse all’Assemblea. Se vi è petrolio sulla costa, è più probabile che provenga dalla Sierra Nava, che ha rotto un’ancora durante una tempesta all’inizio di quest’anno, si è arenata e ha versato petrolio.

Forse il Commissario potrebbe parlare anche della cooperazione fra le autorità di Gibilterra e le autorità spagnole. Credo che la cooperazione sia stata esemplare. Gibilterra è rispettosa di tutti i suoi obblighi internazionali pertinenti e inviterei i collegi spagnoli, in particolare del Partito popolare, a venire con me in quella parte della mia circoscrizione elettorale, parlare con le autorità e dare un’occhiata al relitto.

Vi sono ovviamente preoccupazioni legittime sulla sicurezza marittima e sul pericolo di inquinamento, non solo in mare, ma anche nell’aria e nelle acque sotterranee, nella trafficata e altamente popolata zona industriale in cui si trovano Gibilterra e l’entroterra spagnolo. Tuttavia, non consentiamo ai trucchi da partito politico dell’opposizione delusa di influenzare le nostre considerazioni europee.

 
  
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  Raül Romeva i Rueda, a nome del gruppo Verts/ALE. (ES) Signor Presidente, credo che la migliore metafora della situazione che stiamo vivendo nel caso della New Flame sia stata offerta da Greenpeace, quando ha collocato una bandiera sul relitto con la scritta “vertido diplomático” (fuoriuscita diplomatica).

Il problema presenta due aspetti, quello ecologico e quello diplomatico. Tuttavia, il secondo non deve essere una scusa per non affrontare seriamente il primo.

Ad esempio, il caso della New Flame è sintomatico dell’inquinamento cronico con idrocarburi della Baia di Algeciras per il mancato rispetto da parte di Gibilterra della normativa europea, ma anche per l’eccessivo permissivismo delle autorità spagnole. In ogni caso, vorrei ricordare o forse ringraziare il repentino interesse ecologico dei colleghi del PP. Ho la sensazione, in ogni caso, che l’interesse per la New Flame non abbia molto a che vedere con la necessità di affrontare il problema ecologico, ma, piuttosto, con la creazione di un’opposizione interna alla quale ci hanno abituati.

Credo, insisto, che vi sia un problema diplomatico, certo, ma il problema fondamentale è di natura ecologica, ed è quello che va affrontato immediatamente.

 
  
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  Willy Meyer Pleite, a nome del gruppo GUE/NGL. (ES) Signor Presidente, signor Commissario, dal mese di agosto ho avuto modo di partecipare a diverse iniziative parlamentari e sono intervenuto varie volte in quest’Assemblea. La questione di fondo – come tutti sappiamo – è che stiamo parlando di una delle zone d’Europa con il più intenso traffico marittimo, ovvero lo stretto di Gibilterra, con più di centomila navi l’anno, e la zona fra la Baia di Algeciras e Gibilterra, con trentamila navi ancorate ogni anno.

Il problema di fondo è che questi due porti non hanno alcun organismo di coordinamento e di monitoraggio del traffico marittimo. Questo è la questione. Vogliamo lanciare un’iniziativa chiara, precisa, affinché i due Stati membri coinvolti in quest’affare risolvano quanto prima questa mancanza di coordinamento. Stiamo parlando di due porti con il traffico marittimo maggiore ed è inammissibile che, al giorno d’oggi, non avere ancora questo organismo di controllo.

Perché non si tratta solo della New Flame, è stato il caso della Sierra Nava, del Samotraki, e sono tutti incidenti che mettono a rischio, logicamente, la sicurezza marittima, la sicurezza delle persone e dell’ambiente naturale.

Pertanto, credo che l’Europa abbia bisogno di energia, e che sia necessaria una direttiva chiara per due Stati membri. E’ inaccettabile che, nel XXI secolo, dopo otto mesi, la nave sia tuttora nelle condizioni in cui è. Forse, lo Stato spagnolo ha commesso un errore cedendo le competenze del recupero della nave a Gibilterra, perché forse le due amministrazioni avrebbero dovuto operare insieme.

