Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, mi permetta di aggiungere alcune parole al mio discorso di ieri durante la discussione relativa al lancio di uno dei più grandi progetti congiunti a livello europeo, il sistema di navigazione Galileo. Apprezzo moltissimo il lavoro dei relatori, che hanno raggiunto una soluzione di compromesso sia in Parlamento che con il Consiglio e la Commissione e grazie alla quale siamo stati in grado di concludere le prolungate discussioni di oggi. Ora dobbiamo decidere dove ubicare la sede dell’autorità di vigilanza di Galileo. Desidero sottolineare ancora una volta che la Repubblica ceca è disponibile ed è un candidato ideale. Confido che verrà finalmente mantenuta la promessa di collocare nuove istituzioni dell’Unione nei nuovi Stati membri.
Christopher Heaton-Harris (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, ho votato contro la presente relazione. Ho ascoltato la stessa discussione alla quale hanno assistito ieri i precedenti oratori e non posso fare altro che inorridire per quanto ho sentito: un’assurda guerra di offerte per un’agenzia la cui esistenza non è necessaria. Stiamo inventando un nuovo sistema satellitare perché all’Unione europea serve una sorta di articolo da gioielleria alla moda – questo progetto Galileo è per l’UE una pietra preziosa da ostentare. E’ costoso; non è particolarmente necessario; è anticompetitivo; abbiamo un accordo con i cinesi, c’è il sistema russo ed esiste già il sistema GPS. L’Europa non ha bisogno di questo sistema, eppure pagheremo per averlo.
Come abbiamo visto ieri dai voti sul discarico, non vigileremo su come verrà speso il denaro per questo particolare sistema e, pertanto, sprecheremo milioni e milioni di euro e sterline dei contribuenti europei. E’ inconcepibile la convinzione che ci siamo imbarcati in questo assurdo sistema solo perché per noi costituisce una sorta di motivo di vanità.
Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, dato che ieri ho assistito alla discussione e mi è venuta in mente la canzone dei Queen Bohemian Rhapsody e a quelle immortali parole “Galileo, Galileo” e ho ripensato alle parole del testo di quella canzone. Is this the real life? Is it just fantasy? Caught in a landslide, with no escape from reality, open your eyes, look up to the sky and see (E’ questa la vita vera? O è solo fantasia? Travolto da una frana, senza scampo dalla realtà, apri gli occhi, alza lo sguardo al cielo e vedrai). Sono venuti i cinesi e hanno visto. Poi se ne sono andati e ora stanno costruendo il loro sistema. I Russi stanno ammodernando il loro, Glonas, e, ciliegina sulla torta, il GPS americano, che tutti noi già utilizziamo gratuitamente, è in fase di aggiornamento per essere reso ancora più accurato e facile da usare.
Non dovremmo sprecare il denaro dei contribuenti guadagnato con fatica per un quarto sistema satellitare che non offre alcun vantaggio in più rispetto agli altri. E, se posso mischiare le mie metafore, togliamo questo elefante bianco dal cielo. Non ho votato a favore della relazione.
Roger Helmer (NI). – (EN) Signor Presidente, neanch’io ho votato a favore della relazione Barsi-Pataky. Si tratta semplicemente di un progetto di vanità politica, un po’ come l’euro e come l’euro non ha alcuna giustificazione economica o tecnica. Non è necessario; è superfluo; sta già diventando obsolescente.
Come ha già sottolineato il mio collega, il settore privato è venuto, l’ha guardato e ha deciso di non partecipare, perché non ha senso. I cinesi sono venuti, l’hanno guardato, hanno portato via le idee migliori e hanno deciso che avrebbero ottenuto migliori risultati realizzandolo per conto loro. Considerando le potenziali applicazioni militari di un sistema globale di posizionamento, il fatto che i cinesi siano andati via e l’abbiano realizzato, dovrebbe farci riflettere tutti, nonché preoccupare enormemente.
Non dovremmo sprecare altro denaro pubblico su questo inutile gesto politico.
Daniel Hannan (NI). – (EN) Signor Presidente, quando è stato concepito il progetto Galileo, il Presidente Chirac lo ha descritto come necessario per combattere l’imperialismo tecnico degli USA. Questo è, in vero, l’unico argomento possibile che ne giustifichi l’esistenza. Non ho alcuna intenzione di ripetere gli argomenti che abbiamo appena ascoltato da tre miei onorevoli amici: non ha senso in termini economici; non ha senso in termini tecnici; abbiamo l’utilizzo gratuito del GPS americano.
Il punto che davvero desidero esporre – e mi rivolgo agli onorevoli colleghi integrazionisti presenti in Aula, perché non credo che si debba essere euroscettici per essere preoccupati in proposito – è questo: guardiamo quel che è successo nel corso della discussione di ieri, quando il mio onorevole amico Heaton-Harris ci ha chiesto che cosa stavamo votando e nessuno in Aula è stato in grado di nominare l’agenzia per la quale avevamo appena votato erogazioni dirette.
Non vi state facendo nessun favore, anche in qualità di sostenitori del progetto europeo, se destinate il denaro dei contribuenti a tali progetti con un atteggiamento “Europa, che sia giusto o sbagliato”, senza fermarvi a guardare se esso viene speso in modo efficiente o se viene perso o rubato. Esorto tutti i miei colleghi a cercare di offrire ai loro contribuenti una qualche efficienza economica dal loro punto di vista.
Presidente. − Grazie, non abbiamo altre richieste o dichiarazioni di voto su questa relazione e prima di passare all’altra colgo l’occasione per fare gli auguri ed esprimere maggiori auspici di buon lavoro all’onorevole Lombardo per il suo prossimo impegno.
Árpád Duka-Zólyomi (PPE-DE). – (HU) La ringrazio, signor Presidente. Sono a favore della relazione sull’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, in quanto invia un messaggio importate al popolo macedone. Il paese si è molto sviluppato dalla relazione del 2007. I risultati economici sono buoni e si riscontrano successi nel settore della legislazione. In politica interna si sta sviluppando il consenso, mentre le diverse comunità nazionali ed etniche sono capaci di coesistere. Con il costante sostegno dell’accordo quadro di Ohrid e del principio Badinter, le questioni politiche sono impregnate di un nuovo spirito che sostiene la rappresentanza proporzionale e la conservazione dell’identità delle minoranze. Lo sviluppo economico e sociale dell’ex Repubblica jugoslava è complesso e il 2005 ha visto la sua candidatura per l’adesione all’UE. Il messaggio negativo non ha avuto fortuna al vertice NATO di Bucarest, in cui il comportamento gretto e illogico della Grecia ha avuto un ruolo fondamentale. Sono certo che, per l’UE, la nomenclatura non sarà un ostacolo all’adesione e sono lieto che il Parlamento sia stato in grado di giungere a un accordo in proposito. La nostra decisione costituirà un messaggio positivo, in quanto il paese è deluso dai rifiuti e dai ritardi dell’UE. Ora è tempo di avviare veri e propri negoziati di adesione con il paese. Grazie per la vostra attenzione.
Gyula Hegyi (PSE). – (HU) E’ con qualche timore che ho votato la relazione sulla Macedonia. E’ vero che abbiamo stabilito sempre più requisiti per l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, ma stiamo davvero facendo tutto negli interessi dell’integrazione euroatlantica? Nell’evoluzione del Kosovo verso l’indipendenza e nel veto della NATO all’adesione della Macedonia potrebbero nascondersi potenziali pericoli. La minoranza dei separatisti e la maggioranza dei nazionalisti potrebbero facilmente sconvolgere il fragile equilibrio macedone. L’Unione europea e gli Stati Uniti spesso si intromettono nella politica della Macedonia. Ci aspettiamo e chiediamo molte misure impopolari alla leadership macedone, il che implica responsabilità. Noi stessi siamo responsabili per la stabilità del piccolo paese e per l’integrazione euroatlantica. Sarebbe auspicabile che tutti prendessero sul serio tale responsabilità.
Bernd Posselt (PPE-DE). – (DE) Signor Presidente, il voto di oggi per la Macedonia è un passo avanti verso una rapida adesione all’Unione europea. Tale successo è dovuto agli sforzi dell’ultimo Presidente Boris Trajkovski, che era un amico personale e un paneuropeista e che ha determinato questo andamento, ma è anche un successo importante per l’attuale governo macedone del Primo Ministro Gruevski e del ministro degli Esteri Milososki, che hanno instaurato amicizie in tutta Europa per questo paese europeo: un paese che ha un’eccellente politica delle minoranze, che sta registrando uno straordinario eccellente e a cui desideriamo offrire un massiccio sostegno.
