Presidente. − Spoštovani gospod predsednik Republike Slovenije. E’ un grande piacere dare il benvenuto al Presidente della Repubblica di Slovenia, qui oggi nel Parlamento europeo di Strasburgo. Benvenuto, signor Presidente.
La Slovenia ha aderito all’Unione europea il 1 maggio 2004 e attualmente esercita la Presidenza del Consiglio. Signor Presidente, lei ha assunto la carica di Presidente della Slovenia quattro mesi fa, durante i quali ci siamo già incontrati tre volte: due giorni prima che assumesse ufficialmente la carica a Lubiana, poi l’8 gennaio in occasione del lancio ufficiale dell’Anno europeo del dialogo interculturale, e infine a febbraio, a New York, nel corso della discussione tematica dell’Assemblea generale dell’ONU sul cambiamento climatico.
Signor Presidente, lei è il terzo Presidente della Slovenia dall’indipendenza del suo paese. Ha alle spalle una lunga e brillante carriera di docente di diritto internazionale e, soprattutto, di diplomatico, dato che ha dedicato gran parte della sua carriera al servizio delle Nazioni Unite. Per otto anni, è stato il Rappresentante Permanente della Repubblica di Slovenia all’ONU, e per cinque anni è stato Vicesegretario generale per gli Affari politici all’ONU. Ora la Slovenia ha il grande onore di essere il primo dei nuovi Stati membri – i paesi che hanno aderito all’Unione europea il 1° maggio 2004 – nonché il primo ex paese comunista e il primo paese slavo a esercitare la Presidenza del Consiglio dell’Unione europea.
Per la Slovenia tale privilegio comporta non poche responsabilità, alle quali sta facendo fronte, poiché ora i nuovi Stati membri, nell’assumersi tale impegno, si fanno altresì carico di responsabilità nei confronti della grande famiglia dell’Unione europea. Per la Slovenia, la Presidenza del Consiglio comporta anche un’altra responsabilità, quella nei confronti dei suoi paesi vicini, i paesi dei Balcani occidentali.
La Slovenia costituisce un modello per tali paesi, dimostrando loro che il successo è possibile, che si può ottenere l’adesione all’Unione europea e che essa porta stabilità, sviluppo e prosperità.
Signor Presidente, è con mio grande piacere che la invito a rivolgersi all’Assemblea. Izvolite, prosim!
Danilo Türk, Presidente della Repubblica di Slovenia. – (SL) Signor Presidente, onorevoli deputati, è un grande onore per me essere stato invitato a intervenire di fronte a questa stimata Assemblea. Solo un mese fa celebravamo il XV anniversario della prima seduta del Parlamento europeo. Tale anniversario costituisce un’eccellente opportunità per riflettere sul presente e sul futuro dell’Unione europea. Oggi posso approfittare di questa speciale opportunità di condividere le mie riflessioni con voi – i rappresentanti eletti delle nazioni dell’Europa.
Questo Parlamento e, certamente, l’Unione europea in generale stanno imponendo la realizzazione di una grande visione, una visione di pace e di benessere duraturi, uno spirito di cooperazione e di integrazione in costante crescita, da cui le nazioni europee traggono vantaggio. I padri di tale visione – Jean Monnet, Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide de Gasperi e altri – forse non immaginavano neppure che, a 51 anni di distanza dalla formazione delle Comunità europee, in un’Unione europea estremamente integrata dopo l’importante espansione del 2004, la Slovenia, tra i nuovi Stati membri, sarebbe stata il primo paese a esercitare la Presidenza e che il Presidente sloveno avrebbe tenuto un discorso al Parlamento europeo.
Tuttavia, il loro senso di soddisfazione forse sopraffarebbe il loro senso di stupore. Non solo il progetto europeo è riuscito, ma si è anche rivelato un progetto dall’enorme potere di trasformazione, che sta creando un tipo di Europa completamente nuovo, un tipo di Europa che, durante i primi periodi della sua lunga storia, era sconosciuto. Ciò che oggi è ancor più importante è che l’Unione europea, attraverso il progetto europeo, si è già in buona parte affermata come un soggetto a livello mondiale, come un attore a livello globale, il che è precisamente ciò di cui desidero parlare oggi.