E vi è una questione di fondo che desidero sottoporre al Commissario, Ho posto una domanda alla Commissione – e mi ha risposto il Commissario Dimas nel mese di marzo –, insistendo su un punto che tuttora non è chiaro: cosa trasportava la nave nella stiva? Che tipo di rottami metallici? La Commissione mi ha risposto dicendo che trasportava 700 tonnellate di combustibile IFO-380, ma a oggi non sappiamo che tipo di rifiuti trasportasse la nave. E credo che ciò sia inammissibile.

Chiedo alla Commissione di chiarire una volta per tutte che tipo di rottami metallici trasportava la nave.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE). (PT) Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo in questo dibattito perché la situazione della New Flame, naufragata nella Baia di Algeciras e Gibilterra nell’agosto 2007, deve ancora essere risolta. Come è noto, vi sono state diverse fuoriuscite di carburante e di petrolio dalla nave fra l’agosto 2007 e il febbraio 2008. Sappiamo tutti che le conseguenze di questo tipo di incidenti non hanno rispetto per i confini degli Stati e danneggiano sia l’ambiente sia le popolazioni costiere.

Mi unisco quindi ai colleghi spagnoli che chiedono una risposta alle questioni sollevate in merito alla New Flame. Sono questioni rilevanti e richiedono una risposta urgente, perché quest’incidente non riguarda solo le autorità spagnole e di Gibilterra. E’ un tipo di incidente che ha conseguenze per l’ambiente, la sicurezza marittima e l’economia marittima, e quindi riguarda tutti noi.

Non possiamo ignorare il fatto che la collisione e l’affondamento della nave siano avvenuti in una delle rotte marittime più trafficate al mondo e che il suo carico non sia stato ancora scaricato. La lite diplomatica è quindi l’ultima delle nostre preoccupazioni. Tuttavia, le questioni sollevate sono ancora più rilevanti se consideriamo che quest’Assemblea ha appena approvato una normativa sulla sicurezza marittima in un pacchetto di misure volte a rafforzare la normativa europea e ad armonizzarla con importanti strumenti internazionali.

Ha senso quindi chiedere adesso come verranno usate le risorse rilevanti approvate dalla normativa europea, almeno quelle che sono già disponibili, e come verrà coordinata la necessaria cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione, in particolare per quanto riguarda lo scambio di informazioni, la ripartizione delle responsabilità e le misure pratiche per risolvere la situazione. E’ in questo contesto, inoltre, che valutiamo la dichiarazione che il Vicepresidente Barrot ha reso a noi qui e che, ritengo, illustra la posizione della Commissione.

 
  
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  Francisca Pleguezuelos Aguilar (PSE). (ES) Signor Presidente, questo dibattito e le risposte del Commissario non hanno lasciato alcun dubbio sul fatto che le autorità spagnole e andaluse siano altamente sensibili alle fuoriuscite di inquinanti e alla sicurezza marittima: sono questioni importanti per questo governo, sia in termini di risposta, che è stata alquanto immediata nel tempo e nel modo, sia perché ha intrapreso un insieme di azioni molto importanti per risolvere il problema ed evitare danni maggiori. Ne abbiamo già parlato.

Non vi è dubbio che l’incidente della New Flame non è nemmeno lontanamente una catastrofe delle dimensioni della Prestige, ma le sue conseguenze hanno preoccupato e occupato il governo spagnolo, il governo del mio paese.

Il governo spagnolo non può essere di certo accusato di inazione, anzi, proprio il contrario. Fin dal primo momento dell’incidente, la Spagna è stata in contatto con il Regno Unito e con Gibilterra ed ha chiesto informazioni sulla nave e sull’incidente e si è offerta di collaborare e di coordinare le iniziative proposte dall’onorevole Meyer.

Come ha indicato lo stesso Commissario, si sono chiesti aiuti all’Unione europea a partire da agosto. Si è chiesto all’armatore e alla compagnia di coprire le spese causate dai danni e poi la giunta dell’Andalusia ha anche denunciato Gibilterra per un potenziale inadempimento della normativa.