Lasciatemi inviare un messaggio chiaro: esorto i nostri onorevoli colleghi della Grecia ad abbandonare finalmente la questione del nome. Oggi quest’Assemblea ha affermato molto chiaramente che respinge qualsiasi blocco dovuto alla questione del nome e che le questioni bilaterali non devono ostacolare l’adesione. Questo è il messaggio che abbiamo inviato oggi con una massiccia maggioranza di quest’Assemblea e che costituisce un pesante avvertimento per quei governi che impediscono di compiere progressi. Esorto tutti ad abbandonare tale blocco negli interessi dell’Europa.
La Macedonia è un paese europeo e ci auguriamo che possa essere fissata una data per l’avvio dei negoziati di adesione prima della fine di quest’anno.
Zuzana Roithová (PPE-DE). – (CS) Signor Presidente, mi permetta di ribattere alla discussione di ieri. La maggior parte di noi ha segnalato la sete cinese di petrolio africano e il fatto che la Cina fornisca armi in cambio di petrolio è di appoggio alla corruzione e ai regimi dittatoriali, ed esacerba la povertà. Inoltre di più, miliardi di prodotti cinesi stanno sommergendo l’Africa, rendendo quelli africani assolutamente non competitivi. Questa cosiddetta politica incondizionata sta diventando un ostacolo sempre più grande al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio di eliminare la fame e la povertà nei paesi in via di sviluppo. Mi ha sorpresa la dichiarazione in un certo senso commovente del Commissario Michael, che se la Commissione avesse avuto i poteri politici si sarebbe unita alla Cina, difendendo il diritto della Cina di condurre la sua distintiva politica estera incondizionata, nonostante la Cina sia un membro del Consiglio di sicurezza dell’ONU e in quanto tale sia responsabile degli sviluppi mondiali, proprio come l’Unione. Disapprovo l’espressione di tali sentimenti da parte di un membro della Commissione.
Czesław Adam Siekierski (PPE-DE). – (PL) Signor Presidente, il ruolo della Cina nello sviluppo dell’economia mondiale è particolarmente importante. La Cina costituisce anche un simbolo di successo per il popolo africano.
Nel corso degli ultimi 25 anni, la Cina ha creato opportunità per 400 milioni dei suoi cittadini, sollevandoli dall’estrema povertà. Oltre 200 milioni di Cinesi, inoltre, sono entrati nella classe media. La Cina ha pertanto un’enorme esperienza nel creare sviluppo economico. Ci si aspetta che ciò abbia un impatto positivo anche sui paesi africani. Si stima che il commercio tra Africa e Cina debba aumentare da 4 milioni di dollari nel 1995 a 55 milioni di dollari nel 2006. Per la Cina, l’Africa rappresenta un’importante fonte di materie prime. L’economia cinese necessita di sempre maggiori forniture di energia e di materie prime. La Cina sta pertanto facendo tutto ciò che è in suo potere per istituire una presenza permanente in Africa.
Syed Kamall (PPE-DE). – (EN) Signor Presidente, mostro particolare interesse per la presente relazione perché, in una precedente vita professionale di docente, ho esaminato sia gli investimenti diretti esteri della Cina, verso l’interno e verso l’esterno, che lo sviluppo e gli investimenti africani.
Guardando la relazione, che è in effetti piuttosto equa, ritengo che, in quanto UE e Stati membri dell’UE, dovremmo accogliere con favore gli investimenti cinesi in Africa, in particolare gli investimenti nelle infrastrutture, perché consentono agli imprenditori e ai cittadini locali di creare benessere per loro stessi e di intrattenere scambi commerciali per uscire dalla povertà.
Al contempo dovremmo altresì essere consapevoli della sete e della fame cinese di risorse naturali – del genere di motivo che spinge la Cina a cercare risorse. Dovremmo cercare di lavorare con la Cina e di affrontare tali questioni, in particolare quando trattiamo con governi sgradevoli.
Una delle mie preoccupazioni riguardo alla politica cinese consiste nel fatto che distrugge i tentativi dell’UE, e di altri donatori, di offrire condizionalità o di porla sugli aiuti. Potremmo suggerire qualsiasi condizione sugli aiuti al fine di garantire una governance migliore, ma i cinesi arrivano e distruggono tutto.
In generale è una relazione equa e ho votato a favore.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Geringer de Oedenberg, suggerendo di approvare in prima lettura in procedura di codecisione la proposta di una versione codificata del regolamento del Consiglio relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3n del Trattato a talune categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate tra compagnie di trasporto marittimo di linea (“consorzi.
Trattandosi di un procedura di codificazione, tale proposta non doveva essere oggetto di emendamenti “formali” da parte della commissione parlamentare e quest’ultima non ne ha fatti. Ciononostante, approfitto di tale dichiarazione di voto per esprimere la mia sorpresa in merito al ritardo con cui l’Unione europea codifica testi che sono stati emendati più volte e la cui lettura e applicazione si complicano con il passare del tempo. La procedura di codificazione è prevista in un accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994, derivante da una volontà politica del Consiglio europeo del dicembre 1992, che prevede una procedura accelerata per una rapida adozione degli atti codificati.
Appoggio fermamente la necessità di codificare le norme. Si tratta di un imperativo per la democrazia, lo Stato di diritto, la formazione di studenti, l’adeguata applicazione del diritto da parte dei cittadini e dei giuristi e così via.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Accolgo con favore l’adozione della posizione comune per risolvere un problema di mediazione in materia civile e commerciale di lunghissima data, sebbene tale direttiva sarà limitata ai casi transfrontalieri, in base a un’interpretazione restrittiva dell’articolo 65 CE, ma con una più ampia definizione delle controversie.
Mi rammarico, ciononostante, che la posizione comune non permetta alla direttiva di essere attuata attraverso accordi volontari tra le parti, sebbene sia vero che le norme degli Stati membri relative alle procedure giudiziarie non possano sempre essere modificate da accordi tra le parti. In generale, tale posizione comune deve essere accolta con favore, dato che resta fedele all’obiettivo originale di facilitare l’accesso alle procedure di risoluzione delle controversie e di promuoverne la risoluzione in via amichevole, garantendo un legame soddisfacente tra mediazione e procedure giudiziarie.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Barsi-Pataky, che propone, dopo aver apportato eventuali modifiche, l’approvazione della proposta modificata di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il proseguimento dell’attuazione dei programmi europei di navigazione satellitare (Egnos e Galileo).
Mi congratulo con Jacques Barrot, Vicepresidente della Commissione responsabile dei Trasporti, per la sua determinazione, la sua lucidità, la sua capacità di discernimento, nonché le sue convinzioni politiche in merito a tale difficile questione, in cui il settore pubblico ha salvato i produttori, che si trovavano a un punto morto in quanto a strategia da adottare, in particolare in relazione ai rischi finanziari. Grazie alla volontà di tutti, in particolare del Parlamento europeo, è stato possibile raccogliere una somma dell’ordine di 3,4 miliardi di euro, pari al 100 per cento del finanziamento pubblico. All’origine della risoluzione di tale crisi, vi sono pertanto i rappresentanti dei cittadini, con l’entrata in servizio nel 2010 e l’utilizzo dei satelliti fino al 2013. Questo caso dimostra la necessità di pensare rapidamente alle risorse europee da mettere in campo per finanziare gli investimenti pubblici nel caso di défaillance del mercato privato.
Charlotte Cederschiöld e Gunnar Hökmark (PPE-DE), per iscritto. – (SV) Abbiamo accettato la proposta negoziata tra il Consiglio e il Parlamento in merito ai programmi di navigazione satellitare Egnos e Galileo, riguardo alla quale il Parlamento, contrariamente alla nostra opinione, ha già deciso in merito alla questione del bilancio. Sottolineiamo di non essere a favore del fatto che siano destinate a tali progetti risorse sottratte al bilancio per la ricerca. Abbiamo inoltre cercato un resoconto della Commissione relativo a come si intende creare un finanziamento commerciale per tali progetti.
Accogliamo tuttavia con favore il fatto che la proposta negoziata permetta al Parlamento europeo di valutare e influenzare tali progetti.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Il sistema globale di navigazione via satellite (GNSS, European Global Navigation Satellite System), in quanto prima infrastruttura comunitaria e a causa della sua natura tecnologica e spaziale, può essere realizzato solo grazie a una volontà comune. Per come è stato concepito, il GNSS consiste di due programmi: EGNOS e Galileo.
L’importanza del GNSS sta in particolare nel fatto che si tratta di un sistema alternativo e complementare a quello americano e russo. Tale obiettivo comporta uno spazio strategico, economico, industriale e di sicurezza, oltre a molti altri interessi, che nessuno Stato membro può realizzare da solo.
Dato che questo sarà il primo programma a implicare il finanziamento e le infrastrutture comunitarie, il Parlamento e il Consiglio si assumeranno maggiori responsabilità congiunte in merito alla regolamentazione dello spiegamento e del funzionamento dei programmi.
