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Resoconto integrale delle discussioni
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Martedì 20 maggio 2008 - Strasburgo Edizione GU
1. Apertura della seduta
 2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale
 3. Seguito dato alle risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale
 4. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale
 5. Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (discussione)
 6. Progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione (discussione)
 7. Una politica marittima integrata per l’Unione europea (discussione)
 8. Tempo delle votazioni
  8.1. Corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli Stati membri (A6-0132/2008, Jan Andersson) (votazione)
  8.2. Semplificazione delle procedure di redazione degli elenchi e di diffusione dell’informazione in campo veterinario e zootecnico (A6-0160/2008, Neil Parish) (votazione)
  8.3. Restituzione di beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (versione codificata) (A6-0152/2008, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) (votazione)
  8.4. Creazione dell’impresa comune “Celle a combustibile e idrogeno” (A6-0145/2008, Pia Elda Locatelli) (votazione)
  8.5. Fondo comunitario del tabacco (A6-0164/2008, Sergio Berlato) (votazione)
  8.6. Valutazione del programma PEACE e strategie per il futuro (A6-0133/2008, Bairbre de Brún) (votazione)
  8.7. Statistiche sulle carni e sul bestiame (A6-0130/2008, Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf) (votazione)
  8.8. Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (A6-0172/2008, Anne Van Lancker) (votazione)
  8.9. Stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2009 (A6-0181/2008, Janusz Lewandowski) (votazione)
  8.10. Commercio di materie prime e prodotti di base (A6-0134/2008, Jens Holm) (votazione)
  8.11. Strategia per le regioni ultraperiferiche: realizzazioni e prospettive (A6-0158/2008, Margie Sudre) (votazione)
  8.12. Strategia per la politica dei consumatori dell’Unione europea 2007-2013 (A6-0155/2008, Lasse Lehtinen) (votazione)
  8.13. Progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione (A6-0159/2008, Elizabeth Lynne) (votazione)
  8.14. Politica marittima integrata per l’Unione europea (A6-0163/2008, Willi Piecyk) (votazione)
 9. Dichiarazioni di voto
 10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
 11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale
 12. Società di compilazione degli elenchi fraudolente (per esempio “European City Guides”) (discussione)
 13. Condizioni da osservare per esercitare l’attività di trasportatore su strada – Accesso al mercato di servizi di trasporto effettuati con autobus (rifusione) – Accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (rifusione) (discussione)
 14. Situazione dei rom in Italia (discussione)
 15. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
 16. Comunicazione della Presidenza: vedasi processo verbale
 17. Composizione dei gruppi politici: vedasi processo verbale
 18. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale
 19. Servizi mobili via satellite (discussione)
 20. Donne e scienza (discussione)
 21. Divieto di esportazione e di stoccaggio in sicurezza del mercurio metallico (discussione)
 22. Libro verde su una migliore demolizione delle navi (discussione)
 23. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale
 24. Chiusura della seduta


  

PRESIDENZA DELL’ON. MARIO MAURO
Vicepresidente

 
1. Apertura della seduta
  

(La seduta è aperta alle 9.00)

 

2. Presentazione di documenti: vedasi processo verbale

3. Seguito dato alle risoluzioni del Parlamento: vedasi processo verbale

4. Discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (comunicazione delle proposte di risoluzione presentate): vedasi processo verbale

5. Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (discussione)
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  Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Van Lancker, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sulla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione [COM(2007)0803 Parte V – C6-0031/2008 – 2007/0300(CNS)] (A6-0172/2008).

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, la relazione strategica della Commissione del dicembre 2007 ha trasmesso un messaggio molto positivo, che ha ricevuto l’appoggio del Consiglio europeo nel Vertice di primavera del marzo 2008. I risultati della strategia di Lisbona, in forma rinnovata nel 2005, sono già visibili adesso, alla fine del primo dei tre anni di ciclo. La crescita economica e occupazionale è impressionante. Molti indicatori indicano il fatto che le riforme strutturali hanno iniziato a produrre risultati.

Anche se tutti gli Stati membri hanno attuato le riforme dal 2005, alcuni lo hanno fatto meglio di altri. Nello scorso anno è diventato evidente un grado di fatica in questo settore. Tuttavia, l’Europa non deve fermarsi o rallentare il passo. Al contrario, è necessario continuare con l’attuazione delle riforme, preferibilmente con maggiore entusiasmo.

E’ questa l’idea dietro la proposta della Commissione per quanto riguarda il mantenimento degli orientamenti integrati fondamentali, inclusi quelli relativi all’occupazione, nella loro forma attuale fino al 2010. La Commissione crede fermamente che tali orientamenti fondamentali forniscano un quadro appropriato per le incombenze correnti del mercato europeo del lavoro, e che servano allo scopo. Il Consiglio europeo ha sostenuto questa iniziativa nel suo Vertice di primavera scegliendo un approccio generale basato sulla stabilità. Gli Stati membri devono ottenere la possibilità di completare le riforme che hanno avviato, nonché di conoscere un termine ultimo entro il quale rendere noti i risultati di tali riforme.

La Commissione ha inoltre ritenuto fosse necessario proporre modifiche, concentrandosi su certi aspetti importanti da affrontare nel prossimo futuro: cambiamenti climatici, energia, dimensione sociale e flessicurezza. La Commissione ha altresì espresso il suo desiderio di porre più attenzione alla necessità di una maggiore integrazione e un’attuazione più rigorosa. Di conseguenza, nel testo degli orientamenti fondamentali sono stati inclusi gli obiettivi concordati e i livelli di riferimento.

 
  
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  Anne Van Lancker, relatrice. − (NL) Innanzi tutto consentitemi di ringraziare i deputati con cui ho lavorato su questa relazione per la loro eccellente collaborazione. E’ mia convinzione che siano stati proposti pochi emendamenti ai dettagli della relazione, tuttavia, signor Commissario, il messaggio deve essere chiaro: il Parlamento europeo non accetterà una “ordinaria amministrazione” in merito alla strategia europea per l’occupazione.

E’ vero che c’è ancora molto lavoro da svolgere negli Stati membri al fine di applicare gli orientamenti, ma è anche vero che tali orientamenti devono essere adattati per porre rimedio ad alcune carenze materiali. Vorrei citare tre elementi. Primo, la strategia per l’occupazione deve essere dotata di una dimensione sociale più marcata. Esistono ancora troppi gruppi nella società che non godono dei vantaggi in termini di crescita e posti di lavoro. Disabili, migranti e lavoratori semiqualificati o non specializzati sono tuttora troppo spesso abbandonati al loro destino, mentre abbiamo bisogno di tutti nella società e sul mercato del lavoro. Per questo motivo, la strategia per l’occupazione deve anche promuovere un’integrazione sociale attiva al fine di combattere la povertà e l’esclusione sociale offrendo un reddito dignitoso e servizi di qualità, insieme a una politica attiva di assistenza alla ricerca di posti di lavoro e formazione.

Secondo, la qualità del lavoro. Chiaramente, sono stati creati maggiori posti di lavoro, ma per questa ragione non sempre si è trattato di migliori posti di lavoro. Troppe persone restano vincolate contro la loro volontà a contratti precari, posti di lavoro temporanei, attività involontarie a tempo parziale o che di frequente garantiscono soltanto una retribuzione insufficiente. Perciò, occorre prestare maggiore attenzione alla qualità del lavoro, alle opportunità di migliorare in attività lavorative permanenti con un reddito sicuro. Devono essere decisamente incrementati gli sforzi per quanto riguarda la formazione e, soprattutto, essere concessi a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro condizione occupazionale, diritti sociali. La flessibilità non è l’unico elemento necessario sul mercato del lavoro, i lavoratori hanno bisogno anche di più sicurezza.

Terzo, la prospettiva di genere. Le donne hanno compiuto un grande avanzamento nel mercato del lavoro, eppure sono ancora lontane dal raggiungere pari opportunità. Il divario nella retribuzione è tuttora intollerabilmente ampio. Le donne non dispongono del medesimo accesso alla formazione, né delle stesse possibilità di dare vita a un’impresa. Quelle che vogliono tornare al lavoro dopo un congedo trovano sempre maggiori difficoltà. Superare gli ostacoli per riconciliare carriera e vita familiare rimane troppo spesso un problema esclusivamente femminile, e più volte ne subiscono le conseguenze sul proprio reddito durante il pensionamento. E’ per questo motivo che la strategia per l’occupazione deve dedicare particolare attenzione alla prospettiva di genere, al fine di eliminare tutte le disparità tra uomini e donne.

Infine, signor Commissario, onorevoli colleghi, l’impegno degli Stati membri e dell’Unione europea a rafforzare la normativa sociale configurerà o comprometterà la strategia per l’occupazione come modello. Mi auguro, quindi, che tutti i paesi membri dell’Unione europea recepiranno e applicheranno la normativa europea in modo coerente, e spero inoltre, signor Commissario, che la Commissione, in qualche mese, forse in qualche settimana, ci proporrà un’ambiziosa agenda sociale.

Mi auguro che l’incontro di giugno del Consiglio e Commissario e Commissione ascolteranno il nostro messaggio. A questo proposito, è deplorevole, signor Presidente, che non sia presente alcun rappresentante della Presidenza del Consiglio, poiché il messaggio in effetti è indirizzato soprattutto al Vertice del Consiglio di giugno, che deve prendere decisioni definitive in merito alla strategia per l’occupazione. Spero che qualcuno, per allora, riuscirà a trasmettere loro il messaggio del Parlamento.

 
  
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  Elisabeth Morin, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevole relatrice, innanzi tutto desidero ringraziare la relatrice, onorevole Anne Van Lancker, e i membri del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei per l’elevato livello di consultazione per cui ci siamo adoperati insieme al fine di elaborare questo testo, che riepiloga le nostre convinzioni comuni e il modo in cui vorremmo veder cambiare gli orientamenti per l’occupazione.

L’aumento dei posti di lavoro in Europa, secondo la strategia di Lisbona, d’ora in poi dovrebbe essere perseguito tenendo in considerazione i tre principali recenti o attuali cambiamenti. Questi sono la globalizzazione dell’economia, che costringe l’Europa a essere efficace da un punto di vista economico e dello sviluppo dell’occupazione; la flessicurezza, che è assolutamente necessaria per il progresso delle nostre aziende e quindi dell’occupazione; e, naturalmente la realizzazione di un’Europa sociale.

Per ottenere ciò, abbiamo introdotto tre particolari aspetti in questo aggiornamento degli orientamenti per l’occupazione.

Da un lato, è necessario lottare perché le persone smettano di abbandonare i sistemi educativi senza qualifiche. Abbandonare l’istruzione senza qualifiche implica essere poco preparati per l’integrazione in un’attività lavorativa e quindi non avere a disposizione le risorse a favore dell’inserimento sociale. Si tratta del nostro primo dovere e occorre lavorare davvero duramente in merito.

Il secondo aspetto di cui preoccuparci è il mantenimento e lo sviluppo dell’apprendimento permanente, che rappresenta l’unica via per garantire una continua occupabilità e mobilità dei lavoratori.

Il terzo aspetto riguarda la convalida dell’esperienza acquisita, che consente veramente ai lavoratori di avanzare di carriera, e permette inoltre alle imprese di adattarsi effettivamente ai nuovi requisiti.

Abbiamo raggiunto un accordo su tutti questi punti, e ringrazio pertanto i membri del gruppo PPE-DE per il loro sostegno nella votazione odierna.

 
  
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  Jan Andersson, a nome del gruppo PSE. – (SV) Signor Presidente, quando l’onorevole Anne Van Lancker ha iniziato a lavorare sulla risposta del Parlamento europeo, aveva programmato di concentrarsi su pochi aspetti importanti, poiché sapevamo che la Commissione e il Consiglio avrebbero proposto di non modificare per nulla gli orientamenti. La nostra tattica era incentrarsi su aspetti minimi nella speranza che potessero ascoltare almeno parte di ciò dovevamo dire.

Non è stato così. Anche se l’approccio di base è lo stesso, ora abbiamo una moltitudine di emendamenti, anziché pochi. Ritengo sarebbe stato meglio concentrarsi sulle parole dell’onorevole Van Lancker, ovvero di integrare con chiarezza la dimensione sociale, una politica per tutti quelli che sono esclusi dal mercato del lavoro e che non godono di prosperità. Malgrado una tendenza favorevole all’occupazione, notiamo che numerosissimi nuovi posti di lavoro sono precari e non forniscono mezzi di sostentamento. L’occupazione non offre sicurezza. E la discussione che abbiamo condotto sulla flessicurezza dovrebbe essere riflessa più decisamente negli orientamenti siccome è durata per molti anni. Lo stesso vale per le questioni di uguaglianza.

Il fatto che il Consiglio non sia presente in Aula, purtroppo, è perché non ascolta nulla di ciò che il Parlamento deve dire. Agiranno esattamente come avevano deciso in precedenza. Ritengo che nel Parlamento europeo nel corso del prossimo processo triennale di revisione dobbiamo considerare molto seriamente di modificare la nostra tattica e il modo in cui operiamo, cosicché il Parlamento abbia un’influenza reale in merito a come devono essere gli orientamenti in futuro.

 
  
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  Ona Juknevičienė, a nome del gruppo ALDE. – (LT) Le mie congratulazioni alla relatrice, l’onorevole Van Lancker, per aver elaborato questa significativa relazione. Desidero inoltre ringraziare la relatrice per la sua utile cooperazione e comprensione nell’approvazione degli emendamenti. Ritengo che questo documento sia dotato del giusto equilibrio e mi auguro che otterremo il sostegno della maggioranza nella votazione di domani.

Desidero richiamare la vostra attenzione sul fatto che la comunicazione della Commissione al Consiglio contiene una proposta estremamente gradita che incoraggerebbe lo sviluppo del mercato e accrescerebbe l’occupazione.

Si tratta della libera circolazione delle conoscenze, che si aggiungerebbe alle quattro libertà fondamentali: la libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali. Questa quinta libertà dovrebbe contribuire ad accelerare il passaggio a un’economia moderna e creativa della conoscenza. A sua volta, rafforzerebbe il triangolo della conoscenza costituito da ricerca scientifica, istruzione e innovazione all’interno dell’UE.

L’iniziativa proposta dalla Commissione è indubbiamente molto valida. Tuttavia, nessuno discuterà la rilevanza delle quattro libertà originali nell’incrementare l’occupazione.

Ciononostante, accade che alcuni Stati membri non riescano ad aderire alla politica UE e che violino persino le norme giuridiche. Nel perseguire una politica di protezione, impediscono la libera circolazione di capitali e persone, e mettono a repentaglio lo sviluppo non solo dei propri paesi, ma dell’UE nel suo complesso.

A mio parere, la libera circolazione di servizi non garantirà il libero sviluppo delle piccole e medie imprese. Non dimentichiamo la considerazione di Winston Churchill, ovvero che se si distrugge un libero mercato, si crea un mercato nero.

La Commissione e gli Stati membri dovrebbero rendersi conto che possiamo ottenere molto di più insieme che in maniera separata.

 
  
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  Elisabeth Schroedter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, noi del gruppo Verde/Alleanza libera europea accogliamo positivamente la relazione dell’onorevole Van Lancker, poiché sarebbe fatale qualora il Consiglio annunciasse importanti riforme degli orientamenti per la politica a favore dell’occupazione per il 2008 e poi dicesse: veramente, non vogliamo una riforma!

Signor Commissario, lei ha perfettamente ragione affermando che per la Commissione e, in particolare, anche per il Consiglio sembra che le riforme si siano rivelate un lavoro faticoso. La relazione Van Lancker, tuttavia, stabilisce con chiarezza le giuste priorità. Vorrei soprattutto evidenziare la definizione di nuove priorità nell’integrazione sociale. E’ fondamentale che il messaggio che si trasmette sia che non possiamo trascurare le persone e che sono importanti per noi.

Secondo, noi Verdi abbiamo fornito un contributo considerevole per garantire che la relazione del Parlamento si dotasse di una dimensione sostanziale di integrazione delle politiche relative al genere, in modo coerente, e che la politica relativa alla famiglia non fosse del tutto considerata come una politica di integrazione in materia di genere. Quest’ultima è più ampia e riguarda le donne, non uomini e donne, come la politica in materia di famiglia.

Noi Verdi, tuttavia, continueremo ad assumere uno sguardo consapevole sul settore della flessicurezza finché non sarà garantita la protezione sociale. Vorrei evidenziare ancora una volta che abbiamo bisogno di riforme e non di situazioni di stallo.

 
  
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  Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. (PL) Signor Presidente, la politica comune per l’occupazione per gli Stati membri sta affrontando una prova. Sta progressivamente avviando programmi di incremento dell’occupazione per diversi gruppi d’età, tenendo in considerazione le loro esigenze specifiche e il potenziale, nonché il rischio di problemi nel trovare lavoro. Conformemente alla strategia di Lisbona, questi programmi sostengono soprattutto investimenti nelle persone e nella loro istruzione, e migliori opportunità sul mercato del lavoro. Il risultato visibile di tale politica è un aumento dell’occupazione di 3,6 milioni di persone nel 2007 e un dato previsto di 4,5 milioni nel 2008-2009.

Ciò significa che la promozione di un approccio al lavoro che corrisponda al ciclo della vita dell’uomo, un interesse per i giovani che non portano a termine la loro istruzione e per adattare le condizioni lavorative alle necessità familiari, in particolare gli obblighi genitoriali, l’eliminazione delle discriminazioni sul luogo di lavoro, soprattutto nell’ambito dell’accesso alla formazione e ad altre forme di qualifica professionale, e la graduale restrizione dell’attività occupazionale tra le persone più anziane dovrebbero in futuro costituire la base d’azione in questo campo.

 
  
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  Jiří Maštálka, a nome del gruppo GUE/NGL. (CS) Onorevoli colleghi, anch’io mi unisco a chi ha ringraziato la relatrice per il suo lavoro, per la relazione che sottolinea l’importanza di uno dei pilastri della Comunità europea, vale a dire il modello sociale europeo. Accolgo con favore il fatto che il documento ponga l’accento su questioni quali il miglioramento dell’integrazione sociale, la lotta alla povertà e un maggiore risalto dell’integrazione sociale nelle politiche per l’occupazione. La relatrice, inoltre, evidenzia giustamente la necessità di promuovere la parità di genere nel lavoro. Nonostante questi aspetti positivi, per come li considera il nostro gruppo politico, il progetto di risoluzione pone maggiore attenzione sul principio di flessibilità rispetto alla reale offerta di valide opportunità occupazionali e al diritto a un lavoro di qualità. Sono d’accordo con la relatrice. E’ difficile trovare una soluzione di compromesso tra queste due opzioni.

Mi spiace che la commissione abbia adottato solo una delle numerose mozioni presentate dal nostro gruppo politico, e in tali circostanze devo dire che, malgrado tutte le soluzioni di compromesso approvate, non potremo sostenere la relazione finale. Nonostante ciò, sono stato onorato di lavorare con la relatrice. Il futuro, l’esito del concetto di flessibilità, la nuova esperienza sociale, e i cittadini dell’Unione europea decideranno, alla fine, chi di noi è più vicino alla verità nel ricercare e attuare il progetto di un’Europa sociale.

 
  
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  Kathy Sinnott, a nome del gruppo IND/DEM. (EN) Signor Presidente, la conclusione di questa relazione strategica relativa alla strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione è che tale strategia sta funzionando. Tuttavia, la relatrice richiama l’attenzione sul fatto che non includa tutti i cittadini. Sei milioni di giovani nell’UE abbandonano la scuola in anticipo e il 16 per cento della popolazione europea complessiva è povero o a rischio di povertà. Si tratta di una sfida fondamentale, ma, sfortunatamente, nell’elenco delle persone che sono a rischio abbiamo di nuovo perso la possibilità di inserire i prestatori di cure.

I prestatori di cure rappresentano la maggiore forza lavoro d’Europa. Non sono senza un’attività lavorativa, ma sono persone che lavorano più duramente di altre dotate di un’occupazione. Quando ho proposto la questione relativa ai prestatori di cure in sede di commissione, mi è stato detto che questa categoria (chi si prende cura di anziani, disabili e minori) è costituita da persone in congedo. Definire un prestatore di cure un “congedo” è dimostrare ignoranza per l’attività che svolge e il suo valore.

Signor Commissario, la prego di richiamare l’attenzione sui prestatori di cure e di sostenerli. Sono la chiave con cui gestire la nostra popolazione europea che invecchia per quanto riguarda soddisfare le necessità dei nostri cittadini anziani e stabilizzare i nostri tassi di natalità. Pertanto renda i prestatori di cure una priorità. Con fiducia, in Parlamento ci occuperemo anche di tale questione in particolare.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI) . – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, se siamo soddisfatti dei 6,5 milioni di nuovi posti di lavoro creati negli ultimi due anni, non dovremmo restare in silenzio in merito al fatto che, nel frattempo, 4 lavoratori su 10 vivono rapporti occupazionali precari. In molti paesi le agenzie di lavoro temporaneo stanno aumentando fino a diventare i maggiori datori di lavoro. Una crescente globalizzazione e il trasferimento della produzione in paesi con salari inferiori comportano consistenti perdite di posti di lavoro. Le attività occupazionali temporanee compensano solo in parte tale situazione.

Nel frattempo, 78 milioni di europei devono vivere sulla soglia della povertà con un’attività lavorativa temporanea, sottopagata o un mini-lavoro. Tuttavia, non è possibile dar da mangiare a una famiglia con un McJob. Anche il precedente garante occupazionale, una buona istruzione, al giorno d’oggi sono raramente d’aiuto. In Germania le retribuzioni lorde sono calate di quasi il 5 per cento in tre anni, ad esempio, laddove il costo della vita è salito in modo considerevole dall’introduzione dell’euro. Se possiamo essere soddisfatti del netto aumento dei numeri dell’occupazione alla luce di questi fatti, a mio parere, è assurdo per ogni individuo tra i milioni di disoccupati e per chi, malgrado un lavoro onesto, debba vivere in povertà.

 
  
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  Thomas Mann (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, a causa della globalizzazione le nostre condizioni di vita e di lavoro stanno cambiando in modo così rapido che molti cittadini non comprendono più la situazione. Si sentono sopraffatti e insicuri. Occorre che gli orientamenti della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione siano nettamente distinguibili per loro: occupazioni competitive, pari opportunità e coesione sociale.

Il concetto di flessicurezza non è ancora stato compreso a sufficienza. Non solo i lavoratori devono diventare più flessibili nei loro stessi interessi al fine di migliorare l’occupabilità, ma anche le imprese, sviluppando nuove strategia di mercato e prodotti innovativi e ottenendo nicchie di mercato, tra le altre cose. Allo stesso tempo, i dipendenti necessitano di sistemi efficienti di sicurezza sociale che garantiscano di essere integrati, anziché esclusi. Il loro lavoro dovrebbe essere adeguatamente ricompensato secondo il settore e la regione grazie ad accordi tra le parti sociali, non mediante l’intervento del governo.

L’obiettivo della politica europea per l’occupazione è offrire posti di lavoro a più persone e creare attività occupazionali di qualità più elevata. Allo stesso tempo, si deve investire in istruzione e formazione al fine di garantire che l’idea di apprendimento permanente sia sostenuta veramente e includa chi ha un reddito insufficiente. Occorre chiarire che il FSE, il Fondo regionale europeo allo sviluppo e il nuovo Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione debbano beneficiare direttamente chi è a rischio o interessato dalla disoccupazione. Dovrebbero essere preparati in modo migliore al cambiamento e essere in grado di inserirsi in nuovi settori del lavoro.

Occorre inoltre valutare se siamo riusciti a mantenere più a lungo nei processi lavorativi i dipendenti anziani, anziché deviarli verso il pensionamento anticipato. Sono estremamente motivati, in grado di lavorare sotto pressione e dotati di abbondanti competenze. Le migliori pratiche dovrebbero mostrare in che modo far cooperare i giovani e gli anziani mediante il lavoro di équipe e quanto ne trarranno vantaggio entrambe le parti.

Si accetteranno gli orientamenti per la politica in materia di occupazione in questa relazione molto accurata soprattutto se si manterrà con coerenza il principio di sussidiarietà. L’onorevole Van Lancker ha ragione: gli Stati membri devono dimostrare di partecipare a tale iniziativa, e accrescerà quindi la fiducia nel nostro modello di mercato sociale.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE) . (RO) Desidero congratularmi con la mia collega, l’onorevole Van Lancker, per il suo lavoro e porre l’accento sull’importanza di questa relazione. Occorre prestare particolare attenzione al fatto che, attualmente, 78 milioni di cittadini dell’Unione europea sono poveri o esposti al rischio di povertà, e 6 milioni di giovani abbandonano la scuola. Noi, in quanto socialisti europei, abbiamo intenzione di offrire pari possibilità a tutti i cittadini per una vita dignitosa, per rafforzare la coesione sociale. L’attuazione di tali orientamenti contribuirà all’aumento di posti di lavoro più sicuri e con una migliore retribuzione, a garantire un’adeguata protezione sociale con l’accesso a servizi sociali di qualità, a promuovere un’integrazione sociale attiva per tutti i cittadini dell’Unione europea allo scopo di combattere povertà ed esclusione sociale.

In questo quadro, vorrei evidenziare l’attenzione che dovremmo fornire ai disabili e agli anziani per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro, nonché l’eliminazione di tutte le discriminazioni tra donne e uomini in relazione alla retribuzione. Ritengo che questo testo sia uno strumento importante volto a realizzare gli obiettivi della nuova strategia di Lisbona e contribuirà a consolidare la dimensione sociale del Trattato di Lisbona, ratificato anche in Romania. Sosterrò e voterò a favore della relazione.

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE) . (ET) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, gli orientamenti per la crescita economica e l’occupazione per i prossimi tre anni saranno discussi al Vertice europeo di primavera. L’agenda di Lisbona ha iniziato a produrre risultati. E’ un aspetto positivo, anche se, probabilmente, non ci siamo concentrati a sufficienza sull’integrazione sociale nella sua attività. L’agenda di Lisbona, in effetti, ha creato nuovi posti di lavoro, benché non sempre di elevata qualità. Non basta fissare obiettivi coraggiosi: occorrono istruzione, adattamento dei sistemi scolastici e aumento delle loro capacità, facendo sì che soddisfino le esigenze dell’economia e della società dell’informazione.

E’ molto importante promuovere un approccio al lavoro favorevole alla famiglia. L’agenda di Lisbona richiede un rafforzamento delle misure sociali. L’attenzione non va posta esclusivamente sulla flessibilità dei rapporti di lavoro, ma su una flessibilità protetta. Solo un equilibrio tra flessibilità e tutela può migliorare l’occupazione e la protezione sociale. Dobbiamo adoperarci per garantire che sviluppi positivi nella politica economica, occupazionale e sociale si completino reciprocamente. Consentitemi inoltre di congratularmi con la relatrice per il suo eccellente lavoro.

 
  
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  Gabriele Zimmer (GUE/NGL) . – (DE) Signor Presidente, la Commissione si riferisce al fatto che, in seguito alle politiche per l’occupazione concordate con gli Stati membri negli ultimi due anni, sono stati creati 6,5 milioni di posti di lavoro. Sembra un elemento positivo, in particolare per chi ha intenzione di adeguare sempre più l’Unione europea alla concorrenza globale, ma è negativo per chi ha accettato tali occupazioni, eppure la maggior parte può a mala pena ricavarne mezzi di sostentamento.

La relazione sulla povertà pubblicata ieri in Germania ha inoltre mostrato con chiarezza che sempre più lavoratori necessitano di prestazioni al di sopra dei guadagni ricevuti al fine di non scivolare nella povertà e che la disparità tra chi gode di redditi elevati e chi non riceve praticamente alcuna retribuzione sta diventando sempre maggiore. E’ quindi urgentemente necessario per l’occupazione dell’Unione europea essere coinvolti in maniera più decisa e pratica nel combattere esclusione sociale e povertà, creare posti di lavoro di qualità, aumentare i redditi e offrire protezione sociale per i lavoratori. Questo coinvolgimento pratico, tuttavia, per qualsiasi motivo non è consciamente imminente.

L’Unione europea dovrebbe infine concentrare la sua attenzione sul concetto di posti di lavoro di qualità, un’idea che i ministri del Lavoro dell’UE diffondevano un anno fa al fine di compiere qualche progresso in merito. In questo quadro, il concetto di flessicurezza non basta.

 
  
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  Derek Roland Clark (IND/DEM) . (EN) Signor Presidente, se la strategia di Lisbona sta iniziando a funzionare, perché il lavoro a tempo parziale è aumentato da 16,2 per cento a 18,1 per cento negli ultimi anni? Per quale motivo la quota di persone con contratti a tempo determinato involontario e nessuna sicurezza a lungo termine ha raggiunto il 6,5 per cento?

La relatrice ammette che la disoccupazione nell’UE ha raggiunto l’8,9 per cento nel 2005. E’ previsto un suo calo al 7,1 per cento quest’anno, ma si verificherà? Nel Regno Unito, la disoccupazione è pari soltanto al 5,8 per cento. Per combattere la disoccupazione non occorre una politica, ma dinamicità. A questo proposito, il sistema ipodermico è stato inventato da una commissione, o un parlamento, o un comitato? No. Qualcuno ha avuto un’idea brillante, e le buone idee si sprecano sempre. Perché le buone idee, leggere la migliore prassi, e le migliori prassi sono da condividere. Guardiamo gli ottimi dati relativi all’occupazione del Regno Unito osservati attualmente. Sono migliori, poiché le nostre migliori pratiche prevedono di mantenere le nostre scelte di non fare parte dell’inutile direttiva sull’orario di lavoro e di non introdurre l’euro, ma di continuare a commerciare nel mondo al di fuori dell’UE più di qualsiasi altro Stato membro. E’ il mio incoraggiamento. Ne terrete conto?

 
  
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  Jacek Protasiewicz (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, signor Commissario, desidero iniziare il mio intervento con un’osservazione che riferisco con piacere e soddisfazione. La rinnovata strategia di Lisbona sta cominciando a presentare risultati, e ciò che è particolarmente gradito è che nell’Unione europea esiste una crescita costante di persone con un’occupazione.

A questo punto, tuttavia, devo in certa misura dissentire dal parere della relatrice, l’onorevole Van Lancker, che la qualità dei posti di lavoro di recente creazione può generare preoccupazione. Certamente, dovremmo agire al massimo delle nostre possibilità per garantire che i posti di lavoro offerti nell’Unione europea siano della qualità più elevata, ma ritengo che qualsiasi lavoro sia meglio della disoccupazione, che è umiliante e favorisce l’impressione che non si abbiano meriti personali. Ciò vale in particolare per i giovani, tra cui il livello di disoccupazione continua a essere alto, e, di conseguenza, il loro futuro dovrebbe diventare un compito prioritario nei prossimi anni.

Uno strumento efficace per accrescere la disponibilità di posti di lavoro, che è importante soprattutto per i giovani europei, è il concetto di combinare flessibilità e sicurezza sul mercato del lavoro, noto come “flessicurezza”. Non esiste un modello unico universale di flessicurezza e, pertanto, questo concetto dovrebbe essere attuato tenendo in considerazione le circostanze e le tradizioni specifiche diffuse nei diversi Stati membri. In effetti, questa è la direzione proposta negli emendamenti presentati dal mio gruppo politico. Ci sono, tuttavia, due elementi al proposito che sono validi e universali e, allo stesso tempo, a mio parere, fondamentali.

Il primo è costituito dagli investimenti nell’istruzione, e soprattutto in un grado elevato di formazione continua nel settore dell’educazione, che consente ai lavoratori di adattare le loro competenze alle tendenze economiche e del mercato del lavoro in rapido cambiamento.

Secondo, esiste un uso più marcato di forme “atipiche” di occupazione, che permettono in particolare ai giovani di prepararsi a entrare nel mondo del lavoro al fine di ottenere competenze pratiche e di sopperire ai costi della loro formazione professionale.

 
  
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  Richard Falbr (PSE) . (CS) Innanzi tutto, desidero esprimere la mia ammirazione per l’onorevole Anne Van Lancker, che non è crollata sotto il peso degli emendamenti e non ha permesso che la sua relazione fosse mitigata. Probabilmente sarei ancora più critico, poiché ritengo che la rinnovata strategia di Lisbona contribuisca in maniera ridotta. Il tasso di disoccupazione non sta calando in modo significativo; i posti di lavoro creati non sono di elevata qualità; permettiamo che i cittadini degli Stati membri dell’UE siano lavoratori poveri. Queste considerazioni implicano che, chiaramente, ci sia qualcosa che non funziona. Nemmeno il Libro verde fornisce risposte alle domande poste dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali. Nondimeno, il nostro compito è considerare le pertinenti convenzioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro. Dovremmo ricordare che, con poche eccezioni, quasi tutti gli Stati membri ne hanno ratificato le più importanti. La preoccupazione con cui le organizzazioni sindacali europee hanno ricevuto le ultime sentenze della Corte europea di giustizia nelle cause Viking – Laval – e Rüffert è incomprensibile. Il mio consiglio è offrire meno pagine e più rispetto per i risultati dei decenni passati, soprattutto nei paesi sviluppati dell’Unione europea.

 
  
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  Nils Lundgren (IND/DEM) . – (SV) Signor Presidente, la relazione è permeata dello spirito dei valori che dovrebbero disciplinare un mercato libero del lavoro. Ma c’è un grande difetto: non riesce a concretizzare tali norme a livello UE. Diventerà, quindi, parte del sistema normativo comune dell’UE, l’acquis comunitario, sarà custodita nella Sacra Scrittura. La possibilità di future riforme nell’Europa scomparirà.

Qualora, negli anni ‘70, Germania e Francia avessero imposto una politica comune per l’occupazione per la Comunità, fondata sui concetti politici che prevalevano in quel periodo, l’economia europea ora sarebbe in declino.

La parola chiave attuale, flessicurezza, ricorre costantemente nella relazione. Ciò accade poiché non è stata elaborata alcuna politica comune per l’occupazione, che a sua volta è la ragione per cui la Danimarca è stata in grado di sviluppare qualcosa che ora sembra molto promettente. Alla relazione gioverebbe essere ridotta a un’unica frase: “Il Parlamento europeo consiglia che gli Stati membri considerino con attenzione il modello danese di flessicurezza al fine di capire se si ha qualcosa da imparare”. Punto.

 
  
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  José Albino Silva Peneda (PPE-DE) . – (PT) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, i dati sulle tendenze relative all’occupazione sono effettivamente molto positivi e dovremmo risalire agli anni ‘80 per trovare simili valori. Ciononostante, occorre essere consapevoli che non tutte le regioni europee hanno mostrato risultati così incoraggianti, e anche le notizie sulla qualità dell’occupazione non sono le migliori.

Mi rendo conto che, quando si parla di politica sociale, c’è sempre la tendenza a fissare priorità, e non si tratta di un compito facile: la tentazione è di considerare tutto una priorità. L’esperienza dimostra, tuttavia, che, se tutto è prioritario, nulla lo è.

Vorrei quindi incoraggiare tutti noi a cercare di garantire l’inclusione della definizione di ruoli, responsabilità e obiettivi chiari e quantificabili in tali questioni sociali, in particolare in termini di politica occupazionale.

Come contributo, vorrei dire che, a mio parere, non esiste una priorità molto netta connessa all’azione di contenere l’abbandono anticipato della scuola, che oggigiorno colpisce il 15 per cento dei giovani compresi tra i 18 e i 24 anni, vale a dire oltre 6 milioni di persone.

Lo scenario dell’abbandono scolastico anticipato è particolarmente serio alla luce della prevista evoluzione demografica in Europa, per cui entro il 2030 ci saranno 18 milioni di bambini e giovani in meno e il 52 per cento in più di persone oltre i 65 anni.

Ritengo inaccettabile che questa popolazione preziosa e in calo di giovani, da cui dipendono i sistemi di sicurezza sociale, non debba essere formata e preparata in maniera adeguata, al livello più elevato, al fine di affrontare con successo le nuove sfide del mercato del lavoro. Tutti sappiamo che i meno istruiti sono i più esposti a disoccupazione ed esclusione sociale nella società dell’informazione e, ovviamente, corrono il rischio di ritrovarsi esclusi dal punto di vista sociale.

Al pari della nostra relatrice, l’onorevole Van Lancker, con cui mi congratulo, credo fermamente che debba essere rafforzata la dimensione sociale della strategia di Lisbona, soprattutto mediante una maggiore attenzione alla questione dell’integrazione.

 
  
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  Juan Andrés Naranjo Escobar (PPE-DE) . – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, ritengo che le principali virtù del lavoro svolto siano rappresentate dal consenso basilare relativo all’analisi della situazione e le interpretazioni che occorre applicare a livello nazionale al fine di realizzare gli obiettivi occupazionali della strategia di Lisbona.

L’Unione ha bisogno di essere estremamente solida a livello economico per compiere progressi politici senza rinunciare al modello sociale che è nei suoi geni. La migliore politica sociale è consentire alle persone di integrarsi e progredire mediante l’occupazione.

Questi otto orientamenti ci forniscono la tabella di marcia per le riforme da affrontare entro il 2010, e sono più che sufficienti per avviare programmi nazionali di riforma.

Tuttavia, esistono alcuni elementi molto decisivi su cui occorre lavorare in modo particolare.

Il primo è raggiungere un livello di mobilità che schiuda opportunità occupazionali, soprattutto per i giovani. A tale scopo, è assolutamente fondamentale garantire un sistema efficace di equivalenza delle qualifiche, non solo in termini di titoli e diplomi, ma di formazione per i lavoratori tramite la loro vita lavorativa.

Il secondo è modernizzare le norme occupazionali al fine di procedere verso un pensionamento graduale e flessibile. Tale azione impedirebbe il calo del reddito e future situazioni di povertà.

Il terzo è migliorare la conoscenza linguistica della popolazione in generale, poiché la globalizzazione ha le sue regole, onorevoli colleghi. Chiunque si adatti, vince. Gli altri perdono.

Se vogliamo maggiore produttività, posti di lavoro di qualità e più valide competenze, occorre continuare a stimolare le riforme menzionate nella strategia di Lisbona.

E’ vero che si sono ottenuti dei miglioramenti, ma qualora si trascurassero riforme straordinarie, tutto crollerebbe.

Per questo motivo, è essenziale l’attuazione, mediante un dialogo, di iniziative quali la “flessicurezza”.

 
  
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  Iles Braghetto (PPE-DE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la strategia di Lisbona ha sì realizzato l’obiettivo di aumentare l’occupazione in Europa, ma non per tutti: più difficile rimane il cammino per i giovani, le donne e i gruppi sociali marginali. E non ha migliorato la qualità del lavoro: sono aumentati i contratti a tempo determinato, la flessibilità del lavoro non è stata accompagnata dalla certezza del posto, per questo va rafforzata la dimensione sociale della strategia di Lisbona, sostenendo l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita e il riconoscimento delle competenze.

Vanno delineati sistemi di sicurezza sociale che forniscano un sostegno al reddito ed agevolino la mobilità del mercato del lavoro, con adeguati ammortizzatori sociali, e vanno raggiunti obiettivi per la conciliazione tra lavoro e vita familiare.

Il progetto di risoluzione va in questa direzione e per questo va da noi sostenuto.

 
  
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  Tadeusz Zwiefka (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, concordo con l’affermazione che la rinnovata strategia di Lisbona abbia offerto maggiori posti di lavoro, ma non necessariamente di migliore qualità.

In qualsiasi strategia UE si dovrebbe tenere in considerazione la necessità di combattere povertà ed esclusione sociale. Tuttavia, non condivido il parere che adottare standard sociali comuni a livello europeo sarà una panacea per i nostri problemi. Occupazione e politica sociale rientrano nell’ambito dei diritti degli Stati membri, e tutte le azioni dell’UE in questo settore devono essere conformi al principio di sussidiarietà. Stabilire e introdurre strategie fondate su modelli specifici quali la flessicurezza saranno diversi a livello nazionale.

Vorrei porre l’accento sul pericolo che accompagna un approccio unidimensionale alla questione, mentre, allo stesso tempo, si favorisce la creazione di una piattaforma europea allo scopo di scambiare informazioni e migliori pratiche.

Ritengo che nessuna strategia politica specifica in materia di occupazione sarà un pieno successo senza la totale eliminazione di tutte le barriere esistenti alla libera circolazione del lavoro come strumento sicuro per stimolare la crescita economica e promuovere l’occupazione.

 
  
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  Renate Weber (ALDE). - (RO) Mi congratulo con Anne Van Lancker per la relazione. Personalmente, sono preoccupata per la qualità dei posti di lavoro. Ci sono 78 milioni di persone al limite della soglia di povertà anche perché gli Stati membri presentano disparità in relazione alla retribuzione dei lavoratori. Conosco i problemi di discriminazione che devono affrontare numerosi rumeni che lavorano legalmente in altri paesi membri dell’Unione europea e il fatto che siano costretti ad accettare lavori al di sotto della loro qualifica e salari inferiori rispetto ai loro colleghi, cittadini dei paesi considerati. Purtroppo, a livello UE, non esiste un sistema per valutare la qualità dei posti di lavoro e ne occorre uno. Credo fermamente che il principio di equa retribuzione sia un incentivo a favore della disponibilità di servizi di qualità e sono del tutto contraria alla tendenze esistenti di sottopagare i lavoratori e che la libera circolazione del lavoro non dovrebbe in alcun modo essere limitata nell’Unione europea.

 
  
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  Miloslav Ransdorf (GUE/NGL) . (CS) In realtà, esistono solo due modi per risolvere la questione della disoccupazione: il primo è che le persone si spostino dove c’è il lavoro, e il secondo che il lavoro si sposti dove ci sono le persone. Ritengo che la seconda possibilità sia più ragionevole, poiché nessuno degli strumenti utilizzati nella prima (lavoro condiviso, contratti versatili, orari di lavoro più flessibili, e così via) ha condotto ai risultati sperati. A mio parere, la seconda opzione offre un maggiore potenziale ed è piuttosto opportuna per l’Unione europea. Una delle possibilità è la creazione di un settore pubblico europeo in modo che l’UE inizi a funzionare come un organo che concretizza opportunità lavorative.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE) . – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto, desidero lodare l’eccezionale lavoro svolto dalla mia collega, l’onorevole Morin, che ha espresso le posizioni del nostro gruppo politico.

Correndo il rischio di procedere lungo una tangente, vorrei conoscere il ruolo delle parti sociali, che sembra evidente per la loro assenza da questa relazione. Stiamo lavorando conformemente all’articolo 128, il che comporta che presenteremo le nostre raccomandazioni agli Stati membri, ma ritengo sia giunto il momento di intervenire in modo più deciso.

Signor Commissario, che cosa ne pensa dell’applicazione dell’articolo 139 del Trattato, che prevede proprio tale possibilità, ovvero che le parti sociali creino una normativa in materia di occupazione a livello comunitario? In che modo è possibile ottenere una politica occupazionale senza un coordinamento della normativa sociale? Ritengo che, in applicazione dell’articolo 138, signor Commissario, spetti a lei promuovere le parti sociali; occorre coinvolgerle nella creazione di un’appropriata normativa sociale europea.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) La prima fase dell’attuazione degli obiettivi della rinnovata strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione ha già prodotto considerevoli risultati: nel 2007 sono stati creati 3,5 milioni di posti di lavoro nell’UE e il tasso di disoccupazione nel periodo 2005-2007 è calato all’1,6 per cento.

Tuttavia, si tratta di una sola versione della storia. Oggi, nell’UE circa 14 milioni di lavoratori vivono in povertà. Inoltre, il numero di persone costrette a lavorare con contratti temporanei o a tempo parziale è aumentato in maniera costante. Anche i giovani europei stanno affrontando problemi molto gravi: circa 6 milioni di giovani abbandonano in anticipo la scuola e il tasso di occupazione in questa fascia d’età è inferiore alla metà di quello europeo complessivo.

Vorrei evidenziare che la rapidità e l’efficienza di realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione si differenzia considerevolmente nei diversi Stati membri. Invito la Commissione a garantire la corrispondente attuazione della strategia europea per l’occupazione e degli obiettivi di apprendimento permanente fissati nel programma Gioventù, nell’accordo sulla parità di genere e nel piano d’azione 2006-2007 a favore delle persone disabili dell’Unione europea.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, ora richiamerei l’attenzione su due servizi che occorre rafforzare in Europa. Uno di questi è rappresentato da suggerimenti, informazioni e consigli forniti ai giovani e ai lavoratori di ogni età al fine di consentire loro di trovare occupazione adeguata, istruzione e apprendimento permanente. L’altro servizio da rafforzare in Europa al fine di promuovere condizioni di lavoro dignitose è l’ispettorato del lavoro. Gli ispettorati saranno in grado di occuparsi di lavoro nero, che è il flagello dell’occupazione legittima.

Occupazione, imprenditorialità e cooperazione con le parti sociali forse costituiscono la nostra migliore speranza fino al 2010.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, signor Commissario, l’attuale situazione economica dell’Unione europea sta migliorando. Stiamo assistendo a un aumento del PIL, compaiono nuovi posti di lavoro, il tasso di occupazione sta crescendo e quello di disoccupazione sta calando.

Per far sì che questo processo continui, occorre innanzi tutto consolidare l’integrazione sociale, in particolare, e aiutare soprattutto i giovani (chi entra per la prima volta sul mercato del lavoro) a trovare un’occupazione. Secondo, dovremmo facilitare l’accesso al lavoro per le persone in difficili condizioni materiali; terzo, dovremmo offrire un’opportunità ai disoccupati di lungo corso.

Si tratta di settori in cui sono necessari un sostegno e un intervento più efficace da parte dell’Unione europea. E’ importante adattare i sistemi d’istruzione e di formazione affinché soddisfino i requisiti della strategia di Lisbona e favoriscano lo sviluppo economico, che a sua volta fa sì che si creino maggiori posti di lavoro.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, ritengo che soprattutto le piccole e medie imprese rivestano un ruolo importante nell’occupazione. Dopotutto, due terzi dei nostri dipendenti lavorano nelle PMI, che producono il 50 per cento del reddito nazionale lordo. Quindi, nell’elaborare le nostre strategie, dovremmo concentrarci sulla promozione della formazione professionale continua nelle piccole e medie imprese e sulla creazione di nuove opportunità volte a cancellare i costi emergenti e a garantire che, infine, saranno possibili per i nostri lavoratori retribuzioni nette più elevate.

In definitiva, dovremmo inoltre realizzare le infrastrutture per consentire ai lavoratori di godere della sicurezza lavorativa. L’Unione europea, al proposito, potrebbe fornire un modello di migliore prassi.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Onorevoli deputati, rigide norme parlamentari non mi consentono di replicare nel dettaglio ai vostri interventi. Tuttavia, consentitemi di ringraziarvi per la notevole discussione, che ha analizzato numerosi aspetti del mercato del lavoro e della strategia europea per l’occupazione, nonché di trattare brevemente alcune questioni fondamentali.

Primo, la strategia europea per l’occupazione ha condotto a risultati tangibili. Le attuali statistiche relative a disoccupazione e occupazione sono le migliori dagli anni ‘80, cosa che rappresenta un evidente successo. Durante la discussione, spesso avete espresso la vostra preoccupazione riguardante posti di lavoro di qualità. Desidero porre l’accento sul fatto che il concetto di più posti di lavoro e di più posti di lavoro di qualità rientri nella strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione. Qual è il risultato? Dei milioni di nuovi posti di lavoro, oltre la metà sono a tempo pieno e non esistono dubbi in merito alla loro qualità. Molti posti di lavoro rimanenti sono a tempo parziale o a tempo determinato.

A mio parere, l’ipotesi che nessuno dei posti di lavoro a tempo determinato e parziale sia di elevata qualità non regge. Non è sostenibile. Molte di queste attività lavorative sono di qualità. Tuttavia, non c’è dubbio che alcune di queste occupazioni non lo siano, ed è uno dei problemi che dobbiamo risolvere. La mia opinione personale è che la questione dei lavoratori poveri, vale a dire chi continua a essere povero malgrado un lavoro, è molto preoccupante e occorre prestarvi maggiore attenzione. Secondo i dati disponibili, i lavoratori poveri rappresentano l’8 per cento della popolazione occupata, una quantità considerevole. Si parla di milioni di persone e di un problema alquanto pressante.

Un’altra questione discussa è il legame tra le politiche per l’occupazione e l’integrazione sociale. Permettetemi di evidenziare che l’orientamento 19 pone l’accento su un mercato del lavoro inclusivo e sulla promozione dell’integrazione di persone svantaggiate su tale mercato. Perciò, nella strategia, la Commissione ha raccomandato non si dovessero apportare cambiamenti sostanziali a questi orientamenti. Tutto ciò perché hanno mostrato di essere efficaci e poiché è diventato evidente che, al fine di garantire un buon governo e un migliore equilibrio tra livello europeo e nazionale (in effetti, la maggior parte degli Stati membri ha espresso questo parere), sarebbe meglio non ampliare gli orientamenti. Dall’altro lato, è chiaro che il testo non è foggiato nella pietra, che continuerà a svilupparsi e che gli argomenti da voi menzionati richiederanno una risposta appropriata secondo i futuri sviluppi.

Vorrei replicare a un’altra domanda relativa all’applicazione dell’articolo 139 del Trattato. Paradossalmente, sarà firmato oggi l’accordo collettivo nel settore marittimo, e si è già deciso di introdurre tale accordo nella normativa europea mediante l’articolo 139. In altre parole, si tratta di un’azione concreta che dimostra che tale articolo non è stato tralasciato. A questo proposito, ritengo che l’accordo del settore marittimo sia un passo avanti estremamente importante poiché è un settore molto complesso e alquanto internazionale, e le parti sociali sono riuscite a raggiungere un notevole risultato.

Naturalmente i temi della discussione erano numerosi: la questione dell’istruzione, il numero considerevole di chi abbandona precocemente la scuola, l’apprendimento permanente. Sono tutti temi importanti, e in una certa misura saranno inclusi nella nuova agenda sociale. Per quanto riguarda l’integrazione, desidero richiamare la vostra attenzione sulla comunicazione della Commissione sull’integrazione attiva, uno dei documenti che descrivono la strategia della Commissione in merito. Consentitemi di sottolineare che, nonostante il mercato del lavoro sia la base dell’integrazione attiva, non si estende a tutti i campi in cui è necessaria l’applicazione di una politica coerente a favore dell’integrazione. Siccome, chiaramente, ci sono molte persone che sono al di fuori del mercato del lavoro per ragioni naturali, come i pensionati o chi si trova in diverse situazioni insolite, la politica in materia di integrazione deve comprendere non solo il mercato del lavoro. La strategia europea al proposito deve ovviamente tenere in considerazione quest’aspetto.

Onorevoli colleghi, desidero nuovamente ringraziarvi per la discussione, che, a mio parere, ha affrontato la maggior parte dei temi importanti relativi al mercato del lavoro europeo. Credo che questi offrano un contributo significativo al processo volto a trovare un equilibrio migliore e maggiormente efficace tra la strategia europea per l’occupazione e le attività dei singoli Stati membri. Come ho affermato in precedenza, nel corso della discussione sono stati espressi commenti molto interessanti, ma le norme del Parlamento non mi rendono possibile rispondere a ognuno di questi, ragione per cui ho replicato solo ad alcuni.

 
  
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  Anne Van Lancker, relatrice. − (NL) Innanzi tutto, desidero ringraziare calorosamente i deputati per il loro contributo a questa discussione. Penso sia evidente che molti di voi abbiano posto l’accento su pari opportunità, integrazione sociale e la qualità del lavoro, e lo ritengo molto importante. Mi spiace di aver deluso alcuni di voi per non aver inserito qualcuno in più dei vostri emendamenti, ma avevo davvero intenzione di evitare che questa relazione diventasse un albero di Natale carico di troppi fronzoli e ninnoli.

Inoltre, per replicare a una considerazione dell’onorevole Andersson, presidente della commissione per l’occupazione e gli affari sociali. Mi auguro sinceramente che la presentazione di questa relazione non sia vana, poiché, anche se l’articolo 128 del Trattato concede a quest’Assemblea il diritto di essere consultata, in pratica tale diritto è a rischio di essere minato. Mi rendo conto, signor Commissario, che sia importante per il Consiglio essere in grado di prendere una decisione all’inizio dell’anno, cosicché i piani nazionali di riforma possano essere sviluppati con le parti sociali. Mi sembra, quindi, essenziale che, qualora il Parlamento riuscisse a continuare a svolgere il proprio ruolo, la Commissione europea presenti proposte prima nel corso dell’anno, in modo che le tre istituzioni possano esercitare appieno la loro posizione nel processo, come previsto nel Trattato.

Desidero nuovamente ringraziare tutti i miei colleghi, e speriamo che il Consiglio resti ancora in ascolto.

 
  
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  Presidente . − La discussione è chiusa.

La votazione è prevista oggi alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. – (PL) Secondo le ultime relazioni della Commissione europea, il 16 per cento dei cittadini europei è minacciato dalla povertà, e nell’8 per cento di questi casi ciò avviene nonostante un’occupazione a tempo pieno. La povertà mette in pericolo il 13 per cento di polacchi adulti, incluso chi ha un lavoro a tempo pieno.

Onorevoli colleghi, la regione di Małopolska, che rappresento nel Parlamento europeo, ha il minore tasso di disoccupazione in Polonia, pari attualmente all’8 per cento; tale condizione non garantisce una qualità di vita sicura, tuttavia, poiché i prezzi in ascesa di prodotti alimentari ed energia stanno conducendo molte famiglie sull’orlo della povertà. Nella vicina provincia di Świętokrzyskie, di cui sono rappresentante nel PE, la situazione sta rasentando il dramma, con un tasso di disoccupazione doppio rispetto a quello della Małopolska. Prendendo a esempio solo queste due province, possiamo osservare un crescente livello di disparità sociale. Come afferma giustamente l’onorevole Van Lancker nella sua relazione sugli orientamenti a favore dell’occupazione, nell’Unione europea ci troviamo in circostanze in cui oltre 14 milioni di lavoratori vivono in povertà.

Questi dati potrebbero crescere molto rapidamente se non modifichiamo la strategia di Lisbona al fine di creare nell’UE maggiori posti di lavoro e di migliore qualità. Questo problema riguarda in particolare i nuovi Stati membri, in cui le differenze nella ricchezza dei cittadini sono più evidenti confrontate al resto dei paesi membri.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. – (PL) Crescita e occupazione sono elementi fondamentali nella strategia di Lisbona. La costruzione di un’Europa competitiva e innovativa è connessa ai cambiamenti sul mercato del lavoro. Le nostre imprese hanno bisogno di lavoratori in grado di reagire alle nuove sfide e alla richiesta di cambiamento. Naturalmente, sono d’accordo che l’occupazione debba offrire stabilità, sicurezza e certezza in merito al futuro. Allo stesso tempo, i rapporti tra datore di lavoro e dipendente devono essere flessibili a sufficienza per consentire agli imprenditori di apportare i cambiamenti cui si trovano di fronte per la situazione del mercato.

Perciò, è molto importante per datori di lavoro e dipendenti garantire che si aggiornino capacità competenze e si migliorino a livello professionale. Tale iniziativa è nell’interesse delle imprese, che otterrà lavoratori competenti ed estremamente motivati. E’ anche nell’interesse dei lavoratori stessi, che, per la loro maggiore abilità, acquisiranno una posizione lavorativa più solida e, in caso di necessità di cambiamento, la garanzia che, grazie alle loro competenze, non incontreranno problemi nel mercato del lavoro.

Infine, vorrei richiamare l’attenzione all’aspetto della mobilità sul mercato europeo. Come sappiamo, molti Stati membri mantengono tuttora restrizioni all’impiego di cittadini dei nuovi paesi membri. Ciò accade nonostante l’avvertimento dei rappresentanti del mondo aziendale in merito al fatto che esista una mancanza di manodopera in numerosi settori dell’economia.

Finché le restrizioni sul mercato europeo del lavoro rimarranno, la libera circolazione di lavoratori e servizi in Europa percorrerà solo metà del percorso verso il successo delle nostre economie.

 
  
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  Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE) , per iscritto. (RO) La rinnovata strategia di Lisbona ha condotto a risultati positivi. Ciononostante, dovremmo analizzare quei settori in cui è ancora necessario incrementare il numero di azioni intraprese a livello comunitario al fine di realizzare l’obiettivo dell’occupazione.

In particolare, mi riferisco ai problemi che incontrano i giovani durante la loro formazione e il loro ingresso nel mercato del lavoro. 6 milioni di giovani nell’Unione europea abbandonano il sistema educativo prima dei 18 anni. Il fatto che, al di fuori del numero complessivo di disoccupati nell’UE, oltre il 40 per cento sia rappresentato da giovani, è grave. Inoltre, la maggior parte dei giovani che riesce a entrare sul mercato del lavoro gode di condizioni occupazionali meno favorevoli, quali attività lavorative a tempo parziale, a tempo determinato, o basate su un contratto di fornitura di servizi.

Con gli orientamenti normativi a favore della politica per l’occupazione, dobbiamo fornire più soluzioni riguardanti i programmi e i fondi che l’Unione europea stabilisce per sostenere l’intervento degli Stati membri in merito.

 
  
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  Magda Kósáné Kovács (PSE) , per iscritto. (HU) La direttiva in materia di occupazione ha fornito agli Stati membri dell’Unione europea allargata orientamenti a lungo termine, obiettivi e strumenti per rafforzare la competitività e accrescere l’occupazione nel secondo ciclo di attuazione della strategia di Lisbona. E’ pertanto evidente che un’economia non può essere competitiva ed efficace in un mondo che deve convivere con la concorrenza, e non può compiere progressi più rapidamente di altri, se ha smarrito la strada nel deserto sociale e sta tentando di realizzarli circondata da persone a rischio di esclusione sociale.

Una vita dignitosa richiede un lavoro decoroso; ciò a propria volta ha bisogno di una forza lavoro potenziale che sia adeguatamente qualificata e in grado di aggiornare le proprie competenze, che sia fiorente e tutelata dalle discriminazioni.

Nel 2006, le esigenze riconosciute dei nuovi Stati membri hanno reso necessario rivedere la direttiva. Questa volta, si è posto l’accento su chi si trova di fronte a svantaggi particolari sul mercato del lavoro, sulla situazione disperata del mercato del lavoro delle donne anziane, sull’isolamento di lingue specifiche e su questioni relative all’occupazione dei rom.

Negli ultimi due anni, il numero di posti di lavoro è aumentato, i tassi di occupazione sono migliorati, e anche i turbolenti indicatori in merito sono stati fissati. L’aumento dei posti di lavoro di tipo classico (attività lavorativa a tempo pieno, tutelata a livello di contratto sul posto di lavoro) è stato relativamente lento, mentre è avvenuta una crescita notevole delle occupazioni a tempo parziale, stagionali e attuate in conformità a contratti di fornitura.

In questa situazione modificata, non discutiamo che il periodo della normativa dogmatica in materia di lavoro è concluso. Uno sviluppo economico ampio e intensivo ha bisogno di disposizioni legislative flessibili che impediscano un relativismo nella normativa riguardante il lavoro e la svalutazione di partenariato sociale e accordi di contrattazione collettiva.

 

6. Progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione (discussione)
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  Presidente . − L’ordine del giorno reca in discussione la relazione di Elizabeth Lynne, a nome della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, sui progressi realizzati in materia di pari opportunità e non discriminazione nell’Unione europea (recepimento delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE) [(2007/2202(INI)] (A6-0159/2008).

 
  
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  Elizabeth Lynne, relatrice. (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare gli altri gruppi per la loro collaborazione, in particolare alcuni dei relatori ombra. Credo che, lavorando insieme, abbiamo ottenuto una valida relazione.

In questo documento, ho tenuto in considerazione il recepimento e l’attuazione delle attuali direttive, vale a dire la direttiva per l’occupazione e quella sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza. Mi sono concentrata maggiormente sulla prima direttiva, poiché la seconda tematica è stata inserita in un’ottima relazione dello scorso anno della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. Il recepimento e l’attuazione non è uniforme nell’UE, in particolare per quanto riguarda la direttiva per l’occupazione, nonostante esistano problemi anche con la direttiva sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza. Esiste inoltre una mancanza di informazioni fornite ai cittadini sui possibili rimedi in caso di discriminazione.

La Commissione, gli Stati membri, le organizzazioni sindacali, nonché le parti interessate a livello governativo e non, devono adoperarsi al massimo delle loro possibilità per migliorare la consapevolezza dei diritti in conformità con tali direttive e gli Stati membri devono finanziare in modo adeguato gli organi indipendenti al fine di promuovere la parità e incoraggiare i paesi membri a garantire che tutte le forme di discriminazione rientrino nell’ambito delle competenze di questi organismi.

Troppo spesso, le singole vittime di discriminazione sono abbandonate a se stesse ad affrontare questo problema, senza poter contare su un sostegno legale o mezzi giuridici per intraprendere procedimenti legali, e questa situazione deve cambiare. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le vittime di discriminazione siano automaticamente assicurate e assistite nei procedimenti legali. Anche se accolgo con favore le statistiche che la Commissione ha già ottenuto in merito alla discriminazione, ritengo occorrano più dati e standard comuni per la raccolta di questi ultimi.

Accolgo positivamente l’interesse della Commissione nella discriminazione multipla ed è una delle ragioni per cui nella mia relazione chiedo una normativa esauriente sulla non discriminazione. Dobbiamo rinunciare all’approccio frammentario. Non può esistere una gerarchia della discriminazione. Una nuova direttiva deve includere discriminazione e accesso a beni e servizi su tutti i campi non acclusi finora nella legislazione dell’articolo 13. Dovrebbe comprendere disabilità, età, religione o fede e orientamento sessuale. Razza e genere sono già inclusi, così come l’occupazione.

Mi spiace che, nonostante il Commissario Špidla si sia impegnato in merito e la Commissione si sia adoperata per una direttiva orizzontale nel proprio programma di lavoro per il 2008, e lodo il Commissario Špidla per questa iniziativa, sembra che la Commissione stia facendo marcia indietro. Può la Commissione dirci a che punto sono le valutazioni d’impatto, che cosa includono, e quando saranno rese note? A quanto ne so, ora si annuncia che potrebbero presentare solo una normativa in materia di disabilità e nient’altro. Non è accettabile, da qui il nostro emendamento.

Ho condotto per anni una campagna a favore della legislazione dell’articolo 13 in base a disabilità ed età, ma adesso sono convinta che non dobbiamo lasciare nessuno indietro. Non discriminazione e diritti umani costituiscono le fondamenta dell’Unione europea e ogni cittadino UE deve essere trattato in modo equo.

Vi esorto a votare a favore della mia relazione e, ancora più importante, a favore di una direttiva esauriente sull’antidiscriminazione, in modo da lanciare un segnale a chi nella Commissione non si trova d’accordo al proposito, e agli Stati membri, che, in quanto Parlamento, siamo impegnati almeno a porre fine in modo definitivo alla discriminazione e all’idea ridicola che sia giusto discriminare qualsiasi settore della nostra società.

(Applausi)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUIGI COCILOVO
Vicepresidente

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Lynne per la sua relazione dettagliata e attuale. La Commissione concorda pienamente sul suo contenuto, e appoggia in maniera inequivocabile le richieste di recepimento completo delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE. Come sapete, la Commissione ha avviato alcune procedure legali che coinvolgono certi Stati membri a causa della non conformità con la legislazione, e non esiterà a impiegare le proprie competenze per garantire che in futuro la legislazione UE sia rispettata rigorosamente, e per ottenere un miglioramento rapido e sistematico nei casi in cui tale legislazione non è ancora stata attuata.

La Commissione riconosce inoltre che si debba migliorare il controllo dell’attuazione di entrambe le direttive. Pertanto, la Commissione attualmente sta lavorando su programmi volti a perfezionare la constatazione di casi di discriminazione. La questione veramente importante è il reale impatto sugli individui, non solo un’immagine astratta di cosa possa accadere.

La relazione, inoltre, sottolinea giustamente il ruolo fondamentale delle istituzioni nel sostenere un pari trattamento: rivestono una posizione essenziale nel vigilare, fornire sostegno alle vittime e migliorare la consapevolezza dei diritti. Vorrei sottolineare l’importanza cruciale del settore non governativo in quest’ambito. La Commissione sostiene un ampliamento del ruolo delle istituzioni e del settore non governativo in modo che includano la discriminazione basata su altri fattori che non siano l’origine etnica e il genere.

Come indicato nel programma di lavoro della Commissione per il 2008, ho intenzione di presentare un emendamento in base all’articolo 13 del Trattato CE, che estenderà la protezione esistente contro la discriminazione ad ambiti non appartenenti al mercato del lavoro. Ciò sarà incluso nel più ampio programma a favore di opportunità, attitudini e solidarietà che è in procinto di essere adottato alla fine di giugno.

Si stanno svolgendo vivaci discussioni politiche sulla necessità di un’ulteriore legislazione sulla non discriminazione a livello UE. Siamo chiari: tali discussioni non riguardano se combattere o meno la discriminazione, piuttosto qual è il metodo più efficace per farlo. Considerando la sensibilità politica di tale questione e la distanza dalla condotta disponibile di alcuni Stati membri, il terreno va preparato con molta accuratezza.

Durante l’incontro del 29 aprile, antecedente all’avvio della rinnovata agenda sociale, abbiamo concordato che occorrono analisi più approfondite prima di prendere una decisione sull’intervento migliore. Qualsiasi sarà la decisione della Commissione nelle prossime settimane, sarà basata su uno studio dettagliato. Terrà in considerazione tutti gli aspetti della discriminazione multipla e i principi di sussidiarietà e proporzionalità. Aspetto più importante, sarà pensata per apportare vantaggi a chi ne ha bisogno.

In conclusione, vorrei affermare che, successivamente all’Anno europeo delle pari opportunità, la Commissione progetta di presentare una comunicazione che adotti misure volte a perfezionare la protezione contro la discriminazione nell’Unione europea. Oltre a questa comunicazione, la Commissione pubblicherà una relazione in merito al modo in cui le politiche UE contribuiranno a migliorare la situazione dei rom.

 
  
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  Tatjana Ždanoka, relatrice per parere della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni. (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare la relatrice, l’onorevole Lynne, della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, a nome della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, nonché del mio gruppo politico, per il suo eccellente lavoro e la sua ottima relazione.

Purtroppo, la discriminazione rimane ancora uno dei problemi in materia di diritti umani più rilevanti e diffusi nell’Unione europea. Per quanto riguarda le direttive in materia di non discriminazione già in vigore, vorrei sottolineare che prevedono standard minimi. E’ una situazione vergognosa che alcuni Stati membri non abbiano recepito e attuato nemmeno tali standard. Riteniamo che la Commissione europea debba avvalersi in maniera più attiva della procedura d’infrazione contro tali paesi membri.

Chiunque nell’Unione deve essere sicuro di non essere discriminato e di disporre di strumenti giuridici effettivi al fine di lottare contro la discriminazione. Gli Stati membri e la Commissione devono inoltre sostenere attivamente sensibilizzazione e formazione a favore della lotta alla discriminazione.

Un altro problema, come abbiamo sentito oggi, mi preoccupa ancora più: occorre veramente un quadro giuridico esauriente per combattere la discriminazione. Per quanto ho inteso dalla dichiarazione del Commissario, in questo momento non possiamo essere certi che il programma di lavoro annunciato dalla Commissione per il 2008, che abbiamo accolto molto positivamente, con la proposta di una direttiva che applichi il principio di pari trattamento a tutti gli ambiti oltre a quello occupazionale, prevedrà questo aspetto.

Qualora la Commissione escludesse alcuni settori dall’ambito di protezione, per me sarebbe davvero una brutta sorpresa. Significherebbe che possiamo facilmente abbandonare i nostri valori e, non appena concluso l’Anno delle pari opportunità, ci sentiremo di nuovo liberi di trattare gli europei in modo diverso. Non possiamo permetterlo.

 
  
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  Edit Bauer, a nome del gruppo PPE-DE. (HU) Grazie signor Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la lotta alla discriminazione è un valore umano fondamentale; a questo proposito non esistono divergenze d’opinione tra di noi. Il Partito popolare europeo attribuisce particolare importanza alla politica in materia di non discriminazione. E’ nostra convinzione che gli Stati membri abbiano una responsabilità incontrovertibile e ineluttabile di assicurare che nessun cittadino dell’Unione europea sperimenti forme di discriminazione.

Il gruppo è inoltre consapevole che non tutti i problemi, purtroppo, possono essere risolti tramite una normativa. Per porre gradualmente fine alla discriminazione, occorrono cultura politica appropriata, tolleranza nella vita quotidiana, sul posto di lavoro, nella vita pubblica, nelle comunicazioni, dal livello nazionale a quello locale, e abbiamo bisogno che collabori la società civile nel suo complesso.

Come la pratica ci ha dimostrato, attuare le direttive europee sulla discriminazione non è un compito semplice. Metà degli Stati membri non sono riusciti a recepire adeguatamente le direttive nella loro legislazione nazionale o ad applicarle in maniera opportuna. E’ vero che esiste un reale divario nella legislazione europea tra l’articolo 13 del Trattato CE e le direttive esistenti. Ciò comporta che non a tutti i gruppi “protetti”, ovvero quelli citati nell’articolo 13, si garantiscono pari diritti conformemente al diritto europeo per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi.

Per colmare tale divario, tuttavia, il PPE non ritiene che la soluzione sia adottare una direttiva completa che sarebbe difficile da attuare e inefficace. Invece, crede che occorra con urgenza una direttiva europea volta a contribuire in maniera non gerarchica a porre fine alla discriminazione contro gli 84 milioni di persone disabili che vivono in Europa, in modo che queste persone possano godere nell’UE dei medesimi diritti.

Tenendo in considerazione il fatto che la durata media della vita della popolazione sta aumentando e che le malattie croniche legate all’età spesso mettono a rischio la salute di una persona, il numero di cittadini che vivono con una disabilità è destinato a crescere in futuro. Siamo convinti che tale approccio fornirà un aiuto più efficace e pratico a chi è disabile. Il gruppo sosterrebbe quindi un’iniziativa della Commissione europea allo scopo. Vi ringrazio.

 
  
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  Magda Kósáné Kovács, a nome del gruppo PSE. (HU) Grazie signor Presidente. L’eccellente relazione dell’onorevole Lynne è basata sulla responsabilità che deriva dalla presenza tra noi del fenomeno della negativa discriminazione. Non solo non è scomparsa dall’Europa di eccellenza; secondo lo studio di Eurobarometro sta aumentando, e i cittadini europei possono avvertirlo. Inoltre, vorrei aggiungere che l’allargamento ha condotto a un incremento di nuove forme di discriminazione, come quelle che devono affrontare in molti modi le persone svantaggiate; la discriminazione contro i rom oggigiorno sta diventando sempre più violenta.

La maggioranza della commissione per l’occupazione e gli affari sociali ha votato a favore dell’adozione di una direttiva orizzontale. Tutti ricordiamo i segnali di sfiducia nel Parlamento nei confronti della commissione appena costituita, una sfiducia che è diventata l’opinione della maggioranza a causa dei pareri espressi da un candidato in merito alla discriminazione. La Commissione allora s’impegnò a intervenire in base all’autorità conferitale in virtù dell’articolo 13 del Trattato CE per introdurre una normativa contro tutte le forme di discriminazione e stabilire un fondamento giuridico per occuparsi delle violazioni.

E’ inoltre urgente che la Commissione valuti il recepimento della normativa esistente dell’Unione europea da parte degli Stati membri, e che avvii altresì procedimenti d’infrazione per il mancato recepimento delle direttive esistenti. Per quanto riguarda il gruppo socialista nel Parlamento europeo, è inaccettabile che sia stabilita una qualsiasi sorta di gerarchia, che si tratti del Trattato CE o dei divieti relativi alla discriminazione elencati nell’emendamento al Trattato di Lisbona. Non siamo pronti ad affrontare la domanda relativa a chi soffre maggiormente (persone disabili, omosessuali o anziane).

Per quanto ci riguarda, la proposta della relazione dell’onorevole Lynne rappresenta una possibile soluzione giuridica; in altre parole, siamo in attesa di una direttiva generale e orizzontale della Commissione, anche se, naturalmente, ciò non esclude, ma in realtà renderà necessaria, la formulazione di disposizioni specifiche per diversi settori e altri casi.

Sono certa che questa iniziativa sia in accordo con le opinioni dei cittadini europei che sono, o possono diventare, vittime di discriminazione. Vi ringrazio molto.

 
  
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  Bernard Lehideux, a nome del gruppo ALDE. – (FR) Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Lynne, il suo lavoro e il suo impegno in merito a questa tematica fondamentale è stato considerevole. Sono stato uno dei primi del nostro gruppo a rendermene conto in sede di commissione per l’occupazione e gli affari sociali, e la ringrazio calorosamente.

Una norma protettiva funziona soltanto se applicata in modo efficace. Perciò, onorevole Lynne, condivido la sua preoccupazione relativa alla scarsa attuazione in certi Stati membri delle direttive che vietano la discriminazione. Questa situazione è inaccettabile e dovrebbe essere oggetto di un’azione vigorosa e ponderata da parte della Commissione. In questo settore non è possibile tollerare alcuna indulgenza.

Inoltre, una norma protettiva è inutile a meno che non possa essere impiegata realmente da coloro a cui è destinata per proteggerli. Per questo motivo ritengo, come lei, che occorra garantire che le vittime di discriminazione abbiano effettivamente accesso a informazioni e strumenti per difendersi. Questa è una responsabilità degli Stati membri e, nuovamente, non si deve tollerare alcuna negligenza.

Tuttavia, nonostante la sua relazione rappresenti un passo fondamentale, ciò avviene soprattutto per l’approccio esauriente alla discriminazione di cui ha parlato. Appoggio senza condizioni la sua richiesta di una direttiva completa volta a combattere tutte le forme di discriminazione. Come lei, sono certo che sia essenziale un approccio uniforme, che tenga in considerazione tutti i campi di discriminazione. L’articolo 13 non è un appello alla mancanza di azione o a un’azione non coordinata, ma un invito a intervenire.

Signor Commissario, onorevoli colleghi, abbandoniamo le nostre paure e i dibattiti teorici. Proporre una direttiva completa è una necessità e si tratta di evidente buon senso. Una vasta maggioranza di noi in Aula lo crede e, signor Commissario, le chiede di ascoltarla.

 
  
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  Jean Lambert, a nome del gruppo Verts/ALE. (EN) Signor Presidente, anche noi accogliamo con favore la relazione Lynne e sosteniamo appieno l’impegno per una direttiva completa, e la consideriamo parte della svolta culturale a cui si riferiva l’onorevole Bauer. Eppure, possiamo sentire i gusci d’uovo rompersi se il Commissario cerca di stimolare tale azione e invitiamo la Commissione a essere veramente coraggiosa e imporsi in merito.

Riteniamo sia importante disporre di una legislazione esauriente. Ad esempio, eliminerebbe alcuni espedienti con cui razzisti e xenofobi cercano e approfittano della discriminazione religiosa al fine di mascherare la loro condotta razzista.

E’ importante rimuovere quei limiti arbitrari, per controllo e assistenza sanitaria ad esempio, in base all’età anziché a dati concreti.

Possiamo sostenere pienamente la relatrice nella sua richiesta di un approccio proattivo per sensibilizzare le persone circa i loro diritti e la possibilità di accedervi tramite la necessità di assistenza legale effettiva e solidi organismi indipendenti.

Pertanto, accogliamo positivamente questa relazione e la approviamo nella sua forma attuale.

 
  
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  Jan Tadeusz Masiel, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Lynne per una relazione efficace riguardante un tema così importante. Tuttavia, sono un po’ sorpreso per il linguaggio in cui è espressa, che mi ricorda quello usato dal totalitarismo. Non avessi saputo che la relatrice era un membro del gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa, avrei pensato che questo testo fosse stato elaborato da qualche appartenente al partito comunista. A mio parere è pericoloso entrare in dettaglio, come è stato fatto in Aula, e dire chiaramente quali tipi di discriminazione non dovrebbero essere consentiti, e come dovremmo comportarci; semplicemente non dovrebbe verificarsi alcuna forma di discriminazione. L’uomo ha stabilito tutti i suoi ordini e divieti nei Dieci Comandamenti, e sono specificati in maniera concisa: non uccidere, non commettere adulterio. Dovremmo soltanto dire: non discriminare, e lasciamo il resto alla sensibilità e alla competenza dei gruppi umanitari e degli Stati membri. Eppure, considero accettabile questa relazione, partendo dal presupposto che l’emendamento n. 7 è approvato dal gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei.

 
  
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  Bairbre de Brún, a nome del gruppo GUE/NGL. – (GA) Signor Presidente, la relazione dell’onorevole Liz Lynne pone l’accento sulla necessità di un quadro legislativo completo che preverrebbe la discriminazione al di fuori del posto di lavoro e che includerebbe un’ampia gamma di materie.

Ogni giorno milioni di persone sono discriminate, le più anziane ma anche altri gruppi, nel momento in cui tentano di accedere a servizi di assistenza sanitaria, istruzione e trasporto o di stipulare un’assicurazione o chiedere un prestito.

Questi stessi gruppi hanno avuto difficoltà per quanto riguarda l’occupazione prima dell’introduzione di una normativa più severa a livello europeo. Una valida legislazione nell’Unione europea ha modificato la condotta dei datori di lavoro. E’ stata una direttiva europea a costringere gli Stati membri a cercare di porre fine alla discriminazione nell’attività lavorativa, anche se c’è ancora molto lavoro da compiere. Occorre garantire una legislazione completa a livello europeo al fine di rafforzare i diritti dei cittadini in termini di beni e servizi.

Vorrei lodare la relatrice per il suo testo e chiedere ai miei colleghi di esprimere voto contrario agli emendamenti che indeboliscono la tutela dei diritti umani.

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, negli ultimi nove anni ho fatto parte della commissione per l’occupazione e gli affari sociali, oltre alla mia illustre collega del West Midlands, Regno Unito, l’attuale relatrice Elizabeth Lynne.

Quasi senza eccezioni, ci siamo ritrovati piuttosto in accordo su ogni questione senza alcuna necessità di negoziare emendamenti di compromesso, poiché eravamo già concordi.

Presumo che nessuna regola debba essere un’eccezione e, con mia grande sorpresa, questa relazione lo è. Francamente è molto deludente che, a nostro parere, un capriccio politico pare impedisca la risoluzione del problema reale.

Posso dire ora in maniera esplicita, prima che qualcuno della sinistra giunga ai soliti travisamenti, che tutti noi del centrodestra respingiamo la discriminazione in tutte le sue forme. Tutti noi del centrodestra abbiamo intenzione di trovare metodi pratici per eliminarla e, in effetti, sosteniamo, in linea di principio, che sia attualmente considerata dalla Commissione una direttiva specifica per aiutare le persone disabili.

Ma siamo certi che una direttiva UE “esaustiva e ampia” contro la discriminazione, che è essenzialmente un invito indefinito alla Commissione a produrre ancor più una normativa UE unica in quello che rappresenta un ambito molto delicato, sarà poco funzionale per affrontare le difficoltà attuali e potrebbe persino essere controproducente. Abbiamo presentato i nostri emendamenti per avvalorare tale concetto.

Se alcuni aspetti della crescente discriminazione possono effettivamente rappresentare ancora un problema, proporre una normativa UE più generica costituisce una sorta di soluzione, secondo noi, sbagliata. Le norme europee esistenti sulla discriminazione continuano a dimostrarsi difficili da applicare. Occorre un’attuazione più efficace delle norme esistenti e una migliore capacità di valutare i problemi relativi, prima di percorrere la strada di maggiori direttive UE.

Come ha affermato la scorsa settimana in modo conciso un’organizzazione britannica, molte forme di discriminazione non saranno eliminate da una legislazione aggiuntiva. Sarebbe meglio impiegare il tempo in eventi multiculturali e multireligiosi che cambino la percezione comune. Siamo d’accordo.

Ringrazio la Commissione per i suoi posati commenti introduttivi e comunico che siamo in attesa di una risposta della Commissione a tempo debito.

 
  
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  Stephen Hughes (PSE) . (EN) Signor Presidente, ritengo che le critiche di Philip Bushill-Matthews sottolineino proprio quanto sia valida la relazione di Elizabeth Lynne! Credo ci si debba congratulare con lei. Ha svolto un ottimo lavoro sottolineando lo scarso livello di attuazione e recepimento delle due direttive adottate nel 2000 sui rischi e sulla discriminazione nell’attività lavorativa.

Ma allora, signor Commissario, lei e la commissione per l’occupazione e gli affari sociali a questo proposito avevano riconosciuto che la discriminazione non si ferma tra le mura di un ufficio o di una fabbrica. Abbiamo quindi ammesso la necessità di agire più ampiamente al fine di introdurre una direttiva orizzontale per combattere tutte le forme di discriminazione nell’intera società. Lei ha pubblicamente affermato di sostenere quest’idea; il suo Presidente, il Presidente Barroso, ha garantito il suo impegno per tale direttiva orizzontale.

Siamo pertanto molto preoccupati di venire a conoscenza dei ripensamenti all’interno della Commissione, di una riconsiderazione, forse di una focalizzazione solo sulla disabilità. Ho inteso che la Commissione sta considerando al momento tre possibili opzioni: la direttiva orizzontale, che è ancora valida; secondo, una direttiva specifica sulla disabilità o, terzo, una direttiva sulla disabilità e una su altre forme di discriminazione.

Non so dove stia la logica nell’ultima opzione. Adesso, signor Commissario, abbiamo bisogno di un appello deciso per la direttiva orizzontale per cui lei stesso si è impegnato. Come ha affermato Elizabeth Lynne, nell’Unione europea non può esistere una gerarchia delle forme di discriminazione. Tutti i cittadini dell’UE sono uguali e vanno trattati in quanto tali. Non possiamo tollerare alcuna forma di discriminazione in base a un qualsiasi fattore contro alcun settore della nostra Comunità.

Durante un incontro svoltosi la scorsa settimana a Bruxelles, e lei lo ha lasciato intendere oggi, signor Commissario, e ne ho appena avuto la conferma da Philip Bushill-Matthews, ho sentito che non dovremmo agire, poiché sono state avviate procedure d’infrazione contro alcuni Stati membri per aver fallito nel conformarsi alle precedenti direttive. Non è possibile accettare una tale argomentazione. Non possiamo permettere agli Stati membri di costringerci a intervenire alla velocità del più lento in termini di attuazione e quindi di applicazione. Lei, signor Commissario, gode del diritto di iniziativa. Occorre che lo eserciti. E’ necessario che agiamo in modo rigoroso. Lei deve agire in modo rigoroso per garantire la piena conformità e non consentire agli Stati membri di giungere a un’intesa che ci indurrebbe a muoverci alla velocità del più lento.

Occorre inoltre concentrare la nostra attenzione sulla necessità di misure e applicazione, misure decise volte ad assicurare che gli Stati membri rispettino appieno le direttive approvate nel 2000. Apprezzo del tutto la relazione di Elizabeth Lynne.

 
  
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  Presidente . − Approfitto di un attimo di pausa per salutare, a nome di tutti voi del Parlamento, i numerosi gruppi di visitatori presenti sulle nostre tribune. Continuiamo il nostro dibattito.

 
  
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  Sophia in 't Veld Veld (ALDE) . (EN) Signor Presidente, nel 2004 la Commissione europea ottenne il via libera del Parlamento europeo solo dietro il solenne impegno di essere il difensore dei diritti fondamentali. Ma dire di sostenere l’uguaglianza non è abbastanza efficace. I cittadini dell’UE devono ottenere gli strumenti giuridici per difendere i loro diritti in tribunale. Ora, la Commissione europea è freneticamente alla ricerca di scuse per evitare una generale proibizione della discriminazione, ovvero che occorrono maggiori studi (come se nessuno si rendesse conto che la discriminazione è dappertutto), o che non c’è consenso nel Consiglio, condizioni che non hanno mai impedito alla Commissione europea di presentare le proprie proposte in altri settori, quali la politica energetica. E non dimentichiamoci che la discriminazione è già vietata in base ai trattati, ma, se non legiferiamo, i tribunali prenderanno il nostro posto. Pertanto, mi aspetto che la Commissione europea si assuma la propria responsabilità e reclami i diritti dei cittadini europei, poiché, qualora la direttiva orizzontale non avesse successo, che questo accada allora nel Consiglio e non nella Commissione.

(Applausi)

 
  
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  Elisabeth Schroedter (Verts/ALE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’onorevole in ‘t Veld lo ha affermato con chiarezza e io posso soltanto ribadirlo ancora una volta: abbiamo bisogno di una direttiva quadro al fine di concedere a ognuno la stessa tutela contro la discriminazione. Non è accettabile che a omosessuali e anziani, ad esempio, siano assegnati minori diritti delle persone con un passato di migranti. Dobbiamo porre fine a questa situazione con reale urgenza.

Inoltre, non posso che ricordarvi nuovamente che lo stesso Presidente Barroso si è impegnato in quest’Aula, quando sollecitava l’approvazione della Commissione da parte del Parlamento, ad avviare tale direttiva quadro. I quanto tedesca, devo dire che trovo cinica la condotta del governo tedesco. In Germania esiste una norma che protegge equamente tutte gli attributi, ma il governo sta conducendo una campagna a livello europeo contro la direttiva quadro senza alcun motivo plausibile. A mio parere, si tratta di velato populismo a discapito dei diritti umani.

 
  
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  Ria Oomen-Ruijten (PPE-DE) . – (NL) Signor Presidente, la lotta contro la discriminazione, basata su religione, genere o disabilità, è uno dei pilastri su cui si erge l’Unione europea. Questa politica è definita in tutti i nostri trattati e nella legislazione.

Per quanto riguarda la lotta contro la discriminazione diretta o indiretta basata sul genere, tale politica si è dimostrata un completo successo nell’Unione europea. Ora possiamo verificare la situazione per le direttive e i trattati e in seguito stabilire che, malgrado siamo dotati del processo legislativo più complesso del mondo, la politica non sta funzionando in modo adeguato.

Quindi, possiamo scegliere due strade. Secondo noi, la strada dell’opposizione è introdurre una nuova strategia di ampio confronto e risolvere i problemi con questo metodo. Non penso si possa procedere in questo modo. Ciò è stato comprovato dalla legislazione del 2000, in virtù della quale si sono intentate procedure d’infrazione contro 10 Stati membri, compresi i Paesi Bassi, a causa della mancanza di chiarezza nel funzionamento di certe disposizioni nella loro normativa in materia di pari trattamento. Una legislazione nuova e di ampio confronto non aiuterebbe, pertanto, cioè continuerebbe a essere solo chiacchiere.