E’ vitale che la Spagna abbia onorato i propri obblighi – e lo ha fatto bene, e non si è ripetuto quanto accaduto con il Prestige –, ma è vero che è necessario coordinare ed è proprio questo coordinamento che è mancato in quest’occasione. Per questo, credo che il ricorso da parte della Spagna al Forum di dialogo su Gibilterra come misura che possa realmente consentire di gestire situazioni come questa e di impedirne nuovi incidenti, che ovviamente non sono auspicabili, oggi può servire a tutti noi come conclusione. Il resto non è altro se non l’apatia che alcuni hanno mostrato e che oggi desiderano portare di nuovo nel Parlamento.

 
  
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  David Hammerstein (Verts/ALE). (ES) Signor Presidente, per i Verdi non si tratta di cercare colpevoli, ma di individuare rimedi efficaci affinché non si verifichino più giornalmente nello stretto di Gibilterra queste catastrofi, o piuttosto cronache di catastrofi annunciate.

Quest’incidente è stato un serio ammonimento e dovremmo prenderne nota. Abbiamo chiesto alla Commissione di adottare misure contro la sconsiderata e pericolosa pratica del bunkeraggio, che trasforma le acque di Gibilterra, della Gran Bretagna e della Spagna in un’enorme stazione di servizio galleggiante fuori legge, senza controllo e senza precauzioni.

Centinaia di monoscafi precari circolano in questa zona. L’anno scorso sono stati effettuati seimila trasbordi di carburante, e più di diecimila in alto mare, senza le misure di sicurezza indicate dalla convenzione Marpol.

Abbiamo detto alla Commissione europea che non possiamo continuare a imparare dai disastri e le abbiamo chiesto di presentare a quest’Aula un protocollo, un protocollo efficace sulla collaborazione nel trasporto marittimo nello stretto di Gibilterra, a difesa dell’ambiente e del senso comune. Non possiamo continuare a vivere con questo tipo di catastrofi, che aleggiano ogni giorno sulle nostre teste.

 
  
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  Luis de Grandes Pascual (PPE-DE). – (ES) Signor Presidente, vorrei ringraziare il Vicepresidente, Commissario Barrot, per le sue risposte. La Baia di Algeciras è diventata la discarica dello stretto di Gibilterra. Oltre alle pratiche illecite di bunkeraggio, le continue fuoriuscite di prodotti contaminanti, sebbene in scarse quantità, e gli incidenti con fuoriuscita del carico minacciano di trasformare una zona protetta in una cloaca.

Il caso di cui ci stiamo occupando non minaccia in alcun modo le relazioni fra Spagna e Regno Unito, che discutono con razionalità i loro vecchi contenziosi. Nel caso del naufragio della New Flame – se mi consentite la frase – “ unos por otros, la casa sin barrer”, ognuno aspetta che sia l’altro ad agire e nel frattempo non si risolve niente.

E’ scandaloso che per sette lunghi mesi nessuna autorità competente sia stata capace di prendere decisioni efficaci per evitare l’affondamento della nave e impedire le fuoriuscite di contaminanti derivanti dall’incidente.

Adesso il relitto si trova sul fondo marino con 42 500 tonnellate di rottami metallici di cui non si conosce la natura né la portata inquinante.

Signor Commissario, stiamo lavorando duramente sul pacchetto Erika III – per il quale il Consiglio mostra invece scarsa inclinazione a rispettare termini richiesti dal Parlamento europeo –, affinché sia istituita un’autorità indipendente per la lotta contro l’inquinamento marino, dotata di competenze decisionali dopo avere valutato la portata di un incidente.

Questo caso della New Flame sembra fatto apposta per giustificare la creazione di quest’autorità indipendente che sia dotata di poteri decisionali. D’altro canto, è ingiustificabile sollecitare gli Stati membri dell’Unione europea a trasporre le direttive pertinenti e a ratificare le convenzioni internazionali applicabili al caso.