Per le ragioni sopra citate e poiché il completamento di tale progetto rappresenterà una pietra miliare storica e strategica del progresso tecnologico e dell’indipendenza dell’Unione europea, il GNSS e la suddetta relazione meritano il mio pieno appoggio, in quanto costituiscono una soluzione futura.
Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Galileo costituisce un esempio di progetto tecnico su larga scala, che nessun singolo Stato membro può completare da solo. Sin dall’inizio ero positivo riguardo al finanziamento di tale progetto mediante il bilancio dell’UE. Purtroppo è ormai palese che l’UE non è stata in grado di gestire questo compito immane in modo soddisfacente, a causa di “disaccordi interni”, come riferisce il relatore. Tutto ciò è, a mio avviso, estremamente spiacevole e trovo incomprensibile che il Consiglio non sia stato in grado di accettare l’enorme aumento del bilancio. Sta alla Commissione la presentazione di una soluzione di finanziamento più soddisfacente per questo importante progetto.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la prospettiva che il progetto Galileo sia finalmente lanciato. La relazione dell’onorevole Barsi-Pataky sul proseguimento dell’attuazione dei programmi europei di navigazione satellitare indica uno sviluppo, i vantaggi del quale verranno percepiti in settori che variano dalla politica spaziale europea, ricerca e innovazione alla politica estera e di sicurezza comune e alla politica europea in materia di sicurezza e di difesa. Ho votato a favore della relazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Al momento il GPS fornisce molti dei servizi che verrebbero offerti dal programma europeo di navigazione satellitare Galileo. Non dovremmo, tuttavia, permettere di diventare dipendenti da un monopolio della navigazione satellitare troneggiato dagli USA e istituito dall’esercito americano. Persino le orbite dei satelliti GPS sono determinate in modo tale da garantire, innanzi tutto, che le aree in cui gli USA stanno conducendo operazioni militari abbiano una buona copertura. Il nostro sistema ci permetterebbe di definire la migliore configurazione delle rotte aeree per l’Europa.
Data l’importanza strategica del progetto, ho votato a favore della relazione, sebbene la questione dei finanziamenti non sia ancora stata completamente risolta.
Teresa Riera Madurell (PSE), per iscritto. – (ES) Dato che il mio intervento è stato interrotto dal Presidente in un’applicazione del tempo di parola molto più severa rispetto a quello applicato ai colleghi che mi hanno preceduto, desidero aggiungere alcuni commenti. Dobbiamo certamente essere lieti della determinazione delle istituzioni a superare tutti gli alti e bassi del progetto. Ci troviamo finalmente nella condizione di avviare una pianificazione garantita della fase di spiegamento di Galileo. Siamo altresì estremamente soddisfatti del lavoro condotto per rendere la partecipazione al progetto quanto più ampia possibile.
Detto ciò, desidero ora accennare a un punto fondamentale: la natura civile del progetto, una condizione essenziale per garantire la trasparenza delle operazioni. L’indipendenza del sistema europeo permetterà il rilascio della certificazione per i servizi forniti agli utenti e fornirà la qualità garantita. Tali condizioni sono vitali nello sviluppo di nuove applicazioni commerciali, che offriranno enormi opportunità alle PMI, con un potenziale ambientale e sociale enorme. La navigazione per non vedenti, la pianificazione della strada più accessibile ai disabili, l’assistenza a coloro che sono affetti dal morbo di Alzheimer o la rapida localizzazione delle persone che si trovano in situazioni di emergenza sono tutti esempi di applicazioni volte a migliorare la qualità della vita.
Il Parlamento europeo ha già dato il suo pieno appoggio a Galileo attraverso impegni in materia di normativa e di bilancio e lo ha già riconosciuto come progetto strategico.
Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Ci saranno voluti undici anni di dolorosa indecisione e disaccordi politici e amministrativi per arrivare a una soluzione volta alla creazione di un sistema europeo di navigazione satellitare. Si stimano cinque anni di ritardo derivanti dal metodo scelto – tra cui il partenariato pubblico-privato, la cooperazione internazionale al di fuori dell’Unione europea, la partecipazione obbligatoria di tutti gli Stati membri, il ruolo imposto della Commissione europea. Se tali principi e metodi fossero stati applicati a imprese tecnologiche e industriali, quali Airbus e Ariane, l’Europa oggi forse non disporrebbe di un suo produttore aeronautico né di un suo lanciatore spaziale.
Sebbene il risultato finale non sia completamente soddisfacente, vi è comunque molto da imparare. Il lancio di grandi progetti strategici in nuovi ambiti, in cui il settore privato non è in grado o non vuole rischiare, si può concretizzare solo se sono le autorità pubbliche a essere decisori e finanziatori esclusivi, poiché si tratta di progetti che implicano una visione politica e non semplicemente una logica economica. In secondo luogo, in questo tipo di progetti, il passaggio obbligatorio per le istituzioni e le procedure comunitarie si è rivelato essere un freno e un fattore negativo, moltiplicando i freni ideologici, là dove la cooperazione intergovernativa ha dimostrato la sua efficacia. Ci auguriamo che sia stato fatto tesoro della.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione sulla modifica del regolamento del Consiglio concernente il proseguimento dell’attuazione dei programmi europei di navigazione satellitare. Il progetto Galileo, una componente di tali programmi, avrà molteplici applicazioni e verrà utilizzato per il controllo del traffico, la logistica dei trasporti, la prevenzione e l’intervento nel caso di calamità naturali, i servizi commerciali e governativi.
Fin dalla prima discussione sul bilancio comunitario per l’anno 2008, il Parlamento europeo ha considerato questo progetto una priorità e ha richiesto lo stanziamento dei fondi necessari e la revisione dell’accordo interistituzionale, affinché ciò fosse possibile. Il programma EGNOS sarà operativo a partire dal marzo 2009, mentre il programma Galileo dovrà essere operativo entro la fine del 2013.
Si stima che le risorse di bilancio necessarie al fine di realizzare i progetti Galileo siano di 3,105 miliardi di euro per il periodo 2007-2013. Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea riconoscono l’importanza strategica di tale progetto e appoggiano la sua realizzazione. Di conseguenza, la Commissione europea è tenuta a informare regolarmente il Parlamento e il Consiglio in merito ai progressi compiuti nell’attuazione del progetto.
Mi congratulo con il relatore, l’onorevole Barsi-Pataky, per il modo in cui ha lavorato per questo regolamento con i colleghi appartenenti a tutti i gruppi politici.
Carlos Coelho (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La direttiva in questione aveva lo scopo di creare uno status uniforme per i cittadini di paesi terzi residenti legalmente nel territorio europeo dopo un periodo di cinque anni di residenza legale e ininterrotta in uno Stato membro.
L’obiettivo della presente iniziativa è estendere il campo di applicazione della direttiva ai beneficiari della protezione internazionale al fine di offrire certezza giuridica circa la loro residenza e i loro diritti, che sono paragonabili a quelli dei cittadini UE.
Esiste ancora, tuttavia, un vuoto in quanto la direttiva non prevede il riconoscimento reciproco e il trasferimento di responsabilità in materia di protezione internazionale a un altro Stato membro, il che significa che non sarà possibile concedere ai cittadini di paesi terzi i diritti di circolare liberamente e di stabilirsi nell’UE fintanto che non sarà riconosciuto il loro status. La valutazione di tali domande di trasferimento, pertanto, continua a essere regolata dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dall’Accordo europeo sul trasferimento di responsabilità relativa ai rifugiati del Consiglio d’Europa.
Data tale situazione, è altresì vitale garantire che il secondo Stato membro in questione rispetti il principio di non respingimento, così che l’interessato non sia rinviato in un paese in cui si troverebbe in pericolo. Al massimo tale persona dovrebbe essere rinviata allo Stato membro che ha concesso per primo tale protezione.
In merito a tutti gli altri aspetti, ritengo che debbano essere rispettati gli stessi requisiti e che tali persone siano soggette alle stesse richieste indicate nella direttiva.
Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Roure, così come la direttiva che è volta a modificare, non è accettabile. Per accordare ai beneficiari la protezione internazionale dello status di soggiornante di lungo periodo, anche temporaneamente, senza imporre alcuna condizione in merito a risorse o integrazione minima, persino quando tale status può essere rilasciato solo dopo cinque anni di residenza, è pura follia.
Le disposizioni proposte, inoltre, sono equivalenti alla protezione di tali persone contro l’espulsione, ivi compresa l’espulsione verso un altro Stato membro, a meno che non abbiano commesso un reato grave. Risulterebbe pertanto impossibile negare a tali soggetti il diritto di risiedere nello Stato membro di loro scelta, a prescindere dalle loro condizioni e atteggiamento sociale. Tale prerogativa avrebbe la precedenza sul diritto sovrano degli Stati di decidere chi può vivere nel loro territorio, con quale status e in quali condizioni compatibili con l’ordine pubblico e la sicurezza.