Dovremmo quindi concentrarci in maniera sempre maggiore su mentalità e programmi d’azione, e garantire che non avvenga più alcuna forma di discriminazione, anche indiretta. Dobbiamo assicurare che migliori l’attuazione, e trovare pertanto una soluzione ai problemi che possono essere espressi con chiarezza, in altre parole quelli delle persone disabili.

Sostengo pienamente l’appello dell’onorevole Bauer e, dunque, quello di molti colleghi del mio gruppo, e mi auguro che il nostro ottimo quadro legislativo stia veramente per essere messo in pratica. Vi ringrazio.

 
  
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  Lissy Gröner (PSE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero ringraziare l’onorevole Lynne per la sua relazione; arriva al momento opportuno. Una parola a tutti i membri del gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei: la discriminazione salariale contro le donne è stata inclusa nel Trattato da 40 anni, eppure, nulla è essenzialmente cambiato. Se voi del gruppo PPE-DE avete intenzione di attenervi al vostro rifiuto di una direttiva orizzontale, è alquanto evidente che i vostri valori e principi si riferiscono alle belle parole e ai festeggiamenti nell’Unione europea. Non volete affatto un pari trattamento! Accettate la discriminazione contro gay e lesbiche, ad esempio. Volete che questa sia una cultura politica. No, non sono d’accordo!

Le pari opportunità comprendono tutti i parametri dell’articolo 13, e anche la discriminazione multipla deve essere inclusa alla fine. Una politica di non discriminazione può essere credibile solo se essa stessa non discrimina. Nell’Unione europea è avvenuto un profluvio di procedimenti e azioni. Si trattava di propaganda finalizzata a evitare certi standard minimi. Gli Stati membri che di colpo li hanno bloccati devono essere esortati. Sono state avviare procedure d’infrazione, anche contro il mio paese, la Germania.

Ora rivolgo un appello alla Commissione, a ogni singolo Commissario, affinché affermi chiaramente di essere favorevole a una precisa direttiva orizzontale e di porre fine a una disposizione gerarchica dei diritti umani nell’Unione europea. Dobbiamo applicare la nostra politica UE in conformità al trattato. L’articolo 13 è parte del Trattato e deve quindi includere tutto ciò, come indicato nella relazione Lynne.

 
  
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  Marco Cappato (ALDE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, grazie al lavoro della collega Lynne, questo Parlamento si accinge a chiedere di nuovo una direttiva orizzontale ed è la nona volta, Commissario Špidla, che il Parlamento chiede questo. Allora di fronte a un Parlamento che per la nona volta fa una richiesta così precisa, ci si attenderebbe una maggiore chiarezza da parte della Commissione in quest’Aula, anche perché corrisponde a un impegno del Presidente Barroso, crediamo anche al lavoro del cosiddetto impact assessment, che è in corso di elaborazione.

Francamente non si capisce, da parte di alcuni colleghi del gruppo popolare, questa idea di opporsi a una direttiva orizzontale. Si rimprovera giustamente a una certa sinistra il vizio di voler dividere la società per corporazioni e per rappresentanza di corporazioni. Mi sembra però che qui ora lo volete fare voi: i disabili sì perché magari è più politicamente corretto, altre forme di discriminazione: no aspettiamo...

La collega Oomen-Ruijten non c’è, ma è un altro vizio di una certa sinistra dire: ma più che le leggi serve cambiare la mentalità e questa volta lo sentiamo da parte dei colleghi del gruppo popolare. Parliamo di diritti individuali e parliamo della necessità di non giocare una corporazione contro un’altra, una minoranza contro un’altra, ma di assicurare la non discriminazione per il 100 per cento dei cittadini. Questo ha senso, questo vi chiediamo! Altri provvedimenti un po’ alla volta per una categoria e non per l’altra, francamente non ne abbiamo bisogno, non ne hanno bisogno i cittadini dell’Unione.

 
  
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  Anja Weisgerber (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo tutti d’accordo su un aspetto: siamo contrari a qualsiasi forma di discriminazione. Dovrei chiarirlo fin dall’inizio. Tuttavia, esistono diversi approcci per realizzare tale obiettivo. Sono del parere che la protezione contro la discriminazione non possa essere in definitiva disciplinata in modo migliore a livello europeo che a livello nazionale. Anche in questo caso, ci si attende una conformità al principio di sussidiarietà. Molti settori della vita sono attualmente guidati da regolamenti antidiscriminatori dell’UE. Negli ultimi anni sono state adottate quattro direttive contro le discriminazioni: la direttiva sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza, la direttiva a favore dell’occupazione, la direttiva per il pari trattamento e la direttiva di genere.

Attualmente, è in atto una moltitudine di procedure d’infrazione contro gli Stati membri a causa di problemi di recepimento del Trattato. A dire il vero, sono ora in corso procedure contro 20 paesi, ovvero i tre quarti degli Stati membri. Sembra ci sia una considerevole incertezza giuridica al proposito. Un approccio nuovo, ampio e reso troppo semplice sottoforma di una direttiva quadro è la risposta sbagliata alle incertezze giuridiche presenti. I problemi attuali devono innanzi tutto essere analizzati, prima che la Commissione proponga nuove direttive.

Altrimenti, il risultato sarà maggiore burocrazia, più costi per i cittadini e minore chiarezza giuridica, che non avvantaggiano nessuno, non la lotta alla discriminazione in particolare. Per questa ragione, io, come il mio gruppo, sono contraria ai paragrafi della relazione Lynne che chiedono una direttiva quadro, una direttiva orizzontale. Se altri gruppi si mostrano d’accordo, tuttavia, e persiste la richiesta di una direttiva quadro, sarò costretta a votare a sfavore della relazione, non perché mi opponga alla tutela contro la discriminazione, ma perché una direttiva quadro a livello europeo è il metodo sbagliato a mio parere. Nell’ambito della disabilità, tutti gli Stati membri, nonché la Comunità europea, hanno firmato la Convenzione ONU relativa ai diritti UN dei disabili. A questo proposito dobbiamo e rispetteremo i nostri obblighi. Tuttavia, non dovremo aiutare nessuno ad adottare un’altra direttiva quadro poco chiara e debole.

 
  
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  Richard Howitt (PSE) . (EN) Signor Presidente, quando nel 2000 sono stato correlatore di questo Parlamento per la direttiva sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza, l’allora Presidenza portoghese ci promise che non ci sarebbe stata gerarchia delle forme di discriminazione e che ne sarebbe derivata un’ulteriore legislazione.

Il 26 ottobre 2004, il Presidente Barroso s’impegnò in quest’Aula e durante questo mandato della Commissione per una direttiva quadro, e cito, su “tutte le forme di discriminazione”. Questa promessa è stata ribadita nella sua strategia politica annuale per il 2008. Ora è giunto il momento di mantenere la parola data.

Vorrei ricordare che non si tratta di una scusa il fatto che gli Stati membri in alcuni casi protraggano deliberatamente l’applicazione di un’attività non discriminatoria, ma è una scusa, e la Commissione non deve consentire che il più lento imponga la velocità degli altri.

Due settimane fa ho avuto un incontro con il Ministro federale Zypries in Germania e il Ministro Follett in Gran Bretagna. Sono disposti a discuterne. Diamo loro qualcosa di cui parlare!

Sono orgoglioso che abbiamo raccolto 1,3 milioni di firme per una normativa sulla disabilità. Ma, come presidente dell’intergruppo destinato alla disabilità di questo Parlamento, rendo noto il mio sostegno a una direttiva orizzontale. Non applicherete il concetto divide et impera.

Infine, non è positivo che i conservatori affermino di respingere la discriminazione basata su religione, età od orientamento sessuale, per poi votare contro una normativa su questi presupposti, negando pari diritti a europei, omosessuali, giovani, anziani e minoranze religiose. E Business Europe, durante la sua presentazione alla consultazione svolta dalla Commissione il 12 ottobre 2007, dovrebbe vergognarsi di dichiarare, e cito: “Business Europe non ritiene esistano prove di discriminazione dovute ad alcun fattore previsto dall’articolo 13”. Lo stesso gruppo pilota di imprese della Commissione ha dimostrato che l’89 per cento delle 293 aziende considerate ha affermato di volere una normativa UE per un’equa protezione. Ne hanno bisogno; il Parlamento esprimerà voto favorevole, l’Europa ne ha la necessità.

(Applausi dal centro e dalla sinistra)

 
  
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  Holger Krahmer (ALDE).(DE) Signor Presidente, ringrazio l’onorevole Lynne per aver dedicato il suo tempo a favore di una tematica come la non discriminazione e sono del tutto d’accordo con lei fino a un certo punto. Tuttavia, onorevoli Lynne, Schroedter, Gröner e in ‘t Veld, avete buone intenzioni, eppure, alla fine, non vi fate alcun favore se ora chiedete un’altra direttiva contro la discriminazione che superi ciò che esiste già in Europa.

Lo affermo piuttosto deliberatamente e senza mezzi termini in quanto omosessuale: non state facendo un favore a chi intendete tutelare. Alla fine, ci sarà un regolamento riguardante la non discriminazione di vasta portata a svantaggio di chi avete intenzione proteggere. Come può accadere? Qualora estendessimo l’antidiscriminazione all’accesso a beni e servizi e a una modifica dell’onere della prova, creeremmo un clima di discriminazione nascosta. Pochi datori di lavoro avranno intenzione di discutere di discriminazione. I candidati al posto di lavoro che rappresentano un rischio potenziale, magari a causa della loro foto sul passaporto, non saranno più contattati dal datore di lavoro in caso di dubbio.

In definitiva, non stiamo facendo alcun favore alle persone. Dovremmo invece preoccuparci del fatto che si stia modificando la direttiva sulla non discriminazione di cui disponiamo oggi e di vedere che cosa accade. Se generiamo una quantità aggrovigliata di burocrazia e cause, nonché incertezza giuridica, tra i cittadini dell’Unione europea, calerà il consenso per regolamenti in materia di non discriminazione.

 
  
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  Carlo Fatuzzo (PPE-DE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, quanto tempo, Presidente, spero di utilizzarlo al meglio abituato come sono a parlare solamente un minuto. Ho sentito il carissimo amico Philip Bushill-Matthews esprimere la sua abitudine ad essere sempre d’accordo con l’onorevole Elisabeth Lynn e che questa volta è un’eccezione che conferma la regola, invece ha una posizione completamente contraria.

Io devo dire al caro amico Philip che anche noi due siamo sempre d’accordo, ma questa volta, senza tradire la tradizionale nostra convergenza in tutte le decisioni, debbo dirti che ti trovi davanti ad un’eccezione, perché sono assolutamente favorevole a questa proposta di direttiva orizzontale, che c’è rivolta alla Commissione dall’onorevole Lynn, e come potrei essere di diverso avviso quando sono oramai quarant’anni che vedo in Italia, dove abito e dove vivo, discriminazioni nei confronti dei cittadini a causa dell’età per cui gli anziani sono privi di diritti solo perché sono anziani.

Mi riferisco soprattutto al fatto che in Italia esiste una legge che gli inabili, se sono giovani hanno diritto a una pensione, se sono anziani con le stesse malattie, non hanno diritto a quelle pensioni. Io non vedo come si possa attendere ancora anni ed anni perché ci sia possibilità legale, come ha ben spiegato l’onorevole in’t Veld, di agire presso i tribunali per il rispetto dei diritti che l’articolo 13 del Trattato di Amsterdam riconosce a tutti i cittadini dell’Unione europea.

 
  
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  Zita Gurmai (PSE) . (HU) Onorevoli colleghi, l’unità europea è basata non solo sull’economia, ma anche su numerosi valori importanti. Tali valori includono l’inviolabilità di dignità umana, libertà, responsabilità, solidarietà, diversità, e osservanza del principio di non subire discriminazioni. Comprendono inoltre tolleranza e rispetto reciproco.

Oltre alle dichiarazioni politiche, è importante che tali principi siano tradotti in norme in modo da garantire che non si compiano più distinzioni su base discriminatoria, e che le persone siano protette in modo esauriente. Il progetto europeo sarà realizzabile solo riusciremo ad assicurare che i gruppi svantaggiati nella società siano in grado di esercitare i loro diritti. Un’integrazione completa di questi gruppi è nel nostro interesse comune, e dobbiamo intraprendere misure appropriate per far sì che ciò accada.

E’ pertanto nell’interesse di ogni Stato membro garantire che tutte le disposizioni delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE siano recepite in modo accurato ed effettivo nella loro interezza e applicate in maniera adeguata, cosicché il recepimento delle direttive nel diritto nazionale beneficerà davvero i gruppi svantaggiati.

La legislazione ha un significato solo se messa in pratica. Verificare l’attuazione della normativa è un incarico particolarmente importante, e un aspetto cui occorre prestare speciale attenzione a livello comunitario e degli Stati membri. Abbiamo bisogno di concepire sistemi di controllo che ci consentano di condurre studi d’impatto. Dobbiamo coinvolgere organizzazioni non governative che forniscano indicazioni concrete, e impegnarci in un dialogo sociale con queste ultime. Sono certa che il Presidente Barroso credeva in ciò che ha affermato nel 2004, all’inizio del suo mandato. Spero continui a farlo.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE) . (EN) Signor Presidente, desidero commentare due aspetti di questa eccellente relazione di Elizabeth Lynne. Sostengo pienamente l’invito ad alcuni Stati membri e ad altre parti interessate di raccogliere, elaborare e rendere note statistiche esaustive, accurate, confrontabili, affidabili e distinte riguardanti alla discriminazione e quindi di pubblicare tali statistiche in maniera facilmente comprensibile dall’opinione pubblica. In tal modo, ritengo che i cittadini capiscano da soli la necessità di cambiamento. Appoggio del tutto la richiesta di una direttiva completa e di ampio respiro. Si tratta di un settore in cui l’UE può raggiungere un cambiamento strategico una volta attuata la normativa.

Infine, in riferimento al Trattato di Lisbona, la scorsa settimana sono stata lieta di ascoltare le osservazioni della Presidenza slovena relative al programma di lavoro per il 2008 in merito alla risposta per la campagna “Un milione di firme per la disabilità”. Ciò indica che la Presidenza, e spero la Commissione, stiano prestando attenzione ai cittadini e tengano in considerazione le loro preoccupazioni. Si tratta di un segnale molto promettente a favore dell’iniziativa dei cittadini come contenuta nel Trattato di Lisbona, ma intendo nuovamente esprimere il mio deciso sostegno per una direttiva completa. Non può esistere una gerarchia delle forme di discriminazione.

 
  
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  Pier Antonio Panzeri (PSE) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, condivido il lavoro svolto dall’onorevole Lynne. Devo dire che la discussione di questa relazione avviene in un momento particolare per l’Europa e vorrei che la Commissione e lei, signor Commissario, avessero la piena consapevolezza che in realtà oggi sembrano non avere.

Il tema non riguarda solo i progressi in materia di pari opportunità e non discriminazione relativi all’occupazione e alle condizioni di lavoro, la questione centrale investe la necessità di una direttiva orizzontale sulla parità di trattamento che comprenda tutti i motivi di discriminazione. C’è un clima d’intolleranza e ostilità che si sta alzando in Europa e che sta producendo già oggi, pensiamo all’immigrazione e ai rom, processi di discriminazione su basi etniche. Guai a noi a chiudere gli occhi!

Da qui l’urgenza di una direttiva esaustiva che copra tutte le discriminazioni allo scopo di completare il pacchetto di norme antidiscriminazione ai sensi dell’articolo 13 del Trattato, ma che serva anche per innalzare il livello del confronto culturale in Europa, un confronto che ne elevi la qualità e sia convincente, un confronto del quale si sente la massima urgenza.

Per questo dico a lei, Signor Commissario, e alla Commissione, di mostrare un po’ più di coraggio politico che fino ad ora non c’è assolutamente stato!

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE) . – (PL) Signor Presidente, l’occupazione costituisce uno dei principali fattori dell’integrazione sociale. Ciononostante, la disoccupazione tra numerosi gruppi, in particolare donne, disabili, minoranze etniche, migranti, anziani e giovani che entrano nel mondo del lavoro, rimane a un livello inaccettabilmente elevato.

Il fatto che in alcuni Stati membri si notino difetti sostanziali in recepimento e applicazione delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE, e una mancanza di informazioni indirizzata ai cittadini europei riguardante la possibilità di intraprendere azioni legali in caso di discriminazione, sono fonte di preoccupazione. E’ importante che i governi degli Stati membri abbattano il prima possibile le barriere derivanti dalla discriminazione nei processi di assunzione del mercato del lavoro.

Le agenzie pubbliche rivestono un ruolo fondamentale nella promozione di uguaglianza e non discriminazione, poiché, ai sensi dell’articolo 13 del Trattato CE, gli Stati membri dovrebbero garantire un recepimento adeguato ed effettivo e un’applicazione appropriata di queste direttive, in modo che la lotta contro la discriminazione nell’Unione europea sia costituita da azioni coordinate e conformi a un approccio consolidato nel combattere la discriminazione.

 
  
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  Metin Kazak (ALDE) . (BG) Signor Presidente, onorevoli colleghi, l’adozione e l’attuazione di una normativa esaustiva sulla non discriminazione negli Stati membri dell’Unione europea è un risultato tangibile ed è indicativo di quanto sia sensibile una società che rispetta i principi di pari trattamento di tutti i cittadini, indipendentemente da origine etnica, fede, genere, età, salute o condizione economica.

Appoggio l’appello che l’onorevole Lynne esprime nella sua relazione al fine di adottare una direttiva completa priva di qualsiasi gerarchia dei principi di non discriminazione. Dovremmo, tuttavia, prendere atto che, in Europa, la discriminazione contro i cittadini che appartengono a minoranze etniche o religiose, resta la forma più frequente di violazione del loro diritto fondamentale di essere trattati allo stesso modo degli altri cittadini appartenenti a gruppi maggioritari.

In certi Stati membri, discorsi di odio, islamofobia e altre forme di xenofobia, alimentati da stereotipi, pregiudizi e cliché del passato, inducono un atteggiamento di discriminazione latente verso minoranze etniche o religiose. Ragione per cui il Parlamento europeo ha dimostrato di considerare importante richiamare l’attenzione della Commissione e degli Stati membri…

(Il Presidente interrompe Metin Kazak)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, ci troviamo tutti piuttosto d’accordo sul fatto che si debba intraprendere ogni misura concepibile contro la discriminazione. Quindi, il Parlamento europeo si è inoltre ripetutamente espresso a favore dell’adozione di una nuova direttiva. Esistono già quattro direttive simili e una è potenzialmente completa allo stadio di disegno di legge. Ciò significa che stiamo includendo un raggio molto ampio di provvedimenti per la non discriminazione.

Ora, tali misure saranno finalmente attuate. Sono in corso 28 procedure d’infrazione, il che significa che alla fine l’appello per attuare ciò che è stato deciso in quest’Aula sta giungendo agli Stati membri. Sono contrario a intraprendere una seconda iniziativa subito dopo la prima, ovvero adottare un’altra direttiva con un’abbondanza di nuove barriere laddove sono necessarie autorità incaricate delle questioni di parità. Ciò comporta di nuovo maggiore burocrazia. Il fatto che le ONG debbano per legge essere incluse in tutta la legislazione non ci fa progredire in termini di consultazione, ecc. Se sosteniamo la non discriminazione, dobbiamo quindi discutere a favore dell’attuazione una volta per tutte negli Stati membri di ciò che attualmente è legge.

 
  
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  Ewa Tomaszewska (UEN) . – (PL) Signor Presidente, vorrei esprimere un’osservazione sull’inaccettabile discriminazione delle donne incinte, in particolare alla luce della contrazione demografica in Europa. Nonostante i divieti giuridici, i datori di lavoro chiedono alle giovani donne candidate per un posto di lavoro di presentare una dichiarazione medica che certifichi che non sono in attesa di un bambino. Se si rifiutano di fornirla, le loro possibilità di ottenere il lavoro svaniscono. Si tratta di un campo d’azione complicato, ma necessario per l’ispettorato del lavoro. Anche le famiglie con molti figli incontrano la discriminazione. Il reddito medio pro capite in queste famiglie è solitamente molto più basso rispetto a quello delle famiglie con madri single. Dall’altro lato, prestazioni familiari e assistenza sociale sono normalmente inferiori nel loro caso, e gli oneri fiscali più elevati. Di regola, quando si parla di discriminazione, non si trattano tali problemi.

 
  
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  Gabriela Creţu (PSE) . (RO) In attesa di una direttiva orizzontale, è possibile notare che esistono una normativa europea e una nazionale contro la discriminazione, numerosi impegni politici, nonché sistemi istituzionali specifici. Malgrado questi fattori apparentemente positivi, il livello di recepimento, l’applicazione e l’efficienza delle misure adottate sono tuttora molto ridotti in molti Stati membri. Per ottenere la parità tra uomini e donne, è essenziale un posto di lavoro adeguatamente retribuito.

Pertanto, proponiamo che la Commissione avvii un progetto integrato di azioni positive per il mercato del lavoro al fine di ridurre l’artificiosa divisione di genere in quest’ambito e i divari strutturali nelle retribuzioni che ancora esistono tra le branche giudicate femminili e quelle giudicate maschili. In questo progetto, introdurre la dimensione di genere nella preparazione dei bilanci europei, nazionali e locali, rappresenta uno strumento essenziale volto a ridurre i divari strutturali e ad attuare il principio di pari retribuzione per pari lavoro.

 
  
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  Jim Allister (NI) . (EN) Signor Presidente, quando la relatrice ha preso la parola, ha affermato che ogni cittadino dell’UE deve essere trattato in modo equo. Purtroppo, la stessa relatrice sembra non crederci. Se lo facesse, questa relazione si opporrebbe al fatto che l’UE, mediante una deroga, autorizzi la discriminazione su base religiosa nel mio collegio elettorale dell’Irlanda del Nord; in particolare, la discriminazione contro i protestanti che vorrebbero unirsi al Servizio di polizia dell’Irlanda del Nord.

Sì, in quest’Unione europea esiste un’esplicita discriminazione religiosa, permessa in questo modo. Pertanto, quando sento affermazioni altisonanti contro la discriminazione, penso a molti giovani elettori protestanti che volevano entrare in polizia, che hanno conseguito punteggi migliori rispetto ai candidati cattolici, ma che hanno visto queste persone superarli poiché la discriminazione è legale, prevista dalla legislazione. Quindi, finché non otterremo un’applicazione orizzontale contro la discriminazione…

(Il Presidente toglie la parola all’oratore)

 
  
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  Siiri Oviir (ALDE) . (ET) Signor Commissario, signor Presidente, onorevoli colleghi, la parità dinanzi alla legge e la tutela contro le discriminazioni sono un diritto umano di ciascuno, concetto affermato nelle costituzioni dei nostri Stati membri, di tutti gli Stati membri. Ciononostante, i nostri cittadini non sono esenti da forme di discriminazione. Ad esempio, la parità generica dei diritti sul lavoro è disciplinata conformemente al diritto comunitario; tuttavia, abbiamo prestato minore attenzione alla conformità alla sua attuazione. In quale altro modo è possibile spiegare gli studi pubblici annui di Eurostat che mostrano grandi disparità nella retribuzione di uomini e donne negli Stati membri? Nel mio paese d’origine, l’Estonia, il divario è pari al 27 per cento a discapito delle donne. Questo è il punto in cui ci trovavamo dieci anni fa, ed è lo stesso in cui ci troviamo ancora oggi.

Garantire una tutela di questo diritto è importante quanto un regolamento equo della questione. Dobbiamo occuparci di tale aspetto e, ove necessario, avviare procedimenti legali contro le infrazioni. I nostri cittadini hanno bisogno di certezza giuridica.

 
  
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  Neena Gill (PSE) . (EN) Signor Presidente, le mie congratulazioni all’onorevole Lynne per questa direttiva, poiché, nell’Anno europeo del dialogo interculturale, che mira a promuovere la comprensione reciproca e a mettere in risalto la diversità d’Europa, sono sorpresa e spaventata per i livelli di discriminazione esistenti, discriminazione non solo dovuta alla razza, ma a disabilità, orientamento sessuale e invecchiamento. La discriminazione non è esclusivamente un problema presente sul mercato del lavoro, ma riguarda casa, istruzione, servizi pubblici e privati e persino questioni religiose.

Sono particolarmente preoccupata per la disparità del grado di integrazione delle minoranze nei diversi Stati membri, come indicato dal rapporto della politica in materia di migrazione. Tale documento dimostra la mancata attuazione e applicazione degli standard minimi per quanto riguarda la non discriminazione, che abbiamo cercato di estendere all’UE. Invito la Commissione ad affrontare tale questione, non solo con gli Stati membri, nonché di intraprendere un’azione più rigorosa nell’ambito delle istituzioni europee.

Infine, prima delle elezioni europee, vorrei chiedere a quest’Aula in che modo stia tentando di essere un modello per il resto d’Europa contro la discriminazione. Ancora solo il 30 per cento di deputati è donna, e soltanto 9 europarlamentari non sono bianchi.

 
  
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  Thomas Mann (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, Quali elementi sono efficaci contro la discriminazione e sostengono la tutela delle persone disabili? Campagne di sensibilizzazione, informazioni, interventi, ma non l’accentramento delle questioni giuridiche con una nuova normativa UE. Forse una tigre di carta, anziché una direttiva orizzontale completa? E’ importante applicare le quattro direttive esistenti. Solo in Germania, organizzare corsi di formazione necessari in quanto parte della legge generale in materia di parità, costa oltre 1,7 miliardi di euro l’anno.

Ritengo che la legge sui diritti civili sia giusta. Fornisce regolamenti per imprese con 15 dipendenti o più e si evitano costi amministrativi e finanziari elevati, una clausola riguardante la tutela delle PMI è appropriata. Inoltre, credo sia importante che i nostri dubbi, che l’onorevole Lynne purtroppo non è riuscita a dissipare poiché non ha tenuto in considerazione i nostri emendamenti, stiano svanendo: non possiamo votare a favore di questa relazione, che afferma che il denaro pubblico dovrebbe essere usato per sostenere le vittime di discriminazioni. L’onorevole Lynne avrebbe dovuto ascoltarci in merito, ma sfortunatamente non lo ha fatto.

 
  
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  Miloslav Ransdorf (GUE/NGL) . (CS) Desidero menzionare due questioni. La prima riguarda i trasporti. Circa un terzo della popolazione europea è soggetta a problemi connessi alla mobilità. Al fine di offrire ai cittadini pari opportunità relative all’accesso alle informazioni, al lavoro e così via, occorro sforzi considerevoli per introdurre una norma sui trasporti privi di barriere. La seconda questione riguarda i disabili mentali. Ritengo sarebbe utile rivedere il Libro bianco sulla protezione della salute mentale, poiché numerose persone nell’Unione europea soffrono di stress, il che rappresenta altresì uno svantaggio per chi si deve adeguare alle condizioni del mercato del lavoro.

 
  
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  Gay Mitchell (PPE-DE) . (EN) Su mozione d’ordine, signor Presidente, mi rendo conto che non è mi stata concessa la parola, ma ciò che ha affermato l’onorevole Allister in merito alla discriminazione contro i protestanti nella forza di polizia in Irlanda del Nord è del tutto infondato. La polizia è al 90 per cento un’organizzazione protestante…

(Il Presidente toglie la parola all’oratore)

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Onorevoli deputati, la discussione ha dimostrato la rilevanza della lotta alla discriminazione. La prima questione su cui, in pratica, concordano tutti è la necessità di un’attuazione più efficace della legislazione in tutti gli Stati membri. Come osservato nella discussione, la Commissione è molto rigorosa in merito e non esita ad avviare procedure d’infrazione contro quei paesi che non hanno applicato per intero la legislazione. Tuttavia, semplici statistiche numeriche non offrono un quadro completo, poiché questi dati includono diversi tipi di procedure d’infrazione, da quelle tecniche e organizzative a quelle riguardanti l’ambito della protezione. In ogni caso, posso affermare con sicurezza che tutti i paesi con cui siamo impegnati in un dibattito sono pronti, e che non ci sono dubbi sulla loro volontà di attuare pienamente le direttive contro la discriminazione.

La prossima questione è relativa agli ulteriori progressi in merito alla legislazione. Ho asserito con chiarezza che la Commissione ha raggiunto la fase finale per decidere quale azione conclusiva intraprendere. Questa fase terminerà entro il mese di giugno di quest’anno e presenteremo le relative proposte. La discussione che ora si sta svolgendo in Parlamento è di certo una fonte importante del processo decisionale.

Permettetemi di trattare due interventi che si sono contrapposti alla discussione più generale introducendo un argomento leggermente insolito. Il primo riguardava la notizia che un corso di non discriminazione nella Repubblica federale di Germania costi 1,7 miliardi di euro. Non contesto questi dati. Ritengo sarebbe piuttosto interessante confrontarli con i costi dei corsi sulla normativa fiscale ad esempio. Potremmo scoprire che simili costi di transizione solitamente accompagnano modifiche legislative. In altre parole, argomentazioni puramente economiche non offrono un quadro completo.

L’altro intervento riguardava la questione della polizia in Irlanda del Nord. Posso solo dire che, secondo le informazioni in mio possesso, il Servizio di polizia dell’Irlanda del Nord ha avviato una valida iniziativa volta ad affrontare il problema citato dall’onorevole Allister.

Onorevoli colleghi, il tempo a nostra disposizione non ci consente di continuare questa approfondita e interessante discussione. Basta dichiarare che siamo entrati in una rilevante fase decisionale e che la nostra discussione fa parte di questo processo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MECHTILD ROTHE
Vicepresidente

 
  
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  Elizabeth Lynne, relatrice. (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare i colleghi per i loro commenti. Sono lieta che pare abbiamo il sostegno della maggioranza di quest’Aula a favore di una direttiva completa. Mi auguro che la successiva votazione odierna lo dimostrerà.

Vorrei inoltre lodare nuovamente il Commissario Špidla, poiché so che è stata sua la reale iniziativa di presentare una direttiva completa e la richiesta in merito nel programma di lavoro. Mi spiace soltanto che la sua visione non pare essere vincente con il resto della Commissione. Speriamo che, trasmettendo l’invito per una direttiva esauriente, gli forniremo maggiore facoltà di discutere il caso.

Ho chiesto al Commissario Špidla di rendere note le valutazioni d’impatto. So che sono già state ultimate. Sono un po’ preoccupata dal momento che sono venuta a conoscenza che ci sono state valutazioni d’impatto diverse e sono state lievemente modificate siccome ci esprimiamo a favore di una visione nella Commissione, anziché di un’altra. Vorrei un chiarimento al proposito per capire se le voci che ho sentito sono vere.

Sono molto soddisfatta che altri Stati membri abbiano appoggiato la sua richiesta nel programma di lavoro per tale direttiva completa. Questioni specifiche relative a tutti gli ambiti (disabilità, età, religione o fede, orientamento sessuale) possono, credo, essere incluse in un’unica esauriente direttiva. L’istruzione non è la soluzione. Abbiamo tentato. Per quei deputati che ne parlavano: l’istruzione non funziona.

Si tratta inoltre di accesso a beni e servizi, non di occupazione. So che tutte le delegazioni tedesche hanno problemi in merito poiché la direttiva a favore dell’occupazione è stata placcata d’oro dal governo tedesco. Pertanto lasciamo stare. Diversi Stati membri presentano vari problemi: disabilità, età, orientamento sessuale, religione o fede. Certi paesi membri ne prevedono alcuni, i restanti altri e perciò è importante risolvere la questione, disporre di una direttiva esauriente e non lasciare indietro nessuno.

 
  
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  Presidente . − La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà oggi alle 12.00.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Iles Braghetto (PPE-DE) , per iscritto. – Esprimo il mio apprezzamento per il lavoro svolto dalla relatrice in merito ad un tema che considero di grande importanza per lo sviluppo di politiche europee più giuste ed effettive contro la discriminazione.

Il principio della non-discriminazione, infatti, è parte del nucleo duro di valori che hanno sempre costituito la base della costruzione europea e deve essere per questo protetto concretamente, di modo che i cittadini europei, soprattutto quelli appartenenti a categorie più svantaggiate quali i disabili, siano tutelati di modo efficace contro qualsiasi forma di discriminazione.

La non-discriminazione è fondamentale in materia di occupazione, ma necessaria e auspicabile in ogni settore della vita dei cittadini (come l’educazione o i servizi sociali) perché in grado di favorire enormemente l’integrazione sociale e lo sviluppo delle potenzialità di ogni cittadino europeo.

Concludo esprimendo il mio appoggio per l’adozione celere di una direttiva quadro completa ed efficace sulla non-discriminazione, che permetta agli Stati membri di agire uniti in questo ambito e di adottare politiche coerenti ed effettive volte a consentire ai cittadini di sentirsi realmente tutelati da parte di una normativa chiara ed esaustiva a livello europeo e nazionale.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) In quanto membro della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sostengo appieno la relazione dell’onorevole Lynne. Non ho dubbi che il diritto internazionale in vigore e le nostre decisioni a livello UE siano, sotto un aspetto formale, soluzioni valide e auspicabili. Mi spiace, quindi, che la loro entrata in vigore si trovi continuamente di fronte numerosi ostacoli, anche nella nostra Europa, che sembra maggiormente democratica e meno discriminatoria.

E’ sorprendente che occorra chiedere agli Stati membri dell’UE di trattare nel pieno rispetto le disposizione della direttiva 2000/78/CE e di condurre una costante e sistematica verifica dei progressi nell’eliminazione di tutte le forme di discriminazione dalla vita politica, sociale ed economica.

Questo aspetto è particolarmente importante per i cittadini del mio paese, la Polonia, che, approfittando dei vantaggi del mercato unico e della libera circolazione delle persone, vivono e lavorano in molti paesi dell’UE. Mi spiace molto dover riferire che ci sono sempre maggiori prove di discriminazione contro i miei connazionali solo in base alla loro nazionalità. Stanno giungendo informazioni preoccupanti di questo genere dalla Germania, dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda. Sarebbe un paradosso se il Parlamento europeo fosse impegnato nella lotta alle forme di discriminazione nel mondo in maniera seria ed efficace, senza riuscire a gestire il rispetto per i diritti umani al nostro interno, vale a dire negli Stati membri dell’UE. Tutti i cittadini europei di certo meritano un pari trattamento e non uno discriminatorio!

 
  
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  Anneli Jäätteenmäki (ALDE) , per iscritto. (FI) L’argomento in discussione è rappresentato da pari opportunità e non discriminazione nell’Unione europea.

Pari opportunità e non discriminazione sul posto di lavoro sono principi fondamentali dell’occupazione, e gli Stati membri non dovrebbero avere problemi nel rispettarli. Secondo la relazione dell’onorevole Lynne, tuttavia, le direttive non sono applicate in maniera efficace o appropriata.

Il problema è grave poiché, come sostiene la relazione dell’onorevole Lynne, la lotta alla discriminazione e i diritti umani sono le priorità dell’UE ai sensi dell’articolo 13 del Trattato CE.

Un esempio che viene dalla Finlandia riguarda una donna che non era idonea a ricevere un indennizzo per la disoccupazione dopo aver finito di occuparsi del figlio disabile. E’ inopportuno che l’attività di cura domiciliare non sia apprezzata in modo adeguato e che le norme consentano questo tipo di discriminazione. Ricordando questo caso, appoggio il paragrafo 36 della relazione dell’onorevole Lynne, che afferma che il campo d’applicazione dei principi di parità e non discriminazione debba essere ampio ed estendersi alla sicurezza sociale.

Sono inoltre favorevole alla richiesta dell’onorevole Lynne al Parlamento europeo di raccomandare agli Stati membri di investire maggiori risorse e potenziare le istituzioni che lavorano per promuovere tali principi. Sostengo anche il suo invito a consolidare lo status delle ONG, in modo che anch’esse possano affrontare in maniera adeguata ed efficiente i problemi esistenti negli Stati membri.

 
  
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  Katalin Lévai (PSE) , per iscritto. (HU) Di certo è pertinente che la relazione dell’onorevole Lynne sulle pari opportunità sia oggi all’ordine del giorno per essere discussa. Di recente, il 17 maggio, abbiamo espresso la nostra solidarietà a transessuali, bisessuali e omosessuali.

In giorni od occasioni speciali avviene spesso che si guardi al passato. Purtroppo, come dimostra la relazione, occorre compiere ancora molto lavoro per quanto riguarda le pari opportunità. La disoccupazione è tuttora elevata a un livello inaccettabile tra donne, migranti, persone con disabilità, minoranze etniche, e chi possiede competenze molto specifiche o non riconosciute. Nel settore dell’occupazione, consiglio quindi di introdurre un sistema europeo di controllo per le pari opportunità che potrebbe fornire un sostegno sottoforma di vantaggi fiscali e/o possibilità di PR per datori di lavoro che danno la precedenza alla creazione di pari opportunità.

Istituirebbe anche una “lista nera” di datori di lavoro che non osservano affatto questi criteri. Tale iniziativa avrebbe un effetto motivante sulle imprese, offrendo nello stesso tempo a chi cerca lavoro nuove prospettive e chiarezza. Purtroppo, nell’Europa centrale e orientale continuano a diffondersi politiche estremiste e populiste, ma, talvolta, anche il quadro dell’Europa occidentale che ne otteniamo è negativo. Discriminazioni inopportune contro i rom sono in aumento, e le forze estremiste stanno demolendo le loro dimore. E’ a tale proposito che la necessità di una strategia europea per i rom, come proposto dai socialisti, nonché l’esigenza di un intervento urgente a livello europeo divengono più evidenti. La legislazione negli Stati membri prevede diversi gradi di protezione contro la discriminazione.

Spesso, non esiste un metodo uniforme di attuazione della legislazione, con la conseguenza che tale azione non è soddisfacente. Occorre coordinare gli sforzi per applicare la legislazione, tenendo in considerazione la prospettiva orizzontale dell’Unione europea, le autorità nazionali e locali, e garantendo una conformità generale. Prima di adottare la legislazione, sarebbe importante condurre lo studio di impatto sociale e una valutazione annuale dell’applicazione da parte degli Stati membri.

 
  
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  Marianne Mikko (PSE) , per iscritto. (ET) Non discriminazione e diritti umani sono valori fondamentali dell’Unione europea. Costituiscono il fondamento su cui cerchiamo di costruire un futuro comune e non può esserci compromesso al proposito. Ciò è ribadito con chiarezza nell’articolo 13, che deve servire da guida per qualsiasi questione relativa ai cittadini europei.

La tutela contro la discriminazione basata su età, orientamento sessuale, fede religiosa o disabilità attualmente manca in ambiti quali il regime previdenziale, beni e servizi, assistenza sanitaria e istruzione. Purtroppo, non esiste normativa UE in questi settori. Se non discriminazione e diritti umani sono molto importanti per noi, non possono esserci dubbi che occorra un’unica direttiva orizzontale che ponga fine alla gerarchia dei diritti, alla situazione in cui la discriminazione è illegittima in un settore, ma consentita in un altro e alla situazione in cui razza e disabilità sono sostanzialmente più tutelate di altri ambiti stabiliti nell’articolo 13. Nell’ottica di questa relazione, chiedo alla Commissione di non fare marcia indietro e di elaborare una direttiva completa per combattere la discriminazione ai sensi dell’articolo 13 del Trattato CE.

In un’azione senza precedenti, numerose organizzazioni europee no profit si sono espresse a favore di una direttiva orizzontale per offrire tale protezione; analogamente, a Bruxelles esistono diversi organi di coordinamento attivi in vari settori, quali la lobby europea delle donne, AGE e molti altri. Una direttiva orizzontale sulla lotta contro la discriminazione che includa previdenza sociale, beni e servizi, assistenza sanitaria e istruzione è l’unico modo per promuovere la tutela dei diritti umani nell’Unione europea. Si osservano fin troppi esempi di discriminazione in tutti i settori. La Commissione non deve chiudere gli occhi e ricreare una gerarchia tra i diritti nell’UE.

 
  
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  Csaba Sándor Tabajdi (PSE) , per iscritto. (HU) In quanto presidente dell’intergruppo per le minoranze nazionali, accolgo con favore la relazione dell’onorevole Lynne, che valuta con attenzione ciò che è già stato ottenuto per quanto riguarda il diritto a non subire discriminazioni, e descrive le azioni da intraprendere.

La normativa comunitaria riguardante il diritto a non subire discriminazioni è particolarmente importante poiché proteggere l’individuo non è sufficiente. Le persone non subiscono discriminazioni in quanto singoli, ma in quanto membri di un gruppo: ad esempio perché appartengono a una minoranza etnica, sono anziani, donne, disabili, fanno parte di una minoranza sessuale, o sono rom. Per questo motivo, l’unico metodo di tutelare efficacemente gli individui appartenenti ai vari gruppi minoritari è proteggere l’intero gruppo. La relazione evidenzia, giustamente, che le due direttive esistenti stabiliscono requisiti minimi, e pertanto occorre procedere per sviluppare una politica comunitaria contro discriminazioni negative e una direttiva orizzontale sulla non discriminazione. Inoltre, nella relazione è molto importante la richiesta alla Commissione di lavorare per l’istituzione di una definizione comune e a livello UE del termine “azione positiva”. La relazione richiama altresì particolare attenzione sulla necessità di una protezione sociale specifica per le comunità minoritarie, e soprattutto per la comunità Rom. In questo quadro, vorrei ricordarvi il paragrafo 25 della relazione Ždanoka, sullo stesso argomento, che pone l’accento sull’importanza della partecipazione delle minoranze nazionali tradizionali ai processi decisionali.

Secondo questo paragrafo, le minoranze nazionali hanno bisogno di norme politiche quadro che consentano loro di partecipare in modo efficace ai processi decisionali relativi alla loro identità mediante diverse forme di autogoverno o autonomia.

 

7. Una politica marittima integrata per l’Unione europea (discussione)
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  Presidente . − L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Piecyk, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, su una politica marittima integrata per l’Unione europea [(2008/2009(INI)] (A6-0163/2008).

 
  
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  Willi Piecyk, relatore. (DE) Signora Presidente, sono lieto che lei rivesta questo incarico per la seconda volta in occasione di una discussione relativa alla politica marittima. Era presente in Aula anche un anno fa.

Signor Commissario, iniziamo con le buone notizie. Questa sera, a Lubecca, nella chiesa di San Giacomo, si svolgerà la prima Giornata europea dei mari. Questa chiesa è la sede del memoriale internazionale per la navigazione marittima civile. Il Commissario Barrot lo ha inaugurato lo scorso anno. Questa sera i comandanti vi discuteranno le loro condizioni di vita e di lavoro. I pastori confidavano nei Presidenti del Parlamento, nel Consiglio e nella Commissione per proclamare veramente il 20 maggio Giornata europea dei mari questo pomeriggio. Questa è una fonte di soddisfazione e dovrebbe far sì che l’Europa presti maggiore attenzione ai suoi mari.

Solo chi crede che un giorno simile sia di fatto anche una politica marittima si sbaglia proprio; una giornata dei mari come questa non dovrebbe degenerare in mero simbolismo. Ciò significa che deve rientrare nel quadro politico. E’ necessaria una politica per questioni sociali, sicurezza marittima e protezione del clima. Prendiamo le condizioni di vita e di lavoro a bordo delle navi: è un anacronismo malvagio che un’intera serie di regolamenti in materia di protezione sociale e occupazionale non si applichi ai naviganti. E’ una situazione che deve cambiare e anche la Commissione è di questo parere. Siamo in attesa di iniziative in merito.

L’Organizzazione internazionale del lavoro ha adottato, nel 2006, la Convenzione sul lavoro marittimo. Finora l’hanno ratificata tre paesi: Bahamas, Liberia e le Isole Marshall. Dove sono gli europei? Se il Consiglio ha intenzione di migliorare la sicurezza navigazionale e marittima, deve fare semplicemente una cosa: adottare finalmente il pacchetto Erika III. E’ un po’ troppo che il Consiglio si sta occupando della questione della sicurezza marittima in maniera così lenta. Nel frattempo, sono trascorsi oltre 12 mesi dalla prima lettura in Parlamento, e finora non abbiamo ancora nemmeno ottenuto un unico punto di vista. I disastri Erika e Prestige di fatto dovrebbero essere avvertimenti e promemoria sufficienti per intervenire dopo una lunga attesa.

Il pacchetto per la protezione del clima, presentato dal Presidente della Commissione Barroso in gennaio, fa riferimento alla possibilità di includere, probabilmente, il trasporto marittimo nelle quote di emissioni. Questa iniziativa è blanda, non è sufficiente. A mio parere, la politica marittima deve ottenere almeno quattro fattori relativi alla protezione del clima: integrazione del trasporto marittimo nelle quote di emissioni, ora non in un tempo indefinito; una riduzione sostanziale delle emissioni inquinanti (CO2, SO2 e NOX); l’uso di energie rinnovabili quali l’energia eolica e solare. Nei porti, bisogna che i motori delle imbarcazioni smettano di produrre la propria energia a discapito delle persone e della natura. Al contrario, occorre inoltre fornire energia dalla terra, in modo che le imbarcazioni in porto si allaccino a una spina elettrica.

Nel Mare del Nord e nel Baltico ci sono dozzine di antiche munizioni delle guerre passate. Ne derivano rischi temibili. Occorre quindi un piano d’azione per individuare e rimuovere questi resti vecchi e pericolosi. Negli ultimi mesi siamo venuti a conoscenza che pirati hanno attaccato cittadini europei e imbarcazioni europee al largo delle coste africane. Sono pertanto necessari precisi regolamenti internazionali e un sistema di assistenza in mare aperto, e dobbiamo proteggere non solo le coste dai mari, ma anche i mari dalle coste. Il rischio maggiore per i mari giunge ancora dalla terra: l’80 per cento di tutte le emissioni di inquinanti sono provocate dall’agricoltura o dall’industria. Al fine di trovare un rimedio, il diritto europeo deve finalmente essere attuato e applicato anche in quest’ambito.

Quando proclameremo il 20 maggio Giornata europea dei mari dopo la votazione di oggi pomeriggio, mi auguro saremo in grado di dire il 20 maggio del prossimo anno: nel frattempo abbiamo compiuto molti progressi.

Notate che si tratta di un atterraggio di precisione.

(Applausi)

 
  
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  Joe Borg, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, ritengo sia piuttosto opportuno svolgere la discussione durante la prima celebrazione della Giornata europea dei mari. Dopotutto, è un deputato del Parlamento, l’onorevole Kratsa-Tsagaropoulou, che ha suggerito per prima l’idea al Presidente Barroso nel quadro dei preparativi del Libro verde su una futura politica marittima per l’Unione europea. E’ inoltre grazie al Parlamento, e, in particolare, al Presidente Pöttering, che ospiterà più tardi la firma di una dichiarazione tripartita congiunta che stabilisce la Giornata europea dei mari. Questo festeggiamento dimostra quanti progressi abbiamo compiuto nello sviluppare, non solo la politica marittima integrata, ma anche una nuova visione per gli oceani e i mari d’Europa, e, inoltre quanto si siano adoperate tutte le istituzioni europee in ogni fase del processo. Di fatto, il Parlamento è stato un attore fondamentale nel realizzare la nuova politica marittima integrata, sia organizzando numerose conferenze durante le quali si sono svolti dibattiti approfonditi e utili discussioni, sia elaborando relazioni che ci guidano nel nostro lavoro e forniscono una direzione specifica per l’attuazione di una politica marittima.

Permettetemi di esprimere i miei sentiti ringraziamenti e il mio apprezzamento al relatore Willi Piecyk per aver coordinato l’interesse entusiasta delle diverse commissioni e per aver elaborato questa impressionante relazione. Desidero inoltre ringraziare i vari relatori delle commissioni e i molti altri illustri deputati del Parlamento che sono stati particolarmente coinvolti, negli ultimi due anni, nella realizzazione del contributo del Parlamento a questa politica europea emergente. Mi scuso con questi ultimi per non poterli menzionare individualmente come avevo intenzione di fare.

Consentitemi di ritornare alla relazione stessa. Se il documento non include alcuna nuova proposta, si concentra nondimeno su certe domande poste in Aula nel luglio 2007 che ci hanno aiutato a definire la strada da seguire, e ora saranno fonte d’ispirazione per la costante attuazione della politica marittima.

Per quanto riguarda alcune questioni settoriali, la Commissione accoglie con favore l’attenzione continua rivolta dal Parlamento alla dimensione ambientale della politica marittima, e in particolare alle sfide dei cambiamenti climatici, ed è in attesa dell’adozione di una strategia per l’adattamento ai cambiamenti climatici nel 2008 che dissiperà questi dubbi.

La Commissione accoglie altresì positivamente il riconoscimento da parte del Parlamento europeo dell’importanza del trasporto marittimo per l’economia europea e il sostegno del Parlamento a favore di un’area comune di trasporto marittimo, dello sviluppo di autostrade del mare e del trasporto marittimo a corto raggio: tutti progetti che la Commissione sta spingendo.

In termini di ricerca, la Commissione approva il sostegno del Parlamento per lo sviluppo di una strategia esaustiva di ricerca marina che sarà un aspetto fondamentale della politica marittima, e dovrebbe essere pronta per l’adozione entro la metà del 2008.

La Commissione accoglie con favore l’atteggiamento positivo della relazione nei confronti della necessità di garantire la sostenibilità nel settore della pesca. Abbiamo compiuto alcuni passi in questa direzione dall’adozione del “Libro blu”, quali l’approvazione di una comunicazione in materia di approccio per ecosistemi ad aprile 2008, e due proposte di rigetti che saranno pronte entro la fine di quest’anno.

Oltre al cenno specifico a tematiche che comprendono l’ambiente, i trasporti marittimi, la ricerca e l’innovazione, gli aspetti sociali, la pesca e l’energia, la Commissione accoglie positivamente l’importanza particolare attribuita all’aspetto regionale della politica in questione mediante l’eccezionale dimensione marittima conferita all’UE dalle sue lunghe coste, le sue isole e le sue regioni ultraperiferiche, e concorda appieno con la visione che la politica marittima dovrebbe tenere in considerazione le varie caratteristiche specifiche degli Stati membri e delle zone di mare, incluse le zone costiere, le isole e le regioni più remote.

Onorevoli colleghi, siamo ancora nelle fase iniziali dell’attuazione della politica marittima, ma, con il costante sostegno del Parlamento, ci adopereremo per migliori misure al proposito. In conclusione, mi congratulo nuovamente con il Parlamento europeo e con i relatori interessati per il loro eccellente lavoro. Restiamo in attesa di continuare il nostro fitto dialogo con voi nei prossimi mesi al fine di attuare la politica marittima integrata per l’Unione, e inoltre contiamo sul vostro appoggio per attrarre, in particolare, le regioni marittime europee nella Giornata dei mari 2009.

 
  
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  Sérgio Marques, relatore per parere della commissione per lo sviluppo regionale. – (PT) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, mi congratulo con la Commissione europea per la sua comunicazione su una politica marittima integrata per l’Unione europea e per la proposta di un piano d’azione che definisca i primi passi finalizzati ad attuare tale politica.

Sono di certo stati compiuti alcuni passi indietro tra il Libro verde e l’attuale Libro blu, in particolare per quanto riguarda la pianificazione dell’uso del mare, la salvaguardia delle coste, la bandiera europea, e il rappresentante europeo nell’Organizzazione marittima internazionale, ma senza dubbio sono stati compiuti anche alcuni passi avanti, soprattutto nella dimensione sociale, negli investimenti, nell’innovazione e nei poli e nei trasporti marittimi. L’equilibrio complessivo è positivo.

Sebbene rispettiamo il principio di sussidiarietà, ora dobbiamo mettere in pratica un’effettiva politica marittima integrata che garantisca un coordinamento tra le diverse politiche settoriali, e di generare le sinergie previste e un reale valore aggiunto. Solo in questo modo la politica può rappresentare uno strumento significativo per affrontare le sfide di sviluppo sostenibile, competitività e coesione sociale ed economica in Europa.

La commissione per lo sviluppo regionale si augura soprattutto che la politica marittima integrata abbia un impatto molto positivo sullo sviluppo e la tutela delle zone costiere, delle isole e delle regioni ultraperiferiche dell’UE.

 
  
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  Pedro Guerreiro, relatore per parere della commissione per la pesca. – (PT) Sarò molto breve, ma desidero porre l’accento sul valore di inserire le proposte presentate dalla commissione per la pesca, che sottolineano che l’obiettivo fondamentale della politica marittima integrata per l’Unione europea nel settore della pesca dovrebbe essere promuovere la modernizzazione e lo sviluppo sostenibile dell’industria, salvaguardando la propria applicabilità socioeconomica e la sostenibilità delle risorse, e garantendo sovranità e sicurezza alimentare, fornitura di pesce alle persone, mantenimento del posto di lavoro e migliori condizioni di vita per i pescatori. Inoltre, le proposte evidenziano che creare posti di lavoro più numerosi e di migliore qualità legati al mare, in particolare nell’industria della pesca, dipende anche dalla garanzia di un reddito giusto e adeguato per chi lavora nell’industria. Esiste altresì la necessità di sistemi di compensazione per i pescatori colpiti dalle ripercussioni socioeconomiche delle misure di recupero degli stock ittici, e di potenziare il sostegno alla ricerca scientifica in materia di pesca nei differenti Stati membri, soprattutto nell’ambito del settimo programma quadro, e l’appoggio comunitario all’applicazione di misure efficaci che garantiscano agli equipaggi mezzi adeguati di evacuazione, assistenza e salvataggio.

 
  
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  Georg Jarzembowski, a nome del gruppo PPE-DE. – (DE) Signora Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, il mio gruppo vorrebbe innanzi tutto ringraziare il relatore, l’onorevole Piecyk. Per oltre un anno ha avviato discussioni in modo adeguato e ha definito le sfide. Grazie onorevole Piecyk!

Anche noi sosteniamo all’unanimità la relazione. Tuttavia, signor Commissario, ci spiace che il piano d’azione contenga troppo poche misure pratiche. L’onorevole Piecyk ha già evidenziato l’intera serie di problemi ambientali rimasta irrisolta. Non esistono provvedimenti pratici e non è chiaro quale contributo stanno offrendo gli operatori, gli armatori ad esempio, per la lotta ai cambiamenti climatici e in che modo possano esistere nella concorrenza che devono sostenere a livello globale. Tale aspetto si estende da misure come la riduzione di ossidi di zolfo e azoto nei mari a quelle nei porti, come l’utilizzo di energia terrestre.

Francamente sono un po’ deluso. Quando la Commissione afferma di voler presentare proposte in merito in autunno, non potremo più attuarle nel corso di questo mandato parlamentare. Forse riuscirete ad aggiungere burro al pesce, come dicono i cittadini di Amburgo, e quindi dimostrare maggiore iniziativa.

Il secondo aspetto riguarda la questione del monitoraggio dell’ambiente marino. Ritengo non occorra soltanto una migliore cooperazione tra le guardie costiere nazionali o rafforzare FRONTEX, che riguarda l’immigrazione illegale, ma anche una guardia costiera europea. E’ stata una nostra preoccupazione per anni, che tutte le attività (di pesca, frontaliere o di polizia) fossero centralizzate negli Stati membri e che si introducesse una guardia costiera europea dotata di autorità. Signor Commissario, la Commissione presenterà una proposta in merito entro questo mandato parlamentare?

Un ultimo aspetto, nuovo, è costituito dagli emendamenti relativi ai pirati. Dobbiamo offrire una migliore protezione alle flotte di pescherecci o di navi mercantili in acque internazionali, e occorre quindi un intervento a livello europeo e globale. La libertà dei mari non deve diventare la libertà dei pirati.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău, a nome del gruppo PSE. (RO) Mi congratulo con il nostro collega, l’onorevole Piecyk, che stimo molto e sono lieta di discutere oggi questa relazione, nel giorno in cui si firma la dichiarazione tripartita che stabilisce che la Giornata europea dei mari si celebrerà ogni anno il 20 maggio.

Una politica marittima integrata dell’Unione dovrebbe garantire una sinergia tra settori dotati di particolare importanza economica quali: industria navale, trasporto marittimo e fluviale, attività portuale e di pesca, energia, turismo, protezione ambientale e tutela del patrimonio marittimo. Dal 1° gennaio 2007, l’Unione confina con il Mar Nero e dovrebbe promuovere la politica marittima comune anche in questa regione. Ci sono coordinatori per i progetti TEN-T per il trasporto in acque interne e su corridoi marittimi. L’ampliamento della rete TEN-T si riferisce ai corridoi marittimi. Purtroppo, le richieste di progetti che la Commissione ha avviato per i corridoi marittimi europei non prevedono la regione del Mar Nero. Invito la Commissione a elaborare studi e progetti per questa regione, che diventerà strategica per la rete TEN. Chiedo inoltre alla Commissione di progettare un piano di azioni concrete per la protezione delle zone del delta e dell’estuario, e in questo caso mi riferisco in particolare al delta del Danubio.

 
  
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  Paweł Bartłomiej Piskorski, a nome del gruppo ALDE. – (PL) Signora Presidente, signor Commissario, anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Piecyk per un’eccellente relazione. E’ importante sostenere una discussione in questo momento simbolico, ma vorrei soprattutto richiamare l’attenzione agli aspetti pratici della relazione. E’ veramente un grande anacronismo che, tra le altre politiche europee che stiamo applicando in seno alla nostra Comunità, finora le questioni marittime siano state tralasciate e non inserite in una politica a livello comunitario.

Desidero evidenziare che non si tratta di un ambito individuale, ma di dimensioni molto vaste, come indicato in questo documento. Quest’ambito ha una dimensione economica: molte persone vivono grazie al mare e vi svolgono la propria attività lavorativa. Ha una forte dimensione sociale, che dobbiamo tenere presente quando parliamo di ristrutturare questa industria e di cosa fare con chi vive grazie a questo settore. La nostra discussione è dotata di un’importante dimensione ambientale, che è particolarmente marcata in questa relazione, per questa ragione ringrazio il relatore. Esiste inoltre una rilevante dimensione regionale: non dobbiamo dimenticare che le regioni che si fondano sul mare e che sono vicine ad esso, costituiscono una parte decisamente sostanziale della Comunità.

Vorrei anche sottolineare un aspetto sollevato nel corso della discussione, ovvero che dobbiamo sempre trattare il nostro lavoro e la nostra discussione come una sorta di elenco di contenuti e li suggeriamo alla Commissione. Evidenziamo certe repliche, poniamo domande ed esprimiamo i nostri dubbi, considerato che le nostre aspettative in relazione alla Commissione sono di fatto molto grandi e ci attendiamo che le risposte giungano il prima possibile, con soluzioni specifiche.

Vorrei porre l’accento sul fatto che per molti paesi si tratta di una priorità, con la stessa importanza di altre politiche europee, come la politica agricola.

 
  
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  Margrete Auken, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DA) Signora Presidente, finora i tentativi di distaccare l’industria navale dall’idea superata che il mare cancelli tutte le tracce sono falliti. No, il mare conserva come la terra e l’aria, come le piante, gli animali e il corpo umano, il contributo dell’industria navale all’inquinamento resta immenso. Immaginate se potessimo far sì che le principali nazioni con attività di trasporto marittimo rendessero l’OMI un attore attivo nella lotta per salvare l’ambiente globale, anziché utilizzarla per mettere un freno alle valide iniziative, come accade attualmente. Questa relazione dell’onorevole Piecyk è un’aggiunta eccellente ai precedenti risultati in Parlamento, ma spero possiamo rafforzarla ulteriormente ottenendo il sostegno per l’emendamento presentato, in modo che l’attività di trasporto marittimo sia senza dubbio inclusa nel regime di quote di emissione di CO2. E’ già stata inserita l’aviazione. L’unico approccio logico e giustificabile è che anche tale settore contribuisca. Pertanto, onorevoli colleghi, sostenete l’emendamento n. 1 affinché nella relazione s’inserisca il regime di quote di emissioni marittime.

 
  
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  Seán Ó Neachtain , a nome del gruppo UEN. – (EN) Signora Presidente, desidero innanzi tutto congratularmi con Willi Piecyk per la sua relazione. Provengo da un’isola e capisco molto bene l’importanza della ricerca e del progresso nel settore marittimo.

Penso che la relazione di oggi ci offra un grande vantaggio nell’ottenere questo risultato. Non siamo molto soddisfatti della politica marittima comune in Irlanda, ma in gioco c’è più di questo. Qualche tempo fa ci siamo recati nella mia regione con la commissione per la pesca e abbiamo visto il fantastico lavoro svolto dall’Istituto marittimo di Oranmore nella contea di Galway. Insieme ad altri istituti come questo saremo in grado di promuovere la ricerca necessaria in Europa, in modo che la rivoluzione blu di cui parliamo così spesso possa essere realizzata e sostenere il nostro progetto.

 
  
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  Pedro Guerreiro, a nome del gruppo GUE/NGL. – (PT) Interverrò solo brevemente per evidenziare che qualsiasi iniziativa in materia di politica marittima debba rispettare la sovranità degli Stati membri per quanto riguarda le loro acque territoriali e le regioni economiche esclusive.

Vorrei porre l’accento sul fatto che l’articolo 5 della Costituzione della Repubblica portoghese stabilisce che lo Stato non possa cedere alcuna porzione del territorio portoghese o dei diritti di sovranità che vi esercita, e questa disposizione include i diritti sui fondali adiacenti. Inoltre, è essenziale migliorare le condizioni di lavoro dei naviganti, garantendo posti di lavoro, rispetto per il principio di pari retribuzione per pari lavoro, una riduzione dell’orario lavorativo e applicazione del requisito di polivalenza, e respingendo qualsiasi rinnovato tentativo di liberalizzare i servizi portuali a livello europeo, in particolare per quanto riguarda il traffico marittimo intracomunitario; la “solida base finanziaria” per la politica marittima non dovrebbe essere costruita alle spese del Fondo europeo per la pesca e la politica comune per la pesca, ma fondata sul principio che le nuove priorità richiederanno nuove risorse finanziarie.

 
  
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  Fernand Le Rachinel (NI) . – (FR) Signora Presidente, onorevoli colleghi, mi congratulo con l’onorevole Piecyk per la sua eccellente relazione sulla politica marittima integrata, e inoltre con l’onorevole Jarzembowski per le sue pertinenti osservazioni.

Signora Presidente, questa relazione ha il grande merito di includere i diversi aspetti di questa politica: ambientali, economici, sociali e di sicurezza. In particolare, mi riferisco ai problemi associati a immigrazione illegale, terrorismo e contrabbando, che si verificano lungo i 320 000 chilometri di coste europee. Gli Stati membri che si affacciano sul mare hanno bisogno di accrescere la sorveglianza e il controllo dei loro mari. La cooperazione tra loro e i paesi in cui hanno origine queste attività illegali deve assolutamente essere perfezionata il prima possibile.

E’ anche vero che le scoperte scientifiche, i notevoli progressi della tecnologia, la globalizzazione, i cambiamenti climatici e l’inquinamento del mare stanno modificando in modo considerevole il rapporto dell’Europa con mari e oceani, con tutti i problemi e le sfide che questo comporta.

Tuttavia, sono deluso che il testo proposto non includa la politica su porti e pesca più nel dettaglio. Sappiamo che si tratta di due materie particolarmente delicate. In Francia, i pescatori di professione stanno bloccando i porti dell’Atlantico, della Manica e del Mediterraneo a causa, naturalmente, dell’improvviso rialzo dei prezzi del carburante e della politica delle quote imposta da Bruxelles.

Il settore è in crisi dal punto di vista strutturale ed economico. I comandanti non vogliono più investire nelle loro imbarcazioni, pertanto la flotta sta invecchiando. L’età media dei pescherecci francesi è di 25 anni. Sempre meno persone scelgono di lavorare in questo settore a causa delle costrizioni della professione.

Signora Presidente, una politica marittima integrata deve tenere conto di tali considerazioni e problemi settoriali e invertire rapidamente la tendenza che sta conducendo alla lenta e dolorosa fine del settore della pesca.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE) . – (PT) Signora Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Piecyk, in questo momento, chiunque stia passando di fronte all’edificio Berlaymont, vedrà un enorme cartello recante la frase “Un oceano di opportunità”, in riferimento alla Giornata europea dei mari (che è oggi) e alla politica marittima europea.

La Commissione ha ragione e anch’io credo che gli investimenti che abbiamo deciso di assegnare al mare potrebbero offrire un’eccellente opportunità al fine di utilizzare le vaste risorse in maniera responsabile e competitiva.

Purtroppo, il mondo è pieno di opportunità sprecate, di buone idee sciupate. Non deve essere il destino della politica marittima europea. Non possiamo, o piuttosto, non dobbiamo venire meno alla volontà o alla possibilità di portare la politica, come l’onorevole Jarzembowski ha giustamente evidenziato.

L’energia della nostra fiducia nel potenziale di questa iniziativa non deve essere spesa in misure mediocri o la mera espressione di idee fruttuose che basicamente sono meno ambiziose di quanto vorrebbero essere.

La nostra strada verso il successo implicherà: investimenti decisivi nelle tecnologie blu; promozione di una rete di poli marittimi per sviluppare migliori pratiche e le tecnologie più avanzate; sfruttare al massimo il mare nella lotta contro i cambiamenti climatici e nell’impiegarlo come fonte di energia rinnovabile; promozione del trasporto marittimo e del turismo costiero; riconoscimento delle regioni marittime, in particolare le regioni ultraperiferiche e la loro importanza nella sicurezza e nella protezione contro immigrazione e traffico illegale, contrabbando e minacce terroristiche. Ovviamente, dobbiamo garantire di disporre di una visione strategica e integrata e di finanziamenti sostenibili per tali politiche.

Ora, pertanto, mi rivolgo direttamente alla Commissione e ai miei colleghi per dire che l’ambizione dimostrata non può essere minore di quella volta a realizzare un altro centro europeo d’interesse basato su una politica marittima integrata.

Quest’acqua, signor Commissario, non passerà di nuovo sotto il ponte. Mi chiedo solo se la Commissione europea e questo Parlamento riusciranno ad affrontare la propria sfida.

 
  
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  Robert Navarro (PSE) . – (FR) Signora Presidente, uno degli obiettivi della prima Giornata europea dei mari che stiamo festeggiando oggi è ristabilire il prestigio dell’immagine delle professioni del settore marittimo ristabilendo le loro prospettive future. Oltre al miglioramento delle condizioni occupazionali e di lavoro per tali professioni e la ridefinizione di piani di carriera, occorre soddisfare alcune condizioni strutturali.

Oggi, in Francia, pescatori disperati stanno bloccando i porti, poiché non credono più di avere un futuro. In aggiunta alle restrizioni alla pesca finalizzate a proteggere gli stock alieutici, di cui non metto in discussione il principio, benché mi stupisca della sua imparzialità, i prezzi in crescita del carburante ora li stanno minacciando di fallimento.

E’ già un problema in Francia, ma è probabile che nel prossimo futuro si diffonda anche in altre parti d’Europa. L’Unione europea può e deve agire in questo settore sostenendo e incoraggiando l’introduzione di imbarcazioni pulite e a minor consumo di carburante. Deve inoltre aiutare con urgenza le imprese colpite da questa crisi economica per stare a galla. Evidenzio quest’ultimo aspetto, poiché non possiamo permettere che la prima Giornata europea dei mari coincida nei pensieri dei cittadini con la fine di un’attività intera.

 
  
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  Anne E. Jensen (ALDE) . – (DA) Signora Presidente, la relazione dell’onorevole Piecyk evidenzia che ci debba essere un intervento più concreto quando si parla di politica marittima, e concordo pienamente. Una simile politica marittima attiva è assolutamente necessaria nel Baltico. Si tratta della zona marittima europea più contaminata con un vasto inquinamento da terra e dalle navi. Oltre a ciò, sono presenti munizioni inesplose delle guerre passate. Deve esserci un ambiente più pulito nel Baltico, e vorremmo inoltre vedere un deciso sviluppo economico dell’area, insieme a un cambiamento verso un traffico marittimo costiero che attenui il traffico stradale. Occorre pertanto trovare una soluzione volta a limitare le emissioni delle navi che non ostacoli il trasporto marittimo costiero. Ritengo che la via da seguire consista nella libertà metodologica di realizzare gli obiettivi politici per le emissioni combinati agli strumenti finanziari. Mi auguro che nella strategia per il Baltico la Commissione potenzierà il lavoro volto a migliorare l’ambiente e a imparare dai progetti pilota che il Parlamento ha inserito nel bilancio di quest’anno.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE) . (EN) Signora Presidente, rappresento la Scozia, una delle principali nazioni d’Europa che svolge attività marittime. L’UE ha circa 68 000 km di coste; la Scozia ne occupa circa 11 000 km. Pertanto, in termini di interessi marittimi, la Scozia è al centro dell’Europa. Abbiamo molto da guadagnare e molto da dare a una strategia e a una politica marittima.

Abbiamo acque ricche di minerali, di risorse energetiche e biologiche e siamo idealmente dotati di una posizione centrale dal punto di vista marittimo per l’Europa e per il mondo. I paesi che svolgono attività marittime avranno le proprie priorità in termini di strategia e di politica per la risorsa che è il loro mare. Qualsiasi politica UE dovrebbe aiutare tali paesi nel realizzare i loro obiettivi ricercando finanziamenti, facilitando lo sviluppo di nuovi itinerari per il trasporto delle merci e dei passeggeri, sostenendo connessioni energetiche, migliorando la sicurezza sulle imbarcazioni e l’efficienza energetica.

Posso citare il paragrafo 34 della relazione Piecyk, che dice che “la politica marittima integrata dell’Unione dovrebbe essere sviluppata in modo da evitare nella PCP mancanze come un’eccessiva centralizzazione”? In altre parole: aggiungere valore e non considerarla un esonero di competenza.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL) . – (EL) Signora Presidente, la comunicazione della Commissione sulla politica marittima per l’Unione europea mira a garantire la redditività degli armatori e dei gruppi monopolistici attivi nel settore.

Che dire delle proposte per una politica marittima integrata?

Primo, promuovono nuovi privilegi e modifiche nella Comunità e un quadro internazionale di normativa commerciale. A parte qualsiasi altra cosa, creano mediante divisione problemi sociali per i lavoratori nell’industria marittima e per chi risiede nelle isole.

Secondo, la politica marittima è considerata alla stregua dei trasporti e dei settori collegati.

Terzo, sono stati introdotti cambiamenti di carattere generale nella formazione e nei rapporti di lavoro al fine di sostituire la forza lavoro con manodopera più a buon mercato. Si aumenta la mole di lavoro esattamente come i rischi per la vita umana e l’ambiente.

Quarto, si svendono i porti ad aziende monopolistiche.

Quinto, si rafforzano i meccanismi di repressione con il pretesto di combattere il terrorismo.

Sesto, le bandiere di comodo sono simboli di competitività e di politica europea marittima sfavorevole al lavoro. Non per niente il 68 per cento della capacità della flotta greca e l’85 per cento della capacità marittima tedesca prevede bandiere straniere, anche se la sede è in paesi dell’UE.

 
  
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  Ashley Mote (NI) . (EN) Signora Presidente, il mio collegio elettorale dell’Inghilterra sudoccidentale include oltre la metà delle coste della Manica, un nome che questa distesa d’acqua detiene da secoli.

Eppure le ultime cartine della regione Arc Manche cambiano il nome del canale inglese in “Greater North Sea” e definiscono il canale di Bristol il “Celtic Sea”. Con quale autorità le miglia nautiche su queste cartine all’improvviso sono diventate chilometri?

Ora, potreste pensare che si tratti di banalità, ma non nel mio paese. La Commissione ha fallito del tutto nel rendersi conto dell’impatto di tali gratuite e ridicole assurdità riguardanti una nazione insulare, e sta accelerando il momento in cui il Regno Unito si allontanerà dall’UE.

 
  
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  Struan Stevenson (PPE-DE) . (EN) Signora Presidente, ora abbiamo una Giornata dei mari, una politica marittima integrata, DG MARE. Abbiamo certamente compiuto un lungo percorso e ritengo che quest’Assemblea dovrebbe congratularsi con il Commissario, ma anche con l’onorevole Willi Piecyk, per il duro lavoro e gli sforzi che hanno contribuito a realizzare questo obiettivo.

Gli interessi marittimi d’Europa influenzano la vita e la professione di milioni di nostri cittadini. Il 90 per cento del nostro commercio esterno e il 40 per cento di quello interno transita nei porti europei. La globalizzazione implica che tali dati sono destinati a crescere. Se si tengono in considerazione tutte le regioni costiere e ultraperiferiche, abbiamo oltre 320 000 km di coste, in cui risiede un terzo della popolazione europea complessiva. Industrie e servizi del settore marittimo e le altre attività di queste regioni costiere costituiscono il 40 per cento del nostro PIL. Tuttavia, facciamo più affidamento sulle nostre risorse marittime che sul commercio: i nostri mari sono una fonte di cibo, energia, minerali e svago.

Il mare è inoltre un importante regolatore climatico e abbiamo già osservato le conseguenze dei cambiamenti climatici sugli stock di pesce. In un periodo di domanda crescente di sane proteine di mare, gli stock di pesce continuano a diminuire. Adesso dobbiamo affidarci alle importazioni provenienti dall’esterno dell’UE per oltre il 50 per cento del pesce che consumiamo. Le critiche cercano sempre di far ricadere le colpe sui pescatori per un eccessivo sfruttamento delle nostre risorse marittime, ma anche riscaldamento globale, inquinamento ambientale e numerosi altri fattori hanno fatto la loro parte.

Se abbiamo intenzione di realizzare il pieno potenziale degli interessi marittimi d’Europa e la visione di oceani e mari puliti, sani, sicuri, produttivi e ricchi di biodiversità, dobbiamo quindi attuare un piano di gestione che miri alla sostenibilità in ogni regione, e il metodo per farlo è conferire maggiori responsabilità in merito ai nostri consigli consultivi regionali.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE) . – (PT) Innanzi tutto desidero congratularmi con il Commissario e la Commissione per la proposta presentata e la metodologia adottata, e con l’onorevole Piecyk per l’ottimo lavoro e l’apertura dimostrata nell’elaborazione di questa eccellente relazione.

In quanto nativo di un paese di tradizione marittima, il Portogallo, e di una regione insulare e remota, Madeira, sostengo pienamente questa relazione, poiché garantisce, tra altri aspetti fondamentali, un riconoscimento appropriato per le regioni ultraperiferiche nell’attuazione effettiva della politica marittima per la loro posizione e la loro grande esperienza, inclusi i settori di innovazione, ricerca, ambiente, ecc.

Secondo, negli interessi di una migliore gestione, di un utilizzo sostenibile delle risorse del mare e di una lotta appropriata ai cambiamenti climatici, incremento delle zone costiere, sostegno di forme di trasporto marittimo rispettose dell’ambiente e una politica portuale efficace, assistenza alla ricerca marina, promozione di diritti sociali in linea con i parametri internazionali precedentemente concordati, apprendimento permanente e sostegno al turismo, che è una delle attività fondamentali in questa politica marittima.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE) . – (PL) Signora Presidente, desidero riconoscere il lavoro svolto dall’onorevole Piecyk. Onorevole Piecyk, ci attendiamo relazioni molto valide da lei, e questa non è da meno. Grazie!

Il mio collegio elettorale è Stettino, in Pomerania occidentale. Abbiamo un porto, un cantiere navale, armatori, pescatori e un’amministrazione marittima. Innanzi tutto, accolgo con favore la dichiarazione che istituisce una Giornata europea dei mari. Secondo, in seguito a questa relazione, i lavoratori dei cantieri navali di Stettino e Gdynia, di Malta e di altri paesi, ripongono grandi speranze nella nuova politica marittima. L’industria del settore navale è globale. I nostri cantieri navali devono funzionare in condizioni paragonabili a quelle mondiali, laddove operano i nostri concorrenti.

Ciò che occorre, quindi, e a questo proposito mi rivolgo a lei, signor Commissario, è una politica prudente e un interesse perspicace per i cantieri navali europei.

 
  
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  Rosa Miguélez Ramos (PSE) . – (ES) Signora Presidente, onorevoli colleghi, in quanto cittadina europea della Galizia, una regione marittima per eccellenza, sono molto orgogliosa dell’eccellente lavoro svolto dal relatore, l’amico Willi Piecyk, e lo ringrazio insieme agli altri gruppi politici per aver sostenuto i miei emendamenti sull’ondata del fenomeno della pirateria, che purtroppo è nuovamente alla ribalta in seguito ai due recenti dirottamenti.

E’ opportuno che la nostra preoccupazione sia inserita nella risoluzione, poiché ci troviamo di fronte a un grave problema di sicurezza internazionale, che è necessario affrontare.

Negli ultimi 10 anni 3 200 marinai sono stati rapiti, 500 sono stati feriti e 160 uccisi in questo tipo di attacco.

Chiediamo qualcosa di molto semplice: un sistema che consenta a una nave da guerra di un qualsiasi paese comunitario in acque internazionali di fornire assistenza alle imbarcazioni comunitarie, siano pescherecci o navi mercantili. Invitiamo inoltre l’Europa a sostenere l’iniziativa delle Nazioni Unite volte a espandere il diritto marittimo.

Onorevoli colleghi, una buona Giornata europea dei mari!

 
  
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  Jamila Madeira (PSE) . – (PT) Signora Presidente, onorevoli colleghi, successivamente al Libro verde del 2006, al piano d’azione ora preso in considerazione dall’eccellente relazione dell’onorevole Piecyk è stata aggiunta una serie di misure da adottare nel quadro della politica marittima integrata europea.

Dobbiamo quindi operare su una visione complessiva non solo per quanto riguarda i mari in sé, ma anche la solida relazione con le zone costiere e gli aspetti connessi: occupazione, questioni ambientali, sviluppo regionale ed economico, investimenti nella ricerca marina e nell’eccellenza, vale a dire, in una serie completa di politiche settoriali che, se ora sono trattate insieme, renderanno possibile ottenere maggiore coesione e successo in politiche attuate, e, quindi, di conseguire più grande sostenibilità sociale, economica e ambientale, che è assolutamente essenziale.

Per questa ragione la relazione sottolinea la necessità che ricerca e innovazione rivestano un ruolo centrale nello stimolare il potenziale dello sviluppo regionale al fine di sostenere tutte quelle attività che sono interessate e influenzate, direttamente o indirettamente, dalla politica marittima.

Le alternative per la mobilità sui mari e la sfida in materia di energia del moto ondoso sono alcune delle promesse già sviluppate e che di certo generano grandi aspettative per quanto riguarda future soluzioni economiche e naturalmente sono avvalorabili e meritano di esserlo.

 
  
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  Paulo Casaca (PSE) . – (PT) Signora Presidente, desidero associare i miei complimenti a quelli dei miei colleghi che già si sono congratulati con il nostro relatore, l’onorevole Piecyk, e che hanno lodato il lavoro svolto dalla Commissione europea.

Sono ormai trascorsi quattro anni da quando l’attuale Commissione ha fatto probabilmente una delle principali promesse politiche in assoluto; è opportuno evidenziare che siamo in procinto di compiere passi molto significativi e che dobbiamo pertanto complimentarci con la Commissione.

Tuttavia, dovrei sottolineare la questione relativa all’approccio per ecosistemi alla politica marittima. Un simile approccio mi sembra essenziale e, poiché ho notato che la comunicazione più recente della Commissione era piuttosto reticente alla piena attuazione alla luce dei problemi che presenta per i diversi mari europei, vorrei porre l’accento sul fatto che occorre occuparsi delle regioni ultraperiferiche nell’ottica delle loro specifiche caratteristiche. Non ci sono dubbi in merito a un approccio pienamente integrato al proposito, e vorrei esortare la Commissione a farlo il prima possibile.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Il trasporto marittimo, i porti e i cantieri navali sono settori piuttosto trascurati, anche se dotati di un potenziale di crescita considerevole. E’ necessaria un’idea appropriata per lo sviluppo di trasporti marittimi, porti e settori connessi competitivi e sicuri, che garantirebbero un livello elevato di sicurezza marittima.

Il trasporto via mare è un mezzo a minor consumo di energia rispetto a quello terrestre. Offriamo quindi ai cantieri navali una possibilità di crescere, inclusi quelli di Gdynia, Danzica e Stettino. Non dimentichiamoci che il 90 per cento del commercio esterno dell’UE e quasi il 40 per cento di quello interno transita nei porti.

L’Europa è stata legata al mare sin dall’inizio della sua esistenza. Doveva essere così, poiché le nostre coste sono lunghe 70 000 chilometri, o il triplo di quelle dell’Africa. Per anni il mare ha provveduto ai nostri antenati ed è stato una fonte di considerevole reddito. Oggi, la situazione rimane la stessa. Solo un approccio integrato e coordinato e un intervento adeguato ci consentiranno di approfittare del potenziale che i nostri mari ci offrono.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE) . (EN) Signora Presidente, nel mio intervento desidero porre l’accento su due aspetti che considero molto importanti. Il primo riguarda il fiume Danubio, che, con il collegamento a entrambe le estremità del continente, unisce il Mare del Nord al Mar Nero. Siamo lontani dall’approfittare del suo potenziale, in parte poiché la situazione nell’ex Jugoslavia, collocata in una posizione centrale del fiume, blocca qualsiasi iniziativa. Ma, con la prospettiva di una soluzione definitiva così vicina, sarà difficile giustificare la mancanza di un’azione esaustiva volta a trasformare il Danubio nel canale navigabile del continente, producendo un ulteriore sviluppo economico per le rive lungo il suo corso.

Il secondo aspetto è prettamente politico. Gli approcci marittimi all’Unione sono condivisi con paesi che non sono Stati membri. Pertanto, l’UE deve considerare che la propria politica di vicinato e i propri strumenti siano pensati per favorire gli obiettivi di un traguardo ambizioso di una strategia marittima esaustiva integrata.

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE) . (BG) Lo spazio marittimo in definitiva è l’area in cui si applica effettivamente la maggior parte delle politiche integrate. I mari forniscono all’ambiente una comunicazione pluridirezionale tra paesi, persone, attività e politiche. In Bulgaria diciamo “Il mare riunisce le cose distanti”. Sottolineo che il Mar Nero, come confine esterno, e la regione del Mar Nero dovrebbero godere di pari trattamento di tutte le altre politiche marittime.

Lo sviluppo contemporaneo presenta serie sfide per i paesi che svolgono attività marittime, e non solo per loro. Da un lato, c’è la necessità di proteggere l’ambiente, l’acqua, le regioni costiere, la biodiversità, le possibilità occupazionali per le persone e, dall’altro, esiste la sfida di usare le risorse del mare nell’interesse della crescita della società e dei cittadini. In questa politica sono presenti numerosi elementi fondamentali. Richiamo la vostra attenzione sull’esigenza di una rigorosa sorveglianza dei trasporti marittimi e di tutti i progetti in materia di energia che prevedono l’attraversamento dei mari e di garantire sostenibilità e risorse marittime rinnovabili.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE) . (EN) Signora Presidente, sono lieta che oggi siamo in grado di considerare l’importanza di un approccio congiunto alla politica marittima. I legami fra trasporto marittimo, cambiamenti climatici e lotta all’inquinamento sono essenziali se abbiamo intenzione di preservare le risorse comuni dei nostri mari e oceani.

Tuttavia, mi auguro che il prossimo anno potremo fare di più del 20 maggio e ritengo che per ogni candidato ci sarà l’opportunità con le elezioni europee del 2009 di approfittare del 20 maggio per evidenziare l’importanza dei nostri mari e oceani e delle comunità costiere.

 
  
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  Joe Borg, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, onorevoli deputati, l’avvincente discussione e la serie di interessanti questioni che avete sollevato, dimostra chiaramente l’impegno di questo Parlamento per procedere con l’agenda della politica marittima integrata per l’Unione.

Vi assicuro che la Commissione condivide pienamente quest’impegno. Molti oratori hanno evidenziato che non abbiamo compiuto abbastanza progressi con le nostre proposte e che potremmo e dovremmo essere maggiormente ambiziosi. Considero queste osservazioni un segno della vostra reale convinzione che questa politica sarà di successo e farà la differenza per i milioni di cittadini europei e le parti interessate che sono influenzate dai nostri oceani.

Permettetemi di ribadire che si tratta soltanto dell’inizio di un intero processo e che in questa fase la nostra primaria attenzione è garantire di avere a disposizione gli strumenti a breve termine al fine di essere in grado di sviluppare e dirigere tale processo nella giusta direzione. Quindi, è questo lo stimolo principale del piano d’azione adottato lo scorso ottobre dalla Commissione.

Per quanto riguarda i finanziamenti, concordo con l’onorevole Queiró che tale aspetto sia una questione fondamentale che avrà un impatto sulla riuscita di questa politica. Finora abbiamo mobilitato finanziamenti grazie al denaro risparmiato in settori politici quali la pesca. Tale azione non si è svolta a discapito dei programmi della pesca, ma grazie a soldi risparmiati e non utilizzati. La questione relativa a stanziamenti futuri alla politica marittima integrata sarà cruciale nei dibattiti e nelle prossime previsioni finanziarie.

Ora vorrei ritornare ad alcuni aspetti specifici che sono stati affrontati e che desidero commentare subito. Tuttavia, vorrei rassicurarvi del fatto che avremo piena considerazione di tutti i punti toccati nel corso della discussione.

Per quanto riguarda le emissioni delle imbarcazioni, vorrei ricordarvi un accordo molto significativo che è appena stato raggiunto in seno all’OMI relativo a SOx e NOx. Ora vorrei concentrarmi maggiormente sulla CO2 e dovremmo farlo prima nell’OMI e, in caso d’insuccesso, agire noi in prima linea.

In merito alla questione sollevata dall’onorevole Jarzembowski relativa alla guardia costiera europea, cui ho prestato particolare attenzione, vorrei sottolineare che si tratta di un tema molto delicato. Tuttavia, prevedo lo sviluppo di un meccanismo coordinato di guardie costiere nazionali o di sistemi sorveglianza.

Per quanto riguarda l’aumento dei prezzi del carburante, ribadisco che non è dovuto ad alcuna misura intrapresa da Bruxelles, ma si tratta di un problema internazionale e di una nuova realtà. Stiamo facendo del nostro meglio per trovare soluzioni appropriate volte ad aiutare la struttura settoriale e ad affrontare questa realtà. Abbiamo appena raggiunto un accordo di fatto con la Francia a questo proposito, e sono sicuro che i suoi dettagli saranno resi pubblici nei prossimi giorni.

Per quanto riguarda la pirateria, la Commissione è ovviamente molto preoccupata del fatto che gli incidenti siano in aumento. Vediamo una necessità e un’opportunità di assistenza reciproca e di sostegno tra i paesi membri dell’UE per affrontare questa minaccia e attendere ulteriori consigli in merito del Consiglio e degli stessi Stati membri.