Ho ascoltato con tristezza come si sminuisce l’Andalusia mettendo in risalto la grande catastrofe del Prestige; è un gioco manicheo, triste, che denota poco rispetto per l’Andalusia. E’ un peccato che lo abbiano detto persone di quella stessa terra.

Signor Commissario, quello che chiede l’Andalusia per la Baia di Algeciras è che le pratiche lecite di bunkeraggio e le attività marittime generatrici di ricchezza e di occupazione per la zona siano compatibili con il rigoroso rispetto per la protezione dell’ambiente.

 
  
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  Inés Ayala Sender (PSE). (ES) Signor Presidente, credo che questo incidente non sia paragonabile ad altri incidenti avvenuti con petroliere, o con container, come il caso del Napoli, su quale l’OMI deve tuttora adottare una decisione.

Dobbiamo quindi rallegrarci che a questo dibattito stia intervenendo il Vicepresidente. In questo momento era incentrato essenzialmente sugli aspetti ambientali. Credo che sia molto importante la capacità dimostrata dal Vicepresidente Barrot nell’affrontare, con nuovi strumenti, gli aspetti relativi ad entrambi i settori, ambiente e trasporti.

Abbiamo risolto i problemi diplomatici con Gibilterra in materia di sicurezza aerea. Le chiederei, Commissario Barrot, anche in questo caso, di cercare di migliorare, diciamolo pure, gli aspetti diplomatici con Gibilterra in materia di sicurezza marittima. Ma credo che vi siano già canali di dialogo che potranno rivelarsi molto utili.

Credo inoltre che le autorità spagnole e andaluse abbiamo fatto tutto il possibile di fronte a questo tipo di incidente in questa zona critica del Mediterraneo e, quindi, ci fa piacere e ci soddisfa vedere che tali autorità hanno chiesto immediatamente all’Unione europea di applicare quegli strumenti che sono a sua disposizione.

Crediamo quindi che sia importante inviare un messaggio di speranza ai cittadini sugli aspetti più catastrofici e la incoraggiamo, quindi, a rafforzare questi strumenti dell’EMSA, che si sono rivelati utili nella prevenzione, e poi nella protezione della costa, a portare avanti questo terzo pacchetto sulla sicurezza marittima e, soprattutto, a migliorare la cooperazione fra i porti che, forse, in alcuni momenti, è mancata, e infine a presentare tutti gli aspetti relativi al miglioramento della qualità del carburante marittimo, su cui di recente è stato concordato una progetto definitivo con l’OMI e che migliorerà l’esito o le conseguenze di questo tipo di incidenti.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, cercherò di rispondere ad alcune delle domande. Dirò all’onorevole Galeote che la Commissione non è a conoscenza di una particolare tossicità dei rottami metallici che trasportava la New Flame. Non abbiamo motivi per ritenere che abbiano una tossicità particolare.

Per quanto riguarda il meccanismo comunitario di aiuto in materia di protezione civile, la sua applicazione è stata sollecitata dalle autorità spagnole fin dal verificarsi del naufragio della New Flame, ma non successivamente. Infine, per quanto riguarda la rimozione del relitto, informo il Parlamento che le operazioni sono in fase di svolgimento, condizioni del mare permettendo, per trascinarlo in condizioni di sicurezza. Queste operazioni di rimozione del relitto dovrebbero durare circa tre mesi.

La Commissione, inoltre, sta esaminando la denuncia ricevuta dal governo andaluso. Se sono state commesse violazioni, saranno perseguite. Anche il Presidente Watson mi ha posto alcune domande. Vorrei dirgli che il relitto della New Flame si trova, infatti, nelle acque di Gibilterra. L’incidente della New Flame non ha niente a che vedere con le attività di “bunkering” di petrolio, le autorità britanniche hanno informato la Commissione che le attività di bunkeraggio o “bunkering” di petrolio erano regolamentate e che non ponevano problemi particolari. Le navi di approvvigionamento sono tutte petroliere a doppio scafo, in possesso di tutti i certificati necessari.