Infine, come tutti voi sapete, le domande di protezione internazionale sono utilizzate per evitare i già deboli controlli e le restrizioni sull’immigrazione che sono effettivamente puramente economici. Siete consci del fatto che, in tali circostanze, la protezione sussidiaria è spesso preferita allo status di rifugiato, perché è più breve e più flessibile. Se i beneficiari possono diventare soggiornanti di lungo periodo, si incoraggerà ulteriormente l’immigrazione.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) La relazione contiene molte proposte per l’integrazione delle persone alle quali è stata concessa protezione internazionale. Avremmo appoggiato tali proposte, qualora la votazione si fosse svolta nel parlamento svedese.
In tale contesto, tuttavia, tali proposte fanno parte della creazione di un regime europeo comune in materia di asilo. Tale relazione va di per sé verso la generosa direzione riguardante la politica in materia di asilo. Al contempo fa parte della costruzione della “Fortezza Europa”. La protezione offerta dalla Convenzione di Ginevra è messa a repentaglio dal fatto che l’UE sta assumendo su di sé la responsabilità di interpretare a chi debba essere concessa protezione e in quale forma.
Non vediamo altra alternativa se non dire “no” a tutte le forme di politica comune in materia di asilo a livello europeo, in quanto altrimenti gli Stati membri perderebbero il controllo sulla direzione presa dalla politica. Le convenzioni dell’ONU devono continuare a costituire gli strumenti regolatori volti a garantire i diritti dei richiedenti asilo nella società internazionale.
Jens Holm, Esko Seppänen, Søren Bo Søndergaard e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) Oggi ci siamo astenuti dalla votazione della relazione dell’onorevole Roure, anche se appoggiamo fondamentalmente l’idea alla base del testo: garantire che i rifugiati e le persone autorizzate a risiedere in un paese in base a una forma di protezione temporanea o sussidiaria godano degli stessi diritti dei soggiornanti di lungo periodo di tale paese nel quadro del campo di applicazione della direttiva 2003/109/CE. Riteniamo, tuttavia, che spetti agli Stati membri, e non all’UE, decidere in merito a tale questione.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Appoggio la relazione dell’onorevole Roure per estendere il campo di applicazione della direttiva 2003/109/CE ai beneficiari di protezione internazionale. Ciò che la relazione si propone di ottenere è la garanzia che i beneficiari di protezione internazionale siano titolari, dopo cinque anni di residenza legale nell’Unione, degli stessi diritti di cui godiamo noi cittadini dell’UE. Ritengo che sia una logica modifica della precedente direttiva e ho votato a favore.
Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. − Grazie alla strategia in materia di droga per gli anni 2005-2012, l’Unione europea ha posto le basi per contrastare un fenomeno preoccupante, in costante crescita soprattutto tra le fasce più vulnerabili come i giovani e le donne, quale è quello della diffusione delle droghe in Europa.
Tuttavia gli obiettivi dichiarati devono poter essere realizzati e per questo l’UE ha bisogno dell’impegno della società civile, che ricopre un ruolo fondamentale contro la diffusione dell’uso delle droghe.
La stabilità psicologica, il follow up del paziente dopo la terapia di disintossicazione, la creazione di un’alternativa di vita anche sotto il profilo sociale e lavorativo, sono solo alcuni dei vantaggi prodotti dal lavoro dei centri di recupero, delle ONLUS e dalle ONG operanti nel settore.
Per questo, concordando con il relatore, auspico che, oltre ai sussidi finanziari diretti alle comunità che si occupano del problema, sia altresì prevista un’adeguata politica fiscale per le organizzazioni che svolgono la cosiddetta “ergoterapia” ovvero la riabilitazione attraverso la prestazione di lavoro. In particolare mi attendo che gli Stati membri si impegnino a prevedere specifiche esenzioni dalle imposte o da oneri burocratici troppo stringenti.
Dobbiamo evitare che per ragioni di bilancio dello Stato o meramente burocratiche si concretizzi il rischio di chiusura di queste entità insostituibili nel lavoro di accompagnamento verso una normalizzazione della vita del tossicodipendente.
Slavi Binev (NI), per iscritto. – (BG) Ho appoggiato la relazione dell’onorevole Catania e desidero aggiungere che non esiste una soluzione facile al problema della droga. L’abuso e il traffico di droga distruggono la società attraverso il crimine e la corruzione, che li accompagnano, mentre le malattie trasmissibili legate alla droga (AIDS, epatite) costituiscono una seria minaccia per la salute pubblica.
Ecco perché ritengo che una risposta efficace debba coinvolgere non solo le istituzioni, la società civile e i mezzi d’informazione, ma piuttosto un programma completo attraverso il quale anche l’istruzione, la religione e gli sport possano apportare il loro contributo per risolvere questo problema e possano servire da barriera per tenere i nostri figli lontani dal peccato. Incoraggiare gli sport e gli studi religiosi nei programmi scolastici e al di fuori della scuola può aumentare considerevolmente la consapevolezza dei bambini in merito alla mortale influenza della droga. Unendo gli sforzi della società civile e nell’applicazione delle leggi, in particolare a livello di comunità locale, è possibile ottenere risultati migliori nell’attuazione e nello sviluppo ulteriore della strategia europea in materia di droga.
Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. – (SV) Il relatore chiede che un’organizzazione di attori della società civile a livello europeo abbia un chiaro valore aggiunto rispetto alle organizzazioni della società civile locali, regionali e nazionali. Dal nostro punto di vista, ciò è assolutamente inaccettabile, in quanto la politica in materia di droga è direttamente connessa al diritto penale e all’atteggiamento dei singoli paesi nei confronti del crimine e della pena. La politica in materia di droga, inoltre, deve essere ideata conformemente agli aspetti sociali e culturali di ciascun paese al fine di aiutare effettivamente le persone bisognose, che necessitano dell’aiuto della società per tornare a una vita funzionale.
Abbiamo pertanto scelto di votare “no” alla relazione nella sua interezza.
Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) Sebbene sia vero che, nel combattere il consumo di droga, l’informazione, la prevenzione e la consapevolezza siano essenziali al fine di allontanare i rischi della tossicodipendenza per la salute fisica e mentale dei consumatori, tali fattori purtroppo non sono sufficienti.
Secondo l’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, più di 70 milioni di europei hanno fumato cannabis, mentre il 60 per cento delle persone che frequenta le discoteche in Francia, Italia e Regno Unito ha assunto cocaina. Da ciò si può concludere che le strategie europee di informazione e comunicazione sono completamente inefficaci, dato che purtroppo la domanda e l’offerta di droga stanno crescendo ovunque in Francia e in Europa.
Non è accettabile alcun compromesso riguardante l’assunzione e la vendita di sostanze stupefacenti. Solo la tolleranza zero funziona.
Ciò è confermato dal danno che le politiche sperimentali per la liberalizzazione delle sostanze stupefacenti hanno causato a migliaia di vittime.
Roselyne Lefrançois (PSE), per iscritto. – (FR) In qualità di relatore ombra del gruppo socialista, ho dedicato molto tempo ed energia a questo argomento, con l’intenzione, per quanto concerne la sostanza, di spiegare la necessità di un maggiore dialogo con la società civile nella lotta contro la droga e, per quanto concerne la forma, di proporre un testo che possa essere letto e compreso da tutti.
Con la loro esperienza diretta e capacità di innovazione, ritengo che gli attori della società civile possano davvero apportare un utile contributo alle politiche nazionali ed europee in merito alla prevenzione e all’informazione, così come aiutare le persone a uscire dalla dipendenza e a reintegrarsi nella società.
Sono pertanto necessarie molte azioni a livelli diversi: al lavoro, a scuola, nelle strade e nelle carceri.
Accolgo quindi con favore l’adozione della presente relazione, che saluta la creazione del Forum della società civile sulla droga e sottolinea l’importanza di una maggiore cooperazione tra la società civile e tutte le istituzione e agenzie dell’Unione.
La lotta contro la droga riguarda tutti noi. Coloro che si trovano in prima linea nella lotta, che lavorano ogni giorno per aiutare i tossicodipendenti e per prevenire che altre persone affondino nella dipendenza devono essere considerati partner particolarmente importanti.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) L’abuso di droga costituisce un problema rilevante in tutte le società europee e la Scozia non fa eccezione. Le raccomandazioni dell’onorevole Catania in merito al ruolo della società civile nella politica in materia di droga dell’UE richiedono giustamente un approccio europeo maggiormente concertato relativamente a questo problema che non conosce confini. La società civile è un attore fondamentale per affrontare tutti gli aspetti di questo problema e le sue iniziative dovrebbero poter godere dell’appoggio dell’UE. E’ necessario prestare ascolto alle raccomandazioni del relatore se vogliamo costruire una politica efficace per la lotta su tutti i fronti contro l’abuso di droga. Ho votato a favore della relazione.