Che cosa ha permesso di raggiungere questo incredibile successo, la creazione di un così grande e importante attore a livello mondiale come questo? Quali conclusioni possiamo trarre oggi da tale successo? Siamo in grado di applicare le conoscenze acquisite in passato quando affrontiamo le sfide di oggi e di domani? Questi sono interrogativi che dobbiamo porci in continuazione. In questo mondo sempre più “globalizzato”, l’Unione affronterà sempre questioni complicate e dovrà fornire risposte credibili. L’Unione europea continuerà a essere un successo, a patto che conservi il suo dinamismo, a patto che sia un attore politico a livello mondiale con importanza sempre crescente, e – aggiungerei – un’importanza politica. Andare avanti costituisce una precondizione per il successo. Ciò che si chiede all’Unione europea al livello attuale è che assuma il ruolo di leader a livello mondiale.
In molti settori il suo ruolo o è già stato definito o è atteso con ansia. A tal proposito desidero menzionare due di tali ambiti: il surriscaldamento globale e i diritti umani.
Lo scorso anno l’Unione europea ha collocato al centro delle sue decisioni politiche le questioni ambientali e in particolare quella del surriscaldamento globale. E’ stata senza dubbio una saggia decisione, dato che il cambiamento climatico e il degrado ambientale costituiscono evidentemente la minaccia più grave e la sfida più grande che tutti noi stiamo affrontando. La Commissione europea ha stabilito speciali obiettivi, che permettono all’Unione europea di assumersi un ruolo di leader nel mondo. L’obiettivo principale è riuscire a ridurre del 20 per cento, rispetto al 1991, le emissioni di gas a effetto serra entro il 2020. Il conseguimento di tale obiettivo è stato definito come impegno indipendente. L’iniziativa per un obiettivo ancor più ambizioso dovrebbe rientrare in un accordo internazionale generale, che comprenderebbe anche altri attori fondamentali. In questo caso, nel quadro della proposta della Commissione europea, l’Unione europea sarebbe anche pronta a conseguire una riduzione del 30 per cento nell’arco dello stesso lasso di tempo. Tali obiettivi sono così importanti e così ambiziosi che offrono realmente una visione volta al cambiamento delle misure promesse contro il surriscaldamento globale, fornendo di conseguenza l’esempio necessario e una leadership a livello mondiale.
Tali obiettivi, tuttavia, possono essere raggiunti o diventeranno nuovamente un altro ostacolo insormontabile? La risposta è che ciò non è ancora molto chiaro. Un mese fa il Consiglio europeo ha accolto con favore una proposta della Commissione europea – in quanto costituiva una valida base per un accordo. Le consultazioni di quest’anno e dell’anno a venire mostreranno quanto si potrà effettivamente realizzare prima della conferenza di Copenaghen, in programma per il dicembre 2009. Desidero sottolineare in modo particolare che, istituendo una speciale commissione sul cambiamento climatico, il Parlamento europeo ha già riconosciuto l’importanza di tale questione e, a tale proposito, ha un compito estremamente importante.
Probabilmente, il compito che ci aspetta sarà difficile. L’inquietudine che inizia a trasparire dai mezzi d’informazione europei veicola tutta una serie di messaggi confusi. Vi sono espressioni di sostegno, ma anche voci scettiche che segnalano le preoccupazioni di alcune branche europee dell’industria, tra cui il fatto che, dato che l’economia mondiale sta attraversando un periodo difficile, anche la competitività sta diventando sempre più difficoltosa e, al contempo, le questioni ambientali stanno diventando relativamente meno importanti.
Momenti difficili come questo rappresentano una vera sfida per la leadership. E’ evidente che il surriscaldamento globale ha già raggiunto il punto in cui la comunità internazionale si trova di fronte a una scelta ovvia: o continuare con i metodi di crescita e accettare un’eventuale catastrofe o farsi coraggio e adottare un approccio volto al cambiamento, che può mitigare adeguatamente le conseguenze del surriscaldamento globale e prevenire il peggio. Non ci riusciremo venerando la crescita. Sebbene non sia facile da realizzare, questo è sostanzialmente l’ordine del giorno e mi auguro che quest’anno sceglieremo la strada che porta al cambiamento.