Sono d’accordo anche con chi ha chiesto più approcci regionali e lavoreremo in questa direzione. Il nostro progetto riguardante la sorveglianza del Mediterraneo occidentale è basato su un simile approccio regionale e ci auguriamo possa servire da esempio per essere esteso ad altre regioni. Di fatto, cercheremo una politica marittima per il Mar Baltico e il Mar Nero, cui molti oratori hanno fatto riferimento questa mattina, esattamente come abbiamo iniziato a fare con il Mediterraneo.

Non ho tempo per evidenziare le azioni già intraprese o previste a breve termine in merito alla pesca quali IEU, le pratiche strutturali per la pesca, l’approccio basato sugli ecosistemi, rigetti, strategia portuale, trasporto marittimo, ricerca marina, ambiente marino, energia, governance, controllo o l’esclusione sociale dei naviganti, tutti aspetti di cui ci stiamo occupando. Tuttavia, posso garantirvi che l’impegno della Commissione a portare avanti questa nuova politica insieme al Parlamento in particolare e agli Stati membri e le parti interessate è sicuro.

 
  
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  Willi Piecyk, relatore. − (DE) Signora Presidente, alla fine, purtroppo, è questo il problema. Spero che almeno il Commissario possa capirmi.

Innanzi tutto desidero ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla discussione. Sono certo che la politica marittima integrata, come ha affermato il Commissario, dai cantieri navali attraverso navi, porti e ricerca alieutica al turismo possa essere un’enorme opportunità per gli europei, se anch’essi ne sanno approfittare. Signor Commissario, ha sentito: la Commissione ha il pieno appoggio del Parlamento per procedere un po’ più con forza e vigore. Conosco le difficoltà che lei ha con il Consiglio, ma tale situazione non dovrebbe impedirle di mettere in pratica con decisione le sue idee e promuoverle.

Lei si è rivolto all’OMI. Naturalmente, è positivo che l’OMI abbia deciso qualcosa in termini di tutela del clima e riduzione, ma sa quanto sia difficile per gli Stati membri firmare le risoluzioni OMI. L’onorevole Jarzembowski ha menzionato la guardia costiera. Qualora entrambi convincessimo i nostri governi che dovremmo prima dotarci di una nostra guardia costiera, spero riusciremo a realizzare tale obiettivo. La Commissione, a proposito, deve tuttora svolgere un compito in merito, vale a dire condurre un semplice studio.

Infine, sappiamo ancora troppo poco dei mari. Occorrono quindi maggiori fondi e ricerca da parte degli europei al fine di imparare di più sui mari, e se colleghiamo tali iniziative alla Giornata europea dei mari, avremo svolto un buon lavoro. Come ha affermato l’onorevole Stihler, il prossimo anno speriamo di poter constatare qualche progresso.

(Applausi)

 
  
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  Presidente . − La discussione è chiusa.

Ora procederemo con la votazione.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  John Attard-Montalto (PSE), per iscritto. – (MT) Condivido pienamente la dichiarazione che i mari d’Europa dovrebbero essere “i più puliti del mondo, con (…) l’economia più redditizia, la migliore ricerca e tecnologia, il trasporto marittimo più moderno e pulito (...) e le idee più innovative”. Dobbiamo ammettere, tuttavia, che, al fine di realizzare tali obiettivi, il piano d’azione della Commissione per una politica marittima integrata dovrebbe essere più ambizioso.

Dall’altro lato, è evidente che il piano d’azione contiene “troppo poche misure pratiche”, e che dobbiamo ammettere che la politica marittima europea non è pronta per le conseguenze dei cambiamenti climatici, in particolare l’aumento dei livelli del mare e il maggior rischio d’inondazioni di porti e regioni costiere.

Gli Stati membri devono adoperarsi al massimo per garantire che la politica marittima europea offra un importante contributo alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Inoltre, l’inquinamento terrestre dei mari ricopre una porzione significativa dell’inquinamento marittimo complessivo. Concludo affermando che, per essere pronti, si debba invitare la Commissione a presentare un piano d’azione volto a ridurre l’inquinamento terrestre. Da parte loro, agli Stati membri si chiede di agire tempestivamente per recepire nel diritto nazionale la legislazione in quest’ambito.

 
  
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  Rumiana Jeleva (PPE-DE) per iscritto. (EN) In Europa dobbiamo fare del nostro meglio per garantire che si applichi una politica marittima effettiva, che protegga e presti sufficiente attenzione alle questioni connesse al mare.

La relazione evidenzia i successi, ma rileva anche i difetti.

A mio parere, occorre risolvere le questioni fondamentali al fine di assicurare un tale miglioramento costituito da una cooperazione più coordinata e da un consolidamento delle autorità regionali e delle comunità costiere. Questi attori locali devono essere integrati in una nuova strategia, siccome sono gli unici a cui spetta la reale attuazione di qualsiasi strategia.

Con il metodo della cooperazione migliorata tra i diversi operatori costieri, si deve intervenire maggiormente per migliorare la protezione ambientale degli ecosistemi locali.

Inoltre, al fine di evitare danni all’ambiente provocati da incidenti fra le imbarcazioni come quello tra petroliere avvenuto qualche mese fa nel Mar Nero, vorrei disporre di orientamenti precisi riguardanti la navigazione in acque europee e confinanti. Ciò significa che è indispensabile un’ulteriore collaborazione in merito con paesi terzi. Ove necessario, l’Unione europea deve essere pronta ad aiutare questi paesi a osservare gli orientamenti più severi nella speranza che siano presto stabiliti. Tutti trarremo vantaggio da un simile approccio.

 
  
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  Janusz Lewandowski (PPE-DE) , per iscritto. (PL) Non tutti gli Stati membri dell’UE hanno uno sbocco sul mare, ma un riconoscimento dell’importanza dello sfruttamento del mare è universale. Si valuta che l’industria e i servizi marittimi e le attività collocate in zone costiere contribuiscano per il 40 per cento del PIL totale della Comunità a 27. Questa è la ragione per cui si attendono ulteriori azioni pratiche per avviare una politica marittima integrata europea, azioni successive al Libro verde della Commissione europea.

Stiamo assistendo a sforzi volti a impiegare in modo più efficiente il potenziale del trasporto marittimo costiero, liberando quindi le strade; purtroppo, il contributo del mio paese a questa iniziativa è inesistente. Non sembra, però, che i problemi economici siano relegati in secondo piano da priorità ambientali e climatiche.

Si tratta di una tendenza tipica di tutte le politiche europee. La difficoltà, tuttavia, è accordarsi. La crescente controversia in merito alle aree protette nel Baltico è solo una dimostrazione delle tensioni tra gli interessi economici dell’industria della pesca e gli aspetti della tutela delle risorse naturali. Dal punto di vista polacco, ovvero di un paese che “sta emergendo”, trovare un equilibrio tra economia e ambiente è essenziale.

L’unione tra la relazione in esame e la celebrazione della prima Giornata europea dei mari è apprezzabile. Tuttavia, sarebbe meglio elaborare una politica marittima comune dotata di strumenti finanziari e legislativi, al fine di garantire che i festeggiamenti formali non siano tutto ciò con cui concludiamo.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. HANS-GERT PÖTTERING
Presidente

 

8. Tempo delle votazioni
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  Presidente . − L’ordine del giorno reca il Tempo delle votazioni.

(Per i risultati dettagliati della votazione: vedasi processo verbale)

 

8.1. Corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli Stati membri (A6-0132/2008, Jan Andersson) (votazione)

8.2. Semplificazione delle procedure di redazione degli elenchi e di diffusione dell’informazione in campo veterinario e zootecnico (A6-0160/2008, Neil Parish) (votazione)

8.3. Restituzione di beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (versione codificata) (A6-0152/2008, Lidia Joanna Geringer de Oedenberg) (votazione)

8.4. Creazione dell’impresa comune “Celle a combustibile e idrogeno” (A6-0145/2008, Pia Elda Locatelli) (votazione)

8.5. Fondo comunitario del tabacco (A6-0164/2008, Sergio Berlato) (votazione)

8.6. Valutazione del programma PEACE e strategie per il futuro (A6-0133/2008, Bairbre de Brún) (votazione)

8.7. Statistiche sulle carni e sul bestiame (A6-0130/2008, Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf) (votazione)
  

– Prima della votazione

 
  
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  Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf, relatore. − (DE) Signor Presidente, in effetti è stato divertente. In termini di contenuti, è una relazione importante, ma non ho intenzione di esprimere osservazioni adesso.

Non si è ancora svolta alcun dibattito, pertanto si è concordato che avrei commentato brevemente l’argomento. Questa relazione riguarda la procedura di codecisione. Abbiamo discusso con il Consiglio in merito alla procedura di comitatologia. Nella procedura di codecisione naturalmente abbiamo chiesto, come lei ha negoziato, controlli alla procedura di regolamentazione, che il Parlamento fosse in grado di intervenire in caso di modifica alle procedure amministrative. Il Consiglio aveva intenzione di respingere la nostra richiesta. Abbiamo avuto alcune discussioni con il Consiglio, ma alla fine abbiamo resistito. Qualora il Trattato, che una volta si chiamava Costituzione, entrasse in vigore, si verificherebbe un’ulteriore revisione della procedura di comitatologia. Dovremmo quindi garantire che l’atteggiamento già assunto dal Consiglio non si ripeta nuovamente e che, sostanzialmente, non perdiamo la nostra autorità in quest’Aula.

Vi informo affinché anche i gruppi si possano occupare della questione.

 

8.8. Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (A6-0172/2008, Anne Van Lancker) (votazione)

8.9. Stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2009 (A6-0181/2008, Janusz Lewandowski) (votazione)

8.10. Commercio di materie prime e prodotti di base (A6-0134/2008, Jens Holm) (votazione)

8.11. Strategia per le regioni ultraperiferiche: realizzazioni e prospettive (A6-0158/2008, Margie Sudre) (votazione)

8.12. Strategia per la politica dei consumatori dell’Unione europea 2007-2013 (A6-0155/2008, Lasse Lehtinen) (votazione)
  

– Prima della votazione sull’emendamento n. 3

 
  
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  Lasse Lehtinen, relatore. (EN) Signor Presidente, per quanto riguarda l’emendamento n. 3, sono stato informato che c’è un po’ di confusione in merito al testo francese. I termini “come appropriato” non sono stati adeguatamente tradotti in francese. Vorrei soltanto chiedere se gli esperti potessero verificare in seguito.

 
  
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  Presidente . − Sarà fatto.

 

8.13. Progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione (A6-0159/2008, Elizabeth Lynne) (votazione)
  

– Prima della votazione

 
  
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  Philip Bushill-Matthews, a nome del gruppo PPE-DE. (EN) Signor Presidente, il nostro gruppo aveva intenzione di chiedere tre votazioni aggiuntive per appello nominale, ma, quale che sia la ragione, si sono perse.

Signor Presidente, vorrei che, tramite lei (ho verificato con il segretariato se oggi era possibile avanzare tale richiesta), fossero ammesse queste tre votazioni. Riguardano: paragrafo 2, emendamento n. 4 d; paragrafo 6 del testo originale; infine, dopo il paragrafo 36, il nostro emendamento n. 12. Mi auguro che riconosca che si tratta di un tema molto delicato e che vorremmo poter rilevare non solo gli aspetti a ci opponiamo, ma anche quelli che approviamo.

 
  
  

(Il Presidente constata che non vi sono obiezioni alla presentazione dell’emendamento)

– Prima della votazione sull’emendamento n. 5

 
  
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  Sophia in 't Veld Veld (ALDE) . (EN) Signor Presidente, abbiamo parlato dei paesi che non hanno applicato o recepito adeguatamente la direttiva sulla non discriminazione, ma c’è un paese che non l’ha attuata affatto e quindi propongo il seguente emendamento orale: “S’invita il governo ceco a recepire in modo completo la direttiva per l’occupazione e il Parlamento ceco a revocare il veto del Presidente della Repubblica ceca”.

 
  
  

(L’emendamento orale non è accolto)

– Prima della votazione sugli emendamenti nn. 1, 16 e 17

 
  
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  Richard Howitt (PSE) . (EN) Signor Presidente, molto brevemente, appoggio di certo la sua prudenza nell’interpretare il regolamento, ma mi sembra molto strano che il gruppo PPE-DE intenda introdurre votazioni per appello nominale all’ultimo momento dopo la scadenza, poiché afferma di voler spiegare praticamente la sua motivazione, laddove i suoi emendamenti tentano di cancellare, di cancellare, paragrafi da questa relazione. Ritengo stia cercando di nascondere le spaccature al proprio interno, anziché illustrare veramente gli aspetti positivi della lotta alla discriminazione.

 
  
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  Presidente . − Onorevole Howitt, probabilmente è vero che la votazione cui ha lei ha fatto riferimento è stata presentata troppo tardi, ma io vi ho interpellato, e a questo proposito lei è stato troppo lento nel chiedere la parola. Se l’avesse fatto subito, forse avremmo votato in modo diverso.

 

8.14. Politica marittima integrata per l’Unione europea (A6-0163/2008, Willi Piecyk) (votazione)

9. Dichiarazioni di voto
  

Dichiarazioni di voto orali

 
  
  

– Relazione Sergio Berlato (A6-0164/2008)

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, esistono alcune controversie relative alla produzione e al consumo di tabacco. Dobbiamo renderci conto del fatto che il tabacco coltivato nell’UE non ha davvero alcun impatto sul livello di consumo dei prodotti del tabacco da parte dei nostri cittadini. Qualora ne riducessimo o sospendessimo la produzione in Europa, non si verificherebbe un calo nella quantità di sigarette fumate. Si userebbe tabacco importato. Sostengo appieno lo sviluppo di un programma di informazione dell’opinione pubblica al fine di rendere noti i rischi del fumo, che dovrebbe essere finanziato dai fabbricanti di sigarette e dai produttori di tabacco.

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . (CS) Sostengo le campagne d’informazione sugli effetti dannosi del tabacco e la risoluzione del Parlamento europeo relativa a un progetto a lungo termine che finanzi tali campagne con 80 milioni di euro, ricavati dai sussidi per i coltivatori europei di tabacco. Ciò significherebbe nessun onere da far gravare sul bilancio dell’UE. Anche se il livello di produzione di tabacco grezzo in Europa è marginale, appena il 4 per cento della produzione mondiale, siamo il principale importatore al mondo di tabacco grezzo e per la maggior parte del nostro fabbisogno ci affidiamo alla fornitura di paesi terzi, in cui il tabacco è prodotto a livello locale secondo condizioni che sono disciplinate in maniera meno attenta di quelle applicabili al tabacco europeo. Tuttavia, sono contraria al finanziamento della produzione di tabacco in Europa, e non solo per una questione di principio: i fondi pubblici assegnati a questo settore potrebbero essere impiegati in modo migliore in altri ambiti.

 
  
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  Katerina Batzeli (PSE) . – (EL) Signor Presidente, noi del gruppo PASOK al Parlamento europeo abbiamo votato a favore della relazione dell’onorevole Berlato. Riteniamo si debba continuare a informare l’opinione pubblica riguardo alle questioni relative a tabacco e a prodotti del tabacco.

Dovrebbe esserci una politica simile con fondi autofinanziati per rendere noti al pubblico i problemi di salute connessi ad altri prodotti come carne e grassi.

Inoltre, in regioni come la Grecia, in cui la produzione di tabacco è stata drasticamente ridotta, non riusciamo a capire per quale motivo le sovvenzioni non dovrebbero proseguire nella loro forma attuale fino al 2013.

 
  
  

– Relazione Bairbre de Brún (A6-0133/2008)

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, innanzi tutto mi devo scusare con quest’Aula; ieri sera non sono riuscito a essere presente, in quanto relatore ombra, poiché il mio volo era in ritardo. Chiedo scusa.

Signor Presidente, si è scritto molto in merito al processo di pace in Irlanda del Nord e questa è un’altra relazione non legislativa. La domanda è: ha apportato qualche vantaggio? Certo. Ha fatto sì che numerosi piccoli gruppi in Irlanda del Nord, soprattutto gruppi di donne, riuscissero a organizzarsi e a provvedere per i loro settori.

E’ stata equa nella distribuzione? La risposta è no, non lo è stata. All’inizio PEACE I non è di certo stata equa; PEACE II è stata migliore, e ovviamente mi attendo che PEACE III presenti altri miglioramenti. Le comunità unioniste non stanno ottenendo la loro giusta quota. Bisogna prestare maggiore attenzione a garantire che gli organismi transfrontalieri esistenti rispettino l’equilibrio della regione. Qualora non lo facessero, la loro presenza sarebbe inutile. Un esempio evidente è quello di ICBAN, un organismo transfrontaliero che, a mio parere, non dovrebbe più ricevere alcun finanziamento finché non rettificherà la sua posizione.

Signor Presidente, desidero elogiare le numerose persone che dall’inizio del programma PEACE hanno dedicato volontariamente il loro tempo per lavorare per il bene di tutti, e ho fiducia che l’Irlanda del Nord compirà progressi e sarà fiorente. Le persone non meritano di meno, e vi avverto delle forze minacciose che tuttora ci sono nella regione.

 
  
  

– Relazione Anne Van Lancker (A6-0172/2008)

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione soprattutto per due ragioni: primo, poiché questo testo chiede in modo deciso che gli Stati membri finalmente attuino la strategia di Lisbona e quindi anche le misure nell’ambito della politica per l’occupazione, e secondo, poiché richiede che siano infine stabiliti negli Stati membri accordi per l’assistenza all’infanzia efficienti e accessibili. Si tratta di una precondizione molto importante per la compatibilità tra la vita familiare e il lavoro. Questa iniziativa, a favore, in particolare, delle madri single poiché in tal modo si creano opportunità occupazionali e si può combattere la povertà. Sono quindi strategie positive necessarie al fine di tradurre in realtà le misure adeguate in relazione alla politica per l’occupazione.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, l’occupazione è un indicatore del modo in cui stiamo progredendo. Tuttavia, è difficile non notare certi difetti nell’ambito della coesione sociale e territoriale. Nell’UE, considerata una sfera di benessere, ci sono ancora quasi 80 milioni di persone, pari al 16 per cento di tutti i cittadini europei, che vivono o sono minacciati dalla povertà. Numerosi posti di lavoro sono di bassa qualità e non esiste assistenza per far ottenere un lavoro ai giovani o ampliare la vita lavorativa di numerosi dipendenti competenti, o per impiegare persone disabili. Dobbiamo ricordare che sono le regioni, in ritardo in termini di sviluppo, a dover lottare contro i maggiori problemi. Disoccupazione elevata, scarso coinvolgimento delle persone più anziane e di quelle disabili nell’attività lavorativa, una grande quantità di individui che non lavorano per oltre 12 mesi, donne per cui è più difficile degli uomini entrare sul mercato del lavoro, rappresentano solo alcuni dei problemi da affrontare.

In Polonia questa situazione nasce nelle regioni del “Muro orientale”, quella nella Repubblica ceca merita un elogio: hanno fatto sì che l’abbattimento degli ostacoli al movimento dei lavoratori fosse una delle priorità della prossima Presidenza.

 
  
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  Frank Vanhecke (NI) . – (NL) La relazione dell’onorevole Van Lancker sembra davvero una sorta di catalogo di buone intenzioni e desideri. Si fa riferimento all’accesso migliore e ben pagato al mercato del lavoro per donne, persone disabili e migranti come fossero un’unica categoria, benché riguardi tre gruppi molto diversi. Un innalzamento di cinque anni dell’età media di pensionamento nell’UE entro il 2010, servizi perfetti di assistenza all’infanzia, quasi nessuno di coloro che abbandona la scuola senza un lavoro, un impiego per chi è stato disoccupato per quattro anni, e così via.

E’ tutto giusto e positivo, ma non è Natale. Siamo un Parlamento, non una recita natalizia. L’onorevole Van Lancker dovrebbe saperlo bene. Entrambi viviamo in una nazione in cui le due parti del paese stanno protestando per un approccio sostanzialmente diverso alla questione occupazionale. Non possiamo più pretendere uniformità a livello europeo; al contrario, chiediamo la possibilità per gli Stati membri e le regioni di adottare misure specifiche necessarie a livello locale, ma in modo rapido ed efficace. Grazie.

 
  
  

– Relazione Janusz Lewandowski (A6-0181/2008)

 
  
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  Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Si tratta di una relazione iniziale riguardante le previsioni delle entrate e delle spese del Parlamento e, in effetti, abbonda di compiacenza per questa istituzione, laddove dovrebbe succedere l’opposto in questa relazione iniziale.

Tutti sanno che in questa istituzione si sperpera denaro. Le due sedi di lavoro costano somme enormi, senza effettivamente offrire un reale valore aggiunto. Ogni anno porta sempre rincari immensi nei costi operativi di questa istituzione, stavolta mascherati in quanto necessaria conseguenza del Trattato di Lisbona, che, a quanto ne so, non è ancora nemmeno stata adottata.

Pertanto, naturalmente, c’è il nuovo statuto dei deputati, una trovata degli eurofanatici, destinato a indebolire ulteriormente il legame tra i parlamentari e i cittadini che rappresentano, che, di certo, ci costerà molto, vero? Per tutti questi motivi, e molti altri, ho espresso con convinzione voto contrario sulla relazione.

 
  
  

– Relazione Margie Sudre (A6-0158/2008)

 
  
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  Madeleine Jouye de Grandmaison, a nome del gruppo GUE/NGL. – (FR) Signor Presidente, per quanto riguarda la relazione dell’onorevole Sudre, con il sostegno del mio gruppo, ho presentato alcuni emendamenti in quanto parte di un compromesso. Tali emendamenti sono stati parzialmente realizzati. Desidero ringraziare la commissione.

Gli emendamenti riguardavano il riconoscimento del valore aggiunto delle regioni ultraperiferiche nei settori dello spazio, delle energie rinnovabili, dell’autosufficienza energetica e della biodiversità, l’importanza del servizio pubblico per lo sviluppo delle RUP, un riconoscimento della mancanza di integrazione delle RUP nello Spazio europeo della ricerca e dei vantaggi del programma NET BIOME, nonché la capacità delle RUP di fornire un contributo significativo alle priorità internazionali stabilite.

Dall’altro lato, sono delusa che questa relazione non abbia incluso del tutto il capitolo sociale e culturale per uno sviluppo completo e che non siano stati mantenuti sostegno e riconoscimento delle lingue regionali delle RUP, un finanziamento della ricerca di schiavitù e colonialismo, e la difesa dei diritti dei popoli nativi della Guyana.

Sono inoltre scontenta che la relazione non si impegni in modo deciso al fine di rafforzare la capacità di ricerca in modo da poter sfruttare il potenziale.

Non sono soddisfatta che sia stata respinta la mia proposta di regolamento relativo alla determinazione del prezzo di posta e telecomunicazioni tra i territori nazionali e le RUP.

In quanto parte della mia valutazione, sono delusa che sia stata rigettata la mia richiesta di uno studio d’impatto sociale e ambientale delle OCM zucchero e banane.

Tuttavia, ho votato a favore di questa relazione, che fornisce certamente informazioni preziose e risultati per le RUP.

 
  
  

– Relazione Lasse Lehtinen (A6-0155/2008)

 
  
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  Zuzana Roithová (PPE-DE) . (CS) Vorrei proseguire l’intensa discussione politica che si è svolta ieri. Non ho appoggiato la proposta dei socialisti relativa al ricorso collettivo, poiché l’atteggiamento responsabile, a mio parere, è attendere i risultati degli studi d’impatto al fine di valutare l’efficacia del ricorso collettivo, in particolare per quanto riguarda i costi sostenuti dai consumatori. Quindi, oggi voglio replicare ai commenti inopportuni nel corso della nostra discussione di ieri da parte della collega, l’onorevole Gebhardt, che danno agli elettori l’impressione che solo i socialisti tutelino i diritti dei consumatori, ad eccezione dei democratici che difendono quelli dell’industria. Una retorica politica e una demagogia così manipolante non ha alcuna relazione con la realtà e sono contraria.

 
  
  

– Relazione Elizabeth Lynne (A6-0159/2008)

 
  
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  Frank Vanhecke (NI) . – (NL) Ho votato con grande convinzione contro la relazione Lynne, poiché, a mio parere, va di gran lunga oltre le infinite relazioni approvate in passato da questo Parlamento che, di per sé, sono estremamente discutibili.

Il Parlamento sta nuovamente spalancando le porte a un tipo di politica europea per la non discriminazione di ampio respiro, che non trascura un solo ambito sociale. L’ho già affermato in questa istituzione e lo ribadisco: la lotta contro la discriminazione, ove necessaria, rientra nel quadro di competenza esclusiva degli Stati membri, e l’Europa non deve assumere il ruolo di ufficiale di polizia o di controllo della mente a questo proposito.

In realtà, chiunque legga approfonditamente la relazione Lynne giungerà alla conclusione che abbia meno a che fare con l’effettiva lotta contro la discriminazione che con l’indebolimento della libertà di espressione e, in particolare, col rendere la correttezza politica una questione giuridica. Non posso essere d’accordo e ho pertanto espresso con convinzione voto contrario in merito.

 
  
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  Hubert Pirker (PPE-DE).(DE) Signor Presidente, siamo tutti d’accordo che sia adottata ogni misura immaginabile contro la discriminazione. Quindi, abbiamo anche sostenuto quattro direttive. Una quinta è in arrivo, che otterrà il nostro appoggio.

Tuttavia, ho votato a sfavore di questa relazione poiché sceglie una strategia sbagliata, non difende l’applicazione delle norme esistenti, ma chiede subito una nuova direttiva, che include nuove autorità, nuove burocrazie e nuove procedure di controllo. Ciò significa che si propongono barriere, anziché soluzioni. Nel complesso, non conduce a un’abolizione della discriminazione.

Tutta la mia delegazione procede in una direzione diversa. Vorremmo si esortassero gli Stati membri ad attuare finalmente tutto ciò che già esiste nel diritto attuale e, come indica la relazione, di non mettere il carro davanti ai buoi.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN) . – (PL) Signor Presidente, il rispetto dei diritti umani è un dovere fondamentale della Comunità europea. Purtroppo, l’Unione europea non ci sta riuscendo nel modo migliore. La situazione a questo proposito non varierà dopo solo due ore di discussione, né le azioni intraprese dalla Commissione europea e da altre autorità offrono più speranze di miglioramento. L’Europa e il resto del mondo stanno ancora lottando contro discriminazioni razziali, sessuali, culturali e di nazionalità. La tratta di esseri umani, compresi i bambini, per denaro, per piacere, per organi, aumenta ogni anno che passa. Il numero di atti di violenza è in crescita e le vittime decidono sempre più spesso di non parlare, dato che non credono in un aiuto da parte dello Stato.

Ho l’impressione che nel Parlamento europeo stiamo lavorando soprattutto a vantaggio delle aziende, delle società e delle regioni, e troppo poco a favore delle persone comuni, per cui gli elementi più importanti sono la loro qualità di vita e la parità di diritti. Le nostre iniziative non producono gli effetti desiderati; alleggeriscono a malapena la coscienza facendo sembrare che stiamo agendo. E’ giunto il momento di drastici cambiamenti.

Perciò esprimo voto contrario sulla relazione.

 
  
  

– Relazione Willi Piecyk (A6-0163/2008)

 
  
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  Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. (EN) Signor Presidente, nel gruppo GUE/NGL esiste grande tolleranza per le posizioni di minoranza. Ci sono casi in cui tali minoranze sembrano dimostrare a quest’Assemblea che il loro punto di vista differisca dalla vasta maggioranza nel nostro gruppo.

Questa situazione si è verificata di recente nella votazione sulla mia relazione riguardante i rapporti tra Macedonia e Unione europea. Abbiamo concesso il breve tempo a disposizione per il nostro gruppo a uno dei nostri membri greci, che ha annunciato che l’Unione europea non può ammettere un nuovo Stato membro, altrimenti sarebbe meglio abolire la stessa Unione. Probabilmente questa osservazione ha generato l’equivoco che il mio gruppo non abbia seguito le mie proposte di accelerare i negoziati con questo candidato a paese membro. Tuttavia, questa posizione apparteneva esclusivamente all’opinione del Partito comunista greco, non al nostro gruppo nel complesso, che ha sostenuto le mie proposte, come la gran maggioranza di questo Parlamento.

Nell’ultima discussione di questa mattina, è di nuovo accaduta la stessa cosa. Per quanto riguarda la relazione Piecyk su una politica marittima integrata, i due oratori del nostro gruppo sono stati il greco Pafilis e il portoghese Guerreiro. Ottenere la possibilità di prendere la parola in merito a tale questione era molto importante per i partiti che rappresentano in quest’Aula. Nei loro dibattiti nazionali, queste due parti preferiscono usare la relazione Piecyk come simbolo di tutto ciò che è sbagliato riguardo alle condizioni di lavoro dei marinai e degli operatori portuali, nonché di tutti i fattori connessi alle intenzioni NATO per l’utilizzo militare del mare.

La maggioranza del nostro gruppo, incluse le delegazioni di Germania e Paesi Bassi, ha l’impressione che la relazione Piecyk non abbia niente a che fare con tali questioni. Per due volte, abbiamo appoggiato il rifiuto della direttiva sui porti, ma non siamo contrari a una politica marittima in generale. Sosteniamo le proposte dell’onorevole Piecyk, che si concentrano su elementi utili come l’ambiente, la protezione delle regioni costiere, l’istruzione e la qualità del lavoro.

 
  
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  Czesław Adam Siekierski (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, ho votato a favore di questa relazione per una serie di ragioni. Primo, una delle principali sfide con cui l’Europa deve lottare è rappresentata dai cambiamenti climatici. Ciò ha un effetto diretto sulle zone marittime, in particolare sulle regioni costiere minacciate dall’innalzamento dei livelli dell’acqua. Secondo, uno sfruttamento intensivo delle risorse marittime, soprattutto con una pesca eccessiva e i cambiamenti climatici, attualmente costituisce una seria minaccia all’ambiente marino. Le connessioni tra gli oceani e il clima sono considerate una parte importante della politica europea sul clima. Terzo, quasi l’80 per cento dell’inquinamento dell’ambiente marino è di origine terrestre. Minacce ambientali quali i relitti sul fondo marino, i resti di munizioni militari e armi chimiche sono anche piuttosto rilevanti. Quarto, la pesca intensiva ha sconvolto l’equilibrio dell’ecosistema e sta inoltre destabilizzando la biodiversità. Quinto, oceani e mari rivestono un ruolo importante nella strategia europea volta a garantire sicurezza energetica. Da un lato, sono una fonte di petrolio e gas, nonché di energia rinnovabile. Dall’altro, costituiscono un mezzo e una strada per il trasporto di energia e, pertanto, aumentano la sicurezza energetica. Occorre quindi creare una politica sostenibile per lo sviluppo di mari e oceani.

 
  
  

Dichiarazioni di voto scritte

 
  
  

− Relazione Jan Andersson (A6-0132/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del collega svedese Jan Andersson, seguendo la procedura semplificata, che conferma la proposta di una decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che annulla la decisione 85/368/CEE del Consiglio relativa alla corrispondenza delle qualifiche di formazione professionale tra gli stati membri delle Comunità europee, che esortava gli Stati membri e la Commissione a cooperare per elaborare descrizioni delle esigenze professionali comunitarie in determinate occupazioni, e quindi a combinare le qualifiche di formazione professionale riconosciute negli Stati membri alle descrizioni concordate.

Siccome tale decisione era difficile da applicare, è stato ragionevole cancellarla. Il quadro europeo delle qualifiche dovrebbe mirare a eliminare le limitazioni della decisione, concentrandosi sul miglioramento della trasparenza delle qualifiche e introducendo un approccio decentralizzato per la cooperazione che rifletta la crescente complessità delle qualifiche in Europa. Ciononostante, questa situazione inopportuna manifesta una necessità di chiarimento e semplificazione del diritto comunitario, cosicché i cittadini possano comprenderlo e approfittarne nella loro vita quotidiana.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) Una crescita del livello di occupazione nell’Unione europea è direttamente connessa alla formazione professionale e al mutuo riconoscimento delle qualifiche. Ho appoggiato la relazione dell’onorevole Andersson, poiché ritengo che gli Stati membri dell’UE dovrebbero creare un modello comune per il controllo delle qualifiche professionali indipendentemente dal paese in cui sono state acquisite. Ciò incoraggerà i lavoratori a continuare a migliorare le loro competenze, e gli studenti a studiare, ottenere nuove esperienze e perfezionare la loro conoscenza delle lingue straniere in diverse parti d’Europa.

In quanto rappresentante della Małopolska, la terza maggiore regione della Polonia in termini di numero di studenti, vorrei anche richiamare l’attenzione al valore particolare del riconoscimento del titolo per i giovani. Tutti gli scambi accademici e la possibilità di comparare le qualifiche sono estremamente importanti per i giovani che intendono acquisire esperienza all’estero.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Uno dei quattro principi su cui si fonda il mercato comune dell’Unione europea riguarda la libera circolazione delle persone. Tale principio offre ai cittadini europei la possibilità di accettare un impiego in un altro Stato membro.

I diversi sistemi educativi e i regolamenti sulle qualifiche professionali, tuttavia, spesso rendono difficile accettare un impiego in attività in cui prevediamo qualifiche. Perciò, è molto importante poter comparare le qualifiche professionali tra i vari Stati membri. Secondo la Commissione europea e anche il relatore, la decisione 85/368/CEE, che disciplina questa materia, non ha favorito in modo adeguato la comparabilità delle qualifiche professionali a vantaggio dei lavoratori che cercano un’occupazione in un altro Stato membro.

Questa è la ragione alla base della decisione di sostituirla con uno strumento più nuovo ed efficace, il quadro europeo delle qualifiche, che aumenta la trasparenza, favorisce il trasferimento delle qualifiche e facilita la valutazione dei risultati di studio.

Sono soddisfatta che questa iniziativa abbia attratto un ampio sostegno da vari settori: parti sociali, organizzazioni industriali e di settore, istituzioni educative e ONG. Ciò garantisce un vasto consenso in merito alle modifiche apportate.

Sono quindi favorevole ad abrogare la decisione, e ritengo che il quadro europeo delle qualifiche, in quanto strumento che permette di comparare le qualifiche, offrirà alle persone l’opportunità di muoversi più facilmente, nonché di realizzare gli obiettivi non conseguiti con la decisione 85/368/CEE, garantendo pertanto una maggiore mobilità dei lavoratori nel mercato del lavoro europeo.

 
  
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  Katalin Lévai (PSE), per iscritto. (HU) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Andersson, poiché ritengo sia importante abbattere tutti i possibili ostacoli all’armonizzazione delle qualifiche professionali. E’ necessario abrogare la decisione 85/368/CEE del Consiglio, in quanto l’attuazione di tale decisione non è riuscita a determinare la comparabilità delle qualifiche professionali.

La decisione ora è sostituita da altri strumenti più nuovi ed efficaci, a livello europeo, come il quadro europeo delle qualifiche. In quanto risorsa per la promozione dell’apprendimento permanente, il quadro europeo delle qualifiche include le qualifiche di tutti i livelli, da quelle conseguite durante l’istruzione obbligatoria o degli adulti a quelle ottenuti con studi superiori e nell’istruzione e formazione professionale. E’ quindi fondamentale per gli Stati membri dare la massima importanza all’istruzione, poiché costituisce la base dell’occupazione. L’istruzione, insieme all’acquisizione di apprendimento generale e conoscenza culturale, riveste un ruolo essenziale nello sviluppare una società europea tollerante. Oltre ad apprendere a utilizzare in maniera efficiente l’energia e proteggere l’ambiente, la prossima generazione deve anche imparare ad accettare e rispettare le diversità.

L’istruzione è fondamentale anche in altri casi: offre la possibilità alle minoranze, ad esempio ai rom, di preservare la loro cultura e assicurare la loro integrazione. Nelle comunità minoritarie, oggigiorno, esiste un numero crescente di giovani istruiti che sono in grado di difendere i propri interessi dinanzi alle autorità e ai governi locali.

Affinché questa situazione diventi la norma, occorre sviluppare l’insegnamento delle lingue, prestare maggiore attenzione alle culture minoritarie nelle scuole, e le stesse minoranze hanno bisogno di rivestire un ruolo più attivo nel settore dell’insegnamento.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) In pratica, non siamo sempre riusciti ad appianare tutte le difficoltà riguardanti il mutuo riconoscimento delle qualifiche formative professionali e a mantenere la qualità del lavoro da un lato, senza generare barriere inutili dall’altro. A questo proposito, è allarmante che la direttiva sui servizi abbia concesso ai fornitori stranieri di servizi una certa libertà di azione in assenza di possibilità di un controllo effettivo e sanzioni poco chiare, laddove i fornitori nazionali di servizi devono ancora rispettare rigorosamente il diritto e le norme.

Fra pochi anni le nostre imprese nazionali chiederanno una rivalutazione dei regolamenti applicati alle aziende straniere, in modo che non si trovino di fronte a una concorrenza spietata. Nel caso di retribuzioni, condizioni lavorative e sicurezza sociale, tuttora s’incoraggia quindi una riduzione della concorrenza, né l’UE dovrebbe stimolare questo sviluppo relativo alla “carta blu”. Qualora fossimo preparati a offrire una retribuzione dignitosa, disporremmo già di un numero sufficiente di lavoratori qualificati.

 
  
  

− Relazione Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (A6-0152/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della mia collega polacca, l’onorevole Geringer de Oedenberg, che approva, in prima lettura secondo la procedura di codecisione, la proposta di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di codificare la direttiva 93/7/CEE del Consiglio del 15 marzo 1993 relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, come modificata dalla direttiva 96/100/CE (GU L del 1° marzo 1997) e dalla direttiva 2001/38/CE (GU L del 10 luglio 2001).

Sono deluso che il processo di codifica stia richiedendo così tanto tempo; dovremmo ricordarci che era il 1° aprile 1987 quando la Commissione decise di istruire i propri servizi per procedere alla codifica dell’intera legislazione, al più tardi dopo la sua decima modifica, rilevando che i servizi dovrebbero adoperarsi per codificare i testi per cui erano responsabili in un intervallo di tempo persino minore. Il Presidente in carica del Consiglio europeo (a Edimburgo nel dicembre 1992) ha confermato tali obblighi.

Infine, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno stabilito in un accordo interistituzionale del 20 dicembre 1994 che è possibile utilizzare una procedura accelerata.

 
  
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  Nicodim Bulzesc (PPE-DE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore della relazione Geringer poiché sono d’accordo che i beni culturali che sono usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro dovrebbero essere restituiti al legittimo proprietario.

Questa relazione sostiene l’idea di presentare una direttiva europea per determinare una cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per la restituzione dei beni culturali sottratti illecitamente. La direttiva stabilisce l’istituzione di un’autorità centrale in ogni Stato membro, che si occupi esclusivamente della questione e che collabori con le autorità simili create negli altri Stati membri e con l’Interpol.

Allo stesso tempo, tale direttiva potrebbe semplificare la procedura amministrativa attualmente esistente nell’Unione europea e, personalmente, sono in attesa di assistere all’attuazione di questo progetto di legge.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Sostengo la codifica della legislazione relativa ai beni culturali usciti illecitamente dagli Stati membri. La normativa in vigore è stata modificata molte volte ed è importante disporre di un quadro giuridico chiaro nell’ambito del quale i paesi membri possano garantire la restituzione della proprietà culturale sottratta.

Inoltre, ritengo che i beni culturali dovrebbero essere restituiti alle comunità locali negli Stati membri laddove esiste un netto sostegno locale per tale iniziativa. In questo quadro, appoggio pienamente, ad esempio, la restituzione degli scacchi Lewis alla loro sede di Western Isles in Scozia e, analogamente, il tesoro dell’isola St Ninian nelle Shetland.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI) , per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio voto favorevole alla relazione della collega Lidia Joanna Geringer de Oedenberg sulla restituzione di beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro.

Ritengo, infatti, fondamentale che gli Stati membri possano collaborare tra loro per poter eliminare le contese tra le autorità centrali nazionali e riconoscere l’importanza della tutela dei beni culturali a livello europeo. I beni culturali e le opere d’arte rappresentano un patrimonio dei cittadini degli Stati membri che hanno tutto il diritto di poterli visitare e ammirare.

Ci sono, infatti, casi scandalosi e diatribe tra Stati che durano da svariati lustri aventi ad oggetto opere d’arte trafugate. Ritengo sia assolutamente necessario un intervento al livello comunitario volto a risolvere tali situazioni.

 
  
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  Toomas Savi (ALDE), per iscritto. − (EN) Nonostante abbia votato a favore della relazione, devo richiamare l’attenzione sul fatto che l’articolo 13 della proposta di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante la restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro, stabilisce che tale direttiva sia valida dal 1° gennaio 1993.

Permettetemi di ricordarvi che, in seguito all’annessione illegittima della Repubblica d’Estonia da parte dell’Unione sovietica nel 1940, numerosi manufatti sono stati sottratti all’Estonia verso diverse destinazioni nell’Unione sovietica che non stati restituiti, tra cui il collare presidenziale. Mi auguro che la Commissione non se ne sia dimenticata e che presto presenti una proposta di una direttiva riguardante sottrazioni illecite antecedenti il 1993.

 
  
  

− Relazione Pia Elda Locatelli (A6-0145/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della collega italiana, l’onorevole Locatelli, elaborata secondo la procedura di consultazione, relativa alla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce l’impresa comune “Celle a combustibile e idrogeno”. Un’Europa all’avanguardia a livello globale nel settore delle tecnologie delle celle a combustibile e idrogeno fa parte di una politica eccellente.

Le celle a combustibile sono convertitori di energia affidabili ed efficienti, che riducono in maniera considerevole la produzione di gas a effetto serra. Offrono grande flessibilità, poiché sono in grado di consumare idrogeno e altri combustibili quali gas naturale, etanolo e metanolo.

E’ divenuto essenziale istituire uno strumento comunitario con questa iniziativa tecnologica congiunta (ITC) al fine di realizzare partenariati pubblico-privato nel settore della ricerca secondo il Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (7PQ). Le iniziative congiunte in materia di tecnologia, che derivano soprattutto dal lavoro delle PTE (piattaforme tecnologiche europee), riflettono il fermo impegno dell’UE per coordinare la ricerca al fine di rafforzare lo Spazio europeo della ricerca e realizzare gli obiettivi europei a favore della competitività. Appoggio l’idea di offrire maggiore assistenza alle PMI.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Concordo con la relatrice sul fatto che dovremmo applicare il programma specifico per la cooperazione che identifica le celle a combustibile e idrogeno come uno dei sei settori in cui un’ITC potrebbe avere particolare rilevanza.

Questa proposta che istituisce l’Impresa comune celle a combustibile e idrogeno è il frutto del lavoro svolto nell’ambito della piattaforma tecnologica europea “Idrogeno e celle a combustibile” e mira a contribuire all’attuazione del piano d’azione a favore delle tecnologie ambientali.

Le celle a combustibile sono convertitori di energia silenziosi ed estremamente efficienti in grado di apportare sostanziali riduzioni aggiuntive dei gas a effetto serra e inquinanti, siccome possono essere operativi con idrogeno e altri combustibili, quali gas naturale, etanolo e metanolo. L’adozione dell’idrogeno come vettore energetico flessibile può contribuire ad assicurare la sicurezza energetica e a stabilizzare i prezzi dell’energia in quanto tale elemento può essere prodotto a partire da diverse fonti di energia primaria permettendo così di diversificare il mix dei combustibili per i trasporti, che oggi dipende dal petrolio.

Benché siano stati assegnati finanziamenti pubblici europei considerevoli a favore della ricerca sulle celle a combustibile e idrogeno, è improbabile che tali tecnologie entrino sul mercato in modo così rapido come vorremmo.

 
  
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  Teresa Riera Madurell (PSE), per iscritto. − (ES) Una votazione in sede di commissione per l’industria, la ricerca e l’energia mi ha impedito di partecipare a questa discussione, quindi desidero giustificare il mio voto favorevole.

Questa ITC è stata accolta dal Parlamento poiché:

è strettamente coinvolta in termini di le priorità dell’UE: l’energia e la lotta contro i cambiamenti climatici;

l’esperienza accumulata nell’elaborazione delle quattro ITC precedenti è stata molto utile nel realizzare questo regolamento: la Commissione era già a conoscenza delle nostre preoccupazioni relative a questi nuovi strumenti, in termini di finanziamenti, regole per la partecipazione, trasparenza, avvio, condizioni di continuità, e via dicendo;

il relatore ha compiuto un ottimo lavoro. Gli emendamenti proposti: far sì che l’UE sia all’avanguardia di queste tecnologie, garantire un sostegno prioritario per la ricerca a lungo termine, appoggiare le regole per l’utilizzo e la diffusione adattate a quelle per la partecipazione al PQ7, potenziare il comitato scientifico con la funzione di fissare priorità scientifiche ed evitare che il regolamento richieda che il coordinatore del consorzio giunga da un gruppo industriale, si tratta di fattori che rafforzano la proposta della Commissione.

Le ITC sono validi strumenti per migliorare la nostra capacità in materia di R&S, considerato che sono attuate secondo gli obiettivi per cui sono state create. E’ nostro dovere assicurare che ciò avvenga.

 
  
  

− Relazione Sergio Berlato (A6-0164/2008)

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Accolgo favorevolmente la relazione Berlato riguardante la possibilità di prorogare il finanziamento del fondo comunitario del tabacco fino al 2012.

L’UE dunque sente la necessità di tutelare questo importante settore anche in virtù del fatto che la totale soppressione degli aiuti comporterebbe ingenti danni alla produttività, con conseguenti ripercussioni negative sul livello occupazionale delle regioni coinvolte.

In alcune aree il tabacco arriva a rappresentare il 35% delle esportazioni agricole e una possibile caduta della produzione provocherebbe gravi danni economici e sociali, specie laddove l’economia locale si presenta già in difficoltà.

E’ importante sottolineare che i finanziamenti al fondo comunitario stanziati andranno a coprire tutte le iniziative, le campagne informative e di sensibilizzazione sui danni causati dal fumo.

Auspico quindi che la proposta di prolungare il fondo di comunicazione antitabacco venga di fatto recepita positivamente dai miei colleghi, tutelando in tal senso anche gli interessi dei consumatori.

 
  
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  Bernadette Bourzai (PSE), per iscritto. – (FR) Il Fondo comunitario del tabacco finanziato mediante il trasferimento di una certa somma dell’aiuto al settore per gli anni 2006 e 2007, promuove iniziative volte ad accrescere la sensibilità pubblica in merito agli effetti dannosi del fumo.

La commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale ha proposto di estendere il finanziamento fino al termine della previsione finanziaria e ha alzato il tasso percentuale al 6 per cento. Il consumo di tabacco in Europa non è cambiato e la riduzione graduale della produzione europea è stata sostituita dalle importazioni di tabacco.

La questione parallela di mantenere l’OCM nel tabacco e di rinviare quindi la riforma del 2004 che avrebbe dovuto essere attuata dal 2010, deve essere affrontata nel corso della verifica dello stato di salute della PAC, poiché un disaccoppiamento provoca il quasi totale abbandono della produzione senza alcuna alternativa sostenibile dal punto di vista dell’economia e dei posti di lavoro, cosa che ha avuto gravi conseguenze per le zone rurali interessate, ma nessun impatto sulla salute pubblica.

Non ritengo che la lotta contro il fumo e l’estensione di un periodo di transizione che consenta ai produttori europei di trovare alternative alla coltivazione del tabacco e di ridurre l’impatto negativo sulle nostre regioni siano reciprocamente esclusivi.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il finanziamento del Fondo comunitario del tabacco mira esclusivamente a promuovere iniziative d’informazione sui danni che i prodotti del tabacco possono provocare. La proposta presentata dalla Commissione europea prevede il trasferimento di una somma pari al 5 per cento dell’aiuto al tabacco concesso per gli anni 2008 e 2009. Da parte sua, il Parlamento propone il trasferimento del 6 per cento dell’aiuto al tabacco concesso per il periodo 2009-2012, partendo dal presupposto che si prosegua con gli aiuti ai produttori.

Come sappiamo, la Commissione europea ha deciso, purtroppo, di optare per il disaccoppiamento degli aiuti alla produzione, che è stato utile nella riduzione della produzione di tabacco in Portogallo, benché sia ancora importato da paesi produttori. La Commissione sta tuttora collegando questo Fondo al sistema di assistenza ai coltivatori di tabacco in base al fatto che sia l’unica fonte di finanziamento prevista. In linea con tale fondamento e nell’ottica che le campagne d’informazione continueranno a essere preziose, gli emendamenti sembrerebbero appropriati.

Sembra inoltre importante sostenere la recente richiesta formale espressa alla Commissione da quasi tutti gli Stati membri produttori di tabacco affinché presenti una proposta di un regolamento che estenda l’attuale sistema di aiuti per la produzione di tabacco fino al 2013 e venga considerata parte delle discussioni in corso sullo “stato di salute” della PAC.

 
  
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  Neena Gill (PSE), per iscritto. (EN) Ho espresso voto contrario su questa relazione poiché, come qualcuno che si è opposto sin dall’inizio ai sussidi alla produzione del tabacco, ritengo sarebbe devastante rinviare la graduale eliminazione degli aiuti al tabacco dal 2009 al 2012.

Sostengo la proposta della Commissione europea che mostra che non esista giustificazione che le sovvenzioni al tabacco continuino a essere collegate alla sua produzione. Ritengo che la relazione del Parlamento che tenta di riaprire la discussione relativa all’eliminazione graduale delle sovvenzioni entro il 2009, sia del tutto inaccettabile.

Non vedo alcuna ragione logica per continuare a sostenere la produzione di tabacco, in particolare per le conseguenze negative che il tabagismo ha sulla salute e sui costi dell’assistenza sanitaria.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho espresso voto contrario sulla relazione Berlato sul Fondo comunitario del tabacco. L’UE, in accordo con numerosi Stati membri, ha tentato di ridurre l’uso del tabacco medianti misure come il divieto alla pubblicità del tabacco. Si tratta quindi di assoluta ipocrisia che l’UE continui a finanziare i coltivatori del tabacco in Europa.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, Erik Meijer, Esko Seppänen, Søren Bo Søndergaard e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La risoluzione del Parlamento europeo sul Fondo del tabacco propone di estendere le sovvenzioniagricole al settore. Abbiamo espresso voto contrario per protestare contro l’intero sistema degli aiuti al tabacco. Per l’UE è ridicolo finanziare la coltivazione di tabacco, è ipocrita usare parte di questo denaro per sostenere campagne antifumo. Dovrebbero subito essere aboliti tutti gli aiuti agricoli al tabacco. Le campagne antifumo sono utili, ma possono essere facilmente finanziate in altri modi.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) La relazione di Sergio Belato sul Fondo comunitario del tabacco cerca di riaprire la discussione sull’estensione degli aiuti al tabacco fino al 2012. Non esiste giustificazione che i sussidi al tabacco siano assegnati agli agricoltori, sia dal punto di vista della salute pubblica sia da una prospettiva economica, pertanto un loro ampliamento è semplicemente inutile.

In realtà, considerata la posizione dell’UE in merito, ritengo che le proposte contenute nella relazione siano non solo ipocrite, ma anche immorali. Quindi, non ho potuto votare a favore della relazione.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Ho votato a favore della relazione Berlato, così come il gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica. Tale documento garantisce aiuti comunitari ai coltivatori di tabacco per un ulteriore periodo e fornisce loro protezione contro una discriminazione negativa rispetto a quelli di altri prodotti agricoli, per cui i sussidi continuano a essere stanziati. E’ di particolare importanza approfittare di tutte le possibilità concesse dalle risorse esistenti. Dobbiamo impedire che sia abbandonata la coltivazione del tabacco e fermare l’esodo della popolazione rurale durante questo periodo transitorio per il raccolto.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. − (PL) Benché la votazione sulla relazione Berlato sia stata positiva, non risolve il problema del fumo e della produzione di tabacco.

Si potrebbe affermare che abbiamo rinviato per diversi anni una decisione su queste importanti questioni. Questo problema, di conseguenza, si ripresenterà e rimarrà tale finché le persone fumeranno tabacco. Sarà necessario risolverlo, ma non a discapito dei coltivatori che si sono impegnati in questo tipo di produzione e sono incorsi in spese rilevanti.

La coltivazione del tabacco fornisce mezzi di sostentamento a decine di migliaia di famiglie, che spesso non dispongono di altro modo di ottenere un reddito, come, ad esempio, in regioni polacche con scarsi terreni.

Perciò, oggi occorrono decisioni strategiche, prese con la dovuta considerazione, non sotto la pressione di gruppi lobbistici che rappresentano intermediari e commercianti, che operano in un sistema nazionale.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo il mio sostegno a favore della relazione del collega Berlato, al quale faccio i complimenti.

La relazione è infatti un documento molto equilibrato e rappresenta una rara e positiva forma di integrazione tra la politica agricola e quella della salute dell’UE. La relazione, prevedendo di aumentare la percentuale di trattenute agli aiuti pagati ai tabacchicoltori e mettendo a disposizione delle campagne di informazione sui danni del fumo risorse aggiuntive per oltre 81 milioni di euro, riesce a combinare due istanze in un ambito per alcuni versi delicato.

D’altro canto, la stessa relazione, senza aggravio per la spesa dell’Unione, estende gli aiuti parzialmente accoppiati ai produttori, non discriminandoli rispetto alle altre produzioni agricole e confermando la posizione già espressa dall’Aula di Strasburgo nel marzo 2004.

 
  
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  Brian Simpson (PSE), per iscritto. (EN) Sarete consapevoli del fatto che, per molti anni, questo Parlamento si è adoperato nei propri sforzi per evidenziare i danni alla salute provocati dal fumo di tabacco.

Eppure, in tutto questo tempo, l’Unione europea ha concesso milioni di euro a sostegno dei coltivatori di questo stesso prodotto.

E’ veramente ipocrita proseguire una tale politica.

La relazione della commissione per l’agricoltura cerca di riaprire la discussione sull’estensione dei sussidi al tabacco fino al 2012. Tuttavia, la proposta della Commissione, a cui, presumibilmente, la relazione costituisce la risposta, riguarda l’estensione dei finanziamenti del Fondo comunitario del tabacco, che, come sappiamo, sono utilizzati per informare dei danni del fumo.

La commissione per l’agricoltura ha tentato un gioco di prestigio che avrebbe eseguito qualsiasi mago di prim’ordine, ma, per fortuna, è stato scoperto e rivelato per ciò che è veramente, vale a dire un tentativo di estendere sussidiale sovvenzioni ai produttori di tabacco. Il Parlamento deve opporsi a tale iniziativa per motivi morali, economici e sanitari.

La posizione della Commissione è chiara. Non esiste giustificazione che gli aiuti al tabacco siano connessi alla produzione. E’ ora giunto il momento che il Parlamento adotti la stessa linea respingendo l’opinione della commissione per l’agricoltura in merito. Per questo motivo esprimerò voto contrario.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Oltre mezzo milione di cittadini europei muore quotidianamente per tabagismo. Non dovrebbe essere stanziato nemmeno un centesimo del denaro dei contribuenti europei al Fondo comunitario del tabacco, che dovrebbe essere abolito.

 
  
  

− Relazione Bairbre de Brún (A6-0133/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di propria iniziativa della collega inglese, l’onorevole de Brún, sulla valutazione del programma PEACE (Programma speciale europeo di aiuto per la pace e la riconciliazione nell’Irlanda del Nord), che sottolinea che il rafforzamento dei poteri locali abbia rappresentato un parte essenziale del processo di pace nell’Irlanda del Nord, e che la partecipazione della società civile a tale processo abbia largamente contribuito a migliorare la definizione e l’attuazione della politica locale.

Appoggio l’idea che, una volta terminati, non dovrebbe cessare la cooperazione tra i partecipanti ai programmi finanziati da PEACE e dal Fondo internazionale per l’Irlanda (IFI).

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione de Brún sul programma PEACE, che, giustamente, evidenzia l’importanza del rafforzamento dei poteri locali nel processo di pace. I programmi PEACE hanno fornito un prezioso contributo al processo di pace in Irlanda e bisogna accogliere positivamente gli sforzi futuri in tal senso.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) Sono lieta di sostenere il programma PEACE e mi auguro che continui ad aiutare le comunità a livello rurale.

 
  
  

– Relazione Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf (A6-0130/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del collega tedesco, l’onorevole Graefe zu Baringdorf, che propone di modificare la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sulla carne e sul bestiame, ma in un modo che dovrebbe consentire un accordo in prima lettura secondo la procedura di codecisione. Statistiche sul bestiame (due all’anno per suini e bovini, e una per ovini e caprini), statistiche mensili sulla macellazione (peso di testa e carcassa di suini, bovini, ovini, caprini e pollame) e previsioni sulla produzione di carni (carni suine, bovine, ovine e caprine) sono essenziali per gestire i mercati europei, ma occorreva trattare con urgenza la legislazione in vigore, che è diventata molto complessa. Sembra ragionevole includere le carni avicole alle statistiche sulle carni suine, bovine, ovine e caprine.

 
  
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  Constantin Dumitriu (PPE-DE), per iscritto. (RO) La semplificazione delle procedure è un obiettivo importante delle istituzioni europee, che sono consapevoli che un’eccessiva regolamentazione costituisca un onere per il funzionamento, l’efficienza e la competitività degli operatori economici. Per gli agricoltori e i produttori agricoli in Romania, ridurre gli oneri burocratici è una necessità al fine di poter approfittare appieno dei vantaggi dell’adesione all’Unione europea.

I resoconti statistici dovrebbero essere presi in considerazione da Eurostat e, in particolare, dalle istituzioni e dalle aziende nazionali. Per quanto riguarda le carni, i dati statistici rappresentano un quadro che permette di intervenire in tempo al fine di disciplinare il mercato, stabilendo sistemi di intervento.

Tali resoconti dovrebbero essere unitari, corretti e disponibili in tempo utili per evitare grandi squilibri sul mercato comunitario, squilibri che influenzano i produttori, i consumatori o entrambi nella stessa misura.

La relazione ha esattamente questo obiettivo e la accolgo con favore! Allo stesso tempo, le autorità nazionali dovrebbero, inoltre, attuare in maniera rigorosa e, ove necessario ferma, azioni che prevedano serietà delle parti interessate.

Sia chi raccoglie ed elabora i dati statistici, sia chi è autorizzato a diffonderli, deve trattare la questione con la stessa attenzione. Oltre alla rigorosità, questo regolamento determinerà l’uniformità di questi dati mediante norme comuni applicabili nell’Unione europea.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo positivamente la relazione dell’onorevole Graefe zu Baringdorf sulla proposta di regolamento relativo alle statistiche sulla carne e sul bestiame. Il regolamento mira a semplificare la legislazione esistente nel settore. Ho votato a favore delle raccomandazioni della relazione.

 
  
  

− Relazione Anne Van Lancker (A6-0172/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione della collega belga Van Lancker, elaborata nel quadro della procedura di consultazione, sulla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche occupazionali degli Stati membri.

Accolgo positivamente l’eccellente lavoro svolto dalla mia collega e amica, l’onorevole Morin, la relatrice per il nostro gruppo politico, in particolare in merito alla flessicurezza. A rischio di deviare leggermente dall’argomento, poiché questa decisione del Consiglio, in sostanza, mira soltanto a operare raccomandazioni agli Stati membri ai sensi dell’articolo 128 del Trattato che istituisce le Comunità europee, sono deluso che, anche se era il suo dovere nell’applicazione dell’articolo 138 del Trattato, la commissione non abbia esortato le parti sociali e affermato che era ora di creare una normativa europea per l’occupazione con il sostegno di queste parti sociali, secondo la procedura stabilita ai sensi dell’articolo 139 del Trattato CE.

Se non definiamo una legislazione europea sul lavoro con l’appoggio delle parti sociali, non sarà possibile avere a disposizione una politica per l’occupazione ambiziosa.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Signor Presidente, onorevoli colleghi, la strategia di Lisbona, specialmente in seguito alla mid-term review, rappresenta l’impegno strategico più importante preso dall’UE ed è finalmente accompagnato da risultati concreti in termini di crescita ed occupazione.

In questo ambito la collega Van Lancker, pur riconoscendo alla strategia il merito di aver contribuito alla creazione di nuovi posti di lavoro, si interroga su qualità e sicurezza. Va notato infatti che nonostante il numero dei disoccupati sia in continuo calo, il numero dei lavoratori con contratto determinato tende a elevarsi, con evidenti risvolti e conseguenze. Dai dati emerge la necessità di effettuare un monitoraggio sui singoli Stati affinché affrontino le tematiche in materia di occupazione con un approccio sempre più equilibrato ed improntato alla flessicurezza: dunque nuovi posti di lavoro, ma anche migliori condizioni generali per i lavoratori.

E’ comunque assai opportuno, come sottolinea la relatrice, che l’Agenda di Lisbona tenga maggiormente conto degli obiettivi sociali comuni: parola d’ordine della nostra strategia deve essere l’integrazione, non più unicamente crescita ed occupazione.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) L’attuale situazione dimostra che, dieci anni dopo i primi orientamenti per le politiche occupazionali degli Stati membri, esistono sempre meno impieghi con diritti, che in sé rivelano che la strategia non è finalizzata alla promozione di questo tipo di occupazione. Dall’altro lato, le costanti modifiche agli orientamenti, accompagnate da direttive sempre più neoliberali a livello economico dell’Unione europea, hanno contribuito a una maggiore insicurezza dei posti di lavoro.

Benché la relatrice includa alcuni palliativi riguardanti povertà o esclusione sociale, di fatto non si accenna alla necessità di allontanarsi dagli attuali orientamenti macroeconomici e per l’occupazione, che sono del tutto neoliberali e in cui regnano incontrastate concorrenza e flessibilità, ragione per cui tali proposte non rappresentano nient’altro che una diversione, che non è in grado di estirpare la causa dei problemi.

Alcune altre proposte tendono persino a promuovere la flessicurezza o, piuttosto, la deregolamentazione del mercato del lavoro, difendendo forme contrattuali flessibili e affidabili secondo le moderne norme sul lavoro, gli accordi collettivi e l’organizzazione dell’attività lavorativa, con l’indicazione che gli Stati membri dovrebbero attuare i propri piani d’azione in base ai principi comuni di flessicurezza adottati dal Consiglio.

Abbiamo quindi espresso voto contrario sulla relazione.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Van Lancker che riguarda le politiche occupazionali per gli Stati membri. Il documento evidenzia giustamente la necessità per gli Stati membri di attuare orientamenti in modo tale da cercare di contrastare le discriminazioni in base a sesso, origine razziale o etnica, religione o fede, disabilità, età, o orientamento sessuale.

La relazione invita inoltre gli Stati membri a riconoscere le tradizioni nazionali nell’applicare la politica occupazionale. Ritengo che il riconoscimento delle diverse tradizioni d’Europa dovrebbe essere il nucleo di tutta la politica europea.

 
  
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  Stanisław Jałowiecki (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Mi sono astenuto dalla votazione sulla relazione dell’onorevole Van Lancker riguardante gli orientamenti per una politica occupazionale. La relazione, purtroppo, non è riuscita a evitare le contraddizioni. Da un lato, contiene numerose espressioni quali “società dell’informazione”, “competitività” e “sfide tecnologiche”, dall’altro tratta la necessità di garantire “sicurezza lavorativa”, “impiego stabile” e così via. Le prime sottolineano le intenzioni, le seconde mantengono le cose invariate. Non è possibile compiere progressi senza stravolgere la struttura dell’occupazione. Non è mai accaduto nella storia.

Anziché parlare di sicurezza occupazionale, intesa come una conservazione dei posti di lavoro esistenti e dei tipi di impiego, dovremmo quindi occuparci di qualcos’altro, vale a dire garantire accesso al lavoro; un accesso al lavoro che esiste ora, in questo momento. Questa dovrebbe essere la nostra comune preoccupazione.

 
  
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  Carl Lang (NI), per iscritto. – (FR) La situazione occupazionale nell’Unione europea non è molto positiva. Il tasso medio di disoccupazione del 7,3 per cento nel 2007, senza tenere conto dei posti di lavoro assistiti, è più elevato di quello degli altri importanti blocchi economici. Nel Nord America è inferiore al 5 per cento.

Lontani dal migliorare la situazione, gli orientamenti che sono stati presentati la peggioreranno. La strategia di Lisbona, considerata in luce positiva dalla relatrice, apre le nostre economie a una concorrenza sleale, in particolare da parte della Cina comunista, che pratica un vero dumping sociale. Inoltre, chiedendo la riduzione dei “divari in termini occupazionali tra i lavoratori dei paesi terzi e i cittadini comunitari”, la relazione chiaramente fa parte della politica immigrazionista perseguita per decenni nei nostri paesi che, introducendo dall’esterno dell’Europa oltre 1,5 milione di immigranti, è in procinto di convertirci in paesi del Terzo mondo.

Ripristinare la preferenza nazionale, che è una discriminazione positiva, ridurre il peso dell’immigrazione e quindi gli oneri fiscali sulle nostre imprese e i nostri dipendenti, e attuare il principio di preferenza comunitaria al fine di proteggere il mercato europeo: sono le misure principali che dovrebbero essere adottate per sviluppare l’occupazione in Europa.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo con favore l’iniziativa della relatrice per rafforzare la dimensione sociale della strategia di Lisbona. Ritengo che la richiesta dell’introduzione di un approccio equilibrato alla “flessicurezza” e di una clausola sull’integrazione attiva, consoliderà la politica occupazionale in Europa. Ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Zdzisław Zbigniew Podkański (UEN), per iscritto. − (PL) Nella relazione sulla politica occupazionale degli Stati membri si riscontrano numerose contraddizioni.

La relatrice scrive che la rinnovata strategia di Lisbona sta producendo risultati, tra gli altri ambiti, in un aumento del PIL nell’UE negli ultimi anni e un calo della disoccupazione, e che gli orientamenti per l’occupazione non necessitano di una revisione completa, ma solo emendamenti ad alcuni singoli paragrafi.

La relatrice osserva inoltre che negli ultimi anni circa 6 milioni di giovani di età compresa tra i 18 e 24 anni hanno abbandonato precocemente la scuola e interrotto la loro istruzione, e che la disoccupazione giovanile rappresenta il 40 per cento della disoccupazione complessiva dell’UE, con una percentuale doppia tra gli immigrati. Inoltre, 78 milioni di persone vivono in povertà, il doppio della popolazione polacca.

La relatrice considera altresì l’aumento del numero di posti di lavoro ottenuto a scapito di un abbassamento della loro qualità, e della percentuale di dipendenti a tempo parziale e tempo determinato, spesso secondo i termini di contratti conclusi sotto costrizione.

La realtà parla per se stessa, ma non sempre vogliamo ascoltare. La realtà è che la società non integra, ma divide. La povertà non è in calo, ma si diffonde ogni che passa. La discriminazione contro le donne, gli anziani e i migranti sul mercato del lavoro non diminuisce, e gli stereotipi in pensiero e azione non svaniscono.

 
  
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  Carl Schlyter (Verts/ALE), per iscritto. (SV) Nel complesso, il contenuto della relazione è positivo, ma è ipocrita parlare di responsabilità sociale, di economia locale e di parità, cercando allo stesso tempo di garantire che le procedure di aggiudicazione impediscano di prendere considerazione tali fattori. Non contribuirò a tale azione. La relazione fornisce una visione falsata della realtà, e quindi mi astengo dalla votazione.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) Sostengo questa relazione e l’opinione dell’onorevole Van Lancker che gli obiettivi sociali comuni degli Stati membri dovrebbero essere riflessi in modo migliore nell’agenda di Lisbona. Appoggio inoltre la trasformazione dell’attuale strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione in una basata su crescita, occupazione e integrazione. Ritengo essenziale promuovere standard sociali comuni a livello UE. E’ necessaria la creazione di posti di lavoro di qualità, insieme a un consolidamento dei valori del modello sociale europeo.

A mio parere, uno dei compiti fondamentali della strategia europea per lo sviluppo sostenibile è la definizione di una società integrante in cui obiettivi e sforzi attivi hanno la priorità al fine di limitare il numero di persone minacciate da povertà ed esclusione sociale, di accrescere sempre di più il ruolo rivestito dalle donne, dagli anziani e dai migranti sul mercato del lavoro, nonché di promuovere l’occupazione giovanile.

 
  
  

− Relazione Janusz Lewandowski (A6-0181/2008)

 
  
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  Richard James Ashworth (PPE-DE), per iscritto. – (EN) La relazione indica alcuni importanti orientamenti nel processo di bilancio relativo al 2009 e, nel complesso, concordiamo decisamente con la determinazione della relatrice a continuare a rispettare la quota massima del 20 per cento imposta volontariamente alle spese parlamentari.

Il 2009 sarà un anno che porterà molti cambiamenti al metodo di lavoro del Parlamento e riteniamo che, al fine di mantenere tale disciplina, sarà necessario esaminare con accuratezza tutte le proposte di spesa per garantire che il contribuente riceva un buon rapporto qualità/prezzo. In particolare, non abbiamo timore di ricordare al Parlamento che l’unico grande risparmio che potrebbero introdurre sarebbe abbandonare le due sedi di lavoro dell’istituzione. Appoggiamo pienamente le proposte della relatrice di fornire i mezzi per la rimozione dell’amianto dagli edifici del Parlamento a Strasburgo.

I conservatori britannici attendono di ricevere a tempo debito le ulteriori osservazioni della relatrice, e quindi si sono astenuti dalla votazione finale in merito a questa relazione.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione del collega polacco, l’onorevole Lewandowski, sullo stato di previsione delle entrate e delle spese del Parlamento europeo per l’esercizio 2009. Questo bilancio deve affrontare grandi sfide, come l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ove ratificata dagli Stati membri, il fatto che il 2009 sia l’anno delle elezioni per il Parlamento e l’adozione del nuovo statuto dei deputati.

Anche se, ovviamente, condivido il fatto che occorra essere vigili per quanto riguarda lo stato delle spese di bilancio, ritengo si debba essere inflessibili sulle spese associate al multilinguismo (traduzione e interpretariato), che è una condizione del successo politico dell’Unione europea. Dovremmo inoltre sviluppare servizi per i deputati che ricevono visitatori, poiché tali visite sono molto gradite e aiutano i cittadini a conoscere meglio l’Unione europea.

Infine, a mio parere, dovremmo incrementare il personale dei parlamentari e le commissioni del Parlamento europeo al fine di garantire la loro indipendenza e una qualità elevata di lavoro, ad esempio, quando trattano con altre istituzioni europee, gruppi lobbistici o parlamenti nazionali.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE), per iscritto. − (PL) Il 2009 porterà numerose sfide per il Parlamento europeo, associate soprattutto all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, le elezioni del Parlamento, il nuovo statuto per i deputati e la modifica della durata della carica. Il livello complessivo di bilancio per il 2009 dovrà affrontare le sfide malgrado sia inferiore al limite volontario tradizionale del Parlamento pari al 20 per cento delle spese per l’amministrazione.

L’uso di un processo pilota nella procedura di quest’anno, che prevede una precoce e più stretta cooperazione tra l’Ufficio e la commissione per i bilanci nel caso di tutti gli elementi con significative implicazioni di bilancio, è degno di nota. Il nuovo approccio è finalizzato a garantire l’impiego più razionale dei mezzi disponibili e identificare il possibile risparmio.

Devo esprimere la mia soddisfazione per le ragionevoli stime di spesa sul nuovo statuto per i deputati, in particolare poiché esiste la possibilità di calibrare la somma in una fase più avanzata. E’ inoltre soddisfacente constatare, nello stato di previsione per il 2009, l’integrazione dei 65 nuovi posti proposti con l’idea di rafforzare l’attività legislativa del Parlamento e i servizi ai deputati, risparmiando al contempo il 15 per cento di tali stanziamenti. Anche l’annuncio che le priorità stabilite nel bilancio del 2008 continueranno in relazione all’interpretariato e al servizio analitico della biblioteca è apprezzabile. Una riuscita conclusione della procedura di bilancio di quest’anno richiederà inoltre di svolgere discussioni e di prendere decisioni specifiche senza indugi a riguardo della politica del Parlamento in merito alle proprietà immobili.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Il processo di bilancio è ora iniziato con la presentazione del bilancio comunitario proposto della Commissione per il 2009.

Nei processi di bilancio precedenti, il bilancio del Parlamento europeo rappresentava circa il 20 per cento del totale integrato nel bilancio alla rubrica 5 (spese amministrative) del quadro finanziario pluriannuale. Il relatore propone che siano mantenuti livelli simili per il bilancio 2009.

Una tale decisione non dovrebbe bloccare od ostacolare la disponibilità di risorse finanziarie necessarie a rispondere adeguatamente alle esigenze già citate per accrescere il numero del personale e migliorare i servizi di interpretariato e traduzione, rispettando la parità e il diritto a usare tutte le lingue ufficiali nel Parlamento europeo e le attività che promuove.

Inoltre, questo è stato un problema ricorrente, poiché si menziona spesso la necessità di perfezionare i servizi di interpretariato e traduzione, ma non si assegnano le risorse richieste; si applicano frequentemente norme create soprattutto per scoraggiare l’impiego di lingue differenti. E’ sufficiente osservare i criteri adottati nelle assemblee parlamentari paritetiche ACP-UE.

Dall’altro lato, la relazione non cita la garanzia dei diritti dei lavoratori, in particolare per quanto riguarda il maggiore outsourcing di servizi del PE degli ultimi anni.

 
  
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  Cătălin-Ioan Nechifor (PSE), per iscritto. (RO) Il Parlamento europeo dovrebbe rendersi conto dell’importanza del principio di solidarietà, secondo il quale occorre fornire sostegno, anche finanziariamente, alle regioni che sono rimaste indietro o che sono meno sviluppate con il bilancio dell’Unione europea. Purtroppo, a circa un anno dall’adesione, la Romania continua a imporsi per quanto riguarda il PIL pro capite a livello regionale. 6 delle 8 regioni figurano tra le 15 più sottosviluppate dell’UE e la regione nordorientale in via di sviluppo da cui provengo resta la più povera delle regioni dei 27 Stati membri.

Attualmente, il ritmo di crescita economica della Romania è inadeguata per ridurre molto rapidamente i divari che ci separano e le disparità riscontrabili ovunque, nonché l’assimilazione estremamente scarsa dei fondi strutturali sono di certo una delle ragioni che ci colloca pressoché in cima all’elenco della povertà dell’Unione europea. Perciò, la politizzazione dell’atto amministrativo centrale fa sì che la Romania diventi un distinto finanziatore del bilancio dell’UE, avendo versato lo scorso anno circa 1,1 miliardi di euro.

L’unica consolazione che rimane è che il nostro paese riceverà 16 milioni di euro grazie al fatto che il 2007 è stato il primo anno in cui si è registrato un avanzo di bilancio.

 
  
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  Athanasios Pafilis (GUE/NGL), per iscritto. – (EL) Gli orientamenti per l’occupazione elaborati dall’UE in collaborazione con i governi di centrosinistra e di centrodestra sono stati promossi con entusiasmo dai rappresentanti politici del capitalismo del Parlamento europeo. Favoriscono il più barbaro sfruttamento della classe lavorativa al fine di realizzare l’obiettivo della strategia di Lisbona, ovvero lo sviluppo sfrenato dei profitti per i plutocrati.

Al centro dell’UE e della politica governativa si trova la famigerata “flessicurezza”, che prevede chiaramente il totale smantellamento dei rapporti lavorativi. L’UE sta approfittando della disoccupazione come mezzo per intimidire i lavoratori. Sta eliminando gli accordi collettivi e l’impiego fisso a tempo pieno, che sono stati sostituiti da contratti di lavoro individuali e, soprattutto, da posti di lavoro a tempo parziale che hanno poco valore in termini di diritti lavorativi, salariali, sociali, assicurativi o pensionistici. L’UE mira ad assestare un colpo finale contro i sistemi statali di protezione sociale, assicurazione e pensione in tutti gli Stati membri. Nelle condizioni occupazionali medievali preparate dall’UE, il dipendente “modello” descritto negli orientamenti europei per l’occupazione è un soggetto “atto al lavoro” che opera in situazioni di ogni forma immaginabile di impiego a tempo parziale. Non ha diritti, essendo sottoposto a formazione e riqualificazione di competenze monouso secondo le esigenze capitalistiche del momento. E’ costantemente in movimento alla ricerca di un’occupazione, lavora fino a un’età avanzata o persino alla morte, e fornisce incalcolabili ricchezze sottratte dalla plutocrazia.

 
  
  

− Relazione Jens Holm (A6-0134/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di propria iniziativa del collega svedese, l’onorevole Holm, sul commercio di materie prime e prodotti di base. Condivido l’idea che sia necessario assicurarsi l’approvvigionamento di materie prime dell’Unione europea e garantire l’accesso a tali materie prime sui mercati mondiali, rilevando nel contempo che l’UE, attualmente, non prevede una strategia coerente che permetterebbe alla propria economia di affrontare le sfide alla competitività dovute a una maggiore concorrenza per accedere alle materie prime.

Sono deluso che la relazione non tratti le questioni connesse alla manipolazione della valuta nel mondo che, con i tassi di cambio ridotti, distorce un’equa concorrenza. Tra le materie prime, il petrolio meritava un’analisi particolare e ribadisco la mia proposta di creare uno strumento europeo per la regolamentazione annua dei prezzi del greggio, che vale almeno la pena considerare, non per contrastare le forze di mercato, che vanno accettate, ma per regolare la subitaneità della loro applicazione nel mercato interno e attutire l’impatto del rialzo del prezzo del greggio sulla catena del prezzo di costo dei settori interessati (pesca, trasporti, ecc.).

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione dell’onorevole Holm sembra individuare molto chiaramente i problemi che il mondo sta affrontando oggigiorno a causa del rialzo senza precedenti del costo delle materie prime. Per i paesi europei privi di risorse naturali, tale situazione comporta problemi di competitività, e pertanto di posti di lavoro, di sicurezza di approvvigionamento, di maggiore dipendenza, e così via, e nei paesi più poveri, mette a repentaglio il loro sviluppo e provoca rivolte per la carenza di cibo e via dicendo.

Benché siano state menzionate le cause, in particolare il comportamento sfruttatore di alcuni paesi emergenti come la Cina e la liberalizzazione del commercio dei prodotti agricoli, altri (quali la speculazione, la politica agricola maltusiana dell’Europa che proviene da Bruxelles, lo stesso principio del liberoscambismo globale, ecc.) restano celati o quasi.

Per quanto riguarda le soluzioni, è evidente che il Parlamento crede essenzialmente nelle virtù regolatrici del mercato libero e competitivo. Tuttavia, adesso questo mercato rivela i suoi limiti, e in modo crudele. Energia, generi alimentari e materie prime non sono soltanto prodotti come gli altri: da loro dipende la sopravvivenza delle persone. E’ ora che nelle sue relazioni commerciali internazionali l’Europa, da Bruxelles, difenda innanzi tutto i propri interessi e quelli degli Stati membri, anziché cercare di creare ad ogni costo, umano o sociale, un’utopia a livello globale.

 
  
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  Vasco Graça Moura (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Questa relazione contempla aspetti che vanno oltre il commercio tradizionale di materie prime e prodotti di base. Nella nuova situazione internazionale si possono considerare materie prime diversi fattori di produzione ed elementi come l’energia. L’aumento dei prezzi di questi prodotti è grave per l’industria europea, che li importa dall’esterno dei suoi confini. I mercati reagiscono al rialzo con la richiesta da parte di più produttori di affrontare la situazione naturale e ambientale e di opporsi alla speculazione finanziaria. E’ preoccupante che tale condizione internazionale abbia innalzato il livello dei prezzi in grado di annullare la crescita economica in Europa. Una volta determinata la tendenza, la corsa alle risorse provocherà pressione e carenze che è probabile lanceranno una sfida a numerose generazioni di amministratori e si avranno di certo implicazioni per la governance del mondo moderno.

Tramite questa relazione, il Parlamento europeo invita la Commissione a sollevare in seno all’OMC le questioni dell’accesso ai mercati delle materie prime. L’obiettivo è ottenere reciprocità e una via adeguata è rappresentata dall’OMC. I negoziati relativi a questi prodotti non dovrebbero mai scendere al di sotto del livello regionale per promuovere integrazione, sviluppo e sostenibilità. Al fine di prevenire ulteriore speculazione e conflitti, dobbiamo garantire che i nostri partner commerciali, che detengono tali risorse, ricevano un prezzo equo per i loro prodotti.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Non condividiamo la visione relativa al commercio delle materie prime contenuta nella relazione.

Non siamo d’accordo con le critiche che descrivono le politiche e le misure introdotte da paesi terzi come: “creando ostacoli all’accesso libero ed equo alle materie prime (…), che producono l’effetto di limitare l’accesso delle industrie dell’UE (!) alle materie prime e ai prodotti di base”. Ogni paese ha l’inalienabile diritto sovrano di decidere in che modo utilizzare le proprie materie prime o commerciare i suoi prodotti di base. Spetta ai cittadini di ogni Stato stabilire l’uso delle loro risorse e della ricchezza creata.

La relazione non cita il problema reale che affligge effettivamente il modello neoliberale dell’UE. Colma di ambizioni neocoloniali, tenta di riportare numerosi paesi al ruolo di produttori di materie prime per gli Stati europei, impiegando tecnologia, influenza e controllo dei meccanismi di mercato, inclusa la speculazione finanziaria, per promuovere la dipendenza economica e lo sfruttamento delle multinazionali.

Occorre una netta rottura con l’esistente modello economico e sociale, che ponga fine ai rapporti dominatore/dominato, che difenda la sovranità nazionale, che sviluppi il potenziale economico di ogni paese, nonché la complementarietà e la solidarietà delle sue relazioni esterne, e la produzione volta a soddisfare le esigenze delle persone e preservare il pianeta.

 
  
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  Jens Holm (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La relazione riguardante il commercio di materie prime e di prodotti di base illustra numerose importanti questioni da un punto di vista dello sviluppo, e pone l’accento sulla problematica occorrenza della speculazione nel gonfiare i prezzi e aumentare la volatilità sui mercati, che necessita di essere regolamentata.

Il testo esorta inoltre maggiore sostegno alla diversificazione dei paesi in via di sviluppo, ed evidenzia l’importanza dello spazio politico per tali paesi al fine di consentire la crescita non da ultimo del loro settore agricolo. La relazione critica altresì l’aumento del consumo di carne, e chiede metodi volti a contrastarlo. Tuttavia, il documento presenta questioni considerate estremamente complicate, soprattutto il riferimento reiterato alla competitività internazionale e la spinta per l’industria europea di assicurare un accesso a basso prezzo alle materie prime.

Non appoggiamo tale concezione, e possiamo solo concludere che è stato espresso ancora una volta il lato neoliberale dell’UE. In generale, la relazione costituisce un passo nella giusta direzione, in confronto alle precedenti posizioni del Parlamento sulla politica commerciale.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) Accolgo positivamente la relazione di Jens Holm sul commercio di materie prime e di prodotti di base. Un accesso libero ed equo alle materie prime è importante per l’economia dell’UE. Ciononostante, occorre tenere in considerazione le implicazioni della volatilità dei prezzi delle materie prime e dei prodotti di base per i paesi in via di sviluppo. Ho votato a favore della relazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Alcune notizie, benché positive in sé, sono fonte di preoccupazione per quanto riguarda le conseguenze. Questo è in parte il caso del rialzo del prezzo delle materie prime.

Le buone notizie sono che, come mostrato da vari indici, una porzione sempre maggiore della popolazione mondiale sta raggiungendo livelli di consumo mai conosciuti in precedenza. Il problema, tuttavia, si riscontra in alcuni degli effetti, soprattutto le conseguenze immediate che potrebbe avere una crescita simile nei consumi, e quindi nella domanda. Il diritto economico è altresì applicabile a mercati distorti e un aumento della domanda sfocia in un incremento della fornitura o, in questo caso, dei prezzi. E’ ciò che è accaduto.

L’Unione europea dovrebbe incoraggiare un’apertura generale dei mercati, cosicché sempre più produttori siano in grado di trarre vantaggio dell’aumento della domanda e dovrebbe favorire un incremento del commercio. Al contempo, abbiamo il dovere di fornire un sostegno diretto a chi è stato colpito subito da queste nuove circostanze: coloro che non riescono a contrastare il rialzo dei prezzi dei beni essenziali. La distorsione del mercato raramente genera effetti positivi, soprattutto a lungo termine, ma nulla ci deve fermare, piuttosto il contrario, dallo stanziare finanziamenti a chi ha meno.

 
  
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  Bart Staes (Verts/ALE), per iscritto. − (NL) C’è chiaramente qualcosa di sbagliato nel commercio di materie prime e di prodotti di base. I minerali, ad esempio, sono estremamente costosi. Nonostante le loro risorse naturali, i paesi ricchi di minerali restano poveri o lo diventano sempre di più.

I paesi in via di sviluppo sono inoltre insicuri per quanto riguarda il proprio approvvigionamento di generi alimentari, malgrado il fatto che ne producano grandi quantità. Il problema è che tali prodotti sono esportati su vasta scala a prezzi eccessivamente contenuti. Inoltre, i cambiamenti climatici ci costringono a gestire in modo diverso il mercato dello sfruttamento energetico: occorre scoraggiare l’estrazione di minerali, e preferire la produzione di cibo e di consumo localizzato anziché il commercio globale dei prodotti agricoli. In breve, il commercio di materie prime e di prodotti di base, come regolamentato attualmente, provoca un effetto altamente dirompente e richiede un approccio multilaterale.

La relazione sul commercio di materie prime e di prodotti di base in origine includeva una giusta recriminazione contro la politica commerciale eccessivamente liberale proposta dall’UE a fine 2006. Nel frattempo, tuttavia, è stata attenuata in una misura che non si guadagna più il mio sostegno. Ad esempio, contiene a mala pena proposte politiche significative. E’ ancora peggio il fatto che la relazione etichetti il libero accesso a materie prime e prodotti di base un diritto dell’UE e presenti una politica commerciale bilaterale come lo strumento ideale.

 
  
  

− Relazione Margie Sudre (A6-0158/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione di propria iniziativa della collega e amica francese, l’onorevole Sudre, che ha scritto in risposta alla comunicazione della Commissione sulla strategia per le regioni ultraperiferiche (RUP). Appoggio l’idea che prendere in considerazione sempre più giustificazioni matematiche per le misure adottate non debba servire come pretesto per mettere in discussione parte della politica dell’Unione a sostegno delle RUP, né ostacolare agli operatori imponendo loro condizioni che sono troppo difficili da osservare.