Andreas Mölzer (NI), per iscritto. – (DE) Che la coltivazione illegale di papaveri possa convertirsi in produzione industriale di prodotti medicinali è discutibile, ma può valere la pena di tentare. Quel che è certo è che la politica degli USA nei confronti dell’Afghanistan e la mancanza d’azione da parte dell’UE relativamente all’aumentata produzione di oppio hanno aggravato il problema.
Una politica lungimirante in materia di droga deve basarsi sull’effettivo annientamento delle organizzazioni dedite al traffico di droga, sull’immediata espulsione degli spacciatori stranieri e sull’adozione di misure prioritarie mirate, insieme alla fornitura di migliori servizi per la disintossicazione dei tossicodipendenti. Si chiede sempre più a gran voce una normativa o la liberalizzazione della droga, ma persino in Svizzera, dopo quasi 15 anni di distribuzione di eroina, si sono finalmente infrante le speranze che ciò sia di aiuto ai tossicodipendenti nel superare la loro dipendenza. La relazione che abbiamo dinanzi propende decisamente verso la liberalizzazione e non ho pertanto votato a favore.
Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. – (PL) Accolgo con favore una discussione sulle droghe. Esse costituiscono un problema serio, ma gli sforzi burocratici non hanno ridotto le attività degli spacciatori, che vendono la droga nelle scuole, nei centri di istruzione superiore, nei complessi residenziali e in altri luoghi pubblici, ed è improbabile che in futuro sortiscano qualche effetto.
Nel 1998 una sessione speciale dell’Assemblea generale dell’ONU si è posta l’obiettivo di creare un mondo senza droga nell’arco di tempo di 10 anni. Gli anni successivi hanno visto la pubblicazione di molti regolamenti, raccomandazioni, decisioni, relazioni e di un Libro verde. Oggi abbiamo votato un altro progetto di risoluzione. Faremmo bene a riflettere sui risultati ottenuti in questo modo. Mi dispiace dover dire che nella storia dell’umanità le sostanze stupefacenti non sono mai state così facilmente reperibili come lo sono oggi. L’unica cosa che manca ancora è la possibilità di ordinarle via Internet.
Ho votato a favore della risoluzione perché appoggio qualsiasi misura volta a combattere il problema della droga. Ciononostante, desidero porre l’accento sul fatto che, fin tanto che non isoleremo i produttori dai distributori e non introdurremo cambiamenti radicali nel codice penale al fine di creare un deterrente effettivo per quelle persone che si guadagnano da vivere con la droga, questo problema non si ridurrà. Al contrario, aumenterà di dimensioni.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − Ritengo che esista la necessità di favorire, non solo a livello europeo, ma anche nazionale e locale, un dialogo fra e con i vari attori della società civile per arginare il drammatico pericolo rappresentato dalla droga.
La società civile deve essere considerata un alleato fondamentale dell’Unione e degli Stati membri nel raggiungimento degli obiettivi delineati nella strategia dell’Unione europea in materia di droga.
Grazie alla loro esperienza sul campo, infatti, le comunità terapeutiche possono sostenere le campagne di sensibilizzazione, fornendo maggiori e migliori informazioni sui rischi legati all’uso di sostanze stupefacenti e sui possibili programmi di prevenzione.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) Nessuno mette in discussione l’importanza dell’enorme lavoro, che spesso si rivela un successo, condotto dalle organizzazioni civili per aiutare le persone divenute tossicodipendenti. Dobbiamo raccogliere tutte le forze una volta per tutte nella battaglia contro le sostanze nocive che creano dipendenza. E’ stato pertanto gratificante vedere una relazione che mette in risalto le iniziative condotte in Europa.
La ragione per cui mi sono astenuto dalla votazione di oggi, pertanto, non ha nulla a che vedere con l’effettivo oggetto della relazione. La ragione può al contrario essere letta sotto “Società civile – la dimensione esterna”. Qualche tempo fa ho votato a favore di una relazione che appoggiava l’agevolazione del passaggio alla coltivazione legale del papavero in Afghanistan per la produzione di farmaci antidolorifici, una decisione devo ammettere angosciante. Una delle ragioni della mia scelta sono state le diverse relazioni presentate sulle conseguenze nocive delle irrorazioni mediante aeromobili delle coltivazioni esistenti e la disperata condizione in cui si trova la popolazione afgana. La relazione incoraggia sia la coltivazione separata che le irrorazioni, il che non è coerente. La relazione concede altresì sostegno alle organizzazioni europee che lavorano nella produzione di sostanze derivanti dalle foglie di coca, ad esempio, per uso terapeutico o altri “utilizzi legali”. Non sono minimamente a favore di questo punto, ma dato che la principale intenzione della relazione è tuttavia buona, ho deciso alla fine di astenermi.
Anna Záborská (PPE-DE), per iscritto. – (SK) La proposta di risoluzione per la donazione e il trapianto di organi rientra in un dibattito mondiale sulla sicurezza dei minori. Al fine di contribuire efficacemente alla tutela dei minori, sto lavorando a una campagna europea denominata Do you know where your child is now? (Sai dov’è tuo figlio adesso?). Il capitolo di questa relazione che tratta del traffico di organi è direttamente connesso a questo punto. L’appello agli Stati membri e al Consiglio per l’adozione di misure efficaci volte a distruggere la relazione tra la carenza di organi e il traffico di organi è pertanto più che giustificata.
Al fine di combattere il traffico di organi, deve essere adottata una strategia sul lungo periodo con l’intenzione di eliminazione le disuguaglianze sociali alla base di tali pratiche. Dobbiamo combattere il traffico di organi e di tessuti, che dovrebbe essere universalmente vietato, in particolare quando riguarda il trapianto di organi e di tessuti dai minori. Sono profondamente delusa per il fatto che l’Europol non abbia condotto un’indagine sulla vendita e il traffico di organi, citando l’assenza di casi documentati.
Al contrario, le relazioni del Consiglio d’Europa e dell’Organizzazione mondiale della sanità dimostrano chiaramente che il traffico di organi costituisce un problema anche negli Stati membri dell’Unione. Chiediamo alla Commissione europea e all’Europol di migliorare il controllo sul traffico di organi e di trarre le conclusioni necessarie. Mi auguro che la Slovacchia possa far uso dell’esercizio della Presidenza dell’UE al fine di portare avanti questo importantissimo punto all’ordine del giorno.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria con riguardo all’adeguamento del quadro finanziario pluriennale in base alla relazione dell’onorevole Böge.
Tale adeguamento è diventato imprescindibile a causa del ritardo nell’adozione di taluni programmi operativi sotto le rubriche 1B e 2, 2 034 milioni di euro ai prezzi attuali degli stanziamenti previsti per i Fondi strutturali, il Fondo di coesione, lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per la pesca che non si potevano impegnare nel 2007 o riportare nel 2008. E’ divenuto pertanto logico che tale ammontare fosse trasferito agli anni successivi conformemente al paragrafo 48 dell’accordo interistituzionale sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria, aumentando i tetti di spesa pertinenti per gli stanziamenti d’impegno.
Silvia-Adriana Ţicău (PSE), per iscritto. – (RO) Ho votato a favore della relazione relativa all’adeguamento del quadro finanziario pluriennale, presentata dal nostro onorevole collega Böge. L’ammontare non utilizzato nel 2007 degli stanziamenti d’impegno per i Fondi strutturali, il Fondo di coesione, il Fondo per lo sviluppo rurale e il Fondo europeo per la pesca dovrebbe essere riportato per gli anni a venire. 2,034 miliardi di euro saranno pertanto trasferiti, ai sensi del paragrafo 48 dell’accordo interistituzionale, al periodo 2008-2013. L’ammontare sarà stanziato principalmente nel 2008 (circa il 56 per cento). Nel corso del periodo 2000-2013 l’influenza di tale trasferimento sarà significativa.
Dobbiamo analizzare le ragioni che hanno portato al mancato utilizzo di tali fondi. Innanzi tutto, vi sono 45 programmi operativi che sono stati presentati alla Commissione in ritardo per l’approvazione. Il 72 per cento della riprogrammazione richiesta è dovuta a ritardi nei programmi per lo sviluppo rurale. Alcuni sono stati inviati alla Commissione in dicembre, rendendone pertanto impossibile l’adozione nel 2007. Le restrizioni istituzionali nazionali e la mancanza di una precedente esperienza di programmazione sono alcune delle cause di tali ritardi. La maggior parte dei 45 programmi operativi rinviati provengono dai nuovi Stati membri. Chiedo alla Commissione di assisterli maggiormente nell’acquisizione di nuove procedure e nella formazione del personale preposto all’utilizzo di tali fondi.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di iniziativa dell’onorevole Carlotti sull’applicazione del 10° Fondo europeo di sviluppo (FES) e, come indicato nella relazione, mi rammarico del fatto che il fondo non sia stato inserito nel bilancio dell’Unione, il che avrebbe permesso un controllo democratico.
