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Mercoledì 7 maggio 2008 - Bruxelles Edizione GU

11. EMU@10 – Primo decennio dell’Unione economica e monetaria (comunicazione della Commissione) (discussione)
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  Presidente. − L’ordine del giorno reca la comunicazione della Commissione sul primo decennio dell’Unione economica e monetaria.

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. − (ES) La ringrazio molto, signor Presidente. Onorevoli deputati, celebriamo il decimo anniversario della storica decisione di introdurre l’euro, di lanciare la terza fase dell’Unione economica e monetaria, una decisione adottata dal Vertice del Consiglio europeo svoltosi dal 1° al 3 maggio 1998.

Tale decisione ha caratterizzato lo sviluppo dell’Unione europea degli ultimi dieci anni. Oggi, sia all’interno che al di fuori dei nostri confini, l’euro è un simbolo dell’integrazione europea utilizzato da 320 milioni di cittadini europei ogni giorno.

La Commissione ha interpretato la fine del primo decennio di un’importante iniziativa politica e il termine di un intero ciclo economico come un’ottima occasione per tirare le somme e riflettere sulle sfide che l’Unione economica e monetaria dovrà affrontare negli anni a venire.

Questo è lo scopo della comunicazione adottata proprio questa mattina dalla Commissione e che io ho l’onore di illustrarvi ora.

La comunicazione si basa su un’ampia relazione elaborata dalla Direzione generale della Commissione “Affari economici e finanziari” che fornisce un’analisi dettagliata del funzionamento dell’Unione economica e monetaria, dell’impatto dell’euro negli ultimi dieci anni, nonché delle prospettive per il futuro.

La conclusione della valutazione di cosa l’euro abbia significato nel primo decennio della sua esistenza non potrebbe essere più esplicativa: l’euro è un innegabile successo economico e politico.

Grazie a questa valuta noi europei oggi godiamo di una maggiore stabilità macroeconomica, di tassi d’interesse inferiori e di aumenti dei prezzi molto più contenuti rispetto ai decenni precedenti, nonostante la recente crescita dell’inflazione.

Grazie all’euro, l’Unione europea – e in particolare i 15 paesi della zona euro – è uno spazio molto più integrato dal punto di vista economico, con scambi potenziati, più opportunità, maggiore occupazione e mercati che funzionano con più efficienza.

Grazie all’euro, le nostre economie sono più adeguatamente protette contro le scosse esterne e hanno acquisito una maggiore importanza e influenza sui mercati mondiali.

Tutto questo si è tradotto in molti vantaggi concreti, ma se mi permettete dirlo, il risultato maggiore in assoluto è stata la creazione di 16 milioni di posti di lavoro nella zona dell’euro negli ultimi dieci anni.

Grazie all’euro, l’Europa è ora più forte. E’ in una posizione migliore per contrastare le turbolenze e le crisi come quelle che ci hanno colpito negli ultimi mesi, e sempre grazie all’euro, godiamo di una base più solida per sostenere in futuro la nostra crescita e il nostro modello di protezione sociale.

Nondimeno, per quanto positivo possa essere il nostro giudizio, non significa che tutte le aspettative che dieci anni fa abbiamo riposto nella moneta unica siano state soddisfatte.

Primo, la crescita economica degli ultimi dieci anni è stata inferiore alle previsioni.

Secondo, permangono disparità tra le economie dell’area, a causa, tra l’altro, della mancanza di incentivi adeguati per attuare tutte le necessarie riforme strutturali.

Terzo, nell’area dell’euro non abbiamo ancora raggiunto una forte presenza esterna che ci permetta di avere peso a livello globale in linea con la dimensione e l’importanza della nostra economia e della nostra moneta.

Infine, l’immagine pubblica dell’euro – una valuta ampiamente identificata con l’immagine dell’Unione europea – non rispecchia tutti i vantaggi oggettivi che offre ai cittadini.

Simile diagnosi offre sufficiente materiale per considerare che cosa si deve ancora fare, e la nostra conclusione è che c’è ancora molto lavoro da compiere.

Dobbiamo anche tenere conto delle nuove sfide cui ci troviamo di fronte ora, con un’Europa allargata, con cambiamenti sociali, economici e tecnologici accelerati, con tendenze di base profonde come la globalizzazione, l’invecchiamento della popolazione e i cambiamenti climatici; dobbiamo modernizzare i principi e la visione che ispirano l’Unione economica e monetaria.

E’ ovvio che il nuovo contesto in cui viviamo oggi non era facile da prevedere 20 anni fa quando si doveva decidere che cosa inserire nel Trattato di Maastricht o 10 anni fa quando si è deciso di lanciare la terza fase dell’Unione economica e monetaria.

Ora dobbiamo lavorare sulla base di questi parametri onde conseguire un’Unione economica e monetaria più solida, più efficiente a livello interno e che si presenti con maggiore uniformità nel mondo esterno.

Pertanto, nella comunicazione adottata questa mattina, la Commissione non solo desidera fare un bilancio del passato, ma propone anche di avviare un dibattito su quali miglioramenti si debbano apportare in futuro. Quale contributo iniziale a tale dibattito proponiamo un’agenda basata su tre pilastri.

Il primo riguarda il funzionamento interno dell’Unione. L’interdipendenza tra le economie dell’area dell’euro è più grande che mai. Dobbiamo esserne consapevoli e procedere con determinazione negli interessi dell’Unione economia e monetaria nel complesso e in particolare di ogni suo Stato membro verso un autentico coordinamento delle sue politiche economiche. Come si può conseguire tale risultato? Dobbiamo rafforzare la vigilanza di bilancio prevista nel Patto di stabilità e crescita, approfondirla in termini di qualità delle finanze pubbliche e della loro sostenibilità a lungo termine, ampliando l’obiettivo di sorveglianza oltre gli aspetti prettamente di bilancio e contemplando anche aspetti macroeconomici e stabilendo un collegamento più stretto tra la vigilanza di bilancio e lo sviluppo di riforme strutturali.

Il secondo pilastro riguarda l’agenda esterna. Con nostra totale soddisfazione, in brevissimo tempo l’euro è diventato la seconda valuta mondiale di riferimento. Tuttavia, non ha senso che nel momento in cui notiamo con piacere la posizione dominante dell’euro nei mercati globali, rifiutiamo di intervenire collettivamente, in linea con questo nuovo status. La posizione raggiunta dall’euro sui mercati internazionali porta indubbi vantaggi, ad esempio una protezione più adeguata contro i colpi esterni. Nell’ultimo decennio abbiamo attraversato periodi critici, in cui questo ruolo protettivo è stato messo alla prova. Anche lo status dell’euro implica comunque responsabilità e rischi. L’Europa deve assumersi totalmente le proprie responsabilità onde conseguire una maggiore stabilità economica a livello mondiale. Per raggiungere questo obiettivo, occorre elaborare una strategia che tenga conto degli interessi dell’area dell’euro e difenda quest’ultima costantemente nei confronti dell’esterno, e senza dubbio il modo migliore per garantire tale coerenza è una rappresentanza internazionale unica dell’euro. Pur riconoscendo che è difficile conseguire tale traguardo in breve tempo, dati gli interessi coinvolti, desidero comunque dichiarare al Parlamento – e so che quest’Assemblea è d’accordo con me – che è un obiettivo assolutamente necessario.