Nel compiere tali sforzi, sarà necessario estendere considerevolmente il fronte dei suoi sostenitori. Sono già in ogni caso in molti coloro che sentono la necessità di un passaggio al cambiamento. Le organizzazioni non governative, i mezzi d’informazione e altri soggetti della società civile si stanno mobilitando. Nella comunità imprenditoriale vi sono segnali di una forte tendenza allo sviluppo di nuove tecnologie basate sull’energia pulita e sempre più persone sono pronte a modificare le loro abitudini di consumatori.
Tali tendenze devono ora essere associate a un movimento deciso. L’arco temporale è noto. Il luogo è noto. Secondo il piano d’azione adottato a Bali lo scorso anno, ci si aspetta che i negoziati siano conclusi entro il prossimo anno con l’adozione di un accordo a livello mondiale che, nel 2012, sostituirà il protocollo di Kyoto.
Onorevoli deputati, l’ambiente non è l’unica questione per cui l’Unione europea deve assumersi un ruolo di leader a livello internazionale. L’Unione deve anche avere un ruolo più incisivo negli sforzi compiuti per i diritti umani a livello mondiale. Che l’Unione europea appoggi i diritti umani è, certamente, ovvio. Le istituzioni europee si basano sui principi dello Stato di diritto e sui diritti umani, l’Europa è un regno dei diritti umani.
La firma del Trattato di Lisbona da parte di tutti gli Stati membri entro la fine di quest’anno, anno in cui celebriamo il sesto anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, significherà altresì che, per la prima volta nella storia dell’Unione, l’intera serie dei diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini dell’Unione, determinati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, diventerà giuridicamente vincolante.
Da un punto di vista globale, la situazione nel mondo non è incoraggiante. In molte zone del pianeta vi sono numerosi esempi della sistematica violazione dei diritti umani, il che è parzialmente dovuto alla ricerca sfrenata di vantaggi economici, indipendentemente dai bisogni della popolazione locale e dell’ambiente. Le popolazioni povere e quelle indigene, in particolare, sono spesso minacciate dalla povertà e dalla fame e, in alcuni casi, anche dall’estinzione. Nei conflitti armati in diverse località di Africa e Asia continuano a essere perpetrate crudeltà che rappresentano crimini contro l’umanità.
L’Unione europea deve agire in modo tale da proporre modelli economici di crescita sostenibile, deve altresì agire compiendo sforzi umanitari e diplomatici, ma anche applicando sanzioni a sostegno delle decisioni della Corte internazionale di giustizia. A questo punto, l’Unione europea deve assumersi un ruolo di leader, in modo particolare perché l’azione a livello mondiale nella sfera dei diritti umani sta restando indietro.
Il Consiglio dell’ONU per i diritti umani sta ancora lottando per metodi di lavoro corretti. Gli sforzi per stabilire una revisione universale periodica dei diritti umani a livello mondiale sono promettenti, ma ancora inefficaci. Le attività contro le numerose e sistematiche violazioni dei diritti umani non sono integrate a sufficienza. Tutto ciò può essere corretto lentamente, sebbene non senza una leadership efficace, non senza un efficace ruolo di leader di quegli Stati membri dell’ONU che davvero lottano per i diritti umani.
In realtà ciò non può accadere senza un più forte ruolo di leader da parte dell’Unione europea, che rappresenta il gruppo più importante degli Stati membri influenti delle Nazioni Unite. Ultimamente alcuni altri sostenitori tradizionali dei diritti umani sono diventati meno attivi e non hanno fatto domanda per aderire al Consiglio dell’ONU per i diritti umani. Le crescenti preoccupazioni dovute al terrorismo e alle altre minacce alla sicurezza, tra cui le reazioni a tali minacce a volte non pianificate in modo sufficientemente adeguato, hanno ovviamente ridotto il livello di sensibilità nei confronti dei diritti umani. L’Unione europea deve colmare questo vuoto.
L’Unione deve altresì trovare nuovi metodi di cooperazione con il Consiglio di sicurezza dell’ONU. E’ stata l’attività del Consiglio di sicurezza nel Darfur a contribuire a stabilire il ruolo della Corte internazionale di giustizia nei suoi sforzi volti a perseguire legalmente gli autori di alcuni dei crimini più atroci dei nostri tempi. Quasi precisamente un anno fa, la Corte internazionale di giustizia ha emesso provvedimenti di custodia per alcuni di tali autori. Gli sforzi per portarli dinanzi a un giudice devono continuare. La cooperazione con il Consiglio di sicurezza rimarrà di importanza cruciale.