Gli interventi comunitari dovrebbero catalizzare uno spirito d’impresa che trasformi le RUP in poli di eccellenza, guidati da settori che approfittano appieno dei loro punti di forza e delle loro competenze, quali la gestione dei rifiuti, le energie rinnovabili, l’autosufficienza energetica, la biodiversità, la mobilità degli studenti, la ricerca nel settore dei cambiamenti climatici e la gestione delle crisi. Infine, sostengo il fatto che la prossima politica comune per l’immigrazione debba prestare particolare attenzione alla posizione delle RUP, che si trovano tutte ai confini esterni dell’UE. Plaudo il lavoro svolto dall’onorevole Sudre, che, incessantemente e con grande accuratezza, determinazione e comprensione, parla a nome delle regioni ultraperiferiche.

 
  
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  Emanuel Jardim Fernandes (PSE) , per iscritto. – (PT) La proposta di risoluzione di questa relazione contiene raccomandazioni sulla valutazione e le prospettive future delle regioni ultraperiferiche, includendo in particolare:

– l’utilizzazione di ulteriori indicatori oltre al solo PIL per valutare il grado di coesione conseguito;

– un migliore coordinamento della politica di coesione coordinata con altre politiche comunitarie generali, al fine di rafforzare le sinergie, e un adattamento più efficace delle attuali e future politiche europee alle realtà della situazione delle regioni ultraperiferiche;

– politiche e misure a loro favore che non sono transitorie, sono modificate secondo le loro diverse esigenze e offrono soluzioni alle limitazioni permanenti a cui sono soggette;

– sostegno comunitario per l’agricoltura nelle RUP e disposizione di misure assistenziali per le loro rispettive industrie della pesca;

– diverso trattamento nel settore dei trasporti, in particolare per quanto riguarda l’integrazione dell’aviazione civile nel regime di quote di emissione;

– la necessità che la discussione sul futuro della strategia per le RUP includa la strategia di Lisbona in merito;

– la futura politica comune per l’immigrazione deve prestare particolare attenzione alla posizione delle RUP;

– le RUP devono costituire il nucleo della politica marittima dell’UE;

– garantire futuri finanziamenti comunitari della strategia per le RUP e la compensazione degli svantaggi inerenti alla loro ultraperifericità.

La relazione merita il mio sostegno e quello del mio gruppo. Ho chiesto che fosse adottata e ho espresso voto favorevole.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Ci spiace che la maggioranza in Parlamento abbia respinto i nostri emendamenti che tentavano di integrare nella proposta di risoluzione sul futuro della politica UE per le regioni ultraperiferiche (RUP), adottata oggi in plenaria, le preziose e importanti proposte nell’interesse delle RUP, approvate in sede di commissione per la pesca.

Alcuni affermano che si tratti di una risoluzione relativa a una politica regionale anziché sulla pesca. E’ una falsa convinzione. La proposta di risoluzione è il contributo del PE al futuro delle politiche comunitarie per le RUP, ed è in quest’Aula che dovremmo spiegare le proposte approvate, in particolare quelle adottate nella commissione per la pesca del PE, come è avvenuto con la risoluzione parlamentare in materia di politica marittima. Perciò, vorremmo presentarle di nuovo ed essere inoltre coerenti con il parere espresso in Portogallo.

Dall’altro lato, siamo dispiaciuti per il rigetto della nostra proposta che spiegava con chiarezza che le misure comunitarie di sostegno per le RUP dovrebbero essere di natura permanente. La relatrice asserisce che l’obiettivo è far sì che tali misure non siano più necessarie. Si tratta essenzialmente di una (pseudo) argomentazione volta a nascondere il fatto che le limitazioni delle RUP sono immutabili per natura e necessitano di essere negoziate in ogni bilancio o quadro comunitario.

 
  
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  Fernand Le Rachinel (NI), per iscritto. – (FR) La Francia è molto interessata alla politica dell’Unione europea per le regioni ultraperiferiche.

E’ fondamentale che i politici di Bruxelles tengano conto delle caratteristiche specifiche di queste regioni, in maniera migliore e più attenta di quanto non si faccia oggi, in particolare mediante:

– la politica commerciale, siccome la produzione delle regioni ultraperiferiche è in concorrenza con quella dei paesi confinanti che possono approfittare di condizioni estremamente preferenziali da parte dell’UE;

– la politica per l’immigrazione, poiché queste regioni sono particolarmente vulnerabili in merito e l’afflusso di immigranti illegali genera problemi economici e sociali che superano la capacità locale di risolverli;

– disposizioni riguardanti gli aiuti statali e soprattutto il mantenimento delle esenzioni fiscali di cui beneficiano queste regioni, che sono messe periodicamente in questione nel nome del diritto europeo.

Sono particolarmente preoccupato per l’ambiguità giuridica esistente in merito a Saint-Barthélemy: questa piccola isola francese è dotata di autorità territoriale dal 2007, e quando ha cambiato il proprio status ha voluto preservare l’esenzione fiscale che è essenziale per la sua sopravvivenza economica. Tuttavia, sembra che l’UE la consideri una regione ultraperiferica, in altre parole un territorio dell’Unione soggetto al diritto comunitario. Sarebbe inaccettabile, a causa di tale ambiguità, mettere a rischio il desiderio di autonomia chiaramente espresso dal 95 per cento della popolazione.

 
  
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  Ramona Nicole Mănescu (ALDE), per iscritto. (RO) La principale questione delle sette regioni ultraperiferiche, benché costituiscano l’1 per cento della popolazione dell’Unione europea, è che si tratta di una situazione economica e sociale delicata, aggravata dalla loro posizione insulare lontana dal continente, l’ostilità della superficie, del rilievo e del clima, nonché la dipendenza economica da un numero limitato di prodotti.

Intraprendendo le azioni elencate dalla Commissione, considerate una priorità dalla relatrice, quali il miglioramento della competitività, la riduzione delle difficoltà connesse all’accessibilità e all’integrazione delle regioni ultraperiferiche nell’ambiente geografico regionale, possiamo contribuire a rafforzare la situazione socioeconomica di queste regioni, uniformando il loro sviluppo alle altre zone dell’Unione europea e sfruttando le loro risorse in modo complementare ai requisiti comunitari.

E’ questa una delle ragioni per cui ho votato a favore della relazione e vorrei aggiungere la necessità di prestare maggiore attenzione ai porti, poiché 6 di queste 7 regioni ultraperiferiche sono isole. La modernizzazione delle infrastrutture portuali può favorire la promozione e lo sviluppo dell’industria del turismo, del settore produttivo e dei mercati locali.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI), per iscritto. − (DE) Sostenere le regioni ultraperiferiche dell’Unione europea è conservare la concezione europea relativa alla solidarietà al fine di ridurre gli svantaggi generati dalla loro difficoltà di accesso. In particolare, occorre certamente garantire che queste regioni non perdano la propria capacità di autosufficienza agricola, che si applica anche a livello generale all’Unione europea nel complesso.

A questo proposito, deve essere un nostro sforzo comune mantenere le piccole fattorie a gestione familiare, sia quelle collinari in Austria, ad esempio, sia ogni singola piccola o media fattoria biologica tradizionale, cosicché siano in grado di proseguire il loro utile lavoro a livello ecologico e non noi non perderemo la nostra sovranità alimentare a favore di fattorie enormi o non diventeremo dipendenti da grandi aziende agricole. Per questo motivo ho votato a favore della relazione Sudre.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) Le RUP presentano caratteristiche specifiche che devono essere tenute in considerazione nelle misure volte a promuovere la crescita e lo sviluppo a livello europeo. Tuttavia, rimane ancora molto lavoro da compiere per un ulteriore sviluppo di tali regioni e per ricavare più vantaggi da queste zone frontaliere con altri blocchi economici globali.

Le misure intersettoriali e complementari a favore delle RUP hanno contribuito a migliorare la situazione economica e sociale di queste regioni ed è tuttora importante operare per una migliore accessibilità, una maggiore competitività e un’integrazione regionale più opportuna. Ciononostante, esistono ancora difficoltà sul campo di cui non si è tenuto conto, quali la conservazione dell’agricoltura tradizionale, un maggiore sostegno allo sviluppo di settori fondamentali o il mantenimento dei regimi fiscali differenziati. Trarre il massimo vantaggio dalle risorse specifiche delle RUP rappresenta pertanto la strategia che garantirà lo sviluppo sostenibile delle regioni ultraperiferiche in termini di attrazione e cooperazione.

Fissando nuove priorità come i cambiamenti climatici e demografici e la gestione delle migrazioni, una politica agricola e marittima è una valida misura che richiede di essere completata dalla necessaria diversificazione delle economie delle RUP, dalle caratteristiche specifiche e dall’utilizzo delle norme in vigore nella massima misura possibile, impiegando gli strumenti più appropriati per risolvere i problemi propri delle RUP.

 
  
  

− Relazione Lasse Lehtinen A6-0155/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione in merito alla relazione di propria iniziativa del collega finlandese, l’onorevole Lehtinen, in risposta alla comunicazione della Commissione sulla strategia per la politica dei consumatori dell’Unione europea per il periodo 2007-2013.

Naturalmente sono d’accordo sul fatto che i 493 milioni di consumatori europei dovrebbero essere il nucleo delle tre sfide principale che l’Unione deve affrontare: crescita, occupazione e l’esigenza di creare legami più stretti con i cittadini, e che siano la forza vitale dell’economia, poiché il loro consumo rappresenta il 58 per cento del PIL dell’UE.

Ciononostante, resto della convinzione che se abbiamo avuto successo con il mercato interno mediante la concorrenza, in altre parole prestando particolare attenzione ai consumatori, ritengo che, in risposta alle attuali sfide globali, dovremmo collocare i produttori al centro dei nostri interessi. Inoltre, in assenza di un serio studio giuridico, ho significative riserve per quanto riguarda il metodo frettoloso con cui la relazione tratta la questione dell’azione collettiva da parte dei consumatori contro i produttori chiedendo alla Commissione di presentare una soluzione esaustiva a livello europeo, che offra a tutti i consumatori l’accesso ai sistemi collettivi di appello per appianare le dispute transfrontaliere.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – Per meglio tutelare i consumatori la relazione elaborata dal collega Lehtinen propone di migliorare la legislazione in materia in vigore rendendola più snella e priva di contraddizioni di carattere regionale. L’UE ha il dovere di sviluppare una reale politica economica transnazionale che miri alla difesa dei diritti dei consumatori ed alla salvaguardia della loro salute.

La proposta in oggetto – che condivido – ha dunque l’intento di realizzare un quadro giuridico armonico che garantisca un solido sistema integrato a favore della sicurezza dei prodotti e riesca ad infondere ai consumatori una reale fiducia sui beni presenti nel mercato Europeo producendo di conseguenza una crescita generalizzata dei consumi.

Tuttavia per arrivare ad un’effettiva politica di protezione dei consumatori, l’UE dovrà investire molte energie nel miglioramento della sorveglianza del mercato, anche potenziando la cooperazione internazionale, e in campagne d’informazione e di educazione dei consumatori stessi: fino a quando il sistema non infonderà nel consumatore la totale sicurezza dei suoi prodotti, il mercato Europeo non potrà esprimere al meglio le proprie potenzialità.

Questo permetterebbe all’Europa di diventare un mercato veramente competitivo che soddisfi, tuteli e renda più intraprendenti i suoi consumatori: reali protagonisti del mercato stesso.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) Ho appoggiato la relazione dell’onorevole Lehtinen poiché la trasparenza dei regolamenti che tutelano i consumatori europei è utile a quei consumatori e ai produttori che competono tra loro. Le variazioni economiche nei nuovi Stati membri hanno condotto all’introduzione di nuovi principi di azione per gli esponenti del mercato. La gamma di beni offerta oggi ai consumatori è sempre più ricca in termini di prodotti e servizi. Ciononostante, ritengo che la posizione dei consumatori, soprattutto nei nuovi Stati membri, laddove tutti noi richiamiamo gli inizi del libero mercato, resti relativamente debole in relazione a grandi interessi. E’ necessaria maggiore trasparenza e un aggiornamento del quadro giuridico pertinente che garantisca alla categoria un’adeguata tutela dei propri diritti.

Inoltre, sono lieto di approvare la sezione della relazione in cui il relatore si esprime a favore del sostegno alle piccole e medie imprese nell’UE. Nella mia regione, la Małopolska, tali imprese rappresentano il 95 per cento del totale, e la maggior parte di queste sono state appena avviate (il 30 per cento è operativo da meno di 5 anni).

 
  
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  Colm Burke e Malcolm Harbour (PPE-DE), per iscritto. – (EN) Il gruppo PPE-DE sostiene appieno un programma esaustivo di azioni volto a informare e rafforzare i consumatori sul mercato unico europeo. Vogliamo che tale categoria tragga il massimo vantaggio da scelta, diversità e innovazione disponibili su un mercato florido di quasi 500 milioni di consumatori, il più vasto mercato al dettaglio del mondo.

Vogliamo inoltre che i consumatori, qualora incontrassero problemi, siano in grado di avvalersi dei propri diritti di risarcimento in modo rapido ed efficace. Appoggiamo un accesso semplice ed utile alla giustizia, in particolare tramite mezzi non giudiziari, sostenuti, da ultimo, da rimedi giudiziari.

Ci siamo astenuti dalla votazione odierna poiché il PSE ha sabotato una relazione molto positiva inserendo la richiesta di una disposizione giuridica non sperimentata e potenzialmente molto costosa per l’applicazione a livello europeo dei diritti collettivi. La Commissione si sta già ampiamente consultando in merito all’intera questione dell’applicazione dei diritti dei consumatori. E’ eccessivamente prematuro elaborare conclusioni sulle modifiche necessarie. E’ possibile fare molto di più migliorando gli attuali sistemi di risarcimento e stimolando la cooperazione tra gli Stati membri.

Il PSE danneggia i diritti dei consumatori cercando di deviare l’attenzione dalla necessità di interventi più determinati a tutti i livelli al fine di migliorare l’applicazione dei diritti dei consumatori, mentre… (Testo abbreviato conformemente all’articolo 163).

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Una politica autentica per la tutela dei consumatori deve rispettare diversi principi.

Primo, deve sussistere una politica equa di distribuzione e ridistribuzione del reddito, basata su retribuzioni dignitose, guadagni adeguati per i produttori, in particolare per gli agricoltori su piccola e microscala, gli industriali e i commercianti, al fine di favorire i mercati vicini alle zone in cui si produce il cibo e promuovere sicurezza e sovranità alimentare.

Secondo, dobbiamo disporre di una politica efficace per combattere la finanza e il commercio speculativi, nonché di informazioni per i consumatori e garanzia di trasparenza.

La relazione, tuttavia, presta scarsa attenzione a tali questioni; al contrario sostiene posizioni che sono più attinenti alla tutela degli interessi dei gruppi economici e finanziari e alla liberalizzazione dei servizi che ai consumatori nel complesso, benché, in parte, contenga alcune proposte positive, ad eccezione del fatto che sia in un quadro del tutto neoliberale in cui i consumatori sono l’anello debole dell’intero processo.

Ad esempio, la relazione sottolinea che sia necessaria una maggiore liberalizzazione, in particolare del mercato dei servizi, al fine di promuovere la concorrenza, offrendo pertanto ai consumatori prezzi inferiori, che sappiamo bene è ambiguo e serve esclusivamente agli interessi delle imprese. Per questo motivo non abbiamo potuto votare a favore della relazione.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) I consumatori sono il nucleo del mercato comune e dovrebbero quindi esserne i principali beneficiari. A mio parere, tuttavia, si dovrebbe mantenere un equilibrio tra la legislazione che tutela energicamente i consumatori e le condizioni per la gestione delle attività commerciali.

Nessuno sottovaluta la facoltà dei consumatori di reclamare i propri diritti. Ritengo, però, che dovremmo in particolare offrire ai consumatori la possibilità di esercitare i loro diritti in modo rapido ed efficace. Secondo me, gli strumenti extragiudiziari dovrebbero essere messi in evidenza soprattutto quando si tratta di lamentele dei consumatori. Vorrei puntualizzare che, in base ai dati di Business Europe, circa il 90 per cento delle dispute relative ai diritti dei consumatori sono risolte senza ricorrere ai tribunali. Anche l’elemento costo riguardante questo metodo procedere non è da trascurare, poiché sarebbe decisamente superiore se fossero coinvolti i tribunali.

Ritengo che l’emendamento votato in Parlamento, che chiede la creazione di un sistema europeo di ricorso collettivo, non garantisca una tutela più efficace dei consumatori. La Commissione europea dovrebbe considerare tale materia, e noi dovremmo rimandare una decisione finché non saranno pubblicati i risultati. E’ possibile che la questione sia disciplinata in modo adeguato dalla legislazione degli Stati membri. Inoltre, temo che questo sistema crei le condizioni in cui si attuano azioni i cui reali beneficiari non saranno i consumatori, ma il mondo degli avvocati che approfitteranno dell’incremento delle quote di procedimenti eseguiti.

 
  
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  Anna Hedh (PSE), per iscritto. (SV) Ritengo sia positivo che l’UE si assuma la responsabilità per i consumatori e ho quindi votato a favore della relazione. Dall’altro lato, sono contraria all’idea di armonizzare la tutela dei consumatori nell’UE e di chiedere a più paesi di adottare l’euro.

 
  
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  Jens Holm, Søren Bo Søndergaard e Eva-Britt Svensson (GUE/NGL), per iscritto. (EN) La relazione propone di stabilire un mediatore europeo dei consumatori. Siamo scettici nei confronti di questa idea per numerose ragioni. Questo ruolo può generare spese significative che rischiano di mettere a repentaglio il finanziamento delle organizzazioni dei consumatori.

Inoltre, la creazione di un altro ruolo a livello europeo corre il rischio di essere troppo distante dai cittadini. Detto ciò, appoggiamo ancora la relazione, poiché consolida l’accesso dei consumatori al ricorso collettivo, che è fondamentale per la fiducia dei consumatori nel rendere sicuri gli acquisti transfrontalieri.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato contro la relazione Lehtinen sulla strategia per la politica dei consumatori poiché, sebbene il testo contenga molti aspetti che potrei condividere, fondamentalmente respingo la richiesta di una maggiore liberalizzazione dei servizi. E’ vero che certi servizi possono beneficiare di un ambiente economico liberalizzato e la libera circolazione di servizi è una delle quattro libertà fondamentali dell’UE.

Tuttavia, ritengo che i servizi pubblici dovrebbero operare nell’interesse delle comunità e degli individui e non per profitto personale. I servizi in settori quali assistenza sanitaria, istruzione e vie trasporti di vitale importanza dovrebbero rimanere di proprietà pubblica, pubblicamente responsabili della loro attività e di competenza degli Stati membri.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. (EN) La relazione di Lasse Lehtinen sulla strategia per la politica dei consumatori dell’Unione europea 2007-2013 ribadisce la necessità di concedere maggiori poteri ai consumatori dell’UE e migliorarne il benessere e la tutela nell’Unione. Il mio voto riflette l’esigenza di una protezione più adeguata nell’UE.

 
  
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  Andrzej Jan Szejna (PSE), per iscritto. − (PL) La strategia per la politica dei consumatori dell’UE 2007-2013 presenta le direzioni appropriate per lo sviluppo della tutela dei consumatori, ma occorre puntualizzare che interventi ad hoc non sono sufficienti. Dobbiamo elaborare un piano per ulteriori azioni specifiche e coerenti che faranno sì che la tutela dei consumatori compaia in tutti i regolamenti dell’UE. Dobbiamo garantire che questo stesso elemento non diventi un settore separato della politica europea, ma sia introdotto in ogni politica europea che stabilisce il mercato interno dell’Europa.

Senza i sistemi di protezione adeguati, non sarà completato questo importante progetto europeo per la realizzazione di un mercato unico. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che la tutela dei consumatori dell’UE è dotata di una dimensione esterna, fattore che ci ha riportato alla mente almeno il recente problema dei giocattoli cinesi importati. Il nostro obiettivo dovrebbe essere ottenere la piena fiducia dei consumatori per quanto riguarda tutti i prodotti in vendita sul mercato interno.

Inoltre, un vero mercato interno dovrebbe offrire un sistema europeo di presentare azioni collettive. Nell’organizzare tale iniziativa, dobbiamo desumere le conclusioni dal sistema statunitense di class action, con tutti i suoi lati negativi.

 
  
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  Marianne Thyssen (PPE-DE), per iscritto. − (NL) Signor Presidente, in linea di massima, la relazione dell’onorevole Lehtinen gode del mio appoggio. Come approvato in sede di commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, il testo contiene tutte le questioni essenziali da trattare in risposta alla comunicazione della Commissione: la ricerca di un approccio orizzontale, considerazione dei contratti di legge, il riconoscimento del ruolo delle organizzazioni dei consumatori, la necessità di equilibrio, la particolarità delle PMI, l’importanza della soft law e di una base migliorata di conoscenze, nonché l’esigenza di prestare maggiore attenzione al settore dei servizi. Inoltre, riteniamo rilevante il passaggio relativo all’accesso al ricorso. Si tratta di un aspetto del mantenimento di legge e ordine. E’ un peccato, tuttavia, che in plenaria sia stato adottato un emendamento al paragrafo 40 che favorisce azioni collettive prima che sia disponibile un’analisi, in base alla verifica richiesta nella relazione. Le azioni collettive in sostanza violano la legge processuale. E’ quindi inaccettabile mettere il carro davanti ai buoi, perciò mi sono astenuta dalla votazione.

 
  
  

− Relazione Elizabeth Lynne (A6-0159/2008)

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Mi sono astenuto dalla votazione della relazione di propria iniziativa della collega inglese Lynne, relativa ai progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione dal recepimento delle direttive del 2000.

Condivido i fondamenti dei principi stabiliti nella relazione, in particolare in termini di non discriminazione in settori quali l’istruzione, l’apprendimento permanente, l’occupazione, la protezione sociale, gli alloggi e l’assistenza sanitaria, l’immagine dei gruppi discriminati offerta dai mezzi di informazione e dalla pubblicità, l’accesso fisico all’informazione per le persone con disabilità, le telecomunicazioni, le comunicazioni elettroniche, i modi di trasporto e gli spazi pubblici, i vantaggi sociali e l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico, ecc.

Ciononostante, non sono certo della necessità di una nuova direttiva ai sensi dell’articolo 13 del Trattato che istituisce le Comunità europee. Occorre proseguire la discussione politica. Continua…

 
  
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  Philip Bushill-Matthews (PPE-DE), per iscritto. (EN) I deputati conservatori disprezzano la discriminazione in tutte le sue forme: abbiamo presentato i nostri emendamenti alla relazione per far sì che fosse del tutto chiaro. Ma, se alcuni aspetti delle discriminazioni attuali possono ancora rappresentare un problema, è inopportuno proporre che ulteriori normative UE costituiscano una soluzione.

Il Regno Unito è già dotato di un intero corpo di leggi relativo alle discriminazioni, che continua a rivelarsi difficile da applicare. Prima di procedere con ulteriori direttive UE, occorre una migliore attuazione delle norme esistenti, e una comprensione più approfondita dei problemi relativi ad essa.

Questa relazione, una risoluzione d’iniziativa che chiede ancora un’altra direttiva UE “esauriente e ampia” contro la discriminazione, è, nella migliore delle ipotesi, un capriccio politico e, nella peggiore, un invito indefinito alla Commissione a produrre sempre maggiore legislazione UE standard in un settore molto delicato.

Come ha asserito in breve un membro della Camera di commercio britannica, “Le discriminazioni non si risolveranno con norme aggiuntive. Sarebbe meglio impiegare il tempo su casi connessi a multiculturalismo e multireligiosità e per cambiare la prospettiva”. Siamo d’accordo.

 
  
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  Brian Crowley (UEN) , per iscritto. − (EN) Questa relazione tenta di oltrepassare le competenze concesse all’UE dagli Stati membri nel settore della non discriminazione. I trattati fissano con chiarezza gli ambiti in cui l’UE è autorizzata a proporre norme e che cosa i paesi membri possono gestire autonomamente.

Tale relazione, che è di propria iniziativa, ovvero non esiste una proposta di legislazione da parte della Commissione, supera ciò che gli attuali trattati consentono, e non rispetta la posizione qualora fosse ratificato il Trattato di Lisbona. Di fatto, qualsiasi misura contro la discriminazione che rientra nelle competenze dell’UE è d’interesse per i governi dei nostri Stati membri e ogni paese membro ha un veto. NON è compito del Parlamento europeo.

Secondo le competenze esistenti dei trattati, tutti gli Stati membri devono rispettare le norme nel settore della non discriminazione. In effetti, l’Irlanda è dotata di un vigoroso corpo di leggi contro la discriminazione, vale a dire l’Equal Status Act, e ha un primato eccellente.

E’ lodevole potenziare i diritti delle persone disabili e contrastare le restrizioni a beni e servizi. Questa relazione, tuttavia, ha superato le competenze dell’Unione e in sé la delegazione del Fianna Fáil l’ha respinta.

 
  
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  Edite Estrela (PSE), per iscritto. – (PT) Ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lynne sui progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione, poiché occorre esortare la Commissione europea a verificare accuratamente il recepimento delle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE sulla parità di trattamento tra persone, e l’attuazione delle norme nazionali basate su tali direttive.

Desidero sottolineare che le donne sono particolarmente vulnerabili agli atti di discriminazione sul lavoro, soprattutto per quanto riguarda le loro scelte di maternità.

Il diritto a essere tutelato contro ogni forma di discriminazione è un principio fondamentale e basilare dell’Unione europea, eppure mancano attuazione e strumenti giuridici efficaci, pertanto è a rischio di essere priva di ogni significato.

 
  
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  Ilda Figueiredo (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) La relazione contiene alcuni aspetti positivi, vale a dire l’insistenza relativa al fatto che la Commissione e gli Stati membri debbano porre fine a tutte le discriminazioni in base ai contratti di lavoro garantendo pari trattamento per tutti i lavoratori, assistenza sanitaria e sicurezza, disposizioni in termini di ore di lavoro e di riposo, libertà di associazione e rappresentanza, protezione contro il licenziamento senza giusta causa, contrattazione e azione collettiva.

Il testo rileva inoltre l’importanza dell’accesso alla formazione e della costante tutela dei diritti acquisiti inserendo periodi istruttivi e formativi, migliori opportunità di assistenza, il mantenimento dei diritti sociali essenziali quali il diritto alla pensione, alla formazione e ai sussidi alla disoccupazione in caso di un cambiamento della situazione occupazionale di una persona, tra contratti di lavoro e tra impiego dipendente e autonomo.

Alla luce di tutto ciò che è stato menzionato, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha cercato di modificare la relazioni in diversi punti, in particolare per quanto riguarda il contenuto della richiesta di una direttiva contro la discriminazione; tali emendamenti non hanno avuto successo poiché il voto è stato contrario.

Da parte nostra, respingiamo le proposte del PPE-DE e abbiamo sostenuto la relatrice, anche se non condividiamo alcuni aspetti della relazione.

 
  
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  Bruno Gollnisch (NI), per iscritto. – (FR) La relazione Lynne sulla lotta contro la discriminazione negli Stati membri, in particolare nell’ambito dell’occupazione, è del tutto in linea con i testi adottati dal Parlamento in merito. Dietro i termini generali e i cenni scarsi alle donne e alle persone disabili, non è affatto difficile distinguere il reale e ossessivo centro della sua attenzione: le popolazioni immigranti.

Al fine di evitare la questione, si mischia intenzionalmente ogni aspetto: discriminazione contro le donne, i giovani, gli anziani, su base etnica, ecc., ma anche nazionale. Se esiste un tipo di discriminazione che possa essere perfettamente giustificato dal punto di vista morale, giuridico e politico, è la preferenza nazionale ed europea in termini di occupazione e prestazioni sociali.

In modo correlato, le sue proposte di “azione positiva”, poiché non osa utilizzare le parole effettive, sono effettivamente di discriminazione opposta, le cui prime vittime sarebbero, e sono già, gli stessi europei nei propri paesi. Tuttavia, lei ritiene che questo tipo di discriminazione sia normale.

 
  
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  Genowefa Grabowska (PSE), per iscritto. – (PL) In quanto membro della commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, sostengo appieno la relazione dell’onorevole Lynne. Non ho dubbi che il diritto internazionale in vigore e le nostre decisioni a livello UE siano, sotto un aspetto formale, soluzioni valide e auspicabili. Mi spiace, quindi, che la loro entrata in vigore si trovi continuamente ad affrontare numerosi ostacoli, anche nella nostra Europa, che sembra maggiormente democratica e meno discriminatoria.

E’ sorprendente che occorra invitare gli Stati membri dell’UE a trattare nel pieno rispetto le disposizioni della direttiva 2000/78/CE e a condurre una costante e sistematica verifica dei progressi nell’eliminazione di tutte le forme di discriminazione dalla vita politica, sociale ed economica.

Questo aspetto è particolarmente importante per i cittadini del mio paese, la Polonia, che, approfittando dei vantaggi del mercato unico e della libera circolazione delle persone, vivono e lavorano in molti paesi dell’UE. Mi spiace molto dover riferire che ci sono sempre maggiori prove di discriminazione contro i miei connazionali solo in base alla loro nazionalità. Stanno giungendo informazioni preoccupanti di questo genere dalla Germania, dalla Gran Bretagna e dall’Irlanda. Sarebbe un paradosso se il Parlamento europeo fosse impegnato nella lotta alle forme di discriminazione nel mondo in maniera seria ed efficace, senza riuscire a gestire il rispetto per i diritti umani al nostro interno, vale a dire negli Stati membri dell’UE. Tutti i cittadini europei di certo meritano un pari trattamento e non uno discriminatorio!

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE), per iscritto. − (PL) Innanzi tutto, desidero sottolineare che condurre una discussione e intervenire nell’ambito della lotta contro la discriminazione e delle pari opportunità sia molto importante.

Come rileva la stessa relatrice, tuttavia, alcuni Stati membri non hanno ancora del tutto attuato la direttiva che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (2000/43/CE) e quella che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (2000/78/CE). A causa dei problemi di applicazione di tali disposizioni, la soluzione sarebbe concentrarsi su un adeguato recepimento e un’esecuzione più efficace dei regolamenti previsti dalle direttive.

La situazione non migliorerà includendo più categorie di persone mediante ulteriori norme giuridiche. L’aspetto più importante è avviare campagne educative e d’informazione, nonché azioni finalizzate ad accrescere la sensibilità, condotte principalmente a livello nazionale, che costituiranno la risposta appropriata ai problemi in questione. Le sfide connesse a discriminazione e pari opportunità non sono le stesse in tutti gli Stati membri.

Perciò, sono contraria alla creazione di ulteriori atti legislativi, poiché non faranno sparire i problemi nell’ambito delle pari opportunità e delle discriminazioni.

Nel contempo, sono del parere che la discriminazione contro le persone con disabilità, la cui particolare situazione genera la necessità di elaborare con urgenza una proposta esaustiva da applicare a livello degli Stati membri, richieda una riflessione separata. Mi auguro che la Commissione europea nel prossimo futuro si farà carico di tale iniziativa.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) Accolgo positivamente la relazione di Elizabeth Lynne intitolata “Progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione”. Ritengo non dovremmo mirare a promuovere una gerarchia delle discriminazioni nell’UE.

I colleghi del partito conservatore sono ovviamente di un altro parere, e vorrei sfidarli a trovare una spiegazione per una posizione che valuto sia sostanzialmente indifendibile. Abbiamo bisogno di una direttiva orizzontale basata sull’articolo 13 e ho votato a favore della relazione dell’onorevole Lynne.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE), per iscritto. (EN) I membri del Fine Gael del gruppo PPE-DE, Mairead McGuinness, Avril Doyle, Gay Mitchell e Colm Burke si sono astenuti dalla votazione finale in merito alla relazione Lynne sui “Progressi compiuti nell’UE in materia di parità di opportunità e non discriminazione”.

La relazione evidenzia e critica gli Stati membri per “carenze nel recepimento e nell’attuazione” della direttiva 2000/78/CE e chiede un controllo maggiormente rigoroso del recepimento e dell’attuazione dei paesi membri, nonché un consolidamento del diritto europeo in merito.

Appoggiamo la richiesta di pieno recepimento e attuazione delle direttive europee, ma rileviamo che non sono ancora concluse le procedure d’infrazione contro alcuni Stati membri.

Sosteniamo fortemente misure volte a porre fine alle discriminazioni, incluse misure supplementari, ma a questo punto non possiamo approvare la richiesta di ulteriori direttive europee nel settore. E’ importante applicare pienamente le direttive UE esistenti e che la Commissione continui a garantire conformità a livello degli Stati membri, prima di prendere in considerazione qualsiasi nuovo provvedimento europeo.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE), per iscritto. (RO) Ho votato a favore di questa relazione e la ritengo importante per i progressi conseguiti, ma in particolare per le future azioni necessarie al fine di ottenere parità di possibilità e la lotta contro le discriminazioni. Le disposizioni di tale relazione rappresentano una delle parti più progressive della legislazione, con reali vantaggi per un numero considerevole di cittadini europei nell’interesse di una migliore qualità di vita.

Secondo i dati forniti dalla Commissione, il 51 per cento dei cittadini europei ritiene che nel proprio paese non si compiano sforzi sufficienti per contrastare le discriminazioni e offrire pari opportunità.

Il 77 per cento degli europei pensa che le donne non siano rappresentate in modo adeguato in posti di gestione e il 72 per cento ritiene che la popolazione ultracinquantenne sia poco rappresentata sul luogo di lavoro.

Il successo della relazione è garantito da due elementi: sostegno significativo della popolazione a favore dell’adozione di misure volte a combattere le discriminazioni, che assicurerebbero pari opportunità per tutti, nonché il nostro saldo impegno politico, dei socialdemocratici europei, per la costruzione di una società in cui nessuno è escluso e ogni cittadini gode di pari opportunità. Mi congratulo con l’onorevole Lynne per la relazione.

 
  
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  Luís Queiró (PPE-DE), per iscritto. – (PT) La difesa attiva ed energica della non discriminazione non è da confondere con la relativizzazione secondo la quale tutto è uguale ed equivalente, e tutte le scelte, le opzioni o le circostanze sono dotate del medesimo valore nella procedura giuridica. Ad esempio, la promozione di politiche a tutela delle famiglie più numerose non costituisce affatto una violazione del principio di non discriminazione, esattamente come non è possibile comparare il rifiuto di stabilire quadri giuridici per tutte le forme possibili di rapporto tra individui ad alcuna forma di discriminazione. Ciò che ottiene il mio sostegno, e ritengo sia un mio dovere nell’ambito della non discriminazione, è, soprattutto, la difesa di un ampio concetto di libertà individuale e non una visione collettivista statale delle libertà, in cui solo le iniziative promosse dallo Stato sono considerate non discriminatorie. La società può e deve avere preferenze, che si esprimono nelle politiche pubbliche, mentre non può e non deve imporre o limitare comportamenti che non entrano in conflitto con la libertà di terzi.

 
  
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  Lydia Schenardi (NI), per iscritto. – (FR) Attualmente, nell’Unione europea, esistono nientemeno che cinque direttive in materia di pari opportunità e non discriminazione. Sono in corso ventotto procedure d’infrazione contro gli Stati membri che non le hanno recepite. Si può soltanto biasimare tale situazione.

Ciononostante, dovremmo imporre sistematicamente la parità di genere con la forza e la repressione?

Non credo proprio, piuttosto il contrario. Smettiamo di stigmatizzare questo discorso riguardante la discriminazione classificando come “buoni” le popolazioni e i gruppi minoritari, in particolare gli immigrati, e facendo sentire gli europei colpevoli come se stessero costantemente esercitando discriminazioni.

Occorre far cessare questi ritornelli di sinistra che non contribuiscono ad aiutare le vittime di discriminazione, che al contrario sono da loro condannate.

Poniamo maggiore attenzione alla responsabilità personale di ognuno per porre fine a qualsiasi forma di discriminazione e alla necessità, soprattutto degli immigrati, di adattarsi alle nostre regole, alle nostre leggi e ai nostri valori.

 
  
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  Bernard Wojciechowski (IND/DEM), per iscritto. − (PL) Le discriminazioni, dirette o indirette, in base a genere, età o disabilità, sono tuttora presenti in Europa.

Il portale Internet Pracuj.pl ha condotto un sondaggio tra persone occupate e in cerca di impiego, datori di lavoro, studenti e laureati. Secondo questo sondaggio, i gruppi sociali più discriminati sul mercato del lavoro sono gli ultracinquantenni e le persone con disabilità.

L’espressione più comune di discriminazione in quest’ambito è costituita dal fatto che i datori di lavoro sono guidati da pregiudizi e stereotipi quando selezionano un candidato per un impiego: quasi il 62 per cento di chi ha partecipato al sondaggio ha ritenuto fosse il problema principale. Seguono diverso accesso alle offerte di lavoro/mancanza di offerte di lavoro adeguate (56 per cento), riluttanza a offrire un’occupazione per un periodo indeterminato/su contratto di lavoro (44 per cento) e retribuzione inferiore alla media per l’industria l’ambiente particolari (43 per cento).

La mia opinione è che una politica per la non discriminazione, in quanto una dei principi fondamentali dell’UE, abbia un ruolo molto preciso da rivestire in questo settore.

 
  
  

− Relazione Willi Piecyk (A6-0163/2008)

 
  
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  Jan Andersson, Göran Färm, Anna Hedh, Inger Segelström e Åsa Westlund (PSE), per iscritto. (SV) Abbiamo scelto di votare a favore di questa relazione d’iniziativa poiché contiene molte utili considerazioni riguardanti la creazione di un sistema per la gestione ecologica ed economica degli ambienti marini dell’UE.

Abbiamo inoltre deciso di appoggiare l’idea di una Giornata europea dei mari. Le grandiose campagne avviate dalle Istituzioni dell’UE generano scetticismo, ma in questo caso sosteniamo l’iniziativa, dato che la situazione ambientale dei mari è una questione urgente.

Tuttavia, riteniamo che la relazione contenga passaggi che possono essere interpretati come troppo favorevolmente propensi alla pesca commerciale. Attualmente, le flotte di pesca dell’UE soffrono di sovraccapacità e hanno bisogno di essere ridotte a favore della diminuzione degli stock ittici. E’ inopportuno garantire posti di lavoro come pescatori commerciali nel settore. Una formazione professionale attiva figura tra le numerose misure applicabili per aiutare i lavoratori e le regioni che dipendono dall’industria della pesca.

 
  
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  Jean-Pierre Audy (PPE-DE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore della relazione d’iniziativa del collega tedesco, l’onorevole Piecyk, sulla politica marittima integrata per l’Unione europea, elaborata in risposta a una comunicazione della Commissione relativa alla stessa materia. Le zone marittime (due oceani, l’Atlantico e l’Artico, e quattro mari, il Baltico, il Mare del Nord, il Mediterraneo e il Mar Nero) e i litorali (70 000 km) d’Europa sono essenziali per il suo benessere e la sua prosperità; sono rotte commerciali, regolatori climatici, fonti di alimenti, energia e risorse e posti noti tra gli europei per vivere e divertirsi.

Vorrei aggiungere che si tratta di riserve di acqua, che sarà un bene raro. Nel quadro della globalizzazione e dei rapidi cambiamenti climatici, esiste l’urgente necessità di agire istituendo una politica marittima integrata per l’Unione europea, fondata sul riconoscimento che tutte le questioni relative agli oceani e ai mari d’Europa sono reciprocamente collegate. La sorveglianza in mare, che è fondamentale per garantire sicurezza e protezione nell’uso degli spazi marittimi e un loro sviluppo, essenziale strumento di pianificazione per prendere decisioni ecologicamente compatibili, e un’esaustiva fonte di dati e informazioni sono soluzioni molto interessanti.

 
  
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  Alessandro Battilocchio (PSE), per iscritto. – L’Europa, anche grazie alla sua collocazione geografica strategica, deve rappresentare in politica marittima un esempio internazionale nell’impiego del potenziale economico del mare, fonte preziosissima di energia rinnovabile. Altresì l’istituzione di centri di eccellenza territoriale, l’incoraggiamento al sostegno dei centri universitari situati in zone costiere ed un piano d’azione guidato dall’innovazione, dalla ricerca e dalla difesa ambientale dei mari consentirebbe un ulteriore passo in avanti verso un reale utilizzo eco-sostenibile delle risorse marine.

La relazione suggerisce inoltre che, il piano d’azione, debba assicurare un contributo importante alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso l’utilizzazione di equi sistemi di scambio di quote di emissioni, consolidando degli sforzi della ricerca nell’utilizzo dei mari come fonte di energia rinnovabile ed introducendo un pari trattamento ai fini fiscali dell’elettricità e dei carburanti per la navigazione. Questo consentirebbe che, in fase d’approdo, le strutture navali sarebbero incentivate ad utilizzare l’elettricità derivante dalle reti elettriche terrestri.

Infine la proposta di un coordinamento tra le agenzie europee per la sorveglianza marittima sarebbe in grado di indebolire ed evitare attacchi alle imbarcazioni europee ed allo stesso tempo contrasterebbe attività illegali quali il contrabbando, il traffico di sostanze stupefacenti e la tratta degli esseri umani, rendendo, di fatto, le acque internazionali decisamente più sicure.

 
  
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  Adam Bielan (UEN), per iscritto. − (PL) Considerata l’opportunità di discutere la relazione dell’onorevole Piecyk sulla politica marittima integrata per l’Unione europea, desidero richiamare l’attenzione in merito all’attuazione della direttiva quadro sulle acque, che prevede un intervento finalizzato all’individuazione e all’eliminazione delle armi chimiche dimenticate nel Mar Baltico e nel Mare del Nord dopo la Seconda guerra mondiale. Mi riferisco ai progetti relativi al gasdotto Nord Stream, la cui realizzazione può imbattersi in armi della Seconda guerra mondiale che giacciono sul fondale del Mar Baltico. Secondo le iniziali valutazioni, ci sono all’incirca tra le 40 000 e le 60 000 tonnellate di munizioni chimiche, di cui 12 000-13 000 tonnellate sono costituite da materiale militare tossico. Non disponiamo nemmeno di informazioni dettagliate sulla collocazione di gran parte di queste armi, pertanto il rischio di disastro è enorme. Inoltre, laddove il gasdotto è stato autorizzato, è possibile che siano impiegati prodotti chimici dannosi per l’ambiente. Tale situazione può provocare un disastro ambientale con conseguenze molto gravi. Ciò costituisce una minaccia diretta alla vita e alla salute di chi vive sulle coste del Mar Baltico. La relazione propone che “gli oceani e i mari europei devono diventare i più puliti del mondo”. Invito quindi l’Unione europea a intraprendere azioni specifiche riguardanti la politica marittima integrata e a vietare la realizzazione di progetti che mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini europei.

 
  
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  Ole Christensen, Dan Jørgensen, Poul Nyrup Rasmussen, Christel Schaldemose e Britta Thomsen (PSE), per iscritto. − (DA) Il trasporto marittimo deve essere incluso nello scambio di quote di emissione di CO2.

La delegazione socialista sta lavorando al fine di riuscire a integrare il traffico marittimo nel sistema di scambio di quote di CO2. Benché questo tipo di trasporto sia particolarmente rispettoso dell’ambiente in confronto alla maggior parte dei sistemi di trasporto merci, genera emissioni di CO2 molto significative che superano decisamente la quota del traffico aereo, ad esempio, che è previsto rientrerà presto nel sistema di scambio di quote.

Oggi, la delegazione ha quindi votato a favore del passaggio della relazione sulla politica marittima integrata per l’Unione europea che stabilisce chiaramente che dobbiamo includere il trasporto marittimo nello scambio di emissioni di CO2.

Pertanto, abbiamo respinto una proposta di emendamento del gruppo Verde/Alleanza libera europea che riguardava la medesima questione. Non è chiaro se la proposta di emendamento dei Verdi si riferisse a un modello specifico di scambio di emissioni. Qualora fosse questo il caso, non abbiamo ottenuto una spiegazione in merito. Al momento, quindi, non abbiamo intenzione di adottare un modello particolare, che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe ostacolare e rinviare un accordo sull’inserimento delle emissioni di CO2 da parte del trasporto marittimo.

 
  
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  Hélène Goudin e Nils Lundgren (IND/DEM), per iscritto. (SV) Condividiamo pienamente alcune opinioni presentate in questa relazione, ad esempio che è urgente contrastare le emissioni ossidi di zolfo e di azoto delle navi e che la politica comune della pesca è troppo burocratica e centralizzata.

Tuttavia, la maggior parte delle proposte presentate è negativa. Ci risulta difficile considerare il lato positivo dell’introduzione di una “Giornata europea dei mari” da parte dell’UE. Inoltre, mettiamo in discussione il significato relativo ai finanziamenti europei alla ricerca marittima e a un progetto per valutare e rilevare imbarcazioni naufragate e siti archeologici sommersi, e critichiamo la concezione che le Istituzioni europee debbano occuparsi della pianificazione spaziale marittima.

La relazione rappresenta un ulteriore esempio di come il Parlamento europeo cerchi di ottenere un’influenza in sempre maggiori ambiti della politica. Il rispetto del principio di sussidiarietà, spesso sostenuto, ma raramente applicato, è evidente per la sua assenza. Non possiamo accettare questa condizione. Quindi, nella votazione finale, abbiamo respinto la relazione.

 
  
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  Pedro Guerreiro (GUE/NGL), per iscritto. – (PT) Riteniamo che una politica marittima basata sulla cooperazione tra gli Stati membri, che aggiunge valore e promuove politiche e misure legate al mare, decise da ogni paese, possa produrre un effetto positivo.

Ciononostante, per la politica marittima integrata, il PE, anche se in modo meno energico rispetto alla precedente relazione, sta riconfermando obiettivi che non possiamo condividere.

A parte il fatto di essere imbevuto di una visione federalista e geostrategica dell’uso delle zone economiche esclusive di ogni Stato membro, il testo chiede la rapida integrazione del trasporto marittimo intercomunitario nel mercato unico, ovvero la sua liberalizzazione; sottolinea le iniziative finalizzate a istituire una guardia costiera europea, un ambito che rientra nelle competenze di ciascun paese membro; esorta l’inserimento del trasporto marittimo nello scambio di emissioni, ancora più contrattazione; e, paradossalmente (o forse no), si dichiara a favore della proposta di concedere alla politica marittima la considerazione appropriata nel bilancio dell’UE (?) dopo il 2013, in altre parole chiede nuovamente un’autorità europea centralizzata in ambito politico ed economico, non offrendo nulla in cambio (sempre se ciò è accettabile).

Certamente la proposta di risoluzione del PE contiene alcuni aspetti che condividiamo, alcuni dei quali li abbiamo presentati, ma non compensano il contenuto negativo di tale proposta di risoluzione.

Abbiamo quindi espresso voto contrario.

 
  
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  Ian Hudghton (Verts/ALE), per iscritto. (EN) Ho votato a favore della relazione Piecyk sulla politica marittima dell’UE. Accolgo con favore soprattutto la sezione che riconosce che la PCP abbia rappresentato un vero e proprio disastro e che l’UE debba imparare dai propri errori elaborando una politica marittima integrata.

Il mio paese, la Scozia, è il nucleo degli affari marittimi d’Europa e possiamo approfittare di una politica europea che include aree differenti per quanto riguarda l’ambiente, i trasporti, il turismo e l’occupazione. Tuttavia, occorre riconoscere la diversità delle zone marittime europee e non prendere decisioni “monouso”, che hanno condotto al fallimento della politica europea della pesca.

 
  
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  Roselyne Lefrançois (PSE), per iscritto. – (FR) Ho votato a favore di questo testo poiché ritengo sia essenziale per l’Unione europea dotarsi il più presto possibile di una politica marittima integrata.

Di fatto, l’UE avrebbe molto da guadagnare adottando una strategia coerente per l’attuazione delle svariate politiche settoriali che influenzano il settore marittimo, quali, ad esempio, certe politiche sociali, industriali o ambientali, nonché promuovendo l’istituzione di un reale “sistema reciprocamente vantaggioso”.

Accolgo inoltre con favore l’intenzione di intensificare la lotta contro i cambiamenti climatici e l’inquinamento mediante la comparsa di poli effettivi d’innovazione, che saranno anche fonte di competitività e sicurezza sociale per le regioni costiere dell’Unione.

Infine, sostengo le proposte della relazione riguardanti l’aspetto della sicurezza della politica marittima, e, in particolare, l’idea di elaborare norme comuni in quest’ambito e condividere metodi di vigilanza nello spazio marittimo europeo. Tale iniziativa ci permetterà di combattere la pirateria marittima, un fenomeno che è ricomparso negli ultimi anni, e di proteggere il patrimonio naturale e archeologico di queste zone al fine di impedire qualsiasi catastrofe che avrebbe conseguenze disastrose sullo sviluppo dei litorali dell’Unione.

 
  
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  David Martin (PSE), per iscritto. − (EN) La relazione di Willi Piecyk, intitolata “Politica marittima integrata per l’Unione europea”, tratta le sfide che l’industria marittima europea affronta oggigiorno. Le sue raccomandazioni contribuiranno a facilitare il processo decisionale europeo in merito.

Solo stabilendo una politica marittima integrata sarà possibile impegnarsi effettivamente in questioni di interesse generale quali la globalizzazione e i cambiamenti climatici, nonché le loro conseguenze sui nostri oceani. Ho espresso voto favorevole.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI) , per iscritto. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi esprimo a favore della relazione del collega Willi Piecyk su una politica marittima integrata per l’Unione europea.

Concordo sul fatto che sia necessaria una politica marittima integrata non solo perché il mare rappresenta una delle risorse economiche e di scambio più importanti per l’Unione europea e quindi occorre tutelarlo, ma anche perché un’azione sinergica efficace e sostenibile tra gli Stati membri significa migliorarne la gestione e lo sviluppo. Considero fondamentale, tra le altre cose, che il traffico marittimo sia regolato e migliorato in funzione degli obiettivi previsti nella lotta al cambiamento climatico e che la risorsa mare sia oggetto di attenzione anche come potenziale fonte di energia pulita e alternativa.

 
  
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  Catherine Stihler (PSE), per iscritto. (EN) I nostri mari sono la nostra risorsa comune. Occorre un approccio coordinato contro lo sfruttamento e l’inquinamento dei mari. Tale approccio è possibile soltanto lavorando in paesi europei interessati alla politica marittima. Mi auguro che il prossimo anno più cittadini europei saranno in grado di partecipare alla Giornata europea dei mari. Probabilmente, poiché l’anno prossimo questa giornata ricorrerà durante le elezioni europee, tutti i candidati approfitteranno del 20 maggio per porre l’accento su questioni di politica marittima.

 

10. Correzioni e intenzioni di voto: vedasi processo verbale
  

(La seduta, sospesa alle 12.55, è ripresa alle 15.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. MIGUEL ÁNGEL MARTÍNEZ MARTÍNEZ
Vicepresidente

 

11. Approvazione del processo verbale della seduta precedente: vedasi processo verbale

12. Società di compilazione degli elenchi fraudolente (per esempio “European City Guides”) (discussione)
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  Presidente . − L’ordine del giorno reca la discussione sull’interrogazione orale dell’onorevole Arlene McCarthy a nome della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, al Consiglio, sulle società di compilazione degli elenchi fraudolente (ad esempio “European City Guides”), (O-0078/2007 – B6-0152/2008).

 
  
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  Arlene McCarthy, autrice. (EN) Signor Presidente, il preciso obiettivo di questa interrogazione orale è ottenere un intervento e un risarcimento per le migliaia di piccole imprese dell’UE che sono state quotidianamente frodate di milioni di euro da parte di false “società di compilazione degli elenchi” europee. Il Parlamento ha ricevuto centinaia di petizioni e una grande quantità di posta presso i nostri uffici del collegio elettorale da parte di aziende che sono state vittime di tali proficue truffe a danno delle piccole imprese.

Ovviamente, dobbiamo ammettere che queste truffe avvengono da oltre 40 anni, secondo i legittimi editori di elenchi rappresentati dall’EADP. Tuttavia, è indubbiamente una frode che richiede una risposta a livello europeo. Ad esempio, la struttura della holding Maiwolf, che possiede la “European City Guides” e altre società simili, è una rete complessa di false società europee registrate, operative e con sede in diversi Stati membri dell’UE e in paesi SEE quali Svizzera e Liechtenstein. Nonostante azioni legali e multe comminate dai tribunali di numerosi Stati membri, continua a operare, beffandosi della cooperazione UE in merito alle autorità preposte all’applicazione della legge. In realtà, sono occorsi sette anni nei tribunali affinché la società fosse chiusa a Barcellona, per poi ricominciare immediatamente l’attività a Valencia. La holding Maiwolf è il polo di una rete di società che mette in atto frodi non solo a livello UE, ma anche a livello globale, e che continua (mi spiace dirlo) a sfuggire alla autorità.

Rispondendo alla “European City Guide”, le aziende erano indotte a credere di rispondere semplicemente a richieste d’informazione, aggiornamento o correzione dei loro dati, e che si trattasse di un servizio gratuito, ma subito si ritrovavano con una fattura di migliaia di euro che, se menzionata, compariva esclusivamente a caratteri minuti secondo uno stile disorientante e ingannevole. La stessa holding Maiwolf a quanto pare possiede inoltre società di recupero crediti che quindi procedono a perseguitare, intimidire e minacciare le imprese di saldare i debiti. Un sito Internet, “Stop the European City Guide”, che conduce una campagna contro questa frode, è stato vittima di minacce legali e il suo ISP è stato costretto a oscurarlo, anche se sono lieta di informarvi che attualmente è attivo e in funzione.

Numerose attività di questa società fraudolenta violano chiaramente la direttiva del 1984 in materia di pubblicità ingannevole. Occorre un’applicazione migliore e più coordinata al fine di colmare le lacune o i divari sfruttati da queste società. Sono in grado di informare la Presidenza che la mia commissione revisionerà l’attuazione e il recepimento della direttiva in materia di pubblicità ingannevole e, naturalmente, la nuova direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Siamo particolarmente interessati al modello di recepimento austriaco della direttiva in materia di pubblicità ingannevole, mediante il quale le aziende non possono essere vincolate da un contratto, a meno che non ne abbiano firmato termini e condizioni in modo chiaro ed esplicito. Signor Presidente, si tratta di un esempio che mi auguro seguirà nelle discussioni con gli altri Stati membri.

Le piccole imprese, ovviamente, non sono aiutate dalla direttiva sulle pratiche commerciali sleali poiché non include transazioni tra aziende, anche se di piccole dimensioni. Gli Stati membri devono adoperare in modo più efficace la rete di tutela transfrontaliera al fine di arrestare l’attività di queste società spericolate una volta per tutte. Condivido di certo con i miei colleghi presenti in Aula il senso di frustrazione delle numerose piccole imprese che per anni, non mesi, hanno continuato a subire molestie e perdite finanziarie.

Se riteniamo, come diciamo di fare, che le piccole imprese costituiscano il nucleo dell’economia dell’UE, è dunque giunta l’ora di difenderle, di tutelare i loro diritti e di salvaguardarle da tali pratiche fraudolente. Ovviamente accolgo con favore l’interesse del Commissario Kuneva e il suo impegno nel controllo di queste attività, ma questa iniziativa soltanto non conduce a risultati e non mira attivamente a queste società. Credo sia inaccettabile che le rimostranze delle aziende siano cadute nel vuoto e che all’unico gestore di “European City Guides” sia stato concesso di continuare a svolgere le sue pratiche fraudolente senza doverne rispondere alle autorità. Oggi, pertanto, invito gli Stati membri a intervenire con urgenza, a riconoscere le gravi e dannose conseguenze del permettere a questo esecutore di frodi di raggirare le nostre imprese. Vorrei che i paesi membri, e in effetti la Presidenza, durante la discussione odierna, si impegnassero ad agire, non solo a trattare la questione nota da molti anni.

Quindi, esorto la Presidenza a replicare a tali questioni e a collaborare con noi per trovare una soluzione per le imprese che continuano a subire questa frode.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Desidero ringraziare l’onorevole McCarthy per la sua interrogazione. Porgo i miei ringraziamenti alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Cercherò di replicare all’interrogazione nel contesto indicato dall’onorevole McCarthy.

Per quanto riguarda la prima domanda, vale a dire che cosa hanno fatto gli Stati membri per porre fine ai servizi fraudolenti di compilazione degli elenchi, devo informarla che finora il Consiglio non ha ricevuto alcuna soluzione proposta dai paesi membri. Analogamente, non è stato reso partecipe delle azioni intraprese dagli Stati membri per far chiudere tali società o delle intenzioni delle autorità competenti in merito allo scambio di dati relativi alle imprese.

Per quanto riguarda la seconda domanda, concernente gli interventi volti a colmare le lacune nel recepimento della direttiva in materia di pubblicità ingannevole, la Commissione europea è responsabile di tale direttiva e della sua attuazione, come stabilito ai sensi dell’articolo 211 del Trattato che istituisce le Comunità europee. Pertanto, a mio parere, il Parlamento europeo dovrebbe rivolgere questa domanda alla Commissione europea.

In relazione a queste due domande, vorrei aggiungere che finora il Consiglio non è stato informato delle iniziative avviate dagli Stati membri per far sì che il mondo delle aziende sia consapevole dei rischi derivanti dai servizi fraudolenti di compilazione degli elenchi.

Per quanto riguarda la questione di estendere l’ambito della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, posso, tuttavia, confermare all’onorevole McCarthy che la presente direttiva non include i casi descritti dalla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. In altre parole, non prevede casi di pratiche commerciali fraudolente che colpiscono le piccole e medie imprese.

Il motivo alla base di questa condizione è che l’ambito di applicazione della direttiva in questione è limitato alle attività tra imprese e consumatori. Per quanto riguarda il possibile ampliamento della direttiva alle pratiche tra imprese, posso solo dire che il Consiglio adotterà una posizione in merito non appena sarà anticipata da un’appropriata proposta legislativa.

Tuttavia, devo ricordarle che il Consiglio ha già discusso se la direttiva pertinente dovesse includere le pratiche tra imprese nel momento in cui era stata adottata. Sono costretto a farle presente che oltre alla Commissione, anche la maggior parte degli Stati membri aveva respinto l’idea di ampliare la direttiva per inserire le pratiche commerciali sleali che non danneggiano il consumatore.

Indipendentemente da ciò, tuttavia, devo porre l’accento sul fatto che le aziende, incluse le piccole e medie imprese, non sono prive di tutela contro simili pratiche. Sono protette dalla direttiva in materia di pubblicità ingannevole.

Vorrei terminare condividendo esplicitamente, a nome della Presidenza, il parere della commissione in merito al fatto che pratiche commerciali sleali e fraudolente sono inaccettabili in qualsiasi zona economica. Ritengo inoltre che occorra agire contro tale condotta.

Gli Stati membri trattano le pratiche commerciali sleali in base a quanto stabilito dalla loro legislazione. L’esempio di “European City Guide”, che lei ha citato nella sua interrogazione, è stato sottoposto ai tribunali in almeno un paese membro.

La ringrazio nuovamente per la sua interrogazione e, in ogni caso, ascolterò attentamente la discussione.

 
  
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  Simon Busuttil, a nome del gruppo PPE-DE. – (MT) Signor Presidente, se si consulta questo elenco di distribuzione, poiché si tratta di una grande e fitta pubblicazione, si riscontrano centinaia di pagine, con centinaia di aziende, molto spesso piccole imprese che si ritrovano in questo elenco dopo essere state truffate. Non volevano essere inserite, ma sono state incluse contro il loro volere. La commissione per le petizioni del Parlamento ha ricevuto circa 400 petizioni da parte di piccole imprese finite nella trappola. Ritengo esistano tre aspetti della questione. Primo, le piccole imprese coinvolte sono vittime di frode. Secondo, è riscontrabile un aspetto transfrontaliero e transnazionale, che dovrebbe quindi interessare noi in Europa, nel Parlamento europeo, nel Consiglio e nella Commissione. Terzo, società come “European City Guides” si approfittano dei difetti presenti nella legislazione.

Che cosa sta facendo il Parlamento europeo, oltre alle iniziative della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, come ci ha informato l’onorevole McCarthy? La commissione per le petizioni elaborerà una relazione in merito. Sarò il relatore, e il documento avrà quattro obiettivi. Primo, mirerà ad accrescere la sensibilità verso questo problema, che è grave. Secondo, continuerà a incoraggiare il Consiglio e la Commissione, in particolare, ad avviare interventi chiari, poiché se oggi non sono in grado di intervenire, hanno bisogno di essere nella posizione per farlo. Terzo, occorre inoltre determinare se esistono difetti legislativi, e questo è il ruolo della commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori. Infine, è necessario offrire alle vittime una consulenza utile. La commissione per le petizioni avvierà consultazioni e incontrerà vittime e parti sociali, e la Commissione, prima di adottare tale relazione, di cui si prevede l’adozione entro la fine di quest’anno.

 
  
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  Genowefa Grabowska, a nome del gruppo PSE. – (PL) Signor Presidente, le attività delle società che svolgono pratiche commerciali e pubblicitarie disoneste meritano solo di essere biasimate. Sicuramente dobbiamo tutelare i diritti dei consumatori contro tali azioni di pseudo mercato e sostenerli nella loro battaglia contro le aziende che, nell’attuale realtà europea, si considerano del tutto al di sopra della legge. Migliaia di imprese in Europa sono ingannate da pubblicità presumibilmente gratuita su elenchi commerciali, per cui, in realtà, è necessario pagare da poche centinaia a migliaia di euro. Gli editori di questi inutili elenchi, da un punto di vista commerciale e pubblicitario, non solo mirano ad aziende specifiche, quali le agenzie turistiche, gli albergatori, i medici, i ristoratori e persino il mondo scientifico, ma si rivolgono anche, purtroppo, ad agenzie e istituzioni statali. Per questa ragione, i cittadini europei chiedono come sia possibile che gli esecutori di tali pratiche, che dopotutto sono stati identificati con nome e cognome come proprietari delle società che pubblicano tali elenchi, siano stati in grado di guadagnare una fortuna mediante attività fraudolente e disoneste, approfittando delle paure dei piccoli imprenditori europei dinanzi alle società che si difendono e ai tribunali.

Di conseguenza invito la Presidenza slovena, e mi rivolgo più alla Presidenza che alla Commissione, a incoraggiare un coordinamento degli interventi da parte degli Stati membri, soprattutto nell’ambito dello scambio di informazioni e di avvertimento reciproco contro questo tipo di pratica fraudolenta, per diffondere i dati relativi a proprietari e consigli di amministrazione di queste società, nonché proporre l’introduzione di sanzioni penali più severe per questa sorta di attività. Una prosecuzione della situazione attuale indebolirà la fiducia di imprese e cittadini dell’Unione europea nell’idea di un mercato europeo comune e, purtroppo, consumerà le disparità tra imprenditori onesti e attività pressoché mafiose.

 
  
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  Diana Wallis, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, ringrazio l’onorevole McCarthy e la commissione per il mercato interno per aver posto questa interrogazione. Devo dire che mi sarei aspettata una risposta più convincente da parte del Consiglio.

La situazione è assolutamente inaccettabile e inizierò facendo una confessione. Nei primi anni ‘80, ero avvocato nel Regno Unito, ma avviai uno studio con un altro professionista in Germania. Abbiamo cominciato a ricevere queste richieste di pubblicizzare il nostro studio in una “European City Guide” e, anche se avvocati, ci siamo sentiti perseguitati e intimiditi. Pertanto, se gli avvocati sono spaventati da queste persone, sono certa lo debbano essere le comuni PMI.

Ma la cosa strana è che il diritto UE dovrebbe essere in grado di fornire una risposta e apparentemente non ci sta riuscendo, anche dopo 20, 30 anni che continua tale situazione. In realtà, se si leggono alcune lettere di queste persone, includono persino citazioni del diritto europeo per intimidire ulteriormente le persone in quanto vittime. E che cosa abbiamo ottenuto dal Consiglio? Mi spiace, non è sufficiente: potremmo considerare la pubblicità ingannevole e ci penseremo. Dopo trent’anni abbiamo veramente bisogno di qualcosa in più.

Che cosa si pensa debbano fare le persone? Occorre una discussione approfondita sul fatto se si debba ridefinire chi e che cos’è un consumatore. Abbiamo tentato di parlarne durante le discussioni in merito al diritto contrattuale. Se abbiamo intenzione di risolvere questo problema, è necessario agire in modo più deciso e accurato.

Infine, se gli Stati membri sono troppo timorosi o intimoriti per affrontare la situazione, consentitemi di proporre un altro suggerimento che forse è leggermente controverso in Aula. Qualora la Commissione ci concedesse un valido sistema di ricorso collettivo, definiamolo class action, probabilmente i cittadini potrebbero agire in autonomia nel caso nessun altro lo facesse per loro. Adesso si tratta di una considerazione.

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, finalmente, quattro anni dopo, stiamo conducendo una discussione relativa a “European City Guides”. Non sono riuscita a portare i fascicoli di lamentele che ho, come hanno rilevato altri colleghi. L’Europa ne esce sconfitta poiché non è in contatto con i propri cittadini, e in questo caso disponiamo di una preziosa opportunità, e mi rivolgo al Consiglio, di metterci in contatto con persone che hanno un problema reale e che fanno riferimento ai loro deputati per ottenere una soluzione.

Non sono solo le imprese a esserne colpite. Ho sentito di segretarie scolastiche che hanno firmato documenti per errore e sono spaventate, e che hanno versato denaro. La tragedia con “European City Guides” è che funziona poiché le persone sono minacciate e intimorite. Che si paghi o meno, continua a molestare e ad abusare degli individui. Ma si tratta di problema europeo e quindi richiede una soluzione europea. Presumo di dover festeggiare un po’ per lo svolgimento di tale discussione e per il fatto che il mio collega, Simon Busuttil, sia in procinto di elaborare una relazione e preparare informazioni, tuttavia ritengo che il Consiglio e in effetti anche la Commissione, debbano essere più attivi in merito.

Il problema è molto specifico e solleva cinque questioni fondamentali che è necessario risolvere. A mio parere, tale situazione è enorme, ma occorre determinarne l’entità. Uno scambio di informazioni è un’idea positiva, eppure potrebbe provocare delusione se non agiamo di conseguenza. Dobbiamo colmare le lacune. Ad esempio, in Irlanda, si cita il diritto europeo a chi si è iscritto a “European City Guides”. Si dice alle persone che saranno portate in tribunale in un altro Stato membro e che saranno loro comminate una multa e una pena. Ricevono chiamate telefoniche piene di minacce per sé e i propri collaboratori. Non è accettabile. Di certo occorre ridefinire il ruolo del consumatore, poiché, come ho affermato in precedenza, non si tratta soltanto di aziende. Ma ribadisco: abbiamo a disposizione una preziosa opportunità per mostrare ai cittadini d’Europa che siamo attivi per quanto riguarda questioni che li toccano direttamente. Cogliamo il momento e non sprechiamolo solo con parole e nessun fatto.

 
  
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  Marian Harkin (ALDE) . (EN) Signor Presidente, la forza di numerose di queste società di compilazione degli elenchi è che si trovano in un altro Stato membro, pertanto, sembrano intoccabili a meno che in qualche modo non intervenga l’UE. Inoltre incutono timore ai cittadini, tra cui figurano molte piccole imprese senza alcuna assistenza o consiglio legale, e tante, dopo essere vessate per anni, alla fine cedono e pagano.

Come molti altri oratori, il mio ufficio è stato sommerso di lamentele, ma solitamente da imprese individuali: idraulici, dentisti, medici, persone prese di mira da “European City Guide”. Queste persone si sentono come se fossero sole, avessero preso una decisione negativa, fossero colte in fallo e in qualche modo quasi si incolpano.

E’ incredibile sentire che la maggioranza degli Stati membri non sia favorevole a un ampliamento della direttiva per agire in merito alle relazioni tra società. Mi chiedo solo se ciò avviene perché le aziende coinvolte sono piccole imprese, e non le grandi corporazioni. Ritengo che i cittadini abbiano bisogno di più numerosi e più efficaci interventi di Consiglio e Commissione rispetto a oggi. Credo che l’attuale situazione non sia abbastanza positiva e invito il Consiglio ad agire immediatamente.

 
  
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  Malcolm Harbour (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, vado dritto al punto. Mi rivolgo alla Presidenza slovena, che ritengo abbia svolto un ottimo lavoro. Ministro Lenarčič, le affido quattro aspetti che vorrei trattasse alla prossima riunione vertice dei ministri “Competitività”.

Primo, chieda alla Commissione di adottare il sistema SOLVIT, che si presume si occupi di tutte le denunce sul mercato unico interno, non solo di quelle connesse al mercato, e di inserirlo senza esitazione in agenda. Faccia in modo che metta in circolazione le informazioni che sono già disponibili su siti web indipendenti – e dovremmo vergognarci del fatto che sono proprio le persone interessate che hanno preso tale iniziativa –, c’è una notevole quantità di informazioni complete, e che questo diventi parte del suo compito. Potrebbe accadere subito.

Il secondo compito è riferire a tutti i suoi colleghi che i loro servizi d’informazione commerciale (visto che dispongono di servizi che giungono fino alle PMI) dovrebbero circolare nella loro lingua e che dovrebbero assegnare una modesta quantità del bilancio per spiegare finalmente alle imprese cosa sta accadendo.

Terzo, fornire tali informazioni alle autorità incaricate dell’applicazione della legge. E, inoltre, comunicare alla Commissione e a chi esegue la cooperazione in materia di protezione dei consumatori: collocatelo in agenda. Non ci vorrà molto. Le informazioni sono qui e non è un’azione difficile. Queste sono i tre incarichi che le affido.

Infine, il quarto compito che le spetta è dire ai colleghi: queste pratiche, se condotte su consumatori individuali sono assolutamente illegali secondo la direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Tutti sanno che è questa la situazione. Le imprese colpite stanno essenzialmente svolgendo il ruolo di consumatori privati. Ma, nei singoli Stati membri, nel corso del processo di applicazione della direttiva (e devo dire che i paesi membri non hanno compiuto un lavoro eccellente in merito, compreso il mio Stato membro), è possibile inserire facilmente una clausola specifica che includa nell’attuazione le compilazioni degli elenchi e piccole imprese. Non è molto complicato.

Pertanto al proposito si riscontrano quattro azioni specifiche. Guardiamo a lei, signor Ministro, e all’agenda, e ci attendiamo che tale iniziativa sia collocata sul prossimo ordine del giorno del Consiglio “Competitività”. Com’è possibile continuare a dire alle piccole imprese di “partecipare al mercato interno”, se non riusciamo nemmeno a offrire loro la più banale delle protezioni in merito a un atto semplice come questo? E’ un’ignobile mancanza dei nostri doveri sul mercato unico.

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . (EN) Signor Presidente, “European City Guide” e simili elenchi sono essenzialmente un gruppo di truffatori, ma la nostra legislazione non è riuscita a permetterci di occuparcene. Questa interrogazione avrebbe potuto essere ugualmente posta alla Commissione in termini di avvio di una nuova proposta legislativa per rafforzare la normativa pertinente in modo da poterci occupare di tali società, considerando che il mio suggerimento a qualsiasi piccola impresa colpita dalle richieste di “European City Guide” e simili elenchi è semplice: non pagate, ignorateli e non tenete conto della pressione.

E’ stata istituita un’organizzazione chiamata “Stop the European City Guide”, un’associazione di vittime di questo elenco. Il loro sito Internet è stato rimosso a causa della pressione e delle minacce legali contro il loro ISP affinché lo chiudessero. Ora ospito il loro sito Internet sul mio in modo che possano continuare a diffondere informazioni relative a come le imprese possono tutelarsi. Occorre un intervento deciso in merito e immediatamente.

 
  
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  Marcin Libicki (UEN) . – (PL) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole McCarthy per un’interrogazione orale preparata in maniera eccellente in merito alle pratiche disoneste di pubblicità delle imprese di “European City Guides”. La commissione per le petizioni, che presiedo, ha incaricato l’onorevole Busuttil a elaborare una relazione in merito. Abbiamo ricevuto un numero enorme di petizioni che denunciavano proprio questa pratica. Il Commissario ha affermato che la Commissione non ha raccolto tali denunce che potrebbero incoraggiarla ad avviare un’indagine al proposito, ma, a mio parere, questa discussione, insieme a quella che si svolgerà a riguardo della relazione dell’onorevole Busuttil, servirà come una ragione adeguata per la Commissione al fine di intervenire, poiché queste pratiche sono estremamente disoneste e vessano piccole imprese e normali cittadini, in altre parole chi non dispone di schiere di avvocati per proteggerlo.

Esorto la Commissione ad agire a questo proposito.

 
  
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  Brian Crowley (UEN) . (EN) Signor Presidente, ho avuto a che fare con 19 casi di persone che sono state soggette a spese e debiti in modo fraudolento a causa di “European City Guides”. Di queste 19, 17 erano piccole imprese che avevano tre dipendenti o meno. Di queste 17, sei erano persone anziane ultrasessantenni timorose di ricevere una lettera di un avvocato.

La realtà è che in questo caso si trattava proprio di un travisamento nel quadro della legge sulla vendita dei beni e la fornitura dei servizi (Sale of Goods and Supply of Services Act) o della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, cosa di cui parlava l’onorevole Harbour. Questa è una frode in sé poiché, se si concorda di agire, ci si aspetta di ottenere qualcosa in cambio che andrebbe offerto come compensazione. In effetti è avvenuto un travisamento per quanto riguarda il servizio fornito. Ritengo che, come hanno affermato alcuni dei miei colleghi, si tratti probabilmente di una materia che è affrontata meglio a livello della Commissione. Tuttavia, sarebbe opportuno che il Consiglio “Competitività” e ogni ministro ne fossero consapevoli, e fossero autorizzati a introdurre una normativa a livello nazionale che può essere più rapida a intervenire che tentare e presentare una direttiva europea revisionata in merito.

 
  
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  Arlene McCarthy (PSE) . (EN) Signor Presidente, desidero soltanto fare eco ai miei colleghi. Dobbiamo smetterla di fare scaricabarile in merito. Dobbiamo smetterla di consentire a queste società di continuare con il “prova a prendermi”. E’ questo il gioco a cui stanno partecipando. Non lascerò la plenaria, signor Ministro, senza un qualche impegno di intervento.

L’onorevole Harbour le ha dato qualche suggerimento, ma vorrei che lei sollevasse le questioni specifiche ho citato all’inizio del mio intervento. Vorrei che presentasse al gruppo di lavoro del Consiglio il modello austriaco, in cui, conformemente alla direttiva in materia di pubblicità ingannevole, hanno già vietato tali pratiche. Non tutti gli Stati membri lo fanno. Potrebbe invitare gli altri paesi membri a fare lo stesso, seguire l’esempio austriaco e bandire queste pratiche introducendo emendamenti nella loro legislazione nazionale.

Desidero inoltre chiedere al Consiglio di approvare reti transfrontaliere di applicazione per i consumatori e di insegnare ai paesi membri ad accettare, indagare e agire sulle società di compilazione degli elenchi nel quadro di queste reti. Tale azione ci consentirà, credo, di intervenire al di là dei confini e a porre fine al fatto che queste persone sfuggano al lungo braccio della legge. Pertanto, se riesce a soddisfare la mia richiesta, penso ch tutti saremo un qualche modo più contenti.

 
  
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  Janez Lenarčič, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la parola. Dovrei inoltre ringraziare tutti i colleghi che hanno preso parte alla discussione.

Inizio chiarendo una cosa. Nessuno nel Consiglio, nella Presidenza e neanche negli Stati membri, sostiene la continuazione o l’occorrenza di una condotta fraudolenta sul mercato interno costituito dall’Unione europea. Piuttosto il contrario, e per questo motivo questa discussione è così gradita, e l’accolgo personalmente con favore a nome della Presidenza.

Secondo, posso assicurarvi che la Presidenza terrà conto delle richieste unanimi di maggiore attività e azione immediata. Potete contare su di noi per comunicare tali richieste ai nostri partner nel Consiglio.

Terzo, sono lieto che la commissione per le petizioni abbia deciso di elaborare una speciale relazione, e attendiamo con piacere il testo dell’onorevole Busuttil, iniziativa che conferirà ulteriore slancio ad attività appropriate a livello europeo.

Tuttavia, vorrei porre l’accento su un aspetto. Onorevole McCarthy, lei ha citato l’esempio dell’Austria. Modelli validi servono di certo a incoraggiare gli altri a seguirli. Anch’io credo e spero che tale discussione avrà il suo ruolo in questo. Devo sottolineare, tuttavia, che la Commissione è responsabile del recepimento delle direttive.

Come è già stato menzionato, e come ha considerato nella sua interrogazione, la questione coinvolge due direttive. La direttiva sulle pratiche commerciali sleali non include questo settore. Una soluzione sarebbe ridefinire il concetto di consumatore o ampliare l’ambito di applicazione della direttiva. Mi attendo che siano proposte entrambe quando si deciderà in merito.

Siamo consapevoli che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali non sia in vigore da molto, solo dal mese di dicembre e ritengo dovremmo valutare immediatamente la modalità con cui è stata applicata.

Secondo, desidero sottolineare nuovamente che la direttiva in materia di pubblicità ingannevole includa quest’ambito. Raggiri e frodi di questo tipo coinvolgono di sicuro pubblicità ingannevole, il che significa che sono già disponibili certi rimedi legali.

Infine, consentitemi di evidenziare ancora una volta che ho seguito molto attentamente la discussione, e che la Presidenza trasmetterà gli umori di questa plenaria ai membri del Consiglio.

 
  
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  Presidente . − La discussione è chiusa.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  James Nicholson (PPE-DE), per iscritto.(EN) “European City Guide” e società simili conducono attività fraudolente che colpiscono in particolare le PMI. Spingono le aziende a sottoscrivere servizi di compilazione di elenchi che sono proposti come gratuiti.

Tuttavia, a causa dei caratteri minuti ambigui e complessi, queste società procedono quindi a vessare le persone per ottenere denaro in maniera estremamente minacciosa e criminosa. Per ironia della sorte, tali società fraudolente citano il diritto UE al fine di intimidire ulteriormente le loro vittime.

Naturalmente, queste truffe non hanno alcun valore per il consumatore o le imprese. Di fatto, si sono fatti beffe di numerosi esempi di legislazione UE, quale la direttiva in materia di pubblicità ingannevole del 1984. Questo problema è evidente nei paesi dell’UE e richiede quindi un intervento urgente.

La soluzione è riscontrabile nella cooperazione a livello europeo, ovvero sottoforma di qualche severa normativa. Dobbiamo garantire che qualsiasi direttiva UE che tratta tale questione non contenga alcuna lacuna e che sia applicata in modo adeguato in tutti gli Stati membri.

Invito il Consiglio e la Commissione ad assistere al lavoro del Parlamento e a intervenire in modo da riflettere l’urgenza della situazione. Se incoraggiamo le nostre PMI a competere sul mercato unico, dobbiamo almeno essere in grado di garantire loro protezione contro queste orrende frodi.

 

13. Condizioni da osservare per esercitare l’attività di trasportatore su strada – Accesso al mercato di servizi di trasporto effettuati con autobus (rifusione) – Accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (rifusione) (discussione)
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  Presidente . − L’ordine del giorno reca in discussione congiunta

– la relazione dell’onorevole Ţicău, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme comuni sulle condizioni da osservare per esercitare l’attività di trasportatore su strada [(COM(2007)0263 – C6-0145/2007 – 2007/0098(COD)] (A6-0087/2008);

– la relazione dell’onorevole Grosch, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa norme comuni per l’accesso al mercato di servizi di trasporto effettuati con autobus (rifusione) [(COM(2007)0264 – C6-0147/2007 –2007/0097(COD)] (A6-0037/2008); e

– la relazione dell’onorevole Grosch, a nome della commissione per i trasporti e il turismo, sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada (rifusione) [(COM(2007)0265 – C6-0146/2007 – 2007/0099(COD)] (A6-0038/2008).

 
  
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  Radovan Žerjav, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Onorevoli Ţicău e Grosch, onorevoli deputati, la Commissione europea ha pubblicato progetti di atti normativi nel luglio 2007 relativi alla proposta di regolamento che stabilisce norme comuni sulle condizioni da osservare per esercitare l’attività di trasportatore su strada, la proposta di regolamento che stabilisce norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada, e la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che fissa norme comuni per l’accesso al mercato di servizi di trasporto effettuati con autobus.

La Presidenza portoghese ha iniziato a lavorare sul regolamento sulle norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada, e quella slovena ha proseguito il suo lavoro e ha inoltre avviato altre due pratiche. Accanto all’attività del gruppo di lavoro, abbiamo anche intrapreso trattative informali con i relatori del Parlamento europeo.

Nel corso dell’incontro di aprile del Consiglio “Trasporti, telecomunicazioni ed energia”, i ministri hanno condotto una discussione politica basata su un pacchetto dotato delle questioni principali, con i risultati seguenti. Primo, per quanto riguarda il regolamento sulle norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci su strada, il problema essenziale del cabotaggio è rimasto irrisolto. La maggior parte degli Stati membri ha essenzialmente sostenuto la decisione di compromesso secondo cui sono consentiti tre trasporti di cabotaggio successivi entro sette giorni dopo lo scarico nello Stato membro ospitante.

Tuttavia, molti paesi membri, che erano inoltre sostenuti dalla Commissione, hanno chiesto fosse permesso anche un cabotaggio in transito, al fine di evitare vano traffico stradale. La Presidenza si sta attualmente impegnando a trovare una soluzione di compromesso in Consiglio.

Secondo, per quanto riguarda il regolamento sull’accesso alla professione, occorre giungere a un compromesso in merito al registro elettronico nazionale e a quello delle imprese di trasporto. Di fatto, dovremmo concordare subito sulla scadenza prevista per questo registro.

Terzo, per quanto riguarda il regolamento sui servizi di trasporto effettuati con autobus, occorre proseguire la discussione a livello di gruppo di lavoro. Siamo d’accordo di applicare analogamente le soluzioni dei due altri regolamenti a quest’ultimo.

La Presidenza slovena si adopererà per raggiungere un accordo politico in merito a questi tre regolamenti proposti nel Vertice TTE del 13 giugno 2008. Desidero evidenziare che dovremmo cercare di tenere il più possibile in considerazione i vostri emendamenti richiesti e pertanto, in larga misura, uniformare i vostri punti di vista.

La Presidenza slovena intende contribuire a consolidare e completare il mercato unico. Sono convinto che il crescente settore dei trasporti su strada costituisca uno dei fondamenti del mercato unico per la libera circolazione delle merci e dei passeggeri, e che sia necessario modernizzare il sistema giuridico comunitario al fine di renderlo più efficiente, con maggiore controllo e di garantire una concorrenza leale.

La Presidenza slovena appoggia senza condizioni gli obiettivi stabiliti nelle proposte dei tre regolamenti. Vorrei evidenziare che la Presidenza slovena è consapevole delle restrizioni esistenti nel mercato dei trasporti dell’Unione europea, il che significa che il proprio compito non è soltanto rafforzare le norme e i sistemi di controllo per il cabotaggio, ma anche introdurre norme comuni per l’accesso alla professione.

I registri elettronici in particolare contribuiranno a migliorare l’efficienza e la trasparenza del settore dei trasporti e a determinare una sostanziale riduzione degli oneri amministrativi. Infine, devo ringraziare i deputati e, soprattutto, i relatori Grosch e Ţicău per il costruttivo scambio di opinioni.

Consentitemi di ribadire che la Presidenza slovena farà tutto ciò che è in suo potere per raggiungere un equilibrio tra i diversi interessi, e anche per garantire che le soluzioni che approviamo rendano più efficiente e competitiva l’industria europea dei trasporti su strada.

A questo punto, vorrei dire che spero e mi auguro continueremo questo dialogo costruttivo, e che il Parlamento europeo raggiungerà un consenso il più presto possibile.

 
  
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  Leonard Orban, Membro della Commissione. (RO) I regolamenti riguardanti l’accesso al mercato del trasporto internazionale di passeggeri e di merci su strada, insieme al regolamento sull’accesso alla professione di trasportatore su strada formano un pacchetto. Queste materie sono inestricabilmente correlate. Sono molto lieto di constatare che questi tre testi oggi saranno sottoposti a votazione al fine di definire la vostra posizione in prima lettura. Ringrazio i vostri relatori, gli onorevoli Ţicău e Grosch, per il loro lavoro, nonché tutti i deputati che vi hanno contribuito. E’ necessario un rapido accordo per le seguenti ragioni: il Consiglio europeo del marzo 2007 ha espresso il suo volere a questo proposito; il settore in questione, oltre 900 000 imprese, intende armonizzare le condizioni per l’accesso alla professione per ottenere una concorrenza leale e norme precise relative a questo ristretto ma delicato problema, vale a dire il cabotaggio.

15 anni dopo i primi regolamenti relativi all’accesso al trasporto su strada, il mercato continua a essere frammentato, con 27 versioni nazionali di norme in materia di controllo dell’accesso alla professione e di definizione dell’onorabilità necessaria per questo accesso. Vi ricorderò inoltre, ancora una volta, le interpretazioni divergenti del concetto di “temporaneo” per quanto riguarda il cabotaggio. Di conseguenza, era ora di stimolare lo sviluppo dell’integrazione del mercato interno nel settore dei trasporti su strada. E’ possibile un rapido accordo. Ho la sensazione che le vostre posizioni e quelle del Consiglio possano essere ulteriormente indirizzate verso un punto comune. Con l’aiuto della Presidenza slovena e francese, ritengo si possa raggiungere presto un accordo. Posso garantirvi il mio sostegno, almeno in linea di massima, in merito alla maggior parte degli emendamenti proposti dalla commissione per i trasporti e il turismo. Siccome la posizione dettagliata della Commissione riguardante ogni emendamento presentato è già stata trasmessa al relativo servizio parlamentare, le mie riserve od osservazioni s’incentreranno solo su poche questioni.

La prima, la questione del cabotaggio, sembra essere un elemento importante di questo pacchetto. Eppure, nessuna soluzione sarà valida a meno che non sia verificabile. Questo essenziale requisito della proposta della Commissione è appunto la chiarezza, la semplicità e la verificabilità del sistema introdotto: tre operazioni entro i sette giorni successivi a un trasporto internazionale. Questo collegamento a un trasporto internazionale è generalmente riconosciuto e, proprio per questo motivo, comprendo l’interesse generato dall’emendamento n. 17 della relazione Grosch, che prevede l’esecuzione di operazioni di cabotaggio in un paese di transito sulla via di ritorno più breve. Ciononostante, la formulazione proposta rende difficile verificare l’emendamento, e perciò non posso sostenerlo. Dall’altro lato, al fine di evitare corse vuote, ritengo dovremmo controllare una disposizione che stabilisce che una delle tre operazioni entro i sette giorni successivi possa essere eseguita in un paese di transito entro un massimo di tre giorni. Non avrei problemi nell’approvare un emendamento a questo proposito. Vale il medesimo discorso per gli emendamenti nn. 18, 37, 40, 44 e 47, che prevedono che le restrizioni relative al numero e alla durata delle operazioni di cabotaggio dovrebbero essere gradualmente abolite, fino alla loro totale eliminazione nel 2014.