Infine, il terzo pilastro della nostra agenda per il futuro riguarda il miglioramento della governance dell’Unione economica e monetaria. Le istituzioni e gli strumenti che amministrano questa Unione sono adeguati, soprattutto se consideriamo i miglioramenti introdotti dal Trattato di Lisbona. La questione ora non consiste nel cambiare gli strumenti, ma nell’usarli, e usarli pienamente. Una migliore governance dell’area dell’euro scaturirà da un pieno coinvolgimento del Consiglio ECOFIN negli aspetti legati all’Unione economica e monetaria; deriverà da un rafforzamento dell’agenda e dei dibattiti dell’Eurogruppo, in particolare in termini del coordinamento di politiche economiche cui ho già accennato; e risulterà da un dialogo sempre più serrato tra la Commissione e il Parlamento, e tra l’Eurogruppo e il Parlamento.

Inoltre, nei prossimi anni la composizione dell’Eurogruppo sarà sempre più simile a quella dello stesso Consiglio ECOFIN.

Proprio questa mattina la Commissione ha adottato la relazione di convergenza che spiana la strada all’adesione della Slovacchia all’area dell’euro per il 1° gennaio 2009. Nelle prossime settimane avrò l’opportunità di discutere concretamente con quest’Assemblea di tale documento e delle relative proposte.

Un elemento che dovrebbe rappresentare una preoccupazione collettiva delle nostre istituzioni è la comunicazione al pubblico di tematiche legate all’Unione economica e monetaria, affinché i cittadini abbiano una percezione dell’euro in linea con i vantaggi oggettivi che esso comporta per noi che abbiamo tale moneta nelle nostre tasche.

Sto per concludere, signor Presidente. Abbiamo una questione di estrema importanza sul tavolo che merita di essere il primo argomento da affrontare oggi. Ovviamente, non posso illustrare tutti i dettagli dell’analisi riportata nella nostra comunicazione e nella relazione, ma potete contare sulla mia totale disponibilità ad affrontare il tema nei mesi a venire.

L’obiettivo della Commissione, come ho sottolineato, è pervenire a una solida intesa politica sui passi necessari da compiere al fine di garantire che l’Unione economica e monetaria possa rispondere alle enormi sfide con cui dobbiamo confrontarci. Riteniamo che siano queste in via prioritaria le questioni che meritano la nostra attenzione nel dibattito che si apre oggi.

Coloro che hanno elaborato il Trattato di Maastricht e che dieci anni fa hanno deciso di lanciare l’Unione economica e monetaria erano all’epoca all’altezza del compito, e hanno creato uno strumento che ha significato per noi protezione e vantaggi. La parte più difficile è stata realizzata: l’euro è una realtà ed è un successo. Possiamo quindi affrontare questa nuova fase con fiducia e ottimismo, ma dobbiamo anche agire con la stessa determinazione e con il pensiero in mente che quello che è positivo per l’Unione economica e monetaria è positivo per l’Unione europea nel complesso, per tutti i suoi Stati membri e per tutti i suoi cittadini. La ringrazio molto, signor Presidente.

 
  
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  Presidente. − Grazie, signor Commissario, e desidero ringraziarla per il profondo e responsabile impegno.

 
  
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  Werner Langen, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signor Presidente, desidero congratularmi con il Commissario Almunia per il coraggio di illustrare una serie di proposte di miglioramento in occasione del decimo anniversario dell’area dell’euro. Esamineremo con attenzione quanto presentato, ma, a giudicare da quello che abbiamo visto finora, posso affermare che il nostro gruppo offrirà il massimo sostegno possibile. Vogliamo migliorare le condizioni ma non vogliamo quello che i colleghi del gruppo socialista al Parlamento europeo chiedono, ossia definire una sorta di governance economica. A tale riguardo può contare sul nostro totale appoggio.

Dieci anni di euro significano anche che è ora di fare un bilancio di quanto è stato attuato nell’ultimo decennio. Abbiamo visto che l’euro è stato un risultato estremamente positivo. Nessuno prevedeva che oggi, a 10 anni di distanza dalla decisione politica, l’euro sarebbe stata la seconda principale valuta di riserva a livello mondiale. Lei ha citato i posti di lavoro, il tasso contenuto di inflazione, la convergenza delle economie, e i successi che hanno trasformato l’euro in un’ancora di stabilità per l’Europa in un’epoca di globalizzazione. Se ci fermiamo a pensare a come mai riusciamo ad affrontare i prezzi elevati di materie prime ed energia, possiamo dire che si tratta di un’altra questione cui l’euro risponde in modo eccellente.

Nonostante lo scetticismo di molti cittadini dell’Unione europea e dell’area dell’euro, sono assolutamente convinto che sia stata una scelta oculata introdurre l’euro a quell’epoca e a quelle condizioni rigorose. Ora che cerchiamo di intervenire per modificare tali condizioni, signor Commissario, siamo al suo fianco e possiamo solo affermare, guardando indietro, che in passato ha preso molte decisioni ardite. Se penso alla Lituania, se guardo oggi la Slovacchia, dubito che ci fosse lo stesso coraggio, perché anche se, nel caso della Slovacchia, i criteri posso essere soddisfatti sulla carta, è discutibile che il paese possa mantenere gli impegni se si considerano l’attuale convergenza e il costante tasso di inflazione. Dovremo affrontare la questione; la Banca centrale europea ha espresso qualche dubbio nelle sue osservazioni preliminari, di cui purtroppo non si fa alcuna menzione nell’odierna decisione della Commissione. Forse dobbiamo davvero confrontarci in merito a questo tema.

Al momento, la procedura funziona in questi termini: si presenta la domanda di adesione all’area dell’euro, noi veniamo consultati, insieme al Consiglio formato dai capi di Staro o di governo, e poi il Consiglio “Economia e Finanza” deve prendere una decisione. Pertanto, attualmente non possiamo in alcun modo rinviare o rifiutare questa adesione. Sono tuttavia preoccupato del fatto che oggi vengono create le condizioni per accettare un paese di media grandezza con una struttura sensibilmente industriale e che in seguito, nel momento in cui vorranno entrare paesi più grandi, dovremo concedere sconti che non saremo più in grado di giustificare.

E’ la preoccupazione che condividiamo quando solleviamo dubbi sull’adesione incondizionata, e anche sulle riflessioni già espresse dalla Banca centrale europea. Non dobbiamo dimenticare che l’attuale forza dell’euro come valuta mondiale è anche il risultato di un dollaro debole – il merito non è tutto da imputare alla sola forza dell’euro. Se ripenso ai termini della discussione sulla riforma del Patto di stabilità e di crescita, posso solo affermare che per gli Stati membri rappresenta una sfida. Lo ha menzionato poc’anzi nella sua agenda a tre punti: gli Stati membri incontrano difficoltà a soddisfare le condizioni che essi stessi hanno stabilito.

Constato con un po’ di preoccupazione che avete chiuso i procedimenti per deficit contro l’Italia e altri paesi. Sebbene i dati corroborino questa decisione, osservo gli sviluppi in Francia, Italia e, nei prossimi anni, anche in Spagna, con notevole ansia. All’inizio di questo decennio, il principale colpevole era la Germania. I tedeschi sono di nuovo riusciti ad avere tutto sotto controllo, ma la stabilità dell’euro dipenderà dalla solidarietà e dalla solidità degli Stati membri più grandi. Pertanto mi rivolgo a lei in quanto Commissario: non ceda a queste specifiche richieste. Faccia in modo che in qualsiasi riforma non sia in primo piano, all’esterno, la rappresentanza, che l’attenzione non sia posta su chi rappresenta chi e dove, ma che primeggi la stabilità interna dell’area dell’euro. L’importante è soddisfare le condizioni e porre l’accento sulla stabilità dei prezzi. Così, tra vent’anni, potremo affermare che l’euro è l’ancora della stabilità dell’Europa nel mondo e la base della prosperità e del progresso nel nostro continente.