Onorevole Meyer, la direttiva sul monitoraggio del traffico navale, concluderei, promuove la cooperazione in materia di monitoraggio del traffico navale, mentre il sistema di informazione Safe Sea Net consente lo scambio di informazioni.

Onorevole Queiró, la Commissione ritiene che le disposizioni della direttiva sulle sanzioni penali in caso di inquinamento possano essere applicate al caso della New Flame, nonché, più in generale, alle operazioni di buncheraggio che provocano inquinamento marino. Tuttavia, la direttiva 2005 definisce solo il quadro legislativo inteso a sanzionare gli autori di inquinamenti marittimi.

L’applicazione concreta delle sanzioni in ciascun caso particolare non è prevista dalla direttiva, ma dal diritto nazionale applicabile, ad esempio a seguito della presentazione di una denuncia o all’avvio di un’azione pubblica nell’ambito del diritto penale. Le sanzioni devono essere applicate dai giudici nazionali non appena si verifica l’illecito.

Onorevole Hammerstein, il trasferimento di idrocarburi in alto mare è una pratica molto comune nel trasporto marittimo. In linea di principio, non pone problemi se vengono seguite tutte le misure di precauzione. Gli armatori hanno sviluppato un corpus di buone pratiche in materia di “bunkering”, vale a dire di approvvigionamento delle navi in combustibili. Da parte sua, l’Organizzazione marittima internazionale si appresta ad adottare misure per prevenire l’inquinamento durante il trasferimento di idrocarburi fra petroliere. Gli Stati membri e la Commissione hanno appoggiato attivamente questa azione, ma resteremo molto vigilanti.

Onorevole de Grandes Pascual, nel 2005, nell’ambito del terzo pacchetto di misure legislative per la sicurezza marittima, la Commissione ha proposto una direttiva contenente alcune regole minime comuni sulla responsabilità civile e l’assicurazione. Questa proposta è stata accolta favorevolmente dal Parlamento europeo, ma non ha ricevuto, purtroppo, un seguito adeguato nel Consiglio. La proposta era stata elaborata per apportare una risposta interlocutoria alle vittime dell’inquinamento marittimo, prima dell’attuazione, costantemente ritardata, delle convenzioni internazionali pendenti. Dette convenzioni entrano in vigore con molto ritardo, oppure non si applicano in tutti gli Stati membri, creando quindi situazioni di disuguaglianza fra gli operatori e fra le vittime di incidenti.

Non ho risposto a tutte le domande, ma vorrei aggiungere che la Commissione è consapevole che persiste un disaccordo per quanto riguarda le acque attorno a Gibilterra. Non dobbiamo intervenire in questa discussione. Possiamo solo invitare le parti interessate a rafforzare la loro cooperazione e a migliorare lo scambio di informazioni. Il forum tripartito dovrebbe incentrarsi sulla questione della cooperazione in materia di sicurezza marittima.

Onorevoli deputati, con il vostro permesso, vorrei approfittare di quest’occasione per dirvi almeno che il Parlamento, per quanto riguarda il terzo pacchetto marittimo contro l’inquinamento, si è realmente assunto le sue responsabilità. La commissione per i trasporti ha adottato tutte e sette le proposte e io desidero rendere omaggio al Parlamento che mi ha molto aiutato in questo compito. Ma è anche vero che, nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri, ho constatato la resistenza di un certo numero di Stati membri, di numerosi Stati membri, in merito a due proposte. Da un lato la proposta concernente la responsabilità civile, la responsabilità degli armatori per i quali, in particolare, abbiamo dovuto prevedere un obbligo di assicurazione, il che è senza dubbio un elemento importante per il futuro. Dall’altro, una proposta che completa questo dispositivo, sulla responsabilità dello Stato di bandiera. La responsabilità dello Stato di bandiera è infatti essenziale se vogliamo che tutte le bandiere europee siano inserite nella lista bianca del memorandum di Parigi, dimostrando di essere tutte bandiere di qualità. Tuttavia, non siamo ancora arrivati a questo punto. Vorrei dire che, per prevenire naufragi come quello della New Flame, è assolutamente necessario dotarci di una legislazione che, così come abbiamo proposto nel terzo pacchetto marittimo, sia completa e consenta davvero di eliminare, a tutti gli stadi, i rischi di naufragio e di inquinamento.