Dobbiamo tenere in considerazione la realtà dei mercati nei vari Stati membri. Le condizioni fiscali, sociali, e salariali sono tuttora molto diverse per la mancanza di una sufficiente armonizzazione e mi spiace che rimarrà la stessa anche nel 2014. Il pacchetto proposto di certo contribuirà a questa armonizzazione per quanto riguarda il controllo dell’accesso alla professione, ma da solo potrebbe non garantire un livello sufficiente di armonizzazione. In queste circostanze, una liberalizzazione automatica del cabotaggio risulterebbe in una deformazione, e non in un consolidamento delle condizioni della concorrenza. Pertanto, mi pare più appropriata una clausola di successive revisioni di tale questione. Fino a questa revisione, è inutile dire che il regolamento non impedisce in alcun modo agli Stati membri di aprire del tutto i propri mercati di cabotaggio, a condizione che lo facciano senza discriminazioni verso altri paesi membri o secondo accordi tra governi nazionali antecedenti a norme comunitarie in vigore relative all’accesso ai mercati.

L’emendamento n. 21, come formulato, omette tali dettagli e, di conseguenza, non può essere approvato dalla Commissione. Per quanto riguarda l’accesso alla professione, l’aspetto dell’onorabilità e delle gravi violazioni della legge è essenziale. Ritengo che la procedura che lei propone, riguardante la revoca dell’onorabilità in caso di una grave violazione della legge, sia dotata di un grande potere dissuasivo, rimanendo tuttora appropriata. Accolgo con favore, in particolare, l’emendamento n. 104 della relazione dell’onorevole Ţicău, che fornisce un elenco molto preciso di tali violazioni. Quindi, possiamo approvare la proposta del Parlamento relativa all’articolo 6. Il registro europeo delle imprese ha un’importanza particolare nel garantire il controllo dell’onorabilità. A questo proposito, in linea di massima, sosteniamo l’emendamento n. 70, gli emendamenti dal n. 72 al n. 78 e l’emendamento n. 114, che prevedono una rapida e progressiva introduzione di registri nazionali collegati.

Infine, il progetto di regolamento consente alle piccole imprese di ricorrere ai cosiddetti amministratori esterni. In altre parole, sono amministratori che non lavorano direttamente in queste piccole imprese. L’emendamento n. 27 non fissa limiti a questa possibilità che, a mio parere, dovrebbe restare un’eccezione e non diventare la regola. Pertanto, non posso approvarlo. Tuttavia, è possibile approvare l’emendamento n. 109, che prevede un limite ragionevole di 50 veicoli. Per concludere, in merito alla questione dei 12 giorni, ricordo il precedente emendamento n. 102 della relazione dell’onorevole Ţicău, che si riferiva alla reintroduzione dei cosiddetti 12 giorni di deroga nel caso degli autobus. Condivido la decisione della plenaria di votare questo emendamento nella relazione dell’onorevole Grosch relativa agli autobus. La Commissione per il momento non ha adottato una posizione relativa al contenuto. Attualmente, le parti sociali stanno lavorando in merito e dobbiamo attendere l’esito dei primi scambi al fine di non legiferare in fretta. Sarà necessario un riesame più dettagliato della questione non appena raggiunto un’intesa tra le parti, senza tuttavia rallentare i progressi compiuti in relazione all’accordo sul cabotaggio e il registro.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău, relatrice. (RO) Desidero iniziare ringraziando la Commissione, il Consiglio, i correlatori, in particolare gli onorevoli Grosch, Sterckx, Lichtenberger e tutti i colleghi con cui ho lavorato all’elaborazione di questa relazione. La proposta di regolamento riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada è importante, poiché riguarda 4,5 milioni di dipendenti nel settore dei trasporti su strada e oltre 900 000 aziende europee. Abbiamo tentato di condurre consultazioni le più esaustive possibili con gli operatori del settore e a tale scopo la commissione TRAN ha organizzato una discussione pubblica lo scorso ottobre al fine di ottenere un numero elevato di opinioni riguardanti la proposta di regolamento. Il regolamento sostituisce la direttiva 96/26, che è stata attuata in modo diverso dagli Stati membri. La proposta di regolamento stabilisce criteri comuni secondo i quali un’azienda dispone di accesso alla professione di trasportatore su strada, sede centrale stabile, gestione di un centro operativo, accesso a un numero sufficiente di parcheggi, parametri per dimostrare la posizione finanziaria, onorabilità, il ruolo del gestore dei trasporti e le condizioni che deve soddisfare, e in questo caso mi riferisco al certificato di competenza professionale e onorabilità, nonché all’obbligo degli Stati membri di creare registri elettronici nazionali da collegare.

Alla commissione TRAN sono stati presentati 193 emendamenti, che hanno modificato la proposta della Commissione. Pertanto, il Parlamento e la commissione TRAN hanno optato per un testo che si riferisce esclusivamente a violazioni gravi e molto gravi, queste ultime ben definite in una nuova appendice e, per le violazioni gravi, la Commissione elaborerà un elenco di violazioni la cui ricorrenza può provocare la perdita della licenza di autotrasportatore. Questo elenco sarà approvato dalla procedura di regolamento di controllo. Per quanto riguarda il collegamento dei registri elettronici nazionali entro il 1° gennaio 2012, saranno sviluppati partendo da una struttura minima comune, che sarà presentata dalla Commissione entro il 1° gennaio 2010. I registri elettronici saranno dotati di una sezione pubblica e di una riservata. La sezione pubblica conterrà dati sui trasportatori su strada e sui gestori dei trasporti, e la sezione riservata dati relativi alle violazioni commesse o le sanzioni applicate e sarà accessibile solo dalle autorità competenti, secondo le disposizioni riguardanti la protezione dei dati personali. Pongo l’accento sul fatto che queste informazioni riservate possano essere conservate in registri separati.

Per quanto riguarda l’ottenimento del certificato di competenza professionale, la commissione TRAN ha scelto di eliminare un numero fisso di ore di formazione e di sostituirlo con l’obbligo di un esame scritto seguito da uno orale, secondo la decisione di ogni Stato membro. Un altro emendamento proposto stabilisce che un gestore dei trasporti debba essere sanzionato solo per i fatti a lui imputabili. Pertanto, qualsiasi decisione sanzionatoria può essere discutibile e l’annotazione di sanzioni nel registro elettronico sarà effettuabile soltanto dopo aver preso una decisione in merito.

La commissione TRAN ha ritenuto fosse sufficiente per un’impresa dimostrare la sua capacità finanziaria in base al bilancio annuale esaminato da un revisore contabile o da una persona adeguatamente accreditata, a una garanzia bancaria o un altro strumento finanziario, ad esempio un’assicurazione. Quindi, il limite minimo dell’80 per cento per fondi immediatamente disponibili è stato eliminato a favore di una soglia minima di capitali e risparmi. La commissione TRAN ritiene inoltre che sia importante il valore dell’euro sia fissato ogni anno e non ogni 5 anni, come previsto nella proposta della Commissione. Abbiamo altresì proposto la cancellazione dell’articolo 22 dalla proposta della Commissione, che stabiliva certi diritti di priorità in modo diverso per i vari Stati membri ed è stato introdotto l’emendamento n. 52, che consente a chi dimostra di aver gestito in maniera continuativa l’attività di trasporti su strada negli ultimi 10 anni antecedenti alla data effettiva del regolamento, di essere esonerato dall’esame.

Abbiamo proposto di limitare il numero di veicoli gestiti da un amministratore esterno a 50, e il numero di imprese a 4. Per quanto riguarda il gestore interno dei trasporti, il gruppo socialista consiglia di ridurre il numero di veicoli amministrati direttamente a 250. Riteniamo sia necessario, poiché l’imprenditore dovrebbe godere anche di condizioni dignitose di lavoro.

In sede di commissione TRAN sono stati inoltre presentati due emendamenti riguardanti i 12 giorni di deroga in relazione al periodo di riposo degli autisti per il trasporto internazionale dei passeggeri. Ci si attende un accordo tra datori di lavoro e organizzazioni sindacali a questo proposito e, per questa ragione, i due emendamenti saranno nuovamente proposti nella relazione dell’onorevole Grosch.

 
  
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  Mathieu Grosch, relatore. − (DE) Signor Presidente, anch’io desidero ringraziare la relatrice, il relatore ombra, il Consiglio e la Commissione per la loro efficace cooperazione. Ritengo abbiamo tentato di creare un pacchetto completo al fine di mantenere una certa coerenza tra le tre relazioni.

A prima vista direi che il Parlamento in qualche misura fa da guida. Forse speravamo di aver già raggiunto un risultato in un ufficioso dialogo a tre. Tuttavia, il Parlamento è ora in grado di indicare la giusta direzione. Sono convinto che il Consiglio possa fare proprio in modo molto utile ciò che è stato discusso in Aula e che sarà concordato. Il gestore dei trasporti, come appena affermato, riveste un ruolo apprezzabile nell’accesso ai posti di lavoro. Ritengo sia importante dover sapere in futuro in che modo sono strutturate le imprese in un settore internazionale come questo, chi si assume la responsabilità da un lato in termini di finanza e affidabilità, e dall’altro in termini di rilevanti regolamenti sui trasporti. Qualora un domani lavorassimo a livello internazionale, è importante sapere come sono organizzati i partner e che possiamo fare affidamento su di loro.

Abbiamo cercato di pianificare tali aspetti nella maniera più semplice e trasparente possibile in termini amministrativi. Tuttavia, contiamo molto sulla cooperazione del Consiglio, poiché la rete di informazioni che abbiamo intenzione di creare deve essere trasparente, efficiente e facilmente disponibile. Qualsiasi sorta di rinvio è inutile a nostro parere, dato che i progressi in merito possono essere molto rapidi grazie all’odierna tecnologia dell’informazione.

Anche le precondizioni per i posti di lavoro sono chiare. Non vogliamo alcuna particolare condizione per chi già possiede esperienza lavorativa e ha dimostrato di essere affidabile. Vorremmo, tuttavia, che ciò rimanesse verificabile a intervalli regolari. In termini di accesso ai mercati, il trasporto con autobus è un po’ più semplice. Abbiamo inoltre ricercato una coerenza con l’accesso a posti di lavoro.

In Parlamento abbiamo fissato le nostre priorità concentrandoci per il tempo necessario sulle infrazioni gravi. In futuro, uno scambio di informazioni relative alle infrazioni minori tra i paesi non era veramente ciò che stavamo cercando. Se disponessimo di valide informazioni in merito a infrazioni gravi, avremmo già compiuto progressi.

A nostro parere, i trattati esistenti non dovrebbero essere messi a repentaglio. Inoltre, riteniamo che il trasporto pubblico urbano sia già protetto dai suoi regolamenti ed è obbligatorio da parte degli Stati membri controllare se nel settore si verificano o meno problemi.

Il regolamento dei 12 giorni è già oggetto di discussione in Aula, naturalmente, e, non appena menzionato, il Parlamento aveva già richiesto in precedenza tale regolamento, ma allora non la Presidenza britannica non era giunta a una conclusione. Il Parlamento si è sempre espresso con chiarezza in merito, poiché non siamo esclusivamente orientati al mercato. Abbiamo anche considerato criteri di sicurezza e volevamo affrontare di nuovo la questione. Mi auguro che quest’Assemblea troverà il tempo nonché la formula giusta per approvare tale materia.

Infine, l’accesso al trasporto su strada: la famosa idea di cabotaggio è, di certo, estremamente importante al proposito. In termini semplici, si tratta in definitiva di regolamentare ciò a cui ci si riferisce come la direttiva sui servizi del settore dei trasporti. In che modo, se provengo da un paese terzo, dovrei fornire servizi in un altro paese? Dovrei farlo in maniera indefinita? Dovrei farlo in qualsiasi condizione? E’ questo il problema fondamentale. Non stiamo parlando di grandi aziende di trasporti, ma di piccole imprese. Da un lato, stiamo favorendo l’aspetto ambientale volendo evitare corse vuote, ma dall’altro, essendo ben consapevoli che attualmente le condizioni sociali e fiscali differiscono alquanto da paese a paese, con questo regolamento non dovremmo incoraggiare un dumping diretto in questi due settori.

Limitare a tre le operazioni di cabotaggio per settimana è, almeno a mio parere, una dichiarazione chiara. Ciò è molto meglio del termine “temporaneo”, che in teoria avrebbe comportato che 27 paesi avrebbero avuto 27 legislature differenti nei prossimi anni, cosa che certamente non sarebbe stata favorevole per il settore. Ritengo che il regolamento sia chiaro. Il fatto che ora debba essere portato a termine in tempo ragionevole, secondo noi, e adesso parlo per me, rappresenta un procedimento senza intoppi, per quanto le disparità in termini di retribuzioni e oneri fiscali siano stati abolite.

Abbiamo inoltre analizzato il cabotaggio in modo più realistico e ciò significa che siamo già in grado di avviarlo dopo il primo scarico. A differenza della Commissione, sono dell’opinione che il cabotaggio debba essere realizzabile in un viaggio internazionale e in uno di ritorno.

Vorremmo quindi un po’ di coerenza nell’accesso ai mercati in termini di infrazioni gravi e di informazioni in merito, come vorremmo semplificare le procedure amministrative.

Infine, ancora una volta un invito ai paesi stessi. Con questi regolamenti, poiché oggi li stiamo discutendo e adottando, in particolare per quanto riguarda il cabotaggio, ha poco senso entrare troppo nel dettaglio laddove ai paesi nel loro complesso non si assegnano i fondi necessari per condurre un controllo accurato di tali viaggi di cabotaggio.

C’è molto lavoro da svolgere. Secondo noi, implica, da un lato, un’armonizzazione della gestione dei documenti, e dall’altro giungere a un punto in cui la spesa totale del 2 per cento per il cabotaggio sia adeguatamente controllata a livello europeo; per certi paesi, tuttavia, ciò significa il 30-40 per cento del lavoro in questo settore.

Credo che solo allora avrà un senso ciò che stiamo facendo. Anche certi dettagli, cui non facciamo caso, avranno un significato.

 
  
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  Georg Jarzembowski, a nome del gruppo PPE-DE. (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, innanzi tutto desidero congratularmi con entrambi i relatori a nome del mio gruppo: prima con l’onorevole Ţicău, e poi con il mio collega, l’onorevole Grosch. Hanno svolto un ottimo lavoro: hanno tentato di unire le diverse opinioni conflittuali in sede di commissione per i trasporti e il turismo.

Il nostro gruppo, in linea di massima, sostiene i nuovi regolamenti proposti dalla Commissione affinché si conformino le condizioni per perseguire la professione di autotrasportatore e per accedere al mercato dei servizi di trasporto effettuati con autobus e a quello del trasporto internazionale su strada. Tuttavia, i nostri emendamenti chiedono ulteriori azioni verso l’armonizzazione e la liberalizzazione. Pongo l’accento sul fatto che miriamo tuttora all’idea di mercato interno europeo, che in realtà si presumeva fosse introdotto nel 1958. Il Consiglio è stato a lungo riluttante, ma la Corte europea di giustizia nel 1985 ha dichiarato che dobbiamo stabilire il mercato interno europeo anche in quello dei trasporti, pertanto dobbiamo essere più audaci a questo proposito.

Una breve osservazione a riguardo della licenza per ottenere un’occupazione. La richiesta che la Commissione sviluppi entro il 2010 un registro integrato di infrazioni della legislazione in materia di trasporti su strada è molto importante, poiché gli Stati membri devono essere in grado di decidere in merito al ritiro delle licenze, ad esempio, secondo criteri uniformi. Dobbiamo considerare non solo le licenze, ma anche la loro revoca. Se vogliamo eliminare le pecore nere, dobbiamo definire la questione della revoca delle licenze secondo criteri uniformi e, al riguardo, spero che la Commissione s’impegnerà a elaborare un registro unificato entro il 2010.

Per quanto riguarda l’accesso al mercato dei servizi di trasporto effettuati con autobus, ritengo che, alla fine, dovremmo concretizzare il mercato interno, passo dopo passo. Pertanto, mi auguro che la Commissione ci sosterrà nel far sì che non sia più necessario ottenere un’autorizzazione da un altro Stato membro per regolari servizi transfrontalieri che non si estendano oltre i 50 km al di là del confine. Non è nient’altro che protezionismo che rialza la testa.

Per quanto riguarda l’accesso al mercato dei trasporti internazionali su strada, dobbiamo a un certo punto fermare il cabotaggio, che non ha senso in mercato interno comune. L’intento di un mercato interno comune è che ogni azienda sia in grado di offrire i propri servizi in ogni luogo della Comunità. Per ragioni ambientali, vorrei dire all’onorevole Lichtenberger che se vogliamo interrompere gli inutili viaggi di ritorno, dobbiamo quindi trovare un metodo ragionevole per far sì che i fornitori di servizi intraprendano viaggi in altri paesi. Non proponetemi condizioni! Stiamo parlando di eliminare il cabotaggio nel 2014. Devono ancora passare sei anni. Se in sei anni non riusciamo in qualche misura ad armonizzare le condizioni, allora non ci riusciremo mai, e starete ancora promuovendo regolamenti in materia di cabotaggio nel 3000. Conosco bene questo tipo di storie da Amburgo, poiché abbiamo sempre pensato che i nostri vicini al di fuori di Amburgo avrebbero versato retribuzioni incredibilmente contenute. Dobbiamo verificare di creare un mercato interno.

Il mio principale interesse è la questione della regola dei 12 giorni. A questo proposito dobbiamo semplicemente chiarire la situazione. Abbiamo bisogno della regola dei 12 giorni per servizi transfrontalieri occasionali di trasporto in autobus. Non è utile che gli operatori e le organizzazioni sindacali ora dicano: “Siamo sul punto di raggiungere un accordo”. Dobbiamo elaborare un provvedimento stabilito dalla legge. Dobbiamo facilitare la revisione dei periodi di guida e di riposo. Sono più che disposto a discutere più avanti i dettagli dell’attuazione con i sindacati e gli operatori, ma spetta al Parlamento promulgare le disposizioni relative ai periodi di guida e riposo. Abbiamo proposte precise, che sono state approvate dalla maggioranza della commissione, e domani vi invito a votare di conseguenza.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. GÉRARD ONESTA
Vicepresidente

 
  
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  Willi Piecyk, a nome del gruppo PSE. (DE) Signor Presidente, onorevole Jarzembowski, il motivo per cui il Land Amburgo ora è dotato di un governo nero-verde è pertanto che i conservatori possano imparare qualcosa in merito. E’ eccellente.

Desidero innanzi tutto congratularmi con l’onorevole Ţicău, siccome si tratta della sua prima relazione. Ha svolto un ottimo lavoro, come, naturalmente, ha fatto l’onorevole Grosch, da cui il Parlamento ha sempre ottenuto valide relazioni. In qualche modo sono sbigottito per le richieste poste dall’esterno. Non stiamo cercando di reinventare i trasporti su strada con queste tre relazioni, piuttosto di determinare il metodo migliore di organizzarli e inoltre, in definitiva, in che modo stabilire i criteri di sicurezza, poiché ci sono numerose imprese che hanno intenzione di usare le strade. Infine, siamo altresì interessati a come la protezione sociale sia collegata a tutto ciò.

La liberalizzazione del cabotaggio, in realtà, non dovrebbe creare alcun problema. Come è già stato menzionato, i viaggi a vuoto non sono utili per nessuno e non hanno affatto senso. Tuttavia, occorre garantire che la situazione non sfugga del tutto al controllo. Pertanto, sarebbe ragionevole che domani decidessimo di verificare, nel 2012, che cosa è accaduto fino ad allora, e in che modo è progredita la situazione, per ottenere qualche condizione, come se esistesse, ed esiste un emendamento in merito dell’onorevole Grosch, che appoggiamo. Entro il 2014, quando si presume che tutto sarà pienamente avviato, si dovrebbe prevedere una clausola di sicurezza. Nel caso avvenisse un grave sconvolgimento sul mercato, uno Stato membro può quindi affermare “Stiamo premendo il pulsante di emergenza e ci stiamo rivolgendo alla Commissione. Si tratta di un caso che richiede un rimedio”.

La mia considerazione finale riguarda la regola dei 12 giorni. Ho sempre offerto il mio sostegno; allora aveva ottenuto la nostra approvazione. Ora, tuttavia, si è presentata un’altra situazione, in cui le organizzazioni sindacali e i trasportatori hanno raggiunto un accordo. Ciò potrebbe causare problemi con gli emendamenti. Quindi, domani saremmo propensi a rinviare di un mese l’approvazione della relazione che contiene la sezione relativa agli autobus e a occuparcene più avanti, in giugno, quando sarà del tutto pronta. Questa iniziativa avrebbe senso e coinvolgerebbe anche l’industria.

 
  
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  Dirk Sterckx, a nome del gruppo ALDE. – (NL) Desidero citare il Libro bianco: “Oggigiorno, nessun autocarro è più obbligato, dopo aver compiuto un trasporto internazionale, a compiere il viaggio di ritorno a vuoto; esso può perfino caricare trasportare merci in uno Stato diverso dal suo paese di immatricolazione. Il «cabotaggio stradale» è ormai una realtà”. E’ ciò che ha dichiarato la Commissione europea nel 2001.

Da allora, certi Stati membri hanno nuovamente introdotto alcune restrizioni e pertanto, ancora una volta, abbiamo un mercato frammentato come non lo era nel 2001. Adesso che cosa dice la Commissione? Dovremmo modellare tale frammentazione in norme in modo che sia la stessa per tutti. Sono quindi deluso, e l’ho comunicato anche al Commissario Barrot, della proposta della Commissione, che comporta un passo indietro in confronto alla direttiva del 1993. Fortunatamente, siamo stati in grado di agire in merito, ma, a mio parere, neanche lontanamente a sufficienza.

Quindi che cosa stiamo facendo? Stiamo spendendo miliardi di euro con Galileo al fine di garantire di sapere dove sono i trasporti. Ciò significa che un’azienda di trasporti può organizzare in modo efficiente la propria attività sul mercato europeo e poi noi diciamo: no, ferma, burocrazia. E’ necessario presentare documenti malgrado si sia occupati. Occorre fare tutte quelle cose che fanno sì che si operi in maniera meno efficiente e probabilmente vedere anche i propri veicoli ritornare vuoti. Questo è ciò che sta affermando la Commissione, e sono ancora più deluso del fatto che abbia osato stabilirlo in un documento.

Pertanto, a questo proposito, ritengo che l’aspetto sociale sia una sorta di scusa utilizzata con facilità. Altrimenti, per quale motivo le autorità francesi si rivolgono alle aziende di trasporti del Belgio per scoprire se in Francia non avviene cabotaggio o si verifica in modo eccessivo? Le retribuzioni in Belgio sono più elevate che in Francia, non più contenute. Non si tratta di una questione sociale, ma di proteggere il mercato di un paese.

La conseguenza, dunque, sarà rappresentata da un maggiore danno ambientale seguito, entro due settimane, da proposte della Commissione a favore di trasporti ecologici. Complimenti! Fortunatamente, quindi, noi e il relatore siamo riusciti a intervenire al proposito. Mi auguro che sia utile. Abbiamo la prospettiva di un mercato aperto entro il 2014, ma non è sufficiente per quanto mi riguarda. Preferirei si ottenesse entro il 2012, né ritengo che siano necessari nuovi studi. Stavolta, dobbiamo aprire veramente il mercato, e, onorevole Piecyk, condivido il suo emendamento, al fine di garantire che si intervenga in caso di sconvolgimento sul mercato. Questa azione deve essere intrapresa in un mercato aperto, tuttavia, non creando ulteriori ostacoli in un mercato che ne è già pieno.

Per quanto riguarda la relazione dell’onorevole Ţicău, sono pienamente d’accordo con un approccio rigoroso verso chi avvia un’attività. A questo proposito, ho reso i requisiti più severi su certi punti. Ringrazio la relatrice per aver intrapreso una discussione in merito con me. Se siamo più inflessibili verso gli operatori sul mercato, dobbiamo anche garantire, quindi, che il mercato sia davvero aperto.

 
  
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  Eva Lichtenberger, a nome del gruppo Verts/ALE. (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, il cabotaggio sembra un’idea valida. Evitare viaggi a vuoto riduce anche le emissioni e, dopotutto, il settore dei trasporti ha l’obbligo di iniziare finalmente a ridurle. E’ un peccato che, in passato, questo regolamento sia stato spesso abusato, per non rispettare gli standard sociali e utilizzare prezzi di dumping per ottenere quote di mercato. Il relatore ha quindi generosamente scelto un approccio che ne tenga conto. Verificare tutto ciò che si decide in proposito è fondamentale, e questo è anche il mio invito agli Stati membri. Altrimenti, nulla funzionerà. Pertanto, condivido questa parte del pacchetto.

Non accade lo stesso con la relazione sui servizi di trasporto effettuati con autobus, laddove alcuni membri della commissione per i trasporti e il turismo hanno espresso il desiderio di includere di nuovo la famosa regola dei 12 giorni di guida e riposo, e la lobby molto ben organizzata degli autobus ci ha fornito una quantità eccessiva di informazioni per mesi di seguito, al fine di realizzare tale obiettivo. Tuttavia, sono stati compiuti pochi sforzi per sollecitare le opinioni dei lavoratori di questo settore.

Non posso sostenere questo regolamento semplicemente per gli emendamenti. Tuttavia, qualora si verificasse un accordo tra le parti sociali (intendo tra le aziende e chi è coinvolto, poiché vi figurano le persone che non fanno parte di alcuna organizzazione sindacale, siccome questo settore ha un numero particolarmente contenuto di sindacati), allora vorrei si approvasse anche il regolamento. Dobbiamo soltanto attendere e vedere. Se riconosciamo un partenariato sociale, è giusto farlo. Pertanto, rinviamo questa parte e troviamo in seguito una soluzione migliore e prudente, in modo da non dover condurre nuovamente negoziati successivi e ritrovarci in una posizione in cui non si possa ottenere nient’altro.

 
  
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  Erik Meijer, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Signor Presidente, il mio gruppo ritiene che una protezione continuata e migliorata dei lavoratori e dei consumatori sia più importante di incrementare costantemente la libertà delle imprese nel mercato europeo. Questa scelta è ancora più rilevante in relazione ai trasporti transfrontalieri e a lunga distanza effettuati con autobus e autocarri rispetto a molti altri settori commerciali.

I regolamenti che sono stati applicati al settore dei trasporti con autobus dall’aprile 2007 richiedono che gli autobus non viaggino un giorno ogni sei durante un viaggio di gruppo al fine di preservare l’autista dalla fatica. Condividiamo esplicitamente l’obiettivo di tale misura. Ciononostante, ci siamo resi conto che il metodo di applicazione provoca disagi non agli operatori e ai clienti, ma anche agli stessi autisti. In precedenza ho insistito su un miglioramento dell’attuazione tramite accordi con l’organizzazione sindacale, la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti. E’ meglio garantire agli autisti che restino a casa piuttosto che siano costretti a farlo per la strada fra clienti sorpresi e scontenti. Un accordo in merito è positivo, ma respingiamo qualsiasi tentativo di abolire unilateralmente tale tutela.

Nel settore del trasporto merci su strada c’è esasperazione, poiché ogni paese è dotato di norme diverse relative al fatto che si possa trasportare o meno merci quando si ritorna dall’estero. Di conseguenza, troppo spesso gli autoveicoli ritornano in gran parte vuoti. Ciononostante, è ancora troppo presto per l’Europa nel complesso adottare il sistema che ora è discretamente tra Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Tale sistema può essere applicato soltanto tra paesi con un livello simile di reddito e di condizioni sociali. Non siamo contrari a soluzioni transfrontaliere se queste ultime garantiscono a tutti gli autisti una retribuzione dignitosa, un’indennità chilometrica soddisfacente e misure di sicurezza adeguate. Dall’altro lato, ci opponiamo qualora in questo sistema si abusasse delle attuali ampie di disparità di retribuzione esistenti tra gli Stati membri dell’UE per ridurre i costi del lavoro. Ciò significherebbe che ogni persona che guadagna un reddito rispettabile perderebbe il proprio lavoro e quindi solo chi lavora ancora in questa industria lo farebbe in base ai termini e alle condizioni attuali di impiego di Polonia o Romania, ad esempio.

Il mio gruppo ha pertanto presentato gli emendamenti nn. 45 e 46 alla relazione sui trasporti, al fine di far sì che l’apertura del mercato per il cabotaggio dipenda dallo sviluppo di pari condizioni di lavoro e da una valutazione nel 2012.

 
  
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  Johannes Blokland, a nome del gruppo IND/DEM. – (NL) Desidero ringraziare gli onorevoli Grosch e Ţicău per il lavoro che hanno svolto ed esprimere tre commenti.

Il mio primo commento riguarda l’emendamento dell’elenco di infrazioni nella proposta dell’onorevole Ţicău, che può determinare la revoca della licenza di un autotrasportatore. L’elenco di infrazioni è un elemento essenziale del pacchetto, e rappresenta una possibile restrizione del mercato interno. Perciò, sarebbe meglio se quest’elenco fosse modificato mediate la procedura di codecisione piuttosto che quella di comitatologia. Ho pertanto presentato un emendamento a sostegno di tali variazioni che spero approverete.

Secondo, vorrei sottolineare l’importanza di una sorveglianza accurata dell’elenco di infrazioni. Le proposte discusse in Aula oggi pomeriggio sono finalizzate a migliorare il mercato interno. Ciò significa che è importante, tuttavia, creare condizioni veramente uguali per tutti. Gli Stati membri dovranno attuare nello stesso modo le norme secondo questo regolamento, e quindi invito la Commissione europea a controllare in modo esauriente la corretta applicazione di tale regolamento da parte dei paesi membri.

Il mio terzo commento riguarda il fatto che in effetti esistono Stati membri che tentano di ridurre al minimo al cabotaggio. Ciò costituisce una completa infrazione dei principi del mercato interno e, inoltre, inquina indirettamente l’ambiente. Quindi, di certo sostengo l’emendamento volto ad abolire le restrizioni relative al cabotaggio con effetto dal 2012.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI) . – Signor Presidente, onorevoli colleghi, le proposte dell’onorevole Mathieu Grosch mirano all’applicazione uniforme e rigorosa di disposizioni per l’autotrasporto che condivido; concordo che si debbano stabilire condizioni da soddisfare per accedere a queste attività e si debba rafforzare la sorveglianza di autorità competenti attraverso un sistema unico di riconoscimento documentale e anche sanzionatorio e che quindi sia necessaria un’autorizzazione degli Stati attraverso cui passano i servizi.

Voglio solo aggiungere, rispetto all’ottimo lavoro svolto dagli onorevoli colleghi, che per l’espletamento del cabotaggio internazionale, a mio sentire, comprimere i tempi non è possibile se non ci sono condizioni di vera e concreta pariteticità nello stabilire delle regole che comunque garantiscano da fenomeni di dumping, che invece in molti casi finiscono per avvantaggiare alcuni operatori rispetto ad altri. Ecco perché secondo me il termine del 2014 è opportuno e forse sarebbe addirittura da estendere.

 
  
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  Timothy Kirkhope (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, avete atteso una relazione relativa ad autobus e autocarri e ne sono giunte tre in una volta sola. La domanda è: stanno viaggiando tutte nella direzione giusta? Per quanto riguarda il cabotaggio: in Parlamento sono uno dei più forti sostenitori della liberalizzazione, e in generale, in effetti, della questione del cabotaggio. Ma, naturalmente, vorrei essere del tutto certo che esistano condizioni uguali per tutti affinché ciò funzioni. Nel Regno Unito disponiamo di norme diverse in materia di veicoli e di sicurezza stradale, siamo geograficamente isolati, siamo dotati di un sistema fiscale particolare che è differente dagli altri e ci sono preoccupazioni relative all’impiego: anche questi sono problemi da tenere in considerazione.

Pertanto, se ritengo che la proposta della Commissione sia molto precisa e l’accolgo con favore, penso occorra essere piuttosto attenti nell’apertura del mercato con il metodo proposto.

L’impatto complessivo del cabotaggio è ambiguo e so che molti trasportatori e chi è coinvolto nell’industria, sono molto preoccupati. Quindi, penso dovremmo essere ragionevoli ed equilibrati in merito e di certo vorrei assistere a una revisione della proposta in quattro anni di attuazione con, nel frattempo, la piena consultazione dell’industria.

E’ l’unico modo in cui ritengo sia possibile garantire che abbiano successo pari condizioni e una piena liberalizzazione.

Vorrei solo aggiungere un’altra considerazione su una delle relazioni. Ad esempio, sono preoccupata laddove l’ambito del regolamento in Europa inizia a estendersi al trasporto degli anziani da parte dei volontari.

Certamente, l’applicazione della legge a tali gruppi è inutile e vana. Il diritto europeo dovrebbe mirare sempre a incoraggiare la mobilità e l’accesso. Ritengo che in questo caso, nelle magnifiche zone della Gran Bretagna quali il mio collegio elettorale dello Yorkshire, non vogliamo alcun ostacolo al godimento delle nostre regioni e questo pacchetto per i trasporti su strada, associato al regolamento relativo alle ore degli autisti, non dovrebbe far sì che il trasporto pubblico nelle zone rurali diventi un elemento del passato.

 
  
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  Inés Ayala Sender (PSE). - (ES) Signor Presidente, desidero ringraziare in particolare i miei colleghi, gli onorevoli Ţicău e Grosch per la loro pazienza e la loro capacità nel riunire tutti i relatori ombra su proposte che talvolta sono state approvate e talvolta sono state più controverse.

La verità è che il Parlamento ha colto l’opportunità di rimaneggiare questi testi relativi al trasporto su strada al fine di cercare di migliorare la legislazione e di dirigersi verso una maggiore apertura riguardante il cabotaggio, in linea di massima per ragioni di co-modalità, poiché stiamo operando su altre questioni, al fine di promuovere la libera circolazione e, naturalmente, prevenire viaggi a vuoto.

A tale scopo, abbiamo proposto la possibilità di stabilire una clausola che garantirà che la liberalizzazione del mercato non condurrà a una distorsione.

Vorrei sottolineare che la ragione principale dovrebbe essere il dumping sociale, e a questo proposito stiamo fissando la data del 2014 a favore del totale cabotaggio libero.

Andrebbe detto che in qualche misura questo testo sarà maggiormente attendibile dato che, in fondo, ci siamo incentrati sulle infrazioni gravi, poiché sono le uniche che possono essere realmente controllate.

Ovviamente, respingiamo la proposta di un cabotaggio bilaterale specifico e privilegiato tra paesi confinanti, poiché, come a giustamente affermato uno dei miei colleghi, divide ancora di più il mercato.

Per quanto riguarda la relazione sugli autobus, vorremmo comunicarvi che il gruppo socialista chiederà, o dovrei dire ha già chiesto, soltanto di rinviare la votazione in merito a questo documento legislativo, siccome riteniamo che, se, come siamo ormai stati informati, esiste un accordo tra i datori di lavoro, i rappresentanti dei lavoratori e le organizzazioni sindacali a favore di una revisione, diremmo, della regola dei 12 giorni, bisogna riconoscere (anche se alcuni dei miei colleghi non sono d’accordo) che, in qualche misura, si avvia una revisione dalla porta posteriore che non è stata spiegata o chiarita a sufficienza, e che quindi necessita di tale garanzia di accordo tra datori di lavoro e sindacati.

Altrimenti, l’opinione pubblica non capirà perché domani voteremo un testo che è già inutile in seguito a un accordo esterno al Parlamento.

 
  
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  Jeanine Hennis-Plasschaert (ALDE) . – (NL) Le discussioni riguardanti il fenomeno del cabotaggio hanno scaldato gli animi per molti anni. Si presume che i regolamenti esistenti siano poco chiari a causa dell’uso del termine “temporaneo”, che serve da scusa a diversi Stati membri per proteggere in modo illegittimo il proprio mercato.

Al fine di chiarire una volta per tutte tale questione, lo scorso anno la Commissione ha introdotto un nuovo regolamento e, come l’onorevole Sterckx ha appena affermato, nutrivo grandi aspettative al proposito. Eccezionalmente, tuttavia, la Commissione ha proposto di inserire un rigoroso controllo delle possibilità di cabotaggio. In base all’attuale proposta della Commissione, gli autotrasportatori avrebbero dovuto affrontare maggiori restrizioni, anziché libertà. Questo aspetto è realmente degno di nota, considerato che i regolamenti esistenti sono stati percepiti come un passo avanti verso la totale libertà, incluso da parte della Commissione europea, dalla loro adozione nel 1993.

Naturalmente, occorre un approccio europeo. Il settore non dovrebbe essere soggetto a ogni sorta di stratagemma nazionale volto a ridurre le possibilità di cabotaggio a un minimo per un giorno in più. La stessa proposta della Commissione, tuttavia, non rispetta sufficientemente (se non totalmente a essere onesti) i principi e gli obiettivi del mercato interno, né quelli della strategia di Lisbona. Le argomentazioni favorevoli presentate dal Commissario nel suo intervento, quali la sicurezza stradale, l’ambiente e la riduzione degli oneri amministrativi, non sono riscontrabili né da una parte, né dall’altra.

Al fine di raggiungere il maggior grado possibile di efficienza per quanto riguarda una pianificazione, un mercato libero è semplicemente essenziale. Dopo tutto, ogni restrizione provoca maggiori attività di trasporto, laddove riguarda il cabotaggio, come in questo caso, o, ad esempio, il miscuglio del tutto assurdo di divieti alla guida. Quindi, come l’onorevole Sterckx ha appena asserito piuttosto chiaramente, il gruppo dell’Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa si è impegnato per ottenere un mercato pienamente libero, preferibilmente dal 1° gennaio 2012. Gli Stati membri devono inoltre godere della piena libertà di giungere ad accordi di cabotaggio senza limitazioni antecedenti a questa data, dovessero considerarli interessanti. Inoltre, deve essere chiaro, soprattutto, che le autorizzazioni concesse prima dell’entrata in vigore del futuro regolamento resteranno nondimeno valide.

Non condividiamo il percorso “un altro studio e poi vedremo”. La nomina di commissioni e uno studio n. 250 non condurranno a nulla, eccetto forse una grande confusione, relativi costi e altre assurdità, cosa che ci è fin troppo nota. Un libero mercato sarebbe utile al settore e in effetti anche al consumatore, e si dovrebbe ottenere il più presto possibile.

Vorrei concludere aggiungendo una cosa: un’evidente maggioranza del Parlamento, piuttosto giustamente, vorrebbe abolire i riferimenti a “infrazioni minori reiterate”. Nel regolamento non c’è spazio per quest’aspetto.

 
  
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  Jaromír Kohlíček (GUE/NGL) . (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i tre regolamenti che stiamo discutendo in Aula sono strettamente connessi alla libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali. Quando nel 1957 sono state stabilite le quattro libertà, nessuno, chiaramente, aveva considerato i regolamenti transitori per i nuovi paesi dell’Unione europea. Naturalmente, siamo contrari alle restrizioni fissate nei Trattati di adesione dei 10 nuovi Stati membri. Anche dopo l’apertura dei confini di Schengen, questi paesi osservano i regolamenti transitori per il trasporto di persone e merci che possono essere ricapitolati come segue: cabotaggio vietato o limitato. Durante i dibattiti sulla riduzione delle emissioni e sull’efficacia del trasporto su strada in particolare, a nostro parere alcuni requisiti contenuti nei regolamenti in questione ci sembrano quantomeno futuristici.

Ricordo le sanzioni sul trasporto di autocarri vuoti e i cosiddetti “centri per il trasporto di merci a piena capacità” che esistevano nelle democrazie popolari. Forse dovremmo ritornare a un regolamento simile. Fondamentalmente, agiamo in modo opportuno quando cerchiamo, nello spazio comune, di armonizzare l’uso delle norme esistenti, oltre ai comuni documenti CMR. Qualora si semplificasse l’accesso al mercato, diminuirebbero in parte le restrizioni al cabotaggio, e si armonizzerebbero le condizioni lavorative fondamentali nel settore: sia per quanto riguarda l’occupazione, sia l’atteggiamento dei singoli Stati membri nell’applicazione del regolamento UE, tale aspetto sarà approvato dagli imprenditori e dai dipendenti del settore. Di conseguenza, avendo tenuto in considerazione i fattori che ho appena citato, il gruppo GUE/NGL appoggia le proposte in questione.

 
  
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  Dieter-Lebrecht Koch (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, onorevoli colleghi, se gli assidui frequentatori degli autisti a lunga distanza, i trasportatori e i custodi della politica pubblica non criticano le nostre proposte di sostituire e semplificare le direttive esistenti, allora stiamo percorrendo la strada giusta. Secondo me è la direzione giusta, poiché favorisce molti punti fondamentali: primo, per incrementare la sicurezza stradale, poiché i controlli e quindi lo scambio dei dati ottenuti sono più importanti della nuova legislazione, ma anche perché l’accesso a una professione e la concessione di licenze sono soggette a criteri uniformi di qualità.

Secondo, per eliminare le distorsioni alla concorrenza, dato che rende possibile interrompere le attività delle pecore nere nell’industria dei trasporti, contrastare la discriminazione e migliorare la condizione dell’occupazione. Terzo, la tutela ambientale e la conservazione delle risorse energetiche riducendo i viaggi a vuoto. Quarto, per rendere più allettante il turismo con autobus, poiché saranno un’altra volta garantiti viaggi di 12 giorni. Quinto, la riduzione dei requisiti burocratici, poiché i registri elettronici nazionali saranno uniti in rete e sarà più agevole accedervi, e si prevedono inoltre modelli semplificati per le licenze comunitarie e attestati di guida. Sesto, per avviare la modernizzazione del settore in moto.

Ritengo che la certezza giuridica per future operazioni di cabotaggio sia particolarmente importante, anche se oggi costituisce solo il 2-3 per cento del mercato dei trasporti. Ogni regolamento uniformato in Europa è migliore dell’attuale accozzaglia di disposizioni. Da un punto di vista ecologico, dovremmo aprire immediatamente la strada al cabotaggio, ma da quello sociale ed economico, è più sensato limitarlo al momento. Tuttavia, l’obiettivo deve essere la totale abolizione di tutte le restrizioni alle operazioni di cabotaggio da parte delle aziende europee, a condizione di soddisfare le nuove condizioni di licenza. Mi attendo risultati concreti entro il 2014. Inoltre, non dovremmo ostacolare accordi bilaterali che aprono più rapidamente il mercato.

 
  
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  Saïd El Khadraoui (PSE) . – (NL) Innanzi tutto, desidero ringraziare i relatori per il loro lavoro. Si tratta di un importante pacchetto di misure che hanno un impatto notevole e molto specifico su molte persone in Europa.

L’aspetto che risalta maggiormente è di certo quello che riguarda il cabotaggio. A questo proposito, era e resta necessario chiarire alcune questioni al fine di stabilire un equilibrio per tutti. Il modo in cui sono state interpretate le norme esistenti in materia di cabotaggio variava eccessivamente da Stato membro a Stato membro, avendo bisogno di regole. Inoltre, solo per essere assolutamente chiari: più cabotaggio può determinare un trasporto su strada più efficiente, cosa positiva per l’economia e per l’ambiente, e deve quindi essere a tutti costi incoraggiato. Ciononostante, è logico che quest’azione non deve sfociare in dumping sociale, e pertanto la graduale apertura del mercato deve avvenire di pari passo con l’istituzione di norme sociali di lavoro uguali per tutti. Le disparità delle condizioni fiscali e lavorative devono essere attenuate il più possibile, in altre parole è preferibile che le condizioni peggiori siano portate allo standard di quelle migliori.

Il compromesso relativo ad aprire il mercato nel 2014 sembra quindi giustificabile, a condizione che siano adottati gli emendamenti nn. 47 e 48, che la Commissione, in particolare, consideri seriamente lo studio del 2012 sulle differenze delle condizioni sociali e lavorative, e soprattutto che gli Stati membri dispongano ancora di una sorta di procedura d’allarme, anche dopo il 2014, da utilizzare in caso di grave sconvolgimento del mercato nazionale dei trasporti. Nell’attesa, occorre una definizione precisa di quali attività sono permesse e quali no, e naturalmente è necessaria un’adeguata supervisione.

Per quanto riguarda i periodi di guida e di riposo degli autisti di autobus, mi parrebbe logico, come molti colleghi hanno già menzionato, rinviare la votazione, cosicché il compromesso raggiunto lo scorso venerdì da datori di lavoro e dipendenti possa essere pienamente integrato nella nostra legislazione. Il compromesso è in corso di elaborazione, ma deve ancora essere recepito nel linguaggio giuridico. L’esito delle trattative dimostra che il dialogo sociale è in grado di funzionare a livello europeo. Si è ottenuto un buon equilibrio, tenendo conto delle caratteristiche specifiche del settore.

 
  
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  Paweł Bartłomiej Piskorski (ALDE) . – (PL) Signor Presidente, in un intervento così breve è possibile trattare esclusivamente le questioni fondamentali relative ai documenti discussi. Vale la pena ricordare che il nostro obiettivo è il libero mercato, e un libero mercato anche in termini di questi servizi (servizi stradali). Partendo da qui, i testi che stiamo discutendo sono in realtà una sorta di direttiva sui servizi, finalizzata a questo mercato specifico.

A tale proposito, il secondo punto che merita di essere considerato è che tutte le restrizioni e i metodi indiretti che applichiamo, come le soluzioni riguardanti i periodi transitori, il cabotaggio e il 2014, sono rimedi parziali che non ci distolgono dall’obiettivo principale della massima apertura del mercato.

Infine, occorre sottolineare che certe speciali limitazioni connesse a questo mercato specifico, quali l’orario di lavoro e le soluzioni relative all’ambiente e alla sicurezza stradale, sono ovviamente di grande importanza, ma non dovremmo dimenticare dove si riscontrano i limiti dei negoziati sociali e di sicurezza.

 
  
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  Jacky Hénin (GUE/NGL) . – (FR) Signor Presidente, non è possibile discutere seriamente la questione del trasporto di merci su strada senza trattare il problema dei materiali pericolosi. Nei testi proposti oggi, come altrove nella legislazione europea, tale problema è sottovalutato o scarsamente preso in considerazione. Eppure, se esiste un settore in cui abbiamo maggiormente bisogno dell’Europa e di regolamenti comunitari più rigorosi, è proprio questo.

Siccome molte imprese mettono su strada i loro materiali pericolosi al fine di impedire che i loro stabilimenti siano classificati come “un’area Seveso”, i flussi di materiali pericolosi che circolano nell’Unione sono in costante aumento, accrescendo pertanto i rischi di gravi disastri.

Per quanto riguarda il trasporto di materiali pericolosi su strada, esiste un’enorme mancanza di formazione, una grande carenza di strumenti in termini di parcheggi che siano in grado di farsi carico con sicurezza dei veicoli interessati secondo i regolamenti comunitari.

Il pericolo di carichi di diversa specie è estremamente sottovalutato. Le merci che sono innocue se prese separatamente, possono diventare pericolose qualora si trovino nel medesimo parcheggio. Attualmente, le persone sono semplicemente ignare di questo rischio.

Sono favorevole alla creazione di un’agenzia europea per la sicurezza del trasporto terrestre di materiali pericolosi al fine di promuovere una politica per la sicurezza esaustiva a livello dell’Unione.

 
  
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  Philip Bradbourn (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, vorrei iniziare dicendo che affronterò in particolare della relazione Ţicău. Se abbiamo una proposta in gran parte poco problematica, vorrei commentare la questione delle sanzioni.

E’ importante comprendere che occorrono sanzioni comuni, ma è anche necessario trattare la questione della comune applicabilità. Sebbene sia contrario a una maggiore burocrazia, dobbiamo trovare un sistema con cui gli autisti e le loro aziende possano essere perseguiti più facilmente laddove provochino incidenti in altri Stati membri. Attualmente, tali aziende e i loro autisti sfuggono ai procedimenti giudiziari per infrazioni causate, ad esempio, nel Regno Unito, poiché il lavoro amministrativo richiesto per portarli di fronte a un giudice al momento è troppo elevato. Questo aspetto è particolarmente allarmante quando si considera che, secondo le mie informazioni, negli ultimi cinque anni è avvenuto un aumento del 75 per cento degli incidenti stradali provocati da autisti di altri paesi membri solo in zone del mio collegio elettorale.

Ricevo regolarmente denunce di persone che sono state ferite piuttosto gravemente da veicoli commerciali e dai loro guidatori, ed è frustrante che i nostri attuali servizi di controllo della polizia non siano in grado o non siano disposti a fermarli. Resto quindi in attesa di ulteriori sviluppi in quest’ambito in modo da poter spianare la strada per assicurare questi individui imprudenti alla giustizia.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE) . – (PL) Signor Presidente, stiamo svolgendo questa discussione in un momento particolare, vale a dire nel momento in cui abbiamo perso un valido Commissario per i trasporti, ovvero Jacques Barrot, e stiamo aspettando un nuovo Commissario. Di fatto, vorrei sapere se il candidato designato alla carica di Commissario sta ascoltando la discussione odierna, poiché sarebbe sicuramente giustificato a ogni possibile riguardo.

Stiamo parlando del settore del trasporto su strada, un settore che reso possibile ottenere un aumento del 40 per cento degli scambi economici tra gli Stati membri dell’UE negli ultimi cinque anni. Ci stiamo occupando di un settore che, di fatto, sta facendo muovere l’Europa. Il mio parere è che in merito occorra la massima libertà possibile, compreso il cabotaggio. Allo stesso tempo, tuttavia, è necessaria la massima risolutezza possibile, soprattutto nel contrastare pratiche come la presenza di autisti di autobus disonesti, che stanno decisamente distruggendo il mercato. La sanzione di revoca della licenza non è applicabile, poiché non ce l’hanno e non l’hanno mai avuta.

Nel settore, tuttavia, si possono osservare diverse minacce significative: il prezzo del carburante e il suo aumento, il modo in cui sono incorporati i costi del trasporto esterno, come si esegue l’orario di lavoro, e ho inoltre l’impressione che la redditività delle aziende di trasporto stia calando a livello generale. Perciò, desidero offrire in particolare il mio sostegno entusiasta alla relazione dell’onorevole Piecyk, al fine di poter discutere la questione dei servizi di trasporto effettuati con autobus e di votare a giugno.

Appoggio la posizione dell’onorevole Sterckx relativa alla necessità di un nuovo studio sulle conseguenze dell’apertura del mercato, ma tale iniziativa dovrebbe essere collegata a una valutazione dello stato di benessere economico del settore dei trasporti.

 
  
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  Luis de Grandes Pascual (PPE-DE) . – (ES) Signor Presidente, vorrei per prima cosa discutere la relazione dell’onorevole Ţicău. Questa proposta è fondamentale per modernizzare la professione del trasportatore, mediante l’applicazione uniforme delle norme comuni in tutti gli Stati membri al fine di autorizzare l’accesso a tale professione.

A questo proposito, plaudo e accolgo di buon grado la proposta della Commissione. Tuttavia, vorrei ribadire una richiesta che è stata posta nel corso della discussione in merito in sede di commissione per i trasporti e il turismo. Riguarda il termine “onorabilità”, che evidenzio, e che, negli interessi del consenso, ritiro e propongo di sostituire con “standard etici”. Non metto affatto in discussione questo requisito; al contrario, concordo che debba essere necessario che i gestori di trasporti non abbiano alcuna grave condanna penale o gravi sanzioni per infrazioni della legislazione comunitaria relativa al trasporto su strada.

Chiedo, tuttavia, di modificare il termine, poiché presumiamo una pratica negativa in una professione che rappresenta un settore fondamentale dell’economia europea, che genera ricchezza, occupazione e garantisce la mobilità di persone e merci.

Dobbiamo riflettere con attenzione prima di presupporre che qualcuno non goda di onorabilità per cercare un impiego se non è dimostrato.

Secondo, vorrei evidenziare l’importanza della relazione dell’onorevole Grosch sulle norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto di merci su strada. La proposta di regolamento definisce le operazioni di cabotaggio, ponendo fine all’attuale incertezza giuridica. Consente tre operazioni consecutive di trasporto per un viaggio internazionale di sette giorni. Tuttavia, dobbiamo procedere per abolire qualsiasi restrizione a riguardo del cabotaggio e ottenere una maggiore liberalizzazione dei mercati nazionali.

Infine, plaudo alla riduzione della burocrazia che prevede questa nuova proposta di regolamento in relazione ai nuovi formati semplificati di licenza comunitaria, alle copie di questa licenza e ai certificati degli autisti, che contribuirà a limitare i ritardi causati dai controlli sulla strada.

Onorevoli colleghi, è necessario rendere il settore trasporti più efficiente e competitivo.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE) . (RO) Desidero congratularmi con i due relatori per il loro lavoro e affronto la relazione Ţicău. Accolgo con favore l’introduzione dei criteri per l’accesso di qualità alla professione di trasportatore nel testo al fine di migliorare la qualità degli operatori dotati di licenza e non di limitare il loro accesso alla professione. Che si parli di persone o di merci, la professione di trasportatore prevede lo svolgimento di attività indispensabili per lo sviluppo economico dell’Unione, secondo gli obiettivi di Lisbona volti a stimolare l’attività economica dello spazio europeo.

Ritengo che l’attuazione di questo regolamento comporterà un aumento del numero di posti di lavoro, nonché il raggiungimento di un livello più elevato di sicurezza e di correttezza connesse al trasporto su strada nell’Unione europea. Di nuovo complimenti ai relatori.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, nell’Unione europea siamo sempre orgogliosi, e piuttosto giustamente, anziché no, di tentare di trovare un compromesso e collaborare per giungere a una soluzione, e spesso ci riusciamo. Non è sempre facile. L’odierna discussione congiunta sulle relazioni degli onorevoli Ţicău e Grosch ne offre alcuni esempi particolarmente positivi, e anche alcuni negativi: la regola dei 12 giorni e il cabotaggio sono stati citati più volte.

La regola dei 12 giorni è valida; prevede inoltre con fiducia vantaggi sociali. Tuttavia, per un determinato settore del mercato del turismo a basso costo, è diventata un problema crescente, e vogliamo tenere contro anche degli interessi dei consumatori. Siamo venuti a conoscenza che sono stati compiuti tentativi per giungere a un buon compromesso, per cui forse occorre un po’più di tempo. Se è una questione di tempo limitato, ed effettivamente è questo il caso, allora probabilmente dovremmo riserbarcene di più.

Vale lo stesso discorso per le norme riguardanti il cabotaggio. Siamo tutti d’accordo di voler vedere un uso migliore delle diverse infrastrutture. Tuttavia, questa situazione naturalmente influenza numerosi settori, in particolare l’industria dei trasporti, e gli interessi negli Stati membri variano molto in merito. Non sono del tutto certo se, quando si tratta della questione del cabotaggio, non interviene un po’ di “euromitologia”, semplicemente per i molti anni di discussione. Vorrei sapere se esistono davvero i numerosi viaggi a vuoto nelle lunghe file di autocarri che dobbiamo sorpassare sulle autostrade, o che non ci è permesso sorpassare, come può capitare, come ci è sempre stato descritto. Forse una bandierina “Sto viaggiando vuoto” potrebbe rivelarsi utile.

Tuttavia, il nucleo della nostra discussione di oggi non è tanto la legislazione che approviamo, ma ciò che attuano e applicano gli Stati membri.

 
  
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  Gilles Savary (PSE) . – (FR) Signor Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare i nostri due relatori per l’eccellente lavoro che hanno svolto, e spero quindi che, con la Presidenza francese, questo importante pacchetto in materia di trasporti abbia ovviamente un futuro e giunga a una conclusione. Per prima cosa mi concentrerò su due aspetti.

Il primo riguarda il cabotaggio e la data che il Parlamento europeo ha ritenuto di fissare, in altre parole una liberalizzazione automatica nel 2014. Da questo punto di vista, esiste una distorsione naturale creata tra i paesi periferici e quelli di transito. Paesi come la Francia, la Germania e forse l’Austria, sono per natura quelli con maggiore cabotaggio, e il fatto di aver appena scelto una definizione di cabotaggio che prevede il cabotaggio in seguito a un viaggio internazionale è positivo, ma significa che la questione sociale genera in definitiva notevoli distorsioni, mentre, nel trasporto su strada, si applica il principio del paese di origine, una volta che si viaggia. Ritengo pertanto che sarebbe più ragionevole attendere, come pianificato all’inizio, una relazione della Commissione che ci consenta di verificare le distorsioni sociali prima di decidere in merito alla liberalizzazione automatica.

Il secondo aspetto riguarda la deroga relativa al periodo di guida degli autobus. Come ho già affermato, senza approfondire la questione, credo che questa procedura sia esecrabile. Spinti da gruppi che esercitano pressioni, è stato presentato un emendamento a un testo che non è quello originale. Il problema dovrebbe essere risolto con una nuova proposta della Commissione, che modifica ciò che abbiamo definito la “relazione Markov”. Vorrei inoltre ricordarvi che stiamo proponendo un emendamento alla relazione Markov sottoforma di regolamento quando tale relazione era una direttiva. Onorevoli colleghi, non sono (ah, era un regolamento, avete ragione, era un regolamento) ma, in ogni caso, credo che gli stili debbano essere gli stessi e che non dovremmo prendere l’abitudine di presentare emendamenti, spinti da gruppi che esercitano pressioni, a testi diversi dall’originale.

 
  
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  Ari Vatanen (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, non darò la preferenza all’onorevole Grosch o all’onorevole Ţicău, ma parlerò del cabotaggio come ha fatto il mio collega, l’onorevole Savary. Questa discussione relativa al cabotaggio prosegue da molti anni. Come ha detto una delle parti interessate, “il comportamento del Consiglio può essere paragonato a quello di una lumaca”; è così lentamente che il Consiglio ha agito in merito, laddove il Parlamento ha finalmente raggiunto una conclusione. Il cabotaggio è più importante di quanto pensiamo e devo dire che non mi trovo d’accordo con il mio collega, l’onorevole Savary, quando teme che il mercato sociale sarà distorto.

Se non si consente il cabotaggio, quest’azione che cosa comporterà? Non significa necessariamente costi elevati di trasporto, ma autocarri vuoti che vanno avanti e indietro.

Che cos’è l’UE? L’UE è un mercato aperto, e dobbiamo occuparci dei cittadini europei. Se facciamo sì che i costi dei trasporti calino, i cittadini europei ne trarranno vantaggio e offriremo un valore aggiunto alla loro vita quotidiana.

A questo punto, dappertutto le persone si stanno chiedendo: “Che cosa sta facendo l’Europa?”. I comuni cittadini stanno letteralmente inseguendo il denaro poiché i prezzi stanno aumentando.

Nel contempo, non possiamo applicare il protezionismo. Dobbiamo permettere alle persone di godere di una vita migliore e, se possiamo abbassare i costi, la nostra economia migliorerà e i comuni cittadini ne beneficeranno. Solo un esempio: nei commerci tra Finlandia e Russia, tutti i trasporti sono stati assunti dagli autisti russi e i finlandesi ne traggono vantaggio. Non so per quale motivo i francesi, mi trovo tra l’incudine e il martello, non sarebbero avvantaggiati dal cabotaggio. Pertanto, dovremmo dire “sì” al futuro.

 
  
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  Radovan Žerjav, Presidente in carica del Consiglio. (SL) Naturalmente concordo con tutti coloro che ritengono che la questione debba giungere con urgenza a una conclusione.

Senza dubbio il cabotaggio è una materia molto delicata. Ciò è diventato evidente nelle vostre discussioni odierne, anche per quanto riguarda i singoli Stati membri. Alcuni paesi sostengono una completa liberalizzazione e altri che ne chiedono una parziale, mentre altri ancora sono essenzialmente contrari ad essa.

Di certo per noi è importante conciliare i nostri punti di vista, malgrado le differenze esistenti. Inoltre, e condivido appieno tale proposta, dobbiamo tenere conto delle piccole e medie imprese e, in particolare, delle questioni ambientali. A questo proposito, penso soprattutto a ciò che è noto come cabotaggio di transito, benché vorrei tralasciare quest’aspetto.

Sarebbe assurdo, per non dire inaccettabile, avere una circolazione stradale a vuoto. Siccome esistono differenze di opinione in merito, a mio parere occorre una fase intermedia o un periodo transitorio prima che il cabotaggio sia del tutto liberalizzato.

Naturalmente, mi auguro che domani il Parlamento accetterà gli emendamenti proposti che contribuiranno ad armonizzare i servizi di cabotaggio nell’Unione europea e che, in particolare, approverà la proposta abolizione della circolazione stradale a vuoto, come ho già evidenziato e che intendo sottolineare ancora una volta a questo punto. Pertanto, il cabotaggio dovrebbe essere possibile in viaggi di ritorno.

A mio parere, le discordanze tra il Parlamento e il Consiglio non sono così marcate da impedire progressi o un accordo nel prossimo futuro.

Concordo inoltre con chi considera estremamente importanti la sorveglianza e il controllo di questo settore. Secondo me, ciò potrebbe essere effettuato dal registro elettronico che è in procinto di essere stabilito e, in questo caso, devo sottolinearlo, siamo molto vicini al raggiungimento di un accordo per quanto riguarda la tabella di marcia e l’istituzione di questo registro elettronico. Questa iniziativa è applicabile anche agli strumenti tradizionali di controllo quali il tachigrafo digitale e la lettera di vettura, che probabilmente conoscete.

Anche le infrazioni rivestono un ruolo importante laddove provocano l’interdizione alla guida. A questo proposito, dobbiamo ovviamente procedere con circospezione e cautela, e soprattutto essere ricettivi per le imprese.

La “regola dei 12 giorni” per il trasporto effettuato con autobus è stata citata molte volte nella discussione. Il Consiglio non ha ancora preso una decisione in merito. Tuttavia, siamo altresì consapevoli, e va detto con chiarezza, che le parti sociali stanno conducendo un dialogo. Di certo siamo pronti a discuterne, in modo che il Consiglio e il Parlamento giungano al più presto a un accordo.

Desidero nuovamente ringraziare i due relatori, gli onorevoli Grosch e Ţicău, per il costruttivo scambio di opinioni.

La Presidenza slovena, in ogni caso, farà tutto ciò che è in suo potere per conciliare i diversi interessi, nonché di garantire che il documento finale di compromesso contribuisca a rendere più efficiente il settore europeo dei trasporti su strada e, soprattutto, devo sottolinearlo, più competitivo.

Mi auguro che continui questo dialogo produttivo e che si raggiunga un accordo con il Parlamento europeo il prima possibile.

 
  
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  Leonard Orban, Membro della Commissione. (RO) Sono soddisfatto dell’accordo che si prospetta in relazione agli aspetti essenziali del pacchetto in materia di trasporto su strada. Mi riferisco in particolare al registro e alla revoca di certe competenze in caso di gravi infrazioni della legge. Dall’altro lato, è ovvio che la questione del cabotaggio è maggiormente complessa. Ciononostante, vorrei ricordarvi che il concetto di cabotaggio temporaneo, che adesso è in vigore, comporta serie incertezze giuridiche. Tale situazione non è accettabile per il settore in questione. Nessuna norma è perfetta, ma la norma proposta dalla Commissione, tre operazioni entro la settimana successiva a un trasporto internazionale, almeno è chiara e più semplice da controllare.

Questa proposta non introduce più o meno cabotaggio negli Stati membri presi separatamente, ma un cabotaggio eseguito in modo migliore che, da un lato, è controllabile in maniera più sicura e, dall’altro, efficace dal punto di vista logistico. A chi vorrebbe più cabotaggio dico che il mercato interno va costruito gradatamente e deve andare di pari passo con l’armonizzazione. Siccome ho citato questo fattore, vorrei ricordarvi che certe questioni riguardanti l’armonizzazione fiscale, salariale e sociale sono collegate alla competenza degli Stati membri o possono essere ottenute all’unanimità. In questo quadro, si può dire che l’apertura totale, senza alcuna garanzia e misure di protezione, tenendo conto del fatto che il cabotaggio è temporaneo, per definizione, ci riporterebbe all’attuale incertezza giuridica.

Di conseguenza, la Commissione europea accetta che la liberalizzazione del cabotaggio sia un obiettivo a lungo termine. Dall’altro lato, dovremmo controllare accuratamente gli sviluppi e, in questo contesto, siamo pronti a elaborare una relazione nel 2012.

In conclusione, tengo presente le preoccupazioni espresse in numerose occasioni per quanto riguarda la questione dei viaggi turistici di 12 giorni. Se il Parlamento europeo è favorevole a rinviare la votazione sul trasporto internazionale di passeggeri, la Commissione europea non si opporrà poiché, in effetti, occorre un accordo su registro e cabotaggio il prima possibile, ma, nel contempo, ne occorre anche uno il più esaustivo possibile tra le parti sociali relativo alla questione dei 12 giorni.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău, relatrice. (RO) Innanzi tutto, desidero ringraziare tutti i miei colleghi per le opinioni espresse. Ritengo che questo regolamento riguardante l’accesso alla professione di trasportatore potrebbe contribuire a una migliore armonizzazione delle norme utilizzate dagli Stati membri, in particolare per quanto riguarda la capacità finanziaria e la competenza professionale, e faciliterà il mutuo riconoscimento della situazione lavorativa, rendendo quindi i servizi di trasporto su strada maggiormente professionali e accrescendo la loro sicurezza e qualità.

Per quanto riguarda la deroga dei 12 giorni relativa al periodo di riposo degli autisti di autobus per il trasporto internazionale di passeggeri, si attende un accordo al proposito tra datori di lavoro e organizzazioni sindacali e, per questo motivo, saranno ripresentati i due emendamenti, in una forma successivamente concordata con le parti sociali, nella relazione sull’accesso al mercato dei servizi di trasporto effettuati con autobus.

Vorrei ringraziare ancora una volta i miei colleghi per i loro interventi, nonché la Commissione e il Consiglio per la loro collaborazione.

 
  
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  Presidente . – La discussione congiunta è chiusa.

La votazione si svolgerà domani alle 12.00.

 

14. Situazione dei rom in Italia (discussione)
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la dichiarazione della Commissione sulla situazione dei rom in Italia.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, onorevoli deputati, la Commissione condanna con decisione qualsiasi forma di violenza contro i Rom e invita le autorità di tutti gli Stati membri a garantire la sicurezza personale di tutte le persone nel loro territorio. Gli eventi della scorsa settimana a Ponticelli non sono un caso isolato. La violenza di stampo razzista, alimentata da populismo politico, incitamento all’odio e la mediatizzazione, è un fenomeno riscontrabile in numerosi Stati membri.

La Commissione respinge categoricamente qualsiasi stigmatizzazione o accostamento a criminali dei rom. Le autorità degli Stati membri non devono solo evitare tale condotta, ma anche essere un esempio nella lotta contro il razzismo e la xenofobia. Hanno l’obbligo di indagare sugli attacchi razzisti e punire chi li incita o li commette.

Vorrei porre l’accento su un aspetto. L’obiettivo dell’Unione europea è sconfiggere ciò che ha caratterizzato la storia dell’Europa nei secoli, odio razziale, pogrom e distruzione in incendi. L’Europa promuove il diritto di ogni uomo, donna e bambino a essere protetto dalle persecuzioni e dalle discriminazioni, e rappresenta la solidarietà sociale, la democrazia e lo Stato di diritto, insieme al rispetto per ciascun individuo di origine, religione, colore della pelle o modo di vivere diversi.

Non dovremmo chiudere gli occhi di fronte ai problemi reali che i rom affrontano in Italia e in altri paesi. Tutti possono vedere l’estrema povertà, l’esclusione sociale, la disoccupazione intermittente e il basso livello d’istruzione di cui sono vittime. Tale situazione comporta sofferenza umana e tensioni sociali, spinge i rom ai margini della società. Questa perdita di talenti e di potenziale è crudele per i Rom ed è una perdita per l’Europa.

Perché esiste questa situazione? I rom non sono meno intelligenti della maggioranza, né sono mendicanti o criminali nati. Che cosa possiamo fare per cambiare la situazione? Siamo onesti nel dire ciò che può fare la Commissione e ciò che devono fare i governi degli Stati membri. Come è stato giustamente sottolineato nelle conclusioni del Consiglio europeo nel dicembre 2007, che sono state accolte con favore dal vostro Parlamento, i paesi membri e l’Unione devono agire al massimo delle loro possibilità al fine di migliorare l’integrazione dei rom.

Per quanto riguarda la libera circolazione dei cittadini nell’Unione europea, la direttiva 2004/38 è fondata su principi del diritto comunitario ben stabiliti. Molte delle sue disposizioni sono già in vigore da decenni. La direttiva inoltre include la giurisprudenza della Corte europea di giustizia in merito a tali questioni. In seguito all’adesione della Romania all’Unione europea, i rumeni godono della stessa libertà di movimento degli altri cittadini dell’Unione. I rumeni non sono più immigrati da paesi terzi, ma sono cittadini dell’Unione. In nessuna circostanza possono essere trattati meno favorevolmente rispetto agli altri cittadini europei, e la Commissione garantirà che i loro diritti siano rispettati.

La direttiva consente agli Stati membri di rifiutare ai cittadini europei privi di attività lavorativa e che non dispongono delle risorse sufficienti il diritto a vivere nel loro territorio, cosicché queste persone non diventino un onere sul loro sistema di assistenza sociale. La valutazione di tali risorse non può essere automatica, ma deve tenere conto del comportamento dell’individuo.

Le norme relative alla libera circolazione non sono concepite per avvantaggiare i criminali. La direttiva consente l’esclusione delle persone la cui condotta costituisce un’autentica, effettiva e sufficientemente grave minaccia agli interessi fondamentali della società. La lotta contro il crimine deve essere effettuata nel pieno rispetto dello Stato di diritto. Una decisione volta a vietare l’ingresso può essere presa soltanto su base individuale e devono essere osservate le garanzie procedurali e le condizioni basilari. Nel caso di un divieto immediato, l’urgenza deve essere debitamente giustificata. Il divieto di ingresso di cittadini dell’Unione è una misura estrema. Si tratta di una limitazione di una libertà fondamentale del Trattato.

La maggior parte degli aspetti essenziali dell’integrazione dei rom nella società, quali istruzione, occupazione, integrazione sociale, salute pubblica, miglioramento delle infrastrutture e alloggi, rientra nel quadro delle competenze degli Stati membri. L’Unione europea, ciononostante, è preparata a svolgere il suo ruolo di coordinamento, sostegno e agevolazione delle politiche nazionali. Se tutti impareremo a esercitare pari pressione, saremo in grado di ottenere risultati.

Nell’ambito in cui l’Unione europea è chiaramente dotata di competenza, la lotta contro le discriminazioni, mi impegno a garantire l’attuazione della normativa comunitaria. La direttiva 2000/43 è uno strumento importante con un ampio margine di applicazione. La sua attuazione a livello nazionale deve tuttavia essere completata da iniziative volte ad accrescere la sensibilità relativa ai diritti e agli obblighi. Una sorveglianza attiva delle denunce da parte degli organismi responsabili dell’uguaglianza e del pieno coinvolgimento della società civile in tale processo di supervisione sono condizioni essenziali per qualsiasi miglioramento della situazione.

Gli eventi della scorsa settimana in Italia richiedono sforzi comuni da parte nostra. I nostri cittadini rom hanno bisogno della nostra solidarietà al fine di interrompere il circolo vizioso dell’esclusione e della violenza alimentata dalla disperazione. Interpreto tali scoppi di violenza come un grido d’aiuto. In quanto leader politici, è nostro dovere offrire a ogni individuo la speranza di una soluzione sostenibile a questi problemi. E’ possibile combattere l’esclusione sociale mediante programmi mirati e ad hoc, finanziati dai Fondi strutturali europei, in particolare il Fondo sociale europeo. Questo programma potrebbe migliorare le condizioni lavorative dell’intera popolazione, e quindi delle minoranze e della maggioranza.

In risposta alla richiesta del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, stiamo attualmente esaminando le politiche e gli strumenti comunitari che possono essere attuati al fine di promuovere l’integrazione dei rom. Vorrei invitare il governo italiano e i governi degli altri paesi membri a discutere i risultati di questa iniziativa con noi e di tenere conto delle lezione che ne possono derivare.

(Applausi)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. LUISA MORGANTINI
Vicepresidente

Grazie molto Commissario Špidla: solidarietà sociale, democrazia, Stato di diritto, mi auguro che quest’Aula sia perfettamente in sintonia con questi valori!

 
  
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  Lívia Járóka, a nome del gruppo PPE-DE. (HU) La ringrazio, signora Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la situazione dei rom in Italia, come nell’intera Europa, è terribile, ed è cosi da molti decenni. Abbiamo fatto molto poco, e i governi che guidiamo o sosteniamo, anche i governi che appartengono ai nostri gruppi politici, stanno agendo in modo scarso per porre fine a questa situazione.

Negli ultimi decenni, né i governi di sinistra, né quelli di destra sono riusciti a effettuare un cambiamento in merito all’accettazione dei rom, e perciò, ritengo sia estremamente importante collocare tale questione in agenda e nella discussione in quest’Aula. Vorremmo chiedere un impegno persino più intenso da parte dei gruppi politici, tuttavia, e, se vogliamo che i rom non siano vittime di atrocità a causa di questa sorta di isteria di massa, ritengo siano necessari programmi e un’integrazione dei rom autentica e attuata in modo adeguato.

Non credo sia sufficiente fare discorsi nelle sessioni plenarie, ed è del tutto inutile considerare tale questione a livello di partito politico, poiché né i governi socialisti, né quello liberali o conservatori sono stati in grado di intervenire. Ci opponiamo all’attuale mancanza di azione in Europa per quanto riguarda il problema dei rom, proprio come a qualsiasi riferimento, o pratica, al principio della colpa collettiva, nonché al crimine.

Ritengo sia molto importante che il governo italiano debba fare tutto ciò che è in suo potere per rispettare la sua promessa e garantire che il programmato pacchetto sicurezza non sia diretto a qualsiasi singolo gruppo etnico, e che si evitino le deportazioni di massa. Tuttavia, a mio parere, è ancora più importante il messaggio che possiamo inviare ai paesi da qui, dall’Europa, e la responsabilità che la Commissione europea ha bisogno di assumere al fine di assicurare che siano osservati i requisiti minimi, che si raggiunga un accordo tra gli Stati membri in merito al metodo progettato per cambiare a breve la situazione dei rom in Europa.

Ritengo sia indispensabile per la posizione dell’Europa in termini morali e competitivi interrompere la mera retorica e porre invece l’accento sull’azione, realizzando progetti seri. Questo deve essere un aspetto fondamentale. Penso inoltre che il nostro compito sia promuoverlo e richiederlo. Grazie.

 
  
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  Martin Schulz, a nome del gruppo PSE. – (DE) Signora Presidente, il gruppo socialista nel Parlamento europeo ha chiesto questa discussione e la ringrazio, Commissario Špidla, per aver trattato gli elementi essenziali di ciò che andava detto. Le sono grato per le sue parole molto chiare.

Consentitemi quindi di iniziare con un appello a tutti voi. I deputati di destra e di sinistra in quest’Aula condividono valori comuni. Sono riconoscente del fatto che numerosi conservatori in questo Parlamento concordino con noi che si debba assumere un approccio umanitario ai problemi da risolvere.

La dignità umana nell’Unione europea non è negoziabile. Bruciare i campi, inseguire le persone per le strade, non è accettabile! Questo atteggiamento non risolve nulla. Grazie, Commissario Špidla, per aver collocato il valore essenziale delle politiche europee al centro dei suoi commenti.

Vogliamo contribuire alla risoluzione dei problemi, pertanto intendo chiarire una cosa. La questione che stiamo affrontando oggi non è un problema italiano, piuttosto un problema che, mentre si verifica in Italia, effettivamente, negli ultimi anni, è accaduto dappertutto nell’Unione europea. Le minoranze non sono integrate a sufficienza nelle società europee, e ne stanno soffrendo in particolare le comunità rom.

Eventi come quelli accaduti in Italia, per cui oggi esprimiamo il nostro risentimento, si sono verificati anche in altri paesi dell’UE. Quindi, ancora una volta, non è il momento di puntare il dito contro l’Italia. E’ ora di pensare, insieme alle autorità italiane, come risolvere il problema, soprattutto nell’interesse delle comunità rom, che ha bisogno di assistenza immediata e diretta. Dovrebbe essere risolto in un modo che sia favorevole alle autorità locali, alle città piccole e grandi, alcune delle quali sono sopraffatte dall’attività di integrazione loro richiesta. Anche i sindaci necessitano del nostro aiuto. E’ stato quindi molto intelligente da parte sua, signor Commissario, proporre di riflettere su un metodo che possa aiutare subito comuni come questi, impiegando i fondi europei disponibili.

Ritengo che gli sforzi da compiere dovrebbero essere incentrati in una direzione. A questo punto, non dovremmo discutere di chi sia la colpa per qualcosa o di chi non sia riuscito a fare cosa. Dovremmo impegnarci collettivamente a considerare gli eventi recenti una ragione per affermare che la comunità rom ha bisogno di tutti gli Stati membri dell’UE, l’intera società di cittadini europei, per essere disposti a integrarla. Inoltre, dobbiamo insistere sul fatto che la comunità rom permetta a se stessa di integrarsi nella nostra società. Ciò deve essere possibile, con il totale rispetto per la sua identità culturale.

Ho parlato oggi per telefono con Franco Frattini, il ministro italiano degli Affari esteri, per chiarire che noi del gruppo socialista, insieme alla Commissione e al Consiglio, abbiamo intenzione di ottenere una soluzione ai problemi più urgenti, poiché ritengo non si debba consentire ai rom di diventare l’obiettivo di attacchi da parte di chi vorrebbe assecondare la politica populista di destra sulla base di tali inadeguatezze. E’ questo il nostro compito comune; è la ragione per cui abbiamo richiesto tale discussione.

(Applausi)

 
  
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  Viktória Mohácsi, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signora Presidente, mi congratulo con il Commissario per il suo eccellente discorso in merito. Vorrei esprimere il mio parere in risposta ai pogrom contro gli zingari avvenuti a Napoli il 13 maggio di quest’anno e i successivi sviluppi in Italia. Ho deciso di visitare Roma e Napoli lo scorso fine settimana come una sorta di ricerca e ho parlato personalmente con i cittadini. Ho inoltre chiesto un urgente intervento delle autorità italiane per garantire i diritti fondamentali e proteggere i rom nel paese da ulteriori atti di violenza e di aggressione razzista e smorzare il clima di ostilità nei confronti degli zingari che prevale in Italia. Il 23 febbraio ho scritto una lettera a Silvio Berlusconi. Insieme ad altre 88 ONG, eravamo seriamente preoccupati dato che la campagna politica che è stata condotta associava i rom a stereotipi negativi e l’intera nazione rom è stata usata come capro espiatorio elettorale, cosa che è del tutto contraria ai valori europei. Ora possiamo osservare le conseguenze di quella campagna.

E’ stata dichiarata l’emergenza rom quando i mezzi di comunicazione hanno riferito che a Napoli una sedicenne rom aveva tentato di sottrarre un bambino di 6 mesi alla madre. Secondo la mia missione per verificare i fatti, questa storia è falsa: la polizia non ne ha testimonianze e non si sta indagando in merito.

Il 13 maggio un gruppo di circa 60 persone ha utilizzato bombe Molotov per appiccare il fuoco a cinque campi rom di Napoli. Simili scoppi di violenza sono avvenuti anche in altre città italiane, come Milano. L’aspetto veramente preoccupante è che, secondo le informazioni ricevute dalla polizia di Napoli, non esiste alcuna indagine in merito a questo caso. Devo dirvi che il governo italiano sembra forte con i deboli e debole con i forti. Ogni volta che sollevano la questione della sicurezza, devono prima affrontare i crimini organizzati commessi dalla camorra. Hanno intenzione di parlare di immigrazione e della questione rom al fine di distogliere l’attenzione dai reali problemi dell’Italia. Mi auguro che le autorità italiane garantiscano indagini adeguate ed efficaci in merito agli eventi verificatisi a Napoli e a Milano, e che perseguano con qualsiasi strumento legale tutti i responsabili, compresi i funzionari pubblici che hanno compiuto dichiarazioni ostili rispetto ai rom che incitano all’odio razziale.

Invito le autorità italiane a cooperare pienamente con le istituzioni intergovernative, le organizzazioni internazionali e la società civile per porre fine in maniera rapida ed efficace all’emergenza dei diritti umani dei rom in Italia. Chiedo inoltre alla Commissione europea di elaborare una strategia UE relativa ai rom allo scopo di rendere la loro integrazione un’urgente priorità e di offrire direzione e coordinamento per gli Stati membri nella loro responsabilità di garantire il rispetto dei diritti dei cittadini rom.

 
  
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  Monica Frassoni, a nome del gruppo Verts/ALE. –Signora Presidente, onorevoli colleghi, questo Parlamento non è il luogo adatto per polemiche contro questo o quel governo, è il luogo dove si discutono, si portano alla luce e si cercano soluzioni condivise a questioni che preoccupano e turbano gli europei e ciò che succede in Italia preoccupa molti europei.

Ci sono eventi molto diversi per importanza e gravità: gli attacchi ai rom, la situazione di degrado e di povertà di intere zone controllate dalla criminalità organizzata, dove italiani e migranti competono sul nulla, alla crisi tragica dei rifiuti fino alle ultime incredibili affermazioni al limite dell’omofobia della nostra nuova e davvero bellissima ministra italiana per le pari opportunità.

Allora, senza polemiche sterili, restiamo ai fatti e capiamo che cosa si può fare per aiutare e migliorare la situazione e non avvelenarla ancora di più. Una cosa che non dobbiamo fare è negare la realtà. Perché siamo qui a discutere della situazione dei rom in Europa e in Italia? Perché i rom sono la minoranza più discriminata in Europa e questo Parlamento se ne occupa da un sacco di tempo. Noi non siamo buonisti, ma ci sono stati degli episodi di estrema violenza, di intolleranza e razzismo, che bisogna assolutamente chiamare con il loro nome se vogliamo cominciare a risolverli.

Ripeto, noi non siamo buonisti: la legalità è il cuore della soluzione che noi tutti perseguiamo: il rispetto delle regole, di tutte le regole! Delle regole che vietano di rubare e di occupare il suolo pubblico, di obbligare i bimbi alla mendicità o le donne ad una situazione di schiavitù, ma anche quelle che vietano di discriminare, di cacciare le persone povere e di mantenere senza diritti per decenni gente che non sa più neppure di che nazionalità è e rimane nomade non per scelta, ma perché di fuga in fuga l’unica cosa che resta è una vita allo sbando. Perché questa, cari colleghi, è la realtà di molti rom in Italia e in Europa!

Io vorrei ringraziare, in conclusione, Presidente, il Commissario Špidla per le sue parole, perché ha chiarito con coraggio alcune evidenze che noi abbiamo sempre sostenuto rispetto alla direttiva 38 e alcune interpretazioni sbagliate del nostro governo. Spero che questo suo lavoro di chiarezza possa continuare anche il nostro sostegno.

 
  
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  Cristiana Muscardini, a nome del gruppo UEN. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la grave situazione economica, energetica e di sicurezza di tutti i cittadini dell’Unione avrebbe dovuto forse indurre questo Parlamento ad un’azione di responsabilità per cercare di controllare quella paura armonizzata che sembra ormai serpeggiare in tutti i paesi dell’Unione.

Ieri, invece, si è scelto una strada diversa, una decisione partitica, forse solo per ottenere un impatto mediatico. Infatti, risulta evidente che non c’è un fondamento politico ma partitico dal fatto che questo sia un dibattito senza risoluzione e ciò la dice lunga! Noi condividiamo le parole del Papa: solidarietà e generosità! E perché ci sia solidarietà occorre il rispetto della legalità! La generosità italiana è nota, mentre altri paesi sparavano sugli extracomunitari, mentre altri paesi non facevano attraccare le navi con i profughi o lasciavano gente morire affogata nel mare, attaccata ad oggetti da pesca o a dei relitti, l’Italia ha sempre accolto cittadini extracomunitari e cittadini comunitari con grande attenzione e generosità.

Certo, ci sono stati degli atti atroci che vanno condannati e che l’attuale governo ha condannato. Ma ci chiediamo per quale motivo la situazione dei rom in Italia non sia stata seguita dall’onorevole Mohácsi l’anno scorso, cinque mesi fa, un anno e mezzo fa? Per quale motivo questo Parlamento ne parla oggi a cinque settimane dal voto e non ha affrontato in maniera chiara questo problema quando l’urgenza era evidente? No, onorevole Schulz, se il titolo fosse stato “I rom in Europa” ne avremmo potuto credere che questo era un problema comune. Qui è un problema di tipo partitico, mentre occorrono soluzioni politiche.

 
  
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  Roberto Musacchio, a nome del gruppo GUE/NGL. – Signora Presidente, onorevoli colleghi, concordo con ciò che ha detto il Commissario Špidla: siamo di fronte ad atti politici e fatti di cronaca gravissimi! Ci sono direttive e pronunciamenti del Parlamento europeo che debbono valere per tutti, anche per l’Italia! Questo lo diciamo all’attuale governo, i cui primi atti e intendimenti ci preoccupano moltissimo e ci scandalizzano e ciò lo abbiamo detto anche al governo precedente.

La lotta alla discriminazione e l’impegno di integrazione dei rom è sancito da voti parlamentari. I diritti di mobilità e soggiorno sono pilastri della cittadinanza europea. L’Europa deve favorire la realizzazione dei suoi deliberati. Va riconosciuto il diritto alla cittadinanza dei rom anche come minoranza europea che fu perseguitata dal nazismo.

Da ultimo, considero molto grave ciò che sta accadendo: c’è un uso politico della paura, ad esempio della fobia da rom, al fine di conquistare consensi elettorali, le vocazioni della paura come base della cattura di voti. Così facendo si uccide la politica e la democrazia, si avvelena la convivenza e si distrugge quella civiltà che l’Europa è richiamata a promuovere. Questa discussione deve produrre fatti concreti: verifiche sugli atti degli Stati membri, verifiche sui territori e sulle condizioni di vita dei cittadini rom!

 
  
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  Gerard Batten, a nome del gruppo IND/DEM. (EN) Signora Presidente, ciò che sta accadendo in Italia è un esempio di cosa può succedere quando la realtà si scontra con l’idealismo utopico dell’Unione europea. L’idealismo dell’UE è che sia possibile realizzare un grande e nuovo Stato senza confini mediante un’immigrazione illimitata, incontrollata e indiscriminata. La realtà è che una simile moltitudine e un’immigrazione non regolata conduce a enormi problemi sociali. Io e il mio partito condanniamo totalmente la violenza osservata di recente in Italia commessa contro gruppi di persone a causa della loro origine etnica.