 
  
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  Pervenche Berès, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, grazie per la presente comunicazione, per questa opportunità di tirare un bilancio ed esaminare che cosa occorre fare per domani.

L’euro è un successo, nessun dubbio al riguardo. L’euro ci ha protetti. In quale situazione si troverebbero i nostri mercati finanziari, le nostre valute, scossi dalle turbolenze del mondo di oggi, se non avessimo l’euro? Ma questo successo ci impone una serie di obblighi. Significa che dobbiamo essere ancora più coraggiosi, perché non siamo un semplice spazio monetario; ci incombe una particolare responsabilità.

Sì, l’euro è un successo, eppure rivela alcune delle nostre lacune intrinseche. Spesso ci muoviamo meglio nella difensiva che nell’offensiva. Spesso ci comportiamo bene quando si tratta di segnare i punti, un’operazione che il Patto di stabilità ci permette, ma quando poi si tratta di organizzare il miglior gioco possibile, di ottimizzare la potenzialità offerta dalla moneta unica, di frequente siamo al di sotto delle nostre capacità.

E’ una realtà all’interno dell’UE. Perché non usiamo la nostra moneta per rafforzare la nostra capacità di attuare la strategia di Lisbona? Perché non usiamo la nostra moneta per realizzare gli obiettivi stabiliti riguardo a energia e ambiente? Ne ha parlato con riferimento al di fuori dell’UE, e concordo sulla sua diagnosi.

Lei propone meccanismi volti a migliorare la vigilanza multilaterale e ha indubbiamente ragione, ma questo si basa su due premesse. La prima è che la presidenza a lungo termine dell’Eurogruppo, sotto la responsabilità di Jean-Claude Juncker, ha migliorato il funzionamento di quest’organo. La seconda è che l’indipendenza della Banca centrale europea non è in discussione e nessuno può contestarla. Date queste due premesse, abbiamo ancora molto lavoro da compiere e io, signor Commissario, confido nel fatto che lei restituisca un po’ di equilibrio all’Unione economica e monetaria, che è ancora in squilibrio e il cui braccio economico ha bisogno di essere migliorato, lo sappiamo bene, fin dal primo giorno, e noi dobbiamo trovare il modo di riformarlo mentre procede. Dieci anni, abbiamo ancora molto da fare.

Oggi, le domande che poniamo dall’inizio devono essere affrontate, pur se, com’è ovvio, in un contesto ben diverso oggi. Dobbiamo analizzare tale contesto alla luce di due principali fenomeni. Il primo è logicamente l’attuale crisi originatasi negli Stati Uniti, che riflette il fatto che stiamo attraversando la seconda fase della globalizzazione, segna il ritorno dell’inflazione, è caratterizzata da un tasso di scambio euro/dollaro non favorevole alle nostre esportazioni – anche se ha i suoi vantaggi una tale situazione – ed è anche contraddistinta da un’incredibile ascesa dei prezzi delle materie prime, del petrolio e delle derrate alimentari.

Il secondo elemento del contesto di cui dobbiamo tener conto è il Trattato di Lisbona che modifica la realtà dell’Eurogruppo, attribuendogli nuove responsabilità in termini di rappresentanza esterna e di coordinamento. Ne dobbiamo essere consapevoli e sfruttare al massimo il potenziale di questo Trattato.

Signor Commissario, ci chiede di contribuire a pervenire a un’intesa. Se l’intesa è positiva, ci saremo. Tuttavia, riteniamo anche che forse occorra andare oltre, con proposte concrete. Se ho compreso correttamente il suo pensiero, lei vorrebbe ricevere una tabella di marcia dal Consiglio. Benissimo! Ci deve dire, però, a quali condizioni il Parlamento europeo avrà voce in queste proposte intese a migliorare la governance dell’euro, affinché il potenziale di questa moneta venga pienamente utilizzato a vantaggio dei cittadini e un domani i nostri concittadini accettino più volentieri la Banca centrale europea. Il fatto che sia diventata un’istituzione forse ci autorizza di nuovo a esaminare le condizioni di nomina dei suoi membri. Sapete che quest’Assemblea è dalla vostra parte, che è alleata della Commissione quando quest’ultima vuole andare avanti, ma saremo anche un alleato esigente. Non ascoltate il Consiglio; a prescindere da quanto è scritto nei Trattati, tenete conto di qualsiasi proposta eccellente possa arrivare anche dal Parlamento europeo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. RODI KRATSA-TSAGAROPOULOU
Vicepresidente

 
  
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  Wolf Klinz, a nome del gruppo ALDE.(DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, in passato abbiamo assistito a vari tentativi da parte di Stati politicamente sovrani di organizzazione unioni monetarie comuni. I tentativi sono durati a lungo ma alla fine sono tutti naufragati.

Pertanto, non era una sorpresa che negli anni settanta il resto del mondo avesse avuto un atteggiamento molto critico alle proposte di avviare in Europa un simile processo. Pierre Werner, un ex Primo Ministro del Lussemburgo, insieme a Valéry Giscard d’Estaing e a Helmut Schmidt, quand’erano ancora ministri delle Finanze, presentarono già proposte che andavano in questa direzione.

Anche all’inizio degli anni novanta, avviare un’unione economica e monetaria era considerato in modo molto critico. Molti esperti, tra cui premi Nobel statunitensi, bocciarono l’idea perché irrealistica. Tuttavia, contro ogni aspettativa, l’euro fu introdotto – registrando un vero e proprio successo.

L’unione monetaria europea è in effetti qualcosa come un piccolo miracolo politico, un esempio sui generis. A tale riguardo, la dichiarazione dell’ex Presidente della Commissione Hallstein si è ancora una volta dimostrata vera, ossia che chiunque non creda ai miracoli riguardo a questioni legate all’Europa non è realista.

L’introduzione dell’euro è stata comunque accolta con molto scetticismo da parte dei cittadini di molti paesi. Se all’epoca si fosse indetto un referendum nei primi 12 Stati membri dell’area dell’euro, probabilmente oggi non avremmo questa moneta, o perlomeno non in molti di quei paesi. Da allora, tuttavia, i cittadini hanno sviluppato un’opinione dell’euro più positiva. Forse non la totalità dei cittadini è a suo favore, ma probabilmente la maggioranza sì. Gran parte dei pensieri talvolta nostalgici rispetto alle vecchie monete quali il marco, il fiorino olandese, lo scellino o il franco, hanno lasciato spazio alla convinzione che l’euro ha significato vantaggi non solo per l’economia nel complesso, ma anche per i singoli cittadini.

La prova più evidente di tale realtà si ha, ovviamente, quando la gente viaggia. I controlli dei passaporti sono un ricordo del passato all’interno dell’area Schengen e non è più necessario cambiare la valuta, operazione dispendiosa in termini di tempo e denaro. La maggior parte dei cittadini ha anche compreso che non saremmo in grado di affrontare la crisi finanziaria che stiamo attraversando con altrettanta capacità se non avessimo la Banca centrale europea e una moneta unica. Inoltre, gli aumenti dei prezzi delle materie prime sono stati in qualche modo rallentati dalla moneta forte.

Ciononostante, vi sono ancora cittadini che associano l’euro a esperienze negative. Gli aumenti dei prezzi, in particolare, sono spesso imputati al Teuro, che si può tradurre come “euro costoso”. Il fatto è, tuttavia, che l’euro è stabile. Ha dimostrato di essere una valuta stabile. Negli ultimi 10 anni il tasso di inflazione è stato inferiore rispetto al decennio precedente, anche in paesi estremamente consapevoli della stabilità come la Germania. Grazie non solo a questa stabilità, l’euro ha acquisito sempre più peso a livello internazionale e oggi è la seconda principale valuta di riserva internazionale dopo il dollaro.