Anche senza le attività del Consiglio di sicurezza dell’ONU, tuttavia, l’Unione europea deve considerare le azioni che contribuirebbero all’efficienza della Corte internazionale di giustizia. Desidero sottolineare che è proprio l’amministrazione internazionale di giustizia a costituire la colonna portante delle attuali attività internazionali per i diritti umani e che essa necessita di un sostegno efficace.
L’Unione europea dovrebbe altresì appoggiare quelle democrazie emergenti in tutto il mondo che sono realmente impegnate nei diritti umani. Si interessano delle attività internazionali, ma al contempo devono tenere conto delle loro organizzazioni regionali, nonché delle altre organizzazioni, e anche del fatto che, in tutte le attività internazionali connesse ai diritti umani, tali aspetti non vengano trascurati. Tali paesi sono, tuttavia, partner, dell’Unione europea e tali partenariati devono essere coltivati.
Onorevoli deputati, nelle sue diverse forme, l’attività internazionale per i diritti umani può essere efficace se nasce da solide basi, da un onesto rispetto dei diritti umani al proprio interno, il che comprende la tutela dei diritti umani sia per i migranti che per i richiedenti asilo, e da un’attenta applicazione delle leggi in quei casi che comprendono accuse di terrorismo. La costruzione di tali fondamenta, tuttavia, deve continuare. Il Trattato di Lisbona comprende la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e una procedura decisionale potenziata che, in relazione ai diritti umani, faciliterà l’adozione di soluzioni creative e coraggiose.
Per l’Unione europea il requisito della creatività non è nulla di nuovo. L’insoddisfazione creativa europea, come ha affermato il Presidente tedesco Horst Köhler nel suo discorso di due anni fa a quest’Assemblea, tale insoddisfazione creativa ha aiutato l’Europa ad accettare varie sfide sociali e politiche nel suo impegno alla libertà e alla verità, con la capacità di far diventare una realtà la solidarietà e di creare un mondo migliore per tutti. In nessun altro settore la creatività e l’insoddisfazione creativa saranno necessari tanto quanto nell’area della gestione dell’immigrazione e dell’inclusione sociale degli immigrati.
L’Europa sta invecchiando e non sarà più in grado di svolgere il ruolo di leader a livello mondiale senza una riuscita politica demografica. Tali politiche comprenderanno inevitabilmente la gestione della migrazione. L’Europa ha bisogno di persone nuove, di animo positivo e capaci di fare la loro parte nella creazione di un mondo migliore per tutti. Le misure politiche, che possono contribuire al processo di integrazione dei migranti, ovviamente differiscono e devono essere associate in modo corretto, in base alle circostanze in cui si trova ciascun paese ospitante che accoglie immigrati. Al contempo sono più ampiamente applicabili alcuni elementi e in alcuni casi l’Unione europea può anche apprendere da paesi terzi, quali il Canada.
Le politiche di migrazione necessiteranno di diversi obiettivi coordinati a livello dell’Unione europea nel suo insieme. L’obiettivo del regime comune europeo in materia di asilo da realizzarsi entro il 2010 sembra essere ambizioso e urgente. E’ altresì necessario un maggiore coordinamento tra la politica di immigrazione e la politica di aiuto allo sviluppo. L’Unione europea deve rafforzare il suo ruolo nel dialogo ad alto livello con le Nazioni Unite relativo alla migrazione.
E’ al contempo necessaria la creatività in relazione all’integrazione degli immigrati e delle loro comunità. Il benessere economico e una maggiore mobilità sociale verso l’alto sono la chiave per una riuscita politica in materia di migrazione. Le attività imprenditoriali condotte dalle minoranze etniche, ad esempio, offrono posti di lavoro e contribuiscono in modo significativo all’economia dei paesi ospitanti. D’altro canto, i governi possono apportare il loro contributo con regolamentazioni e programmi di qualificazione adeguati e fornendo supporto generale alle libere imprese.
L’integrazione deve comprendere un accesso efficace a una formazione di qualità, in parallelo con corsi di lingua e l’accesso all’università. L’istruzione costituisce una precondizione per una riuscita integrazione degli immigrati in una società più ampia.