Abbiamo sentito parlare dell’integrazione di comunità nelle società ospiti, ma come può accadere laddove i reali numeri di immigranti non lo permettono? La missione dell’UE è creare un grande Stato senza confini, e questa idea, negli ultimi anni, ha provocato enormi movimenti di persone in Europa, di certo senza precedenti dalla caduta dell’impero romano. Franco Frattini, il nuovo ministro italiano degli Esteri, vorrebbe norme più severe sull’immigrazione. Si tratta dello stesso Frattini che, quando era Commissario dell’UE, affermava che l’Europa aveva bisogno di almeno 20 milioni di nuovi immigranti dall’Africa e dal Terzo mondo. Ora che Frattini ha lasciato la torre d’avorio dell’UE e ricopre una carica nel mondo politico reale, ha cambiato il suo atteggiamento.

La politica dei confini aperti dell’UE significa che nessuno Stato membro è autorizzato controllare chi possa e chi non possa entrare nel loro paese. In Gran Bretagna, tale situazione ha condotto a intollerabili tensioni relative alle infrastrutture, ai servizi pubblici e sociali, e agli alloggi. Ha provocato un aumento di malattie e crimini. A Londra, il mio collegio elettorale, la maggior parte del crimine organizzato ora è il territorio delle bande straniere. Qualsiasi paese dovrebbe potersi dotare di una politica in materia di immigrazione controllata, in modo da selezionare quanti immigranti vogliono a seconda delle loro esigenze. Le terribili scene di violenza in Italia sono una diretta conseguenza del fatto che l’Unione europea abbia assunto il controllo di un ambito che dovrebbe essere soltanto di competenza degli Stati.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, ho l’impressione che le ripetute accuse dei socialisti spagnoli contro l’Italia e il suo sovrano diritto alla sicurezza interna vengono da chi amministra rigidamente il controllo delle coste, da chi è fresco della vicenda di Ceuta e Melilla, da chi tratta l’indipendentismo catalano e basco mettendo sullo stesso piano polemica politica e terrorismo.

Lo sanno i socialisti spagnoli e europei quanta generosità l’Italia accorda ai rom? Lo sanno quanto ricevono in termini di assistenza sociale godendo di sostegni economici, d’istruzione e di assistenza sanitaria di cui i cittadini italiani non godono? Lo sanno anche quanta parte di reati di allarme sociale è ascrivibile ai cosiddetti nomadi? Vorrei chiedere al Commissario Špidla: chi tutela ad esempio i bambini che chiedono l’elemosina, vendono le rose, puliscono i vetri delle auto nelle città italiane ai semafori, insomma bambini sfruttati di cui spesso non si sa assolutamente la genia? Perché non attivarsi, ad esempio, per controllare il DNA di tutti questi bambini, allo scopo duplice di tutelare il minore e verificarne i legami parentali – c’è il precedente in Argentina per i figli dei desasparecidos, se non sbaglio.

Nessun campo rom in Italia, a mio giudizio, come del resto è in Romania, come del resto, signor Špidla, è in tutti gli altri paesi dell’Unione europea. Anzi, affinché i rom e così via possono esprimere al meglio la loro identità – e perché sia tutelata e perché si possano meglio autogovernare – propongo che l’Unione europea promuova la creazione di un Stato rom, magari in un’area dell’Est europeo, visto che in gran parte vengono da quell’area.

Finirebbe così la loro diaspora, potrebbero amministrarsi e governarsi autonomamente, migliorerebbe la loro qualità di vita e la sicurezza sociale e se consentite, finalmente, migliorerebbe anche la nostra!

 
  
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  Stefano Zappalà (PPE-DE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, certo un minuto non è un tempo adeguato su questo argomento. Ci è stato detto che non è sotto accusa il governo italiano, ma in realtà negli interventi che ho sentito è stato citato abbondantemente, è stata citata la politica di destra populista.

La collega Mohácsi ha detto che non è vero il fatto del bambino di sei mesi di Napoli. La collega Frassoni se l’è presa con il ministro per le pari opportunità. Un governo che ha giurato da appena sei giorni è sotto accusa feroce da parte dei ministri del governo spagnolo per fatti certamente che, se visti a casa loro, sono molto più gravi ed è sotto accusa oggi per un problema.

Io credo che avrei creduto molto di più, anzi non credo, sono convinto, se il Commissario avesse parlato di solidarietà anche per i cittadini in genere e non solo per una parte di essi. Noi siamo, io sono favorevole al problema della solidarietà per tutti, però io credo che un governo abbia il dovere di garantire la sicurezza a tutti i cittadini e non a qualcuno in particolare; abbia il dovere di garantire a tutti i bambini di poter vivere nelle stesse condizioni non a qualcuno in particolare; abbia il dovere di assicurare l’integrazione con l’operosità e non offrendo e offrendosi come ricettacolo, in alcuni casi, di problemi di delinquenza e quindi difendere nel complesso tutti.

Presidente, lei è stata così generosa, mi faccia completare il concetto. Io credo che non può e non deve essere messo sotto accusa un governo, un governo che peraltro ha avuto una larga maggioranza come mai era successo nella storia d’Italia. Io credo che questo tema, che è molto delicato, molto importante, tutto da condividere, vada affrontato non in chiave politica, ma in chiave seria, molto seria, e il sottoscritto ha sempre sostenuto la tesi in base alla quale questo Parlamento, l’Unione europea, una volta per tutte, dovrebbero smettere di fare manfrina, ma dovrebbero fare una politica europea dell’integrazione seria non attaccando di singoli governi.

 
  
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  Gianni Pittella (PSE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, ha detto bene il Commissario Špidla che gli assalti ai campi rom di Roma e Napoli dei giorni scorsi sono fatti gravissimi, che vanno scongiurati assicurando risposte risolutrici che non sono né lo scarico di responsabilità sulla matrigna Europa, né l’invio delle ruspe, né il linguaggio discriminatorio e avvilente, mi scuserà il collega Romagnoli che abbiamo testé ascoltato. Questi tipi di risposte rischiano di alimentare un clima pericoloso che può sfociare in violenza e razzismo.

Questo dibattito, caro Zappalà, non è un processo all’Italia o al suo governo: il Commissario ha dato un messaggio chiaro e cooperativo! Dal governo italiano ci aspettiamo risposte convincenti e concrete, coerenti con le due esigenze di fondo: l’integrazione e la sicurezza; accoglienza, integrazione e sicurezza nel rispetto della legge e per mano dello Stato e non di milizie e di ronde fai da te, che rimandano a tempi bui che non vogliamo veder ritornare. Oggi alcuni giornali hanno titolato “L’Europa processa l’Italia” oppure “Il compagno Schulz, nemico di Berlusconi, contro l’Italia”, sono cose ridicole.

Vorrei invece dire qui l’Italia, paese stimato e amato nel mondo per i suoi valori di civiltà, è l’Italia che chiede all’Europa di svolgere il ruolo che le compete per rafforzare la sicurezza e favorire l’integrazione.

 
  
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  Marco Pannella (ALDE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire semplicemente questo: dinanzi alla gravità dei fatti che ciascuno riesce ad avvertire, – penso qui tutti – vi è però un atteggiamento e un’ignoranza della realtà italiana ed europea che mi fa paura. La colpa è sempre degli altri e allora voglio dire che io rivendico il dovere e il diritto di autoaccusarci. A Roma, a Napoli abbiamo governato noi da 15 anni! A Roma, a Napoli e in tutta l’Italia si è sviluppata una campagna televisiva vergognosa, si è passati dal 10 al 24 per cento dell’informazione televisiva nel denunciare i crimini, creando una psicosi di paura.

Signora Presidente, voglio solo dire che dove non c’è democrazia, non c’è pace per i rom, ma nemmeno per gli italiani. L’Italia non è una democrazia, non è uno Stato di diritto. A partire da questo si può lottare, si può sperare, altrimenti con le buone coscienze a buon mercato di troppi di noi, no!

 
  
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  Elly de Groen-Kouwenhoven (Verts/ALE) . (EN) Signora Presidente, sono estremamente delusa di notare che il Presidente Barroso non è abbastanza impegnato nel risolvere le questioni relative ai rom. In termini parlamentari, abbiamo adottato due relazioni congiunte sui rom e una relazione sulle donne rom, e abbiamo condotto una seria di incontri con la Commissione europea. Nel frattempo, è accresciuta l’ostilità nei confronti degli zingari e, a quanto pare, anche l’approvazione pubblica del razzismo. E’ giunto il momento di intervenire.

Questo caso dei rom in Italia è un evidente esempio di razzismo promosso dal governo. La violenza contro il capro espiatorio rom in questo paese mi ricorda i pogrom contro ebrei e zingari degli anni trenta. Le tattiche politiche di Berlusconi assomigliano a quelle della pulizia etnica di Milošević nell’ex Jugoslavia.

Chiedo la vostra solidarietà per esercitare pressioni sulla Commissione europea e il Consiglio a favore di una politica europea sui rom. Sono convinta che la Presidenza dell’UE abbia ascoltato questa discussione ed esaminerà la questione dei rom più seriamente nel prossimo Vertice UE.

 
  
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  Roberta Angelilli (UEN) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, anch’io voglio sgomberare il campo da ogni equivoco. Ogni atto di violenza e di discriminazione va condannato senza mezzi termini, ma bisogna fare i conti con la realtà, evitando soprattutto ipocrisie o peggio ancora strumentalizzazioni politiche. Scusate la franchezza, ma vorrei calare proprio un velo pietoso sul tentativo che in molti hanno fatto oggi in quest’Aula di attribuire delle responsabilità a Berlusconi sulla situazione dei rom in Italia in questi giorni.

Forse sulle responsabilità, soprattutto relative al degrado nei campi rom abusivi, ne sanno qualcosa di più Veltroni e Bassolino. Comunque, chiedo a tutti uno sforzo di responsabilità e di serietà che ci impone oggi, dopo tanti ritardi e appelli caduti nel vuoto, di trovare una soluzione.

Occorre un doppio sforzo, bisogna mettersi dalla parte di chi vive nei campi rom, in situazioni assolutamente disumane ed inaccettabili, ma anche dalla parte di quella mamma a cui hanno tentato di rapire la figlia e anche dalla parte della famiglia della signora Reggiani, violentata ed uccisa poco meno di un anno fa, un caso di cui si è purtroppo occupato questo Parlamento.

Le nostre proposte sono chiare e ripetute da anni, accolte sia nell’ultima risoluzione del Parlamento europeo sulla strategia per i rom, sia nella strategia europea sui diritti dei minori. Primo: risolvere il problema dei campi rom, dove manca ogni forma di igiene e sicurezza; secondo: prevedere misure molto severe, come la perdita della patria podestà, per quei genitori che costringono i propri figli all’accattonaggio, alla prostituzione e al lavoro minorile; terzo: combattere la dispersione scolastica che arriva in alcuni Stati membri anche al 75 per cento dei minori rom; quarto: utilizzare al meglio i fondi comunitari a disposizione per i tutti i cittadini di origine rom che lavorano, che si vogliono integrare e che mandano i figli a scuola, ma allo stesso tempo occorre isolare e rimpatriare le persone che delinquono abitualmente.

Concludo l’appello e innanzi tutto all’Unione europea visto che il problema riguarda tutti gli Stati membri come, tra l’altro, è stato denunciato recentemente anche dal Consiglio d’Europa.

 
  
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  Umberto Guidoni (GUE/NGL) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, Commissario Špidla, sono molto preoccupato per i recenti incidenti accaduti in Italia. C’è un clima da caccia alle streghe nei confronti dei cittadini rumeni e rom con tanto di spedizioni punitive e di incendi appiccati nei campi nomadi. Da parte del governo italiano è in atto un’ossessiva campagna sulla sicurezza che chiama in causa l’Europa, il trattato di Schengen e la libera circolazione nell’UE.

Occorre ricondurre la questione sicurezza su un piano di civiltà giuridica, che non può essere piegata a logiche emergenziali. Lo Stato di diritto impone che la responsabilità penale sia individuale e che non possa essere attribuita a categorie collettive. Deviare da questo principio è un precedente pericoloso che porta alla criminalizzazione di interi gruppi etnici. La domanda di sicurezza è legittima, ma non possiamo cadere nella strumentalizzazione creata per alimentare odio e xenofobia per fini politici.

Invece di brandire il reato di immigrazione clandestina, il governo italiano dovrebbe utilizzare più efficacemente i fondi dell’UE per le politiche di integrazione. Insomma, occorre riportare il dibattito sull’espulsione dei rom nel corretto ambito europeo, per ribadire che vanno applicate le leggi esistenti, senza mettere in discussione la libertà di circolazione dei cittadini comunitari che è un diritto inalienabile di cittadinanza europea.

 
  
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  Roberto Fiore (NI) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, vorrei dire che qui c’è un atto d’accusa nei confronti di un governo che per due anni ha permesso l’entrata di centinaia di migliaia di persone e ha permesso allo stesso tempo che queste persone vivessero in uno stato di degrado incredibile, creando un nuovo sottoproletariato. Va anche fatto un atto di accusa nei confronti di chi non ha pensato a una moratoria nel momento in cui la Romania ed altri paesi entravano nella Comunità europea.

Io penso che l’Italia non abbia la possibilità di affrontare questo problema, visti i gravissimi problemi – pensiamo ai rifiuti, pensiamo al lavoro, pensiamo al problema della casa! Il problema dei rom è un problema insormontabile, visto che i campi di cosiddetta solidarietà sono i campi – e lo dimostra la trasmissione ieri di Porta a porta – teoricamente legali, ma dove vi sono continuamente abusi nei confronti dei bambini e le situazioni igienico-sanitarie sono assolutamente terribili.

Io penso che l’unica cosa che l’Italia possa fare – e l’Europa debba appoggiare l’Italia in questo frangente – sia: 1) rivedere il trattato di Schengen per almeno sei mesi per quanto riguarda l’Italia, visto che questa assise riconosce che c’è un problema di emergenza rom in Italia, quindi sospensione del trattato di Schengen; 2) l’istituzione del reato di immigrazione clandestina, che in altri paesi esiste, anche in Italia; 3) negoziare, assieme alla Romania, alla Bosnia, alla Macedonia, alla Serbia, cioè paesi comunitari ed extracomunitari, il rimpatrio umano dei rom presenti sul territorio nazionale.

 
  
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  Mario Mauro (PPE-DE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, voglio dare fiducia a Martin Schulz quando dice che vuole affrontare con intento costruttivo il problema dell’accoglienza, ma anche delle regole imprescindibili che i rom, come tutti, devono osservare per partecipare di quel progetto di convivenza che chiamiamo Unione europea.

Lo stillicidio dei diritti e della dignità di queste persone, ma anche di inermi cittadini italiani coinvolti in una spirale di violenza negli ultimi diciotto mesi, rappresentano un esempio della contraddizione di quei governi e di quelle istituzioni che da un lato predicano comprensione e dall’altro tollerano che esseri umani vivano tra vermi e topi, che si rubi, che si violenti, che si uccida, che la folla provi a farsi giustizia da sola!

Se veramente abbiamo a cuore di trovare una soluzione, cari amici e caro Schulz, riconosciamo non solo e non tanto che anche il governo Prodi in Italia ha fallito, ma che la gente di sinistra, come quella di destra, fa fatica ad accettare l’altro! In questo modo sarà più facile farci carico di un problema, che altrimenti ridurremo a ostaggio di un vecchio modo di fare politica e che avrà bisogno di evocare il mostro Berlusconi per sentirsi assolto dai propri errori, grazie.

 
  
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  Adrian Severin (PSE) . (EN) Signora Presidente, in Italia, un paese degno del nostro rispetto e affetto, la retorica populista si è unita alle teorie dell’estrema destra e ha alimentato un odio intraetnico, ha incoraggiato pogrom contro i rom e ha preparato le basi per leggi razziali. In maniera bizzarra, la fobia per i rom si è combinata a quella per i rumeni. Mentre protestiamo decisamente contro i comportamenti inumani e le discriminazioni in Birmania o in altri luoghi lontani, ieri, il numero di parlamentari che pensava che gli eventi accaduti in Italia richiedessero più di un condiscendente discorso di un minuto, superava solo di sei quello di chi riteneva non si trattasse delle solite cose.

Il problema in Italia non riguarda i rom o i rumeni, come ieri ha asserito l’onorevole Daul. Rumeni e rom sono solo vittime, come gli italiani. Gli eventi e gli sviluppi in Italia rappresentano esclusivamente la scioccante espressione di una tendenza latente in numerosi altri luoghi d’Europa. E quindi possono diffondersi in tutta Europa; si tratta di un problema europeo. Per prevenirlo e affrontare la sfida connessa ai rom, non occorre maggiore repressione, ma maggiore integrazione. Non occorre più polizia, ma più giustizia, e in particolare più giustizia sociale. Sono necessari Stati che funzionino, mezzi di comunicazione che non mischino criminalità ed etnicità e un’Unione europea che sia in grado di concepire e rafforzare una strategia europea veramente esaustiva e coraggiosa sui rom in particolare, e sulle relazioni interculturali in generale. Se non superiamo questa prova, le fiamme di Napoli bruceranno tutta l’Europa.

 
  
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  Milan Horáček (Verts/ALE) . – (DE) Signora Presidente, oltre 10 milioni di nomadi di etnia sinti e rom vivono ai margini della società nell’Unione europea. Il decennio dell’integrazione dei rom, iniziato nel 2005, finora ha cambiato poco le cose. Gli incidenti in Italia dimostrano con chiarezza che le misure adottate fino a oggi contro l’esclusione e le discriminazioni hanno condotto a scarsi risultati e non sono state attuate.

In gennaio, abbiamo nuovamente chiesto una strategia per l’integrazione dei rom, e oggi abbiamo discusso e approvato la direttiva quadro sulla non discriminazione. I pogrom nelle aree occupate dai rom in Italia dimostrano che occorre con urgenza un’autentica ed esaustiva soluzione politica. Non è necessario un confronto. Una reale integrazione dei rom nella nostra società sarebbe una prova valida che le basi di democrazia, Stato di diritto e diritti umani costituiscono le fondamenta dell’UE.

 
  
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  Mario Borghezio (UEN) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, come anche lei ben sa, è il popolo nel nostro paese a volere che il governo affronti senza buonismi, con realismo, l’emergenza criminalità, anche dei rom.

Difendere i diritti umani, certo, bisognava farlo a Ceuta, – e invece lì c’è stato il silenzio omertoso dell’Internazionale socialista, compagno Schulz, o no? Difendere anche e soprattutto dall’illegalità di tutti, anche dei rom, i cittadini onesti! Io personalmente mi batterò perché nel nostro paese il nostro governo faccia diventare figura di reato l’associazione a delinquere tipica delle famiglie rom, finalizzata a commettere furti e rapine, e magari anche reati più gravi.

La violenza xenofoba non appartiene al nostro popolo, meno che mai ai cittadini campani e napoletani, appartiene alla camorra, che dobbiamo combattere! Il popolo chiede sicurezza, che sa benissimo non esclude provvedimenti umanitari e di solidarietà. Ma prima la sicurezza, che è un dovere altrettanto importante assicurare!

Il blabla della Commissione non ci convince: i cittadini, nel nostro paese e in Europa, chiedono sicurezza dall’immigrazione selvaggia e dalle invasioni di chi non emigra per lavorare, si tratta molto spesso di delinquenti che emigrano e non di emigranti che delinquono!

 
  
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  Vito Bonsignore (PPE-DE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, la difficile situazione in materia di ordine pubblico e la naturale reazione popolare in seguito ai numerosi episodi di violenza che hanno allarmato l’opinione pubblica del mio paese hanno indotto il governo italiano ad adottare nuove misure di sicurezza. Ritengo che sia da respingere con fermezza il tentativo di coloro che definiscono discriminatorie, razziste e fuori delle direttive comunitarie le norme contenute nel pacchetto di sicurezza in via di approvazione dal Consiglio dei ministri italiano.

Provvedimenti rigorosi in materia di affitto in assenza di regolare contratto, di espulsione degli immigrati senza permesso, di aggravamento delle pene previste per chi commette reati ritenuti d’allarme sociale rientrano a pieno titolo nelle norme europee. L’Italia è e resterà un paese accogliente, che si sta dando una nuova politica dell’integrazione, ma non è più disposta a tollerare la presenza degli immigrati clandestini.

Tutti i cittadini comunitari ed extracomunitari sono i benvenuti purché rispettino le regole e le norme della convivenza civile. L’Unione europea e i 27 paesi membri dovranno perciò fare ciascuno la propria parte e anche noi dobbiamo sorvegliare perché i diritti civili siano rispettati in tutta Europa.

 
  
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  Claudio Fava (PSE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di stare ai fatti. I fatti ci dicono che il governo Berlusconi sta reintroducendo il concetto di razza nell’impianto giuridico del nostro paese e sta rapidamente portando l’Italia alla periferia dell’Unione europea, violando sistematicamente i principi fondanti su cui è costruita la direttiva 38 dell’Unione europea, primo fra tutti il diritto di libera circolazione della persone come principio fondamentale.

Di conseguenze ne indico soltanto due: la prima l’abbiamo vista a Napoli qualche giorno fa, quando è stato delegato alla camorra il compito, in forma di supplenza, di esercitare l’ordine pubblico e di sloggiare a colpi di molotov chi stava nei campi rom in quella città. La seconda conseguenza ce la consegna l’onorevole Romagnoli, che tira fuori una proposta della quale non si può certo fregiare della paternità. E’ una proposta che non ha alcuna originalità: ricostruire, costruire o immaginare uno Stato nel quale rinchiudere e confinare tutti i cittadini di etnia rom. Ricordo che questa proposta – zingari ed ebrei – fu fatta da Goebbels negli anni ‘30 nella Germania nazista, poi scoppiò la guerra e allo Stato degli zingari e degli ebrei si sostituirono i forni crematori. Questo è il senso della proposta che oggi abbiamo ricevuto.

 
  
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  Romano Maria La Russa (UEN) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, avevo previsto un intervento, farò il secondo dopo aver ascoltato l’onorevole Fava naturalmente. Presidente ritengo appunto da quanto ho appena ascoltato in quest’Aula – e me ne dispiace, me ne dispiace moltissimo – che le motivazioni che hanno indotto a questo dibattito siano palesemente mosse da un intento persecutorio, accusatorio e punitivo nei confronti di uno Stato membro e di un governo che è stato eletto con larghissima maggioranza di consensi. Ma, ahimè, per alcuni ha la colpa di non essere un governo di sinistra.

Non è colpa nostra, non è colpa nostra se in Italia i rom si manifestano quasi esclusivamente per rapine, furti, rapimenti di minori, accattonaggio abusivo! Questa è l’immagine in Italia, nostro malgrado, dello zingaro, questa è l’immagine che viene data dai rom! Io sono ancora alla ricerca, qualcuno me lo segnali se lo conosce, di un rom in Italia con un lavoro regolare, legale e che paghi regolarmente le tasse.

Non accusatemi di razzismo, siate seri, difendo solo gli europei onesti – zitto e tornatene con la tua tribù, tornatene alla tua tribù – Presidente, sono stato interrotto – non accusatemi di razzismo e siate seri. Io difendo solo gli europei onesti e anche i rom onesti. Ogni Stato deve avere come priorità la sicurezza dei propri cittadini, diversamente i cittadini si sentono giustificati a farsi giustizia da sé.

Pertanto – e concludo – gradirei che i governanti spagnoli e parlamentari europei invasati e di parte tacessero e guardassero un po’ di più a casa loro.

 
  
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  Presidente . Vi pregherei, onorevole La Russa e anche onorevole Pannella, non siamo al parlamento italiano, vi pregherei di comportarvi in modo serio – e la smetta con quei gesti, ha capito! Chiudiamo per favore, altrimenti chiamo i commessi!

 
  
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  Csaba Sógor (PPE-DE) . (HU) La ringrazio, signora Presidente. Mi riempie di sgomento notare che, dopo Tibet e Kosovo, ora siamo giunti sul territorio dell’Unione europea. Non dimentichiamoci che i rom sono cittadini dell’Unione europea. Questioni sociali e xenofobia sono sempre collegati. Sarei stato lieto se anche i nostri amici socialisti avessero alzato la loro voce quando Walter Veltroni, il socialista ed ex comunista candidato a Primo Ministro, era ancora un sindaco che chiedeva a gran voce l’espulsione degli elementi indesiderati e confondeva i rom con i rumeni.

Secondo, non possiamo dimenticare che la questione delle minoranze è stratificata: ci sono i Rom, i nuovi immigranti, e le minoranze nazionali, ma sono tutti simili per il fatto che ogni paese dell’Unione europea deve trovare una soluzione ai loro problemi. Il minimo sarebbe istituire dal 2009 una commissione dei diritti umani per le minoranze e garantire che la legislazione nell’Unione europea sia uniforme.

Per concludere, vorrei soltanto affrontare brevemente la strategia preventiva: il ruolo dell’UE non deve essere esclusivamente quello di estinguere i fuochi; piuttosto, deve adottare la posizione che, se non esistono sicurezza sociale, rispetto per i diritti umani fondamentali e autonomia culturale e territoriale per le minoranze, non esiste l’Europa. Vi ringrazio.

 
  
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  Enrique Barón Crespo (PSE) . – (ES) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il Commissario Špidla per la chiarezza del suo discorso e per la rapidità con cui la Commissione ha reagito. Signora Presidente, mi consenta di intervenire a nome dell’ex deputato del Parlamento europeo, il primo europarlamentare gitano spagnolo, che è stato eletto quindici anni fa, Juan de Dios Ramírez Heredia, il quale mi ha inviato una lettera che dice:

“Siete tutti a conoscenza dei tristi eventi che negli ultimi giorni hanno causato così tanto dolore a centinaia di innocenti famiglie gitane che sono state vittime di violenza di stampo razzista. Vogliamo questa discussione in quanto Unión Romaní, cosicché nessuno possa ignorare il fatto che dobbiamo difendere a ogni costo i diritti umani e che la superiorità del diritto deve sempre avere la meglio sulle passioni politiche.

Come gitani europei crediamo nell’Europa. Nessuno ha mai difeso con costanza un’Europa senza confini più dei gitani. Per questa ragione, riteniamo che porre limiti arbitrari alla libera circolazione delle persone nel territorio europeo costituirebbe un grave passo indietro per l’integrazione europea che sogniamo da tempo”.

Mi permetta di concludere, signora Presidente, rivolgendomi al Commissario Špidla, che tre anni fa, insieme al Vicepresidente Frattini, aveva presentato in Parlamento un progetto, una tabella di marcia per la migrazione legale. Ritengo che il Vicepresidente Frattini abbia svolto un buon lavoro come Commissario e mi auguro che contribuirà a risolvere questa situazione in Italia.

 
  
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  Magda Kósáné Kovács (PSE) . (HU) La ringrazio, signora Presidente. Nella città di Napoli, la realtà sociale che è stata temporaneamente mascherata da una gestione sintomatica, è apparsa in superficie con una forza sorprendente. Nell’Europa a 27, il problema non può più essere affrontato a livello degli Stati membri; chiede a gran voce un’azione comunitaria molto più articolata.

Il problema non è una questione di relazioni tra un paese e un altro, o tra vecchi e nuovi Stati membri, o addirittura tra popolazione rom e non rom. La crisi ha reso evidente la situazione disperata in cui stanno vivendo milioni di cittadini dell’Unione europea, vacillando ai margini della società nelle periferie di città colpite da disoccupazione, in sistemazioni di emergenza, in condizioni insalubri, combattendo inosservati per la sopravvivenza senza alcuna assistenza adeguata o servizi di formazione.

Il gruppo socialista nel Parlamento europeo non è rimasto in silenzio. Ha agito, e non ne ha soltanto parlato, e ha inoltre dichiarato che, in un’Europa unita, accusare la popolazione rom dell’attuale situazione della sicurezza pubblica è inaccettabile.

Spetta a noi quanto trarre di lezione in base agli eventi come quelli di Napoli e in che modo poter usare al meglio le risorse comunitarie disponibili per porre rimedio ai problemi. In quanto responsabile di riferire al Parlamento europeo in merito alle questioni relative ai rom, offro al Commissario la nostra collaborazione e chiedo ai miei colleghi in Aula di fare lo stesso.

 
  
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  Giuseppe Gargani (PPE-DE) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, avendo ascoltato con attenzione tutto il dibattito, mi permetto di dare un giudizio conclusivo.

Il dibattito per gran parte non è stato all’altezza della relazione del Commissario e dell’invito che l’onorevole Schulz aveva fatto di non tener conto di problemi specifici né di strumentalizzazioni che si riferiscono ad un paese – in particolare all’Italia – ma di tener conto di un problema generale sul quale, credo possiamo essere tutti d’accordo, cioè accoglienza e solidarietà a quelli che entrano nei vari paesi, ai rom che hanno certamente una problematica particolare, insieme alla sicurezza e alla legalità, perché la sicurezza e la legalità confermano l’accoglienza e la solidarietà che bisogna dare.

Noi avremmo dovuto rispondere al Commissario, il quale si chiede: che può fare la Commissione? Credo che l’onorevole Barón Crespo per ultimo lo ha detto, la Commissione con una solidarietà del Parlamento credo che possa dare delle indicazioni: le direttive europee quando sono accolte. Come per il problema dei rifiuti, così come per il problema degli extracomunitari e dei comunitari, è una direttiva che può portare alla soluzione. Ma quando il Parlamento, la Commissione e il Consiglio nella loro solidarietà non strumentalizzano, né approfittano per fare una polemica che è tutta italiana e che è proprio strumentale, essendo il governo in funzione da poche ore, da pochi giorni.

Se invece la solidarietà sul piano complessivo – come è venuta fuori e come dalle parole del Commissario si pone – trova l’attenzione di tutto il Parlamento, io credo che forse qualche soluzione e qualche risultato lo possiamo avere.

 
  
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  Ioan Mircea Paşcu (PSE) . (EN) Signora Presidente, quando la Romania era un paese candidato, siamo stati rimproverati, tra le altre persone, dall’ex Commissario Frattini in merito all’assoluta necessità di rispettare i diritti delle minoranze, inclusi i rom.

Ora siamo uno Stato membro e gran parte della popolazione rom, in quanto costituita da cittadini europei, si è stabilita in altri paesi, come l’Italia, unendosi ad altri rom che vi vivono, alcuni in campi vecchi di 40 anni.

Concordo che alcuni abbiano commesso crimini e debbano essere adeguatamente puniti. Ma non è accettabile generalizzare e incitare sentimenti aggressivi e negativi contro tutti i rom, anche mediante falsi resoconti dei mezzi di comunicazione. Se tolleriamo questa evidente violazione dei valori europei fondamentali, che amiamo tanto invocare, e chiudiamo gli occhi di fronte ai responsabili, favoriamo soltanto il peggio, che presto sfuggirà del tutto al controllo con incalcolabili conseguenze negative per l’intera Unione.

 
  
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  Renate Weber (ALDE) . (RO) Ritengo che questa discussione avrebbe potuto essere denominata: “Gravi violazioni dei diritti umani in Italia”, poiché, di fatto, stiamo trattando la mancanza di intervento del governo italiano laddove una comunità è stata soggetta a un’incredibile violenza, e ciò è stato possibile perché, purtroppo, negli ultimi mesi, i discorsi razzisti di una parte della stampa italiana, nonché di alcuni importanti politici, ci ricordano i peggiori momenti della storia recente d’Europa.

Il governo italiano ha l’obbligo d’indagare sugli autori di questi atti violenti, che devono essere processati e la giustizia italiana deve pronunciarsi. Altrimenti, il governo di questo paese viola gravemente l’articolo 6 del Trattato dell’Unione europea. Il governo italiano deve risponderne dinanzi all’Unione europea. E’ questo lo spirito dell’articolo 6 del Trattato.

 
  
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  László Tőkés (Verts/ALE) . (HU) Signora Presidente, si stima che la Romania abbia diversi milioni di cittadini zingari, e, anziché, una politica sociale e delle minoranze responsabile che risolva la loro intollerabile situazione, il mondo tende a occuparsi del loro destino mediante i sensazionalismi dei mezzi di comunicazione. Ne abbiamo avuto la prova in relazione agli atti criminali commessi dai nomadi rumeni in Italia.

E’ deplorevole e angoscioso che solo gli eventi sbalorditivi avvenuti in Italia siano riusciti a raggiungere la soglia di risposta sociale del Parlamento europeo. E’ ancora più triste che alcune forze politiche stiano trattando tali eventi come un’ingerenza nelle questioni nazionali dell’Italia e stiano cercando di ottenere influenza politica dalla questione dei rom.

Dall’altro lato, dobbiamo opporci all’impiego del sentimento di ostilità contro gli zingari fra l’opinione pubblica da parte di alcune forze politiche, al fine di fomentarlo in generale. In primo luogo, la situazione che si è sviluppata in Italia non è una questione nazionale, né si tratta esclusivamente di un problema relativo agli zingari rumeni. E’ una questione che riguarda tutti gli zingari che vivono nell’Unione europea, che chiede e autorizza più di un rimedio individuale o sintomatico.

 
  
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  Giusto Catania (GUE/NGL) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, è in atto una campagna politica e mediatica per la criminalizzazione dei migranti e dei rom in Italia e la vera anima del governo italiano è stata espressa qui in quest’Aula da diversi parlamentari. Penso all’onorevole Fiore, a Borghezio, a La Russa i quali, li abbiamo sentito tutti, hanno detto in modo esplicito che bisogna sospendere Schengen, istituire il reato di immigrazione clandestina, espellere tutti i rom: è l’equazione tra rom e criminali.

Questa è la vera anima di questo governo e la campagna è evidente dal fatto che il governo ha annunciato l’istituzione di commissari straordinari sui rom. Si susseguono le retate contro i rom, invece di provvedere ad arrestare coloro i quali incendiano i campi rom in Italia. Dichiarazioni di questo tenore che abbiamo sentito qui sono dichiarazioni spesso espresse da vari ministri del governo italiano.

Per questa ragione, onorevole Muscardini, facciamo il dibattito oggi e non lo abbiamo fatto precedentemente. Bisognerebbe dire solo una verità e concludo su questo: in Italia ci sono 200 000 rom, di questi 80 000 sono italiani, dei restanti 120 000, 50 000 sono nati in Italia. Probabilmente bisognerebbe dare la cittadinanza e si risolverebbe buona parte del problema rom in Italia.

 
  
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  Vladimír Špidla, Membro della Commissione. (CS) Onorevoli deputati, vi ringrazio per avermi concesso la possibilità di intervenire dopo aver ascoltato la discussione. Consentitemi di affrontare brevemente alcuni aspetti. La storia d’Europa mostra piuttosto chiaramente che razzismo, odio etnico e intolleranza prima o poi finiscono sempre in un disastro. Chi non ha imparato la lezione dalla storia talvolta incontrerà di nuovo il disastro. Il concetto di diritti umani è la risposta europea alla lezione della storia. I diritti umani sono inviolabili e devono essere difesi da tutti i sistemi costituzionali d’Europa, in tutti gli Stati membri. Ogni paese membro deve conformarsi e compiere sforzi appropriati per svolgere il proprio dovere.

C’è un altro aspetto che intendo menzionare in questo quadro. Questa mattina abbiamo discusso di povertà ed esclusione sociale. E’ vero che la povertà in Europa è alquanto individualizzata, attinente alle circostanze personali. Eppure esiste un’unica eccezione. Se si appartiene alla minoranza rom, con rare anomalie, si è socialmente esclusi e poveri praticamente in tutta Europa. Questa è la realtà. Dall’altro lato, è evidente che la situazione dei cittadini rom non è la stessa in tutti i paesi e che esistono progetti e metodi efficaci per migliorare la loro condizione. La discussione, inoltre, ha chiaramente dimostrato che la questione delle minoranze è molto complessa e, come ho affermato in precedenza, deve essere principalmente affrontata dagli Stato membri, benché l’Unione europea e la Commissione europea rivestano il loro ruolo. Pertanto, sono soddisfatto di poter dire, onorevoli deputati, che in giugno presenteremo un documento concettuale al Consiglio che tenterà di rivedere le nostre precedenti politiche che non hanno condotto a risultati. Questa è la spiacevole verità e tale questione richiede molti sforzi da parte nostra.

La discussione ha inoltre dimostrato con chiarezza quanto sia semplice convertire simili problemi in strumenti politici. Uno dei doveri di tutte le forze democratiche è impedire tali manipolazioni, che rendono impossibile qualsiasi efficace approccio alla questione.

Onorevoli deputati, vi ringrazio per aver espresso le vostre opinioni, che hanno evidenziato chiaramente le numerose sfaccettature del problema. Forse aggiungerei ancora una cosa veloce: avete manifestato pareri diversi, molti dei quali non condivido. E’ normale, proprio come alcuni di voi non approveranno i miei. Tuttavia, abbiamo ascoltato un’opinione che è piuttosto inaccettabile. Non riesco a ricordare l’autore, ma credo l’abbiate notata anche voi.

 
  
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  Presidente . − La discussione è chiusa.

Grazie Commissario Špidla, mi auguro davvero che il nostro problema venga affrontato con serenità, con umanità e con dignità, come dice spesso il nostro Presidente Poettering.

Onorevole Romagnoli, non mi sono dimenticata di lei. Lei ha fatto richiesta sulla base dell’articolo 145, che è un fatto personale, quindi dopo la discussione, cioè adesso, lei ha la parola. Le chiederei entro il minuto. Le ricordo che l’articolo 145 dice che lei non deve entrare nel merito della discussione, ma semplicemente rispondere se c’è una cosa personale oppure dichiarazioni che lei crede di non aver fatto e che le sono state attribuite.

 
  
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  Luca Romagnoli (NI) . – Signora Presidente, onorevoli colleghi, io ritengo che questa dovrebbe essere la sede del confronto libero ed educato, ma così non è se si tollerano male parole e qualche offesa che forse è stata gratuita.

Personalmente io ho sempre condannato e condanno ogni violenza e discriminazione, sempre e comunque, nei confronti degli individui come delle comunità; credo che l’autodeterminazione dei popoli, se la riconosciamo per i palestinesi, debba valere anche gli altri quindi in tal senso mi esprimevo a proposito dei rom.

Mi dispiace che qualcuno abbia in maniera strumentale utilizzato le mie parole. Mi dispiace essere liquidato con titoli, come hanno fatto alcuni colleghi, che assolutamente non mi appartengono, come chi mi conosce ben sa. Nessuno intende mettere in discussione i diritti umani, non sono né razzista né xenofobo, ma fermo, cari colleghi, sul diritto all’ordine sociale che tutti qui dovremmo difendere; e se permettete in più alla piena sovranità d’Italia.

 
  
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  Presidente . − C’era una questione di richiesta, il segretariato sta verificando, perché non è stato detto quale tipo di richiesta. Non c’è, come sapete, nessuna risoluzione e nessuna votazione.

 
  
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  Reinhard Rack (PPE-DE) . – (DE) Signora Presidente, mi rendo pienamente conto che spesso non sia possibile consentire a tutti di prendere la parola secondo la procedura “catch the eye”.

Tuttavia, non capisco per quale motivo la selezione debba quindi derivare dall’assegnazione del diritto di parola a ogni gruppo. Tale azione altera in modo significativo l’importanza politica nel Parlamento europeo. Fondamentalmente, implica che si dia ripetutamente maggiore peso ai gruppi minori. Si tratta di una legittima preoccupazione politica, ma non è ciò che s’intendeva per “catch the eye” nel regolamento interno.

Inoltre, vorrei chiedere che in futuro, quando qualcuno manifesterà la volontà di intervenire conformemente al regolamento interno, di fatto sia concessa questa opportunità.

 
  
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  Presidente . − Abbiamo questi cinque minuti previsti, è stato deciso nella Conferenza dei presidenti e questi sono anche i tempi dovuti, però prenderò nota anche delle sue annotazioni.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Titus Corlăţean (PSE) , per iscritto. (RO) L’aumento della violenza contro gli immigranti rumeni e la popolazione rom in Italia è la diretta conseguenza di discorsi estremisti di stampo fascista, promossi dai partiti della destra e dell’estrema destra nella campagna elettorale recentemente conclusa in questo paese.

Le autorità italiane dovrebbero tenere conto del fatto che gli emendamenti legislativi che intendono adottare devono rigorosamente rispettare le norme europee e non prevedere alcuna espulsione collettiva o continuare a promuovere un atteggiamento xenofobico verso cittadini comunitari stabilitisi in Italia.

Di fatto, il problema principale non è connesso alla criminalità. Ciò implica una propensione individuale e dovrebbe essere sanzionata come tale dalla giustizia italiana, secondo le norme italiane. La priorità è una politica coerente di integrazione nella società italiana e il sostegno dello Stato, utilizzando altresì i fondi europei del settore.

Ci spiace per la precedente posizione del governo liberale di Bucarest e per il gruppo ALDE nel Parlamento europeo, che ha respinto l’estensione del mandato del Commissario europeo nominato dalla Romania per le questioni delle minoranze in Europa, comprese quelle relative alla popolazione rom.

Pertanto, la Romania ha perso un’importante leva politica e la possibilità di dare vita a soluzioni europee per quel che riguarda la questione dell’integrazione dei rom nella società europea.

 
  
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  Corina Creţu (PSE) , per iscritto. (RO) Accolgo di buon grado il fatto che il Parlamento europeo abbia deciso di organizzare una discussione in merito alla situazione della comunità rom in Italia. Si tratta di un segnale che tale questione ha iniziato a essere considerata nelle sue reali dimensioni: quella europea. Il problema dei rom è talmente complesso che solo mobilitando le energie dell’intera Unione europea potremmo fornire una soluzione concreta a una situazione che storicamente si ripete. Perciò, occorrono una strategia e un’azione congiunta a livello di continente. Chiedo al Commissario competente di proporre con urgenza un piano di lavoro a questo proposito.

Ritengo inoltre che le istituzioni europee abbiano il dovere di assumere una posizione ferma per quanto riguarda il modo in cui le autorità italiane intendono l’attuazione di misure estreme. Campi nomadi dati alle fiamme, incursioni notturne, arresti senza autorizzazione e minacce con la mobilitazione dell’esercito nella lotta contro il crimine riflettono un’atmosfera di dolorosa intolleranza per il XXI secolo e rappresentano una situazione pericolosa per il futuro dell’UE.

Se riusciamo a legiferare in un clima di odio morale e razziale, ritengo sia dovere dell’UE considerare l’adozione di possibili sanzioni contro un governo che viola i valori fondamentali dell’Europa unita.

 
  
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  Rovana Plumb (PSE) , per iscritto. (RO) I recenti avvenimenti in Italia e la posizione xenofobica dei rappresentanti dei partiti della destra e dell’estrema destra, che hanno formato un nuovo governo, contro i rom dimostrano che, purtroppo, nell’Europa del 2008 esistono discorsi e azioni di natura fascista.

E’ estremamente pericoloso rendere la criminalità etnica, così come il fatto che i politici e i mezzi di comunicazione, che sovrappongono i reati commessi da rom, promuovano l’idea che tutti i criminali siano di etnia rom. La criminalità è individuale e dovrebbe essere punita secondo le leggi dello Stato italiano.

L’aumento della violenza contro i rom in Italia, sia nelle parole sia nei fatti, rappresenta un problema europeo per le conseguenze che potrebbe provocare e la sua soluzione consiste in una politica di integrazione delle autorità italiane riguardante i rom. L’Unione europea prevede una serie di fondi per il finanziamento di tali programmi di integrazione sociale, che l’esecutivo italiano può e deve utilizzare.

Secondo, le istituzioni comunitarie dovrebbero intervenire in merito alle discriminazioni contro certi gruppi etnici sul mercato italiano del lavoro, siccome in questo momento l’Italia è lontana dal realizzare l’obiettivo della piena occupazione.

 
  
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  Theodor Dumitru Stolojan (PPE-DE) , per iscritto. (RO) Accolgo con favore la posizione espressa dalla Commissione europea mediante la voce del Commissario europeo Vladimír Špidla, di condanna della violenza contro i rom, ovunque si trovino.

Inoltre pongo l’accento sulla necessità di una strategia europea riguardante l’integrazione della popolazione rom nella vita economica, sociale e politica dei paesi europei ove vivono.

In assenza di una simile strategia europea, ogni paese cercherà di risolvere i suoi problemi riguardanti i rom utilizzando talvolta politiche e strumenti che sono incompatibili con i diritti umani fondamentali, la libera circolazione delle persone nello spazio europeo. Pertanto, ricordo alla Commissione europea che il PE ha approvato la risoluzione per una strategia europea sui rom nel novembre 2007.

Il mio paese, la Romania, ha compiuto grandi sforzi per integrare i rom. I risultati sono iniziati ad arrivare, ma i programmi in azione richiedono più tempo al fine di poter valutare la loro efficacia. Di questi programmi, cito in particolare la formazione di specialisti tra i rom per la pubblica amministrazione e la polizia, il calo dell’abbandono scolastico tra i bambini rom, nonché la loro integrazione nelle università.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE) , per iscritto. (RO) Uno dei principi fondamentali dell’Unione europea è la libera circolazione delle persone. Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia dovrebbe essere una garanzia e, soprattutto, assicurare il rispetto per i diritti di tutti i cittadini europei.

L’attuale situazione dei rom in Italia mette per l’appunto in discussione i valori comuni fondamentali su cui si basa la struttura europea. Il 14 dicembre 2007 è stata firmata e adottata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’Unione europea riconosce i valori stabiliti in questa Carta, nell’articolo 6 che afferma che “l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà” e “l’Unione pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. Inoltre, l’articolo 19 della Carta europea dei diritti fondamentali menziona esplicitamente il divieto di espulsioni collettive.

Chiedo al governo italiano di garantire una conformità ai diritti dei cittadini rumeni in Italia, nonché la loro sicurezza. Invito il governo a prendere provvedimenti contro qualsiasi forma di discriminazione in base a criteri di nazionalità o etnicità.

Esorto la Commissione, nelle sue competenze di custode dei Trattati, a comminare rigorosamente sanzioni per la violazione dei diritti fondamentali dei cittadini europei e a non consentire l’adozione di norme o azioni che limiterebbero la libera circolazione delle persone.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. DIANA WALLIS
Vicepresidente

 

15. Tempo delle interrogazioni (interrogazioni alla Commissione)
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  Presidente . L’ordine del giorno reca il Tempo delle interrogazioni (B6-0156/2008).

Saranno prese in esame le interrogazioni rivolte alla Commissione.

Prima parte

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 29 dell’onorevole Linda McAvan (H-0306/08)

Oggetto: Pratiche commerciali in relazione ai biocarburanti

Quali azioni sta avviando la Commissione per porre fine alla presunta pratica commerciale in relazione ai biocarburanti che sfrutta le sovvenzioni agricole americane?

La pratica comporta la spedizione del biodiesel dall’Europa agli Stati Uniti dove viene aggiunto del combustibile il che permette agli intermediari di chiedere agli Stati Uniti un sussidio di 11 centesimi a litro. Il biodiesel viene poi riportato in Europa e venduto al di sotto dei prezzi interni di mercato. Secondo le stime fino al 10% delle esportazioni di biocarburante dagli Stati Uniti all’Europa rientrano in questo sistema disonesto. Anche se non si tratta di un’azione illegale, essa mette comunque a rischio l’industria europea dei biocarburanti. Comporta inoltre dei viaggi inutili attraverso l’Atlantico che aumentano le emissioni dei gas a effetto serra.

I criteri di sostenibilità, proposti dalla Commissione, risolveranno questo problema e renderanno illegale la vendita sul mercato europeo di biocarburanti oggetto di questa pratica?

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Se la Commissione non può commentare in merito al limite della presunta pratica cui si fa riferimento nell’interrogazione, condivide le preoccupazioni per l’impatto del sussidio fiscale degli Stati Uniti sull’industria europea.

Pare che il sussidio avvantaggi tutto il biocarburante esportato e, tra l’altro, venduto negli Stati Uniti, qualsiasi sia la provenienza.

Secondo i dati dell’industria, le esportazioni degli USA nell’Unione europea sono salite dalle 100 000 tonnellate nel 2006 a 1 milione di tonnellate nel 2007, cifra pari a circa il 15 per cento del mercato europeo.

Il mio collega, il Commissario Mandelson, in numerose occasioni ha sollevato tale questione con la controparte statunitense, l’incaricata al Commercio Susan Schwab. Egli ha chiesto una modifica della legislazione degli USA, ad esempio limitando il sussidio ai beni venduti negli Stati Uniti come una possibile soluzione al problema. Finora gli USA non si sono mossi e il credito d’imposta rimane in vigore.

La Commissione sarebbe pronta a considerare un’inchiesta antisovvenzioni dopo aver ricevuto una denuncia adeguatamente documentata da parte dell’industria dell’Unione europea che contenga prove sufficienti di aiuti finanziari e danni riscontrabili.

L’onorevole deputato chiede se i criteri di sostenibilità presentati dalla Commissione nella sua proposta di direttiva sulla promozione dell’uso di energia da fonti rinnovabili, adottata dalla Commissione in gennaio, risolveranno il problema generato dalla pratica commerciale citata nell’interrogazione.

I criteri di sostenibilità previsti nella direttiva sulle energie rinnovabili riguardano la garanzia di sostenibilità dei biocarburanti. E’ finalizzata a promuovere l’uso di biocarburanti prodotti in modo sostenibile, scoraggiando l’utilizzo di altri di qualità inferiore. Vi ricorderete la discussione relativa al 35 per cento. Tali criteri non sarebbero quindi in grado di trattare pratiche commerciali come quella a cui si fa riferimento nell’interrogazione dell’onorevole deputato.

 
  
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  Linda McAvan (PSE) . (EN) Signora Commissario, sono lieta che abbia trattato l’argomento. Ritengo sia uno scandalo e che si prenda gioco di tutto il lavoro che svolgiamo per quanto riguarda i cambiamenti climatici. In termini di criteri di sostenibilità, se siamo dotati di un parametro per il risparmio di gas a effetto serra, questi tipi di biocarburanti non sarebbero in contrasto a causa del fatto siano stati trasportati per l’Atlantico, aggiungendo gas a effetto serra delle emissioni del trasporto marittimo, pari al 5 per cento della CO2 mondiale al momento?

Se dobbiamo attendere una denuncia dell’industria e l’apertura di una procedura per sovvenzioni illegittime, quanto tempo ci vorrà? Il mio timore è che, quando si agirà, l’industria europea avrà cessato la propria attività.

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Il metodo di calcolo delle emissioni di gas a effetto serra dei biocarburanti, confrontato con le emissioni dei combustibili fossili, contenuto nella direttiva sulle energie rinnovabili, segue ciò che possiamo definire l’approccio del ciclo di vita, che tiene inoltre conto del livello di emissioni prodotto durante il trasporto dei biocarburanti dentro e fuori l’Unione europea. A questo proposito, permettetemi di ribadire nuovamente che ridurre le emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti è uno degli obiettivi guida della politica dei biocarburanti.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 30 dell’onorevole Johan Van Hecke (H-0332/08)

Oggetto: Programma europeo di aiuto alimentare per i meno abbienti

Nel 2005 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione relativa alla durata del programma europeo di aiuto alimentare per i meno abbienti. Nella dichiarazione si chiedeva non soltanto un piano permanente di aiuto alimentare con un bilancio annuale ma anche l’ampliamento del programma. Per assicurare la distribuzione di razioni alimentari equilibrate, il Parlamento europeo aveva chiesto infatti di estendere il programma a nuove categorie di prodotti quali la carne suina, il pollame e le uova.

Mariann Fisher Boel, Commissario europeo all’agricoltura e allo sviluppo rurale, è stata incaricata di dar seguito alla dichiarazione del Parlamento. Tre anni più tardi si constata che non sono ancora state poste le basi del nuovo regolamento e che ci si accontenta di una politica dei piccoli passi. Oltretutto non si vede ancora quali possano essere le disponibilità finanziarie.

L’aiuto alimentare ha sicuramente un posto in un’Unione europea in cui il 16% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ritiene il Commissario europeo di poter dare assicurazioni circa il varo di un programma di aiuto alimentare a livello europeo? Conta il Commissario di avviare un dialogo con le ONG europee che operano in tale settore?

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Da 20 anni il programma europeo di aiuto alimentare fornisce un contributo decisivo nel soddisfare i requisiti delle persone denutrite nella Comunità.

Il 4 aprile 2006 il Parlamento ha adottato una dichiarazione supplementare in merito al programma di aiuto alimentare per i meno abbienti della Comunità. Questa dichiarazione invita la Commissione e il Consiglio a offrire stanziamenti pluriannuali di bilancio e a introdurre una serie di misure in materia di flessibilità nella gestione del programma. Si pone inoltre marcata attenzione sulla necessità di garantire una dieta bilanciata per le persone bisognose.

Questo programma, in realtà, è iniziato nel 1987 come misura di emergenza in un periodo di abbondante sovrapproduzione agricola. Nel corso dei primi anni, il programma di aiuto alimentare si basava soprattutto sulla fornitura di scorte d’intervento. Negli ultimi anni, poiché le scorte stavano diminuendo per le conseguenze delle successive riforme della politica agricola comune, la Commissione ha introdotto una serie di cambiamenti volti a garantire il proseguimento di tale regime e questi cambiamenti includono la possibilità di acquisto sul mercato di prodotti che non sono disponibili nelle nostre scorte d’intervento, lo scambio di prodotti nella stessa “famiglia” e l’opportunità di mischiare o integrare prodotti delle scorte e prodotti del mercato.

Anche il bilancio è stato ritoccato, in particolare per tenere in considerazione il recente allargamento dell’Unione europea. E’ aumentato da 213 milioni di euro nel 2004 a 305 milioni di euro di quest’anno, il 2008. Quindi, la Commissione ha compiuto tutti gli sforzi per mantenere operativo un programma che è basato su scorte d’intervento malgrado queste stiano scomparendo. Pertanto, possiamo dire, in effetti, che stiamo spingendo al massimo il programma.

Ora è giunto il momento di ripensare il futuro di questo programma senza perdere di vista il suo quadro più ampio. Con quest’obiettivo, gli uffici della Commissione stanno già lavorando su una valutazione d’impatto che verifichi le opzioni per il futuro. La consultazione via Internet ha attratto una vasta partecipazione, con oltre 12 000 contatti, cosa che dimostra l’elevato interesse tra i cittadini europei per tale iniziativa.

Le ONG in effetti hanno svolto un ruolo cruciale nell’attuazione del programma e lo rivestiranno anche in futuro. Durante un seminario organizzato in aprile, hanno espresso la volontà di mantenere il programma di aiuto alimentare nel quadro dell’amministrazione della direzione generale dell’agricoltura e hanno inoltre sottolineato la necessità di introdurre una sorta di stanziamento pluriennale di fondi e di fornire una gamma più ampia di prodotti diversi. Ora stiamo analizzando tali richieste delle ONG e rimarremo in stretto contatto.

Dopo il completamento della valutazione d’impatto, in settembre ho intenzione di sottoporre al Parlamento una proposta che consenta la continuazione di tale programma, ma su una base molto solida per il futuro. Pertanto, vi ringrazio per l’interesse e l’attenzione dimostrati nei confronti di questo importante progetto.

 
  
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  Johan Van Hecke (ALDE) . – (NL) Signora Presidente, desidero innanzi tutto ringraziare il Commissario per questa risposta molto chiara ed esauriente, che offre inoltre prospettive di maggiore durevolezza di tale programma di aiuto alimentare, in base alla valutazione che è attualmente in corso.

Vorrei soltanto chiedere se tale valutazione tiene anche conto del fatto che molte persone evidentemente dipendono tuttora da questo programma di aiuto alimentare e che quasi il 16 per cento della popolazione europea vive al di sotto della soglia di povertà, e se considera altresì l’attuale crisi alimentare e l’incredibile rialzo dei prezzi dei generi alimentari.

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Teniamo in considerazione tutti gli incentivi che otteniamo dal nostro approccio molto aperto a questo processo. Secondo gli attuali dati disponibili, 13 milioni di persone nell’Unione europea si avvalgono del regime speciale per i meno abbienti. Per quanto ne sappiamo, la domanda al momento non sta calando.

 
  
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  Andreas Mölzer (NI) . – (DE) In molti casi sono i bambini a soffrire maggiormente per la povertà. La carenza di cibo danneggia non solo lo sviluppo fisico, ma anche la capacità di concentrarsi e imparare a scuola. Tale condizione potrebbe inoltre influenzare il successo futuro nella vita di un bambino. Nel quadro del previsto programma di aiuto alimentare, quali disposizioni si adottano per quest’ambito problematico mediante, ad esempio, le scuole?

 
  
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  Jörg Leichtfried (PSE) . – (DE) Sono certo che sarebbe una valida proposta, in particolare poiché lei ha anche menzionato la necessità di una dieta equilibrata. E’ fondamentale che questo sia un aspetto essenziale. A questo proposito, la Commissione potrebbe inoltre aggiungere un altro importante aspetto, ovvero incentrarsi su prodotti biologici freschi. Tutti hanno il diritto di mangiare prodotti che possono essere un po’ più costosi ma più sani. In che misura ne terrà conto?

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Innanzi tutto, ora stiamo soltanto procedendo con una valutazione di tutte le idee e le informazioni ottenute.

In questo quadro, stiamo cercando di giudicare se dovremmo indirizzare il nostro denaro in un modo specifico. Non abbiamo ancora concluso le nostre discussioni interne, ma posso dire questo relativamente ai bambini: penso sia della massima importanza, prima di tutto, garantire che i nostri giovani siano ben nutriti e quindi quest’anno pubblicheremo anche l’idea (e mi auguro di ottenere il pieno sostegno) di un programma a favore della frutta in ambiente scolastico, con il cofinanziamento degli Stati membri che possono offrire ai bambini di una certa età la possibilità di consumare frutta nelle scuole. Ritengo che, in generale, sia un progetto efficace che fornisce una buona abitudine per i giovani che, fiduciosamente, la seguiranno per il resto della loro vita.

Per quanto riguarda l’attribuzione di una speciale priorità alla produzione biologica: credo occorra scegliere tra due difficili alternative, poiché se si opta per il biologico si ottengono meno prodotti alimentari e ritengo che sarà una decisione molto delicata da compiere.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 31 dell’onorevole Alain Hutchinson (H-0338/08)

Oggetto: Speculazione e crisi alimentare

La speculazione finanziaria occupa un posto importante fra le varie cause dell’aumento dei prezzi e della crisi alimentare mondiale. Al contempo, i fondi di investimento dimostrano un interesse sempre maggiore nei confronti del mercato delle materie prime.

Può la Commissione accettare che, per il beneficio di poche persone, il riso o il grano diventino valori rifugio, mentre milioni di persone muoiono di fame?

Intende la Commissione adottare misure concrete per porre fine a qualsiasi speculazione finanziaria che metta direttamente a repentaglio la sicurezza alimentare di milioni di persone?

Intende inoltre favorire l’applicazione a livello internazionale di un meccanismo che impedisca a taluni Stati di limitare le esportazioni di derrate alimentari di cui hanno riserve notevoli e, più generalmente, di attenersi a qualsiasi politica che alla fin fine impedisca alle persone più vulnerabili di esercitare il diritto all’alimentazione?

Seconda parte

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) La Commissione, in effetti, è molto preoccupata per le conseguenze degli attuali prezzi elevati, sia nell’Unione europea, sia nel contesto più globale. I paesi in via di sviluppo e le popolazioni più vulnerabili sono state colpiti in modo davvero sproporzionato, con il conseguente rischio di fame, malnutrizione e tensione sociale.

La comunicazione che ha presentato oggi la Commissione tenta di analizzare le cause alla base di questi prezzi elevati. La Commissione ha proposto una serie di iniziative volte a contrastare gli effetti a breve termine dello shock dei prezzi dei generi alimentari, incrementare l’offerta agricola e garantire la sicurezza alimentare a lungo termine, e contribuire allo sforzo globale per ridurre gli effetti dei rincari sulle popolazioni povere.

Per quanto riguarda le origini dei rincari, esistono numerosi fattori che stanno contemporaneamente riducendo le offerte globali: condizioni atmosferiche sfavorevoli in una serie di principali produttori e esportatori di grano, soprattutto Russia e Ucraina, che in precedenza erano definite il paniere dell’Unione sovietica. In Australia, per tre anni consecutivi, le condizioni del tempo sono state avverse. Abbiamo assistito a costi più elevati dell’energia, ad aumenti più contenuti dei raccolti e a un maggiore consumo globale. Questi impatti diretti su domanda e offerta hanno ripercussioni significative sui prezzi dei prodotti agricoli e sugli aumenti che abbiamo osservato.

Considerati i rincari delle derrate e sulla scia della crisi finanziaria dei mercati, si è proceduto con una maggiore attività sui mercati finanziari delle materie prime nell’intento di mettersi al riparo dal rischio di fluttuazioni dei prezzi o diversificare i portafogli di investimento. E’ possibile che tali attività abbiano prodotto maggiore fluttuazione dei prezzi e instabilità dei mercati futures e spot delle materie prime, rendendo più pronunciate le soggiacenti variazioni dei prezzi, ma resta incerta la loro influenza sulla formazione dei prezzi nel lungo termine. Pertanto, nell’odierna comunicazione, la Commissione s’impegna a sorvegliare con grande attenzione le attività speculative degli investitori sui mercati finanziari delle materie prime e le loro conseguenze sulle variazioni dei prezzi.

La comunicazione osserva che alcuni paesi esportatori hanno reagito all’aumento dei prezzi adottando effettivamente restrizioni alle loro esportazioni. L’India ha introdotto divieti all’esportazione, il Vietnam e la Tailandia hanno limitato le esportazioni di riso, l’Indonesia ha introdotto dazi all’esportazione dell’olio di palma, mentre il Kazakistan ha vietato le esportazioni di frumento. Tali oneri fiscali e divieti all’esportazione sono finalizzati a proteggere i mercati interni da insufficienze dell’offerta e da shock dei prezzi nel breve periodo. Tuttavia, rafforzano ulteriormente i mercati agricoli internazionali andando in particolar modo a discapito dei paesi importatori di prodotti alimentari. In una logica di medio termine, queste restrizioni inviano al mercato il segnale sbagliato, disincentivando gli agricoltori ad investire e ad aumentare la produzione e contribuendo a squilibrare i mercati regionali.

Si dovrebbe sollevare la questione dell’impatto molto negativo delle restrizioni all’esportazione nei prossimi incontri dell’OMC e in altri forum internazionali pertinenti. La Commissione resta convinta che negoziati di Doha offrano ai paesi in via di sviluppo notevoli vantaggi potenziali: l’apertura di nuove opportunità di mercato che potrebbe incrementare le entrate delle esportazioni, stimolare la produzione agricola e agevolare l’accesso alle derrate, attenuando in tal modo i rincari alimentari. La Commissione continuerà quindi a lavorare per un accordo di Doha esaustivo ed equilibrato.

La Commissione confida di poter contare sul sostegno di quest’Aula per la direzione politica proposta nella comunicazione odierna in quanto base per affrontare le sfide che ci troviamo di fronte in questa situazione, con prezzi che, in certi settori, stanno davvero salendo alle stelle.

 
  
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  Alain Hutchinson (PSE) . – (FR) Signora Presidente, signora Commissario, la ringrazio per la sua risposta relativamente articolata e interessante. Ciononostante, in relazione a uno degli elementi che hanno originato la crisi della speculazione finanziaria sui prodotti agricoli, vorrei chiederle se, in seguito allo scandaloso comportamento di certe banche europee, KBC e Deutsche Bank in particolare, che, come sapete, hanno condotto una pubblicità del tutto “immorale” riguardante la speculazione sui generi alimentari… Vorrei chiedere che cosa intende fare la Commissione in merito.

Insieme alla mia collega, l’onorevole Carlotti, il 6 maggio ho scritto una lettera al Presidente Barroso, per cui non ho ancora ricevuto un riscontro, ma spero di ottenere una risposta un giorno. La lettera richiedeva e proponeva di adottare ogni misura volta a vietare, e citerò dal testo: “l’offerta, la diffusione o la promozione di strumenti finanziari nell’Unione europea, incluse assicurazioni d’investimenti e, soprattutto, prodotti assicurativi associati a fondi d’investimento, qualora il loro rendimento sia direttamente connesso alla speculazione relativa all’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari”.

Potrebbe dirmi quali sono le intenzioni della Commissione a questo proposito?

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Sarò molto breve poiché ho affrontato quest’aspetto nel mio primo intervento. Potrebbe essere il motivo per cui è stato abbastanza lungo. Nella comunicazione della Commissione presentata oggi, s’impegna a sorvegliare con grande attenzione le attività speculative degli investitori sui mercati finanziari delle materie prime e l’impatto di tali speculazioni sui prezzi.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Come consumatori, percepiamo immediatamente gli effetti di qualsiasi aumento dei prezzi. Tuttavia, nella catena dei prezzi, con le speculazioni, ci sono vincitori e perdenti, e i produttori di generi alimentari, nella maggior parte dei casi, si trovano nella posizione dei perdenti.

Secondo lei, che cosa si potrebbe fare per garantire che il rincaro dei prezzi delle materie prime agricole sia proporzionato all’aumento generale dei prezzi, in altre parole, che i prezzi dei prodotti siano equi e gli agricoltori possano condurre una vita dignitosa?

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . (EN) Signora Presidente, riconoscendo pienamente la valida motivazione di chi ha posto l’interrogazione e, in effetti, la complessità della questione, il Commissario, e i suoi altri colleghi della Commissione, potrebbe confermare di non avere intenzione di interferire nell’attività del mercato delle materie prime, che potenzialmente arrecherebbe più danno che profitto se si seguisse questa strada specifica?

Al deputato che ha presentato l’interrogazione vorrei dire che condividiamo il fine, ma non i mezzi per ottenerlo.

 
  
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  Mariann Fischer Boel, Membro della Commissione. (EN) Concordo del tutto con la domanda che rileva le conseguenze per il produttore primario, per l’agricoltore. La situazione effettivamente prevede rincari, soprattutto nel settore cerealicolo. Quando si parla di questi prezzi straordinariamente elevati, preferisco sempre riandare indietro nella storia per vedere qual è stato lo sviluppo dei prezzi; negli ultimi 30 anni, i prezzi sono sempre calati per il produttore primario.

Ciò non significa che i prezzi non siano aumentati al dettaglio. Ma, se si confrontano i prezzi dei cereali nel 1975 e oggi, e si considerano i prezzi fissi, erano il doppio rispetto a quelli attuali. Notiamo una situazione in cui le persone sono abituate al fatto che, in Europa, normalmente, solo il 4 per cento del reddito è impiegato per prodotti alimentari, ed è un dato in calo nell’intero periodo.

Quando si tratta della comunicazione relativa alle iniziative da compiere, è ovvio che dobbiamo considerare l’intera catena. Il Commissario alla competitività ha il compito di studiare la situazione e a questo punto non sappiamo se ci sarà un esito positivo o negativo. Tuttavia, controlleremo tutte le ragioni all’origine dell’aumento dei prezzi osservate dall’agosto dello scorso anno.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 32 dell’onorevole Avril Doyle (H-0271/08)

Oggetto: Comunicazione e trattato di Lisbona

Nel quadro del piano D e della comunicazione di recente annunciata “Debate Europe – Basarsi sull’esperienza acquisita con il piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito”, potrebbe la Commissione riferire in merito alla strategia di comunicazione per quanto riguarda il processo di ratifica del trattato di Lisbona? Quali misure concrete ha adottato la Commissione per assicurare un processo di ratifica regolare del trattato di Lisbona?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Per quanto riguarda il piano D e la comunicazione relativa a “Debate Europe”, ritengo sia nostro dovere, insieme agli Stati membri e alle altre istituzioni dell’UE, comunicare con i cittadini in merito a tutte le nostre politiche e posizioni. Se, relativamente al Trattato, i paesi membri devono naturalmente assumersi la principale responsabilità, anche la Commissione deve essere pronta a fornire informazioni e spiegazioni.

La nostra recente comunicazione, “Debate Europe”, mira a promuovere un dialogo attivo tra cittadini e responsabili delle decisioni politiche e, anche se non specificatamente in riferimento al Trattato di Lisbona, o esclusivamente ad esso, gli interventi intrapresi secondo “Debate Europe” possono essere collegati a informazioni sul Trattato.

Il Trattato è una delle nostre priorità per comunicare per il 2008. Le nostre attività sono state decentralizzate e differenziate per adattarsi alle realtà nazionali in ogni Stato membro, e si tratta, in pratica, di “operare sul piano locale”.

I nostri rappresentanti hanno collaborato con ogni paese membro e gli uffici d’informazione del Parlamento al fine di elaborare progetti di comunicazione per rispondere alle diverse esigenze, e hanno incluso le attività connesse alle parti nazionali interessate, la formazione dei giornalisti, antenne e moltiplicatori di informazioni, discussioni con la società civile ed eventi in scuole e università.

Abbiamo preparato un’ampia serie di materiale di supporto comprese presentazioni in Powerpoint, elementi per discorsi, domande e risposte, schede relative a diversi settori, tutti fattori finalizzati a favorire chi fornisce informazioni riguardanti i fatti in questione.

Da Bruxelles, come sapete, la Commissione ha inoltre realizzato un sito Internet nelle 23 lingue ufficiali dedicato al Trattato, e il nostro forum on line “Debate Europe” è stato recentemente riavviato con discussioni sul Trattato, che dimostrano sia uno degli ambiti più popolari, con migliaia di contatti.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . La ringrazio signora Commissario. Quindi perché “Debate Europe” non sta funzionando? In Irlanda, il tempo esauriente trascorso a mitigare una sequela di questioni, spesso importanti in sé ma del tutto irrilevanti per il contenuto del Trattato di Lisbona, che creano timore e confusione, deliberatamente o meno, sta gravemente svalutando il messaggio positivo di Lisbona. E la consapevolezza ha importanza nei referendum dell’UE. La fiducia dei votanti nella loro conoscenza delle questioni interessate nel Trattato di Lisbona è fondamentale per un esito positivo di questo referendum, affinché scelgano “sì”, dopo aver deciso, in primo luogo, di recarsi a votare.

“I livelli di conoscenza del Trattato lasciano intendere che l’opinione pubblica (in Irlanda) assomigli più a quella di Nizza I che di Nizza II”, sono le parole del professor Richard Sinnott, non le mie. Nonostante “Debate Europe”, signora Commissario, siccome la Commissione e gli Stati membri finora non sono riusciti a comunicare approfonditamente l’Europa e come funziona, nonché una comprensione dei suoi attuali trattati a oltre il 90 per cento dei nostri cittadini, ora in che modo ci consiglia di trasmettere gli emendamenti a questi stessi trattati, emendamenti all’Europa, al fine di garantire il livello necessario di consapevolezza per la ratifica del Trattato di Lisbona? Abbiamo fallito nel comunicare l’Europa; come comunicheremo gli emendamenti a un’Europa che nessuno comprende?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Innanzi tutto, partenariato è la parola chiave. Non possiamo farlo da Bruxelles, né solo da parte della Commissione: dobbiamo collaborare nel comunicare le decisioni che abbiamo preso insieme. Ritengo siano diversi i ruoli assegnati alla Commissione e alle istituzioni in confronto, ad esempio, ai Ministri, che, naturalmente, devono recarsi in ogni parte dell’Irlanda e in tutti gli altri Stati membri per aiutare, spiegare, ascoltare e comunicare di che si tratta.

Credo che qualora si iniziasse comunicando gli emendamenti, temo si perderebbe già il pubblico. La mia esperienza mi dice che si comunicano con chiarezza le questioni sostanziali allora è più semplice, ed è esattamente ciò che sta tentando di fare il nostro ufficio di rappresentanza in Irlanda: comunicare le varie questioni sostanziali. Sono a conoscenza del fatto che, in seguito a una gara d’appalto, si sono impegnati, credo, in quasi 20 incontri locali differenti, in cui hanno anche impiegato politici, politici irlandesi, per cercare di diffondere informazioni e far sì che si occupassero di diverse questioni sostanziali. Potrebbe non essere sufficiente, ma dobbiamo continuare su questa linea. Ritengo, ovviamente, che impegnarsi con i mezzi di comunicazione sia uno degli aspetti più importanti. Nel contempo, è essenziale rispettare le norme e i regolamenti molto particolari che hanno in Irlanda quando si tratta di discutere di referendum, e certamente stiamo tentando di agire anche su questo fronte.

Tuttavia, abbiamo l’obbligo di comunicare e di adoperarci per i cittadini in merito alle politiche e alle posizioni che assumono le istituzioni, e mi auguro potremo continuare a farlo di pari passo.

 
  
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  Paul Rübig (PPE-DE) . – (DE) Esistono risultati di ricerche di mercato e sondaggi d’opinione che dimostrerebbero di quali informazioni hanno effettivamente bisogno i cittadini europei in merito a questo Trattato di riforma? Ne fanno parte anche i politici in Europa, dalle amministrazioni locali fino al livello europeo? Quali informazioni sono necessarie in questo caso, e come opererete negli uffici d’informazione nelle capitali al fine di essere in grado di migliorare il raggio d’azione previsto?

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE) . (EN) Signora Commissario, lei ha menzionato il referendum in Irlanda, dove fra tre settimane si svolgerà una votazione molto importante, forse decisiva. Tutti ci ricordiamo dell’esito del referendum sul Trattato di Nizza, circa 10 anni fa, in quel paese molto favorevole all’UE.

Quali lezioni si traggono da questa esperienza sfortunata, e in che modo la Commissione partecipa ai dibattiti pre-referendum in Irlanda?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Vi ringrazio per queste domande molto pertinenti. Per quanto riguarda l’opinione pubblica, svolgiamo i nostri sondaggi d’opinione mediante Eurobarometro, che ci offre una guida e laddove possiamo inoltre individuare alcune delle informazioni necessarie. Oltre a ciò, naturalmente, si conducono diversi sondaggi anche in ogni Stato membro al fine di cogliere maggiori dettagli e renderli più specifici per ciascun paese. Pertanto, ritengo possiamo dire di possedere una conoscenza piuttosto valida di ciò che si attendono i cittadini e di ciò di cui hanno bisogno quando si tratta di informazioni, anche se penso che possano variare leggermente da un paese membro all’altro.

Ritengo che una delle lezioni ottenute in Irlanda è rappresentata dalla necessità di impegnarsi su vasta scala e perciò è stato istituito il Forum nazionale; penso che, dopo la mia visita e, più recentemente, quella del Presidente Barroso, abbiamo cercato di adoperarci e ascoltare il Forum nazionale e le loro esigenze, e stiamo tentando di soddisfarle tramite il nostro ufficio d’informazione, rispettando anche il fatto che esiste sempre una situazione particolare nel caso di un referendum: ad esempio, occorre rispettare la legislazione McKenna in vigore in Irlanda, che, ovviamente, limita ciò che possono fare i ministri o il governo.

Allo stesso tempo, esiste l’obbligo generale di impegnarsi e fornire informazioni, da cui non possiamo esimerci, e ritengo che si tratti di come abbiamo imparato il modo di configurarci con il Forum nazionale, nonché di agire di più mediante i mezzi di comunicazione e soprattutto con i giovani, ma anche con le donne, poiché nella nostra esperienza sono le uniche che spesso si sentono estraniate e lontane dalla discussione. E’ in quest’ambito che dobbiamo impiegare i moderni strumenti di comunicazione come Internet: un’altra lezione è quella di impegnarci con Internet.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 33 dell’onorevole Justas Vincas Paleckis (H-0301/08)

Oggetto: Maggiore cooperazione tra le rappresentanze del Parlamento europeo e della Commissione europea

La Commissione europea auspica una più attiva partecipazione dei cittadini dell’Unione europea ai dibattiti sulle questioni legate all’UE. All’inizio del mese di aprile di quest’anno essa ha annunciato una nuova iniziativa, “Debate Europe”, il cui obiettivo è quello di sviluppare l’attività a livello locale negli Stati membri dell’Unione europea attraverso consultazioni con i cittadini, lo scambio di informazioni, idee e conoscenze sull’UE e l’organizzazione di incontri tra funzionari dell’UE ed elettori.

Nelle capitali degli Stati membri si sente dire che tra le rappresentanze della CE e del PE nei paesi dell’Unione non vi è una buona cooperazione nel perseguire l’obiettivo di aiutare i cittadini europei a percepire meglio l’UE, conoscerne i programmi, le istituzioni e gli Stati membri. Le rappresentanze della CE e del PE lavorano spesso separatamente, svolgendo lo stesso tipo di attività, senza occuparsi

della preparazione dei grandi progetti comuni.

Con l’avvicinarsi delle elezioni del Parlamento europeo del 2009, è previsto un miglioramento della cooperazione tra le rappresentanze delle due istituzioni nei diversi Stati membri? In caso affermativo, come sarà realizzata concretamente tale cooperazione?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Il 2008 è un anno fondamentale per tutte le istituzioni affinché si preparino per le elezioni europee del prossimo anno. E’ nel nostro interesse collaborare al fine di sfruttare al massimo il cambio di mandato nel giugno 2009. L’attività avviata dalla recente comunicazione “Debate Europe”, che promuove un dialogo attivo tra cittadini e responsabili delle decisioni politiche riguardante le questioni europee, dovrebbe contribuire al lavoro.

Tuttavia, la Commissione e il Parlamento lavorano già in stretta collaborazione in merito a questi ambiti, sia a Bruxelles sia a livello delle nostre rappresentanze e uffici d’informazione negli Stati membri. Il mese scorso i nostri servizi hanno avviato un nuovo gruppo di lavoro per massimizzare l’impatto congiunto delle nostre attività e anche per cercare una collaborazione più stretta tra la Commissione e le rappresentanze e gli uffici del Parlamento. Stiamo considerano di rivedere il codice di condotta del 2001 relativo al rapporto di lavoro che ci schiuderà nuovi modi per lavorare insieme, nonché faciliterà l’uso comune di risorse quali strumenti di controllo audiovisivo o giornalistico.

Ci siamo inoltre adoperati per l’obiettivo della condivisione dei locali negli Stati membri, le cosiddette “Case dell’UE”, e già 25 su 27 nostri uffici dei paesi membri condividono lo spazio nello stesso edificio. Come sapete, si tratta di un progetto pilota in tre di queste case europee, a Madrid, Dublino e Tallinn – con uno spazio comune che definiamo “Spazio pubblico europeo”. Siamo riusciti ad ampliare l’ambito delle nostre attività per impegnarci in attività culturali, nonché in eventi scientifici e per i giovani. Ora abbiamo elaborato una prima relazione su questo progetto pilota dotato di spazi pubblici europei. Sembra molto positivo e continueremo su questa linea.

 
  
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  Justas Vincas Paleckis (PSE) . (EN) La ringrazio, signora Commissario, per la sua risposta esaustiva e chiara. Sono sicuro che lei è ottimista per natura. D’altro canto, la sua posizione nella Commissione invita anche all’ottimismo. Sono certo che lei conti sulla ratifica del Trattato di Lisbona in tutti i paesi quest’anno.

Vorrei chiederle quale sarebbe, secondo lei, la differenza tra la campagna elettorale per il Parlamento europeo del 2004 e quella del prossimo anno, ricordandoci che molto probabilmente avverrà dopo la ratifica del Trattato di Lisbona.

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Sarò molto schietta. Ritengo occorra anche adoperarsi maggiormente da parte della Commissione, mediante i nostri uffici di rappresentanza, nel mobilitare gli elettori, al fine di garantire un cambio di mandato con un numero di votanti più elevato. Non possiamo essere troppo prudenti. Penso dovremmo affermare che vogliamo che i cittadini europei esercitino il loro diritto di voto ed è questo il modo in cui ci impegneremo con i paesi membri, nuovamente in un partenariato, non assumendo una posizione politica, ma davvero solo per chiamare a raccolta gli elettori.

Insieme al Parlamento europeo, mediante il gruppo interistituzionale per le informazioni e le comunicazioni, stiamo cercando il metodo per agire. Il Parlamento ha già presentato un progetto ben costruito ed elaborato per le elezioni del PE e contribuiremo nel miglior modo possibile, impiegando tutti i nostri strumenti e in particolare i nostri uffici di rappresentanza. Con il Parlamento possiamo garantire un incremento della partecipazione degli elettori.

 
  
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  Margarita Starkevičiūtė (ALDE) . – (LT) Vorrei porre l’accento sul fatto che è estremamente importante per una società d’informazioni avere a disposizione il proprio materiale preparato in tutte le lingue dell’UE. Mi auguro...

(EN) Parlerò in inglese. Probabilmente non ha potuto sentirmi, siccome noto che la signora Commissario è occupata.

Volevo soltanto dire che è difficile ricevere informazioni in lituano, dato che in Aula rappresento la Lituania. Se si prova a chiamare il numero gratuito Europe Direct e si pone una domanda in lituano, si viene informati di dover attendere mezz’ora. E’ complicato trovare opuscoli in lituano persino nell’ufficio del Parlamento per i visitatori, siccome sono disponibili soltanto nelle lingue principali.

Mi rendo conto che sia un serio problema finanziario e d’interpretariato, ma forse occorre fissare alcune priorità. Sarebbe così gentile da verificare come operano i centri Europe Direct nelle diverse lingue, come sta facendo, ad esempio, il Commissario Kuneva?

 
  
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  Mairead McGuinness (PPE-DE) . (EN) Ritengo che la situazione sia piuttosto chiara, ovvero che se si ha qualcosa da dire direttamente ai cittadini, loro ascolteranno. Oggi si è svolta una discussione in merito a “European City Guide”, ma abbiamo ottenuto poco in termini di riscontri da parte del Consiglio e credo che occorra inviare messaggi più chiari alle persone a riguardo di ciò che facciamo nell’Unione europea e che in effetti siamo qui per loro, non solo per parlare di loro.

Preferirei fosse la rappresentanza del Consiglio, anziché della Commissione, a prendere il comando, ma, ovviamente, lo direi, ed esorterei rispetto e prudenza sul processo di ratifica in Irlanda. Sono periodi turbolenti e le novità che emergono dall’OMC non ci aiutano al proposito. Ritengo dovremmo essere consci delle autentiche preoccupazioni dei nostri elettori.

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Certamente esiste una costante battaglia per garantire di poter fornire informazioni, interpretariato e traduzioni in tutte e 23 le lingue ufficiali. Talvolta, non riusciamo a rispondere del tutto a tale esigenza poiché mancano gli interpreti, ad esempio, o non disponiamo ancora di personale sufficiente per farlo.

Visiterò presto la Lituania e sono certa che ne sentirò nuovamente parlare, ma tale situazione non è dovuta a una mancanza di volontà della Commissione. E’ il punto di partenza per qualsiasi comunicazione che si possa trasmettere, fiduciosamente, nella sua lingua e che si comprenda ciò che è stato detto, anche nella sua lingua. Quindi, continueremo ad adoperarci per garantire di offrire tutte le risorse necessarie; pertanto, rispetto pienamente la sua domanda e credo sia molto importante.

L’altro punto era naturalmente un commento ed è un dato di fatto dover iniziare laddove si trovano i cittadini. Dobbiamo rispondere alle domande che ci pongono, e di certo la verità è che molto raramente chiedono delle disposizioni dei trattati o di un emendamento. Iniziano a domandare in che modo interveniamo per quanto riguarda l’immigrazione, i cambiamenti climatici, come contrastiamo i problemi che consideriamo transfrontalieri e come ce ne occupiamo.

Noi dobbiamo replicare così, con un linguaggio comune. Ritengo che ciò che sia stato effettivamente d’aiuto, e di cui mi attribuisco il merito, è aver iniziato adesso con sintesi dei cittadini a tutte le proposte che presentiamo. Anche il nostro programma di lavoro sarà accompagnato da una sintesi dei cittadini, e la considero molto utile, e dobbiamo continuare in questa direzione.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 34 dell’onorevole Stavros Arnaoutakis (H-0316/08)

Oggetto: Il Piano D (“Piano D per il dialogo, la democrazia e il dibattito”) dell’Unione europea e il “Debate Europe”

Il Piano D (“Piano D per il dialogo, la democrazia e il dialogo”) dell’Unione europea dell’ottobre 2005 era una risposta al “periodo di riflessione” dell’UE, dopo l’esito negativo dei referendum sulla Costituzione. Due anni e mezzo più tardi, ritiene la Commissione di aver realizzato efficacemente gli obiettivi del suo piano? In caso negativo, qual è la ragione? Quali sono stati gli ostacoli? Per quanto riguarda la recente comunicazione della Commissione sul progetto “Debate Europe” (aprile 2008) per avvicinare i cittadini all’Unione e alle sue istituzioni, può la Commissione fornire informazioni dettagliate concernenti le spese ammissibili, l’importo che verrà assegnato ad ogni Stato membro ed organizzazione come pure i beneficiari incaricati dei piani paneuropei di consultazione con i cittadini? Come fornirà un piano di cooperazione tra gli organi istituzionali dell’UE, e in particolare, con il Parlamento europeo? Come contribuirà alla creazione di reti elettroniche che vedano la partecipazione di deputati al Parlamento europeo e di deputati a livello nazionale e regionale? Come svilupperà spazi pubblici europei nelle capitali degli Stati membri? Come agirà in modo più attivo a livello locale?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Posso affermare che il piano D ha rivestito un ruolo essenziale nell’esaminare i nuovi metodi per le organizzazioni della società civile al fine di coinvolgere i cittadini di tutti i tipi in dibattiti sul futuro dell’Europa.

Ci ha offerto modelli di consultazione mai visti prima, invitando cittadini scelti a caso di ogni Stato membro a sedere insieme e discutere dell’agenda dell’Unione europea. In effetti è stata un’iniziativa molto interessante. Una delle lezioni fondamentali di questa esperienza è stata che occorre consolidare l’interfaccia tra cittadini e responsabili delle decisioni politiche poiché, se promettiamo di ascoltare meglio, come ci comportiamo con ciò che abbiamo sentito? Questo è ciò che vogliono sapere.

Abbiamo deciso di prolungare il piano D per il periodo che conduce alle elezioni parlamentari europee del giugno del prossimo anno. Questa nuova fase è denominata “Debate Europe”. Abbiamo assegnato 7,2 milioni di euro a “Debate Europe”, 2 milioni dei quali destinati a cofinanziare progetti transnazionali e i restanti 5,2 milioni a richieste e azioni decentralizzate che favoriscono progetti locali gestiti dalle rappresentanze.