Ci auguriamo che il tema dell’inserimento del FES nel bilancio venga sollevato di nuovo nel 2009 in occasione della revisione intermedia delle prospettive finanziarie. In merito al FES e al suo ruolo nell’eliminazione della povertà e nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM), la sua programmazione sta diventando urgente, così come, pertanto, la definizione degli accordi politici necessari alla sua attuazione. Sarà necessario attribuire la priorità al miglioramento dell’assistenza sanitaria e all’istruzione di base, nonché, aggiungerei, all’agricoltura di sussistenza.
In un momento in cui l’agenda di Doha dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) si trova in un effettivo periodo di stasi, sta diventando urgente l’utilizzo dei suoi strumenti per lo sviluppo da parte dell’Unione europea al fine di partecipare a questo piano ambizioso, giusto e ammirevole volto a eliminare la povertà nel mondo.
Mikel Irujo Amezaga (Verts/ALE), per iscritto. – (ES) Ho votato a favore della relazione, dato che ritengo che sia della massima importanza sottolineare la necessità di FES nei paesi ACP. E’ fondamentale che documenti quali la Dichiarazione di Parigi del marzo 2005 siano presi con serietà e rivisti periodicamente al fine di produrre dati netti relativi agli aiuti. Ciononostante, è certo che a causa di una terribile mancanza di coordinamento tra gli Stati membri, i loro aiuti ufficiali allo sviluppo sono stati ridotti dallo 0,4% del PIL nel 2006 a meno dello 0,38% nel 2007. Questa minuscola percentuale rappresenta una perdita di 1 700 milioni di euro. L’elemento più negativo, tuttavia, è che i paesi partner si trovano in una perenne situazione di discontinuità senza alcuna possibilità di pianificare sul lungo periodo, dato che non sanno minimamente se disporranno di fondi sufficienti a realizzare eventuali piani, anche se essi sono stati promessi dagli Stati membri. L’aspetto più triste di tutto ciò è che chiediamo loro di fare la loro parte quando noi dimentichiamo di fare la nostra. Non possiamo lavorare insieme in questo modo.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) Accolgo con favore la relazione Carlotti sull’applicazione del 10° Fondo europeo di sviluppo (FES). Al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi del FES in merito all’eliminazione della povertà nei paesi e nelle regioni partner e al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, è necessario un maggiore controllo parlamentare dei suoi strumenti di attuazione. Concordo inoltre con l’idea che la programmazione del Fondo dovrebbe prestare particolare attenzione alle aree relative agli OSM, quali salute, istruzione, rispetto dell’ambiente e promozione del buon governo. Si inizia a sentire la necessità di affrontare le attuali difficoltà di ratifica del 10° FES, al fine di facilitare l’attuazione rapida del Fondo. Ho votato a favore della relazione.
Vincent Peillon (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della presente relazione dell’onorevole Carlotti sull’applicazione del 10° Fondo europeo di sviluppo (FES).
Il FES costituisce lo strumento comunitario principale degli aiuti alla cooperazione allo sviluppo nei confronti dei paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico). E’ focalizzato in particolar modo sul conseguimento degli Obiettivi del Millennio definiti dalle Nazioni Unite nel 2000.
Al momento, tuttavia, il 10° FES (2008-2013) è giunto a un momento di stasi. Dato che l’accordo di Cotonou riveduto non è stato ratificato da alcuni paesi ACP, i 22,7 milioni di euro previsti dal bilancio e disponibili dal 1 gennaio 2008 non sono ancora stati utilizzati.
Il testo adottato dal Parlamento, pertanto, chiede con urgenza la fine di questa impasse e mette in evidenza diverse questioni: priorità alla riduzione della povertà (soprattutto alla sanità e all’istruzione), attenzione particolare alla dimensione di genere e a una strategia di sviluppo sostenibile per i paesi interessati.
Il Parlamento, infine, desidera vedere inserito il FES nel bilancio generale dell’Unione, al fine di rendere più coerenti le politiche europee e di migliorare il controllo democratico della sua gestione.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) L’attuazione del bilancio del 10° Fondo europeo di sviluppo non deve essere valutata in termini puramente contabili. Come doverosamente notato dalla relazione in questione, non è questa la funzione del Parlamento, ma piuttosto la discussione dell’integrazione del FES nel bilancio della Commissione o le norme sull’utilizzo del saldo restante da ogni anno finanziario. Quel che ci riguarda è la coerenza tra l’impiego di tali fondi e gli obiettivi politici dell’Unione europea relativamente ai paesi ACP.
A tale proposito, fa specie che l’attuale situazione sia piuttosto diversa da quella esistente all’epoca della creazione di tali strumenti e del relativo quadro. In molti di questi paesi, oltre a tener conto del fattore Cina, si devono considerare gli effetti dei cambiamenti nel mercato agricolo e alimentare, il cambiamento climatico e il nuovo approccio degli Stati Uniti nei confronti dell’Africa. Alla luce di tutto ciò, si ha la percezione che la strada percorsa finora non sia più del tutto adeguata, il che costituisce, e desidero sottolinearlo, la nostra principale preoccupazione.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) Quando l’UE, il più grande donatore di aiuti a livello globale, opera nei paesi in via di sviluppo, i nostri valori devono essere chiari. I diritti umani devono essere i nostri guardiani, non solo in teoria, ma anche nella pratica. Affermare pertanto che l’UE non dovrebbe impiegare il Fondo europeo di sviluppo per promuovere la democrazia e i diritti umani essendo in grado di esigere sviluppo in questo settore è in contraddizione con il nostro desiderio di conseguire risultati concreti. Gli aiuti fanno del bene solo se vanno a vantaggio dei cittadini, di conseguenza noi, in quanto donatori, dobbiamo essere in grado di definire criteri al fine di incoraggiare lo sviluppo della democrazia, dei diritti umani e del funzionamento della società civile. A volte creare sviluppo richiede anche aiuti diretti attraverso operazioni per il mantenimento della pace, che devono poter altresì essere coperte dal Fondo europeo per gli investimenti, in quanto tali operazioni riducono la sofferenza umana e prevengono le catastrofi in modo molto concreto.
Naturalmente noi, il mondo ricco, non dobbiamo imporre un modo di vivere particolare ad altre persone. Tuttavia abbiamo la responsabilità di permettere che vi sia una scelta ove oggi non c’è. Sono tuttavia deluso per il fatto che quella che altrimenti sarebbe una valida e importante relazione metta in questione quanto per me costituisce un principio fondamentale di qualcosa che si sta facendo in cambio in termini di diritti umani e di libertà fondamentali e dell’opportunità di operazioni per il mantenimento della pace nel quadro del Fondo europeo per gli investimenti.
Angelika Beer (Verts/ALE), per iscritto. – (EN) Il gruppo dei Verdi non voterà a favore della relazione Meijer sulla Macedonia. Sebbene la relazione contenga molte parti che delineano chiaramente i progressi compiuti da questo paese, il modo con cui, proprio all’ultimo minuto, i politici greci hanno fatto pressione contro il paragrafo relativo alla questione del nome è assolutamente inaccettabile. La manifestazione più notevole di questo comportamento è stata l’espressione del desiderio di cancellare il riferimento all’accordo interinale del 1995 in cui i greci garantivano che la questione del nome non avrebbe costituito un ostacolo all’adesione della Macedonia alle istituzioni internazionali. La Grecia non solo mette in questione il suo impegno in merito al diritto internazionale, ma sta altresì interferendo nella sovranità di un altro Stato in un modo che non ha precedenti. Tale comportamento da parte di uno Stato membro dell’UE è inaccettabile.
Jaromír Kohlíček (GUE/NGL), per iscritto. – (CS) La FYROM è uno dei pochi paesi al mondo il cui nome non è stato riconosciuto ufficialmente dagli altri paesi. Sebbene questa repubblica abbia introdotto diverse festività etniche e religiose, esiste ancora l’abnorme accordo bilaterale sullo status dei cittadini USA. Tra i successi conseguiti rientrano le misure prese contro il crimine organizzato e la corruzione, realizzate dal governo malgrado l’incapacità delle forze di occupazione in Kosovo di fare qualcosa in merito a tali problemi. Trovo incomprensibile che ad oggi non sia stata concordata alcuna posizione unanime per dare ai cittadini che si trovano all’estero la possibilità di votare. Nel referendum a Montenegro questi cittadini sono stati discriminati; nel caso delle elezioni in Macedonia l’UE è titubante.