E il successo deve essere reso visibile. Agli individui di origine straniera che sono riusciti ad affermarsi deve essere data la possibilità di comparire in televisione e su altri mezzi d’informazione e devono essere considerati esempi di successo. Questo aiuterà il grande pubblico a comprendere che la diversità e l’inclusione sociale sono compatibili e che la non discriminazione e le pari opportunità rientrano tra le virtù politiche più importanti. Nulla ha successo come il successo. E nulla mostrato in televisione è di più grande effetto del successo di coloro che hanno iniziato dai margini della società.
Ho per certi versi sottolineato in maggior dettaglio le questioni dell’immigrazione e dell’integrazione a causa della loro importanza per il futuro dell’Europa e anche perché rappresentano un altro settore in cui verrà testata la creatività europea. In passato, l’Unione europea è riuscita a risolvere la maggior parte delle questioni sociali e, come risultato, è diventata un esempio di giustizia sociale e di benessere economico a livello mondiale. Non vi è alcuna ragione per cui la nostra generazione non possa trovare buone soluzioni nel settore dell’immigrazione e dell’integrazione. L’Europa ha molto da guadagnare, integrando persone capaci, professionalmente qualificate e desiderose di contribuire al suo futuro e al suo benessere.
Onorevoli deputati, senza dubbio oggi necessitiamo di gestione, di lungimiranza e necessitiamo di creatività. L’Unione europea deve al contempo dimostrare di essere in grado di continuare a trovare soluzioni pragmatiche alle diverse sfide. Non dobbiamo dimenticare che, più di 50 anni fa, è stato proprio il pragmatismo a fornire la chiave per la creazione delle Comunità europee e continua a essere la chiave del successo anche oggi.
L’istituzione delle Comunità europee per scopi economici vantaggiosi è stata un’idea eccezionalmente pragmatica, che ha reso possibile un ulteriore sviluppo dell’integrazione. Lo sviluppo della Comunità economica europea verso l’unione doganale e, ancora oltre, la capacità di potenziare nuove forme di cooperazione e nuove istituzioni con ulteriore autorità e la capacità di espandersi geograficamente, tutto esemplifica l’importanza che il pragmatismo ha avuto nella storia e nella crescita dell’Unione europea.
Oggi l’Unione affronta nuove sfide che richiedono un adattamento pragmatico, tra cui la più importante è innanzi tutto la sua futura espansione. Sebbene sia chiaro che tutti coloro che cercano di diventare Stati membri dell’UE, tutti i paesi candidati, debbano rispettare i criteri di adesione, non possiamo tuttavia impedire a nessuno di essi di diventare uno Stato membro solamente a causa di difficoltà politiche o pregiudizi culturali. (Applausi)
Nei suoi sforzi per assumersi un ruolo di importanza strategica a livello mondiale, l’Unione europea ha bisogno della Turchia e pertanto i negoziati di adesione con la Turchia devono continuare. L’Unione non deve negare alla Turchia la prospettiva di diventare membro, cosa che, dopotutto, è già stata confermata. Dovesse accadere, verrebbe messa in discussione la credibilità dell’Unione europea stessa.
L’Unione europea non può rassegnarsi ad avere un buco nero nei Balcani occidentali. I negoziati di adesione devono definire chiaramente una prospettiva europea per i Balcani occidentali, il che richiede ulteriore lavoro con i singoli paesi di tale regione, che devono rafforzare la loro capacità di rispettare i criteri di adesione, nonché con l’intera regione che necessita di un quadro di discussione e di risoluzione dei problemi condivisi. Nella sua politica verso i paesi vicini che si trovano a est e altrove, l’Unione europea deve applicare lo stesso pragmatismo che in passato ha contribuito a raggiungere risultati. Senza parlare di modelli, desidero porre l’accento sul fatto che l’Ucraina e la Moldavia hanno bisogno di una prospettiva di adesione all’UE, che non dovrebbe essere negata loro.
Onorevoli deputati, il pragmatismo è evidente sia nella pratica che come disposizione d’animo. Gli Stati candidati, ovviamente, devono rispettare tutti i criteri richiesti in merito a ogni questione relativa all’adesione. Le ragioni per cui la prassi dell’Unione, riguardante la conformità con i criteri di idoneità, è coerente e rigida sono buone. Se il percorso per il rispetto dei criteri è lungo, lasciamo che sia così. Uno o due anni di negoziati costituiscono un piccolo prezzo da pagare per conservare la credibilità e il rispetto degli standard dell’Unione europea. La prospettiva di espansione, tuttavia, la prospettiva di nuovi membri deve continuare a essere credibile.