Dobbiamo ringraziare l’indipendenza della Banca centrale se l’euro è stabile, motivo per cui è difficile comprendere perché vi siano costanti tentativi di minare questa indipendenza. I suoi primi presidenti, Wim Duisenberg e Jean-Claude Trichet, hanno svolto un lavoro davvero straordinario.

Nulla è cambiato: una moneta comune senza una politica fiscale ed economica è, e rimane, un’impresa rischiosa. L’UE si trova ad affrontare sfide impegnative: un tasso di disoccupazione costantemente elevato, modifiche demografiche, pressione migratoria, l’aumento della povertà di certi gruppi della società e una concorrenza più aggressiva quale risultato della globalizzazione. L’area dell’euro può rispondere a queste sfide solo se i politici in campo economico degli Stati membri lavoreranno ancora a più stretto contatto. La nomina di un presidente per l’area dell’euro era un primo passo in questa direzione, ma sempre solo un passo. Devono seguirne molti altri.

L’area dell’euro deve soprattutto presentare un fronte unito al mondo e alle organizzazioni come il Fondo monetario internazionale e l’OCSE.

 
  
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  Alain Lipietz, a nome del gruppo Verts/ALE. – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi auguro di non superare il tempo a disposizione più di quanto non abbia fatto l’onorevole Klinz con il suo.

Non parlerò di nuovo del grande successo dell’euro, sia come istituzione che come strumento per stabilizzare l’inflazione. Tuttavia, desidero ringraziarla, signor Commissario, e ringraziare anche la Commissione per aver finalmente eliminato un tabù. Dopo dieci anni, è ora che di esaminare che cosa non ha funzionato.

Quello che non ha funzionato, come è stato sottolineato, è che la crescita promessa dall’euro non si è concretizzata. Peggio ancora, gli Stati membri dell’Unione europea che non aderiscono all’area dell’euro hanno registrato una crescita superiore rispetto ai paesi che ne fanno parte. Sussiste pertanto un vero e proprio problema riguardo al modo in cui l’euro è stato strutturato con l’accordo di Maastricht, e noi dobbiamo affrontare questo aspetto.

Per quanto posso vedere, i punti da esaminare sono tre. Il primo, da lei evidenziato, è la necessità di riformare la governance dell’euro, con coordinamento tra la politica di bilancio e la politica monetaria. E’ chiaro – e su questo aspetto non sono d’accordo con l’onorevole Berès – che non possiamo chiedere al tempo stesso maggiore coordinamento tra le due e affermare che la Banca centrale europea deve rimanere totalmente indipendente. In alternativa, questo potrebbe significare che la politica di bilancio a propria volta – vale a dire il Consiglio ECOFIN – diventerebbe un’istituzione indipendente non più responsabile sotto il profilo democratico. Sarebbe una situazione del tutto inaccettabile. Dobbiamo pertanto definire il termine “indipendente”. Indipendente da che cosa? Da interessi privati, sì; da interessi nazionali, sì; ma non dalla politica di bilancio e di economia generale dell’UE.

Il secondo problema è che Maastricht ha conferito al Consiglio la responsabilità nel campo della politica dei cambi, sebbene l’arma di tale politica sia il tasso d’interesse, e quest’ultimo è controllato dalla Banca centrale europea. Occorre quindi dire molto chiaramente che quando si tratta di tassi di cambio la Banca centrale europea deve subordinare il proprio tasso d’interesse alla politica di cambio definita dal Consiglio.

Il terzo punto è che sulla base della crisi dei subprime abbiamo imparato che è necessario distinguere tra vari tipi di prestito. Questo elemento non era tuttavia presente nel Trattato di Maastricht. Ritengo occorra dire con molta chiarezza che i prestiti richiesti per lo sviluppo sostenibile e per interventi concreti intesi a contrastare i cambiamenti climatici devono essere erogati a tassi d’interesse estremamente contenuti.

 
  
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  Mario Borghezio, a nome del gruppo UEN. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che le molte parole di tranquillità contenute nella corposa relazione che ci è stato presentata siano tranquillizzanti, ma fino a un certo punto: intanto perché basterebbe ascoltare, a fronte di questa relazione tecnica, confortata da ben 32 pagine di bibliografia, quello che qualunque cittadino potrebbe raccogliere, andando magari a parlare con le persone, con le casalinghe, con i pensionati in un mercato qualsiasi dell’Europa, nel mio paese o in Francia o altrove, e sentire che la gente non ce la fa ad arrivare alla fine del mese.

Allora bisogna cominciare a concentrarsi sui problemi dell’economia reale e sull’impatto che l’euro e le politiche della BCE hanno avuto nei confronti di chi lavora e produce, a cominciare da quel sistema delle piccole e medie imprese che soffre sotto il peso di politiche che sono ben lontane dall’essere non suscettibili da critiche anche puntuali, critiche costruttive, che è necessario fare nell’interesse dei nostri cittadini e dell’economia degli Stati membri.

Per esempio, io sottopongo due indicazioni: quella, rivolta alle banche, di una politica a favore di un credito selettivo, quindi a favore della produttività e del capitale e di chi lavora e produce; e poi di mantenere e garantire l’indipendenza del sistema delle banche popolari, territoriali, che con voto capitario negli statuti e con quote massime di proprietà sono un baluardo della difesa dell’economia reale.

Purtroppo, la politica della BCE – cui Maastricht ha dato la sovranità monetaria e quindi anche la sovranità economica sopra i nostri Stati – non sempre sembra rispondere con le sue scelte, per esempio mantenendo bassi o alti i tassi d’interesse, agli interessi diffusi della produzione reale e della produttività dei nostri paesi.

Io dico, quindi, che giudichiamo non positivamente l’adeguamento sul fatto che dall’entrata in vigore dell’euro sia raddoppiato il tasso di sconto, con costi di operazioni bancarie molto elevati, per esempio nel nostro paese. Non positivo è l’aver proseguito la politica di rarefazione della circolazione monetaria all’interno del mercato europeo realizzata con ogni mezzo – Basilea II docet – con il risultato di mortificare i consumi e l’interscambio interno del pur vasto mercato europeo.

Noi chiediamo come primo obiettivo di un’Europa quello di sottoporre la Banca centrale europea al controllo delle istituzioni politiche! Ci deve essere un controllo politico della Banca centrale europea perché la sua attività, perché la domanda – che i cittadini europei si pongono e noi da questi banchi ripetiamo – è: a chi giova la politica della Banca centrale europea? La risposta la lasciamo alla vostra riflessione!

 
  
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  Adamos Adamou, a nome del gruppo GUE/NGL. (EL) Signora Presidente, signor Commissario, onde confermare il successo delle politiche adottate, la relazione della Commissione sul nuovo ciclo della strategia di Lisbona pone un’indebita enfasi sul fatto che la crescita economica in Europa è aumentata dall’1,8 per cento del 2005 al 2,9 per cento del 2007, e che le previsioni per il 2008 sono del 2,4 per cento.

Ora è stata tuttavia apportata una correzione, come abbiamo sentito poc’anzi dal Commissario Almunia: quest’anno la crescita economica scenderà al 2 per cento e nel 2009 all’1,8 per cento.

Sottolineiamo questo dato in quanto dimostra chiaramente che cosa avviene in condizioni di mercati liberalizzati. Inevitabilmente, con l’Unione economica e monetaria e, ovvio, la globalizzazione neoliberale, è la crescita complessiva, e non tanto quella sporadica, a non essere in alcun modo una certezza perché i meccanismi applicati sono dettati esclusivamente da rigide forze di mercato. Nonostante gli interventi per contenere l’inflazione, che dovrebbe essere la priorità assoluta della Baca centrale europea (BCE), il tasso quest’anno raggiungerà il 3,6 per cento.