A questo proposito, abbiamo compiuto progressi, non vi sono dubbi. L’Agenzia europea per la sicurezza marittima, come ho detto, è intervenuta. Ha rafforzato di recente i mezzi a sua disposizione, ma niente può sostituire questo terzo pacchetto marittimo per il quale posso solo auspicare che, me ne rendo conto, con l’appoggio del Parlamento, gli Stati membri siano disposti ad assumersi le loro responsabilità. Che dramma sarebbe se domani avessimo una marea nera nel Mediterraneo, mare talmente fragile e sensibile. E’ il motivo per cui vi ringrazio ancora per il vostro deciso sostegno affinché questo terzo pacchetto marittimo diventi realtà e possiamo avere un efficace controllo dello Stato della bandiera e una responsabilità chiara dell’armatore. E’ assolutamente essenziale se vogliamo prevenire nuove catastrofi.

Vi ringrazio, in ogni caso, per avere sollevato il problema, che ci permette di insistere di nuovo su questo importante imperativo che è la sicurezza marittima.

 
  
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  Gerardo Galeote (PPE-DE). (ES) Signor Presidente, una questione di ordine. Il Commissario ha fatto riferimento alle acque di Gibilterra, Non so se si sia trattato di un errore di interpretazione o di un lapsus del Commissario. Vorrei che lo chiarisse perché, come sa perfettamente, la titolarità di queste acque è soggetta a una disputa fra il Regno di Spagna e il Regno Unito.

Vorrei che chiarisse la questione, per favore.

 
  
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  Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione. (FR) Signor Presidente, non ho voluto prendere posizione. Ho soltanto indicato il luogo geografico del naufragio, ovvero Algeciras, Gibilterra. Vi prego di non fraintendermi. Non ho voluto risolvere una controversia che io, del resto, non sono in grado di dirimere.

 
  
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  Graham Watson (ALDE). (EN) Signor Presidente, il Commissario ha assolutamente ragione. Si tratta delle acque territoriali di Gibilterra e dovrebbe andare a verbale che né l’incidente né il naufragio della New Flame sono avvenuti nella Baia di Gibilterra o Algeciras, comunque la si voglia chiamare. Era al largo della punta sudorientale della rocca nel Mar Mediterraneo, e questo dovrebbe risultare chiaramente agli atti.

 
  
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  Presidente. − Comunico di aver ricevuto sei proposte di risoluzione(1) ai sensi dell’articolo 103, paragrafo 2, del Regolamento.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà giovedì, 24 aprile 2008.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Kartika Tamara Liotard (GUE/NGL), per iscritto. – (NL) La questione del naufragio della New Flame al largo di Gibilterra sembra essere incentrata in prima istanza sulla disputa fra Regno Unito e Spagna in merito a Gibilterra. E’ di estrema importanza che lì’intimidazione diplomatica di guerra non finisca con l’avere maggior peso della minaccia di disastro ambientale al largo delle coste spagnole. Quello, dopo tutto, è il vero problema. La priorità deve essere sempre data alla salvaguardia dell’ambiente.

Vi è poi il problema della responsabilità. Per l’ennesima volta, abbiamo a che fare con una nave che batte bandiera di convenienza per evitare il rispetto delle leggi e dei diritti di pagamento e che poi finisce nei guai. L’UE dovrebbe essere in grado di agire per prevenire questa violazione delle norme internazionali. Deve risultare molto chiaramente chi è responsabile in caso di incidenti di questo tipo.

 
  

(1)Cfr. processo verbale.


22. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale

23. Chiusura della seduta
  

(La seduta è tolta alle 23.40)

 
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