Il paragrafo 31 plaude all’irruzione della polizia in un deposito segreto di armi. Ritengo che l’informazione contenuta nella seconda parte del paragrafo relativa al fatto che i terroristi siano stati maltrattati allorché erano agli arresti sia alquanto ridicola. Non sono a conoscenza di casi in cui la polizia abbia chiesto gentilmente a dei terroristi di arrendersi. A parte l’insolita situazione riguardante il nome del paese e l’accordo con gli USA che va contro gli accordi internazionali, uno degli aspetti inconsueti della questione della FYROM è costituito dai contrasti con i paesi vicini. Per come la vedo io, dobbiamo insistere sul fatto che tali contrasti siano risolti prima che il paese aderisca all’UE. Dato che alcuni degli emendamenti possono modificare il significato della relazione, il nostro voto sul prodotto “finale” dipenderà dal fatto che tali emendamenti siano adottati o meno.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione dell’onorevole Maijer sui progressi compiuti dall’ex Repubblica iugoslava di Macedonia verso l’adesione è bilanciata e verte su una questione che crea discordia. La FYROM deve andare avanti con il suo programma incentrato sulle riforme al fine di garantire che i negoziati di adesione possano essere avviati quanto prima. Per prevenire una posizione negoziale sulla questione del nome, non dobbiamo farci tentare dalla possibilità di utilizzare il nome FYROM come ostacolo al suo coinvolgimento nelle istituzioni internazionali. Appoggio pertanto con favore la relazione e gli sforzi del relatore volti a garantire che la questione del nome non dominasse il documento.
Richard Howitt (PSE), per iscritto. – (EN) I membri del Parlamento europeo appartenenti al partito laburista britannico hanno votato a favore della presente risoluzione, che rivela uno sforzo autentico volto a mantenere i progressi conseguiti dall’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (FYROM) verso l’adesione dell’UE, mettendo in evidenza le azioni positive compiute nella lotta alla corruzione e nella protezione della libertà dei mezzi d’informazione così come nell’esercitare pressione per le future azioni necessarie ad avvicinarsi all’apertura dei negoziati di adesione.
Non abbiamo votato a favore dell’emendamento n. 13 relativo ai negoziati sulla questione del nome. Sebbene appoggiamo appieno l’intero lavoro compiuto per trovare una soluzione al problema del nome, non riteniamo che ciò vada collegato in alcun modo all’adesione della FYROM alle organizzazioni internazionali. Ognuna di esse dovrebbe essere decisa sulla base dei suoi propri meriti.
In secondo luogo, ci siamo astenuti dalla votazione dell’emendamento n. 7 relativo alla questione della liberalizzazione dei visti. Dato che il Regno Unito non fa parte dell’accordo di Schengen nel cui ambito rientra tale aspetto, non è opportuno dare il nostro appoggio all’emendamento.
Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Il successo di oggi è dovuto agli sforzi coordinati ed efficaci che abbiamo compiuto insieme a molti altri onorevoli colleghi dell’intero spettro politico del Parlamento europeo.
Questo tentativo è andato a buon fine anche grazie al tardivo cambiamento della linea ufficiale greca volto a trovare una sincera soluzione di compromesso per mezzo di un nome composto accettabile per tutti.
Dobbiamo impegnarci a fondo per trarre vantaggio da tale progresso e giungere a una soluzione attraverso un compromesso equo, da raggiungere sotto la stessa egida dell’ONU prima della fine del 2008.
E’ negli interessi della Grecia e dei popoli mantenere la pace e la stabilità nella regione, in modo tale da prevenire un’altra impasse di diversi anni. La vita pubblica deve essere liberarsi della sindrome di Skopje.
Georgios Toussas (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) I membri al Parlamento europeo appartenenti al Partito comunista di Grecia (KKE) non hanno votato a favore della presente relazione. Ci opponiamo a un’UE capitalista e bellicista e pertanto anche all’allargamento dell’UE. La causa primaria dei problemi nei Balcani è imputabile ai piani imperialistici, agli interventi dell’UE, degli USA e della NATO e ai cambiamenti dei confini.
L’adesione all’UE e alla NATO dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (FYROM) e di altri paesi dei Balcani coinvolge i loro popoli nella situazione di stasi imperialistica tra USA, UE e Russia relativa al controllo delle fonti di energia e dei canali di trasporto. Si stanno mettendo seriamente a rischio coloro che vivono nella regione.
Il partito comunista di Grecia non si preoccupa della questione del nome. Appoggia una soluzione reciprocamente accettabile circa tale problema, che deve costituire una definizione puramente geografica, separata da nazionalismi e assoggettamenti che creano discordia.
Coloro che hanno avvertito la necessità di scusarsi di fronte alla popolazione greca a causa del loro voltafaccia dell’ultimo minuto in merito alla questione del nome macedone, e che appartengono all’UE, alla Nuova democrazia, al PA.SO.K., alla Coalizione della sinistra (SYN) e al Raduno popolare ortodosso, si stanno fregando le mani dalla soddisfazione. Hanno votato a favore dell’adozione degli emendamenti presumibilmente positivi relativi al nome nel tentativo di distrarre le persone dalla questione principale e cioè dall’intervento e dagli schemi imperialisti per i Balcani. Tale diversivo è ideato al fine di nascondere la loro sottomissione agli scopi imperialisti e alla nomina di UE, USA e Russia come arbitri. Tutto ciò espone il nostro paese alle minacce e alla pressione volte a estorcere denaro in cambio della piena partecipazione ai piani imperialistici, che stanno peggiorando dal vertice NATO di Bucarest.
Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) ho votato a favore dell’eccellente relazione di iniziativa dell’onorevole Gomes sulla politica della Cina e le sue conseguenze per l’Africa. Sebbene vada accolto con favore il fatto che la Cina sia pronta a cooperare con i paesi africani in modo concreto e pragmatico, vi sono diversi motivi di preoccupazione, quali la cooperazione della Cina con i regimi repressivi dell’Africa, il mancato rispetto delle norme sociali e ambientali, la fornitura di armi ai regimi repressivi e non democratici. Appoggio la proposta che l’Unione africana, la Cina e l’UE debbano istituire un organo consultivo permanente per migliorare la coerenza e l’efficacia delle loro rispettive attività di cooperazione e per istituire un quadro globale per progetti operativi concreti relativamente a sfide comuni, quali l’adattamento al cambiamento climatico, le energie rinnovabili, l’agricoltura, le risorse idriche e la sanità.
Appoggio altresì l’idea di un dialogo tra il Congresso nazionale del popolo cinese, il Parlamento panafricano, i parlamenti nazionali africani e il nostro Parlamento europeo con lo scopo di promuovere lo sviluppo sostenibile e migliorare le loro capacità di controllo sull’esecutivo in pace e democrazia.
Philip Claeys (NI), per iscritto. – (NL) La relazione Gomes indica giustamente le varie pratiche cinesi inaccettabili in Africa e a volte arriva al dunque. L’etnocidio in Tibet può ricevere molta attenzione al momento, ma la politica cinese in Africa è per lo meno altrettanto indicativa di un regime che non potrebbe curarsi meno dei diritti umani e delle altre regole del gioco.
I cinesi fanno affari con chiunque purché soddisfi la sete di petrolio. Le imprese e gli uomini d’affari cinesi creano isole cinesi extraterritoriali protette da capi di Stato corrotti, a loro volta protetti dal veto cinese nel Consiglio di sicurezza. L’Europa non è allo stesso livello dei cinesi e lentamente, ma inevitabilmente, sarà costretta a lasciare l’Africa. L’Europa deve solo rendersi conto che alla fine, mentre i cinesi acquistano vantaggi in Africa, il messaggio, ripetuto con costanza, di democrazia, libertà e buon governo, per non dimenticare di sostenibilità, sta diventando completamente privo di significato. E’ tempo di una nuova strategia.
Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione Gomes sulla politica della Cina e le sue conseguenze per l’Africa, perché ritengo che, alla luce della crescente presenza cinese in Africa, l’Unione europea debba provare, adottando una posizione comune sul dialogo, a incoraggiare la Cina a fondare le sue azioni economiche e politiche in Africa su criteri che non impediscano la promozione della pace, la sicurezza umana, lo Stato di diritto o lo sviluppo sostenibile.
Sono altresì a favore della richiesta che l’Unione europea perseveri nella promozione del rispetto dei principi dai quali è governata, a prescindere dal successo delle sue iniziative di dialogo.
Jens Holm, Erik Meijer, Esko Seppänen, Søren Bo Søndergaard e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) La relazione dell’onorevole Ana Maria Gomes copre molti aspetti importanti, non ultimo il fatto che il coinvolgimento dell’UE e della Cina debba essere nell’interesse dei paesi e dei popoli africani e che gli investitori esterni che operano in Africa debbano rispettare le norme ambientali e sociali. Ecco perché abbiamo deciso di appoggiare la relazione. Tuttavia non siamo a favore della forma del primo paragrafo, che sottolinea l’importanza del Trattato di Lisbona nel miglioramento dell’efficacia e della coerenza delle relazioni esterne dell’UE.