Cosa sta accadendo nel mondo? Potrebbe essere che proprio per i loro limitati scopi le procedure del laissez-faire stiano fallendo? Oggi che l’EMU esiste da 10 anni, si possono mettere in questione le cose a ragion veduta.

Che cosa possiamo sperare di guadagnare dal rigido conservatorismo del Patto di stabilità? Secondo quest’ultimo, tutti gli Stati membri devono partire da un piano di parità, i bilanci devono essere in equilibrio e il disavanzo deve essere ridotto annualmente, a prescindere dalla qualità di vita o se il disavanzo è già al di sotto del 3 per cento.

Quale prestazione sociale otterranno i giovani e i lavoratori se si insiste che la spesa sociale non deve aumentare, anche in periodi di prosperità? Quale quadro e quali politiche vengono attuati a favore dei lavoratori, il cui reddito minimo nella maggior parte degli Stati membri varia tra i 92 e i 668 euro, in un’epoca di aumenti dei prezzi a lungo termine e inflazione?

La disoccupazione è in calo rispetto al 1999. Si registra tuttavia un aumento addirittura superiore negli impieghi precari e non assicurati, che non solo non migliorano la qualità di vita della popolazione, ma la compromettono.

Oggi occorre un radicale cambio di rotta, abbandonando i quadri e le politiche perseguiti. Questo è quello che chiede a maggioranza della popolazione dell’UE, a fronte dei profitti pari a 4,2 milioni di euro l’ora di Shell e BP nell’interesse del cosiddetto libero mercato, mentre i lavoratori rimangono schiacciati da una sempre maggiore insicurezza del posto di lavoro e da un calo del valore reale dei salari.

 
  
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  Jens-Peter Bonde, a nome del gruppo IND/DEM. (DA) Signora Presidente, se avessimo dovuto escludere tutti i paesi che avevano violato le regole dell’unione monetaria, ben presto non sarebbero rimasti molti membri. L’inflazione è ora intorno al 3,6 per cento, anche se era stato promesso il 2 per cento. L’unione monetaria si basa su un piano sbagliato. L’obiettivo di inflazione è stato attinto dal modello tedesco, benché i tedeschi abbiano rispettato il criterio solo in 6 dei 30 anni precedenti l’introduzione dell’unione monetaria europea. Che pazzi! Come possiamo prendere seriamente un simile obiettivo e farne un dogma senza considerare altri traguardi? Il prezzo del denaro è un mezzo, non un fine. L’obiettivo della politica economica deve consistere nel creare piena occupazione e nel garantire che ognuno vada a casa con un salario anziché una prestazione.

La politica monetaria e valutaria deve aiutare le persone, non gettarle nella povertà. Negli Stati Uniti, il tasso annuo di crescita dal 1990 al 2007, in un arco di tempo di 17 anni, è stato del 2,9 per cento, mentre nell’UE era di appena il 2 per cento. All’interno dell’unione monetaria, ogni singolo cittadino avrebbe potuto essere più ricco di 38 000 euro con una politica diversa se il tasso di crescita in Europa avesse solo uguagliato quello degli Stati Uniti prima dell’ultima crisi. E’ davvero un prezzo molto alto da pagare per un progetto ideologico inteso a eliminare le monete nazionali. Dobbiamo avere uno Stato comune con un governo comune e un parlamento comune responsabili della politica economica per tutti, oppure dobbiamo permettere ai singoli paesi di gestire le proprie valute e di accontentarsi di una moneta comune con cui finanziare gli scambi transfrontalieri. Questa è la lezione da trarre dal fiasco dell’unione monetaria.

In assenza di riforme, non è difficile prevedere lo sfacelo dell’unione monetaria. Forse sarà l’Italia di Berlusconi che cadrà per prima e dovrà rispolverare la lira. Mi fa piacere che in Danimarca abbiamo ancora la buona vecchia corona! Tutte le dichiarazioni dei nostri politici riguardo alle difficoltà economiche che emergerebbero se rifiutassimo l’euro si sono dimostrate fasulle. I danesi hanno votato “no” il 2 giugno 1992. Abbiamo di nuovo votato “no” il 28 settembre 2000. Mi chiedo se, qualora non votassimo “no” per la terza volta, i politici proporranno di prendere i soldi da noi.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, è giusto celebrare l’introduzione della moneta unica europea come una storia di successo. Anche se alcuni aspetti sono già stati menzionati, rimane una serie di punti interrogativi, di cui vorrei citarne due.

Innanzi tutto, c’è un paese nell’Unione europea che, a differenza di molti dei paesi candidati all’epoca, ha deciso deliberatamente di non aderire, una scelta che ha il diritto di fare, conformemente alle disposizioni dell’attuale Trattato. Lasciamo che i britannici stiano sulla loro isola. C’è tuttavia un altro paese, la Svezia, che non si è avvalsa di questa facoltà nelle sue condizioni di adesione, ma si è costantemente comportato come se, al pari del Regno Unito, avesse il diritto di decidere in merito all’introduzione dell’euro e all’adesione all’area dell’euro. Questa situazione contrasta con il processo intrapreso al tempo. Forse è necessario dare una sistemata anche qui.

 
  
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  Monika Beňová (PSE).(SK) Desidero ringraziare la Commissione e il Commissario sia da parte mia che a nome del governo della Repubblica di Slovacchia per la posizione positiva assunta oggi dall’Esecutivo nei confronti di tale paese.

Il governo della Repubblica slovacca ha adottato un approccio responsabile non solo per soddisfare i criteri obbligatori, ma anche per garantire un passaggio indolore all’introduzione definitiva dell’euro prevista per il 1° gennaio 2009, nonché una sostenibilità continua di detti criteri.

A tale riguardo, mi sento tenuta a rispondere alle osservazioni formulate dall’onorevole Langen. Onorevole Langen, se altri paesi dell’area dell’euro vantassero una disciplina di bilancio pari a quella della repubblica slovacca e anche solo la metà del tasso di crescita economica, l’euro avrebbe potuto essere anche una moneta più forte, per non parlare delle misure restrittive in materia di accesso al mercato del lavoro che alcuni Stati continuano ad applicare nei confronti di alcuni nuovi Stati membri dell’UE. Se si eliminassero queste limitazioni, forse potremmo parlare di migliori previsioni economiche per l’UE.

 
  
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  Olle Schmidt (ALDE). (SV) Signora Presidente, signor Commissario, non ho la minima difficoltà a unirmi al coro di congratulazioni per l’euro e i suoi primi dieci anni di circolazione. Pochi, se ce n’erano, poteva pensare che l’introduzione dell’euro sarebbe stata in generale ben accolta, come è ora. L’onorevole Bonde è un uomo coraggioso. E’ un collega affabile e capace, ma è in errore riguardo alla maggior parte delle cose, e sbaglia completamente in questo caso specifico. Signora Presidente, signor Commissario, coloro che predicevano la catastrofe sbagliavano. L’euro è un clamoroso successo. Sulla scia della crisi finanziaria, la BCE ha dimostrato che cosa significa essere in grado di intervenire collettivamente e in tempi rapidi, anche più velocemente della Federal Reserve di Washington. Questa è pertanto un’altra medaglia al merito.

Al mio collega tedesco che ha menzionato la Svezia non posso dire altro se non che concordo sul fatto che non vada bene. Mi auguro che nell’arco di cinque anni il mio paese, la Svezia, diventi membro a pieno titolo dell’Unione economica e monetaria. Personalmente gradirei davvero che il paese indicesse un nuovo referendum nell’autunno del 2010 o nella primavera del 2011. Posso promettere al Commissario e ad altri deputati che farò tutto il possibile affinché la Svezia introduca l’euro. Sarebbe un risultato positivo per la Svezia e per l’UE.