I paesi che sono in grado di rispettare i criteri non devono essere esclusi dal processo di espansione dell’Unione europea. La sensazione di essere esclusi dà adito all’insoddisfazione e l’insoddisfazione dà adito all’instabilità. Ecco perché si deve conservare una disposizione d’animo pragmatica e si deve contemplare qualsiasi espansione ulteriore alla luce di quanto l’Unione europea necessita in qualità di attore di livello mondiale.
Onorevoli deputati, per concludere, l’Unione europea è un immenso successo storico, che ora ha raggiunto un livello di sviluppo in cui deve urgentemente rendersi conto del suo ruolo di leader negli eventi mondiali e delle responsabilità che detta il suo status. Ci si aspetta che l’Unione europea svolga un ruolo di leader in tutti i settori, quali il surriscaldamento globale e i diritti umani.
La creatività continuerà a essere la motivazione centrale nella ricerca di politiche efficaci in ambiti, quali l’immigrazione e l’integrazione. E, infine, il pragmatismo continuerà a rivestire importanza in tutte le questioni riguardanti l’ulteriore espansione che è necessaria affinché l’Unione europea si assicuri il suo ruolo di leader a livello mondiale. Tutto ciò può suonare in qualche modo grandioso, tuttavia il progresso è sempre la migliore cura per la stagnazione. A tale proposito, l’epoca in cui viviamo non fa eccezione, sebbene sia vero che le questioni odierne siamo più varie che non in passato. Non dobbiamo, tuttavia, dimenticare che anche questa è una naturale conseguenza del successo. (Applausi).
Presidente. − Signor Presidente, desideriamo ringraziarla vivamente per il suo discorso europeo. La sua presenza qui e il suo intervento hanno reso chiaro che la Slovenia e la Presidenza slovena sotto il Primo Ministro Janus Janša – vedo due ministri seduti qui: Janez Lenarčič e Janez Podobnik – desiderano lavorare in stretta collaborazione con il Parlamento europeo. In qualità di Presidente della Slovenia, ha trasmesso tale messaggio con particolare risonanza.
La sua esperienza qui, nel Parlamento europeo, ci ha dimostrato che non è la dimensione del paese – piccolo, grande o medio – a determinare se una Presidenza UE avrà successo; è lo spirito che guida la Presidenza che conta. Ritengo che possiamo affermare con sicurezza che, dato che la Slovenia – e il suo Presidente – sono motivati da un tale spirito europeo, si tratta di una Presidenza che farà progredire l’Europa e per questo desideriamo esprimerle i nostri più sentiti ringraziamenti.
(Applausi)
Desideriamo ringraziarla anche per il sostegno alle priorità del Parlamento europeo. Desidero menzionarne due di cui ha parlato. La prima è la protezione del clima. Se ci atteniamo al programma, completeremo i nostri lavori in modo tale da avere una posizione europea per il Vertice ONU che si terrà a Copenaghen nel dicembre 2009. Desideriamo altresì ringraziarla per il suo appello relativo ai diritti umani, poiché se noi, in quanto Parlamento europeo, non difendiamo la causa dei diritti umani, chi lo farà? Così spesso i governi sono guidati da altri interessi – il che è incomprensibile – eppure dobbiamo trovare il modo di far coincidere abilmente tali interessi e i nostri valori, affinché le persone ne traggano vantaggio ed ecco perché i diritti umani costituiscono il cuore delle nostre politiche, qui, nel Parlamento europeo.
Signor Presidente, la ringrazio per essere venuto in visita al Parlamento europeo. Resterà ancora un po’ con noi? Ancora una volta, a nome di quest’Assemblea, desidero esprimere personalmente i miei sinceri ringraziamenti a lei e alla Presidenza slovena. Vi facciamo i nostri migliori auguri per il resto dei sei mesi durante i quali la Slovenia sarà al timone dell’Unione europea. Se avrete successo, tutti noi avremo successo, e con questo intendo l’Unione europea. Con questo si conclude la seduta solenne.