Non decidiamo anticipatamente quanto denaro sarà disponibile per ogni Stato membro o quali beneficiari coordineranno tali progetti paneuropei di consultazione. Questo dipende dai risultati degli inviti a presentare proposte che la Commissione sta ora lanciando, sia a livello centrale sia tramite le nostre rappresentanze.

Crediamo che “Debate Europe” debba inoltre fornire un quadro efficace per una cooperazione interistituzionale. Un esempio è costituito dalla conferenza conclusiva svoltasi nella prima fase del piano D dello scorso dicembre. In questo caso erano coinvolti non solo il Parlamento e la Commissione, ma anche il Comitato delle regioni e il Comitato economico e sociale europeo. Ritengo sia un aspetto complementare nel trattare le preoccupazioni specifiche dei cittadini e che questo tipo di cooperazione debba diventare la regola nel quadro di “Debate Europe”, anche a livello nazionale o regionale.

Speriamo inoltre di poter impegnare maggiormente i deputati del Parlamento europeo in queste attività locali e regionali. Ho appena informato questo gruppo, il cosiddetto “IGI”, della richiesta del Parlamento di intraprendere una rete pilota di informazioni. Abbiamo elaborato e presenteremo presto a quest’Aula l’esito del nostro progetto: predisporci per tale rete, unirci ai deputati nazionali ed europei e, ci auguriamo, invitare anche i giornalisti a partecipare al dibattito sulle questioni europee.

Ho già menzionato la sfera pubblica e gli spazi pubblici europei nel progetto pilota. Insieme a tali direzioni, possiamo continuare il piano D, imparare dall’esperienza fatta finora e impegnarci con i cittadini su alcuni progetti e modelli che ci auguriamo di istituire in modo permanente, non solo per sei mesi circa, e garantire, in questo modo, di coinvolgere i responsabili delle decisioni politiche con i cittadini europei.

 
  
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  Stavros Arnaoutakis (PSE) . – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, il nostro problema è rappresentato dal fatto che l’Europa è distaccata dalle persone normali. Malgrado tutti i validi sforzi compiuti dalla Commissione e da noi parlamentari, possiamo chiaramente notare che le informazioni non raggiungono i normali cittadini.

Vorrei chiedere quali agenzie avvicineranno il cittadino all’Europa, come previsto nel progetto “Debate Europe”.

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Una delle nuove iniziative è certamente la necessità di una cultura politica europea, cosa che, come sapete, abbiamo presentato. E’ stata adottata dal Parlamento anche per intraprendere basi politiche che possono contribuire alla discussione. Si è proceduto in questo modo poiché ne abbiamo bisogno nelle consuete discussioni politiche a tutti i livelli: le questioni UE devono essere inserite in maniera migliore. Ritengo che tale iniziativa, nel consentire basi politiche europee, sarà di aiuto.

Penso che occorra agire tramite i mezzi di comunicazione, affinché riportino le questioni europee, e perciò disponiamo di una nuova strategia Internet e una audiovisiva, che ci permetterà di essere più adeguatamente attrezzati per far sì che i mezzi di comunicazione europei parlino delle relative questioni all’Europa.

Ritengo che dobbiamo fornire le sedi per gli incontri, gli spazi pubblici, e a questo proposito disponiamo di alcuni progetti pilota da tenere in considerazione. Tali progetti transnazionali, nei quali abbiamo intrapreso una consultazione con i cittadini possono, credo, offrirci alcune utili lezioni, nonché un’esperienza vantaggiosa, che ci metterà, spero, nelle condizioni di realizzarli una volta o l’altra in modo permanente.

Tuttavia, dobbiamo utilizzare tutti questi canali per essere efficaci nel non escludere, bensì nel coinvolgere i cittadini: ascoltarli, fornire loro spiegazioni e difendere ciò che facciamo a livello UE.

 
  
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  Georgios Papastamkos (PPE-DE) . – (EL) Signora Presidente, prima del programma per il mercato interno del 1992, esisteva la relazione Cecchini sui costi della non-Europa.

La Commissione europea ha intenzione di preparare una comunicazione specifica relativa ai costi della non-Lisbona? Quali saranno i costi per l’Europa qualora non si completasse la ratifica del Trattato di Lisbona?

 
  
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  Margot Wallström, Vicepresidente della Commissione. (EN) Questo è sempre l’aspetto più difficile: identificare gli effetti se si fa una cosa o meno. Vorremmo presentare in maniera attiva i vantaggi, il motivo per cui riteniamo che occorra un nuovo trattato. Come possiamo essere più efficaci? Da parte della Commissione, abbiamo cercato di indicare e concepire domande e risposte, i nostri diversi materiali di supporto e quelli sul sito Internet in modo da poter discutere attivamente, sull’offensiva, sulla ragione per cui sia necessario un nuovo trattato e quali problemi siano da risolvere.

Questo è stato il nostro punto di partenza, ma la Commissione si è impegnata anche nel cercare di spiegare quali sarebbero le conseguenze di un non accordo, poiché ritengo questo influenzerà anche la fiducia e la speranza dei cittadini in merito al fatto se siamo in grado di affrontare i grandi problemi e le sfide che abbiamo di fronte.

 
  
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  Presidente . Le interrogazioni da 35 a 39 riceveranno una risposta scritta.

Annuncio l’

interrogazione n. 40 dell’onorevole Manuel Medina Ortega (H-0268/08)

Oggetto: Limiti alla concorrenza da parte delle federazioni sportive

Dato che le federazioni sportive di alcuni paesi dell’Unione europea pretendono di imporre ai loro affiliati norme che limitano le opportunità di assunzione e la libertà di circolazione degli sportivi, in palese violazione del diritto dell’Unione, ha esaminato la Commissione le conseguenze che queste pratiche comportano dal punto di vista della libera concorrenza?

 
  
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  Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Numerosi casi nei tribunali comunitari hanno confermato l’applicabilità delle norme CE al settore sportivo.

Nelle sentenze Walrave e Donà, ad esempio, la Corte europea di giustizia ha riconosciuto che quei regolamenti basati sulla nazionalità che limitano la mobilità degli sportivi non sono conformi al principio della libera circolazione delle persone.

Nella sentenza Bosman, la Corte ha analizzato due tipi di restrizioni considerate incompatibili con la libera circolazione delle persone. Primo, vieta, secondo una discriminazione basata sulla nazionalità, una norma UEFA che limitava il numero di giocatori stranieri degli Stati membri dell’UE cui è consentito partecipare ai campionati nazionali di calcio.

Secondo, ha condannato come un ostacolo alla libera circolazione delle persone la norma FIFA sulla cessione che richiede il pagamento dei trasferimenti a fine contratto per quanto riguarda le cessioni all’interno dell’UE di giocatori che sono cittadini di un paese membro dell’Unione.

Le cause Piau e Meca Medina sono state le prime sentenze della Corte ad applicare al settore le norme comunitarie sulla concorrenza. Da allora, la Commissione ha seguito l’approccio metodologico di tale giurisprudenza nel valutare se una norma adottata da una federazione o un’associazione sportiva viola gli articoli 81 e 82. Quindi, qualsiasi regola sportiva in grado di generare effetti restrittivi sulla concorrenza deve essere esaminata su base individuale al fine di determinare se persegue un obiettivo legittimo.

Nel contempo, la Commissione deve essere soddisfatta del fatto che qualsiasi conseguenza a sfavore della concorrenza derivante da tale regola è inerente al raggiungimento del suo obiettivo e proporzionata alla sua realizzazione.

La Commissione ha considerato la questione dei trasferimenti internazionali dei giocatori di calcio nel momento in cui ha analizzato la legalità delle norme FIFA relative ai costi di cessione per giocatori che erano ancora sotto contratto. Tale indagine è terminata nel 2002 dopo che la FIFA si è impegnata a modificare le proprie norme sulla base di certi principi finalizzati a facilitare i trasferimenti.

Nel Libro bianco sullo sport della Commissione, adottato l’11 luglio 2007, sono state trattate in modo esaustivo anche le questioni quali la libera circolazione degli sportivi, in particolare nel documento di accompagnamento intitolato “The EU and Sport: Background and Context”.

Nel medesimo pacchetto legislativo, la Commissione ha adottato il piano d’azione che reca il nome Pierre de Coubertin che chiede che interventi legati allo sport siano compiuti a livello UE e contiene alcune proposte da attuare e/o sostenere da parte della Commissione in numerosi ambiti dello sport.

Un settore simile riguarda la libera circolazione delle persone, con l’obiettivo di combattere le discriminazioni in tutti gli sport basate sulla nazionalità. Tale obiettivo dovrà essere realizzato mediante dialogo politico, raccomandazioni, dibattiti con le parti interessate e, ove appropriato, procedure d’infrazione avviate dalla Commissione contro gli Stati membri.

Inoltre, la Commissione applica norme comunitarie sulla concorrenza a organizzazioni sportive per quanto tali organizzazioni regolino attività economiche. Nel fare ciò, la Commissione tiene conto della specificità dello sport.

 
  
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  Manuel Medina Ortega (PSE) . – (ES) Signora Presidente, signora Commissario, la ringrazio per la sua replica approfondita ed esauriente alla mia interrogazione.

In breve, come osservazione complementare alla spiegazione fornita dal Commissario, desumo che al momento la Commissione non stia considerando di adottare alcuna misura legislativa, poiché ritiene che la legislazione attuale, inclusi i Trattati e la giurisprudenza, sia sufficiente, e che, quindi, la strada che si sta per percorrere sia quella di accordi informali con le federazioni, codici di condotta, e così via.

La Commissione, in questo momento, ritiene non sia necessario disporre di alcuna misura aggiuntiva, pertanto occorre semplicemente applicare la legislazione esistente.

 
  
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  Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) E’ corretto. La Corte europea di giustizia, e l’onorevole deputato ha già capito la direzione che intendo intraprendere, nella sentenza Meca Medina ha deciso che la compatibilità delle norme sportive con il diritto comunitario sulla concorrenza non possa essere valutata dichiarando certe categorie di norme esenti a priori dall’applicazione del diritto comunitario sulla concorrenza. La Commissione, pertanto, dovrà continuare ad applicare le norme relative alla concorrenza su base individuale, facendo riferimento alle proprie decisioni adottate e alla giurisprudenza esistente.

Infine, la sentenza Meca Medina fornisce un preciso quadro metodologico a tale proposito. Al fine di stabilire se una norma abbia violato norme europee sulla concorrenza, il suo effetto deve essere proporzionato al legittimo e autentico interesse sportivo conseguito, pertanto questo esame di proporzionalità può essere svolto esclusivamente su base individuale.

 
  
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  Manolis Mavrommatis (PPE-DE) . – (EL) Signora Presidente, signora Commissario, in tutti gli Stati membri, ogni volta che le loro attività sono esaminate dal governo, le federazioni sportive nazionali, in particolare quelle calcistiche, protestano a gran voce sulla base degli statuti delle federazioni sportive internazionali (FIFA, UEFA, ecc.). Se riconosciamo l’indipendenza delle federazioni, l’UE approva gli statuti che violano e si ritengono superiori alla legislazione nazionale e alla costituzione di un paese?

 
  
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  Richard Corbett (PSE) . (EN) La Commissione condivide il fatto che il sistema dell’UEFA relativo ai giocatori nazionali sia compatibile con il Trattato? Incoraggia i club calcistici ad avere a disposizione una quota di giocatori provenienti dalle loro squadre giovanili e dalle loro scuole senza un vincolo alla nazionalità e quindi, a differenza del sistema della FIFA del 5+6, basato sulla nazionalità e chiaramente illegale, il sistema dell’UEFA è proporzionato, legittimo e costringerà i club a investire nella formazione dei propri giovani giocatori, anziché affidarsi esclusivamente alla loro capacità finanziaria sul mercato internazionale delle cessioni.

 
  
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  Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Cercherò di unire le due domande poiché si tratta di un ambito che condivide evidentemente lo stesso tipo opinione, il cui obiettivo è combattere le discriminazioni in tutti gli sport basate sulla nazionalità. Ritengo sia l’aspetto fondamentale e che sia, per così dire, un principio. Tale obiettivo dovrebbe essere realizzato mediante dibattito politico, raccomandazioni, dialogo strutturale con le parti interessate e, ove appropriato, procedure d’infrazione.

Quindi, penso si debba tenere conto che questa linea della concorrenza che illustravo in precedenza sia piuttosto evidente e non dovrebbe essere osteggiata da altri concetti.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 41 dell’onorevole Giovanna Corda (H-0269/08)

Oggetto: Aumento dei prezzi e concorrenza

Nel corso degli ultimi mesi si sono registrati aumenti significativi dei prezzi in numerosi Stati membri, in particolare per quanto riguarda i prodotti alimentari; ciò ha ridotto notevolmente il potere d’acquisto dei cittadini europei. Numerosi osservatori hanno messo in evidenza, oltre agli aumenti dei prezzi delle materie prime, i margini eccessivi di cui usufruiscono i circuiti di distribuzione e, inoltre, dei possibili pregiudizi alla libera concorrenza.

Può la Commissione far sapere se dispone di indicatori permanenti che le consentano di essere allertata in caso di rapido e forte aumento dei prezzi al consumo e se ha recentemente svolto indagini sui circuiti di distribuzione in seguito agli improvvisi aumenti dei prezzi registratisi in taluni Stati membri?

 
  
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  Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) La Commissione è ovviamente preoccupata per i recenti rincari dei prodotti alimentari all’ingrosso e al dettaglio. Tale situazione presenta implicazioni per i cittadini d’Europa e, ancora più seriamente, per miliardi di altre persone nel mondo.

Effettivamente, negli ultimi mesi del 2007 l’inflazione europea relativa ai prezzi dei prodotti alimentari è salita. I rincari dei prezzi osservati a livello dei consumatori riflettono i recenti sviluppi nel valore, nei costi e nei profitti dei prodotti lungo la catena alimentare. Si dovrebbe notare che i prezzi delle principali materie prime agricole stanno aumentando da diversi mesi e continuano a infrangere livelli da record. Questo aumento è derivato soprattutto da una combinazione di fattori strutturali: un incremento costante della domanda globale di prodotti alimentari, la comparsa del mercato dei biocarburanti, solo in piccola parte, ed elementi maggiormente a breve termine quali le condizioni climatiche sfavorevoli, che hanno provocato un calo dei raccolti dei cereali nella maggior parte degli Stati membri dell’UE nel 2007, e la politica restrittiva delle esportazioni di alcuni fornitori mondiali essenziali e, in generale, un crescente impegno di fondi d’investimento sui mercati delle materie prime agricole.

Ciononostante, bisognerebbe sottolineare che i prezzi delle materie prime non costituiscono una parte strettamente proporzionale dei prezzi dei prodotti alimentari, in particolare poiché sono sottoposti a processo. Pertanto, alcuni altri elementi del prezzo di vendita, e penso all’energia e al lavoro, hanno influenzato i recenti rincari dei prezzi dei generi alimentari nell’Unione europea. Questi rincari dei prezzi non sono necessariamente legati alla mancanza di applicazione delle norme della concorrenza. Come l’onorevole deputato sa, l’obiettivo primario della politica comunitaria di concorrenza è far sì che i mercati operino in modo migliore nell’interesse dei consumatori europei.

Come menzionato in diverse risposte a recenti interrogazioni parlamentari, la Commissione, insieme alle autorità nazionali della concorrenza che formano la rete europea per la concorrenza, sorveglia i mercati al fine di impedire e sanzionare le distorsioni alla concorrenza nella misura in cui tali distorsioni possano potenzialmente recare danno ai consumatori. La Commissione agisce esclusivamente quando si trova in una posizione migliore per intervenire rispetto alle autorità nazionali per la concorrenza. Agiscono prima, ma quando non sono nella posizione per farlo, subentriamo noi. In effetti, siccome le questioni connesse al settore della vendita al dettaglio sono spesso di ambito nazionale, gli Stati membri sono nella posizione migliore per affrontarle.

Tuttavia, la Commissione vorrebbe ribadire che, nel caso si confermasse e si sostenesse qualsiasi violazione specifica delle norme sulla concorrenza con prove giuridiche ed economiche, non esiterebbe a intervenire. Naturalmente è importante considerare tutti i pertinenti fattori che colpiscono tali mercati e la Commissione continuerà a controllare i prezzi al consumatore, la concentrazione del mercato al dettaglio e qualsiasi testimonianza di condotta non competitiva. La Commissione ritiene che la sorveglianza del mercato sia un compito molto importante. Nel quadro della revisione del mercato unico, la Commissione esaminerà le possibili ragioni del malfunzionamento dei servizi al dettaglio, dal punto di vista dei consumatori e dei fornitori. I livelli e le differenze di prezzi al consumatore tra gli Stati membri sono inoltre controllati nella relazione annuale della la Pagella dei mercati dei beni al consumo. La prima pubblicazione della Pagella, come sapete, è stata presentata all’inizio del 2008 e sarà effettuata annualmente.

I prezzi figurano tra i principali indicatori. Alcune differenze di prezzo, soprattutto nel caso di beni e servizi non commerciabili, possono essere chiaramente dovuti a disparità di reddito tra i paesi membri. Ciononostante, differenze particolarmente marcate tra gli Stati membri possono suggerire l’esigenza di un ulteriore controllo. Inoltre, la Commissione si occuperà della questione del potere d’acquisto nel settore della distribuzione nel quadro di un gruppo ad alto livello per la competitività dell’industria agroalimentare. La Commissione avvierà tale iniziativa al fine di esaminare l’industria alimentare, che negli ultimi anni ha incontrato nuovi rischi e sfide che mettono in discussione la competitività del settore.

La Commissione, nelle prossime settimane, trasmetterà formalmente una risposta alla dichiarazione scritta del Parlamento europeo riguardante l’indagine e i rimedi all’abuso di potere da parte degli ipermercati nell’UE. La risposta della Commissione fornirà, tra gli altri aspetti, certi chiarimenti in relazione a questioni connesse al potere d’acquisto.

 
  
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  Giovanna Corda (PSE) . – (FR) Come sa, questa mattina, a Kehl, i ministri francese e tedesco responsabili della tutela dei consumatori si sono incontrati per discutere delle differenze di prezzo tra i due paesi. Queste discrepanze possono raggiungere il 30 per cento per alcuni prodotti di elevato consumo.

Tra le cause affrontate, sono state menzionate le differenze delle strutture del commercio al dettaglio e, in particolare, la concorrenza imperfetta in alcuni paesi. Le vendite su Internet dovrebbero consentire ai consumatori di approfittare di tali disparità compiendo acquisti dai paesi più vantaggiosi. Tuttavia, talvolta l’ordine via posta elettronica in rete pone problemi. Ad esempio, i francesi non possono acquistare su certi siti Internet tedeschi.

Ha intenzione di adottare misure appropriate in modo che il mercato interno europeo sia finalmente un realtà per i cittadini?

 
  
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  Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Sono assolutamente consapevole dell’importanza della sua domanda e di uniformarci con un mercato unico. Può essere del tutto certa che la Commissione farà del suo meglio per renderlo un mercato unico effettivo anche nel settore del dettaglio.

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Dalla sua relazione comprendo che la direzione generale della concorrenza collabora con le autorità del settore negli Stati membri. Tuttavia, noi cittadini possiamo osservare l’attuazione di certi accordi, che risultano in un aumento dei prezzi in tutti i paesi contemporaneamente, eppure le autorità della concorrenza non riescono a trovare alcune violazione. Per la sua esperienza, lei direbbe che si tratti di un caso di mancanza di competenza negli Stati membri o di abuso?

 
  
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  Neelie Kroes, Membro della Commissione. (EN) Finora la risposta è un evidente “no”, ma siamo coscienti che sia una richiesta d’attenzione, e non solo della nostra, in termini di controllo di ciò che sta succedendo. Abbiamo agito inserendolo sull’agenda nella rete europea della concorrenza, e stiamo raccogliendo informazioni da tutti i paesi membri che hanno esperienza, alcuni svolgono indagini, altri analisi, altri ancora stanno soltanto cercando di scoprire che cosa sta accadendo di sbagliato nel settore del dettaglio. Francia, Germania, Regno Unito e Belgio, hanno tutti un approccio diverso all’odierna situazione.

Finora, non c’è motivo di affermare si tratti di un cartello. Non appena ci accorgeremo dell’esistenza di un cartello, interverremo, posso garantirlo, ma, a questo proposito, penso non sia così grave, poiché le autorità nazionali per la concorrenza sono attive e seguono l’intera situazione in questo settore.

 
  
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  Presidente . Le interrogazioni da 42 a 43 riceveranno una risposta scritta.

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interrogazione n. 44 dell’onorevole Bernd Posselt (H-0286/08)

Oggetto: Negoziati di adesione con la Croazia

Ritiene la Commissione che i negoziati di adesione con la Croazia possano essere conclusi entro la fine dell’anno e quale sarà il calendario preciso per il resto dell’anno?

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interrogazione n. 45 dell’onorevole Brian Crowley (H-0308/08)

Oggetto: Progressi nell’adesione della Croazia all’Unione europea

Può illustrare la Commissione lo stato di avanzamento dei lavori per quanto riguarda la richiesta di adesione all’Unione europea della Croazia?

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interrogazione n. 46 dell’onorevole Michl Ebner (H-0315/08)

Oggetto: Conclusione dei negoziati di adesione della Croazia

Sin dall’avvio dei negoziati di adesione della Croazia, il paese candidato ha compiuto notevoli progressi, aprendo numerosi capitoli, e ha posto buone premesse per l’avvio e la conclusione di altri ancora. Vi sono stati sviluppi positivi soprattutto per quanto riguarda l’allineamento legislativo e la tutela delle minoranze, oltre a un impegno verso una riforma giudiziaria. Inoltre, con la mancata applicazione della recente decisione riguardante la Zona di protezione ecologica e di pesca, la Croazia ha posto la premessa per un proseguimento dei negoziati all’insegna di un accresciuto dinamismo. Questa situazione è confermata dalla relazione concernente i progressi compiuti dalla Croazia che, ai paragrafi 31 e 32, chiede maggiore sostegno anche da parte dell’UE e in particolare della Commissione.

Come intende la Commissione intensificare il proprio sostegno? Intende presentare, in autunno, un calendario provvisorio per la conclusione dei negoziati 2009, se la Croazia ne soddisfa le condizioni?

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, gli onorevoli Posselt, Crowley e Ebner hanno chiesto del quadro dei negoziati di adesione con la Croazia e posso fornire un’unica risposta.

Tali negoziati con la Croazia nel complesso stanno procedendo positivamente. Finora, nel quadro dei negoziati sono stati avviati 18 capitoli su 35 e ne abbiamo conclusi due. Per quanto riguarda i parametri di apertura, sono state fissate 11 serie. La Commissione ha stabilito che i parametri sono stati soddisfatti in sette casi su undici. In questi casi, ora gli Stati membri discutono le nostre raccomandazioni nel Consiglio o si preparano posizioni nel quadro dei negoziati. Nei restanti capitoli, quali la politica di concorrenza e gli appalti pubblici, i parametri di apertura sono già stati stabiliti dall’Unione nella prima metà del 2006, ovvero due anni fa. Ma la Croazia ha tardato ad adottare le misure necessarie volte a rispettare tali parametri.

La Croazia sta tuttora lavorando sui parametri di apertura per il capitolo relativo al sistema giuridico e ai diritti fondamentali, in cui si riscontrano molte sfide complesse in settori quali la riforma giuridica, la lotta contro la corruzione e il ritorno dei rifugiati.

Se la Croazia ha compiuto un buon lavoro conformandosi ai 16 capitoli fondamentali in cui sono presenti i parametri di chiusura, non ha fatto abbastanza in questa fase per osservare tutti i parametri di chiusura nei 16 capitoli. Con le rimanenti condizioni che la Croazia deve ancora soddisfare, non è realistico presupporre che i negoziati d’adesione possano concludersi nel 2008. Tuttavia, questo paese ha in generale compiuto ottimi progressi e quindi il 2008 potrebbe essere un anno decisivo nei suoi negoziati d’adesione all’UE. A patto che la Croazia rispetti alcune condizioni, la Commissione, nel pacchetto dell’allargamento di quest’autunno, presenterà un calendario indicativo o una tabella di marcia condizionale per la conclusione di altri negoziati tecnici nel corso del 2009.

La prima condizione da rispettare è che la Croazia dovrebbe soddisfare tutti i parametri di apertura entro giugno di quest’anno, vale a dire il prossimo mese. Secondo, la Croazia deve conformarsi a tutti gli obblighi giuridici secondo l’accordo di stabilizzazione e di adesione e deve inoltre continuare a osservare i requisiti del processo di stabilizzazione e adesione. Terzo, la Croazia ha bisogno con urgenza di migliorare la propria gestione dell’assistenza finanziaria dell’UE secondo i programmi PHARE e IPA.

Il Presidente della Commissione continuerà a fornire alla Croazia una sostanziale assistenza finanziaria e tecnica al fine di favorirla a soddisfare i requisiti di adesione all’UE. Una volta che questo paese avrà compiuto i progressi sufficienti volti a osservare i parametri di apertura o di chiusura, la Commissione, a tempo debito, preparerà e presenterà agli Stati membri le raccomandazioni necessarie per le posizioni da assumere nella conferenza intergovernativa. Quindi, in breve, l’andamento dei progressi della Croazia verso l’Unione europea alla fine sarà determinato dalla sua capacità di soddisfare le condizioni richieste. Pertanto, possiamo lavorare e progredire sulla base dei meriti della Croazia.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE) . – (DE) Signor Commissario, conosce il mio punto di vista, ovvero che, qualora la giustizia prevalesse, la Croazia avrebbe dovuto aderire all’UE tempo fa.

Tuttavia, non sto esprimendo la mia opinione personale a questo proposito, ma quella di quest’Aula. Il Parlamento ha affermato che i negoziati dovrebbero essere conclusi al più tardi entro il 2009. Nel suo incontro in Croazia di qualche settimana fa, la commissione parlamentare congiunta ha dichiarato che tutti i capitoli dovrebbero essere avviati durante la Presidenza slovena e terminati durante quella francese o, al massimo, ceca. La Commissione ritiene che questo programma sia realistico e che cosa sta facendo per accelerare il processo?

 
  
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  Brian Crowley (UEN) . (EN) Signora Presidente, desidero ringraziare il Commissario per la sua risposta.

Due puntualizzazioni. Innanzi tutto, per quanto riguarda il capitolo sistema giudiziario e diritti fondamentali, ove sembra ci siano molte difficoltà relative ai negoziati: in che modo possiamo aiutare al meglio la Croazia per progredire a tal proposito?

Secondo, per quanto riguarda la distribuzione del denaro del programma PHARE e la sua gestione: quali sono le maggiori insidie che il sistema croato di gestione finanziaria deve superare?

Terzo, ritornando sulle affermazioni del mio collega Bernd Posselt, pensavamo che un accordo sarebbe stato concluso molto rapidamente. Se rimangono ancora 17 capitoli da avviare per i negoziati, come possiamo procedere al ritmo che vorremmo vedere?

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Vi ringrazio per queste interrogazioni complementari molto pertinenti e importanti. La Commissione sta collaborando con la Croazia come farebbe con qualsiasi altro paese candidato in modo da seguire il quadro dei negoziati adottato all’unanimità dal Consiglio e dagli Stati membri.

E’ nostro dovere e responsabilità verificare i progressi nel rispetto dei parametri sulla base della nostra metodologia piuttosto nuova, che è stata concepita e adottata alla fine del 2006, con il sostegno molto deciso del Parlamento, al fine di migliorare la qualità del processo di adesione all’UE. Ciò significa che, una volta che un paese è in grado di avviare un parametro e poi concluderlo, ha dimostrato di aver compiuto progressi sufficienti negli aspetti coinvolti.

Vi offro un esempio molto concreto, il settore dell’industria navale croata. Ci aspettiamo che la Croazia fornisca una strategia pragmatica di riorganizzazione dell’intero settore, nonché dei singoli cantieri navali interessati.

Si è recentemente svolto un incontro tra il vice Primo Ministro della Croazia e la mia collega Neelie Kroes, il Commissario europeo per la concorrenza, per esaminare attentamente le questioni in merito. Siamo tuttora in attesa di sforzi un po’ più convincenti da parte delle autorità croate per comprovare che la Croazia riuscirà a riorganizzare in maniera adeguata il settore dell’industria navale, in modo da poter proseguire nell’ambito della politica di concorrenza in cui gli aiuti statali costituiscono un parametro cruciale.

Ciò sta a dimostrare che soddisfare i parametri è veramente nelle mani del governo e delle autorità croate. Siamo sempre stati consapevoli che alcuni parametri fossero più impegnativi di altri e la Commissione ha incoraggiato la Croazia a lavorare diligentemente per rispettarli, in particolare nel settore della riforma giudiziaria a cui si riferiva l’onorevole Crowley, nonché nell’altro ambito menzionato, l’industria navale.

Per quanto riguarda la riforma giudiziaria, stiamo fornendo alla Croazia assistenza giuridica e tecnica conformemente alla sezione di creazione delle istituzioni dello strumento di preadesione. Stiamo esortando esercizi duplici e, naturalmente, offriamo al paese le nostre competenze. Anche gli Stati membri provvedono con le loro revisioni paritarie, che sono importanti al fine di valutare se la Croazia stia compiendo o meno progressi positivi nel settore.

Nel complesso, pertanto, ci stiamo comportando bene nei negoziati. Il loro andamento dipende essenzialmente da quello di tali riforme essenziali affinché la Croazia soddisfi prima i parametri di apertura e poi quelli di chiusura.

 
  
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  Presidente . Annuncio l’

interrogazione n. 47 dell’onorevole Dimitrios Papadimoulis (H-0295/08)

Oggetto: Processo di adesione dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (ERIM) all’Unione europea

Durante una conferenza stampa (Bruxelles, 5.3.2008) in occasione del vertice della NATO, il Commissario per l’allargamento, sig. Rehn, ha dichiarato che, se le due parti, la Grecia e l’ERIM, non trovano un accordo sulla questione del nome, tale fatto avrà conseguenze negative sull’adesione dell’ERIM all’Unione europea. Considerata la volontà dell’UE di incoraggiare il proseguimento dei negoziati sotto l’egida dell’ONU in modo da trovare, e soprattutto velocemente, una soluzione reciprocamente accettabile alla questione del nome, quali misure intende la Commissione adottare per riavviare i negoziati e per trovare una soluzione reciprocamente accettabile?

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Signora Presidente, mi consenta di chiarire che il 5 marzo non ho partecipato al Vertice della NATO. Avrei voluto, ma non sono intervenuto al vertice come è stato erroneamente indicato nell’interrogazione. Al contrario, ho preso parte all’incontro della Commissione, il nostro incontro settimanale, e in tale occasione abbiamo adottato una comunicazione dal titolo “Rafforzare la prospettiva europea dei Balcani occidentali”.

Successivamente, ho fatto una dichiarazione alla conferenza stampa in merito, a cui si riferiva l’onorevole deputato. In questo contesto, durante la conferenza stampa, ho notato che la questione principale stava consumando molta energia politica. Ho esortato i leader dei due i paesi a trovare una soluzione accettabile per entrambi. L’ho fatto pubblicamente e privatamente.

Per rispondere all’interrogazione, ho spiegato che le decisioni relative al processo di adesione all’UE sono prese dagli Stati membri all’unanimità. In questo quadro, ho espresso la mia preoccupazione che la mancanza di una soluzione al problema principale potrebbe avere un effetto negativo sul processo di adesione del paese.

Posso garantirle che la Commissione continuerà a invitare le parti a impegnarsi in modo costruttivo per risolvere tale questione. Tuttavia, la Commissione non dispone delle competenze, né dell’autorità in quest’ambito e quindi gli sforzi devono proseguire sotto l’egida delle Nazioni Unite, nel quadro di due importanti risoluzioni del Consiglio esecutivo dell’ONU, che risalgono al 1993.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis (GUE/NGL) . – (EL) Signora Presidente, signor Commissario, la ringrazio per la risposta, che conferma la dichiarazione effettuata a Bruxelles. Le ho espresso i miei ringraziamenti anche nella domanda postale il 5 marzo alla conferenza stampa a questo proposito.

Considerato che in una risoluzione sulle prospettive di adesione dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (ERIM) il Parlamento europeo ha recentemente riconosciuto la necessità di accelerare i negoziati al fine di ottenere una soluzione approvata universalmente, mi permetta di chiederle: ha intenzione, insieme al Parlamento ed esercitando la sua autorità, di intervenire prima che in autunno sia elaborata la sua relazione?

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Continuiamo a esortare entrambi i paesi coinvolti a trovare una soluzione a questo problema di vecchia data, dovrei dire troppo di vecchia data. Abbiamo piena fiducia nel mediatore delle Nazioni Unite, Nimitz, che ha il mandato preciso di facilitare le trattative tra le due parti nel quadro delle due fondamentali risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU del 1993. La Commissione non può quindi svolgere il ruolo di mediatore. Non abbiamo l’autorità, le competenze, ma invitiamo entrambe le parti ad assumere un approccio costruttivo, a impegnarsi e trovare finalmente una soluzione in merito.

 
  
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  Bernd Posselt (PPE-DE) . – (DE) Signor Commissario, la Commissione ha una responsabilità: è la custode dei trattati. L’accordo interinale stabilisce che non bisogna consentire che le questioni bilaterali diventino un ostacolo all’adesione. Volevo chiederle di confermarlo e se lei ha notato qualche sforzo da parte del governo macedone volto a risolvere le questioni e se, secondo lei, negli ultimi mesi la Macedonia ha compiuto progressi.

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) A mio parere, lei effettivamente ha ragione sul fatto che il paese abbia compiuto validi progressi nei circa sei mesi scorsi in termini di alcune riforme fondamentali quali quella giudiziaria e della pubblica amministrazione, nonché dell’attuazione della legge sulla polizia.

Di fatto, nella comunicazione di marzo abbiamo fissato otto parametri basati su criteri essenziali, criteri essenziali, del partenariato d’adesione che riflettono le riforme necessarie che supponiamo l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia sia in grado di intraprendere, ottenendo quindi progressi sufficienti per consentirci, nella nostra relazione d’autunno, di proporre una raccomandazione per avviare i negoziati d’adesione.

Ciò dipenderà dai risultati concreti del lavoro di riforma e certamente li rifletteremo nella nostra relazione riguardante i progressi che al momento è in preparazione.

Desidero evidenziare che, per avviare i negoziati d’adesione e affinché siano approvate le raccomandazioni della Commissione, nel Consiglio occorre l’unanimità di tutti gli Stati membri dell’UE e pertanto, anche se la consideriamo una questione bilaterale, è necessario tenere conto di quest’aspetto in quanto realtà politica.

Per quanto riguarda la nostra raccomandazione, dipende esclusivamente dai progressi ottenuti dall’ex Repubblica iugoslava di Macedonia in relazione all’attuazione delle riforme sul campo.

 
  
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  Presidente . − Annuncio l’

interrogazione n. 48 dell’onorevole Philip Claeys (H-0298/08)

Oggetto: Fondi europei per l’esercito turco a Cipro

Stando ad alcuni mezzi d’informazione, l’Unione europea avrebbe finanziato l’esercito turco per un importo di 13 milioni di euro.

Può la Commissione confermare che l’esercito turco riceve effettivamente finanziamenti europei? In caso affermativo, di quali fondi e progetti si tratta e per quale periodo? Qual è l’importo totale ricevuto dall’esercito turco? Chi ha preso l’iniziativa di assegnare questi stanziamenti? Intende la Commissione finanziare l’esercito turco anche in futuro?

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Sono molto lieto di rispondere a questa interrogazione poiché posso farlo brevemente. Non esistono fondi assegnati dall’Unione europea all’esercito turco a Cipro come insinuato dal titolo dell’interrogazione dell’onorevole deputato.

Conformemente al programma di preadesione, l’IPA, l’Unione europea appoggia in Turchia un progetto denominato “Civic training for conscripts”, e tale progetto in effetti è stato attivato in Turchia, non a Cipro. Il suo scopo, mediante le forze armate turche, è di formare i soldati di leva che stanno svolgendo il loro servizio militare in merito a questioni quali i diritti umani, la parità di sesso, i diritti delle donne e dei bambini, la tutela dell’ambiente, l’assistenza sanitaria generale e la lotta contro la dipendenza da droghe: secondo me, si tratta di aspetti meritevoli di causa, e questo è ciò che il programma “Civic training for conscripts” è finalizzato a ottenere.

 
  
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  Philip Claeys (NI) . – (NL) Desidero ringraziare il Commissario per la sua risposta, ma ho due brevi domande al proposito. Innanzi tutto, il Commissario come spiega la diffusione di tali questioni da parte della stampa? Queste informazioni sono pervenute da una rivista e credo s’indicasse in una pubblicazione turco-cipriota.

Secondo, la Commissione in che modo garantisce che le truppe turche che occupano Cipro non ottengano parte dei fondi e la usino quindi per altri scopi anziché per quello previsto?

 
  
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  Olli Rehn, Membro della Commissione. (EN) Effettivamente è importante correggere i miti con i fatti e i malintesi con la diffusione di informazioni fattuali concrete e oggettive. Quindi, sono grato all’onorevole deputato per aver posto la sua domanda.

In realtà, rispondendole come ho appena fatto, sono sicuro che ora possiamo fornire fatti che correggeranno i malintesi relativi ai mezzi di comunicazione cui si riferiva l’onorevole Claeys.

Come ho affermato, questo progetto è stato avviato in Turchia dalle forze armate turche e, pertanto, quest’aspetto dovrebbe chiarire la considerazione espressa dall’onorevole deputato in merito al luogo in cui si svolge tale progetto e programma.

 
  
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  Presidente . Le interrogazioni che, per mancanza di tempo, non hanno ricevuto risposta, la riceveranno per iscritto (vedasi allegato).

 
  
  

Con questo si conclude il Tempo delle interrogazioni.

(La seduta, sospesa alle 19.55, è ripresa alle 21.00)

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. GÉRARD ONESTA
Vicepresidente

 

16. Comunicazione della Presidenza: vedasi processo verbale

17. Composizione dei gruppi politici: vedasi processo verbale

18. Composizione del Parlamento: vedasi processo verbale

19. Servizi mobili via satellite (discussione)
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Hall, a nome della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, sulla selezione e l’autorizzazione dei sistemi che forniscono servizi mobili via satellite [COM(2007)0480 – C6-0257/2007 – 2007/0174(COD)] (A6-0077/2008).

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, innanzi tutto desidero ringraziare il Parlamento per essersi occupato con urgenza della proposta della Commissione e so che non è affatto semplice. Quest’Assemblea ha fatto più dell’impossibile al fine di arrivare a questo punto e ha fatto bene.

I servizi mobili via satellite rappresentano un settore dotato di un elevato potenziale con applicazioni che spaziano dall’accesso a Internet ad alta velocità, alla radiodiffusione mobile e ai servizi di emergenza.

Lo sviluppo di un mercato interno competitivo per i servizi mobili via satellite produrrà notevoli economie di scale e un uso più efficace dello spettro, e di tutto ciò approfitteranno le imprese e i consumatori in Europa. Tuttavia, il tempismo è della massima importanza, se non vogliamo sprecare l’attuale opportunità a favore dei sistemi mobili via satellite.

Questa iniziativa genera un processo di selezione vincolante paneuropeo di specifici operatori satellitari e, in effetti, è molto innovativo secondo diversi aspetti. Sono quindi molto grata per gli sforzi compiuti dalla relatrice, l’onorevole Hall, e da tutti gli altri colleghi del Parlamento europeo volti a promuovere il consenso in Aula e nel Consiglio nel poco tempo che ci rimane.

Nella relazione si riscontrano numerosi emendamenti finalizzati a includere nella decisione legislativa dettagli in origine destinati ad essere trattati durante l’attuazione del processo di selezione. Fra questi, figurano una descrizione particolareggiata dei criteri di selezione, la loro rispettiva ponderazione, la durata delle autorizzazioni che deve essere trasmessa dalle autorità nazionali competenti, e così via.

In termini ordinari, un simile livello di dettagli non è presente in un testo legislativo. Ma la Commissione è pronta ad approvare gli emendamenti del Parlamento. Tali emendamenti contribuiranno di certo a un grado di trasparenza persino più elevato di quello della proposta, e inoltre gli elementi principali che vi sono contenuti, in particolare la natura competitiva del meccanismo di selezione, la struttura fondamentale di questo processo e i punti basilari nonché i criteri di selezione, sono rimasti in gran parte immutati.

Nonostante i dettagli aggiuntivi, il Parlamento e il Consiglio hanno chiesto specifiche procedure di comitatologia per diverse fasi dell’attuazione del programma di selezione.

Queste procedure, che possono essere di regolamentazione o con controllo, sono, devo dire, meno flessibili e più lunghe di quanto ha proposto la Commissione. Se la Commissione è pronta a dimostrare la propria flessibilità in merito e ad approvare questi emendamenti, dovrebbe anche essere chiaro che ciò potrebbe avere un impatto sulla durata complessiva del processo di selezione. Questo aspetto è della massima importanza e perciò invito davvero tutte le parti interessate nell’attuazione a mostrare la loro flessibilità nelle disposizioni pratiche necessarie affinché la selezione degli operatori satellitari abbia un esito positivo il prima possibile.

A questo proposito, esorto anche il Consiglio a compiere tutti gli sforzi richiesti per concludere l’accordo prima del Consiglio TELCO di giugno, in modo da poter prendere una decisione. Pertanto, sono consapevole del fatto che ci sia molto lavoro da svolgere adesso per i nostri specialisti legali della Commissione, del Parlamento e, soprattutto, del Consiglio.

In conclusione, la Commissione può approvare gli emendamenti presentati dall’onorevole Hall. Corrispondono al testo di compromesso della Presidenza e preparano la strada per un accordo in prima lettura.

Sono molto fiduciosa che questo solido compromesso riceverà ampio sostegno da parte del Parlamento.

 
  
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  Fiona Hall, relatrice. (EN) Signor Presidente, desidero iniziare ringraziando tutti coloro che hanno lavorato sulla decisione relativa ai servizi mobili via satellite. Lo dico non solo come gesto di consueta gentilezza, ma perché la decisione è giunta in plenaria questa settimana in qualità di accordo in prima lettura grazie al sostegno dei miei colleghi del Parlamento e all’aiuto della Commissione nel fornire il testo aggiuntivo. Vorrei inoltre ringraziare la Presidenza slovena, che ha condiviso la determinazione di quest’Aula per raggiungere un rapido accordo nell’interesse della competitività europea.

Nel febbraio 2007, gli Stati membri hanno concordato di mettere a disposizione le bande di radiofrequenza 2 GHz per un approccio armonizzato ai servizi mobili via satellite al fine di evitare interferenze e una frammentazione del mercato interno, nonché di schiudere la possibilità per la tecnologia europea degli MSS di diventare competitiva a livello globale. Il fine dell’odierna decisione sugli MSS è selezionare e autorizzare gli operatori di tali servizi mobili via satellite paneuropei.

Nella discussione e nei negoziati in merito a tale decisione, le discordanze da superare sono state istituzionali e geografiche, anziché politiche. Primo, i deputati erano preoccupati che nel progetto di proposta della Commissione fossero presenti elementi del processo di selezione e autorizzazione di natura politica, anziché puramente tecnica, e che quindi non fosse opportuno utilizzare la procedura di comitatologia per decidere i dettagli. In particolare, deputati e ministri degli Stati membri ai margini dell’UE erano molto preoccupati che i criteri di selezione potessero favorire operatori che riuscirebbero a fornire un servizio di copertura soltanto per il centro dell’Europa.

I parlamentari erano inoltre preoccupati che i criteri di selezione potessero non riflettere l’impegno espresso con frequenza dal Parlamento per i servizi d’interesse pubblico e per l’integrazione delle regioni rurali e sottosviluppate. Tali difficoltà sono state sormontate inserendo nel testo espressioni dettagliate e trasparenti sulla ponderazione da assegnare alla copertura geografica, alla pubblica sicurezza, ai servizi di protezione e alla serie di servizi offerti ai consumatori nelle zone rurali e periferiche.

Il compromesso raggiunto prima della votazione in sede di commissione per l’industria, la ricerca e l’energia è stato particolarmente importante, stabilendo che tutti i partecipanti devono impegnarsi a fornire servizi che coprano almeno il 50 per cento della popolazione e almeno il 60 per cento dell’area territoriale aggregata di ogni Stato membro. Se la copertura inferiore non raggiunge quel 100 per cento che so alcuni colleghi avrebbero preferito, ritengo offra comunque un compromesso realistico, considerati i vincoli tecnici ed economici cui è sottoposta l’industria. Inoltre, gli Stati membri conservano il diritto di utilizzare lo spettro per altri scopi purché al di fuori dell’ambito dei servizi mobili via satellite, e possono imporre un uso di emergenza dei sistemi mobili via satellite in caso di catastrofe.

Per concludere, penso abbiamo raggiunto un accordo molto efficace e rapido che beneficerà cittadini e industria. Spero che in giugno si possano apporre le firme finali all’accordo per consentire il primo invito a presentare candidature entro l’inizio dell’estate, e mi auguro che, la prossima volta che gli Stati membri e la Commissione decideranno che occorre un servizio paneuropeo in una banda di frequenza specifica, considereranno la decisione relativa agli MSS un modello volto a ottenere un accordo tempestivo coinvolgendo il Parlamento nei dettagli del testo.

 
  
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  Ruth Hieronymi, relatrice per parere della commissione per la cultura e l’istruzione. − (DE) Signor Presidente, anch’io desidero innanzi tutto ringraziare l’onorevole Hall per i suoi sforzi estremamente ambiziosi volti a ottenere un risultato tempestivo per questa complicata relazione. Ce l’ha fatta!

La relazione è stata complicata poiché ha dovuto stabilire norme per il caso particolare di servizi mobili via satellite a livello europeo prima della revisione del pacchetto Telecom. E’ grazie al Parlamento, e soprattutto alla sua relatrice, che sono riusciti a trovare il modo di prendere una simile decisione preparatoria, che, tuttavia, offre un livello sufficiente di trasparenza e unisce realmente decisioni eccezionali a circostanze eccezionali.

Sono quindi molto soddisfatta di ciò e, a nome della commissione per la cultura e l’istruzione, posso affermare che approviamo il risultato che è stato ottenuto, poiché include tre aspetti che, a nostro parere, sono importanti: primo, la decisione rispetta la sfera di competenza degli Stati membri di decidere come assegnare le frequenze. Secondo, la decisione è inoltre collegata alla direttiva sui servizi dei media audiovisivi, e terzo, ciò rafforzerà il pluralismo dei mezzi di comunicazione e la diversità culturale in questi servizi.

Tutto ciò che possiamo fare è augurarci, ed è il nostro desiderio, che questo lavoro sia anche utile e che saranno effettivamente istituiti servizi mobili via satellite paneuropei, come questa decisione ci porta a credere.

 
  
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  Jean-Pierre Audy, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR)Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, le mie prime parole saranno di congratulazioni per la mia collega, l’onorevole Hall, la relatrice di tale complicata questione, per la sua buona volontà nel cooperare con i relatori dei gruppi politici. Includo in questo processo la mia stimata collega, l’onorevole Niebler, presidente della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, la commissione responsabile, che ha svolto un lavoro eccellente.

Il compromesso proposto è soddisfacente. E’ il risultato di lunghe discussioni che abbiamo condotto con la Presidenza slovena, con cui mi congratulo per la qualità del suo operato, e dovrebbe consentirci di ottenere un accordo in prima lettura in modo da offrire rapidamente i servizi mobili via satellite.

Questi servizi sono un grande successo europeo, e ben realizzato, signora Commissario, poiché, in futuro, i sistemi che forniranno tali servizi mobili via satellite, quali un trasferimento di dati ad alta velocità o una televisione mobile, saranno selezionati a livello europeo. Si tratta di una dimostrazione di efficienza, migliore economia e priorità comunitaria.

Siamo consapevoli del compromesso. Abbiamo registrato un ottimo risultato, e accolgo con favore il fatto che la Commissione abbia accettato un incremento dei servizi offerti ai cittadini, siccome ogni sistema dovrà coprire il 60 per cento del territorio dell’Unione all’inizio e l’intero territorio al più tardi entro sette anni dall’avvio. Sono lieto che i criteri principali per la copertura richiesta siano costituiti dal territorio e non solo dalla popolazione, il che significa che potranno essere servite le nostre zone rurali e periferiche. E’ un aspetto cui tengo molto, dato che provengo da una regione rurale che ha impiegato molto tempo, e ne impiega tuttora, per avvalersi delle infrastrutture tecnologiche rispetto alle vaste aree urbane, e si tratta di pari opportunità per i cittadini in qualsiasi parte del territorio dell’Unione europea.

Una volta che il testo è stato adottato in Parlamento e approvato dal Consiglio, invito la Commissione ad agire per stabilire rapidamente servizi mobili via satellite a prezzi ragionevoli che occorre controllare. Tali servizi sono importanti sfide finanziarie e tecnologiche, ma permettono all’Europa di cogliere l’opportunità di dotarsi di un settore avanzato in termini di servizi satellitari.

Infine, mi auguro che l’audacia e l’abilità degli industriali europei consentirà loro di presentare questo compromesso politico, dimostrando nuovamente la loro grande capacità di adattamento tecnologico.

 
  
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  Catherine Trautmann, a nome del gruppo PSE. – (FR) Signor Presidente, signora Commissario, onorevoli colleghi, finalmente siamo giunti alla vigilia della votazione in Parlamento relativa alla banda S, che è stata favorevolmente anticipata dagli operatori e dalla maggior parte degli Stati membri. Notiamo l’importanza di queste frequenze, che finora non sono state utilizzate e la cui capacità di trasmettere la televisione mobile, i dati o i servizi d’emergenza ora è stata riconosciuta, e per cui il Parlamento ha espresso il suo particolare impegno.

E’ vero che il metodo non può essere ottimale. Questo approccio piuttosto “impressionista”, che è consistito nello stabilire un piano di frequenza a piccole pennellate, ha mostrato alcuni limiti. Cercheremo di porvi rimedio quando esamineremo il quadro normativo per le telecomunicazioni. Per quanto riguarda i servizi mobili via satellite, fondamentalmente l’esito finale offre un equilibrio tra ambizione politica e praticabilità economica. In particolare, il Parlamento ha insistito sul livello di copertura geografica al fine di evitare il rischio di un abisso digitale tra gli Stati membri, ma anche al loro interno. La ponderazione dei criteri per il “concorso di bellezza” è il riflesso reale del peso rispettivo delle preoccupazioni del Parlamento e dei cittadini europei, soprattutto in relazione ai servizi pubblici.

Alla fine, la possibilità, in qualche misura, di richiedere le frequenze assegnate in caso di disastro è in linea con le attuali discussioni nella UIT, laddove il contributo delle telecomunicazioni per tutelare la vita umana è stato esaminato lo scorso anno durante la conferenza globale.

In quanto relatrice ombra per il gruppo socialista, devo sottolineare quanto sia stato piacevole lavorare con l’onorevole Hall, la nostra relatrice, la cui assoluta determinazione è evidente. Plaudo inoltre la Presidenza slovena per il suo efficace contributo, cha ha ricevuto il battesimo del fuoco affrontando una questione davvero spinosa.

Infine, vorrei congratularmi con il Commissario Reding per la buona volontà della sua cooperazione tecnica tra i servizi della Commissione, il segretariato della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, e gli esperti legali e linguistici dei due colegislatori che ci hanno permesso di elaborare un testo di qualità. Inoltre, sono lieta di aver presieduto i due dialoghi a tre che hanno contribuito a chiarire gli aspetti da discutere e risolvere.

Il Parlamento è stato conciliante nella conclusione dell’accordo con il Consiglio nell’ottica del breve periodo di tempo connesso alla pianificazione satellitare e agli interessi economici e industriali. Gli investimenti finanziari sono considerevoli e rischiosi, e tutti vogliamo che abbiano un esito positivo. Perciò, concludo il mio intervento esortando la Presidenza e la Commissione in modo da poter testimoniare un loro impegno a far sì che si rispettino le scadenze per l’adozione del testo e la pubblicazione dell’invito a presentare candidature prima dell’estate.

 
  
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  Jaromír Kohlíček, a nome del gruppo GUE/NGL. (CS) Signor Presidente, onorevoli colleghi, attualmente l’Unione europea è uno dei principali partner nelle questioni spaziali. L’ambizioso progetto di avviare una struttura satellitare per il sistema di navigazione via satellite Galileo ne è una prova sufficiente. Tutti i sistemi satellitari dovrebbero utilizzare il medesimo radiospettro da 1980 a 2010 MHz e da 2170 a 2200 MHz nelle comunicazioni. E’ significativo che questa risoluzione stia cercando di unire i regolamenti frammentati dei singoli paesi in un quadro uniforme, e stabilire una metodologia operativa unificata per la frequenza di comunicazione assegnata. Per tale sistema satellitare, le frequenze dovrebbero essere le stesse per tutti gli Stati membri dell’UE. Questa iniziativa dovrebbe eliminare le interferenze dannose e, nel contempo, consentire uno sviluppo uniforme di questa parte del settore, vale a dire la comunicazione satellitare. Tenendo in considerazione che, nell’ambito della comunicazione satellitare, l’Unione europea al momento copre il 40 per cento del mercato mondiale, possiamo evidentemente considerare che una politica comune non discriminatoria può rafforzare in maniera considerevole l’importante ruolo dell’Unione in merito.

A nostro parere, la soluzione proposta condurrà a un migliore sviluppo dei fattori tecnici ed economici di comunicazione. Solo una soluzione uniforme nei 27 paesi membri è in grado di superare le barriere amministrative nazionali esistenti. Questo settore offre opportunità di lavoro qualificato ed è quindi opportuno per sostenere tale settore. L’intero gruppo GUE/NGL appoggia la risoluzione.

 
  
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  Nikolaos Vakalis (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, onorevoli colleghi, inizierò affermando quanto sono orgoglioso del lavoro che stiamo compiendo nel Parlamento europeo in merito alla relazione in discussione.

Non si tratta esclusivamente di nuove tecnologie, ma dell’importante ruolo rivestito da un’intera serie di nuove applicazioni tecnologiche, rafforzando la coesione sociale, economica e territoriale dell’UE, e trasformando la sua economia convenzionale in un’economia della conoscenza.

In particolare, il messaggio che oggi stiamo trasmettendo ai cittadini europei, onorevoli colleghi, è che in sette anni di attuazione dei sistemi MSS, ogni ultimo abitante del paese più isolato dell’Unione potrà avvalersi dei servizi mobili satellitari e terrestri. Ciò comporta connessioni Internet molto veloci, televisione mobile, telefono satellitare e, soprattutto, protezione civile e soccorsi in caso di disastri naturali.

Abbiamo lottato duramente in sede di commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, al fine di garantire che nessuna regione fosse esclusa da tali servizi. Se accadesse, si amplierebbe il divario digitale tra i centri metropolitani e le regioni periferiche di ogni Stato membro, e, in generale, tra diverse aree dell’UE.

Per concludere, mi congratulo sinceramente e ringrazio la relatrice, l’onorevole Hall, e i relatori ombra per la campagna che hanno condotto in Parlamento e con il Consiglio per ottenere la garanzia che questi importanti requisiti siano inclusi nel testo legislativo finale che voteremo domani.

 
  
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  Atanas Paparizov (PSE) . (BG) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Hall, la relatrice, per i suoi sforzi volti a garantire che tutti i cittadini europei di tutti i paesi membri godano dell’accesso ai servizi mobili via satellite.

Grazie all’impegno di quest’Aula, il criterio relativo alla copertura paneuropea ha un peso maggiore. Gli altri criteri comprenderanno inoltre se i sistemi offerti dagli operatori forniscano servizi nelle regioni ultraperiferiche e scarsamente popolate o altri servizi di interesse pubblico generale come protezione civile e intervento in caso di catastrofi.

La risoluzione è una base per creare reali opportunità per gli utenti individuali e collettivi dei servizi di paesi come il mio, la Repubblica di Bulgaria, che non sono collocati centralmente nel territorio dell’UE, di avere accesso ai servizi mobili via satellite paneuropei, compreso l’uso di Internet a banda larga, applicazioni multimediali mobili, servizi connessi alla protezione civile in casi di disastri naturali e industriali e, naturalmente, ciò facilita un miglioramento della competitività dei paesi periferici dell’Unione europea.

 
  
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  Anni Podimata (PSE) . – (EL) Signor Presidente, signora Commissario, dato che lo spettro di radiofrequenze è un bene pubblico, le forze di mercato da sole non sono in grado di assicurare le comunicazioni per tutti. Occorre un duplice approccio di politica ed economia del consumatore. Quando si assegna lo spettro, è necessario concentrarsi sul suo valore sociale, culturale ed economico, anziché aumentare soltanto il reddito dei fornitori di MSS o le entrate di un governo.

Signora Commissario, ammetto che all’inizio sono rimasta delusa per i criteri di selezione dei fornitori MSS, e soprattutto della misera copertura geografica del 60 per cento dell’Unione, alla luce della copertura geografica paneuropea e della disposizione di servizi mobili via satellite paneuropei. In paesi come la Grecia, con numerosi monti e isole, è difficile investire in reti di fibre ottiche ovunque, ragione per cui i servizi MSS assumono grande importanza. Con gli MSS, è possibile fornire una copertura completa negli Stati membri. Tale aspetto facilita lo sviluppo economico attuabile, in linea con gli obiettivi della riformata strategia di Lisbona.

Desidero ringraziare la relatrice, l’onorevole Hall, e la relatrice ombra del mio gruppo, l’onorevole Trautmann. Grazie al loro contributo e all’efficace cooperazione con il Consiglio, siamo giunti a una proposta di risoluzione decisamente migliore.

 
  
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  Zdzisław Kazimierz Chmielewski (PPE-DE) . (PL) Signor Presidente, l’obiettivo della decisione della Commissione europea che il Parlamento sta valutando è presentare principi armonizzati di accesso ai servizi mobili via satellite in tutti gli Stati membri. La necessità di soluzioni comunitarie è ovviamente giustificata dalla natura transfrontaliera delle comunicazioni satellitari. Tuttavia, non dobbiamo trascurare l’importanza particolare di tale soluzione, che ci richiede di mantenere il dovuto interesse durante la procedura successiva. Dobbiamo prestare particolare attenzione al fatto che le bande di frequenza in questione costituiscono un’integrazione percepibile alle reti mobili terrestri di comunicazione, soprattutto in regioni minacciate dal fenomeno noto come divario digitale. Non dobbiamo semplicemente consentire un’eccessiva frammentazione dell’uso di questa porzione dello spettro e, cosa peggiore, dissipare i benefici economici previsti.

 
  
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  Viviane Reding, Membro della Commissione. − (FR) Signor Presidente, vi ringrazio molto semplicemente, ringrazio il Parlamento e la sua relatrice, l’onorevole Hall. Ritengo siano stati degni del settore satellitare, che è un settore economico, ma soprattutto sono stati degni dei cittadini europei che beneficeranno dei servizi mobili via satellite: telefono, Internet, televisione e inoltre i servizi di sicurezza, in particolare in caso di catastrofe. A questo proposito, quindi, disponiamo di un servizio che sarà molto importante per la nostra grande Europa.

Nel frattempo, la Commissione farà del suo meglio per pubblicare un invito a presentare candidature il prima possibile, vale a dire prima della fine dell’estate.

Pertanto chiedo al Consiglio di agire rapidamente, molto rapidamente, in modo che i Ministri possano decidere entro giugno, cosicché, in seguito, saremo in grado di intervenire affinché le decisioni che saranno prese domani dal Parlamento europeo a un ritmo, devo ammettere, da togliere il fiato, possano essere realizzate nell’interesse dell’industria e dei cittadini.

Grazie per questo lavoro esemplare!

 
  
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  Fiona Hall, relatrice. (EN) Signor Presidente, effettivamente è stato molto piacevole sentir dire dal Commissario che la Commissione ha tutte le intenzioni di intervenire prima dell’estate. Sarebbero notizie gradite, sia dai cittadini sia dalla stessa industria.

Altrimenti, vorrei semplicemente ringraziare tutti i deputati per i loro commenti in questa discussione e affermare nuovamente che ciò non sarebbe stato possibile se non fosse stato per il livello di cooperazione estremamente positivo tra tutte le persone coinvolte nei negoziati per questa decisione.

 
  
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  Presidente . – La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani alle 12.00.

 

20. Donne e scienza (discussione)
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  Presidente . – L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Thomsen, a nome della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, sulle donne e la scienza [(2007/2206(INI)] (A6-0165/2008).

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, innanzi tutto mi permetta di esprimere la mia gratitudine al Parlamento europeo e in particolare alla relatrice, l’onorevole Thomsen, per il loro sostegno alla politica della Commissione su donne e scienza. Vorrei inoltre ringraziare il relatore della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia, l’onorevole Dover, per il suo approccio costruttivo.

Condividiamo la motivazione dell’onorevole Thomsen che l’eliminazione delle discriminazioni di genere nella scienza conduce a una nuova era di eccellenza per la ricerca e la crescita accademica europea, e uno stimolo all’innovazione. La Commissione è ben consapevole che esiste un serio squilibrio tra ricercatori di sesso femminile e maschile. Le ultime statistiche disponibili mostrano che, mentre le donne rappresentano oltre il 50 per cento dei laureati in tutte le facoltà universitarie, solo il 15 per cento dei professori sono donne. Nel campo della scienza, dell’ingegneria e della tecnologia, i dati corrispondenti sono pari al 34 per cento di donne laureate e al 9 per cento di professori donne. La Commissione concorda sul fatto che tale situazione rappresenta un grave spreco di talento e risorse, in quanto contrasta con il principio di parità.

Dal 1999 la Commissione europea si sta occupando della questione dell’assenza delle donne nella ricerca. Nel quinto programma quadro, la Commissione ha offerto un sostegno finanziario a studi e progetti nell’ambito di donne e scienza. Dal 2003, la Commissione pubblica inoltre le statistiche “She Figures”, che mostrano la partecipazione delle donne nella ricerca europea. Le prossime saranno divulgate nel 2009.

Più nello specifico, nella sua relazione l’onorevole Thomsen sostiene l’obiettivo di almeno il 40 per cento delle donne e il 40 per cento degli uomini nelle diverse commissioni secondo il programma quadro. Tale obiettivo non vincolante è in forza dal 2000 e ha condotto a risultati molto positivi. Ad esempio, la partecipazione delle donne nelle commissioni di valutazione del lavoro di ricerca è aumentata dal 10 per cento nel quarto programma quadro al 34 per cento nel sesto programma quadro. Ciò dimostra che laddove si mette in evidenza adeguatamente la questione, si possono ottenere progressi anche senza obiettivi non vincolanti. In effetti, la presenza di obiettivi vincolanti potrebbe, a lungo termine, rivelarsi controproducente, poiché segnala discriminazioni contro gli uomini, e la maggior parte degli uomini non condivide tali obiettivi.

La relazione sottolinea l’impatto negativo di un’interruzione dell’attività sulla carriera delle donne scienziato. Nel quadro dello Spazio europeo della ricerca, la Commissione europea condivide tali preoccupazioni e approva l’adozione di misure politiche volte a facilitare un maggiore coordinamento tra vita professionale e familiare. Un collegamento tra le donne scienziato può inoltre contribuire in modo sostanziale ad attrarre più donne verso la scienza e occupazioni essenziali. Perciò, abbiamo creato la piattaforma europea delle donne scienziato, come una sorta di catalizzatore che genera esempi di ruolo nella ricerca scientifica.

Uno dei nostri principali obiettivi è accrescere il numero di donne che ricoprono incarichi decisionali. Quest’aspetto è direttamente collegato allo scopo concordato dagli Stati membri nel 2005: il 25 per cento delle posizioni di responsabilità nel settore della ricerca pubblica dovrebbe essere occupato da donne. E’ di recente pubblicazione una relazione in merito dal titolo “La mappatura del labirinto: assumere più donne ai vertici della ricerca”, secondo cui una valutazione trasparente ed equa da sola non è sufficiente ad aumentare la rappresentanza delle donne nei processi decisionali. Occorre un cambiamento nelle percezioni attuali. Gli specialisti avanzano proposte relative a come ampliare e aprire la mentalità scientifica e la cultura esistenti, ma ora la sfida è metterle in pratica. Tali progetti stanno proseguendo nel settimo programma quadro e adesso sono collegati all’attuazione dello Spazio europeo della ricerca. La conferenza che si svolgerà nel maggio 2009, sotto l’egida della Presidenza ceca dell’UE, condurrà uno studio in merito ai successi degli ultimi 10 anni e individuerà inoltre i settori in cui sono necessari ulteriori sforzi. Il contributo del Parlamento europeo al proposito sarà prezioso.

Nel marzo 2006, la Commissione ha adottato la Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010. Questa tabella di marcia costituisce il quadro d’azione della Commissione ed è un’espressione del nostro impegno per promuovere la parità di genere in tutte le nostre politiche, internamente ed esternamente. Le nostre priorità sono: riconciliare vita privata e professionale; favorire un’equa partecipazione di donne e uomini negli organismi decisionali politici ed economici, nonché nella scienza e nelle tecnologia; eliminare gli stereotipi di genere nei settori dell’istruzione, della formazione, della cultura e sul mercato del lavoro.

 
  
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  Britta Thomsen, relatrice. − (DA) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso l’opportunità di intervenire. Sono lieta che oggi possiamo collocare le donne e la ricerca in cima all’agenda, poiché ritengo sia un aspetto essenziale per l’Europa per quanto riguarda la realizzazione della strategia di Lisbona. L’Europa deve creare un maggior numero di posti di lavoro; dobbiamo offrire migliori occupazioni e diventare più forti in ricerca e innovazione. In ognuno di questi compiti, le donne rappresentano una parte fondamentale della soluzione. Sono necessarie più donne sul lavoro, in posizioni dirigenziali e in organismi decisionali. Se in Europa, nei prossimi anni, creeremo 700 000 posti di lavoro nella ricerca, dobbiamo anche migliorare nell’impiego dei nostri talenti femminili.

A livello generale, mi sono posta due obiettivi nell’elaborare questa relazione. Primo, volevo stabilire lo status della situazione attuale. Qual è la proporzione di donne nella ricerca e perché le condizione sono così negative? Secondo, avevo intenzione di guardare avanti e proporre soluzioni e consigli per come migliorare la situazione, che attualmente non è soddisfacente. Le donne costituiscono in media solo il 35 per cento dei ricercatori che lavorano nel settore pubblico e il 18 per cento di quelli che lavorano nel settore privato. Inoltre, anche se le donne rappresentano oltre il 50 per cento degli studenti europei e ottengono il 43 per cento dei dottorati, ricoprono soltanto il 15 per cento di importanti posizioni accademiche. Possiamo quindi notare una marcata distorsione per quanto riguarda la rappresentanza delle donne in ruoli decisionali e dirigenziali.

Anche le nostre istituzioni di recente realizzazione come il Consiglio europeo della ricerca non riescono a soddisfare i criteri di parità. Solo 5 membri su 22 di questo Consiglio sono donne. Ho inoltre posto l’accento sul fatto che nella maggior parte dei paesi europei è tuttora presente una netta sottorappresentanza delle donne nei comitati scientifici, ancora un altro esempio della loro assenza in organismi decisionali.

Vorrei aggiungere qualcosa in merito alla seconda parte della relazione, probabilmente la più interessante, ovvero le soluzioni e le proposte per il futuro. Ho ascoltato con attenzione la motivazione offerta durante il processo di consultazione svoltosi in sede di commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere, e uno degli aspetti precisi che sono sorti era innanzi tutto di elaborare politiche per il settore. Se si ignora quest’ambito problematico a livello nazionale e istituzionale, non succederà nulla. Nella mia relazione, ho pertanto inserito un requisito affinché gli Stati membri e la Commissione stabiliscano un obiettivo di almeno il 40 per cento di donne nelle commissioni di assunzione e valutazione. Ritengo sia assolutamente essenziale. Se abbiamo intenzione di cambiare la situazione, dobbiamo garantire che siano presenti più donne negli organismi decisionali, in modo da poter compiere dall’alto gli sforzi necessari per creare una nuova cultura. Inoltre, ho chiesto procedure di assunzione più aperte. L’esperienza mostra che procedure chiuse favoriscono gli uomini, che si indicano reciprocamente come i più qualificati.

Nella mia relazione ho anche chiarito che non dobbiamo rifuggire azioni positive qualora nutrissimo la speranza di modificare la situazione in maniera relativamente rapida. Dopotutto, i nostri dati mostrano che al momento non ci sono sviluppi positivi spontanei. Ho pertanto raccomandato di conservare finanziamenti speciali per promuovere le ricercatrici e per incentrarci sull’importanza delle reti e dei modelli di ruolo in quanto iniziative semplici, che negli Stati membri hanno condotto a validi risultati. Anche interventi molto banali come una frase che afferma che è incoraggiata in particolare la partecipazione delle donne producono esiti positivi.

Il mio lavoro su questa relazione dimostra, quindi, che esistono numerose barriere. Di certo è importante offrire serie opportunità per conciliare la vita di ricercatore e quella familiare, con la possibilità di ottenere il congedo di maternità anche se si è studenti che frequentano un dottorato, ma si tratta anche di cultura. Le barriere culturali sono certamente più difficili da esprimere in una formula, eppure in realtà, come gli ostacoli più concreti, è questione di incentrarsi su alcune distorsioni. Non aggiungerò altro al proposito, ma ascolterò le vostre osservazioni sulla relazione.

 
  
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  Den Dover, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. (EN) Signor Presidente, è un grande piacere per me accogliere favorevolmente ogni parola pronunciata dal Commissario questa sera, nonché congratularmi con l’onorevole Thomsen, che ha svolto un ottimo lavoro in qualità di relatrice su questa importante questione. Dalla corrente di centrodestra dell’Aula, sono lieto di complimentarmi con una socialista dell’altra corrente e di un altro paese e le auguro il meglio poiché ha equilibrato l’intero approccio; ha evidenziato i fattori principali relativi al fatto che le donne raggiungano l’età adolescenziale prima degli uomini.

Sono più intelligenti, laboriose, sono in grado di applicarsi, eppure, anche quando ottengono un’istruzione superiore, all’inizio di una carriera nella ricerca, talvolta spariscono. Ciò accade spesso per pressioni a casa, per la loro vita personale. L’onorevole Thomsen ha ragione nella sua relazione e a concentrarsi su tali problemi questa sera.

La relazione propone idee costruttive. L’unico aspetto da cui dissento è fissare obiettivi specifici per la percentuale di donne che dovrebbe ottenere questo o quel grado, questo o un altro ruolo. E’ eccessivamente prescrittivo. Ma, dall’altro lato, questa relazione ha il mio pieno sostegno. Sono onorato di aver elaborato il parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. Ringrazio i relatori ombra della relazione principale e del mio parere per la loro assoluta collaborazione. Si tratta di un esempio di legislazione e una relazione nel Parlamento europeo che garantiscono di essere considerati al meglio, nella cooperazione e nell’attenzione a favore delle necessità dell’industria della ricerca.

Concludo dicendo che giovedì scorso, con uno dei miei colleghi, l’olandese Lambert van Nistelrooij, ci siamo recati all’Università di Oxford. Qui tutti gli scienziati e i ricercatori sono donne. Sono rimasto estremamente soddisfatto.

 
  
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  Presidente . – La ringrazio onorevole Dover, in particolare alla luce del fatto che, oltre al Commissario Dimas, lei è l’unico uomo a essersi segnato per la discussione di stasera. Ci sono soltanto oratori donna.

 
  
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  Edit Bauer, a nome del gruppo PPE-DE. (SK) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi vi ringrazio. Mi congratulo con l’onorevole Thomsen, a nome della relatrice ombra per il gruppo PPE-DE, l’onorevole Sartori, nonché a nome mio. Vorrei dire che la situazione riguardante le donne e la scienza è paragonabile a quella delle donne e la politica, benché nel settore della scienza le donne siano rappresentate leggermente meglio. Questa è la realtà, nonostante le donne costituiscano circa il 60 per cento dei laureati universitari. Una carriera scientifica è più di un’occupazione con orario regolare. Esiste anche un forte aspetto competitivo: spesso le donne devono fare di più degli uomini per ottenere successo. Una collega più anziana, molti anni fa, mi aveva avvertito di questa situazione all’inizio della mia carriera scientifica.

La domanda relativa al perché le donne sono così scarsamente rappresentate nella scienza, al perché dopo un periodo di tempo si verifica un calo del numero di giovani donne scienziato e quindi al motivo per cui, di conseguenza, perdiamo scienziati dotati, è quella giusta? Creare condizioni volte a conciliare vita lavorativa e familiare è d’interesse essenziale per le donne scienziato. A questo proposito, è particolarmente importante realizzare gli obiettivi di Barcellona. Se si ritiene che le donne siano scienziati di successo, i servizi loro disponibili devono essere affidabili, accessibili, eccellenti, appropriati alla natura e ai requisiti del lavoro scientifico e sufficientemente flessibili.

Tuttavia, occorre inoltre considerare la questione del sostegno generale a scienza e sviluppo. Se le retribuzioni variano tra basso e molto basso, nessuno può attendersi che tali professioni invoglino le giovani donne o anche i giovani uomini a metter su famiglia. Ciò costituisce un reale problema in alcuni paesi, in altre parole i nuovi Stati membri, dove il sostegno a scienza e ricerca è pari all’1 per cento del PIL. Consentitemi di concludere dicendo che la situazione andrebbe risolta modificando le condizioni, anziché fissando quote.

 
  
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  Zita Gurmai, a nome del gruppo PSE. (HU) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, la partecipazione delle donne all’istruzione superiore è aumentata in modo sensazionale negli ultimi anni. Tuttavia, da ciò non è derivato un miglioramento nel rapporto donne-uomini nella scienza. Anche il numero di donne in ingegneria è cresciuto negli ultimi vent’anni, ma non quanto nelle altre professioni e discipline scientifiche.

A causa delle difficoltà, una grande proporzione di donne scienziato abbandona una carriera nella scienza, e ciò è inaccettabile e assurdo. Per le donne è più complicato far carriera nelle loro professioni. Quest’aspetto è particolarmente evidente per quanto riguarda le retribuzioni. Le donne sono meno rappresentate nelle istituzioni scientifiche. Le ricercatrici sono costrette a scegliere tra carriera e famiglia. Le interruzioni temporanee nella professione di una donna nella scienza per ragioni familiari rendono difficile la loro promozione. Dobbiamo considerare metodi finalizzati a stabilire un equilibrio tra vita lavorativa e privata e applicare migliori prassi.

Anche la strategia di Lisbona chiede di applicare i principi di parità di genere nel settore di ricerca e sviluppo. Dobbiamo intraprendere azioni più efficaci in tutti i campi della scienza e rendere le procedure di assunzione e i requisiti di promozione più trasparenti. Dobbiamo adoperarci per garantire parità di genere nella ricerca universitaria e non e negli organismi direttivi di tali istituzioni.

La relazione è eccellente, e ne consiglio l’adozione. Mi congratulo inoltre con la mia collega Britta Thomsen che, in quanto ricercatrice, ha analizzato in modo approfondito la materia. Grazie.

 
  
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  Siiri Oviir, a nome del gruppo ALDE. (ET) Signor Commissario, signor Presidente, onorevoli colleghi, la vita nel mondo di oggi è sempre più legata a scienza e tecnologia tramite prodotti nuovi o migliorati e uno sviluppo tecnologico e dei servizi. Le donne scienziato d’Europa contribuiscono senza dubbio a tale processo.

Si è già detto che nelle università ci sono più studentesse che studenti; la stessa cosa vale per chi frequenta un master o un dottorato, ci sono più donne. Tuttavia, il numero di donne che lavora a un livello più elevato in istituzioni scientifiche e didattiche è sette volte inferiore a quello degli uomini, la media è pari al 15 per cento. Per quale ragione? Il mondo scientifico negli anni è sempre stato formato principalmente da uomini. Tale situazione è stata giustificata affermando che la conoscenza autentica è conseguita utilizzando con precisione metodi oggettivi e discussioni logiche che sono meno naturali per le donne che per gli uomini.

Il fatto che, anche oggi, il mondo scientifico sia formato soprattutto da uomini, in sé è maggiormente dovuto all’assimilazione della mascolinità al pensiero scientifico anziché alla precedente giustificazione. La scienza accademica ha dimostrato che il concetto di oggettività identificato con la mascolinità è una leggenda. La realtà odierna, tuttavia, è che questo mito influenzi incontestabilmente l’assegnazione di posti di lavoro e il processo decisionale connesso al finanziamento della ricerca scientifica.

Tale atteggiamento sminuente è accentuato inoltre dai mezzi di comunicazione, in cui le donne sono dipinte in modo unidimensionale e tendenzioso. Spesso sono rappresentate in un qualsiasi vecchio ruolo, soprattutto come membri di gruppi femminili, e non come professioniste nel loro campo. Allo stesso tempo, abbiamo compiuto scarsi progressi per cambiare la situazione e aumentare le opportunità delle donne di occupazioni migliori. Per mutare questa prospettiva, diffusa nella società, dobbiamo iniziare a promuovere dalle fasi iniziali la scienza a entrambi i sessi in quanto settore interessante e allettante. Dai libri dei bambini devono sparire le foto che ritraggono le donne con il grembiule e gli uomini sulle navicelle spaziali.

Approvo le misure positive proposte nella relazione volte a incoraggiare e aiutare le donne scienziato, sottoforma di orientamento professionale finalizzato alle donne scienziato o programmi speciali per sostenere l’interesse a carriere nella scienza. Non posso, tuttavia, appoggiare quote meccanicistiche basate sul genere poiché ci vincolano a un periodo di tempo specifico e possono risultare in quantità anziché in qualità. Ringrazio la relatrice per un lavoro conciso e mi scuso.

 
  
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  Hiltrud Breyer, a nome del gruppo Verts/ALE. – (DE) Signor Presidente, l’uguaglianza di genere è un valore e un obiettivo dell’Unione europea. Tuttavia, anche se si è scritto molto in merito, le discriminazioni avvengono quotidianamente.

Purtroppo, la parità percepita esiste anche nella scienza. Sappiamo che un numero più elevato di ragazze che di ragazzi termina la scuola secondaria con titoli di accesso all’istruzione superiore, e più giovani donne che giovani uomini possiedono qualifiche di terzo grado. Le donne sono quindi ben istruite, ma dopo la laurea all’università sono ostacolate dal fenomeno del soffitto di vetro. I dati sono preoccupanti: soltanto il 15 per cento di tutti i professori sono donne. Solo il 15 per cento di ruoli al vertice sono occupati da donne, anche se la maggior parte dei laureati e metà di chi completa il dottorato è costituita da donne.

Le discriminazioni nelle retribuzioni si verificano anche nella scienza: le commissioni che decidono in merito a progetti di ricerca sono formate per meno del 20 per cento da donne. Si potrebbe quasi presumere che maggiore sarà la quantità di denaro spesa per un progetto di ricerca, meno saranno coinvolte le donne.

Ciò che occorre, quindi, se abbiamo intenzione di fare di più che vane promesse di parità, sono le quote, ma devono essere ambiziose, in modo che riescano veramente a ottenere risultati. L’uguaglianza di genere deve essere applicata a tutti i settori della scienza, e tale uguaglianza dovrebbe risultare per almeno il 40 per cento del sesso non rappresentato, cioè le donne, e non solo per il 25 per cento. Pertanto, affinché la situazione cambi, dobbiamo porci precisamente questo ambizioso obiettivo.

Per concludere, consentitemi di citare un’altra questione cui tengo molto: sappiamo che entro il 2010 l’Unione europea avrà bisogno di 700 000 ricercatori. Dobbiamo quindi compiere ogni sforzo per evitare che l’Unione europea diventi un deserto scientifico. Eppure, fin dall’inizio ci lasciamo sfuggire ragazze molto dotate. Incoraggiare giovani donne di talento è un’iniziativa che mi sta molto a cuore e chiederei alla relatrice di prestare maggiore attenzione a quest’aspetto.

 
  
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  Ewa Tomaszewska, a nome del gruppo UEN. – (PL) Signor Presidente, nel mio paese, la Polonia, il livello medio d’istruzione delle donne è più elevato di quello degli uomini. In qualità di fisico che lavora all’Università di Varsavia, non ho mai incontrato discriminazioni basate sul genere. Mi sarei sentita umiliata se la mia condizione professionale fosse stata decisa non per le mie competenze e capacità intellettuali, ma per qualità secondarie, come il genere.

Con il suo lavoro e la sua passione per la scoperta, Marie Skłodowska-Curie ha ottenuto risultati per cui è stata insignita due volte del Premio Nobel. Il rettore della mia università, al primo posto in Polonia, è una donna, una professoressa di fisica.

Tuttavia, la realtà che determina la situazione delle donne nel mondo della scienza non è la stessa dappertutto. I problemi sono evidenti quando si viene a conoscenza che le donne costituiscono solo il 35 per cento dei lavoratori dell’ambito scientifico impiegati nel settore pubblico e nell’istruzione superiore nell’Unione europea, e solo il 18 per cento nel settore privato. Talvolta, è la conseguenza di doveri familiari che prevalgono sul fascino della scienza, ma non sempre.

Le conclusioni dei paragrafi 2 e 3 della relazione, a mio parere, sono importanti. Di fatto è durante la prima fase dell’istruzione che è più semplice dimostrare che se la scienza può essere difficile, è sempre coinvolgente, e vale quindi la pena compiere uno sforzo per scoprire ciò che consideriamo interessante, e ciò che non possiamo raggiungere se non tramite studi scientifici. E’ apprezzabile incoraggiare chi è portato a intraprendere un lavoro scientifico; molte donne sono dotate di tali capacità, e sarebbe un peccato perdere questo potenziale. Gli esempi cui si fa riferimento nel paragrafo 3 hanno una certa fondatezza al proposito, indicando le azioni da eseguire per ottenere risultati.

In conformità con la strategia di Lisbona, ma indipendentemente da essa, è assolutamente fondamentale investire nelle persone e nella loro istruzione. Tale iniziativa aumenta le possibilità sul mercato del lavoro, e ciò vale anche per il mercato del lavoro molto specifico qual è il campo della scienza. Pertanto è importante che, in tutti i tirocini, gli scambi tra istituzioni didattiche e altre opportunità per migliorare la posizione occupazionale, i criteri di accesso sono siano discriminatori.

 
  
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  Eva-Britt Svensson, a nome del gruppo GUE/NGL. – (SV) Ringrazio la relatrice, l’onorevole Thomsen, per aver evidenziato il problema dell’ineguaglianza in scienza e ricerca. L’ineguaglianza pervade la società. Mediante l’impegno e le opinioni delle organizzazioni delle donne tra le altre, tuttavia, è aumentata la sensibilità in merito all’ineguaglianza in numerosi settori e molti si sono resi conto delle conseguenze negative per la società nel suo complesso. Ma proprio nella comunità scientifica è stata a lungo celata. Da qui, questa relazione è di particolare importanza.

Se l’UE pone l’accento sul ruolo della ricerca nello sviluppo economico, quest’ultima continua in molti casi a essere riservata a un solo genere. Nel settore pubblico, il 35 per cento dei ricercatori è costituito da donne, nel privato solo il 18 per cento. Il comitato scientifico del Consiglio europeo per la ricerca è formato da 22 membri, di cui cinque sono donne.

Questa relazione concentra l’attenzione sul problema, ma, a mio parere, non è sufficiente. Dobbiamo alzare ulteriormente il livello di ambizione.

Ho un’osservazione da compiere nella discussione sull’uguaglianza: dobbiamo continuare a difendere la necessità di uguaglianza affermando che occorre crescita economica e sviluppo. Quando saremo in grado di dire che la parità è un obiettivo di per sé che non ha bisogno di essere tutelata in termini economici? I pari diritti sono diritti umani!

 
  
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  Urszula Krupa, a nome del gruppo IND/DEM. – (PL) Signor Presidente, il ruolo svolto dalle donne nella scienza sembra differire nei singoli Stati membri dell’UE. Nei tempi difficili del comunismo, in Polonia le donne hanno ottenuto l’accesso alla scienza e ai diritti politici molto prima di numerosi paesi della vecchia UE. In precedenza, il problema era, e lo è tuttora, più di una povera situazione economica e criteri poco chiari di assegnazione delle risorse alla ricerca scientifica, di solito indipendentemente dal genere.

Nonostante questi ostacoli, ci sono molte donne che, come mogli e madri, rivestono importanti funzioni sociali, lavorando in qualità di ministri, direttori, presidi e professori in istituti d’istruzione superiore o medici, senza sentirsi discriminate dagli uomini. Al contrario di ciò che affermano energiche femministe, nel mio paese le donne sono generalmente rispettate; non soffrono di complessi, hanno piuttosto la consapevolezza del proprio valore e della propria forza, sapendo che, collaborando con gli uomini, svolgono un ruolo importante in tutti gli ambiti della vita, attribuendo, tuttavia, il massimo valore alla tutela della vita, alla protezione del matrimonio e della famiglia, e altri valori fondamentali.

La percentuale degli studenti di sesso femminile è costantemente in crescita, e dagli anni ‘90 era già il 51 per cento. Secondo le relazioni, le donne rappresentano il 38 per cento dei lavoratori scientifici nei paesi dell’UE dell’Europa centrale e orientale, anche se in gran parte sono impiegate in settori in cui la spesa per la ricerca scientifica è modesta. Sembra quindi opportuno suggerire di rendere disponibili maggiori fondi, accompagnati da un incoraggiamento a intraprendere attività scientifiche, oltre a un ulteriore consolidamento della posizione delle donne, in particolare mediante regolamenti giuridici che consentano di conciliare vita familiare e professionale, incluso il riconoscimento finanziario e sociale del lavoro domestico con l’obiettivo di offrire una scelta autenticamente gratuita, ma senza equivalenze o cambiamenti nella definizione di eccellenza.

La differenziazione di percentuale nei ruoli dirigenziali può essere collegata al notevole sforzo mentale e fisico che è più di una responsabilità, cosicché la rappresentanza delle donne dovrebbe applicata riconoscendo e utilizzando le conoscenze e le singole predisposizioni insieme al miglioramento delle condizioni giuridiche ed economiche e infrastrutture di assistenza, che facilitano la conciliazione di vita familiare e lavorativa.

 
  
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  Zita Pleštinská (PPE-DE) . (SK) Al fine di realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona, la priorità dell’Unione europea deve essere quella di creare un’ampia base di scienziati in grado di attuare ricerca di qualità al più elevato livello internazionale. La partecipazione delle donne alla scienza non corrisponde alle necessità della ricerca, benché le donne ottengano un’istruzione superiore a quella degli uomini, e il loro numero in questo tipo d’istruzione sia più alto. E’ pertanto necessario concentrarsi sull’istruzione e sul sostegno alle donne scienziato al vertice e motivare le donne di talento a intraprendere una carriera scientifica creando buone opportunità per attività scientifiche di qualità, fornendo carriera e retribuzione adeguate. Gli ostacoli che impediscono alle donne di partecipare al lavoro scientifico esistono ancora oggi. Psicologia e talvolta una solidarietà insufficiente tra le donne hanno altresì il loro ruolo.