 
  
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  Othmar Karas (PPE-DE).(DE) Signora Presidente, signor Commissario, il mandato fondamentale dell’euro è stato più che rispettato. L’euro e il mercato interno sono la nostra migliore risposta alla globalizzazione. L’euro fa del mercato interno il mercato nazionale e l’euro, la bandiera e l’inno costituiscono i tre simboli che cementano la nostra identità. I criteri di Maastricht e il Patto di stabilità e di crescita hanno giustificato le necessarie riforme negli Stati membri e hanno sostenuto e quindi reso possibile la storia di successo dell’euro.

In conclusione, desidero tuttavia soffermarmi su due punti: i criteri devono essere rispettati, e alla Slovacchia deve essere riservato lo stesso trattamento della Lituania. Non dobbiamo suscitare l’impressione, a ogni singola decisione, di non interpretare i criteri con coerenza.

Quello che affermiamo in quest’Aula non è saldamente ancorato nelle coscienze dell’opinione pubblica. Mi piacerebbe vedere una campagna pubblicitaria sui “Dieci anni dell’euro” che evidenzi i vantaggi dell’euro per i cittadini degli Stati membri, e invito la Commissione, la BCE e gli Stati membri a comunicare quest’anno ai cittadini in termini concreti il valore addizionale dell’euro.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE).(SK) Oggi celebriamo il decimo anniversario dell’introduzione dell’euro come moneta unica. E’ un giorno importante per la Repubblica slovacca, che con ogni probabilità inizierà a usare tale valuta il 1° gennaio 2009. Nella sua relazione sulla convergenza la Commissione afferma che la Repubblica slovacca ha soddisfatto i criteri di Maastricht in modo sostenibile e ne raccomanda l’adesione all’area dell’euro quale sedicesimo membro a partire da gennaio 2009.

Vorrei cogliere questa occasione per sottolineare che alla Repubblica slovacca è stata offerta l’opportunità di diventare membro dell’area dell’euro in seguito alle importanti riforme adottate dall’ex governo slovacco guidato da Mikuláš Dzurinda. Confido nel fatto che anche l’attuale governo prenda seriamente le raccomandazioni formulate dalla Commissione e faccia tesoro dell’esperienza slovena. Ritengo altresì che la Repubblica slovacca riuscirà a superare lo scetticismo espresso nel dibattito odierno dall’onorevole Langen.

Sono fermamente convinta che le storie di successo riportate dal Commissario Almunia apporteranno una ventata di ottimismo al popolo slovacco. La Repubblica slovacca apprenderà dalle esperienze di Malta e Cipro con un’inflazione al momento dai dati apparentemente stabili.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE). (LT) Dieci anni sono un periodo abbastanza lungo per poter valutare i vantaggi – o la loro mancanza – dell’Unione economica e monetaria. E’ oggi possibile vederne i pro, nonché i contro e i difetti.

Desidero richiamare l’attenzione sui criteri di Maastricht, il cui quadro teorico fu sviluppato prima di quello dell’Unione economica e monetaria. Oggi questi criteri sono davvero obsoleti. Il fattore di stabilità e crescita è stato rivisto, in quanto nessuno dei paesi è riuscito a rispettarlo. Durante il periodo di applicazione di tali criteri non un paese dell’area dell’euro è riuscito a soddisfarne effettivamente uno solo.

Vorrei anche menzionare i nuovi Stati membri, a cui nel settore finanziario vengono applicati requisiti rigidi. Per quanto riguarda l’inflazione, i tassi stabiliti erano puramente teorici e non conformi alle attuali realtà. Il processo di fissazione del tasso di inflazione basato su paesi non aderenti all’area dell’euro non è in effetti corretto e dovrebbe essere riesaminato.

 
  
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  Gerard Batten (IND/DEM).(EN) Signora Presidente, non è possibile conciliare i problemi economici di base dell’euro. Nel lungo periodo, è inammissibile avere un tasso d’interesse comune per una moltitudine di economie nazionali con capacità diverse. E’ impossibile avere un tasso di cambio esterno comune per una varietà di economie con andamenti diversi. E’ fattibile nel breve periodo e persino nel medio, ma alla fine queste contraddizioni economiche inconciliabili stroncheranno la moneta singola europea. Questa situazione non tiene neanche conto dei processi decisionali antidemocratici e irresponsabili adottati dalla Banca centrale europea. Incombe la minaccia di una crisi economica e, nel momento in cui se ne scateni alla fine una abbastanza consistente, distruggerà la moneta singola europea.

 
  
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  Zsolt László Becsey (PPE-DE).(HU) Grazie, signora Presidente, innanzi tutto, congratulazioni per il decimo compleanno dell’Unione economica e monetaria. L’euro è stato un successo: è stata adottata una valuta stabile con un basso tasso di interesse, un’operazione efficace per contrastare la speculazione, e dall’introduzione dell’euro siamo stati in grado di creare molti più posti di lavori rispetto al passato. Lo sappiamo. E’ il motivo per cui l’euro è interessante per i paesi che hanno aderito all’Unione europea ma non sono ancora membri della zona euro. La disciplina è di vitale importanza al pari dell’indipendenza delle banche centrali, ne convengo. Tuttavia, l’area dell’euro non dovrebbe essere un club elitario, un club politico d’élite, e noi non dovremmo affermare che l’adesione è aperta solo ai paesi che hanno già attuato parte della convergenza in termini reali. L’euro è infatti uno strumento che potrebbe essere particolarmente positivo per quei paesi che necessitano disperatamente di stabilità, coesione, nonché di misure per lottare contro la speculazione e combattere la disoccupazione al fine di diventare autenticamente europei. Per questa ragione, usiamo cautela rispetto ai principi di ortodossia, anche riguardo al criterio di inflazione. E’ assolutamente cruciale stabilire i criteri secondo regole uniformi. Molte grazie, signora Presidente.

 
  
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  Antolín Sánchez Presedo (PSE).(ES) Signora Presidente, desidero associarmi a questi festeggiamenti dell’euro, uno dei più straordinari risultati del processo di integrazione europea.

L’Europa ha impiegato 40 anni per avere una Banca centrale, ma non dobbiamo dimenticare che gli Stati Uniti ne hanno impiegati 140 dall’indipendenza.

I risultati sono stati estremamente positivi, come ha sottolineato il Commissario, in termini di stabilità macroeconomica, posti di lavoro, potere di acquisto, coesione europea e anche vantaggi per gli Stati che non aderiscono all’area dell’euro, e ci ha conferito maggiore capacità politica.

Guardando al futuro, condivido quanto ha affermato il Commissario: per affrontare le sfide poste da globalizzazione, invecchiamento della popolazione e cambiamenti climatici, dal punto di vista interno dovremo accogliere i nuovi paesi, migliorare il coordinamento per far sì che la strategia di Lisbona diventi una realtà e apportare cambiamenti al fine di controllare la stabilità dei mercati di capitali.

Per quanto riguarda il contesto esterno, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità in quanto nuovo attore globale. Anche l’area dell’euro è destinata a essere il motore trainante della prossima fase dell’integrazione comunitaria.