Astrid Lulling (PPE-DE), per iscritto. – (FR) La commissione per lo sviluppo ha redatto una relazione molto equilibrata sulla politica della Cina e le sue conseguenze per l’Africa.
La voto con tanta più soddisfazione dato che ho avuto un’esperienza molto spiacevole all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE. Nella mia relazione sull’impatto degli investimenti stranieri diretti, ho formulato alcune considerazioni critiche sugli investimenti cinesi in Africa. I delegati ACP, con la connivenza di socialisti, comunisti e verdi, sono riusciti a eliminarle tutte dalla relazione.
Perché non erano disposti ad affermare che gli ISD si concentrano sulle industrie estrattive e che spesso appoggiano i governi ACP in orientamenti politici che non sono nell’interesse della democrazia, dello Stato di diritto e dell’eliminazione della povertà in quei paesi?
Perché hanno eliminato la conclusione che gli ISD cinesi sono investiti in talune multinazionali che inondano i mercati africani di beni di bassa qualità, in particolare tessili?
Accolgo con favore il riferimento, nella motivazione della relazione, al fatto che la corsa della Cina in Africa sta saccheggiando le risorse nazionali africane a vantaggio della Cina e che sta minando lo sviluppo sostenibile. Vi è anche preoccupazione circa il rischio che la Cina possa esportare in Africa alcune delle sue peggiori pratiche interne…
(Testo abbreviato conformemente all’articolo 163 del Regolamento)
Erika Mann (PSE), per iscritto. – (DE) Desidero cogliere l’opportunità offerta dalla presente dichiarazione di voto per esprimere i miei sentiti ringraziamenti alla relatrice, l’onorevole Ana Maria Gomes, poiché il testo oggetto di votazione è molto apprezzabile. Desidero altresì ringraziarla per avervi incluso numerosi aspetti del parere della commissione per il commercio internazionale.
A mio avviso, è molto importante valutare la politica della Cina in Africa in modo equo, senza una condanna generalizzata del suo impegno in tale continente. Andrebbe invece accresciuto l’impegno dell’UE attraverso l’approccio incentrato su “Più Europa in Africa”, il che potrebbe migliorare la visibilità europea e conseguire una presenza europea più forte, rafforzando di conseguenza i contatti tra l’UE e l’Africa. Legami economici più stretti tra i due continenti potrebbero portare grandi benefici a entrambe le parti.
David Martin (PSE), per iscritto. – (EN) La relazione di Ana Gomes sulla politica della Cina e le sue conseguenze per l’Africa sottolinea non solo le azioni positive intraprese da Pechino impegnandosi con l’Africa, ma anche che la politica cinese necessita di miglioramenti. Da un lato l’UE deve accogliere con favore il ruolo della Cina nello sviluppo dell’Africa, sebbene attraverso i suoi aiuti la Cina esporti, in modo allarmante, alcune delle sue peggiori pratiche interne, tra cui la corruzione e la mancanza di considerazione per i diritti dei lavoratori e delle norme ambientali. Senza dubbio l’impegno con la Cina in merito a tali questioni e alle sue relazioni con regimi repressivi, quali il Sudan e lo Zimbabwe, necessitano di un approccio comune dell’UE. E’ tenendo conto di queste considerazioni che ho votato a favore delle raccomandazioni della relazione.
Mary Lou McDonald (GUE/NGL), per iscritto. – (EN) La relazione dell’onorevole Ana Maria Gomes copre molti aspetti importanti, non ultimo il fatto che il coinvolgimento dell’UE e della Cina debba essere nell’interesse dei paesi e dei popoli africani e che gli investitori esterni che operano in Africa debbano rispettare le norme ambientali e sociali. Ecco perché abbiamo deciso di appoggiare la relazione.
Tuttavia non siamo a favore della forma del primo paragrafo, che sottolinea l’importanza del Trattato di Lisbona nel miglioramento dell’efficacia e della coerenza delle relazioni esterne dell’UE.
In termini di riforma della politica agricola comune, il Sinn Féin è a favore di qualsiasi riforma effettiva che permetta all’agricoltura e alla vita rurale di diventare sostenibile in Irlanda, in Europa e in tutto il mondo.
Lydie Polfer (ALDE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione Gomes poiché fornisce un’analisi molto dettagliata delle cause e delle conseguenza della dominazione cinese in Africa da una prospettiva sia economica che politica.
L’impressionante crescita economica cinese degli ultimi 20 anni ha portato a un aumento della domanda di petrolio e di altre materie prime. Oggi la Cina importa il 30 per cento del petrolio di cui necessita dall’Africa; tale dato salirà al 45 per cento entro il 2010.
In Africa, la Cina investe in modo massiccio anche nelle infrastrutture.
Tali impegni sono senza prerequisito che siano sul fronte dei diritti umani o si tratti di condizioni sociali e ambientali.
L’Europa deve sedersi, prendere nota della situazione e deve cercare di definire un partenariato strategico sia con l’Africa che con la Cina al fine di garantire lo sviluppo sostenibile del continente africano.
Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La relazione in questione definisce correttamente lo stato attuale della politica cinese in Africa, descrivendo in dettaglio gli investimenti, i finanziamenti e le conseguenze politiche. Non è purtroppo realistica nelle sue proposte, suggerendo ripetutamente che si esorti l’UE a incoraggiare la Cina ad adottare un comportamento ideale nell’ambito dei diritti umani, dei diritti dei lavoratori e del rispetto dell’ambiente e, infine, a compiere nella sua politica estera ciò che non fa nella sua politica interna. Nel capitolo riguardante ciò che andrebbe fatto relativamente alla (corretta) descrizione della politica cinese in Africa e delle sue conseguenze, non vi è alcun suggerimento riguardo a quale dovrebbe essere la strategia europea e in partenariato con paesi quali India, Brasile e (omissione inammissibile) gli Stati Uniti.
L’attuale situazione globale non ha nulla a che vedere con i modelli che hanno inquadrato il pensiero geostrategico degli ultimi decenni. La comparsa di nuove economie che differiscono enormemente le une dalle altre, l’aumento generalizzato e globalizzato dei consumi, la concorrenza per l’acquisizione di beni essenziali e le materie prime, la minaccia di rivolte sociali, il rischio di preferenza per regimi politici forti, tutte queste nuove realtà necessitano di un’analisi e, in particolare, di una proposta maggiormente strategica con una diversa visione del futuro. Per questi motivi mi sono astenuta dalla votazione della proposta.
Luca Romagnoli (NI), per iscritto. − La relazione della collega Ana Maria Gomes sulla “Politica della Cina e sue conseguenze per l’Africa” evidenzia il ruolo di assoluto primo piano che Pechino ormai ha negli equilibri diplomatici, economici e politici africani.
Ritengo indispensabile che il comportamento cinese, nonostante abbia acceso i riflettori su un continente in oblio come quello africano, debba essere contenuto e limitato per non incorrere in una nuova potenziale forma di colonialismo che ha segnato e scritto pagine vergognose della nostra storia europea.
A questo scopo auspico che l’UE definisca una strategia coerente in modo da assicurare il rispetto da parte della Cina di temi quali la governance, la lotta alla corruzione, la tutela dei diritti umani, del lavoro e dell’ambiente e in modo da garantire accordi limpidi e trasparenti tra i due Paesi.
Olle Schmidt (ALDE), per iscritto. – (SV) L’Africa è un continente che necessita di aiuti, di rapporti commerciali più stretti e di una maggiore partecipazione nel processo di globalizzazione, che sta generando maggiore benessere per tutti. La Cina è diventata rapidamente un importante partner del continente africano, con una grande sete di materie prime e non da ultimo di petrolio, di cui diversi paesi africani sono in possesso. Il fatto che sempre più paesi si interessino all’Africa è di stimolo per il suo sviluppo. Va detto, tuttavia, che l’approccio poco critico della Cina quando si tratta dell’accesso a tali materie prime, con scarsa o nessuna considerazione dei diritti umani, corruzione e regimi non democratici, pone una sfida all’UE, che ha a lungo insistito sul fatto che il commercio e gli aiuti debbano andare di pari passo con le esigenze di uno sviluppo democratico, tenendo in considerazione i diritti umani e le libertà fondamentali. E’ un segnale importante che il Parlamento europeo stia chiaramente esortando la Cina a tenere conto dei diritti umani e dello sviluppo della popolazione Africana. Il concetto di “sviluppo” è più ampio di quello di semplice progresso economico e pertanto appoggio senza riserve il punto di vista per cui i diritti umani e la democrazia debbano costituire un aspetto importante delle relazioni internazionali, ivi comprese quelle tra Cina e Africa.