Il fatto è che per le ricercatrici è più difficile che per gli uomini conciliare vita lavorativa e familiare. Le interruzioni nella carriera scientifica delle donne per motivi familiari hanno un impatto negativo sulle possibilità di avanzamento professionale. Siccome l’attività scientifica è continua, per le donne sarebbe vantaggioso lavorare anche a casa, a meno che non sia indispensabile la loro presenza sul posto di lavoro. La maggior parte di chi incontra problemi di mobilità è costituita da donne, poiché generalmente è compito della donna occuparsi di bambini, anziani o altri familiari a carico. Le donne apprezzerebbero servizi di assistenza all’infanzia negli istituti scientifici.

Ritengo che le quote non risolveranno il problema della mancanza di donne scienziato se le donne stesse non hanno intenzione di cambiare il loro status quo. Devono godere di condizioni appropriate, essere più fiduciose e mostrare solidarietà reciproca. Credo che il settimo programma quadro e i programmi di ricerca scientifica sosterranno progetti che incoraggino le donne a intraprendere carriere scientifiche. E’ importante che i sistemi di selezione dei progetti siano trasparenti, motivo per cui le donne dovrebbero avere una pari rappresentanza nelle commissioni di valutazione e selezione.

 
  
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  Lidia Joanna Geringer de Oedenberg (PSE) . – (PL) Benché le donne costituiscano oltre il 50 per cento degli studenti dell’UE e ottengano il 43 per cento dei dottorati europei, ricoprono, in media, solo il 15 per cento degli incarichi accademici di grado più elevato e sono in minoranza tra i ricercatori. Al governo e nel settore dell’istruzione superiore rappresentano in media il 35 per cento dei ricercatori, e nel settore privato solo il 18 per cento.

Studi hanno dimostrato che i sistemi di assunzione esistenti non sono neutri per quanto riguarda il genere. L’esistenza di un “soffitto di vetro” per le donne che tentano di avanzare verso ruoli di alto livello è ben documentata e colpisce tutti i settori dell’economia, in particolare quelli connessi a scienza e tecnologia. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero introdurre il prima possibile procedure di assunzione trasparenti al fine di garantire un equilibrio di genere negli organismi competenti.

Dato che la ricerca rappresenta un settore cruciale per lo sviluppo economico dell’Unione europea, e l’Europa ha bisogno di 700 000 ricercatori aggiuntivi in quanto parte della realizzazione della strategia di Lisbona per la crescita e lo sviluppo, è molto importante programmare la scienza come un settore aperto a entrambi i generi e garantire che le donne siano adeguatamente rappresentate tra gli scienziati. Al fine di ottenere tale risultato, è fondamentale fornire condizioni appropriate di lavoro adatte a una donna scienziato, oltre a infrastrutture che permettano un’agevole interfaccia tra vita professionale e familiare.

Infine, desidero congratularmi con la relatrice, l’onorevole Thomsen, per un documento elaborato in modo eccellente.

 
  
  

PRESIDENZA DELL’ON. EDWARD McMILLAN-SCOTT
Vicepresidente

 
  
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  Danutė Budreikaitė (ALDE) . – (LT) Purtroppo, nonostante gli atti giuridici adottati dall’UE e tutte le dichiarazioni e discussioni che abbiamo compiuto, la dimensione dell’integrazione di genere nella sfera della ricerca scientifica, tra le altre, resta insoddisfacente.

Anche se esiste un gran numero di studentesse nelle università dell’UE, solo il 18 per cento dei ricercatori che lavorano nel settore privato e solo il 15 per cento dei ricercatori in ruoli accademici di alto livello è donna. Nei settori di governo e istruzione superiore le donne rappresentano soltanto il 35 per cento. Inoltre, le donne che operano nella ricerca scientifica sono retribuite meno dei colleghi uomini e il loro lavoro consiste più in insegnamento che in ricerca, il che raramente consente loro di ottenere riconoscimenti.

Esorto la Commissione e gli Stati membri ad aumentare gli sforzi volti a sostenere le donne che mirano a realizzare una carriera come scienziate. Nel considerare il modo per aiutarle, non possiamo trascurare la dimensione familiare, la flessibilità delle ore lavorative e il miglioramento delle istituzioni di assistenza all’infanzia e la flessibilità familiare.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, avendo anch’io esperienza nel campo scientifico, accolgo con favore questa importante discussione sulle donne nel settore di scienza e tecnologia. In linea di massima approvo la relazione dell’onorevole Thomsen, che cerca di individuare le barriere che spiegano la ragione per cui le donne sono sottorappresentate nella scienza e concordo che la maggior parte dei sistemi educativi in Europa continui a mantenere stereotipi di genere.

La sua relazione osserva altri fattori che contribuiscono alla sottorappresentanza delle donne in questo settore e purtroppo in numerosi altri ambiti professionali. Tali fattori includono l’impatto negativo delle interruzioni dell’attività scientifica femminile legate a motivi familiari e delle restrizioni alla mobilità dovute a responsabilità familiari. Approvo il suo invito rivolto alla Commissione e, più in particolare, agli Stati membri a intraprendere azioni positive su diversi fronti (istruzione, assistenza all’infanzia, sicurezza sociale, congedo parentale), nonché a mettere a disposizione finanziamenti adeguati al fine di migliorare le prospettive delle donne che cercano di favorire la carriera o di ritornare alla scienza dopo essersi occupate della famiglia.

Occorrono donne competenti a tutti i livelli della società, e in effetti abbiamo anche bisogno di donne con competenze scientifiche in politica, ma ritengo non realizzeremo mai questo obiettivo fissando quote relative alla partecipazione di genere. Piuttosto, dovremmo mirare a una maggiore trasparenza nell’assunzione, a schemi di tutorato, al rafforzamento del collegamento tra le donne scienziato, alla promozione delle ricercatrici come modelli di ruolo e, naturalmente, all’adeguata disponibilità di finanziamenti per incoraggiare le donne nella scienza, mantenendo equità e parità. Credo che la maggior parte delle donne scienziato sarebbe d’accordo.

Nel 2003, nel mio paese, l’Irlanda, è stata istituita una Science, Engineering and Technology (SET) Committee (Commissione per la scienza, l’ingegneria e la tecnologia) al fine di formulare raccomandazioni relative alle strategie per aumentare tra donne e ragazze la comprensione delle materie scientifiche e un livello più elevato di matematica nell’istruzione di secondo grado e accrescere il numero di donne che scelgono corsi di ingegneria e tecnologia in quella di terzo grado. Questa commissione è presieduta dalla professoressa Jane Grimson del Trinity College di Dublino, un’eminente figura accademica.

Disponiamo inoltre di organizzazioni note come WITS (Women in Technology and Science, Donne in tecnologia e scienza), che sono state intraprese nel 1999, e del Wiser Workforce Project (Progetto per una forza lavoro più esperta), che è un’iniziativa per il ritorno al lavoro delle donne scienziato. Esiste la Science Foundation Ireland, che ha avviato quattro programmi per affrontare la sottorappresentanza delle donne nella scienza e nell’ingegneria irlandesi.

Infine, tali schemi mirano a incoraggiare e sostenere lo sviluppo di sistemi e pratiche sostenibili, che garantiranno che le ricercatrici abbiano pari opportunità di competere sulla base delle loro competenze, conoscenza e potenziale scientifici.

 
  
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  Marusya Ivanova Lyubcheva (PSE) . (BG) Signor Presidente, signor Commissario, la relazione Donne e scienza è accurata e affronta la partecipazione delle donne a uno dei più rilevanti processi di sviluppo, la ricerca scientifica. La sua importanza è determinata dal fatto che descrive la struttura dello sviluppo scientifico e fornisce soluzioni in un aspetto fondamentale, l’assetto delle risorse umane nella scienza. Le donne rivestono un ruolo essenziale nelle università, negli istituti di ricerca e nel settore privato. Il livello insoddisfacente del coinvolgimento delle donne nel sistema dirigenziale e decisionale nella scienza, la bassa percentuale delle donne che detengono dottorati, o che è professore o membro delle accademie ha a che fare con gli stereotipi pubblici e le difficoltà sul loro percorso volto al perseguimento della carriera nella scienza.

Occorre applicare orari di lavoro flessibili, sviluppare un’offerta di servizi che aiutino le donne e concedere opportunità di scelta e realizzazione. Un ruolo consolidato della donna nella scienza non dovrebbe essere considerato soltanto un’altra politica di genere. E’ un dovere che permette di avvalersi dell’elevato potenziale delle donne senza eccedere nell’estremismo. Per la loro devozione alla scienza, le donne non dovrebbero rinunciare al loro progetto naturale di crearsi una famiglia e diventare madri. Per le giovani donne nella scienza, dovrebbe essere attuato il principio della duplice priorità: famiglia e carriera.

 
  
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  Erna Hennicot-Schoepges (PPE-DE) . – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, credo che il nostro obiettivo sia lo stesso, ottenere la parità, ma non troviamo un accordo sui metodi per farlo.

Signor Commissario, le sue statistiche sono ben combinate, rivelano che il percorso è lungo e difficoltoso e che lei ha fatto la cosa giusta introducendo le quote per le nomine nelle commissioni, poiché, senza una politica attiva, non troveremo le donne, dato che, al fine di trovarle, occorre prima mostrare la volontà di farlo.

Quindi, più miriamo in alto, più riscontriamo una reticenza nel nominare le donne, e l’aspetto del tutto inopportuno e illogico è che nel settore dell’istruzione le donne sono in gran parte la maggioranza, ma negli ambienti accademici sono assenti.

Per quale ragione? Ritengo sia necessario condurre un’analisi e invitare gli Stati membri, e probabilmente il Commissario potrebbe esercitare un po’ di pressione, a stabilire qualche criterio per definire la situazione nelle loro università.

Spesso i processi di selezione dei professori non prevedono i medesimi criteri. Alle donne si pone sempre la domanda: “Che cosa pensa di fare per accudire i suoi figli?”, mentre agli uomini non si chiede mai e, quindi, in questa discussione parliamo tutti di responsabilità di assistenza all’infanzia. Accadrebbe la stessa cosa se ci occupassimo degli uomini? Perché non capovolgere il problema, e, per di più, non si tratta di un problema. Avere una famiglia è una grande gioia, una ricchezza anche per gli uomini; per quale motivo non dovremmo cambiare la nostra prospettiva?

Ritengo si dovrebbe rivedere la nomina di professori, insieme al procedimento e le domande che si pongono e, al fine di compiere progressi nel settore delle nuove tecnologie, la Commissione dovrebbe intraprendere azioni mirate. Per quanto riguarda i criteri di eccellenza, non penso possiamo fare concessioni.

 
  
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  Gabriela Creţu (PSE) . (RO) Onorevoli colleghi, presenterò molto brevemente tre aspetti. Nei paesi ex comunisti la situazione sembra persino più complicata dalla precedente politica di genere che aveva condotto allo sviluppo di una porzione significativa di donne che era attiva nel settore della scienza. Al contrario, la transizione ha prodotto una brutale riduzione dei fondi assegnati alla ricerca e il calo del numero di ricercatori. Oggi, le ricercatrici di ieri stipulano polizze assicurative, sono impiegate statali o hanno lasciato il loro paese di origine, con numerose conseguenze negative: spreco di risorse umane, elevata insoddisfazione e ostacoli allo sviluppo.

Il secondo aspetto è che, attualmente, le attività di comunicazione di massa, di relazioni pubbliche e le società pubblicitarie rivestono un ruolo importante, incluso quello economico, nel prodotto interno lordo. Fanno affidamento sulla ricerca nelle scienze umane e sociali in cui lavorano molte donne. Ciononostante, una gerarchia tradizionale delle scienze non fornisce loro un sufficiente riconoscimento sociale e opera come un’indiretta discriminazione contro le ricercatrici in questo settore.

 
  
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  Marie Panayotopoulos-Cassiotou (PPE-DE) . – (EL) Signor Presidente, signor Commissario, la relazione dell’onorevole Thomsen ha affrontato un aspetto delicato della mia esperienza. Ho ricevuto il mio dottorato alla Sorbona quando ero già madre di tre bambini e mio marito ne aveva quattro. Ho dovuto interrompere la mia attività di ricerca. Il perseguimento dell’eccellenza accademica entra nel sangue e ci si sente infelici se costretti ad abbandonarlo. Ora devo ammettere che, in seguito, dopo aver avuto altri figli, un’università tedesca che offriva un programma specifico per le madri, mi ha concesso l’opportunità di continuare la mia ricerca, che ho proseguito volontariamente fino a oggi. Quindi, le possibilità esistono, e per questa ragione si dovrebbe includere l’aspetto familiare nella pianificazione dei programmi e dei ruoli nella ricerca, cosicché si faccia pieno uso delle risorse umane. Ritengo pertanto che non siano più necessari obiettivi vincolanti e cambierà la percezione del contributo delle donne alla ricerca.

Per questo motivo, occorre una pianificazione in modo che le donne siano accettate secondo la fase particolare della loro vita professionale. A causa dei pochi anni in cui una donna non ha scelta se non essere esclusa, è privata delle soddisfazioni dell’accademia per il resto della sua vita e la società perde ciò che ha da offrire. Le ricercatrici dovrebbero quindi avere l’opportunità di partecipare ai programmi. In una fase successiva, la partecipazione delle donne ai programmi di ricerca dovrebbe essere un criterio di valutazione della qualità delle università.

Vi ricordo la relazione che abbiamo presentato lo scorso anno, in cui si affermava che dovesse essere possibile conciliare vita professionale e familiare dal livello degli studenti in poi.

 
  
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  Małgorzata Handzlik (PPE-DE) . – (PL) Signor Presidente, mi congratulo con la mia collega per una relazione eccellente. Un maggiore coinvolgimento nella ricerca scientifica è essenziale se bisogna realizzare i principi della strategia di Lisbona. Come evidenzia la relatrice, l’Europa deve assumere altri 700 000 ricercatori al fine di concretizzare i principi della strategia. Ritengo che il coinvolgimento e il potenziale delle donne implicherà una percentuale elevata di questo gruppo.

Tuttavia, sono preoccupata per la proposta di garantire un equilibrio di genere nelle commissioni di valutazione e assunzione. In quanto politico donna, non vorrei che le mie attività fossero giudicate soltanto attraverso la lente del mio genere. Preferirei fossero la qualità e i risultati del mio lavoro a determinare come opero.

Esiste la curiosa proposta di accrescere l’interesse tra i giovani affinché intraprendano un’istruzione superiore in ambiti specifici e tecnici. Tale iniziativa dovrebbe essere accompagnata da azioni volte a promuovere la scienza come un’area di lavoro e di sviluppo professionale per donne e uomini. Credo valga la pena esaminare le proposte che consentono di conciliare una carriera professionale con la vita familiare. Dovrebbero essere considerate in un contesto più ampio, in cui si sostenga e si incoraggi la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

 
  
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  Miroslav Mikolášik (PPE-DE) . (SK) Come ha appena affermato la mia collega, oggi l’Europa deve assumere oltre 700 000 ricercatori. E’ una situazione allarmante. Le donne potrebbero colmare il divario. Le attuali statistiche rivelano che, anche se le donne ottengono un’istruzione più elevata degli uomini, costituiscono solo un terzo dei ricercatori che lavorano nell’ambito del governo e soltanto il 18 per cento del settore privato. Ritengo che, innanzi tutto, dovremmo eliminare gli stereotipi di genere che influenzano la scelta delle giovani donne in merito alla loro sfera di studio, ma anche il processo di assegnazione dei posti di lavoro, il finanziamento della ricerca e i criteri di assunzione.

Benché condivida la necessità di garantire che le donne partecipino ai programmi europei e nazionali, non penso si debba procedere con le quote. Appoggio l’idea di fornire forme innovative di orario di lavoro flessibile per le donne, che consentirebbero loro di continuare l’attività di ricerca dopo essere diventate madri. Questo aspetto può significativamente contribuire a una maggiore partecipazione delle donne in ruoli scientifici di alto livello.

 
  
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  Monica Maria Iacob-Ridzi (PPE-DE) . (RO) Questa relazione ha importanti implicazioni finanziarie, sia per quanto riguarda i fondi comunitari, che potrebbero essere impiegati nel contrastare l’ineguaglianza di genere nella scienza, sia i bilanci nazionali degli Stati membri.

Innanzi tutto, dovremmo dire che non è sufficiente parlare esclusivamente dei fondi disponibili mediante il settimo programma quadro per lo sviluppo e la ricerca. A loro volta, somme considerevoli del Fondo europeo per lo sviluppo regionale o del Fondo sociale europeo potrebbero sostenere l’attività di ricerca e sviluppo. Pertanto, non dovremmo danneggiare la partecipazione delle donne a causa di condizioni stabilite nelle richieste di proposte con cui si attuano tali programmi. Inoltre, è necessario che alcune linee di bilancio finanzino una maggiore partecipazione delle donne ai programmi di ricerca o le concessioni di finanziamenti comunitari.

Oltre a ciò, una volta creato l’Istituto europeo di tecnologia, dovremmo garantire un’equa rappresentanza di giovani studentesse nei dottorati nell’assetto accademico della nuova istituzione.

 
  
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  Marios Matsakis (ALDE) . (EN) Signor Presidente, in quanto uno dei pochi uomini a partecipare a questa importante discussione, e scienziato, ritengo di dover affermare che:

nella mia lunga esperienza di medico, mi sono reso conto che le donne scienziato sono competenti quanto, se non maggiormente, gli uomini. L’unico problema delle donne di ottenere ruoli di alto livello è, a mio parere, l’ardua scelta da compiere laddove devono decidere se essere madri a tempo pieno e scienziate a tempo parziale o il contrario. Le donne hanno sempre scelto di essere madri a tempo pieno.

Ritengo quindi che questa relazione sia di considerevole importanza. Mi congratulo con la relatrice, ma occorrono metodi pratici per aiutare le madri a conseguire ruoli di elevato livello, e non solo idee teoriche.

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare tutti gli oratori della discussione di stasera per i loro contributi molto positivi. La politica della Commissione relativa al genere nel settore della ricerca presenta due aspetti, la partecipazione delle donne alla ricerca e la dimensione di genere nella ricerca. Nel primo, tentiamo di esaminare la presenza delle donne in tutti i livelli della carriera e le disparità di genere nelle diverse aree principali. Nel secondo, ci concentriamo su progetti di ricerca e la considerazione della diversità di genere nel settore. La Commissione è come sempre impegnata nella promozione dell’uguaglianza di genere nella ricerca.

Per quanto riguarda le quote, riteniamo che tali obiettivi, quali il 40 per cento per ogni genere nei diversi gruppi di esperti e nelle commissioni di valutazione del settimo programma quadro, siano oggettivi ed equilibrati e stiano conducendo a ottimi risultati. Continueremo ad adoperarci per realizzarli e ci auguriamo in questo modo di aumentare il numero di donne nella scienza. I nostri tentativi stanno già portando i loro frutti e vorrei ringraziarvi per il sostegno ai nostri sforzi volti a migliorare la situazione per una maggiore integrazione delle donne in scienza e ricerca.

Vi ringrazio per le osservazioni e per la valida collaborazione.

 
  
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  Britta Thomsen, relatrice. – (DA) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la possibilità di parlare. Signor Commissario, onorevoli colleghi, vi sono grata per i vostri commenti. Sono lieta di ascoltare che condividete le mie preoccupazioni e le prospettive per il futuro della ricerca europea. Per quanto riguarda le suddette quote, credo siano state leggermente fraintese. Non intendevo quote per i ricercatori, ma è evidente che uno degli ostacoli più significativi all’impiego e all’utilizzo di talenti di sesso femminile è riscontrabile nella composizione delle commissioni di assunzione. Ciò accade poiché non sono neutre nel genere, e ritengo quindi si debba intervenire. Non possiamo continuare a ignorare questo problema e mi auguro che il domani sarà più radioso e che succederà da sé. Dobbiamo chiedere un’azione politica ora. La Commissione è stata di certo l’attore progressista in merito, in quanto molti anni fa, nella direzione generale della ricerca, fu istituito un ente per le donne e la ricerca. Sono gli Stati membri a restare indietro. Il loro impegno sarà essenziale relativamente alla garanzia di una cambiamento nell’università e negli istituti di ricerca.

Desidero ringraziare i miei colleghi, il segretariato e la Commissione per la loro collaborazione. Sono molto soddisfatta della cooperazione con i ricercatori e, in particolare, con la piattaforma europea delle donne scienziato. A loro va uno speciale ringraziamento.

 
  
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  Presidente . La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Mihaela Popa (PPE-DE) , per iscritto. (RO) In quanto insegnante di matematica, ho conosciuto direttamente il fenomeno del calo del numero di giovani donne che accede alla scienza.

Tenendo conto delle statistiche che mostrano che un numero sempre inferiore di giovani donne sceglie facoltà scientifiche, in cui si insegnano in modo intensivo matematica, fisica, biologia o chimica, ritengo opportuno il progetto di relazione del Parlamento europeo su donne e scienza.

L’esperienza che posso vantare nel settore dell’istruzione mi consente di affermare che il minore coinvolgimento delle donne nella scienza è una questione di mentalità, anziché di capacità.

Per questa ragione, sono del parere che sia importante per l’Unione europea avviare più programmi che promuovano una parità di possibilità e un cambiamento della mentalità per quanto riguarda l’accesso delle donne alla scienza. Organizzare programmi di scambio delle esperienze e concorsi a livello europeo, sin da una precoce età, può trasmettere fiducia e coraggio ai giovani, esortandoli a frequentare facoltà di scienza.

Occorrono più programmi europei possibili per contribuire a una parità di opportunità stimolando creatività, pensiero logico, intuizione e scambi di idee a livello europeo.

 

21. Divieto di esportazione e di stoccaggio in sicurezza del mercurio metallico (discussione)
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  Presidente . L’ordine del giorno reca la raccomandazione per la seconda lettura della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell’adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al divieto di esportazione e allo stoccaggio in sicurezza del mercurio metallico [(11488/1/2007 – C6-0034/2008 – 2006/0206(COD)] (relatore: Dimitrios Papadimoulis) (A6-0102/2008).

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis, relatore. − (EL) Signor Presidente, ringrazio innanzi tutto i relatori ombra di tutti i gruppi politici. Senza il loro aiuto e il loro contributo, non avrei potuto ottenere un compromesso soddisfacente con il Consiglio.

Qualora fosse approvato esattamente come concordato con il Consiglio e privo di emendamenti che lo invalidassero, il testo di compromesso potrebbe rappresentare un significativo passo avanti nell’attuazione della strategia comunitaria sul mercurio. Il documento porrà fine all’esportazione non solo del mercurio metallico, ma anche di certi composti del mercurio che sono prodotti in larga quantità nell’UE.

L’UE è un importante esportatore di mercurio; ogni anno fornisce circa 1 000 tonnellate dell’attuale totale mondiale di 3 600 tonnellate. Il regolamento proposto in discussione tratta soprattutto le 12 000 tonnellate di mercurio che eccederanno nei prossimi anni, e preparerà la strada per ulteriori misure da adottare a livello internazionale. Non dimentichiamoci che il mercurio è un inquinante universale che non conosce limiti. Affrontare la questione è una priorità e si tratta di una preoccupazione internazionale. Il regolamento contribuirà in modo significativo a rafforzare il ruolo guida dell’UE nelle trattative che si svolgono sotto l’egida del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, nonché verso l’adozione di un trattato internazionale sul mercurio.

Le disposizioni più importanti del testo di compromesso sono le seguenti:

si prevede un’estensione dell’ambito del divieto alle esportazioni che includono non solo il mercurio metallico, ma anche cinabro, cloruro di mercurio, di ossido di mercurio e miscele di mercurio metallico con un tenore di mercurio pari almeno al 95 per cento peso per peso.

S’impone un divieto formale alla miscela di mercurio metallico ad altre sostanze per l’esportazione.

S’introduce il divieto delle esportazioni di mercurio e di certi composti del mercurio.

Si profila l’obbligo per le aziende che operano nell’industria dei cloro-alcali e della purificazione del gas naturale di fornire alla Commissione e di divulgare le informazioni relative alle quantità di mercurio contenute nell’impianto di stoccaggio o inviate a singoli impianti per lo smaltimento.

E’ stata inclusa una clausola di revisione che chiede alla Commissione di riesaminare la situazione e presentare una relazione in merito al Parlamento europeo e al Consiglio non oltre il 15 marzo 2013. La clausola contiene proposte di misure aggiuntive.

E’ stato concordato che si deve giungere a un accordo per uno scambio di informazioni entro il 1° gennaio 2010, prendendo in considerazione un divieto alle esportazioni per i prodotti contenenti mercurio.

Infine, secondo il testo approvato, il mercurio non più utilizzato nell’industria dei cloro-alcali o prodotto in altre imprese sarà considerato un rifiuto e collocato in stoccaggio sicuro. Siamo inoltre riusciti a introdurre condizioni per l’ammissibilità del mercurio metallico prima dello smaltimento definitivo sulla base della ricerca sul suo processo di solidificazione.

Onorevoli colleghi, concluso affermando che il testo di compromesso ottenuto con il Consiglio sia importante se approvato senza emendamenti, che ci riporterebbero al punto di partenza e ritarderebbero considerevolmente le misure volte a proteggere l’ambiente e la salute pubblica. Ritengo che, con la votazione di domani, compiremo un passo avanti, che garantirà un livello soddisfacente di tutela della salute pubblica e dell’ambiente.

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, desidero esprimere i miei ringraziamenti e le mie congratulazioni al relatore, l’onorevole Papadimoulis, per il suo eccellente contributo al regolamento sul divieto di esportazione del mercurio metallico, e anche ai membri della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, per il loro incoraggiamento positivo e costruttivo.

Questo regolamento attua due delle procedure menzionate dalla Commissione nella sua comunicazione del 2005 al Consiglio e al Parlamento europeo sulla strategia comunitaria sul mercurio. L’adozione di tale regolamento costituirà una pietra miliare nell’esecuzione della strategia, poiché vieterà le esportazioni di mercurio metallico dalla Comunità, che rappresentano almeno il 25 per cento dell’offerta globale.

Lo scopo principale del regolamento proposto è limitare l’offerta mondiale di mercurio vietando le esportazioni di mercurio metallico dall’UE e situarlo in stoccaggio sicuro.

Il regolamento si preoccupa soprattutto per le 12 000 tonnellate di mercurio in eccedenza nei prossimi anni a causa dell’abbandono progressivo della tecnica dell’elettrolisi a mercurio nell’industria dei cloro-alcali.

Il regolamento impedirà l’esportazione di mercurio in eccedenza in paesi terzi e il suo utilizzo nell’estrazione dell’oro e simili attività illecite, che contribuiscono in modo significativo all’accumulo di mercurio nell’ambiente.

Gli sforzi del Parlamento per ampliare ulteriormente l’ambito e migliorare il testo di questa iniziativa legislativa sono stati utili. Hanno garantito che il regolamento, nella sua forma concordata, diventerà uno strumento efficace per tutelare la salute pubblica e l’ambiente.

Vorrei ringraziare le istituzioni e tutti coloro che hanno partecipato al processo nell’ottica di raggiungere un accordo in seconda lettura. In particolare, vorrei porre l’accento sul ruolo costruttivo del Parlamento europeo nel realizzare questo accordo soddisfacente.

Per quanto riguarda alcuni punti importanti, il Parlamento ha insistito per estendere l’ambito della proposta iniziale della Commissione. Sottolineo, in particolare, tre aspetti che erano al centro dei negoziati:

· L’ambito del divieto di esportazione.

· La data della sua entrata in vigore.

· Lo smaltimento definitivo sicuro ed economicamente vantaggioso del mercurio metallico.

La Commissione comprende l’obiettivo del Parlamento per garantire traguardi ottimistici per tali punti fondamentali ed è disposta ad accettare le modifiche proposte.

Naturalmente, la Commissione controllerà con scrupolo la corretta applicazione e l’osservanza di tutte le disposizioni del regolamento, e riesaminerà la necessità di introdurre ulteriori misure.

Questa proposta contribuisce considerevolmente all’obiettivo di ridurre l’esposizione al mercurio. Prepara la strada per altri provvedimenti a livello internazionale e globale. In ogni caso, sono in corso negoziati internazionali sotto l’egida del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Adottando tale regolamento, trasmetteremo un forte messaggio relativo all’impegno dell’UE per risolvere il problema.

In aggiunta agli emendamenti dal n. 42 al n. 63, che sono già stati approvati, sono stati presentati cinque emendamenti sull’uso della regione di Almadén, in Spagna, come area prioritaria per lo stoccaggio sicuro del mercurio metallico. La Commissione si rende conto del probabile impatto economico sulla regione qualora fosse chiusa la miniera di mercurio. Un programma di ricerca coordinato dalla società MAYASA, proprietaria dell’area, sta ricevendo oltre 2 milioni di euro di finanziamento dal Fondo LIFE. Tale programma sta analizzando metodi sicuri di smaltimento per il mercurio metallico. Le sue conclusioni saranno utili per stabilire condizioni di ammissibilità per lo smaltimento definitivo del mercurio, come previsto nell’emendamento n. 56 al regolamento proposto.

La regione di Almadén potrebbe ovviamente essere considerata per lo stoccaggio sicuro del mercurio, a patto che rispetti le condizioni imposte e sia dotata delle autorizzazioni necessarie. Tuttavia, la Commissione non può accettare la priorità di un’unica regione proposta negli emendamenti dal n. 37 al n. 41, e quindi li respinge.

In breve, la Commissione europea può approvare il pacchetto di compromesso concordato nelle discussioni tripartitiche, vale a dire gli emendamenti dal n. 42 al n. 63. E’ soddisfatta dell’accordo raggiunto in seconda lettura relativo al regolamento. Tuttavia, non condivide e non può accogliere gli emendamenti dal n. 37 al n. 41.

 
  
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  Martin Callanan, a nome del gruppo PPE-DE. (EN) Signor Presidente, innanzi tutto ringrazio l’onorevole Papadimoulis per aver guidato questa relazione nel Parlamento. Mi rendo pienamente conto che debba essere stato un processo molto difficile e lungo.

Tuttavia, devo esprimere la mia insoddisfazione per la fase finale di tale processo, in altre parole gli incontri informali tenuti con il Consiglio per raggiungere un accordo in seconda lettura. Sono stati condotti solo dall’onorevole Papadimoulis senza la partecipazione degli altri relatori ombra. Ritengo sia una situazione deprecabile.

Il mio gruppo in generale ha sostenuto la posizione comune originariamente adottata dal Consiglio, dal momento che sono ben consapevole della necessità di cercare e concordare un’attuazione tempestiva di questo regolamento. Il mio gruppo condivide i punti principali che preoccupavano alcuni Stati membri, in particolare l’esigenza di mantenere la possibilità di stoccaggio sicuro permanente e di rispettare approssimativamente la data prevista per l’attuazione.

La maggior parte di tali questioni sono state affrontate e risolte. Tuttavia, restano due aspetti specifici. Innanzi tutto c’è la situazione di Almadén cui ha fatto riferimento il Commissario. Non riteniamo che gli emendamenti di compromesso siano sufficienti: dovrebbero esserci specifici riferimenti ai problemi provocati ad Almadén, una delle principali aree di estrazione del mercurio della Comunità, che devono essere presi in esame. Il Parlamento se n’è occupato in entrambe le fasi e pensiamo dovrebbero essere inseriti nella posizione comune.

L’altro aspetto di cui sono rimasto deluso è l’integrazione specifica nel pacchetto di compromesso di un rimando a un possibile divieto di esportazione dei barometri. Questo punto non era presente nella posizione comune e il mio gruppo non lo ho approvato. Mi spiace che il Consiglio abbia concesso questo punto all’onorevole Papadimoulis durante i negoziati. Pertanto, ho nuovamente presentato un emendamento per eliminarlo dal pacchetto finale.

Infine, vorrei ringraziare la Commissione e l’onorevole Papadimoulis, e in particolare la Presidenza slovena, che so hanno lavorato duramente in merito. Non è colpa loro se le nostre procedure parlamentari, a mio parere, necessitano di una seria riforma a tale proposito.

 
  
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  Miguel Angel Martínez Martínez, a nome del gruppo PSE. – (ES) Signor Presidente, onorevoli colleghi, i socialisti spagnoli esprimeranno un voto in conformità e coerenza con la regione di Almadén, in Spagna, che è in procinto di essere seriamente colpita dal testo che è in discussione e che voteremo domani.

La regione di Almadén e i suoi abitanti, miei connazionali, hanno vissuto per secoli del mercurio estratto dalle miniere, che sono le più grandi per questo metallo in Europa e nel mondo. Negli ultimi anni, hanno subito una considerevole recessione economica e sociale, poiché, per svariate ragioni, l’estrazione di mercurio è stata gradualmente ridotta. Ora stiamo decidendo di vietarne le esportazioni.

Non solo non ci siamo opposti all’intero processo, ma, non appena ci siamo resi conto dei motivi sanitari coinvolti, abbiamo incentrato i nostri sforzi volti, da un lato, ad accrescere la sensibilizzazione della popolazione in merito alla necessità di accettare la nuova situazione e, dall’altro, a sviluppare sistemi che consentano ad Almadén e all’area circostante di progredire riorganizzando le proprie attività basate sull’esperienza e le capacità lavorative dei suoi abitanti e avvalendosi di un eccezionale ambiente naturale.

Ad Almadén abbiamo parlato dell’Unione europea in un contesto di solidarietà. Abbiamo spiegato alle persone che le istituzioni comunitarie continueranno a occuparsi di loro, che riceveranno assistenza per proseguire con gli sforzi che stanno compiendo con l’aiuto del governo spagnolo, l’amministrazione regionale di Castiglia-La Mancia e il consiglio provinciale di Ciudad Real; e questo impegno è stato confermato da tutte le dichiarazioni formulate dal Parlamento.

Primo, si è sempre raccomandato che risorse e sistemi dovessero essere messi a disposizione dall’Unione europea e dalla Commissione per sostenere Almadén nel riorganizzare la propria attività, in modo da non recare danno ai cittadini a causa dell’interruzione della loro tradizionale industria mineraria. Secondo, si è suggerito che, considerando una sede per lo stoccaggio del mercurio come previsto nella direttiva per tutto il metallo presente o che giunge in Europa, Almadén dovrebbe essere considerata una priorità.

La logica era basata sull’esperienza accumulata in questa regione nel gestire il mercurio e sul fatto fondamentale che la maggior parte del mercurio d’Europa è già interamente stoccato in sicurezza ad Almadén. Si tratta di una decisione presa allora e non sarà in alcun modo modificata da ciò che adotteremo domani, piuttosto, senza nominare Almadén, l’emendamento di consenso che hanno ottenuto i gruppi parlamentari, che sembra abbia anche il sostegno del Consiglio e della Commissione, implica che i precedenti impegni restino pienamente in vigore. Nonostante avremmo preferito fosse citato più espressamente, e quindi voteremo a favore degli emendamenti che lo fanno, ci rendiamo conto che il testo che sarà adottato è coinvolto a sufficienza e continueremo ad appoggiare l’attuazione di quel testo che consentirà alla regione di Almadén di consolidare la ripresa socioeconomica che è già in corso.

 
  
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  Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, desidero congratularmi con l’onorevole Papadimoulis per la sua eccellente relazione e per il duro lavoro svolto nel garantire una valida cooperazione con tutti i relatori ombra e con i rappresentanti della Commissione e del Consiglio.

Lo scopo della proposta in considerazione è vietare l’esportazione di mercurio metallico dalla Comunità, nonché garantire che il mercurio non sia immesso nuovamente sul mercato e sia stoccato in sicurezza in linea con le azioni 5 e 9 individuati nella strategia comunitaria sul mercurio, di cui sono stato relatore e che è stata adottata dal Parlamento due anni fa. Tali azioni sono necessarie al fine di limitare altre aggiunte allo stock mondiale di questo metallo pesante altamente tossico.

Dopo difficili negoziati, è stato raggiunto un accordo con il Consiglio, approvato da tutti i partiti politici per quanto ne so. Questo accordo era fondato sull’approvazione di un pacchetto di compromesso da tutti i relatori ombra. Purtroppo, successivamente all’accordo, sono stati presentati emendamenti a nome dei gruppi PPE-DE e PSE, che, se approvati, implicheranno che l’intero pacchetto di compromesso collassi e si passi alla conciliazione, con un inevitabile ulteriore rinvio nell’adozione di misure volte a proteggere la salute pubblica e l’ambiente dalla continua contaminazione da mercurio.

Per quanto riguarda tali emendamenti, oltre alla questione di principio e alla riconsiderazione dell’accordo iniziale, esistono inoltre forti ragioni in merito al valore che il relatore ha comunicato a tutti i deputati in modo chiaro ed eloquente e pertanto non è necessario ripeterle ora.

E’ sufficiente dire che il mio gruppo sostiene e rispetta l’accordo con il relatore a riguardo del pacchetto di compromesso e può solo sperare che gli altri gruppi politici facciano lo stesso. Ricordiamoci tutti che vantaggi piccoli, locali e a breve termine o nazionali non dovrebbero oscurare quelli grandi, a lungo termine e globali.

Infine, assicuro nuovamente ai miei colleghi spagnoli che gli abitanti di Almadén avranno il mio pieno appoggio per le loro giuste richieste che, a mio parere, possono essere ottenute mediante il pacchetto di compromesso e non opponendoci ad esso.

 
  
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  Carl Schlyter, a nome del gruppo Verts/ALE. – (SV) Signor Presidente, desidero ringraziare l’onorevole Papadimoulis per aver facilitato una valida collaborazione. Ritengo inoltre che la cooperazione con il Consiglio si sia svolta in modo efficace, malgrado i dissensi sul contenuto.

Innanzi tutto, dobbiamo considerare il fatto che il mercurio è un metallo pesante tossico e pericoloso. Per iniziare alcune critiche. Ritengo sia bizzarro che, se vietiamo l’esportazione di rifiuti pericolosi e in pratica smettiamo del tutto di utilizzare il mercurio, cerchiamo di rimandare un divieto di esportazione in modo che l’industria abbia il tempo di esaurire i propri stock prima di definirli rifiuti. Si tratta di un prodotto chimico pericoloso che, sappiamo, si disperderà in natura a causa del lavaggio dell’oro e che distruggerà l’ambiente in altri paesi. In effetti avrei preferito che il divieto fosse anticipato.

Ma un compromesso è un compromesso. Invece sono lieto che le misure volontarie dell’industria ora siano inserite nella normativa, cosicché saranno realmente attuate, e che tutte le aggiunte necessarie saranno incluse nel divieto di esportazione, ad esempio cinabro, ossido e cloruro di mercurio. In questo modo disponiamo almeno di una legislazione esaustiva.

Per quanto riguarda il metodo con cui trattare i rifiuti, si parla di quantitativi piuttosto modesti. Immaginiamo 10 000 tonnellate di mercurio liquido. Non avrebbero bisogno di molto spazio, di fatto basterebbe l’area di fronte al podio, che corrisponde a un volume di 10 metri cubi, non di più. Eppure è un enorme quantità di mercurio, numerose molecole in effetti. Non dobbiamo liberarne nemmeno una nell’ambiente. L’unico modo per attuare veramente la normativa UE sui rifiuti non è scaricare il mercurio in uno smaltimento permanente in forma liquida. Per il mio gruppo, quindi, il paragrafo 7 era cruciale per risolvere la questione, in altre parole il paragrafo in cui si doveva ritornare sulla questione della solidificazione dei rifiuti. Non possiamo ottenere alcun smaltimento permanente senza riconsiderare questo metodo. Oggi mi ha fatto piacere ricevere un messaggio di posta elettronica da un’organizzazione svedese per lo smaltimento di rifiuti (det svenska avfallsbolaget), in cui si diceva che ora è stato realizzato un impianto pilota che è in grado di gestire già 500 kg di rifiuti e di convertirli in forma solida e insolubile. Quando nel 2010 ne riparleremo, posso assicurarvi che lo smaltimento in forma solida sarà un metodo sicuro conforme alla normativa UE.

 
  
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  Thomas Ulmer (PPE-DE) . – (DE) Signor Presidente, signor Commissario, onorevoli colleghi, come ha appena affermato l’onorevole Schlyter, 10 000 tonnellate è una quantità enorme. Solo per darvi un’idea della proporzione, è sufficiente ad avvelenare circa 4 milioni di persone al giorno.

Quasi un anno fa, abbiamo discusso il documento in prima lettura. Avevamo predisposto un regolamento soddisfacente per i composti di mercurio metallico e mercurio. Si garantiva che questo materiale non sarebbe ritornato nell’Unione europea. Avevamo altresì valutato adeguatamente uno stoccaggio sicuro. Le restrizioni effettive sono sensate considerata la crescente tossicità del mercurio, anche se avrei preferito vedere limitazioni di più ampio respiro in numerosi settori. Il compromesso funziona molto bene, e a questo punto vorrei congratularmi con l’onorevole Papadimoulis per il suo lavoro. Non soddisfa tutte le aspettative, ma gran parte di esse.

In quanto ex politico a livello locale e regionale, nutro molta comprensione per i nostri deputati spagnoli, che devono trovare una soluzione al problema Almadén che sarà fattibile per tutti. Il compromesso, tuttavia, è talmente utile che non dobbiamo consentire fallisca per tale questione. Prima della votazione di domani, la Commissione dovrebbe disporre di tempo sufficiente per formulare una dichiarazione appropriata di qualche tipo. E’ importante accettare il compromesso ora, poiché altrimenti, c’è il rischio di non raggiungere un accordo in questo mandato parlamentare.

Vorrei menzionare un ulteriore aspetto: la strategia sul mercurio non è ancora completa. Le due commissioni di esperti della Commissione continuano a considerare sicura l’amalgama. Non posso condividere questo parere.

 
  
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  Pilar Ayuso (PPE-DE) . – (ES) Signor Presidente, signor Commissario, il gruppo del Partito popolare europeo (Democratici cristiani) e dei Democratici europei ha ripresentato alcuni emendamenti che fanno riferimento ad Almadén, la più grande e antica miniera del mondo, che sono stati adottati dalla larga maggioranza in prima lettura.

La miniera di Almadén è chiusa dal 2003. Tuttavia, Almadén è il principale esportatore di mercurio dell’Unione europea e continua tuttora a svolgere una considerevole attività economica associata al mercurio, poiché lo vende mediante contratti firmati dalla società MAYASA con altre aziende nel settore dei cloro-alcali. Tali contratti sono validi fino a maggio 2011.

Almadén dovrebbe essere espressamente citata nel regolamento, poiché è l’unica regione dell’Unione europea area a essere colpita direttamente e negativamente dal divieto di esportazione, e visto che è dotata dei migliori tecnici ed esperti nella gestione del mercurio.

La miniera dispone inoltre della capacità di stoccare tutto il mercurio liquido dell’UE, a una profondità di 200 metri, in un’enclave di quarzite e roccia vulcanica dotata di un elevato livello d’impermeabilità, come verificato dal direttore di “Sviluppo sostenibile e integrazione” della DG Ambiente della Commissione europea, Timo Mäkelä, e il ministro sloveno dell’Ambiente, che hanno visitato la regione nel marzo 2007.

 
  
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  Milan Gaľa (PPE-DE) . (SK) Signor Presidente, la ringrazio per avermi concesso la parola. La relazione del mio collega, l’onorevole Papadimoulis, cita l’amalgama dentale come una delle fonti delle forniture di mercurio in Europa. Mi consenta di indicare alcuni dati interessanti. I dentisti dell’Unione europea ogni anno impiegano 125 tonnellate di mercurio. Eseguono oltre 200 milioni di otturazioni annue con il mercurio. I nostri cittadini vanno in giro con oltre 1 100 tonnellate di mercurio nelle loro bocche. Gli scarti di amalgama, contenenti il 50 per cento di mercurio, sono prodotti durante la lavorazione dell’amalgama dentale e la sua applicazione, nel processo di rimozione di otturazioni originali, durante la cremazione di un defunto. Anche denti estratti e la possibile dispersione nelle acque freatiche dopo inumazioni nella terra sono fonti di mercurio.

Il mercurio dentale inoltre filtra nell’atmosfera nel corso dell’incenerimento dei rifiuti urbani. Tenendo conto di tutto ciò, le pratiche dentali si collocano solo seconde o terze nella produzione di scarti di mercurio nell’Unione europea. Sono lieto che la relazione rifletta anche questi aspetti.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE) . – (PL) Il mio collega, l’onorevole Martínez Martínez ha presentato la posizione del gruppo socialista nel Parlamento europeo, e, nel contempo, il punto di vista spagnolo. Quindi, vorrei soffermarmi poco sul mercurio, prendendo in considerazione invece l’esempio specifico di una regione la cui attività fondamentale sta subendo un cambiamento radicale. In quanto rappresentante di un nuovo paese che ha attraversato un periodo di trasformazione nei primi anni novanta, conosco la sofferenza patita dalla regione. E’ pertanto con grandissima soddisfazione che desidero porre l’accento sul fatto che l’Unione europea, e anche il Parlamento, non intendono abbandonare Almadén al suo destino. Se 2 milioni di euro saranno sufficienti è un’altra storia. Tuttavia, l’aspetto più importante è che questo è il modo in cui affrontiamo la questione ed è molto apprezzabile.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, desidero ringraziare tutte le persone coinvolte per il loro contributo. Non capisco perché il relatore abbia messo a rischio un accordo in seconda lettura e l’adozione del regolamento prima delle discussioni UNEP dell’ottobre 2008, laddove speriamo di ottenere un accordo giuridicamente vincolante in merito a questo settore di massima importanza.

Ha messo a rischio l’iniziativa a causa della sua mancanza di collaborazione nel corso del dialogo a tre e delle discussioni. Probabilmente, il Commissario comprende il motivo per cui a questo punto l’utilità delle discussioni non è stata estesa a tutti i relatori ombra o almeno a quelli principali che hanno mostrato il proprio interesse.

Dal punto di vista procedurale nutro serie riserve su ciò che è accaduto, cosa che ha monopolizzato una discussione molto importante e una relazione che altrimenti avrebbero facilmente potuto essere concluse con la votazione di domani.

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, conformemente al testo concordato, il mercurio non più utilizzato nell’industria dei cloro-alcali o prodotto in altre attività industriali sarà considerato un rifiuto e smaltito in stoccaggi non appena il divieto di esportazione entrerà in vigore il 15 marzo 2011.

Entro il 1° gennaio 2010 al più tardi, la Commissione organizzerà uno scambio di informazioni tra gli Stati membri e altre parti interessate nell’ottica di considerare l’opportunità di adottare misure aggiuntive. Al massimo entro il 1° gennaio 2010, in base ai dati scientifici disponibili e le attuali ricerche su opzioni sicure per lo smaltimento del mercurio, la Commissione raccomanderà i requisiti appropriati per determinare gli impianti e le condizioni per accettare il mercurio metallico. Gli Stati membri verificheranno l’applicazione del regolamento e il suo impatto sul mercato, e informeranno la Commissione di conseguenza. Se ritenuto opportuno, la Commissione può proporre una revisione del regolamento entro il 15 marzo 2013 al più tardi.

Nel pacchetto di compromesso proposto sono state incluse certe disposizioni essenziali. La più importante è il divieto di esportazione esteso non solo a comprendere il mercurio metallico, ma anche cinabro e due composti comuni del mercurio, cloruro di mercurio e ossido di mercurio. Come l’onorevole Papadimoulis ha affermato in precedenza, devono essere vietate le esportazioni anche alle miscele con un tenore di mercurio pari almeno al 95 per cento peso per peso.

Miscelare il mercurio metallico ad altre sostanze allo scopo di esportarlo è espressamente proibito. E’ stato concordato un programma revisionato, che, di fatto, è maggiormente esigente di quello previsto nella proposta originale, mentre, al contempo, garantisce tempo sufficiente per adottare misure adeguate in ogni fase. Si è deciso di dispensare i composti di mercurio utilizzati in ricerca e sviluppo e per scopi medici o analitici.

S’impone l’obbligo per le industrie dei cloro-alcali e della purificazione del gas di rendere note alla Commissione e di divulgare le informazioni sui quantitativi di mercurio in stoccaggio o inviati per lo smaltimento. Una clausola di revisione richiede che la Commissione riesamini la situazione e presenti una relazione in merito al Parlamento europeo e al Consiglio proponendo misure aggiuntive, se ritenuto opportuno, non oltre il 15 marzo 2013. La Commissione può assicurare al Parlamento che verificherà accuratamente l’applicazione del regolamento e che avanzerà a tempo debito qualsiasi necessario provvedimento aggiuntivo.

Nel contempo, la Commissione sta attuando le altre procedure previste nella strategia sul mercurio. Sta conducendo intensi negoziati per l’adozione di misure internazionali conformemente al Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente. Adottare tale regolamento prima delle discussioni pianificate per ottobre 2008 relative all’intervento proposto a livello internazionale, dimostrerà l’impegno e la determinazione dell’UE. Tale iniziativa giunge al momento opportuno e rafforza la credibilità dell’UE tra i suoi partner. E’ quindi essenziale approvare questo testo di compromesso.

In conclusione, signor Presidente, la Commissione accetta gli emendamenti di compromesso proposti dal n. 42 al n. 63, come concordato nelle discussioni tripartitiche. Come ho affermato, la regione di Almadén potrebbe certamente essere considerata per lo stoccaggio sicuro del mercurio, a patto che rispetti le condizioni imposte e ottenga le autorizzazioni necessarie. Tuttavia, la Commissione non può giustificare la priorità concessa a un’unica area proposta negli emendamenti dal n. 37 al n. 41 e pertanto non può approvarli.

 
  
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  Dimitrios Papadimoulis, relatore. − (EL) Signor Presidente, ringrazio nuovamente i relatori di tutti i gruppi politici. Senza la loro efficace collaborazione in ogni fase di questo lungo sforzo e del riuscito dialogo a tre (e com’è stata utile la discussione), non avremmo potuto ottenere il soddisfacente compromesso conseguito.

La posizione iniziale del Consiglio, onorevoli colleghi, conteneva solo uno degli emendamenti del Parlamento europeo. Il compromesso ottenuto dimostra che le importanti opinioni adottate dal Parlamento europeo in prima lettura, insieme al contributo costruttivo della Commissione, sono state inserite nell’accordo con il Consiglio. Dobbiamo salvaguardare questo risultato. Posso comprendere le preoccupazioni e le richieste dei nostri colleghi spagnoli relative ad Almadén: vi ricordo che abbiamo adottato questo testo in prima lettura su mia stessa raccomandazione. Tuttavia, dobbiamo essere assolutamente realistici. Né il Consiglio, né la Commissione stanno adottando tale proposta e anche il governo spagnolo non ha presentato una simile richiesta al Consiglio. Se domani il Parlamento europeo sarà troppo zelante a riguardo della questione Almadén, rischiamo di vanificare i considerevoli progressi compiuti dal Parlamento e di non riuscire ad approfittare di un compromesso soddisfacente. Rimanderemo inoltre l’adozione di misure volte a proteggere la salute pubblica e l’ambiente, siccome l’attuale mandato parlamentare terminerà tra un anno. Esiste il grave pericolo che il Consiglio ritorni al punto di partenza, e molto lontano dalla posizione adottata in prima lettura. Pertanto, domani vi invito a votare a favore di questo accordo. Ringrazio ancora una volta i relatori ombra, i rappresentanti del Consiglio e della Commissione per gli sforzi comuni compiuti per raggiungere tale accordo.

 
  
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  Avril Doyle (PPE-DE) . (EN) Signor Presidente, avrei gradito se la mia domanda avesse ottenuto una risposta dalla Commissione o dal relatore, ma non è stato così. Probabilmente si tratta già di una dichiarazione in sé.

 
  
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  Presidente . − Probabilmente lo faranno per iscritto.

La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

Dichiarazioni scritte (articolo 142)

 
  
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  Gyula Hegyi (PSE) , per iscritto. (HU) Il mercurio è uno dei metalli pesanti maggiormente conosciuti e pericolosi. Nuoce al sistema nervoso e immunitario ed è particolarmente dannoso per neonati e bambini. Accolgo con favore l’iniziativa di vietare le esportazioni di mercurio, poiché, nonostante le restrizioni imposte negli ultimi anni, il suo utilizzo non è diminuito in modo significativo. Al contrario, è passato dal mondo avanzato ai paesi in via di sviluppo. L’Unione europea è il maggiore esportatore al mondo e, pertanto, qualora questo regolamento entrasse in vigore, possiamo augurarci di riscontrare una riduzione dell’uso di mercurio a livello mondiale.

Quando si utilizza il mercurio, può introdursi nei cibi, che in seguito compaiono sui mercati dell’Unione europea. Perciò, non abbiamo soltanto una responsabilità globale di limitare l’inquinamento da mercurio nel mondo in via di sviluppo, è anche nel nostro interesse.

Considero un successo personale e del gruppo socialista nel Parlamento europeo il fatto che il divieto di esportazione includa altresì il cloruro di mercurio, visto che il mercurio può facilmente essere convertito in cloruro mercuroso e il costo dell’operazione inversa è minimo. Se non inserissimo tale disposizione, sarebbe semplice per gli esportatori di mercurio metallico sottrarsi all’osservanza del regolamento.

 

22. Libro verde su una migliore demolizione delle navi (discussione)
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  Presidente . L’ordine del giorno reca la relazione dell’onorevole Johannes Blokland, a nome della commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare, su una migliore demolizione delle navi [2007/2279(INI)] (A6-0156/2008).

 
  
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  Johannes Blokland, relatore. − (NL) Su numerosi litorali sabbiosi dell’Asia meridionale si trovano enormi navi d’alto mare che vengono demolite in condizioni di notevole rischio non soltanto per la conservazione dell’ambiente, ma anche per la salute umana. Le norme sociali in questo caso non si applicano. Solo in Bangladesh, negli ultimi anni nelle operazioni di demolizione di navi hanno perso la vita 200 lavoratori.

Per smantellare le navi si usano numerosi bambini poiché per loro è semplice entrare in spazi angusti. Si pretende che elimino sostanze tossiche senza alcuna protezione. Tali sostanze, in seguito, finiscono nell’ambiente, con conseguenze disastrose per l’industria della pesca e del turismo. Purtroppo, anche molte navi europee giungono sulle coste di India, Pakistan e Bangladesh, ad esempio, in questo modo. Il prezzo elevato dell’acciaio, basse retribuzioni, scarsi regolamenti di sicurezza e assenza di misure ambientali evidentemente sono allettanti dal punto di vista finanziario.

La commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare stabilisce con chiarezza che tali pratiche sono moralmente inaccettabili e che bisogna porre fine alle condizioni dannose per la conservazione dell’ambiente e per la salute umana dovute alla demolizione delle navi. Gli sforzi di un singolo paese membro o dell’Unione europea da sola non saranno sufficienti ad affrontare questa situazione. Qualsiasi cosa faremo nei prossimi anni, occorre tuttora con urgenza una soluzione globale al problema della demolizione delle navi. Purtroppo, devo dire che a livello globale non si è agito molto in questa direzione.

Questa, in effetti, è proprio la ragione per cui la Commissione europea ha pubblicato un Libro verde. L’obiettivo principale che intendiamo realizzare è la tutela dell’ambiente e della salute pubblica senza lasciare semplicemente i problemi ad altri paesi. Alla luce del fatto che molte navi d’alto mare attualmente battenti bandiera europea avranno bisogno di essere demolite nei prossimi anni, non possiamo più attendere oltre per intervenire. La commissione per l’ambiente in particolare propone la seguente iniziativa. Al fine di evitare che si eludano le disposizioni del regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti, dobbiamo introdurre orientamenti che rendano possibile una distinzione tra una nave veramente degna del suo nome e una destinata alla demolizione. L’attuazione e l’applicazione del regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti devono essere migliorate mediante controlli più severi e una sorveglianza delle autorità portuali degli Stati membri, posto che gli Stati di approdo siano autorizzati a dichiarare una nave come destinata alla demolizione.

Occorre compilare un elenco delle navi d’alto mare di cui è probabile una demolizione entro pochi anni. Nell’Unione europea è necessario sviluppare un’industria di rottamazione delle navi competitiva e pulita, ad esempio nei cantieri navali oggi dismessi. Nel quadro degli aiuti allo sviluppo, competenze e tecnologia devono essere trasferite ai siti di demolizione dell’Asia meridionale per aiutarli a rispettare le norme ambientali e di sicurezza. A tale proposito, la rottamazione di navi d’alto mare in Bangladesh è un’attività estremamente redditizia, in cui è possibile guadagnare una somma appropriata di denaro per attuare rapidamente condizioni di lavoro accettabili per il lavoro di demolizione.

Vorrei evidenziare che resta fondamentale continuare a operare su due livelli. Innanzi tutti, dobbiamo assumerci la responsabilità delle nostre flotte europee e lavorare per ottenere un accordo globale. Al momento, non possiamo incentrarci su una sola delle due questioni. La risposta che spesso ho ricevuto dall’industria navale è che questo Libro verde impedirebbe o rinvierebbe lo sviluppo di una convenzione IMO. Non sono d’accordo. Piuttosto, ritengo che noi dell’Unione europea, in realtà, stiamo anticipando questo accordo IMO e, a tempo debito, saremo più preparati per attuarlo. Per di più, sono fermamente convinto che l’Unione europea dovrebbe porre fine il prima possibile alle gravi condizioni che esistono nell’Asia meridionale.

Sono lieto che, sia in sede di commissione per l’ambiente, sia nelle commissioni a cui è stato chiesto un parere, ci sia un elevato grado di accordo in merito alla questione. In ogni caso, è un buon punto di partenza. Presumo che la plenaria possa sostenere questo modo di procedere. Sembra inoltre che ora anche gli Stati membri siano in grado di agire. Giovedì scorso, l’Otopan è partita dai Paesi Bassi diretta in Turchia dopo che le autorità hanno fatto ripulire la nave, di conseguenza tutti i rifiuti pericolosi sono stati rimossi. Ciò è possibile grazie al regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti. In precedenza, è stato respinto un titolo di esportazione poiché non sono state rispettate tali condizioni. Quello stesso giovedì, ho ricevuto la visita di una delegazione dell’ONG che si è impegnata per una demolizione responsabile delle navi nell’Asia sudorientale. Bisogna chiarire che queste persone da molti anni stanno lottando per un’industria responsabile di rottamazione delle navi nel loro paese, e non dobbiamo abbandonarle.

Un avvocato del Bangladesh, indiani: per anni si sono dedicati alla causa, e penso dobbiamo sostenerli in questa iniziativa e adottare tale risoluzione. Spero di sentire ciò che il Commissario Dimas intende fare nel prossimo futuro per quanto riguarda l’istituzione di un’industria di rottamazione delle navi responsabile in questi paesi e la disponibilità di risorse a tale scopo.

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, circa un anno fa la Commissione ha adottato il Libro verde su una migliore demolizione delle navi. Da allora, sono avvenuti numerosi sviluppi, soprattutto nell’Organizzazione marittima internazionale (IMO), in cui è stato elaborato un progetto di convenzione sul riciclaggio delle navi e si presume che sia approvato nel maggio 2009. Tuttavia, recenti resoconti dei mezzi di comunicazione hanno nuovamente rivelato la triste realtà delle pratiche di demolizione delle navi in alcune zone dell’Asia meridionale. Sono quindi particolarmente soddisfatto del sostegno che il Parlamento europeo ha offerto all’iniziativa della Commissione per migliorare tale attività.

Circa il 90 per cento di tutte le navi disarmate nel mondo nel 2007 sono state demolite sulle coste dell’Asia meridionale, soprattutto in India e Bangladesh. Molte di queste navi erano europee. Valutiamo che un quarto delle flotte globali batte bandiera di uno Stato membro dell’UE, e circa il 40 per cento di tutte le imbarcazioni appartengono a società con sede nell’UE.

La demolizione delle navi sulle coste dell’Asia meridionale è spesso eseguita in condizioni terribili: non esiste protezione contro l’inquinamento e le vite dei lavoratori sono a rischio. Prima che raggiungano i siti di rottamazione poche navi sono private dei materiali pericolosi. E’ molto significativo ciò che ha appena affermato l’onorevole Blokland in merito alla bonifica della nave nei Paesi Bassi. Quando le imbarcazioni arrivano a destinazione, i materiali di scarto in questione sono rimossi in maniera pericolosa e dannosa per l’ambiente. Per risolvere tale situazione, sono già in vigore norme internazionali e una normativa comunitaria. Tuttavia, molto spesso la Convenzione di Basilea e il regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti sono violati e rispettati di rado dai paesi di destinazione, con il pretesto che la nave sta compiendo il suo ultimo viaggio.

Secondo i dati disponibili, il numero di navi pronte per la demolizione è in costante crescita, e le norme in questione dovrebbero quindi essere adattate di conseguenza. Il progetto di convenzione IMO sul riciclaggio delle navi segnala alcuni progressi in questo settore. E’ probabile che sia approvato nel 2009 e, da parte nostra, dovremmo fare tutto ciò che possiamo per rendere tale convenzione solida ed efficace. Tuttavia, non sarà applicabile alle navi da guerra, alle imbarcazioni di proprietà dello Stato o al servizio dello Stato. Inoltre, per la sua attuazione occorreranno cinque o sei anni. Oltre a ciò, la convenzione sarà valida solo se accompagnata dall’adozione di misure a livello nazionale e regionale. Alcuni Stati membri hanno già iniziato ad adottare provvedimenti, come ci ha informato l’onorevole Blokland, ma molti altri non hanno ancora nemmeno cominciato a tracciare una strategia. Per queste ragioni, è fondamentale intraprendere misure a tempo debito e a livello comunitario.

Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio nuovamente per la relazione e per il sostegno che state offrendo alla Commissione a riguardo delle misure proposte. La relazione contiene idee interessanti e utili, che studieremo con attenzione quando elaboreremo la nostra strategia.

In particolare, desidero ringraziare il relatore, l’onorevole Blokland, per i suoi sforzi, e gli onorevoli Hammerstein e Evans e gli altri membri della commissione per l’ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare, della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia e della commissione per i trasporti e il turismo per il loro contributo.

 
  
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  David Hammerstein, relatore per parere della commissione per l’industria, la ricerca e l’energia. − (ES) Signor Presidente, Commissario Dimas, onorevole Blokland, vi ringrazio per questa relazione pertinente e necessaria, poiché, anche se l’Organizzazione marittima internazionale per qualche tempo ha elaborato una nuova normativa sulla demolizione delle navi, in modo che sia più ecologica e che provochi meno problemi alla salute dei lavoratori nel Terzo mondo, nel sud del mondo, tale normativa potrebbe richiedere anni per essere ratificata e conformata a livello globale.

Nel frattempo, la demolizione delle navi potrebbe raggiungere l’apice nei prossimi dieci anni, proprio a causa delle nuove norme che vietano imbarcazioni a scafo singolo. Ci sarà un numero crescente di navi destinate alla rottamazione.

L’Unione europea non può attendere un cambiamento delle norme internazionali; occorre che agisca adesso, per condurre tale cambiamento, per promuovere controlli verdi della demolizione delle navi e creare un fondo con l’industria al fine di internalizzare i costi ambientali e assistere altresì le comunità del sud del mondo, che hanno già subito molto in termini di costi ambientali e sanitari di questo problema.

E’ inoltre necessario attuare una politica precauzionale tramite il principio di sostituzione obbligatoria dei materiali pericolosi sulle navi, poiché le imbarcazioni dirette in Asia per essere demolite non sono mezzi di trasporto. No. Sono rifiuti pericolosi, e noi li esportiamo, azione vietata dalla normativa europea. E’ ora di assumersi la responsabilità e intervenire in modo etico e morale.

 
  
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  Robert Evans, relatore per parere della commissione per i trasporti e il turismo. (EN) Signor Presidente, probabilmente stasera sono l’unico ad aver testimoniato realmente e in modo diretto il processo a cui ci riferiamo. In quanto presidente della delegazione per le relazioni con i paesi dell’Asia meridionale, mi sono recato in Bangladesh e ho visto i cantieri navali.

Tra le navi riparate e demolite, e il rumore, devo dirvi, era intollerabile, c’erano intere famiglie che vivevano, dormivano, cucinavano in villaggi di baracche. I bambini giocavano intorno alle imbarcazioni, recuperando palle da cricket dalle navi su cui si impiegavano cannelli a ossiacetilene.

Non è accettabile che le navi europee siano demolite in tali condizioni, e nessuna di queste batteva bandiera europea, in quanto a questo punto sono già fatte passare come imbarcazioni locali o provenienti da qualsiasi parte del mondo.

La commissione per i trasporti e il turismo ritiene che l’UE dovrebbe preparare il terreno e incoraggiare azioni globali con il preciso obiettivo di porre fine alle attuali pratiche e metodi di demolizione delle navi, in particolare nelle zone dell’Asia meridionale. Ma le rottamazione non deve essere del tutto interrotta, né, in effetti, in maniera immediata, come ha affermato l’onorevole Blokland, alla luce della sua importanza economica per i paesi interessati.

Concordo con il relatore quando asserisce che dobbiamo lavorare per una strategia globale che assicuri che tutte le parti coinvolte nel processo di riciclaggio delle navi si assumano la dovuta responsabilità per il modo in cui è eseguito, per la sicurezza, per i diritti dei lavoratori e per la tutela dell’ambiente.

Infine, credo dovremmo altresì sostenere lo sviluppo di un’industria europea di riciclaggio delle navi competitiva e pulita. Ma, nel contempo, gli Stati membri devono impegnarsi in una politica riguardante la demolizione di imbarcazioni di proprietà dello Stato e delle navi da guerra in maniera sicura e rispettosa dell’ambiente.

 
  
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  Françoise Grossetête, a nome del gruppo PPE-DE. – (FR) Signor Presidente, signor Commissario, possiamo accettare che le nostre navi destinate alla demolizione raggiungano e inquinino le spiagge dell’Asia meridionale poiché rifiutiamo di assumerci le nostre responsabilità in merito? L’Asia meridionale, che riceve la maggior parte delle nostre imbarcazioni, purtroppo raccoglie sostanze inquinanti quali amianto, piralene, oli e residui di idrocarburi, che finiscono nel suolo, nella sabbia e nel mare, e non è l’unico fattore!

I bambini sono impiegati per demolire queste navi, poiché riescono facilmente a entrare in piccoli spazi e, sfortunatamente, eliminano materiali tossici senza alcuna protezione. Rappresentano lavoro a basso costo, e soffrono di malattie incurabili croniche.

Da un punto di vista etico ciò è inaccettabile, in particolare perché le navi giungono dall’Europa e pertanto finiscono sulle spiagge di India, Pakistan e Bangladesh. L’Unione europea, che è parzialmente responsabile di tali problemi sociali e ambientali, deve adottare le misure appropriate, in collaborazione con l’IMO, per porre fine al dumping sociale e ambientale dovuto a incentivi economici.

Esistono provvedimenti da intraprendere con urgenza, al fine di stabilire limitazioni al riciclaggio delle navi e che dovrebbero includere requisiti di certificazione e notifica. Quando si progettano e si costruiscono imbarcazioni, sarebbe necessario integrare la prospettiva di un riciclaggio futuro, nonché prevedere impianti per il loro riciclaggio. Occorre stabilire rapidamente servizi che saranno considerati i migliori in termini di diritti umani, salute e sicurezza.

Pertanto, senza avere l’intenzione di privare l’Asia meridionale di questo vasto mercato, occorre inoltre fornire strutture nei cantieri navali europei per poter recuperare da soli questi rifiuti, e quindi sviluppare ciò che potremmo definire una demolizione ecologicamente razionale, che costituirebbe una base per un accordo internazionale.

 
  
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  Linda McAvan, a nome del gruppo PSE. (EN) Signor Presidente, sono lieta che la Commissione stia presentando proposte e che l’UE finalmente si occupi di tale questione, visto che ne siamo a conoscenza da lungo tempo. Le condizioni che Robert Evans ha appena descritto non sono una novità per questo Parlamento e la Commissione. Eppure siamo alla fine di maggio 2008. Abbiamo a disposizione un Libro verde ed è stato reso noto che la Commissione avanzerà una proposta da adottare nel maggio 2009, cosa che significa che la Commissione sarà a fine mandato e noi ci troveremo in piena campagna elettorale europea.

Mi chiedo in che modo prenderemo i provvedimenti per occuparci delle centinaia di navi che la Commissione ha individuato. So che dal 2010 in poi dovranno essere smantellate 800 petroliere a scafo singolo. Sono curiosa di sapere se lei, signor Commissario, può commentare il breve calendario a nostra disposizione per introdurre una normativa. Sarebbe stato meglio se l’UE avesse potuto completare la normativa in questo Parlamento prima della fine del mandato.

Il gruppo socialista offrirà il suo sostegno all’onorevole Blokland. Abbiamo appoggiato tutto ciò che ha fatto mediante tale procedura e lo ringraziamo per il duro lavoro svolto. Approveremo anche gli emendamenti che rafforzano la proposta, ma non quelli che sono protezionisti. Non stiamo cercando di impedire che le navi siano demolite nei paesi asiatici poiché, come Robert Evans ha appena rilevato, ci sono posti di lavoro in palio e i metalli sono un’importante fonte di materie prime per tali paesi. Tuttavia, vogliamo una bonifica preventiva, che, come l’onorevole Blokland ha evidenziato, è abbastanza attuabile. In Europa occorre investire in operazioni di bonifica specializzata, in modo da poter avere un ambiente più sicuro per le persone che demoliscono le navi nei paesi in via di sviluppo.

Sosteniamo inoltre la creazione di un fondo per la demolizione delle navi. Ho notato che il gruppo PPE-DE ha richiesto votazioni separate. Mi auguro che domani in plenaria non esprimeranno voto contrario al fondo.

Signor Commissario, spero potremo agire rapidamente e ottenere risultati riguardo la normativa nazionale per affrontare la crescita smisurata delle navi da demolire nel 2010.

 
  
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  Marios Matsakis, a nome del gruppo ALDE. (EN) Signor Presidente, mi congratulo con l’onorevole Blokland per la sua (come previsto) eccellente relazione e per la valida cooperazione offerta a tutti i relatori ombra.

La questione di questo Libro verde è molto importante, nonché estremamente preoccupante. Gran parte della demolizione delle navi attualmente eseguita può a buon diritto essere classificata come criminale da molti, sia per quanto riguarda la salute umana, sia per quanto riguarda l’ambiente.

Come tutti sappiamo, la maggior parte delle demolizioni avviene su spiagge e argini di fiumi del subcontinente indiano con nessuna o con minima preoccupazione per le norme più basilari di tutela delle persone e dell’ambiente dalla contaminazione di varie sostanze tossiche, inclusi numerosi agenti cancerogeni.

Inoltre, i lavoratori in tali siti di demolizione sono trattati senza alcun rispetto per i loro diritti umani e del lavoro, e per la loro dignità, per non menzionare l’impiego del lavoro minorile in condizioni veramente atroci che, in alcuni casi, differisce poco dalla schiavitù minorile nel suo spregevole e vergognoso splendore.

E’ stato presentato un ristretto numero di emendamenti, la maggior parte dei quali con il sostegno del relatore. Dovremo seguire la sua posizione, a eccezione dell’emendamento n. 1, per cui non troviamo una spiegazione ragionevole al fatto che non abbia incontrato l’approvazione dell’onorevole Blokland e per cui dovremo votare a favore, e riteniamo che gli altri faranno lo stesso.

Nel fornire tutto il nostro appoggio a questo Libro verde, ci auguriamo che la demolizione delle navi, purtroppo un’eventualità assolutamente necessaria per l’industria navale, in futuro, sia eseguita in modo sicuro a livello ambientale, sociale e igienico, e che fornirà un reddito assolutamente indispensabile, ma guadagnato in maniera adeguata e sicura, per la popolazione dei paesi in via di sviluppo.

Speriamo che le idee di questa relazione siano convertite in forma legislativa il prima possibile e il loro ambito sia esteso per includere le navi militari e commerciali.

Infine, vorrei dire che concordo con i precedenti oratori in merito al fatto che il nostro obiettivo finale dovrebbe essere una strategia per la demolizione delle navi accettata a livello globale.

 
  
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  Kartika Tamara Liotard, a nome del gruppo GUE/NGL. – (NL) Innanzi tutto, desidero ringraziare calorosamente il mio collega, l’onorevole Blokland, per la sua eccellente relazione. Ritengo che abbia descritto in modo molto appropriato gli enormi problemi provocati nei paesi poveri in seguito alla demolizione delle navi europee. Le conseguenze per le condizioni lavorative e l’ambiente spesso sono gravi, e l’UE non deve sfuggire alle sue responsabilità in merito.

Tra le altre cose, l’onorevole Blokland sceglie di seguire la direzione di una normativa internazionale più rigorosa. Certamente sono una sostenitrice di una simile normativa, ma temo che non occorrerà molto tempo prima di raggiungere risultati tangibili in questo modo. L’Europa deve intervenire adesso e non può attendere il resto del mondo. Devono essere stabiliti efficaci regolamenti di demolizione delle navi. Tali regolamenti dovrebbero includere una disposizione affinché, in linea di massima, le navi europee possano essere demolite al di fuori dell’UE se gli armatori sono in grado di dimostrare che per loro sia impossibile eseguire questa operazione in Europa. Inoltre, le imbarcazioni destinate alla rottamazione che contengono amianto o altre sostanze pericolose dovrebbero in ogni caso essere demolite in territorio europeo.

Non possiamo consentire che i rifiuti causino grandi problemi in qualsiasi posto del mondo. Una volta che una nave cessa di essere adeguata all’utilizzo, dobbiamo smettere di considerarla una nave. Diventa quindi un rifiuto e deve essere trattata come tale. Semplicemente non consentiamo ad altri rifiuti pericolosi di lasciare l’UE senza garanzie per quanto riguarda il modo in cui sono sottoposti a trasformazione, e pertanto non c’è ragione per cui dovremmo farlo con le navi destinate alla demolizione.

Inoltre, occorre prestare attenzione al trattamento nell’Unione stessa, come nel caso dell’intera politica europea dei rifiuti. Infine, una politica che renda noti i nomi e discrediti gli armatori e gli Stati membri che effettuano una demolizione delle loro navi secondo metodi irrispettosi dell’ambiente e delle persone, sarebbe un efficace primo passo che di fatto potremmo compiere domani. La responsabilità di demolire una nave in modo scrupoloso deve sempre competere all’armatore e, di conseguenza, spetta agli Stati membri verificare che ciò avvenga in maniera appropriata.

 
  
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  Eija-Riitta Korhola (PPE-DE) . (FI) Signor Presidente, signor Commissario, la ringrazio per il suo eccellente lavoro e lo stesso vale per l’onorevole Blokland.

Il Libro verde per una migliore demolizione delle navi è, in tutta serietà, un classico esempio dello squilibrio globale dovuto allo sviluppo industriale e degli sforzi di molte agenzie diverse per intervenire finalmente in merito al suo impatto negativo. La responsabilità dei paesi industrializzati viene giustamente alla luce in situazioni in cui i paesi in via di sviluppo subiscono un intollerabile danno sociale e ambientale poiché altri sono andati alla ricerca di vantaggi.

L’impatto negativo della demolizione delle navi è particolarmente evidente. Con i maggiori requisiti ambientali, sanitari e di sicurezza di cui i paesi industrializzati hanno dovuto tenere conto, gran parte delle navi d’alto mare del mondo sono demolite in Bangladesh, Pakistan e India, spesso in condizioni molto primitive. I cantieri di demolizione rispettano a mala pena norme sanitarie e ambientali, e le sostanze tossiche come l’amianto sono maneggiate da persone che indossano pantaloncini e sandali. Anche l’impiego di bambini è comune.

L’equazione è difficile. La demolizione delle navi è un’attività proficua per questi paesi, non solo in termini del suo effetto sull’occupazione e dei vantaggi finanziari, ma anche di recupero di materie prime. Ad esempio, il Bangladesh ricava l’80-90 per cento del suo acciaio dalle imbarcazioni sottoposte a demolizione. Nel contempo, il basso costo del lavoro e la mancanza di standard fondamentali la rendono un’attività allettante, che in pratica provoca dumping ambientale e una tragedia umana su vasta scala.

Tuttavia, un aumento di demolizioni non remunerative nell’UE grazie ad aiuti non è un’opzione sostenibile. Dovrebbero esserci, piuttosto, misure assistenziali dirette per i paesi in via di sviluppo impegnate in queste operazioni, che moltiplicherebbero alquanto i vantaggi ambientali e sociali. Dopo che le imbarcazioni sono state parzialmente demolite o pulite, in pratica sono inadatte a navigare, e dopo che l’amianto è stato rimosso, ad esempio, la maggior parte delle navi non può più essere mossa.

Perciò, le misure assistenziali dovrebbero concentrarsi sulla realizzazione di cantieri di demolizione certificati, in cui i metodi utilizzati per questa operazione osservano le nozioni occidentali di sicurezza e sostenibilità ambientale. Dovrebbe esistere un elenco a livello globale per le società di navigazione dei cantieri di demolizione approvati, e l’Organizzazione marittima internazionale dovrebbe rivestire un ruolo essenziale nell’assegnazione della loro certificazione, affinché il sistema diventi davvero internazionale. Ciò risolverebbe l’equazione. I paesi in via di sviluppo hanno bisogno di vantaggi economici e materiali dovuti alla demolizione, e le società di navigazione nei paesi industrializzati che sono sottoposti a una crescente pressione che la situazione cambi.

 
  
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  Bogusław Liberadzki (PSE) . – (PL) Signor Presidente, i miei ringraziamenti al relatore, l’onorevole Blokland; come sempre, ha di nuovo svolto un lavoro eccellente. L’onorevole Evans ha affermato che ha osservato la demolizione di alcune navi in Bangladesh. Oltre il confine polacco orientale, che è anche un confine europeo, ho riscontrato esempi di “non demolizione” delle navi; in altre parole, in qualche parte del litorale, pescherecci, navi passeggeri e cargo, e persino navi militari, sono state abbandonate e l’acqua le ha trascinate via. Pertanto, stiamo parlando del primo passo, ovvero demolire. Il secondo passo sembrerebbe una qualche sorta di dovere di farlo. Quindi, infine, esiste un terzo passo: riciclare, o stabilire il tipo di materiale utilizzato per costruire le navi, in che modo questo materiale è incorporato nell’imbarcazione e come recuperare tali materiali. Questo è il processo che stiamo iniziando. Come economista, anziché come un idealista, ritengo abbiamo una lunga strada da percorrere, ma è positivo che stiamo cominciando il nostro viaggio lungo questo percorso, e speriamo che nel mondo qualcuno ci segua.

 
  
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  Silvia-Adriana Ţicău (PSE) . (RO) Anch’io desidero congratularmi con l’onorevole Blokland per la sua relazione. In risposta agli incidenti in cui sono rimaste coinvolte le petroliere come Erika e Prestige, l’Unione ha adottato la normativa internazionale e norme per la graduale messa al bando delle petroliere monoscafo. Si valuta che entro il 2015 saranno ritirate e inviate alla demolizione circa 1300 petroliere monoscafo.

I costi previsti per la demolizione delle navi sono molto elevati e da un punto di vista economico rendono inattuabile il riciclaggio delle imbarcazioni. In numerosi Stati membri, esistono tuttora navi che sono in uso da molto tempo, in pessime condizioni, ancorate vicino alle coste o persino arenate sui litorali delle acque interne. Pertanto, ritengo si debba prestare particolare attenzione alle regioni dei delta e degli estuari, nelle quali le navi arenate potrebbero avere un impatto negativo sull’ambiente. Spesso queste imbarcazioni impediscono periodicamente la navigazione dei canali navigabili e provocano un considerevole danno economico.

Dal 2005 l’Organizzazione marittima internazionale ha lavorato sull’attuazione di un sistema internazionale vincolante per la demolizione ecologica delle navi, un processo cui anche l’Unione europea ha contribuito. La futura convenzione internazionale e il coinvolgimento responsabile degli Stati membri saranno essenziali per risolvere i problemi causati alla demolizione delle navi.

 
  
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  Stavros Dimas, Membro della Commissione. − (EL) Signor Presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio per l’elevato livello della discussione di questa sera. La sua relazione è estremamente incoraggiante per quanto riguarda le proposte della Commissione.

Mi consenta di citare tre questioni che lei ha trattato. Primo, chiede agli Stati membri e alla Commissione di applicare più efficacemente il regolamento relativo alla spedizione dei rifiuti. Inoltre, invita la Commissione a elaborare un elenco delle navi che nei prossimi anni saranno probabilmente destinate ai cantieri di smantellamento. Esamineremo la possibilità di stilare un elenco simile. Come l’onorevole Grossetête ha proposto, dobbiamo anche compilare un elenco delle strutture che rispettano gli standard più elevati. Per di più, per quanto riguarda le imbarcazioni destinate alla demolizione, condividiamo il fatto che debba essere applicato un regolamento più severo sulla spedizione dei rifiuti.

La Commissione intende fornire gli orientamenti necessari. Mi attendo che le autorità degli Stati membri garantiscano che non si verifichino casi di navi autorizzate a lasciare i porti europei qualora siano chiaramente inviate nei paesi in via di sviluppo per essere demolite. Inoltre, alla luce del fatto che la maggior parte delle navi europee sarà demolita e convertita in rifiuti al di fuori delle acque comunitarie, occorre elaborare davvero un regime internazionale vincolante.

Secondo, analizzeremo la questione di sviluppare nell’UE un’industria di demolizione e di bonifica preventiva delle navi competitiva, senza compromettere l’attività dei cantieri di smantellamento dell’Asia meridionale. I cantieri navali europei non possono competere con quelli di demolizione dell’Asia meridionale. Non esiste, quindi, il problema di mantenere o riportare artificiosamente la maggior parte di queste operazioni di demolizione delle navi in Europa. Tuttavia, ciò che possiamo garantire è il requisito che navi da guerra, altre imbarcazioni di proprietà statale e che ricevono aiuti di Stato debbano essere demolite esclusivamente in impianti che siano funzionali dal punto di vista ambientale, in Europa o nei paesi OCSE. Forse potremmo chiedere che le navi battenti bandiera di uno Stato membro siano demolite solo in strutture pienamente autorizzate e certificate. La bonifica preventiva dovrebbe diventare una pratica comune in modo da essere realizzabile.

Infine, noto che lei appoggia la proposta di creare un fondo per la demolizione delle navi. Chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di imporre un’assicurazione obbligatoria come garanzia di riciclaggio rispettoso dell’ambiente. La Commissione intende analizzare le opzioni esistenti. I responsabili del settore del trasporto marittimo ci informano che la nuova convenzione internazionale sul riciclaggio delle navi si unirà alle forze di mercato per risolvere tale problema. Non abbiamo di certo intenzione di creare inutili oneri amministrativi o finanziari. In ogni caso, dobbiamo prestare molta attenzione agli sviluppi; non dobbiamo esitare ad adottare misure di regolamentazione se il mercato non è in grado di fornire una soluzione alla questione. Il vostro continuo sostegno sarà della massima importanza per garantire un cambiamento a favore di migliori condizioni nella demolizione delle navi.

 
  
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  Johannes Blokland, relatore. − (NL) Innanzi tutto ringrazio tutti gli oratori per le loro parole riconoscenti, e in particolare il Commissario Dimas. Vorrei esprimere due osservazioni aggiuntive.

Ritengo sia d’importanza eccezionale instaurare questo fondo per la demolizione. A tale fondo dovrebbero contribuire gli armatori e non certamente gli aiuti di governo, che credo siano del tutto inutili. Esattamente come il fondo per la rottamazione delle vecchie automobili, inizierà ad autofinanziarsi con il passare del tempo. Sono lieto che il Commissario sia del medesimo parere. Dobbiamo essere molto rapidi, quindi, probabilmente è una buona idea partecipare a un accordo con gli armatori europei il più presto possibile, in modo che, in ogni caso, effettuino demolizioni delle loro navi in maniera responsabile. So che la società di navigazione P&O Nedlloyd Maersk ha fatto demolire responsabilmente 20 navi in Cina, anche garantendo, soprattutto, che le strutture fossero fornite in queste zone ove possibile.

Dobbiamo intraprendere azioni di sensibilizzare presso gli armatori, in particolare, riguardo alla loro responsabilità sociale e far sì che si rendano conto che non è più possibile vendere una nave per grandi somme di denaro. Si mettono in vendita le imbarcazioni a un prezzo 10 volte superiore prima che siano definitivamente demolite. Occorre adottare un approccio del tutto differente nei confronti dello smantellamento e, a mio parere, si può indurre gli armatori a farlo, considerata soprattutto la pubblicità negativa in merito negli ultimi anni.

Tali operazioni di demolizione spesso sono condotte in violazione della normativa locale e contro il volere dei ministri degli Affari sociali e dell’Ambiente. Inoltre, sono stato informato che, in Bangladesh, non è un problema di legislazione nazionale, ma la sua applicazione. Ritengo pertanto che esistano strutture sufficienti, ma che non siano utilizzate.

L’onorevole Matsakis ha anche chiesto quale sia la mia obiezione al suo emendamento. La questione è che l’emendamento implica che non sia possibile permettere che, nei paesi in via di sviluppo, continuino le condizioni negative per l’ambiente legate alla demolizione delle navi. Tuttavia, non è ammissibile che continuino in nessun luogo, compresa l’Europa orientale, ad esempio, in cui le imbarcazioni, in effetti, sono tuttora demolite secondo metodi irresponsabili. E’ quindi eccessivo incentrarsi esclusivamente sui paesi in via di sviluppo, in particolare se più avanti si specifica che non è consentito eseguire tali operazioni in posti come l’Estremo Oriente. Credo pertanto sia un’aggiunta inutile.

Purtroppo, non posso approvare gli emendamenti dell’onorevole Liotard, poiché sono troppo protezionisti. L’onorevole Liberadzki ha sollevato una questione importante, in particolare che esistono inoltre navi abbandonate in altri luoghi, lasciate alla ruggine, senza che si faccia nulla in merito. Dobbiamo affrontare anche questo problema. Ringrazio tutti ancora una volta, e vi lascio a questo punto.

 
  
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  Presidente . La discussione è chiusa.

La votazione si svolgerà domani.

 

23. Ordine del giorno della prossima seduta: vedasi processo verbale

24. Chiusura della seduta
  

(La seduta è tolta alle 23.40.)

 
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