 
  
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  Zbigniew Zaleski (PPE-DE).(PL) Signora Presidente, se l’introduzione dell’euro è stata un successo e ha significato tali vantaggi pratici ed economici, mi chiedo – e qui mi rivolgo al Commissario Almunia – se non varrebbe la pena investire qualche euro nell’educazione, nella prospettiva di sollecitare i nuovi Stati membri a farsi coinvolgere anche maggiormente in questa area comune dell’euro quanto prima. Come dicevano i latini, bona pecunia non olet, o, per usare un eufemismo, i soldi buoni odorano ma non puzzano, così, chissà, forse persino i britannici finiranno per pensare che potrebbe essere una buona idea introdurre l’euro, dal momento che porta con sé una tale abbondanza di vantaggi.

 
  
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  Joaquín Almunia, Membro della Commissione. (ES) La ringrazio molto, signora Presidente, e ringrazio molto anche tutti i deputati che sono intervenuti in questo dibattito.

Apprezzo molto i commenti espressi riguardo all’iniziativa e al lavoro della Commissione che vi ho presentato qui oggi e su cui senza dubbio continueremo a confrontarci nei mesi a venire.

L’euro, l’Unione economica e monetaria – come molti di voi hanno evidenziato nei rispettivi interventi – è un sogno diventato realtà, e questo è avvenuto nell’arco di dieci anni.

Ritengo che vi sia motivo di ringraziare coloro che hanno lanciato questa iniziativa nei primi decenni dell’integrazione europea: Pierre Werner nel 1970, per la prima relazione sull’Unione economica e monetaria, Valéry Giscard d’Estaing e Helmut Schmidt negli anni settanta e ottanta; naturalmente Jacques Delors e tutti coloro che hanno collaborato con lui e si sono impegnati per rendere possibile il Trattato di Maastricht e la stessa idea dell’Unione economica e monetaria che stiamo sviluppando.

Vi è motivo per essere soddisfatti non solo perché abbiamo trasformato in realtà il loro sogno, ma perché questa realtà ci sta dando risultati che i cittadini comuni possono apprezzare.

Alcuni di voi hanno accennato ai risultati tra i cittadini e nell’economia reale: che cosa comprenderà la gente al di fuori di questa sede? Il pubblico capisce molto meglio di quanto alcuni di noi immaginino che, grazie all’euro e all’integrazione europea, oggi nell’area dell’euro ci sono sedici milioni di posti di lavoro in più rispetto a dieci anni fa. Sedici milioni di impieghi in più. Nell’area dell’euro è stata creata molta più occupazione che negli Stati Uniti. Nella zona euro la creazione di posti di lavoro è stata maggiore di cinque volte dall’introduzione della moneta unica rispetto al decennio precedente l’esistenza di tale valuta.

Il pubblico lo capisce perfettamente. I cittadini lo capiscono molto bene, proprio come comprendono e ci chiedono, riguardo all’attuale situazione, con importanti sfide e contesti molto tesi e difficili nei mercati e nell’ambiente economico, di non restare inattivi e di continuare a prendere iniziative.

Ora che disponiamo degli strumenti per l’integrazione economica, dobbiamo usarli: quelli che sono previsti dal trattato, quelli stabiliti dieci anni fa sulla base dei risultati conseguiti e della nostra esperienza di quale difficoltà comporti raggiungere certi obiettivi.

Dobbiamo coordinare meglio le politiche economiche, non solo le politiche di bilancio. Questo è l’aspetto di cui parliamo quando discutiamo della strategia di Lisbona; ma in particolare, quando parliamo dell’area dell’euro dobbiamo riferirci alle esigenze specifiche di tale zona, sia in termini di coordinamento delle politiche di bilancio che in termini di coordinamento delle riforme strutturali, la cui attuazione è essenziale affinché l’area dell’euro funzioni a dovere e ottenga validi risultati dal punto di vista di occupazione, crescita, aumenti contenuti dei prezzi e maggiori opportunità per i cittadini, per coloro che noi rappresentiamo.

Ci sono stati indubbiamente alcuni risultati, e non dobbiamo nasconderli.

Ad esempio, un risultato è che tutti i disavanzi eccessivi nell’area dell’euro sono stati corretti. Oggi la Commissione ha anche approvato l’abrogazione della procedura per i disavanzi eccessivi a carico di Portogallo e Italia. Nell’area dell’euro non vi sono paesi con un disavanzo superiore al limite fissato nel Trattato e dal Patto di stabilità e di crescita.

Solo alcuni anni fa, quando discutevamo qui della riforma del Patto di stabilità e di crescita, molti di voi non potevano immaginarlo, ma il successo del Patto di stabilità e degli impegni assunti dai governi degli Stati membri dell’area dell’euro portano a questo risultato di assenza di disavanzi eccessivi.

Vi sono tuttavia cose importanti da fare, e dobbiamo farle. E’ questo su cui verte l’iniziativa in oggetto: metterci di nuovo in movimento, e vi fornirò un elenco di temi da affrontare in sede di parlamento e di Eurogruppo, e sono d’accordo con coloro tra voi che hanno affermato che il lavoro dell’Eurogruppo riveste una straordinaria importanza e che l’operato svolto sotto la presidenza di Jean-Claude Juncker è estremamente positivo. Occorre dibattere questo aspetto nei parlamenti, con l’opinione pubblica e con i governi degli Stati membri, e dobbiamo dialogare con la Banca centrale europea senza timore, con rispetto e soddisfazione, considerato il modo in cui la BCE esercita la propria indipendenza. E’ una banca incredibilmente efficace, benché sia molto giovane rispetto alla Banca d’Inghilterra, alla Federal Reserve, alla Banca del Giappone o a qualsiasi altra banca centrale.

Due ultime osservazioni. Innanzi tutto, per quanto riguarda i paesi che non aderiscono, e non sembra intendano entravi, all’area dell’euro. Non mi riferisco ai paesi candidati che faranno il loro ingresso nei prossimi anni, a patto che soddisfino le condizioni, ma a quegli Stati che hanno deciso in virtù di una clausola opt-out o tramite un referendum di non volervi far parte.

Alcuni di voi hanno affermato che l’area dell’euro avrà problemi in futuro. Secondo me saranno coloro che non vogliono aderire all’area dell’euro che avranno problemi.

Nell’economia globale, quelli che soffriranno le conseguenze dell’isolamento sono coloro che vogliono essere isolati. Chi si integra, chi è disposto a condividere e a definire di concerto la propria politica economica prenderà le decisioni corrette, le decisioni giuste, e beneficerà dei vantaggi dell’integrazione a favore dei propri cittadini.

 
  
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  Presidente. – La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Le proiezioni di crescita economica della UE per i prossimi anni indicano un rallentamento preoccupante del nostro sistema produttivo. Dal 2,8% del 2007 la crescita dell’economia UE diminuirà di un punto in un biennio: passando al 2.0% nel 2007 e all’1.8 % nel 2008. Di certo tale battuta di arresto non trae origine soltanto dal mercato interno europeo bensì da un rallentamento delle attività economiche globali, condizionato dalla difficile situazione americana e dall’aumento dei prezzi delle materie prime.

La Commissione a tal proposito prevede per il prossimo futuro un picco di inflazione imposto dal rapido incremento dei prezzi di prodotti alimentari, energetici e delle materie prime. Tale fenomeno risulta particolarmente preoccupante, poiché ricadendo direttamente sulle abitudini di vita dei nostri cittadini comporta una diminuzione del potere di acquisto. D’altro canto questo fenomeno costituisce un onere aggiuntivo per le nostre imprese che perdono progressivamente forza competitiva nei confronti delle nuove economie emergenti. Nonostante ciò, in riferimento all’obiettivo “occupazione” della Strategia di Lisbona, si riscontrano segnali positivi essendo ormai 4 milioni i nuovi posti di lavoro in Europa.

Il nostro impegno, tuttavia, sarà quello di verificare se questa "nuova" dinamicità del mercato del lavoro sia di fatto attribuibile a lavori precari, considerando che gli effetti di tali dati risultano incidere positivamente sulle economie soltanto nel momento in cui siano in grado di creare aspettative di stabilità.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. (PT) Fa impressione sentire la Commissione e i principali responsabili dell’Unione europea parlare ancora dei successi dell’area dell’euro, benché proprio le statistiche dimostrino l’opposto, sia in termini di crescita economica che di qualità della vita dei cittadini europei. Chiaramente, i successi in questione riguardano l’aumento dei profitti e i favolosi guadagni che i gruppi finanziari ed economici hanno realizzato nel corso di questi primi 10 anni di Unione economica e monetaria.

E’ tuttavia inaccettabile che sistematicamente dimentichino l’acuirsi delle disparità sociali, l’aumento del lavoro precario e mal retribuito che getta sempre più milioni di lavoratori nella povertà, aggravandone così l’ulteriore sfruttamento e privandoli delle condizioni che garantiscono ai loro figli una vita dignitosa.

Non deve pertanto stupire che il piano presentato dalla Commissione europea sia la stessa terapia di sempre solo un po’ più energica: più controlli economici per garantire maggiore competitività e stabilità finanziaria per i gruppi economici, vigilanza di bilancio rafforzata al fine di accelerare la liberalizzazione dei servizi pubblici e più pressione e controlli onde evitare aumenti delle retribuzioni.

Questa situazione si tradurrà in una più forte tensione sociale e in più battaglie condotte per proteggere i diritti sociali e dei lavoratori e per impedire un maggiore sfruttamento.

 
  
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  Diamanto Manolakou (GUE/NGL), per iscritto. (EL) Gli obiettivi antipopolari e antilavoratori del Trattato di Maastricht sono sfociati nella creazione dell’UEN e dell’euro, spianando il terreno al reazionario Trattato di Lisbona e un peggioramento degli attacchi ai diritti dei lavoratori nonché alle libertà.

Il centrodestra e il centrosinistra hanno ratificato queste decisioni dell’UE e del governo. In Grecia, i partiti Nuova democrazia, PASOK e Coalizione di sinistra hanno votato a favore del Trattato di Maastricht. L’organizzazione di eventuali consultazioni referendarie è stata rifiutata. Questo atteggiamento serve in modo encomiabile gli interessi capitalisti e dimostra in quale misura i capitalisti temano la reazione dei cittadini.

Trasferire un meccanismo chiave di politica economica dagli Stati membri al controllo della BCE ha aiutato i capitalisti a ridurre i costi del lavoro e a moltiplicare i profitti. La compressione sui salari, che la BCE ha incoraggiato dall’inizio del proprio operato, si è tradotta in una vertiginosa caduta del potere d’acquisto dei lavoratori, in un rapido peggioramento del livello di vita delle famiglie della classe lavoratrice e nella povertà.

Nella maggior parte dei paesi, l’UEM e l’euro sono sempre più messi in discussione. Gli argomenti a favore di stabilità dei prezzi, protezione delle economie e così via si son dimostrati un’impostura. L’euro protegge solo i profitti dei monopoli, agevola privatizzazione e fusioni e spiana addirittura la strada a un maggiore sfruttamento.

 
  
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  Cătălin-Ioan Nechifor (PSE), per iscritto. – (RO) La creazione dell’Unione economica e monetaria (UEM) ha determinato non solo la costruzione di un semplice spazio di libero scambio a livello dell’Unione, ma ha anche conferito all’Unione maggiore potere politico sulla scena internazionale, ha imposto i criteri che hanno portato alla riunificazione del continente e all’introduzione della moneta unica – l’euro, che può competere con il dollaro americano.

L’aspetto positivo dell’UEM è di aver garantito tassi di interesse e di inflazione contenuti a vantaggio di consumatori e imprese e di aver incoraggiato la solidità e la vitalità delle finanze pubbliche, mentre l’introduzione della moneta unica ha significato la scomparsa dei costi legati allo scambio estero e ha facilitato il commercio e l’equivalenza dei prezzi nei paesi che al momento rappresentano la zona dell’euro.

Oggi l’Europa si accinge a celebrare un decennio dall’adozione della moneta unica e, anche se gli Stati meridionali dell’UE hanno dovuto affrontare una serie di difficoltà in seguito all’introduzione di tale valuta, le autorità non si sono ancora lamentate. La spiegazione degli analisti è che, nonostante i cambiamenti sul mercato finanziario statunitense, l’Europa è rimasta stabile. Vorrei anche aggiungere che il successo dell’euro può essere dimostrato dal fatto che i danesi, che all’inizio si sono opposti all’introduzione della moneta unica, ora la vogliono.

Per quanto riguarda la Romania, l’euro rimane al momento un importante obiettivo e sono necessari ancora notevoli sforzi per soddisfare i criteri d convergenza e rafforzare la competitività delle imprese rumene sul mercato unico.

 
  
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  Esko Seppänen (GUE/NGL), per iscritto. – (FI) All’adesione della Finlandia all’UE è seguito un referendum. All’epoca l’élite politica promise ai cittadini una nuova consultazione referendaria se la Finlandia avesse rinunciato alla propria valuta, il marco. La promessa non fu mantenuta – a differenza di quanto avvenuto in Svezia – e molti finlandesi chiesero di riavere la propria moneta.

L’euro è stato un successo nel senso che i turisti possono usare la stessa valuta in tutti i paesi dell’UEM e confrontare i prezzi. Il contante per viaggiare non è tuttavia la vera essenza dell’Unione economica e monetaria: è la politica monetaria comune. Quest’ultima non ha dimostrato lo stesso genere di successo a causa della dimensione dell’area dell’euro e della differenza nelle sue economie.

Innanzi tutto, la moneta è stata svalutata di un terzo rispetto al dollaro, operazioni a cui è seguita una rivalutazione di due terzi. Gli effetti dell’UEM dovrebbero essere valutati anche in termini di politica comune dei tassi di interesse, che in molti paesi si è tradotta in prezzi gonfiati del mercato immobiliare.

 
  
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  Winkler, Iuliu (PPE-DE), per iscritto. – (RO) Il 2008 segna la celebrazione dei 10 anni della creazione della Banca centrale europea (BCE), uno dei progetti più audaci della costruzione europea. A distanza di 10 anni dalla sua istituzione, i risultati ottenuti dall’Unione economica e monetaria rappresentano successi indiscutibili. L’uso esclusivo di criteri economici alla base delle decisioni della BCE e l’eliminazione di qualsiasi influenza politica nel processo decisionale hanno determinato il successo di tale progetto che ha apportato vantaggi alle economie degli Stati membri partecipanti.

Con l’adesione all’UE, sia il governo che la Banca centrale della Romania hanno valutato le prospettive per il paese di entrare nel 2014 nell’UEM. L’adozione dell’euro in Romania implica prima la partecipazione al Meccanismo di cambio (ERM II) per due anni, ossia a partire dal 2012.

Affinché queste scadenze restino obiettivi raggiungibili, dobbiamo proseguire gli interventi volti a coordinare le politiche fiscali del governo con le politiche monetarie della banca centrale e questo richiede moderazione e prudenza nell’esecuzione del bilancio. Al fine di mantenere l’inflazione entro i parametri proposti dalla NBR dobbiamo evitare le tentazioni specifiche degli anni elettorali. La politica in materia di inflazione perseguita dalla NBR deve essere sostenuta dalla stabilità fiscale, da decisioni responsabili in seno al parlamento della Romania e da un’esecuzione di bilancio equilibrata ed efficace a livello di tutte le istituzioni statali.

 
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